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UNIVERSIT DI CATANIA

FACOLT DI ARCHITETTURA
SEDE DI SIRACUSA




CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE
COSTRUITO

PARTE PRIMA


ELEMENTI DI TERMOFISICA DEGLI EDIFICI -
IL CLIMA E SUE CARATTERISTICHE
LA RADIAZIONE SOLARE
IL CLIMA E LA PROGETTAZIONE





PROF. ING. GIULIANO CAMMARATA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE E MECCANICA
SEZIONE DI ENERGETICA INDUSTRIALE ED AMBIENTALE
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO






















FILE: CLIMATOLOGIA 1 PARTE
AUTORE: PROF. ING. GIULIANO CAMMARATA
DATA: 04/10/2006
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

1. INTRODUZIONE ALLA CLIMATOLOGIA
Levoluzione delle costruzioni edilizie sempre stata dettata da esigenze di adattamento
delluomo alle condizioni climatiche esterne: ledificio, anche nelle sue primitive espressioni, era in
primo luogo un riparo sicuro che consentiva di affrontare sia le condizioni climatiche che di superare le
situazioni di pericolo (difesa delluomo). Il binomio formafunzionalit ha avuto fin dallinizio un
legame inscindibile, spesso inconsapevole, che ha consentito una evoluzione lenta ma precisa
dellArchitettura verso le tipologie attuali segnate anche da un nuovo binomio: struttura-energia che
segna una linea di demarcazione netta fra lArchitettura classica e quella moderna.
.
Figura 1: Esempio di architettura primitiva: la capanna.
In figura 1 si ha un esempio di costruzione semplice ma funzionale, la capanna delle zone
tropicali: essa ha il compito di riparare luomo dai raggi solare, di fornirgli un giaciglio sicuro e di avere
vita sociale allinterno del proprio nucleo familiare.
In figura 2 si ha un esempio di capanna pi evoluta della prima e di dimensioni maggiori e tali
da consentirne luso a nuclei plurifamiliari. Si tratta sempre di architetture primitive che coniugano al
massimo lesigenza di una funzionalit minima con le capacit costruttive e la disponibilit dei materiali
nei villaggi tropicali. In questo caso si ha un ingresso ben delimitato ed una cucina esterna. La capanna
tutta chiusa ed appare evidente un minimo di ingegneria costruttiva (colonnine esterne e copertura a
cono) per una costruzione di certo pi impegnativa rispetto alla capanna elementare della figura 1. In
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ogni caso le costruzioni sin qui viste sono caratterizzate dallessere leggere1 ed essenziali. Queste
costruzioni sono ben lontane dai concetti di benessere e di funzionalit come oggi li intendiamo, sono del
tutte prive di soluzioni impiantistiche evolute e consentono solamente una sorta di vita essenziale e/o
di sopravvivenza degli occupanti.

Figura 2: Capanna pi evoluta e plurifamiliare.
Una maggiore evoluzione troviamo nella costruzione della figura 3.

Figura 3: Esempio di capanna pi evoluta rispetto alla figura 1.
Non si deve pensare che una costruzione primitiva sia priva di interesse scientifico, al contrario
essa spesso di grande interesse perch sintetizza mirabili intuizioni architettoniche e tecnologiche e
rappresenta spesso il miglior compromesso fra esigenze architettoniche2 e tecniche costruttive tipico
delle costruzioni vernacolari.
Si prenda in considerazione ligloo eschimese di figura 4.

1 Vedremo meglio nel prosieguo come questa leggerezza comporti una ridotta capacit termica dellinvolucro esterno
che ben si adatta allevoluzione climatica esterna, ai forti irraggiamenti e alle elevate temperature medie.
2 Intese come realizzazione del binomio forma-funzionalit con riferimento al clima esterno e alle tecnologie e
materiali di costruzione disponibili.
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Figura 4: Esempio di architettura funzionale: ligloo eschimese
Esso un esempio mirabile di sintesi architettonica e tecnologica: la forma sferica la migliore
per ridurre le perdite di calore
3
verso lesterno e i materiali sono gli unici reperibili sul posto, lastre di
ghiaccio segato in modo da formare superfici continue, senza soluzioni di continuit apparenti.
La forma architettonica legata allevoluzione culturale di un popolo, al suo gusto del bello, alla
coscienza di costruire un manufatto espressione della propria civilt, per cui le soluzioni dei problemi
appaiono diversificati e peculiari per ciascun popolo e per ciascuna civilt.
Se rivolgiamo lattenzione allevoluzione storica dellarchitettura si pu senzaltro affermare che
lesigenza di maggior benessere ambientale4 cresciuta di pari passo con levoluzione sociale dei popoli
e con la maggiore disponibilit di tecnologia. In fondo fino allinizio di questo secolo lincidenza
dellimpiantistica
5
sul costo complessivo di un edificio era di qualche percento (non superiore al 5%) del
costo delle murature. Oggi si avuto un capovolgimento di importanza e limpiantistica, soprattutto per
gli edifici pi complessi, raggiunge e supera il 60% del costo delledificio. Si parla di edifici intelligenti
proprio per indicare quellinsieme complesso di architettura e tecnologia governati da controllori
sofisticati e computerizzati. Si pensi alla gestione integrale di un grattacielo, di un moderno complesso
ospedaliero,
In figura 5 si ha un esempio di caseggiato romano nel quale sono ben visibili costruzioni a pi
livelli organizzate in un tessuto urbano. Apparentemente sembra di vedere un caseggiato di una citt
moderna: la differenza tutta nelle condizioni abitative interne e nellimpiantistica prima quasi del tutto
assente se si eccettua per la distribuzione dellacqua e per la raccolta delle acque nere che nelle
abitazioni romane erano ben sviluppate. In figura 6 si ha un esempio di costruzione palazziale a
Cnosso: anche qui si hanno pi livelli ed presente un sistema di captazione delle acque piovane e di
eliminazione delle acque nere.

3 Si vedr in seguito come le perdite di calore dipendano, a parit di condizioni, dal rapporto S/V fra superficie
esterna e volume interno. La sfera la forma geometrica che la minore superficie esterna a pari volume e quindi il rapporto
S/V minimo. Un problema dispersivo analogo si ha nella costruzione dei forni a legna e ancora una volta la forma migliore
quella semisferica, come nelligloo.
4 Si intende qui per benessere ambientale linsieme di condizioni fisico-tecniche (termoigrometriche, acustiche,
illuminotecniche, visive, ) atte a raggiungere il benessere delluomo allinterno degli edifici in funzione dellattivit svolta,
della tipologia costruttiva e delle condizioni climatologiche esterne.
5 Si intende per impiantistica linsieme di strumenti, dispositivi o insieme di essi (impianti) capaci di modificare il
comportamento naturale di un edificio. Ad esempio possiamo parlare di impiantistica termica (riscaldamento,
condizionamento), illuminotecnica (impianto di illuminazione artificiale), impiantistica acustica (impianto di amplificazione
artificiale),
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Figura 5. Palazzo di Cnosso- Costruzione a pi livelli.

Figura 6: : Esempio di caseggiato romano
Dal confronto con le costruzioni romane della figura precedente appare evidente
quellevoluzione architettonica associata allevoluzione della civilt dei popoli prima indicata.

Figura 7: Esempio di bagno babilonese.
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Limpiantistica essenziale era presente anche nelle antiche costruzioni babilonesi: in figura 7 si
ha un esempio di bagno babilonese progenitore del bagno alla turca utilizzato ancora oggi. Si vede bene
un foro centrale di scarico ed un canale verticale che convogliava le acque nere in una cisterna di
raccolta. Ben diversa la situazione con i moderni bagni, come indicato nella figura 8. Limpiantistica
qui elemento essenziale per la soluzione architettonica del bagno speciale per portatori di handicap.

Figura 8: Un bagno moderno per handicappati.
Con il passare dei secoli le abitazioni hanno avuto le evoluzioni architettoniche che conosciamo:
in figura 9 si ha un esempio di casa araba nella quale sono ben visibili i segni distintivi di questa
tipologia costruttiva ma che poco aggiunge alla casa romana. Il gusto e la raffinatezza architettonica
sono certamente migliorati rispetto alle costruzioni dei secoli precedenti ma lincidenza
dellimpiantistica sempre essenziale. La volumetria degli edifici, la disposizione e lorientamento e i
materiali costituiscono un esempio mirabile, ancoroggi, di architettura. Levoluzione ha portato ad
avere oggi edifici sofisticati del tipo di quello indicato in figura 10. Si tratta del Centro Pompidou di
Parigi nel quale l'architettura delle forme si coniuga mirabilmente alle funzionalit degli impianti e con
la scelta dei materiali. Del resto non deve meravigliare che levoluzione tecnologica abbia portata ad una
evoluzione delle forme di questo tipo.
Lo sviluppo della tecnologia, la disponibilit di nuovi materiali e di metodologie costruttive ha
portato la fantasia degli architetti ad immaginare strutture ardite nelle quali il binomio forma-funzionalit
sono sviluppati al massimo. Levoluzione dellarchitettura ha comunque tenuto conto dellesigenza
primaria del raggiungimento del benessere delluomo. Cos, ad esempio, luso smodato delle superfici
vetrate e lutilizzo delle strutture in calcestruzzo armato con murature leggere ha indotto la necessit di
avere impianti di climatizzazione estiva ed invernale6 In pratica larchitettura di questo secolo si
sempre pi generalizzata, perdendo le specificit e le tipicit dei luoghi e rendendo le costruzioni
sempre pi simili a qualunque latitudine e in qualunque condizione.
Cos labitazione moderna di Oslo, di Roma, di Citt del Capo si differenziano solo per
limpiantistica interna che consente di affrontare situazioni climatiche diverse (dal freddo intenso al
caldo intenso) senza apparentemente modificare la forma.
In fondo ora lArchitetto pu facilmente subire il fascino dei grandi progettisti emulandoli nella
progettazione corrente senza pi doversi preoccupare delle condizioni climatiche locali esterne ed
interne: ci penseranno gli impianti a rimettere a posto le incongruenze energetiche create dalla
dissociazione del pi volte citato binomio forma-funzionalit
Oggi i progettisti sembrano pi affascinati dal creare una forma architettonicamente bella (come
se fosse una scultura) che dal creare unopera di sintesi di forma e funzionalit. Forse la grande
evoluzione delle varie discipline scientifiche ha portato ad uneccessiva specializzazione dei ruoli con
conseguente separazione delle funzioni.

6 La climatizzazione il controllo delle condizioni di temperatura, umidit e benessere interno degli edifici sia
invernali che estive. Qui si esplicitano gli attributi estiva ed invernale non per creare una tautologia ma per far risaltare meglio
in chi legge le esigenza impiantistiche nelle due stagioni pi impegnative, lestate e linverno.
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Figura 9: Esempio di costruzione araba (Granada)

Figura 10: Centro Pompidou a Parigi.
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Figura 11: La citt del futuro.
Certo la progettazione architettonica di grandi opere sempre pi unopera di sintesi mirabile e
di equilibrio fra componenti diverse che non deve essere sottovalutata dai giovani. Nel prosieguo si
vedr come il problema del controllo del clima interno degli edifici in funzione delle tipologie
costruttive e del clima esterno condiziona fortemente una corretta progettazione architettonica e
pertanto i concetti basilari della climatologia debbono far parte del patrimonio culturale del moderno
architetto. Non va poi trascurata limportanza che riveste una corretta progettazione nei confronti della
gestione energetica delledificio. Con il crescere del costo dellenergia e con una grande quantit di leggi
e norme tecniche sulla limitazione dei consumi energetici negli edifici, la progettazione energeticamente
cosciente diventata un obbligo inalienabile per tutti i progettisti.
Proprio lesigenza di raggiungere risparmi energetici sempre pi elevati, come le norme
richiedono, o le crisi energetiche planetarie degli anni settanta, hanno portato gli studiosi a studiare con
maggiore attenzione la possibilit di avere edifici capaci di controllare il microclima interno con scelte
costruttive particolari che non richiedono forti apporti energetici esterni. In questi ultimi decenni si
sviluppata larchitettura bioclimatica che, al di l dei risultati quantitativi, ha avuto il grande merito di
sensibilizzare lArchitettura moderna al problema della corretta progettazione energeticamente
cosciente (building conscious design). Spesso la sola forma architettonica non pu soddisfare tutte le
esigenze di benessere interno degli edifici e pertanto si ricorre anche ad elementi solari attivi, quali i
collettori piani, per fornire alledificio lenergia termica necessaria per un corretto riscaldamento
ambientale: in figura 13 si ha un esempio di architettura solarizzata nella quale sono ben visibili i
collettori solari piani sulla faccia a sud.

Figura 12: Esempio di casa solarizzata con collettori piani
In figura 13 si ha una foto del laboratorio di climatologia ambientale Jule Verne allinterno del
quale vengono effettuati studi di simulazione su edifici a scala reale. Ci dimostra la grande importanza
che lo studio della climatologia (esterna ed interna) ha assunto nellarchitettura di oggi. Va per
osservato che poco possiamo fare per modificare il clima esterno mentre molto possibile fare per
modificare e creare un microclima interno agli ambienti soddisfacente e capace di garantire tutti gli
standard qualitativi di vita. Ormai larchitettura non deve solo consentire la sopravvivenza delluomo
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rispetto alle condizioni climatiche esterne ma deve anche assicurare alluomo il massimo rispetto della
propria personalit e dignit garantendo le condizioni di benessere necessarie.

Figura 13: Centro di ricerca di climatologia Jule Verne.
Difficilmente possiamo accettare unabitazione priva di riscaldamento ambientale o, nei climi
pi caldi, di condizionamento estivo. Questi impianti non sono pi un lusso per benestanti ma una
necessit primaria da garantire a tutti i cittadini.
Pertanto levoluzione delle coscienze dei popoli verso lacquisizione di condizioni di vita
dignitose e quindi il sorgere di diritti minimi garantiti di qualit della vita ha trasformato larchitettura di
questo secolo. Non pi solo la forma ad avere il focus del progettista ma anche la funzionalit globale
delledificio. Possiamo sintetizzare, parzialmente, levoluzione dellArchitettura con il seguente
prospetto:
FORMA FUNZIONALITA
Evoluzione della civilt Evoluzione della tecnologia
Evoluzione del gusto Evoluzione delle esigenze funzionali
Non si deve pensare ad una evoluzione indipendente della forma e della funzionalit: esiste
uninterazione forte fra le evoluzioni e del resto lUomo che cresce e si evolve nella globalit del suo
pensiero. Nei riguardi del secondo binomio struttura-energia si pu riassumere nel seguente prospetto
levoluzione di questo ultimo secolo.
STRUTTURA ENERGIA
Evoluzione della tecnologia Distacco della forma dalle esigenze energetiche
Liberazione dai vincoli formali Evoluzione delle esigenze sociali per i servizi
Se, come diceva Le Corbousier, lintroduzione del cemento armato ha liberato larchitetto dai
vincoli costruttivi (muri portanti, cordoli perimetrali per i solai, ) consentendogli la pianta libera, i solai
aggettanti, le pareti finestrate a nastro continuo, , anche vero che la libert di plasmare linvolucro su
canoni estetici sempre pi liberi ha comportato lo scollamento diffuso e generalizzato fra
comportamento termofisico delledificio e le leggi della termodinamica. Questo scompenso stato
quasi del tutto compensato con limpiantistica termotecnica chiamata a sanare i guasti termodinamici
generati da una progettazione energeticamente non cosciente. Le condizioni interne, qualunque siano quelle
esterne, possono oggi essere create ad hoc in conformit a qualunque necessit tecnologica e/o
fisiologica, basta solo pagare la bolletta energetica che la suddetta impiantistica comporta.
Inoltre, come si pu ben osservare nella figura 14, limpiantistica influenza fortemente la
moderna architettura e deve essere tenuta in considerazione dal progettista fin dal primo momento
perch ne condiziona la volumetria, la distribuzione compositiva e il funzionamento complessivo. In
alcuni casi la mancanza di sinergie progettuali fra ledificio e limpiantistica porta ad una diminuzione
drastica delle prestazioni della costruzione e costringe i progettisti a ricorrere a modifiche strutturali
(superfetazioni impiantistiche) di discutibile gusto.
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Ad esempio, se la climatizzazione degli ambienti effettuata con distruzione di aria (calda e/o
fredda) medianti canalizzazioni, allora occorre prevedere fin dallinizio cavedi tecnologici di dimensioni
non trascurabili, locali da assegnare alle apparecchiature impiantistiche (centrali di trattamento aria,
centrali termiche, centrali frigorifere) che non possono poi essere trovati come per miracolo se non
sacrificando altri locali utili. In figura 15 si pu vedere un esempio della complessit di un semplice
impianto di climatizzazione con distribuzione dellaria mediante canalizzazioni: non pensabile di
mascherare gli impianti come si pu fare con delle tubazioni per lacqua perch le loro dimensioni non
sono trascurabili. Con il crescere delle dimensioni delledificio crescono anche le dimensioni dei rami
principali dei canali e pertanto i volumi occupati diventano significativi ed occorre prevederli fin dal
primo momento progettuale. Nel caso di edifici complessi, quali ospedali ed edifici pubblici in genere,
la complessit degli impianti tale da condizionare completamente anche le scelte progettuali
architettoniche. E non vuole qui parlare dei soli impianti termici
7
ma anche degli altri impianti oggi
sempre pi richiesti e necessari per lo standard qualitativo di vita prima citato.

Figura 14: Esempio di impiantistica in un moderno edificio.
Oggi si richiedono impianti elettrici (di illuminazioni e/o di potenza) sempre pi complessi e al
tempo stesso sicuri, come pure si richiedono impianti telefonici e telematici pi sofisticati8. Il cablaggio
di tubi, cavi elettrici e cavi telematici si sviluppa per chilometri allinterno degli edifici e richiede
unattenzione particolare da parte del progettista architettonico per evitare attraversamenti in zone
sensibili, mancanza di funzionalit (ad esempio per mancanza di ispezionabilit) ed altri difetti gravi e/o
pericolosi per gli occupanti. Quanto sopra detto giustifica linteresse per il corso di Climatologia che qui
si intende svolgere. Probabilmente lArchitetto non sar il progettista di tutte le componenti delledificio
e relegher agli specialisti la progettazione degli impianti (termici, elettrici e telematici) ma
indispensabile che Egli sappia dialogare con un linguaggio comune con essi. Non solamente sono gli

7 Sono questi gli impianti strettamente connessi alla climatologia interna.
8 Luso di strumenti telematici quali il collegamento ad Internet oggi limitato a pochi casi ma domani potrebbe
essere uno standard di vita come lo divenuto il telefono in ogni famiglia.
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impianti a condizionare fisicamente la progettazione architettonica9 perch volumetricamente
ingombranti ma anche la notevole quantit di norme e disposizioni legislative, oggi divenute cogenti,
che interessano ormai tutti gli aspetti progettuali delledilizia.

Figura 15: Esempio di canalizzazioni per la distribuzione dellaria in un appartamento.
Alcune di queste norme finiscono per dettare vincoli assoluti per la progettazione della forma in
funzione dei materiali scelti e delle prestazioni prevedibili. Ad esempio la L. 10/91 e il D.M. 412/94
impongono che ledifico abbia disperdimenti termici limitati in funzione della zona climatica e della
destinazione duso delledificio.
In particolare in funzione del rapporto S/V (e quindi di forma e volumetria delledificio)
fondamentale per il calcolo dei limiti massimi di disperdimenti termici consentiti in funzione delle
propriet globali trasmissive delle pareti (loro trasmittanza termica e quindi loro composizione
strutturale). Pertanto la progettazione architettonica non pi un momento creativo assoluto e libero
ma vincolato al rispetto delle esigenze funzionali e prestazionali dellopera che si intende progettare.

9 In questa sede intenderemo progettazione architettonica la sola progettazione dellinvolucro edilizio e per progettazione
impiantistica quella dei soli impianti. In realt la progettazione delledificio unica, un atto creativo globale che interessa pi
competenze specifiche. E proprio la sinergia di queste competenze che determina la qualit del progetto e quindi la
funzionalit operativa del manufatto. La figura professionale dellArchitetto oggi fondamentale nella gestione del
coordinamento progettuale globale delledificio: esso il regista e al tempo stesso linterprete principale del processo
progettuale.
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2. ELEMENTI DI TERMOFISICA DELLEDIFICIO
Levoluzione dellArchitettura stata condizionata dallesigenza primaria di consentire la vita
delluomo allinterno degli edifici. Vi sono state, necessariamente, altre motivazioni allo sviluppo di essa
dettate da esigenze economiche, militari, religiose etc ma in ogni caso lArchitetto non pu prescindere
dal considerare ledificio come un sistema vitale nel quale si sommano effetti fisici che determinati
dallinterazione dello stesso edificio con lambiente esterno in cui immerso. Possiamo qui considerare
numerose tipologie di interazione edificio-ambiente e che brevemente elenchiamo:
interazioni luminose relative alle condizioni di benessere visivo degli ambienti;
interazioni acustiche relative alle condizione di benessere acustico degli ambienti;
interazioni termiche relative alle condizioni di benessere termoigrometriche degli ambienti.
Sono queste le interazioni fisico-tecniche che condizionano la progettazione architettonica
anche per effetto delle numerose norme cogenti entrate in vigore negli ultimi anni. In questa sede ci si
limiter a studiare solo le interazioni termoigrometriche che condizionano e determinano la
climatologia interna delledificio. Se non ci si vuole fermare alle sole considerazioni qualitative occorre
senzaltro pervenire a formulazioni quantitative legate alla Termofisica delledificio: questo deve essere
visto come un sistema complesso costituto da forma e da materia che interagisce con lambiente esterno
seconde leggi termofisiche oggi perfettamente note e che in parte saranno oggetto dei capitoli futuri.
Levoluzione termica e fluidodinamica dellambiente esterno costituisce la climatologia esterna
che deve essere considerata come la causa forzante del sistema-edificio nel senso che questultimo
risponder alle sollecitazioni termoigrometriche provenienti dallambiente esterno in funzione delle
proprie capacit di risposta
10
oltre che dalle stesse tipologie di sollecitazione. Per fare un esempio
consideriamo un edificio immerso in un ambiente esterno: sappiamo che le condizioni climatiche
esterne variano con le stagioni e con lalternarsi del d e della notte quindi con lirraggiamento solare. La
variazione della temperatura esterna viene trasmessa allinterno degli edifici in un modo dipendente sia
dalle caratteristiche esterne (valori massimi e minimi, periodo di oscillazione) che da quelle proprie delle
pareti (densit, calore specifico, conducibilit termica). Pertanto non ci meravigliamo di osservare che le
pareti spesse e pesanti di una cattedrale consentano di avere fresco destate e temperature pi miti in
inverno mentre le pareti leggere e sottili delle moderne abitazioni non ci proteggono sufficientemente
dalle variazioni di temperatura esterna tanto che siamo costretti a ricorrere ad impianti ausiliari per
riscaldarci in inverno o raffrescarci in estate.
2 . 1 L EDI FI CI O COME SI STEMA TERMODI NAMI CO APERTO
Lapproccio al problema delle climatologia interna delledificio va comunque impostato
considerando questultimo un sistema termodinamico al quale saranno applicate sollecitazioni esterne (clima
esterno) che determineranno variazioni climatiche interne (clima interno o microclima). Si definisce sistema
termodinamico una qualunque regione di spazio separata da una superficie esterna, anche ideale,
dall'ambiente circostante.
Figura 16: Rappresentazione di un sistema termodinamico

10 Una moderna visione della Termofisica delledificio porta a considerare questo come un sistema al quale si pu
applicare la Teoria dei Sistemi. In pratica lo studio dellevoluzione del sistema-edificio coincide con lo studio della risposta di
questo sistema alle forzanti esterne. Pertanto risultano importanti i modi propri del sistema (che determinano levoluzione
transitoria immediata) e la risposta stabilizzata nella quale i cosiddetti modi deboli si sono spenti e il sistema risponde alla
forzante esterna in modo dipendente principalmente dalla stessa forzante.
(Massa interna: M)
Sistema termodinamico
Flusso entrante di massa: m1
Flusso uscente di massa: m
2

Calore entrante nel sistema: Q
Lavoro uscente dal sistema: Q
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Un sistema termodinamico pu al limite essere anche una regione di spazio vuota. In generale un
sistema termodinamico contiene della materia (in senso generalizzato) e subisce interazioni (scambi di forze,
energia, materia) con l'esterno e/o anche fra parti interne della stesso sistema termodinamico.
La definizione della superficie esterna di separazione del tutto arbitraria: possiamo, ad esempio,
definire sistema termodinamico il volume interno di un edificio e pertanto la superficie di separazione la
superficie interna dello stesso edificio. La superficie esterna del tutto arbitraria e possiamo sempre
ridurre o aumentare lo spazio esterno, ad esempio possiamo considerare la superficie di inviluppo di
una stanza, di due stanze, di un intero piano, di tutto ledifico, di pi edifici,.
sempre possibile, quindi, considerare un sistema termodinamico che comprenda l'ambiente
esterno tracciando una nuova superficie di separazione ancora pi ampia, ovvero si pu suddividere il
sistema termodinamico in pi sottosistemi suddividendo il volume primitivo in zone comprese in esso.
A seconda delle possibilit di scambio con l'esterno un sistema termodinamico si dir:
aperto : se pu scambiare massa e/o energia con l'esterno;
chiuso : se pu scambiare solo energia ma non massa con l'ambiente esterno;
isolato : se non pu scambiare n massa n energia con l'ambiente esterno.
La Termodinamica studia le trasformazioni dei sistemi termodinamici, cio tutte quelle azioni che
portano ad avere scambi di materia e/o di energia fra sistemi e l'esterno o anche all'interno degli stessi
sistemi. Un sistema termodinamico si dice in equilibrio termodinamico se ogni sua parte
contemporaneamente in equilibrio di massa e di energia. Pertanto in un sistema termodinamico non si
hanno trasformazioni energetiche (ad esempio reazioni chimiche) o meccaniche (parti in movimento
che trasformano energia potenziale in cinetica).
Naturalmente quanto sopra detto costituisce una semplificazione del problema e spesso anche
piuttosto grossolana; si tratta, per, di una semplificazione necessaria perch si possa effettivamente
fare scienza sul sistema termodinamico, nel senso che solo in queste condizioni possiamo scrivere equazioni
di bilancio risolvibili e non disequazioni difficilmente risolvibili. In mancanza di queste semplificazioni
tutti i problemi partici sarebbero irrisolvibili.
2 . 2 EQUAZI ONE DELL' ENERGI A PER I SI STEMI APERTI
Per potere studiare i sistemi termodinamici occorre scrivere relazioni fisiche tra le variabili che
sono interessate dal problema. In genere questo richiede una conoscenza della Termodinamica
Applicata e della Fisica in genere. Considerate le finalit del corso si vuole qui enunciare una delle
equazioni pi importanti della Termodinamica e che costituisce uno strumento fondamentale di studio
e analisi dei sistemi termodinamici anche complessi. Essa rappresenta uno strumento di analisi
formidabile e ricchissimo di applicazioni e che sar lo strumento principale per lo studio della
Termofisica e quindi della climatologia delledificio. Si sta facendo riferimento alla cosiddetta
equazione dell'energia per i sistemi aperti.
Da quest'equazione si possono derivare facilmente le altre forme valide per i sistemi chiusi e per
i sistemi isolati. Prima di descrivere questa equazione di bilancio, detta anche primo principio della
termodinamica per i sistemi aperti, opportuno fare qualche richiamo su alcuni concetti
fondamentali di Fisica.
2.2.1 GRANDEZZE SPECIFICHE
Le grandezze che interessano la Termodinamica sono molte ma non tutte saranno esaminate in
questo corso. Possiamo classificare le grandezze in due categorie :
grandezze estensive: cio tali dipendere dall'estensione del soggetto, ad esempio dalla massa
presente nel sistema. Sono grandezze estensive il volume, la massa, l'energia interna, l'entalpia,
l'entropia, l'exergia,...;
grandezze intensive: cio tali da non dipendere dall'estensione del soggetto: ad esempio, la
pressione, la temperatura, ....
Le grandezze estensive possono essere rese intensive dividendole per la massa alla quale si
riferiscono ed ottenendo le grandezze specifiche. Useremo spesso tali grandezze perch ci
consentono di generalizzare il problema e di utilizzare i piani termodinamici in modo indipendente dalla
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massa presente nel sistema. Le grandezze specifiche sono pertanto sempre riferite all'unit di massa
e si esprimono, ad esempio, come :
volume specifico volume/chilogrammo m
3
/kg
massa specifica (o anche densit) chilogrammi/metro kg/m
3

energia specifica energia/chilogrammo J/kg
Si osservi che il volume specifico l'inverso della massa specifica e viceversa. Quando parliamo
di energia specifica intendiamo riferirci a qualunque forma di energia, sia essa meccanica (cinetica e
potenziale), elettrica, termica, chimica,....
2.2.2 FORME DI ENERGIA FONDAMENTALI
Per gli scopi del corso si prenderanno in considerazione solamente alcune forme energetiche e
verranno volutamente trascurate altre anche molto importanti.
Si richiamano qui brevemente alcune equazioni fondamentali della Fisica che gli Allievi
potranno anche ricordare dai corsi di Applicazioni Tecniche della Scuola Media.
Energia Cinetica: l'energia posseduta dai corpi in movimento e si esprime mediante la
relazione:
E
cin
=
1
2
mw
2
, ove m la massa (in kg) del corpo e w la velocit da esso posseduta (in
m/s);
Energia Potenziale l'energia posseduta dai corpi posti ad una certa altezza dal suolo e si
esprime mediante la relazione :
E
pot
= mgh
, ove m la massa del corpo (in kg), g l'accelerazione
di gravit (9,81 m/s
2
) ed h l'altezza dal suolo a cui si trova il corpo (in m);
Energia Termica: l'energia interna posseduta da un corpo ed dovuta all'agitazione
molecolare interna delle particelle che lo costituiscono. E' possibile trovare relazioni che legano
l'energia interna con varie grandezze atomiche o molecolari del corpo. In questa sede ci interessa
sapere che l'energia interna di un corpo si pu calcolare mediante la relazione fisica :
U = mc
v
T
, ove m la massa del corpo, c
v
il calore specifico a volume costante
11
(espresso in
J/(kgK) o anche J/(kgC) ) e infine T la differenza di temperatura (in C o anche in K) fra lo
stato iniziale e lo stato finale della trasformazione termodinamica;
Lavoro Termodinamico: il lavoro compiuto da un fluido (solitamente ci si riferisce ad un
gas) quando subisce una trasformazione di espansione (lavoro positivo) o di compressione
(lavoro negativo).
v
gas
p
p
s
L=Fs
F=pS
L=pSs
V=Ss
L=pV
Il lavoro in una trasforma-
zione reversibile (senza at-
trito interno) dato dal pro-
dotto della pressione per il
volume.
Per il lavoro specifico (per
unit di massa) si ha:
l=pv

Figura 17: Schematizzazione del lavoro termodinamico.
In figura 17 dato l'esempio di un pistone che comprime un gas in cilindro di sezione S. Se p la
pressione che esso esercita sul gas, supponendo che non ci siano attriti nel movimento del
pistone, si deduce che il lavoro (dato dal prodotto della forza per spostamento nella direzione

11
Si definisce calore specifico l'energia termica che si deve fornire ad 1 kg di un corpo per far variare la sua
temperatura di 1C (coincidente anche con 1 K) lungo una trasformazione prefissata. Se la trasformazione a volume costante
si ha il calore specifico a volume costante, se la trasformazione a pressione costante si ha il calore specifico a pressione costante. Se si
considera una trasformazione isotermica (cio a temperatura costante) il calore specifico tende ad infinito poich occorre una
quantit infinita di energia per far variare la temperatura di un corpo che si mantiene a temperatura costante. Se si considera
una trasformazione senza scambi di calore con l'esterno (detta anche adiabatica) si ha calore specifico nullo.
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della forza) : L=pV mentre il lavoro specifico dato dal prodotto l=pv con v volume specifico del
fluido.
Energia Elettrica: l'energia posseduta da una carica elettrica sottoposta ad una differenza
di potenziale ed data dalla relazione:
E
elet
= QV
, ove Q la carica elettrica (in Coulomb) e DV
la differenza di potenziale (in Volt) cui sottoposta;
Energia Chimica: l'energia che si viene a liberare (o che bisogna fornire) quando avviene
una reazione chimica. Ai fini del corso le reazioni chimiche che ci interessano sono quelle di
combustione (cio di combinazione del combustibile con l'ossigeno) e l'energia che si libera viene
caratterizzata dal potere calorifico inferiore definito come l'energia termica (in Joule) che si ottiene
bruciando completamente a temperatura costante un kg di combustibile e lasciando andare via i
fumi con il vapore acqueo che si viene a formare dalla combustione. Pertanto il P.C.I. si misura in
J/kg o meglio dal multiplo kJ/kg. Ad esempio il potere calorifica inferiore del gasolio (P.C.I.) di
circa 42.000 kJ/kg corrispondenti a circa 10.400 kcal/kg nel S.T;
Energia di Flusso: l'energia necessaria per immettere o estrarre una massa da un sistema
termodinamico (ad esempio per immettere o estrarre aria in una camera d'aria); essa si calcola
mediante la relazione :
E
flusso
= pV
, ove p la pressione del sistema nel punto considerato (in Pa
cio in N/m
2
) e V il volume del fluido introdotto o estratto dal sistema (espresso in m
3
).
Come gi detto in precedenza, si far riferimento quasi sempre alle grandezze specifiche per cui
avremo la seguente tabella riassuntiva:
ENERGIA SPECIFICA RELAZIONE FISICA UNIT DI MISURA
Energia Cinetica ecin=w
2
/2 J/kg
Energia Potenziale epot = gh J/kg
Energia Termica
u= cv
J/kg
Energia Chimica P.C.I. J/kg
Lavoro di flusso eflusso= pv J/kg
Si definiranno nel prosieguo altre forme di energia di interesse termodinamico.
2.2.3 CONCETTO DI ACCUMULO ENERGETICO E SUA ESPRESSIONE
Uno dei concetti fondamentali per potere scrivere equazioni di bilancio energetico (e non solo
energetico) quello di accumulo di un sistema termodinamico. Facciamo un esempio con quanto
succede con un serbatoio di acqua che riceve da un rubinetto una certa quantit di acqua e ne cede
mediante un secondo rubinetto un'altra quantit. Avviene, si intuisce, che se la quantit di acqua
immessa uguale a quella prelevata il livello di acqua del serbatoio rimane costante altrimenti se si
immette pi acqua di quanta se ne prelevi si ha un innalzamento del livello e, viceversa, se si preleva pi
acqua di quanta se ne immetta si ha un abbassamento del livello. In questo esempio il livello dell'acqua
proporzionale alla massa di acqua presente nel serbatoio e la grandezza presa come riferimento la
massa di acqua immessa, prelevata o accumulata. In generale nel caso di un sistema termodinamico
parleremo di scambi energetici (oltre che di massa) e l'accumulo va quindi riferito all'energia. Avviene
pertanto che l'accumulo di energia all'interno di un sistema termodinamico fa variare la sua energia
interna
12
termica, cio il sistema si riscalda se l'energia interna aumenta (vedi in particolare la relazione
U = mc
v
T
che mette in relazione di proporzionalit, a parit di massa e calore specifico, l'energia U
con la differenza di temperatura) o si raffredda se l'energia interna diminuisce. Nelle equazioni di
bilancio energetico per i sistemi termodinamici scriveremo solamente i termini relativi alle energie in
gioco. Va per detto che unitamente all'equazione di bilancio dell'energia occorre scrivere anche
l'equazione di bilancio della massa nei termini dati dalla relazione:
Massa_Entrante - Massa_Uscente + Sorgenti_Interne = Accumulo_Massa

12
In generale l'accumulo fa variare l'energia globale del sistema, intesa come somma di tutte le forme di energia interne
al sistema stesso. Cos si avr energia interna se la natura solo termica, cinetica, potenziale,... Per semplicit della trattazione
e per mancanza di adeguati strumenti matematici faremo riferimento alla sola energia interna di tipo termico ma si sottolinea
la semplificazione che si sta effettuando.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Quasi sempre quest'equazione verr sottintesa perch si assumer la massa entrante (o pi
specificatamente la portata di massa entrante) eguale alla portata di massa uscente e per conseguenza,
essendo nullo il termine relativo alla sorgente interna, si ha che anche l'accumulo di massa nullo. Nei
casi in cui quest'ipotesi non risulta valida allora occorre verificare l'equazione di bilancio sopra indicata.
Infine va osservato che non necessario avere un solo flusso entrante ed uno uscente ma, pi in
generale, si possono avere pi flussi entranti ed uscenti ed anche in numero fra loro diversi ma con la
condizione che, a regime stazionario( cio con accumulo di massa nullo) sia la massa totale entrante pari
a quella uscente.
2.2.4 ESPRESSIONE DEL BILANCIO ENERGETICO PER I SISTEMI APERTI
Passiamo adesso a scrivere l'equazione di bilancio energetico detta anche equazione
dell'energia per i sistemi aperti. Con riferimento alla figura 16 si consideri un sistema termodinamico
aperto che scambia lavoro L nell'unit di tempo ed energia termica Q nell'unit di tempo con l'esterno e
attraverso due sezioni di passaggio denominate 1 e 2 scambi anche massa. Pi specificatamente
indichiamo con m la portata di massa definita come rapporto fra la quantit di massa entrante o uscente
dal sistema per unit di tempo ed espressa in kg/s nel S.I. e in kg
p
/h nel S.T. In parentesi per ciascuna
delle portate, indicate con 1 quella entrante e con 2 quella uscente, si hanno energie specifiche (vedi
tabella paragrafo 1.3.2) e in particolare:
energia specifica cinetica : w
2
/2 (J/kg);
energia specifica potenziale : gz (J/kg);
energia specifica interna : u (J/kg);
energia specifica di flusso : pv (J/kg);
energia specifica varia : e (J/kg)
Poich la portata ha dimensioni kg/s il prodotto di m per i termini in parentesi ha dimensioni:
kg
s
J
kg
=
[
J
s
]
=
[
W
]

Pertanto tutti i termini di scambio del sistema sono potenze e pertanto possiamo scrivere il
seguente bilancio delle potenze (cio di energia nell'unit di tempo):
Potenza_Entrante - Potenza_Uscente + Potenza_Sorgenti = Accumulo_Potenza
[1]
Nello scrivere materialmente il bilancio energetico bene ricordare che in Termodinamica vale
la seguente convenzione dei segni:
v il lavoro positivo se uscente dal sistema (cio il sistema a farlo) e negativo quando
entrante;
v il calore positivo quando entrante nel sistema (in modo che il sistema lo trasformi in lavoro
positivo uscente) e negativo quando uscente.
In figura 16 si sono indicati con le frecce i versi positivi sia del lavoro che del calore scambiati
con l'ambiente esterno. L'equazione di bilancio sopra indicata del tutto generale pu essere scritta per
qualunque forma di scambio. Sostituendo nell'equazione [1] i termini di energia associati alle portate di
massa entrante ed uscente dal sistema, con i segni che loro competono per i versi indicati, e tenendo
presente che non abbiamo sorgenti interne si ottiene la seguente equazione di bilancio:
2 2
1 2
1 1 1 1 1 2 2 2 2 2
2 2
Sistema
w w E
m gz p v e Q L m gz p v e

| | | |

+ + + + + + + =
| |

\ \

[2]
ove E
sistema
lenergia totale all'interno del sistema termodinamico. L'accumulo pu essere scritto
in forma semplificata
13
ponendo
interna
v
E
T
Mc
t t


=

. L'equazione [2] l'equazione dell'energia

13
Lespressione completa dellenergia di sistema E
w
gz u e dm
Sistema
Volume Sistema
= + + +
z
2
2
e j
_
con dm
elemento di massa elementare allinterno del sistema. Se si trascurano i termini meccanici (gz+w
2
/2) e il termine di energia
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

per i sistemi aperti in condizioni di regime non stazionario. Essa la forma pi generale (non
relativistica) dell'equazione dell'energia ed ha validit molto vasta ed la forma che utilizzeremo quando
si parler di transitorio termico delledificio.
2.2.5 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI CHIUSI
Come caso particolare della [2] si ricava ora l'equazione dell'energia per i sistemi chiusi. Come
gi detto in precedenza, un sistema chiuso quando non scambia massa con l'esterno ma pu
scambiare solo energia. Pertanto le portate entranti e uscenti dovranno essere nulle e l'equazione si
riduce alla seguente:
v
T
Q L Mc


[3]
Tutti i termini sono omogenei a potenze e in particolare anche il secondo membro una
variazione di energia nell'unit di tempo e pi specificatamente dell'energia interna totale del sistema U.
Se una relazione vale per le potenze vale anche per le energie e cio possiamo scrivere,
togliendo il puntino sopra Q ed L (il puntino indica variazione nel tempo) e indicando con U l'energia
interna si ha la relazione :
Q L U = [4]
che nota come Primo principio della Termodinamica per i sistemi chiusi.
2.2.6 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI ISOLATI
Anche se in forma semplificata la [2] pu essere ridotta per i sistemi isolati che, pertanto, non
scambiano n massa n energia con l'esterno. Tutto il primo membro diviene nullo e resta solo :
0
v
T
Mc


che, essendo
v
dU Mc dT = , pu essere scritto come 0
U

, ovvero che :
U = Costante [5]
Questo risultato pu essere generalizzato ulteriormente se al posto dell'energia interna si
intende, l'energia totale del sistema che comprende, oltre all'energia interna U anche l'energia
potenziale, cinetica, chimica,... La [5] ha un grande significato fisico (e filosofico): un sistema isolato si
evolve in modo tale da avere sempre costante la sua energia totale, ovvero ogni trasformazione in un sistema
isolato avviene a spese (mediante trasformazione) di altre forme di energia. Si pensi, ad esempio, alla
Terra come un sistema isolato,
14
consegue che tutte le trasformazioni avvengono a spese di forme di
energia interna della Terra stessa. L'energia consumata nei motori delle auto, infatti, ottenuta a spese
dell'energia chimica contenuta nei prodotti fossili e negli oli combustibili estratti dalla Terra. La
produzione di energia elettrica mediante bacini idroelettrici (trasformazione di energia potenziale del
bacino di raccolta) e mediante centrali termiche ad olio combustibile (trasformazione di energia chimica
in energia termica e poi in energia meccanica ed elettrica) o mediante centrali nucleari (trasformazione
dell'energia nucleare in energia termica, poi in energia meccanica e poi elettrica) sempre dovuta a
trasformazioni di risorse interne. L'uso dell'energia solare ed eolica (il vento nasce dallo spostamento di
correnti di aria fra zone della superficie terrestre a diversa temperatura e quindi si pu considerare una
diretta conseguenza e trasformazione dell'energia solare) invece un utilizzo diretto dell'energia che ci
arriva dall'esterno e quindi al di fuori del bilancio sopra indicato.

generica e (cio non ci interessiamo in questa sede dellenergia nucleare, chimica, elettromagnetica, ) allora lenergia del
sistema pari alla sola energia interna U che pu ancora essere scritta come U=Mc
v
T e quindi vale quanto sopra indicato.
14
In realt la terra scambia energia solare e radiativa con lo spazio circostante ma qui trascuriamo questi scambi
perch non influenti per quello che si vuole qui dimostrare, nel senso che noi sfruttiamo poco direttamente tale forma di
energia.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

2.2.7 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI APERTI IN REGIME STAZIONARIO
Un caso molto importante nelle applicazioni tecniche e applicative in genere si ha quando
l'accumulo di energia e di massa nullo: si suol dire che il sistema si trova in regime stazionario. Ci
equivale a dire che a regime stazionario la portata di massa entrante uguale a quella uscente (altrimenti si
avrebbe accumulo di massa all'interno) e che il flusso di energia entrante uguale a quello uscente.
pertanto la [2] si semplifica ulteriormente nella seguente relazione:
2 2
1 2
1 1 1 1 2 2 2 2
0
2 2
w w
m gz p v e Q L m gz p v e
| | | |
+ + + + + + + =
| |
\ \


Poich m' costante possiamo dividere ambo i membri dell'equazione per questo valore e
indicando con q e l l'energia termica e il lavoro per kg di massa, trascurando (perch non ci interessa in
questa sede) lenergia chimica (quindi pci) si ha:
2
2
w
gz u pv e q l
| |
+ + + + =
|
\
[6]
ove con si indicato il simbolo di differenza fra l'uscita (condizione 2) e l'ingresso
(condizione 1). In pratica la [6] equivalente a scrivere:
( ) ( )
2 2
2 1
2 1 2 2 2 1 1 1 2 1
( ) ( )
2
w w
g z z p v u p v u e e q l

+ + + + + =


Quest'equazione pu ulteriormente essere scritta in forma opportuna osservando che si
definisce entalpia la grandezza:
h = u + pv
e quindi la precedente equazione diviene:
2 2
2 1
2 1 2 1 2 1
( ) ( ) ( )
2
w w
g z z h h e e q l

+ + + = [7]
ovvero anche, per la [6],:
2
2
w
gz h e q l
| |
+ + + =
|
\
[7]
che la forma classica dell'equazione dell'energia in regime stazionario per i sistemi aperti. Se
non ci interessa lenergia e la precedente si semplifica ulteriormente nella forma seguente:
2
2
w
gz h q l
| |
+ + =
|
\
[7]
L'importanza tecnica di questa relazione enorme; essa costituisce uno degli strumenti di analisi
e di calcolo pi potenti per la risoluzione di problemi termodinamici anche complessi. Si vuole qui
richiamare l'attenzione sul fatto che per l'applicazione della [7] occorre verificare le seguenti ipotesi:
il sistema in regime stazionario;
la sezione di ingresso 1 scelta sulla superficie di separazione del sistema;
la sezione di uscita 2 scelta sulla superficie di separazione del sistema.
Null'altro occorre avere per potere applicare l'equazione dell'energia. L'arbitrariet della scelta
delle sezioni di ingresso e uscita (fra le quali si effettua il bilancio) rende l'equazione estremamente
versatile. Possiamo, infatti, scegliere tali sezioni includendo o escludendo componenti del sistema (o in
generale di impianto) in modo da semplificare il bilancio energetico.
2.2.8 ESPERIENZA DI JOULE - THOMPSON
Si consideri il caso di due serbatoi contenenti un fluido (gas o liquido) e mantenuti a due
pressioni diverse, p
1
e p
2
, come indicato in figura 18. I serbatoi e il condotto che li unisce siano
coibentati in modo tale da non fare scambiare con l'esterno n lavoro n calore. Si supponga che la
sezione del condotto sia costante (e quindi anche la velocit del fluido si mantiene costante, essendo
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

m=w S ove la densit del fluido, w la velocit e S la sezione di passaggio) e che anche la quota del
condotto sia costante (z
2
=z
1
). Per effetto della differenza di pressione fra i due serbatoi il fluido passa
verso il serbatoio a pressione inferiore.
T1
T2
p1
p2
setto poroso
Per effetto della differenza di
pressione il fluido passa dal
serbatoio 1 a serbatoio 2.
La temperatura T2 cambia e
si stabilizza ad un valore che
dipende dal fluido e dalle con-
dizioni iniziali in cui si trova-
va prima dell'espansione.
Sistema termodinamico
1 2

Figura 18: Esperienza di Joule - Thompson
Supponendo che il sistema non scambi calore o lavoro con l'esterno, indicato il sistema
termodinamico e i punti di ingresso e di uscita, applicando l'equazione [7] si ha:
2 1
0 h h =
ovvero che l'entalpia iniziale e finale sono eguali. Si supposto che le velocit e le quote siano
eguali prima e dopo il setto poroso. Questo risultato di grande importanza tecnica in quanto consente
di calcolare le condizioni del punto 2 note che siano quelle del punto 1.
Se al posto di un setto poroso si utilizza un condotto con una strozzatura (presenza di una
valvola semichiusa o un restringimento di sezione) si ha un fenomeno noto con il nome di
laminazione che viene molto utilizzato nell'impiantistica tecnica, negli impianti frigoriferi,...
2.2.9 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
La [7] in pratica l'enunciato del primo principio della Termodinamica per sistemi aperti in regime
stazionario: esso si enuncia dicendo che tutte le forme di energia sono equivalenti e che vale il principio
di conservazione dell'energia. Nella sua forma pi nota tale principio per i sistemi chiusi si esprime con
la seguente relazione:
Q=L+U
ove Q l'energia termica scambiata, L l'energia meccanica (lavoro), U l'energia interna del
sistema e la variazione va calcolata fra due punti estremi della trasformazione. Qualora i punti iniziali
e finali coincidono si ha:
Q=L
che stabilisce il principio di equivalenza energetica anzidetto: l'energia termica omogenea ad
un lavoro meccanico ed quindi una forma energetica come quella elettrica, cinetica, potenziale,... In
forma differenziale si ha:
Q dU L = +
Ove con si indica un operatore matematico che indica un differenziale non esatto e con d il
differenziale esatto. Con il primo principio (scoperto circa mezzo secolo dopo il secondo principio) ha
avuto inizio la Termodinamica moderna. Vedremo che il secondo principio introduce il concetto di non
trasformabilit totale dell'energia termica in energia meccanica in trasformazioni cicliche.
2.2.10 POTENZIALI TERMODINAMICI: ENERGIA INTERNA, ENTALPIA
Le grandezze energia interna ed entalpia sono dette anche potenziali termodinamici. Essi sono
grandezze di stato nel senso che vengono definiti in ciascun punto di esistenza dei corpi e non
dipendono dai cammini percorsi per arrivarci.
Il calore e il lavoro dipendono dal tipo di trasformazione seguita (si suol dire che dipendono dal
cammino seguito nella trasformazione) e non sono pertanto definiti univocamente in ciascuno stato dei
corpi. Nella definizione di calore specifico si osservato che si hanno definizioni e valori diversi a seconda
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

che la trasformazione sia a volume costante, a pressione costante, adiabatica o isotermica. In questo
senso il calore scambiato lungo una trasformazione dipende dalla stessa trasformazione e non in
assoluto calcolabile dalla sola conoscenza dei punti iniziali e finali.
La stessa osservazione pu essere fatta per il lavoro che dipende, anch'esso, dal tipo di percorso
effettuato. Se si ricorda, infatti, che il lavoro dato dal prodotto di una forza per il percorso effettuato
nella direzione della forza si comprende come scegliendo cammini diversi fra due punti si avranno
valori diversi del lavoro (vedi fig. 19). Riassumendo, con riferimento alla figura, si ha:
L
A1B
=L
A2B

L
A1B2A
= Lavoro del ciclo
Per i potenziali termodinamici non occorre specificare il percorso seguito perch i valori da essi
assunti dipendono solamente dagli stati in cui il sistema si trova. Ancora con riferimento alla fig. 19 si
ha che l'energia interna nei punti A e B sono rispettivamente U
A
e U
B
indipendentemente dal percorso
seguito per andare da A verso B.
A
B
p
v
La trsformazione A1B ha un percor-
1
2
so diverso rispetto alla trasformazio-
ne A2B (nel verso indicato) e quindi
un lavoro diverso (area sottesa dalla
curva e l'asse delle ascisse).
Il ciclo A1B2A fornisce un lavoro
esterno positivo dato, a scala grafica
opportuna, dalla sua area interna.
H K

Figura 19: Trasformazioni che dipendono dal percorso
Pertanto per calcolare la differenza di valore fra due punti di un potenziale termodinamico basta fare
la differenza fra i valori assunti nei rispettivi punti; ad esempio, per la differenza di energia interna fra A
e B si ha:
U
AB
=U
B
-U
A

Lo stessa dicasi per la differenza di entalpia fra due punti. Sono potenziali termodinamici (o anche
funzioni di stato
15
) le seguenti grandezze (finora incontrate) :
p pressione
v volume specifico
T temperatura
u energia interna specifica
h entalpia specifica.
Si vedranno nei prossimi paragrafi altri potenziali termodinamici di particolare importanza nella
tecnica.
2 . 3 SECONDO PRI NCI PI O DELLA TERMODI NAMI CA
Fino ad ora abbiamo quasi sempre fatto riferimento a trasformazioni ideali e a sostanze ideali ed
abbiamo enunciato il primo principio come principio della conservazione dell'energia o anche della equivalenza
energetica. L'osservazione della realt ci porta a concludere che le cose non vanno sempre come le
vogliamo supporre e che le trasformazioni reali sono ben diverse da quelle ideali. Con ci non si vuole
negare la validit (invero grandissima) delle affermazioni fatte in precedenza: esse hanno consentito di
capire come stanno le cose e quindi anche di distinguere i comportamenti reali da quelli ideali.

15
Lo stato in senso termodinamico dato dall'insieme dei valori delle variabili che il sistema assume in una
condizione di equilibrio ed quindi rappresentato in un diagramma da un punto a cui corrispondono l'insieme (p,v,T,u,h,..)
di valori.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Se Newton avesse voluto studiare la caduta dei corpi senza tener conto dell'attrito dell'aria
probabilmente avrebbe avuto le idee pi confuse: un foglio di carta o un pezze di piombo sono
sottoposti entrambi alla stessa accelerazione di gravit ma se li lasciamo cadere vediamo che la loro
velocit appare diversa per effetto dell'attrito maggiore dell'aria sul foglio di carta che non sul pezzo di
piombo. Il paracadute, in fondo, ci consente di precipitare lentamente proprio per quest'attrito dell'aria!
L'avere capito che la forza resistiva dovuta all'attrito non doveva essere presa in considerazione
per lo studio della caduta dei corpi forse stata la manifestazione pi elevata di genialit di Newton.
Allo stesso modo, se consentita la parafrasi, se avessimo voluto studiare le trasformazioni
termodinamiche senza essere capaci di intuire ci che dovuto ad un fenomeno, rispetto ad altri
fenomeni spesso concomitanti, forse non avremmo ottenuti grandi risultati.
E in effetti uno sguardo storico alla successione dei fatti avvenuti nel secolo scorso ci porta a
dire che fu scoperto per primo il secondo principio che non il primo principio. Infatti Sadi Carnot enunci il
suo Principio di Carnot prima della met del secolo scorso, mentre Thompson, Gibbs, Clausius,..
enunciarono il primo principio nella seconda met del secolo scorso. Lo stesso Carnot non era molto
convinto delle idee prevalenti al momento dell'enunciazione del postulato che porta il suo nome. In
quel tempo prevaleva la teoria del fluido calorico e quindi di equivalenza energetica non se parlava neppure.
E' difficile enunciare il secondo principio della termodinamica perch possibile farlo in tanti
modi formalmente diversi, apparentemente di contenuto differente, ma che sostanzialmente riflettono
lo stesso concetto: la realt evolve sempre in modo dissipativo.
2.3.1 ENUNCIATO DI KELVIN, CLAUSIUS, CARNOT
Non si vuole qui fare una trattazione lunga e completa di quest'argomento perch si andrebbe
oltre i limiti del corso (ma che grande interesse, anche filosofico, desta lo studio del secondo principio!)
ma ci si limiter a dare un'enunciazione semplificata ed intuitiva.
Enunciato di Clausius : Il calore passa spontaneamente da una sorgente a temperatura pi
elevata verso una a temperatura pi bassa;
Enunciato di Kelvin : Non possibile ottenere lavoro ciclicamente avendo a disposizione solo una
sorgente di calore;
Enunciato di Carnot : Non possibile costruire una macchina avente un rendimento di trasformazione
16

maggiore della macchina di Carnot che evolve reversibilmente fra due sorgenti di calore a temperatura T
1
e T2 mediante
due trasformazioni isoterme e due adiabatiche.
Malgrado la loro apparente diversit questi enunciati (e ce ne sono ancora altri dovuti ad altri
ricercatori) dicono la stessa cosa e sono, quindi, modi diversi di enunciare il secondo principio della
termodinamica. Il primo enunciato indica una direzione naturale obbligata nel trasferimento di energia
termica: il calore passa spontaneamente da temperatura maggiore verso temperatura minore. E'
fondamentale comprendere il valore dell'avverbio spontaneamente: tutti noi sappiamo che nei
frigoriferi domestici facciamo esattamente l'opposto e cio raffreddiamo corpi estraendone il calore e
riversandolo nell'ambiente esterno (a temperatura pi elevata) ma ci non avviene spontaneamente
bens a spese dell'energia elettrica che consumiamo. Se lasciamo una tazzina di caff sul tavolo
troveremo che dopo qualche tempo il caff si portato alla stessa temperatura dell'ambiente, diciamo
cio che si raffreddato. E' questo ci che avviene in natura spontaneamente. Ogni volta che
vogliamo alterare il naturale andamento delle cose dobbiamo spendere energia e quindi pagarne il costo.
La forma di Kelvin, che si pu dimostrare essere equivalente a quella di Clausius nel senso che
si nega una forma si nega anche l'altra, introduce un concetto del tutto nuovo sulla trasformabilit
dell'energia termica. Sappiamo, infatti, che possibile trasformare tutta l'energia cinetica in potenziale o
viceversa, che possibile trasformare energia meccanica (cinetica o potenziale) in elettrica e viceversa,
ma ora scopriamo che per trasformare ciclicamente energia termica il meccanica non basta avere una
sorgente ad una data temperatura ma ne occorrono almeno due.

16
Per rendimento di trasformazione () si intende il rapporto fra il lavoro netto (Ln) ottenuto da un ciclo e il calore
ceduto (Q) al fluido: cio si ha : =L
n
/Q.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

In effetti questo vero solo se la trasformazione avviene ciclicamente, cio in modo tale che il
sistema ritorni sempre allo stato iniziale. Qualora rinunciassimo all'avverbio ciclicamente si pu intuire
facilmente che ci non pi vero. In figura 20 si riportato il caso di un gas contenuto in un cilindro di
dimensioni finite, riscaldato in basso mediante una fiamma.
Per effetto del riscaldamento il gas si espande e sposta verso l'alto il pistone che, mediante un
meccanismo di tipo meccanico, fa ruotare una ruota dentata e quindi fornisce all'esterno lavoro.
La trasformazione di espansione si deve arrestare quando si raggiunge il fondo superiore e
quindi non si pu pi avere lavoro in modo ciclico. Dobbiamo, infatti, riportare il pistone indietro e
questo richiede un raffreddamento del gas e quindi dobbiamo avere una sorgente a temperatura
inferiore a quella precedente di riscaldamento, proprio come Kelvin ha enunciato.
Il terzo enunciato, quello di Carnot, pi complesso rispetto ai precedenti ma si pu dimostrare
che strettamente legato ad essi. I riflessi tecnici del postulato di Carnot sono enormi se si considera
che esso ha consentito di creare un riferimento per tutte le macchine reali. Inoltre dal postulato di
Carnot deriva anche la definizione della scala della temperatura termodinamica e poi della temperatura
assoluta (scala Kelvin) oggi assunta quale scala fondamentale per la misura della temperatura.

Il gas inteno al cilindro si espande per effetto del
calore ceduto dalla fiamma sottostante, il pistone
si sposta verso l'alto e la cremagliera mette in ro-
tazione la ruota dendata ottenendo lavoro mecca-
nico all'esterno. Quando si raggiunge la faccia op-
posta del cilindro il processo deve arrestarsi e la
trasformazione non pi ciclica. Per ottenere di
nuovo lavoro occorre raffreddare il gas in modo
che il pistone ridiscenda in basso e poi si pu ri-
petere la trasformazione di espansione.
L
Q
c
r
e
m
a
g
l
i
e
r
a
ruota dentata
gas

Figura 20: Trasformazione con ciclica di calore in lavoro
La macchina di Carnot costituita (vedi fig. 21) in modo da lavorare con un fluido ideale (e questa
una idealizzazione importante perch il fluido ideale non esiste in natura ma ci si pu avvicinare molto
con gas rarefatti a bassa pressione) fra due serbatoi a temperatura diverse T
1
e T
2
. Il lavoro ottenuto
pari a:
L=Q
1
-Q
2

T1

T2
Q1
Q2
L
Serbatoio caldo
Serbatoio freddo
Macchina di
Carnot
Lavoro netto
La macchina di Carnot riceve calore Q1 a tem-
peratura T1 dal serbatoio caldo, ne trasforma
una parte in lavoro L e cede calore Q2 a tem-
peratura T2 al serbatoio freddo.
Il bilancio energetico del sistema termodinamico
Sistema
Termodinamico
facilmente ottenuto dalla relazione:
Q1-Q2=L
Il rendimento termodinamico della macchian di
Carnot dato da:
(Q1-Q2)/L
Solo per la macchina di Carnot si dimostra che
questo rapporto vale :
(T1-T2)/T1

Figura 21: Rappresentazione della Macchina di Carnot
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

e il rendimento vale:
1 2 2
1 1 1
1
L Q Q Q
Q Q Q


= = =
e si dimostra che solo per la macchina di Carnot si ha anche:
2 2
1 1
1 1
Q T
Q T
= =
L'enunciato di Carnot afferma che sempre :
2 2
1 1
1 1
Q T
Q T
=
La condizione di eguaglianza si ha solo quando le trasformazioni sono reversibili e il ciclo
quello di Carnot.
2.3.2 SIGNIFICATO FISICO DI ENTROPIA
Dallespressione del rendimento della macchina di Carnot, riscrivendo opportunamente i
termini di temperatura e calore (presi in valore assoluto), si ha la seguente disequazione nota anche
come disequazione di Clausius:
1 2
1 2
0
Q Q
T T
+
ove il segno uguale va considerato solo nel caso ideale del ciclo di Carnot con trasformazioni
reversibili. Se si considerasse un ciclo con infinite sorgenti a temperatura diversa (vedi figura 22) si
potrebbe scrivere la relazione precedente nella forma pi generale seguente:
0
Q
T


e vale ancora quanto sopra specificato per la condizione di uguaglianza. Se consideriamo infiniti
cicli elementari la sommatoria si trasforma in integrale circolare:
0
Q
T



In termini matematici la relazione precedente dice che per trasformazioni reversibili (cio
quando si ha il segno eguale) si pu definire una nuova grandezza termodinamica tale che abbia
circuitazione nulla e quindi essa un differenziale esatto:
Q
dS
T

=
ove con S si definisce l'entropia (misurata in J/K) e che risulta essere un nuovo potenziale
termodinamico cio indipendente dal percorso ma dipende solo dagli stati termodinamici del sistema. Come
si ricorder Q non un potenziale termodinamico mentre dS=Q/T lo . Il fattore 1/T si suole dire
normalizza Q.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

p
v
p
v
T1
T2
Ciclo di Carnot
Ciclo generico con numero
di sorgenti infinito

Figura 22: Confronto fra ciclo di Carnot e ciclo a infinite sorgenti
Per trasformazioni non reversibili (e quindi per trasformazioni reali) si pu scrivere la nuova
forma della relazione di Clausius che rappresenta anche l'espressione analitica del secondo principio
della termodinamica:
Re
irreversibile
ale
Q
dS S
T

= +
Questa relazione dice che in una trasformazione reale la variazione di entropia pari alla
variazione di Q/T|
reale
(termine che si pu calcolare nota il calore scambiato e la temperatura a cui esso
viene scambiato) alla quale va aggiunta una grandezza sempre positiva pari a S
irreversibile
detta anche
produzione di irreversibilit del sistema. Il termine di irreversibilit S
irreversibile
non , di solito,
facilmente calcolabile perch proprio quello che dovuto alla presenza di attriti vari (in senso
meccanico, elettrico e termico) e di irreversibilit di vario genere. La relazione di Clausius
fondamentale per lo studio dei processi irreversibili e per la nuova termodinamica basata sui rendimenti
exergetici (si dir fra breve cos' l'exergia) delle trasformazioni termodinamiche e non solamente sui
rendimenti energetici.
Quando S
irreversibile
diviene trascurabile o la si vuole intendere tale allora la precedente relazione
diviene in tutto coincidente con la definizione di entropia (dS=Q/T) e la trasformazione considerata
ideale. Lequazione di Clausius porta ad un'altra affermazione che tanto ha fatto pensare i ricercatori e i
filosofi contemporanei: le trasformazioni reali sono sempre ad entropia crescente e ci ha portato a concludere
che per i sistemi isolati l'entropia tende sempre a crescere e in particolare l'universo (sistema isolato per
definizione in quanto contiene in se tutti i sistemi termodinamici) ha entropia sempre crescente.
La portata di questa affermazione risulta chiara se si tiene conto del fatto che un aumento di
entropia comporta una diminuzione della capacit di compiere lavoro ovvero di trasformare calore in
lavoro. Se consideriamo la macchina di Carnot (che, ricordiamo, quella che ha rendimento
termodinamico massimo rispetto a tutte le macchine reali che l'uomo pu costruire) si ha:
2
max 1
1
1
T
L Q
T

| |
=
|
\

ove con L
max
si intende il lavoro massimo che si pu ottenere dalla quantit di calore Q
1
e il
fattore in parentesi tonda , com facile riconoscere, il rendimento di Carnot (che il massimo
possibile!). La precedente relazione ci dice che L
max
quanto possiamo ottenere, nelle condizioni
migliori, da quantit di calore Q
1
. La differenza rispetto a Q
1
il lavoro perduto, cio quella parte di
energia termica che non si pu pi trasformare in lavoro qualunque sia il ciclo o la
trasformazione che immaginiamo. Tale quantit detta anergia , indicata con A, e vale:
2
1
1
T
A Q
T
=
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Ora lanergia si pu scrivere anche in diverso modo (se ne tralascia qui la dimostrazione per
brevit) utile alla comprensione del concetto di entropia:
1
2 2
1
Q
A T T S
T
= =
Pertanto l'anergia (cio l'energia perduta) data dal prodotto della temperatura inferiore del ciclo
per la variazione di entropia. Ecco che il significato della precedente affermazione (l'entropia dell'universo
sempre crescente) anche il seguente: l'universo (come sistema isolato) evolve in modo tale che sempre crescente la
sua anergia ovvero che diminuisce la capacit di trasformare calore in lavoro meccanico.
Quest'osservazione ha fatto s che si desse all'entropia un significato fisico importante: l'entropia
una grandezza termodinamica proporzionale all'ordine interno del sistema. Pertanto, l'aumentare dell'entropia
equivale anche al crescere del disordine interno di un sistema e quindi della sua capacit di fornire
lavoro. In modo semplice si pu osservare che il lavoro massimo d al calore Q
1
un valore che dipende
dalla sua temperatura T
1
rispetto alla temperatura T
2
(di solito coincidente con la temperatura
dell'ambiente esterno su cui si va a scaricare il calore Q
2
): tanto pi elevata la temperatura T
1
tanto maggiore
il lavoro ottenibile nella trasformazione

e, al limite, quando T
1
=T
2
il lavoro ottenibile diventa nullo.
Per chiarire il significato fisico di entropia immaginiamo di avere 1 kg di oro sotto forma di
lingotto: esso ha un valore commerciale elevato. Ma se lo stesso kg di oro lo avessimo sotto forma di
polvere dispersa in un campo di un ettaro di superficie il suo valore sarebbe ben diverso! Occorrerebbe
recuperarlo e cio ordinare tutto l'oro in un blocco omogeneo. Qualcosa di simile succede con il calore:
se ad elevata temperatura rispetto all'ambiente esso ha un elevato valore perch si trasforma meglio in
lavoro (vedi espressione del lavoro massimo) mentre se a bassa temperatura il suo valore energetico
sempre pi basso fino ad annullarsi quando la temperatura coincide con quella ambiente.
Alla luce di tutte queste considerazioni possiamo dire che il secondo principio della termodinamica
mette chiarezza nella comprensione del valore dell'energia termica: questa s una forma energetica
equivalente alle altre (meccanica, elettrica,..) ma il suo valore energetico dipende dalla temperatura alla
quale viene prelevata.
2.3.3 EXERGIA
Si introduce cos il concetto di exergia di una trasformazione termodinamica: essa il lavoro
massimo ottenibile nella trasformazione. Nel caso di una macchina termica l'exergia data dalla relazione del
lavoro massimo gi vista in quanto il lavoro massimo lo si pu ottenere solo con la macchina di Carnot. Se
consideriamo una massa termica a data temperatura si dimostra che l'exergia data dalla seguente
relazione:
( )
2 1 2 1 o
e h h T s s =
ove con e si indicata l'exergia specifica (misurata in J/kg), con s lentropia specifica (misurata in
J/K.kg)e con T
0
si indicata la temperatura dell'ambiente (detta anche stato di riferimento). Anche l'exergia
un potenziale termodinamico e dipende solo dagli stati iniziali (1) e finali (2) della trasformazione. Si
definisce rendimento exergetico il rapporto fra l'exergia ottenuta e quella spesa in una trasformazione
termodinamica. Lo studio in chiave exergetica delle trasformazioni termodinamiche relativamente
recente (poco pi di venti anni) e rappresenta il nuovo modo di vedere le cose non pi legate ai
rendimenti energetici.
Un esempio pu chiarire quanto sopra detto. Si consideri il processo di combustione che
avviene in una caldaia domestica per produrre acqua calda per il riscaldamento: viene bruciato gasolio
ad una temperatura di circa 1600 C per ottenere acqua calda a circa 80 C. In termini energetici si
definisce il rendimento di caldaia come il rapporto fra il calore prodotto e quello trasferito all'acqua. In questo
modo si ottengono valori assai elevati e oggi vicini al 94-96%, nel senso che il 94-96% dell'energia
ottenuta dalla combustione viene ceduta all'acqua mentre il 6-4% viene perduta con i fumi. Ben diverso
il discorso dal punto di vista exergetico.
Noi bruciamo gasolio ad una temperatura di 1600 C e pi per riscaldare acqua ad una
temperatura di 80C. L'exergia della fiamma a 1600 C molto elevata perch la sua temperatura
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

elevata rispetto all'ambiente (assunto a 20C) mentre quella dell'acqua a 80C bassa perch la sua
temperatura prossima a quella ambiente. Il rendimento exergetico vale:
20 273
1
80 273
0.20
20 273
1
1600 273
exergetico

+
= =
+

+

Cio nelle migliori delle ipotesi abbiamo un rendimento exergetico del 20%. Con temperatura di
fiamma di 2000 C si avrebbe un rendimento exergetico di circa il 16%.
Dunque quotidianamente noi commettiamo un assurdo termodinamico bruciando un combustibile
nobile (che potrebbe essere pi convenientemente utilizzato per produrre lavoro nei motori delle auto o
nelle centrali elettriche) ad alta temperatura per utilizzare l'acqua riscaldata ad una temperatura di 80 C,
ridicola rispetto a quella di fiamma.
Questi sprechi energetici che oggi tutti egoisticamente ed ipocritamente tolleriamo saranno
rimpianti dai nostri figli che troveranno sempre meno risorse pregiate per ottenere energia meccanica in
futuro!
2.3.4 MACCHINA DI CARNOT A CICLO INVERSO
Nelle applicazioni di climatizzazione degli ambienti sono molto utilizzate le macchine frigorifere
a ciclo inverso e pertanto si vuole qui fornire un breve accenno a questa problematica. Una macchina di
Carnot che operi ciclicamente in senso orario nel diagramma di fig. 23 a sinistra produce lavoro
positivo, cio opera in modo diretto assorbendo calore dal serbatoio caldo trasformandolo in lavoro e
poi cedendo il restante calore al serbatoio freddo.
La stessa macchina pu operare anche in senso inverso: assorbe calore dal serbatoio freddo e lavoro
dall'esterno per riversare calore nel serbatoio caldo. In pratica si ha un funzionamento tipico del ciclo frigorifero
con il quale si raffreddano i corpi a spese di energia esterna.
T1
T2
Q1
Q2
L
Macchina di Carnot
a ciclo inverso.
Lavoro assorbito
Serbatoio Freddo
Serbatoio Caldo
Pompa di Calore
Macchina Frigorifera
La macchina a ciclo inverso di Carnot assorbe
calore Q2 a temperatura T2 (bassa) e lavoro L
dall'esterno per cedere il calore Q1 a tempera-
tura T1 (elevata).
A seconda del punto di vista si pu chiamare
questa macchina:
- macchina frigorifera se si guarda al serba-
toio freddo;
- pompa di calore se si guarda al serbatoio
caldo.
Sistema termodinamico

Figura 23: Ciclo inverso
In fig. 23 data una rappresentazione schematica di quanto appena detto. Per il ciclo frigorifero si
definisce un coefficiente di effetto utile dato dal rapporto :
2
Q
L
=
Mentre per la pompa di calore si definisce il COP (Coefficient of Performance):
1
Q
COP
L
=
Risulta il seguente bilancio energetico per il sistema termodinamico della stessa figura: 23
Q
1
= Q
2
+ L

e pertanto risulta:
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

COP =+1

Per la macchina di Carnot risulta essere > 1 e quindi COP >2. Per le macchine a ciclo inverso
reali si ha > 1 se il lavoro viene fornito dall'esterno sotto forma meccanica (cicli a compressore).
2.3.5 MACCHINA A VAPORE (CICLO RANKINE)
Il ciclo di Carnot ideale e pertanto non utilizzabile nella applicazioni tecniche. Le prime
macchine a vapore furono costruite in Gran Bretagna per azionare i montacarichi nelle miniere del
Galles. Esse avevano rendimenti bassissimi (2-4%) ma segnarono l'inizio della cosiddetta era industriale.
Pian piano vennero perfezionate e divennero sempre pi affidabili e potenti tanto da potere essere
utilizzate anche per le locomotive a vapore e per i motori marini dei piroscafi.
Le macchine a vapore del secolo scorso (ma che sono utilizzate anche oggi in alcune
applicazioni) utilizzavano quale organo motore il cassonetto con stantuffo. L'esempio tipico quello delle
locomotive a vapore o dei motori marini vecchio tipo. Oggi tali organi motori sono stati soppiantati
quasi del tutto dalle turbine a vapore.
Il primo ciclo termodinamico utilizzato stato quello di Rankine detto anche delle macchine a
vapore e rappresentato in figura 24.
p
v
C
a
l
d
a
i
a
B
C
D
Caldaia
Turbina
Condensatore
Pompa
Caldaia
A
T
u
r
b
i
n
a
Condensatore
Ciclo Rankine
Curva del vapore
d'acqua saturo
Lavoro esterno
Pompa
C
a
l
o
r
e

Figura 24: Ciclo delle macchine a vapore di Rankine
Il calore viene ceduto in caldaia all'acqua che vaporizza (trasformazione ABC) e poi si invia il
vapore in una turbina dove viene fatto espandere (trasformazione CD). In uscita dalla turbina il vapore
viene condensato (cio passa dallo stato di vapore a quello di liquido) nel condensatore (trasformazione
DA) e da questo mediante una pompa (non rappresentata in figura la corrispondente trasformazione
perch troppo piccola alla scala considerata) viene rimandato in caldaia e si ripete il ciclo. Il rendimento
termodinamico dipende dalle quantit di calore cedute nella vaporizzazione in caldaia e nella
condensazione nel condensatore secondo la relazione
2
1
1
Q
Q
= .
Questo ciclo utilizzato in tutte le centrali termiche per ottenere potenze elevate. Esso
utilizzato nelle centrali ENEL (non nella versione di base ora vista ma con ulteriori miglioramenti
impiantistici) e negli impianti industriali. Questo ciclo produce, negli impianti di grande potenza (oggi si
hanno centrali ENEL da 1 GW), inquinamento termico nel senso che il condensatore si hanno scarica
nell'ambiente enormi quantit di calore a bassa temperatura che pu, qualora non adeguatamente
controllato, provocare mutazioni nell'equilibrio ecologico dell'ambiente circostante.
2.3.6 MACCHINA FRIGORIFERA A COMPRESSIONE DI VAPORI SATURI
Il ciclo inverso di Carnot non pu essere utilizzato nelle applicazioni pratiche in quanto cicli
ideale e pertanto si utilizza un ciclo detto a compressione di vapori saturi. I vapori saturi (cio vapori in
presenza del proprio liquido) hanno la caratteristica di subire le trasformazioni di cambiamento di fase
(ebollizione e condensazione) a temperatura e pressione costante.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Proprio l'avere le trasformazioni a temperatura costante ha dato l'idea di utilizzare questi fluidi
nelle macchine termiche (cicli a vapore e cicli frigoriferi a compressione). In figura 25 ne data una
rappresentazione schematica. Seguendo lo schema di impianto a destra della stessa figura si ha la
compressione del gas (trasformazione BC) poi la condensazione (CD), la laminazione (DA, si tratta di
un'applicazione dell'effetto Joule - Thompson) e quindi l'evaporazione (AB).
La fase frigorifera data dall'evaporazione lungo AB, mentre la fase di riscaldamento per il
funzionamento a pompa di calore data lungo la CD. L'energia esterna fornita mediante il
compressore (trasformazione BC) ed la fase pagante del ciclo. Per la definizione del coefficiente di effetto
utile e del COP si rimanda alle relazioni gi indicate in precedenza.
I fluidi frigorigeni utilizzati nella pratica sono:
i freon (Cloro fluoro - carburi, indicati anche con la sigla CFC), oggi sotto accusa perch
attaccano la fascia di ozono nell'atmosfera. Recentemente stato raggiunto un accordo per
la graduale sostituzione dei CFC con i HCFC, cio con Cloro fluoro - carburi non saturi.
Entro il 2010 dovranno essere del tutto sostituiti con altri fluidi frigorigeni;
l'ammoniaca : usata nei grossi impianti industriali e oggi rivisitata perch non attacca l'ozono;
il biossido di carbonio , usato negli impianti navali.
p
v
A
B
C D
Condensatore
Evaporatore
C
o
m
p
r
e
s
s
o
r
e
L
a
m
i
n
a
z
i
o
n
e
Q1
Q2
L
Condensatore
Evaporatore
Laminazione
Compressore
Ciclo Frigorifero a compressore
Curva di saturazione del gas frigorigeno
Pompa di
Calore
Macchina
Frigorifera
B
B
C
C
D
D
A
A

Figura 25: Ciclo inverso a compressione di vapori saturi
2.3.7 MACCHINA FRIGORIFERA AD ASSORBIMENTO
In figura 25 si vede che l'organo meccanico che assorbe lavoro dall'esterno il compressore.
Solitamente l'energia viene fornita ad un motore elettrico che provvede a far muovere i componenti di
un compressore meccanico del tipo a pistoni, a vite o centrifugo. E' possibile sostituire quest'organo
meccanico con un sistema alimentato con energia termica? La risposta positiva e il ciclo viene detto ad
assorbimento. In figura 26 ne indicato lo schema impiantistico per una macchina del tipo acqua-
ammoniaca. La miscela acqua-ammoniaca si compone di acqua che fa da solvente e di ammoniaca che fa da
soluto (e quindi pi volatile). Per effetto del calore Q
4
ceduto al serbatoio superiore (detto generatore) si
libera NH
3
allo stato quasi puro e ad alta pressione. L'NH
3
inizia il ciclo classico di condensazione,
laminazione ed evaporazione (presente anche nel ciclo frigorifero classico a compressione di vapori
saturi). All'uscita dell'evaporatore l'NH
3
si ricombina nel serbatoio inferiore, detto assorbitore, con la
miscela di acqua-ammoniaca impoverita di ammoniaca e proveniente dal serbatoio superiore (tramite
una valvola di laminazione perch in basso c' una pressione inferiore a quella presente in alto). La
reazione di assorbimento esotermica e quindi cede calore Q
4
all'esterno. Una pompa provvede a
riportare la miscela di acqua e ammoniaca ricomposta al serbatoio superiore (generatore) e si riprende il
ciclo. In conclusione si hanno due cicli:
uno interno fra generatore e assorbitore;
uno esterno che produce nell'evaporatore l'effetto frigorifero.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Nella figura sono anche indicate le temperature tipiche di utilizzo della macchina proposta.
Oltre alla miscela acqua-ammoniaca si utilizzano oggi anche miscele acqua-bromuro di litio o anche
acqua-fluoruro di litio: in questi casi l'acqua il componente pi volatile. Queste macchine hanno il
pregio di funzionare a temperatura inferiore (circa 80 C) rispetto a quella ad ammoniaca (130150 C).
In alcuni casi si anche utilizzata l'energia solare per alimentare il generatore (Q
3
). Le macchine
ad assorbimento possono essere utilizzate anche con cascami termici (termine usato per indicare i rifiuti
termici nei processi di lavorazione industriale). L'utilizzo come pompa di calore appare improprio: la
temperatura del calore fornito al generatore maggiore di quella del condensatore anche se in minore
quantit.
2.3.8 POMPA DI CALORE E SUE APPLICAZIONI
Si detto che una macchina frigorifera pu essere usata anche per produrre calore: in questo
caso pi che interessarci del serbatoio freddo ci si interessa del serbatoio caldo. In figura 25 indicato
anche il lato pompa di calore nello schema di impianto a destra della stessa figura. Quando la macchina
alimentata elettricamente l'utilizzo come pompa di calore risulta decisamente conveniente essendo il COP
maggiore di 2 e variabile fra 2 e 5 a seconda dei casi. In effetti il valore del COP dipende soprattutto dal
meccanismo di scambio di calore utilizzato nei due serbatoi.
NH3
H2O+NH3
H2O+NH3
NH3
NH3
Linea delle
pressioni
p1>p2
p2
Condensatore
L
a
m
i
n
a
z
i
o
n
e
L
a
m
i
n
a
z
i
o
n
e
Evaporatore
Q1
Q2
Assorbitore
P
o
m
p
a
Q3
Q4
La macchina ad assorbimento si
compone due due bocce dette
Generatore
C
o
m
p
o
n
e
n
t
i

N
o
r
m
a
l
i
- Generatore : ove cedendo una
quantit di calore Q3 si fa libe-
rare NH3 pura;
- Assorbitore : ove l'NH3 pura si
ricombina, cedendo il calore Q4,
con la miscela impoverita prove-
niente dal Generatore.
Per effetto del calore Q3 si separa
dalla miscela H2O+NH3 l'ammonia-
ca quasi pura che segue poi le nor-
mali fasi del ciclo frigorifero :
- Condensazione;
- Laminazione;
- Evaporazione.
La miscela arricchita nell'assorbitore
viene pompata nel generatore per un
nuovo ciclo interno.
130 C
45 C
30 C
-10 C

Figura 26: Schema di una macchina frigorifera ad assorbimento
Si dimostra che lo scambio termico avviene pi facilmente fra liquidi che fra gas e pertanto se il
fluido di lavoro l'acqua si ha una scambio migliore rispetto allo scambio con aria.
Le pompe di calore vengono classificate in :
pompe di calore acqua-acqua: se viene prelevato calore al serbatoio freddo tramite acqua e
viene ceduto calore al serbatoio caldo tramite ancora acqua. Si raggiungono ottimi valori di
COP, compresi fra 3,5 e 5;
pompe di calore acqua-aria: se viene prelevato calore al serbatoio freddo tramite acqua e
viene ceduto calore al serbatoio caldo tramite aria. Si raggiungono buoni valori di COP,
compresi fra 2,5 e 3,5;
pompe di calore aria-acqua: se viene prelevato calore al serbatoio freddo tramite aria e viene
ceduto calore al serbatoio caldo tramite acqua. Si raggiungono buoni valori di COP,
compresi fra 2,5 e 3,5;
pompe di calore aria-aria: se viene prelevato calore al serbatoio freddo tramite aria e viene
ceduto calore al serbatoio caldo tramite ancora aria. Si raggiungono accettabili valori di
COP, compresi fra 2,3 e 3,0.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Qualunque sia il meccanismo di scambio l'uso delle pompe di calore da preferire all'uso
dell'energia elettrica su resistenze elettriche (effetto Joule). In quest'ultimo caso si ha una conversione
1:1 di energia elettrica in energia termica mentre con una pompa di calore si ha una conversione con
rapporto 1:COP e quindi con un migliore utilizzo della stessa energia.
Attualmente l'utilizzo e l'installazione delle pompe di calore sono favoriti dalla legislazione
vigente mediante finanziamenti in parte a fondo perduto e con agevolazioni negli interessi e nel
pagamento. Inoltre l'introduzione della tariffazione dell'energia elettrica differenziata fra giorno e notte
pu consentire notevoli risparmi e benefici economici potendosi, ad esempio, accumulare energia di
notte (ad un costo pi basso) e utilizzarla di giorno. I serbatoi freddi da cui prelevare l'energia termica
sono di solito costituiti da bacini ambientali di grandi capacit, quali l'aria, l'acqua del mare o di laghi o
di fiumi di grande portata. Il funzionamento delle macchine frigorifere pu essere reso reversibile a
pompa di calore mediante inversione delle funzioni del condensatore e dell'evaporatore. Ci oggi
effettuato elettronicamente mediante elettrovalvole servocomandate.
In questo modo gli impianti frigoriferi (che prima venivano utilizzati solamente per il
condizionamento estivo) possono essere utilizzati anche per il riscaldamento invernale con beneficio
economico notevole: il costo del contratto di fornitura dell'energia elettrica non pi suddiviso nei soli
mesi estivi ma in tutto l'arco dell'anno.
2 . 4 NOZI ONI DI TRASMI SSI ONE DEL CALORE
Al fine di calcolare gli scambi termici fra edificio ed ambiente esterno opportuno richiamare
qualche concetto fondamentale di Trasmissione del Calore. Non si intendi qui esaurita la trattazione di
argomenti che da soli richiederebbero un intero corso annuale ma si ritiene necessario anteporre questi
concetti per la piena comprensione di quanto si dir per la Climatologia degli ambienti costruiti.
2.4.1 CONDUZIONE IN UNA PARETE PIANA
Se consideriamo due superfici isotermiche
17
a temperatura T
1
e T
2
, ove T
1
>T
2
, all'interno di un
materiale che supponiamo, a solo semplificativo, omogeneo ed isotropo
18
, allora il postulato di Fourier dice
che (vedi figura 27):
2 1
T T
Q A
s

= [8]
ove si ha il seguente simbolismo:
una propriet termofisica del corpo e viene detta conducibilit termica. Le sue unit
di misura sono, nel S.I. [W/(mK)] mentre nel S.T. sono [kcal/(hmC)];
s lo spessore di materia fra le due superfici isoterme considerate. Unit di misura [m];
S la superficie attraverso la quale passa il calore. Unit di misura [m
2
];
l'intervallo di tempo considerato. Unit di misura [s];
Q l'energia termica trasmessa nell'intervallo t attraverso la superficie S di materiale
avente spessore s e conducibilit termica e temperature T
1
e T
2
. Unit di misura [J] o [kcal].
La [1] si pu scrivere anche in forma differenziale:
dT
dQ Sd
s
= [8][
Il segno negativo che compare nella [8] ed [8] deriva dall'enunciato del secondo principio della
termodinamica secondo il quale il calore si trasmette, spontaneamente, da temperature maggiori verso
temperature minori; la differenza T
2
- T
1
negativa e pertanto il segno meno serve a rendere positiva la

17
Si dice isotermica una superficie i cui punti sono tutti alla stessa temperatura. Per il secondo principio della
Termodinamica il calore non si trasmette fra punti della stessa superficie isotermica ma fra superfici isoterme diverse e
sempre da valori di temperatura maggiore a temperatura minore.
18
Un corpo si dice omogeneo se ha caratteristiche chimiche costanti in tutti i suoi punti e si dice isotropo se il suo
comportamento non dipende dalla direzione considerata. Ad esempio l'acqua un materiale omogeneo ed isotropo, il legno
omogeneo ma non isotropo poich ha caratteristiche che variano con la direzione delle fibre.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

quantit di calore trasmessa. Occorre fare attenzione al fatto che una propriet termofisica del
corpo in esame.
Ci significa che il suo valore funzione solo del tipo di materiale scelto e dalle sue condizioni
fisiche (cio a quale temperatura e in quale stato fisico, solido o liquido o gas, si trovi.
S
T1> T2
Q
s
Il calore si trasmette dalla superfice a temperatura T1
verso la superfice a temperatura inferiore T2, nel verso
indicato.
Le superfici sono isoterme e il materiale omogeneeo e
isotropo, di spessore s e estensione S.
Le caratteristiche trasmissive del materiale sono date
dal coefficiente di conduciblit termica.
Il postulato di Fourier si esprime dicendo che la quanti-


t di energia termica trasmessa proporzionale, secon-
do il coefficiente di conducibilit, alla differenza di tem-
peratura (T1-T2) e alla superfice S ed inversamente
proporzionale allo spessore di materiale s fra le due su-
perfici considerate.

Figura 27: Postulato di Fourier per la conduzione.
Nella tabella seguente sono riportati alcuni valori di per i materiali pi usuali. I valori sopra
indicato mostrano come vari molto dai materiali gassosi a solidi e in quest'ultimo caso ai conduttori.
Questi ultimi presentano, infatti, i valori di pi elevati, in accordo con la teoria della conduzione
elettrica che li vede primeggiare sugli altri materiali. In effetti il meccanismo di conduzione termica
associato strettamente al meccanismo di conduzione elettronica: sono, infatti, sempre gli elettroni che
oltre a trasportare elettricit trasportano energia (di agitazione termica) lungo i metalli. Appare a prima
vista strano che il diamante abbia valori di elevatissimi: esso, si ricorda, un cristallo perfetto di atomi
di carbonio disposti in modo geometricamente esatto ai vertici di un icosaedro. Il diamante, proprio per
il fatto di non avere elettroni liberi di conduzione, anche il miglior isolante elettrico. Allora come mai
conduce cos bene il calore? In realt proprio la sua struttura cristallina perfetta la giustificazione
dell'elevato valore di : i cristalli, infatti, oscillano perfettamente in modo elastico e cos possono
trasmettere l'agitazione termica delle molecole da un punto all'altro molto bene.
Pertanto nei cristalli puri la conduzione avviene non pi per via elettronica bens per via elastica
19
.
Ci spiega anche perch il ferro conduca meglio il calore dell'acciaio: si ricorda, infatti, che l'acciaio
una lega del ferro e quindi una composizione di ferro con percentuali di carbonio, zinco, nichel, cromo,
etc, e pertanto questi componenti ostacolano la conduzione reticolare del ferro e la conduzione termica
solo elettronica e ad un livello inferiore di quella del ferro puro. Quanto sopra detto giustifica
l'affermazione che sia una propriet termofisica dei corpi e quindi reperibile in tutti i manuali
specializzati. Tutte le propriet termofisiche (e in genere tutte le propriet fisiche) sono catalogate e raccolte
in Manuali tecnici specialistici.

19
Si suole dire che la conduzione di tipo fononica mutuando l'attributo dal fonone che la pi piccola quantit di
energia oscillatoria (suono) a data temperatura in un cristallo, in analogia con il fotone che la pi piccola quantit di energia
di un'onda elettromagnetica (luce).
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Materiale Conducibilit
[W/(mK)]
Vapore acqueo saturo a 100 C 0,0248
Ammoniaca 0,0218
Elio 0,1415
Ossigeno 0,0244
Acqua 0,5910
Alcool Etilico 0,1770
Mercurio 7,9600
Olio di oliva 0,1700
Pomice 0,2300
Polistirolo espanso (25 kg/mc) 0,0350
Sughero in lastre 0,0500
Calcestruzzo 0,93-1,5
Laterizi 0,7-1,3
Terreno asciutto 0,8200
Ferro 75
Acciaio 30-50
Piombo 35
Oro 296
Rame 380
Argento 419
Diamante 1.900
La conducibilit termica varia con la temperatura dei corpi in modo diverso a seconda dello
stato fisico in cui si trovano. In genere, tranne alcune eccezioni riportate nei manuali tecnici, la
conducibilit termica cresce con la temperatura nei solidi e nei liquidi. Nei gas l'aumento della
temperatura comporta un incremento dell'agitazione atomica o molecolare e quindi un maggiore
intralcio reciproco fra gli atomi o le molecole e quindi diminuisce. Fra le eccezioni importanti alla
regola sopra indicata si ricorda che l'acqua fra 0 e 4 C ha densit maggiore del ghiaccio e anche
maggiore. La relazione [1] pu essere scritta anche in modo pi comodo nella seguente forma :
( )
T
q grad T
s

= = [9]
ove si ha:
q calore trasmesso per unit di tempo e di superficie (detto anche flusso termico specifico). Unit di
misura [W/m
2
] o [kcal/(hm
2
)].
La trasmissione del calore per conduzione nei corpi materia alquanto complessa da studiare al
di fuori del caso limite sopra indicato con il postulato di Fourier. Se le superfici considerate non sono
isoterme allora le cose si complicano parecchio e l'equazione della trasmissione del calore diviene molto
complessa non solo da esprimere matematicamente (data la natura del corso) ma anche da risolvere nei
casi concreti. Oggi esistono metodologie risolutive dei problemi di conduzione che possono essere
utilizzate nell'ambito di codici di calcolo elettronici anche di larga diffusione.
2.4.2 CONDUZIONE DEL CALORE IN UNO STRATO CILINDRICO
Nel caso in cui si abbia uno strato cilindrico (detto anche manicotto cilindrico) come in fig. 28 sia
ha una relazione diversa dalla [9] e pi precisamente:
1 2
2
1
1
ln
2
T T
q
r
l r

= [10]
ove l la lunghezza del manicotto, la conducibilit termica. Se la differenza s =r
2
-r
1
piccola
rispetto ad r
1
allora si dimostra che anzich usare la relazione [10] si pu ancora utilizzare la [9].
In pratica se lo spessore del manicotto piccolo esso si comporta come se fosse una parete
piana.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

r1
r2
Nel caso di uno strato cilindrico di materiale
omogeneo ed isotropo con conducilit termi-
ca
si ha una relazione del flusso termi-

co specifico che dipende dal rapporto dei rag-
gi esterno ed interno.


Figura 28: Trasmissione per conduzione in un manicotto cilindrico
La superficie di scambio termico da prendere in considerazione quella interna o quella esterna
a seconda il lato di scambio termico che interessa.
2.4.3 CONCETTO DI RESISTENZA TERMICA PER CONDUZIONE
La [9] pu essere scritta in una forma del tutto equivalente:
1 2
T T
q
s

= [11]
del tutto analoga alla relazione di Ohm per la conduzione elettrica:
1 2
V V
i
R

=
ove l'analogia (detta elettro-termica) fra le seguenti grandezze:
T
1-T2
,differenza di temperatura, con V
1-V2
, differenza di tensione;
q , flusso termico, con i flusso di corrente;
s/ , resistenza termica, R resistenza elettrica.
Pertanto al rapporto:
t
s
R

= [12]
si d il nome di resistenza termica di conduzione.
2.4.4 CONDUZIONE TERMICA NEI MATERIALI IN SERIE E IN PARALLELO
L'analogia elettro-termica pu facilmente portare a trovare la relazione del flusso termico
attraverso materiali in serie e in parallelo. Nel caso di materiali in serie (vedi fig. 29a) si ha q costante e
quindi combinando la [9] per i due materiali si ottiene la relazione:
1 3
1 2
1 2
1 2
T T
q q q
s s

= = =
+

In pratica se si hanno due o pi materiali in serie si sommano le resistenze termiche come nel caso
del collegamento in serie dei conduttori elettrici.
Per materiali in parallelo, (vedi figura 29b), si ha che comune la temperatura della facce
esterne mentre i flussi termici si sdoppiano in q
1
e q
2
ciascuno dato dalla [9] con pari T ma con s/
dato da ciascuno strato. In definitiva si ha la relazione :
1 2 1 2
1 2
1 2
1 2
T T T T
q q q
s s


= + = +
Nei casi misti di materiali in serie e in parallelo si applicano le regole sopra viste in cascata
partendo dalla faccia pi esterna a sinistra e andando verso la faccia pi esterna a destra.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

s1
s2
1 2
T1
T2
T3
S
q
q
T1
T2
1
2
S1
S2
s
q1
q2
q1
q2
Serie
Parallelo
b
a

Figura 29: Modalit di trasmissione per conduzione in serie e in parallelo
2.4.5 EQUAZIONE GENERALE DELLA CONDUZIONE
Allorquando si desidera studiare il problema della trasmissione del calore in un corpo di
geometria non semplice occorre risolvere lequazione generale della conduzione che qui si scrive
20
:
2
1 q T
T
a

+ =


ove q il calore per unit di volume (W/m) generato allinterno del corpo, a la diffusivit
termica data dal rapporto
c
a

= . Il laplaciano
2
T pu essere espresso in vari modi a seconda della
geometria di riferimento. Per le geometrie pi comuni si hanno le seguenti espressioni:
2 2 2
2
2 2 2
2 2 2
2
2 2 2 2
rettangolari
1 1
per coordinate cilindriche
T T T
T per coordinate
x y z
T T T T
T
r r r r z

= + +


= + +


La risoluzione dellequazione della conduzione non agevole al di fuori di geometrie semplici
ed oggetto di studi approfonditi che fanno ricorso a metodologie matematiche complesse21. Oggi si
cerca di superare a tali complessit con il ricorso ai metodi numeri approssimati che possono essere
utilizzati su computer da tavolo. Qualunque sia il metodo utilizzato per integrare lequazione occorre
sempre fare attenzione a porre correttamente le condizioni al contorno, in genere spazio-temporali, che
possono essere essenzialmente di quattro tipi.
Condizione di Dirichlet: occorre conoscere le temperature in tutti i punti della superficie ad un
dato istante, cio occorre conoscere la funzione T(x,y,x,) per listante iniziale;
Condizione di Neumann: occorre conoscere i gradienti di temperatura in tutti i punti della
superficie ad un dato istante, cio occorre conoscere la funzione
T(x,y,x, )
n

per listante
iniziale. Se si ricorda il postulato di Fourier appare evidente che una tale condizione equivale a
conoscere il flusso termico (
T
q
n

) in ogni punto della superficie.


Condizione del terzo tipo: che matematicamente si esprime nellessere il gradiente di temperatura
proporzionale alla temperatura stessa. Se si considera il caso di corpo immerso in un mezzo

20 Data la finalit del Corso si omette la dimostrazione della relazione. Lallievo pu far riferimento ai normali testi
di Fisica Tecnica o di Trasmissione del calore.
21 Ad esempio con il metodo integrale, con il metodo dei complessi o della trasformata di Laplace per i casi di trasmissione
monodimensionale non stazionaria, metodi dellintegrale di convoluzione (teorema di Duhamel) per transitori termici di cui sia
nota la risposta al gradino o allimpulso oppure si utilizzano le equazioni di Sturm-Liouville per i casi pi complessi.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

fluido esterno avente temperatura T
f
e si ricorda lequazione di Newton sulla convezione (vedi
paragrafo successivo) si intuisce come questa condizione equivalga a porre il flusso conduttivo
uscente dalla superficie pari a quello convettivo scambiato con il fluido, cio
( )
f
s
T
h T T
n

e quindi ad avere il gradiente


s
T
T
n

, come desiderato.
Condizione del quarto tipo: si tratta di una combinazione della condizione del secondo tipo (di
Neumann) fra due corpi solidi a contatto superficiale. Infatti la condizione in oggetto si esprime
dicendo che il gradiente uscente dal primo corpo deve essere uguale a quello entrante nel secondo
corpo, ovvero anche
1 2
1 2
s s
T T
n n


=

.
2.4.6 EQUAZIONE DI NEWTON PER LA TRASMISSIONE PER CONVEZIONE
La convezione termica stata originariamente studiata da Newton che ne ha proposto una
formulazione funzionale ancora oggi utilizzata nella pratica. Newton non aveva i mezzi di osservazione
che oggi noi possediamo e pertanto non poteva rendersi conto della complessit del problema della
convezione termica. La convezione termica nasce dall'azione congiunta di trasporto di materia e quindi di
energia. Il termine convezione deriva dal latino conveho che significa trasporto. Senza materia in movimento
non si pu avere convezione termica ma solo conduzione.
La convezione termica pu essere di due tipi:
convezione termica naturale: il movimento di materia si origina per effetto del solo campo di
temperatura esistente fra zone diverse di un sistema termico. Se consideriamo una piastra piana
verticale di materiale conduttore qualunque (ferro, rame, alluminio,...) portata ad una temperatura
T
p
. Si supponga che questa piastra sia immersa in un fluido (aria, acqua,..) avente una temperatura
T
f
< T
p
(vedi Fig. 30). Per effetto della temperatura T
p
dell'energia termica passa per conduzione
dalla piastra al fluido che si scalda rispetto alla temperatura iniziale T
f
e pertanto si dilata. Ci
porta ad avere una diminuzione di densit del fluido caldo rispetto a quello freddo e quindi si
genera, per effetto della forza di gravit che agisce sempre verso il basso, un alleggerimento termico
che fa spostare il fluido caldo verso l'alto e quello freddo verso il basso e quindi un moto
rotatorio orario che il flusso convettivo propriamente detto. Il moto rotatorio orario generato
dalla forza di gravit che sposta pi in basso il fluido freddo rispetto a quello caldo. Questo
spostandosi porta con s la maggiore energia interna dovuta alla maggiore temperatura e pertanto
si ha il trasferimento di calore dalla piastra al fluido freddo come effetto finale della trasmissione
di calore. E' bene ricordare che nella convezione naturale il movimento del fluido avviene per il solo
effetto della forza di gravit sugli strati di fluido a diversa densit;
convezione forzata: il movimento del fluido avviene non solo (o anche non pi) per effetto
dell'alleggerimento termico sopra descritto ma per l'azione meccanica di una macchina sul fluido
(ad esempio una pompa o una ventola). Pertanto il fluido non si sposta pi in relazione alla
distribuzione di temperatura e all'azione della forza di gravit bens per azione meccanica esterna.
Ne consegue che il movimento del fluido pu essere pilotato come si desidera nelle zone ove si
vuole avere lo scambio termico. Se si riprende l'esempio del radiatore termico domestico dianzi
proposto si vede facilmente che senza azioni esterne si ha il movimento dell'aria riscaldata dalla
piastra secondo traiettorie che dipendono solo dalla geometria del sistema e dalle differenze di
temperature. Se, invece, si utilizza una ventola a monte della piastra ecco che l'aria riscaldata pu
essere inviata dove si vuole e in quantit desiderata. Si ha, cos, la convezione forzata.
Newton scrisse per la convezione termica la seguente legge che porta il suo nome:
( )
p f
Q hS T T = [13]
ove si ha il seguente simbolismo:
Q quantit di energia trasmessa per convezione termica. Unit di misura [J] o [kcal];
h il coefficiente di convezione. Unit di misura [W/(m
2
C)] o [kcal/(hm
2
C)];
S superficie di scambio termico. Unit di misura in [m
2
];
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

T
p,
- T
f
differenza di temperatura fra piastra e fluido (o viceversa se T
f
>T
p
). Unit di misura [K]
o [C];
tempo intercorso, unit di misura [s] o [h].
Tp
Tf
Strati pi caldi
Strati pi freddi
P
a
r
e
t
e
Fluido
La parete a temperatura Tp
mentre il fluido a temperatura
Tf<Tp. I primi strati di fluido
a contatto della parete sono
fermi per adesione molecolare
alla parete. Essi, pertanto, si
riscaldano per conduzione e si
dilatano provocando una dimi-
nuzione di densit rispetto agli
strati freddi. Si viene a generare
un movimento rotatorio di flui-
do che fa spostare il fluido caldo
verso quello freddo e questo ver-
so quello caldo. Questa la con-
vezione termica naturale.

Figura 30: Schematizzazione della convezione termica fra parete e fluido
Il coefficiente h non una propriet termofisica ma dipende da un grande numero di fattori fra i
quali si ricordano:
le propriet fisiche del fluido: densit , viscosit dinamica , calore specifico a pressione
costante c
p
, coefficiente di conducibilit termica ;
la differenza di temperatura fra i corpi;
la velocit del fluido w se in convezione forzata o il coefficiente di dilatazione
22
cubica del fluido;
la geometria della scambio termico che pu essere rappresentata da un parametro geometrico (ad
esempio il diametro di un condotto, la distanza fra due piastre,....).
Per rendersi conto che h varia con la configurazione geometrica, a parit di tutto il resto, si
consideri l'esempio dato in Fig. 30. Se la piastra si suppone calda e il fluido, per esempio aria, freddo si
ha convezione (cio si ha movimento di fluido per via naturale) se la piastra orizzontale in basso o
verticale o con un angolo di inclinazione qualunque.
Non si ha convezione termica se la stessa piastra, a pari temperature e condizioni del fluido, si
pone orizzontale ma in alto rispetto al fluido (ad esempio un soffitto caldo) perch il fluido dilatato
gi in alto rispetto a quello freddo che si trova in basso. Quindi non possibile avere lo stesso
coefficiente di convezione dati i soli parametri termofisici del fluido e le temperature di scambio:
occorre specificare anche la geometria di scambio e ci rende lo studio della convezione termica molto
complesso. Se si fa riferimento al flusso termico (Q/) (omogeneo ad una potenza [J/s]=[W]), la [5]
si pu ancora scrivere:
Q
Q h S T = [14]
ove T la differenza di temperatura (maggiore meno minore) fra corpo e fluido. Questa
relazione, pur nella sua grande semplicit, non ci consente di affrontare la convezione termica
con la stessa semplicit con la quale abbiamo affrontato la conduzione termica.

22
Si definisce coefficiente di dilatazione di un corpo il coefficiente =

1
v
v
T
p
b g cio la variazione relativa di volume
al variare della temperatura e pressione costante. Questo coefficiente propriet termofisica dei corpi e lo si pu trovare nei
manuali tecnici specializzati. Per un gas ideale esso vale 1/T (con T temperatura assoluta) e quindi per i gas si pu ritenere
circa pari al suddetto valore.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

2.4.7 RESISTENZA TERMICA PER CONVEZIONE
Con ragionamento analogo a quanto visto per la conduzione termica si pu definire una
Resistenza termica di Convezione data dalla seguente relazione:
1
1
R
h
= [15]
con il solito simbolismo visto in precedenza.
2.4.8 TRASMITTANZA TERMICA
Si consideri la situazione indicata in figura 31 ove si hanno due fluidi separati da una parete.
Considerando una situazione a regime stazionario si ha, essendo tutti gli elementi disposti in serie, che il
flusso termico costante sia nel fluido 1, che negli strati di parete e poi nel fluido 2.
T1
T2
Tp1 Tp2 Tp3
Andamento della
Temperatura
Convezione
fra fluido 1
e la parete 1
Convezione
fra fluido 2
e parete 3
s1
s2
1 2
h1
h2
La trasmittanza la conduttanza termica totale
(inverso della resistenza termica totale) che si
ha fra due fluidi a temperatura T1 e T2 (con
T1>T2) separati da una parete multistrato.
All'interno della parete possono esserci una o pi
camere d'aria.
Nell'esempio riportato il caso di una parete a
due strati di materiali diversi posti in serie.
Il diagramma delle temperature indicato solo
qualitativo e fa vedere come la temperatura
scenda per convezione fra il fluido 1 e la parete
1, per conduzione (e quindi linearmente) allo
interno dei due strati (con temperature di faccia Tp1, Tp2, Tp3)
Tp1, Tp2, Tp3) e poi per convezione fra la pare-
te 2 e il fluido 2.
q
q
q
q

Figura 31: Trasmissione del calore fra due fluidi separati da una parete composta.
Applicando quanto stato detto per la trasmissione del calore in serie si pu scrivere la seguente
relazione :
1 1 1 2 2 3 3 2
1 2
1 1 2 2
1 1
p p p p p p
T T T T T T T T
q
s s
h h

= = = =
Applicando la regola del componendo ai secondi membri si ottiene infine la seguente relazione:
1 2
1 2
1 1 2 2
1 1
T T
q
s s
h h

=
+ + +

e il termine:
1
1
j
i j
K
s
h
=
+

[16]
detto trasmittanza termica. A denominatore si hanno le sommatorie delle resistenze
termiche per convezione interne alla parete, per conduzione e per convezione esterne alla parete. Per
una parete di un edificio, ad esempio come quella indicata in figura 32, la trasmittanza termica si calcola
applicando la [16] alla successione di strati di materiali a partire dall'esterno; come riportato nella tabella
di figura.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 32: Esempio di Trasmittanza termica per una muratura esterna.
Alla resistenza termica di questa stratigrafia si deve aggiungere quella verso l'aria esterna e quella
verso l'aria interna (vedi valori indicati in tabella per h
i
ed h
e
).
2.4.9 METODI DI CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI CONVEZIONE TERMICA
Il calcolo di h uno degli argomenti pi complessi in assoluto della Trasmissione del Calore.
Considerato lo scopo di questo corso e il carattere introduttivo degli argomenti qui trattati si vuole
indicare, brevemente, una metodologia semplificata per il calcolo del coefficiente di convezione termica. In
particolare si desidera introdurre il metodo dellanalisi dimensionale. Molti fenomeni complessi possono
essere descritti medianti opportuni raggruppamenti di grandezze fisiche detti numeri adimensionali. Cos,
ad esempio, si consideri il numero di Reynolds dato dalla relazione:
Re
wL

=
ove sono:
densit del fluido;
viscosit dinamica del fluido;
L una lunghezza caratteristica del moto del fluidi, ad esempio il diametro interno nel caso
di moto di fluidi allinterno di condotti circolari;
w velocit del fluido.
E noto dallo studio sulla Fluidodinamica che questo numero rappresenta un indicatore del
regime di moto del fluido: ad esempio, allinterno di condotti circolari si ha la seguente situazione:
Re < 2300 moto laminare;
2300 < Re < 2900 moto di transizione;
Re > 2900 moto turbolento.
In pratica il numero di Reynolds ci fornisce unindicazione preziosa del regime di moto anche in
considerazione del suo significato fisico dato dal rapporto fra forze di inerzia e forze viscose:
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

2
Forzedi inerzia
Re
Forze viscose
wL w
w
L

= =
La convezione termica pu, in prima approssimazione, essere classificata in:
Convezione naturale: quando il movimento del fluido avviene solamente per effetto del campo
termico fra parete e fluido;
Convezione forzata: quando il movimento del fluido avviene per effetto di forze imposte
dallesterno, ad esempio con un ventilatore.
Occorre, pertanto, caratterizzare diversamente le due forme di convezione termica mediante
opportune scelte delle variabili da cui esse dipendono.
Convezione naturale
Si dimostra in Trasmissione del calore che il coefficiente di convezione h funzione delle
seguenti variabili:
( , , , , , )
p
h h g T L c =
ove il prodotto g T esprime lalleggerimento termico prodotto dalla differenza di temperatura
fra parete e fluido e gli altri simboli hanno il significato gi noto.
Per il teorema di Buckingam (o teorema pi-greco) si dimostra che se una grandezza k dipende da m
altre variabili e se possibile scegliere n variabili indipendenti allora la variabile k si pu porre in funzione di m-n
gruppi adimensionali.
Nel caso in esame h variabile dimensionale e il numero complessive di variabili in gioco pari
a 7, pertanto se si scelgono come grandezze indipendenti quelle relative al Sistema Internazionale, metro
(m), chilogrammo (kg), secondo (s), grado Kelvin (K) allora si pu scrivere una relazione
funzionale fra 7-4=3 gruppi adimensionali e pi precisamente si definiscono i seguenti gruppi
adimensionali:
Numero di Nusselt definito da:
Resistenza termica per conduzione
=
1
Resistenza termica per convezione
L
hL
Nu
h

= =
Numero di Prandtl definito da:
Diffusivit meccanica
Pr
Diffusivit termica
p
p
c
c

= = =
Numero di Grashoff definito da:
2 3
2
2
equivalente a Reynolds
g T L
Gr

=
La relazione funzionale che si determina sperimentalmente fra i tre gruppi adimensionali del
tipo:
( Pr) Nu F Gr =
Ad esempio sono spesso fornite dai manuali specializzati correlazioni adimensionali del tipo
monomio:
Pr
m n
Nu C Gr =
con C, m, n determinate sperimentalmente mediante best fit. In genere per fluidi aeriformi gli
esponenti m ed n coincidono e pertanto si hanno correlazioni del tipo:
( Pr)
n n
Nu C Gr C Ra = =
ove si indicato con Ra il numero di Rayleigh dato da:
3 2
3 2
2
Pr
p p
c g TL c
g TL
Ra Gr


= = =
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Un esempio di correlazioni per convezione termica naturale viene riportato da Mc Adams e pi
precisamente si hanno i seguenti casi:
Convezione naturale laminare: per
4 9
10 10 Ra < < si ha
1
4
0.59( ) Nu Ra =
Convezione naturale forzata : per
9
10 Ra > si ha
1
3
0.13( ) Nu Ra =
Nel caso di aria, con propriet termofisiche note, possiamo riportare le relazioni dirette che
forniscono h per le tipologie di scambio termico pi usuale nelle applicazioni impiantistiche.
Applicando queste relazioni si possono determinare i coefficienti di convezione corretti per le
varie situazioni che interessano gli scambi energetici negli edifici e si possono apportare le opportune
correzioni nel caso di velocit del vento elevate (> 5 m/s).
Convezione forzata
Si dimostra in Trasmissione del calore che il coefficiente di convezione h funzione delle
seguenti variabili:
( , , , , , )
p
h h V L c =
ove compare la velocit imposta al fluido, V, e non pi lalleggerimento termico. Con analogo
ragionamento si perviene ad una relazione fra tre gruppi adimensionali e pi precisamente fra i numeri
di Nusselt, Prandtl e Reynolds, gi introdotti in precedenza.
Il legame funzionale del tipo:
(Re, Pr) Nu f =
e spesso possibile utilizzare relazioni monomie del tipo:
Re Pr
m n
Nu C =
come, ad esempio, per la correlazione di Dittus - Boelter per il riscaldamento dei fluidi:
0.8 0.4
0.023 Re Pr Nu =
valida per fluidi con 1000<Re<120000 e con 0.7<Pr<160. Lallievo potr trovare nei manuali
specializzati numerosissime correlazioni che rispettano il legame funzionale sopra indicato e valide per
una grande variet di situazioni sperimentali.
2.4.10 SCAMBI TERMICI DEGLI EDIFICI: IL CARICO TERMICO
La trasmittanza termica (detta anche coefficiente globale di scambio termico e indicato con la lettera U
nelle pubblicazioni anglosassoni) fondamentale per calcolare gli scambi termici fra edificio ed
ambiente esterno. Si vedr nel prosieguo come il calcolo di questi scambi sia regolato da precise norme
tecniche
23
spesso complesse ed artificiose tanto da richiedere lausilio di programmi di calcolo

23 La Legge 10/91 e il suo Regolamento di Applicazione, DM 412/93, dettano le procedure operative per il
calcolo dei carichi termici invernali negli edifici e per la verifica dellisolamento termico, obbligatorio per legge. Si vedr nel
prosieguo come queste regole tecniche debbano essere applicate e come queste influenzino la progettazione tutta di un
TIPO DI SCAMBIO TERMICO REGIME DI SCAMBIO RELAZIONE PER h [W/mK]
Parete verticale Moto Laminare
Moto Turbolento
( )
0.25
1.42
T
L
h

=
0.33
1.31 h T =
Parete orizzontale con flusso
verso lalto
Moto laminare
Moto Turbolento
( )
0.25
1.32
T
h
L

=
0.33
1.52 h T =
Parete orizzontale con flusso
verso il basso
Moto laminare
( )
0.25
0.59
T
h
L

=
Cilindro di diametro D Moto laminare, V
velocit aria (m/s)
( )
0.8
0.2
1057 1.352 0.0198 t V
h
D
+
=
Parete verticale soggetta a flusso
daria a velocit V
V < 5 m/s
5<V<30 m/s
5.6 3.9 h V = +
0.78
7.2 h V =
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

sofisticati. E qui sufficiente osservare che se si considera ledificio come un sistema termodinamico
(vedi la figura 16) e si applica la relazione [1] (che qui si ripete per comodit):
Potenza_Entrante - Potenza_Uscente + Potenza_Sorgenti = Accumulo_Potenza
allora si ha, supponendo ledificio a regime stazionario e quindi con accumulo nullo:
Potenza_Entrante - Potenza_Uscente +Potenza_Sorgenti = 0
Il termine Potenza_Uscente dato dalla somma di tutti i disperdimenti fra ambiente interno
delledificio e lambiente esterno e cio dalla relazione:
1
N
U i i i
i
P K S T
=
=


ove si hanno i simboli:
P
U
Potenza_Uscente nelledificio, somma di tutti i disperdimenti attraverso gli elementi esterni
disperdenti;
K
i
trasmittanza termica del generico elemento disperdente iesimo (parete, porta finestra,
soffitto, pavimento,) delledificio;
S
i
superficie delliesimo elemento disperdente;
T
i
differenza di temperatura (maggiore minore) delliesimo elemento disperdente (per le pareti
esterne, ad esempio, essa data dalla differenza fra la temperatura interna degli ambienti e la
temperatura esterna di progetto.
Il termine Potenza_Sorgenti dato dalla somma di tutte le potenze interne degli ambienti
come , ad esempio, le persone, le lampade, le macchine elettriche (gli elettrodomestici, motori elettrici,
macchinari di officina, .) presenti negli ambienti.
Se ora si desidera calcolare la Potenza_Entrante, cio della potenza da fornire alledificio
tramite radiatori o altri mezzi similari per mantenerlo a temperatura costante, occorre tenere conto
anche degli apporti solari attraverso le superfici vetrate
24
e quindi effettuare la differenza:
Potenza_Entrante = Potenza_Uscente Potenza_Sorgenti Apporti_Solari
Si comprende, pertanto, limportanza del calcolo della trasmittanza termica degli elementi
disperdenti, relazione [16], per il calcolo della potenza da fornire alledificio mediante limpianto di
riscaldamento.
2.4.11 LIRRAGGIAMENTO
E' l'ultima forma di trasmissione del calore che prendiamo in esame. Come gi accennato in
precedenza in questo caso l'energia viaggia sotto forme di onde elettromagnetiche e pu propagarsi
anche nel vuoto. Pertanto l'irraggiamento non richiede presenza di materia come invece richiedono la
conduzione e la convezione termica. Le onde elettromagnetiche divengono energia termica (e quindi
calore) quando sono assorbite da un corpo. Nello spazio la materia non presente e si ha il freddo siderale
cos come in alta montagna la rarefazione della materia provoca l'abbassamento di temperatura rispetto
al fondo valle. L'energia elettromagnetica assorbita da un corpo viene trasformata in energia di
agitazione molecolare e quindi in energia interna del corpo. Si ricorder che l'energia interna
proporzionale, tramite il calore specifico a volume costante, alla temperatura assoluto del corpo stesso e
quindi si intuisce come mai l'incremento dell'energia interna porti ad incremento della temperatura del
corpo. Si sottolinea l'importanza dell'irraggiamento: tramite questa forma di trasmissione dell'energia che
il sole ci riscalda. Anche lo studio dell'irraggiamento presenta aspetti matematici complessi. Qui si
cercher di semplificare al massimo tale trattazione ricordando solamente le leggi fondamentali. Una
radiazione elettromagnetica caratterizzata da tre parametri fondamentali: la lunghezza d'onda, la
frequenza, la velocit di propagazione nel mezzo.

edificio nel senso che ne condiziona sia la scelta dei materiali delle pareti esterne che lisolamento termico e il rapporto S/V
(superficie/volume) dello stesso edificio.
24 Si vedranno con maggiore attenzione questi apporti energetici (che la L.10/91 chiama apporti gratuiti) nel
prosieguo e si vedr anche come tenere conto di questi nel calcolo del Fabbisogno Energetico Normalizzato (indicato dalla
L.10/91) delledificio.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Vale la legge generale delle onde:
0
c
n
= [17]
ove:
la lunghezza d'onda di solito espressa in m;
la frequenza di oscillazione (cicli al secondo) espressa in Hz (Hertz);
n l'indice di rifrazione del mezzo, per l'aria e per il vuoto pari ad 1;
c
o
la velocit della luce nel vuoto, 2,993 .10
8
m/s.
Ogni radiazione caratterizzata da una lunghezza d'onda e quindi, tramite la [9], da una
frequenza. Le onde elettromagnetiche che interessano il campo termico sono le cosiddette onde infrarosse
e onde ultraviolette aventi un intervallo di lunghezza d'onda comprese fra 10
-3
m a 10
-2
m.
Si ricorda che le onde elettromagnetiche comprese fra 0,38 e 0,78 m sono di fondamentale
interesse per l'uomo in quanto sono chiamate luce visibile. La radiazione solare ha una variabilit della
lunghezza d'onda che va dalle radiazioni ultraviolette a quelle infrarosse lontane e comprende la luce visibile
per circa il 48% della radiazione totale emessa. La composizione dello spettro solare (cio della
distribuzione delle radiazioni in funzione della lunghezza d'onda) varia con l'altitudine e con la massa
atmosferica (nubi, aria pulita,...). Occorre fare una idealizzazione per potere scrivere le relazioni
fondamentali cercate: supporremo l'esistenza di un corpo ideale capace di assorbire tutte le radiazioni; tale
corpo detto corpo nero ed bene sottolineare che la parola nero si riferisce non solamente al colore
visivo nero ma anche a tutte le lunghezze d'onda esistenti. Possiamo dire, con un gioco di parole, che il
corpo nero pi nero del nero visibile. Ad esempio la neve appare di colore bianco ma un ottimo
corpo nero per le radiazioni ultraviolette. Il corpo nero emette una radiazione che data dalla relazione di
Planck seguente:
E( ) , T
C1
.

5
exp
C2
.
T
1

ove il simbolismo il seguente:
la lunghezza d'onda, m;
T la temperatura assoluta del corpo nero, K;
E(,T) la radianza monocromatica cio l'energia emessa per unit di tempo, nell'intervallo di
lunghezza d'onda attorno alla frequenza e per unit di superficie; [W/(mK)].
C1 e C2 sono due costanti pari a :
C1
.
3.742 10
8
C2
.
1.439 10
4

Una rappresentazione grafica della legge di Planck per temperature variabili da 1000 a 6000 K
(dal basso verso l'alto) data nella figura 33 seguente ove si sono segnati anche gli intervalli di visibilit
dell'occhio umano medio (0,38 e 0,78 m).
La curva pi alta relativa a 6000 K che la temperatura apparente del disco solare: tale curva
in buona approssimazione la curva di emissione del sole cos come si pu rilevare immediatamente
fuori dell'atmosfera. Al disotto dell'atmosfera si hanno assorbimenti dei gas (CO
2
, O
2
, NO
2
, O3, H
2
O,..)
che modificano sensibilmente tale spettro.
L'esame di queste curve (con temperature crescenti verso l'alto) ci mostra che i massimi di
ciascuna curva si sposta verso lunghezze d'onda decrescenti secondo la relazione:
max
2897.6 T = [18]
che esprime una legge di variazione iperbolica di
max
(cio della lunghezza d'onda per la quale
si ha la massima emissione) con la temperatura assoluta T di emissione del corpo nero. Tale curva
riportata in fig. 6 come linea tratteggiata che tocca i punti massimi delle curve di emissione del corpo
nero. Per la temperatura di 6000 K si ha, ad esempio, una
max
=0,498 m.
Si detto che l'occhio umano vede la luce nell'intervallo fra 0,38 e 0,78 m e pertanto il valore
di
max
sopra indicato corrisponde alla zona di massima visibilit dell'occhio umano medio. Un corpo
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

alla temperatura di 300 K ha
max
=9,56 m e cio emette nel campo delle radiazioni infrarosse. Cos
avviene per il corpo umano il cui campo di emissione radiativo ricade proprio nell'infrarosso (si parla di
infratermia per la riprese fotografiche ai raggi infrarossi per uso medico). Un metallo al punto di fusione,
ad esempio il ferro, alla temperatura di 2000 K ha
max
=1,49 m e quindi nel campo dell'infrarosso
vicino: il ferro incandescente, infatti ha un colore rossiccio tipico del metallo caldo e al crescere della
temperatura di riscaldamento tende al giallo-rosso fino a divenire bianco alla fusione. La lava appare
rossiccia alla temperatura di uscita dal cratere ma quando si raffredda non pi visibile: una fotografia
all'infrarosso renderebbe visibile il magma.

max
( ) T
2896.7
T

i

max
( ) T
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5
0
2 10
7
4 10
7
6 10
7
8 10
7
1 10
8
Curve di Plack per il corpo nero
Lunghezza d'onda
E
m
i
s
s
i
o
n
e

s
p
e
c
i
f
i
c
a

m
o
n
o
c
r
o
a
m
t
i
c
a
0.38 0.78

Fig. 33: Curve di emissione di Planck per corpo nero a varie temperature.
Le curve E(,T) forniscono l'indicazione dell'energia emessa al variare della lunghezza delle
radiazioni. Se si desidera conoscere l'energia totale emesse in tutto lo spettro (cio per l variabile da 0 ad

si ha la relazione di Stefan - Boltzmann:


4
o
E T = [19]
con:

0
=5,64 .10
-8
W/(m
2
K
4
) detta costante di Stefan - Boltzmann;
T la temperatura assoluta del corpo nero, K;
E energia globale radiante specifica, W/m
2
.
La [19] di grande importanza
25
perch consente di calcolare la quantit di energia irradiata da
un corpo nero una volta nota la sua temperatura assoluta. Si badi bene che un corpo nero irradia sempre
purch a temperatura superiore allo zero assoluto (cio sempre, visto lo zero assoluto non
raggiungibile mai, secondo il terzo principio della Termodinamica). Pertanto se due corpi neri si
scambiano (nel senso che si dir nel successivo paragrafo) energia radiativa allora si ha che il corpo caldo
irradia il corpo freddo e quello caldo irradia quello caldo. L'interscambio (cio la differenza di energia
fra quella irradiata e quella ricevuta) positiva per il corpo caldo e ci a conferma del secondo principio
della termodinamica che vuole il flusso termico positivo se scambiato da un corpo caldo verso un
corpo freddo.

25
Pu essere interessante osservare che la [11] stata derivata da Boltzmann verso la met del secolo scorso e cio
molto prima che Planck pubblicasse la sua legge di emissione del corpo nero. In effetti Boltzmann ricav la sua relazione
solo con considerazioni termodinamiche senza ancora conoscere nulla sulla teoria quantistica di Planck.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

2.4.12 EMISSIVIT SPECIFICA
Il corpo nero una idealizzazione necessaria per potere effettuare gli studi teorici sui meccanismi
della radiazione termica. I corpi reali sono ben pi complessi in quanto hanno un comportamento non
facilmente ottenibile in forma analitica.
Procedendo per passi successivi si pu definire corpo grigio un corpo che emetta, per data
temperatura, come un corpo nero ma con intensit che sta a quello dello stesso corpo nero in rapporto
costante. Si pu definire emissivit il rapporto fra l'emissione del corpo grigio e quella del corpo nero
secondo la seguente relazione:
4
n o
E E
E T

= = [20]
ove con E si indica l'emissione del corpo grigio e con E
n
quella del corpo nero. Dalla [20] si deduce
che per avere l'emissione globale di un corpo grigio basta conoscere la sua emissivit e moltiplicarla per
l'emissione totale del corpo nero (relazione di Stefan - Boltzmann [19]. Pertanto si ha, in generale, la
seguente relazione:
4
o
E T = [21]

Figura 34: Andamento di per corpi neri, grigi e reali.
Poich l'emissivit sempre minore di uno il corpo grigio emette sempre meno del corpo nero
alla stesso temperatura. Ad esempio nella figura 35 si ha un esempio di emissione di corpi neri, grigi e
reali (detti anche selettivi) nella quale si pu osservare la grande variabilit dellemissione monocromatica
nei corpi reali e la difficolt di descrivere questa grandezza con relazioni matematiche esplicite.
Dallosservazione della figura 35 si deduce che un corpo grigio emette sempre in proporzione costante
(pari alla sua emissivit) rispetto al corpo nero a pari temperatura e quindi per esso non dipende dalla
lunghezza donda ma solo dalla temperatura, inoltre un corpo reale emette sempre meno del corpo nero
a pari temperatura anche se in certi intervalli di frequenza possono emettere pi di un corpo griglio
equivalente.

Figura 35: Andamento dellemissione monocromatica per corpi neri, grigi e reali.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Questo fenomeno, detto selettivit dellemissione dei corpi reali, risulta molto utile in numerose
applicazioni quali, ad esempio, la costruzione dei filamenti di tungsteno delle lampade ad
incandescenza
26
o nella scelta di sostanze che mettano selettivamente in intervalli di frequenza diversi (
bassa per lunghezze donda grandi, >7 m, e grandi per lunghezze donda piccole, <3 m) utilizzate
per la costruzione di collettori solari selettivi ad elevata efficienza di raccolta.
La relazione [21] pu ulteriormente essere generalizzata per lo scambio di due superfici grigie,
ciascuna a temperatura T
1
e T
2
, tenendo conto anche del fattore di forma e ottenendo la reazione generale
dello scambio termico radiativo fra due corpi grigi:
4 4
12 1 2
( ) E S F T T = [22]
Il calcolo di F
12
, detto fattore di forma o di vista, sar approfondito nel prossimi paragrafi.
2.4.13 CORPI NON GRIGI
I corpi che non appartengono ai corpi neri e neppure ai corpi grigi sono detti corpi selettivi e
sono, in pratica, i corpi reali. Essi emettono sempre meno del corpo nero (che oltre ad assorbire tutto
emette anche pi di qualunque altro corpo esistente) ma pu avere uno spettro di emissione che non
pi in rapporto costante con quello del corpo nero (come avviene per il corpo grigio) ma variabile con
la lunghezza d'onda. I corpi selettivi possono emettere pi in certe zone dello spettro e meno in altre
rispetto al corpo grigio (e quindi sempre meno del corpo nero) donde il loro nome selettivi.
Lo scambio radiativo dei corpi selettivi molto complesso poich oltre alle complicazione della
geometria (e quindi nel calcolo dei fattori di forma) essi impongono il calcolo delle potenze scambiate
anche al variare delle lunghezze d'onda. Inoltre i corpi selettivi non hanno emissione termica specifica
esprimibile in forma analitica ma quasi sempre in forma tabellare o grafica derivate dalle
sperimentazioni pratiche
2.4.14 CONCETTO DI FATTORE DI FORMA
Lo scambio radiativo fra due o pi corpi neri problema di non facile soluzione tranne in casi e
geometrie semplici per altro abbastanza comuni nella realt. Pur tuttavia opportuno approfondire in
questa sede lo studio del Fattore di Forma in considerazione delle applicazioni che di questo sar fatta nel
prosieguo, ad esempio per lo studio degli scambi radiativi fra corpo umano e pareti di un ambiente per
le condizioni di benessere.
In figura 36 indicato il caso di due corpi neri che si vedono
27
secondo due angoli solidi e ' ed
aventi una distanza R fra due punto P e P' giacenti su di essi. In generale la trattazione per il calcolo del
Fattore di Forma richiede ulteriori approfondimenti sullo scambio radiativo. Dette T
1
e T
2
le temperature
delle due superfici, si ha il seguente sviluppo:
n
n

1
1
2
2
r
dA
1
dA
2
A
1
A
2

Figura 36: Scambio radiativo fra corpi neri (Fattore di Forma)

1 26 Il tungsteno emette nellintervallo del visibile, 0.380.78 m , pi dei corpi grigi a parit di temperatura. Questa
propriet sfruttata per migliorare l'emissione luminosa delle lampade in quanto con il filamento di tungsteno emettono
assai meglio che con filamento di altro materiale.
27
Viene detto angolo solido (che si misura in steradianti) il rapporto fra la superficie apparente nella direzione di vista
e il quadrato della distanza: cio =S
app
/R
2
. Ci in analogia con il radiante nella geometria piana che dato dal rapporto fra
l'arco di circonferenza intercetto e il raggio del cerchio.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Lintensit
28
direzionale emisferica della superficie A
1
vale:
1 2
1 1 2 1 1 1 1
1 1 1
cos
cos
dq
I dq I dA d
dA d

= =


se la superficie A
1
un Corpo Nero (CN) allora si pu dimostrare che lintensit di emissione
emisferica legata alla radiazione globale
29
dalla relazione seguente:
4
1 1 2 2
1 1 2
cos
n
E T dA
I d
r


= = =
Questa relazione vale anche per le grandezze monocromatiche per cui :
e
i

=
allora il flusso che dal CN1 va verso il CN2 dato dalla relazione:
1 2 1 2
1 2 1 2
cos cos
n
dA dA
dq E
r

=
Si definisca ora il Fattore di Forma come la frazione dell'energia complessivamente emessa dal
CN1 che giunge al CN2:
1 2
1 2 1 2
1 2
12 2
1 1
cos cos
1
n A A
dA dA
dq
F
E A r

= =

[23]
Allora si pu scrivere per il flusso che da 1 va verso 2:
1 2 12 1 1 n
Q F A E

=
Analogamente si pu ragionare per la superficie 2 per cui il flusso che da 2 va verso 1 dato da:
2 1 2 1
2 1 2 2
cos cos
n
dA dA
dq E
r

=
2 1
2 1 2 1
2 1
21 2
2 2
cos cos
1
n A A
dA dA
dq
F
E A r

= =

[24]
Si osservi come il Fattore di Forma F
12
dipende solo da grandezze geometriche e non da
grandezze radiative. In pratica esso dipende solo da come le due superfici si vedono mutuamente.
Il flusso radiativo che dalla superficie 2 viene irradiato verso la superficie 1 :
2 1 21 2 2 n
Q F A E

=
Se le due superfici sono alla stessa temperatura allora vale la relazione:
2 1 1 2 12 1 1 21 2 2
e quindi =
n n
Q Q F A E F A E

=
essendo E
n1
=E
n2
si ha:
12 1 21 2
F A F A =
Pertanto sufficiente conoscere uno solo dei fattori di forma (o di vista) per conoscere, note le
superfici emittenti, laltro. Del resto data la formulazione analitica di F
12
deriva anche:
1 2
1 2 1 2
12 2
1
cos cos
1
A A
dA dA
F
A r


2 1
2 1 2 1
21 2
2
cos cos
1
A A
dA dA
F
A r



28 Si definisce Intensit Radiativa la potenza (in Watt) irradiata in una direzione , rispetto alla normale alla superficie
emittente, dalla superficie apparente dA cos e nellangolo solido d. Pertanto lunit di misura [W/m.sr].
29 La radiazione globale la potenza emessa in tutto lo spettro, quindi con variabile da 0 ad infinito. Lunit di
misura [W/m].
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Ma poich:
1 2 2 1
1 2 1 2 2 1 2 1
2 2
cos cos cos cos
A A A A
dA dA dA dA
r r


=


risulta anche:
12 1 21 2
F A F A =
[25]

Questa relazione detta relazione di reciprocit o anche teorema di reciprocit.
Dunque il flusso netto scambiato si pu scrivere come:
4 4
1 2 2 1 1 12 1 2 21 2
4 4 4 4
1 12 1 2 2 21 1 2
( ) ( )
Q Q Q A F T A F T
A F T T A F T T



= = =
= =
2.4.15 ADDITIVIT DEI FATTORI DI FORMA
Se la superficie A
(j)
risulta dalla somma di A
k
(k=1,2,..n ) superfici parziali,
1
2
3
k
n
A
i
A
( j )
F
ik

Figura 37: Additivit dei Fattori di Forma
allora sussiste la seguente propriet di additivit dei Fattori di Forma:
( )
1
n
i j ik
k
F F
=
=


Moltiplicando ambo i membri per A
i
, si ha:
( )
1 1 1
n n n
i i j i ik i ik k ki
k k k
A F A F AF A F
= = =
= = =


l'ultimo passaggio lecito per il teorema di reciprocit. Ne segue che il generico Fattore di
Forma dato dalla relazione:
1
( )
n
k ki
k
i j
i
A F
F
A
=
=

[26]
oppure , sempre per il teorema di reciprocit, dalla relazione:
1
( )
( )
n
k ki
k
j i
j
A F
F
A
=
=

[27]
Esempio di calcolo dei fattori di forma
Data la situazione di figura 37 calcolare F
13
fra la superficie 1 e la superficie 3.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

1
2
3
j
i

Figura 38: Scambio radiativo fra superfici piane (pareti dangolo)
Si applichi la relazione di additivit dei fattori di forma:
1
n
i ij k ki
k
A F A F
=
=


con i=3 ; j =(1+2) ; k=13. Si ha subito:
3 3(1 2) 1 13 2 23 13 3 3(1 2) 2 23
1
1
A F AF A F F A F A F
A
+ +
= + =


I termini del tipo F
3(1+2)
e F
23
sono ricavabili dai diagrammi solitamente disponibili, come
riportati in figura 39. Applicando il teorema di reciprocit si ha:
1
31 13
2
A
F F
A
=
Con F
13
dato dalla formula precedente.
Oppure mediante le regole delladditivit si ha:
1 1
31 13 3 3(1 2) 3 32 3(1 2) 32
2 3 1
1 A A
F F A F A F F F
A A A
+ +
= = =


In alternativa si pu ancora scrivere, sempre per la regola di additivit, la relazione:
( )
1
n
i j ik
k
F F
=
=


ancora con:
i=3 ; j =(1+2) ; k=1,3
e pertanto si ha subito :
3(1 2) 31 32 31 3(1 2) 32
F F F F F F
+ +
= + =
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 39: Fattori di forma per due disposizioni delle superfici radianti
2.4.16 METODO DELLA RADIOSIT
Se le superfici radiative non sono nere il calcolo degli scambi diviene pi complesso perch
occorre tenere conto non solo dellenergia emessa dalle superfici (
0
T
4
) per effetto della temperatura
alla quale si trovano ma anche dellenergia riflessa.
Q
i
G
i

i i
E
n i
J
i
G
i
A
i
T
i
k

Figura 40: Metodo della radiosit
Si definisce, infatti, radiosit la somma:
i i i i ni
J G E = + [28]
ove si ha il seguente simbolismo:
J radiosit, [W/m]
fattore di riflessione della parete,
emissivit termica della parete,
E
ni
emissione globale del corpo nero alla medesima temperatura della parete, [W/m].
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Ricordando che dalla: ++ =1 per un corpo opaco (=0) e grigio (=), si ha = 1 - =1-,
allora risulta:
(1 )
i i i i ni
J G E = + [29]
Il bilancio energetico sul Volume di Controllo vale :
( )
i i i i
Q A J G = [30]
Allora eliminando G
i
dalla 1) e 2) , risulta :
( )
1
i i
i ni i
i
A
Q E J

[30]
Questa relazione si pu ancora scrivere nella forma equivalente:
1
ni i
i
i
i i
E J
Q
A

[30]
che esprime il flusso termico Q
i
come rapporto fra le differenze delle emissioni e la resistenza
radiativa superficiale del mezzo data dalla relazione:
1
i
rs
i i
R
A

= [30]
D'altra parte l'energia ricevuta da A
i
pari a quella emessa da tutte le N superfici che vedono A
i
:
1 1 1
N N N
i i k k ki k i ik i k ik
k k k
G A J A F J A F A J F
= = =
= = =


ed eliminando A
i
:
1
N
i k ik
k
G J F
=
=

[31]
Combinando 30) e 31) , si ottiene :
1 1 1
1
( ) ( )
N N N
i i i k ik i i ik k ik
k k k
Q A J J F A J F J F
= = =
=

= = =



1 1 1 1
( ) ( )
1
N N N N
i k
i ik i ik k i ik i k
k k k k
i ik
J J
A F J F J A F J J
A F
= = = =

= = =


I termini a denominatore dellultimo membro sono detti resistenze radiative volumetriche:
1 1
rv
ij j ji j
R
F A F A
= =
Il sistema di equazioni risolutivo dunque il seguente:
1
1
1
ni i
i
i
i i
N
i k
i
k
i ik
E J
Q
A
J J
Q
A F

=

=


[32]
Le incognite sono:
Q
i
e J
i
(i=1,2...N)
si hanno dunque 2N equazioni in 2N incognite .
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

E
ni
i
J
k
J
1
J
2
1-
i

i

i
J
N
1
A F
i
ik
J
i

Figura 41: Rete equivalente allo scambio radiativo
2.4.17 CASO DELLE DUE SORGENTI CONCAVE
Si considerino due superfici non nere generiche tali da formare una cavit chiuse (superfici
convesse-concave) come indicato in figura seguente.
1
2

Figura 42: Schema di scambio radiativo fra due superfici formanti una cavit
Le equazioni di bilancio sono in generale le seguenti:
1
1
1
ni i
i
i
i i
N
i k
i
k
i ik
E J
Q
A
J J
Q
A F

=

=



In questo caso si hanno, particolarizzando le seguenti equazioni:
1 1
1
1
1 1
1 1 1 2 1 2
1
1 11 1 12 1 12
2 1 2 2 2 1
2
2 21 2 22 2 21
2 2
2
2
2 2
1
1 1 1
1 1 1
1
n
n
E J
Q
A
J J J J J J
Q
A F A F A F
J J J J J J
Q
A F A F A F
E J
Q
A

= + =


= + =

[33]
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Poich per la legge di reciprocit e per la conservazione dellenergia:
1 12 2 21 1 2
e AF A F Q Q Q = = =
le due equazioni intermedie si riducono ad una sola ed il precedente sistema diventa :
1 1
1
1 1 1
1 1
1 1
1 2 1 2
1 12
1 12
2
2 2
2 2
2 2
2
2 2
1
( ) 1
1
( )
1
1
( )
1
n
n
n
n
E J
Q
Q E J
A
A
J J Q J J
Q
A F
A F
Q J E
A
J E
Q
A

=

=


e sommando membro a membro si ottiene la relazione:
1 2
1 2
1 1 1 12 2 2
1 1 1
n n
E E
Q
A AF A

=

+ +

Infine , ricordando che:
4 4
1 1 2 2
e
n n
E T E T = =
si ha:
4 4
1 2
1 2
1 1 1 12 2 2
( )
1 1 1
T T
Q
A AF A

=

+ +

Questa relazione, detta di Christiansen, consente di determinare il fattore di forma:
12
1 2
1 1 1 12 2 2
1
1 1 1
F
A AF A


=

+ +
[34]
Utilizzando lanalogia elettrica si pu riportare lo schema radiativo fra le due superfici formanti
cavit nella seguente rete equivalente.
E
n1
J
1
J
2
E
n2
1-

1
A
1

1
1-

2
A
2

2
1
A
1
F
12
Resistenza
spaziale
Resistenze
superficiali

Figura 43: Rete elettrica equivalente
Che pu essere risolta con le classiche regole della Fisica.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

2.4.18 SUPERFICI FINITE PIANE E PARALLELE
Nel caso di superfici piani e parallele (quindi con cavit che si chiude allinfinito) si ha la
situazione di figura seguente e il fattore di forma diviene:
1 2

Figura 44: Scambio radiativo fra superfici finite piane e parallele.
4 4
1 2
1 2
1 1 1 12 2 2
( )
1 1 1
T T
Q
A AF A

=

+ +
[35]
In realt per superfici finite si dovrebbero considerare gli effetti di bordo: il flusso termico
emesso dai bordi non colpisce esattamente la superficie opposta e quindi si ha una dispersione di linee
di flusso. Pertanto il fattore di forma come sopra calcolato in eccesso rispetto a quello reale. Pur
tuttavia consigliabile egualmente utilizzare questa relazione ed evitare le complessit derivanti dal
considerare le superfici finite.
2.4.19 SUPERFICI INFINITE PIANE E PARALLELE
1 2

Figura 45: Scambio radiativo fra superfici infinite piane e parallele.
Ponendo le aree delle superfici:
1 2 12
; 1 A A A F = = =
si ha, per lo scambio radiativo, la relazione:
4 4
1 2
1 2
( )
1 1
1
A T T
Q

=
+
[36]
Se
1
=
2
= risulta:
4 4
1 2
( )
2
1
A T T
Q


CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

2.4.20 SFERE O CILINDRI CONCENTRICI
Consideriamo due superfici cilindriche o sferiche concentriche, come indicato nella seguente
figura. Ponendo, per evidenti ragioni, il fattore di forma:
2
1

Figura 46: Scambio radiativo fra sfere e cilindri concentrici
12
1 F =
risulta, facendo uso del teorema di reciprocit, che il flusso scambiato vale:
4 4
1 1 2
1
1 2 2
( )
1 1
( 1)
A T T
Q
A
A

=
+
[37]
2.4.21 PARETE CHE IRRADIA VERSO IL CIELO
Consideriamo il caso della figura seguente: una parete irradia verso la volta celeste.
A
A
c
p

Figura 47: Scambio radiativo fra parete e volta celeste.
Risultano essere, per evidenti ragioni geometriche:
1
c p
pc
A A
F
>>


Pertanto il flusso irradiato dalla parete vale:
4 4
( )
p p p c
Q A T T = [38]
ove T
c
la temperatura della volta celeste che deve essere calcolata opportunamente in
considerazione degli assorbimenti differenziati dei vari componenti gassosi dellatmosfera.
2.4.22 SCHERMI RADIATIVI
Un concetto molto utile nelle applicazioni pratiche quello di schermo radiativo. Date due
superfici radianti si interponga fra di esse una terza superficie, come indicato in figura seguente. Se le
superfici sono di lunghezza infinita (o se c' piccolo effetto di bordo nel caso di superfici finite, come
gi osservato) si pu porre per i fattori di forma:
13 23
1 F F = = e quindi , dopo qualche passaggio, il
flusso termico scambiato fra le superfici 1 e 2 diviene:
4 4
1 2
12
31 32
1 2 31 32
( )
1 1 1 1
A T T
Q


=

+ + +
[39]
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

1
13
23
2
T
1
T
2
Q
E
n1
E
n2 J
J
J
J E
n3
1-
1

1
A
1-
31

31
A
1-
32

32
A
1-
2

2
A
1 31
32
2
1
A F
13
1
A F
23

Figura 48: Schermo radiativo interposto fra due superfici radianti.
e se :
1 2 31 32
= = = = allora la precedente relazione si semplifica nella seguente:
( )
4 4
1 2
senza
12 12
schermo
1 ( ) 1
2
2 2
1
A T T
Q Q

| |
|

= =
|
|
\
[40]
Pertanto una parete intermedia di eguali caratteristiche emissive (cio di eguale emissivit
rispetto alle pareti esterne) comporta una riduzione a met del flusso termico scambiato. Estrapolando
per N schermi intermedi si ha, sempre nellipotesi di eguali emissivit:
( )
4 4
1 2
senza
12 12
schermo
1 ( ) 1
2
( 1) ( 1)
1
A T T
Q Q
N N

| |
|

= =
|
+ +
|
\
[41]
Quindi il flusso termico fra le due superfici esterne si riduce di un fattore N+1. Questo risultato
trova notevoli applicazioni per la schermatura di sorgenti radiative, ad esempio di superfici fortemente
irradiate dal sole
30
che porterebbero ad avere una disuniformit interna della temperatura media radiante
e quindi un forte senso di disconforto termico. In genere una parete avente pi intercapedini interne
riduce fortemente il flusso termico radiativo rispetto ad una parete normale.
2.4.23 FORMALISMO MATRICIALE NELLA RADIAZIONE TERMICA
Vediamo qui una generalizzazione del metodo di calcolo dello scambio radiativo fra superfici
non nere formanti una cavit. Nel caso di geometrie complesse occorre sempre utilizzare regole
generali che possono facilmente essere applicate. Il metodo che si espone porta a scrivere un sistema di
equazioni di scambio radiativo che pu essere facilmente risolto mediante CAD matematici oggi alla
portata di tutti o con programmi appositamente predisposti.
Caso esempio: Cavit formata da tre superfici
Si consideri inizialmente una cavit radiativa formata da tre superfici, come indicato nella
seguente figura.
1 2
3

Figura 49: Scambio radiativo in una cavit chiusa

30 Si pensi ad una parete che funzioni da muro Trombe-Michell che si porta a temperature di alcune decine di gradi al
di sopra della media delle temperature delle altre pareti di un ambiente solarizzato (vedi applicazioni buioclimatiche).
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Le equazioni di bilancio sono, supponendo note le superfici, i fattori di forma e le emissivit:
1 1 1 2 2 3
1
1 1 1 12 1 13
2 2 2 1 2 3
2
2 2 2 21 2 23
3 3 3 1 3 2
3
3 3 3 31 3 32
1 1 1
1 1 1
1 1 1
n
n
n
E J J J J J
A A F A F
E J J J J J
A A F A F
E J J J J J
A A F A F


= +


= +


= +


ovvero anche:
1 1
1 12 13 1 12 2 13 3
1 1
2 2
2 21 1 21 23 2 23 3
2 2
3 3
3 31 1 32 2 31 32 3
3 3
( ) ( ) ( )
1 1
( ) ( ) ( )
1 1
( ) ( ) ( )
1 1
n
n
n
E F F J F J F J
E F J F F J F J
E F J F J F F J





= + + + +

= + + + +

= + + + +

[42]
Definiti ora le matrici e i vettori seguenti :
il sistema di equazioni risulta cos sintetizzabile:
[ ] [ ][ ] [ ] [ ] [ ]
1
C A J J A C

= = [43]
e quindi risolvibile con le normali regole dellAnalisi Matematica. Il metodo si estende
facilmente al caso di N superfici radiative e quindi al caso generale di cavit radiativa.
C
E
E
E
J
J
J
J
A
F F F F
F F F F
F F F F
n
n
n
=

L
N
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
M
O
Q
P
P
P
P
P
P
P
P
P
P
P
=
L
N
M
M
M
M
M
M
M
O
Q
P
P
P
P
P
P
P
=

+ +

+ +

+ +
L
N
M
M
M
M
M
M
M
O
Q
P
P
P
P
P
P
P
1
1
1
2
2
2
3
3
3
1
2
3
1
1
12 13 12 13
21
2
2
21 23 23
31 32
3
3
31 32
1
1
1
1
1
1

( )
( )
( )

CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3. IL CLIMA: FATTORI FISICI
Si gi detto che il Clima esterno linsieme di fattori che condizionano il comportamento degli
edifici in quanto ne determinano le condizioni forzanti alle quali essi debbono rispondere. In breve il
Clima esercita una fortissima influenza su tutti i comportamenti delluomo e delle cose. Il Clima di
unarea dato dallinsieme delle condizioni atmosferiche, medie o anche istantanee, di quellarea. In
particolare sono di interesse nellambito di questo corso: lirraggiamento solare, le condizioni
termoigrometriche e i regimi dei venti e di nuvolosit di una determinata zona.
Il clima terrestre si pu considerare coma la somma di due fattori a scala mondiale:
Le dimensioni e la forma della Terra e i fattori astronomici relativi al movimento apparente del
sole attorno ad essa;
Fattori esclusivamente terrestri della composizione ed estensione dellatmosfera, la distribuzione
della terra e dei mari e la distribuzione dei principali caratteri geomorfologici quali le catene
montuose, le pianure, i laghi,.
Questi fattori influenzano sia lilluminazione che la radiazione solare. Del primo effetto qui
non ci curiamo, considerate le finalit del corso, mentre dellirradiazione solare si parler in modo pi
approfondito nel prosieguo.
3 . 1 ELEMENTI DI CLI MATOLOGI A TERRESTRE
Il comportamento termico degli edifici e quindi levoluzione del microclima interna funzione,
come si approfondir nel prosieguo, sia delle condizioni climatiche esterne che delle caratteristiche
termofisiche dellinvolucro esterno dello stesso edificio. E opportuno, quindi, conoscere bene gli
elementi della climatologia terrestre che definiscono le condizioni forzanti esterne alle quali ledificio
deve rispondere.
3.1.1 LA RADIAZIONE SOLARE E L'ATMOSFERA DELLA TERRA
Gli effetti dell'atmosfera sulle radiazioni sono marcati. Senza atmosfera, la radiazione incidente
sarebbe distribuita in modo ordinato come una funzione della data e della latitudine (vedi figura 50).

Figura 50: Livelli di radiazione solare sulla Terra
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Con l'atmosfera, la radiazione incidente riflessa, rifratta, diffratta e assorbita. Particelle
atmosferiche come polvere, goccioline d'acqua e cristalli di ghiaccio producono riflessione diffusa.
Particelle molto pi piccole, come le molecole, producono diffrazione che inversamente
proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d'onda della radiazione. Ozono e vapor d'acqua sono
le principali sostanze assorbenti; con l'ozono si ha assorbimento a lunghezze d'onda inferiori a 0,3 m,
col vapor d'acqua assorbimento in parecchie bande strette fra 0,7 e 1,9 m e in due bande ampie a circa
2,0 m, come gi osservato introducendo lirraggiamento solare.
In media circa il 43 % della radiazione solare che entra nell'atmosfera raggiunge la superficie
della Terra. In giorni sereni questo valore pu superare l'80 %; in giorni nuvolosi pu essere minore del
30%. In ogni caso la radiazione che raggiunge la superficie della Terra in parte riflessa e in parte
assorbita. La maggior parte delle aree continentali ha un'albedo (coefficiente di riflessione) del 520 %,
col valore medio del l2%. Quindi il terreno assorbe circa l88 % della radiazione incidente. Un'eccezione
importante la superficie di neve fresca con un albedo di circa l80% (assorbimento 20%). L'acqua ha
un'albedo media del 20%, con valori superiori all'80% quando il Sole presso l'orizzonte e inferiori al
2% quando il Sole sopra i 50.
La terra a sua volta irraggia energia con lunghezze d'onda nell'infrarosso. L'assorbimento da
parte dell'atmosfera di queste radiazioni terrestri principalmente dovuto allacqua allo stato di vapore e
liquida (particelle di circa 3 m di diametro) e dalla C0
2
(1318 m). Queste sostanze a loro volta
irraggiano, trasferendo energia non solamente verso lalto dello spazio ma anche verso il basso,
restituendone alla Terra una parte. G. C. Simpson riuscito a stimare come la radiazione netta varia
entro ampi limiti sulla Terra. Le sue carte per gennaio e luglio sono rappresentate nelle figure seguenti.

Figura 51: Guadagni solari netti sulla Terra secondo Simpson.
Gli aspetti pi significativi di queste carte sono che anche destate le aree di massimo guadagno
di radiazione netta stanno fra lequatore e 40 (usualmente a meno di 30) e si trovano sui continenti
(dentro o adiacenti alle regioni di aria secca) e che le grandi perdite nette sono alle alte latitudini sopra
gli oceani.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3.1.2 INFLUENZE DELLE SUPERFICI DI TERRA E DI MARE.
Il significato climatico della distribuzione delle terre e dei mari sta nel contrasto fra questi due
maggiori tipi di superficie nei riguardi del riscaldamento e del raffreddamento. Eccettuate le regioni
coperte di neve. O le masse dacqua poste in mezzo a terre, le terre sono riscaldate a pi alte
temperature che i mari, sia durante il giorno sia durante lestate. Viceversa di notte e durante linverno le
terre si raffreddano a pi basse temperature che non i mari. Come risultato diretto le ampiezze di
variazione delle temperature diurna e annua sono pi grandi sopra la terra che sul mare.
3.1.3 INFLUENZA DELLE MASSE OCEANICHE.
Gli oceani esercitano un notevole effetto moderatore sul clima. La spiegazione che abitualmente
se ne d che lacqua marina ha un calore specifico maggiore di quello della superficie dei continenti;
questo fattore per solo uno dei molti che, in maggiore o minore misura, intervengono a modificare il
riscaldamento degli strati dellatmosfera presso la superficie terrestre. Tali fattori sono:
1) la maggior parte della energia solare assorbita alla superficie del mare viene utilizzata
nellevaporazione dellacqua di mare; una frazione molto minore (in media il 10%) viene
utilizzata nel riscaldare direttamente latmosfera con la superficie del mare;
2) una gran quantit del calore solare assorbito dalla superficie del mare durante lestate alle medie
latitudini viene immagazzinata dagli oceani per essere ceduta allaria durante le stagioni pi
fredde, quando c scarsit di energia solare. Per lo stesso meccanismo, molta energia alle basse
latitudini viene trasportata dalle correnti oceaniche e ceduta allatmosfera a latitudini maggiori
dove lenergia solare ricevuta pure relativamente scarsa;
3) lenergia assorbita alla superficie del mare viene diffusa in uno strato di notevole spessore,
mentre lenergia assorbita dalla superficie del suolo limitata al riscaldamento di uno strato
superficiale poco profondo; n le zone superficiali molto riscaldate, n quelle molto fredde
restano inalterate per lungo tempo nelloceano aperto;
4) lenergia di pi corta lunghezza donda che raggiunge la superficie del mare viene trasmessa a
profondit notevoli a causa della trasparenza dellacqua di mare a tali radiazioni (ma ci di
importanza secondaria nel bilancio energetico degli oceani);
5) la maggiore albedo delle aree oceaniche fa s che vi sia meno energia solare assorbita dal mare
che dalla terra; lelevata albedo risulta dalla maggiore nebulosit media, pi che dal grande
potere riflettente della superficie del mare.
3.1.4 CONTINENTALIT DEL CLIMA
Nelle aree pi lontane dal mare, linfluenza moderatrice di questultimo non pu far sentire i
propri effetti: si parla allora di clima continentale. Le superfici dei continenti possono riscaldarsi o
raffreddarsi abbastanza rapidamente perch gli effetti termici sono limitati, come si gi visto, a uno
strato superficiale poco profondo; laria a contatto col suolo si mette rapidamente in equilibrio termico
col terreno sottostante e di conseguenza subisce fluttuazioni di temperatura di grande ampiezza, in lieve
ritardo rispetto ai periodi annui e diurni di insolazione. Poich laumento dellescursione annua della
temperatura costituisce leffetto pi notevole della superficie continentale sul clima, i climatologi hanno
assunto tale escursione (t) come criterio per la misura della continentalit. La formula pi usata quella
proposta da O. V. Johansson, che definisce lindice di continentalit K come:
1.6
14
sin
T
K

=
T lescursione annua della temperatura (
0
C) e la latitudine. K, in percentuale, per un clima
puramente oceanico ha il valore dello 0% e per un clima puramente continentale il valore del 100 %.
In Europa si definisce il clima dolce se la differenza fra temperatura media del mese pi caldo e
quella del mese pi freddo inferiore a 10
0
C; temperato se la suddetta differenza compresa fra 10 e
20
0
C; continentale o rigido se la differenza superiore a 20
0
C.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3.1.5 INFLUENZA DELLE CORRENTI ATMOSFERICHE E OCEANICHE.
La distribuzione delle terre e dei mari e quella della radiazione sono due dei tre maggiori fattori
che determinano i lineamenti pi importanti della distribuzione della temperatura. Il terzo fattore la
circolazione dellatmosfera e degli oceani. In media entrambe le circolazioni trasportano energia dalle
pi basse alle pi alte latitudini. L85% del trasporto e dovuto alla circolazione dellatmosfera che
trasporta energia in forma sia di calore sensibile che di calore latente (come vapor dacqua che
condensando dar calore). Le regioni delle alte latitudini che hanno perdita netta delle radiazioni sono
in gran parte alimentate dallenergia derivata dal calore latente. Laltro 15% del trasporto si ha con la
circolazione delle acque oceaniche, con acqua calda che va verso i poli lungo le rive occidentali degli
oceani e con acqua fredda che va verso lequatore lungo le rive orientali. Questa circolazione riflessa
nelle tavole delle temperature media di gennaio e di luglio (vedi figure seguenti) dove appare chiara, ad
esempio, la deformazione delle isoterme nellarea Islanda Spitzbergen - Norvegia. Altre notevoli
caratteristiche di queste carte sono le posizioni dei poli del freddo nellinterno delle grandi masse
continentali e lo spostamento a nord dellequatore della zona di massimo caldo, spostamento associato
con la grande massa continentale dellAfrica alle latitudini di l030 N.
3.1.6 RELAZIONI CON LA PRESSIONE ATMOSFERICA E I VENTI.
La distribuzione della temperatura legata alla distribuzione della pressione al suolo e del vento
(vedi figure seguenti). Queste relazioni non sono n semplici n dirette, ma c tendenza a una relazione
inversa tra la temperatura media e la pressione superficiale media sopra i continenti, con le aree calde
desertiche sovrastate da minimi termici e le aree polari fredde sovrastate da massimi termici. Le aree di
bassa e alta pressione media sopra gli oceani sono completamente differenti. Nel primo caso esse
rappresentano la somma di vari minimi di pressione in movimento (cicloni extratropicali), strutture
particolarmente comuni sulle Aleutine, sullIslanda e sulle acque settentrionali dellAntartico. Nel
secondo caso esse rappresentano la somma delle celle di alta pressione subtropicale che sono aspetti
persistenti della circolazione generale sopra gli oceani subtropicali, anche se variano continuamente in
dimensione, intensit e posizione.

Figura 52: Temperature medie al livello del mare nel mese di gennaio.
La distribuzione media della pressione determina i percorsi dei venti dominanti. I venti pi
costanti sono gli alisei, che spirano dalla zona delle alte pressioni oceaniche subtropicali verso
l'equatore, e i monsoni, nell'area asiatico - australiana.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 53: Temperature medie a livello del mare nel mese di luglio.
Nella circolazione dei monsoni i venti soffiano verso il mare in Asia e verso il continente in
Australia durante l'inverno dell'emisfero settentrionale, con un rovesciamento della circolazione durante
l'estate.

Figura 54: Pressione atmosferica media al suolo nel mese di gennaio.
Altre importanti regioni di flusso di vento sono quelle dei venti di ovest che spirano verso i poli
dalle alte pressioni oceaniche e quella dei venti di est polari sull'Antartico e la Groenlandia. N i venti di
ovest n i venti di est polari sono costanti come gli alisei o i monsoni, perch entrambi sono su aree
frequentemente percorse da cicloni che possono portare venti da ogni direzione.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 55: Pressione atmosferica media al suolo nel mese di luglio.
3.1.7 INFLUENZE MARINE SULL'ATMOSFERA.
L'aria che percorre lunghe distanze attraverso gli oceani acquista grandi quantit di vapore
d'acqua a causa dell'evaporazione dalla superficie delloceano. Poich l'evaporazione massima dove
aria fredda e secca si muove sopra acqua oceanica pi calda, il pi rapido passaggio di umidit dal mare
all'aria si ha sulla riva occidentale degli oceani dell'emisfero settentrionale alle medie latitudini durante
l'inverno boreale e sopra le acque dell'Antartico durante l'inverno australe. Per esempio a 35 N
nell'Atlantico occidentale una media di circa 25000 kJ/m
2
giornaliere di energia termica spesa
nell'evaporazione dell'acqua del mare, mentre alle latitudini comprese fra 0 e 20 N nell'Atlantico
orientale il valore non supera le 8500 kJ/m
2
in nessuna stagione.
A parte le variazioni locali, gli oceani danno ovunque un netto contributo di acqua all'aria a
meno che non siano coperti di ghiaccio. In seguito questa umidit portata sulle terre dalle masse di
aria marittima e ivi essa d luogo a precipitazioni come pioggia, neve, grandine, rugiada o brina. Dopo
di che l'acqua ritorna agli oceani attraverso i fiumi oppure come lame d'acqua lungo i margini delle
terre, come acqua sotterranea o nelle masse in movimento di aria continentale secca che acquistano
acqua dal suolo attraverso l'evaporazione e la traspirazione.
3.1.8 TIPI DI PRECIPITAZIONE CONTINENTALE.
Precipitazioni medie annue apprezzabili si hanno solamente se l'aria umida forzata a salire e
ci avviene in gran parte per convezione, per sollevamento orografico (sollevamento forzato di aria su
pendio, come avviene sui fianchi di una montagna) o attraverso convergenza e ascesa forzata di aria
dentro un vortice, particolarmente dentro un ciclone extratropicale o tropicale. Quindi l'andamento
generale delle precipitazioni pu essere considerato in termini di frequenza relativa della presenza di aria
marittima umida e di frequenza dei fenomeni che costringono tale aria a salire ad altezze apprezzabili.
Anche la distribuzione verticale della temperatura e dell'umidit importante, perch la
struttura pu essere stabile e cos resistere al movimento verticale o pu essere condizionalmente
instabile, cos che quando il sollevamento forzato ha prodotto condensazione la liberazione del calore
latente provoca la salita dell'aria a sempre pi grande altezza.
La precipitazione annua molto alta sulle coste occidentali dei continenti alle latitudini medie e
alte, nell'area dei monsoni e nelle aree equatoriali. Sulle coste occidentali dei continenti gli alti valori
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

sono associati con precipitazioni cicloniche frequenti e prolungate e con il sollevamento orografico
dell'aria marittima. In queste aree la maggior parte delle precipitazioni si verifica nel periodo invernale,
quando le burrasche cicloniche sono pi comuni. Al contrario, le aree monsoniche hanno il loro
massimo di pioggia durante l'estate, con un afflusso di aria molto umida condizionalmente instabile.
Qui come nelle aree umide equatoriali i meccanismi della precipitazione sono convezione, sollevamento
orografico e convergenza nei sistemi vorticosi minori. Tuttavia nelle aree equatoriali la precipitazione
bene distribuita lungo tutto l'anno.
Le aree estremamente secche sono caratterizzate da invasioni non frequenti di aria instabile
umida e da una attivit ciclonica relativamente ridotta. Queste aree secche sono: i deserti delle coste
occidentali dei continenti, come il Sahara; i bacini desertici riparati dall'aria marittima fredda da alte
montagne, come il bacino del Tarim; le terre polari. La pi ampia variazione nella precipitazione annua
da un anno all'altro si presenta nelle aree monsoniche pi umide e nelle regioni equatoriali. In queste
regioni non raro che durante un periodo di 20 anni si passi da un minimo annuo di 15002000 mm a
un massimo di 50007500 mm. In termini di percentuale la variabilit massima nelle aree pi secche i
deserti e le regioni polari. Qui il minimo inferiore a 50 mm in parecchie localit e il massimo
raggiunge i 400 mm negli anni pi umidi. La situazione idrografica di una localit non soltanto
funzione della precipitazione totale annua e della sua variabilit ma anche e in maggior misura della
distribuzione della precipitazione lungo l'anno.
3.1.9 REGIONI CLIMATICHE
Per la definizione delle regioni climatiche sono statati immaginati gli schemi pi diversi. Questi
schemi costituiscono due classi: quelli che cercano di mettere in evidenza l'altro aspetto delle relazioni e
dei processi entro latmosfera e quelli basati sulle relazioni tra le variazioni areali nelle condizioni
climatiche e le corrispondenti nei fenomeni atmosferici.

Figura 56: Distribuzione delle regioni climatiche secondo Kppen.
La prima classe di schemi rappresentata dalla figura 56 che mostra l'entit della radiazione
netta sulle diverse regioni della Terra. Sono distinte le regioni nelle quali il bilancio mensile di radiazione
sempre positivo (in media), sempre negativo, mai fortemente positivo, mai fortemente negativo.
La seconda classe di schemi rappresentata dalla distribuzione di Kppen che mostra le
maggiori zone climatiche della Terra. Inizialmente Kppen si proponeva di mettere in evidenza la
coincidenza generale tra la distribuzione della vegetazione naturale e le condizioni climatiche, ma poi
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

prefer una classificazione indipendente dalle specie vegetali. Essa serve anche, tuttavia, per scopi di
descrizione generale, in termini di definizioni quantitative delle precipitazioni e delle condizioni di
temperatura. Questa classificazione stata in seguito un po' rimaneggiata ma le classi sono rimaste
invariate. Tali classi sono cinque (climi umidi tropicali, aridi, umidi temperati caldi, boreali e
nivali). Esse vengono indicate, nell'ordine, con le lettere A, B, C, D, E; l'aggiunta di una seconda lettera
esprime l'ulteriore suddivisione in sottoclassi. Il significato della seconda lettera il seguente: s = tempo
secco principalmente in estate, w = in inverno; f =pioggia in tutti i mesi; S= steppa; W = deserto; T =
tundra; F = gelo. La notazione Cf; per esempio, si legge: clima umido temperato caldo con pioggia in
tutti i mesi. possibile e interessante distinguere regioni climatiche minori, non su scala mondiale, ma
entro aree molto pi piccole. Se tali aree sono definite sulle terre emerse, il fattore topografico diventa
molto importante, specialmente quando l'area dell'ordine di pochi chilometri quadrati o ancora
inferiore.
3.1.10 CAMBIAMENTI CLIMATICI
Numerose testimonianze geologiche e paleontologiche mostrano che il clima ha subito grandi
fluttuazioni durante la Storia della Terra. Tuttavia nella presente trattazione ci si limita alla discussione
di una dimostrazione meteorologica delle fluttuazioni climatiche del recente periodo storico. Bisogna
sottolineare che per lo pi le testimonianze meteorologiche di cambiamenti climatici sono insignificanti
in quantit e controverse per la qualit. Prima di tutto l'intervallo di tempo coperto anche dalle pi
estese osservazioni breve rispetto agli intervalli di tempo delle maggiori fluttuazioni climatiche. Inoltre
il meteorologo che intenda raccogliere dati per l'analisi di tali fluttuazioni ha a che fare con metodi
diversi per i diversi Paesi e con materiale talvolta di dubbia qualit; le grandi variazioni mostrate dalle
registrazioni possono essere il risultato erroneo di una variet di fattori umani e di osservazioni non
dipendenti affatto da cause naturali.
Tuttavia i climatologi accettano come vere alcune delle testimonianze meteorologiche dei
cambiamenti climatici durante il periodo storico; per esempio, le numerose prove di un riscaldamento
dell'aria su tutto il globo durante gli ultimi 7095 anni. Questo riscaldamento stato particolarmente
significativo sull'Artico nei mesi invernali, superando 3
0
C nella parte occidentale della Groenlandia e
2
0
C sopra una gran parte dell'area adiacente. Ci sono anche testimonianze di alcuni andamenti
significativi delle precipitazioni a partire dal 1885, ma questi appaiono irregolari regionalmente e meno
appariscenti del caso della temperatura. Precipitazioni al disotto della media pare siano cadute sopra la
maggior parte degli USA, sulla parte settentrionale dell'America meridionale, sulla Penisola Malese e
sull'Australia. Precipitazioni al disopra della media pare siano cadute sopra l'Artico, la zona temperata
settentrionale, il Messico, il Rio de la Plata, l'India meridionale e l'Asia sud orientale.
Anche i percorsi medi dei venti mostrano simili fluttuazioni ed esse sembrano accordarsi coi
cambiamenti della distribuzione della pressione media sulla Terra. Difatti i cambiamenti della pressione
al livello del mare, della temperatura e delle precipitazioni alle medie e alte latitudini sono
sorprendentemente costanti. Se si ammette che non esiste un meccanismo interno dell'atmosfera che
renda conto dei cambiamenti progressivi o ciclici, le cause dei cambiamenti devono essere attribuite a
fattori extraterrestri o a cambiamenti di altre influenze terrestri. Le teorie pi plausibili attribuiscono le
cause dei cambiamenti climatici a una o pi delle seguenti:
1) variazioni nella quantit o nel carattere della radiazione solare;
2) variazioni nella trasmissione di energia attraverso l'atmosfera dovute a cambiamenti della
sua composizione per esempio, del suo contenuto di C0
2
o di ozono);
3) variazioni nella trasparenza dell'atmosfera dovute a cambiamenti della torbidit causati dalla
presenza di polveri vulcaniche e impurit meteoriche;
4) variazioni nella quantit di calore trasportato dalle correnti oceaniche dovute a cambiamenti
della circolazione oceanica;
5) variazioni nella natura della superficie terrestre (distribuzione delle terre e dei mari,.
orografia, estensione della copertura di neve e altri fattori come ghiacci marini, copertura di
vegetazione), variazioni nella inclinazione dell'asse di rotazione terrestre, variazioni negli
elementi dell'orbita o nelle forze planetarie di marea.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

L'ultimo gruppo di cause pu essere trascurato per quanto riguarda cambiamenti climatici
recenti (storici), eccetto forse in senso locale. Ci sono alcune testimonianze, tuttavia, dalle quali risulta
che i primi quattro gruppi di fattori hanno avuto qualche connessione con le recenti fluttuazioni
climatiche. H. Wexler afferma che variazioni climatiche piuttosto significative possono essersi verificate
in connessione con le variazioni nell'attivit delle macchie solari. Lo ha provato confrontando i dati
climatici medi per periodi di massimo e minimo delle macchie solari. Riguardo alle cause 2) e 3) Wexler
ha accumulato prove tendenti a mostrare che il riscaldamento dell'aria osservato per tutta la Terra
durante l'ultimo mezzo secolo pu essere attribuito a due variazioni secolari (non periodiche):
l'aumento del contenuto di C0
2
e la diminuzione della torbidit atmosferica. Il primo probabilmente
dovuto all'aumento dei residui della combustione industriale del carbone fossile. La seconda
considerata da parecchi come il risultato di una diminuita attivit vulcanica di tipo esplosivo durante gli
ultimi 70 anni. Queste variazioni secolari sono, del resto, sovrapposte agli effetti della variazione ciclica
della radiazione solare associata con il ciclo delle macchie solari.
Rispetto ai cambiamenti climatici derivanti dalle variazioni nella circolazione oceanica, alcune
prove teoriche e altre recenti empiriche indicano che la quantit di calore trasportato alle alte latitudini
dalle correnti oceaniche pu offrire un carattere periodico (forse dell'ordine di un decennio). Tali
considerazioni sarebbero importanti se per mezzo di esse noi potessimo render conto delle fluttuazioni
di periodo relativamente breve delle temperature superficiali dei mari polari. M. Ewing (1958) ha
considerato gli effetti ditale meccanismo tentando di rendere conto delle alternanze dei climi glaciali
con gli interglaciali, che si verificarono durante il periodo pleistocenico.
3 . 2 L I RRADI AZI ONE SOLARE DI RETTA
Se si considera la Terra come una grande sfera nello spazio in movimento attorno al sole e si
applicano le regole della geografia astronomica allora si pu calcolare con grande precisione
lirraggiamento solare
31
che risulta dato da:
cos
o cs
I I r = [44]
ove si ha:
I
cs
costante solare pari a 1353 W/m;
R correzione per variazione della distanza terra-sole;
cos angolo di inclinazione rispetto alla normale alla superficie terrestre.
La correzione per distanza terra-sole data da:
360
1 0.033cos
365
n
r
| |
= +
|
\
[45]
essendo n il giorno giulianeo
32
. Si definisce angolo solare langolo corrispondente allo
spostamento relativo del sole nelle 24 ore per cui si ha =15 /ora. Lirraggiamento extraterrestre varia
da un minimo di 1325 W/m a 1415 W/m durante lanno. Lintensit giornaliera extra - atmosferica
della irradiazione solare data dallintegrale della [44] estesa dallalba
33
al tramonto e quindi da:
24
2
s
s
o o
H I d

| |
=
|
\

[46]
In geografia astronomica, nota la latitudine di un sito, si definisce declinazione solare langolo
rispetto al piano orizzontale corrispondente allaltezza massima del sole e si indica con ed dato,
indicando con n il giorno giuliano, dalla relazione:
284
23.45sin 360
365
n

+
| |
=
|
\
[46]

31 Lirraggiamento solare dato dallenergia che incide nellunit di tempo sullunit di superficie. Le unit di misura
sono [W/m].
32 Il giorno giulianeo dato dal numero progressivo del giorno a partire dal 1 gennaio, pari a n=1, fino al 31
dicembre pari a n=365. In questo modo i giorni dellanno seguono una numerazione progressiva da 1 a 365.
33 Lalba e il tramonto sono detti sun rise e sun set e indicati con s nella letteratura internazionale.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

il cui andamento dato nella seguente figura 56 bis.
50 100 150 200 250 300 350
40
20
0
20
40
d n ( )
n

Figura 56 bis: Andamento della declinazione solare
Pertanto si dimostra che la radiazione media giornaliera extra - atmosferica data dalla
relazione:
( )
24 24
cos cos cos sin sin cos cos sin sin sin
2 2 180
s
s
o cs cs s s
H rI d rI

| |
= + = +
|
\


[46]
Per una superficie generica necessario calcolare langolo di inclinazione solare che, mediante
considerazioni di trigonometria sferica, dati la latitudine la declinazione e langolo solare , dato
dalla relazione:
cos cos cos cos sin sin cos cos cos sin sin cos sin
sin cos sin cos sin cos sin


= + + +
+
[47]
ove si ha il seguente simbolismo, vedi figura 57:

Figura 57: Angoli fondamentali per lirradiazione solare.
angolo di inclinazione della superficie rispetto al piano orizzontale, 0 180 ; >90
significa superficie rivolta verso il basso;
angolo azimutale dato dalla deviazione rispetto al meridiano locale della proiezione sul
piano orizzontale della normale alla superficie: azimuth 0 significa superficie rivolta a sud, per
superficie rivolta ad est si hanno valori negativi e positivi se rivolte ad ovest, pertanto
180 180 ;
angolo solare, 15 per ogni ora di spostamento apparente del sole verso est o verso ovest;
angolo di declinazione dato dalla posizione del sole a mezzogiorno rispetto al piano
dellequatore, considerato positivo verso nord e variabile fra 23.45 23.45 ;
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

angolo di incidenza fra la radiazione solare sulla superficie e la normale alla stessa
superficie;
latitudine cio la posizione angolare a nord (positiva) o a sud (negativa) dellequatore e
variabile fra 90 90 ;
Per alcuni casi particolari si hanno le seguenti relazioni:
Superficie orizzontale (=0):
cos cos cos cos sin sin
h
= +
Superficie verticale rivolta verso lequatore (=90, =0):
cos sin cos cos cos sin
vs
=
Superficie rivolta a sud con inclinazione qualunque (=0, qualunque):
( ) cos cos( ) cos cos sin sin

= + [48]
Durata del giorno per superficie orizzontale:
cos
s
tg tg = [49]
da cui si deriva la durata in ore pari a:
2
15
g s
T = [50]
Durata del giorno per superficie inclinata :
( ) ( )
'
,
min cos
s s
ar tg tg =

[51]
3.2.1 RAPPORTO FRA RADIAZIONE DIRETTA SU UNA SUPERFICIE INCLINATA RISPETTO A
QUELLA SU SUPERFICIE ORIZZONTALE
Lirradiazione extra - atmosferica su una superficie orizzontale data dalla (46) mentre quella su
superficie inclinata data dalla relazione:
( ) ( )
'
24
cos cos sin sin sin
180
o cs s
H rI


= +


[52]
Viene definito il rapporto fra i valori medi giornalieri delle due irradiazioni:
( ) ( )
'
cos cos sin sin sin
180
cos cos sin sin sin
180
s
b
s s
R


+
=
+
[53]
Con
b
R si indica il valore medio mensile.
3.2.2 RADIAZIONE TOTALE SU UNA SUPERFICIE INCLINATA CON CIELO ISOTROPICO
Su una superficie inclinata arriva, oltre alla radiazione diretta, anche la radiazione diffusa dal
cielo e quella riflessa. Ciascuna di queste due ultime componenti risulta in genere di difficile valutazione.
Possiamo, per, supporre che il cielo abbia un comportamento isotropico e pertanto queste valutazioni
risultano semplificate. In particolare la radiazione riflessa non ha una formulazione unica potendo
questa variare, ad esempio, per effetto di edifici o corpi riflettenti viciniori alla superficie considerata.
Possiamo in genere scrivere la relazione:
, c T b b c d isotropica s s c i i i i c
i
A I I R A I A F I AF

= + +


ove il primo termine a secondo membro rappresenta la radiazione diretta sulla superficie A
c
, il
secondo termine la radiazione diffusa isotropica e lultimo termine la radiazione diffusa dalle superfici
circostanti a quella considerata. Con F
s-c
e F
i-c
si sono indicati i fattori di forma superficie-cielo e
superficie-corpi vicini. Il modello di radiazione diffusa isotropica stato proposto da Liu e Jordan
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

(1963): la radiazione totale su una superficie inclinata composta ancora da tre termini: diretta, diffusa
isotropica e diffusa dal terreno.
Il termine relativo alla riflessione va calcolato caso per caso in funzione delle geometrie di
scambio radiativo con le superfici vicine utilizzando i fattori di forma visti in precedenza. Per una
superficie inclinata il fattore di forma F
s-c
facilmente calcolabile e risulta pari a:
1 cos
2
c s
F

+
= [54]
e, nellipotesi di cielo isotropo, si pu anche dire che esso anche il rapporto R
d
fra la
radiazione diffusa sul piano inclinato e quella sul piano orizzontale.
Il fattore di vista superficie-terreno pari a:
1 cos
2
s t
F

= [55]
Pertanto la radiazione totale sulla superficie inclinata risulta data dalla relazione:
1 cos 1 cos
2 2
T b b d d t t b b d t
I I R I R I R I R I I

+
= + + = + + [56]
ove si definito, analogamente a quanto fatto per R
d
il rapporto R
t
fra la radiazione diffusa dal
terreno sulla superficie inclinata rispetto a quella sul piano orizzontale e pari a F
s-t
.. Ancora in analogia
alle precedenti definizioni, possiamo indicare con R il rapporto fra la radiazione totale sulla superficie
inclinata rispetto a quella sul piano orizzontale che risulta data da:
1 cos 1 cos
2 2
b d
b t
I I
R R
I I

+
= + + [57]
Ai fini del calcolo della radiazione totale nelle applicazioni pratiche (collettori solari, edifici
solarizzati, edifici bioclimatici) occorre calcolare la radiazione solare media giornaliera mensile34 H
T
.
Pertanto possiamo parafrasare quanto detto sopra per il calcolo di I
T
sommando i contributi
della radiazione diretta e di quella diffusa dal cielo e dal terreno. Le equazioni divengono le seguenti:
1 cos 1 cos
1
2 2
d
T b d t
H
H H R H H
H

+ | |
= + +
|
\
[58]
e per il rapporto R medio la relazione:
1 cos 1 cos
1
2 2
T d d
b t
H H H
R R
H H H

+ | |
= = + +
|
\
[59]
Il rapporto fra la radiazione media diretta sulla superficie inclinata e quella su superficie
orizzontale indicato con
bT
b
H
H b
R = ed funzione della trasparenza atmosferica. Liu e Jordan
propongono di calcolare questo rapporto supponendo che latmosfera sia assente e pertanto, per una
superficie nellemisfero boreale e rivolta verso lequatore, cio con =0 si ha, vedi la (53):
( ) ( )
'
cos cos sin sin sin
180
cos cos sin sin sin
180
s
b
s s
R


+
=
+
[53]
ove langolo solare per lalba e il tramonto calcolato nel giorno medio del mese e dato dalla
relazione:
( )
( )
1
1
cos tan tan
min
cos tan( tan
s


=




[60]
Ove con min si intende il minore dei due valori in parentesi quadra.

34 E la radiazione media giornaliera calcolata nel mese di riferimento.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3.2.3 LA TRASMITTANZA O TRASPARENZA ATMOSFERICA
Il rapporto H H
d
/ pu essere calcolato nota che sia la trasparenza atmosferica data da
T
o
H
K
H
= . La
trasparenza dipende dal sito, dalla torbidit atmosferica (presenza di industrie, smog, ), presenza di
vapore (per nebbia, per presenza di laghi o del mare) e pertanto non si pu fornire una correlazione
universale per il suo calcolo. Hottel (1976) ha presentato un metodo semplificato per il calcolo della
radiazione solare diretta trasmessa attraverso unatmosfera chiara e che prende in esame langolo
zenitale, laltitudine e tipologie climatiche. La trasmittanza solare diretta atmosferica definita dalla
relazione:
cos
1
z
k
d
b o
o
H
a a e
H


= = +
ove le costanti a
o
, a
1
, k per atmosfera standard (con 23 km di visibilit) sono determinate dalla
costanti (valide per altitudini inferiori a 2500 m s.l.m.):
* 2
* 2
1
* 2
0.4237 0.00821(1 )
0.5055 0.00595(6.5 )
0.2711 0.01858(2.5 )
o
a A
a A
k A
=
= +
= +

con A altitudine (in km) dellosservatore.
Partendo dai valori delle costanti asteriscate si applicano opportuni fattori correttivi per tenere
conto delle tipologie climatiche dati in tabella:
Tipo di Clima
*
o
o
o
a
r
a
=
1
* 1
1
a
r
a
= * k
k
r
k
=
Tropicale 0.95 0.98 1.02
Estivo di mezza latitudine 0.97 0.99 1.02
Estivo subartico 0.99 0.99 1.01
Invernale di mezza latitudine 1.03 1.01 1.00
Pertanto, la radiazione diretta per cielo pulito data dalla relazione:
cos
cd o d z
I I =
con I
o
dato dalle [44] e [45]. Analoghe relazioni valgono per gli irraggiamenti orari o giornalieri o
medi mensili. Liu e Jordan hanno presentato una teoria secondo la quale la trasparenza oraria
T
o
I
k
I
= o giornaliera
T
o
H
K
H
= dellatmosfera presenta andamenti statistici simili per luoghi aventi
la stessa trasparenza media mensile
T
o
H
K
H
= . Questa teoria stata recentemente criticata per alcune
incongruenze che si vengono ad avere nelle zone a clima tropicale. Pur tuttavia la teoria di Liu e Jordan
trova tuttoggi ampia diffusione e Bendt (1981) ha proposto una correlazione che risponde bene per
valori delle frequenze distributive
35
inferiori a f=0.9. Per valori superiori si ha una sovrastima dellindice
di trasparenza. Le equazioni di Bendt sono le seguenti:
,
,
,max
( )
K
T mim
T
K
T mim
T
K
T
K
e e
f K
e e


ove il parametro determinato dalla seguente equazione:

35
Per i vari siti si possono disegnare le frequenze dei giorni aventi vari valori di K
T
in funzione di K
T
. Queste
curve sono dette curve distributive e, normalmente, presentano un picco (curve modali) o due (curve bimodali). Da queste curve
distributive si possono disegnare (integrandole) le curve cumulative che rappresentano la frazione f dei giorni che sono meno
chiari di K
T
in funzione della stessa K
T
. Queste curve cumulative sono dette curve ( K
T
,f), secondo il simbolismo
proposto da Whillier.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

,min ,max
,min ,max
,min ,max
1 1
T T
T T
K K
T T
T K K
K e K e
K
e e



| | | |

| |
\ \
=


Risolvendo lequazione trascendentale per la variabile si pu calcolate la funzione cumulativa
f(K
T
). Herzog (1985) fornisce una via semplificata per calcolare mediane la semplice relazione:
1.5
,max ,min
1.184 27.182
1.498
T T
e
K K

= +


ove si posto:
,max ,min
,max
T T
T T
K K
K K


Infine Hollands e Huget (1983) propongono la seguente correlazione per il calcolo di K
T,max
:
( )
8
,max
0.6313 0.267 11.9 0.75
T T T
K K K = +
Gli andamenti delle trasparenze orarie e giornaliere sono simili, secondo Whillier, a quelle delle
trasparenze medie mensili.
Il valore istantaneo del rapporto H H
d
/ pu essere calcolato mediante molteplici relazioni
fornite da numerosi ricercatori in questi ultimi decenni. Ad esempio una buona relazione data da
Collares - Pereira e Rabl:
T
2 3 4
T
0.99 per K 0.17
1.188 2.272 9.473 21.865 14.648 per 0.17 K 0.75
0.54 0.632 per 0.75 0.80
0.2 per 0.80
T T T
T d
T T
T
K K K K H
H K K
K

+ +

=

+

>


Qualora si desideri introdurre una dipendenza stagionale (tramite langolo orario
s
per lalba o
per il tramonto) occorre usare le seguenti correlazioni:
Per
s
< 81.4
2 3 4
1.0 0.2727 2.4495 11.9514 9.3879 per 0.715
0.143 per 0.715
T T T
T T d
T
K K K K K H
H K
+ + <
=


Per
s
> 81.4
2 3
1.0 0.2832 2.5557 0.8448 per 0.715
0.175 per 0.715
T T
T T d
T
K K K K H
H K
+ <
=


Per stimare la radiazione oraria su una superficie orizzontale usando i valori medi mensili
occorre utilizzare opportune correlazioni statistiche mediate su numerose osservazioni. Queste
presentano il rapporto
t
I
r
H
= fra la radiazione oraria totale e quella giornaliera totale in funzione della
lunghezza del giorno e dellora in esame. Una correlazione molto buona, data da Collares - Pereira Rabl,
la seguente:
( )
cos cos
cos
24
sin cos
180
s
t
s
s s
I
r a b
H

= = +


ove i coefficienti a e b sono dati dalle relazioni:
( )
( )
0.409 0.5016sin 60
0.6609 0.4767sin 60
s
s
a
b

= +
=

Naturalmente in queste equazioni langolo orario in gradi per il tempo in esame (ad esempio
il punto centrale dellora per la quale si effettua il calcolo) ed
s
langolo orario dellalba.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Per gli andamenti orari si pu utilizzare la correlazione proposta da Orgill e Hollands:
T
T
T
1.0 0.249 per k 0
1.557 1.884 per 0.35<k 0.75
0.177 per k 0.75
T
d
T
k
I
k
I
<

= <

>


Molto utilizzata anche la correlazione di Erbs seguente:
2 3 4
1.0 0.09 per 0.22
0.9511 0.1604 4.388 16.638 12.336 per 0.22< 0.8
0.165
T T
d
T T T
T T
k k
I
k k k k k
I

= + +
per 0.8
T
k

>


In genere per valori di k
T
>0.8 si hanno pochissimi dati e questi mostrano un incremento della
frazione diffusa rispetto a quella diretta.
3.2.4 FENOMENI CHE MODIFICANO LA TRASPARENZA ATMOSFERICA
La radiazione solare extraterrestre come sopra calcolata non tutta disponibile sulla superficie
terrestre poich latmosfera modifica, spesso anche fortemente, la radiazione solare attenuandola per
effetto degli assorbimenti dei gas che la compongono, vedi figura 58. Viene indicata massa daria il
rapporto fra la massa dellatmosfera attraversata dalle radiazioni solari e la massa corrispondente alla
posizione dello zenith del sole (cio perpendicolare, ove possibile). A livello del mare m=1 quando il
sole allo zenith ed m=2 per un angolo di 60. Per un angolo zenitale variabile fra 0 e 70 si ha, con
buona approssimazione, la relazione:
1
cos
z
m

=
Latmosfera modifica la radiazione solare mediante due meccanismi.
Scattering (Diffusione) atmosferico
Quando la radiazione solare attraversa latmosfera interagisce con le molecole dellaria
(principalmente del vapore dacqua e gocce varie) e con la polvere determinando il fenomeno dello
scattering cio della diffusione dei raggi solari. Questo fenomeno dipende dal numero di particelle con le
quali la radiazione viene a contatto e le dimensioni di queste particelle rispetto alla lunghezza donda
delle stesse radiazioni. La lunghezza del cammino della radiazione attraverso le molecole dellaria
descritto dalla massa daria mentre le particelle di aria e di polvere dipendono anche dalle condizioni
locali e temporali dellatmosfera. Il risultato dello scattering la perdita di coerenza direzionale dei raggi
solari che, invece, provengono da tutte le direzioni dello spazio.
Assorbimento atmosferico
La radiazione solare subisce diversi fenomeni di assorbimento nellattraversare latmosfera (vedi
figura seguente) a causa delle interazioni con i gas presenti. Lassorbimento dovuto in modo
preponderante allozono nel campo dellultravioletto (<0,38 m) e al vapore dacqua e il biossido di
carbonio nellinfrarosso (>0,78 m). In particolare lozono assorbe quasi del tutto la radiazione per
<0,29 m
Influenza della massa daria
Gli effetti della massa daria sono illustrati dalla figura 59. Al crescere della massa daria da 0
(radiazione extraterrestre) fino al valore 5 (atmosfera con bassa turbidit) si ha una progressiva
attenuazione della radiazione al suolo. Si osservi anche il progressivo spostamento verso lunghezze
donda maggiore, ci che provoca il caratteristico colore rossastro allalba e al tramonto.
3.2.5 RADIAZIONE EMESSA DALLA TERRA
Uno dei fattori importanti nel bilancio della radiazione terrestre il termine relativo alla
radiazione emessa dalla superficie terrestre e da alcuni costituenti atmosferici. Tale radiazione pu
ancora essere valutata secondo la relazione:
4
E T =
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

con e T rispettivamente lemissivit (con valori molto prossimi ad 1, ad esempio lacqua ha
=0.97) e la temperatura della superficie terrestre (comprese fra 250 320 K). La radiazione terrestre
concentrata nellintervallo di lunghezze donda 4 40 m con un valore massimo interno ai 10 m.
Lemissione atmosferica dovuta essenzialmente alle molecole di CO
2
e H
2
O con range di
emissione variabili fra 5 8 m e oltre i 13 m.
Nellintervallo 8 12 m si ha una regione di trasparenza detta finestra atmosferica. Il calcolo
dellemissione atmosferica pu essere fatto supponendo che la terra veda la volta celeste avente una
temperatura equivalente T
vc
variabile fra 230285K. In pratica si pu scrivere la relazione:
4
atm vc
E T =
Secondo questo modello si pu dire che lo scambio radiativo netto, in assenza di radiazione
solare tra la superficie terrestre e latmosfera, rappresentato dalle curve di figura 60 ove si sono
rappresentate due curva: la curva b) relativa ad un corpo nero alla stessa temperatura dellatmosfera
mentre la curva a) e la curva di emissione atmosferica nella quale risulta evidente la finestra radiativa.

Figura 58: Radiazione solare fuori dellatmosfera e al suolo.

Figura 59: Effetti della massa daria sulla radiazione al suolo
Larea tratteggiata (differenza fra le due emissioni radiative) rappresenta la potenza radiativa
scambiata fra la superficie terrestre e la volta celeste.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 60: Emissione terrestre - atmosferica (curva a) e del corpo nero (curva b)
Unapplicazione interessante della finestra radiativa si ha con il raffreddamento naturale (anche al di
sotto di 0C) che si pu ottenere ricoprendo le superfici con pellicole selettive (della famiglia dei Mylar)
che emettano in corrispondenza della finestra.
3.2.6 LA TEMPERATURA ARIA-SOLE
Uno dei concetti pi importanti per lo studio della Climatologia delledificio quella della
Temperatura Aria-sole cio di una temperatura fittizia che tiene conto contemporaneamente sia degli
scambi termici (conduttivi e convettivi) con laria esterna che dellirraggiamento solare ricevuto.
E sensazione comune avere la sensazione che la temperatura esterna sia pi elevata nelle zone
soleggiate rispetto a quelle in ombra. La valutazione della temperatura aria-sole fornisce indicazioni utili
alla comprensione di questo fenomeno. Si supponga di avere la parete esterna di figura 61 soggetta ai
flussi termici indicati e allirraggiamento solare I. Il bilancio energetico complessivo sulla parete,
tenendo conto dei flussi di calore per convezione e per radiazione, dato dalla relazione:
( ) ( )
( ) ( ) ( )
re s c ce s e re e re e
ce re e s re c e
oe
h
q a I T T T T T T
aI T T T T


= + =
= + +

[61]
q
I
q
ce
q
re
Ci elo
c

Figura 61: Scambi termici di una parete esterna soleggiata.
Si definisca ora la Temperatura aria-sole quella temperatura fittizia dellaria esterna che produrrebbe,
attraverso una parete in ombra , lo stesso flusso termico che si ha nelle condizioni reali, ossia sotto lazione simultanea
della temperatura esterna e della radiazione solare.
Per trovare T
as
basta allora imporre che il flusso reale q sia uguale al flusso termico che si
avrebbe per una parete in ombra a contatto con lambiente esterno a temperatura T
as
:
* ( )
oe as se
q h T T =
Ossia :
( ) ( ) ( )
oe e s r c e oe as e
aI h T T T T h T T + =
da cui :
( )
r
as e c e
oe oe
a I
T T T T
h h

= + + [62]
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Nei calcoli tecnici lecito adottare lespressione approssimata :
as e
oe
a I
T T
h
= + [63]
Pertanto la temperatura aria-sole dipende dal fattore di assorbimento die materiali, dalle capacit di
scambio convettivo e dallirraggiamento solare. Nelle figure 62 e 63 seguenti si ha modo di osservare
come T
as
vari al variare di questi parametri. Si osservi, in figura 63, come la temperatura aria-sole sia
legata allesposizione della parete e quindi al suo irraggiamento solare.
In particolare, osservando i fattori di assorbimento per lunghezze donda corte (
c
) nella tabella
di figura 62, si intuisce il perch, nellArchitettura Mediterranea le pareti esterne degli edifici siano
bianche. Si pu ben dire che lArchitettura Mediterranea sia caratterizzata dal bianco, cio che questa sia
unArchitettura solare.

Figura 62: Andamento della temperatura aria-sole per a=0.2 e a=0.9 per un dato irraggiamento.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Fig. 63: Temperatura aria-sole per a=0.2 e a=0.9 ed esposizione Sud, Est ed Ovest.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3.2.7 LE CARTE SOLARI DIAGRAMMA ELIODIADROMICO
Utilizzando le relazioni geometriche viste nei paragrafi 3.2 e 3.3 si possono costruire dei
diagrammi polari (dette carte dei percorsi solari) nei quali si possono leggere lazimut del sole alle diverse
ore del giorno e per ciascun mese dellanno. Questi diagrammi sono spesso utilizzati per lo studio delle
ombre e dei soleggiamenti superfici verticali ed orizzontali. In pratica si riporta nei diagrammi polari
laltezza solare e lazimut per alcuni giorni del mese e per data latitudine dati dalle seguenti relazioni:
sin sin sin cos cos cos
cos sin
sin
cosh
h

= +
=

ove h laltezza solare
36
( anche h=90- , cio il complementare dellangolo formato dai
raggi solari diretti con la normale alla superficie), langolo azimutale, langolo solare, la latitudine
del luogo e la declinazione solare, secondo il simbolismo gi indicato nei paragrafi 3.1 e 3.2. In figura
64 sono riportate tre orbite tracciate dal sole sulla sfera celeste con riferimento ad un osservatore posto
alla latitudine in corrispondenza ai solstizi
37
destate (ove si ha =+23.5 ) e dinverno (ove si ha =
-23.5 ) e agli equinozi di primavera ed autunno (=0 ).

Figura 64: Percorso apparente del sole per alcuni giorni dellanno
Per una determinata ora solare media si pu individuare la posizione solare sulla sfera celeste
mediante langolo orario e la declinazione , naturalmente per data latitudine dellosservatore. In
figura 52 si ha la rappresentazione
38
di e h per la latitudine di 38 6 44 corrispondente alla citt di
Palermo
39
per valori della declinazione solare pari a 23.5, 20, 15, 10, 0 per il solo arco
diurno (-90 90) con angoli solari variabili a passi di 15 (cio di unora).

36
Per Altezza Solare si intende langolo che la visuale collimata al sole forma con il piano orizzontasse. Esso ha
valori massimi allorquando il sole passa sul meridiano e valori nulli allalba e al tramonto.
37
Si ricorda, dalla Geografia Astronomica, che nel solstizio del 21 giugno il giorno raggiunge la sua massima durata,
nel solstizio dinverno, 22 dicembre, si ha la minima durata mentre agli equinozi, 23 settembre e 21 marzo, si ha che il d
eguaglia la notte.
38
Nella figura si ha una rappresentazione gnomonica, cio si ha la proiezione su un piano tangente la sfera terrestre al
polo da un punto collocato al centro della sfera. In questo modo i meridiani sono rappresentati da rette ed i paralleli da
circonferenze di raggio crescente fino al valore infinito in corrispondenza al circolo massimo. Si hanno, tuttavia, diversi
modi di rappresentare i diagrammi eliodiadromici, ad esempio utilizzando diagrammi polari o anche riferendoli a semplici
coordinate piane. E bene tenere presente che le grandezze rappresentate sono sempre laltezza solare e langolo azimutale.
39
In buona parte dei calcoli che riguardano lapplicazione della Climatologia allArchitettura si pu accettare questo
valore come medio per la Sicilia.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Nella rappresentazione di figura le orbite solari sono rappresentate da curve di raggio crescente
al crescere di e di segno discorde per valori positivi o negativi dello stesso angolo di declinazione
solare. Per =0 si ha una curva degenere in una retta. Infine sempre nella stessa figura gnomonica si ha
la rappresentazione delle curve orarie per cui la posizione del sole data da un punto della stessa curva
oraria per il giorno di riferimento. Ad esempio la posizione solare alle ore 17 del 22 giugno
rappresentata dal punto K della stessa figura per il quale si leggono anche h=26 e =100.

Figura 65 : Diagramma eliodiadromico per latitudine di 38
La figura 65 detta diagramma eliodiadromico dal greco =sole e da
=traiettoria. Inoltre si deve sempre tener presente che gli angoli sopra citati si riferiscono
sempre alle condizioni locali vere del sito e non a quelle medie civili. Ad esempio il meridiano
corrispondente al fuso orario italiano passa per il monte Etna e risulta in ritardo di 6'30"rispetto al
tempo medio civile.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3.2.8 UTILIZZO DEI DIAGRAMMI ELIODIADROMICI
Determinazione delle ore di soleggiamento di una parete.
Il diagramma eliodiadromico pu essere utilizzato per determinare facilmente le ore di
soleggiamento di una facciata, comunque orientata, in un qualunque giorno dellanno. E sufficiente, in
questo caso, segnare sul diagramma eliodiadromico la traccia della facciata e leggere, per il giorno
desiderato, le ore segnate nella met del diagramma delimitata dalla traccia stessa e lesposizione
considerata.
Ad esempio per il giorno 3 aprile, una facciata esposta a Sud-Ovest ed avente traccia azimutale
coincidente con lasse 150-330 (vedi figura 50.c) ha un periodo di soleggiamento che va dalle ore
11,00 al tramonto. Questo genere di calcoli risulta comodo per la corretta orientazione degli edifici o
degli assi viari in urbanistica.

Figura 66: Determinazione delle ore di soleggiamento su una parete comunque orientata.
In figura 66 si ha ancora un esempio di determinazione del periodo di soleggiamento: si
sovrappone il centro del diagramma eliodiadromico ad un punto qualsiasi (in figura segnato con A)
della traccia della facciata scelta e si orienta il diagramma con il suo Nord nella direzione del Nord della
planimetria alla quale appartiene la facciata da esaminare. I rami della curva che rimangono esterni alla
facciata individuano i periodi di soleggiamento nei giorni segnati sul diagramma eliodiadromico.
Ad esempio, per il giorno 22 giugno il sole irradia la facciata segnata in figura dalle ore 5 circa
alle ore 10.30 e nel giorno 22 dicembre la facciata resta sempre in ombra.
Il diagramma solare comodo anche per determinare la direzione dei raggi solari proiettata sul
piano orizzontale: basta congiungere il centro dei diagrammi (punto A della figura) con il punto
rappresentativo del giorno e dellora considerati. Ad esempio alle ore 8 del giorno 28 agosto la direzione
dei raggi solari rappresentata dalla retta AA.
Analogo procedimento si pu seguire per la determinazione della direzione solare proiettata su
un piano verticale: in questo caso si sovrappone sulla sezione della facciata il diagramma eliodiadromico
facendo coincidere le altezze solari , come indicato in figura 67: in essa riportato lesempio delle ore
14 del giorno 22 giugno corrispondente ad un angolo di incidenza delle radiazioni solari su un piano
verticale pari a 60 e la direzione di incidenza data dalla congiungente BB.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 67 Determinazione della direzione solare proiettata su un piano orizzontale
Tracciamento delle ombre portate
Con procedimento geometrico del tutto simile a quello sopra indicato per la determinazione
delle direzioni dei raggi solari proiettate su piani orizzontali e verticali si possono determinare le tralice
delle ombre di un qualunque ostacolo proietta sulla facciata, sia in planimetria che in sezione.
Nelle figure 68 e 69 sono rappresentati due esempi: il primo determina lombra proiettata dal
balcone sul piano orizzontale e la seconda sul piano verticale. Linterpretazione delle figure immediata
ricordando che sul piano orizzontale occorre considerare, per la direzione delle ombre, la direzione
complementare a quella dei raggi solari.



CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 68: Determinazione della direzione dei raggi solari proiettata su un piano verticale
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 69: Determinazione della traccia dellombra proiettata dal balcone sul piano orizzontale
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 70: Determinazione della traccia dellombra proiettata dal balcone sul piano verticale.
Calcolo del la radiazione globale sulle facciate
I diagrammi eliodiadromici possono essere completati anche da altre curve che consentono di
calcolare la radiazione media sulle facciate. Ci risulta utile per progettare ripari o protezioni delle
facciate per le ore pi soleggiate.
Nelle figure 71 e 72 sono date le curve delle radiazioni incidenti, espresse in kcal/m
40
.

40
Basta moltiplicare per 4.186 per avere il valore della radiazione in kJ/m.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 71: Radiazione solare in dicembre gennaio febbraio in kcal/m

Figura 72: Radiazione solare in primavera-autunno: Marzo aprile maggio settembre ottobre- novembre
Nella figura 73 viene riportato un esempio di applicazione per il calcolo della radiazione per le
ore 15 del 22 giugno.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 73: Determinazione dellenergia solare incidente su una facciata esposta a NW, azimut 315
La procedura da seguire la seguente:
si sovrappone il diagramma dei percorsi solari al grafico delle curve di eguale radiazione solare per
la stagione desiderata;
si fa coincidere lasse del grafico eliodiadromico con lorientazione della facciata, in questo caso
supposta a 315;
in corrispondenza del mese e dellora considerati si legge lenergia solare incidente: nel caso
dellesempio considerato si hanno 300 kcal/m pari a 1256 kJ/m.
Un esempio di utilizzo di queste curve potrebbe essere quello di determinare larea di superficie
vetrata capace di garantire un flusso solare massimo o minimo (a seconda delle applicazioni desiderate).
Oppure si possono usare i diagrammi eliodiadromici per dimensionare i balconi in modo da
garantire una certa ombra sulla facciata.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

4. IL CLIMA E LA PROGETTAZIONE
Si pi volte detto che il clima condiziona levoluzione termica di un edificio e pertanto
necessario conoscerne le caratteristiche che lo determinano. Una classificazione gi indicata nel
paragrafo Regioni Climatiche la seguente:
Caldo umido: caratterizzate da surriscaldamenti dellatmosfera con temperatura media
superiore a 20C e con umidit relativa
41
intorno all80%.
Caldo secco: caratterizzate da surriscaldamenti dellatmosfera con temperatura media
superiore a 25C e con umidit relativa bassa.
Clima temperato: caratterizzato da dispersioni termiche notevoli in inverno e insufficienti
in estate e con temperatura media variabile con la stagione fra 1525 C e con umidit che
raramente raggiungono il valore medio dell80%.
Clima freddo: caratterizzato da temperature che variano in inverno fra 15 (-40) C e
con umidit relativa invernale solitamente elevata.
In figura 74 si ha una classificazione del clima a scala terrestre con le indicazioni delle quattro
zone climatiche sopra indicate.

Figura 74: Classificazione delle zone climatiche sulla Terra.
Nel caso del clima per lEuropa si ha una classificazione pi fine: clima alpino, clima oceanico, clima
mediterraneo, clima continentale, clima umido, clima freddo, come rappresentato in figura 75. Si osserviamo le
linee a temperatura media di 0C separa in inverno le regioni carpatico danubiane - balcaniche
dallEuropa occidentale che risulta influenzata dalla presenza dellOceano Atlantico.
In estate la linea di temperatura a 20C in estate separa le zone sub-alpine (prevalentemente
mediterranee) dalle zone nordeuropee con clima ad inverno rigido .

41 LUmidit relativa, indicata con , il rapporto fra la pressione del vapore dacqua nelle condizioni attuali rispetto
alla pressione massima di saturazione cio alla pressione di passaggio di stato (condensazione) alla temperatura dellaria. Se
=1 =1 =1 =1 allora il vapore dacqua contenuto nellaria anche nella quantit massima possibile per la temperatura e pressione data.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 75: Regioni climatiche europee.
Per lItalia in particolare si ha la situazione riportata nella figura 76.

Figura 76: Localit per le quali si hanno stazioni climatiche in Italia.
4 . 1 I L CLI MA RI SPETTO ALLE S CALE GEOGRAFI CHE
Una ulteriore classificazione viene effettuata sul clima in funzione dellestensione del territorio
al quale riferito. In particolare si ha la situazione espressa nella seguente tabella.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Clima Distribuzione
orizzontale (m)
Distribuzione
verticale
Esempio Scala temporale
meteorologica (s)
Microclima 10
-2
10 10
-2
10
1
Serra 10
-1
10
1

Clima locale 10
2
10
4
10
-1
10 Fascia di inversione
termica
10
4
10
5

Mesoclima 10
3
2x10
5
10
0
6x10
3
Clima di bacino 10
4
10
5

Macroclima 2x10
5
5x10
7
10
0
10
5
Regione dei monsoni 10
5
10
6

La climatologia dellambiente costruito si occupa, in base a questa classificazione, del
microclima allinterno degli ambienti. Nel caso di studi approfonditi del microclima esterno (a scala di
100 m) questo risulta condizionato dalla morfologia del terreno, dalla sua composizione geologica,
dallesposizione ai raggi solari e al vento, dallandamento delle ombre portate, dalla presenza di specchi
dacqua e/o di macchie di vegetazione. Ancora pi in particolare il microclima esterno coinvolge gli
strati daria vicini al suolo e quindi la distribuzione verticale di temperatura, umidit e pressione assume
primaria importanza rispetto a quella orizzontale che , invece, oggetto del clima locale. La
progettazione architettonica, per quanto riguarda la climatologia e quindi le condizioni di benessere e di
consumi energetici, interessata dalle scale climatiche del microclima e del clima locale.
E compito del progettista definire il microclima esterno prima di effettuare la progettazione di
un edificio in modo da conoscere con esattezza tutti i fattori climatici che lo definiscono. E opportuno
osservare, inoltre, che il microclima esterno pu in qualche modo essere cambiato o condizionato
dalluomo mentre nessuna alterazione pu essere fatta a scala geografica maggiore. Si ricordi, ad
esempio, la modificazione del microclima effettuata in Patagonia (Argentina del sud) per consentire la
vita degli abitanti plagiati da condizioni locali particolarmente ventose: mediante impiantazioni di alberi
dalto fusto delimitanti zone esterne di qualche decina di metri di lato si fatto in modo che le
abitazioni costruite allinterno delle aree interne fossero protette dalla strato limite e quindi meno
soggette al vento.
4 . 2 FATTORI CLI MATI CI
Sono definiti fattori climatici quei fenomeni naturali quale il soleggiamento, la nuvolosit, il vento,
le precipitazioni o la radiazione solare che determinano le caratteristiche climatiche di una data localit.
4.2.1 RADIAZIONE SOLARE
Si gi parlato della radiazione solare in generale nei capitoli precedenti e ad essi si rimanda per
una trattazione pi approfondita. Qui si vuole considerare la radiazione solare per lItalia cos come
rilevata di recente dallENEA nel 1995 mediante tecniche avanzate che fanno uso di riprese da satellite.
In particolare sono state utilizzate le riprese del satellite Meteosat ricevute dal centro europeo di
Darmstadt.
Le immagini sono poi convertite in mappe digitalizzate nelle quali lirraggiamento solare dato
in forma grafica a colori, come indicato nelle figure seguenti. Nella tabella seguente si hanno gli
irraggiamenti solari mensili nei comuni della provincia di Siracusa ed analoghe tabelle si hanno per tutti
i comuni dItalia.
Nelle figure da 77a 77n si hanno le mappe di irraggiamento medio mensile per i mesi da gennaio
e febbraio in Italia su superfici orizzontali, espresse in MJ/m/giorno.
Questi dati possono essere utilizzati per i calcoli dellirraggiamento solare per superfici
comunque inclinate ed orientate, come indicato in precedenza.
Dati ancora maggiori si possono desumere dai due manuali della Comunit Scientifica Europea:
Atlante Europeo della Radiazione Solare.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Tabella per lirraggiamento solare nei comuni della provincia di Siracusa.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 77a: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a gennaio

Figura 77b: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a febbraio
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 77c: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a marzo

Figura 77d: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) ad aprile
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 77e: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a maggio

Figura 77f: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a giugno
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 77g: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a luglio

Figura 77h: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) ad agosto
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 77i: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a settembre

Figura 77l: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) ad ottobre
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 77m: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a novembre

Figura 77n: Irradiazione giornaliera media mensile (MJ/m/giorno) a dicembre
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

4.2.2 ANALISI STATISTICA DELLA RADIAZIONE SOLARE
Si vuole qui fornire un esempio di studio sulla radiazione solare effettuato presso la Facolt di
Ingegneria di Catania con dati storici forniti dallOsservatorio Astrofisico dellUniversit. I dati
sperimentali di irraggiamento solare globale su superficie orizzontale sono stati raccolti nell'anno 1967.
Essi costituiscono un complesso di oltre 18.200 elementi, sui quali stato condotto uno studio
sistematico delle principali propriet statistiche ed applicato in seguito un modello di simulazione
fondato sul metodo della matrice di Markoff atto a generare, mediante elaboratore elettronico,
sequenze temporali casuali, caratterizzate da una statistica congruente con quella dell'anno storico.
L'indagine qui presentata consiste in una classificazione condotta non direttamente sui dati
energetici di insolazione quanto sulle trasparenze del cielo, definite dal rapporto tra l'irraggiamento
storico e l'irraggiamento extra-atmosferico, e classificate in 25 classi di passo 0,04. Il motivo di questa
scelta da ricercarsi nella possibilit di un successivo confronto tra la statistica dei dati storici e quella
dei dati simulati a mezzo della matrice di Markoff, in coerenza con le metodologie seguite da altri
ricercatori Oggetto dello studio , dunque, l'analisi della curva di distribuzione della frequenza
percentuale delle trasparenze dei dati storici, ovvero della funzione di densit di probabilit. L'indagine
stata poi estesa alla distribuzione puntuale e cumulativa delle frequenze di soglia, cio alla
classificazione della probabilit del verificarsi di una data classe di irraggiamento e della corrispondente
probabilit di irraggiamenti superiori o uguali a quella stessa classe. Si , infine, ricostruito l'anno storico
nelle sue varie determinazioni temporali con passo rispettivamente giornaliero. settimanale, quindicinale
e mensile
Procedure operative
I calcoli sono stati condotti tramite elaboratore elettronico che ha tracciato anche i diagrammi
relativi. Nel calcolo dello scarto quadratico medio si utilizzata la formula riferita alla popolazione
estesa, ritenendo il complesso dei dati sufficiente per giustificarne l'uso. I dati o le sequenze di dati
mancanti sono stati sostituiti inizialmente da valori nulli e ripristinati in un secondo momento con
valori generati col metodo Montecarlo
42
onde assicurare una realistica ricostruzione della situazione
sperimentale.
I dati registrati, disponibili sotto forma di tracciati continui sulle strisce eliofanografiche, sono
stati letti senza l'ausilio di mezzi digitali e memorizzati nel calcolatore con un passo temporale di 15'.
Analisi dei risultati: Curva PDF della frequenza di insolazione
Dai risultati ottenuti e dai diagrammi riportati, la funzione densit di probabilit (ovvero la
frequenza percentuale) dei dati di insolazione mensili risulta del tipo bimodale centrata attorno ai valori
0,25 0,35 e 0,70 0.80 (fig. 78). Dal diagramma consuntivo delle frequenze annuali discende un utile
confronto con le distribuzioni ottenute in altre localit rispettivamente del centro e del nord Italia (fig.
79). Il valore medio delle frequenze oscilla attorno ai valori 0,56 0,60 leggermente pi alti di quelli
della media nazionale, come risulta particolarmente dai mesi della stagione estiva, ma non eccezionali se
confrontati con quelli di altre localit dell'isola.
Analisi delle frequenze
Con questa indagine si inteso studiare la distribuzione dei valori dell'irraggiamento
appartenenti all'intervallo 0 1000 W/m
2
, e suddiviso in passi da 50 W/m
2
, nonch la distribuzione
cumulativa di particolare interesse applicativo nel campo dei dispositivi di misura e conversione
dell'energia solare. Di ogni stagione riportato il grafico delle frequenze puntuali e cumulative (fig. 80).
immediato notare come l'area coperta dal diagramma si sposta verso le soglie pi alte al
progredire dei mesi verso le stagioni calde, mentre la curva delle distribuzioni annuali (fig. 81)
approssima ottimamente una gaussiana.

42 Il metodo Montecarlo nato durante lo sviluppo del progetto Manhattan a Chicago durante lultimo conflitto
mondiale. Esso un metodo statistico che associa alla densit di probabilit uniforme di numeri casuali le storie di vita che si
intendono simulare, determinando a posteriori le frequenze dei casi favorevoli. Questo metodo richiede notevoli risorse di
calcolo poich per fornire risultati accettabili deve elaborare migliaia di casi in modo che, per la Legge del Caso, la frequenza di
calcolo a posteriori tenda alla probabilit matematica definita, invece, a priori.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 78: Trasparenze storiche nella varie stagioni a Catania
La generazione delle sequenze simulate: Metodi di previsione stocastica delle sequenze di
insolazione. I metodi per la previsione teorica della radiazione solare globale vengono classificati come
deterministici e probabilistici. I primi sono costruiti da sequenze di valori medi desunti da analisi statistica
dellinsolazione in lunghi periodi (generalmente un ventennio).
L'anno solare cos costruito viene detto "anno di riferimento" (Reference Year) per quella localit o
territorio e determinato con diversi passi temporali (mensili, settimanali, giornalieri, orari). Per quanto,
per, di grande affidabilit e significativit dal punto di vista statistico, le sequenze di insolazione
restano definite una volta per tutte e fissate in forma rigidamente deterministica senza alcuna
informazione sulla casualit del fenomeno attinometrico che ne costituisce, invece, un aspetto
caratteristico.
Il recupero della aleatoriet del dato di insolazione viene realizzato con l'adozione di metodi
probabilistici, tipicamente il metodo Monte Carlo, previa conoscenza dei due parametri statistici
fondamentali del periodo da simulare: la media m e lo scarto quadratico medio s utilizzati nella relazione
I= m + x s, dove x una variabile casuale normale compresa, di solito, nell'intervallo - 0,2 + 0,2.
Le sequenze cos generate riproducono le fluttuazioni statistiche che si potrebbero osservare
sperimentalmente, potendosi con uguale probabilit verificare periodi di alto come di basso
soleggiamento.
Il limite tuttavia insito in questo metodo risiede nella mancanza di correlazione tra un dato ed i
precedenti, quando l'osservazione sperimentale dichiara invece la forte dipendenza delle condizioni del
cielo, in un certo istante, dalle vicende meteorologiche precedenti.
Per superare questo limite e per esprimere il grado di correlazione tra dati successivi di
insolazione stato studiato il modello ARMA (m, n) (Auto Regressive Moving Average) che consente di
predire la trasparenza del cielo in un istante t tramite una combinazione lineare di m precedenti valori di
T e degli n precedenti valori della variabile random V, secondo una relazione del tipo:
1 1
n m
i i t i j t j t
i j
T a T b V V

= =
= + +


dove a
i
e b
j
sono costanti definite in funzione del coefficiente di correlazione, mentre il numero
dei termini m ed n viene scelto in base ad altre grandezze statistiche.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 79: Trasparenze in varie localit

Figura 80: Analisi delle frequenze di soglia nelle varie stagioni a Catania
Il metodo, ottimo per la previsione di distribuzioni normali, non ha, tuttavia, dato risultati
soddisfacenti in quanto quella delle trasparenze sperimentali non una distribuzione normale
43
ma, come
gi visto, bimodale.

43 Una distribuzione dicesi normale quando segue la distribuzione gaussiana e quindi con un solo massimo (modo).
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 81: Frequenze di soglia storiche a Catania

Figura 82: Frequenze di soglia simulate a Catania
stato quindi elaborato il metodo della matrice autoregressiva o matrice di Markoff col quale ci
si limita a correlare un dato con quello immediatamente precedente, mediante un procedimento che fa
dipendere la variabile random V
t
dalla trasparenza T
t-1
. Il risultato la costruzione di una matrice
quadrata sulla base dei dati sperimentali di insolazione e tale che i suoi elementi p
ij
esprimono la
probabilit di transizione della trasparenza del cielo dallo stato i allo stato j. Si infine tentato di
generalizzare questo modello in modo da includere, nella determinazione della trasparenza del cielo in
un certo istante, n stati precedenti: il risultato stato il metodo TTT (Transmittance, Transition, Tensor) che
definisce una matrice tridimensionale il cui tensore p
ijk
esprime la probabilit che ha il cielo di passare
allo stato k, essendo al presente allo stato j e, nell'istante precedente, allo stato i. stato dimostrato che
una tale generalizzazione non apporta essenziali miglioramenti al modello di Markoff, che resta
pertanto il pi semplice e rappresentativo modello di previsione stocastica applicato alle condizioni
attinometriche.
La statistica insita nella matrice di Markoff consente, pertanto, di generare un numero
qualsivoglia di anni casuali e di riprodurre ancora il grado di correlazione tra diverse sequenze di
insolazione. Di particolare rilievo risulta poi questa propriet, essendo fondamentale la conoscenza del
succedersi delle sequenze di basso ed alto soleggiamento, per esempio nelle applicazioni connesse con
l'accumulo dell'energia solare a breve e medio termine ed in generale con tutti i processi caratterizzati da
un funzionamento a soglia. Descriviamo qui il metodo seguito per la compilazione della matrice di
Markoff, sulla base dei dati raccolti di soleggiamento nel territorio di Catania, per la generazione di un
anno medio (risultato dalla media statistica di 10 anni di simulazioni) nonch lo studio delle principali
propriet statistiche quali la funzione densit di probabilit, frequenza cumulativa, valori medi e
deviazioni standard della trasparenza del cielo dell'anno cos ricostruito.
Descrizione dell'algoritmo per la generazione della matrice di Markoff
L'algoritmo utilizzato, di tipo iterativo, consente di generare una matrice quadrata che
precedenti studi hanno dimostrato opportuno definire di dimensioni 25 x 25 e che consiste nel
sommare una unit a quell'elemento di matrice a
i
j i cui pedici sono dati dalla classe di appartenenza di
due trasparenze successive; ad ogni ciclo l'indice riga posto uguale all'indice colonna precedente e tale
procedura ripetuta fino all'esaurimento dei valori disponibili.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 83: Analisi dei dati simulati - Frequenze di soglia nelle varie stagioni a Catania.
La matrice cos ottenuta viene normalizzata e sottoposta alla verifica di ergodicit (o
convergenza), che consiste nel verificare se, moltiplicando n volte la matrice per s stessa, risulta:
1 m m
ij ij
a a

<
per qualunque coppia (i,j) e per comunque piccolo. Dopo tale verifica la matrice (normalizzata)
definita "Matrice di Transizione Autoregressiva" e pu essere utilizzata per la generazione delle sequenze
casuali. L'algoritmo utilizzato a questo scopo prevede l'estrazione di un numero random, che,
moltiplicato per il passo di classificazione delle trasparenze, viene assunto come indice riga.
La trasparenza simulata viene assunta come l'indice colonna di quell'elemento della riga, prima
individuata, tale che la somma degli elementi precedenti risulti non minore di un secondo numero
random estratto. Ad ogni ciclo successivo verr poi posto l'indice riga eguale all'indice colonna. La serie
delle trasparenze simulate viene cos a costituire una banca dati, i cui elementi, moltiplicati per
l'irraggiamento extra-atmosferico, riproducono l'anno casuale, la cui statistica simula con ottima
approssimazione l'anno storico originario.
L'analisi statistica dell'anno casuale
Sull'anno casuale generato automaticamente sono state condotte le stesse indagini statistiche
eseguite sui dati storici. Sono state in particolare studiate le curve di distribuzione delle trasparenze,
classificate in 25 categorie di passo 0,04, e mostrate per tutte le stagioni dell'anno nelle figure 79, 80 e
81, nonch la curva di distribuzione complessiva dell'intero anno (fig. 82). Quest'ultima mostra un
andamento quasi costante attorno ai valori medi e con larghi massimi attorno ai valori 0,25 0,35 e
0,70,80 che ne rappresentano i picchi modali.
La differenza tra l'andamento medio annuale dei dati storici e quello delle sequenze simulate
dovuta essenzialmente al fatto che trattasi di due situazioni non del tutto congruenti, risultando la prima
dalla media di 10 anni e la seconda da un solo anno e particolarmente soleggiato. Daltra parte analoghe
differenze sono visibili anche dal confronto di anni storici e simulati presso altre localit da altri
ricercatori, come risulta dalla figure 79 e 84.
Considerazioni sui metodi statistici per lanalisi della radiazione.
Le considerazioni sopra esposte consentono di rimarcare una caratteristica importante della
generazione markoffiana: anche se la statistica fondamentale si riferisce all'anno storico di base, gli anni
simulati hanno variabilit statistica tale da avere, ad esempio, anni con insolazione particolarmente
elevata o particolarmente bassa. Si ritiene, pertanto, che il metodo di simulazione fondato stilla tecnica
delle catene di Markoff sembra essere oggi tra i pi semplici ed affidabili strumenti di previsione
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

applicati ai fenomeni atmosferici ed in particolare alla simulazione dell'irraggiamento solare. come
d'altra parte dimostra la vasta letteratura oggi disponibile.

Figura 84: Funzioni di densit di probabilit della trasmittanza
L'analisi qui condotta dimostra una larga congruenza tra la statistica dei dati simulati con quelli
storici, tanto pi se si osserva che i picchi e le singolarit dell'anno storico vengono attenuati verso i
valori medi, consentendo cos una rappresentazione pi aderente alla situazione reale mediata su lungo
periodo. Un vantaggio sostanziale del metodo della matrice di Markoff consiste infine nella possibilit
di simulare un numero qualsivoglia di anni casuali, con variabilit statistica tale da avere per esempio
periodi (o anni stessi) con insolazione particolarmente bassa o particolarmente elevata. Quest'ultima
considerazione risulta infine di notevole utilit per la progettazione di impianti solari, con particolare
riferimento al problema del dimensionamento degli accumulatori di calore o della sorgente integrativa
ausiliaria e comunque in tutte le applicazioni di processo caratterizzate da una soglia inferiore di
funzionamento.
4.2.3 NUVOLOSIT
La nuvolosit influisce notevolmente sul clima poich modifica il rapporto tra la radiazione
diretta e la radiazione diffusa per effetto dellassorbimento e della diffusione delle molecole dacqua
costituenti le nubi. Durante le giornate nuvolose la radiazione globale ricevuta su una superficie
comunque inclinata quasi esclusivamente diffusa e pari al 5 20 % di quella diretta. Pertanto
lirraggiamento totale si riduce notevolmente. Anche la limpidit atmosferica influisce sulle condizioni di
soleggiamento. Questa data dallassenza di polveri o altri fattori inquinanti che assorbono la
radiazione solare o che la modificano (ad esempio per scattering e per diffusione). Questo fattore
comunque legato molto alle condizioni locali, cio alla presenza di ciminiere industriali, cave, vulcani,
. Nella Sicilia, ad esempio, la presenza di polveri vulcaniche o di sabbia sahariana riduce spesso la
limpidit atmosferica e quindi lirraggiamento solare.
4.2.4 TEMPERATURA DELLARIA
La temperatura di un sito geografico dipende sia dallirraggiamento atmosferico che dalle
possibilit di scambi termici tra la terra e latmosfera. Infatti il bilancio globale di questo scambio
dipende dalla dispersivit dellatmosfera, dalle correnti daria e dalla presenza di masse termiche. E
infatti osservabile da tutti come certe zone risultino pi calde di altre, pur essendo vicini e
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

apparentemente simili; in effetti esse differiscono per il versante, per la presenza di valli o di monti, per
la geologia dei terreni, per la presenza di acqua in bacini o fiumi, .
Le stagioni meteorologiche non dipendono solamente dalla lunghezza dei giorni ma risultano
sfasate di uno-due mesi rispetto ai periodi di massima durata. Ad esempio le condizioni di maggior
caldo si hanno in Italia in agosto e non in giugno-luglio che pure hanno maggiore insolazione. Allo
stesso modo le temperature minori non si verificano in corrispondenza del solstizio di inverno (21
dicembre) a gennaio-febbraio. A scala temporale pi ridotta questo sfasamento avviene anche fra
lirraggiamento orario giornaliero e la temperatura oraria giornaliera: il massimo si ha dopo le 14 e il
minimo si ha durante la notte o poco prima dellalba.
4.2.5 MOVIMENTI DARIA
Se si osserva la distribuzione della radiazione solare netta (vedi figura 38) appare evidente che si
ha un deficit della radiazione solare nelle zone di elevata latitudine (>70) e un eccesso alle basse
latitudini (<30). Ci, tuttavia, non comporta un surriscaldamento delle zone intertropicali poich si ha
un riequilibrio termico operato dalle correnti daria (che trasportano circa i 4/5 dellenergia) e delle
correnti marine (che trasportano laltro 1/5 di energia restante). In pratica i flussi di aria e di acqua
costituisco un vero e proprio sistema di ridistribuzione dellenergia, riscaldando le zone fredde e
raffrescando quelle calde. Del resto sotto gli occhi di tutti lazione calmieratrice del clima che la
presenza del mare opera nelle zone costiere. Il clima mediterraneo si estende fin dove lazione del mare
mediterraneo si fa sentire. Gli spostamenti di masse daria avvengono per effetto di differenze di
temperatura fra zone diverse della Terra e per differenza di pressione (vedi figure 39, 40,41, 42).
Nella maggior parte dei paesi dellUnione Europea la velocit media del vento di 34 m/s nelle zone
costiere e 23 m/s nellentroterra. In Italia le direzione di provenienza del vento risultano assai variabili
e strettamente legati a fattori locali, quali lorografia del terreno e la presenza di bacini dacqua. Inoltre
laltimetria dei luoghi influenza notevolmente il regime dei venti a parit di latitudine.
4.2.6 UMIDIT DELLARIA
Questo fattore dipende dai meccanismi di evaporazione e traspirazione dovuti alla radiazione
solare e ai gradienti termici dellatmosfera. Lumidit influenza fortemente le condizioni di benessere
termico: laria fredda e umida appare molto pi fredda dellaria a bassa umidit alla stessa temperatura.
Una percentuale di umidit ritenuta accettabile (vedi nel prosieguo le condizioni di comfort
termico) deve essere compresa fra 3570 %. A causa dellassorbimento della radiazione solare da parte
del vapore acqueo (come gi detto in precedenza) le zone pi umide sono anche meno soleggiate e
quindi pi fredde. Lumidit spesso legata alle condizioni locali e quindi al microclima del sito
geografico. A parit di latitudine e radiazione solare alcune zone sono pi umide di altre e addirittura in
alcuni si ha la formazione di nebbia e in altre no. La presenza di precipitazioni e di nebbie condizionano
notevolmente la progettazione degli edifici e deve essere presa in giusta considerazione dal progettista.
4 . 3 I NFLUENZA DEL SI TO SULLA PROGETTAZI ONE
Oltre ai fattori climatici sopra descritti, il progettista deve esaminare con cura anche la topologia
dei luoghi ed effettuare unattenta analisi del sito, anche in considerazione del fatto che le condizioni
microclimatiche sono in stretta correlazione con lorografia e topografia dei luoghi e in particolare con
laltitudine, la pendenza del terreno, la sua orientazione e natura geologica nonch la sua forma.
4.3.1 EFFETTI DELLALTITUDINE
La latitudine influenza il clima esterno sia con la temperatura che con il regime dei venti. La
temperatura esterna diminuisce di 1 C ogni 180 m di dislivello in estate e 1 C ogni 220 m in inverno a
causa, principalmente, dellaumento della trasparenza atmosferica.
Lorografia del terreno influenza la situazione dei venti e quindi anche delle precipitazioni del
sito. Inoltre i profili degli strati limiti vengono modificati, come visualizzato nella figura seguente.
Lazione delle colline e dei monti quindi fondamentale per il controllo delle piogge e dellumidit del
luogo anche per effetto di decompressioni e compressioni adiabatiche delle correnti daria ascensionali
o discendenti dai fianchi delle colline e dei monti.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 85: Andamento del profilo di velocit del vento.
Nella figura 85 si ha la rappresentazione dello strato limite dinamico
44
ossia dello strato di fluido nel
quale si ha variazione di velocit (cio presenza di gradiente). Laltezza di questa zona pu variare da
qualche metro a decine e anche centinaia di metri. E per questa ragione che nelle terrazze di palazzi alti
si sente molto pi vento che nei piani bassi. Per lo stesso motivo occorre prevedere dei fattori correttivi
per adeguare il calcolo dei carichi termici dei piani alti alla situazione di maggior ventosit e quindi di
maggiori coefficienti convettivi esterni.
4.3.2 EFFETTI DI CORPI DACQUA
Le influenze che masse dacqua possono esercitare sul microclima dipendono fortemente dalle
dimensioni e dalla posizione di queste rispetto al vento. Sono pi incisive i corpi dacqua a monte del
sito dove si riscontra, in genere un clima pi mite e favorevole. La massa dacqua esercita unazione di
moderazione sulle variazioni di temperatura a causa del maggior calore specifico rispetto a quello del
terreno: ne deriva che lacqua pi calda dinverno e pi fredda destate e pertanto le zone poste nelle
vicinanze subiscono un effetto calmieratore sulle variazioni termiche locali, avendosi temperature
minime pi alte in inverno e temperature massime pi basse in estate.
Se le masse dacqua sono notevoli (mare o lago) si ha anche la formazione di brezze: durante il
giorno, quando la terra pi calda, si ha un venticello verso la riva che di notte inverte di direzione
essendo lacqua pi calda della terra.
4.3.3 EFFETTI DELLA VEGETAZIONE
La presenza della vegetazione induce, di norma, un aumento di umidit relativa ed una
diminuzione di temperatura dovuta sia alleffetto dellombreggiamento che alla evapotraspirazione delle
foglie che assorbono gran parte del calore incidente.

44
Lo strato limite dinamico rappresenta laltezza a partire dalla parete entro la quale il fluido risente della presenza
della parete e quindi la velocit varia da 0 al 99% della velocit massima non disturbata.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Questi effetti non sono da attribuire ad un singolo albero (a meno che non si viva al di sotto
delle chiome) ma ad ampie zone di verde. Leffetto sulla temperatura e sullumidit si risente in una
zona tanto pi vasta
45
quanto pi ampia la superficie arborea, anche in funzione degli ostacoli presenti
(edifici, direzione delle strade, ostacoli di vario genere). Anche la copertura del terreno influenza le
condizioni microclimatiche. Si osservato, infatti, che un terreno erboso fa diminuire la temperatura
contrariamente ad un terreno con copertura artificiale. Si tenga presente per quanto detto nel paragrafo
3.2.2, la natura del terreno influenza molto la radiazione riflessa (onde corte) da questultimo. Infatti la
radiazione su una superficie inclinata data dalla relazione:
1 cos 1 cos
2 2
T b b d d t t b b d t
I I R I R I R I R I I

+
= + + = + +
e pertanto il fattore di riflessione del terreno determina un contributo che pu essere non
trascurabile. Nella tabella seguente si riportano i fattori di riflessione per alcune tipologie di terreno.
Tipo di superficie Fattore di riflessione
Terreno nudo, asciutto 0.100.15
Terreno nudo, bagnato 0.080.10
Sabbia asciutta 0.180.30
Sabbia bagnata 0.100.19
Terra nera, asciutta 0.130.15
Terra nera, bagnata 0.060.08
Roccia 0.110.16
Erba secca 0.280.35
Campi verdi 0.040.16
Foglie verdi 0.200.34
Foresta scura 0.040.07
Deserto 0.220.30
Laterizio (in funzione del colore) 0.220.50
Asfalto 0.120.15
Aree urbane 0.080.12
Per contro le radiazioni termiche emesse dal terreno riscaldato (onde lunghe) dipendono dalle
componenti radianti del terreno e devono essere considerate nel calcolo della temperatura media
radiante e della temperatura operante (vedi capitolo sul comfort termico).
Ad esempio, con una temperatura dellaria esterna di 37 C lasfalto pu fare innalzare la
temperatura per effetto dellirraggiamento proprio di 5 C; la temperatura superficiale di questo varia
dai 47C ai 62 C (con aria esterna a 47C) e con punte massime di ben 72 C.
4.3.4 EFFETTI DELLEDIFICATO URBANO
Un agglomerato urbano influenza il microclima esterno
46
in quanto modifica tutti i fattori
microclimatici prima accennati: radiazione solare, il regime dei venti, la temperatura dellaria esterna e
lumidit relativa.
Lo studio dellevoluzione climatica urbana pu oggi essere effettuato mediante sofisticati e
complessi modelli di calcolo che simulano levoluzione di tutti i fenomeni igro termo - fluidodinamici
interessati dallarea urbana. La temperatura mediamente pi elevata, anche in considerazione della
presenza di asfalto nella pavimentazione stradale, e lumidit relativa pi bassa rispetto alle zone rurali
circostanti.

45
Ricerche effettuate da Oke dimostrano un 66% del raffrescamento teoricamente possibile ricoprendo di verde la
superficie urbana per un terzo della sua estensione e ci solo ai processi di evapotraspirazione. Sono stati misurati riduzioni
di 5.5 C in una notte estiva e 12 C di giorno in vicinanze di zone di verde urbano.
46
La scienza che si occupa di questo fenomeno detta Climatologia urbana che esula dal contesto di questo corso.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Nella figura 85 visibile lazione esercitata dallarea urbana sullo strato limite generato dalle
correnti daria. Gli edifici creano turbolenza ed effetti di canalizzazione del vento che, a sua volta,
influenza la temperatura dellaria fino ad annullare gli effetti dellisola di calore tipica degli agglomerati
urbani. La velocit limite per la quale questa rottura avviene pu essere calcolata da una semplice
relazione che funzione del numero di abitanti della citt:
11.6 3.4
critica
V Log P = +
Inoltre la differenza di temperatura fra la citt (calda) e la campagna circostante (fresca) genera
una brezza detta brezza di campagna.
4.3.5 INFLUENZA DEL RAPPORTO DI FORMA E DEL RAPPORTO SUPERFICIE-VOLUME
Levoluzione dellArchitettura stata profondamente dettata dal rapporto intimo edificio-
ambiente. La scelta dellinvolucro esterno delledificio deve sempre pi rispondere ad esigenze
funzionali (energetiche, illuminotecniche, acustiche,) oltre che estetiche.
Le disposizioni di legge sul consumo energetico negli edifici hanno legato il fattore di forma
S/V ai parametri prestazionali (Cd, FEN, FEN
-limite
,) funzioni, a loro volta, delle condizioni
climatiche esterne. Il rapporto edificio-ambiente influisce fin dallinizio nella progettazione delledificio:
un clima esterno mite favorisce lapertura degli spazi interni verso lesterno (le antiche corti, i patii,
sono segni in questa direzione) mentre un clima ostile induce alla chiusura dellinvolucro esterno, verso
una forma pi protettiva dellambiente interno.
In pratica si instaura, anche inconsciamente, un rapporto di causa-effetto che condiziona
linterazione delle forze fisiche con la forma architettonica: una conoscenza delle forze fisiche
contribuisce a meglio modellare la forma e viceversa una buona modellizzazione architettonica
consente un migliore controllo delle forze fisiche. Esiste (o meglio, dovrebbe esistere) una simbiosi fra
ambiente ed edifico cos come succede fra mondo vivente e la natura: gli organismi edilizi dovrebbero
evolvere con lambiente alla ricerca della migliore forma possibile, cos come le specie vivente si
evolvono ricercando il migliore adattamento con la natura.
La forma ottimale per un edificio non pu mai essere determinata se non si fissano tutte le
variabili in gioco sia del microclima esterno che delle caratteristiche termofisiche delle pareti. Per
ciascuna zona climatica si pu pensare di determinare un rapporto di forma ottimale che riducano al
massimo il bilancio energetico delledificio. Uno studio del genere stato affrontato da Victor Olgyay
che pervenuto ai risultati illustrati nella figura seguente. In essa si hanno i rapporti ottimali per le
quattro zone climatiche: fredda, temperata, caldo secca e caldo umida.
Le considerazioni che si possono fare sono qui riassunte (vedi figura 86 e 87):
Nelle zone fredde meglio avere piante di forma pi regolare quadrata che allungata: il rapporto
ottimale di circa 1:1.1.
Nelle regioni temperate si possono avere edifici allungati e in genere di forma pi libera: il
rapporto ottimale 1:1.6 e quindi di forma rettangolare allungata lungo lasse est-ovest.
Nelle regioni con caldo secco si potrebbe pensare di avere una pianta allungata in inverno ma le
condizioni estive consigliano una forma pi compatta con rapporti di forma ottimali pari a 1:1.3.
Nelle regioni caldo umide opportuno avere un edificio di forma allungata, sempre lungo lasse
est-ovest, con rapporti di forma ottimali pari a 1:1.7. Si possono avere pilotis per favorire la
ventilazione. Luso di piante libere possibile ma occorre prevedere ripari ombreggianti e
schermanti.
Inoltre occorre tener presente alcune regole pratiche che cos possiamo sintetizzare:
E sempre opportuno orientare lasse principale lungo la direttrice est-ovest per avere una
maggiore efficienza energetica.
La pianta a base quadrata non sempre risulta vantaggiosa e conviene avere un allungamento lungo
la direttrice est-ovest.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 86: Rapporti di forma ottimali per le quattro zone climatiche.
Il rapporto superficie-volume fondamentale nelle regioni fredde
47
al fine di ridurre le perdite di
calore verso lesterno. E in questo senso la L. 10/91 ne limita i valori massimi in funzione delle zone
climatiche e della destinazione duso.
Un rapporto basso comporta un edificio chiusi e quindi poco comunicante con lesterno mentre,
al contrario, un rapporto pi elevato consente un maggior movimento delle forme e pertanto anche una
maggiore penetrazione e comunicazione con lambiente esterno.
Molta importanza riveste la superficie vetrata nelle pareti esterne. Un uso smodato di questa (e
con vetri di elevata trasmittanza) pu portare contraccolpi notevoli sul rapporto di forma S/V poich le
perdite di calore tendono a crescere notevolmente
48
e pertanto per compensare questo effetto occorre
agire sullisolamento delle pareti, sul rapporto S/V e quindi sullarchitettura delledificio stesso.

47
Vedasi ligloo degli esquimesi che ha il miglior rapporto superficie-volume per ridurre al massimo le perdite di
calore verso lesterno.
48
Se consideriamo una parete isolata avente una trasmittanza K=0.35 W/(mK) ed una parete vetrata con K=7
W/(mK) si vede che 1 m di vetrata equivale a 20 m di parete isolata. Luso di vetri doppi porta la trasmittanza del vetro a
valori variabili, a secondo dello spessore delle lastre vetrate e dellintercapedine daria, fra 3.55 W/(mK) e quindi 1 m di
vetrata equivale a 1015 m di parete esterna. Si intuisce quindi il peso grandissimo che le vetrate hanno ai fini della
riduzione del bilancio energetico degli edifici.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

Va tenuto presente che leffetto del volume degli edifici si riflette spesso sui carichi termici (sia
estivi che invernali). LASHRAE pubblica sul suo Fundamentals Handbook alcuni dati sui carichi di
edifici monofamiliari e multipiano. Il risultato che gli edifici monofamiliari hanno carichi termici
molto pi elevati rispetto a quelli multipiano, con percentuali variabili fra il 60 e il 90%. Pertanto si pu
anche dire che un maggior volume, a parit di condizioni esterne, porta spesso ad avere pi
compattezza delledificio ed una migliore risposta alle sollecitazioni termiche esterne.

Figura 87: Influenza dei rapporti di superficie e volume sui disperdimenti termici
4.3.6 INFLUENZA DEL CLIMA SULLA DENSIT URBANA
Quanto detto per il singolo edificio vale anche, con le opportune considerazioni, per il tessuto
urbano. Le condizioni climatiche esterne condizionano fortemente la struttura urbana delle citt o degli
agglomerati in genere. I climi freddi favoriscono spazi relativamente ampi per consentire una migliore
cattura della radiazione solare mentre, al contrario, un clima caldo torrido favorisce la formazione di
celle chiuse che portino ad una riduzione degli effetti del soleggiamento e quindi ad una maggiore
ombreggiatura.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 88: Effetti del clima caldo torrido sulla densit urbana
In figura 88 si ha un esempio di citt algerina che riassume il concetto sopra espresso: le strade
sono strette e spezzate o curve e gli edifici sono addossati per favorire la formazione dellombra.
In genere nelle zone fredde il tessuto urbano favorevole ad insediamenti isolati e riparati, nelle
zone temperate si favorisce un insediamento aperto che si fonde con lambiente esterno, in zone caldo secche
si hanno tessuti densi e chiusi per meglio difendersi dallirraggiamento solare e nelle zone caldo umide si
hanno edifici allungati per favorire la ventilazione e quindi il tessuto urbano diviene piuttosto articolato.
4 . 4 CARATTERI ZZAZI ONE CLI MATI CA DEL TERRI TORI O
Linfluenza del clima sullUomo e su tutte le attivit umane indiscussa. Da Aristotele a
Montesquieu e T. di Lampedusa, molti studiosi di tutti i tempi hanno convenuto che il clima ha effetti
determinanti sugli aspetti fisici e psichici degli individui; ha relazione con leredit razziale e lo sviluppo
culturale e dappertutto ha condizionato la civilt umana. Non per niente la civilt si sviluppata
originariamente nelle zone a clima temperato (bacino del Mediterraneo), vedansi gli egizi, i greci, i
romani e le civilt europee in genere. Questa dipendenza della vita dal clima vera anche a livello
animale e vegetale. Le principali differenziazioni di piante e animali sono dovute essenzialmente al
contesto climatico di appartenenza
49
. E sotto gli occhi di tutti che la previsione delle condizioni
climatiche e meteorologiche risultano vitali per numerose attivit umane: la pesca, lagricoltura, la
navigazione, laviazione,.
Anche lArchitettura, per che riguarda in particolare la risposta termica delledificio ovvero il
comportamento energetico degli stessi, legata fortemente alle condizioni climatiche. Pertanto per
eseguire una corretta previsione del clima occorre caratterizzarlo. Ci si attua, come gi detto,
individuando le grandezze fisiche di interesse capaci di descriverne compiutamente levoluzione
temporale e la dipendenza spaziale. In pratica si utilizzano le seguenti variabili: velocit del vento,
umidit relativa, temperatura esterna, radiazione solare. Vediamo adesso linfluenza di ciascuna di
queste variabili sulla caratterizzazione del clima.

49
Si veda, a tal proposito, il testo di Olgyay : Design with climate.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

4.4.1 VELOCIT DEL VENTO
Questa variabile ha interesse sia in ambito strutturale (resistenza della struttura allazione del
vento) che in ambito energetico. Da essa dipendono, infatti:
le infiltrazioni daria negli edifici; queste comportano sempre (sia in estate che in inverno) un
aggravio al carico termico in quanto richiedono trattamenti termo-igrometrici dellaria aggiuntivi.
i coefficienti convettivi sulle pareti esterne: essi dipendono dalla velocit del vento V secondo
relazioni (in parte gi indicate nel paragrafo 2.3.9 (Metodi di calcolo del coefficiente di
convezione termica) del tipo:
- pareti scabre: 10.75 1.2
e
h V = + con V in [m/s] ed h in [W/(mK)];
- pareti vetrate:
2
8.21 0.08 0.0024
e
h V V = + con V in [m/s] ed h in [W/(mK)].
Il regime di vento modifica fortemente il comportamento termico degli edifici. Ad esempio in
figura 87 possiamo vedere la formazione degli strati limiti di velocit in una zona edificata. Si osservi
come procedendo da sinistra verso destra (cio dalle zone periferiche rurali verso il centro citt) si
abbiano gradi di protezione dal vento crescenti. Lazione di schermatura degli edifici (vedi dopo) si
amplifica man mano che il vento si addentra nella citt. La presenza di un edificio alto in una zona
edificata con edifici bassi provoca una turbativa del microclima fino ad una distanza pari allaltezza
delledificio, vedi figura 90. La distribuzione degli edifici pu creare effetti di turbolenza o di
accelerazione (effetto Venturi). Ad esempio, in figura 91 sono visibili sia gli effetti dei pilotis che quello
di accelerazione provocato dal restringimento della sezione di passaggio dellaria per effetto di edifici
posti in restringimento della sede stradale.
Nella stessa figura si pu osservare leffetto di canalizzazione dellaria provocato dalla
formazione degli allineamenti stradali degli edifici. Questo effetto esalta la velocit dellaria rispetto al
movimento che si avrebbe in zone libere.
Nella figura 92 si mostra come la presenza di edifici (abitazioni in centri urbani) modifica il
microclima per effetto di riflessioni ridotte, alti assorbimenti e bassa vaporizzazione per la presenza di
poca umidit rispetto alle zone rurali. Inoltre sempre in figura 92 si ha levidenziazione della formazione
della cosiddetta isola di calore caratteristica delle grandi citt e che in pratica risulta dovuta alla scarsa
capacit di disperdere il calore prodotto per radiazione e convezione negli strati alti dellatmosfera, per
mancanza di correnti daria. Anche la stratificazione termica nelle vallate pu essere spiegata come
lazione di inversione termica prodotta dallaria fredda che stagna in alto rispetto a quella calda che
ristagna in basso.
Nella figura 93 si evidenziano i regimi di vento che si hanno nelle masse continentali (a Nord e
a Sud), nella vallate e in vicinanza del mare.
Nelle figure 94 e 95 si possono osservare gli effetti provocati dal vento sugli edifici: la zona
frontale sottoposta ad una sovrapressione mentre quella sottovento ad una depressione. Gli edifici ad
L causano formazioni di larghe zone dombra e di turbolenza nelle zone di depressione.
Inoltre la disposizione degli edifici in schiere pu essere utilizzata per creare zone di depressione
pi ridotte. Lazione di schermatura degli edifici viene illustrata nella figura 95 dove si hanno sequenze
di effetti provocati da edifici bassi verso edifici alti e viceversa.
Azioni per la riduzione degli effetti di convezione termica indotti dal vento.
Poich il vento produce una migliore convezione termica nelle pareti esterne degli edifici si ha
anche un maggiore disperdimento termico, nella stagione invernale. Per ridurre questi effetti
indesiderati si possono adottare alcune azioni precauzionali.
Limitare al massimo laltezza degli edifici: gli edifici pi bassi si comportano meglio di quelli alti
anche per effetto della minore velocit del vento per effetto dello strato limite.
Creare, ove possibile, barriere artificiali (edifici per deposito, magazzini, parcheggi, edifici
industriali,) attorno alledificio da schermare.
Schermare gli edifici con barriere (anche arboree) per ridurre gli effetti del vento.
Limitare le forme con tagli acuti: queste facilitano la vorticosit e quindi lo scambio convettivo
esterno. Usare, quindi, forme arrotondate e senza spigoli vivi per ridurre i disperdimenti termici.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 89: Profili di velocit in zone urbane. Effetti provocati dagli edifici.

Figura 90: Effetti sul microclima provocati da edifici alti rispetto al tessuto urbano circostante
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 91: Effetti Venturi e di canalizzazione provocati dagli edifici
Le balconate agiscono come le alette e quindi facilitano lo scambio termico convettivo, pertanto
in zone ventose bene limitare le superfici aggettanti.
Un tessuto urbano compatto e denso agisce come trappola per il vento e quindi favorisce la
schermatura degli edifici. Per contro rimane il problema di smaltire linquinamento atmosferico che, al
contrario, il vento porta via diluendolo negli strati alti dellatmosfera.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 92: Circolazione dellaria nei continenti. Brezze marine
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 93: Effetti degli edifici- Isole di Calore e Pozzi termici.

CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 94: Formazione delle zone di sovra e sotto pressione

CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 95: Effetti di schermatura provocati dagli edifici
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

4.4.2 UMIDIT RELATIVA
Lumidit relativa influenza sia il tipo di trattamento termo-igrometrico che la dimensione delle
batterie
50
di scambio termico preposte allo scopo. Se la
e
bassa (clima desertico caldo-secco)
occorre umidificare laria trattata da inviare negli ambienti e ci risulta relativamente facile poich
sufficiente spruzzare sullaria stessa, in controcorrente, dellacqua
51
in goccioline finemente suddivise.
Se lumidit relativa elevata (ad esempio nelle zone equatoriali e sub tropicali con clima caldo-
umido) occorre deumidificare laria da immettere negli ambienti e questa operazione risulta pi
complessa e costosa dellumidificazione perch richiede impianti particolari e la necessit di produrre il
freddo
52
. In genere le portate daria sottoposte a trattamento sono relativamente modeste per impianti
di condizionamento a tuttaria
53
a ricircolo. Infatti in questi casi si ha che solo il 2015% della portata di
ventilazione presa dallesterno e quindi risulta trattata ex novo.
4.4.3 RADIAZIONE SOLARE E TEMPERATURA ESTERNA
Linfluenza della radiazione solare e della temperatura esterna pu facilmente essere evidenziata
osservando lespressione del carico termico ambientale (cio del bilancio energetico) che, per il solo
calore sensibile, risulta dato da:
. . . .interne .
.
( ) ( )
Fabb Termico pareti opache pareti vetrate soregenti energia solare
fabb termico p p i e v v i e i v
pareti vetrate sorgenti vetrate
Q Q Q Q Q
Q K S T T K S T T Q IS
= +
= +


E si pu ben osservare come la temperatura esterna, T
e
, e lirraggiamento solare, I, sono presenti
nellespressione del bilancio energetico.
Radiazione solare
La radiazione solare stata ampiamente discussa nei capitoli 4.4.3 e seguenti. Essa dipende dalla
latitudine del luogo, dal giorno dellanno, dallora, dallesposizione e dallinclinazione della superficie.
Anche le condizioni geo-orografiche del luogo influenzano la radiazione incidente (vedi relazione [56])
tramite i fattori di riflessione del terreno e la trasparenza atmosferica (ad esempio si ha forte influenza
per zone nebbiose, industriali, ventose,). La caratterizzazione della radiazione solare viene effettuata
tramite procedimenti deterministici (Reference Year) o stocastici (ARMA o metodi markoffiani gi visti nel
paragrafo 4.2.2.): tutti questi metodi cercano di determinare una correlazione tra il sito e i rapporti fra
radiazione diretta, diffusa e diffratta rispetto alla radiazione orizzontale extra-atmosferica (vedi
paragrafo 4.4.3) nei vari mesi, giorni e ore di interesse.
Temperatura esterna
La temperatura esterna una delle forzanti del sistema-edificio assieme alla radiazione solare. La
sua conoscenza fondamentale per lo studio e lanalisi del comportamento energetico degli edifici. Essa
viene spesso fornita come valore medio mensile (vedasi Manuale del CNR sul Clima in Italia) e i dati orario
possono essere ricostruiti disponendo di dati sufficienti.

50
Il Condizionamento (sia estivo che invernale) richiede una centrale di trattamento dellaria contenente al suo interno
alcune batterie di scambio termico (costituite da superfici alettate di varie dimensioni) che provvedono a riscaldare o a
raffreddare laria che lattraversa. Si vedano a tal proposito i testi specifici di Impianti termici nelledilizia.
51
LArchitettura Araba un esempio mirabile di edificio-impianto naturale per lumidificazione dellaria. Gli arabi
usano con grande maestria lacqua delle fontane, dei zampilli, delle cascatelle,., per umidificare laria ambiente.
52
In Igrometria si dimostra che per deumidificare occorre raffreddare laria al di sotto del suo punto di rugiada nelle
condizioni di pressione atmosferica in cui si trova. Ci richiede una batteria di scambio termico nella quale si fa passare
allinterno acqua fredda (a temperatura di 512 C) prodotta con un impianto frigorifero e allesterno laria da deumidificare.
Lumidit che viene eliminata si raccoglie mediante vaschette poste al di sotto della batteria di scambio e da queste eliminata
negli scarichi idrici.
53
Si vedano i testi specializzati di Impianti termici nelledilizia. Gli impianti sono a tuttaria quando operano sullaria
come fluido di scambio primario. Gli impianti sono a ricircolo se, dopo avere espulso laria di ricambio fisiologico (circa 25 m
a persona), utilizza la portata daria restante (gi trattata e alle condizioni ambientali) integrata con aria esterna fresca pari alla
portata espulsa. Questoperazione comporta una complicazione nella rete di distribuzione ma un risparmio sensibile di
energia nel condizionamento ambientale.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

In figura 96 si hanno i valori medi mensili in Sicilia per i siti riportati dal CNR. La
caratterizzazione climatica sulla base della temperatura esterna pu essere fatta con due metodi di
rilevante importanza:
il metodo dei Gradi-Giorno che si descrivono brevemente nel prosieguo.
il BIN Method che si rimanda ai testi specializzati (Vedi ASHRAE Fundamentals).
4.4.4 METODO DEI GRADI-GIORNO
Il fabbisogno energetico annuale di un edificio pu essere valutato in modo sintetico con la
relazione seguente:
( )
.
kJ/day
3
[kJ/mese] [ ] [ ] [ ] [ ]
3

energ annuo g m i e
m m
giorni
m C
mese
m C
Q C V N T T

[64]
Si pu osservare che i fattori C
g
e V dipendono dalledificio
54
mentre N
m
e (T
i
-T
e
)
m
dipendono
dal clima essendo il primo il numero di giorni di riscaldamento (o raffreddamento, con analogo
ragionamento) previsti
55
e il secondo la differenza di temperatura media nel mese.
Si definiscono Gradi-Giorno (mensili o annuali, a seconda dei casi) lespressione:
( )
(Gradi-Giorno) ( )
a
Gradi Giorno
mensili
m m i e
m m m
GG GG N T T

= =

[65]
In pratica i GG rappresentano il prodotto del tempo per la differenza di temperatura fra interno
ed esterno (in inverno o viceversa destate) durante il periodo nel quale risulta necessario il
riscaldamento ambientale. Tale periodo resta fissato dallessere la temperatura esterna inferiore a 15 C.
In pratica si suppone che se la temperatura esterna superiore a 15C gli apporti gratuiti (solari
ed interni per affollamento o per altri tipi di sorgenti) siano sufficienti a mantenere a 20C lambiente.
Se si volesse tenere conto degli apporti gratuiti nelle (64) e (65) occorre fissare la temperatura
interna ad un valore inferiore a 20C (come di norma si fa): nei climi freddi si pone pari a 19C mentre
nelle zone pi temperate si pone pari a 17C 18C.
In base al DPR 412/94 le zone climatiche sono individuate dal valore dei GG secondo la
seguente tabella riepilogativa.

Zona A B C D E F
GG < 600 600900 9011400 14012100 21013000 >3000

A causa dellinerzia termica degli edifici (e quindi alla capacit di accumulare e poi rilasciare
energia) i GG dipendono dalla struttura di questi: gli edifici leggeri hanno GG maggiori mentre quelli
pesanti hanno GG minori.


54
Cg il coefficiente volumi di scambio termico ed esprime lenergia dispersa in un giorno per unit di volume e
per un salto termico di 1 C dalledificio. Esso, pertanto, fortemente dipendente dalla caratterizzazione dispersiva delle
pareti esterne (cio dalle loro trasmittanze termiche, superfici e salti termici). V il volume riscaldato delledificio in m.
55
Per il periodo di riscaldamento la L. 10/91 e il suo Regolamento di applicazione DPR 412/93 fissano il numero
di girni di riscaldamento per le sei zone climatiche (dalla A alla F) di ciascun Comune in Italia e pertanto questa grandezza
non libera, come pu esserlo, invece, per il condizionamento.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO


Figura 96: Temperature medie mensili in alcune localit della Sicilia
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

5. BIBLIOGRAFIA
1. B. GIVONI: "Man Climate and Architecture". Elsevier. 1977.
2. M JACOB: "Heat Transfer", Vol. 1, N.Y., 1949.
B. GIVONI, M. HOFFMAN, "Prediction of the thermal behaviour of full scale buildings", Report
to U.S. NBS, Technion, Haifa, Israel, 1972.
3. ASHRAE: "Fundamentals", cap. 26. 1981 e seguenti: 1985,1989,1993
4. CADZOW. MARTENS: "Discrete time and computer control systems", Prentice Hall, 1970.
5. G. OLJAY : Design with climate, N.Y., 1977
6. A. SACCHI G. CAGLIERIS : Climatizzazione, UTET 1977
7. G. GUGLIELMINI C. PISONI: Elementi di trasmissione del calore, Veschi, 1990
8. G. CHIESA G. DALLO: Risparmio energetico in edilizia, Masson, 1996
9. A. BADAGLIACCA: Fondamenti di trasmissione del calore, ARACNE, 1997
10. J.A. DUFFIE W.A. BECKMAN : Solar Engineering of thermal processes, J. Wiley, 1991
11. F. M. BUTERA: Architettura e Ambiente, ETASLIBRI, 1995
12. AA.VV.: Manuale di Progettazione Edilizia, HOEPLI 1994, Vol. II
13. ENARCH 83:Architettura Bioclimatica, De Luca Editore, 1983
14. G. CAMMARATA. Et alii:: "Ecological Architecture. Correct environmental insertion and energy
saving. Bioclimatic research in the Etna area. First report. Calculation methodology", Atti del
Seminario Internazionale di Progettazione Bioclimatica, Catania, 1981.
15. CAMMARATA G., MARLETTA L.: "Un codice di calcolo multi-room a parametri distribuiti -
DPM, Atti Congresso ATI 1987.
16. CAMMARATA G., FICHERA A., FORGIA F., MARLETTA L.: "Riduzione del modello
matematico delle traiettorie di stato: fondamenti teorici". 47 Convegno ATI, Parma Settembre
1992.
17. G. CAMMARATA et alii, "Analisi Exergetica dei Processi dell'Aria Umida", 47 Congresso
Nazionale ATI, Parma, 16-18 Settembre, 1992.
18. G. CAMMARATA: Previsione e controllo microclimatico ambientale nei musei, Assessorato
Regionale Siciliano Beni Culturali ed Ambientali, 1992.
19. G. CAMMARATA et alii, "Valutazione Spazio-Temporale del Discomfort in Ambienti
Termicamente Non Uniformi", Condizionamento dell'Aria Riscaldamento e Refrigerazione, CDA,
n 5 Maggio 1992, pag. 743-751.
20. G. CAMMARATA et alii, "Thermodynamic Effects of the Thermal Conductivity Dependence
upon Temperature in Two-Dimensional Heat Conduction" High Temperatures-High Pressures,
vol. 25, pag. 599-606, 1993
21. G. CAMMARATA et alii, "Comfort Termico negli Ambienti Termicamente Severi", 48 Congresso
Nazionale ATI, Taormina, 28 Settembre 1 Ottobre, 1993.
22. G. CAMMARATA: Rapporto finale su: Controllo fisico-tecnico degli ambienti di lavoro:
Innovazione tecnologica, MURST 40% Anno 1993.
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

INDICE GENERALE
1. INTRODUZIONE ALLA CLIMATOLOGIA 1
2. ELEMENTI DI TERMOFISICA DELLEDIFICIO 11
2.1 LEDIFICIO COME SISTEMA TERMODINAMICO APERTO 11
2.2 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI APERTI 12
2.2.1 GRANDEZZE SPECIFICHE 12
2.2.2 FORME DI ENERGIA FONDAMENTALI 13
2.2.3 CONCETTO DI ACCUMULO ENERGETICO E SUA ESPRESSIONE 14
2.2.4 ESPRESSIONE DEL BILANCIO ENERGETICO PER I SISTEMI APERTI 15
2.2.5 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI CHIUSI 16
2.2.6 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI ISOLATI 16
2.2.7 EQUAZIONE DELL'ENERGIA PER I SISTEMI APERTI IN REGIME STAZIONARIO 17
2.2.8 ESPERIENZA DI JOULE - THOMPSON 17
2.2.9 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 18
2.2.10 POTENZIALI TERMODINAMICI: ENERGIA INTERNA, ENTALPIA 18
2.3 SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA 19
2.3.1 ENUNCIATO DI KELVIN, CLAUSIUS, CARNOT 20
2.3.2 SIGNIFICATO FISICO DI ENTROPIA 22
2.3.3 EXERGIA 24
2.3.4 MACCHINA DI CARNOT A CICLO INVERSO 25
2.3.5 MACCHINA A VAPORE (CICLO RANKINE) 26
2.3.6 MACCHINA FRIGORIFERA A COMPRESSIONE DI VAPORI SATURI 26
2.3.7 MACCHINA FRIGORIFERA AD ASSORBIMENTO 27
2.3.8 POMPA DI CALORE E SUE APPLICAZIONI 28
2.4 NOZIONI DI TRASMISSIONE DEL CALORE 29
2.4.1 CONDUZIONE IN UNA PARETE PIANA 29
2.4.2 CONDUZIONE DEL CALORE IN UNO STRATO CILINDRICO 31
2.4.3 CONCETTO DI RESISTENZA TERMICA PER CONDUZIONE 32
2.4.4 CONDUZIONE TERMICA NEI MATERIALI IN SERIE E IN PARALLELO 32
2.4.5 EQUAZIONE GENERALE DELLA CONDUZIONE 33
2.4.6 EQUAZIONE DI NEWTON PER LA TRASMISSIONE PER CONVEZIONE 34
2.4.7 RESISTENZA TERMICA PER CONVEZIONE 36
2.4.8 TRASMITTANZA TERMICA 36
2.4.9 METODI DI CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI CONVEZIONE TERMICA 37
2.4.10 SCAMBI TERMICI DEGLI EDIFICI: IL CARICO TERMICO 39
2.4.11 LIRRAGGIAMENTO 40
2.4.12 EMISSIVIT SPECIFICA 43
2.4.13 CORPI NON GRIGI 44
2.4.14 CONCETTO DI FATTORE DI FORMA 44
2.4.15 ADDITIVIT DEI FATTORI DI FORMA 46
2.4.16 METODO DELLA RADIOSIT 48
2.4.17 CASO DELLE DUE SORGENTI CONCAVE 50
2.4.18 SUPERFICI FINITE PIANE E PARALLELE 52
2.4.19 SUPERFICI INFINITE PIANE E PARALLELE 52
2.4.20 SFERE O CILINDRI CONCENTRICI 53
2.4.21 PARETE CHE IRRADIA VERSO IL CIELO 53
2.4.22 SCHERMI RADIATIVI 53
2.4.23 FORMALISMO MATRICIALE NELLA RADIAZIONE TERMICA 54
3. IL CLIMA: FATTORI FISICI 56
3.1 ELEMENTI DI CLIMATOLOGIA TERRESTRE 56
3.1.1 LA RADIAZIONE SOLARE E L'ATMOSFERA DELLA TERRA 56
3.1.2 INFLUENZE DELLE SUPERFICI DI TERRA E DI MARE. 58
3.1.3 INFLUENZA DELLE MASSE OCEANICHE. 58
3.1.4 CONTINENTALIT DEL CLIMA 58
3.1.5 INFLUENZA DELLE CORRENTI ATMOSFERICHE E OCEANICHE. 59
3.1.6 RELAZIONI CON LA PRESSIONE ATMOSFERICA E I VENTI. 59
CLIMATOLOGIA DELLAMBIENTE COSTRUITO

3.1.7 INFLUENZE MARINE SULL'ATMOSFERA. 61
3.1.8 TIPI DI PRECIPITAZIONE CONTINENTALE. 61
3.1.9 REGIONI CLIMATICHE 62
3.1.10 CAMBIAMENTI CLIMATICI 63
3.2 LIRRADIAZIONE SOLARE DIRETTA 64
3.2.1 RAPPORTO FRA RADIAZIONE DIRETTA SU UNA SUPERFICIE INCLINATA RISPETTO A QUELLA SU
SUPERFICIE ORIZZONTALE 66
3.2.2 RADIAZIONE TOTALE SU UNA SUPERFICIE INCLINATA CON CIELO ISOTROPICO 66
3.2.3 LA TRASMITTANZA O TRASPARENZA ATMOSFERICA 68
3.2.4 FENOMENI CHE MODIFICANO LA TRASPARENZA ATMOSFERICA 70
3.2.5 RADIAZIONE EMESSA DALLA TERRA 70
3.2.6 LA TEMPERATURA ARIA-SOLE 72
3.2.7 LE CARTE SOLARI DIAGRAMMA ELIODIADROMICO 75
3.2.8 UTILIZZO DEI DIAGRAMMI ELIODIADROMICI 77
4. IL CLIMA E LA PROGETTAZIONE 84
4.1 IL CLIMA RISPETTO ALLE SCALE GEOGRAFICHE 85
4.2 FATTORI CLIMATICI 86
4.2.1 RADIAZIONE SOLARE 86
4.2.2 ANALISI STATISTICA DELLA RADIAZIONE SOLARE 94
4.2.3 NUVOLOSIT 99
4.2.4 TEMPERATURA DELLARIA 99
4.2.5 MOVIMENTI DARIA 100
4.2.6 UMIDIT DELLARIA 100
4.3 INFLUENZA DEL SITO SULLA PROGETTAZIONE 100
4.3.1 EFFETTI DELLALTITUDINE 100
4.3.2 EFFETTI DI CORPI DACQUA 101
4.3.3 EFFETTI DELLA VEGETAZIONE 101
4.3.4 EFFETTI DELLEDIFICATO URBANO 102
4.3.5 INFLUENZA DEL RAPPORTO DI FORMA E DEL RAPPORTO SUPERFICIE-VOLUME 103
4.3.6 INFLUENZA DEL CLIMA SULLA DENSIT URBANA 105
4.4 CARATTERIZZAZIONE CLIMATICA DEL TERRITORIO 106
4.4.1 VELOCIT DEL VENTO 107
4.4.2 UMIDIT RELATIVA 114
4.4.3 RADIAZIONE SOLARE E TEMPERATURA ESTERNA 114
4.4.4 METODO DEI GRADI-GIORNO 115
5. BIBLIOGRAFIA 117

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