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Difficolt economiche nel primo dopoguerra

GLI EFFETTI DELLA GUERRA E GLI SQUILIBRI STRUTTURALI DELLECONOMIA


Nello svilupparsi della situazione sociale e politica europea gioc un ruolo di fondamentale influenza ci che accadde in Italia. LItalia, che faceva parte delle potenze vincitrici della Grande Guerra, non vide un rafforzamento della classe liberal-conservatrice che laveva portata alla vittoria, ma, al contrario, vide un rafforzamento delle tensioni sociali e lo schierarsi dei cedi medi e della borghesia agraria. In breve tempo lo stato liberale croll, dando spazio allaffermazione di un regime autoritario (il fascismo) a cui si ispireranno i vari movimenti reazionari di tutta Europa. Se la Repubblica di Weimar impieg almeno 15 anni a crollare, lo stato liberale italiano invece resse pochissimo, e ci sottolinea lintrinseca fragilit della struttura sociale e politica italiana. Cos come gli altri paesi che avevano partecipato alla guerra, lItalia sub una grave crisi economica, risultato di uninflazione crescente e della difficolt di riconvertire la produzione industriale per adeguarla al tempo di pace. La crisi economica causa di una crisi sociale, che vedr laumento delle grandi lotte sociali. Tutto ci comprometter ancor di pi lequilibrio dellassetto sociale ed economico italiano. Durante la Grande Guerra, lItalia vide una notevole espansione e concentrazione dellindustria: le pi grandi industrie (Fiat, Ansaldo, Montecatini, Ilva ecc) passarono dalle poche migliaia alle decine di migliaia di dipendenti. Tuttavia questi giganti industriali fondavano le proprie radici su un terreno instabile a causa della rapidit con cui essi si svilupparono. Inoltre erano forti le esigenze di capitali (finora rimediati dalla cospicua massa di capitali pubblici e dagli aiuti dati dallo stato, loro maggior committente), che furono soddisfatte grazie allintervento attivo delle 4 pi grandi banche italiane (Banca commerciale, Credito italiano, Banca di Sconto, Banca di Roma). Il rapporto che si veniva a creare tra banca e impresa talvolta diventava fortissimo, come nel caso di Ansaldo-Banca di Sconto che, di fatto, divennero un unico gruppo economico.

UN CAPITALISMO MONOPOLISTICO E IL DUALISMO NORD-SUD


In Italia si svilupp un vero e proprio capitalismo monopolistico. Le grandi imprese infatti erano quasi interamente pilotate dallo stato che organizzava lofferta e regolava la domanda. Questa industria monopolistica non fece altro che accentuare il divario tra nord e sud. Le aziende e le imprese che inglobavano quasi interamente le risorse pubbliche erano nel nord, pi precisamente nel triangolo industriale formato da Milano-Torino-Genova gettando sempre pi nella miseria le industrie meridionali. Al sud quindi vi fu unesponenziale crescita della disoccupazione, che port molti italiani a fare lunica scelta possibile: emigrare (in America). Tuttavia dal 1917, in seguito a provvedimenti atti a ridurre limmigrazione straniera, le emigrazioni si ridussero drasticamente, portando al rialzo della disoccupazione.

LA QUESTIONE MERIDIONALE
A rendere esplosiva la situazione fu lirrisolta questione della terra ai contadini del sud, che ancora non avevano avuto la possibilit di accedere alla propriet fondiaria. La conquista della terra stata per tantissimo tempo un miraggio un sogno per tutti i contadini del sud, sogno che li aveva spinti a combattere con coraggio nelle trincee, sogno alimentato dallo stato per sfruttarli, ma mai avverato. N i governi liberali, n lopposizione cattolica e socialista, n nessun altro fu in grado di affrontare efficacemente tale questione, che avrebbe permesso di rendere parte della nazione le povere masse del sud. Tutto questo sfoci nelloccupazione contadina dei grandi latifondi incolti, richiedendo che gli venissero affidati, consegnati (al fine di poter crescere economicamente ecc), ma lo stato rimase inerte di fronte a tali richieste, accentuando il forte divario che gi esisteva con i contadini. Lunico gruppo che riusc ad intravedere limportanza della risoluzione della questione meridionale fu l Ordine nuovo formato da giovani intellettuali e Antonio Gramsci. Essi ritenevano fondamentale linserimento dei contadini del sud nella vita della nazione, e ritenevano che se ci non fosse accaduto, si sarebbero verificati diversi problemi. Tuttavia i contadini non ottennero mai ci che volevano, e, rassegnati, rimasero pronti ad accogliere passivamente lavvento della dittatura.

Il biennio rosso in Italia


LA CRISI NEL SETTORE INDUSTRIALE
Al concludersi della guerra, le imprese che fino a quel momento avevano conosciuto uno sviluppo rapidissimo basato per lo pi dalle commesse statali, si ritrovarono sullorlo della crisi nel momento in cui sinarid la spesa pubblica. LItalia era ammalata di gigantismo ed era priva di un mercato interno capace di sostituire la spesa pubblica. Gli italiani infatti non erano abbastanza ricchi per garantire una domanda abbastanza alta, cosicch le industrie italiane furono costrette allesportazione e allimportazione (principalmente dallAmerica). 3 fattori distrussero lItalia: disoccupazione, inflazione, svalutazione. La svalutazione rendeva meno redditizie e pi dispendiose le esportazioni e le importazioni, gettando lItalia in una situazione disastrosa.

LA MOBILITAZIONE DEL PROLETARIATO INDUSTRIALE


Questi processi culminarono in un ciclo di lotte unico nella storia italiana. Tra il 18 e il 19 si scatenarono 3500 scioperi di operai e braccianti. I primi lottavano per ottenere una riduzione dellorario lavorativo, un aumento dello stipendio per far fronte allaumento del costo della vita, e alla concessione delle commissioni interne. I secondi lottavano invece per un aumento del salario e per un maggior controllo dellorganizzazione del lavoro agricolo. Tali scioperi, se da una parte causarono morti e feriti, dallaltra conseguirono il loro scopo: gli operai tutelarono il proprio potere dacquisto e ottennero la giornata lavorativa di 8 ore. Il Psi e la Cgl, che videro in 5 anni decuplicare i propri iscritti, politicizzarono notevolmente il conflitto sociale: in esso confluirono istanze sia del partito comunista russo che del partito socialista massimalista (che aveva ottenuto la maggioranza su quello riformista nel XV congresso del Psi). Il culmine di questa situazione di instabilit fu raggiunto tra giugno e luglio del 1919 con lesplosione di uno sciopero per il rincaro dei prezzi che si estese in tutta lItalia centro-settentrionale. Lo stato intervenne con decisione, provocando alcuni morti e feriti, ma riuscendo a calmierare i prezzi.

LA FRUSTRAZIONE DEI CETI MEDI Il movimento operaio perse dincisivit, anche perch non si coalizz n con i braccianti n con i medi e piccoli ceti urbani. Linflazione infatti colp non solo operai e braccianti ma anche la piccola e media borghesia, sia come salariati che come risparmiatori. Le difficolt economiche poi si combinarono con una crisi di identit sociale. La piccola borghesia aveva goduto di un certo prestigio nellesercito, al quale aveva dato le leve di ufficiali e sottoufficiali, e nel momento in cui questi tornarono alla vita quotidiana del dopoguerra, talvolta conobbero la disoccupazione, talvolta videro il loro tenore di vita peggiorato. Il sentimento di frustrazione che ne derivava sfociava in un forte risentimento verso: Gli operai: essi diedero luogo ad una sorda opposizione alla classe operaia, che appariva in grado di aumentare la sua fetta di reddito nazionale, minacciando i loro piccoli privilegi e il loro status di classi intermedie non proletarie. La borghesia agiata: ritenuta avida ed egoista. I suoi componenti erano chiamati pescicani in quanto si erano arricchitti speculando sulle commesse statali o sulla scarsit di beni di prima necessit. Sempre pi netta divenne la divisione tra alta borghesia e questo agglomerato di strati sociali intermedi. Ci port ad una sfiducia nel governo liberale. BENITO MUSSOLINI E LA NASCITA DEL MOVIMENTO DEI FASCI E DELLE CORPORAZIONI
La crisi di rappresentanza del ceto medio gi riscontrabile nel 1919. Uno dei primi a riconoscere il disagio in cui viveva il ceto medio e a tentare di canalizzarlo entro forme organizzate fu Benito Mussolini (ex direttore dellAvanti, giornale organo del Psi). Dopo esserne stato espulso, il 23 marzo 1919 Mussolini fond il Movimento dei fasci e delle corporazioni, che due anni dopo diventer il Partito nazionale fascista. Il movimento aveva lobbiettivo di porsi come punto di riferimento di quelle correnti dopposizione senza un chiaro riferimento politico, che comprendevano principalmente ufficiali e sottufficiali delusi dal ritorno alla vita quotidiana e larga parte del ceto medio urbano. La prima azione del movimento fu latto di incendio compiuto contro la sede principale a Milano dell Avanti!. Era chiaro che il loro principale avversario fosse il movimento operaio e che il loro obbiettivo fosse quello di sostituirsi allo stato facendo uso della violenza.

IL MITO DELLA VITTORIA MUTILATA


La delegazione italiana alla conferenza di pace (Orlando e Sonnino) pretese da un lato il rispetto del Patto di Londra (e quindi lannessione di numerosi territori secondo il principio delle annessioni) e dallaltro lannessione di Fiume (secondo il principio di nazionalit). Data lambiguit della posizione italiana, essa perse entrambe le soluzioni. Nacque cos, alimentato dalle forze nazionaliste, il mito della vittoria mutilata. I nazionalisti infatti giudicavano il governo liberale colpevole di non difendere i diritti della nazione, che, a causa sua, aveva combattuto inutilmente nelle trincee. Nacque la contrapposizione tra lItalia postbellica, forte della sua vittoria, e lItalia prebellica, sottostante allimbelle democrazia liberale. Orlando diede le dimissioni, e al suo posto sal, a capo del governo, Francesco Saverio Nitti, che tuttavia non riusc a risolvere le diverse problematiche che gettavano lItalia nella crisi. LA QUESTIONE DI FIUME Poco dopo la Conferenza di Pace di Parigi (1919) si profil un accordo per il quale Fiume sarebbe stata dichiarata citt libera e ci scaten la rivolta dei nazionalisti contro il governo. In seguito alle notizie degli incidenti di Fiume (truppe francesi contro italiani) si decise di trasferire a Ronchi un reggimento di Granatieri di Sardegna. Ma proprio da Ronchi, alla guida di un migliaio di uomini appartenenti a questo reggimento, DAnnunzio pat verso Fiume, occupandola per pi di un anno (sostenuto dagli alti ufficiali dellesercito che lo rifornirono di armi e vettovagliamenti). Tale azione, violando gli accordi di pace, delegittim il governo ed il parlamento, che non riuscirono ad intervenire efficacemente per pi di un anno. Fiume divenne simbolo del nazionalismo, del militarismo e dellantiparlamentarismo. Con il trattato di Rapallo del 1920 Fiume fu finalmente dichiarata citt libera, e dAnnunzio, rifiutando laccordo, fu scacciato con la forza.

IL PARTITO POPOLARE E IL CATTOLICESIMO DEMOCRATICO DI STURZO


Nel 1919 don Luigi Sturzo fond il Ppi (Partito popolare italiano) con lintento di raccogliere ladesione dei cattolici per costruire una nuova forza politica: il papa diede il nulla osta. Il partito raccoglieva la maggior parte dei consensi tra la popolazione meno abbiente, dove maggiore era linfluenza delle organizzazioni cattoliche, ma anche dal mondo operaio e dai ceti medi urbani. Il programma di Sturzo: 1. Rispetto della propriet privata; 2. Sviluppo solidariet sociale; 3. Riforma agraria e tributaria (equa distribuzione della terra e dei salari). 4. Decentramento amministrativo. Il Ppi era immagine delluniverso cattolico, quindi presentava un carattere composito e contradditorio. Con Benedetto XV il Ppi si rafforz, mentre con Pio XI croll, finch venne sciolto nel 26 dal fascismo.

LA VITTORIA DEI PARTITI POPOLARI E LA DIFFICILE RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI


Le nuove elezioni si basarono sul nuovo sistema proporzionale, voluto da cattolici e socialisti. Venivano cos eletti pi candidati in ciascun collegio in proporzione al numero dei voti (il precedente sistema uninominale favoriva il Partito Liberale in quanto riusciva sempre a recuperare una certa quantit di voti). Gi prima del sistema proporzionale il Partito Liberale aveva subto il suffragio universale maschile, che favoriva il Psi e il Ppi, in quanto favoriva i partiti meglio organizzati e non quelli fondati sui notabili locali. Nelle elezioni del 1919 infatti vinsero il Psi e il Ppi, il primo con 2 milioni di voti e il secondo 1 milione. Linsieme delle forze liberali mantenne comunque la maggioranza relativa con 2 milioni e mezzo di voti ma: Socialisti e cattolici: 257 seggi. Liberali: 251 seggi. Singolarmente, ognuna delle tre formazioni, socialisti, popolari (cattolici) e liberali, non raggiungevano la maggioranza dei voti. Per farlo, sarebbe stato necessario allearsi con una delle altre due, ma nessuno era disposto a farlo: crisi politica. Alla rottura della tradizionale maggioranza del Partito Liberale non era conseguita la nascita di unaltra maggioranza, ma la nascita di altre due minoranze. Francesco Saverio Nitti, lattuale presidente del consiglio, non in grado di risolvere la situazione di crisi italiana, fu costretto alle dimissioni. Lunico uomo che parve essere in grado di proporre un programma che avvicinasse da una parte i moderati, dallaltra socialisti e popolari, facendo un compromesso tra borghesia e classi lavoratrici, fu Giolitti. Egli propose un piano riformista, concedendo maggiori poteri al parlamento e proponendo una riforma tributaria. Ma non riusc comunque ad ottenere la maggioranza. Intanto in Italia cresceva la tensione sociale, la questione fiumana rimaneva irrisolta, ed il fascismo era alle porte.

LOCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE: LA RIVOLUZIONE ALLE PORTE?


La situazione sembr convergere verso uno sbocco rivoluzionario il 30 agosto 1920, quando gli operai dellAlfa Romeo occuparono le fabbriche in risposta ai duri provvedimenti presi dalla direzione. In pochi giorni circa 1 milione e mezzo di lavoratori occup le fabbriche del triangolo industriale (Milano-Torino-Genova). Lepicentro di queste occupazioni era Torino, non solo perch presentava la maggior concentrazione di fabbriche, ma anche perch l operava l Ordine nuovo (Gramsci, Togliatti, Terracini, Tasca) il quale, basandosi sullesperienza russa, vedeva nei consigli di fabbrica uno strumento per conquistare il potere, un luogo in cui i lavoratori potevano organizzarsi e maturare una precisa idea politica. Tuttavia, proprio nel momento in cui loccupazione divenne una questione prettamente politica e avrebbe necessitato della guida del Psi, esso si tir indietro, permettendo alla Cgl di depotenziarlo e incanalarlo in una prospettiva sindacale. N il movimento n il partito socialista aveva mai avuto uno vero spirito rivoluzionario, ma semplicemente riformista.

LA CRISI DEL COMPROMESSO GIOLITTIANO


Con Giolitti, si raggiunse il compromesso che port alla fine delle occupazioni delle fabbriche. Il compromesso si basava su maggiori salari e un maggior controllo dellattivit aziendale. Tuttavia, tale compromesso non garant a lungo la pace. Tra la borghesia industriale ed agraria (che finora aveva seguito le idee giolittiane) andavano imponendosi i settori oltranzisti, i quali ritenevano lattivit sindacale e le pretese delle classi lavoratrici causa principale del disordine sociale e ostacolo alla ripresa delleconomia italiana. Inoltre loccupazione andava assumendo tratti sempre pi inquietanti: talvolta gli operai si richiamavano ai soviet russi, e talvolta riuscivano a far funzionare le fabbriche portando avanti la produzione in assenza dei loro capi. La borghesia industriale abbandon la linea giolittiana, guardando con favore al movimento fascista.

DAL BIENNIO ROSSO AL BIENNIO NERO


Parallelamente alla frattura tra liberalismo riformista giolittiano e borghesia industriale e agraria, vi fu la perdita di credibilit del Psi, a causa delle continue discussioni interne tra massimalisti e riformisti. Sebbene alle ultime elezioni ottennero risultati convincenti, si vedevano i primi segni di crisi, come nelle citt, dove liberali, nazionalisti e fascisti avevano ottenuto risultati abbastanza favorevoli. Dietro queste difficolt si intravedeva lo sfaldamento del movimento operaio e contadino che subiva le prime ripercussioni di una breve ma acutissima crisi economica. Cominciarono le azioni dello squadrismo fascista: prima lassalto al municipio di Bologna poi a quello di Ferrara, in cui si scatenarono una serie di tumulti e scontri a fuoco. Per dirla con Nenni, si passava dal biennio rosso al biennio nero.

Lavvento del fascismo


LA CRISI DEL 1921: SI TRASFORMA LO SCENARIO ECONOMICO E SOCIALE
Fino alla fine del 1920 lapparato industriale italiano si era sviluppato grazie allinflazione, agli investimenti pubblici e alle banche. Ma nel 1921 entr in un periodo di forte crisi, che vide sullorlo del tracollo numerose imprese e aziende, tra le pi importanti dItalia. Esse riuscirono a salvarsi grazie ad un pronto intervento dello stato, ma furono fortemente ridimensionate e gli investimenti in tutti i settori diminuirono drasticamente. Questo port da una parte al freno dellinflazione, dallaltra allaumento della disoccupazione. Lo scontro tra borghesia e lavoratori, se il biennio rosso vedeva in vantaggio i secondi, il biennio nero vede in vantaggio i primi, che poteva operare una nuova ridistribuzione dei salari e che riusciva a piegare la classe dei lavoratori, disposti ad accettare condizioni di lavoro pi dure pur di lavorare. Furono eliminati tutti i calmieri sui prezzi e aumentate le tariffe protezionistiche.

LA FINE DEL COMPROMESSO GIOLITTIANO E LA NASCITA DEL PNF


In questo mutato scenario, cambi completamente lottica in cui era visto il movimento fascista. Se prima infatti era visto come un movimento minoritario e violento, poi sar visto come unica soluzione di sbocco per uscire dal periodo di crisi. A ritenere necessario questo sbocco sempre con pi insistenza furono sia la borghesia che i ceti medi urbani e rurali. In questa situazione la figura pi importante quella di Benito Mussolini che, con grande senso politico, comprese che la situazione di debolezza del compromesso giolittiano e del partito operaio avrebbe permesso una riorganizzazione del fronte conservatore sotto linsegna dei Fasci. Egli oper dunque in questo modo: Confer un carattere strettamente conservatore al movimento. Elimino ogni velleit anticlericale, ingraziandosi il papa Pio XI e gran parte della popolazione cattolica. Elimin ogni velleit populista e repubblicana, ingraziandosi gli ambienti vicini alla corona e lapparato militare. Elimin ogni velleit antimonarchica. Nacque cos il Pnf (Partito Nazionale Fascista). Punto focale del Pnf era la violenza nei confronti del partito operaio, che Mussolini aliment con il potenziamento delle squadre fasciste e lincremento delle loro azioni punitive. Il teatro principali di queste azioni furono le campagne dove si assistette ad un nuovo fenomeno: le propriet fondiarie passarono dalle mani dei grandi proprietari terrieri a quelle dei piccoli e medi ceti urbani, che si erano indebitati fino al collo e vedevano minacciati i propri interessi dai braccianti. Intervenne il Pnf finanziando violente azioni contro il movimento lavorativo.

GLI ERRORI DI PROSPETTIVA DI GIOLITTI E LIMPASSE DEL PARTITO SOCIALISTA


Da questo momento, una serie di decisioni e comportamenti da parte del Pli e del Psi determinarono laffermazione del Pnf. I liberali, insieme a Giolitti, decisero di sfruttare le azioni repressive delle corporazioni fasciste contro il movimento operaio (loro comune nemico) per poi sopprimerle a loro volta, tanto che Giolitti favor la formazione del blocco nazionale. Lazione fascista fu inoltre facilitata dalla leggerezza con cui il movimento operaio che non punt tempestivamente sulla mobilitazione popolare. Quando se ne accorse era ormai troppo tardi, e la fondazione dellAlleanza del lavoro non ebbe successo. In terzo ed ultimo luogo vi fu la mancata azione del Psi. Le sue due fazioni, maggioritaria e riformista, concentrate maggiormente sul loro dibattito lasciarono agire indisturbate le corporazioni fasciste. I massimalisti impedirono la formazione di una grande coalizione antifascista, i riformisti invece tardarono ad agire.

LE SPACCATURE NEL MOVIMENTO SOCIALISTA


La presa di posizione dei riformisti port ad una crisi nel Psi, infatti venne espulsa la corrente riformista, che si organizz nel Psu (Partito Socialista Unitario) capeggiato da Giacomo Matteotti. Anche la Cgl, capeggiata dalla corrente riformista, ruppe l'alleanza col Psi, rendendosi autonoma. Era il risultato di un processo gi in atto: nel '21 si era staccata una minoranza che aveva dato vita al Pci (Partito Comunista d'Italia). Ormai frammentato e isolato il Psi non pot resistere alla crescente forza del fascismo. A maggio il ras di Ferrara invase ed occup Bologna, a luglio Farinacci si impossessarono del municipio e devastarono le organizzazioni dei lavoratori; senza alcuna resistenza delle forze dell'ordine.

LA DEBOLEZZA DEI GOVERNI LIBERALI


Mussolini aveva fondato il Pnf per svolgere unazione politica di pi ampio respiro, che non poteva essere garantita dallo squadrismo. A questo fine Mussolini oper al fine di ingraziarsi gli ambienti vicini alla corona, gli alti gradi dellesercito, i cattolici e specialmente il papa. Lorganizzazione che stava a capo del fascismo aveva compreso che ormai i governi avevano perso di potere, di credibilit, di influenza sullopinione pubblica. Il parlamento infatti non era in grado di esprimere un qualsivoglia indirizzo politico, lo stato non aveva pi il controllo dellordine pubblico. Quindi era giunto il momento ideale per piegare le ultime resistenze antifasciste e accelerare la presa del potere.

LA MARCIA SU ROMA: LITALIA VERSO LA DITTATURA


Nell'ottobre del '22 venne organizzato il piano per l'azione decisiva. Il 28 ottobre del '22 colonne di migliaia di fascisti in armi confluirono a Roma e occuparono militarmente citt e paesi dell'Italia centro-settentrionale. Vittorio Emanuele III si rifiut di firmare il decreto per sancire lo stato d'assedio (con il quale avrebbe potuto intervenire l'esercito) e anzi, diede a Mussolini l'incarico di formare il nuovo governo. Il disegno liberale di controllare le Squadracce era ormai fallito; il fascismo, con l'appoggio del re e della borghesia agiata, con il favore della chiesa, era ormai padrone della situazione; la svolta autoritaria impressa si trasform presto in una dittatura.

La costruzione del regime


I FASCISTI AL GOVERNO
Con lavvento del fascismo le cose sembrarono migliorare: Ripresa economica: Tra il 23 e il 25 vi fu una notevole ripresa economica. o Vennero abolite le tasse sui profitti di guerra e sui redditi azionari; o Si sottoposero i salari operai e i redditi dei contadini alle imposte sul reddito; o Vennero aumentate le imposte indirette. o Si ridusse la spesa pubblica. Un nuovo sistema: o Sul piano politico e istituzionale la libert di azione ed espressione fu ridotta. o Sul piano economico veniva concessa ogni libert agli imprenditori. Fino al 1926 vi fu un boom delle esportazioni di manufatti, che fece crescere i guadagni. Ma nel 26 si present una nuova situazione di ristagno. Al fine di ridurre le spese (e quindi le importazioni) e massimizzare i profitti (la produzione e le esportazioni) il regime decise di: 1. Battaglia del grano: accrescere la produzione agricola. 2. Bonifica integrale: aumentare la superficie coltivabile. Queste iniziative ebbero anche leffetto di ridurre la disoccupazione.

IL DELITTO DI MATTEOTTI: L CARATTERE ILLIBERALE DEL FASCISMO


Il fascismo intacc progressivamente il potere del parlamento e delle altre istituzioni rappresentative sostituendole con nuovi organismi rispondenti alle necessit della nascente dittatura: Gran consiglio del fascismo: composto dai maggiori esponenti del partito, che assorb numerosi poteri del parlamento. Milizia volontaria per la sicurezza nazionale: incaricata della difesa del nuovo regime. Nel '24 il listone (fascisti e conservatori) vinse le elezioni anche grazie ai brogli e alle intimidazioni durante la campagna elettorale. A questo proposito il deputato socialista e segretario del Psu Giacomo Matteotti denunci quanto accaduto. Fu rapito a Roma da emissari fascisti e ucciso. Il delitto provoc una grande indignazione nell'opinione pubblica, ma il sostegno che il re Vittorio Emanuele III e il papa Pio XI davano al regime fecero s che esso non crollasse. Lappoggio del papa al regime provoc la rottura con lantifascista don Luigi Sturzo che fu esiliato. Tuttavia, il regime smantell alcune associazioni cattoliche per sostituirle con quelle sue.

IL 1926, LANNO DI SVOLTA: LA COSTRUZIONE DEL REGIME FASCISTA


Nel 1926 si procedette con la creazione del regime fascista mediante alcune iniziative: Fine del pluralismo: o Con il principale contributo di Alfredo Rocco (ministro della Giustizia) venne promulgata una serie di decreti governativi che ridussero la libert di stampa e di attivit politica. o Il tutto peggior quando tutti i movimenti e i partiti politici furono dichiarati illegali e fu creato un tribunale speciale per la difesa dello stato con il compito di sopprimere le attivit di opposizione al regime. o Fuoriuscitismo: lasciarono lItalia tante persone che non avevano idee fasciste (Turati, Sturzo, Nitti ecc). Una nuova organizzazione statale: o Il parlamento si vide sottrarre la sua primaria funzione legislativa e fu ridotto ad un semplice organo di controllo; o Lo statuto albertino sub sostanziali modificazioni; o La maggior parte dei poteri fu concentrata nelle mani del duce che divenne anche titolare di numerosi ministeri. o Comuni e province persero i loro caratteri di enti locali a base elettorale, i sindaci e i presidenti delle province vennero sostituiti con i podest e i presidi. I prefetti videro aumentare il loro controllo sul potere locale.

LE LEGGI SINDACALI
Le leggi sindacali rendevano illegali scioperi e occupazioni e privarono dautorit i liberi sindacati, sostituiti dai sindacati fascisti. Tali sindacati furono assoggettati allo stato e la tutela dei contratti collettivi stipulati era riservato alla magistratura del lavoro, la quale diventava larbitro di ogni eventuale disaccordo che sarebbe sorto tra capitale e lavoro. I lavoratori venivano quindi disconosciuti come forza sociale autonomamente e liberamente organizzata e furono riconosciuti come mera forza-lavoro, funzionale agli interessi delleconomia. Le leggi sindacali completarono il quadro di un regime totalitario che priv i cittadini dei diritti civili e politici e i lavoratori di difendere i propri interessi. Oltre al danno la beffa: la Carta del lavoro emanata dal regime dichiarava (illusoriamente) la centralit del lavoro e si diceva mirata alla collaborazione tra le classi.

LA SVOLTA POLITICA ECONOMICA: LA RIVALUTAZIONE DELLA LIRA


Il 1926 fu un anno di svolta anche per quanto riguarda leconomia italiana. Andavano scemando quei fattori che tra il 1924/26 avevano favorito la ripresa economica italiana e incombevano allorizzonte linflazione e la svalutazione della lira. Il duce decise di un ritorno allo stato come supremo regolatore della vita economica. Sa da un lato la svalutazione della lira favoriva le esportazioni, dallaltro sfavoriva le importazioni. Inoltre, una moneta debole era pi soggetta allinflazione, con il quale sarebbe stato difficile (senza creare lacerazioni sociali) ridurre i salari dei lavoratori e si sarebbe perso lappoggio della borghesia industriale che si basava sul soddisfacimento di questo punto. Fu portata avanti loperazione quota 90 (90 lire = 1 sterlina) con la quale fu dichiarata dal duce la rivalutazione della lira. In tal modo Mussolini mir a: Calmierare i prezzi; Difendere i piccoli risparmiatori (affinch affidassero i propri risparmi alle banche); Sostenere i settori industriali pi forti; Imboccare la strada di un rigido protezionismo. Un altro obbiettivo dellazione quota 90 di Mussolini era quello di lanciare un forte messaggio al mondo economico: lunica volont politica doveva essere quella del duce. Egli avrebbe fornito le necessarie garanzie, avrebbe tenuto a mente le necessit e difeso i diritti sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, avrebbe garantito il procedere giusto delle cose, ma era necessario giurare piena fedelt nel duce.

GLI EFFETTI SOCIALI DELLA RIVALUTAZIONE: IL CONSENSO DELLA PICCOLA BORGHESIA


Quota 90 ebbe anche degli effetti molto negativi che colpirono diversi settori industriali, i quali traevano profitto dalle esportazioni. Ecco che aument la disoccupazione e diminuirono i salari, portando cos forti tensioni sociali. Il regime decise di tutelare gli interessi delle grandi industrie e ignorare i lavoratori, che non erano pi tutelati dai sindacati. Nonostante la crisi il regime si rafforz ulteriormente, perch quota 90 fu accettata di buon grado dalla piccola borghesia, che si sentiva protetta, e costituiva quindi una larga base di sostegno anche perch distribuita omogeneamente fra citt e campagne. In pi il consenso della chiesa aiut il Partito nazionale fascista ad espandersi ulteriormente.

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