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CRISTIANO SPILA Il mostro apocalittico in Horcynus Orca

Lapocalissi, la fine del mondo, la distruzione di un mondo e la morte dei valori umani e socio-economici precedenti al secondo conflitto mondiale il fatto centrale di Horcynus Orca (1975) di Stefano DArrigo. Nel romanzo pochi quadri sono pi familiari di quello della morte, allegoria marina su cui si regge limpalcatura del racconto, e attorno a cui si costruisce la trama delle vicende. LOrca, il mostro marino rappresenta la morte per guerra, la ruina, anzi la guerra stessa, la disumanizzazione del secondo conflitto mondiale, la fuga dallumano e simboleggia in qualche modo il sentimento e la paura umane di fronte alla crisi, allimminenza del crollo. Di pi, lorcaferone, la fera marina che prende il sopravvento sulluomo, espressione allegorica di uno degli atteggiamenti spirituali pi antichi, quello escatologico della fine cosmica, dello sprofondarsi del mondo. Cubiti di distruzione e di morte contraddistinguono lorca, mostro sommozzato, sottomarino, siluro, catafalco: la sua grandezza il fattore tecnico conseguente allevento bellico. La grandezza dellOrca rappresenta un surplus di semantica: il troppo semantico manifesta per antitesi la modalit del vuoto imminente il delirio ossessivo riempie un vuoto percettivo:
[...] nelle profondit della mezzera dello scille cariddi, dove poggiava sommerso nella lava fredda e nera del suo sonno, un gigantesco, misterioso, inimmaginabile animale, cominciava la poderosa operazione del suo risveglio e riassommamento. La sua mente si smuoveva dal sonno di roccia, avvolta in nebbie fitte, in nuvolosit nere fumose, il suo corpo immenso andava spostandosi nelle tenebre sterminate, impenetrabili dellabisso, entro cui combaciava con le grasse scannellature e i grumi di sangue nero, nero come di pece, per tutta la sua terrificante, alta e lunga grossezza, come in un fodero di velluto nero, lenorme mole affusolata andava spostandosi con possente, inesorabile lentezza: il fenomeno di natura fatalmente aveva inizio, fatalmente si muoveva al suo fine, dagli sprofondi abissali veniva un rimbombo spento come il rotolo di un tuono per quelle fosse e montagne sottomarine, e il mare alla superficie di scuoteva tutto. Lanimalone brancolava ancora cieco e sonnoso, oscuro e inavvertito come tutti i cataclismi nelle loro sotterranee origini, quando non se ne ha ancora segno e sono gi sotto i nostri piedi. La sua immensa mole affusolata saliva, preceduta dallalta pinna dorsale ad ascia, come un sommergibile dal suo periscopio, e salendo, dalle bocchette

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Cristiano Spila dello sfiatatoio sprigionava un sibilo come di fuoco che va per acqua, di lava di vulcano che erutta dagli abissi e raffreddandosi, forma un isolotto in superficie. [...] Era lOrca, quella che d morte, mentre lei passa per immortale: lei, la Morte marina, sarebbe a dire la Morte, in una parola1.

Questa citazione, che troviamo nella terza parte del romanzo dopo pi di 700 pagine, come un nuovo inizio e dopo le vicende del personaggio di Ndrja Cambra, ci presenta il vero protagonista del romanzo, quello da cui trae il titolo lopera stessa. Iniziatore e interessato agli inizi, DArrigo rallenta e procastina lentrata in scena del mostro proprio per rafforzarne il significato allegorico. LOrca connessa con la forza sotterranea del vulcano e la violenza generatrice e distruttrice del mare: nasce dalla lava e diviene mare, e morte. Il mostro emerge dalle ceneri di un vulcano: il fuoco nella forma di cenere che la forgia e lacqua salina del mare fa da liquido amniotico. Linizio delluomo fu lacqua e leco perpetua di quel grande antico elemento, continuamente rinnovato allaprirsi della vita, struttura operante sul versante della metamorfosi. Se il divenire fluido e operabile niente lo rappresenta meglio del mare; ma se il divenire perde la sua prospettiva, il suo senso, la sua direzione, non possiede pi alcuna progettualit, nessuna definibile articolazione di ambiti, nessuna oggettivazione etica, allora si destruttura e si popola di mostri. In Horcynus Orca il mare partorisce mostri e luomo un pietoso relitto in bala dei loro puntuti denti e della loro micidiale ansia distruttiva. Il mare oltraggia e assassina luomo e lOrca il pi perfetto strumento di questa distruzione:
Senza fermarsi mai, passando di carneficina in carneficina, appestando e spopolando le acque per miglia e miglia, lanimalone s lasciato dietro mari di rovina: di reti, di barche e di cristiani che cincappano, mari di pesci massacrati o scappati in terrore davanti a lui [...] Lungo tutto il bordomare. in giro in giro, da Capo Lilibeo a Capo Peloro, villaggi e villaggi di pescatori, come investiti da un momento allaltro dal contagio e destinati alla pi nera carestia di mare, restano chiusi in quellimmenso cordone di acque ribollenti di sangue, ribellate e appestate di fetori di carogne martoriate 2.

Non manca nulla a questo culto della morte che ha il mare come officiante. Insistenza rivelatrice che nellostentazione metaforica del tema del lutto rivela lespressione diretta di una fine. Col suo corpo enorme, nero, della razza dei dragoni giganteschi e dentuti, lOrca un gigante emerso dal fondo del mare, dai crepacci abissali. Il nome apposto al romanzo funziona da allegoria rivelatrice: Orcyns, sarebbe a dire, che come vi dissi, significa quello che d morte, la Morte in una parola3. Questa enorme allegoria nominalistica la trasposizione
S. DARRIGO, Horcynus Orca, Milano, Mondadori, 1975. Citiamo dalledizione degli Oscar Mondadori (Milano, 1982), dora in poi con la sigla HO, pp. 728-29. 2 HO, p. 730. 3 HO, p. 776.
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metaforica di uno scempio, di una distruzione, della cancellazione di una civilt: quella arcaica dei pescatori dello Stretto decimati dalla guerra e cancellati dalle branche pi taglienti dei denti orcini del capitalismo. Nero Moloch, lOrca si precipita sul mondo del duemari per inghiottirlo intero. Divorare, inghiottire, sprofondare: queste metafore di strazio evocano un processo di distruzione, per cui la simbolica dello sfascio si inserisce nella trama continua dellessere. Il mare, elemento salino come il sangue, associato alla dissoluzione e allassorbimento nellelemento stesso:
[...] fili dalga, rimasugli gelatinosi come di bromi, scaglie e sfilacci di sacchi e di corde, intrecci o di pelo di cavallo o di capigliature umane e pellecchie e callosit come di unghia e pelli di cristiani o di animali, e poi pezzettini di carta, gocce oleose di nafta e granelli di sabbia, miscuglietti neri e rosseggianti dentro come sangue e catrame in un tuttuno di grumi lucidi, di pallottoline di lava4.

Dal mare emergono carcasse, resti umani, scheletri di navi e di morti appestati, come nella tradizione romantica del topos della nave di sventura (Coleridge, Poe):
[...] quel potente transatlantico che nel trentacinque toglieva il fiato a starci sottobordo, gli si rivelava ridotto ormai a una carcassa di legno e di ferro, infracidito e arrugginito: e scopriva contempo che quella gigantesca carcassa portava ormai un carico di scheletri [...] Per ponti, passeggiate, scale, sale e scialuppe di salvataggio, il bastimento era letteralmente impestato di scheletri [...] Si sentiva appena qualche cozzo di ossa, qualche risuono di denti contro denti e il cigolio del legno muffito, che si sbriciolava e cedeva allacqua sotto la linea di galleggiamento. Ne risultavano echi spaventosi, da fare rabbrividire, tanto pi lontani quanto pi sembravano vicini, come se quei gemiti, sordi e spenti, si risentissero nel silenzio, quasi dallaldil, che circondava la nave dei morti [...] 5.

Albe funebri illuminano le scene marine:


[...] il mare montava e col mare montava anche la luce, cresceva di chiarore, si faceva grossa, gonfia, galleggiava, si spandeva intorno a barbagli come fosforescenza sottomarina. Quando questa luce illumin le pietre verdastre della grotta come spruzzi di calce viva, lui pot vedere allora, appesi alle pareti come occhi di spada da salare, i teschi dei suoi amici, che riconosceva uno per uno come fossero ancora in carne e ossa, non appena ci posava sopra gli occhi [...] 6.

Il mare vomita morti, e mostri, e pesci-vampiri, eclissi di sangue, emersioni orrende, ostensioni di distruzione: la cerimonia della fine del mondo viene pre-

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HO, p. 598. HO, pp. 288-89. HO, p. 658.

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parata dal mare e portata sulla terra, come da sempre avvenuto nello Stretto tra Scilla e Cariddi:
[...] quel mareggiare fuori natura, che faceva lanimalazzo orcinuso con la sua altalena fra la vita e la morte, sopra sotto, fra Sicilia e Calabria [...] port fuori pure, pace allanima sua, quello che restava di uno sventurato cristiano, forse tedesco, forse italiano, forse inglese, forse americano: tanto, oramai, che differenza faceva? [...] lo vedettero bene, sin troppo magari, come se lo erano lavorato sarde e compagnia bella: di punta e di taglio, col deliberato disegno, si sarebbe detto, e mai parola fu usata forse pi a proposito, di ridurlo, se non eguale a se stesse nelle proporzioni, di ridurlo comunque a pesce [...] gli avevano accorciato e affilato le braccia, spuntandogliele come pinne; delle gambe, se non era stata qualche cannonata o qualche bomba a portargliela via di netto a netto, gliene avevano lasciato una sola, e a quella, avevano sfrangiato le dita del piede [...] come la frangia di una coda; e poi, gli avevano smangiato il cranio, squadrandoglielo e appiattendoglielo, e fatto scomparire naso e orecchie, e l, ai due lati, ora, i buchi degli orecchi avevano qualcosa di somigliante agli occhi da cieco dun pesce degli abissi [...]7.

Il tema complessivo di Horcynus Orca , dunque, il mondo del mostruoso, dei demoni infernali, delle bestie che prendono il sopravvento sulluomo. Una volta linferno era soprattutto oggettivato nellaldil, e la sua irruzione era un evento temporaneo che toccava il santo, come nelle Tentazioni di SantAntonio di Flaubert, o il sub-uomo che ne era posseduto. Ma qui i demoni in forma animale, Leviatani, mostruosi pesci, giganti, vampiri del mare: le potenze tutte della natura leternit del mare afferrano luomo. Il quale, tuttavia, da queste potenze al tempo stesso separato come da tuttaltro, in una solitudine senza speranza. Il mare dello stretto pullula di mostri allucinanti sempre in procinto di superare i confini acquatici e invadere i territori dellumano. Una spaventosa teratologia orrorifica, proprio perch antropofaga o semplicemente mostruosa, difforme. Il mostro, si sa, deriva dallo sproporzionato, ipertrofico o atrofico trasferiti in un habitat spazio-temporale con indubbio significato metaforico: dal regno di Cristo derivano i pesci cristiani, da quello di Satana i pesci bestini. Allora, lOrca veramente, in questa prospettiva, sovraccaricata di tutte le possibili valenze malefiche e addirittura eticamente decettive, si trasforma in una rappresentazione della fine, della Morte appunto, che anche morte degli individui e fine della civilt fino ad allora intesa. senza dubbio una morte figurata, se non prefigurata, per gli uomini di mare oggetto di meraviglia ma anche di terrore, di ineluttabilit del male: una delle mille trasformazioni di Satana, o la possibile perdita della ragione del mondo:

HO, p. 909.

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Il mostro apocalittico in Horcynus Orca [...] guerra era una parola [...] voleva dire mare, tempeste e carestie, quel terribilio di ribellioni e di arcani, e voleva dire, in particolare, fera, fera e ancora fera8.

Mostro orrorifico lOrca creduta effettivamente la Morte al vivo, perch esiste una antichissima tradizione letteraria e mitologica, ma anche scientifica, che lha tramandata. Apparentata alla celeberrima Balena bianca del romanzo melvilliano e allOrca ariostesca, in parziale coabitazione con i serpenteschi dragoni della tradizione medievale, lOrca il grande Avversario delluomo. Accenni a una interpretazione allegorica dei mostri marini risale a santAgostino. Il mare, che il mondo, le cui acque sono amare, produce rettili dotati di anime viventi cio, i sacramenti che strisciano nelle onde della tentazione allo scopo di impregnare le nazioni con lacqua del battesimo 9. Il bestiario simbolico dellApocalisse giovannea si compone di diverse bestie: il Dragone, la bestia del mare e la bestia della terra, il 666 10. La bestia costituisce il tratto escatologico dominante in Horcynus Orca, allegoria di complessa esperienza emotiva che solleva dinamiche di lettura e di interpretazione. Ancora una volta, la decifrazione della natura simbolicamente affidata a un libro, il famoso libro colorato del Signor Cama:
[...] un libro tutta scene colorate di bianco come bianco di latte [...] e tutta figure di giganti marini, giganti chi di mole, chi di ferocia e chi dintelligenza, animali tutti fenomenali, e la loro impressionante fenomenalit cominciava dal fatto che respiravano mezzo a pesce e mezzo a uomo, e come in conseguenza del fatto che avevano il sangue caldo non facevano che assaltare, sbranare, lottare e mangiarsi anche fra di loro, in certe scene che a prima vista si tratteneva il fiato per lo spavento e veniva distinto di fare un passo indietro. Muccusi e muccuselli, giudicando dal libro del signor Cama, erano persuasi che nelloceano non vivessero pesci cristiani, pescicelli dello stampo di quelli che vivevano sullo scille cariddi: ope, triglie, saraghi, cernie, sgombri, tanto per dire, ma pensavano che ci vivessero solo gli animaloni che vedevano allopera fra le pagine del libro, come draghi dacqua, draghi e persino liocorni [...] 11.

Come presenza effettiva propria della filosofia e delle scienze teologiche, lapocalissi conserva una lunga tradizione, sviluppatissima nel Medioevo fin dai primordi. In particolare, le rappresentazioni dellautore ricorrono a figure topiche: quelle dei sistemi planetari, degli elementi in cozzo tra loro. Un altro aspetto di cui intessuto il romanzo darrighiano quello relativo alla catastrofi naturali. Le catastrofi (maremoto, terremoto, terremaremoto, spurgo di lave vulcaniche, piogge di cenere, eclissi) sono palingenesi, catarsi cosmiche, in qualche

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HO, p. 189. AGOSTINO, Le Confessioni, XIII, 17-20; 20-26; 21-29. 10 Apocalisse, 12: 1-18 e 13:1-18. 11 HO, p. 509.

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modo connesse al rinnovamento del mondo cos come alla fine del mondo. Il destino del mondo, cio la possibilit che il mondo continui ad esistere, legato al periodico rinnovarsi del mondo stesso. La catastrofe comporta, quindi, non solo la distruzione del paesaggio, la morte, lalterazione della periodicit naturale, ma ha anche conseguenze concrete sullorganismo sociale: alterazione dellequilibrio psichico dellindividuo, disintegrazione dellorganizzazione sociale. LOrca la signora delle catastrofi naturali e delle malattie:
Lorca dovete capire, a chi destinata la morte, non che pu pigliare una delle tante malattie cristiane, nefrite fate conto, tubercolosi, idropisia o polmonite doppia, e mandargliela alla balena, fate conto, al pescecane, alla fera o a chiunque sia, pesce o pescebestino: lei, lorca, la morte marina la deve portare di persona, con le mani sue 12.

Necessariamente, lOrca si muove e vive in un mondo in cui uomini e pesci sono nemici: il conflitto nel mondo del duemari improvviso tra lantico e il nuovo: il simbolo esteriore della lotta interiore. LOrca una evocatrice: essa evoca il mondo del male. Usa la magia nera per riportare il male sul mondo. Ma un errore pensare allOrca come a una antagonista nel senso drammatico: i demonismi sono dispersi nel tessuto del libro e lOrca soltanto la massa pi attaccabile. Antagonista delluomo, lOrca il mostro, il mare, lo spazio: la sua una esistenza allegorica. Il mare la sua Tetide e la sua Atlantide; suo padre il vulcano, pi vecchio del mare. LOrca la spina dorsale del mare, prende possesso dello spazio marino, annienta il mondo muovendocisi dentro. Sprofondando nel mare ne saggia al tempo stesso lestensione.
Nuota a pelo dacqua, con quella sua nera, allarmante, cos misteriosa, catastrofica sagoma in trasparenza, limmenso corpo interamente invisibile, con la sola eccezione della pinna soprana affiorante di alcuni metri come una funerea insegna di pirateria, col taglio terrificante di unascia, segno delle sue prerogative, qualcosa come la falce della sua collega di terra, montata sullo scheletrico cavallo [...] dietro a quelle labbruzze di vecchio sfessato, quello che d morte ha i ferri del suo mestieruzzo, dentoni scalpellati come bianchi macigni, veri e propri cunei, spuntati e scheggiati dal granduso 13.

Il corpo del libro sostiene la massa del materiale mitico e pseudo-scientifico sullOrca. LOrca non che una forma della morte, ma anche il corpo del mondo dello Stretto. La sua stessa oceanica voluminosit indice del legame simbolico tra il tutto naturale-cosmico (mare) e lorganismo della storia (guerra). La forma dellOrca, come il significato della sua azione, ha radici profonde nella storia. La guerra come un faro rotante che irraggia tuttintorno a s

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HO, pp. 769-770. HO, p. 732.

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ogni cosa ne illuminata, ogni cosa prende significato da essa. Lallegoria mortuaria della bestia la chiave del significato di Horcynus Orca, qualcosa di pi di una descrizione. Nella forma del mostro riposa il significato della sua azione, ha radici profonde nella finalit per cui stata preparata. Per questo, lOrca va considerata come limite e risorsa. Un prodotto creato dalla natura snaturata della guerra luomo guidato contro la pi grossa e dannata creatura che la natura abbia sfornato. Il mondo a cui Ndrja, marinaio disertore dopo larmistizio, ritorna una realt marina fatta di pescatori, che stata sviata nei suoi valori dalla fame e dalla guerra, che ha sconvolto tutte le abitudini e lantico rapporto con la natura nellesercizio dellattivit del mestieruzzo della pesca. Sogno da realizzarsi quello del ripristino dei valori della societ da cui egli proviene: Ndrja propone la costruzione di una barca da pesca come ripristino dellantico mestieruzzo problema di soluzione di forze risolto prendendo in considerazione tutte le forze: gli uomini e le tecniche, la palamitara e la provvista di caccia tale da permettere una ricostituzione della societ pescatrice di Cariddi. Il pensiero della fine del mondo nel romanzo media, attraverso il personaggio di Ndrja, una lotta contro la Morte, anzi, in ultima istanza, il progetto di recupero di un mondo affidato a questa lotta. Letica di colui che ritorna, dellUlisside, mistica/mitica. Il nostos, lapprodo, mancato, inutile, dolente. Come No, Ndrja era sopravvissuto al Diluvio, alla guerra. LOrca, dietro di lui viene dopo e cos sono le acque del suo diluvio, il duemari, che si aprono al suo passaggio (per cui viene paragonato a Mos14). Egli torna alle acque materne, allo Stretto; ma al suo ritorno, egli ha lalternativa che No ebbe quando le acque si ritirarono: diventare contadino, un cardone, o un mestierante qualsiasi, un riattero. Il suo rifiuto viene pagato con la vita. Il duemari la fine dellignoto cui lUlisse di DArrigo apre gli occhi, chiudendoli per sempre. Ndrja non comprende appieno la novit del mondo, egli pervaso dallansia di preservare unidentit dellio e del mondo irrigidita e impermeabile. Anche quando si imbatte nelle ossa massicce e fosforescenti delle fere sullisola di Vulcano, egli colpito da orrore per lesistenza senza origini dei mostri del mare. Il brano ricorda una scena del Viaggio al centro della terra di Jules Verne, in cui viene immaginato un cimitero di mostri antidiluviani nel centro del condotto che porter i protagonisti ad uscire dal vulcano di Stromboli (capp. 32-44):
Sognava a occhi aperti che scopriva il cimitero delle fere, luogo segretissimo e infernale, dove, presentendo prossima la loro fine, le fere vecchie se ne andavano a morire in solitudine:

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Cfr. HO, pp. 18-19.

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Cristiano Spila lo scopriva per via di un certo sentore di vulcanico che lo attirava l [...]. Davanti a lui, davanti alla fila di fere, compariva Vulcano: limmensa e nera bocca del cratere spento, il cono pauroso che dominava il paesaggio apocalittico dellisola, quello sconquasso di cataclismi, con fosse e ingobbimenti dalla forma di giganti marini come grandi branchi di balene e capodogli fossero andati in secca nellisola, pietrificandosi e pigliando col tempo quel colore di roccia bruna e violacea, patinata dal fuoco craterico, lento, violento15.

In questa descrizione del sogno del misterioso luogo e del sonno si nota la caratteristica fisiologica data alla macchina; il sonno diviene allegoria. La visione notturna e apocalittica del cimitero lavico, della morte per fuoco, indica non solo la fine di un certo ordine mondano, di una certa idea dellumanit, ma anche il documento clinico di una allucinazione corporea. La percezione della fine di un mondo accompagnata in Ndrja dallaffiorare di presagi, sensazioni, vissuti e ricordi. Lapparizione del luogo infero dunque la manifestazione visibile del crollo della base vitale, il rischio e insieme la perdita dei valori: il mostro precede la fine, la sua venuta si trasforma nellattesa psichica della fine. La teratologia diffusa si accompagna a una sorta di coscienza offuscata della fine che ha il protagonista. Questo aspetto ottenuto attraverso una sorta di mostrificazione della materia: metamorfico e plastico, il mare si ispessisce di mostri, diviene campo di morte. Morte, distruzione, catastrofe si prolungano e si dilatano in grandi negativit aggettivali: tutto si accorda per ragguagliare la sonorit al fremito della fine, alla voce profetica dellapocalissi. Ma lapocalissi orcina non semplicemente distruzione: la potenza della distruzione naturale e storica, che costituisce un momento permanente nellavvicendarsi storico delle forme sociali e biologiche, riposa sul fatto che bene o male grazie ad essa che la societ degli uomini si finora riprodotta. La forza della significazione allegorica riposa sul fatto che in essa il momento del particolarismo psicologico e quello della naturalit cosmica sono, per cos dire, inestricabilmente intrecciati. Infatti, la personale apocalissi di Ndrja si risolve con la morte, cercata e voluta dal protagonista; mentre lapocalissi dei pellisquadre, della comunit dei pescatori dello Stretto, si risolve in una palingenesi economica, di tipo capitalistico. Una volta morta, lorca appare loro come un materiale da sfruttare economicamente, non pi sacralmente ammantato di unaura divina:
[...] lorcagna doveva apparirgli come una miniera di pelle e pellame, carne e ossa, olio e grasso, come una fabbrica di cucchiai e forchette e coltelli, di pettini e di zoccoli [...] Ora, qua, potevano dire che il loro affare, laffare che si speravano fare con lorcagna, era pure il loro affare di vita o di morte, o era affare per affare?16

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HO, pp. 172-75. HO, pp. 1157-1158.

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Se cos, allora, lapocalissi si configura in una prospettiva letteraria, o forse anche storica, non come eccezione, ma quasi come un presupposto, cio non un dato, un termine di confronto, disposto al reale cambiamento e allincremento della coscienza umana. Lanimale, per la parte che gli spetta come simbolo dellalterit, dello sdoppiamento, della disumanizzazione, viene utilizzato non soltanto perch tematizza la crisi, lo smarrimento dei valori, lalienazione, ma anche metaforizza lelemento distruttivo, degenerativo, caotico e mortuario. Le immagini dellanimale sono proiezioni del carattere apocalittico di un mondo giunto alla sua fine storica:
Con la guerra forse il cristiano non si degrad al cavallo e allasino, al cane e al gatto, al topo zoccolone persino, e persino a mangiarsi cristiano con cristiano? Non pu essere che la fera, in mancanza di meglio, si degrad di necessitare alla carne umana?17.

Invece di essere creato dallurto di una discontinuit, lapocalissi si forma attraverso il progredire, di una sola espansione mare, mostro, morte che a poco a poco popola tutta la prospettiva dello sfondo. Ecco dunque suscitato un altro tipo di distruzione epocale: lapocalissi diffusa. Ossia, la forma del degradare esplosivo, le forme digradanti e incassate. Gli oggetti dellapocalissi sbucano dai contorni e negli interstizi duna spontanea e mostruosa physique dellinizio, di una nuova e apocalittica Genesi:
Il sole tramont quattro volte sul suo viaggio e alla fine del quarto giorno, che era il quattro di ottobre del millenovecentoquarantatre, il marinaio, nocchiero semplice della fu Regia Marina Ndrja Cambra arrivo al paese delle Femmine, sui mari dello scille cariddi. [...] Era stato naturalmente nel farsi da mare rema, intrigato e invelenito alle prime tormentose serpentine di spurghi e di rifiuti, simili a gigantesche murene che egli, col suo occhio di conoscitore, andava scandagliando dal colore diverso, come di pietra muschiata, gelido e rabbrividente. Era stato, perci, dopo che le Isole [...] sembravano vaporare nel sole come carcasse di balene cadute in bonaccia. [...] Ndrja Cambra vedeva cos la notte, una notte doppiamente tenebrosa, per oscuramento di guerra e difetto di luna, rovesciarsi fra lui e quellultimo passo di poche miglia marine che gli restava da fare, per giungere al termine del suo viaggio: che era Cariddi [...]18.

Lapocalissi viene, cos, a occupare per intero il campo dellinizio. Essa non pu che essere un effetto di ritorno: ci viene restituito ci che abbiamo immaginato dellinizio o meglio, nellinizio. E ci che ci viene dato subito in eccesso: almeno nel senso che smisurato. Anche i parametri se li deve fabbricare DArrigo. Tutto si muove perch tutto un alternarsi di squilibri e compensazioni. Ma era difficile raccontare il congegno della creazione mostruosa e della

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HO, p. 549. HO, pp. 15-16.

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necessit dellapocalissi definitiva prima di aver acquisito almeno una fenomenizzazione delle strutture. In Horcynus Orca lautore tende a vedere nello squilibrio un modulo che si d al di qua della storia, che della storia rimane sulla soglia o ai margini. Lo squilibrio di bisogni e risorse appare come una costante. Non solo un innesco lapocalissi, ma un meccanismo interminabile, un motore allinfinito. Lapocalissi perdurabile, costante, e perci irrimediabile, che riproducendosi consente un seguitare di procedimenti escatologici. Il fenomeno dellapocalissi che si presentava come eccezione (di una fine assoluta) o come ricaduta patologica (nel millenarismo e nellincubo) diventa il ritmo stesso del vivere. Si pu parlare forse di una neo-apocalissi. Lapocalissi darrighiana , in ultima istanza, una forma di delirio schizofrenico delluomo di fronte a un vissuto di crisi, qual quello della seconda guerra mondiale. Il protagonista, cos come la collettivit dei pescatori, sono dimidiati tra il mondo dello ieri e la realt fatalmente diversa e alterata delloggi: il teatro della fine del mondo viene inscenato sul mare dello Stretto di Messina. Un vissuto di crisi avvolge la storia dei pescatori dello Stretto, che vedono cambiare la loro vita; e il contenuto del loro crollo schizofrenico si permea di cosmici deliri, di mostri, di violenti sovversioni del mondo, di visioni e immagini di un mondo rovesciato, del mare della Nonsenseria19. Ma Horcynus Orca anche permeato della visione della fine di una cultura, del declino della civilt pescatrice, della fine delle libert, della guerra mondiale, della sperequazione capitalistica, della fame, delle distruzioni di massa, dellannientamento raccapricciante del mondo. La guerra allOrca, il mostro, la distruzione sono lelaborazione mentale di una collettiva volont di morte, ma anche della catastrofica fine del mondo.

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HO, p. 1148.

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