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Gli angeli di rock castle
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Gli angeli di rock castle

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VINCITORE DEL BELGIOIOSO GIALLO 2010

MIGLIOR COPERTINA AL CREATIVITA’ E SCIENZA 2009

4 RISTAMPE PER LA PRIMA EDIZIONE

Nel 1978 il giovane dottor James Grahm, responsabile del Dipartimento di ricerca biologica di un grande ospedale americano, sta operando misteriosi esperimenti sugli embrioni congelati, mettendo a punto una tecnica rivoluzionaria della fecondazione in vitro grazie alla quale milioni di coppie sterili potrebbero avere figli. L'ostetrica suor Mary Ashley ha però forti sospetti sull eticità dei metodi dell'ospedale e indaga alla sua maniera: teme infatti che una notevole parte di quegli embrioni siano impropriamente utilizzati per esperimenti e poi distrutti, così come sospetta che sia in atto un criminoso e immorale traffico di fecondazioni. A distanza di sedici anni le vite di due ragazze si ritroveranno accidentalmente intrecciate in un destino comune riaffiorato quasi per caso. Sarà l'ormai anziana suora a fare luce su un passato chiaro solo per pochi. Gli angeli di Rock Castle è un giallo intriso di una corposa quota narrativa e di un messaggio morale riguardante il rispetto della vita e di principi bioetici, più volte, in questi ultimi anni, oggetto di diatribe politiche e intellettuali anche feroci tra opposti schieramenti laici e religiosi.

LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateJun 20, 2013
ISBN9788867821075
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    Gli angeli di rock castle - Alfonso Artone

    anni.

    II

    POLICLINICO DI RENGE, UNA MATTINA DI SETTEMBRE DEL 1978

    «Allora, Sammy, tutto bene?» chiese con un sorriso Rob Artson a suo fratello Samuel. «Ti senti pronto per... l’operazione preliminare? Io ti seguirò a ruota, comunque...».

    «No, io non sono mai pronto, lo sai... ma va bene così, perché sono convinto di quello che sto facendo. Davvero. Sta’ tranquillo perciò, fratellino... tutto ok» rispose con tono un po’ distaccato Samuel, fingendo di non cogliere l’ironia scherzosa di Rob sull’imbarazzante operazione preliminare che si accingevano entrambi a compiere, nella vicina toilette,mentre lui vi si stava avviando per primo col contenitore sterile nella mano sinistra.

    Con qualche forzata reciproca battutina, i due fratelli prepararono quindi ciascuno il proprio il seme, da congelare in azoto liquido a centonovantasei gradi sotto zero. Si trovavano in uno dei tre Ambulatori del Reparto di Andrologia e Biotecnologie mediche del Policlinico di Renge, un reparto d’avanguardia, a detta anche delle riviste scientifiche. A Samuel – il fratello maggiore di un solo anno, e che di anni ora ne aveva trentuno – era stato diagnosticato un tumore appena un mese dopo essersi sposato.

    Dopo frenetici consulti gli era stato fortemente consigliato, dal fratello Rob che si era documentato sul problema, di congelare il proprio liquido seminale in vista della pesante chemioterapia e radioterapia alla quale doveva essere sottoposto, che lo avrebbe reso quasi certamente sterile. Per rafforzare la sua decisione, e anche per dargli maggior conforto morale, Rob aveva deciso di ricoverarsi anche lui nello stesso reparto di Sam, e sottoporsi anch’egli alla medesima operazione: stava lui pure per sposarsi e... non si sa mai. Infine, per convincere definitivamente il fratello a prendere questa decisione, era intervenuto anche il dottor William Bedford, uno dei più stimati Ginecologi dello Stato, direttore del Reparto di Ginecologia e Ostetricia in quel Policlinico e capo di suor Mary Ashley, Ostetrica e cugina di Sheila Ellison, la moglie di Sammy.

    Ma c’era di più, aveva detto loro il dottor Bedford: se avessero accettato di entrare anche nella lista dei donatori ogni eventuale ulteriore intervento al riguardo sarebbe stato del tutto gratuito. Ovviamente, era implicito sottoscrivere il consenso a ogni altra utilizzazione scientifica del loro materiale biologico.

    Samuel e Robert Artson, quindi, s’iscrissero entrambi anche alla cosiddetta Banca del seme.

    La segretaria dello staff del Dipartimento di Ricerca Biologica, diretto dal dottor James Grahm, aveva poi fatto firmare ai due fratelli il complicato modulo di assenso, tra le cui clausole Rob ne aveva capita bene una sola: s’impegnavano nel modo più assoluto a mantenere il massimo riserbo su questa operazione – per sua natura delicata – per motivi di privacy personale e sociale.

    E alla fine – pur con evidente reticenza – anche suor Mary, cugina di Sheila, aveva dato la sua benedizione.

    Rob sapeva bene che sotto quell’apparente self-controlil fratello era molto agitato e quasi sconvolto. Troppe volte Sam e Sheila avevano parlato con gioia e fiducia nella vita dei numerosi figli che avevano intenzione di mettere al mondo (Cominciamo però con una femmina, mi raccomando... aveva detto più volte ridendo Sheila), e ora... ora questo destino infame gli aveva fatto uno scherzo orribile, e al ritorno dalla luna di miele! Ma non era detta l’ultima parola, pensava con rabbia Sam: lui non doveva arrendersi... no!

    L’aveva giurato a se stesso, prima ancora che a Sheila. E poi... anche il dottor Bedford lo aveva rassicurato: tutto sarebbe andato bene, e lui si fidava di quel vecchio specialista.

    No... non debbo arrendermi. Avremo magari un solo bambino... anzi, una bambina, ma l’avremo. E sarà per Sheila. Per farla felice e per ricordarsi di me.

    III

    Greg Barry, il custode alla portineria, non riusciva a dominare il sonno che lo stava assalendo: già gli si chiudevano gli occhi e a stento riusciva a fissare il monitor nel vano della guardiola. Per un attimo provò un senso d’invidia per suo fratello minore, da poco assunto anche lui come portiere, ma in un museo:

    Almeno lì c’è qualcosa da guardare pensò velocemente. "Qui cosa mai possono rubare...!? Un mucchio di vecchi decrepiti nel reparto Geriatria? Oppure i cateteri dal reparto di Urologia? E io qui a marcire in questa topaia... Non mi concedono neppure un collega con cui darmi il cambio a mezzanotte: Così lei avrebbe tutto il giorno a disposizione per i suoi hobbies, bello eh?. Maledetto il direttore e la sua arroganza: domattina non avrò nemmeno la forza per partecipare al Convegno! Tutti gli altri verranno ripresi dalla televisione, e forse saranno pure intervistati, e io... giuro che appena posso...".

    Greg si alzò di scatto:

    «Ehi! Che diavolo succede!?».

    C’era qualcosa che non andava sul monitor che riprendeva

    la scala B1, dove si trovano i laboratori di ricerca. Un’imponente sagoma scura passò davanti la telecamera a infrarossi e fuggì via. Allarmato e addirittura terrorizzato, Greg si precipitò verso l’ingresso e con la sua ricetrasmittente collegata con la Centrale operativa chiamò la Polizia:

    «Qui è il Policlinico di Renge: una figura molto sospetta si è introdotta nel settore b1... sì... certo... vi aspetto!».

    La guardia si avviò di corsa verso quell’area, maledicendo il momento in cui aveva desiderato un lavoro più movimentato. Si diresse verso l’ascensore, poi cambiò idea e scelse le scale:

    Non si sa mai... nel caso dovessero staccare la corrente pensò.

    Attraversò il lungo corridoio che collegava lo stabile A, dove c’erano i reparti, con quello b, dove c’erano i laboratori di ricerca, oltre alle camere da letto di alcuni dipendenti a cui era concesso di alloggiare sul posto. Svoltò a sinistra e scese la scala che portava nel settore 1, posto nei sotterranei.

    Dipartimento di Ricerca Biologica – responsabile Dott. James Grahm,

    citava l’etichetta posta sull’ampio portone vetrato che dava l’accesso proprio all’area dove la telecamera aveva inquadrato la figura sospetta. La porta era spalancata, il buio quasi completo; ma la guardia decise di non accendere la torcia, accorgendosi che da una stanza proveniva un bagliore fioco simile a quello generato da una candela, ma con un’intensità di luce decisamente più costante. Decise di avvicinarsi con cautela verso quella direzione: era lo studio del dottor Grahm. Spostò con prudenza, con la mano sinistra, la porta semi-chiusa, mentre la destra teneva saldamente impugnata la pistola appena estratta dal fodero. Aveva sempre sperato di non doverla usare mai, ma ora si rendeva conto che poteva essere necessario. La mano gli sudava.

    «Altolà! Chi va là!?» esclamò ad alta voce, rendendosi subito conto della stupidità delle sue parole. Si fece coraggio decidendo di entrare. Nella stanza regnava il caos più totale, v’erano carte sparpagliate dappertutto e i cassetti aperti, come se la persona che si era introdotta avesse cercato precipitosamente qualcosa. Greg si girò intorno e notò che lo schermo del computer era acceso, come pure la stampante.

    Il malintenzionato non ha fatto in tempo a far sparire le tracce. Chissà se ha trovato quello che cercava pensò e se fosse ancora qui, nascosto da qualche parte?.

    Le pulsazioni gli andarono a mille, la mano sulla pistola continuava a sudare: sentiva ora dei suoni provenire fuori dalla finestra; un attimo dopo riconobbe le sirene della Polizia e cominciò a tranquillizzarsi. Accese la luce e decise di avvertire il direttore.

    IV

    POLICLINICO DI RENGE, UFFICIO DEL DIRETTORE, MATTINA DEL GIORNO SUCCESSIVO

    La mattina era insolitamente fredda e umida, per un giorno estivo, ma in quell’ambiente il condizionatore d’aria metteva le cose a posto. Nello studio del direttore generale la vasta biblioteca, molto raffinata e in stile Vecchia America, faceva bella mostra di sé: i primi tre grandi scaffali contenevano una collezione di libri antichi, di cui il direttore andava molto fiero. Gli altri ripiani invece ospitavano ogni sorta di trattato, soprattutto di materie che spaziavano dall’economia al marketing.

    A sinistra della scrivania c’era un altro piccolo scaffale contenente copie rigorosamente autografe di romanzi d’autore: era la collezione personale del direttore, e a quella teneva in modo speciale. In alto campeggiava un’enorme carta geografica d’epoca e sull’altra parete un grande specchio dai bordi tondeggianti – un tempo probabilmente dorati – rifletteva, se la persona seduta di fronte alla scrivania si voltasse un po’ di lato, la sagoma dello stesso direttore deformandone in parte l’aspetto: James Grahm ne ricavava sempre un certo timore a incrociare quella figura riflessa.

    Il brillante ricercatore era visibilmente provato da una notte insonne e colma di pensieri turbolenti. Il giorno che avrebbe dovuto segnare il coronamento di tanti anni di dura ricerca, di tante fatiche e tanti rischi corsi e di tante delusioni ricevute poteva tramutarsi in uno dei peggiori della sua vita; secondo forse solo a quello in cui scoprì che sua moglie era sterile: da questo shock però era uscito trovando gli stimoli giusti per affrontare la ricerca che indirettamente serviva anche alla sua causa personale; ora, al contrario, se questa dannata faccenda avesse rovinato il convegno di quel giorno, difficilmente avrebbe poi trovato l’energia e la voglia di rimettere la barca in mare per riprendere a remare, con tenacia, verso una nuova direzione, come era stato in grado di fare per il passato. E andava ripetendosi tra sé e sé: Quel maledetto custode, miserabile codardo! Che bisogno c’era di chiamare la Polizia? Ci ha costretti a sporgere denuncia! Speriamo per lo meno che amicizie influenti....

    «Cosa ne pensa, James?» esordì il direttore, interrompendo i turbolenti pensieri di Grahm.

    Anche se ormai si conoscevano da diversi anni – e per certi versi avrebbero potuto anche definirsi amici – il direttore continuava a trattarlo con distacco, se non con alterigia; e gli veniva quasi voglia di dirgli: Ehi... come si permette di decidere a suo piacimento di darmi del lei o di chiamarmi per nome?

    Il solo sentire la voce del suo superiore lo rendeva ora più nervoso: e aveva davvero una gran voglia di cantargliene quattro per come era stato sempre trattato, sfruttato e sottopagato negli ultimi dieci anni; per come – pur essendosi dedicato anima e corpo alla ricerca sacrificando gran parte della sua vita personale – non si fosse mai visto riconoscere neppure un dollaro di straordinario; per come fosse stato lasciato in balia delle feroci critiche che alcuni dipendenti – dapprima antiabortisti e poi antitutto – avevano mosso contro il suo reparto, senza che lui – il signor direttore generale – avesse mai avuto la correttezza, se non il coraggio, di esporsi in prima persona.

    E ora quest’assurda faccenda... che il direttore stava affrontando con la solita arroganza, fregandosene del rischio di mandare a monte anni di ricerca, smuovendo tutto questo polverone. Ma, nonostante tutto questo, come sempre ingoiava il grosso rospo e decideva di abbozzare. Rispose quindi con la prima banalità che gli venne in mente:

    «Pensavo che il commissario di Polizia è in ritardo, direttore».

    «Ha ragione. Trovo la cosa inammissibile, per quanto si tratti, tutto sommato, di un colloquio informale. Non abbiamo tempo da perdere qui, soprattutto per rimettere a posto il casino appena successo. E tra non molto dobbiamo trovarci nella Sala conferenze per presentare i risultati...».

    In quel mentre entrò la segretaria, Ellen: un tipo di corporatura medio - robusta, capelli biondo cenere, sui quarant’anni. Il padre veniva da una piccola cittadina vicino Renge, dove anche lei aveva vissuto tutta la sua infanzia, e dove si era stabilita anche dopo il matrimonio, anche a causa dell’eccessivo prezzo che avevano raggiunto le case nel capoluogo, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta. La madre invece era australiana: da giovane faceva la guida turistica, e proprio durante una visita guidata aveva conosciuto quello che di lì a poco sarebbe divenuto suo marito, e poi padre di Ellen.

    «Quante volte l’ho pregata di bussare, prima di entrare?».

    «Mi scusi signor direttore, era aperto... e volevo subito annunciarle che è arrivato il commissario Herald».

    «Ah bene. Era ora! Lo faccia entrare!».

    Johnny Herald veniva dai più considerato una giovane promessa della Polizia, e la sua fama si era diffusa, grazie ai mass-media, su tutto il territorio nazionale. Nonostante la sua giovane età infatti era diventato subito famoso per la risoluzione di alcuni casi particolarmente intricati, risolti abilmente per mezzo di nuovi e innovativi metodi di ricerca: L’analisi sistematica e sistemica degli eventi come aveva affermato durante una recente intervista alla BBC, a cui il direttore aveva assistito qualche giorno prima unitamente alla meticolosa osservazione dei luoghi in cui avvengono i crimini, e sfruttando tutte le nuove tecniche a disposizione... lo avevano portano a suo dire a trovare quasi sempre la soluzione in tempi incredibilmente rapidi. Sempre in quest’intervista aveva dichiarato che, accanto a questo tipo di approccio scientifico, un altro strumento da lui prediletto era l’ampio ricorso al colloquio informale: a suo parere infatti in tale contesto gli indagati sentendosi maggiormente a proprio agio abbassano la guardia e rivelano molto più di quanto farebbero se sottoposti a un classico interrogatorio.

    A causa del suo aspetto buffo era stato soprannominato dai colleghi ispanici "Il commissario gordo": il fisico di Herald infatti – tutto sommato asciutto – era sovrastato da un grosso faccione paffuto da pre-adolescente, che lui provava malamente a celare dietro una barbetta di media lunghezza ma tuttavia abbastanza rada. Soffriva poi di incipiente calvizie ma si ostinava a portare i capelli ricci incolti: e tutto ciò – unitamente agli occhiali di color azzurro sgargiante – contribuivano a rendere ancora più curioso il suo aspetto generale.

    Cavolo... in quali mani siamo finiti! pensò

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