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Corso di Teoria e Progetto di Strutture - 01GUYEM - 6 Crediti - II p.d. - A.A.
2009/2010 - Napoli/Sassone
Calcolo Automatico delle Strutture
Introduzione
In questo modulo vengono introdotti i concetti e le metodologie del calcolo
automatico delle strutture basato sul Metodo degli Elementi Finiti (Finite Element
Method). Questo procedimento ha assunto una importanza eccezionale
nell'ingegneria a partire dai primi anni settanta del novecento, quando l'evoluzione
delle tecnologie informatiche ha reso possibile affrontare i problemi dell'analisi
strutturale per mezzo dei calcolatori. Il metodo degli elementi finiti, nella
formulazione che viene illustrata in questo modulo, trova la sua base teorica nel
Metodo degli Spostamenti, di cui si danno per noti i concetti fondamentali. Il
Metodo degli Spostamenti (o dell'Equilibrio), duale del Metodo delle Forze (o della
Congruenza), individua nel campo di spostamenti l'incognita del problema
strutturale, da determinarsi attraverso la soluzione di una o pi equazione i
equilibrio. Nel caso generale il campo di spostamenti una funzione vettoriale
continua della posizione dei punti di un corpo ("ogni punto si sposta di una certa
quantit secondo una data direzione") per cui le equazioni di equilibrio sono
espresse in modo differenziale. Per quanto la forma delle equazioni sia
relativamente semplice, quando la forma del corpo da studiare arbitraria
generalmente impossibile trovare una soluzione analitica (in forma chiusa) del
problema. Si verifica cos il paradosso per cui le leggi fondamentali che regolano il
comportamento dei corpi elastici sono ormai note da due secoli, ma la soluzione di
specifici problemi, riguardanti corpi e strutture di forma assegnata e con una data
condizione di carico, non pu quasi mai essere trovata in forma analitica.
Per ovviare a questo problema sono state messe a punto delle tecniche di tipo
numerico, ossia dei procedimenti per ottenere soluzioni approssimate in forma di
dati numerici piuttosto che di funzioni analitiche: fra questi il Metodo degli Elementi
Finiti senz'altro uno dei pi versatili e potenti. Il rapporto fra metodi numerici (cio
algoritmi di risoluzione approssimata dei problemi matematici) e calcolo automatico
effettuato attraverso il computer, molto stretto, dal momento che le soluzioni
approssimate richiedono in genere l'esecuzione di grandi quantit di calcoli. Si pu
grossolanamente affermare che una procedura di calcolo automatico sostituisce ad
un problema semplice nella sua formulazione ma difficile o impossibile da risolvere,
un problema pi semplice da risolvere ma che richiede una grande quantit di
operazioni. E' per questo che la formulazione dei metodi numerici, come si vedr
nel seguito, fa largo impiego della scrittura matriciale per gestire e manipolare
grandi quantit di operazioni.
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1. La discretizzazione della struttura: Nodi, Elementi, Mesh
Nella prima parte del corso abbiamo parlato del campo di spostamenti che si
produce in un corpo elastico quando esso soggetto ad un sistema di forze e
reazioni vincolari equilibrate. Per determinare il campo di spostamenti a partire dalle
forze esterne e dalle condizioni di vincolo in generale necessario risolvere un
sistema di equazioni differenziali e algebriche che complessivamente costituiscono
quello che si definisce il problema elastico. La risoluzione analitica del problema
elastico possibile solo in un numero molto limitato di casi, quando la forma del
corpo e la distribuzione delle forze esterne sono sufficientemente regolari. Ad
esempio, nel caso dei solidi di De Saint Venant ci possibile (entro certe
limitazioni), grazie al fatto che la loro geometria chiaramente definita (prismi retti
con altezza molto maggiore delle dimensioni della base) e che le forze esterne sono
applicate solo sulle basi.
Nel caso in cui il corpo che si vuole studiare abbia una forma qualsiasi, non
generalmente possibile risolvere il problema in forma chiusa, n ottenere
esplicitamente la funzione che descrive il campo di spostamenti. Diviene perci
necessario adottare metodi matematici che consentano di arrivare almeno ad una
soluzione approssimata, possibilmente controllando l'errore che si introduce. Lo
studio di questi procedimenti costituisce una intero settore della matematica, e non
questa la sede per una disamina dettagliata. Ci limiteremo a descrivere il
procedimento che pi ha trovato impiego nell'analisi strutturale e che ha consentito
di automatizzare il calcolo attraverso l'uso del computer: il Metodo degli Elementi
Finiti.
Il concetto che sta alla base di questo procedimento quello di discretizzazione:
detto in parole semplici, invece di cercare una funzione continua che esprima il
campo degli spostamenti in tutti gli infiniti punti del corpo, ci accontentiamo di
trovare la soluzione in un numero finito di punti, detti nodi, scelti arbitrariamente: al
problema continuo viene perci sostituito un problema discreto. Per fare ci
dobbiamo suddividere il corpo in un numero finito di porzioni elementari, gli
elementi finiti, immaginando che queste parti siano fra loro collegate solo in
corrispondenza dei nodi. A partire dalla soluzione trovata in un numero finito di punti
si pu poi risalire alle deformazioni all'interno dei singoli elementi e quindi agli
spostamenti anche in tutti gli altri punti della struttura, attraverso un processo di
interpolazione. Il risultato finale sar quindi un campo di spostamenti definito a tratti,
cio definito separatamente su ogni elemento a partire dagli spostamenti dei nodi.
Riferendoci per semplicit solo a due dimensioni, questa operazione illustrata in
Figura 1.1; nel caso pi complesso di un corpo tridimensionale, le parti elementari
non saranno figure piane (triangoli) ma figure solide (tetraedri).
E' logico prevedere che la sostituzione del problema reale con quello discretizzato
porter delle approssimazioni nel risultato, per cui la soluzione non pu quasi mai
definirsi matematicamente esatta. Nella schematizzazione discreta, per esempio, i
singoli elementi in cui il corpo stato suddiviso sono collegati fra loro
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esclusivamente in corrispondenza dei nodi, ma non in corrispondenza dei lati
adiacenti. Da ci discende che in corrispondenza dei lati degli elementi non
sempre certo che lo spostamento sia continuo e in linea di principio potranno
verificarsi strappi o sovrapposizioni di materia, cosa che avevamo esplicitamente
escluso nella definizione del campo di spostamenti (vedi Dispensa 01).
Y
X
O
Figura 1.1
Una seconda fonte di errore sta nel fatto che la forma complessiva del corpo solo
parzialmente approssimata dalla suddivisione in elementi: come si vede in figura il
perimetro curvilineo, ad esempio, si trasforma in una spezzata. Infine una terza
sorgente di errore legata al fatto che le forze esterne e le condizioni di vincolo
possono essere applicate solo sui nodi della suddivisione, per cui condizioni di
carico o di vincolo di tipo distribuito (ad esempio tutto un tratto del perimetro
potrebbe essere soggetto ad un carico distribuito, oppure potrebbe essere bloccato
da una condizione di vincolo), devono a loro volta essere discretizzate. Tutte queste
fonti di errore derivano dalla sostituzione del problema discreto a quello continuo:
ad esse si aggiungeranno, ma ci non verr trattato in questo modulo, gli errori
derivanti dalla formulazioni interna degli elementi e quelli derivanti dal procedimento
di calcolo automatico. La suddivisione in nodi ed elementi si chiama con termine
anglosassone mesh. Da quanto detto sopra chiaro che, nel caso generale,
l'accuratezza della soluzione dipende dalla mesh che si adottata, in particolare dal
numero di nodi e di elementi e da quanto la mesh fitta o rada nelle varie parti della
struttura.
Per procedere nella ricerca della soluzione ora necessario introdurre due concetti:
di ogni elemento finito, grazie alla sua forma semplice, possibile descrivere il
comportamento meccanico attraverso le relazioni fra gli spostamenti dei nodi e
le forze applicate sui nodi stessi. A seconda del tipo di elemento queste relazioni
potranno essere esatte oppure solamente approssimate.
poich le incognite del problema sono gli spostamenti dei nodi, la soluzione si
trover risolvendo un sistema di equazioni di equilibrio, ognuna delle quali
esprime l'equilibrio di un nodo secondo una particolare direzione.
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Le relazioni fra spostamenti e forze nodali di un singolo elemento danno luogo a
quella che si definisce la matrice di rigidezza locale dell'elemento. Nel caso che il
metodo sia applicato a corpi costituiti da un mezzo elastico, le relazioni fra forze e
spostamenti sono di tipo lineare e la matrice di rigidezza altro non che la matrice
dei coefficienti di queste relazioni.
In Figura 1.2 illustrato un elemento finito piano (bidimensionale) di forma
triangolare con tre nodi, posizionati in corrispondenza dei vertici. Se il corpo di cui
l'elemento finito parte subisce una deformazione, i nodi si spostano rispetto alle
posizioni originarie: chiameremo e le componenti dello spostamento di ciascun
nodo, rispetto ad un sistema di riferimento assegnato. Analogamente
immagineremo che alla deformazione si accompagni la presenza di forze applicate
ai nodi, di cui le H e le V sono le componenti, sempre secondo x e y.
Y
X
O
V
3 H
3
3
2
1
V
3
H
3
H
1
V
1

2
1
2

3 3
Figura 1.2
Ciascuna delle forze nodali sar in linea di principio legata a tutti gli spostamenti
nodali, per cui il comportamento meccanico dell'elemento potr scriversi come un
sistema di 6 equazioni lineari, i cui coefficienti k
ij
costituiscono gli elementi di una
matrice quadrata:

+ + + + + =
+ + + + + =
+ + + + + =
+ + + + + =
+ + + + + =
+ + + + + =
3 66 3 65 2 64 2 63 1 62 1 61 3
3 56 3 55 2 54 2 53 1 52 1 51 3
3 46 3 45 2 44 2 43 1 42 1 41 2
3 36 3 35 2 34 2 33 1 32 1 31 2
3 26 3 25 2 24 2 23 1 22 1 21 1
3 16 3 15 2 14 2 13 1 12 1 11 1

k k k k k k V
k k k k k k H
k k k k k k V
k k k k k k H
k k k k k k V
k k k k k k H
(1.1)
Scrivendo queste equazioni in forma compatta si ottiene:
|
1 6 6 6 1 6 x x x
u K Q = (1.2)
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La dimensione della matrice quadrata di rigidezza [K], cos come quella del vettore
degli spostamenti nodali {u} e del vettore delle forze nodali {Q} dipendono dal tipo
di elemento finito adottato e di conseguenza dal tipo di problema considerato. Gli
elementi normalmente impiegati nell'analisi strutturale sono grossolanamente
raggruppabili in tre categorie:
elementi solidi (tridimensionali) [SOLID, BRICK, TETRA, ecc.];
elementi piani (bidimensionali) [SHELL, PLANE, ecc.]
elementi monodimensionali [BEAM, TRUSS, ecc.]
Gli elementi solidi vengono adoperati per i problemi di carattere generale, in cui il
corpo da analizzare non pu essere ricondotto a forme semplificate. Senza
scendere ulteriormente in dettaglio essi possono essere a forma di parallelepipedo
o di tetraedro. Nel primo caso si hanno 8 nodi, posizionati ai vertici del
parallelepipedo, ognuno dei quali ha tre gradi di libert (DOF); nel secondo caso i
nodi sono solo 4 (esistono formulazioni pi complesse in cui il numero di nodi pi
elevato, ma non ci interessano in questa sede).
Z
X
O
1
2
4
3
Y
1
2
4
3
5 6
8
7
1
2
Elemento monodimensionale
a 2 nodi
Elemento solido
a 4 nodi
Elemento solido
a 8 nodi
Figura 1.3
Gli elementi piani vengono utilizzati per modellare quei corpi in cui una delle
dimensioni molto pi piccola delle altre due, ossia le lastre, le piastre, le
membrane ecc.
Infine gli elementi finiti monodimensionali vengono impiegati per analizzare le
strutture composte di solidi di De Saint Venant, come le travi continue, i telai e le
travi reticolari. Nel seguito verr affrontata in dettaglio la trattazione relativa solo a
quest'ultimo tipo di elementi.
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2. Strutture costituite da elementi monodimensionali
Quando abbiamo a che fare con un telaio piano, come quello rappresentato in
figura, ci viene ormai naturale considerarlo composto di parti pi semplici, di tipo
monodimensionale (Solidi di De Saint Venant), che rappresentano travi e pilastri o
pi in generale aste. La struttura nel suo complesso risulter pertanto costituita da n
elementi monodimensionali, collegati fra loro in m punti. Ogni asta dello schema
pu essere considerata come un elemento finito, di tipo trave (beam) o biella
(truss) per cui la suddivisione in aste di uno schema intelaiato costituisce gi una
naturale discretizzazione in elementi. Nel seguito svilupperemo in dettaglio la
trattazione per questo tipo di strutture, sempre e solo ne caso piano, per semplicit.
La formulazione generale del procedimento, anche nel caso di elementi pi
complessi e di problemi tridimensionali, non differisce nella sostanza da quella
svolta in questa sede.
Nell'ottica di costruire un procedimento che si presti ad essere automatizzato e
implementato su un calcolatore, sar opportuno scomporre la procedura in una
successione di sei fasi:
1. calcolo delle matrici di rigidezza locali;
2. rotazione dei sistemi di riferimento;
3. assemblaggio della matrice di rigidezza globale;
4. partizione della matrice di rigidezza globale;
5. soluzione del sistema di equazioni;
6. calcolo delle sollecitazioni all'interno degli elementi;
Per articolare il procedimento sar utile ragionare su un semplice esempio, la
semplice come la struttura rappresentata in Figura 1.4.
1
H
2
3
2
4
1
2
3
x
y
x
y
x
45
L L
L
Y
X
Figura 2.1
Come si vede si tratta di una struttura di tipo reticolare, costituita da tre aste
collegate fra loro e al suolo mediante cerniere. Ogni asta pu quindi essere
schematizzata come un elemento di tipo "biella", ottenendo un modello costituito da
3 elementi e 4 nodi, di cui 3 vincolati.
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2.1 Calcolo delle Matrici di Rigidezza Locali
La matrice di rigidezza di un elemento finito dipende, dalla sua forma e dai gradi di
libert dei nodi e dalle propriet del materiale che lo compone. Per gli elementi finiti
monodimensionali essa pu essere determinata applicando la teoria di De Saint
Venant.
Consideriamo l'elemento finito pi semplice di tutti: l'elemento che rappresenta una
biella. Assumiamo che i nodi i e j dell'elemento, corrispondenti ai suoi estremi
possano traslare di una quantit
i
e
j
parallelamente all'elemento stesso. Sui nodi
potranno inoltre essere applicate delle forze F
i
e F
j
, anch'esse parallele
all'elemento. La geometria e i gradi di libert sono descritti in Figura 2.1.1.
i
j x

i

j
i
j
F
i
F
j
y
Figura 2.1.1
L'elemento ha due nodi e un solo grado di libert per nodo: la matrice di rigidezza
ha quindi dimensione 2x2:

+ =
+ =
j i j
j i i
k k F
k k F

22 21
12 11
(2.1.1)
|
1 2 2 2 1 2 x x x
u K Q = (2.1.2)
Per determinare gli elementi della matrice conviene ragionare per colonne: se ad
esempio imponiamo che lo spostamento nel nodo j sia nullo, la (2.1) diventa:
i j
i i
k F
k F

21
11
=
=
(2.1.3)
e si possono determinare i coefficienti k
11
e k
21
. Risolviamo quindi il seguente
schema statico:
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Fi Fj=-Fi
i
i j
Figura 2.1.2
da cui si ottiene:

EA
F ;
EA
F
EA
F
j j i i i i
= = = (2.1.4)
Se invece si considera il caso in cui sia nullo lo spostamento del nodo i, si ottiene:
Fi = -Fj Fj i j
j
Figura 2.1.3

EA
F ;
EA
F
EA
F
j i j j j j
= = = (2.1.5)
La matrice di rigidezza dell'elemento biella dunque:
|

+ =
=

EA EA
EA EA
K
EA EA
F
EA EA
F
x
j i j
j i i
2 2

(2.1.6)
Consideriamo ora una situazione diversa, in cui i gradi di libert non siano le
traslazioni ma le rotazioni dei nodi. L'elemento che si ottiene non di particolare
utilit, dal momento che permette di descrivere solo travi inflesse in telai a nodi fissi,
per cui non si trova nelle librerie dei codici di calcolo; al suo posto si trova invece
l'elemento trave pi generale, di cui parleremo pi avanti. Dal punto di vista
didattico tuttavia questo caso esempio potr aiutare a chiarire il procedimento. La
geometria e i gradi di libert sono descritti in Figura 2.1.4.
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i j
x

j
i j
M
i
M
j
y

i
Figura 2.1.4
Come nel caso precedente l'elemento ha due nodi e un solo grado di libert per
nodo: la matrice di rigidezza avr quindi dimensione 2x2. Seguendo il ragionamento
condotto per l'elemento biella, imponiamo inizialmente che la rotazione nel nodo j
sia nulla:

+ =
+ =
j i j
j i i
k k M
k k M

22 21
12 11
(2.1.7)

=
=
i j
i i
k M
k M

21
11
(2.1.8)
i
j
M
i
M
j
=M
i
/2

i
T
i
= (M
i
+M
j
)/L = 3/2 M
i
/L T
j
= -T
i
Figura 2.1.5
da cui si ottiene:
;
EI
T ;
EI
T
EI
M ;
EI
M
EI
M
i j i i
i j i i i i
2 2
6 6
2 4
4

= =
= = =
(2.1.9)
Analogamente, ponendo uguale a zero la rotazione nel nodo i, si ottiene:
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i
j
M
j
M
i
=M
j
/2

j
T
i
= -T
j
T
j
= -(M
i
+M
j
)/L
= -3/2 M
i
/L
Figura 2.1.6
da cui si ottiene:
;
EI
T ;
EI
T
EI
M ;
EI
M
EI
M
j j j j
j i j j j j
2 2
6 6
2 4
4

= =
= = =
(2.1.10)
La matrice di rigidezza assume quindi la forma:
|

+ =
+ =

EA EA
EA EA
K
EI EI
M
EI EI
M
x
j i j
j i i
4 2
2 4
4 2
2 4
2 2

(2.1.11)
Il caso pi generale, che comprende al suo interno i due appena visti, quello
dell'elemento trave (nel piano), che ha 2 nodi e 3 gradi di libert per ogni nodo. La
geometria e i gradi di libert sono descritti in Figura 2.1.7.
i j
x
i j
M
i
M
j
y

j
T
i
T
j
N
j
N
i
Figura 2.1.7
Alcuni coefficienti della matrice sono gi stati determinata nei due casi precedenti e
possono essere inseriti nelle rispettive posizioni:
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j
j
j
i
i
i
j
j
j
i
i
i
EI
k
EI
k
EI
k
EI
k
EA EA
EI
k
EI
k
EI
k
EI
k
EA EA
M
T
N
M
T
N

4
0
2
0
6
0
6
0
0 0 0 0
2
0
4
0
6
0
6
0
0 0 0 0
55 62
2
45
2
52
35 32
2
25
2
22
(2.1.12)
Per determinare gli ultimi quattro coefficienti per necessario risolvere uno
schema ulteriore, ossia quello per cui fra tutti gli spostamenti possibili si considera
diverso da zero solo la componente nel nodo (e analogamente nel nodo j). Lo
schema che si ottiene il seguente:
i
j
M
j
= M
1
M
i
= T
i
/2L
T
i
= 12EI/L
3
T
j
= -T
i

i
Figura 2.1.8
;
EI
M ;
EI
M
EI
T ;
EI
T
EI
T
i j i i
i j i i i i
2 2
3 3
3
6 6
12 12
12

= =
= = =
(2.1.13)
Assumendo infine diversa da zero solo la componente nel nodo j si ottiene:
i
j
M
j
= -2T
j
/L M
i
= M
j
T
i
= -T
j
T
j
= 12EI/L
3

j
Figura 2.19
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;
EI
M ;
EI
M
EI
T ;
EI
T
EI
T
2
2 2
2
2 1
3
2 1
3
2 2
3
2 2
6 6
12 12
12

= =
= = =
(2.1.14)
e sostituendo nella matrice di rigidezza dell'elemento i valori trovati si ottiene infine:


j
j
j
i
i
i
j
j
j
i
i
i
EI EI EI EI
EI EI EI EI
EA EA
EI EI EI EI
EI EI EI EI
EA EA
M
T
N
M
T
N

4 6
0
2 6
0
6 12
0
6 12
0
0 0 0 0
2 6
0
4 6
0
6 12
0
6 12
0
0 0 0 0
2 2
2 3 2 3
2 2
2 3 2 3
(2.1.15)
In modo analogo, anche se spesso pi complesso, si ottiene la matrice di rigidezza
di un elemento finito qualsiasi, a due o a tre dimensioni. Se vogliamo esprimere in
modo pi intuitivo il significato della matrice di rigidezza possiamo dire che: se i nodi
di un elemento subiscono degli spostamenti, ad esempio perch l'elemento parte
di un corpo soggetto a deformazione, allora nei nodi si generano delle forze, che
possono, essere calcolate, nel caso elastico, premoltiplicando il vettore degli
spostamenti per la matrice di rigidezza dell'elemento stesso. La matrice di rigidezza
esprime quindi il modo in cui un elemento risponde all'imposizione di spostamenti
nodali, e in definitiva ne descrive il comportamento meccanico.
2.2 Rotazione dei sistemi di riferimento
E' importante notare che gli elementi non sono paralleli fra loro, ma sono ruotati
arbitrariamente. Per gestire questa situazione introdurremo il concetto di sistema di
riferimento globale (X,Y) e di sistemi di riferimento locali (x,y). Ogni elemento ha un
suo sistema di riferimento locale, in cui l'asse x va dal primo al secondo nodo
dell'elemento, e l'angolo di cui questo sistema ruotato rispetto a quello globale ci
dice come l'elemento posizionato nel piano. Nella struttura di Figura 2.1
l'elemento 1 ruotato di 45, l'elemento 2 ruotato di 90mentre l'elemento 3 non
07 Calcolo Automatico delle Strutture.doc Pag. 13 di 20
ruotato rispetto al sistema di riferimento globale
1
. Ogni elemento sar
caratterizzato dalla sua propria matrice di rigidezza locale:
| | |

=
L
A E
L
A E
L
A E
L
A E
K ;
L
A E
L
A E
L
A E
L
A E
K ;
L
A E
L
A E
L
A E
L
A E
K
x x x
3 3 3 3
3 3 3 3
2 2 1
2 2 2 2
2 2 2 2
2 2 2
1 1 1 1
1 1 1 1
2 2 1
2 2
2 2 (2.2.1)
che stata determinata basandosi sul sistema di riferimento locale dell'elemento.
Affinch queste matrici siano fra loro confrontabili bisogna che siano espresse
rispetto al sistema di riferimento globale, che unico per tutti gli elementi,
attraverso una rotazione del sistema di riferimento.
j
x

y
Fj
Fi
j
i
Hj
Vj
i Hi
Vi
Y
X
Figura 2.2.1

sen F V
cos F H
;
sen F V
cos F H
j j
j j
i i
i i
=
=
=
=
(2.2.2)
| |
1 2 2 4 4 1
0
0
0
0
x x
T
x
j
i
j j i i
* Q N Q
F
F
sen
cos
sen
cos
V H V H =

(2.2.3)

sen v
cos u
;
sen v
cos u
j j
j j
i i
i i
=
=
=
=
(2.2.4)
1
Come sempre si considera positiva la rotazione che porta il semiasse positivo x a sovrapporsi sul semiasse
positivo y: di conseguenza positiva la rotazione antioraria
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| |
1 2 2 4 4 1
0
0
0
0
x x
T
x
j
i
j j i i
* u N u
sen
cos
sen
cos
v u v u =

(2.2.5)
Le due espressioni ottenute possono essere invertite:
|
1 4 4 2 1 2 x
T
x x
Q N * Q = (2.2.6)
|
1 4 4 2 1 2 x
T
x x
u N * u = (2.2.7)
e sostituite nella relazione iniziale:
| | |
1 4 4 2 2 2 1 4 4 2 x
T
x x x
T
x
u N * K Q N = (2.2.8)
| | | , ,
1 4 4 2 2 2 2 4 1 4 x
T
x x x x
u N * K N Q = (2.2.9)
da cui infine:
| | | | |
1 4 4 4 1 4 4 2 2 2 2 4 4 4 x x x
T
x x x x
u K Q N * K N K = = (2.2.10)
Nel caso dell'elemento biella, come si pu notare, la rotazione del sistema di
riferimento porta ad una espansione della matrice di rigidezza dalla dimensione 2x2
alla dimensione 4x4. In generale, tuttavia, la matrice di rigidezza di un elemento
espressa nel sistema di riferimento locale e quella espressa nel sistema di
riferimento globale hanno la stessa dimensione (anche per l'elemento biella
possibile condurre il ragionamento in modo da evitare l'espansione).
Nel caso dell'elemento trave l'operazione leggermente pi complessa:
07 Calcolo Automatico delle Strutture.doc Pag. 15 di 20
j
x

y
Vj
Hi
i
Hj
Vi
j
x

y
Tj
Ni
i
Nj
Ti
Figura 2.2.2
Per trovare V e H a partire da T e N conviene scomporre queste ultime
separatamente secondo le due direzioni globali X e Y, e successivamente sommare
le due scomposizioni:
x

Y
H'
V'
X
y
N
x

Y
H''
V''
X
y
T
Figura 2.2.3

cos T sen N ' ' V ' V V


sen T cos N ' ' H ' H H
cos T ' ' V
sen T ' ' H
; sen N ' V
; cos N ' H
+ = + =
= + =
=
=
=
=
(2.2.11)
In forma compatta si ottiene:
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|
1 6 6 6 6 1
1 0 0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 1 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
x x x
j
j
j
i
i
i
j
j
j
i
i
i
* Q N Q
M
T
N
M
T
N
cos sen
sen cos
cos sen
sen cos
M
V
H
M
V
H
=

(2.2.12)
|
1 6 6 6 6 1
1 0 0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 1 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
x x x
j
j
j
i
i
i
j
j
j
i
i
i
* u N u
cos sen
sen cos
cos sen
sen cos
v
u
v
u
=

(2.2.13)
2.3 Assemblaggio della Matrice di Rigidezza Globale
A partire dalle matrici di rigidezza locali, ruotate nel sistema di riferimento globale,
ora possibile costruire un'unica grande matrice quadrata di coefficienti che
rappresenta globalmente il comportamento dell'intera struttura. Ci significa che,
dato un vettore {F}
nx1
di forze nodali, in cui n rappresenta il prodotto del numero di
nodi per il numero di gradi di libert di ogni nodo, e considerando il vettore {U}
nx1
che contiene gli n spostamenti nodali incogniti, il problema strutturale prende la
forma:
|
1 1 nx
nxn
glob nx
U K F = (2.3.1)
La costruzione della matrice [K
glob
] l'argomento di questo paragrafo.
Se consideriamo la struttura descritta in Figura 1.3, la dimensione della matrice
globale sar 2 (gradi di libert per nodo) x 4 (nodi) = 8. Poich la struttura
costituita da tre elementi a due nodi, avremo a disposizione tre matrici di rigidezza
locali [K
1
]
4x4
, [K
2
]
4x4
, [K
3
]
4x4
. L'assemblaggio, cio la costruzione, della matrice
globale, consiste nel collocare i coefficienti delle matrici locali nelle opportune
posizioni della matrice globale, seguendo la numerazione dei nodi. Come si vede in
Figura 2.3.1, la matrice locale [K
1
] dell'elemento 1 che collega i nodi 1 e 2, si
posiziona nella matrice globale in corrispondenza dei nodi 1 e 2; la matrice [K
2
]
dell'elemento 2 si posiziona in corrispondenza dei nodi 2 e 3, mentre la matrice [K
3
]
si separa e si posiziona in corrispondenza dei nodi 2 e 4. Dove le matrici locali si
sovrappongono i coefficienti di rigidezza si sommano: questo perch in ogni nodo la
07 Calcolo Automatico delle Strutture.doc Pag. 17 di 20
forza nodale esterna equilibrata dalla somma delle reazioni interne di tutti gli
elementi che convergono in quel nodo. Con l'assemblaggio quindi si sommano i
contributi di rigidezza che offre ogni elemento convergente nel nodo.
1
2 3
1
2
4
1
2
1
2
2 3
2
3
2 4
2
4
[Kglob] =
[K2] =
[K3] =
[K1] =
4
3
2 3
1
2
4
1 4
3
Figura 2.3.1
Volendo formalizzare questa operazione da un punto di vista matematico
opportuno suddividerla in due fasi distinte
2
:
l'espansione delle matrici di rigidezza locali alla dimensione globale;
la somma delle matrici locali espanse.
La prima operazione, schematizzata in Figura 2.3.2, consiste nel portare una ad
una le matrici locali alla dimensione di quella globale, collocando i termini nelle
posizioni opportune.
2 4
2
4
[K3] =
2 3
1
2
4
1 4
3
Figura 2.3.2
Ci si ottiene moltiplicando le matrici locali per delle matrici rettangolari, dette
appunto matrici di assemblaggio, contenenti solo 1 e 0:
2
E' importante notare che questo modo di formalizzare il problema non necessariamente coincide con il modo
di operare che viene usato dal software, che spesso si basa su algoritmi pi efficienti.
07 Calcolo Automatico delle Strutture.doc Pag. 18 di 20
| | | |
xn x
T
nx
nxn
, glob
A K A K
4 1 4 4 1 4 1 1
= (2.3.2)


0 0 0 0 1 0 0 0
0 0 0 0 0 1 0 0
0 0 0 0 0 0 1 0
0 0 0 0 0 0 0 1
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
1 0 0 0
0 1 0 0
0 0 1 0
0 0 0 1
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
44 1 43 1 42 1 41 1
34 1 33 1 32 1 31 1
24 1 23 1 22 1 21 1
14 1 13 1 12 1 11 1
44 1 43 1 42 1 41 1
33 1 33 1 32 1 31 1
24 1 23 1 22 1 21 1
14 1 13 1 12 1 11 1
, , , ,
, , , ,
, , , ,
, , , ,
, , , ,
, , , ,
, , , ,
, , , ,
K K K K
K K K K
K K K K
K K K K
K K K K
K K K K
K K K K
K K K K
(2.3.3)
e cos via per tutte le matrici di rigidezza locali. Naturalmente il problema si sposta
sulla costruzione delle matrici di assemblaggio, ma la posizione degli uno e degli
zeri facilmente determinabile a partire dal numero dell'elemento considerato e dai
numeri dei nodi che esso collega.
Il passo successivo solo pi una somma:
| | | | |

= =
= =
m
i
xn i x i
T
nx i
m
i
nxn
i , glob
nxn
glob
A K A K K
1
4 4 4 4
1
(2.3.3)
2.4 Partizione della Matrice di Rigidezza Globale
Nel ragionamento condotto fino a questo punto non sono mai state prese in
considerazione le condizioni di vincolo. In effetti nei nodi vincolati lo spostamento
nullo, o al pi ha un valore noto, nel caso di un cedimento vincolare. Le equazioni
che costituiscono il sistema di Eq. 2.3.1 sono quindi di due tipi distinti: quelle in cui
la forza nodale nota e quelle in cui la forza nodale incognita. Come illustrato in
Figura 2.3.3 Il vettore {U} degli spostamenti nodali pu essere quindi suddiviso nel
vettore {U
L
} degli spostamenti liberi (rossi) e nel vettore {U
V
} degli spostamenti
vincolati, nulli o di valore assegnato (gialli). Ugualmente il vettore {F} pu essere
suddiviso nel vettore {F
L
} delle forze libere (verdi) e nel vettore {F
V
} delle forze
vincolate, cio delle reazioni vincolari (fucsia). Anche i coefficienti della matrice di
rigidezza si possono suddividere in quattro sottomatrici, in base alle righe e alle
colonne in cui si trovano: la sottomatrice [K
LL
], ottenuta incrociando le righe con gli
spostamenti liberi con le colonne corrispondenti alle forze libere (rossa); la
sottomatrice [K
VV
], ottenuta incrociando le righe con gli spostamenti vincolati con le
colonne corrispondenti alle forze vincolate (gialla) e le due sottomatrici [K
LV
] e
[K
VL
], ottenute incrociando spostamenti liberi con forze vincolate (azzurra) e forze
libere con spostamenti vincolati (verdeacqua).
07 Calcolo Automatico delle Strutture.doc Pag. 19 di 20
=
{U} [K] {F}
Figura 2.3.3
Il sistema di equazioni viene scomposto per righe in due sistemi di equazioni
separati:
=
=
Figura 2.3.4
e successivamente per colonne, separando i diversi contributi:
=
=
+
+
Figura 2.3.5


V
L
V
L
VV VL
LV LL
F
F
U
U
K K
K K
|
|
V
V
L
VV VL
L
V
L
LV LL
F
U
U
K K
F
U
U
K K
=


| |
| |
V V VV L VL
L V LV L LL
F U K U K
F U K U K
= +
= +
07 Calcolo Automatico delle Strutture.doc Pag. 20 di 20
Dal primo dei due sistemi di equazioni si ricavano gli spostamenti liberi, che
costituiscono la soluzione vera e propria del problema:
| , , |
1
=
LL L V LV L
K F U K U (2.3.3)
E' importante notare che la parte onerosa dal punto di vista del calcolo data
dall'inversione della matrice [K
LL
]. Una volta trovati gli spostamenti dei nodi liberi
sufficiente sostituirli nel secondo sistema di equazioni per trovare le reazioni
vincolari.
A questo punto la soluzione del problema ottenuta, in termini di spostamenti dei
nodi liberi e di reazioni vincolari. Dagli spostamenti nodali possibile risalire alle
forze nodali sui singoli elementi applicando la seconda delle (2.2.10) e
successivamente le (2.2.6).

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