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L’illecito extracontrattuale:
Clausola generale ex art. 2043 cc. la quale ha avuto una applicazione assai più controversa nei
confronti dei cittadini dato che su questo banco di prova si è cercato di creare dei principi di
privilegio formale e sostanziale a favore della Pubblica Amministrazione.
- in un primo momento si disse, per sottrarre la Pubblica Amministrazione alla responsabilità
da fatto illecito, che la stessa non potesse, in quanto emanazione dello Stato di diritto violare il
precetto “neminem laedere”.
- Successivamente si addussero delle giustificazioni più tecniche, la cui sostanza era la stessa.
- Oggi si sottrae alla risarcibilità una fetta grossa della Pubblica Amministrazione mediante il
brocardo della irrisarcibilità dell’interesse legittimo.
Oggi l’applicabilità delle norme in tema di illecito trovano un diretto riscontro nella Costituzione
(art 28 e 113) sulla cui portata ancora oggi si discute, attesa la natura di norme di
compromesso. Addirittura le norme hanno assunto la portata di regole di principio sia per la
responsabilità contrattuale che per quella extracontrattuale, di conseguenza il sindacato sulle
leggi che limitano la responsabilità degli enti pubblici sia per inadempimento che per violazione
del canone di cui all’art 1218 cc. va svolto alla luce dei principi enucleati dalla C.
Costituzionale.
Distinzioni
Oltre che da quella contrattuale l’illecito aquiliano deve potersi distinguere anche
Dalla responsabilità da atto lecito della Pubblica Amministrazione in ordine alla quale non si
controverte circa il risarcimento, bensì circa l’indennizzo.
Diversa ancora è la responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, anche se
connessa al tema in quanto trattasi pur sempre di attività illecita nel senso aquiliano. La cui
tematica può trovare una migliore applicazione nel campo della contrattualistica.
Una volta analizzata la natura e la riferibilità del fatto illecito alla Pubblica Amministrazione,
resta da studiare l’imputabilità o la rimproverabilità a titolo di dolo o colpa alla Pubblica
Amministrazione. Soprattutto perché la diretta applicabilità alla stessa del fato illecito impone
di studiarne l’elemento psichico.
- superata la dottrina che argomentava sulla insindacabilità della colpa.
- Alla Pubblica Amministrazione deve essere rilevata comunque un profilo doloso o colposo.
- L’illecito della Pubblica Amministrazione consiste sempre nella emanazione di “atti” e non di
“provvedimenti”. Non basta un atto illegittimo, ma occorre che una determinata attività sia
imputata a titolo di dolo o di colpa alla Pubblica Amministrazione.
Giuridicamente questo assunto si giustifica nel senso che non esiste il provvedimento illecito,
ma solo atti materiali che in esecuzione del provvedimento recano danno a terzi. È pur vero
che esistono degli atti autoesecutivi, ma comunque la sostanza non cambia, perché anche in
questi casi viene in rilievo un comportamento e non l’atto. Pertanto l’atto illegittimo è sempre
una conseguenza dell’illiceità di un comportamento, ma non è vero il contrario, in quanto
l’illiceità può anche dare corso al fenomeno della carenza del potere amministrativo.
Il fatto dannoso deriva pur sempre da un comportamento dei pubblici dipendenti dei quali il
provvedimento è un semplice riflesso, di cui va studiato il profilo psicologico e l’imputabilità alla
Pubblica Amministrazione.
Giurisprudenza:
a) Adozione di un provvedimento amministrativo.
Non necessità di ricercare l’elemento psichico del dolo o della colpa:
- complessità dell’azione amministrativa e frantumazione del nesso psichico
- atto amministrativo è adottato in conformità del potere e deve essere per definizione
volontario, pertanto l’accertamento della sua illegittimità comporta anche l’indagine
dell’imputabilità psichica: la colpa è in re ipsa nell’adozione del provvedimento. In questa
prospettiva la declaratoria di illegittimità del provvedimento amministrativo ben potrebbe non
integrare il requisito della colpa ex art 2043, es.: jus superveniens.
b) attività materiale:
- difficoltà di accertare una colpa nelle attività materiali in presenza del potere discrezionale
della Pubblica Amministrazione. (in passato si riteneva insindacabile).
- Parificazione della Pubblica Amministrazione a qualsiasi altro soggetto di diritto privato.
- Dictum: la discrezionlità rimane insindacabile nei limiti offerti dall’art. 2043 cc.
- Criteri di sindacato:
I) sufficienza e idoneità dei mezzi a soddisfare determinati bisogni collettivi, sono insindacabili:
es.: costruzione di una diga in un punto anziché in un altro del fiume: i criteri tecnici sono
pienamente intrecciati con quelli discrezionali di autorganizzazione.
II) Modo di attuazione di tali sistemi. Secondo la giurisprudenza vi sarebbe pienamente
possibilità di sindacato. Vengono in luce dei comportamenti materiali e la perizia e competenza
con la quale sono stati attuati. Pertanto la discrezionalità trova un limite nel sindacato del
giudice.
III) Esempi:
- inidoneo accompagnamento di bambini da scuola a casa e ferimento di uno di essi: la
Pubblica Amministrazione non può argomentare dalle ristrettezze di bilancio.
- Posizionamento di un cartello stradale su fondo privato senza una delibera espropriativa.
- Opere di bonifica che rechino danno al fondo sottostante, a causa delle acque reflue.
- Creazione di barriere frangiflutti che provocano danni ad attrezzature turistiche.
- In tal senso venendo in considerazione non scelte discrezionali, ma mere attività materiali
che devono essere poste in essere con la perizia e la diligenza media occorre pur sempre che
siano rispettate delle regole di prudenza e di perizia oltre le quali la Pubblica Amministrazione è
tenuta a risarcire il danno anche in forma specifica.
- Il problema della discrezionalità tecnica. Irriconducibilità alla discrezionalità tout court,
naturale sindacato della parte interessata.
Una volta che si sono ritenute applicabili nei confronti della Pubblica Amministrazione tutte le
norme che stabiliscono criteri di valutazione e commisurazione del danno, non si vede perché
non possano applicarsi tutte le norme in tema di responsabilità oggettiva, ipotesi caratterizzate
da una declaratoria di responsabilità scissa da una concreta verificazione della reale
colpevolezza, o perché questa dall’ordinamento non è affatto richiesta, o perché in alcuni casi
essa è presunta.
In tali ultime ipotesi o la presunzione è assoluta, e non è possibile dare in nessun caso prova
contraria, oppure relativa ed al soggetto chiamato a rispondere è concesso dimostrare di avere
fatto tutto il possibile per evitare il danno (cd. Prova del caso fortuito).
a) circolazione dei veicoli: prova di uno specifico divieto nell’adopero del mezzo.
b) Rovina di edificio: sottospecie della norma in tema di cose in custodia (oggettiva), la norma
ex art 2053 comporta una presunzione di colpa.
- concessionario; custode e colui che ha in disponibilità il bene o l’edificio è chiamato a
risponderne degli eventuali danni occorsi a terzi.
c) responsabilità per incapaci e minori: 2047 e 2048 cc.. secondo la giurisprudenza si
tratterebbe di culpa in vigilando con colpa presunta della Pubblica Amministrazione. Cfr. la
materia è stata rivisitata con riguardo agli insegnanti con la l. 11 luglio 1980 n. 612 art. 61
mancanza di azione diretta nei confronti dell’insegnante di scuola, salva l’azione di rivalsa della
Pubblica Amministrazione.
d) Responsabilità per fatto altrui (art 2049) dovrebbe trovare una limitata attuazione per tutti
quei soggetti non stabilmente incardinati in uno stabile rapporto di lavoro o nell’organico della
Pubblica Amministrazione; es.: il lavoro parasubordinato e quello convenzionato (ASL).
- rapporti di lavoro autonomo: la giurisprudenza tende ad evitare la responsabilità della
Pubblica Amministrazione. Salvo che gli appaltatori lavorino alle dirette dipendenza dell’A. o
quali nudi ministri.
e) le strade pubbliche.
- situazione giurisprudenziale: il nesso psichico tra cosa ed evento, la mancata concorrenza di
un fatto estraneo concorrente o prevalente che abbia di per se cagionato il danno. Es.: Una
ruota già lacerata si rompe all’impatto di una piccola buca stradale.
- Mancanza della insidia o del trabocchetto.
- Beni di larga utilizzazione o di difficile e permanente custodia; restrizione della responsabilità
ai casi di dissesti conclamati in cui la Pubblica Amministrazione non abbia provveduto
tempestivamente a riparare.
- Responsabilità dell’appaltatore salvo il caso della concorrenza con la Pubblica
Amministrazione in caso di clausola di manleva.
- Strade come servizio pubblico di viabilità: in tal caso la giurisprudenza asserisce che la
posizione della Pubblica Amministrazione è insindacabile in quanto tocca il punto della scelta
tecnica dei mezzi più idonei per garantire un determinato servizio, dinanzi al quale non esiste
affatto alcuna forma di ingerenza. Pertanto non esiste un diritto del cittadino alla buona
manutenzione delle strade, ma solo al diritto al risarcimento i caso di danni occorsi dalla
circolazione che, peraltro, la giurisprudenza cerca sempre di limitare attraverso delle
argomentazioni di privilegio: catellonistica stradale che escluderebbe in toto l’insidia od il
trabocchetto.
f) attività pericolose:
- abbandonata l’argomentazione che la Pubblica Amministrazione, in quanto inserita in uno
stato di diritto non potesse recare danno ad altri, né compiere attività pericolose.
- Obiezione fondamentale che l’art 2058 è riferibile alle attività lucrative, e, quindi, non alla
Pubblica Amministrazione.
- Naturalmente questo orientamento è stato ampiamente abbandonato e la norma giudicata
applicabile anche a coloro che esercitano attività pericolose a scopi filantropici., dato che le
attività della stessa sono tutte dirette alla cura di interessi generali non è affatto possibile
differenziare lo scopo economico o meno di detta attività.
7. il danno risarcibile
Una volta accertata la sussistenza di un danno ex art 2043 cc. la liquidazione di esso segue le
normali regole dell’illecito extracontrattuale, in quanto trattasi di una somma di danaro, c’è la
trasformazione di un debito di valore in un debito di valuta. Ristorata una posizione giuridica si
ha che la somma liquidata diverrà soggetta al principio nominalistico per tutte le obbligazioni
pecuniarie.
a) danno biologico a carico della Pubblica Amministrazione.
b) Risarcimento in forma specifica: accessione invertita;
c) Danni non patrimoniali o morali ex art 2059, in caso di pregiudizialità penale del pubblico
dipendente. Anche in caso di pregiudizialità penale che nel caso di specie non si applica affatto
ai giudizi civili in corso, stante la mera facoltà per il giudice di sospendere il processo, e non
l’obbligo.
8. la responsabilità civile del pubblici dipendenti verso i terzi; rapporti di tale responsabilità con
quella della Pubblica Amministrazione.
Dinanzi ad una ipotesi di responsabilità civil verso i terzi sussusta innanzitutto una
responsabilità del dipendente verso la Pubblica Amministrazione (cd. Responsabilità contabile
od amministrativa, od interna)
Si tratterà qui della responsabilità dei p.d. verso i terzi e dei rapporti di tale responsabilità con
quella della Pubblica Amministrazione.
1) art. 28 Cost. che sancisce la diretta responsabilità dei funzionari e dipendenti pubblici.
Portata innovativa della norma atteso che prima della emanazione della carta costistuzionale si
affermava che la Pubblica Amministrazione era direttamente responsabile per i danni occorsi a
terzi secondo il modulo offerto dall’art 2043 cc. e dal rapporto organico. La Costituzion non
avrebbe fatto altro che affiancare alla responsabilità della Pubblica Amministrazione quella del
pubblico funzionario per esigenze di rafforzamento della tutela: di questo modello la linea è
quella del T.U. impiegati civili dello stato (del 1953).
a) due responsabilità distinte per un medesimo fatto dannoso che hanno dato anche adito ad
altre tesi che hanno ravvisato il rafforzamento della teoria della responsabilità per fatto altrui;
alle quali si sono affiancate anche talune teorie eclettiche le quali hanno ravvisato l’esistenza
sia della responsabilità per fatto proprio che per fatto altrui, a seconda che si tratti
dell’emanazione di un provvedimento oppure di una mera attività materiale.
b) La regola generale sancita dalla Costituzione è che i danneggiati possono far valere la
domanda sia verso la Pubblica Amministrazione che verso i dipendenti danneggianti. Tale linea
è anche rimarcata dall’art 22DPR 1957/3 (fatte salve le ipotesi della responsabilità degli
insegnanti e dei magistrati).
c) Regole della obbligazione: solidarietà: art. 2055 cc. e 1292 cc. e non sussidiarietà come
accadrebbe se vi fossero norme che imponessero la necessità di escutere un soggetto anziché
un altro. A tal punto che la legge stessa discorre di litisconsorzio facoltativo tra il pubblico
dipendente e la Pubblica Amministrazione.
d) Una volta che la Pubblica Amministrazione sia stata chiamata a risarcire il terzo potrà
rivalersi nei confronti del pubblico dipendente secondo le regole della responsabilità
amministrativa indiretta secondo le normali regole civilistiche offerte dall’art. 1203 n. 3 cc
(ipotesi espressa di surrogazione legale).
Come si vede il modello principale della Costituzione e del T.U. è stato più volte rivisto e
modificato nell’ambito della disciplina speciale di taluni settori della Pubblica Amministrazione
che prevede che di solito la responsabilità di entrambi vadano di pari passo, ma che non sono
incompatibili con talune limitazioni legate soprattutto al corretto funzionamento della Pubblica
Amministrazione: come accade per la responsabilità degli insegnanti e per quella dei
magistrati. Insomma il modello lineare della Costituzione ha subito delle deroghe anche dalla
stessa legge del 1957 con l’esenzione di responsabilità per colpa lieve (quella per la quale è
previsto lo standard massimo di diligenza da adottare).
e) controversie.
I) tra privato e funzionario: controversia tra privati nella quale si discute della fondatezza del
2043.
II) Tra privato e Pubblica Amministrazione: vi sono state delle discussioni tra chi ravvisava una
questione di giurisdizione e chi una questione di merito. Nel primo caso era possibile che ci
fosse una pronuncia di difetto assoluto di giurisdizione ex art. 37 c.p.c.
Una volta affrontato il problema del risarcimento della Pubblica Amministrazione verso i terzi
residua comunque una responsabilità dei pubblico dipendente verso l’ente datore di lavoro
comunque presso il quale è incardinato, il quale ultimo, in virtù delle normali regole di diritto
civile è in grado di surrogarsi nella posizione del creditore (terzo danneggiato) per chiedere al
responsabile del danneggiamento quanto pagato al terzo.
Questo profilo responsabilistico è retto da delle disposizioni speciali, quando abbia come parte
un soggetto pubblico, in quanto da vita ad un settore specifico delle relazioni tra dipendente ed
Amministrazione che ha carattere di specialità.
La giurisdizione è speciale in quanto devoluta a quella della Corte dei conti (art. 1032 Cost.).
Procedimento ha carattere speciale perché è d’iniziativa del p.m. presso la C.D.C.
La responsabilità contabile o per danno erariale ha natura contrattuale, e non extracontrattuale
in quanto insorge in seguito a violazione dei doveri inerenti il rapporto di Pubblico impiego, od
il rapporto di preposizione o qualunque altro rapporto nel quale la Pubblica Amministrazione si
considerata un superiore gerarchico. Essa segue, pertanto le normali regole del diritto civile (rt.
1218 segg. cc., anche se integrate da norme particolari e speciali)
a) giudice competente: Corte dei conti, con procedimento di ufficio iniziato dal Pm su
segnalazione dei funzionari ed amministratori che abbiano liquidato il danno a terzi.
b) Carattere speciale della disciplina: profilo personale della sanzione, intrasmissibilità agli
eredi salvo arricchimento indebito per l’operato del funzionario danneggiante (art 1 l. 20/1994,
la quale pare abbia implicitamente abrogato l’art 58 l. 1957/3 nella parte in cui decretava
l’intrasmissibilità dei debiti agli eredi del funzionario. Inoltre in forza di un innovazione dell’art.
9 D.L. 23 dic. 1995 n. 541 in caso di fatto dannoso compiuto da più funzionari la responsabilità
erariale grava in solido solo su coloro che ne abbiano tratto un ingiustificato arricchimento, con
conseguente applicazione delle norme ex art 2041 segg. cc
c) Prescrizione: da decennale, quale quella tipica delle obbligazioni contrattuale, in 5 anni dalla
verificazione del fatto illecito o dalla sua scoperta( art. 1 l. 20/1994), salvo il caso di illecito
permanente, nel quale il termine nn prende mai a decorrere. Secondo una parte della
giurisprudenza della CDC qualora il fatto costituisse anche reato si applicava anche il termine di
prescrizione specificato dall’art. 2947 cc.
d) Elementi costitutivi della responsabilità erariale:
1) rapporto di pubblico servizio, ma non anche di impiego: basta la mera collaborazione con la
Pubblica Amministrazione, senza necessità di un inquadramento stabile nei ruoli della stessa.
2) Rapporto di incarico: quali i convenzionati, gli appaltatori che siano comunque sotto la
sorveglianza e sotto gli ordini stretti della Pubblica Amministrazione, perché anche essi hanno il
dovere di salvaguardare il patrimonio della Pubblica Amministrazione, dovere che discende
direttamente dall’art 2043 cc.
3) Per quanto riguarda gli enti pubblici economici le regole non cambino quanto a
responsabilità contabile, anche se per tutte le controversie con i dipendenti è competente il go.