A.A.A. Cercasi
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About this ebook
Desideri condivisibili, ma soprattutto reali.
Dodici persone, dodici storie di lavoro vero nel Veneto attuale, tra speranze, sogni, licenziamenti e lavoro fisso.
Uno sguardo sulla quotidianità lavorativa, talmente sfaccettata da non essere conosciuta. Un piccolo scorcio di quello che vivono i giovani contemporanei, alla ricerca di un'identità.
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A.A.A. Cercasi - Monica Spigariol
81
INTRODUZIONE
Questo viaggio nel lavoro mi ha fatto provare molti sentimenti diversi.
Il primo è stato calore.
Ho individuato delle persone che ritenevo interessanti da un punto di vista professionale e le ho invitate a raccontarmi la loro storia. Il periodo di gestazione della raccolta è stato lungo, perché chi volevo intervistare non aveva tempo, perciò ho cercato un sostituto, che però ha rifiutato, poi il mio lavoro mi ha tolto ogni voglia, costringendomi a mettere in pausa per un po' di mesi il progetto; alla fine ho trovato una ragazza disponibile alla chiacchierata, permettendomi così di ultimare il tutto.
La maggior parte sono amici, con cui trascorro spesso serate o giornate in spensieratezza. Eppure entrare così nel loro mondo lavorativo mi ha permesso di sbirciare un loro lato sconosciuto e vi assicuro che è un'esperienza impagabile. Il calore di gioia, di empatia che ho provato durante le interviste è inspiegabile. Anche di stupore. Tanto stupore.
Un altro sentimento è frustrazione. A volte ho scelto le persone per dei frammenti di confidenze. Per lo più lacunosi, ma che al momento mi sembravano quadri bene definiti. Invece, più le storie prendevano forma, più mi sono resa conto di come sia diffuso il precariato, la sfiducia per un mondo lavorativo che non solo non dà certezza, ma a volte non dà nemmeno quel po' di soddisfazione che compenserebbe la mancata sicurezza e anche gli scarsi guadagni.
Siamo la generazione (secondo l'opinione comune) di chi non trova, di chi non ha voglia (perché il lavoro c'è, come sbandiera qualche saggio di paese), di chi non si adatta.
Eppure io di gente che non si adatta non ne ho intervistato. E anche nel privato di persone così ne conosco proprio poche.
Penso che siamo più che altro la generazione che ha rotto con il passato, non per proprio merito. Chi di noi entrerà in una ditta o in un ufficio e da lì ci uscirà solo per andare in pensione (si spera)? Pochissimi. Rari. Invece questo è il lavoro come lo vede la gente. Almeno in Veneto. Dai, diciamocelo, in Veneto si deve lavorare, non ci si deve lamentare:
«Avevi un lavoro e l'hai lasciato perché ti trattavano male/non ti piaceva? Hai fatto male! Dovevi portare pazienza, era un buon posto e te lo dovevi tenere!»
Questo sentenziano le voci locali, sparlando di chi si licenzia perché non regge più le tensioni tra colleghi o l'eccesso di mansioni o il poco riconoscimento. Il lavoro è lavoro. Cucitevelo addosso. Sacrificio è la parola d'ordine.
Per rendere l'idea del nuovo movimento sociale che ha generato il lavoro, vi svelo la mia idea iniziale sulla raccolta: volevo scrivere i testi concentrandomi sui contratti. Volevo etichettare le storie con i titoli: Contratto a tempo determinato, contratto a tempo indeterminato, libero professionista. Invece ho desistito, perché la maggior parte di questi racconti non è catalogabile così. Spesso una persona vive più contratti contemporaneamente, o nel corso degli anni, evolve o involve in altro. Cambia azienda, cambia mestiere. Nonostante la mia esperienza, anche io sono vittima di un preconcetto che mi fa ancora cadere nella trappola di pensare a una persona identificandola con la sua professione. Non è più così. Le ditte non sono quelle di una volta, i contratti non sono quelli di una volta. I genitori che assistono alle peregrinazioni lavorative dei figli e li supportano nella fatica, cominciano a capire.
Siamo prima di tutto la generazione in attesa: in attesa di un posto, in attesa di un contratto decente, in attesa di trovare la propria strada. In questo ordine, per niente corretto.
In attesa perenne di qualcosa: «Ho il ragazzo, bene, non mi sposo perché prima devo avere un lavoro, ho il lavoro, comunque esso sia, e allora posso avere casa, ok, faccio casa e allora mi sposo o vado a convivere. E un bambino? No, ma aspetta, perché…»
Tra un'attesa e un aspetta
gli anni passano e ci si ritrova con gli occhi affossati e gonfi, e la chioma ormai in caduta libera.
E se non fai come gli altri e non aspetti?
Sei l'unico sano in mezzo a tutti noi. Ma tu non lo sai e noi non te lo diremo mai.
Anche io ho una storia da malata di incertezza, ma te la racconto più tardi.
Per ora ti lascio a queste piccole schegge di realtà, alcune positive e alcune no. Storie reinterpretate, ma non troppo. Vere, ma non perfettamente fedeli.
Caro lettore, spero che proverai almeno una scintilla del calore che ho provato io, spero di averla instillata.
Buona lettura, ci ritroviamo alla fine.
Monica
AVVISO AI LETTORI
Quelle che andrete a leggere sono storie vere, ma filtrate dall'autore, come accennato prima. I nomi sono inventati e non compaiono quelli di aziende o altri datori di lavoro.
Magari vi succederà di identificare la storia di qualcuno che conoscete, non si sa mai nella vita. Tenete a mente che sono vite riscritte, per cui mai completamente fedeli all'originale. La rielaborazione è tutta colpa dell'autrice, che tiene alla sua piena libertà di espressione artistica.
Se davvero conoscete qualcuno di loro, fate finta che non sia vero e leggete la sua storia con occhi nuovi.
Magari vi servirà.
Tengo anche a precisare come io e Erika abbiamo interpretato il tema lavoro
in modo diverso. Ognuna ha scelto il proprio punto di vista e l'ha sviluppato. L'intenzione era questa: ricreare quella che nella realtà è la coralità di espressioni, la coralità della vita. Il singolo è unico, ma insieme