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3 RISOLUZIONE NUMERICA ATTRAVERSO LES-

PANSIONE MODALE
Per la risoluzione numerica di sistemi regolati dalla (2.52), eventualmente con laggiunta di un ter-
mine di smorzamento strutturale, si possono utilizzare metodi di tipo implicito od esplicito. Per non
rischiare di violare la condizione CFL (Courant-Friedrichs-Lewy) utilizzando una discretizzazione
non sucientemente accurata, si preferisce di solito utilizzare metodi tipo implicito rispetto a quel-
li di tipo esplicito. Fra i metodi impliciti verranno preferiti quelli che sono in grado di smorzare
rapidamente le frequenze alte contenute nel problema ma la cui risoluzione non `e richiesta; a questa
classe appartengono ad esempio i metodi di tipo BDF (Backward Dierentiation Formula), per il
cui uso rimandiamo a quanto verr a presentato in modo generale nelle successive lezioni. Ci occupi-
amo inizialmente della sola parte meccanica, rilevando per` o che per la parte termica `e possibile fare
discorsi analoghi a quelli che vedremo qui di seguito.
`
E possibile ipotizzare di risolvere il sistema in
maniera algebrica, passando attraverso la trasformazione nel dominio delle frequenze con le trasfor-
mate di Laplace o Fourier. Se il sitema in analisi `e asintoticamente stabile, `e possibile procedere
alla trasformazione secondo Fourier
9
. La soluzione diretta del problema nelle coordinate siche
originarie attraverso le trasformate risulta estremamente gravosa, tanto da renderla ineciente dal
punto di vista numerico. Tale metodologia mantiene una certa validit` a come metodo di risoluzione
o nei casi in cui i modelli analizzati sono di piccole dimensioni, o in tutti i casi in cui `e possibile
utilizzare una opportuna tecnica di riduzione dellordine del sistema. Utilizzare una tecnica di
riduzione signica, nel caso di un modello lineare come quello qui analizzato, andare alla ricerca
di funzioni di forma globali con le quali `e possibile rappresentare correttamente la soluzione del
problema con soli pochi termini dello sviluppo (2.8). Una base spesso utilizzata, perche ecace in
moltissimi casi, `e quella dei Modi Propri. I modi propri vengono ottenuti risolvendo il problema
omogeneo con condizioni al contorno omogenee, come gli autovettori associati alle soluzioni delle-
quazione caratteristica del sistema. Il metodo di soluzione quindi consiste nel costruire un primo
modello utilizzando un numero elevato di semplici funzioni di forma, spesso a supporto locale come
nel caso degli elementi niti; su questo modello calcolare gli autovettori del sistema omogeneo; e
inne nellutilizzare un numero ridotto di autovettori come funzioni di forma con cui riproiettare
il modello su un ridotto insieme di gradi di libert` a. Il metodo pu` o essere anche utilizzato in alcuni
casi per ottenere le soluzioni analitiche del sistema di equazioni alle derivate parziali, attraverso
luso della tecnica di separazione delle variabili, come si vedr` a in alcuni esempi nel seguito. Il
sitema ottenuto alla ne di questo procedimento risulta di dimensioni molto contenute, ma grazie
alla elevata ecienza delle funzioni di forma, permette di risolvere ecacemente numerosi casi non
omogenei. E necessario quindi studiare le caratteristiche di convergenza per denire il numero
minimo di modi da utilizzare per ottenere una buona approssimazione della soluzione esatta.
Il problema strutturale omogeneo `e il seguente
M u +K u = 0. (3.1)
La corrispondente equazione caratteristica `e pari al seguente problema generalizzato agli autovalori

2
M u = K u. (3.2) mod-autov
I modi propri saranno allora gli autovettori associati agli autovalori
2
, soluzione del problema
(3.2), i quali possono essere riuniti in una matrice U. Possiamo allora passare nel nuovo sistema di
coordinate generalizzate modali q utilizzando la U come matrice di trasformazione, per cui u = Uq.
Gli spostamenti saranno ora espressi come
s = N
s
(x)Uq, (3.3)
9
Si noti che utilizzando un approccio energetico alla Lyapunov, detta E lenergia generalizzata, `e necessario
vericare che
dE
dt
< 0, ossia
M u +C u +K u = 0
E =
1
2
u
T
M u +
1
2
u
T
Ku
dE
dt
= u
T

M u +K u

= u
T
C u
Anche il sistema sia asintoticamente stabile `e quindi necessario che la matrice di smorzamento sia denita positiva.
19
e le nuove matrici di massa e di rigidezza generalizzate saranno diagonali (ricordando le propriet` a
di ortogonalit` a dei modi propri)
Diag {m
i
} = U
T
M U, (3.4)
Diag {k
i
} = Diag

m
i

2
0
i

= U
T
K U. (3.5)
Il nuovo sistema in coordinate modali, tenendo conto delleventuale presenza di uno smorzamento
proporzionale del tipo (2.36), la cui matrice caratteristica C proiettata in coordinate modali risulta
anchessa diagonale, diviene il seguente
Diag {m
i
} q + Diag {c
i
} q + Diag {k
i
} q = U
T
F(t) = Q
F
. (3.6) modal1
La matrice di rigidezza sar` a singolare tante volte quanti sono i gradi di libert` a non vincolati, cio`e
tante volte quanti sono i moti rigidi del sistema, ossia quelli con autovalore associato nullo, ed
autovettori, detti modi rigidi, che saranno anche autovettori della sola matrice K.
La matrice delle funzioni di forma N
s
idealmente dovrebbe rappresentare uno sviluppo in serie
composto da inniti termini (2.8). In realt` a per` o se ne usa solo un numero assegnato di tali termini.
Quanto pi` u rapidamente la serie converge tanto minore sar` a il numero di termini necessari per
ottenere la soluzione con la dovuta precisione.
`
E utile allora studiare nel dominio delle trasformate
le caratteristiche di convergenza delle serie basate sui modi propri a frequenza assegnata, in modo
da poter stabilire quanti modi n sono sucienti a raggiungere la convergenza per un modello ad N
gradi di libert` a di partenza. Il metodo `e eettivamente eciente se n N; in tal modo `e possibile
ridurre le dimensioni del modello della dinamica di un sistema continuo ad ordini di grandezza pi` u
manipolabili.
Si ritiene che grazie alla riduzione ad un sistema algebrico dellanalisi resa possibile dalluso
delle trasformate, sia pi` u facile dimostrare le propriet` a di convergenza in modo generale. Chiara-
mente si deve assicurare che siano valide tutte le condizioni necessarie anche la convergenza in
frequenza garantisca anche quella nel tempo. Utilizzando lanalisi in frequenza, ipotizziamo di sol-
lecitare il sistema in analisi con delle forzanti trasformabili secondo Fourier. Si ricorda che perche
sia possibile la trasformata di Fourier della forzante F(t), denita come
F() =

F(t)e
jt
dt, (3.7)
`e suciente che F(t) sia una composta da funzioni limitate appartenenti allo spazio L
2
, ossia tali
che

F(t)
2
dt M, (3.8)
con M una costante arbitraria. In realt` a questa propriet` a `e richiesta anche il segnale sia anti-
trasformabile per riportarlo nel dominio del tempo. In generale noi per` o saremo interessati alla
anti-trasformazione della sola soluzione, la cui trasformata sar` a sempre data dal prodotto della
F() per la risposta in frequenza della struttura, che come vedremo, converge quadraticamente.
In questo caso sar` a quindi suciente che la F(t) rispetti la seguente condizione

F(t)dt M, (3.9)
Scegliendo, per comodit a di notazione, di normalizzare i modi propri in modo tale che la matrice di
massa sia coincidente con la matrice unitaria (ossia ponendo come condizione di normalizzazione
lequazione U
T
i
M U
k
=
ik
, con
ik
il simbolo di Kronecker), lequazione (3.6) trasformata in
frequenza, considerando lo smorzamento nullo, diviene

2
q() + Diag

2
0
i

q() = U
T
F(). (3.10)
Le coordinate generalizzate saranno quindi uguali a
q() = Diag

2
0
i

U
T
F(), (3.11)
20
e quindi per le coordinate originarie u si ottiene
u() = UDiag

2
0
i

U
T
F() =
N

i=1
U
i
U
T
i

2
0
i

2
F(). (3.12) mod-conv
Lultima espressione ci dice che, i termini della serie che compongono la soluzione, a frequenza
assegnata, convergono come 1/
2
0
i
, e quindi ci si pu` o aspettare una convergenza relativamente
rapida con un numero di termini n N. Si rammenta infatti che
0
i
indica il fatto che
0
=
0
(i),
ossia che la frequenza dei modi propri dipende da potenze dellindice i; per cui nella (3.12) i termini
convergono almeno come 1/i
2
. Inoltre, anche la forzante pu` o contribuire ad accelerare la convergen-
za attraverso le forze generalizzate in forma modale U
T
F o componenti attive della sollecitazione.
Se i carichi applicati sono abbastanza regolari in termini di distribuzione spaziale, ovvero se non ci
sono carichi modellabili come forze concentrate, le corrispondenti forze generalizzate tenderanno
ad essere praticamente ortogonali ai modi ad alta frequenza, che sono invece caratterizzati da un
elevato numero di onde nello spazio, e quindi non contribuiranno signicativamente alla risposta.
3.1 METODO DEI MODI DI ACCELERAZIONE
`
E interessante ora analizzare la convergenza delle forze elastiche, le quali possono essere utilizzate
come indicatori per studiare la convergenza dei gradienti degli spostamenti e quindi degli sforzi (o
sollecitazioni). Utilizzando gli sviluppi modali, le forze elastiche si scrivono come
K u = K UDiag

2
0
i

U
T
F, (3.13) recdir
che rappresenta il cosiddetto recupero diretto. Ricordando che
K U = M UDiag

2
0
i

, (3.14) recdir1
si ottiene
K u = M UDiag


2
0
i

2
0
i

U
T
F. (3.15) recdir2
A dierenza degli spostamenti, aggiungendo termini allo sviluppo delle forze elastiche, la serie
pu` o non convergere, a meno che i carichi non tendano ad essere abbastanza ortogonali ai modi
di vibrare ad alta frequenza. Nel caso in cui siano presenti delle azioni esterne concentrate ci si
aspetta quindi ulteriori problemi di convergenza. Inoltre, nellespressione (3.15), compare anche un
termine inerziale, rappresentato dalla matrice di massa M; se allora la distribuzione di massa non
`e sucientemente regolare (ovvero quando sono presenti delle masse concentrate) si possono avere
ulteriori problemi nella convergenza delle forze elastiche. Si pu` o quindi aermare che lapprossi-
mazione modale diretta certamente non rappresenta il modo pi` u eciente/ecace per ottenere il
recupero degli sforzi. Esiste unaltra possibilit` a che in realt` a `e stata spesso utilizzata in maniera
naturale per ricavare le azioni interne in corsi precedenti. In Dinamica dei Sistemi ad esempio lo
studio della dinamica dei corpi veniva eettuato utilizzando lipotesi che i corpi in gioco fossero
rigidi. I risultati ottenuti in tal modo venivano poi utilizzati per ricostruire, a posteriori, le sol-
lecitazioni allinterno degli elementi, che a questo punto non erano pi` u considerati corpi rigidi. Le
sollecitazioni venivano calcolate attraverso gli equilibri che sostanzialmente corrispondevano alla
soluzione di
K u = F M u, (3.16)
dove le accelerazioni u erano quelle ottenute considerando il corpo come rigido. Dal punto di
vista modale questo corrisponde a calcolare le accelerazioni utilizzando solo i modi rigidi, che sono
quelli a frequenza pi` u bassa (in particolare nulla), e poi utilizzarle per recuperare gli sforzi che
sollecitano la struttura, attraverso la riscrittura delle equazioni di equilibrio. Possiamo quindi
provare a utilizzare la stessa procedura utilizzando non pi` u solo i modi rigidi ma anche un certo
numero di modi deformabili. Lespressione in frequenza diviene
K u = F +
2
M U q =

I +M UDiag

2
0
i

U
T

F, (3.17) modacc
21
Questa modalit` a viene di solito indicata come recupero degli sforzi attraverso i modi di acceler-
azione. Da questultima equazione risulta che la convergenza delle forze elastiche utilizzando i modi
di accelerazione `e dello stesso tipo di quella degli ottenuta per gli spostamenti, ossia del tipo 1/
2
0
i
.
Conseguentemente, anche le deformazioni con il metodo dei modi di accelerazione convergeranno
pi` u rapidamente, e quindi con un minor numero di termini a parit` a di errore, rispetto a quanto ot-
tenuto attraverso luso del recupero diretto (3.12). Si ricorda inoltre che se si ottiene la convergenza
della soluzione modale per gli spostamenti, tale convergenza sar` a vericata anche per le velocit` a e
per le accelerazioni, ottenibili moltiplicando semplicemente tutti i termini rispettivamente per j
e
2
.
Per comprendere il signicato dei modi di accelerazione si pu` o pensare di rappresentare lo
spostamento come sovrapposizione di due termini u = u
st
+ u
din
: un termine di spostamento
statico u
st
pi` u uno spostamento dinamico u
din
. La componente statica viene calcolata annul-
lando tutti i termini di derivata nel tempo, K u
st
(t) = F(t), che signica calcolare lo spostamento
del sistema ipotizzando che la struttura si adegui istantaneamente alla sollecitazione applicata,
ossia che la sua dinamica sia talmente veloce rispetto a quella della forzante F(t) tanto da poter
trascurare la dinamica del sistema rispetto a quella della forzante. Riscriviamo ora lequazione
della dinamica del sistema utilizzando questa rappresentazione dello spostamento
M u
st
+M u
din
+K u
st
+K u
din
= F(t). (3.18)
Sostituendo in questa espressione la denizione di spostamento statico
M u
din
+K u
din
= M K
1

F(t), (3.19)
che trasformata secondo Fourier diventa

2
M u
din
+K u
din
=
2
M K
1
F(). (3.20)
Trasformando le equazioni in coordinate modali u
din
= U q
din
, si potr` a ottenere la componente
dinamica dello spostamento modale come
q
din
= Diag

2
0
i

U
T
M K
1
F(). (3.21)
Riportando il tutto in coordinate siche potremo allora scrivere lo spostamento u come
u =

K
1
+U Diag

2
0
i

U
T
M K
1

F(). (3.22) posacc1


`
E facile utilizzando le propriet` a di ortogonalit` a dei modi vericare che questa equazione `e equiva-
lente alla (3.17). Utilizzare i modi di accelerazione quindi corrisponde ad approssimare le dinamiche
veloci del sistema in maniera statica, ossia come se fossero in grado di adeguarsi istantaneamente
alle variazioni di condizioni di carico sul sistema. In questo modo, considerando il fatto che in prat-
ica non si usa mai un numero innito di termini (modi) bens` un numero limitato, risulta chiaro
come si ottengano risultati migliori attraverso la tecnica dei modi di accelerazione, di quanto si
otterebbe trascurando semplicemente le dinamiche veloci, ossia attraverso il recupero diretto.
Sapendo che U
T
K U = Diag

m
i

2
0
i

, invertendo le matrici si verica facilmente che


10
K
1
= UDiag

1
m
i

2
0
i

U
T
, (3.23) kmen1
per cui per normalizzazione a massa generalizzata unitaria sar a
K
1
= UDiag

2
0
i

U
T
. (3.24) kmen2
10
K Uq = F, quindi U
T
KU q = Diag
n
m
i

2
0
i
o
q = U
T
F che comporta u = U q = U Diag
n
m
i

2
0
i
o
U
T
F. Essendo
u = K
1
F ne consegue la (3.23).
22
M
GJ, I, L
Dalla (3.22), sostiuendo lespressione (3.23) si ottiene la seguente espressione per lo spostamento
recuperato con i modi di accelerazione
u =u
st
+U Diag

2
0
i

U
T
M UDiag

2
0
i

U
T
F()
=u
st
+U Diag

2
0
i
(
2
0
i

2
)

U
T
F(),
(3.25) posacc2
che dimostra come anche lo spostamento converge molto piu rapidamente con i modi di acceler-
azione (1/
4
0
i
) rispetto al recupero diretto (1/
2
0
i
). Conviene quindi utilizzare lanalisi modale per
la risoluzione delle equazioni dierenziali alle derivate parziali e poi utilizzare il metodo dei modi
di accelerazione se non c `e convergenza spaziale e si vuole una convergenza pi` u veloce.
3.2 ESEMPIO: TRAVE INCASTRATA SOGGETTA AD UNA
COPPIA TORCENTE ALLESTREMO LIBERO
Si consideri una trave vincolata con un incastro ad un estremo e libera allaltro, a cui allistante
iniziale viene applicata una coppia torcente a gradino, ossia allistante iniziale la sollecitazione
passa dal valore nullo ad un valore che viene poi mantenuto costante nel tempo. Si vuole calcolare
landamento della torsione in funzione del tempo e della posizione.
Lespressione del Principio dei Lavori Virtuali (lavoro interno = lavoro esterno) per una trave
soggetta alla sola sollecitazione torsionale `e la seguente

L
0
M
t

dx =

L
0
GJ

dx =

L
0
I

dx +M(L), (3.26) PLV-tor


dove GJ `e la rigidezza torsionale della sezione della trave, in generale funzione della coordinata
x
11
, I `e il momento di inerzia polare per unit` a di lunghezza. Il lavoro esterno `e dato dal lavoro
delle forze dinerzia pi` u quello della coppia applicata allestremo libero. Integrando per parti si
ottiene
[GJ

]
L
0

L
0
(GJ

dx =

L
0
I

dx +M(L), (3.27) PLV-tor2


Questa espressione deve essere valida per qualunque spostamento virtuale possibile (ossia in-
nitesimo e congruente, quindi compatibile con i vincoli), sappiamo quindi che (0) = 0 a causa
del vincolo di incastro. Larbitrariet` a dello spostamento virtuale ci dice che allequazione integrale
(3.27) corrispondono due equazioni ossia
(GJ

= I

, (3.28a)
GJ

(L) = M. (3.28b) ccnatT


Il PLV quindi, come sappiamo, contiene in se le condizioni al contorno cosiddette naturali come
la (3.28b), che non devono essere imposte. La condizione al contorno essenziale `e invece stata
imposta a priori nella formulazione integrale attraverso la scelta degli spostamenti virtuali, e va
quindi denita nel momento in cui si passa alla formulazione dierenziale. Considerando per
semplicit` a il caso in cui la trave `e omogenea e quindi le sue caratteristiche sono costanti lungo il
11
Si ricorda che la rigidezza torsionale viene convenzionalemente indicata come GJ, ma per una sezione generica
non `e pari al prodotto del modulo elastico tangenziale G per il momento dinerzia polare della sezione J. Questo `e
vero solo nel caso di una trave a sezione circolare piena.
23
suo asse, si ottiene la seguente formulazione dierenziale del problema
diff-tor-pb
GJ

= I

, (3.29a) diff-tor
GJ

(L) = M, (3.29b)
(0) = 0. (3.29c)
Lequazione di moto del sistema `e unequazione dierenziale alle derivate parziali di tipo iperbolico,
equivalente alla classica equazione delle onde. Potrebbe essere risolta utilizzando la classica tecnica
alla DAlambert per le equazioni delle onde denendo le linee caratteristiche nel dominio spazio-
temporale. Se infatti poniamo
= f(x ct),
sostituendo questa espressione nella (3.29) si ottiene
GJ f

= If

c
2
,
e quindi
c =

GJ
I
.
Data quindi una f(x) iniziale, la soluzione `e composta da due onde che viaggiano nello spazio con
velocit` a c.
`
E per` o possibile risolvere lequazione anche attraverso luso della tecnica di separazione delle
variabili. Questo modo conduce naturalmente alla determinazione per via analitica dei modi di
vibrare del sistema e della soluzione come sovrapposizione delle risposte modali, e viene quindi qui
preferito per mostrare le caratteristiche dei modi. I modi di vibrare vengono ottenuti risolvendo
il problema omogeneo con condizioni al contorno anchesse omogenee. Rappresentiamo quindi la
soluzione del problema omogeneo come
(x, t) = f(x)g(t). (3.30) vs1
Sostituendo nella (3.29a) si ottiene
f

f
=
1

2
g
g
, (3.31) vs2
dove
2
= GJ/I, che ricordando lanalogia con lequazione delle onde corrisponde al quadrato della
velocit` a di propagazione delle onde torsionali allinterno della trave elastica (velocit` a del suono).
Le espressioni della (3.31) devono essere pari ad una costante (unica possibilit` a perche una funzione
del solo tempo sia uguale ad una funzione del solo spazio). Anche le soluzioni del problema siano
limitate nel tempo, ossia stabili, e quindi che rispettino la sica del problema in analisi, `e necessario
che la costante sia negativa, per cui scriveremo
f

f
=
1

2
g
g
=
2
. (3.32) vs3
Risolviamo prima il problema spaziale
f

+
2
f = 0, (3.33)
che `e una equazione dierenziale ordinaria lineare la cui soluzione generale `e del tipo
f(x) = Asin x +Bcos x. (3.34)
Le due condizioni al contorno della (3.29), nel caso omogeneo in cui M = 0, ci dicono che
f(0) = 0 =B = 0, (3.35)
f

(L) = 0 =Acos L = 0. (3.36)


24
La seconda condizione `e soddisfatta in maniera non banale per ogni valore di beta del tipo

i
= (2i 1)

2L
. (3.37)
Conseguentemente, la lunghezza donda spaziale sar` a pari a

i
=
2

i
=
4L
2i 1
. (3.38)
La soluzione spaziale sar` a allora ottenuta come sovrapposizione di tutti i termini che rispettano
tali condizioni, e quindi
f(x) =

i=1
A
i
sin(2i 1)
x
2L
. (3.39)
Ciascuna f
i
(x) rappresenta la forma spaziale di un modo di vibrare del sistema qui analizzato. Le
frequenze associate verranno ottenute analizzando la soluzione del problema temporale
g +
2
i

2
g = 0, (3.40)
da cui si ottiene

i
=
i
= (2i 1)

2L

GJ
I
. (3.41)
La velocit` a con cui viaggano le onde si ottiene come prodotto della lunghezza donda
i
per la
frequenza espressa in Hertz
i
/2, e quindi
c
i
=

i

i
2
=

GJ
I
, (3.42)
che corrisponde esattamente al risultato che era stato ottenuto utilizzando il metodo alla dAlam-
bert per la soluzione dellequazione delle onde: tutte le onde torsionali viaggiano alla stessa velocit` a
c. Ritornando alla rappresentazione modale la soluzione generale sar` a quindi del tipo
(x, t) =

i=1
A
i
sin

(2i 1)
x
2L

A
i
sin
i
t +

B
i
cos
i
t

= N(x)q(t), (3.43) soltors


(x, t) =

i=1
A
i
sin

(2i 1)
x
2L

q
i
. (3.44) svil-tor
Ricordando le formule di prostaferesi che dicono
A
i

Asin
i
xsin
i
t =
1
2
A
i

A(cos (
i
x
i
t) cos (
i
x
i
t)) , (3.45a) prostaferesi
A
i

Bcos
i
xcos
i
t =
1
2
A
i

B(sin (
i
x +
i
t) + sin (
i
x
i
t)) , (3.45b)
e mettendo in evidenza il numero donda
i
A
i

Asin
i
xsin
i
t =
1
2
A
i

A(cos
i
(x ct) cos
i
(x ct)) , (3.46a) prostaferesi2
A
i

Bcos
i
xcos
i
t =
1
2
A
i

B(sin
i
(x +ct) + sin
i
(x ct)) , (3.46b)
si vede come la (3.43) ottenuta attraverso la separazione di variabili corrisponde alla soluzione
ottenuta attraverso lequazione delle onde.
`
E possibile ora utilizzare questo sviluppo modale per ottenere la soluzione del problema non
omogeneo di partenza. Dobbiamo per o scegliere una normalizzazione delle forme modali e quindi
decidere i fattori A
i
. Se si sceglie la normalizzazione a massa unitaria si deve vericare che

L
0
N
T
INdx = I. (3.47)
25
Dobbiamo allora imporre che per un i generico

L
0
IN
2
i
dx = 1, (3.48)

L
0
A
2
i
I sin
2

(2i 1)
x
2L

dx = 1. (3.49) msuni-T
Svolgendo lintegrale (3.49) si vede che la condizione `e vericata se A
i
=

2
IL
. Si lascia come
esercizio il vericare che tutti gli integrali dei termini misti N
i
N
j
sono nulli indipendentemente
dalle ampiezze A
i
dei modi (ortogonalita dei modi). Riscriviamo ora lequazione (3.26) utilizzando
lo sviluppo (3.44). Il risultato `e costituito da tante equazioni dierenziali ordinarie lineari per
ciascuno dei coecienti q
i
del tipo
12
q
i
+
2
i
q
i
= (1)
i1

2
IL
M (3.50)
La soluzione del problema sar` a composta dal solito integrale generale pi` u lintegrale particolare,
quindi
q
i
=

A
i
sin
i
t +

B
i
cos
i
t + (1)
i1

2
IL
M

2
i
(3.51)
A questo punto `e necessario utilizzare le condizioni iniziali che sono
(x, 0) = 0 q
i
(0) = 0

B
i
+ (1)
i1

2
IL
M

2
i
= 0,

(x, 0) = 0 q
i
(0) = 0

A
i
= 0,
La soluzione per le q(t)
i
sar` a quindi
q
i
(t) = (1)
i1

2
IL
M

2
i
(1 cos
i
t) , (3.52)
e quindi la torsione sar` a pari a
(x, t) =
2
IL
M

i=1
(1)
i1

2
i
sin

(2i 1)
x
2L

(1 cos
i
t) . (3.53) tor-dir
Nel caso di recupero diretto qui sopra riportato la serie converge con potenze del tipo 1/
2
e quindi
come i
2
con i N. La velocit` a sar` a ottenuta derivando rispetto al tempo
13
e quindi converger` a
come i
1
, il che unito allalternanza di segno nei termini della serie, non garantisce la convergenza
della stessa. La situazione `e anche peggiore per laccelerazione.
Per utilizzare il metodo dei modi di accelerazione `e necessario riscrivere lequazione (3.29a)
sostituendo allespressione della accelerazione la derivata seconda rispetto al tempo della (3.53)
GJ

=
2
L
M

i=1
(1)
i1
sin

(2i 1)
x
2L

cos
i
t. (3.54)
Integrando questa espressione due volte nello spazio si ottiene
(x, t) =
2
GJL
M

i=1
(1)
i1

(2i 1)

2L

2
sin

(2i 1)
x
2L

cos
i
t +C
1
x +C
2
. (3.55)
12
M(L) = M
P

i=1
q
2
IL
sin
`
(2i 1)

q
i
= M
P

i=1
q
2
IL
(1)
i1
q
i
.
13
d cos
i
t/dt =
i
sin
i
t.
26
Utilizzando le condizioni al contorno della (3.29), si ricava facilemte che C
2
= 0 e C
1
= M(t)/GJ,
per cui la torsione espressa utilizzando i modi di accelerazione risulta pari a
(x, t) =
2
GJL
M

i=0
(1)
i1

(2i 1)

2L

2
sin

(2i 1)
x
2L

cos
i
t +
M(t)
GJ
x, (3.56)
che come si pu` o notare risulta composta da un contributo dinamico pi` u un contributo statico
che rappresenta la deformazione ottenuta considerando di applicare il carico esterno M(t) e di
adeguare istantaneamente la struttura al carico stesso. Si pu` o vericare analiticamente che questa
nuova serie converge molto pi` u rapidamente della precedente (3.53), dimostrando le capacit` a del
metodo dei modi di accelerazione.
Equazioni formalmente identiche al caso di semplice sollecitazione torsionale si ottengono anche
nel caso di una trave soggetta ad una sollecitazione assiale e per un lo pretensionato soggetto
ad una perturbazione, e anche per lo studio della trasmissione del calore monodimensionale. Si
lascia come esercizio lo sviluppo delle forme modali in questi casi ricordando che saranno del tutto
analoghe a quanto visto per il caso torsionale.
3.3 TRATTAMENTO DEI MOTI RIGIDI
Il recupero degli spostamenti attraverso il metodo dei modi di accelerazione, ossia attraverso le-
quazione (3.22), richiede linversione della matrice di rigidezza K. Se la struttura non `e vincolata,
assieme ai modi di deformazione della struttura sono presenti i modi rigidi. In questo caso la ma-
trice K sar` a singolare tante volte quanti sono i gradi di libert` a non vincolati. Per risolvere questo
problema si pu` o ricorrere alluso di un vincolo di tipo isostatico con cui bloccare la struttura senza
alterare la soluzione del problema elastico. Questo `e possibile se il carico con cui la struttura `e
sollecitata `e autoequilibrato, e cio`e tale per cui le reazioni vincolari siano nulle. In questo modo
la soluzione diviene indipendente dalla topologia del vincolo isostatico scelto. Per ottenere una
sollecitazione autoequilibrata si dovranno applicare alla struttura le forze dinerzia dovute alle ac-
celerazioni dei modi rigidi che andranno quindi calcolate. Unulteriore problema riguarda il calcolo
degli sforzi, che nei modelli ad elementi niti si ottengono a partire dagli spostamenti. Per un
sistema libero gli spostamenti saranno composti da una componente di spostamento rigido pi` u una
parte dovuta alla deformazione. Gli sforzi interni per` o non dipendono dal movimento rigido, `e
quindi necessario determinare un modo per sottrarre dagli spostamenti la componente rigida. Uti-
lizzando la tecnica dei modi di accelerazione proiettiamo lequazione di equilibrio sul sottospazio
dei soli modi rigidi
U =

U
Rig
U
Def

, (3.57)
U
T
Rig
K u = U
T
Rig
F U
T
Rig
M U
Rig
q
Rig
U
T
Rig
M U
Def
q
Def
. (3.58)
Sfuttando la propriet` a di ortogonalit` a dei modi attravero la matrice di massa possiamo dire che il
termine U
T
Rig
M U
Def
q
Def
= 0, e quindi, ricordando che i modi sono normalizzati a massa unitaria,
si ottiene
0 = U
T
Rig
F Diag {m
i
} q
Rig
, (3.59)
q
Rig
= Diag

1
m
i

U
T
Rig
F. (3.60)
In questo modo si ottengono le accelerazioni per sollecitare il sistema con un sistema di carichi
autoequilibrato, e quindi analizzarlo attraverso luso di vincoli isostatici. Si ricorda che la scrittura
delle forme modali rigide `e facilmente ottenibile partendo dalla conoscenza dei movimenti rigidi
permessi alla struttura in analisi.
3.4 CONDIZIONI INIZIALI
Assegnate delle condizioni iniziali sugli spostamenti espressi in coordinate siche u
0
e u
0
, `e neces-
sario determinare come tali condizioni si trasferiscono sulle coordinate modali. E possibile scrivere
27
che
u
0
= U q
0
. (3.61) cond-ini
Questa relazione non `e in generale invertibile perche la matrice U `e una matrice rettangolare (il
numero di coordinate modali q `e in generale molto minore del numero di coordinate siche u). Il
sistema di equazioni (3.61) `e un sistema sovradeterminato per il quale non esiste in generale una
soluzione esatta. Una possibile soluzione pu` o essere determinata utilizzando il metodo dei minimi
quadrati. Data una soluzione del problema q
0
, lequazione (3.61) non sar` a esattamente rispettata
per cui ci sar` a un residuo pari a
u
0
U q
0
= (q
0
). (3.62)
La soluzione ai minimi quadrati si ottiene attraverso la ricerca del minimo del funzionale
E(q
0
) =
1
2
(q
0
)
T
(q
0
) =
1
2

u
T
0
q
T
0
U
T

u
0
U q
0

, (3.63)
che corrisponde alla condizione
E
q
0
= U
T
u
0
+U
T
U q
0
= 0. (3.64)
La condizioni iniziali ottenute minimizzando il modulo al quadrato del residuo sono quindi pari a
q
0
=

U
T
U

1
U
T
u
0
. (3.65)
Unaltra possibile soluzione si pu` o ottenere cercando di minimizzare lenergia elastica residua, pari
a
E
e
(q
0
) =
1
2
(q
0
)
T
K (q
0
). (3.66)
Utilizzando la medesima procedura su questo nuovo funzionale, si ottiene il seguente risultato per
le condizioni iniziali
q
0
=

U
T
K U

1
U
T
K u
0
= Diag

1
m
i

2
0
i

U
T
K u
0
. (3.67)
Si pu o per o constare che trasponendo la (3.14) e ricordando che le matrici di rigidezza e di massa
sono simmetriche, si avr a:
U
T
K = Diag

2
0
i

U
T
M, (3.68)
che permetter a di scrivere:
q
0
= Diag

1
m
i

U
T
M u
0
. (3.69)
Per le velocit` a iniziali si e naturalmente portati alla minimizzazione dellenergia cinetica. Pertanto:
E
c
( q
0
) =
1
2
( q
0
)
T
M ( q
0
), (3.70)
che porta al risultato
q
0
=

U
T
M U

1
U
T
M u
0
= Diag

1
m
i

U
T
M u
0
. (3.71)
Per motivi numerici, la matrice di massa e, specie per grandi problemi, spesso approssimata a masse
concentrate, si preferisce utilizzare la formula basata su detta matrice anche per il trasferimento
delle condizioni iniziali sulla posizione. Per quanto riguarda il caso termico non vi sono sostanziali
dierenze, sostituendo alla M la matrice C
T
e alla K la matrice K
t
.
28
y
q
c
EJ, I, m, L
3.5 ESEMPIO: TRAVE SU DUE APPOGGI SOGGETTA A FLES-
SIONE
La trave in gura `e soggetta ad un carico q(x, t) distribuito e ad una coppia distribuita c(x, t);
`e dotata di rigidezza essionale EJ, lunghezza L, massa per unit` a di lunghezza m, momento di
inerzia per unit` a di lunghezza I. Il Principio dei Lavori Virtuali per il caso in esame si scrive
dicendo che

L
0
EJy

dx =

L
0
qy dx +

L
0
cy

dx

L
0
(m yy +I y

) dx. (3.72) PLV-flex


Anche in questo caso il termine EJ rappresenta la rigidezza essionale della trave che dipende dal
modo in cui `e fatta la sezione e non `e sempre pari al prodotto del modulo elastico E per il momento
dinerzia della sezione J. Integrando due volte per parti si ottiene
[EJy

]
L
0

(EJy

L
0
+

L
0
(EJy

y dx =
=

L
0
qy dx + [cy]
L
0

L
0
c

y dx

L
0
m yy dx [I y

y]
L
0
+

L
0
(I y

y dx.
(3.73) PLV-flex2
Per la trave appoggiata le condizioni al contorno essenziali ci dicono che y(0) = y(L) = 0, per cui
lequazione (3.73) deve valere qualunque siano gli spostamenti virtuali y e y

, che rispettano tali


condizioni al contorno essenziali. Data larbitrariet` a degli spostamenti virtuali si ottiene il seguente
problema dierenziale per la trave appoggiata
(EJy

+m y (I y

= q c

, (3.74) eq-flex-tr
EJy

(0) = EJy

(L) = 0, (3.75)
y(0) = y(L) = 0, (3.76)
in cui le condizioni al contorno naturali che vengono fuori dal PLV ci dicono che il momento ettente
deve essere nullo ai due estremi. Nel caso in cui allestremit a siano nulli y

(0) o y

(L), lequazione
(3.73) ci dice che le condizioni al contorno naturali avranno una espressione del tipo
(EJy

= c +I y

. (3.77)
che sono condizioni sul taglio agli estremi.
Consideriamo ora il caso semplice di trave scarica con rigidezza EJ costante, per la quale si
pu` o trascurare il termine legato al momento dinerzia I, di solito innitesimo di ordine superiore
rispetto al termine di massa. In questo caso si pu` o verifcare facilmente che una soluzione simile a
quella utilizzata nel caso torsionale, ossia con y = f(x ct) non soddisfa lequazione dierenziale
(3.74). La soluzione del caso essionale si presenta quindi di maggiore complessit` a.
Utilizzando la tecnica di separazione delle variabili
y(x, t) = f(x)g(t), (3.78)
che porta alle equazioni
f
IV
f
=
1

2
g
g
=
4
, (3.79)
che, come nel caso precedente devono essere pari ad una costante, in questo caso positiva per
rispettare il vincolo di stabilit` a della soluzione. In questo caso
2
= EJ/m non ha le dimensioni
29
di una velocit` a al quadrato, bens` quelle di una velocit` a per unit` a di lunghezza. Per ottenere la
velocit` a di propagazione delle onde essionali dovremo moltiplicare per una lunghezza caratter-
istica, che vedremo essere la lunghezza donda di ciascun modo. Il risultato `e che le varie onde
a diversa frequenza viaggiano con velocit` a diverse, per cui un qualunque segnale composizione di
pi` u armoniche verr` a sempre sfasato durante il suo movimento allinterno della trave. Lequazione
dierenziale con incognita la funzione del solo spazio f si scrive come
f
IV
f
4
= 0. (3.80)
Le radici caratteristiche di questa equazione sono quattro, due reali , e due immaginarie j,
le quali danno vita ad una soluzione generale del tipo
14
f(x) = A
1
sin x +A
2
cos x +A
3
e
x
+A
4
e
x
, (3.82)
Le condizioni al contorno ci dicono che
f(0) = 0 A
2
+A
3
+A
4
= 0, (3.83)
f

(0) = 0 A
2
+A
3
+A
4
= 0, (3.84)
f(L) = A
1
sinL +A
3
e
L
+A
4
e
L
= 0, (3.85)
f

(L) = A
1
sinL +A
3
e
L
+A
4
e
L
= 0. (3.86)
Facendo la somma delle ultime due si verica facilmente che lunica soluzione possibile `e quella in
cui gli ultimi due termini esponenziali si sommano in modo da dare ovunque un risultato nullo,
per cui la soluzione corretta si ha per A
3
= A
4
= 0. Dalla prima consegue che anche A
2
= 0. Con
queste condizioni la seconda equazione ci dice che A
1
= 0 solo se sinL = 0 da cui

i
=
i
L
, (3.87)
e la lunghezza donda spaziale sar` a quindi pari a

i
=
2

i
=
2L
i
. (3.88)
Potremo quindi scrivere la generica soluzione come sovrapposizione di modi del tipo
y(x, t) =

i=1
A
i
sin
ix
L
q
i
(t). (3.89)
Per ottenere la massa modale unitaria in questo caso il fattore A
i
dovr` a essere pari a

2/mL. La
soluzione dellequazione dierenziale temporale
g +
2

4
i
g = 0, (3.90)
e del tipo
g(t) = B
1
sin
i
t +B
2
cos
i
t, (3.91)
con

i
=
2
i

EJ
m
=
i
2

2
L
2

EJ
m
. (3.92)
Anche in questo caso potremo ottenere le velocit` a delle singole onde armoniche come
c
i
=
i

i
2
=
i
L

EJ
m
, (3.93)
14
Spesso scritta anche utilizzando le funzioni iperboliche
f(x) = A
1
sin x +A
2
cos x +A
3
sinh x +A
4
cosh x, (3.81)
dove sinhx =
1
2
(e
x
e
x
) e cosh x =
1
2
(e
x
+e
x
).
30
Ad ogni onda armonica `e associata una velocit` a dierente. Con lavanzare del tempo nasce uno
sfasamento fra le varie onde armoniche che permettono di ricostruire la f(x) quando t = 0, il quale
genera una distorsione dellonda stessa. Questo eetto non era presente nel caso delle onde per
il problema torsionale, perche l` la velocit` a associata a ciascuna onda armonica era la medesima.
Utilizzando le formule di prostaferesi (Eq. (3.45a)) si pu` o ricostrure la soluzione del problema di
tipo ondoso che in questo caso sar` a caratterizzata da velocit a di propagazione diverse per ciascun
coeciente della serie di Fourier. Ritornando alla rappresentazione modale la soluzione generale
sar` a quindi del tipo
y(x, t) =

2
mL

i=1
sin
ix
L
(B
1
sin
i
t +B
2
cos
i
t) . (3.94)
Il calcolo dei coecienti B
1
e B
2
si eettua applicano le condizioni iniziali
y(x, 0) = y
0
, (3.95)
y(x, 0) = y
0
. (3.96)
3.6 CONDENSAZIONE MODALE: IL METODO DELLE POTENZE
Sino ad ora si `e lasciato in sospeso il problema del calcolo di un numero limitato di modi a partire
da un modello ranato, con uno sviluppo fatto da un numero di termini che al limite tende ad
innito. Sfruttando infatti la buona convergenza della base modale precedentemente dimostrata,
ai ni pratici baster` a risolvere il problema del calcolo di un numero nito, e relativamente piccolo,
di modi propri (autosoluzioni), che verranno poi utilizzati per lanalisi della dinamica del sistema.
`
E per` o necessario che i modi da utilizzare come funzioni di base siano calcolati con una buona
precisione, ragion per cui va immediatamente rilevata la necessit` a di disporre di modelli in grado
di permettere un calcolo dei modi necessari in maniera accurata; tali modelli non potranno che
essere composti da un elevato numero di termini di sviluppo (ossia di gradi di libert` a). Nel caso
dei modelli ad elementi niti, che vengono spesso utilizzati come base di partenza, il numero di
incognite pu` o arrivare a parecchie centinaia di migliaia di equazioni nodali. Una soluzione accurata
di un problema di risposta dinamica pu` o essere invece facilemente ottenuta con alcune centinaia,
se non decine di modi propri. Ora, se per problemi con un numero di equazioni inferiore a qualche
migliaio `e spesso possibile, pratico e accettabile, utilizzando un qualunque PC, adottare i classici
metodi di utilizzo generale per il calcolo delle autosoluzioni, e.g QR, Jacobi e simili, determinando
quindi tutte le autosoluzioni per poi utilizzarne solo un numero limitato, per problemi di maggiori
dimensioni, tale approccio non risulta pi` u praticabile, anche con lelevata potenza computazionale
oggi disponibile.
`
E pertanto necessario ricorrere a metodi che permettano il calcolo del solo sot-
toautospazio (sottospazio delle autosoluzioni) desiderato, che generalmente `e quello associato alle
frequenze pi` u basse comprese nello spettro del problema. Nella maggior parte dei problemi in-
gegneristici `e necessario determinare la risposta dinamica a problemi con forzanti regolari, nite
e di durata limitata, o al piu tendenti ad un valore costante, il cui contenuto in frequenza, teori-
camente innito, si pu` o praticamente ritenere limitato. Si ricordi che il comportamento asintotico
delle trasformate in frequenza `e del tipo 1/
n+1
, dove n `e lordine di continuit` a della forzante
temporale.
`
E possibile quindi utilizzare modelli composti da un numero limitato di modi propri,
quelli a frequenza pi u bassa, proprio grazie al fatto che i modi ad alta frequenza non partecipano
signicativamente alla risposta, se non per la loro parte statica recuperabile, come visto, tramite
il metodo dei modi di accelerazione. Si noti inne che, nel caso di sistemi lineari, non `e di alcun
interesse il calcolo della risposta del sistema quando questi sono instabili mentre, nel caso siano
stabili, non `e di alcun interesse la ricerca di soluzioni per forzanti di durata innita e crescenti nel
tempo, in quanto tali soluzioni comportano di fatto o linsorgenza di un fenomeno di rotturadelle
componenti strutturali del sistema, o soluzioni di nessun interesse, o linvalidazione delle ipotesi di
linearit` a e lintervento di fenomeni non lineari che modicano la natura del modello.
Il metodo di base che si presta alle necessit` a di calcolare un numero ridotto di autosoluzioni `e
il metodo delle potenze. Per il problema agli autovalori espresso in forma canonica Ax = x, tale
metodo permette di calcolare lautovalore di modulo massimo. Partendo da un vettore iniziale di
tentativo z
(0)
arbitrario, si costruisce la successione
z
(k+1)
= Az
(k)
z
(k)
= A
k
z
(0)
. (3.97)
31
Se utilizziamo gli autovettori di A come una base dello spazio R
n
, possiamo scrivere z
(0)
come
combinazione lineare degli elementi di tale base
z
(0)
=
n

j=1

j
x
j
, (3.98)
e quindi, ricordando che Ax = x A
k
x =
k
x
z
(k)
=
n

j=1

j
A
k
x
j
=
n

j=1

k
j
x
j
. (3.99)
Se chiamiamo
1
lautovalore di modulo massimo, possiamo quindi scrivere che
z
(k)
=
k
1

1
x
1
+
n

j=2

k
x
j

, (3.100) met-pot
da cui si vede che la successione z
(k)
per k si allinea lungo la direzione del primo autovettore
x
1
, a meno che il vettore iniziale di tentativo z
(k)
non sia ortogonale al primo autovettore, ossia
tale per cui
1
= 0. La (3.100) ci dice anche che la velocit` a di convergenza della successione al
valore desiderato dipende dal rapporto
2
/
1
. Tanto pi` u il primo autovettore `e ben separato dagli
altri, tanto pi` u rapida sar` a la convergenza. In ogni caso il metodo delle potenze opera come un
ltro passa alto, perche tende a far emergere la parte alta dello spettro della matrice A. Il calcolo
dellautovalore viene eettuato utilizzando il rapporto
|z
(k+1)
|
|z
(k)
|


k+1
1

1
|x
1
|

k
1

1
|x
1
|
=
1
. (3.101)
Le propriet` a del metodo delle potenze non dipendono in alcun modo dal fatto che la matrice A
sia o meno simmetrica o a coecienti reali o immaginari. Se si `e interessati agli autovalori di
modulo minimo, si utilizza il metodo delle potenze inverse ossia il metodo delle potenze applicato
alla matrice A
1
. In questo caso
A
1
x =
1

x, (3.102)
e quindi
lim
k
z
(k)
=
n

k
x
n
, (3.103) conv-potenz
dove
n
`e lautovalore pi` u piccolo. Nel caso dei modi propri di vibrare di una struttura il problema
agli autovalori da risolvere `e il seguente

2
M u = K u. (3.104) pot-str
Essendo qui interessati agli autovalori di modulo minimo, utilizziamo il metodo delle potenze
inverse, e quindi riscriviamo la (3.104) nella forma
M u =
1

2
K u, (3.105)
Ricordiamo che la matrice di rigidezza `e simmetrica denita o semidenita positiva, mentre la
matrice di massa, generalmente denita positiva, pu` o essere consistente (cio`e ottenuta utilizzando
lo stesso sviluppo completo adottato per la matrice di rigidezza), oppure resa diagonale tramite
unopportuna concentrazione delle masse, cosa possibile per mancanza di ogni derivazione spaziale
nellintegrale che la determina. Si `e detto che la matrice di massa `e generalmente, cio`e non sempre,
denita positiva. Essendo lenergia cinetica intrinsecamente una quantit` a positiva per qualunque
atto di moto, la mancata denizione positiva della matrice di massa pu` o essere associata solamente
32
alluso di particolari schemi con matrici di massa concentrate non consistenti. Tali matrici si
ritrovano spesso in modelli con elevati gradi di libert` a in cui ci si accontenta di approssimare il
sistema utilizzando solo le masse traslazionali, anche in presenza di gradi di libert` a di rotazione. Va
da se che la mancata denizione positiva della matrice di massa altro non implica che la possibilit` a
di recuperare una parte dei gradi di liberta per la sola via statica. Potremo infatti scrivere

M 0
0 0

x
d
x
s

K
dd
K
ds
K
sd
K
ss

x
d
x
s

= 0 (3.106)
da cui `e possibilie ricavare, senza alcuna approssimazione ulteriore
x
s
= K
1
ss
K
sd
x
d
, (3.107)
riducendo il problema a
M x
d
+

K
dd
K
ds
K
1
ss
K
sd

x
d
= 0, (3.108)
dove la matrice di massa `e denita positiva.
Assumendo dapprima che la matrice K sia denita positiva, il metodo delle potenze applicato
al problema in esame diviene
K
1
M u =
1

2
u, (3.109) pot-str2
z
(k+1)
= K
1
M z
(k)
. (3.110)
`
E importante rilevare che literazione viene applicata in pi` u passi, moltiplicando prima M per
z
(k)
, e poi risolvendo il sistema lineare K z
(k+1)
= M z
(k)
. Luso di K
1
nella (3.109) `e fatto solo
per sinteticit` a formale e corrisponde in pratica a fattorizzare la matrice K stessa, con lagoritmo
di Cholesky o LDL (stabili anche senza pivotaggio) una volta per tutte, per poi eseguire i passi
avanti e indietro della soluzione sui termini noti via via disponibili ad ogni iterazione. Si rileva
qui una ragione per lutilizzo di masse condensate per migliorare lecienza di calcolo senza, dato
lelevato(issimo) numero di gradi di libert` a, intaccare signicativamente la bont` a della soluzione;
con tali matrici difatti il costo del prodotto M z
(k)
si riduce signicativamente.
Come gi` a visto, nel caso di strutture libere, o contenenti cinematismi, la matrice inversa della
matrice K non esiste perche la matrice `e semi-denita, infatti ci saranno tanti autovalori nulli quanti
sono i modi liberi rigidi. Per un velivolo libero, ad esempio, ci saranno 6 autovalori coincidenti a
zero
15
, che rappresentano i modi rigidi del velivolo, pi u tanti altri per quante sono le superci di
comando (se non vengono bloccate). Un modo pratico per ovviare a tale problema nella ricerca
numerica dei modi `e quello di applicare un cambio di origine degli autovalori in questo modo
(
2
+)M u = (K +M)u, (3.111)

2
M u =

K u (3.112)
con > 0 per non rendere la matrice

K denita negativa, la quale quindi non `e pi` u semi-denita.
Per ragioni numeriche sar` a anche opportuno che tale valore sia approssimativamente dellordine
dellautovalore minimo non rigido. Una tecnica analoga, ma con negativo, pu` o essere utilizzata
per portare ad una migliore separazione delle frequenze proprie, ma non verr` a qui perseguita in
quanto ineciente perche richiede una non facile decisione sul valore di spostamento dellorigine e su
quando vada applicato, aggravata dal costo di dover rifattorizzare la matrice

K ad ogni iterazione.
Per il caso termico il problema agli autovalori si scrive come
C
T
= K
T
. (3.113)
Anche in questo caso essendo interessati solo agli autovalori di modulo minimo, si utilizzer` a il
metodo delle potenze inverse sul problema
C
T
=
1

K
T
. (3.114)
15
Molteplicita algebrica e geometrica saranno per` o coincidenti e quindi il sistema sar` a ancora diagonalizzabile.
33
Si ricordi che se le matrici del sistema sono simmetriche e denite positive, eventualmente
semidenita positiva la K, come quelle di cui sopra, gli autovalori, a parte quelli relativi ai modi
rigidi, saranno reali e positivi. Inoltre se multipli porteranno ad una corrispondente molteplicit` a
degli autovettori. Perci` o tali matrici saranno sempre diagonalizzabili. Se invece le matrici non sono
simmetriche, come nel caso termoelastico integrato, non `e garantito che ad autovalori multipli siano
associati autovettori di pari molteplicit` a (cio`e la molteplicit` a algebrica potr` a essere maggiore di
quella geometrica). Limpossibilit` a di calcolare tutti gli autovettori rende le matrici non diago-
nalizzabili. In questi casi ci si pu` o ancora ridurre ad una rappresentrazione minima che non `e
perfettamente diagonale e che conterr` a dei sotto-blocchi a cavallo della diagonale del tipo

1 0 . . . 0
0 1 . . . 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0 0 0 . . .

(3.115)
La matrice risultante quasi diagonale viene detta forma di Jordan.
Il metodo delle potenze calcola un solo autovalore, perci` o si deve ricorrere ad una qualche tecnica
di deazione per calcolare i successivi. Per fare questo, noto il primo autovettore x
1
, si parte da un
vettore iniziale di tentativo z
2
e dalla considerazione che gli autovettori sono ortogonali attraverso
la matrice di massa
16
e quindi x
2
M x
1
= 0. Ad ogni iterazione del metodo delle potenze si proietta
il nuovo vettore z
(k+1)
2
in modo da ottenere un vettore che sia sempre ortogonale allautovettore
x
1
, ossia
z
(k+1)
2
T
= z
(k)
2
T
x
1
T
, (3.116)
z
(k+1)
2
T
M x
1
= z
(k)
2
T
M x
1
x
T
1
M x
1
, (3.117)
=
z
(k)
2
T
M x
1
x
T
1
M x
1
. (3.118)
Tale procedimento va applicato ad ogni passo, o comunque dopo un certo numero ridotto di passi,
perche spesso gli errori numerici di arrotondamento possono rendere non perfetta lortogonalit` a.
Lalgoritmo non `e niente altro che una estensione, modicata, del classico metodo di ortogonaliz-
zazione di Graham-Schmidt, e si estende facilmente al calcolo dellautosoluzione n + 1 una volta
disponibili le prime n.
Nel caso non simmetrico, quale quello che occorrerebbe risolvere se si volesse arrivare ad una
condensazione modale del modello termoelastico accoppiato, non si possono utilizzare le propriet` a
di ortogonalit` a del caso simmetrico
17
ma si possono recuperare propriet a analoghe utilizzando le
autosoluzione sinistre, cioe quelle associate al problema
A
T
y = y. (3.119) autv-sin
La denominazione sinistrisi riferisce al fatto che il problema (3.119), pu` o essere riformulato come
y
T
A = y
T
, cio`e senza trasporre la matrice e utilizzando dei vettori riga, che per` o adesso sono a
sinistra della matrice A. I due problemi
Ax = x, (3.120)
A
T
y = y, (3.121)
posseggono i medesimi autovalori, perci` o moltiplicando la prima equazione per y
T
, la seconda per
x e facendo la dierenza delle due si dimostra che per autovalori distinti gli autovettori sinistri sono
ortogonali a quelli destri, sia fra di loro che rispetto alla matrice A. A tutti gli eetti si possono
16
Lo sono anche rispetto alla matrice di rigidezza, ma se la massa `e diagonale i calcoli risultano pi` u rapidi.
17
Si ricorda che nel caso di matrice A simmetrca la matrice diagonale degli autovalori `e pari a = X
T
AX,
mentre nei casi generali = X
1
AX, ossia per il caso simmetrico la matrice degli autovettori `e ortogonale e quindi
X
1
= X
T
.
34
quindi utilizzare i trasposti di tali vettori laddove verrebbero utilizzati i trasposti degli autovettori
del problema simmetrico, che sono ovviamente sia destri che sinistri. Assumiamo qui che il sistema
sia diagonalizzabile cos` che, nel caso fosse possibile calcolare tutte le autosoluzioni sinistre, `e
chiaro che la corrispondente matrice trasporta altro non sarebbe che linversa della matrice degli
autovettori destri, ossia Y
T
= X
1
e viceversa Y
1
= X
T
. Pertanto la conoscenza degli autovettori
sinistri corrispondenti al sottospazio degli autovettori destri di interesse permette di determinare
il pezzo dellinversa della matrice degli autovettori necessaria ad ottenere la trasformazione di
similarit` a richiesta per la condensazione di un sistema dinamico non simmetrico.
`
E evidente come
sia molto meno costoso calcolare un sottoinsieme di autovettori destri e i corrispondenti autovettori
sinistri piuttosto che fare il calcolo della matrice completa degli autovettori destri e poi invertirla
per ottenere gli autovettori sinistri che ortogonalizzano il problema nel sottospazio di interesse.
`
E
quindi di fondamentale importanza utilizzare una doppia iterazione con il metodo delle potenze,
una per il sottospazio destro, e una per il sottospazio sinistro
z
(k+1)
d
= A
1
z
(k)
d
, (3.122)
z
(k+1)
s
= A
T
z
(k)
s
. (3.123)
Le propriet` a di convergenza e la necessit` a di separazione saranno le stesse per entrambi i prob-
lemi, mentre le formule per lortogonalizzazione necessaria al ne di calcolare delle autosoluzioni
successive alla prima, per il caso degli autovettori saranno
z
(k+1)
d
T
= z
(k)
d
T

d
x
1
T
, (3.124)
z
(k+1)
d
T
y
1
= z
(k)
d
T
y
1

d
x
T
1
y
1
, (3.125)

d
=
z
(k)
d
T
y
1
x
T
1
y
1
, (3.126)
z
(k+1)
s
T
= z
(k)
s
T

s
y
1
T
, (3.127)
z
(k+1)
s
T
x
1
= z
(k)
s
T
x
1

s
y
T
1
x
1
, (3.128)

s
=
z
(k)
s
T
x
1
y
T
1
x
1
, (3.129)
(3.130)
3.7 METODO DELLE POTENZE A BLOCCHI
Come gi` a rilevato nel calcolo dei modi propri `e tuttaltro che raro trovare autovalori vicini o addirit-
tura coincidenti; senza pensare al gi` a citato caso dei modi rigidi, si pensi semplicemente a casi per
cui si sia in presenza di simmetrie geometriche, inerziali o elastiche. In questi casi il metodo delle
potenze cos` come `e stato presentato sembrerebbe di scarsa utilit` a pratica. Come gi` a accennato,
in passato si utilizzavano tecniche di cambiamento dellorigine, per portare ad una separazione
dei modi una volta raggiunta la convergenza sul sottospazio dei modi vicini. Tale tecnica `e per` o
assai onerosa in quanto richiede ripetute rifattorizzazioni della matrice K M, che deve anche
essere assoggettata a tecniche di pivoting per garantirne la stabilit` a numerica non essendo pi` u
denita positiva. Si preferisce quindi utilizzare altre tecniche che sono venute evolvendosi in modi
numericamente ranati con codici liberi, altamente ecienti e facilmente reperibili, in rete. Molti
di questi metodi iterativi appartengono alla classe dei motodi ai sottospazi di Krylov, fra cui ricor-
diamo il metodo di Arnoldi, di Lanczos, semplice e a blocchi, come i pi` u diusi. Noi presenteremo
qui un metodo pi` u classico, ossia il metodo delle potenze a blocchi o iterazione su sottospazi (detto
anche Stodola/Vianello a blocchi), attualmente un po meno di moda di un tempo ma comunque
numericamente assai eciente e stabile, facilmente utilizzabile anche per la condensazione di prob-
lemi non simmetrici e di sicura validit` a. Tale metodo risulta comunque propedeutico anche per gli
altri metodi pi` u sosticati sopra citati
18
. Il metodo delle potenze a blocchi permette di estendere
18
Si rimanda il lettore interessato allesaustivo testo: Y. Saad. Numerical Methods for Large Eigenvalue Problems.
Manchester University Press. 1992.
35
il calcolo eettuato con il metodo delle potenze, a tutti gli autovettori/autovalori che si vogliono
calcolare sostituendo allespressione vettoriale
u
(k+1)
= K
1
M u
(k)
, (3.131)
lespressione matriciale
U
(k+1)
= K
1
M U
(k)
, (3.132) pot-blok
in cui la matrice U di partenza pu` o essere scelta arbitrariamente, purche al solito non manchi
di componenti nel sottospazio degli autovettori che si vogliono determinare. La matrice U
(k+1)
non potr` a che arricchirsi sempre pi u del sottospazio corrispondente allo spettro di bassa frequenza
dinteresse, grazie alle caratteristiche ltranti del metodo delle potenze evidenziate dalla (3.103).
Al ne di garantire anche la corretta proiezione sui corrispondenti autovettori, e non solo il rag-
giungimento di una base di bassa frequenza, introduciamo il coeciente di Rayleigh, che esprime
il rapporto tra lenergia elastica e un parente di quella cinetica
19

R
=
u
T
K u
u
T
Mu
. (3.133) Rayl
`
E facile vedere che se al posto di un vettore u generico si inserisce un autovettore x, il coeciente
di Rayleigh diviene pari a
2
, ossia lautovalore corrispondente (moltiplicando lequazione (3.104)
per latovettore trasposto). Il valore di questo coeciente nellintorno di un autovettore gode di
una interessante propriet a che andiamo a determinare operativamente. Se si denisce un vettore u
costituito dallautovettore x in esame pi` u una piccola perturbazione, che possiamo rappresentare
come una combinazione lineare delle colonne della matrice di tutti gli autovettori meno x, che
chiameremo X. Si ha quindi che u = X + x, con un vettore di coecienti adeguatamente
piccoli. Il coeciente di Rayleigh calcolato per u diventa

R
=
x
T
K x + 2x
T
K X +
T
X
T
K X
x
T
M x + 2x
T
M X +
T
X
T
M X
=
x
T
K x +
T
Diag {k
i
}
x
T
M x +
T
Diag {m
i
}
, (3.134)
in cui il doppio prodotto `e nullo per lortogonalit` a tra gli autovettori rispetto alle matrici di massa
e rigidezza. Pertanto, risultando dipendente dalla sola variazione quadratica, il coeciente di
Rayleigh `e stazionario in prossimit` a di un autovettore. Difatti

R

1
x
T
M x

x
T
K x +
T
Diag {k
i
}

1

T
Diag {m
i
}
x
T
M x

=
x
T
M x
x
T
K x
+O(||
2
) (3.135)
da cui si vede che non ci sono termini lineari in alfa e che quindi, a meno di innitesimi di ordine su-
periore, il gradiente

R

`e nullo e quindi
R
`e stazionario nellintorno di una forma modale. Questo
spiega perche, anche a partire da forme modali approssimate con errori signicativi, attraverso il
coeciente di Rayleigh, si ottengono errori piccoli sul valore dellautovalore. Il coeciente di
Rayleigh ci permette anche di valutare la sensibilit` a di una certa frequenza relativa ad una forma
modale per piccole variazioni della matrice di massa o di rigidezza. Difatti esso ci dice anche che
se la forma modale cambia signicativamente la frequenza relativa si sposta di poco.
Essendo ragionevole supporre che ci siano zone di separazione fra le frequenze proprie, luso
delle iterazioni a blocchi del tipo (3.132), grazie alle propriet` a di ltraggio del metodo delle poten-
ze, far` a emergere il sottospazio degli autovettori cercati. Ciascuna delle colonne del blocco U
(k)
che emerger` a non sar` a per` o pari ad un autovettore, bens` una combinazione lineare dei modi che
fanno parte della sottospazio che si vuole far emergere: il metodo non separa i modi. Per sep-
ararli utilizziamo il coeciente di Rayleigh. Se infatti diciamo che il generico modo proprio sia
rappresentabile come u = U
(k)
= U

R
=
u
T
K u
u
T
M u
=

T
U
T
K U

T
U
T
M U
=

T

K

T
M
. (3.136)
19
Asserto sbagliato dimensionalmente ma utile come promemoria.
36
Al procedere delle iterazioni la matrice U tende ad essere sempre di pi` u la matrice delle forme
modali e le matrici

K e

M saranno sempre pi` u simili a matrici diagonali. Sfuttuando ancora una
volta la stazionariet` a del coeciente di Rayleigh possiamo scrivere che

K
T

M
T

K

M

T
M

2
= 0, (3.137)

K

T

T
M

T
M
= 0, (3.138)

K
R

M

T
M
= 0, (3.139)
da cui si ottiene il cosiddetto problema agli autovalori ridotto

K =
R

M (3.140)
Determinati gli autovettori di questo problema
v
, che ricordiamo `e di dimensioni ridotte rispetto
al problema originario, potremo ottenere i modi propri del problema originario come
X = U
(k)

v
. (3.141)
Il metodo di Stodola/Vianello consiste quindi nei seguenti passi: 1) scelta della base iniziale U
(0)
; 2)
applicazione di uno o pi` u passi del metodo delle potenze a blocchi, solitamente uno solo; 3) calcolo
della matrici

K e

M, dei coecienti di Rayleigh e risoluzione del problema agli autovalori ridotto; 4)
rivalutazione della base in modo che U
(k+1)
= U
(k+1)

v
. Si continua ad iterare nche le matrici

K
e

M non sono sucientemente diagonali.
`
E utile rilevare che il numero di termini da utilizzare per
literazione a blocchi dovr` a essere in numero leggermente pi` u elevato delle autosoluzioni richieste.
Una regola empirica spesso utilizzata consiste nel raddoppiare il numero richiesto se inferiore a venti
mentre per sottospazi pi` u ampi si raggiunge il doppio del raggruppamento di autovalori pi` u vicini
al sottospazio di interesse, e in mancanza di informazioni si sceglie un numero fra dieci e venti. Tali
considerazioni sono di massima e vanno utilizzate con un po di cautela. Allo scopo di poter valutare
se non si `e persa alcuna autosoluzione del sottospazio di interesse si richiama, senza dimostrazione e
per il solo caso simmetrico, il metodo di Sturm. Esso permette di eettuare tale verica e consiste
nel valutare la fattorizzazione LDL della matrice (K
2
M) dopodiche il numero di termini
minori di zero della matrice diagonale D corrisponde al numero di frequenze proprie minori di .
Naturalmente tale tecnica si pu` o applicare a priori, per determinare il numero di autosoluzioni
necessarie, o a posteriori per vericare che non si siano perse soluzioni nelliterazione a blocchi. In
realt` a sarebbe meglio utilizzarla sia prima che dopo ma va rilevato che tale operazione ha un costo
computazionale percentualmente rilevante rispetto al calcolo delle autosoluzioni richieste.
Nel caso di matrici non simmetriche la denizione del coeciente di Rayleigh necessita degli
autovettori sinistri ed `e la seguente

R
=
y
T
Ax
y
T
x
, (3.142)
per cui grazie allortogonalit` a degli autovettori sinistri rispetto ai destri viene mantenuta la propri-
et` a di stazionariet` a. In questo casi quindi verranno risolti ad ogni passo due metodi delle potenze
a blocchi
X
(k+1)
= A
1
X
(k)
, (3.143)
Y
(k+1)
= A
T
Y
(k)
. (3.144)
Il generico modo x = X
(k)

d
e y = Y
(k)

s
, per cui il coeciente di Rayleigh si scrive come

R
=
y
T
Ax
y
T
x
=

T
s
Y
T
AX
d

T
s
Y
T
X
d
=

T
s

A
d

T
s

I
d
, (3.145)
37
dove

I `e una matrice che approssiama la matrice unit` a. Scivendo la stazionariet` a rispetto ad
s
si
ottiene il problema ridotto destro

A
d
=
R

I
d
, (3.146)
mentre la stazionariet` a rispetto ad
d
fornisce il problema ridotto sinistro

T
s

A =
R

T
s

I, (3.147)
pari a

A
T

s
=
R

I
T

s
. (3.148)
Questi due problemi ridotti verranno utilizzati per aggiornare le due basi ad ogni passo.
Come dovrebbe apparire da quanto presentato, le stesse considerazioni valgono per la parte
termica, previa opportuna sostituzione delle matrici di massa e rigidezza con le matrici di capacit` a
e conduzione termica. Il problema risulter` a per` o simmetrico solo in assenza dello Jacobiano dei
termini radianti, in generale non lineare, anche se la matrice di radiazione `e simmetrica, per la
presenza dei termini 4

T
3
. La condensazione nel caso termoelastico pu` o avvenire sia attraverso
un doppio calcolo modale distinto della parte elastomeccanica e di quella termica, generalmente
utilizzato nel caso in cui anche il problema delle autosoluzioni termiche `e simmetrico, sia attraverso
la risoluzione di un problema agli autovalori non simmetrico unicato termoelastodinamico.
38

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