confessioni di uno chef errante segreti, sfighe e altri aneddoti da chef
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Book preview
confessioni di uno chef errante segreti, sfighe e altri aneddoti da chef - Marco Baruffaldi
Ringraziamenti
Dedicato a Menny
Cucinare per le persone alle quali si vuol bene, significa impegnare del tempo pensando a loro, ai loro gusti, alla loro crescita, al loro benessere.
Guarnire i piatti che si consumeranno insieme, aggiunge
un tocco di arte al momento conviviale per eccellenza.
Banana Yoshimoto kitchen
PARMIGIANO REGGIANO
INTRODUZIONE
Per me, la vita da cuoco è sempre stata un’avventura, ma soprattutto, una storia d’amore che dura e durerà in eterno. Ci sono stati e ci saranno momenti belli e brutti, per questo voglio parlarvi dello spietato e intrigante mondo della ristorazione. Fra poche ore, sarò in cucina a controllare se il pane è lievitato se, la linea per il servizio serale è pronta, la carne, il pesce e se le verdure sono state pulite e preparate a dovere. In questo mio diario confesserò tutto ciò che ho fatto e visto nella mia scalata per diventare chef di cucina. Amo fottutamente questo lavoro e voglio continuare a farlo anche dopo la pubblicazione di questo libro, probabilmente non mi daranno un programma sul gambero rosso e non andrò a cena con i migliori chef d’Italia. Sinceramente parlando, questo è l’unico mondo che conosco meglio delle mie tasche e dove mi sento realizzato. E’ un mondo difficile e non ha paragoni con nessun altro lavoro. Mi piacerebbe che i professionisti e, tutti quelli che vogliono intraprendere questa vita, apprezzino le pagine di questo libro e le vedano come una porta che si apre e riporta vivo il ricordo dell’esperienze vissute. Non avere mai un week-end libero, iniziare quando gli altri smettono e lavorare quando gli altri si divertono, questa è la visione che i miei colleghi e amici chef conoscono.
È uno sguardo sincero dal mio punto di vista e ve lo voglio raccontare senza censure. Vorrei coinvolgere chi legge, portandolo a immaginare i profumi, i rumori della cucina e provare l’emozione di stare in mezzo ai fuochi, ai rumori delle stoviglie, al caldo nella tensione di un servizio ma, soprattutto a realizzare il proprio sogno da ragazzino dopo anni di sacrifici. Mi considero un guerriero della cucina, non sono uno chef stellato, ho avuto l’opportunità di lavorare in locali molto validi che mi hanno fatto crescere umanamente e professionalmente.
Adoro la filosofia giapponese in tutte le sue forme, tanto che mi sono tatuato i miei tre spiriti guida: il samurai che è il mio spirito guerriero e combattivo, la geisha che è il mio spirito buono di dedizione e cura verso gli altri, amante dell’arte e della musica ed infine il monaco che rappresenta il mio spirito tranquillo e dedito al sacrificio e la disciplina. Ognuno di questi tre tatuaggi racchiude diversi momenti della mia vita. Ho deciso di renderli indelebili per ricordarmi quanti colpi ho incassato nel mio percorso, durante il quale mi è capitato di perdere l’equilibrio. Grazie alla mia forza di volontà, nonostante i duri colpi, sono sempre riuscito a rialzarmi. Anche se la ristorazione attualmente sta vivendo un periodo non molto felice, non ho mai rimpianto la scelta di avere preso questa strada. Credo nella ristorazione, nella qualità della materia prima e nel buon cibo, che si parli di mortadella, di burrata o di parmigiano reggiano. Per citare il grande scrittore George Bernard Shaw, non c’è amore più sincero di quello per il cibo. Benvenuti nel mio mondo…….
PAN GRATTATO
PRIMI PASSI VERSO IL GUSTO
Avevo sei o sette anni, non ricordo esattamente la prima volta che iniziai veramente ad appassionarmi al cibo. La mia cara nonna Bruna, con cui abitavo e ho vissuto per tanti anni insieme ai miei genitori, mi ha trasmesso la passione di apprezzare il buon cibo. Mi ricordo ancora, quando me ne stavo seduto per ore, mentre impastava la sfoglia o faceva dolci e curioso chiedevo con insistenza che cos’è?
. Ogni cosa nuova che vedevo la assaggiavo per sentirne il sapore. Non potete immaginare gli odori e i profumi che ogni giorno si sprigionavano da quella piccola cucina, il brodo sobbolliva ogni giorno e sul fuoco c’erano pietanze sempre nuove. All’epoca ricordo che volevo sempre giocare e girovagare con la mia piccola banda di amici del quartiere. Devo dire che i miei genitori non mi hanno portato spesso fuori con loro a cena, non perché non mangiassi anzi avevo un buon appetito, ma perché ero una piccola peste e avevano paura che facessi dei danni come al solito. Quando frequentavo la scuola elementare, avevamo la mensa scolastica interna nella quale cuoche professioniste cucinavano ogni giorno dei gustosi manicaretti. Ricordo ancora l’odore del sugo di pomodoro e della pasta appena cotta e saltata al momento, incuriosito dal fatto di come riuscissero a cucinare così bene per tante persone; mangiavo sempre tutto e facevo pure il bis, effettivamente in quell’epoca ero anche un bel po’ cicciottello ma, quando si mangiavano le patate al forno così croccanti e rosolate con il pollo appena uscito dal forno, come si faceva a dire di no? Ricordo ancora che erano tutte cuoche grandi e grosse con le loro cuffiette, ciabatte e camici bianchi. Una volta, mi intrufolai nelle cucine per vedere cosa facevano e vidi questa massa di cuoche indaffarate che cucinavano senza sosta un sacco di cose. Da un lato vedevo pentole ricolme di brodi e salse fumanti, dall’altro una cuoca che impastava, un’altra che sminuzzava verdure e tagliava carni. Improvvisamente, una di loro mi vide, mi prese in braccio e mi chiese che cosa stavo sbirciando. Io incuriosito le chiesi qualche spiegazione su cosa stavano cucinando e mi spiegò tutto. Fu la prima volta che assaggiai una meravigliosa vellutata di patate e porri!!! Purtroppo fu l’unica volta che riuscii ad intrufolarmi nella cucina, perché poco tempo dopo decisero di chiudere la mensa interna della scuola e non potei più entrare e vedere le cuoche all’opera, ma trovai un altro passatempo. Ogni giovedì c’era il mercato di paese e, quando la mamma mi accompagnava alla mattina a scuola, passeggiavamo in mezzo alle bancarelle del mercato.
Ero estasiato dagli odori e dai colori delle verdure esposte sulle bancarelle, melanzane, carciofi, zucchine, pomodori, tutti i profumi si mischiavano tra loro, creando sensazioni molto interessanti. Amavo il mormorio delle persone, i venditori che urlavano incessantemente per attirare i clienti, proponendo loro dei buonissimi e freschissimi prodotti. Ogni estate finita la scuola, ricordo con piacere che io e i miei genitori andavamo in vacanza al mare nella riviera romagnola. Uscivamo spesso al ristorante a mangiare il pesce, in un posto rustico che ricordo si chiamava Dal Pescadour
. Lavoravano in cucina strani personaggi grossi, barbuti e poco curati; due di loro erano davanti ad un bancone ricolmo di pesce posato sopra al ghiaccio, e ogni qualvolta che i camerieri chiamavano un ordine, loro sfilettavano il pesce con destrezza e abilità tale da far paura. Il pesce veniva lasciato semplicemente crudo, condito con olio e limone oppure veniva cucinato su una piccola griglia posizionata dietro di loro.
Mi sono rimaste impresse le loro casacche bianche, che dopo ore di lavoro erano sporche di sangue e nero di seppia. Il pesce era ottimo, per la prima volta a 10 anni assaggiai le cozze, inizialmente fu strano, avevano una consistenza viscida e gommosa ma, una volta in bocca avevano quel retrogusto dolce e leggermente salato… le amai dal primo assaggio!! Solitamente mangiavamo pesce marinato, gratinato, la zuppetta di pesce con pomodoro e un bel crostone di pane caldo bruschettato da intingere dentro. Arrivò poi il crudo di pesce, in quell’istante, mi alzai per primo e sfidai la sorte facendo da cavia, fui rapidamente rapito dal suo gusto delicato, che mi trasportava nelle acque più profonde del mare. Un amore al primo assaggio.
Fu come la prima birra, la prima ragazza, il primo giorno di scuola, il primo orgasmo e qualunque altra cosa piacevole abbiate vissuto. Si avvicinò il maitre di sala e con un cenno amichevole mi diede una pacca sulla spalla e disse bravo ragazzo
mi sentii al settimo cielo. Fu come se mi avessero consegnato una medaglia all’onore, non ero semplicemente sopravvissuto ma a me era veramente piaciuto un sacco! Da quel momento in poi, miei genitori non mi guardarono più come un bambino, ma come un piccolo uomo pronto a tutto, avevo vissuto un’esperienza, assaggiando una prelibatezza all’epoca poco considerata. Il mio spirito di chef stava uscendo dalla conchiglia. L’anno seguente, chiesi a mio padre di portarmi al mercato del pesce per odorare e assaporare quei gusti che ancora oggi rievocano in me momenti e ricordi di quell’esperienza. Allora non pensavo di intraprendere la strada per diventare chef ma quei posti, quei profumi, quei colori, hanno esternato ciò che era nel mio inconscio e hanno acceso la miccia che mi ha permesso di trovare la strada fin dai miei primi anni di vita.
1, 2, 3 SI PARTE!
Nel settembre del 1998 mi iscrissi alla scuola alberghiera di Ferrara perché i miei genitori videro in me la passione per il cibo. Ero un ragazzo molto indisciplinato, mi divertivo a scuola, avevo poco interesse per le materie teoriche tuttavia, non l’ho mai marinata. Quando si faceva lezione di materie che non mi interessavano tipo matematica e italiano, ero propenso all’azione disturbo e facevo impazzire i professori. Quando invece si entrava nei laboratori di cucina e ci infilavamo la divisa, il mondo cambiava. Avevo tanto entusiasmo ed