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L'alba di una tragedia italiana: Il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del 1908
L'alba di una tragedia italiana: Il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del 1908
L'alba di una tragedia italiana: Il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del 1908
Ebook121 pages1 hour

L'alba di una tragedia italiana: Il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del 1908

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Ogni anno all'interno della programmazione di scienze del terzo anno della scuola secondaria di primo grado, propongo agli studenti una "gara culturale" che consiste nel produrre un libro su uno specifico tema scientifico. Il migliore di questi elaborati, a giudizio dell'insegnante di italiano e di quello di scienze, viene pubblicato gratuitamente all'interno della mia piattaforma di autopubblicazione, streetlib. Quest'anno abbiamo deciso di approfondire una tragedia italiana: il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del dicembre del 1908.
LanguageItaliano
Release dateJun 20, 2018
ISBN9788828338390
L'alba di una tragedia italiana: Il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del 1908

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    L'alba di una tragedia italiana - Fiorentino Marco Lubelli

    ricerca

    Introduzione

    Ogni anno all'interno della programmazione di scienze del terzo anno della scuola secondaria di primo grado, propongo agli studenti una gara culturale che consiste nel produrre un libro su uno specifico tema scientifico. Il migliore di questi elaborati, a giudizio dell'insegnante di italiano e di quello di scienze, viene pubblicato gratuitamente all'interno della mia piattaforma di autopubblicazione, streetlib. Quest'anno abbiamo deciso di approfondire una tragedia italiana: il terremoto di Messina e Reggio-Calabria del dicembre del 1908. Abbiamo diviso la classe in gruppi di quattro ragazzi ciascuno ed abbiamo chiesto di sviluppare i temi della geologia del terzo anno e la storia del Mezzogiorno d'Italia alla vigilia della prima guerra mondiale, all'interno dell'approfondimento scientifico di questo nefasto evento di più di un secolo fa. Siamo partiti dall'inquadramento scientifico attraverso un approfondimento della tettonica delle placche, seguito da una esauriente trattazione della sismica, e della geomorfologia dello Stretto di Messina. Infine gli studenti hanno affrontato l'inquadramento storico-sociale del Mezzogiorno d'Italia alla vigilia del terremoto, la cronaca del terremoto ed un ultimo approfondimento personale sulla possibile costruzione, lungamente dibattuta, del Ponte sullo Stretto. Qui di seguito proponiamo dunque integralmente, il lavoro vincitore di questa singolar tenzone tra gli studenti della mia classe.

    La tettonica delle placche

    Dallo studio delle onde sismiche e di come si propagano quando attraversano il pianeta si è dedotto che l’interno della Terra non è omogeneo.

    La Terra è formata da gusci concentrici di diversa natura e spessore: la crosta, il mantello ed il nucleo.

    1. La crosta è la parte più esterna ed è costituita da una ventina di placche tettoniche (zolle) che sono in costante movimento, in pratica «galleggiano» sul sottostante mantello astenosferico, più denso. Questa posizione di equilibrio attraverso il fenomeno di galleggiamento è detta isostasia.

    Le placche litosferiche globali

    La crosta è profonda al massimo 70/80 km, ed è costituita principalmente da silicati, essa si differisce in:

    - crosta continentale che corrisponde ai continenti e alla loro prosecuzione, nelle immediate vicinanze, sotto il livello del mare.

    - crosta oceanica che costituisce il «pavimento» degli oceani ed è coperta dalle acque.

    - mantello, la parte centrale che arriva fino a circa 2900 km di profondità.

    Immediatamente sotto la crosta il mantello è solido: la litosfera rappresenta il guscio superficiale rigido e comprende la crosta terrestre e la parte esterna del mantello. L’astenosfera è lo strato che segue la litosfera, è uno strato del mantello situato tra i 70 e i 250 km di profondità e formato da materiale parzialmente fuso. La mesosfera invece si estende fino al nucleo terrestre ed è caratterizzata da materiali solidi.

    - nucleo è composto prevalentemente da metalli ed è suddiviso in:

    - nucleo interno: si trova al centro ed è la porzione più calda del nostro pianeta (5500 °C). E' fondamentalmente solido ed è costituito da ferro e nickel. Il calore che emana è l'energia che permette i movimenti superiori;

    - nucleo esterno: è uno strato liquido che circonda il nucleo interno, con composizione prevalentemente di ferro fuso. Il nucleo esterno è un conduttore di elettricità e questo fatto, abbinato al moto di rotazione della Terra, produce il campo magnetico terrestre per effetto dinamo. In questa zona sono presenti moti convettivi che trasportano il calore verso il mantello.Il nucleo produce energia sotto forma di calore, in parte a causa delle reazioni termonucleari che avvengono al suo interno. I geyser e i vulcani sono espressioni di questa produzione di calore. Il calore geotermico può essere convertito in energia nelle centrali di energia geotermica.

    Stratificazione verticale dell'interno della terra.

    La terra è inquieta, e la causa di questa inquietudine è da ricercarsi negli strati più profondi.

    Il flusso termico è disomogeneo e riflette la presenza di correnti convettive: materiale più caldo risale nel mantello mentre materiale più freddo sprofonda alla velocità di qualche cm all'anno. La temperatura all’interno della crosta aumenta in media di circa 30 °C a ogni chilometro di profondità.

    L'origine di questo flusso termico va ricercata nel fenomeno della radioattività; si presume che nel mantello e nel nucleo terrestre abbondino elementi radioattivi come l'Uranio 238 e/o il Torio 232 che decadono emettendo particelle la cui energia cinetica si tramuta in calore. Quindi dall'interno del pianeta si diparte il calore generato che si trasmette agli strati superiori per convezione.

    L’energia termica all’interno della Terra è trasferita agli strati più superficiali tramite celle convettive nell’astenosfera. Questi movimenti di rocce fluide sono responsabili dei movimenti delle placche.

    I terremoti e i vulcani sono fenomeni che testimoniano il costante movimento e scorrimento delle placche, nonchè dei movimenti che avvengono nel mantello. Si trovano localizzati preferenzialmente in corrispondenza dei confini delle zolle.

    La crosta oceanica presenta due tipi di strutture molto importanti sia per le loro dimensioni sia per l’attività geologica ad esse associata: si tratta delle dorsali oceaniche e delle fosse abissali.

    Subduzione litosferica

    Le dorsali oceaniche sono inarcamenti della crosta oceanica, ampie da 1000 a 4000 km, la cui sommità raggiunge i 2-3000 m. rispetto al fondo.

    Le dorsali oceaniche compongono un sistema di rilievi sommersi che supera i 60 000 km di lunghezza. La più estesa è la Dorsale Medio-atlantica, che ha un andamento approssimativamente da nord a sud ed emerge dall’Oceano Atlantico in corrispondenza dell’Islanda.

    Le dorsali non corrono rettilinee, ma sono suddivise in segmenti da un sistema di fratture trasversali: le faglie trasformi.

    La più famosa faglia osservabile sulle terre emerse è quella di San Andreas, in California.

    Sui fondi oceanici, oltre alle dorsali, esistono altre strutture caratterizzate da intensa attività: sono le fosse abissali, strette depressioni lineari, lunghe migliaia di chilometri, molte delle quali superano i 10 km di profondità, può essere adiacente e parallela ad un margine continentale, oppure ad un arco insulare, quest'ultimo è separato dal continente da un bacino di retroarco.

    La fossa più profonda è la Fossa delle Marianne, nell’Oceano Pacifico occidentale.

    Dalla deriva dei continenti alla tettonica delle placche

    La teoria più geniale e completa sugli spostamenti dei continenti, nota appunto come deriva dei continenti, venne proposta nel 1912 dal tedesco Alfred Wegener.

    Wegener ipotizzò che 200 milioni di anni fa vari lembi di crosta continentale, ora separati, fossero uniti in un «supercontinente», la Pangea, circondato da un unico oceano chiamato Pantàlassa. La Pangea si sarebbe poi smembrata in più parti (Americhe, Eurasia, India, Australia, Antartide), che si sarebbero allontanate tra loro, secondo un meccanismo chiamato deriva dei continenti fino a raggiungere le attuali posizioni. Wegener era stato impressionato dall’osservazione che i profili dei continenti africano e sudamericano sembrassero complementari.

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