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Il Pratico Mondo per Edunet books

Giuseppe Ricci

Osservazioni sui colori


UNA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI
DELLA TEORIA DELLA CONOSCENZA
DI LUDWIG WITTGENSTEIN
«OSSERVAZIONI SUI COLORI».
UNA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI
DELLA TEORIA DELLA CONOSCENZA
DI LUDWIG WITTGENSTEIN
Il Giuseppe
Pratico Ricci
Mondo per Edunet books

PREMESSA*

L'opera di Wittgenstein è di difficile lettura in quanto gli scritti non sono


organici. Si tratta di appunti, spesso non ristrutturati neppure per temi generali, che
hanno la funzione di fissare le idee per propria memoria. Si osserva, tuttavia, in
essi una cura terminologica e concettuale che ha lo scopo di sgombrare il campo da
possibili errori di interpretazione.
Tale meticolosa attenzione rivela l'intenzione di mettere a punto una teoria
della conoscenza utilizzabile e consistente.
Osservazioni sui colori, infatti, come altri appunti (ad esempio Osservazioni
sopra i fondamenti della matematica) scritti intorno agli anni '50, si possono
considerare applicazioni di ingegneria della conoscenza tramite i quali l'autore ha
verifìcato la non-contraddittorietà dei principi ispiratori e la generale applicabilità a
settori diversi.
Per comprendere il pensiero di Wittgenstein abbiamo ritenuto opportuno
fissare dei percorsi di lettura su specifici argomenti ed abbiamo evidenziato alcuni
dei principi fondamentali della teoria della conoscenza applicati a questioni
pratiche. In tal modo possiamo interrogare, come in un'intervista, lo scrittore su
singole questioni trattate.
Si potrebbe dire, in accordo con Wittgenstein, che il nostro è un «game» su
Osservazioni sui colori nel quale abbiamo fissato determinate regole coerenti e da
queste ci aspettiamo di conoscere come la pensava l'autore in modo più chiaro di
quanto una lettura sequenziale ci possa permettere.

* Osservazioni sui colori è costituita, come tutte le opere di Ludwig Wittgenstein, da una serie di
appunti. Essa è stata pubblicata postuma ed ordinata dal curatore in base al presunto ordine temporale
secondo cui è stata scritta. L'edizione presa in esame è divisa in tre capitoli: il primo di 89 paragrafi
numerati progressivamente, il secondo di 20 ed il terzo di 350. Nel corso di questo articolo si fa
riferimento ai capitoli ed ai relativi paragrafi indicando prima il paragrafo (in numeri arabi) e quindi il
capitolo (in numeri romani). Ad esempio (210.III) indica la proposizione n. 210 del capitolo terzo
relativa all'edizione italiana sotto indicata. Nelle note è citato il testo originale di Wittgenstein. Si è fatto
riferimento a: LUDWIG WITTGENSTEIN, Osservazioni sui colorì, traduzione di Mario Trinchero, Einaudi,
Torino 1982.

«AQUINAS», A nno XLII, 1999, Fascicolo 2


344 Giuseppe Ricci

I percorsi scelti sono i seguenti:

A) gioco linguistico e logica


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B) significato, conoscenza, filosofia

C) difetti visivi e conseguenti effetti sui giochi linguistici

D) concetto di colore

E) proposizioni temporali ed atemporali

F) psicologia

G) scienza e fenomenologia

H) comunicazione
In Appendice sono riportati i capitoli ed i paragrafi dei suddetti percorsi. Si
potranno collegare tra loro i vari temi ricavando ulteriori macro gruppi (ad esempio
il percorso C con il percorso A, ovvero il percorso A con E o con H).

INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA

II presente scritto ha solo la funzione di fornire una metodologia di lettura di


uno dei più diffìcili pensatori del nostro secolo e pertanto questo può essere
approfondito da chi vuole leggere l'opera in esame.
I paragrafi di ciascun percorso sono riportati in appendice. Possiamo definire
come scopo dell'opera quanto riportato al par. 22.11 del primo capitolo: la logica
del concetto di colore.
Nell'opera alcuni dei principi esposti risentono dell'incontro dell'autore con
Ramsey; in particolare poniamo l'accento sul concetto di temporale ed atemporale
delle proposizioni in cui tuttavia si rilevano certe differenze di interpretazione.
Evidenziamo di seguito i più importanti principi della teoria della
conoscenza di cui viene fatto uso nell'Osservazioni sui colori:
a) temporalità ed atemporalità dell'oggetto della conoscenza;
b) regole del gioco interne ed esterne al soggetto;
c) possibilità di definire una gradazione tra vero e falso, logico ed
empirico, ed in generale tra oggetti considerati esclusivi tra loro;
d) riconoscimento della possibilità di parlare del trascendente anche se
di esso non si ha esperienza empirica;
e) concetto di percezione, osservazione, apprendimento,
comunicazione;
f) differenza tra conoscenza del gioco e comprensione del significato
del gioco;
1 «Non vogliamo trovare una teoria dei colori [...], bensì la logica dei concetti di colore [...]» (22.1,
p.9).
«Osservazioni sui colori» 34.5

Verrà anche dato un breve commento alle implicazioni che questa teoria
della conoscenza comporta.
Partiamo dall'osservazione (1.I)2 relativa al concetto di valutazione della
temporalità ed atemporalità delle proposizioni.
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A è più chiaro di B ovvero A è più lungo di B rappresentano un esempio di
proposizioni temporali trattandosi di valutazioni fondate su osservazioni empiriche.
Infatti un corpo ora più chiaro potrebbe presentarsi, sotto una diversa
illuminazione, più scuro di un altro; l'oggetto più lungo potrebbe risultare più corto
per effetto di un'osservazione da una differente prospettiva.
Quando si parla di tonalità più chiara, in quanto trattiamo di un oggetto
definito da una regola prefissata (abbiamo cioè stabilito come regola cosa è la
tonalità ed il rapporto tra le varie tonalità di colore), definiamo una proposizione
atemporale ovvero che non può essere modificata dall'esperienza (6.I) 3. La stessa
cosa vale per la proposizione 3.
L'atemporalità ed i relativi giochi linguistici possono differire tra diversi
soggetti, ma l'atemporalità è caratterizzata dall'essere un fatto interno del soggetto
che giudica (8.I)4.
Non possiamo infatti far coincidere il concetto di temporale ed atemporale
con quello di soggettivo ed oggettivo in quanto ciò comporta una contraddizione:
se tutto ciò che è interno fosse oggettivo in quanto legato alle regole di
rappresentazione del soggetto, sarebbe contemporaneamente soggettivo se un altro
soggetto non accetta quelle regole o ne usa altre.
Nel caso viceversa di regola interna atemporale di un soggetto, questa resta
sempre atemporale se vista da un altro anche se non è condivisa.
I presupposti sopra indicati per lo studio della conoscenza hanno
implicazioni, non espresse da Wittgenstein, molto importanti dal punto di vista
sociale, politico e religioso.
La regola atemporale è di proprietà assoluta del soggetto, può differire da
quella degli altri uomini, ma resta in ogni caso peculiare di questi. É nella regola
interna, certamente influenzata dalle regole temporali, la misura della persona, pur
condizionata delle abilità che questa possiede.

2 «Enunciare qualcosa sulla relazione tra la chiarezza di due determinate tonalità di colore. [...]
Determinare la relazione tra la lunghezza di due sbarre. [...] Nei due giochi linguistici la forma delle
proposizioni è la medesima [...] Ma nel primo caso si tratta di una relazione esterna e la proposizione è
temporale, nel secondo caso si tratta di una relazione interna e la proposizione è atemporale.» (1.I,
pag.3).
«Ma come faccio a sapere che con queste parole: «Colori primari» intendo la stessa cosa che
intende un altro, [...] No - qui decidono i giochi linguistici» (6.I, pag. 4).
4 «Gli uomini potrebbero avere il concetto dei colori intermedi o colori misti anche se non avessero
mai prodotto colori mescolandone altri [...]» (8.I, pag. 5).
346 Giuseppe Ricci

Ciò non significa aver definito un assoluto, ma semplicemente che, una


volta accettata una regola, il processo mentale assume carattere di necessità e
pertanto di indipendenza dalla variabile temporale.
In sostanza esiste un'area di totale libertà del soggetto dove questi emette le
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sue regole e le sue leggi che possono essere buone o cattive dal punto di vista
morale. Possono essere negativamente o positivamente influenzate dagli altri
uomini, ma solo dallo stabilire una regola interna non buona nasce la responsabilità
morale dell'individuo. È chiaro che è ampia la responsabilità di chi influenza
negativamente, ma ciò non può andare a detrimento delle responsabilità
individuali.
Si può concludere come sia tanto più forte la tendenza a farsi influenzare
dalle regole altrui quanto più forte è l'immagine (visiva, auditiva) che viene
proposta.
Le percezioni visive ed auditive tendono ad influenzare direttamente
«l'occhio della mente» che non forma un'immagine mediandola attraverso una
elaborazione interna.
Anzi l'immagine è quasi completamente esterna (e temporale) e può
condizionare l'osservatore privandolo di un'analisi critica.
Quando ad esempio si legge un libro l'elaborazione necessaria per ottenere
la proprietà dell'immagine e dell'informazione è complessa: si devono decodificare
lettere, parole, frasi e costruire sul significato di queste un'immagine mentale.
Lo scritto si potrebbe assimilare all'ordito della conoscenza mentre la nostra
elaborazione rappresenta la trama dell'immagine di quanto andiamo leggendo.
Nel caso dell'immagine ottica ed acustica ordito e trama sono imposte ed il
soggetto conosce quello che gli viene messo davanti senza la mediazione delle
proprie idee e della propria cultura.
È probabilmente per questa ragione che i regimi dittatoriali o chi voglia
imporre le proprie idee ricorrano all'immagine diretta.
Se a questa propaganda si unisce una situazione di economia florida si
riesce ad ottenere consenso anche quando i governi o i privati commettono crimini
contro l'umanità.
L'importanza di avere coscienza di questo elemento basilare della
conoscenza, l'atemporalità delle nostre regole interne, è fondamentale per
proteggerci da influssi negativi di chi vuole costringerci a fare quello che non è
coerente con il nostro intrinseco essere (fuori del tempo e dello spazio) dove si può
sentire il soffio divino della creazione: (302.111)5. I nostri concetti stanno nel bel
mezzo della nostra vita.
5
«Sarebbe corretto il dire, che nei nostri concetti si rispecchia la nostra vita? Stanno nel bel mezzo»
(302.III p. 100).
«Osservazioni sui colori» 347

La lunga nota del paragrafo (317.III)6 rappresenta il totale superamento del


«Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen».
Nelle certezze matematiche, del si o no, del bianco o nero, non c'è posto
neppure per discutere di religione e di teologia e quindi nell'immaginare di poter
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descrivere matematicamente il mondo c'è l'ateismo di Russell; nella teoria della
conoscenza di Wittgenstein c'è posto anche per parlare di Dio, dei misteri della
teologia e delle questioni legate al trascendente che non sono più da escludere dalla
conoscenza interiore, anche se incompleta ed inadeguata nelle espressioni
linguistiche.
La distinzione tra proposizioni logiche ed empiriche non è assoluta in quanto
si possono avere proposizioni intermedie (32.I)7.
Questa osservazione, unita alle 19.III8 e 348.III9, permette di evitare di
considerare la distinzione tra logico ed empirico come una dicotomia, una frontiera
invalicabile.
Esiste la possibilità (ed è probabilmente la più generale) di costruire
proposizioni intermedie tra il logico e l'empirico; addirittura talune proposizioni
empiriche (pertanto temporali) rappresentano un fondamento di tutti i nostri giudizi
siano essi temporali o atemporali.
Al lettore non sfuggirà certamente come siamo lontani dalla dicotomia di
Russell e Whitehead e come si prefiguri la possibilità di costruire una logica nella
quale i fatti possono essere contemporaneamente appartenenti al vero ed al falso,
all'empirico e alla logica e dove l'errore può avere una gradazione tra un valore
ordinario e la (349.III) 10 «confusione passeggera».
In sostanza si prefigura la necessità, per la comprensione dei meccanismi
della conoscenza, di identificare una nuova logica non dicotomica, ma aperta alla
graduazione tra termini opposti.
6 «Quando uno crede in Dio guarda intorno a sé e chiede: «Donde proviene tutto quello che vedo?»
«Donde proviene tutto?» non esige nessuna spiegazione (causale); e il punto essenziale della sua
domanda è che essa è appunto l'espressione di questa esigenza. [...]» (317.III, p. 103). La Teologia, che
batte sull'uso di certe parole e di certe frasi, mentre ne bandisce altre, non rende nulla più chiaro (Karl
Barth). Per così dire, giuoca con le parole, perché vuole dire qualcosa e non sa come la si possa
esprimere. Alle parole dà senso la prassi.
7 «Spesso si usano proposizioni che stanno sul confine tra logica ed empiria, [...]; ed esse valgono, ora
come espressione di norma, ora come espressione di un'esperienza. [...]» (32.I, p. 11).
8 «[...] Infatti ciò che distingue la proposizione logica dalla proposizione empirica non è per nulla il
«pensiero» (ossia un fenomeno psichico collaterale), ma un impiego (ossia qualcosa che la circonda)»
(19.III, p. 33).
9 «Sembra che esistano proposizioni che hanno il carattere di proposizioni empiriche, ma la cui verità
è per me inattaccabile. In altre parole, se suppongo che siano false, devo necessariamente non fidarmi
più di nessuno dei miei giudizi» (348.IlI, p. 111).
10 «In ogni caso ci sono errori che io accetto come ordinari, ed errori che hanno un altro carattere e
devono essere estromessi dal resto dei miei giudizi come confusioni passeggere. Ma tra gli uni e gli altri
non ci sono anche passi intermedi?» (349.III, p. 111).
348 Giuseppe Ricci

Questi principi sono alla base dei sistemi moderni di macchine intelligenti in
grado di apprendere (sistemi neurali e logica Fuzzy).
La suddetta analisi assume la possibilità di definire proposizioni logiche né
empiriche al 100% né atemporali al 100% e permette quindi di comprendere il
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rapporto tra l'individuo (ed il suo mondo atemporale) con il mondo esterno
(temporale ed empirico).

ESAME ANALITICO DI ALCUNI PARAGRAFI

(349.III) Gli errori possono avere una graduazione: si potrebbe dire da 1


(totalmente falso o errore ordinario) a O (totalmente vero) passando attraverso la
confusione passeggera che non è un falso, ma neppure un vero.
Esaminando la (95. III) 11 in relazione al colore marrone che per effetto della
luce diviene bianchiccio si può sostenere che il principio di non contraddizione ed
il terzo escluso possono in alcuni casi essere inidonei a permettere di fare dei giochi
linguistici connessi con fatti derivanti dall'esperienza.
In sostanza, anche se non chiaramente enunciato dall'autore esiste in nuce un
atteggiamento mentale di tipo Fuzzy.
(293.IlI)12 Si deve escludere che noi abbiamo concetti giusti e gli altri
abbiano concetti sbagliati (tra un errore di calcolo ed una diversa specie di calcolo
ci sono gradazioni).
(348.111)13 Alcune proposizioni empiriche sono per un soggetto verità
inattaccabili, se false farebbero cadere qualsiasi giudizio.
(57.1)14 La correlazione tra percezione ed osservazione è in sostanza il
collegamento tra mondo esterno e mondo interiore che si esprime con
l'elaborazione di un gioco linguistico dotato di significato.
11 «Se però mi chiedessero quali colori io ora vedo qui, in questo punto, poniamo, del mio tavolo,
non potrei rispondere; il punto è bianchiccio (perché in questo punto, il tavolo marrone è rischiarato
dalla parete chiara) [...]» (95.III, p. 50).
12 «Si potrebbe dire che i concetti degli uomini mostrano ciò che è importante e ciò che non è
importante per loro. Ma non come se questo spiegasse i particolari concetti che essi hanno. Deve
soltanto escludere la concezione che noi abbiamo concetti giusti e altra gente abbia concetti sbagliati»
(293.III.p.98).
13 «Sembra che esistano proposizioni che hanno il carattere di proposizioni empiriche, ma la cui
verità è per me inattaccabile. In altre parole, se suppongo che siano false, devo necessariamente non
fidarmi più di nessuno dei miei giudizi» (348.III, p. 111).
14 «Io Percepisco X;
Io osservo X.
X non sta per il medesimo concetto tanto nella prima quanto nella seconda proposizione; anche se
forse sta per la medesima espressione verbale; [...]» (57.I, p. 16).
«Osservazioni sui colori» 349

Nella percezione si fa riferimento ad un fatto sperimentale esterno nel


descrivere un oggetto; nel caso dell'osservazione l'oggetto della nostra conoscenza
è un'esperienza interna.
Nell'uso normale della lingua questa distinzione potrebbe non essere
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evidente, ma occorre effettuare questa distinzione per rendere chiaro il concetto di
esperienza esterna ed interna.
Il soggetto cioè rappresenta il mondo esterno mediante la percezione ed il
mondo interno mediante l'osservazione ovvero mediante la riflessione interiore su
fatti elaborati.
Il concetto della mente umana come soggetto di rappresentazione ripresenta
il problema della manipolazione delle informazioni veicolate in modo quanto più
vicino alla rappresentazione diretta (cinema televisione, radio).
(7 6.I)15 La descrizione è l'interazione tra mondo interno e le sue regole ed il
mondo esterno a cui vengono trasmesse le relative informazioni.
(77.I)16 L'apprendimento è connesso con le doti intrinseche dell'individuo.
La conoscenza del mondo esterno determina differenti rappresentazioni
interne in funzione delle capacità di percezione. Il daltonico vede (e quindi
rappresenta) diversamente e pertanto i suoi giochi linguistici sono diversi perché
neppure può imparare nello stesso modo la parola daltonismo.
(78.I)17 Ma anche senza difetti di percezione del mondo esterno se ne
possono avere differenti interpretazioni. Ad esemplificazione riportiamo l'esempio
dell'autore.
Sia per noi l'arancione un giallo che dà sul rosso. Per altri perfettamente
normali il colore arancione potrebbe essere inteso come una transizione dal giallo
al rosso. In tal caso potrebbero realizzarsi giochi linguistici per noi incomprensibili
basati per esempio sul verde che dà sul

15 «Descrivere un gioco significa sempre: dare una descrizione grazie alla quale lo si può imparare?»
(76.1, p. 21).
«Un tizio che soffra di acromatopsia, non soltanto non può imparare le nostre parole per i colori
così come impara ad impiegarle uno che i colori li veda normalmente, ma non può neanche imparare,
nello stesso modo, la parola "acromatopsia"» (77.I, p. 21).
17 «Potrebbero esistere uomini che non capissero il nostro modo di esprimerci: l'arancione è un
giallo che da sul rosso e che pertanto fossero disposti a dire una cosa del genere soltanto quando
vedessero davanti ai loro occhi una transizione di colore dal giallo al rosso attraverso l’arancione. E per
costoro l'espressione «verde che dà sul rosso» non necessariamente presenterebbe difficoltà» (78.I, p.
22).
350 Giuseppe Ricci

rosso. In ogni caso differenti abilità derivano da differenti doti e non è possibile in
generale identificare differenti doti come difetti.
35.III)18 Con l'esempio di definizione di colore puro (ad esempio un bianco
puro) ci si collega alle abilità necessarie per realizzare un gioco linguistico e per
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mostrarlo. Mostrare un gioco ovvero mettere davanti un gioco significa mostrarne
l'uso. All'uso come noto, corrisponde un significato. Pertanto se è vero che non
necessariamente il mostrare il gioco significhi addestrare al gioco tuttavia questo
determina nell'osservatore la possibilità di coglierne il significato.
(296.111)19 II gioco linguistico è strettamente connesso con il modo di
vivere degli uomini e di rappresentarci la vita di questi. Non siamo in grado di
immaginare la vita di un gruppo di uomini che non conosce un determinato gioco
linguistico.
(335.III. 336.III, 337.III. 341.III. 343.111, 346.III. 347.III)20 Le proposizioni
che comportano comunicazione hanno caratteristiche particolari come impiego, ma
non è semplice definire le modalità di impiego.
Può esistere un insegnamento che stabilisce quando una proposizione è una
comunicazione, ma la forma della proposizione come comunicazione non è
sufficiente a definirla tale in quanto la proposizione pur così formalizzata può non
comunicare nulla di nuovo.
18 «Lichtenberg dice che soltanto pochi uomini hanno mai visto il bianco puro. Allora, dunque, la
maggior parte degli uomini impiega scorrettamente questa parola. E lui come ha imparato l’uso corretto?
- Piuttosto, ha costruito un uso ideale partendo dall'uso di tutti i giorni, così come si costruisce una
geometria. Qui, però, come «ideale» non s'intende qualcosa di particolarmente buono, ma soltanto
qualcosa che è stato spinto agli estremi» (35.III, p. 38).
19 «[,..] Immaginiamoci uomini che non conoscono questo giuoco linguistico. Ma con ciò non
abbiamo ancora nessun'idea chiara della vita di questi uomini, di dove essa devii dalla nostra[...]
Non è come se si dicesse: ci sono uomini che giuocano a scacchi senza usare il Re? Subito sorgono
ulteriori questioni: chi vince? chi perde? e così via. Devi prendere ulteriori decisioni, che in quella prima
determinazione non avevi ancora previsto. Proprio perché neanche tu hai una visione generale della
tecnica originaria, ma essa ti è famigliare soltanto caso per caso» (296.III, p. 98).
20 «"A occhi aperti tu puoi attraversare la strada senza essere investito, e così via". La logica della
comunicazione» (335.III, p. 108).
«Dicendo che una proposizione, che ha la forma di una comunicazione, ha un impiego, non si è
ancora detto nulla sul modo del suo impiego» (336.III, p. 108).
«Può lo psicologo comunicarmi che cosa sia il vedere? Che cosa si chiama "comunicare che cosa sia
il vedere"?» (337.III, p. 109).
Non è lo psicologo a insegnarmi l'uso della parola «vedere».
«Esiste certamente un insegnamento che riguarda le circostanze nelle quali una certa proposizione
può essere una comunicazione» (341.III, p. 109).
«Se comunico ad un amico di non essere cieco, quello che gli comunico è un'osservazione? In ogni
caso posso sempre convincerlo con il mio comportamento» (343.III, p. 110).
«Supponiamo che un cieco mi dica: "Tu puoi andare in giro senza inciampare da nessuna parte" -la
prima parte di questa proposizione sarebbe una comunicazione?» 346.III, p. 110).
«Ebbene, non mi dice nulla di nuovo» (347.III, p. 110).
352 Giuseppe Ricci

B) significato, conoscenza, filosofia

Capitoli I III
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Paragrafi 3, 4,57,59, 5,27, 28, 29,33,56, 72, 95, 102,
66,68,75, 119,121,122,123,127, 129,165,
76, 77 170,230,282,289,291,297,298,
301,302,304,305,306,307,308,
309, 310, 313,314,315,316,317,
318, 320, 326, 327, 329, 330, 331,
333,334,339,340,342,344, 349,
350

C) difetti visivi e conseguenti effetti


sui giochi linguistici
Capitoli I III
Paragrafi 9,13,16,76, 31,42,54,55,112,120,165,278,
77,88 279,280,281,283,285, 286, 290,
294,319,321,345
D) concetto di colore
Capitoli I III
Paragrafi 9,11,14,21, 25,26,27,28,29,30,34,42,69,
56 72,73,74,78,95, 188, 189, 251

E) proposizioni temporali
ed atemporali
Capitoli I III
Paragrafi 50 8,9,45,131

F) psicologia
Capitoli I III
Paragrafi 79, 80 114,232,283, 319, 328, 338, 350
G) scienza e fenomenologia
Capitoli II III
Paragrafi 3,16 4, 44, 114, 248,293, 322, 324

H) comunicazione
Capitoli III
Paragrafi 335,336,337,341,343,346,347
«Osservazioni sui colori» 351

CONCLUSIONI

Concludiamo osservando che al di là della modernità scientifica del


pensiero di Wittgenstein, resta il forte spessore anti-ideologico e profondamente
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democratico della sua analisi epistemologica.
Il fatto che il mondo esterno sia inconoscibile in modo esatto (di esso
abbiamo dei modelli mentali più o meno aderenti alla realtà) e che le relazioni
interne sono oggettive per i soggetti che le accettano come regole, elimina nella
sostanza la possibilità di fissare delle regole assolute, uguali per tutti imposte
dall'esterno come necessarie perché senza alternative in quanto logiche,
sperimentali o di altra origine.
Pertanto tutto ciò che tende a costringere gli uomini a riconoscere un
assoluto empirico è da considerare una violenza.
Esiste la possibilità di disconoscere la regola 2 + 2 = 4 se un soggetto non ne
riscontra la necessità (osserviamo, per quanto ovvio, che basta ammettere la
divisione per zero per alterare il risultato).
Non possiamo infine non sottolineare la portata del significato delle
differenti abilità.
È significativo come quello che è visto come un difetto possa divenire una
capacità particolare (l'esempio delle abilità dei daltonici). Questo determina una
visione sociale completamente differente da quella che comunemente abbiamo nei
confronti dell'handicap.
Il disabile è solo una persona con doti diverse che può fare dei giochi
linguistici differenti dai nostri. Se noi non li comprendiamo ciò dipende dalla
nostra mancanza di alcuni requisiti.

Appendice

Con il numero latino si intende il capitolo, con il numero arabo il paragrafo.

Percorsi
A) gioco linguistico e logica

Capitoli I II III
Paragrafi 1,6,8,27,32,57,76,77,78 11,12 8,9,10,13,15,19,30,34,35,36,93,98,99,112,11
6,118,128, 131,284,292,296,313,332,348,349
(ultima riga)

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