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COSIMO MAGAZZINO

Gli stessi effetti di una diminuzione del tasso di cambio (una contemporanea incentivazione delle X e penalizzazione delle M) sono ottenibili rispettivamente mediante sussidi e dazi generalizzati. I sussidi, che possono essere di varia natura (creditizi, assicurativi o fiscali), si traducono normalmente in una integrazione dei profitti, che nel caso di incentivazione allesportazione si applica a chi venda sui mercati esteri: il profitto unitario al netto dellimposta risulta incrementato almeno per una parte dellimporto del sussidio, tendendo, cos, a indirizzare luso delle risorse verso la produzione per i mercati esteri. I dazi hanno anchessi natura e finalit molteplici. Si tratta di vere e proprie imposte indirette che fanno normalmente aumentare il prezzo delle merci estere. In quanto imposte, essi sono fonte di entrate fiscali (Dis). Tuttavia, raramente viene loro attribuita tale finalit (dazi fiscali). Di norma, invece, essi hanno finalit protettive dei beni e servizi di produzione nazionale rispetto a quelli di provenienza estera (dazi protettivi). Sotto questo aspetto essi costituiscono strumenti di protezione tariffaria.

Tariffa doganale: insieme dei dazi vigenti. Si sono diffusi negli ultimi decenni strumenti di protezione non tariffaria (o barriere non tariffarie) rappresentati normalmente da: 1. procedure e regolamentazioni spesso in apparenza dirette ad altre finalit (igieniche, di sicurezza, di difesa ambientale) che si risolvono concretamente in intralci e costi per i produttori esteri; 2. contingenti (o quote) che consistono nella fissazione di limiti di quantit fisiche o valutari alle importazioni; 3. limitazioni varie imposte da un paese allacquisto di merci estere; 4. limitazioni in materia di appalti, concessioni, forniture pubbliche; 5. sussidiazione e altre forme di incentivazione alle esportazioni come la svalutazione.

Se il prezzo internazionale non varia, VW la curva di domanda interna e YZ quella di offerta interna, e se pinterno=OF=pinternaz., essendo D>S, vi sarebbe necessit di M, per eliminare leccesso di D, in misura pari a AE. Se viene introdotto un dazio di aliquota t=d1, e se il pinternaz. non varia, pinterno=ON=p(1+d1). In corrispondenza di ON, leccesso di D da soddisfare con M sar pari a RS (<AE). Se il dazio avesse unaliquota t=d2, pinterno=OT=p(1+d2), esso sarebbe capace di eliminare leccesso di D.

Gli effetti dellintroduzione del dazio sono: - effetto consumo (pari a DE): il dazio provoca p e Cinterni - effetto produzione o protettivo (pari ad AB): il dazio provoca p e Sinterna; tale effetto assume tanto pi rilievo quanto pi ci si discosta dalla p.o. - effetto importazione (pari ad AB+DE): come conseguenza dei 2 effetti precedenti, M - effetto entrate fiscali (pari a HLSR): T in misura pari allaliquota del dazio (t) moltiplicata per la nuova quantit importata (M) - effetto redistribuzione (pari a FLSN): i consumatori pagano sia maggior p ai produttori nazionali sia il dazio allo Stato. I sussidi alle X implicano, invece, pinterno perch i produttori non saranno disposti a vendere sul mercato interno a un prezzo minore del ricavato ottenuto dalle X. In questo caso il Governo sostiene una spesa. Il contingentamento delle M viene imposto attraverso licenze ad alcuni operatori. Gli effetti di un contingentamento tendente a M (da GM a RS) consistono in pinterno (da OF a ON). In questo caso non vi n un aumento delle entrate fiscali (come nel dazio) n un aumento delle spese pubbliche (come per i sussidi). Esso comporta una redistribuzione di Y a danno dei consumatori e a favore degli importatori.

Unaltra forma di protezionismo costituita dalle limitazioni volontarie alle esportazioni (V.E.R.), dei contingentamenti introdotti dal paese esportatore (anzich importatore). Simili alle V.E.R. sono gli accordi per mercati ordinati (O.M.A.), delle restrizioni volontarie alle X che coinvolgono simultaneamente pi paesi. Tali limitazioni, sebbene introdotte dal paese esportatore, sono in realt richieste dal paese importatore, che minaccia ladozione di altri tipi di restrizioni (ritorsioni commerciali internazionali). Il requisito di contenuto nazionale minimo della produzione (M.N.C.R.) una limitazione introdotta dai P.V.S. per cercare di accrescere la quota di V.A. locale dei beni importati. Altre forme di protezione della produzione nazionale dalla concorrenza estera sono: crediti agevolati alle X; assicurazione dei crediti alle X; preferenze agli operatori nazionali nelle commesse pubbliche; limitazioni amministrative, concentrazione di M in una o poche dogane, deposito previo alle M (obbligo di depositare per un certo periodo di tempo in un conto fruttifero presso la B.C. una somma pari ad una quota del valore della merce importata).

Si dice che un paese ha un vantaggio assoluto rispetto ad un altro paese nella produzione di un certo bene se in grado di produrre quantit maggiori di quel bene utilizzando lo stesso input, oppure se in grado di produrre la stessa quantit utilizzando meno input (il costo unitario assoluto di quel bene in quel paese inferiore al costo negli altri paesi). LInghilterra ha un vantaggio assoluto nella produzione del panno (4<8) e il Portogallo ha un vantaggio assoluto nella produzione del vino (3<6).
Merci Costo unitario di produzione in termini di lavoro
Inghilterra Panno (A) Vino (B) a1=4 b1=8 Portogallo a2=6 b2=3

Si dice che un paese ha un vantaggio assoluto globale rispetto a un altro paese se in grado di produrre ogni combinazione di tutti i beni in quantit maggiore utilizzando lo stesso input (a costo unitario assoluto inferiore per tutti i beni).

Liberismo e protezionismo sono politiche commerciali alternative. Il fondamento scientifico del liberismo sta sostanzialmente nei vantaggi della specializzazione a livello internazionale, messi in rilievo da RICARDO con il principio dei costi comparati: se due paesi hanno diversa abilit relativa nel produrre due beni, potr convenire loro di specializzarsi ognuno producendo soltanto il bene il cui costo comparativamente minore, e scambiare leccedenza della produzione di quel bene rispetto alla domanda interna per procurarsi la quantit desiderata dellaltro bene, prodotto dallaltro paese. Si suppongano i seguenti costi di produzione (espressi in unit di lavoro, secondo la teoria del valore-lavoro adottata dai classici) per le due merci, x e y, nei due paesi A e B:
x A B 20 10 y 40 30

I costi comparati possono essere definiti come 20/40=1/2 (2 unit di x si scambiano con 1 unit di y) in A e 10/30=1/3 in B. La merce x costa relativamente meno in B che in A, e a B conviene specializzarsi nella produzione di x. Ad A conviene, invece, specializzarsi in y.

La merce y, pur costando, in termini assoluti, di pi in A che in B, costa soltanto il doppio di x in A, mentre costa il triplo di x in B.
x A 20 y 40

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Il principio ricardiano dei costi comparati soffre di alcune limitazioni: natura statica dellanalisi, mancata considerazione delle condizioni di offerta; ipotesi di p.o. Le argomentazioni a favore del protezionismo si fondano proprio su tali limitazioni. Inoltre, A. SMITH ammetteva che la difesa pi importante dellopulenza. Sulla base di tale argomentazione pu giustificarsi la protezione di alcune industrie nonostante la produzione possa rivelarsi non profittevole da un punto di vista strettamente economico.
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Spesso la superiorit di un paese rispetto ad un altro, in un ramo di produzione, nasce soltanto dal fatto di aver cominciato prima, risiedendo nelle capacit acquisite e nellesperienza. Il paese che protegga unindustria nascente pu con il tempo acquisire quella stessa capacit ed esperienza e porsi, cos, in condizioni di competere con vantaggio con il paese che abbia iniziato prima la produzione o finanche pervenire a una posizione di superiorit. Questo in particolare il caso nel quale esistano economie di scala dinamiche derivanti da processi di apprendimento (learning by doing). La loro esistenza d luogo alla cosiddetta curva di apprendimento: essa indica il costo unitario (CU), in funzione della quantit complessiva prodotta dallinizio della produzione (Q).

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Il paese A che deve iniziare la produzione del bene considerato produce al costo CUA, pi elevato di quello dei paesi B e C che, grazie al tempo trascorso dallinizio della produzione, sono in grado di produrre a costi pi bassi. Il vantaggio della protezione sta nel fatto che, mentre si riduce la possibilit della produzione estera di espandersi ulteriormente sul mercato nazionale, la parte di questultimo servita dalle imprese nazionali si allarga e la quantit totale da esse prodotta pu crescere. Anche se al termine di un certo numero di anni il costo di produzione di A arrivasse, ad esempio, al livello di quello di C, senza scendere al di sotto di esso, la protezione si rivelerebbe conveniente, se la produzione dellindustria considerata avesse effetti esterni (spillover) positivi sul sistema produttivo del paese.

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Se i costi di produzione di A sono pi bassi di quelli esteri (per pi bassi W o pi bassi mark-up) la curva di apprendimento di A potrebbe trovarsi al di sotto di quella indicata nella figura precedente. In tal caso A potrebbe produrre il bene considerato a costi inferiori che allestero anche prima di aver realizzato una produzione cumulativa pari a OQC. I liberisti pi tenaci hanno invece sostenuto che le prospettive di profittabilit derivanti dalla progressiva riduzione del costo di produzione a seguito del processo di apprendimento dovrebbero poter indurre da sole lentrata sul mercato di nuove imprese, senza che vi sia bisogno di incentivarla attraverso la protezione. Questa posizione prescinde, peraltro, oltre che dagli indicati spillover, che possono essere causa di divergenza fra rendimenti privati e sociali: a) dalla aleatoriet della prospettiva di congrui guadagni; b) dalle imperfezioni esistenti nei mercati finanziari (che scoraggiano le attivit rischiose).

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Questa argomentazione ricorre non di rado nei paesi sviluppati per sostenere la protezione generale dellindustria o di singoli rami industriali minacciati appunto dal basso costo del lavoro esistente allestero, che rende non competitive le attivit nazionali che non siano adeguatamente protette. In realt, questa tesi tende a non tenere conto del fatto che al pi basso costo del lavoro esistente allestero corrisponde di norma anche una sua pi bassa produttivit, tale che il costo del lavoro per unit di prodotto (C.L.U.P.) talvolta non molto diverso e, comunque, spesso non tanto marcatamente inferiore quanto il costo unitario del lavoro. Dumping: forma di concorrenza sleale che consiste nel praticare sui mercati esteri p rispetto al mercato interno. Dumping sociale: forma di concorrenza sleale simile al dumping ma basata sul fatto che i prezzi bassi (interni ed esteri) possono essere praticati dal paese in virt degli scarsi livelli di protezione sociale (scarso o assente Welfare State).
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Se il sistema economico si trova in una situazione di disoccupazione il protezionismo pu essere uno strumento capace di riportare il sistema stesso alla p.o. Il protezionismo e, quindi, m abbassano, per, il livello delle M del paese, solo se laumento del reddito che ne consegue proporzionalmente minore della m. Ma le M del paese considerato sono le X del RdM, e in tal caso il protezionismo comporterebbe una caduta della spesa autonoma e, quindi, di Y e N del RdM. Si tratterebbe allora di una politica che scarica sul vicino le difficolt interne (beggarmy-neighbour policy), ovvero che impoverisce il vicino in quanto loccupazione (N) del paese si accrescerebbe a danno di quella degli altri. Il protezionismo usato congiuntamente a politiche monetarie o fiscali espansive, avrebbe realizzato simultaneamente lequilibrio interno e quello esterno. Questa era nella sostanza la posizione di KEYNES, soffertamene maturata nel corso degli anni, ma alla fine strenuamente sostenuta. Egli si dichiar a favore delluso di sussidi e dazi come sostituto della svalutazione, proprio tenendo conto della particolare posizione del Regno Unito quale centro finanziario internazionale: una svalutazione avrebbe indebolito o minato tale posizione, influenzando negativamente le aspettative degli operatori sul valore esterno futuro della sterlina e riducendo lafflusso netto di capitali dallestero.

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Le politiche commerciali tendono ad incidere direttamente sui flussi di M e di X, date certe funzioni di domanda e di offerta dei vari beni. Le politiche industriali tendono invece ad influenzare i fattori dai quali scaturiscono le funzioni di offerta: tecniche produttive, tipologie di prodotti, grado di concentrazione, rapporti fra imprese e industrie, delocalizzazioni produttive. La politica industriale pu tendere a migliorare la posizione competitiva di un paese attraverso: 1. un opportuno posizionamento della struttura industriale di quel paese nei settori nei quali la domanda mondiale cresce pi velocemente; 2. il potenziamento nei settori strategici; 3. un rafforzamento delle condizioni dalle quali dipende una riduzione dellelasticit della domanda estera al prezzo; 4. appropriate relazioni fra imprese e fra industrie, a livello sia interno che internazionale.

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- ACOCELLA N., Politica economica e strategie aziendali, Carocci,

Roma, 2008 (Capitolo 9). - CELLINI R., Politica Economica, McGraw-Hill, Milano, (Capitolo 23).

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