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Oscuri legami - Il quinto elemento
Oscuri legami - Il quinto elemento
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Oscuri legami - Il quinto elemento

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About this ebook

Oscuri legami è tratto dal romanzo "Due cuori di seta", il primo volume della saga Il nobile casato dei Kingsdale.
Le quattro parti del romanzo sono stata suddivise, tra cui questo capitolo, revisionato e rieditato.
La storia continua dal capitolo precedete, narrando le avventure di Arum Kingsdale, vampiro capo clan della Los Angeles odierna. Sei mesi dopo la battaglia con HeiShin, un demone, questo riesce a tornare con l'intento di vendicarsi sulle streghe che lo sconfissero e punire Zetesis dell'affronto nel volerlo usare per i suoi discutibili fini. HeiShin si impossessa del suo corpo. Questa volta il demone porta con sé alcuni suoi compagni che si impossessano dei corpi di altri capo clan, compreso Zagor, anziano vampiro che tramutò proprioArum e si prese cura di Zetesis.
Oltre alla vendetta, HeiShin è intenzionato a raccogliere anime umane affinché possa riacquistare la sua forma di carne per lui e gli altri demoni, in modo tale da governare sulle razze degli immortali e poter vivere nella dimensione terrestre.
Per le streghe, quattro donne in grado di utilizzare la forza dei quattro elementi, si prospetta una missione piuttosto difficile, esorcizzare i corpi dei vampiri e liberarli dai demoni per distruggerli. E non solo, avranno il compito di intrappolare HeiShin. Come?
Tuttavia avranno bisogno di un potere maggiore per riuscire nell’intento, ossia congiungersi con quello che è il quinto elemento: la pura energia, rappresentata dal fulmine.
Dovranno affrontare diverse peripezie, intrecciate a nuove avventure.
Arum e Kimberly, una delle streghe tramutata in vampiro dallo stesso Arum, di cui si innamorò, vengono sottoposti ad un confronto con la divinità protettrice delle streghe, Ecate.
La tramutazione di una strega in vampiro pare essere un affronto e non è una cosa che Ecate può lasciare impunita, quindi mette alle strette i due, specialmente Kimberly, che dovrà fare un'importante scelta con un sacrificio.
Sposerà poi Arum, per designare il legame col vampiro e diverrà schiava di Ecate trasformandosi in parte in empusa, i demoni femminili schiave della stessa Ecate, con le dovute conseguenze.
Riuscendo a liberare uno ad uno i capo clan vampiri dalla possessione dei demoni, Zagor rimane ucciso.
La legge dei vampiri vuole che ci siano tre anziani a governare su tutte le stirpi e verrà candidato Arum per sostenere questo fondamentale ruolo.
Anche Zetesis verrà liberato dalla possessione grazie ai nuovi poteri delle streghe ed HeiShin intrappolato e sconfitto per sempre.
Ma a quale prezzo? E quali conseguenze si riverseranno sulle razze?
Combattimenti, battaglie, intrighi, storie d’amore che si intrecciano a quella che è una corsa contro il tempo per fermare le forze demoniache che minacciano l’equilibrio, ormai labile, tra le faide delle creature non-umane.
LanguageItaliano
Release dateSep 25, 2015
ISBN9788893154123
Oscuri legami - Il quinto elemento

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    Oscuri legami - Il quinto elemento - Elèonore G. Liddell

    Elèonore G. Liddell

    Oscuri legami

    Il quinto elemento

    Le informazioni di cui sopra costituiscono questa nota del copyright: © 2015 di Elèonore G. Liddell. Tutti i diritti riservati.

    Distribuito da Streetlib Selfpublish

    Narcissus

    Sede legale:

    Via della Regione, 20

    95037 San Giovanni La Punta CT

    Italia

    Contatti:

    Simplicissimus Book Farm

    Email: publish@streetlib.com

    Sede operativa:

    Villa Costantina, 61

    60025 Loreto AN

    Italia

    Una folata di vento tiepido di una sera di maggio, portava con sé una forte negatività su tutta San Francisco.

    In alcune zone, nelle case le apparecchiature presero a non funzionare correttamente, mentre gli animali domestici sembravano turbati da una previsione di un fenomeno del tutto inaspettato.

    Perfino il mare non era tranquillo, agitava il suo mantello d’acqua ululando la sua preoccupazione. E ne aveva motivo.

    Dopo sei mesi di calma apparente, in seguito alla violenta battaglia tra Arum e le prescelte contro il potente demone HeiShin, qualcosa stava per accadere. Nel porto, dentro il magazzino dove il demone stesso fu evocato dal vampiro Zetesis, vi era il segno di una crepa.

    Diverso tempo dopo la vicenda, gli operati del porto rimisero a nuovo quel magazzino ristrutturandolo dopo l’esplosione.

    Ma allora perché quella crepa?

    Il suolo stava bruciando, scricchiolava paurosamente fino a che un’intensa luce verde invase il magazzino ed uno squarcio nel pavimento permise a una figura oscura di fare capolino.

    Era proprio HeiShin.

    Il demone si stava liberando, aveva trovato un modo per tornare assetato di vendetta, bramante più che mai di potere, ansioso di versare il sangue dei suoi nemici che osarono sfidarlo e umiliarlo. E questa volta, avrebbe avuto ottima compagnia nell’aiutarlo ad ottenere ciò che desiderava.

    Sì, la tiepida serata di maggio diventò rovente poiché il male assoluto era tornato.

    1

    Dalle macerie stava risorgendo l’Oakland Bay Bridge.

    Dopo la battaglia tra il vampiro Arum e le quattro streghe prescelte contro il demone HeiShin per aprire un portale e rispedirlo nella dimensione dei demoni, il ponte della baia di San Francisco rimase quasi distrutto. Per i primi quattro mesi i lavori procedettero a rilento poiché la polizia stava indagando sulla diciottenne Kimberly Stanford, ricercata per l’omicidio dell’amica Joanna Pierce e per essere evasa dalla prigione prima di un interrogatorio ufficiale in cui il detective Ramson possedeva presunte prove da presentare in tribunale contro la ragazza.

    Il detective in quei sei mesi non si diede pace per il caso, interrogò i compagni di scuola di Kimberly, i famigliari, i conoscenti, ma sembrava ormai dissolta nel nulla e nessuno sapeva darsi una spiegazione se fosse stata davvero lei a commettere il crimine.

    Le indagini si estesero anche a New York, dove fu avvistata in compagnia di un’altra ragazza di cui identità tutt’ora risultava ignota al detective.

    Quella mattina di un martedì di maggio,  stava ancora crogiolandosi nel suo ufficio, nervoso per non riuscire a venirne a capo. Si sedette alla sua scrivania, passandosi le mani tra i capelli brizzolati e massaggiandosi con un tic nervoso il mento di un viso segnato da lievi rughe dei suoi quasi cinquantaquattro anni.

    Stava sfogliando i fascicoli del dossier della Stanford.

    Una ragazza come tante. Ottima studente, personalità gentile ed educata, socievole. Forse un po’ solitaria. Effettivamente la sua unica amica fu proprio Joanna.

    Nessun problema con la famiglia, i genitori erano sempre assorbiti dal lavoro ed il fratellino Alex adorava la sorella maggiore, anche se non lo dimostrava apertamente. Ma allora perché una ragazzina tanto per bene avrebbe ucciso la sua unica amica? Un altrettanto brava ragazza. Perché poi fuggire proprio a New York? Quali collegamenti vi erano? La testa del detective si affollò delle solite domande che lo perseguitavano giorno e notte nei suoi incubi, quando furono interrotti da un insistente bussare alla porta dell’ufficio.

    «Avanti maledizione!» imprecò Ramson.

    La porta si aprì ed entrarono i suoi due agenti collaboratori, Bradley e Larson. Lo aiutavano col caso di Joanna, molto attenti e scaltri. Bradley e Larson erano due grandi omoni, uno piuttosto paffuto e l’altro magrolino, per questo li chiamavano stucco e stecco.

    Bradley appoggiò alla scrivania del detective una busta.

    «Il rapporto che aspettava, signore» esordì l’agente a testa bassa, in segno di rispetto per Ramson, un uomo che ammirava.

    «Grazie Andrew. Novità?» chiese il detective poco prima di accendersi una sigaretta.

    «Sì, signore. Le tracce di sangue rinvenute sul ponte appartengono alla Stanford, ad una persona sconosciuta ed a una certa Karen McCourtney» intervenne Larson.

    I meccanismi nella mente di Ramson presero a girare ad alta velocità. «C’è stato un bel casino allora, probabilmente più di quanto ci aspettassimo. Chi sarebbe questa McCourtney? E come mai non si riesce a trovare il nome dell’altra persona?»

    A quella domanda prese parola Bradley. «La McCourtney è una ragazza di quasi la stessa età della Stanford ed è di Chicago. L’altra persona alla quale appartengono poche gocce di sangue a dire il vero, sembra inesistente. Non compare in nessun database, nessun diploma o annuario scolastico. Non è registrato nemmeno in qualche carta di credito o altro che potrebbe essere utile per scovare la sua identità, nulla. Un fantasma. Scoprire il nome di quella persona signore, temo sarà davvero difficile» concluse incerto.

    «Fatemi leggere il rapporto e poi vi dirò come procedere, potete andare» li congedò il detective spegnendo la sigaretta.

    Poco dopo fece capolino dalla soglia della porta Pauline, la segretaria di Ramson.

    «Mi scusi detective, posso disturbarla? La porta era aperta» chiese cauta la donna.

    «Dannazione! Quante volte ho detto a quei due di chiudere la porta.. non me ne sono accorto Pauline, perdonami. Prego entra, dimmi pure» rispose Ramson togliendosi gli occhiali da lettura, tenendo ancora in mano il rapporto dei due agenti.

    «Qui fuori c’è una signora che vorrebbe incontrarla, la faccio accomodare o è impegnato?» la segretaria irrigidì le spalle, pronta a sentire di nuovo il suo capo abbaiare.

    Ma non lo fece. «Va bene Pauline, falla entrare. D’altronde credo che non avrei comunque combinato granché qui.»

    La donna si congedò con un cenno del capo ed uscì, permettendo alla visitatrice di entrare nell’ufficio. Si presentò così una signorina alta, dai capelli biondi lunghi e folti, occhiali rossi che nascondevano due occhietti neri e vispi, un fisico tonico e slanciato. Indossava una camicetta lilla ed una gonna a tubo in tinta con gli occhiali.

    «Buongiorno, mi chiamo Miranda Gordon» salutò la donna presentandosi con fare ammiccante.

    Il detective si alzò in piedi per stringerle la mano. «Detective Ramson, piacere di conoscerla signora o signorina Gordon? A cosa devo la sua visita?» con un gesto la invitò a sedersi.

    «Signorina, prego. Non mi tratterò a lungo, per cui sarò breve. Sono qui per parlarle del caso Stanford. Sono un’investigatrice privata.»

    Ramson inarcò un sopracciglio. «Davvero? Non si direbbe. Quelli impiastri solitamente li riconosco subito!»

    La donna abbozzò un sorrisetto. «Se non mi ha riconosciuta allora, probabilmente significa che faccio bene il mio lavoro. Non trova, detective?» la sua voce era calda e sensuale, particolare che non sfuggì a Ramson.

    «Ad ogni modo.. chi l’ha ingaggiata?» chiese deglutendo nervoso.

    «I suoi genitori. So cosa sta per dire, non gli hanno parlato di me. Infatti vollero mantenere il.. segreto diciamo, per non darle un’impressione sbagliata. Ma capirà, sono ansiosi di trovare la figlia e far luce su tutta la verità della faccenda in questione» spiegò tutto d’un fiato la Gordon.

    Ramson capì che la donna richiedeva la sua collaborazione, evidentemente nemmeno lei era riuscita a ricavarne molto. «Ho capito tutto signorina Gordon, non occorre che vada avanti. Ora ho un altro caso da seguire e un appuntamento dal dentista, le può andare bene se ci troviamo domani a pranzo e ne discutiamo?» 

    Lei vi rifletté per un momento. «Va bene, come le dicevo avrei anche io una certa fretta. Però preferirei un semplice caffè, verso le 18 di pomeriggio. Che ne dice?» ammiccò infine.

    «Un po’ tardi per un caffè, ma se prima è impegnata.. vada per le 18» concluse sbrigativo.

    La Gordon a quella risposta si alzò in piedi. «Perfetto allora, porti il dossier per un confronto, a domani detective Ramson» si soffermò sulle lettere del nome dell’uomo per scandirle in maniera sensuale.

    «A domani signorina Gordon.. e grazie» si salutarono con un’altra stretta di mano e tornò alla sua lettura del rapporto, mentre l’investigatrice usciva oscillando sui tacchi e sorridendo compiaciuta.

    Quella sensuale figura aveva un qualcosa di insolito secondo il detective, qualcosa in lui sentiva che c’era del losco sotto quella faccenda ed inoltre lei non sembrava affatto quel che dichiarò di essere.

    Nella sua lunga carriera di investigatori privati ne aveva conosciuti parecchi ed era in grado di fiutarli con estrema facilità. Ad ogni modo, era curioso di sapere dove l’avrebbe portato quella seducente bionda.

    Il giorno dopo, Ramson si preparò un riassunto di ciò che avrebbe potuto dire alla Gordon. Decise di rimanere piuttosto sintetico sulle proprie conoscenze del caso.

    Quando la lancetta dell’orologio stava per raggiungere le 18, chiamò la donna dal numero di cellulare che aveva lasciato alla sua segretaria e si diedero appuntamento in un bar vicino alla stazione di polizia.

    Il detective prese posto a sedere in attesa, senza spiegarsene il motivo percepiva addosso una sensazione negativa, quasi di pericolo. Ma le sue sensazioni di pessimismo lasciarono spazio allo stupore, quando vide la Gordon entrare nel locale. Indossava un abito rosso attillato, piuttosto corto ed esageratamente scolato che risaltava le sue generose curve e tutto il suo aspetto deliziosamente giunonico. Alla faccia della discrezione, pensò il detective.

    «Salve signorina Gordon» salutò il detective quasi impacciato per l’incantevole sfacciataggine di quella presenza.

    «Buona sera detective» ricambiò la donna col suo solito fare ammiccante. No, non sembrava affatto un’investigatrice privata. Perché conciarsi in quel modo?

    Ordinarono da bere e lei scelse un BloodyMary, altra cosa che insospettì l’uomo.

    «Allora mi dica detective Ramson, che cosa ha scoperto fino ad ora?» prese a conversare la Gordon.

    «Non perde tempo vedo. Be’ non molto in realtà, la Stanford risulta ancora scomparsa nel nulla. Fu avvistata a New York circa sette mesi fa, in compagnia di una ragazza. I miei agenti hanno trovato tracce di sangue indagando nell’Oakland Bay Bridge, appartenenti ad una certa McCourtney. Una liceale di Chicago.  Sospetto possa essere lei la persona che si trovava a New York assieme alla Stanford, ma ancora non ho capito quale possa essere il collegamento tra le due ragazze o queste città. Forse appartenevano ad una setta o roba del genere. Molti ragazzi di famiglie benestanti si danno a queste cose, di questi tempi» espose Ramson esaminandone il comportamento alla ricezione di tali informazioni.

    «Interessante deduzione. Perché proprio una setta?» chiese la donna accavallando le gambe e fissando intensamente negli occhi il suo interlocutore.

    «Non lo so, credo sia l’istinto che me lo suggerisce. Anche per il modo in cui è stato rinvenuto il cadavere, che presumo lei già conosca le sue condizioni. Strano liquido verde non ancora identificato che le usciva dai lati della bocca, bah!»

    A quell’affermazione la Gordon si ricompose. «Ma certo.. a dire il vero nemmeno io ne so molto di più, tranne per un particolare. La Stanford è stata avvistata varie volte vicino un locale di un malfamato quartiere. Forse quello era una sorta di nascondiglio o luogo di ritrovo per lei e la sua.. setta, ne conviene?»

    L’uomo vi rifletté un attimo. «Ha per caso l’indirizzo di questo posto?»

    Lei sorrise maliziosa. «Ovvio che sì, non aspettavo altro che andarci con lei, detective Ramson» rispose lentamente, sorseggiando il BloodyMary senza distogliere lo sguardo dall’uomo.

    «Mi chiami pure David.. allora che dice, ci andiamo subito?»

    La donna a tale domande annuì e poco dopo uscirono dal bar.

    «La mia macchina è parcheggiata proprio qui davanti, David.. prego, salga» rispose la donna osservandosi attorno e cercando riparo sotto all’ombra di una colonna dell’edificio che ospitava negozi ed il bar.

    «Mi sembra titubante signorina Gordon, forza andiamo» esclamò con fare interrogativo Ramson.

    «Certo mi scusi, è che.. non amo molto il sole, ho una pelle delicata. Incredibile che nonostante siano quasi le 19, picchi ancora così terribilmente forte» si lamentò la donna.

    Salirono a bordo dell’auto e partirono. Parlarono del caso e della loro carriera, il vestito eccessivamente corto di lei scoprì quasi del tutto le cosce che rapivano di tanto in tanto l’occhio del detective. La Gordon se ne accorse e sorrise ammiccando, in maniera sensuale cominciò a fare apprezzamenti sull’uomo.

    «E’ davvero un tipo affascinante per essere un detective, lo sa vero?!»

    Lui arrossì lievemente.

    «La ringrazio signorina, non ricevevo complimenti da una donna giovane e bella come lei oramai da parecchio tempo. Cosa vuole, sono sulla soglia dei sessanta e non mi sento più piacente come una volta. Ma ad ogni modo è sconveniente entrare in questo argomento, signorina Gordon» si ricompose lui.

    «Ma io le ho solo fatto un complimento, un’osservazione.. è lei che continua a parlarne, David» ribatté lei facendogli l’occhiolino.

    Non se lo spiegava, ma quella donna aveva un certo fascino magnetico, qualcosa che lo aveva letteralmente smontato e rapito. Non riusciva a ragionare in modo logico, concreto e pragmatico come di solito sapeva fare. Quell’incontro profumava di appuntamento galante, più che di lavoro.

    Ma perché aveva questi pensieri? Perché si stava facendo trasportare dal fascino e dalla carica erotica che emanava quella donna? non poteva distrarsi, anzitutto era in servizio, ma poi aveva appena divorziato. Di certo, non sarebbe stato astuto combinare qualcosa proprio in quel momento. Doveva rimanere concentrato, soprattutto sul caso.

    «Eccoci arrivati. Il locale è dietro l’angolo» dichiarò la Gordon.

    Dopo aver parcheggiato l’auto, si ritrovarono in un quartiere piuttosto isolato e apparentemente tranquillo. Si incamminarono nella direzione indicata dalla donna fino ad arrivare ad un vicolo, all’ingresso poi di quello che sembrava un bar abbandonato ormai da tempo.

    Era il locale dove otto mesi prima, circa, Arum ed i suoi compagni lottarono contro lo Spirito della rabbia, uno dei servi di HeiShin.

    Ramson esaminò con lo sguardo la vetrata rotta e la porta d’ingresso sistemata alla bene e meglio.

    «Qualsiasi cosa sia successa qui, dev’essere stato un bel disastro. Forse un droga party o chissà.. il suo testimone non le ha detto niente?» chiese il detective osservando l’investigatrice.

    «No, solo che una volta sentì una violenta esplosione» rispose distratta, come se stesse pensando a tutt’ altro.

    «Mh.. entriamo» borbottò lui. Con uno scricchiolio fece aprire la porta.

    Il locale era distrutto, sedie e tavoli rivolti ovunque e ridotti a macerie. Pezzi di vetro di bottiglie di liquori sparsi sul pavimento.

    «Che razza di disastro» esclamò l’uomo voltandosi verso la donna che di tutta risposta, gli si fiondò addosso e lo baciò sulle labbra. Il detective si irrigidì e tentò di scostarla.

    «Ma che sta facendo? signorina la prego si contenga! Stiamo lavorando!» urlò l’uomo tra l’adirato e l’eccitato.

    Lei lo fissò dritto negli occhi, molto intensamente. «Rilassati David.. lascia fare a me» sussurrò la Gordon, strofinando il suo corpo a quello del detective e baciandogli nuovamente le labbra. Con un gesto si tolse gli occhiali, lasciandoli liberi da ogni oscura visione dettata da lenti, due occhi profondi di un cremisi scintillante.

    Passò la lingua sulle labbra di lui, facendola roteare lentamente e mordicchiandole debolmente. Ramson rimase paralizzato, sembrava quasi sotto un incantesimo, totalmente in balia dell’eccitazione e dalle innumerevoli sensazioni che la donna gli stava procurando con il suo sguardo ed i suoi baci. Il suo cervello quasi si spense, ogni tipo di pensiero fu ibernato.

    La donna continuò a baciarlo, ad accarezzargli il viso col soffio del suo respiro, tenendo la bocca socchiusa ad ogni ansimo e gemito che le uscivano. Ad un certo punto lo baciò più intensamente, mentre gli accarezzava il corpo e gli bloccò all’improvviso le braccia. Afferrò tra i denti la lingua di lui e gliela strappò di colpo, un rapido e fortissimo strattone che lasciò Ramson agonizzante.

    Cadde in ginocchio urlando di dolore, la disperazione divampò e cercò di toccarsi ancora incredulo dell’accaduto il viso e la bocca.

    Gli occhi sgranati.

    La donna intanto rimase in piedi davanti a lui, masticando la lingua che ancora teneva in bocca, stretta tra due lunghi canini bianchissimi.

    La sputò quasi disgustata. «Bleah.. fumatori» esclamò.

    Osservò Ramson dimenarsi a terra come un lombrico, le sue urla divennero flebili mentre il sangue sgorgava copioso dalla bocca come una coppa colma di vino.

    Con un calcio sul mento dell’uomo, lo fece stendere e rapidamente afferrò un grosso frammento di vetro dal pavimento e glielo conficcò in un occhio penetrando e disintegrando la sua cavità oculare e poi spinse, fino a forare il cervello.

    Ramson esalò il suo ultimo respiro.

    La donna si abbassò a leccare i rivoli di sangue che ricoprivano interamente il viso dell’uomo.

    «Miranda! Ed a noi non ne lasci?» urlò una voce dal fondo del locale.

    «Non è poi tanto buono, ma avevo troppa fame. Scusatemi» rispose lei a due figure che fecero capolino dall’ombra del locale. Erano due uomini, uno piuttosto muscoloso e l’altro più magro, ma dal fisico tonico. Entrambi pelati dalla carnagione diafana e dagli abiti neri di pelle, ricoperti da borchie e spilloni.

    Famelici e impazienti, si abbassarono assieme alla donna per cibarsi del detective ucciso.

    Li raggiunse un rumore di tacchi. «Certo che vampiri come voi mancano totalmente di classe» esclamò una voce alle loro spalle.

    «Ci scusi nostra Signora, ma sono giorni che non facciamo un pasto decente» rispose supplichevole Dagon, quello muscoloso.

    «E sia.. fate pure. Ve lo concedo miei umili servitori, ma non dimenticatevi di chiamarmi Regina e non signora. Mi auguro per voi di non dovervelo più ripetere» la voce apparteneva ad una donna anch’ella dalla pelle diafana. Occhi da cerbiatta di un giallo paglierino, trucco pesante, capelli corti platinati. Indossava una camicia in stile vittoriano fermata in vita da un elegante corsetto. Pantaloni attillati di tela ed ai piedi, lunghi stivali in pelle dal tacco vertiginoso.

    Alle mani indossava guanti neri ricamati in pizzo ed al collo portava un collare con un simbolo runico. La sua bellezza era drasticamente ammaliante. Ed era una di quelle donne capaci di uccidere con lo sguardo.

    «Non capisco per quale motivo questa vampirella tenga solo voi tre come servi» sbottò infine, contemplandosi il corpo.

    Il secondo vampiro, quello più magro si alzò e si avvicinò alla donna. «Arleen nostra Signora e Padrona è molto potente, non ha mai avuto bisogno di una grande armata. Noi vampiri siamo pochi qui a San Francisco» spiegò quasi irritato.

    «Tu sei Igor, giusto? vedi di mantenere la calma verme, ora sono io qui che comando. La vostra Signora è in mio possesso, quindi sebbene io sia temporaneamente.. Arleen, ciò non toglie che non mi dobbiate rispettare come dovete, senza quindi dimenticare chi sia io in realtà. Sono stata chiara?» rispose lei fulminandolo con lo sguardo.

    «Tutto questo è confuso.. perché la dovremo chiamare col nome della nostra Padrona?» osservò Igor.

    «Perché così ho deciso e perché così ha deciso il sommo HeiShin, finché rimarremo in questi corpi, assumeremo le identità dei nostri ospiti. Io sono Glasya, potente guerriera degli inferi. E da ora obbedirete a me come si fa con una vera Regina. Ora basta domande, stiamo perdendo tempo. Tu bionda, lo hai portato?» il demone si rivolse infine a Miranda.

    «La cartellina con il dossier è dentro la sua giacca» frugò tra gli abiti di Ramson e gliela consegnò.

    «Ottimo, quindi a quanto pare non ha scoperto nulla di questo Arum e di voi vampiri. Non ci resta che bruciare questa cartaccia e far sparire il cadavere. Pensateci voi. Percepisco dai ricordi di questa Arleen. Quel Arum è molto potente. Dico bene?»

    Intervenne Dagon a rispondere. «La nostra Signora non lo conosce personalmente, ma lo abbiamo osservato combattere con le streghe. Non ha dato dimostrazione di una grande forza, ma abbiamo percepito un’energia impressionante.»

    A quelle parole la donna vi meditò. «Interessante. Vedremo se questa volta si scatenerà, non amo le guerre noiose, io» affermò petulante.

    Miranda intanto prese il dossier e dopo aver acceso una candela nera, gli diede fuoco. «Queste erano le uniche informazioni principali che avevano sulla mocciosa, ora non potranno più indagare e nessuno potrà arrivare alla verità» aggiunse compiaciuta, mentre gli altri due trasportarono i resti della carcassa del detective nel magazzino del locale.

    «Uscite ora» ordinò Arleen.

    I tre servi ubbidirono e seguiti dal demone, assistettero alla distruzione del locale. Glasya infatti allungò le braccia e pronunciò poche parole in una lingua sconosciuta ed a quel punto, una nube nera invase il locale.

    «Che accadrà adesso?» chiese Dagon.

    «Quel fumo nero che vedete poco a poco disintegrerà tutto quello che vi è all’interno, compresi i resti del nostro caro detective, rendendoli un mucchietto di polvere» rispose sorridente della sua vittoria.

    Fatto questo, si incamminarono in direzione del termine del vicolo.

    Glasya disegnò un cerchio sulla parete a mattonelle di un palazzo, tracciandolo con un’unghia. Fece un passo indietro e pronunciò altre frasi nella stessa lingua antica. Ma non successe

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