Tidrèa e i misteri dell'isola
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suo caro amico. Sul peschereccio lavora insieme a Filippo Borromeo, giovane introverso, conosciuto per i suoi modi scontrosi. Il primo giorno di lavoro, durante una battuta di pesca, una tremenda tempesta li coglie di sorpresa. Le onde infrangendosi contro la piccola imbarcazione non permettono ai ragazzi di virare in
tempo, così il peschereccio viene velocemente risucchiato dal vortice. I due giovani, ritrovati privi di sensi lungo la costa dalla principessa Zatilìe, vengono prontamente tratti in salvo. Al loro risveglio Tidrèa e Borromeo scoprono di trovarsi nel regno di Edeter dove tutti possiedono dei poteri unici e straordinari.
Proprio durante la prima notte, però, assistono al rapimento del padre di Zatilìe architettato dal fratello, re Mopodo, uomo avido e ambizioso. Questo gesto darà inizio ad una guerra e ad una corsa contro il tempo per salvare re Edefe. Il viaggio metterà a dura prova le capacità, la determinazione, il coraggio e i sentimenti
dei tre ragazzi ma gli permetterà anche di portare alla luce più di una verità a loro celata da molto tempo…
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Tidrèa e i misteri dell'isola - Letizia Leotta
grazie.
1. CAPITOLO – Un ragazzo come tanti
In una minuscola isola, la più piccola del suo arcipelago, situata ai piedi del vulcano Nate, vi era un villaggio abitato da circa tremila persone. I cittadini si conoscevano tutti e si consideravano una grande famiglia. Circa dodici anni fa, per tutta l’estate, in paese non si era parlato d’altro. Circolavano tante voci sulla famiglia Zuppablù poiché da un giorno all’altro un bambino paffutello, allegro e giocherellone era arrivato nella loro casa. Alcuni dicevano che i genitori del bambino avessero deciso di abbandonarlo dai nonni, altri che fossero morti. Sta di fatto che la permanenza del piccolo Tidréa, da una breve estate, divenne permanente. Da allora viveva con i nonni, gente umile e amorevole. La nonna, donna dalle forme morbide, aveva il viso tondo e due belle guance rosee contornate da un’argentea chioma raccolta sulla nuca. Era la tipica nonna affettuosa che aveva sempre un abbraccio e qualche caramella in tasca per coccolarti, che dava consigli utilizzando proverbi che il nipote non aveva mai sentito e che la domenica, dopo aver partecipato alla liturgia, si trasformava in una superwoman con indosso il suo grembiule a fiori, come mantello, col quale riusciva a cucinare mille prelibatezze in poco tempo. Il nonno, fisico asciutto e coppola, ne possedeva una di tutti i colori per ogni occasione, era un gran simpaticone, battuta sempre pronta e amante del suo lavoro. Era un pescatore e durante l’estate amava portare con sé il nipotino che, come lui, dimostrava un amore smisurato per il mare. Il ragazzo era amico di tutti grazie alla sua allegria contagiosa e sempre disponibile per chi avesse bisogno di una mano: ecco perché tutti gli volevano bene. Frequentava il quarto anno nella scuola superiore del paese e se la cavava piuttosto bene, aveva un’ottima media e ciò era motivo di orgoglio per se stesso e per i nonni. Il periodo scolastico volgeva ormai al termine, tra qualche giorno sarebbero iniziate le vacanze estive e, com’era solito, le avrebbe trascorse lavorando con il nonno. O forse no. Era da un po’ che il nonno ripeteva di essere invecchiato, di sentirsi troppo stanco e che avrebbe preferito evitare di trascorrere giorni interi in mare. Così durante un pranzo l’uomo, accomodandosi a tavola, chiese al nipote:
<< Figliolo, domani è il tuo ultimo giorno di scuola, vero?>>.
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Dopo pranzo Tidrèa si diresse di gran lena verso il bar. Il suo migliore amico, Raffaele, lavorava lì, il locale era dei suoi genitori. Il ragazzo fu il primo bambino che conobbe appena arrivato in paese; si incontrarono in spiaggia, iniziarono a giocare e da allora la loro amicizia si consolidò sempre di più tanto da considerarsi fratelli. Soprattutto d’estate era solito trascorrere con l’amico tutte le serate che si concludevano al molo chiacchierando di sport e ragazze.
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Dopo aver pianificato ogni cosa per il giorno seguente i due amici si salutarono. Tornando a casa Tidrèa pensava e ripensava all’occorrente per gli scherzi dell’indomani. Camminando sovrappensiero andò a sbattere contro un tizio, che trasportava talmente tante scatole da non riuscire a vedere neanche dove mettesse i piedi. L’urto gli fece cadere tutto a terra.
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Tidrèa si accovacciò a terra e iniziò a raccoglierle anche lui. Appena alzò lo sguardo i suoi occhi si incontrarono con quelli del giovane, che riconobbe subito. Aveva una barba nera e capelli dello stesso colore arruffati e non troppo corti che gli coprivano il viso già magro, fisico asciutto e muscoloso. Pur non avendolo visto spesso intuì subito chi aveva davanti.
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A quella risposta i sospetti di Tidrèa divennero certezze. E dopo aver risistemato tutte le scatole disse:
<< Permettimi di presentarmi sono Tidrèa e scusami ancora>> aggiunse porgendogli la mano.
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Scansò Tidrèa e facendo un passo indietro, riprese a camminare senza voltarsi. Tidrèa era arrabbiato ma chi si crede di essere quello?
. Tornò a casa pensieroso più di prima ma stavolta non pensava all’ultimo giorno di scuola; si chiedeva, invece, se avesse fatto bene o meno ad accettare di lavorare con l’amico del nonno. La cena fu veloce e silenziosa. Il ragazzo andò subito a letto e dopo poco si addormentò.
2. CAPITOLO – L’ultimo giorno di scuola
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Una bella e giovane donna dai capelli lunghi, lisci, di colore castano e gli occhi blu come il mare lo stava chiamando. Tidrèa la guardava, aveva un viso familiare. Ora che ci faceva caso riconosceva anche il posto. Era come se stesse ricordando. Lui si trovava lì in piedi e guardava se stesso da piccolo, nessuno riusciva a vederlo neanche sua madre. Cercò di chiamarla, voleva farle vedere quanto fosse diventato grande, ma nessuno poteva sentirlo così si limitò a guardare ciò che stava accadendo. Si trovava nella sua vecchia casa a Tanaica, la sua camera era piena di giochi e di amici dell’asilo. La mamma stava entrando nella stanza con una squisita merenda a base di biscotti al cioccolato e succo di frutta. Tutto sembrava così perfetto, tutto emanava felicità e serenità. Poi vide entrare anche un uomo, alto, atletico, dai capelli rossi arruffati e gli occhi verdi, lo riconobbe subito: era suo padre. Sentì una stretta al cuore quando si accorse quanto gli somigliasse, ormai era alto quasi quanto lui, aveva i suoi stessi occhi, i capelli un po’ ribelli come i suoi. Mentre la madre porgeva la merenda a tutti gli altri bambini, suo padre vide il piccolo Tidrèa piangere, un bimbo gli aveva strappato tutti i disegni e come se non bastasse era pronto a tirargli un giocattolo in testa. L’uomo corse a prenderlo in braccio per consolarlo, lanciando uno sguardo di rimprovero all’altro bambino. Guardandolo meglio si rese conto che quello non era un bimbo come gli altri. Sul polso aveva disegnato un cerchio raffigurante al suo interno un corvo. Si avvicinò alla moglie, le affidò il figlio e si diresse verso l’altro bambino che era rimasto a terra e sorrideva maleficamente leggendo la preoccupazione sul viso dell’uomo che, prendendolo per mano, lo condusse fuori. Il bimbo non oppose resistenza e, appena varcata la soglia, si trasformò in un vecchio dalla pelle rugosa e grigiastra, con lunghi capelli bianchi ai lati della testa. Aveva ancora stampato in faccia quel sorriso freddo e pieno di cattiveria, come se fosse soddisfatto del suo operato. Era vestito con un lungo abito nero e stringeva nella mano destra un bastone che gli arrivava al petto, portava alla mano un anello con lo stesso stemma che aveva tatuato sul polso. La madre strinse più forte a sé il figlio e cercò di schermare dietro di sé, come per proteggerla, una bambina piena di lentiggini e con i capelli rossi raccolti in due codine, che non aveva più di sette - otto anni. La donna continuò a guardare l’uomo, immobile. Tidrèa osservava la scena, leggeva la paura nei visi dei suoi genitori e vedeva se stesso così tranquillo tra le braccia della madre. Subito fu distratto da ciò che si dissero suo padre e l’uomo sulla soglia.
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DDRRRIIIIIINN!!! Tidrèa si svegliò di scatto, agitato e stanco. E’ stato solo un sogno
si ripeteva come se gli servisse a scacciarlo dalla sua mente. Assurdo, ma solo un sogno
. Appena pronto ma ancora stordito da quell’incubo, scese in cucina. Come sempre già i nonni erano svegli da un bel po’ e aspettavano lui per fare colazione.
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