You are on page 1of 17

Gli errori da evitare quando si scrive

Guida essenziale all’editing editoriale


di
Storiacontinua.com
©Storia Continua
Introduzione

Davanti a un testo accade, come per uno strano maleficio, di non


riuscire più a frenare l’impulso di esprimersi in modo forbito. Per
spiegare ciò che si vorrebbe dire, a differenza di quando si parla, si
va sempre alla ricerca della parola più difficile e meno diretta
possibile. Il risultato, alla fine, è soltanto quello di appesantire la
narrazione con termini improbabili o di banalizzarla con una
retorica infantile. Il ricorso alle frasi fatte (una donna è bella? Da
morire. Quello ha una faccia? Di bronzo), alle metafore ritrite (sole,
cuore, amore) alle parole superflue (destini futuri, pugni chiusi,
uscire fuori, protagonista principale) sono una scorciatoia per
uscire dalla evidente difficoltà di esprimersi in un linguaggio che
non è il proprio. Quando si scrive, invece, bisognerebbe sempre
attenersi a quei canoni di chiarezza, coerenza e accuratezza, di cui i
grandi autori del passato ci hanno dato prova. Da Italo Calvino, che
con le sue “Lezioni Americane” ci ha lasciato in eredità alcuni dei
principi fondamentali dello scrivere bene.

Leggerezza
La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di
peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai
corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso
alla struttura del racconto e al linguaggio. La leggerezza per me
si associa con la precisione e la determinazione, non con la
vaghezza e l’abbandono al caso.

Rapidità
Sono convinto che scrivere prosa non dovrebbe essere diverso
dallo scrivere poesia; in entrambi i casi è ricerca di un’espressione
necessaria, unica, densa, concisa, memorabile.
Esattezza
Vuol dire per me soprattutto tre cose: un disegno dell’opera ben
definito e ben calcolato; l’evocazione d’immagini visuali nitide,
incisive, memorabili; un linguaggio il più preciso possibile come
lessico e come resa delle sfumature del pensiero e
dell’immaginazione.

A Mark Twain:
 l’autore dirà ciò che intende chiaramente, senza confondere
le acque;
 l’autore utilizzerà la parola giusta e non una sua cugina di
secondo grado;
 l’autore rinuncerà a ciò che non serve.
 l’autore non ometterà dettagli essenziali;
 l’autore eviterà qualsiasi sciatteria formale;
 l’autore farà uso di una grammatica corretta;
 l’autore impiegherà uno stile semplice e diretto.

E George Orwell:
 Non usare mai metafore, similitudini o altre figure
retoriche che sei abituato a vedere sulla stampa.
 Non usare mai una parola più lunga se ce n’è una più corta.
 Se puoi tagliare una parola tagliala sempre.
 Non usare mai la forma passiva quando puoi usare quella
attiva.
 Non usare mai una parola straniera, un termine scientifico
o un’espressione gergale quando c’è un equivalente nella lingua
quotidiana.

E per chi ancora non avesse chiaro il concetto, concludiamo con le


famose 40 regole riportate da Umberto Eco ne “La Bustina di
Minerva”. Una serie di precetti che per ironia e, appunto,
leggerezza risultano in assoluto i più efficaci:
- Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
- Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando
necessario.
- Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
- Esprimiti siccome ti nutri.
- Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
- Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare
indispensabile) interrompe il filo del discorso.
- Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
- Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
- Non generalizzare mai.
- Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
- Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le
citazioni. Dimmi solo quello che sai tu”.
- I paragoni sono come le frasi fatte.
- Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa;
ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione
inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
- Solo gli stronzi usano parole volgari.
- Sii sempre più o meno specifico.
- L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
- Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
- Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie
di un serpente.
- Metti, le virgole, al posto giusto.
- Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due
punti: anche se non è facile.
- Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai
all’espressione dialettale: peso e! tacòn del buso.
- Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”:
sono come un cigno che deraglia.
- C’è davvero bisogno di domande retoriche?
- Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero
di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi
che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché
il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento
dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente
farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una
delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei
media.
- Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi
lo fà sbaglia.
- Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del
sostantivo maschile.
- Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
- Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini
stranieri.
- Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire,
Roosewelt, Niezsche, e simili.
- Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza
perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX
secolo, l’autore del 5 Maggio.
- All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per
ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire
neppure quello che vi sto dicendo).
- Cura puntiliosamente l’ortograffia.
- Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
- Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non
serve.
- Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia
una pessima impressione.
- Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque
avresti sbagliato.
- Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente
dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse
conseguirebbero dalle conclusioni.
- Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi
inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti
appaiano come altrettante epifanie della differanza
grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva — ma peggio
ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga
con acribia ecdotica — eccedano comunque le competente
cognitive del destinatario.
- Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello
che.
- Una frase compiuta deve avere.

È con queste regole ben impresse nella mente che bisogna


avvicinarsi alla fase di revisione del romanzo. Anzi, sarebbe più
corretto parlare di revisioni, perché questo è un processo che
richiede più momenti e diversi gradi di attenzione, partendo da un
livello più strutturale, passando per l’ortografia e infine
all’impaginazione.
L’editing del romanzo

Controllate, innanzitutto:
la coerenza della storia e la correttezza delle informazioni
riportate. Non è poi sempre vero che un personaggio deceduto a
pagina dieci del romanzo non possa ricomparire a pagina cento,
questo dipenderà dalle regole che avete stabilito per il vostro
mondo narrativo. In fondo, non sareste i primi a raccontare di
morti che camminano, ma dovrete farlo assicurandovi che i lettori
vi credano per tutta la durata del racconto, senza mai interrompere
quel patto di fiducia che vi lega. Per questo, specie se ambientate il
vostro romanzo in un determinato periodo storico o all’interno di
un contesto che corrisponde alla realtà, è buona prassi andare a
verificare l’attendibilità di quanto scritto.

L’efficacia dell’intreccio: non state riportando la cronaca fedele


di un avvenimento, state scrivendo un romanzo, quindi, accertatevi
che la trama proceda in crescendo, che la collocazione di ogni
sequenza risulti utile nel creare aspettativa e necessaria allo
sviluppo della storia. Ognuna deve avere un obiettivo, un conflitto
da superare e una risoluzione che conduca alla scena successiva
fino alla conclusione. E ancora, che l’ordine in cui le avete disposte
tra le pagine rispecchi il senso ultimo della storia, cioè deve
avvenire alla fine un cambiamento nei personaggi, un’evoluzione
che non potrebbe verificarsi se non affrontando quell’esatta catena
di eventi.

La chiarezza dei periodi: optate per una sintassi essenziale –


soggetto, predicato, complemento, – frasi semplici, di senso
compiuto e con poche subordinate; questa struttura vi consentirà
di esprimervi con ritmo e immediatezza. Verificate le concordanze
di genere e numero, l’uso corretto dei tempi verbali.
Soprattutto, state alla larga da avverbi e aggettivi ridondanti. Come
sostiene Stephen King: con gli avverbi, lo scrittore ci dice che ha
paura di non essere abbastanza chiaro, di non trasmettere nel
modo migliore il concetto o l’immagine.
Caccia ai refusi

Lungi dal trasformare questo in un manuale di grammatica


italiana, ci limiteremo a fare un po’ di chiarezza su quelle regole di
ortografia, che causano gli equivoci maggiori tra chi scrive. Gli
errori più diffusi riguardano l’uso di accenti e apostrofi, quando
posti per distinguere due monosillabi graficamente simili.

La regola richiede l’accento su:


• dà (verbo dare) per distinguerlo dalla preposizione da.
• è (verbo essere) per distinguerlo da e (congiunzione).
• là (avverbio di luogo) la (articolo).
• lì (avverbio di luogo) li (pronome).
• né (negazione) ne (particella pronominale).
• sé (pronome) se (congiunzione).
• sì ( affermazione) si (particella pronominale).
• dì (sostantivo) di (preposizione).
• tè (sostantivo) te (pronome personale).
• ché (forma abbreviata di perché: Me ne vado, ché così non si può
andare avanti) per distinguerlo da che (pronome: Il libro che mi
hai dato).

Vogliono l’apostrofo:
• L’imperativo del verbo andare. Va’ a casa!
• L’imperativo di fare. Fa’ attenzione!
• L’imperativo di stare. Sta’ fermo!
• L’imperativo di dare. Da’ retta a tua madre!
• L’imperativo di dire. Di’ tutto quello che sai!
• Le parole: po’ (poco), be’ (bene) mo’ (modo).
Si scrive Non si scrive

all’incirca allincirca

c’entrare (avere a che centrare (che significa


fare, riguardare) fare centro)

d’accordo daccordo

d’altronde daltronde

davanti d’avanti

dinanzi d’inanzi

dovunque d’ovunque

finora fin’ora

l’altr’anno l’altranno

nient’altro nientaltro

poc’anzi pocanzi

pressapoco press’a poco

quant’altro quantaltro

senz’altro senzaltro

tutt’altro tuttaltro

tutt’e due tuttedue

tutt’oggi tuttoggi

aldilà (che è la vita oltre


al di là
la morte)

ancorché ancor che

benché ben che

chissà chi sa

finché fin che

giacché già che


lassù la sù

neanche né anche

nemmeno né meno

neppure né pure

nonché non che

perciò per ciò

piuttosto più tosto

poiché poi che

quaggiù qua giù

qualora qual’ora

sicché sì che

sennonché se non che

talora tal’ora

tuttora tutt’ora
L’impaginazione

La parola chiave per una corretta impaginazione è uniformità. Una


volta scelto lo stile e la dimensione dei caratteri e dei segni di
interpunzione, questi dovranno rimanere immutati lungo tutto il
dattiloscritto. Ricordate che state editando il documento che andrà
sottoposto al giudizio delle case editrici, quindi, cercate di attenervi
a precise norme editoriali.

 Pagine: formato A4 con margini di 2 cm.


 Capoversi: rientro 0,50 cm.
 Interlinea: singola, massimo 1,5 cm.
 Allineamento: sinistra.
 Spazi: vanno inseriti dopo ogni segno di punteggiatura,
eccetto dopo l’apertura di una parentesi o delle virgolette.
 Caratteri: Times New Roman, Garamond, Palatino;
dimensione 12 px. I corsivi si usano in genere per i titoli di libri,
film, poesie e termini stranieri, a volte per dare enfasi a
determinate espressioni. Il grassetto va riservato a titoli di capitoli
e paragrafi.
 Maiuscole: si usano per i nomi propri, i nomi di
associazioni, enti o imprese, festività e ricorrenze. La maiuscola va
di rigore dopo il punto fermo e le virgolette che aprono un dialogo,
sempre precedute dai due punti.
 Dialoghi: è preferibile inserirli tra le virgolette basse (« ») i
cosiddetti caporali. Le virgolette alte doppie (“ ”) sono più indicate
per esprimere i pensieri dei personaggi, mentre gli apici (‘ ’) si
usano per riportare delle citazioni o evidenziare delle parole
all’interno di una frase già virgolettata.
La punteggiatura si mette all’interno delle virgolette quando fa
riferimento alle battute del dialogo, viceversa, nel caso in cui il
dialogo è interrotto da un inciso, la punteggiatura va messa fuori.
«Come procede la stesura del romanzo?»
«Allora,» attaccò l’insegnate, «come procede la stesura del
romanzo?»
«Procede...» risposi sconsolato.
Non è errato il ricorso al trattino lungo (: ―) che a differenza delle
virgolette non va chiuso quando la frase va a capo.
― Come procede la stesura del romanzo?
― Procede... ― risposi sconsolato.

Voi, comunque, evitate di infarcire i dialoghi con sfilze di puntini di


sospensione e punti esclamativi: scrivere... così!! Eh!? Non rende
più realistica una conversazione, semmai più isterica.
Organizzare la scrittura

Aggiungere immediatamente quanti più dettagli possibile all’idea


di partenza per una storia è fondamentale per la buona riuscita del
romanzo. Il segreto sta tutto nel sapersi organizzare.

Pensate ai dettagli della trama.


Immaginate le scene nella vostra mente e annotate ogni più piccolo
particolare.

Descrivete cosa vedete e raccogliete il tutto in paragrafi organizzati


secondo una struttura logica sequenziale di Transizione (quando)
– Azione (cosa) – Dettaglio (come); dovranno essere solo degli
abbozzi, non un lavoro finito.

Utilizzare un modello di base potrà esservi di aiuto per iniziare la


stesura del libro.

Scarica il Modello del Fiocco di Neve per scrivere la prima bozza del libro in 10 passi
Etichettate tutto ciò che vi viene in mente, ogni etichetta sarà un
dettaglio ulteriore di cui scrive. Usate singole parole o frasi brevi
utili a identificare ogni immagine. Più dettagli avrete, migliore sarà
la vostra scrittura.

Avrete l’azione, lo scenario, non vi resterà che aggiungere i dettagli


emotivi di ogni scena.

Utilizzate le parole giuste, che vi aiutino a esprimere esattamente


ciò che volete dire. Banalmente: utilizzate parole che conoscete e di
cui siete in grado di capire il significato.

Per essere sicuri di aver scritto nel modo giusto, rileggete


lentamente le parole, ascoltatene attentamente il suono; allungate
letteralmente ogni parola e riempitevi la bocca del loro suono.
La rilettura ad alta voce dovrebbe risultare piacevole e divertente,
quindi, chiedetevi se, lette insieme, le parole che avete scelto siano
le più efficaci.

Se il loro suono non vi convince o se non siete proprio sicuri


dell’ortografia, in questa prima fase di revisione, sottolineatele e
proseguite nel vostro lavoro. Avrete modo di correggerle alla fine.
Scrivere significa soprattutto riscrivere, allora affidandovi a questo
metodo avrete l’inestimabile vantaggio di superare il timore della
pagina bianca. Anche se scrivete una prima bozza veramente
orrenda, in un italiano mediocre, ma che contiene i capisaldi della
trama, vedrete che il processo di creazione del romanzo sarà molto
più veloce rileggendo, tagliando e riscrivendo di quanto lo sarebbe
seguendo la linearità della storia dall’inizio alla fine.

Quando utilizzerete parole nuove, non sottovalutate la pratica di


memorizzarle, prendete nota della parola e del suo significato
corretto, in questo modo amplierete il vostro vocabolario e risulterà
sempre più semplice esprimere il significato profondo di ciò che
vorrete raccontare.
È un passaggio importante perché se il romanzo è solo una
sequenza di eventi senza alcun significato allora non vale la pena di
perdere del tempo a scriverlo.

Per ricapitolare

Chiedetevi:
il mio incipit invoglia chi lo legge a voler scoprire di più della
storia?

Il mio finale fa pensare a qualcosa di importante? Resterà impresso


quanto ho scritto?

Ho organizzato il contenuto secondo il miglior ordine possibile?

Quali frasi suonano meglio?

Ho utilizzato parole interessanti che possono rimanere impresse


nella memoria?

I lettori ricorderanno le mie parole perché…?

Se non trovi le risposte giuste


Chiedi la consulenza diretta di
“Self Publishing Assistant”

Assistenza editoriale h24

Tu pensa solo a scrivere, al resto pensiamo noi!

You might also like