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IL SAGGIATOF194
Appendice 3
Una citta
non é un albero’
Il termine che compate nel titolo non intende significare
un vero € proprio albero, verdeggiante di foglie, ma un cer-
to schema mentale*
In contrapposizione a questo, userd nel mio scritto il ter-
mine semi-lattice, che sta ad indicare un secondo schema
mentale, ben piti complesso, nel suo tessuto, del primo”
Per porre in rapporto questi schemi astratti con a natura
degli insediamenti urbani, occorte procedete preliminarmen-
te ad una radicale distinzione, Chiamerd «citta naturali»
quelle f6rmatesi piti o meno spontaneamente nel corso di
un tempo lunghissimo, e «citta artificiali» quelle citta (o
parti di esse) che sono state create da progettisti e pianifi-
catori con atto volontaristico.
Siena, Liverpool, Kyoto, Manhattan sono esempi di citta
naturali. Levittown, Chandigarh ¢ le new towns inglesi
sono esempi di cittd artificiali.
Negli ultimi tempi va sempre pid diffondendosi una tenden-
za a riscontrare nelle citta artificiali la mancanza di requi-
siti essenziali. In confronto con qualsiasi citth antica, rico-
perta dalla patina della vita, tutti i moderni tentativi diretti
ad una creazione artificiale di citta si stanno rivelando, sotto
il profilo umano, del tutto vani.
Gli stessi architetti_ammettono ormai sempre piti aperta-
mente che preferiscono vivere nei vecchi edifici piuttosto che
nei nuovi. II pubblico in generale, indipendentemente dal
suo pitio meno scarso amore per V'arte, anziché apprezzare
l’opera dell’architettura contemporanea, sembra tendere piut-
tosto a considerare il prorompere della moderna edilizia
come una calamita inevitabile: uno fra i tanti tristi feno-
meni di un mondo che sta andando in rovina.
E troppo facile ribattere che queste opinioni riflettono sol
tanto un’ancor molto diffusa resistenza ad abbandonare il
passato e la tradizione. Per quanto mi riguarda, nutro inve-ce una certa fiducia proprio in questa specie di conservato-
tismo. E, noto, ad esempio, come lamericano medio desideri
generalmente stare al passo con il progresso dei tempi. La
sua crescente riluttanza ad accettare a cit’ moderna espri-
me dunque un reale bisogno di qualcosa che, per i] momento,
si sottrae alla nostra immediata comprensione.
La prospettiva di poter trasformare la Terra in un pianeta
disseminato soltanto di scatole di vetro ¢ cemento ha allar-
mato anche molti architetti. Per combattere la futura sca-
tola di vetro, sono state avanzate molte coraggiose proteste
e anche molti progetti, nella speranza di ricreare in forma
attuale le varie caratteristiche che sembrano rendere tanto
viva la cit’ «naturale». Ma fino ad ora questi progetti
hanno solamente imitato 9 ripetuto vecchi: modelli. Non
sono stati capaci di creame dei nuovi.
La campagna dell’« Architectural Review» contro il modo
in cui le nuove costruzioni e i pali telegrafici rovinano la
citta inglese, proponeva rimedi essenzialmente fondati sul-
Videa che per preservare la scala dovesse venir controllata
la sequenza spaziale degli edilici ¢ delle aree aperte: un’idea
che in realta deriva dal trattato di Camillo Sitte sulle piaz-
ze antiche.
Un altro tipo di rimedio — nell’ambito della protesta contto
la monotonia di Levittown — é quello che tenta di ricreare
la ricchezza di forme riscontrabile nelle case di una vecchia
citta naturale. Esempio tipico di questo rimedio @ il villag-
gio Llewelyn Davies a Rushbrooke in Inghilterra, dove ogni
cottage differisce lievemente dal vicino, cos{ che i vari tetti
sporgono 0 rientrano dando haogo a pittoresche angolazioni
Un terzo rimedio & quello di ricorrere alPalta densita ur.
bana. Si presume che se Vintera metropoli potesse assomi-
gliare alla Grand Central Station, con propaggini ¢ galerie
dovunque dirette e intersecantesi, con gente che le riempis-
se tutte muovendosi in masse compatte, allora ridiventerch-
be umana.
Una analisi fra le pitt acute del mortale squallore che dilaga
ovunque, proviene da Jane Jacobs. I suoi giudizi critici
sono eccellenti. Ma quando poi si artiva alle sue proposte
Positive, ecco nascere subito l'impressione che la grande
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