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LA QUESTIONE MERIDIONALE
A rendere esplosiva la situazione fu lirrisolta questione della terra ai contadini del sud, che ancora non avevano avuto la possibilit di accedere alla propriet fondiaria. La conquista della terra stata per tantissimo tempo un miraggio un sogno per tutti i contadini del sud, sogno che li aveva spinti a combattere con coraggio nelle trincee, sogno alimentato dallo stato per sfruttarli, ma mai avverato. N i governi liberali, n lopposizione cattolica e socialista, n nessun altro fu in grado di affrontare efficacemente tale questione, che avrebbe permesso di rendere parte della nazione le povere masse del sud. Tutto questo sfoci nelloccupazione contadina dei grandi latifondi incolti, richiedendo che gli venissero affidati, consegnati (al fine di poter crescere economicamente ecc), ma lo stato rimase inerte di fronte a tali richieste, accentuando il forte divario che gi esisteva con i contadini. Lunico gruppo che riusc ad intravedere limportanza della risoluzione della questione meridionale fu l Ordine nuovo formato da giovani intellettuali e Antonio Gramsci. Essi ritenevano fondamentale linserimento dei contadini del sud nella vita della nazione, e ritenevano che se ci non fosse accaduto, si sarebbero verificati diversi problemi. Tuttavia i contadini non ottennero mai ci che volevano, e, rassegnati, rimasero pronti ad accogliere passivamente lavvento della dittatura.
LA FRUSTRAZIONE DEI CETI MEDI Il movimento operaio perse dincisivit, anche perch non si coalizz n con i braccianti n con i medi e piccoli ceti urbani. Linflazione infatti colp non solo operai e braccianti ma anche la piccola e media borghesia, sia come salariati che come risparmiatori. Le difficolt economiche poi si combinarono con una crisi di identit sociale. La piccola borghesia aveva goduto di un certo prestigio nellesercito, al quale aveva dato le leve di ufficiali e sottoufficiali, e nel momento in cui questi tornarono alla vita quotidiana del dopoguerra, talvolta conobbero la disoccupazione, talvolta videro il loro tenore di vita peggiorato. Il sentimento di frustrazione che ne derivava sfociava in un forte risentimento verso: Gli operai: essi diedero luogo ad una sorda opposizione alla classe operaia, che appariva in grado di aumentare la sua fetta di reddito nazionale, minacciando i loro piccoli privilegi e il loro status di classi intermedie non proletarie. La borghesia agiata: ritenuta avida ed egoista. I suoi componenti erano chiamati pescicani in quanto si erano arricchitti speculando sulle commesse statali o sulla scarsit di beni di prima necessit. Sempre pi netta divenne la divisione tra alta borghesia e questo agglomerato di strati sociali intermedi. Ci port ad una sfiducia nel governo liberale. BENITO MUSSOLINI E LA NASCITA DEL MOVIMENTO DEI FASCI E DELLE CORPORAZIONI
La crisi di rappresentanza del ceto medio gi riscontrabile nel 1919. Uno dei primi a riconoscere il disagio in cui viveva il ceto medio e a tentare di canalizzarlo entro forme organizzate fu Benito Mussolini (ex direttore dellAvanti, giornale organo del Psi). Dopo esserne stato espulso, il 23 marzo 1919 Mussolini fond il Movimento dei fasci e delle corporazioni, che due anni dopo diventer il Partito nazionale fascista. Il movimento aveva lobbiettivo di porsi come punto di riferimento di quelle correnti dopposizione senza un chiaro riferimento politico, che comprendevano principalmente ufficiali e sottufficiali delusi dal ritorno alla vita quotidiana e larga parte del ceto medio urbano. La prima azione del movimento fu latto di incendio compiuto contro la sede principale a Milano dell Avanti!. Era chiaro che il loro principale avversario fosse il movimento operaio e che il loro obbiettivo fosse quello di sostituirsi allo stato facendo uso della violenza.
LE LEGGI SINDACALI
Le leggi sindacali rendevano illegali scioperi e occupazioni e privarono dautorit i liberi sindacati, sostituiti dai sindacati fascisti. Tali sindacati furono assoggettati allo stato e la tutela dei contratti collettivi stipulati era riservato alla magistratura del lavoro, la quale diventava larbitro di ogni eventuale disaccordo che sarebbe sorto tra capitale e lavoro. I lavoratori venivano quindi disconosciuti come forza sociale autonomamente e liberamente organizzata e furono riconosciuti come mera forza-lavoro, funzionale agli interessi delleconomia. Le leggi sindacali completarono il quadro di un regime totalitario che priv i cittadini dei diritti civili e politici e i lavoratori di difendere i propri interessi. Oltre al danno la beffa: la Carta del lavoro emanata dal regime dichiarava (illusoriamente) la centralit del lavoro e si diceva mirata alla collaborazione tra le classi.