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Valerio Evangelisti Giuseppe Genna Wu Ming 1 e altri

Il caso Battisti
Lemergenza infinita e i fantasmi del passato
A cura della redazione di Carmilla

NdA Press ha deciso di pubblicare questo libro, che non tratta soltanto della vicenda specifica di Battisti, a dispetto del clima ostile creatosi in Italia da un mese a questa parte, per due ragioni principali. Uno, riteniamo importante dare spazio a un diritto di critica e a unaltra versione dei fatti. Le ragioni di una, a suo modo inusuale ed eccezionale, mobilitazione che ha coinvolto importanti intellettuali, scrittori, docenti universitari, editori e politici di valenza europea sono state stravolte da quasi tutti i media, quando non addirittura ignorate come nel caso della mobilitazione italiana. Riteniamo questo fondamentale principio imprescindibile in una societ a democrazia avanzata come la nostra, tanto pi in casi come questi dove il principale imputato non pi nelle condizioni di difendersi e quando parla con i media, spesso lo fa male. Due, crediamo che non sia compito di editori, scrittori e giornalisti stabilire o meno linnocenza di Cesare Battisti, non intendiamo assolutamente inoltrarci in questo campo, ma altrettanto riteniamo che lattenzione suscitata dal suo arresto a Parigi, possa essere loccasione per fare chiarezza su un periodo irripetibile della nostra storia che tutta la societ italiana deve conoscere per evitare di lasciarlo sospeso in un oblio (fatto di uomini e donne, nonch di memoria) a uso e consumo di una delle parti che ne stata protagonista. Speriamo che il nostro lavoro non esasperi lemotivit suscitata dalle vicende ascritte a Battisti, ma che si iscriva in un dibattito pacato e necessario per chiudere definitivamente quel periodo sia dal punto di vista storico che politico. NdA Press, 21.3.2004

2004, NdA Press I diritti di ciascun articolo appartengono al rispettivo autore. Si consente la riproduzione parziale o totale dellopera e la sua diffusione per via telematica, purch a scopi non commerciali e a condizione che questa dicitura venga riprodotta. ISBN 88-89035-03-X

CHI CESARE BATTISTI Cesare Battisti nasce a Sermoneta (Latina) nel 1954. Inizia il liceo classico nellanno 1968, ma abbandona gli studi nel 1971 trascinato via dal conflitto sociale diffuso. Nella galassia giovanile dedita agli espropri proletari, Battisti si muove in un territorio di confine tra lotta politica e banditismo metropolitano. Dopo le prime schermaglie con la giustizia nel 1976 arriva a Milano dove si riunisce ad alcuni amici. Da quel raggruppamento nascono i Proletari Armati per il Comunismo (PAC), uno dei tanti gruppi clandestini dellepoca, a cui sono attribuiti alcuni omicidi e diverse rapine. Nel 1979 viene arrestato nellambito di una vasta operazione anti-terrorismo. Mentre sono in corso istruttorie basate principalmente sulle deposizioni di pentiti, Battisti detenuto nel carcere speciale di Frosinone. Il 4 ottobre 1981 protagonista di una spettacolare evasione. Raggiunge la Francia e poi il Messico. Due anni dopo tra i fondatori della rivista culturale Via Libre. Nel frattempo, gli arriva notizia che stato ritenuto responsabile di tutti i reati attribuiti ai PAC, e di conseguenza condannato allergastolo in contumacia. Nel 1990 decide di tornare in Francia, a Parigi, dove entra in contatto con la vasta comunit degli esuli italiani, accolti grazie alla celebre Dottrina Mitterrand. Poco dopo viene arrestato in seguito a domanda destradizione del governo italiano, ma la Chambre daccusation di Parigi lo dichiara non estradabile. Battisti ottiene il permesso di soggiorno e scrive il suo primo romanzo, Travestito da uomo, pubblicato da Gallimard nel 1993. Negli anni successivi continua a scrivere e pubblicare ( autore di dodici libri), diventa padre di due figlie e lavora come portinaio dello stabile in cui risiede. Il 10 febbraio 2004 viene di nuovo arrestato, in seguito a un accordo informale tra il ministro della giustizia Castelli e il suo omologo francese Perben, e nonostante il parere gi espresso dai magistrati dOltralpe nel 1991. Comincia una grande mobilitazione contro lestradizione. Dopo venti giorni Battisti ottiene la libert provvisoria, il tribunale comunicher la sua decisione il 7 aprile 2004. Nel momento in cui questo libro va in stampa, la spada di Damocle ancora sospesa sul capo dello scrittore ex-terrorista.

Nego totalmente i fatti specifici di cui mi si accusa e per i quali mi hanno condannato. Me ne assumo la responsabilit collettiva, come dovrebbe fare ogni uomo degno di questo nome implicato in un dramma sociale di portata cos vasta. Posso forse giudicare me stesso sventato, a quellepoca, ma questo non mi d il diritto di dimenticare il contesto politico e sociale che aliment la mia sventatezza. Cesare Battisti

INDICE

Premessa 1. Larresto, la mobilitazione, i primi appelli 2. Il caso Battisti. La riflessione 3. Il quadro storico 4. Appendici Bibliografia essenziale

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PREMESSA

Non posso nascondere la mia amarezza vedendo riemergere certe accuse alla magistratura italiana che, come disse allora Pertini, tanto contribu a fermare il terrorismo, rispettando la Costituzione e le regole del processo. Armando Spataro, La Repubblica, 8 marzo 2004 Di fronte ad una situazione demergenza [...] Parlamento e Governo hanno non solo il diritto e potere, ma anche il preciso ed indeclinabile dovere di provvedere, adottando una apposita legislazione demergenza. Sentenza 15/1982 della Corte Costituzionale.

Dopo la messa in libert vigilata di Cesare Battisti, in quel di Parigi, i media italiani si sono scatenati, rovesciando sullopinione pubblica tutto il metallo fuso per anni negli altiforni del rancore, della vendetta, dellossessione securitaria. impossibile fare un resoconto di tutte le distorsioni e le falsit scritte e trasmesse nellultima settimana. Non c articolo, per quanto breve, che non ne contenga decine. Persino i dettagli apparentemente insignificanti sono sbagliati. Episodi e personaggi che nulla centrano col caso in oggetto vengono gettati nel calderone per intorbidire la brodazza, scatenare il panico morale, impedire a ogni costo luso della ragione.
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Un killeraggio mediatico come non se ne vedevano da parecchio tempo, al quale faticosissimo opporre argomenti ed elementi concreti, ricostruzioni storiche minimamente approfondite. Eppure non si pu rinunciare a esercitare la ragione, non ci si pu chinare e coprire la testa con le mani in attesa che passi la burrasca. Fosse anche unimpresa disperata, occorre esercitare la ragione contro il fanatismo. Non va taciuto che, in questo Paese, chi continua a opporsi agli scoppi di emergenze strumentali destinato a sentirsi solo: una di quelle campagne in cui devi coprirti su entrambi i fianchi, il destro (a va sans dire) e il sinistro. Da entrambe le parti, gli argomenti (anche se difficile chiamarli cos) sono i medesimi. La cosa non deve sorprendere: parlare di emergenzaterrorismo significa tornare su storture giuridiche, strappi costituzionali e prassi inquisitorie che il PCI di fine anni Settanta (quello del compromesso storico e della solidariet nazionale) sostenne con entusiasmo e abnegazione. La stessa gente, oggi, dirige il centrosinistra. O meglio, dirige quella parte di centrosinistra che, a mo di struzzo, ha da poco messo la testa sotto la sabbia irachena, non votando contro la partecipazione dellItalia alloccupazione neocoloniale della Mesopotamia. La stessa gente ha da tempo delegato a una sezione di magistratura inquirente le fatiche di unopposizione al governo B********* che in Parlamento non si in grado di condurre (quando proprio non ci si rifiuta di farlo per inseguire il dialogo, la responsabilit di fronte alle istituzioni e linciucio bipartisan del momento). Molte toghe rosse (come le chiama B*********) sono le stesse che istruirono e condussero i grandi processi contro il terrorismo (vero e presunto: nel tritacarne ci finirono anche i movimenti di quegli anni). A sinistra tuttora egemone la visione della storia di chi scrisse e approv le leggi demergenza, e di chi rappresentava laccusa ai processi che ne derivarono. Non sorprendente che chi prese e difese posizioni tanto drastiche allora sia poco disposto a tornarci sopra oggi per darsi qualche torto, o almeno rimettere in prospettiva
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le ragioni. Anche perch a destra ci si d impudicamente al grand guignol, si sparano le frattaglie con lobice per inzaccherare di sangue tutto il campo della discussione, si strofinano con le cipolle gli occhi dei telespettatori. Con larma dellemozione incontrollata e del ricatto morale, si richiama allordine la sinistra riformista, la si spinge a condannare la sinistra radicale, a dividere il campo dellopposizione. Non che i riformisti abbiano bisogno di troppe spinte... In questo modo, per, si condanna il Paese alleterna paura dei fantasmi del passato, passato che in realt non passa ed evocato per motivi di bassa cucina politico-elettorale. 1. Le leggi speciali 1974-82
Questo libro lho scritto con rabbia. Lho scritto tra il 1974 e il 1978 come contrappunto ideologico alla legislazione sullemergenza. Volevo documentare quanto fosse equivoco fingere di salvare lo Stato di Diritto trasformandolo in Stato di polizia Italo Mereu, Prefazione alla seconda edizione di Storia dellintolleranza in Europa.

Chi dice che il terrorismo fu combattuto senza rinunciare alla Costituzione e alle garanzie per limputato disinformato oppure mente. La Costituzione e la civilt giuridica furono sbrindellate decreto dopo decreto, istruttoria dopo istruttoria. Il decreto-legge n.99 dell11/4/1974 aument a otto anni la carcerazione preventiva, vera e propria pena anticipata contraria alla presunzione dinnocenza (art.27 comma 2 della Costituzione). La legge n.497 del 14/10/1974 reintrodusse linterrogatorio del fermato da parte della polizia giudiziaria, abolito nel 1969. La legge n.152 del 22/5/1975 (Legge Reale) allart.8 rese possibile la perquisizione personale sul posto sen9

za lautorizzazione di un magistrato, nonostante la Costituzione (art.13, comma 2) non ammetta alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, n qualsiasi altra restrizione della libert personale, se non per atto motivato dellautorit giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. Da quel momento le forze dellordine poterono (e possono tuttora) perquisire persone il cui atteggiamento o la cui presenza in un dato posto non apparissero giustificabili, anche se la Costituzione (art.16) dice che il cittadino libero di circolare liberamente dove gli pare. La legge Reale conteneva molti altre innovazioni liberticide, ma non questa la sede per esaminarle. Un decreto interministeriale del 4/5/1977 istitu le carceri speciali. Per chi ci finiva dentro non valeva la riforma carceraria di due anni prima. Il trasferimento in una di quelle strutture era a totale discrezione dellamministrazione carceraria, non cera bisogno del parere del giudice di sorveglianza. Si trattava addirittura di un peggioramento del regolamento carcerario fascista del 1931: allepoca, solo il giudice di sorveglianza poteva mandare un detenuto alla casa di rigore. La rete delle carceri speciali divenne presto una zona franca, di arbitrio e negazione dei diritti dei detenuti: lontananza dalla residenza delle famiglie; visite e colloqui a discrezione della direzione; trasferimenti improvvisi per impedire socializzazioni, divieto di possedere francobolli (lAsinara); isolamento totale in celle insonorizzate, ciascuna con un cortiletto per lora daria separato dagli altri (Fossombrone); quattro minuti per fare la doccia (lAsinara), sorveglianza continua e perquisizioni corporali quotidiane; privazione di ogni contatto umano anche visivo tramite citofoni e completa automazione di porte e cancelli etc. Questi erano i posti in cui gli inquisiti, a norma di legge ancora innocenti, scontavano la carcerazione preventiva. La Costituzione, allart. 27 comma 3, recita: Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanit e devono tendere alla rieducazione del condannato. Verso quale rieducazione tendeva il trattamento appena descritto?
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La legge n.534 dell8/8/1977, art.6, limit le possibilit da parte della difesa di dichiarare nullo un processo per violazione delle garanzie dellimputato e, rendendo pi sbrigativo il sistema delle notifiche, facilit lavvio di processi in contumacia (in contrasto con il diritto di difesa e contro la Convenzione europea dei diritti delluomo, che del 1954). Il decreto Moro del 21/3/1978, oltre ad autorizzare il fermo di polizia di ventiquattro ore a fini di identificazione, elimin il limite di durata delle intercettazioni telefoniche, rese le intercettazioni legali anche senza permesso scritto del magistrato, le ammise come prove anche in processi diversi da quello per cui le si era autorizzate, infine rese autorizzabili intercettazioni preventive, anche in assenza di indizi di reato. Inutile ricordare che la Costituzione (art.15) definisce inviolabile la corrispondenza e ogni altra forma di comunicazione se non per atto motivato dellautorit giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Il 30/8/1978 il governo (violando lart.77 della Costituzione) eman un decreto segreto, che non fu trasmesso al Parlamento, e venne pubblicato sulla Gazzetta ufficiale soltanto un anno dopo. Il decreto dava al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa senza togliergli lincarico di garantire lordine nelle carceri poteri speciali per combattere il terrorismo. Il decreto del 15/12/1979 (divenuto poi la legge Cossiga, n.15 del 6/2/1980), oltre a introdurre nel codice penale il famoso art. 270bis,1 autorizz, per i reati di cospirazione politica mediante associazione e di associazione
1 . Chiunque promuove, costituisce, organizza e dirige associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con fini di eversione dellordine democratico punito con la reclusione da 7 a 15 anni. Chiunque partecipa a tali associazioni punito con la reclusione da quattro o otto anni. Nel codice penale esisteva gi lart.270: Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale o, comunque, a sovvertire violentemente gli ordinamenti econo-

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per delinquere, il fermo di polizia preventivo della durata di 48 ore, pi altre 48 ore a disposizione per giustificare il provvedimento. Per quattro lunghi giorni un cittadino sospettato di essere in procinto di cospirare, poteva rimanere in bala della polizia giudiziaria senza lobbligo di informare il suo avvocato. Durante quel periodo poteva essere interrogato e perquisito, e in molti casi si parlato di violenze fisiche e psicologiche (Amnesty International protest diverse volte). Tutto questo allart.6, una norma straordinaria della durata di un anno. Allart.9 la legge rendeva possibili le perquisizioni per causa durgenza anche senza mandato. La Costituzione, art.14, recita: Il domicilio inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libert personale. Che tutela della libert c in un sistema dove viene legalizzato larbitrio, la facolt di decidere sul momento se per una perquisizione sia necessario o meno un mandato? Allart.10, i termini della carcerazione preventiva per reati di terrorismo venivano estesi di un terzo per ogni grado di giudizio. In quel modo, fino alla Cassazione, si poteva arrivare a dieci anni e otto mesi di detenzione in attesa di giudizio! Allart.11, si introduceva un grave elemento di retroattivit della legge, ordinando di applicare i nuovi termini della carcerazione preventiva anche ai procedimenti gi in corso. Il fine era chiaro: impedire che decorressero i termini e che centinaia di sepolti vivi attendessero il giudizio a piede libero.
mici o sociali costituiti nello Stato, punito con la reclusione da cinque a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni aventi per fine la soppressione violenta di ogni ordinamento politico e giuridico della societ. Chiunque partecipa a tali associazioni punito con la reclusione da uno a tre anni. Com evidente, si tratta del medesimo reato. Che bisogno cera di questo sdoppiamento, se non quello di isolare e amplificare la fattispecie terroristica, e in base a questa aumentare le pene?

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La legge sui pentiti (n.304 del 29/5/1982) coron la legislazione demergenza concedendo sconti di pena ai pentiti. Il testo parlava di ravvedimento. In un libro che nellultimo mese viene citato molto spesso (in Rete, non certo sui media tradizionali), Giorgio Bocca si chiedeva chi fosse mai il pentito: Uno che per convinzioni politiche si unito al partito armato e che poi, per ripensamenti politici, se ne dissociato al punto di combatterlo, o qualsiasi avventurista che prima si diverte a uccidere il prossimo e poi, catturato, scampa alla punizione denunciando tutto e tutti? Cito Elio e le storie tese: Propenderei per la seconda ipotesi / perch emani un fetore nauseabondo (dalla canzone Urna, del 1992). Bocca proseguiva: Sono terroristi pentiti quei capetti del terrorismo diffuso che prima hanno plagiato dei ragazzi delle scuole medie, li hanno convinti ad arruolarsi e poi li hanno denunciati per godere delle clemenze giuridiche? Sono ravveduti sinceri quelli che in mancanza di serie delazioni se le inventano? [...] Lo stato di diritto non la morale assoluta, losservanza rigorosa delle leggi in ogni circostanza, ma la distinzione e il reciproco controllo delle funzioni. Nello stato di diritto la polizia pu eccedere nei metodi inquisitori, ma il cittadino pu ragionevolmente contare sul controllo del giudice sul poliziotto. Ma se si accetta con la legge sui pentiti e simili che giudice e poliziotto siano la stessa cosa, quale controllo sar possibile? Ma, si dice, la legge sui pentiti stata efficace, ha ottenuto centinaia di arresti e la fine del terrorismo. Questo scambiare gli effetti per la causa: non sono i pentiti che hanno sconfitto il terrorismo, ma la sconfitta del terrorismo che ha creato i pentiti. Ci si dovrebbe chiedere se la legge ha giovato o meno a quel bene supremo di una societ democratica che il sistema delle garanzie. La risposta che i danni sono stati superiori ai vantaggi, anche se unopinione pubbica indifferente al tema delle garanzie fino al giorno in cui non direttamente, personalmente colpita, finge di non accorgersene. Sta di fatto che una notevole parte della magistratura inquirente si lasciata se13

durre dai risultati facili e clamorosi del pentitismo, ha preso per oro colato le dichiarazioni dei pentiti sino a capovolgere il fondamento del diritto, le prove sono state sostituite con i sentito dire. Grandi processi sono stati imbastiti sulle dichiarazioni dei pentiti, centinaia di arresti fatti prima di raccogliere le prove. Un magistrato italiano ha potuto dichiarare a una radio francese a proposito del caso Hyperion... Non ho le prove ma le trover. Uomini politici, insegnanti, moralisti non si sono preoccupati delle conseguenze inquisitorie della legge, della infernale catena di delazioni incontrollabili che essa metteva in moto. La reazione delle vittime della delazione stata, come si poteva prevedere, feroce, una serie di cadaveri infami stata raccolta dalle guardie carcerarie a cose fatte, secondo la legge barbara delle nostre prigioni. Nella fossa dei serpenti tutto possibile e niente accertabile. Chiedo scusa per la lunghezza della citazione, ma credo ne valesse la pena. La Corte Costituzionale non pot negare che tutte queste leggi fossero da stato deccezione: semplicemente decise che, vista lemergenza, andava bene cos. Ponzio Pilato ha ancora le mani nel catino. Non c cattiva memoria pubblica che possa rimuovere questa realt, non c ex-Pm che riesca a farmi accettare questa barbarie in nome della Ragion di Stato, nessuna sinistra legalitaria potr mai convincermi della bont di tutto questo. 2. Terrorismo, coscienza, guerra preventiva
proprio lo stato danimo, il pensiero nascosto e non espresso, la interna disobbedienza che divengono oggetto di indagine, in quanto allaccertamento di essi che il giudice tende a risalire? Ecco che in processi di questi ultimi anni sono sottoposti al vaglio del giudice penale comportamenti quali la creazione di un collettivo di lavoratori contrapposto al sindacato, lorganizzazione dei seminari autogestiti, la collaborazione, mediante un articolo dal contenuto lecito, a un periodico riconducibile ad una struttura associativa rite14

nuta illecita; lintervento in unassemblea universitaria, e, in genere, rapporti interpersonali manifestatisi attraverso scambi di documenti politici, lettere, telefonate, ecc., tutti dal contenuto penalmente irrilevante. Antonio Bevere, Processo penale e delitto politico, ovvero della moltiplicazione e dellanticipazione delle pene, in Critica del diritto n.29-30, Sapere 2000, aprile-settembre 1983

La Costituzione, allart. 27, comma 1, dice che la responsabilit penale personale. Eppure il nostro codice penale (che risale al fascismo e nel periodo delle leggi speciali fu inasprito in pi punti) pullula di reati come il concorso morale nel reato o la adesione psichica allo stesso, nonch di ogni forma di reato associativo che si possa immaginare tra cielo e terra. Gran parte delle istruttorie sul terrorismo lavorarono soprattutto su questi elementi, oltrech sui sospetti e le intenzioni (il famoso essere in procinto di), su unidea oltremodo estesa del concorso, del favoreggiamento, delle contiguit. Si arriv a teorizzare il fine terroristico come sussistente al di l dello scopo immediatamente perseguito dallagente (omicidio, danneggiamento ecc.) e di definirlo reato a forma libera il cui specifico dolo offre lelemento unificatore e lessenza dei delitti terroristici.2 In parole povere, terrorista lo scopo, il fine ultimo, anche a prescindere da fatti concreti. Non c quindi da stupirsi se in molti casi si finirono per processare la personalit degli imputati e la loro ideologia, questultima identificabile nel loro essere amici di Tizio e Caio, o nel loro avere ospitato Sempronio. Terroristi si , anche a prescindere da ci che si fa. Terrorista lintenzione, contro la quale va combattuta una guerra preventiva che tipica della societ del controllo.
2 . Citazione dalla cosiddetta Carta di Cadenabbia, documento conclusivo di un convegno di magistrati titolari delle principali inchieste sul terrorismo, cit. R. Canosa - A. Santosuosso, Il processo politico in Italia, Critica del Diritto n. 23-24, Nuove Edizioni Operaie, Roma, ottobre 1981 - marzo 1982, pag.17)

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La cospirazione c, anche se non ha portato a niente. Si pu essere processati per insurrezione anche se linsurrezione non c stata: come disse Pietro Calogero, si tratta di un reato a consumazione anticipata, cio in parole poverissime il vero reato volerla, linsurrezione. Tribunali della coscienza. Non sono un giurista, eppure mi sembra di poter rinvenire il nucleo ideologico, il meme di questidea contemporanea di prevenzione oltreoceano, nellAnti-Riot Act dell11 aprile 1968, ideato e usato contro i movimenti afroamericani e le mobilitazioni per porre fine alla guerra in Vietnam. Tale legge punisce chi, durante uno spostamento sulla rete viaria interstatale, o durante luso di infrastrutture della rete viaria interstatale, commetta atti finalizzati a incitare, organizzare, promuovere, incoraggiare, prendere parte e portare avanti una sommossa [riot], o aiuti qualcuno in tale incitazione. Secondo la legge americana, un riot un assembramento di cinque o pi persone che, comportandosi in modo violento o minacciando di farlo, mettano in grave pericolo le persone e la propriet. Riassumendo, alcuni esponenti dei movimenti americani furono inquisiti, processati e condannati per aver viaggiato su strade interstatali con lintenzione di aiutare qualcuno a incitare un assembramento di cinque o pi persone che minacciassero di comportarsi in modo da arrecare danni alla propriet. Spero sia chiara la percezione della grande distanza che separa la persona dal presunto reato. Sia ben chiaro che non sto dicendo che tutti gli imputati di processi per terrorismo erano estranei a fatti concreti, ci mancherebbe. Tuttavia, molte persone furono processate e condannate non per atti specifici bens in nome di unidea astratta di fattispecie terroristica. Il proverbiale processo alle intenzioni fu reso una realt dalla Ragion di Stato. Gli effetti di quella distorsione sullopinione pubblica perdurano a tuttoggi. Non un caso se quello che maggiormente si rimprovera a Cesare Battisti il fatto di non essersi pentito. Non un caso se la crescente mostrificazione mediatica di Cesare Battisti prescinde ormai dai reati per cui fu condannato, e sincentra sulla sua personalit e il suo stile di
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vita (di adesso, non di allora): lo si accusa di essere un vigliacco perch fuggito, di essere un furbo perch lo protegge la lobby degli scrittori di sinistra, lo si aggredisce coi flash alluscita di prigione per rubare limmagine strana, congelare la smorfia fugace e sbatterla in prima pagina per far vedere che brutto, sporco e cattivo. 3. Censure e rimozioni della stampa sul caso Battisti Il mio scopo non dimostrare che Cesare Battisti innocente. Giudicare non spetta a me n allopinione pubblica. Ci che mi preme far capire che il modo dominante di affrontare questa vicenda soffre di tutte le storture, i vizi di procedura e i nodi irrisolti del periodo dellemergenza. Sono questi elementi, di cui non si vuol fare piazza pulita, a impedire un confronto razionale, laico e costruttivo. Le frettolose ricostruzioni della vicenda giudiziaria di Cesare Battisti apparse sulla stampa italiana sono molto lontane dalla realt dei fatti, e addirittura in contrasto con gli atti delle istruttorie e dei processi. Se addirittura uno dei PM di allora infila nella sua lettera aperta errori grossolani, scrivendo ad esempio che il gioielliere Torregiani aveva ucciso un rapinatore nel proprio negozio anzich al ristorante Transatlantico,3 figurarsi i semplici commentatori di versioni di quarta mano. Tutti, ma proprio tutti, ripetono che Cesare Battisti spar a Torregiani e a suo figlio tredicenne, costringendo questultimo sulla sedia a rotelle. Alberto Torregiani stato anche intervistato dalle televisioni, che lo hanno presentato come vittima di Cesare Battisti. Eppure, a detta dello stesso ex-PM di cui sopra, Battisti non faceva parte del commando che uccise Torregiani.4

. La ricostruzione dettagliata degli eventi che seguono presa da: Laura Grimaldi, Processo allistruttoria. Storia di uninquisizione politica, Milano Libri, 1981 4 . Da un testo di Armando Spataro, riportato integralmente in: Mario Pirani, Se a Parigi pari sono Battisti e Victor Hugo, La Repubblica, 8 marzo 2004, pag.14
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Battisti stato condannato per aver ideato e/o organizzato quel delitto, conclusione molto difficile da dimostrare, interamente basata su prove indiziarie e testimonianze di pentiti. Questa una delle cose che fa storcere il naso Oltralpe, tanto alla giustizia quanto allopinione pubblica. Battisti viene indicato dai pentiti come ugualmente responsabile per due omicidi avvenuti lo stesso giorno alla stessa ora. Di fronte allevidente impossibilit logica, il quadro si modifica s da farlo risultare esecutore materiale di uno (delitto Sabbadin) e ideatore dellaltro (delitto Torregiani). Inoltre ritenuto ugualmente responsabile di decine e decine di rapine, e in generale di tutti i reati compiuti dallorganizzazione di cui faceva parte, i Proletari Armati per il Comunismo (gruppo che ebbe vita piuttosto breve). Chi ignora quanto il nostro diritto (soprattutto quello dellemergenza-terrorismo) sia incistato di contiguit, complicit e compartecipazioni di varia natura, si stupisce e non pu che trovare contraddittorio il quadro emerso dalla sentenza. Ma non sto facendo una controinchiesta, quello che mi preme chiedere : perch, di fronte alle madornali idiozie dette dai media sul ruolo di Battisti nel delitto Torregiani, il Pm in questione non ha agito nellinteresse di una corretta informazione e di una maggiore comprensione di quelle vicende, prendendo carta e penna e precisando: Attenzione, questa cosa non vera? Perch egli non ha smentito gli sciacalli dellinformazione gridata? convinto di aver reso onore alla funzione pubblica che esercita, comportandosi in modo tanto reticente? Il direttore di un giornale razzista, in una trasmissione televisiva, ha gridato che Battisti spar alla schiena allorefice Torregiani, premendo sul pedale dellisteria, descrivendo lagguato come ancor pi vile di quanto ci si potesse immaginare. Ma Battisti non cera, ce lo conferma il pubblico ministero. Inoltre, Torregiani che indossava un giubbotto antiproiettile affront il commando e rispose al fuoco. E ancora: perch omettere di citare le proteste di Amnesty International per il modo in cui furono trattati i sospetti durante il fermo di polizia nellistruttoria Torregiani?
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Amnesty International us linequivoco termine tortura. Aveva ragione? Aveva torto? Rimuovendo, non lo scopriremo mai. 4. Il mal francese Ma come si permettono questi francesi? Pensano di poterci dare delle lezioni?. Ecco uno dei leitmotiven di questi giorni. Il rancore nei confronti dellopinione pubblica francese che non ci vuole restituire un macellaio, un mostro. Quanto sono boriosi, i cugini! Sono Pazzi Questi Galli. Anzich cercare di capire il punto di vista altrui, si d per scontato e indiscutibile che abbiamo ragione noi. E non ci si rende conto che, mentre li riteniamo colpevoli di farsi gli affari nostri, in realt siamo noi che ci facciamo i cazzi loro. Non si capisce perch mai i francesi dovrebbero rinunciare a una consuetudine giuridica pluridecennale, la cosiddetta Dottrina Mitterrand (che in realt stata rispettata anche dai governi di destra), solo perch il loro ministro Perben ha fatto un accordo col nostro ministro C*******. Se il ministro della giustizia cinese, o birmano, in barba alla legge italiana che vieta lestradizione di persone condannate a morte nel loro paese, ottenesse da C******* larresto e lespatrio di un rifugiato (chiamiamolo Chsr Xiliren), noi non reagiremmo con forza? E se venissimo a sapere che un tribunale italiano ha gi esaminato la situazione di Xiliren nel 1991, dando un parere contrario allestradizione, e che nessun nuovo elemento giustifica un secondo arresto e un riesame a distanza di tredici anni? E se, per soprannumero, nel nostro Paese Chsar Xiliren non avesse mai e poi mai commesso un reato, tenendo anzi una condotta impeccabile, dando anche un contributo alla cultura nazionale? Questo esempio ha un difetto: la Cina e la Birmania non sono nellUnione Europea. Infatti, molto rancore nei confronti dei francesi si basa sullidea che i cugini stiano
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ostacolando la formazione dello spazio giuridico europeo. Tale critica proviene da un Paese, il nostro, pi volte oggetto di critiche e condanne da parte della Corte di Strasburgo, che per pi di quarantanni non ha rispettato la Convenzione europea per quanto concerneva le condanne in contumacia, e che durante e dopo il G8 ha trattenuto in arresto cittadini europei sulla base di accuse inverosimili, attirandosi anche la protesta ufficiale del governo austriaco. Inoltre, al momento lItalia detiene il primato del governo pi anti-europeista, e si fatta ridere dietro tutti i giorni da mane a sera durante il Semestre di presidenza dellUE. Davvero crediamo noi di poter criticare chicchessa su questi temi? Poi c chi ha detto: i francesi sono teneri solo coi terroristi degli altri. I loro invece li trattano malissimo. Non c dubbio. Nonostante le distorsioni dei media nostrani, la Francia non un paese dove se fai la lotta armata si congratulano dandoti pacche sulle spalle. Ti mettono in galera, come accade in tutto il mondo. La conclusione sarebbe dunque semplice da trarre: la sinistra francese non sta difendendo Battisti perch stato un terrorista, ma nonostante lo sia stato. Lopposizione allestradizione va ben oltre Battisti e la sua vicenda umana (bench sia giusto far notare che non delinque da trentanni e non ha alcun collegamento coi nuovi gruppi lottarmatisti). La campagna va ben oltre, per i francesi si tratta di difendere un principio, quello del diritto dasilo, e un punto donore, quello della parola data da Mitterrand ai nostri connazionali rifugiati nellEsagono. 5. Soluzione politica e amnistia C voluto uno scrittore francese, Daniel Pennac, per riuscire a parlare di amnistia sulle pagine di un quotidiano italiano. Probabilmente un nostro connazionale non sarebbe mai riuscito a superare certi filtri. Pennac, intervistato da un quidam, ha detto: Con la Repubblica lamnistia diventata qualcosa di necessario alla concezione repubblicana della pace sociale. C le20

sempio della Comune, ma pi vicino a noi c anche lamnistia dei membri dellOas, che si sono battuti con le bombe e con la violenza contro lindipendenza algerina. Ma quattro anni dopo la fine della guerra sono stati amnistiati. Erano di estrema destra, hanno ucciso: non ammetto che abbiano ammazzato, ma si dovevano amnistiare [...] Lamnistia il contrario dellamnesia. Si tratta di chiudere una porta per permettere agli storici di capire un periodo in maniera meno passionale. Mi difficile ammetterla sentimentalmente, soprattutto se si immaginano le vittime. Il problema non deve per essere considerato dal punto di vista affettivo. un invito gi caduto nel vuoto, in questo Paese certe cose non si devono affrontare se non a colpi di emozioni e di psicologia delle folle. Si produce ancora isteria sugli anni Quaranta, sulle foibe, sulla epurazione dal basso dei fascisti gestita da Volante Rossa e gruppi consimili, figurarsi se si pu far partire un dibattito sullemergenza senza rimuovere tutto quanto esposto sopra. Specialmente oggi, con lopposizione a B********* dietro i sacchi di sabbia delle trincee giudiziarie (un bel regalo, con tanto di fiocchetto, di certa leadership girotondista). Eppure bisogna fare il tentativo. Non credo di esagerare affermando che questo Paese non potr mai cambiare in meglio senza ripensare quanto vi successo negli anni Settanta. E solo dopo unamnistia per gli ultimi prigionieri e rifugiati dei cosiddetti anni di piombo, solo dopo la soluzione politica di un problema che fu ed politico e non solo criminale, si pu sperare di capire cosa successe e come quegli accadimenti hanno condizionato la vita pubblica italiana. Bologna, 8-9 marzo 2004

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1. LARRESTO, LA MOBILITAZIONE, I PRIMI APPELLI

SOLIDARIET PER LO SCRITTORE CESARE BATTISTI Abbiamo appreso con incredulit e immediata reazione di sdegno dellarresto a cui stato sottoposto, questa mattina a Parigi, lo scrittore Cesare Battisti. Lautore italiano, esule in Francia per motivi politici, viene ora trattenuto dalle autorit francesi, a circa venticinque anni dai fatti per cui in Italia condannato e in Francia stato processato. I quali fatti, e lo sottolineiamo con forza, non sono assolutamente quelli diramati oggi, in tv e su Rete, dagli organi di informazione: al solito, in momenti drammatici, sia da un punto di vista personale (per lo scrittore Battisti) sia sociale (per lattuale momento storico e politico che viviamo), emerge una disinformazione pretestuosa, che ha il sapore del condizionamento di regime e che conduce a vette di tragica comicit quale a tutti gli effetti la dichiarazione del ministro dellInterno Beppe Pisanu, il quale si congratulato con la Direzione Antiterrorismo transalpina, per loperazione di cattura di una persona che da anni rintracciabile da chiunque e il cui indirizzo di casa reperibile perfino sul Web. Cesare Battisti paga una gravissima deriva, politicamente opportunista e scandalosamente revisionista, che il governo Berlusconi ha imposto al nostro Paese ed esportato in Europa, e in Francia in primis, per motivi di
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pura propaganda elettorale e al fine di dare sostanza al delirante fantasma rosso con cui pensa di ipnotizzare un continente intero. Al di l del surrealismo che presiede allarresto dello scrittore Cesare Battisti, risulta estremamente chiaro a noi di Carmilla che il contesto sociale in cui maturarono le scelte di una generazione , a oggi, un nodo irrisolto della vita civile italiana. Intervenire, a venticinque anni da un periodo di autentica guerra civile, con larresto pretestuoso di una persona che ha subto anche in Francia il processo per fatti di eversione il che differenzia, e di molto, lo status di Cesare Battisti rispetto a molti altri consimili , costituisce la conferma che dobbiamo affrontare londa lunga di una reazione che, soltanto per non apparire il mostro che in realt, si definisce liberista e non autoritaria. Carmilla solidale con Cesare Battisti e ne chiede limmediata scarcerazione. Ci mobiliteremo, con i mezzi che abbiamo a disposizione, per attirare il massimo dellattenzione pubblica su questo scandalo giurisprudenziale ed umano. A breve verr pubblicato un appello per la liberazione di uno dei pi importanti scrittori italiani. SOLIDARIET A CESARE BATTISTI! (Redazionale su Carmilla On Line, 10.2.2004) LA RETE SI MOBILITA: LIBERAZIONE PER CESARE BATTISTI Nel momento in cui viene scritto questo post, le 11.32 del 12 febbraio 04, sono 712 le firme raccolte a favore dellAPPELLO PER LA LIBERAZIONE DI CESARE BATTISTI (molte le stiamo tuttora inserendo manualmente). In Francia, una petizione consimile pubblicata dal sito Mauvaisgenre stata sottoscritta da 1.400 persone. una risposta di enorme impatto, se si considera che gli appelli sono on line da ventiquattrore soltanto. Nonostante lincredibile e grottesca disinformazione praticata da tv, radio e giornali, la solidarit scattata attraverso la Rete dimostra che unalternativa comunicativa esiste e dispone di un rilievo non indifferente. Moltissimi firmatari non si
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sono limitati a inviare nome e cognome: hanno scritto autentiche riflessioni sullo scandalo giudiziario e umano che colpisce in queste ore Cesare Battisti. TENIAMO TANTISSIMO A RINGRAZIARE CIASCUNO DEI FIRMATARI: non possiamo farlo personalmente, vista la massa di adesioni, ma fondamentale per noi esprimere la massima gratitudine a ogni persona che ha sottoscritto lappello. Tra i firmatari compaiono nomi di prestigio pubblico: scrittori (i moltissimi francesi, tra cui cito Serge Quadruppani, Pascal Dessaint e Dominique Manotti, pubblicati in Italia; tra gli italiani, oltre a Wu Ming che ha diffuso in newsletter lappello e contribuito da sempre allenorme diffusione della conoscenza sul caso Battisti, citiamo Nanni Balestrini, Tiziano Scarpa, Lello Voce, Marco Philopat, Sandrone Dazieri, Helena Janeczek, Luigi Bernardi), produttori cinematografici (Marco Muller, per esempio), disegnatori (come Vauro), giornalisti (come Loredana Lipperini di Repubblica), docenti universitari (da ogni nazione: lUCLA americana e istituzioni tedesche, svizzere, oltre che francesi). unadesione importante, sia da un punto di vista emotivo (appena saremo in grado, consegneremo a Cesare Battisti le firme), sia da un punto di vista politico (la realt, una volta di pi, non quella che appare nei media tradizionali, e la Rete permette una mobilitazione di straordinaria incisivit, facendo apparire necessario sciogliere anche culturalmente il nodo irrisolto di un tragico decennio). Terremo aggiornati tutti sugli sviluppi del caso. Cominciamo sin da ora segnalando larticolo di Libration e quello de il manifesto e il presidio degli scrittori francesi (saranno pi di un centinaio, secondo le prime stime) davanti al carcere della Sant, a Parigi, luned 16 febbraio alle 17. Un appello al presidente Chirac stato inoltrato dallo scrittore Patrick Pcherot. Per quanto concerne lItalia, stiamo organizzando, in varie citt, eventi e serate per Cesare Battisti: quasi certamente a Milano, certamente a Bologna daremo avviso per tempo. (Redazionale su Carmilla On Line, 12.2.2004)
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APPELLO A CHIRAC PER LA LIBERAZIONE DI CESARE BATTISTI di Michel Quint, Claude Mesplde, Pascal Dessaint, Franois Joly, Guillaume Chrel Un gruppo di importanti scrittori francesi (Michel Quint; Claude Mesplde; Pascal Dessaint; Franois Joly; Guillaume Chrel) ha steso un appello al Presidente Chirac, al Parlamento e al ministro della Giustizia di Francia, per protestare contro lo scandaloso arresto di Cesare Battisti. Il testo, che qui riproduciamo nella traduzione di Paolo Chiocchetti, verr inoltrato alle autorit luned 16. Lo scrittore Philippe Sollers era stato precedentemente ricevuto dal Presidente Chirac, esponendogli il caso di Battisti. Lettera ai presidenti dei gruppi parlamentari allAssemblea Nazionale, al Guardasigilli e al Presidente della Repubblica Francese Siamo degli scrittori che non sopportano pi la situazione che si venuta a creare con larresto e forse domani lestradizione del nostro collega romanziere e amico Cesare Battisti. Il romanziere Cesare Battisti minacciato destradizione verso lItalia, dove si trova sotto il peso di una condanna che risale allepoca delle azioni terroristiche condotte durante gli anni 70. Rifugiato in Francia dal 1990, come molti altri militanti italiani, aveva ottenuto dal Presidente Mitterrand lassicurazione di poter vivere in Francia, alla condizione di non fare pi attivit politica. Da allora Cesare Battisti ha rispettato questo impegno. Ha messo su famiglia ed diventato scrittore, fornendo nei suoi romanzi delle testimonianze uniche su quel periodo e sugli avvenimenti che ha vissuto. Unallarmante anticipazione di quanto ora succede si era verificata nel 2002, costringendoci alla stesura di una petizione nazionale firmata da numerosi romanzieri, critici, editori, traduttori e personalit varie. Queste firme erano state depositate presso i rappresentanti del ministero della cultura. La situazione era rimasta immutata. La parola data dal presidente Mitterrand a nome della Francia era stata rispettata. Improvvisamente le cose sono cambiate. Abbiamo appena appreso che nella mattinata di marted 10 febbraio 2004, Ce26

sare Battisti stato arrestato nel suo domicilio dalla BAT, per essere poi incarcerato sulla base di una richiesta di estradizione. Se una tale procedura venisse portata a termine, sarebbe la parola data dalla voce di un presidente francese che verrebbe insultata, e il senso dellonore della Francia calpestato. Siamo tutti noi, Francesi di tutte le origini, ad essere offesi da questa mancanza alla nostra parola data tramite un presidente eletto a suffragio universale. Ed evidentemente noi non possiamo che esprimere la vergogna da cui siamo pervasi. la sorte di un uomo, di una famiglia ma anche lonore delle lettere francesi e della nazione che sono in gioco. Nellora in cui lItalia ha il coraggio di guardare sul grande schermo le Brigate Rosse allopera con le lore vicissitudini, i loro tormenti, le loro contraddizioni: nellora del matrimonio principesco SavoiaCoureau, del ritorno degli aristocratici in Italia, noi saremo pi nazionalisti che il re di un paese nel quale non siamo...? Ci sono dei conti che indegno regolare per altri. Cos Tolomeo offr in passato la testa di Pompeo a Cesare, che ne fu oltraggiato. Si pu sperare che Berlusconi si senta insultato dal fatto che gli si consegni un uomo che un esempio di umanit, perch questa umanit la misura alla sua riconquista? per questo che domandiamo al Guardasigilli e al Presidente della Repubblica francese, a nome nostro, a nome di uomini che non sono in nulla migliori di Cesare Battisti, di restituire la libert a Cesare e di riconfermargli il diritto di asilo, che in nome della nostra dignit sta a tutti noi francesi di conferire. (Da Carmilla On Line, 13.2.2004) CASO BATTISTI: MONTA LA PROTESTA DEGLI INTELLETTUALI Secondo fonti francesi, sono molte migliaia le firme ottenute dalle varie petizioni a favore di Cesare Battisti: oltre a quelle su web, che ammontano ormai a pi di seimila tra Francia e Italia, sono ora da contare le adesioni provenienti dagli Stati Uniti, dal Messico e dalla Germania, grazie al27

limpegno di alcuni docenti universitari molto noti. Tra i firmatari prestigiosi dellappello italiano, si aggiunta oggi la scrittrice e traduttrice Laura Grimaldi, oltre che Antonio Moresco, Dario Voltolini, Carla Benedetti, il poeta Ivano Ferrari e il poeta-traduttore e direttore editoriale JeanCharles Vegliante. A Parigi, ieri, si tenuta una riunione per organizzare la manifestazione davanti alla Sant, luned prossimo, nel corso della quale verr consegnato lappello degli scrittori francesi al Presidente Chirac: ieri sera erano presenti centocinquanta persone, tra cui intellettuali molto noti allopinione pubblica francese, oltre che rappresentanti del sindacato dei magistrati, avvocati e le telecamere di France 3. Domani, sabato 14, alle 15.30, presso il CICP (21 ter rue Voltaire, 75011 metro nation o rue des boulets) viene a costituirsi ufficialmente il coordinamento per il sostegno a Cesare Battisti. Delphine Cingal, docente di letteratura anglosassone presso lUniversit Paris II-Assas, sta organizzando una struttura che raccolga fondi per affrontare le spese processuali. Daremo notizie sugli sviluppi: Cesare Battisti non versa in buone condizioni economiche e, qui in Italia, si pu contattare Carmilla se si desidera fare pervenire allo scrittore aiuti di ordine monetario. Nel baillamme disinformativo, spicca un articolo del giornale francese destrorso Le Figaro, che racconta dellarresto di Cesare Battisti a causa delluccisione di un suo vicino di casa a Parigi: la tragedia partorisce farse. Oltre alla trasmissione di Radio La-Bas, che abbiamo segnalato, apprendiamo che un programma lunghissimo e approfondito sul caso Battisti andato oggi in onda sullemittente radiofonica nazionale France Inter. stato comunicato che, con tutta probabilit, Cesare Battisti comparir davanti ai giudici mercoled 18 o mercoled 25. Vi terremo aggiornati su tutti gli sviluppi. (Redazionale su Carmilla On Line, 13.2.2004)

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APPELLO PER CESARE BATTISTI da Nazione Indiana, www.nazioneindiana.com Non abbiamo gli elementi per esprimere un giudizio approfondito sulla vicenda processuale che port molti anni fa alla condanna allergastolo di Cesare Battisti, da quindici anni rifugiato in Francia. N abbiamo alcuna comprensione nei confronti delle logiche del terrore di qualsiasi provenienza n insensibilit verso la sofferenza di coloro che ne sono stati e ne sono vittime. Ma non ci sembra che vi sia giustizia nel sottoporre una seconda volta, dopo tanti anni, a una procedura di estradizione la stessa persona per la quale era gi stata negata una prima volta. Sarebbe come portare di nuovo sul patibolo un condannato a cui allultimo momento si era deciso di commutare la pena. Inoltre non ispira un senso di giustizia limpressione che a dettare i tempi e i modi di questa operazione siano in realt contingenze politiche interne, per di pi da parte di un governo che, in questa stessa materia, si generalmente distinto nella pratica dei due pesi e due misure (rogatorie, immunit parlamentare, rifiuto di ratificare il mandato di cattura europeo....) e nellattacco frontale alla Magistratura del nostro paese. Ci uniamo perci allappello rivolto alle autorit francesi affinch non si prestino a un gioco che pi che agli interessi della giustizia e della verit sembra obbedire a logiche di altra natura. Sergio Baratto, Carla Benedetti, Ivano Ferrari, Andrea Inglese, Antonio Moresco, Tiziano Scarpa, Giorgio Vasta, Dario Voltolini LHUMANIT: BATTISTI DEVE RESTARE IN FRANCIA dal quotidiano francese LHumanit, 13.2.04 Cesare Battisti stato arrestato a casa sua, marted, da agenti della DAT, la Divisione nazionale Antiterrorismo, e trattenuto in carcere sotto richiesta di estradizione. Nessuna procedura accusatoria stata ingaggiata contro di lui
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da parte della giustizia francese. grazie alla richiesta del governo Berlusconi che lo scrittore stato arrestato, in virt di una domanda di estradizione che la giustizia francese aveva gi rifiutato nel 1991. Nessun nuovo elemento stato prodotto dalle autorit italiane. Cesare Battisti, negli anni Settanta, era uno dei responsabili dei PAC (Proletari Armati per il Comunismo), unorganizzazione di estrema sinistra che propugnava la violenza politica. stato condannato allergastolo, mentre era latitante, sulla base di dichiarazioni di pentiti, che le negoziariono con la polizia. Un processo manifestamente truccato, che lo accus, per fare solo un esempio, di avere commesso due omicidi, lo stesso giorno alla stessa ora, a Venezia e a Milano. Una condanna ottenuta in base a leggi eccezionali, che aggravavano la pena in funzione del contesto politico, in un paese dove non vengono riprocessati i contumaci. In pratica, fatti di trentanni fa, che sarebbero caduti in prescrizione o amnistiati, e che Battisti ha negato sempre di avere commesso. Nel 2002, egli ha riconosciuto lerrore politico dei PAC, senza abiurare comunque agli ideali della sua giovinezza. Nel 1985, Franois Mitterrand dichiar che la Francia non avrebbe mai estradato coloro che risultava non fossero personalmente responsabili di crimini contro la vita e che avessero dichiarato labbandono definitivo della violenza a ogni livello. Era, per lappunto, il caso di Battisti, come di Paolo Persichetti, professore alla Paris VIII, estradato nellagosto 2002. Il ministro della Giustizia, Dominique Perben, desideroso di confermare limmagine di un governo francese dal polso fermo e giustizialista anche avventurandosi nei territori dellestrema destra , oltre che di compiacere Berlusconi, nostante sia palese la violazione dei diritti, torna su un affare su cui gi stata emessa in Francia una sentenza, e fa crollare una volta ancora, insieme alla tradizione dellasilo politico che la Francia ha sempre concesso, i principi fondamentali del diritto. Una richiesta di sospensione del provvedimento cautelare stata presentata dagli avvocati di Battisti, insieme a una domanda di scarcerazione. Intanto, si sta organizzando la solidariet.
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PARIGI: LA MANIFESTAZIONE PER CESARE BATTISTI di Serge Quadruppani Autore noir di fama europea, Serge Quadruppani ha pubblicato in Italia LAssassina di Belleville e La Breve Estate dei Colchici. Dalle 17 una folla di circa quattrocento persone ma si sono in seguito aggiunti molti altri si radunata davanti al carcere della Sant, per manifestare il proprio rifiuto allestradizione di qualunque rifugiato politico italiano arrivato in Francia dopo gli anni Ottanta. Cesare Battisti si trova per lappunto improgionato alla Sant, sotto richiesta di estradizione. Annunciato dapprima come semplice conferenza stampa, il concentramento ha avuto luogo su boulevard Arago allincrocio con rue de la Sant, ed stato aperto dagli interventi di Alain Krivine (deputato europeo LCR-trotskista), Nol Mamre (Verdi) e dallavvocato De Felice, appartenente alla Lega dei Diritti dellUomo, che difende Cesare. Philippe Sollers (autore Gallimard) ha in seguito preso la parola. Componevano lassembramento scrittori e intellettuali di diversa estrazione (tra cui Tahar Ben Jalloun, il regista Yves Boisset, larchitetto PC Castro) insieme a una folta rappresentanza di editori, giornalisti, semplici militanti, rifugiati politici italiani (tra cui Oreste Scalzone) che indossavano gli adesivi Librez Cesare. Erano presenti anche gruppi pi o meno radicali che contestano la carcerazione e il sistema repressivo. I manifestanti sono rimasti pi di due ore a scandire slogan di solidariet con lo scrittore italiano, in modo che, se anche Cesare non avesse sentito, i cori raggiungessero comunque gli altri detenuti. Cinque deputati, Krivine e tre parlamentari Verdi e un senatore del PC, sono riusciti, secondo i poteri di cui dispongono per legge, a fare ingresso nel carcere, ma il ministro della Giustizia ha loro illegalmente interdetto lincontro con Cesare. Tra la folla, striscioni di sostegno alla causa di Cesare, unenorme bandiera contro il sistema carcerario e la prima
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pagina del quotidiano lHumanit (giornale del Partito comunista) che titolava a caratteri cubitali Librez Battisti!. Tra i manifestanti si sono fatti sentire anche alcuni ex(?)-stalinisti che, ventanni fa, non avrebbero esitato a consegnare Battisti alla polizia. Ma il mondo cambia, in Francia come in Italia. Al termine della manifestazione, la sensazione generale stata che il governo francese abbia compiuto una mossa azzardata e non priva di rischi. Gioved, alle 14.30, la Lega dei Diritti dellUomo terr nella sua sede una conferenza stampa. Alle 20.00, presso il CICP (locale di incontro tra militanti) verr proiettato il film Cesare Battisti: rsistances. Il comitato di solidariet a Cesare continuer a organizzare azioni di sostegno, in vista del 3 marzo, data delludienza sulla richiesta di scarcerazione. Cesare libero! Nessuna estradizione degli esuli italiani! (Da Carmilla On Line, 17.2.2004) LEGA PER I DIRITTI DELLUOMO: LIBERATE BATTISTI Nel pomeriggio di ieri, presso la sede parigina della Lega per i Diritti dellUomo, si tenuta una conferenza stampa sulla situazione di Cesare Battisti. In una sala affollatissima, sono intervenuti: Michel Tubiana, presidente della lega per i Diritti dellUomo, che ha messo in connessione i casi di Cesare Battisti e di Paolo Persichetti, denunciando il malfunzionamento della giustizia italiana che ha imposto processi iniqui negli anni Settanta e Ottanta, e terminando il suo intervento con una riflessione sullattuale posizione del governo francese: Rinnegare la parola data non soltanto un attentato allonore della Francia, significa sovvertire tutti i fondamenti della politica. Irne Terrel, avvocato di Cesare Battisti, a proposito della posizione del governo parla di una forma di oltraggio alletica politica. Terrel ha fatto giustizia sul ca32

so dei vicini di casa di Cesare Battisti, che avrebbero sporto denuncia contro di lui: si tratta di una deliberata volont di criminalizzazione. Ha inoltre ricordato come sia falso sostenere che Cesare, una volta estradato in Italia, avrebbe diritto a un nuovo processo: egli dovrebbe al contrario scontare le condanne comminategli mentre era in contumacia. De Felice, altro avvocato di Battisti, ha letto un passo di un documento della polizia che pretenderebbe che, nel 91, la corte di appello abbia sentenziato A FAVORE dellestradizione quando la verit esattamente lopposto. Philippe Sollers ha dato lettura di un magnifico testo di Erri De Luca che presto sar pubblicato su Le Monde. Sono stati letti messaggi o sono intervenuti direttamente rappresentanti delle seguenti organizzazioni: Cimade (organizzazione umanitaria protestante), Sindacato degli Avvocati di Francia, France Libert (Danielle Mitterrand), Sindacato della Magistratura. Il biologo Albert Jacquard (una personalit estremamente nota in Francia) ha preso la parola in qualit di semplice cittadino. Michle Lesbre, scrittore, ha presentato lappello francese e ha segnalato un gran numero di iniziative di solidariet: la cittadina di Frontignan, in cui si tiene un festival del noir, ha intenzione di nominare Battisti cittadino onorario. Serge Quadruppani ha presentato lappello italiano e ha spiegato perch cos difficile che passi in Italia, come le forze politiche svolgano un ruolo centrale nellimpedire un riesame del periodo 70-80, in nome della lotta contro il terrorismo, e perch la sinistra abbia delegato ai giudici il tentativo di risolvere i problemi che la politica non pi in grado di affrontare in particolare: come sbarazzarsi di Berlusconi e del berlusconismo. Un rappresentante del Partito comunista francese (di cui erano presenti molti eletti) ha annunciato che il gruppo comunista del Consiglio comunale parigino proporr che Cesare Battisti venga nominato amico della Citt di Parigi. Il Capo di Gabinetto di Franois Hollande, segretario
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generale del Partito Socialista, ha letto un messaggio di questultimo che insiste nuovamente sulla necessit di rispettare la parola data. La riunione si conclusa con la lettura di alcune parole di Cesare Battisti, un testo scritto in occasione dellespulsione di Paolo Persichetti. (Da Carmilla On Line, 20.2.2004) SERATA AVENIDA LIBERATION: COM ANDATA andata benissimo. Presso il circolo Arci Sesto Senso, a Bologna, si tenuta la prima serata italiana di solidariet a Cesare Battisti. Valerio Evangelisti, Wu Ming 1 e Giuseppe Genna non soltanto hanno presentato Avenida Revolucin, lultimo libro tradotto in Italia di Cesare Battisti (uscito per Nuovi Mondi Media), ma hanno parlato della vicenda umana, politica e giuridica dello scrittore italiano attualmente detenuto nel carcere parigino della Sant, in attesa che sia esaminata la richiesta di estradizione per lItalia. In un locale affollato, alla presenza di scrittori, di critici, di uninviata del quotidiano francese Libration e di moltissimi giovani, Valerio Evangelisti ha raccontato alcuni particolari del processo kafkiano a cui Battisti fu sottoposto in Italia. Non si trattato di semplice memorialistica: lesilio dellautore del Cargo sentimental frutto di una scellerata conduzione, in un periodo di leggi speciali che alcuni pretenderebbero tuttora in vigore, di un procedimento giudiziario falsato da trattamenti iniqui e violenti da parte delle forze di polizia, confusione investigativa (dieci persone trattenute dagli organi giudiziari furono costrette a confessare un medesimo omicidio), distorsione delle accuse e costruzione di castelli immaginari a forza di negoziazioni con poco credibili pentiti. Evangelisti ha anche sottolineato limportanza della letteratura di Cesare Battisti: una delle pochissime, ai nostri giorni, a immergersi totalmente in unepoca che lItalia stenta a elaborare. Giuseppe Genna ha introdotto allopera di Battisti: soltanto quattro libri su un totale di dodici sono attualmente tradotti in Italia,
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ed necessario e urgente pubblicare da noi il Cargo sentimental, profondissima riflessione sullintera storia contemporanea dItalia, dal dopoguerra allinsorgere del Movimento che si mobilitato ai nostri giorni. Wu Ming 1 ha anzitutto evidenziato le storture informative e la pochezza di argomentazioni che sono circolate in Rete e sulla stampa, ampliando poi la prospettiva rispetto al contesto politico generale in cui il caso Battisti esplode: linanit di unopposizione che ha delegato alla magistratura lattacco al transitorio premier e al suo governo, che garantista soltanto in casi di interesse personale, mentre fioccano le proibizioni in ogni comparto del vivere civile. Sono andati esauriti i dossier composti dai materiali presenti on line su Carmilla, sono state vendute copie di Avenida Revolucin, si sono aggiunte molte firme allappello (che stiamo aggiornando manualmente e ripubblicheremo integralmente a breve). Prima degli interventi, stato proiettato il video realizzato in Francia Cesare Battisti: rsistances. Vorremmo ringraziare tutti gli intervenuti: stato importante per noi, ma soprattutto per Cesare. La serata, nelle intenzioni, diventer una sorta di evento disseminato per lItalia. imminente lannuncio della data di Milano (sono previste, sul palco, partecipazioni numerose), mentre ci stiamo attivando per organizzare uniniziativa analoga anche a Roma. (Redazionale di Carmilla On Line, 27.2.2004) LETTERA APERTA DI 500 INTELLETTUALI AL MINISTRO DELLA CULTURA FRANCESE, PER LA LIBERAZIONE DI CESARE BATTISTI Mentre lamministrazione comunale della capitale francese accorda in forma ufficiale e solenne la protezione della Citt di Parigi a Cesare Battisti, e istituisce unapposita commissione; mentre varie cittadine qui e l per la Francia lo nominano cittadino onorario; mentre addirittura gli inquilini dello stabile in cui abitava (gi autori di un volantino intitolato Ridateci il nostro portinaio) marciano con tutto il 9 Circondario fino al municipio del quartiere e trovano la solida35

riet del sindaco e dei consiglieri, gli intellettuali transalpini pi prestigiosi continuano la loro mobilitazione. Quattro di essi, ben noti anche in Italia (lo storico Pierre Vidal-Naquet, il disegnatore Enki Bilal, la scrittrice Fred Vargas, il regista Jacques Audiard) hanno redatto la lettera aperta che riportiamo, firmata nel giro di pochi giorni da 500 loro colleghi. Signor Ministro, larresto del romanziere Cesare Battisti e la minaccia di estradizione che pesa su di lui destano emozione e riprovazione nel mondo della cultura, e ben al di l di esso. Noi, scrittori e romanzieri, editori e traduttori, librai, disegnatori e fotografi, artisti, attori e cineasti, donne e uomini di cultura, le domandiamo di rompere il suo silenzio sulla situazione di Cesare Battisti. Noi non possiamo accettare che la nostra Repubblica ritiri brutalmente limpegno preso con Cesare Battisti di consentirgli di vivere tra noi a patto di rompere con la logica degli anni di piombo, promessa che Cesare Battisti ha pienamente rispettato. Non possiamo accettare che Cesare Battisti sia minacciato di estradizione per larbitrio di un voltafaccia giudiziario inaccettabile, e imprigionato a vita in Italia, senza ricorso possibile per via di una legge iniqua. Ne va dellonore della Francia, arricchita da tanti apporti venuti dal mondo intero, e della sua cultura, di cui lei il garante e il difensore naturale. Ne va del rispetto della parola data, cos come dellavvenire delle libert e dei diritti nellEuropa in costruzione. per questo che vi domandiamo, Signor Ministro, di intervenire affinch la libert sia restituita a Cesare Battisti, e gli sia definitivamente assicurato il diritto dasilo promesso. Tra i 500 firmatari dellappello, i pi noti in Italia sono gli scrittori Daniel Pennac, Tonino Benacquista, Daniel Picouly, i registi Costantin Costa-Gravas e Bertrand Tavernier, il filosofo Bernard-Henri Lvy, il disegnatore Willem. (Da Carmilla On Line, 2.3.2004)
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DANIEL PENNAC: LETTERA A BATTISTI Con il titolo A un perseguitato, lo scrittore francese Daniel Pennac, che ha firmato lappello per la liberazione di Cesare Battisti, ha inviato una lettera allo scrittore italiano detenuto a Parigi in attesa di estradizione. Il quotidiano il manifesto lha tradotta e pubblicata nelledizione domenicale. Ecco il testo. Caro Cesare Battisti, non la conosco, non lho mai letta e certamente non lavrei seguita nella sua giovanile partecipazione alla lotta armata. Questo mi lascia tanto pi libero di dirle la vergogna che provo per ci che il mio governo le sta facendo e che, attraverso di lei, minaccia, probabilmente altri rifugiati italiani. Il 10 luglio 1880, nove anni appena dopo la Comune di Parigi (insurrezione che fece pi di 30.000 morti!), i condannati vennero graziati e amnistiati. Siamo nel 2004, i fatti che le vengono imputati (i pi gravi dei quali non sono stati provati), risalgono a quasi trentanni fa, e lei di nuovo gettato in prigione, tradito dal paese (che le aveva garantito asilo), e consegnato a quello che le rifiuta il perdono. Come spiegare alle giovani generazioni una tale regressione del costume politico? E come far capire a coloro che ci governano, che agendo in tal modo essi creano il clima di disperazione che ha spinto alla lotta armata ladolescente che lei era negli anni 70? Certo, i ministri passano e il sostegno che molti le stanno dimostrando durer pi a lungo dei nostri rispettivi governi; ma una magra consolazione, se pensiamo a quale societ pu nascere da comportamenti in cui si pu tradire la parola data da un capo di stato, e in cui la giustizia si apparenta alla vendetta se non viene addirittura imbavagliata. Naturalmente, spero con tutto il cuore di sbagliarmi e che il mio governo, sensibile agli argomenti che gli sono stati presentati, rester fedele alla garanzia di protezione che le stata data. Coraggio dunque, sperando di vederla presto, libero. (Da Carmilla On Line, 24.2.2004)
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LIBERATE BATTISTI! di Bernard-Henri Lvy Francamente non avremmo mai creduto di ospitare un giorno un intervento di Bernard-Henri Lvy (tratto dal settimanale Le Point). Invece il caso Battisti ci mostra, ancora una volta, la superiorit degli intellettuali francesi inclusi i pi massmediatici rispetto a quelli italiani. Sulla detenzione arbitraria di Cesare Battisti prendono posizione personalit poco sospettabili di sinistrismo, come Philippe Sollers, Bernard Kouchner e tanti altri, tra cui, per lappunto, Lvy. Una dimostrazione di indipendenza di pensiero, in Italia quasi inimmaginabile. Cesare Battisti, questo ex responsabile dei Proletari Armati per il Comunismo riconvertito alla buona letteratura poliziesca e arrestato, laltra mattina, dalla polizia francese. Lho incrociato, una volta. Era presente me ne rendo conto rileggendo le mie annotazioni dellepoca alla riunione organizzata nel novembre 1978, a Roma, dal quotidiano italiano Lotta Continua, in cui si dibatt, con Flix Guattari e altri, se il terrorismo fosse o meno il figlio naturale di una coppia diabolica, fascismo e stalinismo. Oggi il tempo passato. La guerra finita. La rivoluzione anche. E tutti, tra i protagonisti del dibattito di allora, sarebbero daccordo nel ritenere che la scelta della lotta armata fosse al tempo stesso assurda e criminale. Chi ha interesse, data la situazione, a riaprire la vecchia piaga? Perch, sebbene Battisti vivesse a viso aperto, con moglie, figli, editori per i suoi romanzi, amici, indirizzo conosciuto, fare di colpo finta di scambiarlo per una sorta di clandestino? veramente una buona idea, per unItalia visibilmente minacciata da un nuovo tipo di terrorismo, prendersela con chi si ritratto dalla violenza antica maniera e, nei suoi romanzi, ha fatto pi di chiunque altro per riflettere sul fenomeno, e dunque scongiurarlo? In ogni caso, qui, in Francia, la questione non si pone nemmeno. La camera daccusa della corte dappello di Parigi ha in effetti, tredici anni fa, gi risposto no a una precedente domanda di estradizione. Tutti i governi, da allora
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in poi, hanno implicitamente ratificato una posizione dettata, in particolare, da quella peculiarit del diritto italiano che fa s che un condannato in contumacia, se consegnato, finisca direttamente in prigione, senza possibilit di nuovo processo. Di conseguenza, visto che nel frattempo non affiorato alcun elemento nuovo, le autorit francesi non hanno, oggi, che una parola da dire, che un gesto da fare: liberare Cesare Battisti. (Da Carmilla On Line, 22.2.2004) OGGI LUDIENZA. LA CITT DI PARIGI A SOSTEGNO DI BATTISTI di Jacqueline Coignard Articolo apparso su Libration del 2 marzo 2004 Ci siamo. Oggi pomeriggio, alle 14, lintera giunta comunale di Parigi uscir dal municipio con la sciarpa tricolore a tracolla, alla guida di un corteo che si porter fin sotto il tribunale della citt, dove deve essere esaminata listanza di scarcerazione presentata dai legali di Cesare Battisti. Intanto si appreso che gi il 20 maggio 2003, dietro pressione del governo italiano, il guardasigilli francese aveva presentato al Procuratore generale una richiesta di estradizione, concernente Battisti e altri due rifugiati. Il 4 dicembre 2003 il Procuratore aveva annunciato al ministero larchiviazione della pratica. Tuttavia non c da essere troppo ottimisti, visto laccanimento del governo francese su insistenza di quello italiano (sono di ieri le pressioni indebite esercitate in Francia su uno dei promotori del manifesto dei 430 intellettuali, poi saliti a 500). Cesare Battisti posto sotto la protezione della Citt di Parigi. Cos ha deciso, ieri, il consiglio municipale per sostenere lo scrittore italiano, ex attivista degli anni di piombo, rifugiato in Francia nel 1990 e incarcerato il 10 febbraio in attesa di una eventuale estradizione. Noi domandiamo che la Francia rispetti i suoi impegni passati; che tutti gli altri rifugiati politici italiani, che beneficiano degli stessi impegni, non siano estradati; che Cesare Batti39

sti possa beneficiare della protezione della Citt, ha spiegato Christophe Caresche (PS). Tra il sarcasmo dellopposizione: Volete farlo dormire qui?. Jacques Bravo, sindaco socialista del IX Circondario, in cui Battisti viveva, replica: Gli eletti di Parigi vigileranno. Ci mobiliteremo per analizzare e difendere questo caso. Daltronde, un appello a manifestare dal municipio al palazzo di giustizia di Parigi stato lanciato per mercoled, nel momento in cui i giudici esamineranno la domanda di scarcerazione di Battisti. Con loccasione, Pierre Mansat (PCF) rinfresca la memoria di certi consiglieri : Nel 1996 Cesare Battisti fu invitato donore di Jean Tiberi e di JeanJacques Aillagon, allora direttore degli Affari culturali della citt (entrambi di destra; oggi Aillagon ministro della Cultura, NdR), per un incontro sulla letteratura italiana. La sinistra parigina si ritiene alla testa di un movimento per fare riconsiderare allItalia le proprie leggi di vendetta e prevedere unamnistia per azioni politiche che risalgono a trentanni fa. Ieri, a Tolosa, una manifestazione per Battisti ha radunato 300 persone. (Da Carmilla On Line, 3.3.2004)

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2. IL CASO BATTISTI. LA RIFLESSIONE

LINCUBO BATTISTI di Giuseppe Genna Quanto sta succedendo in queste ore, in questi giorni a Cesare Battisti , e lo con esattezza scientifica, quanto sta accadendo in questi anni allItalia e allEuropa: la minaccia realizzata della violazione del diritto in nome di una dottrina superindividuale e astratta, elettorale e ipocrita, che mostra il suo vero volto quando si attiva per maciullare idee e corpi. A rischio di apparire generalista e massimalista, affermo: c una continuit che nemmeno pi inquietante tra il caso Battisti, la deriva del Vecchio Continente e lorrore perpetrato in Afghanistan e Iraq. Si tratta di un medesimo ente saturnino, vlto con sistematica predeterminazione a divorare non i figli suoi, ma i figli delluomo. La nonchalance con cui oggi, in Europa, si censurano le idee in tv e sui giornali, si sistemano i conti in un ok corral indecente e amorale, si scatenano conflitti preventivi e si compiono alla luce del sole crimini patenti questo il paesaggio che chi si ritiene ancora umano chiamato oggi a modificare con forza e fatica. I nodi vengono al pettine: e sono nodi di capelli di un cuoio strappato a viva forza dai crani di chi pensa, di chi tenta di ricordare e di ridiscutere il passato per aprire il futuro. Sono enormi le conseguenze implicite che sprigionano dalla
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scelta del governo italiano di domandare lestradizione di Battisti: costringono tutti noi a verificare con mano chi sono le persone che si schierano non, questa volta, per una battaglia armata, ma per una battaglia di idee. Battaglia che, come si nota in questi ultimi anni, non che comporti meno sangue delle precedenti. Il prezzo della lotta per il pacifismo, i diritti delluomo e la libert, che sia condotta con la potenza delle idee e dei sentimenti oppure con altri supporti, un prezzo amaro e pesante. Eppure ci non toglie che lo tsunami di speranza in Movimento che si sta scatenando finisca per travolgere chi vi si oppone: dimostra la storia delluomo che quando si spalanca una crepa ideale, una frattura da cui il bene pu scaturire, per una legge superfisica il bene emerge. Da anni, questo il punto, si sta rifacendo la Rivoluzione Francese: ed una Rivoluzione Francese planetaria. Sorprenderebbe se fosse la Francia la prima nazione a sfilarsi da una simile Rivoluzione Francese. Per quanto concerne lItalia, necessario superare il disgusto emetico che provoca la condotta di un governo cieco e reazionario come lattuale. Il comportamento di Berlusconi e dei suoi , una volta ancora, di una leggerezza che sa di tragico, e fa parte di una precisa strategia di innalzamento delle quote di conflitto e di ansia collettiva interne al Paese. La soluzioncina, che soltanto un ragiunatt brianteo poteva trovare geniale, di riaprire in questo modo una falla devastante nellautocoscienza di una nazione, una trovata degna di uno Scaramacai quale in effetti il coboldo governativo. Non si toccano in questo modo immorale i meccanismi di elaborazione storica, faticosissima per lItalia, di un decennio tragico come i Settanta: un periodo che si vorrebbe decontestualizzare dal periodo stesso, una guerra civile autentica che si vorrebbe fare passare per scaramuccia tra serial killer splatter come a tutti gli effetti stato dipinto dai media nazionali Cesare Battisti, in questo caso vittima emblematica di un meccanismo di stritolamento memoriale e politico. Si badi bene: non qui questione della colpevolezza vera o presunta (nel caso di Battisti, ben meno che presunta, se nelloriginale richiesta di estradizione gli sono stati ac42

collati due omicidi, uno a Milano e uno a Venezia, avvenuti nello spazio di mezzora...). Qui in gioco una questione enorme, che non mai slittata fuori dal consorzio civile italiano. La stagione di piombo non ha schiacciato o segnato una generazione soltanto: in realt non ha mai smesso di condizionare la vita nazionale. Se pensiamo allo spauracchio rosso, agitato nel perenne periodo pre-elettorale che Berlusconi ha imposto alla vita politica del Paese, osserviamo come il proprietario di Mediaset abbia preordinatamente evocato, pi che i rigori russi dello stalinismo, il brivido eversivo che fece tremare la borghesia italiana. Una borghesia, tra laltro, che rientra negli obbiettivi dellattuale governo italiano impoverire fino alla cancellazione. La presenza dei rifugiati a Parigi sempre stata avvertita come minaccia memoriale costante, come spada di Damocle sulla testa di ogni coalizione politica. Sopita al di l delle Alpi, questa minaccia non cessava di allarmare i sonni dei potenti transeunti del Belpaese. A nulla valso lobnubilamento degli Ottanta, quando si cercato di fare bere pi di una citt agli italiani. A niente ha condotto la stagione del giustizialismo che ha figliato, come ogni parto giustizialista, un reazionariato che biascica dialetto lombardo. Io penso che la questione dei postumi del terrorismo e della rivolta di massa italiana sia un fenomeno unico in Europa e che non sia stata risolta; penso che non tocchi semplicemente una componente ideologica di sinistra, ma anche personaggi di destra, il che non significa che spero in una soluzione a base di tarallucci Mulino Bianco e vino alletanolo; penso che si sia tentata oltre ogni limite una politica di imposizione dei processi di rimozione collettiva, cosa che presupporrebbe una condizionabilit del mondo e della storia e delluomo, il che opera non soltanto impossibile, ma criminale; penso che questo tentativo di imporre la rimozione a unintera collettivit sia stata effettuata attraverso strategie consapevoli di condizionamento psichico, attraverso linoculazione di un virus sottoculturale che ha il suo apice nel berlusconismo di massa; penso che pochissimi ma spettacolari elementi umani della generazione che fece i Settanta dovrebbero vergognarsi, non semplicemente per labiura compiuta verso una prospetti43

va storica che praticarono, ma per lincredibile e strenua opera di conversione al potere costituito da nessuno, che li ha incoronati re per un giorno e piazzati su troni di cartapesta e cartastampata; penso che costoro, ben lungi dallessere memoria storica di un passato che non passa anche senza di loro, costituiscano un ostacolo di abnorme entit sulla strada della rielaborazione di ci che fu e ci che non fu; penso che lattuale classe dirigente sia emersa non dalla reazione ai fatti recenti di una bufala rivoluzionaria condotta nelle aule di tribunale, bens dallimpossibilit di affrontare criticamente lo spettro degli anni Settanta; e penso che le nuove generazioni si siano rotte i coglioni di osservare inermi questa incredibile messa in abisso di una questione che non sovrastorica, ma storica, e che come tale naturale che sia metabolizzata. Per lappunto, io faccio parte della generazione che, ai tempi, giocava a pallone ai giardinetti. La stessa generazione che per ricorda bene il volto impietrito della madre quando fu ritrovato il cadavere di Moro e ascolt le parole disanimate: Qui finisce un decennio, adesso arriveranno i carrarmati per strada. La madre che non intuiva che i carrarmati non sarebbero giunti in strada, ma nelletere, uno dei legami pi veri e vivi che gli attuali trentenni mantengono con una stagione che vissero non da adulti, ma da bambini, con il portato di uninnocenza scevra da croste ideologiche, capace di osservare le storie di sangue con un terrore lontano da ogni aspettativa, per quello che erano: storie di sangue. Penso che quellinnocenza bambina, non disgiunta dalla vita della storia che si fece e che continua a farsi, sia oggi la premessa necessaria per arrivare presto a quanto arriveremo: sciogliere il nodo, non tagliarlo. la medesima premessa che mi fa vergognare di essere italiano quando lItalia fa in modo che si vada a prelevare Cesare Battisti e lo si traduca in carcere, per unattesa kafkiana che riguarda non soltanto il suo destino, ma quello di tutti noi. E poich il destino soltanto il presente, si intende qui che quellincubo in cui hanno gettato Battisti lincubo del mio e del nostro presente. (Da Carmilla On Line, 14.2.2004)
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TRE PASSI NEL DELIRIO (DEI DELITTI E DELLE PENE) di Girolamo De Michele Girolamo De Michele autore di Tiri mancini. Walter Benjamin e la critica italiana (Mimesis, 2000), Felicit e storia (Quodlibet, 2001), e numerose voci filosofiche dellenciclopedia multimediale Encyclomedia e di diversi saggi sul pensiero filosofico contemporaneo. anche coautore (assieme a Umberto Eco) di una storia del concetto di Bellezza in Cd-rom (Opera Multimedia). Ha curato un volume su Deleuze (Gilles Deleuze. Una piccola officina di concetti, Discipline filosofiche 1, 1998), ledizione italiana di Michael Hardt, Gilles Deleuze, Un apprendistato in filosofia (a/change, 2000) e un inedito di lie Wiesel (La memoria e loblio, in arcipelago 4, 1999). Nei primi mesi del 2004 Einaudi Stile Libero dar alle stampe il suo primo romanzo, Tre uomini paradossali. Proviamo a fare non uno, ma tre passi oltre limmediata emotivit che si espressa nella mobilitazione seguita allarresto di Cesare Battisti. Tre passi, cio tre aspetti che bisogna saper disgiungere entro la complessit umana, troppo umana della vita di Cesare. Ma soprattutto: tre diversi compiti, tre campagne che dobbiamo avere il coraggio di osare, a partire dalle agende politiche del movimento sin dalle assemblee preparatorie della giornata del 20 marzo, perch anche questa guerra interna. In primo luogo, va denunciato il carattere odiosamente vendicativo della campagna acquisti in atto da parte del ministro Castelli tra i rifugiati politici italiani, iniziata il giorno in cui Castelli si rec in Francia con una lista di 12 sovversivi (tra i quali Persichetti e Battisti). Vale la pena di rammentare che i rfugis sono in Francia per effetto di un contratto morale siglato tra loro e lo Stato francese ai tempi di Mitterrand, contratto al quale si era attenuto, in nome della continuit dello Stato attraverso il mutare dei governi, lo stesso Chirac quando divenne capo del governo. Persichetti, Battisti e compagni sono oggetto di una vendetta assolutamente gratuita (coshanno da aggiungere a ci che gi sappiamo alla ricostruzione degli anni 70?), e il loro eventuale pentimento sarebbe nullaltro che una45

biura inquisitoria, a uso e consumo del compiacimento dei suppliziatori; laddove i vari stragisti sono depositari delle pagine pi nere della nostra storia, e uomini e istituti/istituzioni che il loro silenzio copre sono tuttora attivi, sempre ben radicati nella societ illegale. Castelli, va sempre tenuto a mente, il ministro che visit Bolzaneto nella notte delle torture; luomo che ha inconsciamente rivelato il suo odio di classe nel paragonare i torturati di Bolzaneto agli operai della sua fabbrica (essere costretti a restare in piedi per alcune ore non tortura: nella mia fabbrica gli operai sono abituati a lavorare in piedi otto ore senza lamentarsi, dichiar pi o meno in questi termini in Parlamento). Questo spirito vendicativo tanto pi pericoloso in quanto non indirizzato verso un soggetto sociale (la classe antagonista), ma un residuo allucinatorio, la persistenza di una memoria malata che, come un orologio molle, cola gi su qualunque individuo abbia la ventura di richiamare, come un distorto dj vu, le forme fordiste dellantagonismo: tanto pi pericoloso in quanto il bisogno di emergenza che esso rivela pu colpire in modo indiscriminato. In secondo luogo, dobbiamo avere la capacit di praticare il terreno giuridico, di fare critica del diritto anche attraverso luso dei suoi strumenti formali. Lo status giuridico di Cesare Battisti quello di un latitante condannato in contumacia a due ergastoli, comminatigli in misura della sua asserita colpevolezza rispetto a tutti i reati attribuiti ai Proletari Armati per il Comunismo. Com noto, Cesare non si difeso in tribunale, ma ha praticato levasione (il che lo renderebbe inestradabile, giacch la Francia non riconosce la validit delle condanne in contumacia). Il punto proprio questo: evadendo, Battisti scelse di non difendersi perch le condizioni processuali oggettive lo rendevano impotente a fronte delle dichiarazioni dei pentiti. necessario ricordare che la gestione dei pentiti a Milano stata particolarmente vendicativa e spesso ai margini della legalit? Ora, un fatto che il diritto penale in modo esplicito dallentrata in vigore del rito accusatorio ha per oggetto il verosimile, ricostruito in base allevidenza
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della prova, afferente alle singole persone, e non il giudizio politico complessivo (dal quale, via pentiti, alcuni giudici deducevano, applicando il rito inquisitorio, la colpevolezza dei singoli, spesso privilegiando le cosiddette figure di confine tra legalit e illegalit). E dunque sarebbe importante ricostruire con precisione la sua vicenda processuale, per dimostrare che, da un punto di vista puramente giudiziario, le violazioni delle pi elementari norme a tutela del diritto di difesa rendono di fatto inaccertabili i reali livelli giuridici di responsabilit, indipendentemente dagli specifici eventi attribuibili a Battisti. Qui non parlo solo di alcune palesi incongruit delloriginaria domanda di estradizione come faceva Cesare ad essere nellarco di mezzora a Milano e a Mestre? Parlo del fatto che, a fronte della illusoria pretesa che il diritto comporti unopzione secca tra innocenza e colpevolezza, esiste unarea di indecidibilit, nella quale si trovano quelli che George Boole, il fondatore della logica binaria (1=vero, 0=falso) chiamava residui indefiniti: traducendo la logica di Boole in quella processuale, nel determinare di quante accuse Cesare colpevole non possibile discernere tra nessuna, alcune e tutte. La cosa non deve sembrare bizzarra, perch usuale nei processi americani: baster rammentare il caso O.J. Simpson, o il proscioglimento dei fondatori dellorganizzazione armata dei Weathermen: questi imputati sono non-processabili, e dunque a piede libero, perch le prove a loro carico furono raccolte violando il diritto di difesa, e dunque le accuse loro rivolte si rivelano indecidibili. Ebbene, proprio quello che avviene se trasliamo la rilevanza processuale del pentito dal rito inquisitorio (dove la sua parola era legge, anche in assenza del dichiarante in aula) al rito accusatorio (nel quale al dichiarante richiesto di fornire prove certe e ostensibili a sostegno delle sue accuse). Oggi, riaprendo molti processi per banda armata o terrorismo, molte condanne si tramuterebbero in assoluzioni: questa constatazione non inficiabile dal principio che non si pu processare due volte per lo stesso reato un imputato (ma questo principio deve valere anche per lesame della richiesta di estradizione di Cesare). Non si tratta
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di riaprire i processi, ma di appalesare lillogicit rebus sic stantibus di molte posizioni giudiziarie, magari per reimpostare in modo pi attento e giuridicamente sensato una campagna per luscita dai cosiddetti anni di piombo. Vengo al terzo punto. A partire da una contraddizione interna al diritto, che va allargata dalla critica materialistica: la contraddizione tra la certezza del diritto (che impone la punibilit, anche temporalmente differita, del delitto) e lo scopo della pena, che la riabilitazione del reo. A costo di essere realisti sino al cinismo: che finalit (una volta esclusa quella emergenziale di usare la pena come grimaldello per ottenere una confessione utile alle successive indagini) ha condannare un individuo che ha vissuto una vita palesemente difforme dal reato commesso per un quarto di secolo or sono, praticando una soluzione di continuit di spessore esistenziale? E dove va a finire luguaglianza formale degli uomini davanti alla legge, se alle elezioni abbiamo visto e vedremo candidarsi nostalgici e inquisiti eccellenti che i complessi disegni del diritto rendono non punibili per rispettabilissime alchimie procedurali ma pur sempre pervicacemente intenti a condurre dubbie politiche, senza soluzione di continuit, mentre altri come Cesare Battisti hanno, come alternativa esistenziale, la galera o una stentata vita ai margini della miseria? Hic Rhodus (Da Carmilla On Line,16.2.2004) CESARE BATTISTI E LE LIBERT IN ITALIA di Wu Ming 1
La vera questione politica posta dal terrorismo s sapere come vi si entra, ma soprattutto come se ne esce. Franois Mitterrand, 1985 noto che io sono per lindulto. una cosa notoria. come chiedermi: ma lei ha i capelli bianchi? Certo. Sarei stato favorevole anche allamnistia. Francesco Cossiga, La Repubblica, 31/07/1997 48

Purtroppo ogni tentativo mio e di altri colleghi della destra o della sinistra di far approvare una legge di amnistia e di indulto si scontrato soprattutto con lopposizione del mondo politico che fa capo allex-partito comunista. Francesco Cossiga, lettera a Paolo Persichetti, s.d. [2002]

Lappello per la liberazione di Cesare Battisti, arrestato a Parigi il 10 febbraio scorso, ha avuto in pochi giorni un sorprendente numero di adesioni. La sera di domenica 15 si era a quota 1360. Scrittori, registi, produttori cinematografici, deputati, docenti universitari, giornalisti, addirittura missionari, e semplici cittadini/e hanno voluto esprimere la loro solidariet. Oltre a questo appello ne esistono altri, in italiano e soprattutto in francese, uno dei quali ha raccolto molte migliaia di firme. C anche una lettera aperta al Presidente Jacques Chirac, firmata da alcuni scrittori. A Parigi tutto un vorticare di iniziative, assemblee, conferenze stampa, e oggi (16 febbraio) c stata una manifestazione (non autorizzata) di fronte alla Sant. Quattro deputati (tre verdi e il trotzkista Alain Krivine) sono entrati e hanno chiesto di parlare con Cesare. Il ministro della giustizia Dominique Perben ha dato ordine di impedirglielo, cosa che pare essere illegale. Per tornare in Italia, la casa editrice DeriveApprodi ha mandato in ristampa il romanzo di Battisti Lultimo sparo, pubblicato nel 1998, e devolver tutti i proventi alla difesa legale. Credo che tutti gli editori solidali con Cesare dovrebbero acquisire i diritti dei suoi libri non ancora pubblicati in Italia, o pubblicati ma fuori catalogo, e mandarli in libreria con la stessa clausola. Lesame della situazione di Cesare da parte della magistratura francese sar pi lungo di quanto ci simmaginava. Il problema principale che, se il 3 marzo non dovesse essere accolta la domanda di libert provvisoria presentata dai suoi avvocati, questo periodo lo trascorrer tutto in galera. Nei giorni scorsi, qualcuno ha espresso legittimi dubbi e perplessit su questo caso e sull appello. Qualcuno altro ha detto e scritto vere e proprie idiozie, frutto di incancre49

nimento ideologico e/o disinformazione sui temi dellemergenza e della giustizia. Con questo articolo vorrei mettere le cose in prospettiva per quanto mi possibile, contribuire a fare chiarezza, senza il pesante linguaggio ideologico solitamente utilizzato per discutere di questi temi. Per prima cosa far un breve compendio della Dottrina Mitterrand e della situazione dei rifugiati italiani in Francia; dopo qualche cenno sul contesto in cui Cesare Battisti fu processato e condannato, descriver il contesto di oggi, quello del nuovo allarme terrorismo, passando brevemente in rassegna alcune bufale propinateci dopo l11 Settembre; nel paragrafo successivo cercher di rispondere ai dubbi suscitati dallappello, infine chiuder con un personalissimo commento sullo stato delle libert nel nostro Paese. un compito che reputo urgente ma che non facile. Spero mi verranno perdonati i tagli con laccetta e le inevitabili sbavature. 1. La Dottrina Mitterrand fino allarresto di Persichetti Nel 1984 viene ufficializzata la cosiddetta Dottrina Mitterrand (espressione imprecisa ma largamente utilizzata) sui rifugiati politici italiani. Pi di un centinaio di reduci degli anni di piombo ottengono il permesso di restare in Francia. In cambio devono rendersi visibili alle autorit e rinunciare in modo inequivoco alla violenza politica. Lesplicito intento dello stato francese concedere a costoro una via duscita dalla clandestinit, ma altrettanto determinante il fatto che le autorit italiane presentino dossier raffazzonati e lacunosi. Caso dopo caso, si fa evidente che quelle persone hanno subito processi (basati sulle leggi demergenza del periodo 1975-82) che il diritto francese considera iniqui. Per la comunit dei rifugiati, questa differenza di cultura giuridica diverr un secondo livello di tutela, anche a prescindere dalla Dottrina Mitterrand. La Francia non va idealizzata, sia ben chiaro, per l non esistono bizzarre fattispecie di reato come concorso
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morale o compartecipazione psichica. Al contrario, gli italiani sono abituati alla violazione di uno dei pi antichi princpi del diritto: Cogitationis poenam nemo patitur [Non si punisca nessuno per il pensiero]. Il codice penale francese, a differenza di quello italiano, non prevede uno sparverso di reati associativi distinti solo da trucchetti semantici che significano diversi anni di galera in pi o in meno. Eclatante lesempio degli artt. 270 e 270 bis, rispettivamente associazione sovversiva e associazione sovversiva con finalit di terrorismo e di eversione dellordine democratico. La descrizione del reato praticamente identica, solo che nel primo caso rischi da 5 a 12 anni, nel secondo da 7 a 15. Un lascito della legge n.15, 6/02/1980, meglio nota come Legge Cossiga. In Francia ben raro condannare un imputato in base alle dichiarazioni di un solo testimone. In Italia, invece, consuetudine: tutti i processi del caso 7 Aprile erano costruiti sulle deposizioni di Carlo Fioroni; le condanne a Sofri, Bompressi e Pietrostefani sono basate sulla chiamata in correit di Leonardo Marino. Una sola persona che accusa ritenuta pi credibile di decine di testimoni che scagionano.1 Infine in Francia, come accade in tutti i paesi europei e come previsto dalla Convenzione Europea sui diritti umani del 1954, una condanna in contumacia non pu diventare definitiva. Se un condannato in contumacia si presenta o viene catturato, la sentenza annullata e il processo si rif in sua presenza. Di contro, la prassi giudiziaria italiana in materia di contumacia in totale dispregio del principio romano Ne absens damnetur [Non si condanni un assente]. La Corte Europea per i diritti delluomo di Strasburgo, la Corte Costituzionale italiana e la Corte di Cassazione (a sezioni
. Ecco altre due caratteristiche tipiche del nostro sistema giudiziario/mediatico: la prima linversione dellonere della prova, ovvero non lo Stato che deve dimostrare la tua colpevolezza, sei tu che devi provare la tua innocenza; la seconda lescrescere dei pentitismi, delle delazioni, delle chiamate di correo, dei super-testimoni. Il lavoro dindagine viene quasi interamente sostituito dalle rivelazioni del tale o del tal altro, sostituzione che si fatta sistema con la legge sui pentiti del 1982 ed oggi considerata naturale.
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unite) hanno chiesto alla magistratura di rispettare la Convenzione Europea, che in teoria lo Stato italiano ha recepito con la legge n.848 del 4/8/1955. I tribunali ignorano questa richiesta, e continuano a pronunciare condanne definitive in contumacia. Secondo il giornalista Stefano Surace, anchegli vittima di questa prassi, in Italia sono 5000 i detenuti condannati in questo modo.2 Tornando alla Francia: per diciotto anni non vi sono estradizioni, fino allagosto 2002, quando Paolo Persichetti viene arrestato e rimpatriato, in base a un decreto desradizione firmato nel 1994 dallallora primo ministro Edouard Balladur. il segnale di un cambio di fase. Il guardasigilli Perben dichiara che dora in avanti le vicende dei rifugiati italiani saranno valutate caso per caso. 2. Dare a Cesare quel che di Cesare Lenfasi posta dal diritto penale italiano sui reati associativi (e in particolare sulla fattispecie terroristica) ha spesso portato i Pm a ignorare le responsabilit individuali in fatti concreti, che hanno via via perso importanza a vantaggio del fine ultimo. Talvolta si processata prima lideologia degli imputati, vera base della fattispecie terroristica, e in seconda battuta i reati specifici di cui erano accusati. A memoria di questa tendenza, andrebbe scolpita nel marmo una dichiarazione di un giudice istruttore del processo 7 Aprile (spezzone romano), rilasciata al Corriere della Sera il 27/5/1979: Stiamo cercando di ricostruire il percorso ideologico che ha portato limputato a commettere i gravissimi reati di cui accusato... Limputato non si

2 . Nel 2002 Stefano Surace, sessantanovenne, fu arrestato e incarcerato a causa di tre condanne per oscenit risalenti a pi di trentanni prima, quando dirigeva la rivista Le Ore. Surace non sapeva nulla di quei processi, si era trasferito in Francia ed era stato condannato in contumacia. Al suo ritorno in Italia fu arrestato. La vicenda fece un certo scalpore, per ottenerne la liberazione si mossero la FNSI e Reporters Sans Frontires.

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ancora accorto di questo e continua ad attendersi che gli venga contestato un fatto preciso. Il 5 luglio dello stesso anno, sullo stesso giornale si poteva leggere unintervista al giudice, titolare dello spezzone veneto dello stesso processo, in cui il magistrato definiva ingenuo e sbagliato pretendere prove di fatti terroristici specifici. Tra laltro, questo ha portato alla progressiva scomparsa di reati intermedi come il favoreggiamento: si tutti terroristi e basta. Con un clima del genere, era prassi quotidiana che a un imputato fossero attribuiti tutti i crimini commessi dal gruppo di cui faceva parte, anche quando circostanze oggettive ne rendevano impossibile la presenza e partecipazione. Successe anche a Cesare Battisti, condannato per vari omicidi, due dei quali avvenuti lo stesso giorno a Milano e Venezia. Per tali reati, dei quali si proclama innocente, fu condannato in contumacia con sentenza definitiva. Soprattutto per questo il 29 maggio del 1991 la Chambre de Accusation di Parigi si oppose allestradizione, in quanto contraria alla Convenzione Europea dei Diritti Umani. Poich il governo italiano non ha presentato nessun nuovo documento, di fatto larresto, la carcerazione e il nuovo riesame della situazione di Battisti violano un principio che sta molto a cuore ai francesi: non si pu essere processati due volte per lo stesso reato, cosa che in questi giorni hanno fatto notare anche il Syndicat de la Magistrature e il Syndicat des Avocats de France. 3. DAI PACCHI-BOMBA AI BOMBAROLI-PACCO Il ministro degli interni Pisanu ha definito larresto di Battisti un ulteriore significativo passo in avanti nella lotta al terrorismo. Stiamo parlando di un uomo che ha abbandonato la lotta armata e da pi di ventanni non commette alcun reato. Nel frattempo, non solo rimasto perfettamente visibile e reperibile da chiunque, vivendo alla luce del sole e la53

vorando come portinaio di un condominio, ma addirittura divenuto un personaggio pubblico, uno scrittore che lavora con prestigiose istituzioni culturali e i cui libri sono pubblicati da grossi editori. Stiamo parlando di una persona il cui rimpatrio non aggiungerebbe alcunch alla nostra comprensione della lotta armata degli anni Settanta. Aver messo le mani su questa persona viene spacciato come una brillante operazione anti-terrorismo. Anche lestradizione di Persichetti fu presentata come un eroico blitz o unoperazione da 007. La realt era ben diversa: Persichetti era docente a contratto allUniversit di Paris VIII, i suoi orari di lezione e ricevimento erano appesi in bacheca e disponibili sul sito web dellateneo. Non era poi difficile scovarlo. Purtroppo, dopo l11 Settembre e il nefasto ritorno delle nuove BR, in nome dellallarme-terrorismo si pu propinare allopinione pubblica qualunque cazzata, anche madornale. Negli USA listeria sul terrorismo ha portato a leggi di abnorme liberticidio come il Patriot Act o lHomeland Security Act, e a inviti ridicoli alla popolazione, come quello a sigillare gli infissi delle case con nastro isolante per far fronte a possibili attentati chimici.4 In Italia, oltre alle farse mediatiche e alle storie di manette facili, partita una grande seduta spiritica per evocare i fantasmi del passato. Ai movimenti stato imposto un dibattito senza capo n coda su violenza e non-violenza, le contiguit tra lotte sociali e terrorismo, la presa di distanza dai pacchi-bomba (come se la distanza non fosse gi oggettiva e ben evidente). Trappola retorica in cui il ceto politico no global caduto a faccia in gi, quando proprio non ci si buttato con unincudine al collo. Il gi citato art. 270 bis figura negli avvisi di garanzia consegnati dalle Alpi alla Sicilia a occupanti di centri so3 . Quello del nastro isolante era un consiglio dellamministrazione Bush. Poi si scoperto che la pi grande ditta produttrice di nastro isolante negli Stati Uniti aveva contribuito alla campagna elettorale repubblicana. Cfr. www.thenation.com/doc.mhtml?i=20030331&s=drmarc

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ciali, sindacalisti di base, attivisti anti-guerra e reduci dalle manifestazioni anti-G8 di Genova.4 Sul versante della caccia al terrorista islamico, abbiamo assistito a ripetute campagne dallerta su attentati dati per imminenti, per poi scoprire che non avevano alcun fondamento.5 Altrettanto gravi sono i numerosi casi di mostrificazione dei musulmani, gente sbattuta al fresco e sui Tg di prima serata sulla base di indizi inconsistenti, in seguito (quando gli andata bene) liberata senza clamore e senza una scusa. A Bologna, il 20 agosto 2002, cinque persone vengono arrestate allinterno della basilica di S. Petronio, in Piazza Maggiore. Secondo la Procura, stavano facendo un sopralluogo per preparare un attentato. Il reato di cui sono accusati il solito 270 bis. Acriticamente, i media amplificano la notizia. Il Corriere della Sera, infischiandosene della presunzione dinnocenza, titola: Al Qaeda voleva colpire a Bologna. Piano per un attentato alla basilica di San Petronio sventato da unoperazione dei carabinieri. Nel mirino laffresco con Maometto allInferno. Ma chi sono gli arrestati? Si tratta di un professore italiano e quattro cittadini marocchini, in visita turistica a Bologna, entrati in S. Petronio con una videocamera e sorpresi a chiacchierare in arabo davanti al famoso affresco, che per i musulmani altamente blasfemo. Del resto, come reagirebbe Baget Bozzo se gli arabi scrivessero Dio ladro a caratteri cubitali sui muri delle moschee? In meno di ventiquattrore, per fortuna, la vicenda si sgonfia. Lequivoco chiarito, i cinque vengono scarcerati, la Procura di Bologna e i media (locali e nazionali) hanno fatto una gran figura di merda, ma tanto verr dimenticata nel giro di pochi giorni. solo un piccolo preludio alla grande demonizzazione dei musulmani in Italia.
4 . Cfr. larresto di alcuni militanti di Cosenza e Taranto nel novembre 2002, storia raccontata da Claudio Dionesalvi nel suo libro Mammagialla, Rubbettino, Cosenza 2003. 5 . Cfr. www.repubblica.it/2003/k/sezioni/cronaca/terroita/bodava/bodava.html.

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Nei due anni successivi, a orientare le indagini dellAntiterrorismo sar il mito della cellula terroristica in sonno, cio non attiva ma pronta a diventarlo (il famoso reato a consumazione anticipata). Le indagini sono nutrite di cultura del sospetto e interpretazioni capziose al limite del paranoico. Come nei giorni del 7 Aprile e dintorni, una conversazione telefonica in arabo su una partita di calcio diventa un messaggio in codice su un attentato da preparare in Germania. Comunissime espressioni idiomatiche arabe diventano inquietanti squarci su esistenze clandestine. Sulla confusione tra un verbo e un altro si costruiscono altissimi castelli di carte. Tutto queste emerge nel processo di Milano contro i membri della moschea di Viale Jenner, sospettati di legami con Al Qaeda. Certo, si tratta di appartenenti allIslam radicale, ma di per s non un reato. Alla spinosa questione, Carlo Bonini e Giuseppe DAvanzo dedicano un pezzo apparso su La Repubblica del 27 gennaio scorso, dal titolo: Quando la caccia ad Al Qaeda mette a rischio lo stato di diritto. una presa di posizione importante, dato che sul loro stesso giornale ha scritto per molto tempo Magdi Allam, i cui articoli e libri criminalizzanti hanno contribuito non poco a diffondere la peggior cultura del sospetto.6 Larticolo include una dichiarazione virgolettata di Renzo Guolo, studioso dei fondamentalismi contemporanei: problematico provare che proselitismo e propaganda ideologica si traducono automaticamente in favoreggiamento delle organizzazioni terroristiche. La distinzione tra lappartenenza allIslam radicale o alla sua ala jihadista spesso sottile, ma paradossalmente coincide con quella che separa i reati dopinione da quelli di terrorismo.7 Cogitationis poenam nemo patitur, appunto.

. Lunica opera di controinformazione su Magdi Allam la memorabile serie di articoli Il Pinocchio dEgitto, scritti da Valerio Evangelisti nella prima fase della guerra in Iraq e pubblicati su carmillaonline.com: www.carmillaonline.com/cgi-bin/mt-search.cgi?IncludeBlogs=2&search=Magdi+Allam 7 . Larticolo si trova qui in formato pdf: www.difesa.it/ministro/rassegna/2004/gennaio/040127/56dq0.pdf
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Pochi giorni fa, il 12 febbraio scorso, allaeroporto di Venezia viene bloccato un volo Alitalia per Roma. Motivo? A bordo c un passeggero di cittadinanza irachena. Un terrorista iracheno? No, un iracheno e basta. Volo ritardato di due ore, tutti scesi, si passa il metal detector mentre la polizia interroga il sospetto (ma sospetto in base a che?) e gli perquisisce i bagagli, gi passati al check-in senza problemi. Risultato: il tizio un rifugiato politico residente in Norvegia, che ha un appuntamento allambasciata turca di Roma per ottenere un visto.8 Che lallarme terrorismo sia il pi delle volte esagerato pare rivelarlo un fatto recentissimo: i famosi Nuclei Territoriali Antimperialisti (banda armata attiva nel Nord-Est su cui si indagava dalla met degli anni Novanta) in realt non sarebbero mai esistiti. Tutto un bluff portato avanti da un ex-giornalista di destra un po mitomane, tale Luca Razza, 36 anni, nel 1998 candidato alle amministrative del comune di Udine nella lista di SOS Italia, piccolo movimento filo-Haider. Aveva preso un unico voto. Presumibilmente il suo. E i documenti degli NTA? Copia-e-incolla da articoli di giornale e vecchie risoluzioni strategiche delle BR trovate sul web. Gli attentati? Roba da ladri di polli: qualche auto incendiata e poco pi. Razza avrebbe anche rivendicato azioni non compiute da lui, ad esempio facendo una telefonata dopo lomicidio Biagi. Ho iniziato a scrivere quei documenti per fare uscire il mio disagio e la mia rabbia. Anche professionale: mi piace molto scrivere, la mia passione, e nel 1992 sono stato allontanato da un quotidiano dove lavoravo come giornalista pubblicista. [...] Ho fatto tutto questo senza intenzione di uccidere alcuno e senza volont di eversione dell ordinamento. Una bella sequenza di scherzi per i quali lo avrebbero aiutato due burloni amici suoi. Nel bel mezzo di tutto ci, larresto di Battisti viene definito un ulteriore significativo passo in avanti... ecc.

8 . Cfr. www.repubblica.it/2004/b/sezioni/cronaca/islammilano2/venezia/venezia.html

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4. Lappello, le reazioni, la soluzione politica Secondo alcuni che si atteggiano a lucidi strateghi della realpolitik, non sarebbe il momento di criticare il sistema giudiziario, perch la priorit liberarsi di Berlusconi, e oggi il garantismo strumentalizzato dal governo e dobbiamo distinguerci e cos via. Per prima cosa, quello del governo non garantismo. Certo, questa destra cerca di depenalizzare una ristretta tipologia di reati commessi solo dai ricchi, nascondendo il privilegio di classe e lindole golpista dietro una caricatura di garantismo. Al contempo, per, impone a tutti gli altri leggi autoritarie e liberticide sulle droghe, sullimmigrazione, sui diritti dei lavoratori, sulla fecondazione assistita, sui manicomi, sugli orari dei locali pubblici e chi pi ne ha pi ne metta. Vorrebbero addirittura vietare ai bambini sotto gli undici anni di partecipare a manifestazioni (fatta eccezione per le udienze papali).9 Non va dimenticato che mentre Lorsignori ingaggiavano un braccio di ferro con la magistratura sulle questioni che li toccavano direttamente, non hanno mai smesso di comportarsi da partito dordine: se ne fottono se le carceri scoppiano (facendosi scavalcare a sinistra da Wojtila: forse dovrebbero vietare ai bambini anche le udienze papali); non vogliono dare la grazia a nessuno; fanno sparare sui manifestanti... Al rimpatrio coatto dei rifugiati a Parigi sembra tenerci particolarmente il ministro Castelli, bellesempio di garantista, che ha affrontato pi volte il problema col collega Perben. Ci tiene perch vuole utilizzare le estradizioni nel clima di allarme descritto al paragrafo precedente. Non c dunque nessuna contraddizione tra la lotta contro le estradizioni e per il superamento dellemergenza, e la lotta contro questo governo che strumentalizza le paure della gente per negare i diritti fondamentali.
9 . Da Panorama del 4/2/2004: La parlamentare Alessandra Mussolini assolutamente contraria a una proposta che sostiene d unimmagine deteriore della politica, la politica importante, fa parte della vita, io stessa da piccola leggevo il quotidiano anzich Topolino.

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In secondo luogo, vero che la priorit detronizzare lUnto, ma se per farlo si deve imporre un nuovo Pensiero Unico sulla magistratura, intesa come casta deroi da venerare e a cui dare sempre e solo ragione, si passa da un autoritarismo allaltro, dal messianesimo forzitaliota al messianesimo giudiziario, senza superare lemergenza e ben lontani dal risolvere i problemi del nostro ordinamento, anzi, quasi certamente aggravandoli. Aggiungo che, parlando delle leggi speciali, non possiamo tacere sulle gravi responsabilit del PCI, che appoggi con entusiasmo e talora addirittura propose le misure pi autoritarie. Allo stesso modo non possiamo tacere sulle responsabilit dei suoi eredi, prima PDS poi DS, che negli ultimi ventanni non hanno fatto n assecondato un solo passo per uscire dalla cultura dellemergenza e chiudere quella pagina di storia. Anzi, a pi riprese e su diversi temi i DS si sono presentati come il campione dei partiti dordine, invariabilmente pi realisti del re, anche per paura di essere lasciati fuori dalla modernit. Brrrrrr... Insomma, lottare contro la destra non pu significare mettersi la mordacchia e non criticare pi la sinistra istituzionale, o la magistratura. Oggi a proporre una soluzione politica allemergenza proprio uno dei principali protagonisti della repressione, Francesco Cossiga. Fin da quandera al Quirinale sostiene la necessit di un indulto, unamnistia, comunque un atto che parta dalla ri-contestualizzazione della lotta armata, la sua restituzione a una dimensione (nel bene e nel male) politica. Nel 1997, in unintervista a Sette, dichiar: Non avevamo a che fare con criminali comuni. Lamnistia non il perdono. uno strumento politico: vuol dire chiudere politicamente un periodo storico. Quella del 68 e del 77 stata una generazione di militanti. E anchio sono un militante. Con dichiarazioni come questa, lex-Presidente si pi volte esposto a una pioggia di strali, cosa che sembra divertirlo un mondo. Se lo stesso Cossiga che sulla pi allucinante delle leggi speciali ci mise addirittura il nome afferma che la soluzione al problema non pu essere trovata dentro il diritto penale e nelle pieghe delle vicende individuali, si capisce
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quanto siano fuori contesto le obiezioni del tipo: Ma perch Battisti non torna in Italia ad affrontare la giustizia, anzich comportarsi come Craxi?, Ma perch non va in galera? Al massimo chieder la grazia, o addirittura: Ma perch fuggito? Non poteva comportarsi come Adriano Sofri?. Son tutti integerrimi, quando si tratta della galera degli altri. Innanzitutto, togliamo di mezzo il paragone con Craxi. A Cesare Battisti stato riconosciuto lo status di rifugiato politico, e per motivi pi che buoni. A prescindere da qualunque valutazione sulla vicenda giudiziaria ed esistenziale dellex-leader socialista, sono due situazioni diverse sotto ogni punto di vista. Chi fa questo genere di obiezioni ha una visione completamente schiacciata su un presente che crede eterno, senza principio e senza fine. Non sa nulla del contesto di fine anni Settanta, non sa da cosa alcuni sono fuggiti: processi grotteschi per la negazione del diritto di difesa; imputati ammassati in gabbie, sovente in pessime condizioni psicofisiche, reduci da mesi o anche anni di carcerazione preventiva in culo al mondo, nelle carceri speciali; in queste ultime cerano anche i cosiddetti braccetti della morte (sezioni di isolamento assoluto) e vigevano angherie da parte degli agenti di custodia, perquisizioni corporali intime ripetute ogni giorno etc.; nel frattempo i capi daccusa lievitavano per allungare a dismisura i termini del carcere preventivo; infine, i media prima contribuivano alla tua disumanizzazione, facendo di te un mostro, poi si scordavano che esistevi. Tutte cose denunciate da Amnesty International nei suoi rapporti di quegli anni. del tutto privo di senso il paragone con quanto subto da Adriano Sofri, per quanto grave: altra epoca, altra copertura mediatica dei processi, condizioni di detenzione completamente diverse. Sofri scrive su due o tre quotidiani e un rotocalco, appare in tv, scrive libri, ha intorno a s una vastissima rete di solidariet, la lotta per la sua grazia portata avanti da unalleanza politica trasversale, terzista. Inoltre ha una certa et. Situazione completamente diversa da quella di un ventenne-venticinquenne mandato
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in un carcere speciale alla fine degli anni Settanta. E comunque Pietrostefani, co-imputato di Sofri, ha fatto la stessa scelta di Cesare Battisti, e nessuno gli ha rotto i coglioni, nemmeno Sofri, il quale non ha mai preteso che le sue scelte valessero per tutti. Ma poi, scusate, si fugge da che mondo mondo, e solo in Italia la contumacia considerata prova di colpevolezza. La grazia. Sofri, che nemmeno lha chiesta, assiste (immagino in preda al disgusto) al delirio che la proposta ha scatenato. Massimo Carlotto spinse il suo metabolismo impazzito oltre i 140 chili e sulla soglia della morte prima che gli fosse concessa. A Curcio non la diedero anche se la proponeva Cossiga, allora Capo dello Stato. Battisti, a differenza di Sofri, non ha grossi agganci politici. A differenza di Carlotto, gode di buona salute. A differenza di Curcio, accusato di reati di sangue. Insomma, il pi morto dei binari morti. Unaltra obiezione allappello, di natura del tutto differente, questa: Si messa troppa enfasi sul fatto che Battisti uno scrittore. Pu pure darsi. un appello scritto rapidamente (non da noi, ma da alcuni amici di Cesare), e soprattutto rivolto allopinione pubblica di Francia, dove la persona in questione non descritta come un macellaio, un aguzzino, una belva assetata di sangue, bens come uno scrittore. In parole povere: in questi giorni non in galera il Cesare Battisti del 1980, ma quello del 2004, e lappello descrive questultimo. Lappello rivolto ai francesi perch, allo stato attuale e per tutti i motivi descritti sopra, in Italia una campagna dopinione non sortirebbe alcun effetto. Termino questo paragrafo con una riflessione da cinefilo: in Inghilterra, sulle aberrazioni delle loro leggi antiterrorismo, ci hanno realizzato un film come Nel nome del padre. In Italia, di vicende come quella di Gerry Conlon e compagnia ne abbiamo letteralmente centinaia, anche pi spaventose di quella. Dove cazzo sono i film?10 Se ve ne viene in mente qualcuno comunicatemelo.

. Con la lodevole eccezione de Il fuggiasco di Andrea Manni, che racconta la vicenda di Massimo Carlotto.
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5. Lo stato delle libert in Italia In parole poverissime: in questo Paese c una grandissima voglia di spaccare i maroni al prossimo. Si vuole metter becco nella libera scelta di una persona di non farsi amputare un piede, ci si indigna perch i testimoni di Geova rifiutano le trasfusioni di sangue, si vorrebbero risolvere complicate questioni di bioetica con scorciatoie come il silenzio-assenso, si infilano nei consultori preti per convincere le ragazze a non abortire, si propone la castrazione chimica per i pedofili, AN ha una proposta di legge contro le sette sataniche... Nel 1998 alcuni membri dellallora Luther Blissett Project scrissero un corposo saggio intitolato Nemici dello Stato: criminali, mostri e leggi speciali nella societ di controllo, pubblicato da DeriveApprodi, nel quale si parlava di molecolarizzazione dellemergenza, cio un suo spingersi dalla res publica ai microlegami sociali, dallordine pubblico alla privacy, fino ai recessi delle differenze singolari. In altre parole: dal Politico (territorio gi completamente colonizzato e strutturato) al Culturale (in senso lato, antropologico) allo... Spirituale. Non riporto qui nemmeno uno dei numerosissimi esempi contenuti in quel saggio. Mi limito a dire che, da allora, la situazione nettamente peggiorata, e non solo una questione di destra e sinistra, o di comunicazione mediale viziata dal conflitto dinteressi. La questione va molto pi a fondo: in atto unoffensiva contro la libert despressione in tutte le sue accezioni, dalla libert di culto a quella di cura e scelta terapeutica. Sovente il nostro presunto oltranzismo su questi temi (che poi lo stesso oltranzismo di Voltaire) ci ha attirato molte critiche (e addirittura calunnie e tentativi di censura). Alcuni di noi hanno preso posizione per la libert di parola degli storici negazionisti contro la legge FabiusGayssot,11 dei neofascisti contro la Legge Mancino, dei dis11 . Appunto, non il caso di idealizzare la Francia. La legge FabiusGayssot, approvata dal parlamento francese il 13/7/1990, allart. 8 punisce (con pene da un mese a un anno di reclusione, e/o con unammenda da 2000 a 300.000 franchi) coloro che avranno contestato lesistenza di uno o pi crimini contro lumanit come li si definiti nellarticolo 6

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sidenti in materia di HIV/AIDS. In vicende ben note abbiamo difeso la libert dassociazione dei satanisti. Per noi non si transige: alle idee, per quanto rivoltanti o sconvenienti le si possa considerare, vanno comunque opposte altre idee, non la forza dello Stato in armi. Per lennesima volta: cogitationis poenam nemo patitur. E ci interessano i casi-limite, perch su di loro si sperimenta la restrizione delle libert di tutti quanti. Questo non pu essere un pezzo esaustivo, ad esempio non potevo certo citare tutti gli episodi di falso allarme sul terrorismo. Spero per di aver dissipato alcuni equivoci. Di lavoro da fare ce n tantissimo, e non si creda che con la caduta di Berlusconi lo stato delle libert in Italia, lo stato di queste libert, registri un sensibile miglioramento. Bisogna lottare, non lasciarsi imbavagliare, rifiutare per quanto possibile i ricatti morali della realpolitik. 15-16 febbraio 2004 CESARE BATTISTI DEVE TACERE di Valerio Evangelisti Il presente articolo stato pubblicato dal quotidiano Le Soir di Bruxelles mercoled 25 febbraio 2004. Se un lettore dei giorni nostri vuole documentarsi sulla stagione di sangue che si abbatt sullItalia verso la fine degli anni 70, pu trovare saggi e memorie di valore diseguale. Trova per poche fonti letterarie davvero convincenti e artisticamente persuasive: certe pagine di Erri De Luca e i romanzi di Cesare Battisti. Questi ultimi si presentano come romans noirs, ma sono molto di pi. In essi Battisti ha trasfuso la sua stessa,
dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato allaccordo di Londra dell8 agosto 1945, e che sono stati commessi dai membri di unorganizzazione dichiarata criminale in applicazione dellarticolo 9 del suddetto statuto, o da una persona riconosciuta colpevole di tali crimini da una giurisdizione francese o internazionale (trad.nos.)

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tormentata biografia: da delinquente comune, a militante dei gruppi autonomi giovanili tentati dallesperienza della lotta armata, alla conseguente vita di esule braccato da un continente allaltro, fino allasilo offerto dalla Francia. Come tanti altri giovani italiani della sua generazione, Battisti si trovato a vivere una condizione di perenne evaso, prolungatasi anche quando ogni ipotesi di insurrezione in Italia era tramontata da quasi un trentennio. A differenza dei coetanei che hanno condiviso il suo destino, ha trasfuso il proprio vissuto in parola scritta. Pagine amare, talora ironiche, spesso intrise di cinismo. La storia del tramonto di ideali che, se mai vorranno riproporsi, dovranno trovare altri mezzi e altri protagonisti. questa sincerit, colma di consapevolezza storica e aliena, proprio in ragione di ci, dalla nozione moralistica del pentimento, che non gli stata perdonata. Capace di descrivere come pochi altri le ragioni di una sconfitta e lesilio dei vinti, Battisti quasi assente dalle librerie italiane. Si cercherebbe inutilmente, per esempio, il suo ultimo romanzo, Le Cargo Sentimental: straordinaria descrizione di un istinto di ribellione che passa da una generazione allaltra, e che fornisce un quadro sintetico ma persuasivo della storia dItalia dalla resistenza al fascismo ai giorni nostri. E ci attraverso le vicende intrecciate di gente semplice spinta alla rivolta senza avere affatto la tempra, dura e spietata, del rivoluzionario di professione. Nessun editore italiano ha avuto finora il coraggio di pubblicare un romanzo cos. Destra e sinistra fanno invece a gara per offrire versioni semplificate della storia. La prima la destra regola vecchi conti, riapre dossiers polverosi e, mentre chiude benevolmente un occhio sui crimini attribuibili a organi dello Stato o a militanti neofascisti, scatena la caccia ad attempati contestatori che si sono rifatti una vita qua e l per il mondo, con lalibi oggi comune della lotta al terrorismo. La seconda la sinistra italiana ha costruito un intero mito di rifondazione repubblicana sulla chiusura carceraria e repressiva del capitolo degli anni 70, e stenta ad ammettere luso distorto della magistratura, il ricorso sistematico a pentiti che tutto avevano da guadagnare dal
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loro pentimento, limpiego della tortura nelle questure per giungere a condanne rapide e sommarie, che nascondessero il problema senza svellerne le radici. Ecco dunque Battisti, imprigionato dal governo francese su pressione di quello italiano, messo in carcere in attesa di unestradizione che lo canceller per sempre, come uomo e come scrittore. Poco importa che il mandato di cattura gli imputi delitti assurdi, commessi in luoghi diversi alla stessa ora. Poco importa che la magistratura francese abbia gi negato una volta lestradizione, scandalizzata dagli atti processuali che le provenivano dallItalia, al punto di definirli, citando Clemenceau, frutto di una giustizia militare. Poco importa il rispetto del principio Ne bis in idem procedatur, tra i fondamenti di ogni diritto. Cesare Battisti non era un rivoluzionario, ma un ribelle. Specie pericolosa per ogni regime. Che paghi, dunque. Che non scriva pi. Potrebbe riesumare verit inquietanti. Questo il ragionamento nascosto (ma non tanto) del partito dellestradizione. LEuropa assister in silenzio? (Da Carmilla On Line, 28.2.2004) BENTORNATO, CESARE! UNA PRIMA VITTORIA di Valerio Evangelisti, a nome di tutta la redazione di Carmilla Oggi noi tutti di Carmilla eravamo cos emozionati da non riuscire a parlare. Si era appena sciolta una tensione durata un giorno intero, punto estremo di quellangoscia che si trascinava ormai da un mese: da quando il nostro amico Cesare Battisti era stato arrestato. La notizia, appena pervenuta dalla Francia, era che il tribunale di Parigi aveva deciso per Cesare la libert provvisoria, contro tutte le pressioni esercitate dal governo francese e, attraverso questo, da quello italiano. Solo la sera prima il ministro della giustizia Dominique Perben (cognome pochissimo adeguato a chi lo porta) aveva approfittato di un canale televisivo per vomitare su Cesare tutte le ignominie raccolte dal giornale-immondezzaio Le Figa65

ro (autore, per mano del suo redattore Guillaume Perrault, di deliranti invenzioni su un Battisti che minaccia di morte i vicini di casa, che fugge dal carcere pugnalando un secondino, che finisce le proprie vittime con un colpo alla nuca, ecc.). Lintento di Perben era quello di influenzare la magistratura, che pure gi a fine 2003 non aveva ritenuto di dare seguito a una precedente proposta di estradizione. Dal canto suo il portavoce del governo, Jean-Franois Cop, aveva cercato (come i ministri italiani Pisanu e Castelli) di legare il caso Battisti al quadro fumoso del terrorismo internazionale, oggi pretesto a ogni violazione del quadro democratico. Come se Cesare e tutti gli altri italiani rifugiati in Francia o altrove, tornati da quasi un trentennio a una vita nei limiti del possibile ordinaria, avessero qualcosa a che vedere con integralisti islamici o dinamitardi di varia specie. Pur senza ancora affrontare la questione dellestradizione, i giudici parigini hanno quanto meno sancito, con la liberazione di Cesare, la sua non pericolosit. Questultima, se esisteva, era semmai legata alla sua capacit di scrivere; per in Francia pur con il governo che si ritrova ci non pare essere avvertito come una minaccia. La sentenza decisiva attesa per il 7 aprile. Data che in Italia suona emblematica. Quello stesso giorno, nel 1979, venivano arrestati Toni Negri, Oreste Scalzone e un cospicuo gruppo di intellettuali e docenti universitari italiani, accusati, sulla base del cosiddetto teorema Calogero, di essere i capi delle Brigate Rosse. Ci vollero anni perch quellimputazione, totalmente assurda, venisse lasciata cadere, ma nel frattempo i capi daccusa erano stati via via modificati, per renderli funzionali a una sentenza di condanna. A quel tempo la Francia accett di ospitare quanti degli accusati erano riusciti a varcare la frontiera, orripilata da una gestione cos disinvolta della giustizia. Ci auguriamo che i suoi magistrati, al momento di decidere sullestradizione di Cesare Battisti, si ricordino di quello stato danimo, allorigine della successiva Dottrina Mitterrand. E si ricordino delle immagini raccapriccianti viste a Genova, nei giorni del G8, delle violenze nella scuola Diaz, delle sevizie nella caserma di Bolzaneto. Dello spettacolo scandaloso dei poliziotti di Napoli che circondano la Que66

stura, a proteggerla dalle indagini sui loro colleghi colpevoli di avere infierito con selvaggio accanimento su militanti no-global quasi adolescenti, come documentato da immagini che hanno fatto il giro del mondo. Sotto il profilo della ferocia repressiva, lItalia non affatto cambiata, rispetto agli anni 70. Questo resta il paese dellimpunit totale rispetto alle schegge dello Stato (schegge importanti) che si macchiano di sangue. Stragi spaventose non hanno mai avuto una soluzione giudiziaria, o ne hanno avute di comodo. Le inchieste sulla morte di tanti giovani Saltarelli, Zibecchi, Varalli, Franceschi, Serantini, Lorusso, Masi ecc. (chi si ricorda pi di costoro?), fino a Carlo Giuliani si sono arenate o sono finite in assoluzioni anche quando dei colpevoli si sapeva nome e cognome, leggibile sulla mostrina della divisa. Adriano Sofri in prigione, per il volo dalla questura dellinnocente Giuseppe Pinelli fu derubricato in suicidio, malgrado una massa impressionante di prove contrarie. Cesare Battisti ha scritto pi volte che le scelte estreme compiute da lui e da altri giovani della stessa generazione nacquero da questo quadro di radicale ingiustizia. Lo stesso quadro che vide un procuratore della Repubblica milanese, nellambito di un processo in cui fu coinvolto lo stesso Cesare (pieno di pentiti e di confessioni poi ritrattate), scrivere in tutta tranquillit di coscienza, a proposito delle violenze cui furono sottoposti i fermati: Nel caso che dalle violenze non derivi malattia, ma solo transitoria sensazione dolorosa senza obiettivabili alterazioni organico-funzionali, si parler di un altro reato: quello di percosse (art. 581 CPP). In questultima ipotesi, i fatti diventano di impossibile accertamento sul piano tecnico proprio perch in assenza di malattia manca qualsiasi elemento obiettivo. Unasserzione obbrobriosa, che fa il paio con lassoluzione preventiva accordata, in tempi molto pi recenti, dal vicepresidente del consiglio (ex fascista) e dal ministro degli interni (ex piduista) agli autori dei macelli di Genova e di Napoli. Se tutto ci vero, a una frase apparentemente ragionevole del corrispondente del Corriere della Sera da Parigi, Massimo Nava, che marted 2 marzo si chiedeva cosa pen67

seranno di una sentenza favorevole a Battisti i congiunti delle vittime dei Proletari Armati per il Comunismo (i delitti attribuiti a Battisti in prima persona sono oggetto della confusione pi totale), ci sentiamo di replicare: e cosavranno pensato i congiunti dei giovani uccisi e delle vittime delle stragi che ho menzionato pi sopra, usi a vedere piovere assoluzioni ogni volta che lautore del crimine apparteneva a un apparato dello Stato? Se si vogliono riaprire quei dossiers, che li si riapra tutti; se li si vogliono chiudere, che li si chiuda tutti assieme. La soluzione pi logica sarebbe avviare una discussione serena e informata (dunque, alla larga certi giornalisti, in riferimento allattributo informata!) sugli anni 70. Non una soluzione, invece, andare a pesca trentanni dopo dei presunti colpevoli in disarmo ai quattro angoli del mondo, per poi seppellirli, spogliati della loro storia, in una Guantanamo locale sotto forma di penitenziario a vita. Viene il sospetto che, assieme alle prede, si voglia seppellire in modo particolare nel caso di Battisti anche la loro memoria, e quella collettiva. Comunque non vogliamo dilungarci, in questo giorno di festa, memorabile per vari motivi. Anzitutto Cesare di nuovo fra noi. Poi, abbiamo assistito a una straordinaria mobilitazione di intellettuali capace di scuotere poteri e coscienze di uno dei principali paesi europei (mentre, su La Stampa, il corrispondente dalla Francia Cesare Martinetti, dora in poi chiamato il volpino, parlava di intellighenzia in disarmo: va, va, povero untorello, non sarai tu che spianterai Parigi). Abbiamo anche notato la capacit della narrativa di genere, in cui Carmilla specializzata, di mobilitare via via altri settori della cultura, sino a risvegliare settori importanti del potere politico. Si noti che quasi tutto il movimento nato da un sito sulla letteratura noir e di fantascienza, denominato Mauvais Genres. Quasi la dimostrazione di ci che Carmilla ha sempre sostenuto, circa la narrativa che viva e quella che non lo . Infine una piccola soddisfazione personale: le 2.200 firme a sostegno di Cesare Battisti raccolte fino ad ora in Italia sono tutte dovute al nostro sito web, nella sua modestia, e ai siti alleati: I Miserabili, Wu Ming Foundation, Indyme68

dia e pochissimi altri. Se la stampa straniera ci ha dedicato grande attenzione, quella italiana ci ha ignorati o in un paio di casi sostenuti in modo fiacco. Noi volevamo anzitutto dimostrare che anche in Italia (e non solo in Italia) cera chi tra intellettuali e comuni cittadini non era affatto disposto a lasciare solo Cesare e quanti, Oltralpe, si stavano battendo per lui e per gli altri esiliati. La soddisfazione maggiore, per, pensare che potremo rivedere Cesare, ridere con lui, bere con lui, subire i suoi scherzi e restituirli. Sappiamo che la battaglia non affatto finita (continuate a firmare, gente!), ma adesso Cesare ha di nuovo la parola. Se luser nel modo peggiore quelluomo il sarcasmo fatto persona lo perdoneremo facilmente. Perch si tratta di un amico, di un collega, di un compagno. Per usare ununica parola, di un fratello. (Da Carmilla On Line, 4.3.2004) LETTERA A GIUSEPPE GENNA di Paola De Luca Paola De Luca rifugiata in Francia. Questa sua lettera del 6.3.2004 Caro Giuseppe Genna, (...) Mi permetto di aggiungere un punto che mi sta a cuore. Cesare Battisti non si mai pentito. Considero questa frase la pi significativa del testo. Senza pretendere di analizzare in poche righe la compatta convenzione ideologica del giornalismo glamour italiano, n la sua antilaicit militante, mi pare legittimo osservare che il vero crimine evocato e aborrito non tanto lassassinio di questo o quel povero cristo, ma il rifiuto di passare sotto la gogna della delazione. Listituto dellinfamia, invece di essere sotterraneamente usato (ragione di stato comprensibilissima!) e rapidamente abbandonato o comunque celato (ricostituzione del terreno sociale terremotato in quegli anni) diventata uninsegna di cui vantarsi e da esibire orgogliosamente in nome della propria aderenza alla parte sana della nazione.
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In effetti, i crimini dei pentiti ufficiali sono stati molto rapidamente abbonati sia dal punto di vista giudiziario che da quello sociale (si mai visto un microfono dun giornalista sotto il naso di un familiare delle vittime dun pentito?). Come spesso, la mitopoeiesi in Italia sostituisce trionfalmente la storia. Come se i fatti e la verit fossero, per le menti ufficiali della penisola, vessatori e insoddisfacenti. I misteri del caso Moro sono sempre aperti, un vaso di Pandora scoperchiabile ad libitum: non importa che tutto si sappia ormai perfettamente (quante versioni del processo? cinque, sei, ventuno?), si potr sempre aggiungere una tesi, un riferimento geopolitico, un nemico da abbattere, unallusione o una minaccia. Il telefonista pu essere stato Toni Negri, o forse Sciascia o magari anche Cossiga, da quando ha cominciato a denunciare le sue stesse leggi demergenza. Si riusciti a fare delle verit (e delle prove, con buona pace del sig. Ostellino che si sciacqua abbondantemente la bocca con la filosofia del diritto) orpelli postmoderni, obsoleti e diciamolo! inutilmente pedanti. Giustizia sostanziale, dicono questi buoni maestri, invece che formale. Presto ci domanderemo o le nuove generazioni domanderanno a gran voce perch rivolgersi alla giustizia per dirimere leventuale conflitto; la giustizia sostanziale pi efficace se applicata dallo stesso offeso. O no? Cesare Battisti non si mai pentito. Questo il vero crimine. Ed questo che lui e noi altri non pentiti pagheremo ad vitam aeternam. Il peccato mortale imperdonabile. Listituto giudiziario della prescrizione e quello sociale dellamnistia (sempre con buona pace degli evocatori della filosofia del diritto) non possono applicarsi su un tessuto sociale che si voluto ricompattare sullinfamia e sulla degradazione. Per essere riaccettati come italiani si deve essere delatori, non basta dichiararsi vinti e convinti che le tendenze insurrezionali non potevano essere coniugate al modo indicativo. Occorre anche piegare la testa davanti al Giano che dichiarava giudiziariamente che i nostri erano crimini contro la personalit dello Stato e nello stesso tempo non accettava la qualificazione di politici degli stessi, si deve religiosamente pentirsi e dichiarare che
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tutte le lotte antiautoritarie e antimperialiste che si sono condotte erano insane e che occorreva delegarle alla saggezza e alla sagacia dei partiti di governo, unici garanti della convivenza democratica. Si deve inoltre accettare la perennit ormai normale di quellarsenale giuridico deccezione che stato, e sar un moltiplicatore di pene utilissimo per sbaragliare tutti, terroristi, rivoluzionari, nemici politici, mafiosi, anarchici di 16 anni o newglobal, per i quali le leggi democratiche, il diritto alla difesa, la presunzione dinnocenza, la responsabilit individuale provata non sono che margaritas ante porcos, fronzoli formali da agitare, eventualmente, solo per persone impegnate in lotte straniere e fuori confine. Confermando e confortando, tra altre sciagure, il semplicismo imperdonabile (quello s!) con cui molti della mia generazione avevano liquidato la forma democratica. Restituire storia alla storia, uscire dal mito, dalla retorica e dalla religiosit pelosa del pentimento, potrebbe forse evitare che vecchi demoni vadano allassalto delle nuove generazioni, che magari immaginano di ridare lustro alla teoria dellavanguardia armata di leninistica memoria con nuove e atrocemente inutili azioni. COME FABBRICARE UN MOSTRO. CESARE BATTISTI E I MEDIA ITALIANI di Valerio Evangelisti Articolo pubblicato in versione ridotta da LHumanit del 16.3.2004 Quellimbecille! Quellimbecille! Cos si esprimeva lonorevole socialista Ottaviano Del Turco, gioved 11 marzo, durante una trasmissione di Rete 4 intitolata Zona Rossa. Su uno schermo sfilavano le immagini di Cesare Battisti che usciva di prigione. Poco prima, lex magistrato Ferdinando Imposimato si era rivolto al pubblico, tutto fiero: Noi non leggiamo i romanzi di quel signore, non vero? Spettatori fin l passivi avevano applaudito, entusiasti. Ci d unidea del clima di linciaggio che i media hanno alimentato in Italia dopo che Cesare Battisti ha ottenuto la libert
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provvisoria. Ci sono trasmissioni contro di lui due o tre volte al giorno, su tutti i canali televisivi e radiofonici. Gli uomini politici, dallestrema destra ai partiti di centro-sinistra, dallex fascista Fini allex comunista DAlema, sono uniti da un crescendo di accuse contro Battisti e dalla domanda che sia estradato e rinchiuso per sempre in un penitenziario. Si parla di una Italia intera che si rivolta, come se un sistema dei media asservito a un sistema politico a maggioranza ultrareazionaria, e unopposizione debole e spesso complice, potessero davvero rappresentare la societ italiana nella sua complessit. Bisogna capire bene questo punto. LItalia il paese in cui una ex presidente della Camera dei Deputati, Irene Pivetti, divenuta soubrette, presenta oggi un variet televisivo sulla chirurgia estetica. In cui lex sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi faceva pubblicit a una marca di caff mentre era ancora nel pieno esercizio delle sue funzioni. E lItalia anche il paese in cui una parte degli ex comunisti, i DS, dopo avere approvato tutte le guerre umanitarie, preventive, democratiche ecc., rifiutano di votare contro il finanziamento della presunta missione di pace in Iraq voluta da Berlusconi; in cui quasi impossibile scoprire differenze tra il programma economico della maggioranza di destra e lopposizione di centro-sinistra, imperniati come sono entrambi sulla flessibilit (vale a dire la precariet del lavoro) quale sistema per uscire dalla crisi; in cui Massimo DAlema, quando era capo del governo, si macchiava di vergogna riconsegnando alla Turchia il leader curdo Ochalan, rifugiato in Italia. Daltronde, tra questo gesto e la richiesta di estradizione di Battisti, esiste, a ben vedere, una sinistra coerenza Ma, al di l del mondo politico, sono soprattutto i grandi quotidiani (salvo Il manifesto e Liberazione) che si sono incaricati di modellare lopinione pubblica e di fare di Cesare Battisti un mostro, nellintento poco nascosto di influenzare la stampa francese, dunque il pubblico, dunque i magistrati di Parigi Qui bisogna distinguere tra i quotidiani italiani popolari e quelli che godono di una certa reputazione, bench il fine ultimo sia lo stesso. Tra i primi, vi sono per esempio tra giornali appartenenti allo stesso gruppo editoriale: Il Resto del Carlino
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(Bologna), La Nazione (Firenze), Il Piccolo (Trieste). Sono usciti, sabato 6 marzo, recando sulla prima pagina, una foto di Cesare Battisti che faceva una smorfia orrenda, e il titolo, enorme, Non un martire, un assassino. Il contenuto era altrettanto volgare. Soprattutto si erano andati a pescare intellettuali francesi favorevoli allestradizione nel nostro caso Max Gallo e Andr Bercoff, direttore di France Soir. Poco imbarazzati, si sarebbe detto, di figurare tra titoli che grondavano odio. Altro tratto comune ai media popolari quotidiani di basso livello, televisione pubblica o privata (in realt non ce n che una, in Italia), radio , oltre al linguaggio esacerbato, la continua esibizione di vittime di Battisti, vere o presunte. Abbiamo visto ormai infinite volte in televisione il figlio paraplegico del gioielliere Pier Luigi Torregiani o il figlio del macellaio Sabbadin, uccisi dai PAC lo stesso giorno (16 febbraio 1979) con mezzora di intervallo, luno a Milano e laltro presso Venezia. Eppure, se c qualcosa di certo nella vicenda giudiziaria di Cesare Battisti, che egli non esegu questi omicidi, in nessuno dei due casi. Il suo principale accusatore, Pietro Mutti che, divenuto un pentito solo dopo levasione di Battisti, faceva parte di unaltra organizzazione (Prima Linea) e rilasci confessioni quanto meno dubbie (secondo lui, le Brigate Rosse sarebbero state armate dai Palestinesi, ma la cosiddetta inchiesta veneta non approd a nulla) neg sempre la partecipazione diretta di Battisti allattentato Torregiani, mentre i magistrati gli attribuirono solo un ruolo di copertura per lomicidio Sabbadin (simultaneo allaltro). Battisti avrebbe partecipato alla loro organizzazione in quanto membro dei PAC. Il pentito Mutti, daltra parte, riferiva voci raccolte nellambiente. Altri personaggi da lui accusati vennero poi assolti con formula piena. Daltra parte, il caso Torregiani illustra bene il funzionamento della giustizia italiana, tra la fine degli anni 70 e linizio degli anni 80. Torregiani uccise uno dei due rapinatori che avevano assalito il ristorante in cui cenava, il 22 gennaio 1979. Un cliente innocente mor nella sparatoria. Meno di un mese dopo, Torregiani fu ucciso a sua volta, davanti alla gioielleria
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di cui era proprietario. Per errore colp il proprio figlio, che rimase invalido (buona parte della stampa italiana continua a ripetere che il ragazzo fu ferito da Battisti in persona). Durante listruttoria, rivolta contro un collettivo autonomo di quartiere, vi fu una quantit di confessioni spontanee, di cui alcune totalmente assurde. Tredici rei confessi denunciarono in seguito di essere stati selvaggiamente percossi e torturati dalla polizia. I magistrati (nessun poliziotto che abbia ucciso o torturato dei contestatori mai finito in prigione, in Italia; e il caso di Carlo Giuliani sotto gli occhi del mondo intero) archiviarono tutte le denunce. Fu la prima volta che Amnesty International si pronunci contro un paese occidentale lItalia per ricorso alla tortura. Il resto del processo fondato inizialmente sulle confessioni di un giovane vittima di gravi turbe psichiche, che in seguito ritratt senza che se ne tenesse conto, di una ragazzina di quindici anni handicappata mentale, ecc. brancol nel buio fino alla comparsa, in una seconda fase, del pentito di turno. Tutto ci ben descritto nel libro di Laura Grimaldi Processo allistruttoria (ed. Milano Libri, 1981), che fa ben comprendere come funzionasse la giustizia italiana durante gli anni di piombo. Il figlio di Laura Grimaldi fu a sua volta accusato di avere ucciso Torregiani. Tra le prove, il rinvenimento a casa sua del disegno di un uomo con un fucile in una mano e una bomba nellaltra. Peccato che questo disegno non fosse opera del giovane, come fu affermato. Era stato eseguito nel 1944 da un partigiano iugoslavo, e figurava sulle mostrine dellesercito della Jugoslavia. Gli anni 70 e i primi anni 80 in Italia erano daltronde quelli in cui si arrestava un povero diavolo per aver disegnato, sul tovagliolino di carta di una pizzeria, una stella simile a quella delle Brigate Rosse; in cui si gettava in prigione una venditrice ambulante ottantenne (Nonna Mao) quale complice dei terroristi. In cui Toni Negri e una dozzina di docenti universitari venivano imprigionati, il 7 aprile 1979, come capi delle BR, salvo poi riconoscere che non era vero e modificare il capo dimputazione per mantenerli ugualmente in prigione o in esilio; in cui si esaminavano, sezione per sezione, le schede elettorali per vedere se qualcuno vi aveva tracciato slogan o disegni sovversivi; ecc.
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chiaro che la stampa e i media popolari non hanno alcun interesse a frugare in questo passato non precisamente pulito. A loro basta avere trovato il mostro a cui attribuire tutti i delitti possibili, trascurando le altre confessioni poco utili del suo pentito personale; basta, senza sapere nulla del processo, esporre alle lacrime del pubblico i figli delle sue vittime pi probabilmente vittime di una procedura giudiziaria viziata, senza confronto reale con laccusato, giudicato in contumacia (e privato del diritto a un nuovo processo se arrestato, che lItalia, sola eccezione in Europa, ancora non prevede). Veniamo ora alla grande stampa italiana, quella che conta: La Stampa, La Repubblica, Il Corriere della Sera, pi alcuni settimanali. In questo caso, evidente un proposito di pi largo respiro: parlare ai confratelli intellettuali francesi e farli ricredere. Cominciamo con Barbara Spinelli, corrispondente molto rispettata da Parigi de La Stampa. Il suo articolo (7 marzo 2004) si intitola Cari amici francesi, su Battisti sbagliate. Non lui, ma altri, sono le vittime degli anni di piombo. stato tradotto su Le Monde del 13 marzo. Barbara Spinelli accusa gli intellettuali che hanno firmato le petizioni pro Battisti di ignoranza: per via della loro propensione allospitalit e della loro simpatia per i ribelli, si sarebbero fatti ingannare. La ricostruzione degli anni di piombo in Italia a cui credono sarebbe quella dei rifugiati, e non avrebbe nulla a che vedere con la verit. Battisti sarebbe stato il capo dei PAC e, senza eseguirli personalmente (in ci Barbara Spinelli pi cauta della maggioranza della stampa italiana), avrebbe ordinato gli assassinii di Torregiani e Sabbadin. Gli intellettuali francesi, nobili nella loro difesa di Dreyfus e di Solzenicyn, non dovrebbero lasciarsi ingannare dal fatto che Battisti sia uno dei loro, uno di Gallimard. Dovrebbero informarsi meglio: Alberto Toscano, corrispondente da Parigi di Panorama, ha gia scoperto che il direttore de La Marianne non sa nulla dei delitti concreti attribuiti a Battisti. Se gli intellettuali francesi avessero visto in tv, come Barbara Spinelli, il povero figlio di Torregiani sulla sua carrozzella da invalido, avrebbero capito meglio da che parte stia la giustizia
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Ecco un esempio di disinformazione intelligente. Vediamo dunque gli elementi che avvicinano Barbara Spinelli ai suoi colleghi di rango: Si ignora, o si finge di ignorare, che il rifiuto di estradare Battisti poggia su principi che non hanno nulla a che fare con la sua presunta colpevolezza. Le questioni in gioco, in Francia, sono la possibilit che una stessa Corte si pronunci nuovamente su materia gi giudicata, che uno Stato sottragga di colpo a un rifugiato il diritto dasilo che aveva concesso per tredici anni, che accetti che un prigioniero sia consegnato alla giustizia di un paese che mantiene procedure tipiche dellInquisizione, come la condanna in contumacia senza ripetizione del processo in caso di cattura, o come labiura del prigioniero quale via per la libert, affidando allautorit lesame della sua coscienza individuale. Si ignora praticamente tutto del caso giudiziario di cui si tratta. Nessuno ha accusato Battisti di essere il capo dei PAC, salvo una parte della stampa italiana pi volgare, innamorata dei titoloni. Ancora oggi, Battisti tutto salvo che un ideologo (lo si nota anche dallimpaccio di certe sue dichiarazioni). Se lo si accusa di qualche cosa, di avere partecipato (cos si legge nella richiesta originale di estradizione) a due dei quattro assassinii che gli sono attribuiti, nonch a una sessantina tra rapine e aggressioni che gli sono addebitate per avere fatto parte dellorganizzazione (60 persone) che le rivendic. Le altre due accuse di omicidio eseguito direttamente provengono dal pentito di cui ho gi parlato. Prima di scrivere una sola riga bisognerebbe sapere queste cose, se si ha il senso dellonore, e non accusare i propri colleghi francesi (pi interessati ai principi in gioco) di unignoranza che si condivide. Daltra parte, il metodo Spinelli comune alla maggior parte degli editorialisti della stampa italiana e dei conduttori di talk-show. Cos Mario Pirani, ex comunista ed ex dirigente dellENI di Enrico Mattei, fa su La Repubblica del 4 marzo un ritratto di Battisti totalmente campato in aria: ex brigatista rosso, riparato in Nicaragua subito dopo levasione, convertitosi in scrittore solo perch ci poteva garantirgli una vita confortevole e sicura in mezzo agli intellettuali del Quartiere Latino (mentre Battisti cre la pro76

pria rivista letteraria Via Libre quando si trovava in Messico), ecc. evidente che Pirani non sa nulla di Battisti. Si pronuncia sul destino di un uomo senza essersi nemmeno preso la briga di informarsi. Stessa cosa per Alberto Toscano, uno dei riferimenti di Barbara Spinelli (anche, supponiamo, per ci che riguarda il supposto partito di Gallimard: Toscano scrisse infatti che tutti i romanzi di Battisti erano usciti presso Gallimard, mentre ci vero solo per i primi tre, su una dozzina. Vabb, bazzecole). Ebbene Toscano, sul settimanale Panorama, subito dopo avere accusato Philippe Cohn, de La Marianne, di non sapere di cosa stesse parlando, descrive in dettaglio, fidandosi di una fonte qualificatissima del ministero della Giustizia, il modo in cui Battisti avrebbe personalmente finito con gelido sadismo il macellaio Lino Sabbadin, mentre questi giaceva ferito al suolo. Abbiamo visto che Battisti non stato accusato di avere eseguito materialmente questo crimine (attribuito a un altro imputato, di cui riporto le sole iniziali: D.G.). Dunque quello di Toscano non nemmeno pi del giornalismo. violenza allo stato puro, contro qualcuno che si sa impotente a reagire per via giudiziaria, con una querela per diffamazione. la fabbricazione deliberata e paziente di un mostro, fino a darne unimmagine che permetta di schiacciarlo contro il muro. il gelido sadismo che si vuole attribuire a Battisti. Non pi il metodo Spinelli, ma il pi generale metodo italiano di questi giorni. Termino col peggio, che ci viene da un altro corrispondente de La Stampa da Parigi, Cesare Martinetti. Costui traduce per il pubblico italiano una frase apparsa sul quotidiano LHumanit, di questo tenore: Cesare Battisti a t condamn en 1987 par la justice dexception un tribunal militaire , rserve aux procs des militants de lultra gauche.1 La frase tra lineette un tribunale militare dei giuIl 19 marzo L'Humanit ha pubblicato una replica di Cesare Martinetti de La Stampa a questo articolo, circa il modo in cui lo stesso Martinetti aveva tradotto "une justice d'exception - un tribunal militare". Sostanzialmente, il giornalista avrebbe mantenuto i trattini. Ci non

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dici francesi che per primi respinsero la richiesta di estradizione di Cesare Battisti. Quanto al fatto che una legislazione demergenza sia stata applicata ai militanti italiani di estrema sinistra, nessuno oserebbe negarlo (a parte alcuni magistrati ed ex magistrati italiani a suo tempo coinvolti in pesanti distorsioni del diritto, e che oggi sembrano ammettere tra le righe che stavano in qualche modo vendicando il loro collega Alessandrini). Ma ecco come il pubblico italiano ha potuto leggere la frase de LHumanit, nella traduzione di Martinetti: Battisti stato condannato nel 1987 da un giudice speciale di un tribunale militare riservato ai processi dei militanti dellestrema sinistra. Dubito che Martinetti, corrispondente da Parigi di uno dei principali quotidiani italiani, ignori la differenza tra rserv (loggetto sarebbe il tribunale militare) e rserve (loggetto la legislazione demergenza). Eppure questa traduzione passata di quotidiano in quotidiano, di settimanale in settimanale, fino a divenire la prova della cattiva conoscenza che non solo LHumanit, ma pi in generale gli intellettuali francesi che hanno firmato lappello contro lestradizione, i cittadini solidali con Battisti per farla breve, buona parte della Francia avrebbero dellItalia degli anni di piombo, percepita come simile al Cile di Pinochet. Tutto fa brodo, dunque dalla pura menzogna alla traduzione adattata astutamente, dal metodo Spinelli alla scelta delle foto pi idonee perch il mostro Battisti e i suoi libri cessino di essere testimonianza di ci che si vuole nascondere: ladozione in Italia di leggi demergenza in gran parte ancora operanti, che hanno permesso centinaia di processifarsa, migliaia di arresti senza prova e il massacro sommario di tutta una generazione di ribelli. (Da Carmilla On Line, 16.3.2004)

toglie che, trattini o no, "justice d'exception" divenuto "giudice speciale", invece di ci che indicava ("procedura d'emergenza"). Lo stesso Martinetti non ha chiesto rettifiche al Corriere della Sera, a Panorama e agli altri giornali che hanno riportato la nostra stessa frase.

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LARCO UNICO DELLA REPRESSIONE di Mauro Bulgarelli Mauro Bulgarelli deputato del partito dei Verdi Sui giornali dei giorni scorsi campeggiavano spesso affiancate due notizie. La prima riguardava larresto a Parigi di Cesare Battisti, ormai noto pi in veste di affermato scrittore noir che come latitante dei Proletari Armati per il Comunismo; laltra, la relazione semestrale del Sisde che, fedele a un formulario per la verit un po consunto, riproponeva la teoria dell unico arco eversivo, nel quale stipava a vario titolo brigatisti, anarco-insurrezionalisti e disobbedienti. Laccostamento delle due notizie, in effetti, rispecchia efficacemente la filosofia che muove istituzioni e investigatori che, quando si tratta di fare i conti con il conflitto sociale, si ritrovano sulla strada che conoscono meglio: quella dellemergenza. A nessuno pu sfuggire che lattenzione repressiva che da qualche tempo le nostre autorit riservano agli esuli degli anni 70 trova una sua logica nelladesione convinta del governo italiano alle nuove politiche disciplinari europee che, in materia di sicurezza, riesumano da un lato lo spettro terroristico e dallaltro quello del deviante (sia esso il migrante, il tossicodipendente o la marginalit eccedente delle metropoli). Sotto questo profilo, le centinaia di esuli si trasformano in veri e propri ostaggi da dare in pasto allopinione pubblica per corroborare e rendere pi efficace sul piano simbolico le virt muscolari dello Stato, soprattutto laddove esso attraversi una crisi di autorevolezza e di consenso sociale. Proprio questultima considerazione ci riporta allaltro asse del problema, quello che investe il movimento, destinatario, negli ultimi tempi, di un rinnovato zelo inquisitorio. , infatti, lincapacit di governare linsorgenza di pratiche di insubordinazione sociale che minacciano di massificarsi e di autoriprodursi penso alle lotte degli autoferrotranvieri, alle mobilitazioni spontanee della societ civile a Scanzano Jonico, La Maddalena, a Terni, nonch alla capacit da parte dei lavoratori atipici e intermittenti di portare in superficie la propria condizione di senza diritti che con79

siglia di colpire quei movimenti che hanno mostrato di saper dialogare, di intrecciarsi, con queste realt. Lo Stato, insomma, sembra da una parte voler riaffermare la vocazione emergenziale del diritto penale assemblato nei tribunali di guerra degli anni settanta e, dallaltra, far retrocedere brutalmente la soglia della legalit dopo che il grande movimento nato a Genova e cresciuto nelle straordinarie mobilitazioni contro la guerra laveva significativamente spostata in avanti, affermando un principio nuovo: non esiste illegalit di massa che possa essere sanzionata se essa si propone di contestare i crimini incommensurabilmente pi grandi perpetrati dai potenti della terra attraverso la globalizzazione del comando capitalistico e i massacri della guerra preventiva. E proprio sul versante della piazza i segnali preoccupanti non mancano: botte e processi a chi lotta per la casa, a chi si oppone alla costruzione di quei lager camuffati che sono i Cpt, a chi contesta le scelte guerrafondaie di questo governo. Sulla lettura penale degli anni 70 e la criminalizzazione delle lotte dei nostri giorni testimoniata dal nugolo di procedimenti aperti contro il movimento si sostanzia la logica del redde rationem innescata dallo Stato, che la sinistra commetterebbe un errore tragico se non tentasse di arginare in qualche modo. Per far questo, la strada lineare e non si presta a scorciatoie: rilanciare la campagna per la soluzione politica di quegli anni, imperniandola attorno a un progetto credibile di amnistia generalizzata, e impedire, a partire dallinizio del processo per i fatti di Genova, che una nuova generazione di lotte venga data in pasto alla repressione e alle patrie galere. In quanti, anche tra gli scranni del Parlamento, abbiamo magnificato lo spirito di Genova come una sorta di soffio vitale che poteva rianimare una politica agonizzante? Bene, ora si tratta di difenderlo. A Genova centinaia di migliaia di uomini e donne hanno sfidato, con forme e linguaggi diversi, larroganza delle zone rosse: stato, a mio avviso, uno dei momenti pi alti di democrazia dal basso che questo paese abbia mai espresso, un patrimonio che va difeso e sottratto alle stanze dei tribunali, quelle stesse stanze dove nessuno mai entrato, e forse entrer mai, per lassassinio di un ragazzo, Carlo Giuliani.

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3. IL QUADRO STORICO

IL COLLETTIVO AUTONOMO BARONA:


IMPOSSIBILE

APPUNTI PER UNA STORIA

di Primo Moroni e Paolo Bertella Farnetti da Primo Maggio n. 21, primavera 1984. Abbiamo voluto scrivere una storia impossibile. Impossibile perch affonda le sue radici in procedimenti giudiziari ancora aperti. Perch giornali, magistrati, Digos e pentiti ne hanno raccontato e distorto i pezzi che gli servivano. Perch molti compagni lhanno ignorata, o rimossa, o troppo rapidamente archiviata con un giudizio sommario. Perch i percorsi personali, collettivi e politici si intrecciano fra loro in modo ingarbugliato, su un terreno inquinato dalle delazioni, dalle reticenze e dalle autocensure. Questa la nostra versione, basata sui documenti, sulle cronache, sulle testimonianze dirette, nello sforzo che abbiamo intrapreso di raccontare noi, per frantumamenti e avvicinamenti progressivi, la storia di questi ultimi anni. Il quartiere Barona si trova alla periferia Sud di Milano, in un vasto triangolo compreso tra il Naviglio di Abbiategrasso e il Naviglio Pavese di Pavia. Insieme ad altri quartieri (S.Cristoforo, Moncucco, Boffalora, Conca Fallata, Gratosoglio, Chiesa Rossa) prende il nome dalle grosse cascine agricole che formavano il territorio dei cosiddetti
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Corpi Santi esterni alle mura spagnole. Un tempo Comuni, vennero inglobati nella grande Milano dall'amministrazione fascista, che inizi in queste zone un programma di edilizia popolare: tra il 1931 e il 1938 lIstituto Case Popolari costru i primi insediamenti collettivi proprio alla Barona, affiancandoli a quelli degli anni venti nelle zone Stadera e Naviglio Pavese. Negli anni cinquanta sarebbero seguiti S.Cristoforo, ancora la Barona, via Conchetta e via Torricelli. Infine negli anni sessanta, in concomitanza con la grande immigrazione interna, vengono costruiti ex novo Chiesa Rossa, Gratosoglio Nord, Sud e Torri, S.Ambrogio I e II, Lodovico il Moro (Negrelli). Molte di queste costruzioni sono IACP e questo determina la formazione di una vasta zona a carattere proletario e popolare. Il vertice di questo triangolo tra i due Navigli rappresentato dalla Darsena di Porta Ticinese, determinando una complessa relazione di scambi umani e politici tra le due zone, tanto che nella geografia del politico milanese la zona Sud stata sempre considerata un prolungamento logico della capacit di produzione politica del quartiere Ticinese-Genova, che stato senza dubbio il quartiere di massima concentrazione delle sedi politiche del movimento cittadino. Il CAAB (Collettivo Autonomo Antifascista Barona) nasce nel novembre del 1974 per iniziativa di Fabio, quindici anni, e di Umberto, quattordici anni, amici da sempre. Nel giro di pochi mesi si aggiungono altri amici, soprattutto ex compagni di scuola media di Fabio, come Sante, Bob, Ivano, Fabrizio, Marco, Tonino: ci si trovava in uno scantinato, in un bar oppure per strada e si parlava di noi e di che cosa ci offriva il futuro, era il tempo del Collettivo Autonomo Antifascista Barona, un gruppuscolo di ragazzi che senza cercare nessun appoggio e senza allinearsi su posizioni di Partiti e movimenti politici esistenti volevano cercare di costruire politicamente qualcosa di nuovo in zona. (Eravamo nati soli e volevamo fare tutto da soli).1 Il passaggio allimpegno politico di quella che era una compagnia o banda di quartiere avviene per gradi e quasi
. Sei giorni troppo lunghi, dattiloscritto non pubblicato di Umberto Lucarelli, pag. 92.
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naturalmente. Allinizio la compagnia si ritrovava in Piazza Miani, intorno a una panchina. Alcuni venivano solo per la passione della pallacanestro o per organizzare delle feste, ma si parlava anche delle manifestazioni e dei problemi del quartiere-ghetto, senza campi di gioco o palestre, senza spazi associativi per i giovani. Con il passare del tempo lamicizia si impasta con i bisogni, con la cultura e lemarginazione proletaria. C la voglia di organizzare qualcosa che dia senso alla vita quotidiana, c lincontro alla scuola media con i figli degli occupanti di viale Famagosta,2 uno dei primi grandi movimenti di occupazioni di case a Milano. Alcuni di loro hanno cominciato a disegnare col pennarello i pugni chiusi sui banchi di scuola, poi hanno continuato a riempire i muri del quartiere di scritte per sentito dire, firmandole MS o AO ancora prima di sapere cosa significassero queste sigle. Poi ci sono i contatti a livello personale con gli extraparlamentari che cercano di muoversi nei quartieri e la crescita per affinit culturale con i modelli della cultura del mitico 68, che passa anche attraverso la esperienza scolastica, secondo un percorso che accomuna la grande parte dei Collettivi giovanili dei quartieri proletari ai margini di Milano. per ci che i Collettivi vanno estendendosi in tutti i quartieri a tradizione operaia e proletaria come Rozzano, Gratosoglio, Piazza Abbiategrasso, Conchetta al Ticinese, Barona, S.Ambrogio, Tessera, Giambellino, Baggio, Quartiere Olmi, congiungendosi poi con quelli pi a Nord di Pero, Limbiate, Cinisello per saldarsi infine con la grande area di Crescenzago, Padova, dove operano Collettivi

. Occupazione iniziata nel 1974 negli stabili IACP e organizzata principalmente da Lotta Continua e Avanguardia Operaia. Durer alcuni anni, diventando un punto di riferimento politico per tutta larea Sud. Nel marzo 1975 circa quattrocento famiglie partecipano alloccupazione degli stabili IACP di piazza Negrelli, coordinandosi con gli occupanti di viale Famagosta. In particolare, dal 1975, le occupazioni si estendono in tutta la zona, interessando particolarmente gli stabili IACP ma anche quelli privati. Si registrano quindi occupazioni in via Teramo, a Stadera, Gratosoglio, ChiesaRossa, Moncucco, Gallaratese, via Conchetta, via Torricelli, ecc. Molti Centri Sociali e Circoli Autogestiti, trovano nelle case occupate, consolidando il proprio rapporto organico con il quartiere.
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nelle zone Loreto, Leoncavallo, Lambrate, Ortica, Segrate. Si comincia quasi sempre da temi astratti come lantifascismo, la Cina, il Vietnam e lantimperialismo, ma per la loro collocazione nella vita e nella memoria del quartiere i Collettivi passano rapidamente a tematiche concrete e di classe, tra cui la lotta per la casa e le occupazioni, le autoriduzioni, la lotta contro il lavoro nero, il collegamento scuola-lavoro. Su questi temi concreti, sullinchiesta nel quartiere si avvia limpegno politico del Collettivo, fin dallinizio deciso a mantenere il controllo sulle proprie azioni e sul proprio spazio, in accordo con la sua identit e omogeneit di banda di compagni e amici. Per questo il Collettivo si definisce prima di tutto autonomo, senza nessun riferimento a quellautonomia operaia che proprio in questo periodo si esprime attraverso Rosso, ed ancora sconosciuta alla Barona. Nellaltra definizione che si d il gruppo, antifascista, c sia uneco della cultura di movimento di questi anni, dove tutto antifascista ( anche il periodo degli scontri fisici con i sanbabilini), sia una nuova interpretazione del tipico obiettivo di una banda di quartiere: sorvegliare la propria zona con una vigilanza antifascista, cercare un nuovo modo di egemonizzare politicamente uno spazio dove non possono giungere o comunque non sono tollerate iniziative esterne. Il Collettivo non si identifica con tutta la compagnia di amici della Barona: quando nel 1975 acquista una fisionomia pi precisa formato da una decina di militanti molto attivi, in grado di coinvolgere, a seconda del tipo di iniziativa, altri venti o trenta ragazzi che costituiscono o frequentano la compagnia. In questo stesso anno il CAAB trova una sede provvisoria nello scantinato di un fiorista e comincia i suoi primi interventi sulle occupazioni di viale Famagosta: i primi volantini vengono fatti a mano e attaccati con il Vinavil. Una delle prime uscite ufficiali al Fabbrikone,3 un vec. Si tratta di una vecchia fabbrica di via Tortona, smantellata da molti anni e occupata nel 1975 dal Coordinamento Autonomo Inquilini Ticinese-Genova. Loccupazione nasce come risposta allo sgombero poliziesco del Teatro Uomo di corso Manusardi, richiesto dal parroco della chiesa di S.Gottardo a cui il teatro annesso. Il Teatro Uomo infatti destinato a diventare, insieme alla chiesa di S.Lorenzo alle Colonne uno dei centri propulsori dellemergente Comunione e Liberazione. Loccu3

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chio stabile occupato in zona Genova, dove si fanno notare per la loro divisa: giacca militare, camicia dellaereonautica, scarpe anfibie e basco con la stella rossa. Se la divisa si ispira alliconografia di Che Guevara e della guerriglia sudamericana, le loro letture preferite sono soprattutto nord americane: Prateria in fiamme dei Weathermen, Lautobiografia di Malcolm X, Col sangue agli occhi di George Jackson, la storia e gli scritti delle Pantere Nere; ostici e lontani i classici del marxismo e i loro epigoni. I film pi ammirati e discussi sono quelli di Costa-Gavras come Zeta e LAmerikano. Fin da quando il quartiere comincia ad avvertire la presenza del Collettivo, latteggiamento della sezione locale del PCI ostile: nel corso degli anni il giornaletto comunista di zona, La sedicesima, non mancher di attaccare i giovani autonomi, anche se i rapporti personali non arriveranno mai allo scontro fisico. Atteggiamento per altro generosamente ricambiato dal Collettivo, non solo per la generale cultura antirevisionista che circola nel movimento, ma anche per lopposto giudizio sul fallimento dellesperimento cileno di Allende, che porter il partito comunista allelaborazione della strategia del compromesso storico. Anche il rapporto con i gruppi extra-parlamentari si presenta subito in modo conflittuale. Trattati dai militanti dei gruppi da sbarbati, per la giovane et e linesperienza, sono per costretti a frequentare le loro organizzazioni per poterne utilizzare i mezzi tecnici, come per esempio il ciclostile per la quasi quotidiana produzione di volantini.
pazione del Fabbrikone andr avanti alcuni mesi tra scazzi continui tra le varie componenti che si sono rapidamente aggregate, soprattutto tra i militanti del Coordinamento, che fanno capo allAssemblea Autonoma Alfa Romeo e quelli di Rosso. I primi intendono usare il luogo come centro di propulsione di lotte, secondo una tipica ottica operaia, mentre Rosso tende a legittimare una serie di soggettivit e comportamenti di tipo nuovo che la parte operaia rifiuta di riconoscere come autonomi e respinge liquidandoli come Frikettoni. Nel corso di una festa discretamente spinellata si determinano comportamenti distruttivi del luogo stesso e espropriazioni delle attrezzature. Questo episodio, insieme a una sterminata polemica sulle responsabilit, determina una progressiva decadenza del Fabbrikone, che diventer sempre pi un asilo di tossici.

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Tutti di famiglie proletarie, i giovani autonomi soffrono di una carenza cronica di soldi e di mezzi per la loro attivit; per questo si divertono a identificarsi con gli eroi del popolare fumetto di Max Bunker, Alan Ford e lagenzia TNT: una banda di scalcagnati che sopperiscono con il volontarismo e i miracoli dinventiva allassenza di fondi e di mezzi. Bob Grunf, lautore dei miracoli tecnici, Ivano Alan Ford, Fabio la Cariatide e cos via. Il contatto con i gruppi produce dei tentativi di reclutamento, che diventeranno abituali nel corso della storia del Collettivo. Il Movimento Studentesco la prima organizzazione a corteggiare gli autonomi della Barona. Fanno insieme delle riunioni e delle ronde antifasciste in zona, discutono di antifascismo e di temi come lItalia fuori dalla NATO. Il CAAB si stanca presto di questo rapporto, problemi come quelli della NATO o del Fronte Popolare sono troppo lontani e non trovano seguito nel quartiere, i membri del Collettivo si sentono alieni dalla logica di organizzazione, dalle gerarchie, dai dirigenti e dai quadri. Si divertono di pi con lautoriduzione al cinema o la organizzazione di feste diverse, proletarie nel quartiere. Conducono una grossa campagna contro lATM per avere migliori collegamenti con il centro e contro laumento del prezzo dei biglietti. Riempiono i mezzi pubblici di scritte spray, ci salgono sopra col megafono a fare propaganda. La loro presenza nel quartiere cresce e nel settembre 1976 producono un giornaletto ciclostilato, Revolucion, un po per la libidine di vedersi scritti e un po per mettersi alla prova: scrivono di aver voluto dimostrare che dei ragazzi anche se non intellettualisti (per fortuna) possono prendere iniziative di qualsiasi tipo!. In questo primo numero i pezzi forti sono un articolo sul problema delle abitazioni nel quartiere-ghetto e una ricostruzione grafica degli scontri di via Mancini finiti con la morte di Zibecchi, travolto da un camion dei carabinieri. Lo slogan finale Contro lo stato della violenza ora e sempre resistenza. Incredibilmente il ciclostilato, distribuito alledicola di via Santa Rita, viene venduto tutto e questo li spinge a continuare la esperienza in un rapporto col quartiere non pi personale e frettoloso. Il Collettivo, ora semplicemente CAB (Collettivo Autono86

mo Barona), fa uscire altri due numeri. In quello di ottobre/novembre ci sono analisi del quartiere, tipico ambiente AFRIKANO (rione negro), temi esistenziali, una CAB story un identikit del nemico delle masse comuniste: non solo il fascistello sanbabilino, il burocrate DC, il clero reazionario, ma anche chi professandosi comunista, tradisce gli interessi della classe operaia, temi di politica internazionale. Concludono avvertendo: Con questo numero abbiamo cercato di eliminare le pecche e le eventuali ingenuit che caratterizzavano il primo numero (speriamo di esserci riusciti). Ma nel numero di dicembre sentono il bisogno di sottolineare : Questo giornale scritto da dei compagni adolescenti, concludendo con questo slogan : La nostra lotta cresce di zona in zona siamo i PELLEROSSA della Barona. Il giornale esce come supplemento di Kat - Flash (Vogliamo Tutto); il rapporto con i compagni che fanno capo a questa esperienza aiuta i membri del CAB a smaliziarsi nel linguaggio e nellimpegno politico e li fa entrare in contatto con Rosso. Accettano di vendere questa rivista nel quartiere, ma lo fanno soprattutto come occasione per contattare la gente; non riescono a leggere pi di due articoli per numero e lo trovano troppo difficile. Anche il tentativo di leggere collettivamente Proletari e Stato di Toni Negri si fermer alla prima pagina e il libro sparir, probabilmente bruciato nella stufa. Quando Vogliamo Tutto confluisce in Rosso i membri del Collettivo non approvano questa operazione e si tengono distanti. Ma se il percorso del Collettivo, con una storia simile a quella di tanti altri micro-organismi autonomi, si sviluppa comunque dentro, fuori, ai bordi dellarea dellautonomia organizzata, rimane vivo il rapporto di scambio e non di subalternit con le organizzazioni maggiori, tipo quella che fa capo a Rosso. Tramonta invece definitivamente ogni possibilit di rapporto con gruppi come Avanguardia Operaia e Movimento Studentesco, con i quali il CAB e altri collettivi (S.Ambrogio, via Teramo, Fornace, piazza Negrelli) occupano la Cascina Boffalora per farne un centro comune: il contrasto fra il dirigismo dei gruppi e lautonomia dei collettivi far fallire in breve tem87

po questa esperienza. Da qui in poi il rapporto fra gruppi e autonomi sar quasi sempre conflittuale, contraddistinto spesso dallo scontro fisico. Lapertura al quartiere d buoni frutti e la gente segue con simpatia le iniziative del CAB, ormai riconoscibile e riconosciuto alla Barona. Attraverso linchiesta di massa si impegnano nei problemi di zona come lo sfruttamento, il carovita, le abitazioni, leroina, il lavoro nero. Su questi punti i membri del Collettivo formano delle commissioni di intervento. Organizzano frequenti mostre fotografiche davanti al supermarket di viale Famagosta, sullATM e allospedale San Paolo, una struttura-fantasma che potrebbe, se funzionante al completo, garantire una maggiore assistenza sanitaria e uno sbocco di lavoro agli abitanti della Barona. In questo lavoro collaborano con il gruppo anarchico di via Conchetta. Contro il lavoro nero il CAB organizza delle ronde proletarie tutti i sabati: in circa una trentina, con striscioni e volantini, entrano nelle piccole fabbriche della zona e invitano gli operai a sospendere il lavoro nero e a non fare gli straordinari. A volte lintervento funziona, gli operai ascoltano o discutono, in qualche caso segue lassunzione con i libretti. Se questo possibile nelle fabbrichette con pi di dieci operai, pi problematico lintervento in quelle con pochi lavoratori, spesso legati da parentela con il padrone. Impossibile risulta intervenire sul lavoro nero fatto in casa, come quello delle casalinghe che fanno i giocattoli per poche lire al pezzo. Sui muri vengono scritte le denunce contro i padroni del lavoro nero, ogni giorno cancellate e puntualmente riscritte. Lintervento nel territorio, nel giro di tre anni, diventato capillare e quasi quotidiano:
Lavorare nel territorio per la ricomposizione proletaria su basi rivoluzionarie, non affatto facile: un progetto di lunga durata che viaggia tra mille difficolt di ogni genere, ma che abbiamo fatto nostro da sempre, sgombrando il campo da ogni ambiguit democraticistica. Rompere la tranquillit sociale nel territorio significa intervenire complessivamente, anche in situazioni o su temi specifici che ci erano sconosciuti o che avevamo sottovalutato, spesso ricominciando tutto da campo o addirittura da O, in ogni aspetto 88

della quotidianit metropolitana per materializzare collettivamente i bisogni proletari. Usare linchiesta di massa come dato di partenza, costruire un rapporto continuo con gli abitanti per non autoemarginarsi dagli emarginati.4

ll quartiere si ormai abituato alla presenza del CAB, alle mostre fotografiche e ai cortei, ai volantini su vari problemi lasciati nelle caselle delle abitazioni, agli interventi nel consiglio di zona e alla distribuzione dei giornali. Il vero giornale del Collettivo rappresentato dalle scritte murali che tappezzano la zona, accompagnate da una germinazione spontanea di messaggi di ignoti che si firmano CAB. Anche i negozianti collaborano di buon grado alla raccolta di fondi per rinsanguare le magre finanze del Collettivo. Si allargano anche i contatti con gli organismi autonomi limitrofi come Chiesa Rossa, Gratosoglio, Zona Sud; ottimi sono i rapporti col circolo giovanile di S. Ambrogio, con cui spesso si lavora insieme e si organizzano delle feste. Importante anche la collaborazione con il Co-Cu-Lo,5 che per alcuni mesi affianca il CAB nellintervento sul lavoro nero. A differenza di quello con i gruppi, si tratta di un rapporto abbastanza corretto: non ci sono i soliti pesanti tentativi di cooptazione, vengono messi a disposizione del Collettivo il ciclostile e altri mezzi tecnici per la propaganda. Nel 1977 si trovano finalmente una sede, occupando due locali in via Modica, ornati dai murales di Sante, il grafico del Collettivo. Il CAB si autoseleziona, la politica diventa una attivit a tempo pieno: dei nuovi compagni di origine sarda, Sisinnio, Marco e Sebastiano trovano nel. Black Out, numero zero, 1 febbraio 1977, pag. 6. . Comitato Comunista (m-l) di Unit di Lotta, con sede in via Vigevano, nel Ticinese, dove fonda il Circolo Siqueiros. Pubblica fino al 1979 il giornale Addaven e, in concomitanza della crisi organizzativa, Controvento. Il Co-Cu-Lo formato da militanti operai di varie fabbriche della zona sud e da conosciuti intellettuali di formazione marxista-leninista che fanno un uso dialettico e originale della cultura maoista. presente nella fondazione dei Coordinamenti Autonomi zona Sud e in gran parte delle iniziative di massa della seconda met degli anni settanta. Pu essere collocato nella tendenza m-l dellarea dellautonomia, ma con forti differenze politiche organizzative nei confronti dellaltra componente m-l che fa capo al giornale Voce Operaia.
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lattivit del Collettivo una risposta alle loro istanze di emigrati delusi ed emarginati. Il 1977 segna un passaggio qualitativo per tutti gli organismi autonomi milanesi: lanno di via De Amicis e dellAssolombarda, dei cortei armati e del dibattito di massa sulla lotta armata. A livello nazionale c luccisione di Lorusso, la cacciata di Lama dalluniversit di Roma, il movimento del 77, il convegno di Bologna. I collettivi autonomi milanesi, con la loro identit e la legittimit di massa frutto del rapporto con il proprio quartiere, nellurgenza di un progetto politico che unifichi le loro esperienze, si trovano esposti alla superiore organicit progettuale delle organizzazioni maggiori che si muovono nell area dellautonomia. Queste, sia clandestine che di massa, sono guidate da quadri politici formatisi sin dalla met degli anni sessanta. Un quadro politico che rimane sostanzialmente di tipo leninista e tende quindi a legittimare le aggregazioni spontanee di movimento nella prospettiva di forzarne i contenuti per arrivare a un successivo loro reclutamento organico al proprio interno. In questo periodo le dinamiche delle organizzazioni dellautonomia sono scosse dalla discussione su due problemi fondamentali: lemergenza massiccia della tendenza armata e la fine della centralit operaia. Il dibattito si ripercuote in modo confuso nelle strutture dei collettivi senza che questi abbiano gli strumenti per comprendere pienamente le diversit di motivazioni, di strategie che determinano le posizioni tattiche, le alleanze, le proposte che circolano. Alle riunioni dei collettivi partecipano spesso militanti organici delle organizzazioni e, viceversa, i collettivi partecipano spesso alle riunioni nelle sedi delle organizzazioni: tutto ci oltre a determinare un forte scambio di suggestioni politiche, costruisce una grande complessit di rapporti soggettivi e di solidariet, che trover la sua espressione pi clamorosa nei cosiddetti cortei armati, dove si troveranno quindi a convivere immaginari della pratica armata e militanti organici della stessa. In questa zona di incontro-scontro fra la cultura della violenza di massa contro il sistema, propria del movimento, e la messa in atto minoritaria e clandestina della lotta arma90

ta, non semplice decifrare i percorsi e le collocazioni dei singoli (e infatti si sa che stato molto pi facile fare di ogni erba un fascio, affidandosi al criterio ignobile ma funzionale della contiguit). In questa situazione di confusione e di accelerazione, di verticalizzazione e di indurimento della lotta politica cittadina, si muove anche il CAB, partecipando con i collegamenti Sud Ovest, cio con S.Ambrogio, Chiesa Rossa e Co-Cu-Lo, a manifestazioni, a interventi nelle scuole e in fabbriche come lAlfa Romeo. Allinizio dellanno si impegnano in interventi contro il lavoro nero insieme al Collettivo Autonomo Romana Vittoria, in cui si fa notare per il suo protagonismo Marco Barbone. Avvertono in questo contatto delle spinte esplicite a muoversi nella direzione di Rosso e si allontanano da questa esperienza dopo le forzature dei cortei armati (come quello di via De Amicis che finisce con luccisione dellagente Custr), dove si accorgono che personaggi come Barbone cercano di provocare scontri armati allinsaputa della maggior parte dei compagni che partecipano al corteo. Si sentono estranei ai dirigentini che vanno nelle situazioni a indicare cosa si deve fare. Pur rifiutando di diventare portavoce di Rosso frequentano il collegamento di via Disciplini6 per sapere cosa succede, per essere in contatto con gli altri organismi. A settembre partecipano alla tre giorni di Bologna, che sembra preludere a una organizzazione nazionale delle varie situazioni autonome. Dopo Bologna laria diviene sempre pi calda, c una gran
6 . Sede storica della rivista Rosso nella sua seconda versione, che nasce nel 1975 e dura ininterrottamente fino al 1979, quando viene arrestata praticamente tutta la redazione. Sede del CPO (Collettivi Politici Operai) e dei CPS (Collettivi Politici Studenteschi), pu essere considerata una delle sedi pi stabili dellarea dellautonomia nel corso degli anni settanta. A periodi alterni e in rapporto al diffondersi dei collettivi autonomi, diventa anche struttura aperta di Coordinamento di situazioni di lotta (fabbrica, scuola, quartiere). Sostanzialmente da questa sede sono passate gran parte delle strutture dellautonomia milanese in un complesso mosaico di dibattito-scontro-rottura che ha permesso ai magistrati e ai pentiti le pi diverse interpretazioni. Quello che certo che non mai esistita una struttura centralizzata dellautonomia milanese e che, pur essendo Rosso dotato di una propria progettualit politica spesso in duro contrasto con le altre tendenze, teneva la sede aperta tentando di porla al servizio del movimento.

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fretta, il discorso sulle forme di organizzazione e di pratica politica diventa quotidiano e spasmodico. Per qualche mese il Collettivo continua a frequentare via Disciplini, dove il coordinamento sempre pi sottoposto da varie parti a spinte e urgenze di organizzazione. Nel telegrafo senza fili del movimento i coordinamenti e le situazioni collettive sono pieni di sussurri e grida, le idee di formazioni come le BR o Prima Linea sembrano avere dei portatori qua e l, ma il quadro molto confuso, solo voci e discorsi per sentito dire, mai proposte dirette. Il CAB si sente per estraneo a queste forme di organizzazione, dalla simpatia per le prime attivit non cruente delle BR, dagli slogan provocatori a loro favore, passato alla distanza politica nei loro confronti dopo le quintalatedi sparamenti. I giovani autonomi della Barona si rendono conto al coordinamento che ancora una volta il discorso quello di accaparrarsi gente per la propria organizzazione, di reclutare. Inoltre, una buona met della gente che frequentava via Disciplini era diversa da loro, stava bene, sapeva parlare con sicurezza, aveva il culto del personaggio senza incertezze, andiamo, facciamo. Non cerano grandi rapporti sul piano personale: si sentono spinti a intervenire ai sabati dellAlfa Romeo contro il lavoro straordinario, ma provano disagio, sono troppo distanti dal problema, la gente non li segue. Nella crisi di Rosso vengono sollecitati a prendere posizione sia da parte del gruppo che continua a fare capo al giornale, sia dallo spezzone transfugo di Barbone, ma non seguono nessuno e si allontanano definitivamente da via Disciplini. Nel corso del 1977 hanno pubblicato un paio di numeri del Bollettino del Collettivo Autonomo Barona che ha sostituito Revolucion, e hanno collaborato alla redazione di Black Out, un giornale di collegamento delle lotte autonome ritenuto pi utile di Rosso, con un linguaggio pi chiaro e inserti sui quartieri che ne rendevano pi facile la diffusione in Barona. Ma forse troppo tardi per uniniziativa di questo tipo: il momento in cui cominciano a moltiplicarsi le testate autogestite dellala creativa, lontane dalla vecchia terminologia, come Apache, Sesto senso, La pera matura, Wow, Viola, Crach, ecc. Nel 1978, il CAB viene sfrattato dalla sede in via Modica, e usa come punto di riferimento il centro di S.Ambrogio,
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frequentando anche la Fornace, il collegamento zona Sud Ovest e laffollato coordinamento proletario della zona Sud in via Momigliano. A questo punto della loro storia i membri del Collettivo cominciano a cercare una strada politica che, da una parte, li faccia uscire dal ristretto ambito della zona, anche per rispondere alla generale spinta a una organizzazione pi allargata, e dallaltra li differenzi dalle altre proposte che circolano nel movimento. In risposta allipotesi avanzata da Rosso di fondare un partito dellautonomia, fanno uscire Eppur si muove... un foglio per lorganizzazione proletaria nella metropoli, come primo tentativo di analizzare le esperienze comuni dei collettivi territoriali milanesi e di dare delle indicazioni teoriche e pratiche per la realizzazione di un progetto collettivo, passando dallautonomia diffusa allorganizzazione proletaria nella metropoli. Dopo avere descritto la grande diffusione dei comportamenti antagonisti e la risposta capillare e preventiva delle forze repressive statali e private, capiscono come a questa estensione sociale di sovversione corrisponda sostanzialmente lincapacit delle varie forze dellautonomia cosiddetta organizzata di essere momenti di organizzazione e direzione. Finch le proposte di militanza rivoluzionaria saranno ricche di ideologia e moralismo, lautonomia diffusa ne rimarr sempre pi estranea: lasciamo agli intellettuali e militanti, che negano la radicalit dei loro stessi bisogni, menarsela su forme partitiche pi o meno intergalattiche, salvo poi annegare queste menate frustranti nel pessimo e costoso vino delle varie operette.7 Lunico terreno di organizzazione praticabile rimane quello del territorio: il fondare il nostro progetto di organizzazione solo e unicamente assumendo il territorio co-

7 . La definizione di operette prende il nome dal locale L Operetta di corso di Porta Ticinese, aperto intorno al 1977 da un furbo commerciante che aveva capito e interpretato i primi segnali di riflusso e disgregazione. Il modello stato poi fatto proprio da molti altri, soprattutto provenienti dalle formazioni di sinistra e molto spesso dalla fabbrica. In questo ultimo caso i capitali iniziali ven-

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me momento centrale di ricomposizione proletaria, il frutto di anni di lotte e di esperienze territoriali lungamente praticate qui a Milano spesso ritenendole terreno secondario o comunque complementare allorganizzazione di fabbrica. Movimenti di massa autonomi dal capitale si sono sviluppati nelle scuole, nei servizi, nei quartieri ghetto, nelle piccole fabbriche e nelle prigioni, il movimento giovanile ed il movimento delle donne, fino al movimento del 77 hanno posto fine alla parola centralit operaia... La via dellorganizzazione si fa ora pi complessa e tortuosa e non pu che essere il risultato di una lotta sul territorio, collettiva e di massa, per e dentro la ricomposizione di classe. Per essere dentro a questo processo necessario attaccare le attuali sedimentazioni organizzative. Lesigenza di classe non quella di trovare alleati, ma di ricomporsi sul territorio battendo ogni tentativo corporativo e riformista. Questa la prospettiva: officina per officina, casa per casa, unit per unit produttiva. Non si crede pi nella possibilit di agire autonomamente in ogni singola zona e di ritrovare poi momenti specifici di coordinamento su iniziative delimitate e mai stabili: questo ha impoverito il dibattito e impedito la circolazione dei contenuti delle forme di lotta, creando di fatto una mentalit da banda, che ha provocato seri e infantili settarismi, quando non addirittura rivalit fra i singoli collettivi. Ora necessario ricercare tutti i settori del Proletariato metropolitano, comportamenti antagonisti espressi da una parte, spezzoni di organizzazione autonoma gi dati dallaltra e dallinsieme di queste due cose porre le basi dellorganizzazione proletaria stessa. Con lanticipazione repressiva del capitale e con il decentramento produttivo non si pu pi intendere il contropotere cogono realizzati principalmente attraverso super liquidazioni ottenute spesso per il ruolo di avanguardia di lotta che i futuri gestori delle osterie svolgevano nel luogo di lavoro. Il fenomeno si diffuso parallelamente alla crisi dei modelli politici e alla conseguente chiusura di molte sedi. Il bar serale diventa quindi un punto di riferimento e di aggregazione.

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me una trincea da scavare sul posto di lavoro e la trattativa come modo per imporre i bisogni operai: il contropotere diventa immediatamente lo scontro con il capitale, uno scontro quotidiano e continuato che vede nel territorio lunico campo di battaglia, senza pi linee di demarcazione e mediazione tra capitale e proletariato... Costruire le ronde proletarie che vadano a visitare lorganizzazione del lavoro e la composizione di classe territoriale, far nascere commissioni e gruppi di intervento che vanno a scovare i covi del lavoro nero, gli spacciatori deroina che seminano morte: formare commissioni di controinformazione per avere la conoscenza totale della militarizzazione a cui siamo sottoposti; ronde contro il carovita che impongono il controllo dei prezzi e la qualit della merce venduta dai bottegai vari; gruppi di studio che analizzano la nocivit della vita metropolitana: scarichi industriali, lavorazioni pericolose, avvelenamento degli inceneritori, dellimmondizia e delle fabbriche della morte (vedi Seveso), rumorosit e igiene del territorio dove i proletari vivono. Questi non sono che i primi momenti di organizzazione e conoscenza che vogliamo costruire. La nostra pratica di intervento deve da subito essere estesa omogenea e contemporanea su tutta la metropoli. Un altro punto accennato la difesa dei proletari detenuti comuni accanto a quella dei politici. Netto il rifiuto della pratica esemplare armata: Niente a che vedere con azioni pi o meno esemplari e con relative pretese di insorgenza proletaria attorno a questi attacchi. Intendere il contropotere attacco indiscriminato e propagandistico agli apparati dello stato diffuso e ai centri di comando della fabbrica diffusa, significa impossibilit di tracciare un terreno di ricomposizione e rimanerne fuori... Eliminando lo spacciatore di eroina non si elimina la rete organizzativa di spaccio, la stessa cosa vale per ogni settore delloffensiva proletaria nelle metropoli, che intendiamo organizzare. Questo tentativo di elaborare un progetto politico partendo dalla propria esperienza territoriale arriva in una situazione metropolitana dove si sta chiudendo la forbice repressione- lotta armata e sta maturando la crisi del dopo
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Bologna, dopo limpatto esplosivo del movimento del 77. Il piano repressivo elaborato dal governo di Unit Nazionale, laccettazione organizzativa delle formazioni armate, limpossibilit per lautonomia organizzata di attestarsi come bastione ai confini dellillegalit producono per conseguenza limpossibilit per i collettivi di proseguire nella pratica di autodeterminazione, esponendoli per primi allondata repressiva. Il CAB continua il confronto e la collaborazione con altri collettivi, come quelli del Gallaratese e di viale Ungheria. Inizia un rapporto con il Collettivo Politico Ticinese, con il quale organizza delle ronde contro leroina in piazza Vetra. Le iniziative si incrociano, come dimostrano i numerosi volantini del periodo firmati di volta in volta da diversi raggruppamenti di organismi autonomi, ma senza omogeneit e senza pi controllo sulla situazione. I membri del CAB, in questo tentativo di allargare lintervento politico al di l della propria zona, rallentano i contatti con il quartiere e si perdono un p di vista anche fra loro, muovendosi a volte in situazioni diverse. In modo unitario mandano avanti il discorso politico sul carcere. Nel 1978, in occasione della morte in prigione di Mauro Larghi, producono un eliografato sulla sua morte, costato dei sacrifici in termini di denaro, San Vittore come Stamheim, anche per reagire allindifferenza di Rosso e di altri gruppi. Nello stesso anno si ritrovano per una manifestazione con striscioni OPAM, insieme al collettivo gli Unghari e al Collettivo Proletario S.Ambrogio contro il carcere e la militarizzazione del territorio; emettono un volantone, Dovere di tutti essere liberi. Allinizio del 1979 sono tra i fondatori del Comitato Metropolitano Contro il Carcere alle Colonne di San Lorenzo. Il 16 febbraio del 1979 un orefice della Bovisa viene ucciso da due giovani a volto scoperto. Si tratta di Pier Luigi Torregiani, gi entrato nella cronaca per avere ucciso in un locale pubblico un rapinatore. I due giovani salgono a bordo di una Opel Ascona, al volante della quale c un terzo giovane, e dopo poche centinaia di metri si trasferiscono su una Renault 4 rossa, che risulter poi appartenere alla madre di Sante Fatone, un membro del CAB. Fra il 17 e il 18
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febbraio scatta unoperazione della Digos, coadiuvata dalla Squadra Mobile di Milano, che porta allarresto di cinque membri del Collettivo Autonomo Barona, mentre altri due, Sante Fatone e Sebastiano Masala, si rendono irreperibili. I giornali, inaugurando la tecnica del processo a mezzo stampa danno grande rilievo agli arresti e sbattono i mostri in prima pagina: i titoli sono del tenore sgominata la cellula degli autonomi che ha assassinato Torregiani; si parla dei killers dellautonomia, della banda politico-criminale della Barona. Riferendosi ai membri sardi del CAB, Sissinnio Bitti e i fratelli Masala, il Corriere della Sera titola il 21 febbraio: Come un pastore sardo pu diventare un killer degli autonomi. Mentre la stampa prosegue il suo linciaggio, il Presidente della Repubblica si congratula con il ministro Rognoni per la brillante operazione. Ma il 24 febbraio tre dei membri del Collettivo arrestati, Umberto Lucarelli (18 anni), Fabio Zoppi (19 anni) e Roberto Villa detto Bob (18 anni), vengono scarcerati per assoluta mancanza di indizi. Gli altri due arrestati, Sisinnio Bitti (31 anni) e Marco Masala (18 anni), indicati come gli esecutori materiali del delitto, hanno un alibi di ferro, confermato da molte persone: allora del delitto erano presenti sul posto di lavoro e in seguito verranno completamente scagionati dallaccusa. Lo scagionamento e lestraneit allomicidio Torregiani rendono pi allucinante e significativo il trattamento subito dai giovani durante loperazione: inaugurando una tecnica che avr in seguito altre applicazioni, gli autonomi della Barona vengono torturati selvaggiamente da agenti e funzionari della Digos per costringerli a confessare il delitto. Pestaggi a pugni e schiaffoni, cerini accesi sotto i piedi e i testicoli, bastonate sul torace attraverso una coperta per non lasciare segni, ingerimento forzato di acqua mediante un tubo di gomma, botte sulle tempie con le nocche delle mani e cosi via; due degli arrestati devono essere ricoverati in ospedale. Il Collettivo Autonomo Barona, ben conosciuto organismo autonomo, continuamente corteggiato dai partitini della citt, senza nessuna copertura politica e perfettamente noto alla polizia per la sua frenetica attivit, si dimostra alloccasione il modello ideale per la
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criminalizzazione e la distruzione di una pratica politica incontrollabile e irriducibile. Il Collettivo viene scelto per le sue caratteristiche, come esempio per inquinare unarea gi fortemente sospetta agli occhi dellopinione pubblica e per inaugurare un nuovo corso, pi selvaggio e indiscriminato, della repressione, che porter a una lettura esclusivamente criminale di un lungo e complesso percorso politico. Limpatto devastante con le torture e la prigione, la ferocia dellesperienza subta insieme alla consapevolezza di essere innocenti, in un primo tempo rinsaldano i rapporti fra i compagni del Collettivo e li rafforzano nella convinzione di avere ragione, di avere le idee giuste. Nonostante che il caso Torregiani abbia distorto completamente, soprattutto attraverso la diffamazione della stampa, la loro immagine e la loro attivit politica, i membri del CAB continuano ad essere attivi, soprattutto sul problema del carcere. Intervengono alla Palazzina Liberty, partecipano al corteo per i ragazzi di via De Amicis, formano comitati di liberazione, emettono dei volantini contro la repressione, fanno dei piccoli cortei di quartiere con una cinquantina di persone e ronde nei negozi a spiegare la situazione dei compagni incarcerati e a raccogliere sottoscrizioni. Ma la repressione diventa sempre pi incalzante, lattivit dei vari collettivi si riduce sempre pi allautodifesa, sempre con meno cose da dire o sempre le stesse. La costituzione di comitati di liberazione non riesce a tenere dietro agli arresti, loperazione del 7 aprile d la misura della portata e della qualit del disegno di criminalizzazione nazionale di tutta unarea di movimento e focalizza su di s gran parte dellimpegno antirepressivo. Tutto questo contribuisce a rimpicciolire il caso degli autonomi della Barona; in questo clima la magistratura archivia con motivazioni grottesche linchiesta avviata dopo le denunce contro la tortura.8 Lestremo tentativo di coordinamento fra i collettivi sul problema della repressione finisce per sciogliersi anche perch ognuno lavora su questo punto per conto proprio.
. Vedi Laura Grimaldi, Processo allistruttoria, Milano Libri Edizioni, Milano 1981.
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Per il Collettivo della Barona il problema pi grave la progressiva perdita di rapporto con il quartiere, lattivit sul territorio che da sempre aveva funzionato come elemento di coesione e di forza. Il quartiere allinizio reagisce bene al coinvolgimento nel caso Torregiani, dimostrando, dopo il disorientamento provocato dalla campagna diffamatoria, piena solidariet con gli autonomi scarcerati e gli altri del collettivo. La gente si congratula e si indigna per la vicenda, offre sottoscrizioni, si ferma comunque a parlare con i mostri o con gli eroi. Ma il seguito giudiziario e altri avvenimenti sbricioleranno a poco a poco questo rapporto. Sui compagni latitanti, nonostante la pochezza degli indizi, gioco facile della magistratura imbastire una serie di nuove accuse. I nuovi arresti di presunti membri del CAB in relazione allomicidio Torregani, come Grimaldi o Memeo, creano confusione e sono difficilmente giustificabili. Anche se si tratta di persone mai state membri del CAB, vengono indicati come tali dalla magistratura: questo non viene smentito n dal collettivo, per un senso di solidariet con i nuovi arrestati, n da questi ultimi, per avere una legittimazione della loro azione politica. un meccanismo che incrina di nuovo la loro immagine, giustificato per dalla vissuta esperienza carceraria. lo stesso meccanismo che agisce nellemanazione di un nuovo numero di Eppur si muove... nel dicembre del 1979. Nel nuovo numero si difendono tutti i detenuti politici, si vuole affermare la legittimit di tutti i comportamenti antagonisti allo Stato; Nessun comunista innocente per lo stato! Nessun comunista colpevole per il Proletariato! un tentativo di mantenere un atteggiamento unitario e omogeneo, di fronte alle paure e ai sospetti di una situazione di caccia al comunista, dove i compagni si smarrivano per strada e tutti i progetti politici si riducevano alla sopravvivenza e allintervento sul carcere. Ma il bisogno di non fare i giudici, di difendere tutti quelli che comunque pagavano il loro modo di essere contrari allo Stato, anche il risultato dellesperienza della prigione, della solidariet intensa nata dentro questa istituzione totale, che aveva fatto dimenticare le collocazioni, le appartenenze. Si tratta comunque di un errore: difendendo le persone si difendono anche i loro pro99

grammi, ma il Collettivo, che ora si firma Organismi Proletari della Barona per staccarsi dalle etichette di killers dovute alla campagna diffamatoria, se ne rende conto solo dopo luscita del giornale. Il grosso dei superstiti del Collettivo si unisce a una parte dei giovani del centro di San Ambrogio e continua una limitata attivit sotto il nome di CASBA (Comitato Autonomo S.Ambrogio Barona). Un brutto colpo per gli autonomi della Barona larresto di Sebastiano Masala, uno dei latitanti del collettivo, preso con delle armi che appartenevano a Prima Linea. la crisi quasi definitiva dei rapporti con gli abitanti del quartiere: la gente non crede che il passaggio sia avvenuto dopo, che questo possa essere uno sbocco naturale della latitanza nel particolare clima del momento. Per la gente del quartiere i nuovi arresti di cosiddetti partecipanti al Collettivo, il passaggio alla lotta armata di Sebastiano, la latitanza di Sante Fatone, che viene considerata prova della sua non innocenza, sono tutti elementi che dimostrano o una pratica clandestina armata affiancata a quella fatta alla luce del sole o perlomeno la strumentalizzazione di una banda di sprovveduti presi in un gioco pi grande di loro. A questo si affianca lattivit dei reclutatori dei gruppi armati che cercano di trarre vantaggio dalla situazione e inquinano i tentativi di fare chiarezza dei superstiti del Collettivo. Poco tempo dopo il rilascio degli arrestati viene ucciso il poliziotto del quartiere, Campagna, proprio sotto la ex sede del CAB. Lazione, recentemente rivendicata dai PAC (Proletari Armati per il Comunismo), fu seguita allora da un volantino che lo accusava di essere un torturatore. Linfluenza politica negativa di questo fatto agisce a dispetto dei tentativi di prendere le distanze e denunciare lassurdit del gesto. Cominciano ad apparire scritte delle Brigate Rosse sotto le abitazioni dei membri del Collettivo e volantini di reclutamento delle BR nelle caselle dove questi erano soliti porre i loro fogli. Compaiono volantini rivendicanti lomicidio di Torregiani nelle scuole o nelle assemblee in cui gli scarcerati del Collettivo vanno a fare dibattiti sul loro caso o sulle torture subte. Contro questo pedinamento continuo di fantasmi non
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sanno cosa fare, se non infuriarsi a vuoto e stare male. Allinizio del 1980 la colonna Walter Alasia delle BR uccide tre poliziotti del commissariato Tabacchi della Barona, con una rivendicazione fatta in zona. I giornali escono con pezzi che danno per mandanti gli autonomi della Barona. I resti del Collettivo decidono di intervenire al comizio organizzato dalle forze politiche della citt per commemorare gli agenti uccisi, presentandosi con un volantino intitolato Per fare chiarezza... dove fra laltro si dice: In relazione alluccisione dei tre poliziotti di via Tabacchi avvenuta ancora una volta nel nostro quartiere, gli organismi proletari della Barona prendono posizione sullaccaduto: ci sono totalmente estranee queste assurde azioni le quali non praticano nessun tipo dintervento politico reale specialmente in un quartiere proletario come il nostro. Facciamo presente che da quando abbiamo iniziato il nostro intervento politico di zona sul lavoro nero, precario, sottopagato, contro lespandersi delleroina, gli sfratti e per lapertura dellospedale S.Paolo, non si mai sentito parlare di poliziotti assassinati (vedi A.Campagna, Santoro, Tatulli e Cestari), n di bancari (vedi A. DAnnunzio ucciso per sbaglio dalla P.S.), in quanto la nostra pratica politica di massa toglieva e toglie spazio tuttora ad azioni esemplari di questo tipo, fino alla campagna infamante del caso Torregiani. Il volantino si conclude affermando: Siamo stufi di essere chiamati in causa tra false righe da tutta la stampa ogni qualvolta succeda un qualsiasi fatto di cronaca in Barona o in zone limitrofe e diffidiamo qualsiasi strumentalizzazione ai danni dei nostri compagni. La Digos ferma e sequestra i volantini perch manca lindirizzo di dove sono stampati; tutti vengono schedati e processati per direttissima. Un mese dopo, alla Barona si tenta di fare un grosso corteo degli organismi proletari contro la repressione. Dopo aver concesso lautorizzazione, la polizia manda a prendere a casa due membri del vecchio CAB, fra gli scarcerati del caso Torregiani: il vice-questore minaccia di arrestarli se la manifestazione avr luogo. Non serve affermare di non rappresentare le altre cinquanta persone che vogliono fare il corteo. I due sono costretti a ritornare al centro di
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SantAmbrogio, gi circondato dalle forze di polizia, per convincere gli altri a rinunciare alla manifestazione. LANSA aveva gi dato la notizia della richiesta dellautorizzazione e il Giorno aveva scritto che gli autonomi della Barona avrebbero fatto il corteo contro il divieto della questura. Cos allinterno del centro, nel quartiere spaventato e assediato dalle forze di polizia, si tiene semplicemente una conferenza stampa per i giornalisti accorsi per documentare lo scontro; nei giornali del giorno dopo non verr pubblicato nulla. uno degli ultimi atti politici organizzati dal Collettivo, seguito solo da sporadiche raccolte di fondi e dal Comitato per la liberazione di Marco Masala, o da alcuni volantini come quello sulla chiusura dellistruttoria Torregiani. Tagliato il cordone ombelicale con il quartiere, confuso con la pratica dei gruppi armati, assottigliato dai sospetti e dalle paure, sempre nel mirino della Digos o della questura, il collettivo costretto a rinunciare alla straordinaria voglia di lottare che lo ha sempre accompagnato. Fenomeni analoghi hanno devastato tutto il tessuto connettivo degli organismi spontanei della metropoli. Nessuna iniziativa unitaria pi possibile, neanche a scopo difensivo, perch i superstiti di ogni gruppo sono costretti a frantumarsi nella difesa dei propri prigionieri, ognuno nel proprio quartiere, chiusi per mantenere un briciolo della loro identit e per non inquinarsi di fronte al pentitismo dilagante, a partire da quello di Barbone verso la fine del 1980. Il pentitismo viene usato per leggere nel senso voluto dalla magistratura i diversi percorsi politici, serve per colpire soprattutto chi non ha delazioni e conferme da scambiare con il potere per attenuare le proprie imputazioni giudiziarie, giungendo cos a uniniqua distribuzione delle pene, che vede pluriomicidi in libert e persone condannate in modo sproporzionato anche per reati modesti. Il pentitismo si presta utilmente anche alla persecuzione giudiziaria degli autonomi della Barona. Per Sisinnio, Marco, Fabio e Umberto gli ultimi anni sono stati un continuo entrare e uscire dal carcere. Sisinnio Bitti, prosciolto dallomicidio Torregiani, stato condannato a tre anni e mezzo per partecipazione a
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banda armata, perch il pentito Pasini Gatti lo avrebbe visto discutere con altre persone nello scantinato di via Palmieri, considerato dai magistrati un covo della lotta armata. In realt, il luogo un punto aperto di ritrovo del Collettivo di via Momigliano, messo a disposizione dal PDUP. Il 14 maggio 1983 viene imputato di concorso morale per duplice omicidio (Torregiani e Sabbadin, un macellaio veneto ucciso contemporaneamente allorefice), perch un altro pentito, Pietro Mutti, lo avrebbe sentito dire che era daccordo con le due uccisioni. Attualmente detenuto. Marco Masala, scagionato per il caso Torregiani, attualmente in carcere, condannato a nove anni per un attentato contro una caserma di carabinieri, sempre su indicazioni di pentiti. Fabio Zoppi, accusato di esproprio proletario di un negozio di Hi-Fi dai pentiti Pasini Gatti, Andrea Gemelli e Anna Andreasi, attualmente agli arresti domiciliari. Poich si ostinato a dichiararsi sempre innocente del fatto, il magistrato lo ha definito irriducibile e socialmente pericoloso. Ha trascorso due anni e due mesi in carcere. Umberto Lucarelli attualmente in libert provvisoria; insieme con Fabio Zoppi deve rispondere di un esproprio e del bruciamento di tre covi del lavoro nero. Alla fine del 1980, di fatto, il Collettivo non esiste pi a parte sporadiche iniziative di qualcuno dei superstiti. Chi rimasto fuori dalle disavventure giudiziarie se n andato o si spoliticizzato; anche il legame di amicizia per molti non funziona pi. Lapatia e limpotenza hanno portato alcuni della vecchia commissione sulleroina a provare su di s questa sostanza, che ormai ha invaso la zona soprattutto dopo la costruzione del ponte di collegamento con il Giambellino, il centro di spaccio della droga di Milano. La Barona, dopo aver conosciuto anni di militarizzazione a partire dal 1979, sembra oggi ritornata al normale letargo di un ghetto-dormitorio. Non ci sono pi collettivi: rimasto il centro sociale di S.Ambrogio, dove alla sera si gioca a Risiko, e ogni tanto si suona. Non ci sono neppure pi volantini come questo, del gennaio 80: la grande stagione della caccia al terrorista si aperta. I cittadini sono invitati a partecipare e alla fine
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del gioco saranno sorteggiati ricchi premi per tutti. Ma noi non ci stiamo. La nostra sola pratica di lotta una condanna al terrorismo. Non ci nascondiamo dietro al mirino di una pistola, n conduciamo vite parallele, di giorno bravi ragazzi di notte brigatisti spietati, n siamo disposti a chiuderci in casa e far parlare per noi i vari boss dei partiti costituzionali di zona. Siamo decisi, e sempre lo abbiamo fatto, ad intervenire politicamente in prima persona e alla luce del sole nel nostro quartiere. ANNI 70: STATO DEMERGENZA E TERRORISMO di Nanni Balestrini e Primo Moroni Alcuni estratti da LOrda doro, ed. SugarCo, 1988; ed. Feltrinelli, 1997 La strategia della tensione era stata sconfitta da tre grandi componenti sociali e politiche: la conflittualit dellautonomia di classe, la pratica militante, il radicalismo democratico. La posizione estrema e sintetica delle formazioni armate aveva storicamente prodotto la forma-violenza organizzata in partito, ma questa componente era rimasta fino a tutto il 1976 sostanzialmente minoritaria (Bonisoli, uno dei protagonisti della fondazione delle BR, dir che a quellepoca i militanti non arrivavano a cento in tutta Italia) e proprio nellemergere del movimento 77 si era trovata in gravi difficolt progettuali: anche se il riferimento immaginario e politico alla tendenza armata si poteva leggere in modo diffuso, non era tale per da autorizzare ununit di intenti tra progettualit armata e pratica della violenza diffusa. Crisi dei modelli organizzativi, radicalit del bisogno di comunismo, ristrutturazione profonda e autoritaria del ciclo produttivo, ricomposizione della forma stato sono gli elementi dello scontro. Confrontata con il periodo 69-73, la novit pi rilevante del 77 data dal duro irrigidimento istituzionale, condiviso ora dalla quasi totalit delle forze politiche rappresen104

tate in Parlamento. Il progetto di ordine pubblico, che passer alla storia come legislazione di emergenza, ha rappresentato nel 77 la base dellaccordo fra i partiti dellarco costituzionale ed stato la condizione per la cooptazione del Pci nellarea democratica o di governo; per la prima volta nella sua storia il Pci si dichiarato favorevole a un massiccio restringimento delle libert e delle garanzie costituzionali e si impegnato in campagne ideologiche ultima quella del referendum sulla legge Reale dirette ad alimentare consenso popolare nei confronti del processo di restaurazione autoritaria (L. Ferraioli, D. Zolo). Bench, come giustamente nota uno degli storici e dei testimoni pi lucidi delle vicende istituzionali e degli apparati giudiziari italiani, una forte spinta allinasprimento delle sanzioni penali sia gi cominciata nel 74-75, il 1977 lanno chiave (Romano Canosa). Tra laltro viene posta una pesante ipoteca sugli avvocati che esercitano una difesa politica, consentendo di sospendere dallesercizio della professione chi incorre in procedimenti penali a suo carico o chi viene colpito da mandato di cattura (Sergio Bologna). anche il periodo in cui vengono autorizzate e mai legiferate le carceri speciali, autentici lager destinati alla distruzione psicofisica dei detenuti, e viene estesa la possibilit di ricorrere alluso delle armi per impedire le evasioni facendo intendere che se ci saranno altre stragi di Alessandria non dipender dalliniziativa personale e forzata di qualche magistrato, ma sar obbligo di legge. Non a caso lincarico di dirigere questo settore viene affidato al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che di quella strage era stato uno dei protagonisti. In effetti, se la strategia della tensione era stata manovrata da settori dello Stato per comunicare al conflitto di classe il ricatto terroristico di una possibile involuzione reazionaria, la legislazione di emergenza lassunzione a livello istituzionale di una pratica sostanzialmente illegale, involutiva, reazionaria, rivolta a condizionare e reprimere qualsiasi espressione organizzata o spontanea di ribellione sociale. Diverse sono le forme in cui si manifesta la risposta dellavversario di classe ma identiche le finalit.
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Nella percezione comune di migliaia di militanti ma anche di settori democratici lo Stato nel coprire (tollerare od organizzare) le trame della politica delle stragi era stato delegittimato del monopolio esclusivo delluso della violenza, e daltronde questo supposto privilegio democratico tra i pi ambigui e contraddittori. Norberto Bobbio (uno dei padri della Costituzione) nellintervenire su queste problematiche affermava: Che i gruppi rivoluzionari giustifichino la propria violenza considerandola come una risposta, lunica possibile, alla violenza dello Stato, pi che naturale. [...] Del resto, questo stesso argomento usato dallo Stato per giustificare luso della violenza propria, della violenza cosiddetta istituzionalizzata, nei riguardi della violenza rivoluzionaria. dentro questa specularit che, secondo Bobbio, i democratici conseguenti elaborano le Costituzioni e le tavole delle leggi. Il compito di questi apparati disciplinari dovrebbe essere quello di equilibrare il diritto di rappresentanza dei movimenti sociali con le esigenze di gestione e di riproduzione delle democrazie. Quando ci non avviene, quando vengono alterati unilateralmente gli statuti e le regole del gioco, si apre un conflitto dagli esiti imprevedibili. A met degli anni Settanta larretratezza conservatrice del potere democristiano aveva prodotto un blocco del sistema democratico, le cui avvisaglie si avvertivano fin dal 1974 (quindi molto prima della fase del cosiddetto pericolo terrorista) con il varo della legge che raddoppiava i termini di carcerazione preventiva, si consolidava con la reintroduzione dellinterrogatorio di polizia, per completare una prima fase involutiva con la legge Reale (1975): unautentica licenza di uccidere delegata alle forze dellordine (provocher 350 vittime nei primi dieci anni di applicazione). Vista a distanza di anni, la dinamica autoritaria si presenta quasi come un disegno organico: da un lato il terrore delle stragi favorito dagli apparati di sicurezza dello Stato, e dallaltro una progressione di provvedimenti giudiziari sempre pi autoritari, giustificati con la necessit di difendere una non meglio definita democrazia minacciata dalla violenza, a sua volta genericamente evocata.
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Tutto ci in risposta alla profonda modificazione della costituzione materiale del sistema politico italiano. Modificazione che partendo dalla fabbrica e integrandosi nel sociale aveva profondamente alterato i rapporti di forza tra le classi. Si era formato il sindacato, anzi lunit sindacale, voluta dalla base, dalloperaio massa. Il sindacato, unico strumento di mediazione tra il potere della classe operaia e il sistema dei partiti (di tutto il sistema dei partiti), diventava anche la principale cinghia di trasmissione tra la societ civile e lo Stato, indebolendo cos in maniera drammatica e irreversibile il tradizionale potere dei partiti, e in particolare di quelli di sinistra. Nella fabbrica e nella societ i movimenti si sottraevano progressivamente allegemonia del PCI, che per la prima volta dal dopoguerra perdeva legemonia sulle fabbriche. Le forme di lotta, la conflittualit permanente, i movimenti che portavano avanti il conflitto sul salario, sul reddito, sui servizi, sul consumo produttivo della forza lavoro, erano quasi tutti autonomi e indipendenti dal sistema dei partiti. Lunica forza che tentava contraddittoriamente di rappresentarli era il sindacato nelle sue varie articolazioni, dentro le quali prevalenti diverranno rapidamente le istanze di base mette conto di notare che la grande maggioranza degli iscritti al FLM (lorganismo intersindacale dei consigli di fabbrica) era priva di una qualsiasi tessera di partito fino a scontrarsi duramente con i vertici. Una intera societ pare in trasformazione accelerata, mentre si verifica una violenta e perdurante crisi di identit della borghesia, che inizia dalla perdita della sua identit culturale e delle residue eredit democratiche formatesi durante la Resistenza, ma si sostanzia in un suo conflitto-modificazione di poteri interni alla sua composizione (Sergio Bologna). dentro questo scenario che si forma una tendenziale unificazione del quadro politico attorno al progetto di difesa dello Stato democratico. [] Nel pre 77 proprio il PCI che tenta di rivedere in profondit i propri statuti materiali, i propri referenti e sistemi di poteri interni. anche il partito che in una prima fase ottiene i maggiori vantaggi dalla spinta al rinnova107

mento complessivo che proviene dalla societ civile. Le vittorie elettorali del 75-76 (massimi storici del dopoguerra) sono anche il risultato di un grande immaginario collettivo che nel sorpasso elettorale della Democrazia Cristiana condensa una parte dei bisogni espressi dal quinquennio precedente. Ma tutto si rivela una tragica illusione. Il PCI, per strategia storica, per cultura politica, non in condizione di recepire un bisogno di cambiamento cos radicale, ma al contrario persegue con ostinazione lobiettivo di entrare nellarea di governo. Cos si spiega labbandono della discriminante contro la NATO (storica battaglia fin dagli anni Cinquanta) e la scelta di lottare per ricostruire la produttivit capitalistica duramente intaccata dalle lotte sociali e di fabbrica. Obiettivo indispensabile di questa strategia di avvicinamento al potere la necessit di ricondurre il sindacato dentro legemonia del partito e della sua strategia. Il sindacato era, come abbiamo visto, lunica forza di mediazione del conflitto. Privo dei sindacati, il sistema politico italiano non reggerebbe alle spinte di classe, alle spinte sul reddito, ai nuovi bisogni (Sergio Bologna). Qualsiasi ricomposizione dallalto del potere non poteva avvenire senza la collaborazione del sindacato. Su questa progettualit si innesca la politica dei sacrifici mobilitando tutte le teste fini a disposizione. Trentin scrive un lungo testo di riflessione (Da sfruttati a produttori) per spiegare la necessit del patto tra produttori per ricostruire, vedi il caso, il percorso di egemonia democratica del movimento operaio. Berlinguer, nel famoso discorso agli intellettuali, spiegher che il governo di sinistra non tanto unipotesi impossibile, quanto indesiderabile finch il terreno della produttivit non unarma del padronato ma unarma del movimento operaio per mandare avanti la politica di trasformazione. Lama, dal canto suo, in una famosa intervista a La Repubblica, ribadir in forma organica gli stessi concetti, appoggiato dallautorit delleconomista Sylos Labini che in maniera pi incisiva dichiara che la sinistra deve deliberatamente e senza cattiva coscienza aiutare la ricostituzione di margini di profitto, oggi estremamente depressi, anche proponendo
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misure onerose per i lavoratori. Questo pu essere un passo nella direzione dellegemonia gramsciana [sic]. Questa ultima sintesi teorica verr fatta propria dal PCI durante la sua partecipazione al governo. Ma una scelta strategica di questa natura non pu svilupparsi senza conseguenze drammatiche sul conflitto sociale. Essa significa lesatto capovolgimento del conflitto capitalelavoro sviluppatosi durante la fase rivoluzionaria precedente. Significa annullare tutte le conquiste dellautunno caldo e legemonia conquistata con il partito di Mirafiori. Si possono usare tutti gli artifici linguistici (i licenziati, ad esempio, diventano esuberanti), ma nella realt sia gli operai che i movimenti che agiscono nella societ non intendono rinunciare alle conquiste gi fatte, vogliono anzi andare oltre. La legislazione demergenza nasce proprio come deterrente, come prevenzione del possibile scontro che si innescherebbe con la modifica delle regole del gioco. Il governo di solidariet nazionale come espressione del taumaturgico e interclassista stato democratico tende ad assorbire in s nel Parlamento qualsiasi forma di conflitto, mentre quelli incompatibili diventano materia penale e giudiziaria. La forma-stato sotto la figura del sistema dei partiti, che da sempre una forma latente della storia italiana, riemerge allora con forza e progettualit. [] Mentre nel 77 il Parlamento vara un pacchetto di leggi eccezionali, le conseguenze delle pratiche insurrezionali del movimento e il disperato arroccarsi nelle fabbriche delle avanguardie operaie sconvolgono lintero panorama dei movimenti rivoluzionari. Mentre lautonomia e la ricchezza del movimento del 77 si confrontano con il deserto della scomposizione soggettiva e il dilemma avanti come, avanti dove? assume significati esistenziali, le avanguardie di fabbrica vivono drammaticamente il tradimento dei vertici. Luso politico della cassa integrazione, il decentramento degli impianti, i continui licenziamenti motivati da discriminanti politiche puntualmente legittimate dallo straripante potere della magistratura, sembrano e in effetti sono ostacoli insormontabili alla ripresa delliniziativa.
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forse il periodo pi oscuro dal dopoguerra. Se langoscia dei primi anni Sessanta era stata una delle molle della rivolta, la paura operaia produce disperate omologazioni. La battaglia contro il terrorismo viene usata come cavallo di Troia per far passare un progetto molto pi vasto e molto pi complesso. Innanzitutto, da un lato, leliminazione dal panorama politico italiano di una serie di forze di opposizione rivoluzionarie; dallaltro capo leliminazione del corpo centrale delle avanguardie di fabbrica che avevano reso ingestibile il comando padronale sulla fabbrica stessa. Per far ci si mette in moto non soltanto un meccanismo processuale e legislativo che fa a pezzi lo stato di diritto, ma anche un formidabile apparato dei media, una cultura, un modo di leggere e falsificare la storia degli anni Settanta con lobiettivo di privare della memoria qualsiasi soggetto antagonista. Nei giovani militanti si produce una sindrome terribile rispetto allinutilit di qualsiasi forma di autorganizzazione di base. Le scelte paiono essere solo di tipo estremo e radicale: una spirale dove da una parte c il diffondersi di massa delleroina (10.000 drogati nel 76, 60-70.000 nel 78) come espressione di una radicale negazione dellesistente; dallaltra, come in un diffuso bisogno di scelte di rigore e ordine morale, lafflusso in massa dentro le formazioni armate. Lorganizzazione armata che storicamente godeva del massimo prestigio era quella delle Brigate Rosse. Con una solida origine dentro la classe e un organico impianto teorico sempre pi mutuato dalle esperienze della Terza Internazionale (dopo un lungo inizio decisamente pi operaista e guerrigliero), le BR parevano unorganizzazione impenetrabile e imprendibile, dotata di una micidiale capacit operativa. Il rapimento e luccisione dellon. Moro, che si preparava a inserire direttamente il Pci nei livelli dello Stato, facevano delle BR gli interpreti di un desiderio di risposta diffuso in modo contraddittorio nei resti dei movimenti. Larghi settori di avanguardie di fabbrica vedevano con ammiccante simpatia i valori simbolici della vicenda Moro, e in molte aree movimentiste aveva destato grande impressione lefficienza militare esibita nel corso del rapimento dello statista democristiano.
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Nei primi mesi del 78 e dopo la tragica conclusione della vicenda di Aldo Moro, si assistette ad un continuo moltiplicarsi dei gruppi e delle pratiche armate. Affluiscono dentro le formazioni maggiori centinaia di militanti dellautonomia diffusa e intere sezioni di avanguardie di fabbrica esemplare a questo riguardo la vicenda della Brigata Walter Alasia di Milano, per la gran parte costituita da giovani operai. Mentre il sistema dei partiti, apparentemente destabilizzato dalle sue stesse scelte politiche, delega i poteri di controllo e repressione alle forze dellordine e alla magistratura, che acquisisce poteri insindacabili e assoluti, scrivendo una delle pagine pi nere nella storia degli stati di diritto moderni. Le Brigate Rosse nel rapire e uccidere lon. Aldo Moro realizzavano simbolicamente un passaggio della strategia di attacco al cuore dello Stato elaborata a partire dal 1975-76 come conseguenza del giudizio dato sulla ipotesi del compromesso storico. Nella Risoluzione della direzione strategica dellaprile 1975 le BR avevano definitivamente abbandonato il modello dellautointervista per porsi con un documento ufficiale che aspirava a essere una sorta di programma generale come nelle tradizioni dei partiti storici della Terza Internazionale. Gi questa scelta, apparentemente formale, era indicativa di un porsi dellorganizzazione armata come elemento egemonico della complessit del processo rivoluzionario in atto. Non pi quindi un organismo armato clandestino come polo di riferimento delle esperienze pi radicali dello scontro di classe, ma vera e propria organizzazione che, ponendo la lotta armata come unica linea strategica dello scontro di classe, come la forma della rivoluzione, tendeva a riqualificare al proprio interno tutte le esperienze prodotte dalla complessit del movimento reale. Una scelta strategica di questa natura non poteva che operare una drastica riduzione della stessa complessit e ricchezza dei percorsi organizzativi e, dentro questa riduzione, provocare una progressiva contrapposizione con altre esperienze di lotta non solo nei resti dei gruppi extraparlamentari ma anche nellarea dellautonomia organizzata e diffusa. Queste divisioni si manterranno negli anni successivi provocando continue dinamiche di comprensione-rifiuto della pratica delle BR, ma
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sostanzialmente mai una loro completa delegittimazione fino alla divaricazione complessa e contraddittoria che si verificher durante il caso Moro. Nel rapire lo statista democristiano le BR intendevano sicuramente attaccare il progetto del compromesso storico, ma in realt lobiettivo pi ambizioso era indirizzato a prendere legemonia, ad anticipare linevitabile scontro tra centralit operaia e Stato del capitale che nelle analisi delle BR veniva dato per certo, imminente come storico, naturale risultato dellattacco che il capitale e lo Stato stavano portando allegemonia espressa dalloperaio massa. Anticipare la guerra civile dispiegata attraverso le azioni esemplari e militari con lobiettivo di prendere la direzione del movimento reale nel momento stesso in cui questo per genesi propria si sarebbe incontrato con il progetto BR. Questa progettualit tutta ideologica e indicativa del progressivo separarsi dal movimento reale avrebbe ricevuto una clamorosa smentita nella grande e traumatica sconfitta operaia alla Fiat nel 1980: decine di migliaia di operai sospesi, di fatto espulsi dalla produzione, si disperdevano nel sociale diventando invisibili soggetti impauriti e deprivati della propria identit di massa, mentre i gruppi armati ormai innescati dalla pratica esclusivamente militare non erano pi in grado di rapportarsi alle modifiche profonde intervenute nello scenario dello scontro. Negli ultimi mesi del 78 e nei primi del 79 cede la formula del governo di unit nazionale e parallelamente vengono liquidate anche le ultime barriere di mediazione. Lassassinio del magistrato Alessandrini (ad opera di Prima Linea) acquista a questo punto un significato particolare perch rimette in discussione tutto il funzionamento e la storia della magistratura nella gestione dei processi politici degli ultimi dieci anni. Cadono le distinzioni che ancora settori politici e giudiziari facevano tra terrorismo organizzato e movimenti di contestazione. La magistratura, come corpo separato, ha una reazione dautodifesa che va al di l dei ritmi e dei tempi voluti dagli stessi corpi o nuclei speciali antiguerriglia, agisce contro tutto e tutti, ficcando in galera teorici e politologi, tecnici e giornalisti (Sergio Bologna).
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In effetti la teoria di ununica direzione tra gruppi armati e movimento era stata portata avanti dalla magistratura padovana e dagli articolisti comunisti di Rinascita fin dal 1976-77, ma, come abbiamo visto nel dibattito relativo al movimento 77, era passata solo parzialmente provocando aree di resistenza e di rifiuto non solo tra gli intellettuali ma anche in consistenti settori dei magistrati democratici. Con la vicenda Alessandrini questultima fragile barriera di agibilit si frantuma definitivamente contribuendo a dare fondamento allefficacia falsificatrice e devastante del teorema Calogero. Deprivato violentemente dei propri strumenti di comunicazione (vengono incarcerati e inquisiti centinaia di redattori), schiacciato dallefficacia dei gruppi armati, oramai pressoch privo di alleati o compagni di strada, il movimento si disperde in mille rivoli. la fase dei suicidi militanti seguita da quella ben pi consistente dei suicidi operai (pi di duecento nella sola Torino tra i cassaintegrati). La fase in cui lo Stato ricostruitosi come apparato fa dellemergenza un autentico e micidiale metodo di governo funzionale a ridisegnare in termini autoritari tutta la geografia del conflitto facendo a pezzi qualsiasi forma di rappresentanza che non si pieghi alle nuove esigenze produttive. Leconomia sommersa (leggi lavoro nero) porta alla ribalta una nuova generazione di imprenditori spregiudicati, aggressivi e preparati a confrontarsi con la tradizionale razza padrona industriale, che dopo aver desertificato le fabbriche dalle soggettivit rivoluzionarie espresse dalloperaio massa, pu finalmente inglobare la scienza operaia dentro la ristrutturazione tecnologica e informatica. La cultura dimpresa e lindividualismo proprietario si capovolgono in valori positivi difesi ed esaltati dai media e dagli intellettuali che dentro il pensiero debole del quotidiano e del basso profilo della difesa dei propri privilegi paiono trovare lalibi alla loro fuga. La teoria delle due societ, che poteva sembrare uneccessiva schematizzazione durante il movimento 77, assume allinizio degli anni Ottanta una dimensione di massa: centinaia di migliaia di giovani non garantiti, milioni di sottoccupati sono lasse portante e privo di rappresentanza della nuova ricchezza.
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Nei grandi labirinti metropolitani regna il silenzio della separatezza e dellimpotenza, i volti serializzati dei politici ripetono parole prive di senso dagli schermi televisivi. Sono iniziati gli anni Ottanta. Gli anni del cinismo, dellopportunismo e della paura. CONDANNATI ALLA NORMALIT. I RIFUGIATI POLITICI IN FRANCIA di Vincenzo Ruggiero da Vis-Vis n. 2, 1994. Questo articolo stato concepito originariamente per un pubblico non italiano. Lenormit riguardante la situazione dei rifugiati politici in Francia, che nota tra noi soprattutto tra i meno giovani militanti della sinistra, infatti del tutto sconosciuta in altri paesi. Lintento di questo contributo era perci di documentare una storia e denunciare una condizione di cui, vuoi tra accademici illuminati vuoi tra gruppi politici, pochi erano a conoscenza. Redatto in inglese, larticolo era rivolto ai due suddetti gruppi di lettori, ed gi apparso in una rivista di sociologia critica del diritto che, sebbene in un numero ridotto di esemplari, circola nelle maggiori universit del mondo (si tratta di Crime, Law and Social Change, Vol. 19, N. 1, 1993). Alcune delle semplificazioni contenute nel testo si devono al tentativo dellautore di descrivere a un pubblico internazionale il clima politico italiano degli anni 70-80. I lettori di anziana milizia politica troveranno perci alcuni passaggi un p scontati, mentre altri ravviseranno delle approssimazioni, a volte delle forzature. Altri semplicemente discorderanno da alcuni spunti analitici che sono il frutto esclusivo, ovviamente, delle esperienze e delle opinioni dei rifugiati politici contattati e di scrive. Sono stato incoraggiato a tradurre questo articolo dalla redazione di Vis--vis, che mi ha assicurato circa lopportunit della sua divulgazione. Mi stato fatto notare, infatti, che anche il pubblico italiano pi politicizzato, specialmente quello giovane, non al corrente degli episodi che si narrano qui di seguito. Gli avvenimenti che hanno coinvol114

to la precedente, e la mia, generazione vengono avvertiti, mi stato detto, come una eco lontana da chi fa politica oggi. Daltro canto, la storia dei rifugiati politici italiani, conosciuta da pochi e trasmessa solo oralmente, rischia di lasciare poca traccia se non fissata, seppure sommariamente, in uno scritto. Spero che questi incoraggiamenti e rassicurazioni, che ho trovato persuasivi, abbiano colto nel segno e che trovino riprova nellinteresse di chi legge. Premessa Gli anni 70 in Italia sono stati pi conflittuali che altrove. I movimenti sorti nel corso degli anni 60, infatti, si sono mantenuti vitali per due decenni e, contrariamente a quanto verificatosi in altri paesi europei, il loro declino ha avuto inizio solo nei primi anni 80. Questa anomalia di natura temporale riflette dei contenuti politici altrettanto anomali. Sebbene coinvolgesse gli attori sociali pi disparati (operai, studenti, donne, insegnanti, medici, avvocati, giornalisti, detenuti, ecc.), il movimento riusciva ad eleggere per tutti delle strategie indipendenti e dei terreni extra-istituzionali di lotta. Le stesse forme del conflitto, molto spesso, trascendevano i rituali della contrattazione permanente. Le aspirazioni, in altre parole, non venivano negoziate, ma davano luogo a delle pratiche. Le definizioni pratica dellobiettivo e decreto operaio riassumevano un atteggiamento e insieme un programma: una volta individuati dei bisogni collettivi e stabilite le modalit per soddisfarli, queste modalit andavano subito e autonomamente messe in campo e non negoziate. Poco importava se, aggirando la negoziazione, le forme e i contenuti delle lotte venivano ufficialmente ritenuti illegali. La stessa illegalit, infatti, non veniva ritenuta illegittima, essendo proprio la costituzione di una nuova legalit e di una nuova moralit uno degli obiettivi di quelle lotte. La formazione di numerosissimi gruppi armati, internamente ai movimenti della sinistra, non in fondo che unespressione di questa ricerca di nuove legalit e moralit, ricerca condotta con le sfumature diverse nella scelta degli obiettivi e degli strumenti e conformemente alle spe115

cifiche convinzioni politiche dei gruppi stessi. Per un lungo periodo, prima che avesse inizio una sorta di cacofonia di azioni militari, era persino possibile riscontrare una certa coerenza tra le convinzioni di un gruppo, la sua analisi politica e sociale e gli obiettivi armati, se non le modalit di operazione, con le quali lobiettivo stesso veniva praticato. La storia italiana di quegli anni non stata ancora compiutamente ricostruita, n una tale ricostruzione rientra nei compiti di questo contributo. Di seguito, ci si limita ad analizzare uno degli esiti di quella stagione. Tra gli anni 70 e la met degli anni 80, il sistema della giustizia criminale in Italia ha raggiunto oltre 20.000 rei politici. La cifra record dei detenuti politici della sinistra stata di 4.000. Un paio di centinaia di militanti rimangono ancora detenuti. Molti, invece, non appena conseguita la libert provvisoria, hanno preferito lasciare il paese e aspettare a distanza di sicurezza le fasi finali del processo che li riguardava. Alcuni sono riusciti ad evadere, altri sono stati scarcerati per motivi di salute. Altri ancora sono fuggiti non appena hanno avvertito come imminente larresto. Uno ha lasciato il carcere in quanto eletto deputato del Parlamento. Oltre 400 persone si sono raccolte a Parigi, luogo tradizionale dei rifugiati politici dove, ironicamente, gi i comunisti e socialisti italiani di inizio secolo avevano trovato ospitalit durante il periodo fascista. Le testimonianze che seguono sono il frutto di conversazioni e interviste non strutturate effettuate nellarco di alcuni anni. Solo dopo ripetute visite a Parigi, infatti, il gruppo di rifugiati pi frequentemente contattato ha avvertito la necessit di far scaturire da quelle conversazioni un capitolo scritto, seppur breve, della propria storia. Da queste testimonianze emerge che lesilio una forma di pena, una punizione impropria, sulla quale poeti e romanzieri si sono spesso intrattenuti, ma che raramente stata oggetto di analisi da parte vuoi di sociologi critici vuoi di militanti politici. Siamo qui di fronte a cittadini europei che chiedono asilo politico allinterno della cosiddetta fortezza Europa, avendo costoro valicato soltanto le
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frontiere interne di questa fortezza. Un fenomeno che si crede riguardare esclusivamente le vittime di una dittatura sud-americana o i transfughi altamente spettacolarizzati degli ex paesi comunisti, si verifica invece tra noi, nella democratica Europa unita. Una anomalia giuridica La condizione dei rifugiati italiani in Francia presenta un paradossale dilemma giuridico. Relativamente ad asilo politico ed estradizione, il trattato in forza tra i due paesi viene siglato nel 1979, quando una serie di paesi europei adotta una strategia comune di lotta al terrorismo. Ma sebbene il trattato introduca delle sostanziali limitazioni al diritto dasilo, alcuni importanti elementi delle legislazioni dei singoli paesi europei non vengono completamente cancellati. Secondo la costituzione italiana e francese, ad esempio, lestradizione non pu essere concessa qualora la persona venga accusata di aver commesso reati politici. Questo principio si basa sullassunto secondo cui, nei diversi paesi, esistono notevoli differenze nel valutare quali siano i limiti giuridicamente accettabili entro i quali lattivit politica pu essere legittimamente svolta. A questo proposito, la costituzione italiana indica che tra due paesi che non condividono la stessa nozione di legittimit politica, una cooperazione repressiva non pu aver luogo. Daltra parte, la stessa costituzione italiana indica che i reati commessi con lintento di sovvertire i principi della libert e della democrazia non vanno ritenuti reati politici. Controverso anche lart. 26 della nostra costituzione, che cos recita: lestradizione va considerata possedere natura politica anche quando, pur se concessa per reati comuni, mira in realt alla persecuzione politica di un individuo. Infine, principio internazionale condiviso che, una volta negata lestradizione, abbia inizio una procedura che assicuri lasilo politico a chi viene impedito leffettivo esercizio delle libert democratiche nel proprio paese (art. 10 della costituzione italiana). Ignorando questi principi fondamentali, le autorit italiane hanno richiesto lestradizione dei rifugiati non appe117

na divulgatasi la notizia della loro presenza a Parigi. Tuttavia, le scelte a loro disposizione erano piuttosto limitate. Tra le formule pi ovvie che potevano accompagnare le richieste di estradizione vi era, ad esempio, lasserzione che i rifugiati avevano agito con lo scopo di sovvertire i principi di libert e democrazia sui quali basata la repubblica italiana. questa unaffermazione piuttosto difficile da corroborare, anche perch pi adatta a descrivere gruppi e militanti della destra. La sua originaria formulazione, tra laltro, risale allera post-bellica, quando tale norma costituzionale mirava ad impedire il risorgere del fascismo nel paese. Poteva perci esser utilizzata, al massimo, nel richiedere lestradizione di rifugiati neo-fascisti. Al contrario, molti degli esuli italiani in Francia avevano un passato di anti-fascismo, in alcuni casi anche violento, circostanza che impediva alle autorit francesi di accettare le richieste di estradizione da parte di quelle italiane. Imputare a dei marxisti, libertari ortodossi o critici che siano, una condotta di stampo tipicamente fascista veniva interpretato dalle autorit francesi come una contorsione politica davvero implausibile. Altra scelta a disposizione delle autorit italiane consisteva nel reclamare la natura non politica dei reati commessi dai rifugiati. Ma anche questa strada si dimostrava impervia in quanto molti esuli erano imputati in processi collettivi con altri membri di questa o quella organizzazione. Tali processi, per altro, erano conosciuti vuoi dai media vuoi dai magistrati che li istruivano col nome delle stesse organizzazioni politiche che fungevano da imputati. Ora, dimostrare che gruppi quali le Brigate Rosse o i Proletari Armati per il Comunismo non fossero altro che associazioni di delinquenti comuni richiedeva un bizantinismo giuridico pi spiccato di quanto anche i pi fantasiosi magistrati non posseggano. Per questo motivo, quando tra le imputazioni a carico dei rifugiati figuravano reati quali la detenzione di arma o il furto dauto, le autorit francesi attribuivano anche a questi reati una connotazione politica che la loro controparte italiana attentamente ometteva. Di nuovo, lestradizione veniva negata in quanto questi reati venivano ritenuti reati mezzo, o preliminari, propedeutici, intesi a perseguire dei fini, in ultima analisi, politici.
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Ulteriore, seppure lontana, possibilit consisteva nellimputare i rifugiati di strage. Il codice penale italiano contempla questo reato, definendolo, pi o meno, come assassinio o massacro intenzionale e indiscriminato. improbabile che questa imputazione, quando rivolta a militanti della sinistra, metta in moto la procedura di estradizione. conoscenza comune infatti che la strage negli anni 70 reato tipico della destra, o degli apparati deviati dello stato. Per di pi, nel richiedere lestradizione per lassassinio di un manager della Cloracne (responsabile del disastro di Seveso), o di un maresciallo delle guardie di custodia (responsabile di tortura ai danni dei detenuti), le autorit italiane potevano difficilmente utilizzare laggettivo indiscriminato che conferisce plausibilit allimputazione di strage. La procedura di estradizione pu aver luogo solo quando il reato commesso nel paese richiedente sia considerato tale anche nel paese cui viene inoltrata la richiesta. Il codice penale italiano definisce questo il principio della doppia perseguibilit o la considerazione bilaterale di un comportamento come reato. Anche su questo punto i magistrati italiani hanno incontrato non poche difficolt. Reati quali associazione sovversiva o partecipazione e costituzione di banda armata, coniati in epoca fascista con lintenzione di criminalizzare la sinistra (e riesumati dopo la Resistenza per criminalizzare i gruppi di destra) non hanno alcun significato giuridico in Francia. Di nuovo, lestradizione veniva negata in quanto la cultura extragiuridica di un paese, sulla quale si basavano le stesse definizioni giuridiche, non corrispondeva alla cultura extragiuridica dellaltro. Quando imputazioni vaghe quali associazione sovversiva o banda armata si dimostravano insufficienti alla concessione dellestradizione, le autorit italiane ricorrevano a unaltra contorsione giuridica. Ad esempio, se unorganizzazione era ritenuta responsabile di uno specifico reato, tutti coloro che erano imputati di far parte di quella specifica organizzazione venivano ritenuti responsabili di quello specifico reato. Questa logica transitiva rendeva superflua la ricerca delle prove tecniche riguardanti le responsabilit individuali. Alcuni potevano perci essere accusati di un reato sulla base della semplice conti119

guit fisica, o dellassonanza politica, con coloro che erano accusati di quel reato. Questo procedimento logico veniva ritenuto dalle autorit francesi al pari di un sillogismo, e di nuovo lestradizione veniva negata. La magistratura italiana, che utilizzava la formula della corresponsabilit morale nei procedimenti che si svolgevano in Italia, credeva di poter usare la stessa formula nelle richieste di estradizione. La cosa era inaccettabile in Francia. Il rifiuto di concedere lestradizione ha causato inizialmente un serio imbarazzo. Occorre considerare, infatti, che lestradizione viene comunemente rifiutata quando vi ragione di credere che gli imputati, restituiti al proprio paese, verranno perseguitati e discriminati sulla base della loro razza, religione, sesso, nazionalit o convincimento politico (Art.698 del Codice italiano di Procedura Penale). I giudici italiani non potevano subre una simile umiliazione, almeno non pubblicamente. Daltra parte, anche le autorit francesi si trovavano in una situazione imbarazzante, in quanto, una volta rigettata la richiesta di estradizione, avrebbero di logica dovuto concedere ai rifugiati italiani lasilo politico. Vediamo come sia i francesi che gli italiani hanno cercato simultaneamente di nascondere lumiliazione e limbarazzo rispettivi. Un limbo segreto Alcuni rifugiati hanno lasciato lItalia come forma precauzionale immediatamente dopo larresto di qualche loro compagno. Alcuni, gi ricercati dalla polizia, hanno fatto uso di documenti contraffatti. Uno di loro ha preso il treno Milano-Parigi insieme alla moglie e alla figlia. Indossando parrucca e baffi finti, alla frontiera stato trattato amabilmente. Un altro scappato in motoscafo. Con laiuto di amici benestanti, ha organizzato una breve crociera che dalla riviera ligure lo ha condotto sulla costa francese. Un altro ancora ha attraversato la frontiera sugli sci. Infine, qualcun altro se l fatta a piedi. In maggioranza, i rifugiati italiani hanno reso immediatamente pubblica la loro presenza in territorio francese in quanto hanno costituito unassociazione di difesa legale. Alcuni giuristi e avvocati francesi hanno aderito allasso120

ciazione e offerto prestazioni spesso gratuite. Le immediate pressioni esercitate dalle autorit italiane, che pur dubitavano che lestradizione sarebbe stata concessa, hanno condotto allarresto di molti dei rifugiati. Costoro, di regola, detenevano documenti falsi, reato che in Francia viene punito con una pena di sei mesi. Ma per i rifugiati, ovviamente, sei mesi in un istituto francese diventavano accettabili se paragonati alle lunghe pene da scontare in istituti italiani. La procedura per lestradizione, osservata pi in dettaglio, prevede due stadi distinti. Dopo il verdetto della corte (nel caso francese della Chambre DAccusation), la decisione finale perch una persona venga estradata va assunta in via ufficiale dal governo. In molti casi, a fronte del parere favorevole espresso dai tribunali, il governo francese ha il pi delle volte capovolto o ignorato questo parere. Nella maggioranza dei casi, insomma, lingiunzione ufficiale non mai stata redatta. Lentamente, ha preso forma una sorta di accordo informale tra lassociazione dei rifugiati italiani e il ministero della giustizia francese. Lilluminato dicastero di Mitterrand ha dato a intendere che gli italiani non sarebbero stati estradati se avessero tenuto un basso profilo politico. Per evitare imbarazzi ufficiali, per, non sarebbe stato loro concesso lasilo politico, in quanto la concessione di questultimo avrebbe significato unaperta condanna del regime e della legislazione del paese vicino. Per molti degli esuli, comunque, questa vaghezza di status non si mai dimostrata ideale. In qualsiasi momento, infatti, il governo poteva ufficializzare lestradizione, specie se insoddisfatto del comportamento di questo o quel rifugiato. Nella testimonianza che segue si ha prova degli effetti imprevedibili causati da quella che viene interpretata da molti come una spada di Damocle:
Alcuni rifugiati si sono allontanati da Parigi, in modo da avvicinarsi alla frontiera italiana e rendere pi agevole la visita di loro parenti o amici. Bene, sono stati seguiti dalla polizia e arrestati. Nelle zone meno centrali della Francia, la polizia ti arresta e ti consegna immediatamente ai colleghi al di l delle Alpi. Tutta la procedura legale viene insomma sospesa. 121

Un episodio bizzarro si verificato in occasione della visita di Ronald Reagan a Parigi. I pi noti rifugiati italiani, ma anche molti baschi, irlandesi e latino-americani, sono stati prelevati dalle loro abitazioni alcuni giorni prima dellarrivo di Reagan. Uno degli involontari protagonisti di questo episodio ricorda:
Non mi rendevo conto di cosa stava succedendo. Un mattino, di buon ora, si sono presentati tre agenti in borghese, ed io ho pensato: ecco, finita. Come per altri, la corte aveva dato parere favorevole alla mia estradizione, ma il governo non aveva ancora dato lavallo ufficiale. Mi hanno portato alla stazione, dove ho trovato amici ed esuli di altri paesi pronti a partire. In realt, ci hanno portati in una cittadina a ridosso della frontiera spagnola, da dove si godeva la vista dei Pirenei. Ospitati in albergo, siamo stati tenuti lontani da Parigi lo stretto necessario perch la visita di Reagan non venisse disturbata. Temevano, non si sa mai, che stessimo per organizzare qualcosa. stata in fondo una breve e piacevole vacanza.

In altri casi, le autorit francesi si sono rese responsabili di illegalit pi gravi. Una decina di rifugiati, ad esempio, sono stati prelevati e accompagnati alla frontiera spagnola. Consegnati alla polizia di confine, sono stati condotti in carceri spagnole in attesa che le autorit italiane inoltrassero le richieste di estradizione. Il governo spagnolo, a sua volta, ha prontamente accettato le richieste ed estradato quel gruppo di italiani. In questa maniera, la reputazione della Francia come paese tradizionalmente generoso nei confronti degli esuli politici di tutto il mondo rimasta ufficialmente intatta. Un altro gruppo di rifugiati stato letteralmente messo su un aereo con un biglietto di sola andata. Destinazione: un qualche paese africano. Le autorit francesi presentavano come particolarmente generosa questa pratica, in quanto, rassicuravano, non esiste trattato che regoli lestradizione tra i paesi africani e lItalia. Ad alcuni questa opzione stata, con grande clemenza, offerta in anticipo per poter essere considerata. Altri sono stati semplicemente portati allaeroporto senza che venisse loro comunicata la destinazione.
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Come gi notato, la condizione dei rifugiati italiani a Parigi costituisce una anomalia giuridica. Non viene loro concesso lasilo politico, sebbene la loro presenza venga informalmente tollerata. Non vengono estradati, eppure il loro interlocutore, che unautorit astratta e irraggiungibile, pu prendere una decisione improvvisa a proposito, circostanza che consente di esercitare un costante ricatto su di loro. Impigliati in un apparato burocratico, non ne conoscono la logica e sono a loro oscure le procedure decisionali. Il modello di giustizia che i rifugiati si trovano di fronte insomma di tipo carismatico, modello che adottato sia dal loro paese dorigine che dal paese che li ospita. La legge, per loro, non possiede le caratteristiche di calcolabilit e prevedibilit razionale che dovrebbero esserle proprie. piuttosto una legge dai toni magici, quei toni che Max Weber attribuiva ai modelli arcaici di giustizia. La loro condizione legata alle convinzioni di un giudice italiano che li ha indotti a fuggire. Daltro canto, lincertezza del loro status attuale legata allindecisione di un giudice francese che, per motivi extra- giuridici, non pu concedere loro lasilo politico. questa una cosiddetta giustizia di Kadi, per cui le controversie vengono risolte da unautorit oracolare internamente ad una sfera di arbitrio: le decisioni assumono le sembianze dei dicta profetici. Nel caso dei rifugiati, si tratta di dicta politici travestiti da decisioni giuridiche, decisioni che non hanno per alcun valore normativo, essendo soggette a improvvise mutazioni. Imprevedibilit e vaghezza di status sono di per s parte della punizione inflitta ai rifugiati politici italiani. Negando loro un interlocutore, un avversario con cui battersi o negoziare, li si priva anche di identit politica. Vige una sorte di sospensione della pena nei loro confronti, sospensione che riguarda simultaneamente la loro esistenza di individui e di cittadini. Alcuni episodi, sparsi nel tempo, confermano periodicamente la precariet della loro condizione. Sembrano messaggi deliberati: uno di loro viene arrestato, un altro pedinato, un altro minacciato da persone non identificabili: questi episodi creano ansia permanente e dissuadono dal condurre attivit politica. Il fatto che siano privi di diritti comprovato dalla circostanza per cui
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non saprebbero a chi rivolgersi se volessero rivendicare dei diritti. La deprivazione politica di cui sono oggetto li colloca in un limbo, una nicchia segreta che impervia allinformazione ufficiale. Aprire questa nicchia significherebbe produrre imbarazzo politico ingestibile da parte vuoi della Francia che dellItalia. Sconfitta politica come emarginazione La generazione politicamente attiva negli anni 60 e 70 sembra consapevole della propria sconfitta. Agli sconfitti viene negata unidentit collettiva e viene perci simultaneamente negata la possibilit di riprodursi politicamente. Gli italiani esiliati a Parigi assaporano inoltre un supplemento di sconfitta, in quanto si scoprono privi di un locus, geografico e sociale, nel quale la riproduzione politica pu avere luogo. Parlo qui di una civitas, un luogo concepito come universo pubblico. Per definizione, la civitas ha carattere collettivo, non ci appartiene come individui. Ciononostante, ne abbiamo bisogno in quanto individui pi di quanto la civitas abbia bisogno di noi; la sua esistenza procede egregiamente anche in nostra assenza: questa una delle tragedie dellesilio politico. Il paese che garantisce integrit fisica ai rifugiati, allo stesso tempo, proibisce loro di giocare un qualche ruolo nella sua vita politica. I comportamenti e gli atti dei rifugiati vengono perci privati di significato sociale. Lesilio, in questo frangente, riduce lindividuo a un corpo, perseguitato da un paese e condizionalmente protetto da un altro. Per i rifugiati politici italiani tutto questo si traduce anche in emarginazione sociale, materiale. In altre parole, la deprivazione politica impedisce loro anche una decorosa riproduzione materiale. Ma come vedremo di seguito, questa circostanza non riguarda tutti i rifugiati, essendo in opera un processo selettivo di cui si cercher di tracciare il profilo. Molti esuli a Parigi avevano un lavoro in Italia. O meglio, usavano il proprio lavoro come puro strumento di sopravvivenza, dedicando la maggioranza del tempo alla loro vera attivit: lattivit politica. Lesilio forzato, a questo proposito, si traduce per molti in una punizione insoppor124

tabile, in quanto comporta la completa ristrutturazione del proprio tempo. I rifugiati, ad esempio, sono costretti a privilegiare il tempo produttivo nel senso ufficiale del termine, a cercare un lavoro, a rincorrere una qualche forma di reddito. Poco tempo rimane per il loro lavoro non pagato, segnatamente quello che attiene alla riproduzione politica. immaginabile poi a quale tipo di lavoro possa accedere uno straniero a Parigi. T.S. (tutte le iniziali sono fittizie), ad esempio, che in Italia era un impiegato nel servizio postale, spiega:
Non che io non voglia lavare i piatti in un ristorante, ma non voglio farlo per dieci ore al giorno pagato una miseria. Ho lottato tutta la vita contro lo sfruttamento, e guarda ora come sono ridotto; non avevo idea che nella civile Europa esistessero condizioni di questo genere. Siamo trattati come animali dai quali ci si aspetta gratitudine per un piatto di minestra. Dove lavoro sono ossessionati dal cibo, come se le soddisfazioni personali si misurassero in calorie e proteine. una vita ridotta al minimo: siamo dei tubi digerenti. Non ho tempo di far niente, ma la cosa viene vista come normale dai miei colleghi di lavoro. Mi dicono: ma cosa vuoi di pi, lavori, mangi, e hai un tetto dove stare al riparo.

Per molti, la barriera della lingua ostacola laccesso a un lavoro accettabile. questa per una barriera di natura spesso artificiale, eretta dai datori di lavoro a mo di discriminazione nei confronti degli stranieri e di ricatto nei confronti di coloro che tra questi sono cos fortunati da trovare un impiego. Non raro, tra laltro, che la polizia informi il generoso datore di lavoro sul passato e lidentit di chi stato inavvertitamente assunto: un ricercato per terrorismo. Alcuni rifugiati, infatti, vengono improvvisamente licenziati senza apparente motivo, dopo strane allusioni riguardanti il loro passato da parte dei datori o dei compagni di lavoro. In questi casi, condannati alla normalit di un lavoro, agli esuli non vengono garantite le condizioni di questa pur detestabile normalit. In altri casi, gli esuli rifiutano le condizioni di lavoro o innescano un conflitto che li porta al licenziamento. E.P. stato assunto
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in un ospedale in qualit di analista di laboratorio. In Italia svolgeva un lavoro simile, ma nella nuova condizione:
Si davano tutti un gran da fare a darmi degli ordini. Cerano un senso della gerarchia e un clima di disciplina che non ho mai visto in nessun altro posto di lavoro. Eravamo anche soggetti a delle sottili umiliazioni quotidiane, fatte di piccoli ricatti e dispettucci un po infantili. Avevano tutti paura di lamentarsi e di dare risposta alle vessazioni. Mi sono licenziato dopo due mesi. Ricordo che in Italia comportamenti di questo tipo non sarebbero stati tollerati. Pensa al clima negli ospedali italiani: si sarebbe indetto subito uno sciopero, i capireparto avrebbero avuto paura di noi, non noi di loro.

Gli esempi di seguito danno conto dellemarginazione materiale di molti rifugiati a Parigi. Una trentina di loro insegna italiano per qualche ora alla settimana in istituti privati: possono essere licenziati in qualsiasi momento. Chi in Italia lavorava nella pubblicistica, ora si adatta occasionalmente a correggere bozze. Alcuni sono venditori ambulanti, altri muratori o imbianchini, lavori ad alto rischio per via delle condizioni di illegalit in cui vengono reclutati. Verso la fine degli anni 80, una trentina di loro, esausti di queste condizioni, ha deciso di lasciare Parigi e tornare in Italia e accettare la condanna loro inflitta. A loro modo di vedere, le condizioni di detenzione cui spontaneamente si sottoponevano erano preferibili alle condizioni di lavoro che erano costretti ad accettare: bizzarra contraddizione del principio della minor eleggibilit del carcere. Avendo negoziato il ritorno in Italia, stata loro garantita una qualche alternativa alla custodia dopo un certo periodo in carcere. Queste negoziazioni sono state condotte direttamente con direttori di istituti di pena, con magistrati di sorveglianza, o a volte con la mediazione di cappellani carcerari. Altri (un centinaio), preoccupati del mutevole clima politico francese, hanno deciso di trasferirsi altrove: in altri paesi mediterranei, in Sudamerica o in America Centrale. Tra quelli rimasti a Parigi, molti sono disoccupati, e sopravvivono grazie alla rete informale di solidariet che ancora funzionante, o vengono mantenuti da parenti e amici residenti in Italia. Alcuni si sono ammalati, e sareb126

be interessante verificare se la malattia da cui sono colpiti si debba alle condizioni stesse dellesilio. Alcuni sembrano percorrere la via dellalcolismo, altri trascorrono periodi intermittenti in ospedale psichiatrico. Un gruppo, qualche anno addietro, ha cercato di risolvere i problemi di reddito con lestorsione ai danni delle famiglie deipentiti, loro compagni di una volta che li avevano denunciati. Chiedevano una sorta di risarcimento da parte dei traditori per essere stati ridotti in quelle condizioni. Un numero non identificabile, sebbene limitato, fa ricorso ad attivit illecite: compra-vendita di oggetti di poco chiara provenienza, o piccole rapine. Altri sono diventati tossicodipendenti, e due di costoro hanno deciso di lasciare Parigi e trovare sistemazione in regioni del mondo dove le droghe circolano con maggiore facilit. In Tailandia, dove il loro livello di vita si rivelato inferiore a quello sperato, si sono accaniti in una reciproca ostilit ruotante attorno a soldi e droghe: ci scappato il morto. La stampa italiana ha erroneamente trattato lepisodio alla stregua di un atto di guerra tra trafficanti internazionali in concorrenza. M.G. ha lasciato Parigi a met degli anni 80, e in un paese dellAmerica centrale, dove si stabilito, ha collaborato a riviste della sinistra. Non molto tempo fa ha deciso di far ritorno in Francia, dove risiede sua figlia. Nessun problema allaeroporto di Parigi, dove sembra non venire identificato. Viene in realt seguito da un gruppo di agenti in borghese per qualche giorno. Alla fine, gli agenti decidono di intervenire, sebbene privi di uno specifico mandato di cattura. Si ritiene che M.G. possa essere armato, ragione o pretesto che induce i poliziotti a massacrarlo con i calci della pistola prima che lui si renda conto di quanto stia per accadere. Sopravvive, e dopo i sei mesi canonici di carcere per possesso di documenti falsi, ora a Parigi libero e senza una lira. Simbolicamente, lesilio forzato equivale a spingere lindividuo al suicidio. Un suicidio politico legato allo smarrimento del senso di collettivit. Evocando toni durkheimiani P.N. osserva:
In tempo di guerra i suicidi quasi scompaiono: lidentificazione con una causa comune produce una spinta vitale ver127

so il conseguimento di obiettivi collettivi. Per la maggioranza di noi era questa la situazione in Italia. Ma qui, tutte quelle norme di tipo etico e ideale hanno cominciato a crollare. Alcuni sono messi in condizione di commettere una sorta di suicidio. Si lasciano andare, diventano apatici. Altri si distruggono con lalcool o semplicemente rinunciano a pensare o a condurre unesistenza critica. questo uno dei risultati dellesilio: un incoraggiamento al suicidio.

Lesilio si presenta insomma come estrema accentuazione della sconfitta, come supplemento di punizione di cui si oggetto proprio in quanto si stati sconfitti. Alcuni rifugiati sembrano letteralmente aver perso il senno: vagano per le strade rifiutando di accettare la loro nuova condizione. Con ingenuit, alcuni cercano di capitalizzare sulla condizione di rifugiati, ostentando il loro status e usandolo ai fini di ricavarne vantaggi e credibilit. Uno di costoro avverte come un suo diritto, lui rivoluzionario, lospitalit di chi, piccolo borghese, gli mette da tempo la casa a disposizione. C.D. racconta:
Alcuni miei vecchi amici credono che il tempo si sia fermato quando loro sono arrivati a Parigi. Il fatto che la loro esistenza tutta nel passato. Parlano sempre degli anni 70 e delle loro imprese, presentando unimmagine di s di sedicenti guerriglieri dalla vita avventurosa. Sembrano un po quegli anziani partigiani che non la smettono mai di parlare della Resistenza. Vengono tollerati come personaggi un po buffi, o come degli scocciatori che si finge di ascoltare ma su cui non si fa affidamento.

Alcuni girano il mondo credendo che la polizia sia sulle loro tracce, ma questa solo una proiezione dellimmagine che hanno di se stessi. In realt, sono stati semplicemente dimenticati: sono soldati dispersi che non hanno mai fatto ritorno dal fronte. Una soave inquisizione Come si accennato, non tutti gli esuli italiani sono economicamente e politicamente emarginati. La condanna al si128

lenzio politico scaturisce solo dal mancato diniego del passato. Alcuni, al contrario, hanno preso distanza dalle proprie pratiche ed idee precedenti. A Parigi come a Canossa? Una sottomissione di natura confessionale in cambio dellintegrit fisica? A coloro ai quali stata offerta una nuova civitas viene imposto di farne un uso appropriato. In un certo senso, le autorit italiane sono riuscite ad esportare in Francia le procedure e il clima di restaurazione imperanti nel loro paese. In questo modo, la restaurazione ha finito per colpire anche coloro che dal paese hanno preferito fuggire. Ma per analizzare queste procedure e questo clima occorre muovere un passo a ritroso. Le migliaia di attivisti politici processati in Italia hanno dovuto fronteggiare un sistema della giustizia in cui molti commentatori hanno ravvisato una forma, seppure soave, di Santa Inquisizione. Le cosiddette leggi di emergenza, infatti, avevano introdotto nella legislazione delle categorie di tipo chiesastico e delle nozioni che sono connaturali a unautorit sacrale e alla sua celebrazione. Le leggi in materia di terrorismo venivano da alcuni paragonate al Decreto Pontificio del 1181, il cui nocciolo si sostanziava nella cosiddetta sola suspicio, vale a dire nellidea che il sospetto da solo potesse dar luogo a una punizione preventiva. Ma il sospetto, nellopinione di molti giuristi, non apparteneva alla vantata tradizione dei principi illuministici. Piuttosto, era parte di un concetto di verit e di fede assolute. Il sospetto veniva anche interpretato come uno stato patologico della mente, o come unossessione religiosa. E in effetti, in tribunale ci si preoccupava pi di affermare una verit assoluta che non di stabilire la verit giudiziaria. I reati come fatto materiale tendevano a dissolversi, mentre le precise responsabilit giudiziarie perdevano ogni valore di fronte alle convinzioni politiche. Erano solo queste ultime il vero oggetto del procedimento giudiziario. La personalit degli imputati era insomma pi importante, ai fini della condanna, che non le azioni da loro compiute. Un esempio: lautocritica degli arrestati doveva suonare come abiura, da declamare pubblicamente e non da maturare nellintimit. Possibilmente la si doveva divulga129

re in aula, spettacolare e celebratoria. Lautorit insomma faceva di tutto per recitare forme moderne di autodaf Tra le categorie affiorate negli anni dellemergenza, dissociazione e pentimento si distinguono per aver lasciato tracce vistose nella attuale legislazione. La prima comporta la presa di distanza da parte dellimputato vuoi dagli specifici atti compiuti vuoi dalla comunit politica nella quale quegli atti sono giunti a maturazione. Dissociarsi comporta unazione positiva pubblica, unazione che sia riproducibile in virt della propria insita potenza promozionale. Il pentimento, a sua volta, comporta una cooperazione concreta, e inizialmente segreta, con le agenzie ufficiali dello stato. Al pentito si richiede di rivelare nomi e indirizzi di complici o presunti tali, di assegnare responsabilit specifiche a individui e organizzazioni. Il pentimento, in altri termini, possiede una distinta natura militare: alcuni soldati semplicemente passano dalla parte del nemico. Ma paradossalmente, il danno sociale prodotto dai pentiti circoscritto, limitandosi a smantellare una organizzazione clandestina e a penalizzare i membri che la costituiscono. La dissociazione invece misura di pi ampio respiro sociale, in quanto crea un precedente ideologico, produce disaffezione e scoraggiamento non nelle file di una specifica organizzazione, ma internamente ai movimenti sociali in generale. La dissociazione si rivolge perci a un numero elevatissimo di individui, ed potenzialmente pi insidiosa in quanto trascende la semplice sconfitta militare. Il pentimento adotta il linguaggio dellesercito, mentre la dissociazione attinge dal vocabolario comunicativo della societ civile. Coloro che si sono distanziati dal proprio passato hanno avuto, il pi delle volte, la possibilit di riprendere o iniziare una professione. La loro autocritica assume rilevanza non in quanto maturata nellintimo delle convinzioni personali, ma in quanto si presta ad essere riprodotta e trasmessa al altri individui e gruppi. Ai dissociati si chiede di agire da testimoni di una sconfitta generazionale, di promuovere una memoria di sconfitta che non si esaurisca nel tempo passato e presente, ma che conservi un impatto significativo anche relativamente al futuro. un fatto che,
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per coloro che sono stati coinvolti in processi politici, dissociazione ha anche significato reinserimento e spesso lavoro. Molti altri hanno dovuto emigrare. Tra i primi, lo status pubblico di dissociati si sostanziato in messaggi e appelli chiari, inequivocabili, lanciati dalle pagine dei giornali o dagli schermi televisivi. Vi da aggiungere che, tra gli effetti della legislazione, si annoverano la liberazione di coloro che, pur responsabili di omicidi, operano chiamate di correit, e laccanimento punitivo contro chi, non responsabile di reati di sangue, rifiuta di rilasciare dichiarazioni dissociative pubbliche. Come si gi fatto notare, questa cultura e queste procedure hanno attraversato il confine italiano, finendo per informare anche le procedure delle autorit francesi nei confronti dei rifugiati. Anche in Francia, perci, lavvio di una carriera rispettabile subordinata a qualche forma di declamatio, di professione di fede, che rassicuri lautorit circa le proprie idee e progetti. Questa declamatio, anche qui di natura attiva e coinvolge non solo chi ne artefice: nel dichiarare la propria innocenza e i propri buoni propositi per il futuro, si finisce spesso per indicare la colpevolezza o di denunciare la bellicosit dei propositi di altri. I rifugiati che coltivano ambizioni accademiche, ad esempio, sono costretti ad annullare il proprio attivismo passato tramite un contro-attivismo di natura e contenuto opposto. Condannati al mercato Il fatto che la soave inquisizione abbia attraversato il confine non dovuto ad accordi segreti tra Italia e Francia. lesilio stesso che pu incoraggiare dissociazione e pentimento. Le organizzazioni politiche italiane degli anni 70 erano composte da individui provenienti da diverse classi sociali. Ma le differenze di status tra i membri delle stesse organizzazioni venivano (frettolosamente?) dimenticate. A Parigi, le stesse persone una volta impegnate nella comune attivit politica sono ridotte a fare affidamento sulle proprie risorse economiche o professionali. Superate o rimosse, le differenze di status riemergono. Secondo T.B., quando i
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principi del mercato e della pura realizzazione individuale vengono rapidamente interiorizzati, sono inevitabili dei processi di intima conversione. Cos argomenta:
Lesilio per definizione carenza di opportunit e mancanza di sostegno. isolamento in tutti i sensi. Quando sono arrivato a Parigi, ho trovato una situazione di robinsonismo, la nostra isola di naufraghi essendo questa grande metropoli col suo mercato del lavoro sovraffollato. Come Crusoe, molti hanno pensato di potersi salvare solo grazie alle proprie risorse personali, vale a dire, titolo di studio, specializzazione, amici influenti. La nostra sconfitta si pu leggere anche in questo: il trionfo dellindividualismo e la scomparsa di un punto di riferimento collettivo. Molti rifugiati rifiutano persino di parlare del passato, e la carriera intrapresa qui comporta la rottura con altri che hanno il loro stesso passato. Mi sento un po come nel romanzo Il signore delle mosche, dove un gruppo di bambini, presumibilmente in condizioni di eguaglianza nella loro vita quotidiana, fanno naufragio su unisola sconosciuta. Qui, mettono in piedi la peggiore delle societ, con gerarchie di ferro e autoritarismo brutale. Si deve forse pensare che anche nella loro vita di tutti i giorni quei bambini non erano poi cos uguali, ma che solo una sorta di artificio li faceva sembrare tali.

Lesilio comporta il ritorno delle clientele, dei patronati o, nella migliore delle ipotesi, delle reti amicali e familiari che, sole, sono in grado di garantire riproduzione. R.P. osserva:
Durante gli anni 70, il lavoro che uno faceva aveva poca importanza. Nella mia organizzazione, a dire la verit, io non sapevo nemmeno come i miei compagni si guadagnassero da vivere. Senza essere troppo nostalgici, le cose molto spesso si dividevano, non perch si praticasse una forma primitiva di comunismo, ma perch in quel frangente politico la nostra identit non dipendeva dal lavoro ufficiale che uno svolgeva. Qui invece siamo costretti a venderci sul mercato. Cos, quelli che stanno bene sono coloro che hanno una specializzazione che viene loro riconosciuta, che in passato hanno avuto modo e tempo di accumulare esperienze e abilit utilizzabili nel mercato del lavoro ufficiale. Daltra parte, trovi qui della gente che let132

teralmente non sa fare niente, sa fare solo politica, avendolo fatto per tutta la vita.

Gruppi di status e circoli occupazionali sostituiscono tra i rifugiati quelli che erano i raggruppamenti politici e ideologici del passato. Coloro che si sono deliberatamente assentati dal mercato si trovano ora ad affrontare un clima estremamente competitivo, le cui regole non conoscono o trovano difficile accettare. A Parigi, perci, ha avuto luogo una selezione secondo la quale solo alcuni si trovano a proprio agio: possono ora disporre delle proprie abilit e del proprio capitale umano, e come conseguenza, la loro posizione nel mercato tende a differenziarsi. Insomma, le restaurate condizioni di mercato hanno reintrodotto delle divisioni che molti ritenevano superate. Come gi ricordato, alcuni rifugiati che in Italia svolgevano attivit accademica non hanno trovato difficile continuare la stessa attivit in Francia. Ma questa circostanza non legata a un semplice e doveroso riconoscimento della loro professione. In alcuni casi, continuare la propria professione ha significato ristrutturare la propria identit fino a farla coincidere esclusivamente con la professione medesima. Tra i rifugiati c chi lamenta:
Se vuoi un posto alluniversit devi dimostrare di essere affidabile, ma devi anche dimostrare che il tuo unico obiettivo di essere un buon professore. Inoltre, non devi limitarti ad assumere un ruolo passivo, ma devi essere un propagatore attivo di quella che si chiama una buona deontologia professionale. Ad esempio, pu essere di una certa utilit denigrare pubblicamente altri professori che sono distratti dalla politica; devi denunciare chi ha rapporti con gruppi pericolosi; insomma devi infangare altri in modo da promuovere te stesso. Solo in questo modo puoi presentarti al mondo accademico come un intellettuale puro, al di sopra delle fazioni.

Il passato si rivela orrido Nelle osservazioni di uno dei rifugiati italiani, lesilio come una finestra che si apre sullabisso: vengono le vertigini
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a guardarci dentro. Un altro paragona la situazione dei rifugiati a quella di sopravvissuti di un naufragio, laddove la disperazione pu spingere al cannibalismo. Ma questa situazione non si limita a produrre sentimenti estremi relativamente al solo presente, relativamente cio a una situazione che di per s estrema. Lesilio, secondo I.L., rivela il normale processo di costituzione della soggettivit. Il suo effetto peggiore del prodotto di una situazione estrema. Lesilio rivela non come si oggi, ma come si era in passato. Il passato, allora, diventa orrido altrettanto quanto il presente. Narcisismo, competitivit, panico di status appaiono improvvisamente a rivelare di essere sempre stati tra noi. E.G. fa notare che lesilio un rivelatore molto vivido degli errori previamente commessi, quando il movimento rivoluzionario era in ascesa. Le questioni riguardanti la responsabilit personale, ad esempio, non venivano mai davvero affrontate nella sinistra. I problemi etici erano assenti dallorizzonte dei militanti politici, i quali tendevano a mimetizzare la propria individualit allinterno della vaghezza molto accogliente del collettivo. I processi di rivoluzione intima riguardanti lindividuo venivano rimandati a un futuro indeterminato, a unepoca di epifania politica improbabile quanto indefinita. Un altro rifugiato spiega:
Eravamo convinti di far parte di una comunit morale i cui valori erano opposti alla moralit ufficiale e a quella dello stato. Il nostro era invece una forma di familismo, simile in un certo senso al familismo tradizionale delle societ segrete e dei gruppi chiusi. La nostra moralit ci legittimava in tutto quello che facevamo, e giustificavamo ogni comportamento individuale facendo appello a una collettivit di cui non dubitavamo il sostegno. Un sostegno per che a volte era reale a volte solo immaginario. E tuttavia, si riusciva a trovare un punto di equilibrio, un artificio ideologico che ci consentiva di evitare ogni senso di colpa. Qualsiasi cosa si facesse veniva interpretata come una necessit e non come lesito di una scelta personale. Noi non ne avevamo colpa, essendo sempre dellimperialismo la colpa. 134

La negazione della responsabilit, la condanna di chi condanna, lappello ad una pi alta lealt, sono categorie che echeggiano altrettante tecniche di neutralizzazione molto celebri in discipline quali la sociologia della devianza. Ma nei comportamenti extra-legali di natura politica queste tecniche non fungono da rassicurazione per lindividuo, mirano piuttosto a cementare una collettivit, seppure talvolta artificialmente, attraverso lesercizio di un contro-potere. Questultimo, nellItalia degli anni 70, veniva interpretato come depositario di una pi alta moralit rispetto allo stato. Come ricorda P.F.:
La certezza di avere ragione ci proveniva da quella che ci appariva come una grande coerenza morale. Rinunciare alla vita privata e agli interessi personali, trascurare gli aspetti dellindividualit, ci sembravano una garanzia e una prova inconfutabile del nostro altruismo. Se si faceva una rapina, ad esempio, i soldi non andavano ad aumentare il reddito di chi la faceva, ma servivano a finanziare lorganizzazione. Questi meccanismi di auto-giustificazione sono stati dilatati al punto da coprire ogni tipo di comportamento. Cos anche episodi orribili venivano a volte accettati con compiacimento, in nome di interessi collettivi astratti.

Ai rifugiati non viene solo negato un presente, viene anche negato un passato. Questultimo non viene cancellato ma appare in una luce diversa. Gli individui e i loro atti ne vengono sfigurati, mentre la personalit dei primi e la logica dei secondi rivelano tratti inaspettati. G.L. afferma di essere stato shockato da come persone da lui credute straordinarie si siano invece rivelate scandalosamente ordinarie:
Molti di quelli che si sono rifugiati qui hanno ucciso, lo sappiamo tutti. Lo scandalo che, una volta neutralizzato il senso di colpa, e una volta pentitisi, hanno cominciato a mostrare una serie di valori con i quali anche i reazionari di vecchio stampo si sentirebbero a disagio. Mia nonna pi progressista di loro.

La punizione insita nellesilio, insomma, produce effetti


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anche sul passato di chi la recepisce. E contrariamente alla distopia orwelliana, il passato non scompare, ma torna pi vivido e spaventoso. Forse quelle persone sono sempre state scandalosamente ordinarie come si rivelano essere adesso. La punizione inflitta con lesilio sembra suggerire che non c via di scampo, e che il sistema clona i suoi oppositori: coloro che si presentano come antagonisti, in realt, posseggono lo stesso repertorio di valori contro i quali sembrano combattere. Secondo D.S., ad esempio, il tipo di carrierismo di alcuni rifugiati simile al carrierismo che si avvertiva anche negli anni pi conflittuali. Cera una lunga lista dattesa per entrare nelle Brigate rosse, ha detto, come oggi c una lista dattesa per avere un impiego di prestigio dopo essersi pentiti. Questa continuit nellatteggiamento intimo degli individui, nonostante i drastici cambiamenti presunti, ha trovato espressione letteraria in Camus. Il Rinnegato un sanguigno missionario che si impegna a convertire un popolo notoriamente crudele. In effetti sar lui a venir convertito da questo. Quando, dopo un periodo di convivenza col suo nuovo popolo, gli arriva notizia che un altro missionario ha assunto il suo impegno precedente, si arma di tutto punto e lo uccide in unimboscata. In questa simmetria di comportamenti, in realt non mai cambiato.

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4. APPENDICI

INTRODUZIONE A CESARE BATTISTI, LULTIMO SPARO di Valerio Evangelisti Non sono mancati libri di memorie, film e romanzi sugli anni in cui migliaia, e forse decine di migliaia, di giovani italiani decisero di prendere le armi contro un sistema che giudicavano intollerabile, mentre altre decine di migliaia, e forse centinaia di migliaia, manifestavano la loro opposizione senza arrivare a scelte cos radicali. In tutta labbondante produzione sul tema stato per quasi sempre assente laspetto esistenziale, talora tragico ma talvolta festoso, se non goliardico, di quellesperienza. Ne risultato un ritratto a tinte uniformemente grigie, e spesso fosche, di una realt senzaltro drammatica, ma variegata e viva, anche se indecifrabile dallesterno. Personalmente, pur avendo fatto scelte diverse da quelle di Cesare Battisti, ho vissuto, tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80, in mondi contigui al suo. Ricordo bene come nei bar di piazza Verdi, roccaforte bolognese di quello che veniva definito semplicemente il Movimento, si alternassero discussioni sulla lotta armata ad altre, interminabili, sullorigine delluniverso, sul teatro o sul cinema; come per molti di noi quella stagione, vista da fuori quale una sorta di inferno, coincidesse con i primi amori e le prime, arruffate, esperienze sessuali; come serpeggiasse un
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particolare tipo di ironia, fondata sul paradosso, che in seguito avrebbe fatto la fortuna di programmisti radiofonici e televisivi. Quando chi nel 77 era democristiano, o addirittura fascista, rivendica un percorso analogo a quello del Movimento, mi viene da sorridere, perch il suo vissuto ludico non pu essere stato simile al nostro. Cesare Battisti, per la prima volta, rievoca tutto questo, in un romanzo che non pu essere scambiato per unautobiografia, ma che ha senzaltro il sapore agrodolce della verit. Le storie damore e anche, molto tradizionalmente, di corna che si intrecciano allinterno del gruppo dei clandestini; lo sguardo distaccato e umoristico; la deriva ineluttabile verso uno scontro campale che nessuno si sente di affrontare, e a cui nessuno disposto a sottrarsi: tutto questo non era mai stato descritto con altrettanta efficacia e altrettanta passione. Dove passione non significa per rivendicazione. Battisti non affatto pentito (della storia non ci si pente), ma nemmeno auspica una continuit impossibile. Sentimento naturale in chi incontr sulla propria strada un movimento granitico le Brigate Rosse, ispirate alla tradizione comunista ortodossa pronto a fulminare le eresie spontaneiste del proletariato giovanile, salvo imporgli livelli di scontro inauditi e, pi tardi, a sconfitta ormai compiuta, costringerlo ad assistere allo spettacolo di un pentimento collettivo e piagnone, quale nessun movimento guerrigliero al mondo aveva mai conosciuto. molto difficile rievocare latmosfera di quegli anni, in Italia, e far capire perch la suggestione della lotta armata riuscisse a conquistare tanti adolescenti. Un contesto culturale asfittico, in cui le vie di fuga erano dominate per intero dal modello americano; una classe politica screditata come poche e destinata, di l a quindici anni, a soccombere sotto il peso della propria corruzione; una serie interminabile di stragi impunite, messe in atto per puntellare il sistema e invocare soluzioni di forza; un fascismo strisciante e insidioso, fatto pi di cinismo che di prese di posizione ideologiche, pi di ottusit e di resistenza al cambiamento che di nostalgie. Contro tutto ci si era condensato, a partire dalla met degli anni Sessanta, un vero e proprio culto delleguaglian138

za. Anche chi lo disprezzava fingeva di aderirvi; chi ne era colpito dava mostra di stare al gioco. Lopportunismo degli intellettuali italiani, riletto oggi, impressiona. Soprattutto quando li si vede farsi cantori di un neoliberismo spietato e rabbioso, che in comune con lantico populismo ha solo larroganza e il sostrato autoritario. Accadde che, impregnati di ideali egualitari, tantissimi giovani (non certo la maggioranza, e meno che mai unintera generazione) si ribellassero alla gabbia di squallore che li imprigionava. Si formarono aggregazioni variopinte e selvagge, in cui lo studente fuorisede viveva in simbiosi con il piccolo delinquente politicizzato, la femminista con il ragazzo cresciuto tra lavori precari e la frequentazione del bar di quartiere. Una teoria nuova e stimolante, che si pretendeva marxista ma che di Marx accoglieva solo le suggestioni di alcuni scritti giovanili o secondari, dava unidentit politica a questa coesistenza. Tramontata la centralit della vecchia classe operaia, emergeva l operaio sociale, disgregato sul territorio e tuttavia funzionale ai processi di accumulazione imposti dal sempre pi accentuato ricorso alle macchine; oppure il non garantito, figura di proletario che, esclusa dal sistema produttivo, non aveva accesso ai benefici del Welfare State e li rivendicava. Il passaggio alla lotta armata non fu n automatico n graduale. Una societ che aveva saputo assorbire senza troppi traumi la protesta del 68, si trov paralizzata a fronte delle istanze egualitarie ben pi radicali del 77. Probabilmente non riusciva ad afferrare l umanit di fondo di cui masse di giovani caratterizzate, al loro interno, dallassenza quasi totale di violenza, che riversavano invece allesterno erano portatrici. Reag con impaccio e con rabbia. Ebbe la risposta che in fondo si era andata a cercare. Una risposta che forse il potere auspicava, in quanto capace di semplificare un universo troppo complesso per essere fatto oggetto di repressione indiscriminata. Le Brigate Rosse, con le loro rozze teorie terzinternazionaliste, con la loro demenziale ridda di sigle (MPRO = Movimento proletario rivoluzionario offensivo, SIM = Sistema imperialista delle multinazionali, ecc.), con le loro esecuzioni individuali spacciate per guerriglia (fino allorrore asso139

luto dellassassinio di unanziana vigilatrice di Rebibbia, tra singhiozzi e colpi di tosse), diedero a chi governava lapporto definitivo, consentendo la liquidazione del Movimento e, di conseguenza, la fine del culto delleguaglianza. Cesare Battisti ci parla di tutto questo, col tono aspro, lironia e lassenza di retorica che gli sono consustanziali. Devono essergli grati non solo i lettori generici, ma anche gli studiosi dei comportamenti collettivi, dai sociologi agli storici: non hanno mai avuto tra le mani una testimonianza pari a questa, e probabilmente non ne avranno altre in futuro. Ci voleva uno scrittore condannato allesilio dal suo paese, dopo unevasione e una sentenza di taglio militare assurdamente severa, per ripercorrere senza animosit ma con passione anni di cui, in Italia, ancora difficile parlare, a meno di non rendere omaggio alle fumisterie di complotti inesistenti o di spargere lacrime di contrizione. Battisti un tipo poco incline al piagnisteo, e poco disposto a chiedere perdono per s o per altri. La luce che gli brilla negli occhi, dopo un decennio di sofferenze e di fughe, ancora quella del sarcasmo. Ha laria di un ragazzino dal sorriso beffardo, intento a premeditare una nuova monelleria. Laria che avevano quasi tutti i partecipanti, fuori dai ranghi delle armate regolari, a una guerra perduta in partenza, ma che si riteneva valesse comunque la pena combattere.

PAROLE DI UN FUGGIASCO: L'INTERVISTA CENSURATA di Cesare Battisti Il romanzo di Cesare Battisti L'orma rossa (Einaudi Vertigo, 1999) aveva a corredo una serie di dichiarazioni dellautore raccolte da Valerio Evangelisti. Il testo fu pesantemente tagliato dalleditore, cui peraltro va dato atto di avere avuto il coraggio di pubblicare un romanzo oggettivamente scomodo. Riproponiamo ora le dichiarazioni di Cesare nella loro integralit.
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Una narrativa che nasce dalla carne Una decina di anni fa cominciai a buttare gi le prime linee di un romanzo. Allora non sapevo ancora dove andavo a parare, cercavo disperatamente una storia, un pretesto dal quale snodare un riesame esistenziale. Senza esserne cosciente, stavo scrivendo lultimo capitolo dei miei anni Settanta Nel mio primo romanzo, Travestito da uomo (per non essere niente, era il titolo completo), Claudio, il protagonista, si dibatte per sopravvivere al purgatorio degli esiliati italiani a Parigi. Finir per abbandonare definitivamente la scena nel solo modo possibile. Tolta di mezzo questa mina vagante, mi sono detto allora, potrei tentare di spingermi oltre, di risalire ancora un po il tempo per gettare uno sguardo a un passato meno recente. E un libro dopo laltro, mi sono ritrovato improvvisamente sulla soglia degli anni Settanta. La prima reazione stata quella di tornare indietro di corsa, ma la macchina del tempo non funzionava pi. Non mi restava altro che avventurarmi in quel deserto di menzogne dove brillavano le ossa di altri incauti. Non ci tenevo a fare la stessa fine, allora mi sono inventato una favola, un pretesto psicologico che mi liberasse dalla tara ideologica. Solo inseguendo la fantasia potevo ricostruirmi un passato ricco di dettagli tragico-umoristici; un passato che, se anche fosse appartenuto alla vita di un altro, non sarebbe stato meno reale del mio. In questo modo avevo pensato di avere il personaggio biografico ideale. Non dovevo fare altro che allineare narrativamente immagini reali, e inserirle nella storia per flash disordinati, purch profondamente nitidi e genuini, in modo da tessere il filo dei miei anni Settanta. Il risultato si chiama Lultimo sparo. N autobiografia n fiction, ma una ricerca del reale in cui raramente si va nella direzione di quel che ci si aspetta. Perch nella vita vera le reazioni sono sempre insensate, assurde, talora raccapriccianti. Guarda, guarda Impara a guardare! E in quellistante lo scrittore sparisce. Questa lunica conclusione che pretende Lultimo sparo.
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Levasione e la fuga in Messico Il 4 ottobre 1981 mi lasciavo alle spalle il carcere di Frosinone. Non a testa bassa n svuotato nello spirito, come avrebbero voluto i signori della repressione, ma con unarma in pugno e il petto che mi scoppiava dalla gioia. Alcuni scrissero di unazione militare perfetta: senza colpo ferire, un gruppo di compagni penetr allinterno del carcere e lo occup i tempo necessario per permettermi di varcare una decina di cancelli. Laspetto militare dello sforzo di migliaia di giovani, che in quegli anni osarono sfidare il potere pi selvaggio e corrotto dellOccidente, era lunico linguaggio accessibile ai media e a tutti coloro che rifiutavano vigliaccamente di guardare in faccia la realt. No! Sono stati lamore e la solidariet, lo spirito libero e generoso di quei meravigliosi anni Settanta che mi hanno strappato dalla prigione, non quattro pistole arrugginite. Purtroppo non mi fu possibile gioire a lungo della ritrovata libert. Qualche giorno dopo seppi degli infami rastrellamenti effettuati dai carabinieri. A nessun membro della mia famiglia, da una nipote di appena tredici anni a mio padre morente di tumore, fu risparmiato labituale trattamento riservato ai terroristi: arresti, ricatti, percosse, tortura e condanna nel caso di una sorella colpevole di avermi reso visita in carcere. Con il groppo in gola fuggii unItalia disgraziata. In Francia non mi vollero, allepoca accettavano solo i fuggiaschi che si erano sporcate le mani esclusivamente dinchiostro. Le mie erano un immondezzaio, andai a lavarmele in Messico. E fu un bagno dossigeno. In un paese cos lontano dal grigiore degli anni Ottanta in Italia, dove la frattura sociale perdurava in un clima di sconfitta da un lato e nellisteria individualista e megalomane dallaltro, incontrai un popolo straordinario. Ridendosene delle morali e di certi valori come la coerenza, che laggi un lusso che non si permettono neanche i parolai professionisti, il Messico mi ha insegnato a guardare me stesso e il mondo da un angolo inaccessibile alla cultura dominante occidentale. Al Messico devo la na142

scita di mia figlia, la voglia impellente di scrivere e quel calore umano che la democrazia italiana aveva relegato nel profondo delle carceri speciali. Lapprodo in Francia Nel 90 sono dovuto tornare in Francia per ragioni familiari, ma anche perch restava il solo paese al mondo a tollerare la presenza dei fuggiaschi italiani. Il ritorno alla ville lumire per me fu un trauma. Difficile riabituarsi a un intrico di norme sociali che, in nome dellordine democratico, ti succhia la vita. Con affitti da capogiro, senza documenti e quindi senza lavoro, insomma nella miseria totale e con una famiglia da mantenere. Come se non bastasse, nello stesso giorno mi informarono che durante lesilio messicano era morto mio padre e avevo subto una condanna allergastolo. Al momento non realizzai, mi sembrava talmente troppo che non riuscii a versare una lacrima. In seguito, lavvocato mi fece pervenire una valigia di atti processuali. Dopo averne letto qualche pagina, fu tanto il disgusto per quellammasso di menzogne che decisi di buttare tutto nella spazzatura. Nellillusione di liberarmi definitivamente di una storia che non mi apparteneva pi, che era stata disonestamente rivista e corretta, mi misi a scrivere come un forsennato. Nel 92 usc il mio primo libro, poi il secondo e cos via. Gli editori e il pubblico francese si interessarono progressivamente a uno stile che la stampa definiva di volta in volta viscerale, crudo, picaresco. Intanto continuavo a remare come un pazzo in un mare di stenti. Ma da un paio danni le cose sono migliorate, nel senso che ora riesco a vivere dei miei romanzi. I conti col PCI Lombra rossa un altro passo a ritroso, un ulteriore tentativo di capire cosa mi / ci era successo negli anni Settanta, che pure avevo vissuto da protagonista. Venendo da una famiglia religiosamente comunista mi sentivo autorizzato a rovistare tra i panni sporchi del PCI. Inoltre, in quel periodo mantenevo una corrispondenza ricca di informazioni stori143

che con un illustre membro del partito silurato insieme a Pietro Secchia. Al PCI rimprovero lambiguit calcolata, la lingua biforcuta con cui da un lato alimentava i sogni di tutti gli sfruttati, spesso mandandoli al massacro, e dallaltro si riproduceva come partito di potere intento a spartirsi la torta con la Democrazia Cristiana. Del PCI detesto lanima stalinista, complottista e persecutrice che gi durante la seconda guerra mondiale gioc un ruolo di primo piano nella vigliacca distribuzione politica dei popoli europei. Pi tardi, durante la tragedia degli anni Settanta, credendosi ormai a un passo dallOlimpo, tutte le maschere caddero e il PCI si rivel per quello che era in realt. Basterebbe ricordare le numerose espulsioni degli iscritti al partito che si rifiutavano di etichettare il movimento contestatario come una devianza di destra; gli sgherri di Lama allassalto delluniversit di Roma, spranga alla mano; le autoblindo del sindaco di Bologna; le pattuglie armate contro i comitati autonomi dellAlfa e della Fiat; la brillante idea di Giuliano Ferrara, allora consigliere comunale a Torino, di lanciare un censimento porta a porta con lo scopo di promuovere la delazione verso ogni comportamento in odore di sovversione. E via di questo passo, fino alla copertura di assassinii, di torture, di decine di migliaia di licenziamenti, dellarresto di oltre diecimila compagni. Mi difficile non credere che, se negli anni Settanta il PCI avesse accettato il dialogo con il Movimento, si sarebbe potuto evitare un massacro. Invece hanno fatto come i fascisti, si sono schierati con i cattolici dando il via alla caccia alle streghe. Del resto, dopo il 43, non si contano i quadri del Fascio riciclatisi nel cosiddetto partito dei lavoratori. In comune avevano il concetto del lavoro: per gli uni rappresentava il fulcro della liberazione (in URSS gli stakhanovisti lavoravano senza stipendio), per gli altri unespressione del rafforzamento della razza. Unamnistia improbabile Seconda Repubblica, voltare la pagina degli orrori, risanamento sociale, giustizia, e chi pi ne ha pi ne metta. Parole che solo un paese con un governo politico forte pu per144

mettersi di concretizzare. Vista da lontano, questa povera Italia con i suoi governucci tecnici o di transizione, che sono una manna per la satira politica internazionale, al massimo riesce a rattoppare qualche vecchio buco, se i soliti clan glielo permettono, beninteso. Per le soluzioni, quelle limpide, ci vuole il coraggio di uscire allo scoperto, ma dov? Forse nella pagina dei commenti de La Repubblica, dove uno sprovveduto, se non malintenzionato, Franco Coppola,* per scongiurare uneventuale amnistia, pasticcia tra terrorismo e lotta armata, tra stragi di Stato e rivolta sociale, tra Ustica o la Uno Bianca, cito testualmente, e il Partito armato. E se si mettessero sullo stesso piano anche Mussolini e Togliatti, che avrebbero da ridire questi buffi angeli vendicatori? CESARE BATTISTI: AVENIDA REVOLUCIN di Giuseppe Genna Avenida Revolucin edito in Italia per Nuovi Mondi Media. Il brano che segue lintroduzione di Giuseppe Genna alla versione italiana del romanzo. Signore e signori siamo lieti di presentarvi il massimo tra gli autori noir italiani, uno dei pi appassionanti e importanti scrittori di genere a livello europeo, e anche uno degli intellettuali di nuova specie che stanno facendo e faranno il culo alla cattiva globalizzazione con cui certa gentaglia pensa di imbrigliare il pianeta: Cesare Battisti. Nellintrodurre la figura di questo adrenalinico zingaro dello spirito e delle geografie, vorrei evitare la facile retorica esistenzialista che, qui da noi, finora lha accompagnato. Mi limiter a ricordare le linee essenziali di unavventura umana che, almeno a mia conoscenza, non ha pari nellItalia degli ultimi trentanni. Chi finora ha avuto la fortuna di leggere i romanzi e gli interventi di Cesare Battisti pu avere pensato che si tratti di scritti politici. Il fatto,
*. F. Coppola, I carnefici e le vittime, La Repubblica, 16 febbraio 1999.

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per, che Battisti un narratore e ci mette davanti a una scomoda verit: la narrazione un fatto politico e la fiction una forma di potere, esattamente come lo il racconto di unautobiografia. In parole povere: i libri di Battisti sono tutti scritti politici, ma a una profondit che davvero non ha nulla a che vedere con le parentele superficiali che sono finora state attribuite a questo imperdibile autore. La vita di Cesare Battisti un viaggio e, in un certo senso, i suoi romanzi possono apparire una forma innovativa e impazzita dei resoconti di viaggio. Se uno si legge Lultimo sparo, formidabile reportage su se stesso, ha limpressione di trovarsi di fronte a un Truman Capote che, per disperazione o necessit, ha assunto qualcosa di stupefacente, pur di reggere alla potenza di un racconto tanto intimo, politico e sbalorditivo: una sorta di A sangue caldo per amanti della letteratura benzedrinica. Molti luoghi, molte persone, molte esperienze ha attraversato Cesare Battisti nel corso della sua vicenda esistenziale. Abbandonata lItalia, via Francia va in Messico a Puerto Escondido, il che vi ricorder qualcosa di cinematografico , passa per Managua, ritorna a Parigi e diventa il massimo scrittore italiano di genere nero. In Francia acclamatissimo: gli dedicano speciali televisivi, pagine di giornale, trasmissioni radiofoniche. In occasione delluscita dellultimo suo lavoro, lo splendido Le cargo sentimental, capita di vivere scene come questa che racconto. Sono alla FNAC accanto alla Grande Arche, entro, chiedo a un commesso lultimo libro di Battisti e quello, accorgendosi che sono italiano, mi domanda se lo conosco di persona, mi supplica di portargli un saluto affettuoso da parte di un fedele lettore. Sono in tanti: non i commessi FNAC, ma i fedeli lettori dei romanzi di Cesare Battisti. Anche in Italia si contano schiere di fedelissimi, che rimasero letteralmente incantati dalla potenza narrativa e civile di testi come Lultimo sparo (Derive Approdi) e Lorma rossa (Einaudi). Adesso che si prepara un rientro editoriale di grande richiamo, su Cesare Battisti prevedibile che si scatener di nuovo la tentazione di farne un culto letterario. Non il caso. Il culto la degenerazione dellamore e tutti i romanzi di Battisti altro non sono che un tentativo di impedire proprio questa degenerazio146

ne. Il che garantisce a tutti i suoi lettori unesperienza che sembrava perduta: quella di amare un scrittore e ci che ci regala vale a dire: amare la letteratura. La tentazione critica da cui vorrei deviare, parlando dellopera di Cesare Battisti, questa: Battisti interessante perch ha vissuto a fondo la stagione politica e i suoi sono romanzi politici. Non cos. Sembra cos, per alcuni titoli, ma non mai cos, come dimostra il libro che avete in mano e che si intitola s Avenida Revolucin ma non ha precisamente nulla a che vedere con uninterpretazione superficialmente politica ed esistenziale. Certo, uno prende in mano Lultimo sparo e dice: la storia dei miracoli di un fuggiasco, il resoconto finale di una generazione perduta al sogno di libert. Anche qui: solo in apparenza. Lultimo sparo molto di pi: in tempi in cui nessuno si filava i romanzi brevi, glaciali e sconvolgenti di Jean-Patrick Manchette, prima della postuma riscoperta che dellautore di Nada ha fatto il massimo e pi celebrato scrittore noir (ma non solo), Cesare Battisti aveva scritto lunico romanzo italiano avvicinabile a Manchette. Teso, ritmato come una piatta onda vibratoria, Lultimo sparo otteneva proprio leffetto di un ultimo sparo: colpiva alla fronte il lettore e lo segnava indelebilmente. Tra laltro, esito non secondario, riproponendo, ma in maniera genialmente algida e rinnovata, la questione assai tradizionale e letteraria dello spazio di scelta (o di non scelta) tra vita e morte, tra libert e necessit, tra fatalit (termine precisamente manchettiano) e rivolta, tra sogno e realt. Ecco a che cosa giunge la scrittura politica di Battisti: alla totalit dellesistente, che la vita vivente, con tutto il suo glorioso massimalismo, che ripete in perfezione e in presenza laltrettanto gloriosa tradizione epica. Non soltanto perch Lultimo sparo, storia largamente autobiografica, un bilancio generazionale. soprattutto perch si affronta il rapporto ambiguo, deficitario o trionfante che sia, tra lindividuo e la comunit che Lultimo sparo si costituisce quale vibrante e supercompressa epica contemporanea. Non una storiografia che Battisti tenta. Siamo fin troppo disinibiti per credere che la storia di un drop out, per quanto reattivo, sia semplicemente quello che sembra: le sue valenze allegori147

che, diciamo cos, sono ben pi politiche di qualunque rimando semplicistico alla vicenda in s, che politica anchessa. Questo stravolgimento della storiografia, potentemente rovesciata in narrazione epica, un tentativo a cui Battisti rimasto fedele in tutti i suoi romanzi, fino a questo Avenida Revolucin. Basta semplicemente considerare che, seppure in senso non soltanto fisico, Lorma rossa quella di Palmiro Togliatti: un approccio quasi shakespeariano (non ovviamente sul piano linguistico: sto parlando del piano tematico) a tutta la messinscena che il Potere tenta di allestire nella sua opera di espropriazione dellumano. Proprio di questo si parla in Avenida Revolucin: dellumano espropriato da se stesso. Qui Battisti ha calibrato in maniera sconvolgente lutilizzo non soltanto di un genere, ma di molti generi, tutti coagulati in uno. Non voglio sottrarre una particola di piacere alla lettura rivelandone la trama: perch Battisti uno dei pochi scrittori italiani che funzionano prendendoti alla gola e non lasciandoti pi. Parler piuttosto delle suggestioni che questo romanzo veicola e da cui a sua volta veicolato. Avenida Revolucin una storia dellInterzona: un luogo di mezzo, di contenimento e di contenzione, di libert sfrenata e di duello allultimo sangue con lalienazione, con gli altri e con se stessi ( da tenere presente, questa notazione, quando si legger il finale e si osserver da una prospettiva tutta nuova la sorte di Antonio Casagrande, il protagonista). Citare lInterzona significa evocare immediatamente lo spettro di William Burroughs ed esattamente ci che desideravo fare. Non nel senso che lo stile di Battisti una macchina complessa e barocca e magari illeggibile di tagli e montaggi: no, Avenida un libro leggibilissimo secondo il carattere di linearit a cui lo spettatore occidentale pare essersi abituato. piuttosto la mescola di tematiche tra cui lautore fa scoccare archi voltaici impressionanti ad avvicinare questo romanzo a quelli del genio del Pasto Nudo. Qui c tutto il corredo tradizionale della letteratura: amore, morte, lavoro, sesso, senso, confine, sogno, utopia, lotta, mistificazione. un percorso iniziatico che in Avenida viene raccontato, compiendo il quale Antonio Casagrande, uno
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che la casa la lascia e che grande non affatto, verr ad attraversare lesperienza definitiva, ma sempre mobile, della Casa Nomadica e della Grandezza dellUomo. Burocrazie complesse e macchiniche, artificiali e stritolatrici, vengono ad affrontare de visu luomo che cerca la propria emancipazione, tentando di attaccarlo al muro dellapparenza e del condizionamento. Muro che, peraltro, uno dei massimi protagonisti del romanzo, che raggiunge il suo apice in una Tijuana onirica ed epifrenica, in cui Battisti condensa gli esotismi noir dellOrson Welles de Linfernale Quinlan e, va da s, il retrogusto anfetaminico dellEllroy di Tijuana mon amour. Liscrizione oraziana che non cambiando cielo che si cambia anima viene incisa a viva forza sulla pelle dellex contabile Antonio Casagrande, in una via crucis che conduce da Milano al Messico (ma soprattutto nellAltrove): esperienza ultimativa grazie a cui luomo si trova davanti al Leviatano, che non il Potere ma Se Stesso, e deve prendere una risoluzione. E la risoluzione questa: o di l o di qua, o si passa il confine o si resta dietro di esso, pur sapendo che molto spesso ci che si trova al di l del limite uninversione e si torna al di qua. Il gesto radicale delluomo in cerca di emancipazione significa questo: sottrarsi al gioco incoerente della vita , al trucco con cui il destino presenta le sue tre carte tentando di gabbarci. In mezzo a tutto ci, secondo la precisa tradizione alla Burroughs (che, insieme a Kafka e al Dick di Ubik, mi pare il nume tutelare del libro di Cesare Battisti), farete lesperienza da incubo di intermezzi apparentemente distonici, divaricati secondo la logica dellallucinazione storiografica a cui Battisti lavora con alacre impegno. Giusto per farvi assaggiare la potenza civile, spiazzante e rivelatrice, di questi inserti in forte connessione tra loro, ecco come culmina uno snodo importante di quella rete in cui sarete felicissimi di farvi prendere: Oh, so bene chi sei: un artista della sublimazione; altrimenti detto, un falsario della realt. Ora per ti senti come un prestigiatore a cui hanno sottratto conigli e cilindro. Di, cittadino, mostraci come farai a recuperare il potere delle tue pagine. Mentre nel successivo Cargo sentimental Battisti sconvolge il romanzo realista plurigenerazionale, entrando nel149

labisso della costante uomo tra epoche diverse (per intenderci: una versione avantpop di Bacchelli: di quella cosa l, insomma), in Avenida egli realizza il sogno di un romanzo fantastico e realista, cio eminentemente, violentemente politico, al di fuori dei comodi canoni del realismo fantastico alla sudamericana. Qui si avverte lasprezza della battaglia di un uomo contro di s, di un uomo che ha vissuto con profondit sempre e ovunque, non lasciandosi incantare dagli esotismi dellalienazione, ma tentando la radicalit, individuale e collettiva, come via primaria alla liberazione dal giogo e alla riappropriazione del gioco. Cesare Battisti, come del resto Valerio Evangelisti, operano sul fantastico e sul politico un lavoro di non tanto segreta elaborazione. Lepoca che stiamo vivendo, la battaglia di movimento che si sta preparando certificano quanto costoro, che sono tra gli ultimi umanisti, abbiano oggi ragione. Per questo li dobbiamo amare. CESARE BATTISTI: CARGO SENTIMENTALE di Hubert Artus Le Cargo Sentimental (Eds. Jolle Losfeld, febbraio2003) probabilmente il capolavoro di Cesare Battisti. Ancora intradotto in Italia, il romanzo stato recensito da Hubert Artus sul sito francese Mauvais Genres. Pubblichiamo la traduzione di quellarticolo. Le cargo sentimental una sommatoria di destini familiari, messi in vertiginosa centrifugazione. Sulla linea del romanzo che precedentemente Battisti aveva pubblicato da Losfeld, Dernires cartouches (linea che si potrebbe sintetizzare cos: desiderio, amore, intensit dei ricordi, rabbia del vinto, forza della volont rivoluzionaria), il cargo imbarca tre generazioni (il padre, il figlio narratore, una giovane figlia) per tracciare un bilancio sulla vita e sulle lotte di ciascuno: la resistenza al fascismo di Mussolini, gli anni di piombo e la resistenza alleconomia liberista. Il narratore, esule egli stesso dallItalia in Francia, pendola tra il presente affannoso e il passato in cui ha agito
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senza specchietto retrovisore. Con la sua tipica strategia linguistica di spostamento sulla linea di confine, Battisti innova il suo tentativo di parlare del passato al di fuori di qualunque nostalgia... ammesso che ci sia una verit da catturare. In Battisti, la frontiera tra realt e fiction sempre sottile; e quella tra reale e interpretazione del reale, anche. Questo romanzo, semplice soltanto in apparenza, esige unattenzione costante e intensa in ogni momento. La lingua di questo autore esprime rabbia e lascia trapelare sottintesi. Per Battisti, le origini dellingiustizia commessa nei confronti dei rivoluzionari italiani risale alla Guerra: una guerra perduta che non ha permesso di affrontare compiutamente, in Italia, il fascismo. Sollevazione narrativa come si deduce da una frase come questa, che Battisti ripete pi volte: Non luomo che crea le circostanze, sono le circostanze che creano luomo. Il personaggio scopre, intera, non soltanto la storia del padre, ma anche la propria, tra gli stessi residui luminosi del proprio destino. Due generazioni di combattenti per il medesimo risultato: nessun passaporto per vivere. Una terza generazione che, i documenti, li ha. Il parallelo stabilito tra questi destini (che, per forza di cose, si intrecciano) offre una prospettiva di romanzo a pi livelli e una dimostrazione di algebra politica implacabile. Battisti, che dispone di una visionariet acida, si congeda da noi, a fine libro, con unimmagine (su una duna) di sfrenata poesia. Se il potere, qualunque cosa esso sia, divide (lotte e generazioni) per meglio imperare, questo romanzo ricostruisce il legame e comprova lintensissima esigenza intellettuale e letteraria di Cesare Battisti. APPELLO PER LA LIBERAZIONE DELLO SCRITTORE CESARE BATTISTI I servizi speciali francesi hanno arrestato lo scrittore Cesare Battisti, rifugiato in Francia ormai da quattordici anni. Su di lui pende una domanda di estradizione presentata dal governo italiano, sulla base di una condanna pronunciata in contumacia oltre un ventennio fa.
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bene ricordare che a Cesare Battisti fu concesso asilo politico solo dopo che un magistrato francese ebbe vagliato le prove a suo carico, e le ebbe giudicate contraddittorie e degne di una giustizia militare. A Battisti erano stati addossati tutti gli omicidi commessi da unorganizzazione clandestina a cui era appartenuto negli anni 70, anche quando circostanze di fatto e temporali escludevano una sua partecipazione. Dal momento della sua fuga dallItalia, prima in Messico e poi in Francia, Cesare Battisti si dedicato a unintensa attivit letteraria, centrata sul ripensamento dellesperienza di antagonismo radicale che vide coinvolti centinaia di migliaia di giovani italiani e che spesso sfoci nella lotta armata. La sua opera nel suo assieme una straordinaria e ineguagliata riflessione sugli anni 70, quale nessuna forza politica che ha governato lItalia da quel tempo a oggi ha osato tentare. La vita di Cesare Battisti in Francia stata modesta, piena di difficolt e di sacrifici, retta da una eccezionale forza intellettuale. riuscito ad attirarsi la stima del mondo della cultura e lamore di una schiera enorme di lettori. Ha vissuto povero ed povero tuttora. Nulla lo lega a terrorismi di sorta, se non la capacit di meditare su un passato che per lui si chiuso tanti anni fa. Trattarlo oggi da criminale un oltraggio non solo alla verit, ma pure a tutti coloro che, nella storia anche non recente, hanno affidato alla parola scritta la spiegazione della loro vita e il loro riscatto. Certo, c chi ha interesse a che una voce come quella di Cesare Battisti venga tacitata per sempre. Chi, per esempio, contribu alle tragedie degli anni 70 militando nelle file neofasciste o in quelle di organizzazioni clandestine quanto i Proletari armati per il comunismo chiamate Gladio o Loggia P2, e sospettate di un numero impressionante di crimini. Chi fa oggi della xenofobia la propria bandiera. In una parola, una gran parte del governo italiano attuale. Noi invece vorremmo che di scrittori capaci di affrontare di petto il passato come Cesare Battisti ce ne fossero tanti, e che i cittadini francesi capissero chi rischiano di
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perdere, per la vigliaccheria dei loro governanti: un uomo onesto, arguto, profondo, anticonformista nel rimettere in gioco fino in fondo se stesso e la storia che ha vissuto. In una parola, un intellettuale vero. Non era tradizione della Francia privarsi di uomini cos, per farli inghiottire da una prigione. Ci auguriamo che la Francia non sia cambiata tanto da tacere di fronte a un simile delitto. S, delitto. Avete letto bene. Seguono 2200 firme, tra cui le seguenti: Valerio Evangelisti (scrittore), Serge Quadruppani (scrittore, Francia), Daniel Pennac (scrittore, Francia), Marco Muller (direttore della Mostra del cinema di Venezia, produttore cinematografico), Wu Ming (scrittori), Vauro (disegnatore), Giuseppe Genna (scrittore), Lello Voce (poeta), Nanni Balestrini (scrittore e critico), Antonio Moresco (scrittore), Tiziano Scarpa (scrittore), Marco Philopat (scrittore ed editore), Luigi Bernardi (scrittore ed editore), Helena Janeczek (scrittrice), Giorgio Agamben (filosofo, scrittore), Aldo Nove (scrittore), Davide Ferrario (regista), Guido Chiesa (regista), Dario Voltolini (scrittore), Loredana Lipperini (giornalista) Ivano Ferrari (poeta), Massimo Carlotto (scrittore), Florence Thinard (scrittrice, Francia), Tommaso Pincio (scrittore), Pino Cacucci (scrittore), Gilles Perrault (scrittore, Francia), Roberto De Caro (critico musicale, direttore di Hortus Musicus), Dominique Manotti (scrittrice, Francia), Paolo Cento (deputato Verdi), Mauro Bulgarelli (deputato Verdi), Stefano Tassinari (scrittore), Carla Benedetti (critica letteraria), Laura Grimaldi (scrittrice e traduttrice), Gianfranco Manfredi (scrittore e musicista), Michele Monina (scrittore), Beppe Sebaste (scrittore), Jean-Marie Laclavetine (scrittore, Francia), Octavio Carsen (giurista, Argentina), Giovanni Russo-Spena (deputato, PRC), Graziella Mascia (deputato, PRC), Massimiliano Governi (scrittore), Christian Raimo (scrittore), Sandrone Dazieri (scrittore), Jacques Tardi (disegnatore, Francia), Christian Britsch (docente universit di Zurigo), Anne-Marie Mtaili (editrice, Francia), Deanna
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Shemek (docente universit della California), Monica DellAsta (docente universit di Bologna), Jacopo De Michelis (editor) e altri duemila tra intellettuali, operai, sindacalisti, imprenditori, fotografi, impiegati, artisti, musicisti, attori, cineasti, docenti, giornalisti, scrittori, studenti, dallItalia, dallEuropa e da altri due continenti.

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