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L'editoria italiana tra industria e cultura: Il caso degli editori indipendenti
L'editoria italiana tra industria e cultura: Il caso degli editori indipendenti
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L'editoria italiana tra industria e cultura: Il caso degli editori indipendenti

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Questo studio fotografa il presente dell’editoria italiana, mettendolo a fuoco da un punto di vista particolare: quello dell’editore indipendente. Lo scopo è quello di fare il punto non solo sulle difficoltà e sui rischi del sistema editoriale odierno, ma anche sulle opportunità offerte dall’editoria indipendente e di nicchia, una risorsa vitale per consentire la sopravvivenza di manifestazioni culturali spregiudicate e di progetti nuovi nel settore del libro.
Questa ricerca indaga dall’interno sull’universo silenzioso, ma estremamente vivace, degli editori indipendenti di progetto, cioè quei soggetti del mondo del libro che hanno fatto dell’indipendenza e della ricerca le loro scelte professionali e di vita. Questa figura professionale si distingue sia dai grandi gruppi, grazie alla sua scelta di rimanere indipendente, sia da molti piccoli editori incompetenti, poiché il suo obiettivo esistenziale è quello di promuovere la ricerca e di contribuire allo sviluppo e alla crescita della cultura.
Nella prima parte del libro è stata ricostruita la storia dell’editoria moderna italiana, mentre la seconda parte è tesa a evidenziare, grazie a un approfondimento qualitativo, esperienze concrete, difficoltà e sfide degli editori indipendenti, protagonisti che faticano a rendersi visibili e spesso persino a sopravvivere, ma che sono anche capaci di fare ricerca e innovazione.
Questo libro vorrebbe essere uno spunto efficace per iniziare a riflettere sul futuro dell’editoria italiana e, di conseguenza, sul futuro della cultura dell’intero paese.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2012
ISBN9788897527145
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    Book preview

    L'editoria italiana tra industria e cultura - Elisa Quattrini

    Quattrini

    Introduzione

    Nonostante il punto di vista rigidamente (e riduttivamente) merceologico di taluni, i libri non sono sacchi di cemento, non sono fustini di detersivo, non sono vasetti di yogurt.

    I libri sono il veicolo per la diffusione di idee, di cultura, di critica, di approfondimento.

    Sono il mezzo attraverso cui si esprime la vitalità culturale di un paese, la possibilità stessa di generare alternative, di comunicare una ricchezza di pensiero[1].

    È a partire da questa definizione che ho iniziato a riflettere sul duplice aspetto del libro, sul suo essere al contempo un bene economico e un bene culturale. Il libro è una merce particolare: è un prodotto a tutti gli effetti, ma al contempo possiede un valore sociale speciale, un’altissima utilità collettiva. Per questo dovrebbe essere salvaguardato da tutte le distorsioni che possono compromettere la sua funzione.

    Da questa premessa ha preso avvio il mio lavoro di ricerca, che ha l’obiettivo di dimostrare come nel settore del libro si siano sviluppate molte attività che non seguono logiche puramente economiche, ma che innanzitutto favoriscono le manifestazioni culturali indipendenti e di progetto, una scelta che andrebbe favorita e tutelata.

    A tale scopo ho scelto di esplorare dall’interno l’universo silenzioso ma estremamente vivace di quelli che Colleu (2008) definisce editori indipendenti di progetto, ovvero quei soggetti del mondo del libro che hanno fatto dell’indipendenza e della ricerca le loro scelte professionali e di vita. Dunque il primo passo è stato quello di raccogliere le testimonianze di questi professionisti, focalizzando l’attenzione sulle loro esperienze e sui loro progetti, sulle loro difficoltà e sulle loro opinioni.

    Dopo avere stabilito gli obiettivi della ricerca, ho deciso di articolare il mio studio in due parti principali: 1) la ricostruzione, attraverso materiale bibliografico, dello scenario riguardante l’editoria moderna italiana, a partire dalla sua nascita fino ai giorni nostri; 2) un approfondimento qualitativo delle questioni legate all’editoria indipendente di progetto, al fine di analizzare concretamente esperienze, difficoltà e sfide di questi professionisti del libro che faticano a rendersi visibili e, spesso, persino a sopravvivere. Le riflessioni presenti in questa seconda parte si basano sui dati forniti da alcuni protagonisti dell’industria editoriale, sulle informazioni presenti sui siti professionali dedicati all’editoria, su articoli di giornale, atti di convegni, e sul materiale raccolto durante la mia partecipazione a Buk – Festival della Piccola e Media Editoria. Per far emergere le peculiarità dell’editoria odierna, all’interno dei vari capitoli ho inoltre inserito alcune parti delle mie interviste ad alcuni editori indipendenti di progetto.

    La prima parte del lavoro occupa tre capitoli, utili per definire la cornice nella quale gli editori di oggi si muovono e agiscono. Nello specifico, il primo capitolo delinea sinteticamente la storia dell’editoria moderna in Italia che, nata nell’Ottocento e consolidatasi nel corso del Novecento, in questo momento è soggetta a nuove e sempre più rapide trasformazioni. Nel secondo capitolo vengono riportati alcuni dati statistici riguardanti l’editoria italiana, i suoi fatturati, la localizzazione degli editori sul territorio nazionale e la loro produzione, senza tralasciare informazioni sulla fisionomia dei lettori. Protagonista del terzo capitolo è invece la crescente divaricazione tra grande e piccola editoria, determinata dalla tendenza delle sigle più importanti a trasformare sempre di più la propria struttura in industria. Il mercato editoriale italiano rispecchia la bipartizione tra concentrazione e frammentazione, con l’esistenza di grandi gruppi editoriali da un lato e la presenza silenziosa ma vivace di una costellazione di medi e piccoli editori indipendenti dall’altro, che non hanno come obiettivo prioritario il profitto, ma la ricerca e la difesa della bibliodiversità.

    È su questi soggetti del mondo del libro che si concentra la seconda parte del presente lavoro. Nel quarto capitolo si illustrano gli obiettivi della ricerca e le scelte metodologiche, per poi delineare la fisionomia dell’editore indipendente di progetto, evidenziandone le peculiarità. Questa figura professionale si distingue sia dai grandi gruppi, grazie alla sua scelta di rimanere indipendente, sia da molti altri piccoli editori incompetenti, poiché il suo obiettivo principale è quello di promuovere la ricerca e contribuire allo sviluppo e alla crescita della cultura. Di questa parte dell’editoria, nel corso del capitolo, vengono messi in luce i rischi e le opportunità. Successivamente, nel quinto capitolo, si analizzano le diverse politiche messe in atto per regolamentare il prezzo del libro, in quanto si tratta di una questione controversa che ha spesso diviso gli attori del mercato del libro e, in particolare, ha visto contrapposti grandi e piccoli editori. Nel sesto capitolo, infine, ci si interroga, sulla base dei dati e delle informazioni raccolte, sull’esistenza di un futuro possibile per l’editoria indipendente di progetto. Sono infatti numerose le difficoltà e le sfide che questi soggetti incontrano quotidianamente e alle quali spesso non si trova soluzione. A partire da alcune proposte messe in atto in altri paesi e dai suggerimenti raccolti nel corso delle interviste sono state evidenziate una serie di possibili soluzioni che possono rappresentare un punto di partenza per il futuro di questi editori (e, di conseguenza, della bibliodiversità). Nell’ultima parte del lavoro vengono messi in luce i vantaggi offerti dalla grande novità del digitale, che sta progressivamente modificando il prodotto-libro, il ruolo dell’editore e la filiera editoriale. Il web rappresenta una nuova sfida a cui gli editori non possono sottrarsi e, forse, per i più piccoli questa potrebbe rivelarsi una vera e propria opportunità.

    Queste analisi vorrebbero essere uno spunto efficace per iniziare a riflettere sul futuro dell’editoria italiana e, di conseguenza, sul futuro della cultura dell’intero paese.

    Parte I        UNO SGUARDO ALL’EDITORIA IN ITALIA: DALLA NASCITA AI NOSTRI GIORNI

    1          BREVE STORIA DELL’EDITORIA MODERNA IN ITALIA

    1.1          Tra Ottocento e Novecento: la nascita dell’editoria moderna e il suo consolidamento

    Le prime iniziative editoriali in senso moderno in Italia, come in altri paesi europei ma con forti ritardi rispetto a Francia, Gran Bretagna e Germania, sono riconducibili alla seconda metà dell’Ottocento.

    In questi anni, che per l’Italia coincidono con gli inizi della prima fase di sviluppo economico, la figura dell’editore in senso moderno non è ancora ben definita, ma inizia a emergere a poco a poco da più profili preesistenti e in qualche modo collegati con l’attività del pubblicare: il tipografo, innanzitutto, ma anche il libraio e il cartolaio. Non è un caso che nel 1861 l’edizione Manuzzi del Vocabolario della lingua italiana di Firenze definisca l’editore come «quel tipografo o libraio che stampa o fa stampare le opere altrui». Ma l’editore moderno non è solo questo. Come sostiene Mario Infelise, rispetto al tradizionale libraio-stampatore, la peculiarità dell’editore è legata alla «capacità di concepire sempre nuovi progetti editoriali di respiro nei quali coinvolgere letterati e scrittori all’interno di una redazione che non sia un’impresa occasionale» (Turi 1997, 62). L’editore moderno, inoltre, è «allo stesso tempo recettore delle istanze dei lettori ed educatore dei loro gusti e delle loro esigenze» (Tranfaglia e Vittoria 2000, 37). Si afferma così, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la figura dell’editore in chiave moderna, che media tra le offerte dell’autore e le richieste del pubblico.

    È dal 1861, grazie all’Unità d’Italia, che l’editoria si sviluppa in modo significativo, in seguito all’eliminazione di alcuni dei problemi che ne avevano rallentato la crescita: gli editori si ritrovano a operare in un unico, vasto mercato nazionale, quindi vengono rimossi i dazi doganali elevati; viene meno la rigida censura e il governo promuove forti programmi di scolarizzazione che, oltre a far aumentare lievemente il numero dei lettori, creano forti esigenze di un’adeguata produzione scolastica (libri di testo, sussidiari, grammatiche e ausili didattici). Inoltre, le trasformazioni in corso sul piano economico nell’Italia postunitaria e la creazione di vari stabilimenti industriali nelle città comportano lo sviluppo di quei ceti (come la piccola borghesia impiegatizia e il proletariato operaio) che rappresentano il nuovo importante mercato per il mondo della carta stampata che, consolidato sulle fasce medie, si allarga numericamente a fasce socialmente più basse.

    Nel frattempo l’editoria tende ad assumere un ruolo sempre più industriale, anche in seguito all’introduzione nel 1847 a Torino del primo torchio azionato da motore a vapore, grazie al quale si velocizzano i processi di stampa e aumenta la tiratura dei volumi stampati. Tra il 1861 e il 1873, grazie al miglioramento nelle tecnologie di stampa e alla crescita dell’alfabetizzazione, l’editoria si sviluppa in maniera vertiginosa: dai 3.300 titoli stampati nel 1836 si passa ai 4.200 del 1863, per salire a 15.900 nel 1873 (Turi 1997).

    Nel corso del secolo nascono le prime case editrici vere e proprie, tra cui Le Monnier, Treves e Hoepli, e si viene proponendo, e poi imponendo, un modello di editoria imprenditoriale rivolta al consumo (e quindi ai generi di maggiore leggibilità), sulla base del quale si inizia a determinare un’omogeneizzazione del mercato librario in chiave giornalistico-letteraria.

    Le iniziative editoriali di tipo moderno si diffondono nei più vivaci centri culturali della penisola. La maggiore spinta viene da Milano, che nel corso del secolo registra la maggior parte della produzione tipografico-editoriale del paese. Questo centro editoriale in graduale ascesa, sede di 19 periodici nel 1836, ne ha 80 nel 1864, 92 nel 1871 e 137 nel 1873 (Tranfaglia 2001) e rappresenta la città più forte sul mercato del libro di intrattenimento, dell’editoria di divulgazione (soprattutto in campo tecnico-scientifico) e delle pubblicazioni di ispirazione socialista. Firenze, al contempo, è la sede di un’attività editoriale più tradizionale, basata su intenti pedagogico-civili, anche attraverso iniziative per il rinnovamento culturale e politico promosse da alcuni giovani intellettuali guidati da Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini. In altre città, tra cui Torino e alcune località del Centro e del Sud, operano importanti sigle scolastiche e di cultura.

    Nella prima metà del Novecento il sistema editoriale moderno continua a consolidarsi e, nonostante nei primi anni del nuovo secolo i dati sulla produzione editoriale mostrino una tendenza verso il basso (si passa dagli 8.464 titoli pubblicati nel 1900 ai 5.557 nel 1905), la loro risalita verso la fine del primo decennio (6.833 titoli nel 1909) e la loro espansione negli anni Dieci (11.294 titoli nel 1912) portano ad affermare che la diffusione del libro conosce un momento favorevole (Cadioli, Vigini 2004). Come sostiene Albertina Vittoria, negli anni a cavallo tra i due secoli accade qualcosa di nuovo: «si verificò un cambiamento complessivo nell’editoria e nella stampa italiane: anche se grandi processi di trasformazione si determineranno tra gli anni Venti-Trenta, già in questa fase cominciarono a porsi le premesse per l’evoluzione in senso industriale dell’editoria e la caratterizzazione del libro come oggetto di largo consumo, non solo per il suo contenuto, ma anche per il fatto di essere – grazie all’ampliamento della rete di distribuzione e alla capacità produttiva delle imprese – maggiormente accessibile» (Tranfaglia, Vittoria 2000, 135).

    Per quanto riguarda l’influenza degli eventi storici novecenteschi sullo sviluppo editoriale italiano, il confronto con il regime fascista e con le sue iniziative culturali gioca un ruolo cruciale. A partire dagli anni Venti si assiste infatti a un processo di fascistizzazione dell’intera società che coinvolge anche il mondo editoriale, mediante un’apposita legislazione, la pratica della censura e il controllo preventivo dei giornali esercitato direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Il fascismo, inoltre, facendo dell’editoria uno dei principali strumenti per la conquista del consenso, incide in modo significativo sulla produzione editoriale attraverso varie forme di sostegno statale. Il finanziamento alle aziende editoriali, soprattutto quelle di cultura, è infatti decisivo e determina una nuova relazione tra la sfera pubblica e quella privata. Il regime infatti opera spesso un intervento diretto sulle case editrici, aiutando gli editori mediante un’attenta politica di sgravi fiscali, iniziative rivolte a facilitare la spedizione dei libri e sollecitando la modernizzazione delle strutture industriali. Attraverso massicce sovvenzioni e acquisti centralizzati di libri da destinare a biblioteche, scuole, enti e istituzioni culturali, in Italia e all’estero, il fascismo riesce ad accattivarsi adesioni e simpatie e con il passare degli anni quasi tutto il settore librario si allinea ai suoi programmi politico-culturali: gli editori propongono collane specificamente dedicate all’ideologia del totalitarismo e inseriscono nei cataloghi titoli di fede fascista.

    In questo contesto storico molte sigle editoriali sono costrette a rivedere la loro fisionomia. Questo ripensamento è dettato sia dalle pressioni del fascismo che dalla necessità delle varie case editrici di adeguare le proprie strutture ai caratteri dell’industria culturale moderna che, proiettata su un vasto mercato, inizia a mettere ai margini i modelli tradizionali fondati sulla dimensione familiare e artigianale di stampo ottocentesco.

    Mentre la crisi del modello editoriale dell’Ottocento colpisce soprattutto le case editrici di Firenze, più di altre ferme a livelli organizzativi del secolo precedente, gli anni del fascismo rappresentano uno scenario dinamico nel mondo editoriale, all’interno del quale nascono e si sviluppano imprese editoriali che portano il nome dei loro fondatori e si identificano con la loro personalità. Nasce così negli anni Trenta la figura dell’editore protagonista, un editore «capace di imprimere una forte personalizzazione al suo progetto e all’intero processo che va dalla scelta del testo alla veicolazione del prodotto» (Ferretti 2004, XI). Tra questi vi sono numerosi editori di spicco, tra cui Valentino Bompiani, Angelo Rizzoli, Giorgio Einaudi e Aldo

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