You are on page 1of 17

La filastrocca dei perduti amanti

di Rossella Martielli d

La filastrocca dei perduti amanti


di Rossella Martielli

Copyright 2011 tutti i diritti riservati

Spiaccicai il naso contro il finestrino, cercando di capire dove ci trovassimo. Il treno era diretto con oltre due ore di ritardo verso Milano. I pochi, insonnoliti passeggeri erano perlopi gente daffari che aveva sonnecchiato per tutta la durata del viaggio, cullata dal costante ronzio del treno e dallaria calda che investiva lo scompartimento a ondate regolari. Uninconsistente patina di brina e nevischio era scesa a sbiancare le dolci curve degli Appennini, rallentando ulteriormente il gi disastrato traffico ferroviario. Sospirai piano e mi morsi forte il labbro, cercando di non farmi prendere dallansia. Non sarei mai riuscita a prendere una coincidenza che mi consentisse di arrivare a destinazione prima di mezzanotte. Tanto valeva scendere alla prossima fermata, cercarmi un albergo dove passare la notte e riprendere il viaggio il mattino dopo. C uninspiegabile magia nei viaggi fatti in treno al calar della sera, nel modo in cui loscurit sfreccia fuori dai finestrini, intervallata da lampi di luce che lasciano dietro di s minuscole scie, simili a stelle cadenti, messe sul nostro cammino a indicarci attimi e luoghi che non conosceremo mai. Scesi in una stazione deserta, spazzata da un vento gelido che sollevava polvere e carte, facendole volteggiare come coriandoli in minuscoli tornado. La sala daspetto appariva sporca e desolata sotto la luce al neon che andava a intermittenza, le pensiline

oscillavano pericolosamente, creando strani giochi di ombre sui muri sporchi e scrostati. Si trattava di una piccola citt di mare, di quelle che destate vengono prese dassalto dai turisti, e dinverno recuperano tutta la loro placida e nostalgica solitudine. Nel piazzale antistante, i posteggi per pullman si susseguivano vuoti fino a un edificio malandato, un misto tra unedicola, un bar e una biglietteria. Un uomo grande e grosso, che da solo occupava lintero gabbiotto, minform con un grugnito che lHotel pi vicino era il San Cristoforo, a seicento metri sempre dritto. Mentre camminavo, mi accorgevo di come la citt intorno a me cambiasse impercettibilmente. Dopo svariati metri di negozi chiusi e saracinesche abbassate, anonimi condomini di periferia e bidoni della spazzatura colmi fino allorlo, incontrai il primo ristorante aperto, un take-away cinese. Le luci colorate delle insegne e delle vetrine si sommarono alla luce fredda dei lampioni, facendomi intendere con sollievo che se non altro mi stavo dirigendo verso il centro della citt. Lalbergo era un severo edificio a cinque piani, simile a un palazzo di uffici. Una porta a vetri introduceva in un atrio flebilmente illuminato, adornato da un logoro tappeto e malconci gruppetti di poltrone in pelle. Mi guardai intorno, intimorita. Dietro il bancone della reception non si vedeva nessuno. Se non altro c posto, constai con sollievo, accorgendomi che la maggior parte delle chiavi si trovava al loro posto. Buonasera dissi, poco convinta.

La mia voce si perse nellimmenso locale. Buonasera! tuon una voce dietro di me. Sobbalzai spaventata. Prima che facessi in tempo a voltarmi, un uomo bel oltre la mezza et mi fu davanti. Era alto e smilzo, con la testa pelata e un paio di sopracciglia bianchissime, aggrottate fino a formare un unico cespuglio indistinto, e mi fissava con occhi severi sul volto rugoso. Volevo sapere se era possibile pernottare qui, stanotte chiesi, schiarendomi la gola. fortunata, signorina rispose il vecchio, zoppicando verso il bancone. Ho lultima camera libera. Numero 89, quinto piano. Lo guardai costernata. Quinto piano? Con tutte quelle stanze libere? Mi tendeva una chiave dorata, che dondolava attaccata a un grosso porta-chiave a forma di mappamondo. Siccome non mi decidevo a prenderla, n a parlare, alla fine il suo sorriso si tramut in cipiglio. Non abbiamo lascensore, ma purtroppo lultima disponibile. Prendere o lasciare. Lidea di andarmene mi spaventava troppo, cos presi la chiave e salii difilato almeno cento gradini. Quando finalmente strattonai la valigia sul pianerottolo del quinto piano, mi sentivo prossima allinfarto. Il corridoio era immerso in una semioscurit scalfita appena dai neon sul soffitto, alcuni dei quali funzionavano solo a intermittenza. La moquette beige era ispida e consumata in pi punti. La mia camera si trovava sulla destra, e con ogni probabilit era lunica occupata dellintero piano. Dopo aver sistemato il beauty-case sulla mensola del bagno e riposto un cambio dabiti

nellarmadio, uscii per mangiare qualcosa. In strada mi affrettai verso il centro, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Ora che lansia si era calmata, iniziavo improvvisamente a sentire i morsi della fame. Dopo pochi minuti di cammino, mi trovai su un corso largo e illuminato, ornato da arcate di luci natalizie, costeggiato su entrambi i lati dalle sfavillanti vetrine dei negozi. La gente passeggiava in coppia o in piccoli gruppi, senza quel nervosismo frettoloso che la contraddistingue quando deve correre da qualche parte. Laria profumava di zucchero filato e costose eau de toilette, e piccole folle sostavano nei pressi di caffetterie e tavole calde, che diffondevano per le strade calore e odore di cibo. Minfilai nel primo locale che trovai, in cui si consumavano tranci di pizza al taglio accanto a rustici tavolini di legno. Alluscita imboccai una stradina laterale, per evitare la festante confusione domenicale e latmosfera natalizia, che quella sera mi metteva uninspiegabile tristezza. Mi spaventai moltissimo quando mi sentii tirare per il cappotto, come se un cane ne avesse addentato un lembo e lo strattonasse con forza. Mi tirai indietro, emettendo mio malgrado un gridolino spaventato. La ragazza mi fiss con gli occhi sgranati, visibilmente dispiaciuta. Si prodig in frenetici cenni con le mani, muovendo anche la bocca, che per non emetteva nessun suono. Alla fine abbandon le braccia in grembo,

mortificata. Era seduta per terra, con una lunga gonna rossa attorcigliata alle gambe e uno scialle di cotone nero a coprirle le spalle nude. Vestiva come una zingara, ma dal suo aspetto era evidente che non lo era. Aveva capelli lisci e sottili, cos biondi da sembrare bianchi, e la pelle lattea modellata in tratti delicati, spruzzati di lentiggini. Avrebbe potuto essere bellissima, ma in quel momento sembrava solo spaventata e triste. Mi guardava supplichevole, tendendo un cesto in vimini foderato di rosso che conteneva una manciata di monete di poco valore. Tirai fuori il portafoglio e vi depositai una banconota. Comprati uno scialle caldo dissi, non sapendo se avrebbe capito. Era incredibile come riuscisse a non tremare, schiaffeggiata dal vento di tramontana che riusciva a insinuarsi perfino sotto il mio cappotto. Sorrise e mise via il cesto, facendomi segno di allungare la mano. Quando me la prese tra le sue, minuscoli tizzoni di ghiaccio che mi fecero sussultare, pensai volesse leggermela. Invece ci mise dentro un pacchettino di carta, chiuse il pugno e torn a poggiarsi contro il muro. Allimprovviso sembrava completamente disinteressata a me. Guardai esterrefatta il piccolo dono, poi, non sapendo che fare, mormorai una generica frase di saluto e andai via. Nel tragitto fino allalbergo agitai senza sosta il pacchettino, che emetteva un tintinnio simile a quello di un campanellino di metallo. Una volta in camera, spiegai la carta marrone

in cui era avvolto. Se possibile, il mio stupore aument ancora quando mi ritrovai tra le mani una bottiglietta di vetro smerigliato, piena di granelli di sabbia colorati e chiusa con un tappo di sughero. Immaginai si trattasse di una comunissima boccetta di sali da bagno. Sul vetro erano dipinte queste parole: Animo di mare, vento di tempesta, gridale forte che lei sola non resta. Animo di mare, vento di ponente, dille che lei sempre nella mia mente. Oh animo soave, pozzo di malinconia, fa s che lei ritorni a esser mia! Parole dolci e insieme tristi, che rilessi pi volte, fino a impararle a memoria. Le ripetei tra me ad alta voce, sotto la doccia e poi a letto, mentre inconsapevolmente scivolavo nel sonno. Mi risvegliai pochi minuti dopo, improvvisamente allerta, con la certezza che il mio sonno fosse stato interrotto da qualcosa. Nel buio denso della stanza riuscivo appena a distinguere i numeri della sveglia digitale, che lampeggiavano debolmente di verde. Era da poco passata la mezzanotte. Accesi la luce, cercando di capire cosa avesse potuto svegliarmi, ma era tutto in ordine: la finestra chiusa, la valigia poggiata contro il muro e i vestiti accatastati sulla sedia. Stavo per ributtarmi il piumone sulla testa, quando improvvisamente lo udii. Un lamento flebile, un piagnucolio sottile e insistente, sempre uguale, che sembrava

provenire dalla stanza accanto. Un brivido che non aveva nulla a che fare col freddo mi percorse la schiena. Ero convinta di essere sola, a quel piano. Probabilmente mi sbagliavo, pensai, cercando di mettere a tacere le macabre fantasie da film dellorrore di terzordine che stavano facendo capolino nei miei pensieri. Il lamento continuava, a tratti pi acuto, a tratti interrotto da colpetti simili a singhiozzi. Non saprei come spiegarlo sensatamente, ma qualcosa, in quei suoni sconnessi, riusc pian piano a tranquillizzarmi. Risuonava una nota tenera e insieme infelice, che incantava e ipnotizzava, cullando i miei pensieri, dissipando la paura. In me si fece largo il pensiero, poi la certezza, che si trattasse di una richiesta daiuto, piuttosto che di un maleficio. Al di l del muro forse cera qualcuno con ogni probabilit una donna, a giudicare dal timbro quasi musicale del lamento che aveva bisogno daiuto. Mi alzai, infilai la vestaglia, e con mano tremante girai la chiave nella toppa. La porta si apr con labituale cigolio. Trattenni il respiro, non udendo pi alcun suono. Sul pianerottolo immerso nella penombra, spiccava una striscia di luce gialla che proveniva dalla porta socchiusa della camera 90. Allora era vero cera qualcuno! Mi avvicinai in punta di piedi, col cuore che martellava in gola, e pi volte fui sul punto di sgattaiolare in camera senza guardarmi indietro, chiudendo la porta a doppia mandata.

10

Eppure, quando ebbi dinanzi la porta, non esitai ad aprirla, spinta da unincontrollabile impulso ad agire. Non aveva senso aspettare, crogiolandomi nella paura. Quello che vidi era strano e normalissimo al tempo stesso. Nella stanza, un unico locale senza bagno, non cera nessuno. Per certi versi sembrava una normale camera dalbergo arredata con un armadio a muro, un letto a una piazza e una scrivania incassata sotto la finestra, esattamente come la mia ma addobbata in tutto e per tutto come la stanza di unadolescente: un piumone a fiori colorava il letto, coperto di cuscini e peluche strapazzati, le tende erano di impalpabile satin rosa, le pareti tappezzate di poster; ovunque era disseminata unincredibile quantit di abiti e scarpe femminili. Un tenue aroma di lavanda impregnava laria. Un odore familiare, appartenente alla mia infanzia, che ebbe come effetto immediato quello di calmarmi. Non cera nulla da temere, l. Ma dovera lei? Allimprovviso mi accorsi di un particolare che non avevo notato prima. Qualcosa brillava sul piumone, tra le morbide onde di stoffa e il caos dei pupazzetti. Era una bottiglietta identica a quella che la mendicante mi aveva regalato la sera prima. Conteneva una polvere colorata, quasi fosforescente, ed emanava unaura di luce che sembrava sciroppo darcobaleno, tali e tanti erano i colori da non poterli nemmeno distinguere. Sul vetro trasparente, le stesse parole vergate in inchiostro nero. Tenendola tra le mani, seppi istintivamente

11

cosa dovevo fare. Non lho mai raccontato ad anima viva. So che pu sembrare follia, ma la mia mente macinava ininterrottamente un unico proposito, e il mio corpo tendeva verso quella meta come se fosse la cosa pi naturale del mondo. Era mai possibile che qualcosa di pericoloso, malvagio o addirittura luciferino, potesse esser accompagnato da una sensazione cos intensa di pace, dallassoluta convinzione di essere nel giusto? Non riuscivo a crederlo. Seguendo il canto della voce conosciuta, che aveva preso a intonare la filastrocca, scesi a perdifiato le scale, attraversai latrio vuoto, dominato dalle ombre, e fui nel gelo della notte cittadina. Nel mio cammino non incontrai nessuno. Attraversai il corso deserto, un luogo fantasma addormentato eppure vigile, che mi scrutava con sospetto mentre avanzavo sicura verso la mia meta. Il mare. Passato il corso, mi ritrovai in un viale buio, costeggiato da fila di ville con enormi cancelli di ferro battuto che si curvavano su di me, sospetti, mentre un vento sempre pi forte strappava le foglie dagli alberi e percuoteva i lampioni rimasti accesi, facendoli sibilare nella loro luce tremolante. Iniziavo a sentire lodore del mare, la furia scrosciante e rabbiosamente impotente con cui percuoteva la scogliera artificiale del lungomare. In lontananza, bagliori rossastri annunciavano tuoni il cui eco vibrava soffocato e minaccioso nel silenzio della notte. Di l a poco sarebbe arrivata una

12

tempesta. Il mare si stava gonfiando, inferocito, onde sempre pi alte ghermivano nuovi lembi di roccia, schiaffeggiando con forza il cemento degli argini. Presto avrebbe guadagnato la strada. Non aveva pi senso aspettare, era il momento giusto. Mi sporsi pi che potevo oltre il muretto che si affacciava sugli scogli, il busto teso verso lacqua, il viso spruzzato di salsedine e minuscoli getti di acqua salata. Ancora un po e sarei caduta, ma non mimportava. Tolsi il tappo della bottiglietta e la capovolsi. Un miliardo di granelli fatati turbinarono nellaria nera, affollandola di stelle multicolori che il vento port sempre pi in alto, fino a perdersi tra le nubi scarlatte. Per un attimo mi sembr di essere avvolta nel cielo stellato come in un mantello, e perfino il mare parve acquietarsi. Le stelle pulsavano lampi di luce accecanti, io ridevo ed era cos bello cos bello Lo stridulo scampanellio della sveglia mi strapp impietosamente al mio sogno. Erano gi le otto, constatai con disappunto. Infilai gli abiti stropicciati del giorno prima, riservandomi di fare una doccia dopo colazione, e corsi al primo piano, sperando di trovare qualcosa di commestibile senza dover affrontare la faccia arcigna del portiere. Fui piacevolmente sorpresa dalla simpatica cameriera che mi serv un cornetto e mi prepar il cappuccino, mentre due tavoli pi in l una coppia in avanti con gli anni chiacchierava in inglese, sorseggiando un espresso. Il solo odore del caff bast a

13

dissipare le ultime tracce di sonno. Mi sentivo in forma, stranamente riposata nonostante le condizioni del mio letto strattonato e sventrato fino allinverosimile indicassero una notte particolarmente agitata. Il sogno. Lo ricordavo alla perfezione, cosa che non mi era mai accaduta prima. Dormito bene? La voce della cameriera mi strapp alle mie riflessioni. Mi stava portando una tazzina fumante e sorrideva gentilmente. S, grazie Ricambiai il sorriso, alzando la testa verso di lei. Fu allora che mi accorsi dei ritagli di giornale incorniciati e appesi sul muro. Non riuscivo a leggere cosa ci fosse scritto, ma fui immediatamente colpita dalla foto in cui mi sorrideva la ragazzina che mi aveva chiesto lelemosina la sera prima. Che strano, pensai tra me. Eppure ero certa di non sbagliarmi. Stessi lineamenti, stessi capelli sottili e arruffati, candidi nel bianco e nero della foto, e soprattutto stessi grandi occhi malinconici. Tirai la cameriera per luniforme, come aveva fatto la ragazza con me il giorno prima. Lei si gir, stupita. Chi ? chiesi con un nodo in gola. La donna segu il mio sguardo sulla parete. Quando cap a cosa mi riferivo, il suo volto si atteggi a una maschera triste, leggermente affettata. Ah, lei! Scosse la testa. Era la figlia del proprietario dellalbergo. Lavr conosciuto ieri sera, quand arrivata. La poveretta si chiamava Serena, aveva appena diciassette anni quando morta successo dieci anni

14

fa. La donna si interruppe per guardarsi intorno, poi si chin su di me con fare cospiratore. Pensi, si suicidata! Il suo fidanzato era un pescatore, mor in mare durante una tempesta, se non sbaglio proprio in questo periodo Prima di Natale, comunque. La poveretta non si riprese mai dal colpo, e qualche giorno dopo la trovarono in camera con i polsi tagliati. successo proprio qui, in albergo sinterruppe di colpo, consapevole di stare parlando troppo. Dunque era successo proprio l! Non avevo bisogno di sapere in quale camera. Seguita dallo sguardo attonito della cameriera e dei due turisti stranieri, uscii quasi correndo dalla sala. In un attimo fui in camera. Cercai a lungo la bottiglietta, buttai allaria i vestiti e aprii decine di volte ogni cassetto, ma sembrava sparita nel nulla. Lavevo forse sognata? Avevo sognato anche lincontro della sera prima? Comera possibile, se lo scontrino della pizza era ancora accartocciato nella tasca del mio cappotto? Cera un unico modo per saperne di pi. Una vaga inquietudine aveva preso il posto dellagitazione quando mi decisi e abbassai la maniglia della camera 90, convinta di trovarla chiusa come qualsiasi altra camera non occupata di un hotel. Lo stomaco si contrasse dolorosamente quando la porta cigol, spalancandosi senza alcuna pressione da parte mia. Nella stanza non cera nulla, n un armadio, n una scrivania, n un oggetto qualsiasi; solo un letto spoglio, e abbandonata sul materasso impolverato la

15

mia bottiglietta, vuota, che non luccicava pi. Anche la poesia che la decorava era sparita. Al suo posto, ununica parola, dipinta in rosso. La presi con mani tremanti e lessi, vergato in una calligrafia piccola e arrotondata, piena di curve quasi infantili: Grazie.

Rossella Martielli
Editor e scrittrice, classe 1982, si laureata in Sociologia con una tesi sulla strumentalizzazione del corpo femminile dal titolo La taglia 42: il burka delle donne occidentali. Specializzatasi in Editoria e Giornalismo presso lUniversit di Urbino, attualmente collabora con diverse case editrici. Ha vinto numerosi concorsi letterari per racconti, pubblicando, tra gli altri, per Arpanet e Edizioni Croce. Di recente la 0111Edizioni ha pubblicato il suo primo romanzo, In ricordo di noi, un romance dedicato al mondo femminile, e presto uscir il secondo, Ritratto di una vita, edito Gugol. Se potesse scrivere come un autore famoso, sceglierebbe senza alcun indugio Jeffrey Eugenides, ed convinta che nessun posto al mondo sia bello come la sua amata Puglia. Prova un odio viscerale nei confronti delleditoria a pagamento. Blog: http://www.rossellamartielli.blogspot.com/ Sito del Romanzo: http://inricordodinoi.blogspot.com/ Mail to: rossella_martielli@libero.it

16

17

You might also like