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L’Occhio di Quetzalcoatl ed il segreto dell'Occhio di Horus: L’incredibile scoperta paleoastronautica di Lucio Tarzariol, un’altra prova sull’esistenza di aeromobili in epoche remote e della comunicazione tra i continenti prima della scoperta dell’America
L’Occhio di Quetzalcoatl ed il segreto dell'Occhio di Horus: L’incredibile scoperta paleoastronautica di Lucio Tarzariol, un’altra prova sull’esistenza di aeromobili in epoche remote e della comunicazione tra i continenti prima della scoperta dell’America
L’Occhio di Quetzalcoatl ed il segreto dell'Occhio di Horus: L’incredibile scoperta paleoastronautica di Lucio Tarzariol, un’altra prova sull’esistenza di aeromobili in epoche remote e della comunicazione tra i continenti prima della scoperta dell’America
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L’Occhio di Quetzalcoatl ed il segreto dell'Occhio di Horus: L’incredibile scoperta paleoastronautica di Lucio Tarzariol, un’altra prova sull’esistenza di aeromobili in epoche remote e della comunicazione tra i continenti prima della scoperta dell’America

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Premetto che molte scoperte archeologiche non sono state fatte a colpi di piccone e pala, ma chiusi in uno studio o in un museo, infatti ciò che per lo scavatore non è che un pezzo tra le migliaia di reperti archeologici, ad un attento ed oculato studio può rivelarsi unico, anche a decine di anni dal ritrovamento dello stesso; come accadde al British Museum nel 1872, quando un semplice incisore di nome George Smith, appassionato dilettante di antichità assire, si trovò davanti ad una tavoletta assira proveniente da Ninive con il primo frammento ritrovato del resoconto del Diluvio. Qui abbiamo una storia analoga, in quanto l’immagine del reperto che ho potuto studiare, ha trovato la sua interpretazione, cinquant’anni dopo il suo ritrovamento a Teotihuacan, “il luogo in cui gli Dèi toccano la terra”, città sita a 40 chilometri a nord-est di Città del Messico. Il reperto archeologico che andrò a presentarvi, e che ho battezzato come “Occhio di Quetzalcoatl”, ha dell’incredibile, in quanto è uno dei rari ritrovamenti che supporta la già fondata prova dell’esistenza di aeronavi in epoche remote, che potevano solcare i cieli del nostro pianeta. Inoltre il reperto archeologico, per la capacità artistica e comunicativa della rappresentazione, rivela la sua unicità, nella reale interpretazione da dare alla corrispondente raffigurazione egizia del noto “Occhio” del dio Horus, e dimostra nello stesso tempo l’incontestabile esistenza di una civiltà evoluta ed arcana che aveva interessi e mezzi per sorvolare spazi e distanze che partivano da Eliopoli, ossia dalle terre d’Egitto fino a Teotihuacan e nelle altre terre dell’America centrale protette da divinità come, per l’appunto, Quetzalcoatl, Viracocha, Kukulkan, ecc. Esseri con un’alta tecnologia ritenuti dai nativi di natura “divina” e che i resoconti storici ci dicono provenire dal cielo e dalle stelle; esseri che ritroviamo in vari culti e miti antichi, e come disse G.B. Vico, i miti nascondono sempre qualche verità che qui sono evidenziate nelle loro peculiari similitudini. Qui l’Occhio di Quetzalcoatl viene confrontato con l’Occhio di Horus, che presenta non poche analogie iconografiche e storiche. Inoltre il reperto viene analogamente confrontato con altre straordinarie intuizioni ritrovabili in altri reperti analoghi studiati.
Una ricerca che si ricollega anche alla mia recente scoperta che rivela l’analogia dell’antica architettura planimetrica di due grandi città come Gerusalemme e Tenochtitlán, fondate, a quanto pare, dallo stesso profeta biblico Enoch, con l’aiuto di divinità che oggi potremmo chiamare, per l’appunto, extraterrestri. Inoltre le confronteremo con le presunte foto di astronavi che alcuni credono oggi esistenti in orbita intorno al nostro pianeta. Enoch era uno dei profeti eccelsi, uomini scelti, divenuti coordinatori a servizio di “Dio”, che fecero costruire queste città a imitazione, simbolo e riflesso della “Casa di Dio”, che riconoscevano nell’astronave “paradisiaca” o “Gloria celeste” che vedevano allora solcare i cieli all’alba dell’umanità, e l’Occhio di Quetzalcoatl è una sua rappresentazione e nel tempo è stato interpretato in molti modi e ancora oggi viene interpretato come il dio della pioggia “Chac Xib Chac”.
LanguageItaliano
Release dateAug 9, 2019
ISBN9788834168264
L’Occhio di Quetzalcoatl ed il segreto dell'Occhio di Horus: L’incredibile scoperta paleoastronautica di Lucio Tarzariol, un’altra prova sull’esistenza di aeromobili in epoche remote e della comunicazione tra i continenti prima della scoperta dell’America

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    L’Occhio di Quetzalcoatl ed il segreto dell'Occhio di Horus - Tarzariol Lucio

     L’OCCHIO DI QUETZALCOATL ED IL SEGRETO DELL'OCCHIO DI HORUS

    AFRICA, ASIA E AMERICA PRIMA DI CRISTOFORO COLOMBO

    UNA NAVICELLA DI ATLANTIDE?

    Autore: Lucio Tarzariol

      Prefazione

    Premetto che molte scoperte archeologiche non sono state fatte a colpi di piccone e pala, ma chiusi in uno studio o in un museo, infatti ciò che per lo scavatore non è che un pezzo tra le migliaia di reperti archeologici, ad un attento ed oculato studio può rivelarsi unico, anche a decine di anni dal ritrovamento dello stesso; come accadde al British Museum nel 1872, quando un semplice incisore di nome George Smith, appassionato dilettante di antichità assire, si trovò davanti ad una tavoletta assira proveniente da Ninive con il primo frammento ritrovato del resoconto del Diluvio. Qui abbiamo una storia analoga, in quanto l’immagine del reperto che ho potuto studiare, ha trovato la sua interpretazione, cinquant’anni dopo il suo ritrovamento a Teotihuacan, il luogo in cui gli Dèi toccano la terra, città sita a 40 chilometri a nord-est di Città del Messico. Il reperto archeologico che andrò a presentarvi, e che ho battezzato come Occhio di Quetzalcoatl, ha dell’incredibile, in quanto è uno dei rari ritrovamenti che supporta la già fondata prova dell’esistenza di aeronavi in epoche remote, che potevano solcare i cieli del nostro pianeta. Inoltre il reperto archeologico, per la capacità artistica e comunicativa della rappresentazione, rivela la sua unicità, nella reale interpretazione da dare alla corrispondente raffigurazione egizia del noto Occhio del dio Horus, e dimostra nello stesso tempo l’incontestabile esistenza di una civiltà evoluta ed arcana che aveva interessi e mezzi per sorvolare spazi e distanze che partivano da Eliopoli, ossia dalle terre d’Egitto fino a Teotihuacan e nelle altre terre dell’America centrale protette da divinità come, per l’appunto, Quetzalcoatl, Viracocha, Kukulkan, ecc. Esseri con un’alta tecnologia ritenuti dai nativi di natura divina e che i resoconti storici ci dicono provenire dal cielo e dalle stelle; esseri che ritroviamo in vari culti e miti antichi, e come disse G.B. Vico, i miti nascondono sempre qualche verità che qui sono evidenziate nelle loro peculiari similitudini. Qui l’Occhio di Quetzalcoatl viene confrontato con l’Occhio di Horus, che presenta non poche analogie iconografiche e storiche. Inoltre il reperto viene analogamente confrontato con altre straordinarie intuizioni ritrovabili in altri reperti analoghi studiati.

      Una ricerca che si ricollega anche alla mia recente scoperta che rivela l’analogia dell’antica architettura planimetrica di due grandi città come Gerusalemme e Tenochtitlán, fondate, a quanto pare, dallo stesso profeta biblico Enock, con l’aiuto di divinità che oggi potremmo chiamare, per l’appunto, extraterrestri. Inoltre le confronteremo con le presunte foto di astronavi che alcuni credono oggi esistenti in orbita intorno al nostro pianeta. Enoch era uno dei profeti eccelsi, uomini scelti, divenuti coordinatori a servizio di Dio, che fecero costruire queste città a imitazione, simbolo e riflesso della Casa di Dio, che riconoscevano nell’astronave paradisiaca o Gloria celeste che vedevano allora solcare i cieli all’alba dell’umanità, e l’Occhio di Quetzalcoatl è una sua rappresentazione e nel tempo è stato interpretato in molti modi e ancora oggi viene interpretato come il dio della pioggia Chac Xib Chac.

    VIAGGI DIMENSIONALI, DEMONI E VELIVOLI PREPOSTI AL VOLO NELLA CULTURA JAMA COAQUE ED ALTRE CULTURE PRECOLOMBIANE

    Rettiliano, ricostruzione artistica di Lucio Tarzariol.

    Ocarina precolombiana, cultura Maya del periodo classico; sembra rappresentare un pilota su un aeromobile.

      La cultura indigena Jama Coaque si diffuse tra il 500 a.C. e il 1531 d.C. lungo la costa pacifica e nell’entroterra collinoso e boschivo tra Capo San Francisco in Esmeraldas ed il nord Manabì. In questa etnia vi era una scelta élite dedita al culto solare che deteneva il potere su tutto il popolo che spesso si spostava via mare per intraprendere viaggi commerciali. Il principale centro religioso cerimoniale e culturale conosciuto si trovava a San Isidro, presso Bahía de Caráquez, dove, guarda caso, eressero una grande piramide circondata da una grande città, come fecero altre culture precolombiane ed anche gli Egizi. Ciò ci collega, come molte altre culture precolombiane, agli Egizi, per l’appunto, e mi viene in mente Ruth Rodriguez che nel suo libro Kara Maya, Razza Madre dell’Umanità, dice: "La misteriosa cultura Chan, proveniva dalla Pre-america. I nomi dei faraoni della I e II dinastia egizia e quelli dell’albero genealogico di Akhenaton, e dei membri della corte Tut-Ankh-Amon, sono vocaboli di alcune lingue pre-americane. La cultura Inka era la dinastia Solare o Ragu-Vamsa che diffuse in tutto il pianeta il Surya Yoga (adorazione del sole)". Ed ecco, a supporto di questa tesi, l’analogia dei teschi allungati trovati sia in Egitto ad Abidos che in molte altre parti dell’America latina, come a Nazca Paracas in Perù, in Messico, ecc. Non dimentichiamo poi le analogie di alcuni geroglifici e il reperto azteco battezzato Occhio di Quetzalcoatl, un sigillo azteco simile, per l’appunto, all’egizio Occhio di Horus, ed in questo caso analogo anche al sigillo Jama Coaque che qui vi presento per la prima volta e che, a mio parere, rappresenta proprio quell’astronave che solcava i cieli da un continente all’altro. Vi ricordo che questa divinità Occhio la ritroviamo in tutte le culture precolombiane: maya, azteca, nazca, tairona, ecc.

    Sopra: sigillo Jama Coaque a confronto con il sigillo azteco Occhio di Quetzalcoatl, che a mio parere rappresenta un’astronave spaziale – Collezioni private. Sotto: ceramiche Nazca e Maya – Collezioni private.

    Un importante reperto di arte precolombiana proveniente da una collezione tedesca, che rappresenta in dettaglio una figura con una sorta di apparecchiatura preposta al volo.

      Come potete vedere dai reperti, questa cultura raggiunse grandi livelli nella lavorazione della ceramica e nella pittura in negativo. I Jama Coaque eccelsero singolarmente in ciò, in quanto non erano sotto il dominio degli Inca, anche se commerciavano con loro e con gli altri popoli vicini, come i Chorrera e, per l’appunto, i Tumaco e i Tolita della Colombia, maturando così una loro personale capacità artistica. Infatti realizzavano forme umane, zoomorfe, antropomorfe, con straordinari dettagli di costumi e ornamenti, espressioni che fanno trapelare alcuni aspetti di questo popolo che dava molta importanza al culto ed alla magia, e sono alcuni di questi reperti a far sospettare che questo popolo fosse in contatto con altri esseri che oggi potremmo chiamare benissimo alieni. Come non pensare agli strani idoli Jama Coaque e paragonarli per analogia, ad esempio, ai Chupacabras succhia capre; in ogni caso curiose creature sconosciute all'uomo che pare possano creare varchi dimensionali per addentrarsi nella nostra dimensione, come succede nelle abduction e dai resoconti, sotto ipnosi di alcuni addotti, e ciò spiegherebbe anche gli improvvisi attacchi di questo misterioso essere che da sempre compare e scompare fin dai tempi antichi nei culti delle culture precolombiane. Tra l’altro, a tal proposito, si possono trovare analogie con la Porta degli Dèi in Perù", nelle Hayu Marca Mountain nella regione del Perù meridionale, a 35 km dalla città di Puno.

    Ricostruzione di Chupacabras, succhia capre, opera di Lucio Tarzariol. A fianco: vaso cilindrico maya con una curiosa figura che potrebbe essere la rappresentazione del noto Chupacabras.

      La cosa curiosa sono alcuni reperti che fanno sospettare l’esistenza di esseri alieni che si manifestavano sotto un’egida spirituale apportata dagli stessi Jama Coaque per sconosciute esigenze che sembrano aver a che fare con la sessualità ed il sangue, come accadeva in alcune ritualità egizie. Guardate questi curiosi artefatti Jama Coaque, soprattutto quello del Dio Giaguaro.

    Ceramiche antropomorfe Jama Coaque – Collezione privata.

    Sembra essere in tuta spaziale con dei misteriosi dischi in mano, e c’è da chiedersi se non sono quei dischi solari d’oro, che servivano ad aprire la Porta degli dèi o portale di Aramu Muru, detto anche Hayumarca, città degli spiriti, argomento che ho già approfondito in altri miei articoli; comunque si tratta di una grande roccia anticamente levigata che sembra un portale, dove nel passato sarebbe stato nascosto un poderoso disco solare d’oro. La leggendaria tradizione sciamanica vuole che Aramu Muru fosse un sacerdote incaico che, per evitare che i conquistadores spagnoli s’impossessassero del gran disco solare d’oro che era custodito nel tempio del Coricancha, nel Cusco, l’ombelico del mondo, lo prelevò e lo portò lontano, nascondendosi nelle montagne. Finalmente giunse al portale e vi passò attraverso, entrando in un’altra dimensione e portando con sé il disco solare d’oro, preservandolo dai conquistadores. Secondo la leggenda, nessuno lo vide mai più, e lo shamano presente, testimone dell'evento, lo raccontò alle varie tribù della zona, tramandandolo così per varie generazioni. Questa leggenda fu ripresa e reinterpretata dal sensitivo statunitense G.H. Williamson nel suo libro Il segreto delle Ande. Nel libro si descrivono le qualità fantastiche del disco solare d’oro. Eccone una piccola e saliente parte:"Questo Disco non era usato solamente come oggetto d’adorazione, e nemmeno come la rappresentazione simbolica del nostro astro, il Sole. Era anche uno strumento scientifico, e il segreto del suo potere proveniva originalmente dal passato remoto, dall’epoca della Razza dei Maggiori. Era un oggetto d’adorazione in quanto lo si utilizzava durante i riti propiziatori come fuoco o centro di concentrazione per coloro che meditavano. Serviva come rappresentazione simbolica del Grande Sole Centrale, il Sole Cosmico, che a sua volta simbolizza il Creatore. Come strumento scientifico lo si usava connettato con un complesso sistema di specchi d’oro puro, riflettori e lenti che venivano usati per curare i corpi di coloro i quali stavano dentro al tempio della Luce. In verità questa era la ragione per la quale veniva denominato tempio della Luce Divina. Oltre a tutte queste funzioni, il Disco Solare era un punto focale per la concentrazione di qualità dimensionali. Quando il Disco era attivato da un sacerdote scientifico, si potevano produrre delle possenti vibrazioni che davano origine ad intensi terremoti, e anche a modifiche dell’inclinazione dell’asse terrestre. Quando invece si metteva in armonia con la particolare frequenza interna di un essere umano, quest’ultimo poteva essere teletrasportato in qualunque luogo, solo creando nella propria mente l’immagine mentale del viaggio. Era pertanto un oggetto che permetteva il teletrasporto".

    Brocca precolombiana di ceramica policroma della cultura di Tiahuanaco, Bolivia, vicino al Lago Titicaca. 1000 a.C - 1000 d.C. Cultura famosa per i suoi enormi portali costruiti con monoliti di pietra. Notare la decorazione al centro che sembra rappresentare una figura con scafandro.

    Al dio Giaguaro alcuni ricercatori associano il Chupacabras (succhia capre), in quanto esistono descrizioni di testimoni che descrivono il predatore con tratti tipici dei felidi americani: ora del giaguaro, ora del puma, ora della lince rossa, ora del gatto delle Pampas. Esso ha inoltre la postura e alcune caratteristiche umane ed elementi che ricordano i rettili, e secondo una parte dei testimoni pare possieda anche ali membranose come i chirotteri. Pare che il Chupacabras, servendosi di un’apposita appendice, faccia presa alla giugulare e dissangui la vittima cauterizzando la ferita all'istante, asportando anche organi interni e parti di materiale biologico; il sangue delle vittime stranamente pare non coagulare. Alcuni testimoni affermano che questa creatura possegga poteri paranormali e abbia la capacità di leggere nel pensiero, infatti è stata più volte testimoniata la capacità di comunicare con gli esseri umani telepaticamente. Inoltre pare che il Chupacabras sia in grado di cambiare colore e quindi di mimetizzarsi come i camaleonti; ci sono persone convinte della sua presenza tra noi esseri umani nella nostra quotidianità, nelle piazze, nelle case, e affermano che noi siamo incapaci di vederlo. Spesso gli avvistamenti del Chupacabras avvengono dopo precedenti avvistamenti di ufo, forse per questo alcuni credono possa essere un alieno grigio. Ma è una teoria molto dibattuta dagli ufologi, certo è che gli artefatti della cultura Jama Coaque, con la loro ricca iconografia, ci riportano a collegare il loro dio Giaguaro con il Chupacabras, ma credo collegabile anche più ad un rettiliano che ad un grigio. A me incuriosisce il simile aspetto con il fantasy Predator, come potete vedere voi stessi dalle seguenti immagini.

    La statua Jama Coaque del dio Giaguaro a confronto con le immagini di Predator.

      Del resto, come già detto, lo stesso Presidente della Repubblica Ecuadoregna ammette che gli UFO ci sono e che per ora, non rappresentano una minaccia; in accordo con l'autorizzazione presidenziale del 25 giugno 2007 un comunicato ufficiale ci informa della pubblicazione di beni 44 casi, per lo più segnalazioni di avvistamenti da parte di testimoni istituzionali, rilasciate tramite il coordinamento del CEIFO, la commissione di studio del fenomeno ufologico, istituita dal Governo dell'Ecuador nel 2005 e presieduta da Jaime Rodríguez.

      I Jama Coaque credevano che questa creatura avesse un notevole potere soprannaturale, probabilmente ciò era solo dovuto ad una più avanzata tecnologia a loro incomprensibile. La mitologia della cultura Jama Coaque è stata abbastanza ricca; essi, come già detto, praticavano un culto solare, basato sulla fertilità rappresentato da donne belle sedotte da dèi, soprattutto dalla costante presenza del Drago, con il suo volto da rettile incorniciato di piume arruffate, il dio Giaguaro, il felino e serpente, assimilabile all’azteco Tlaloc e, per l’appunto, anche a Quetzalcoatl, il Serpente piumato per eccellenza. Gli accoppiamenti avvenivano con maschere ed appositi rituali sciamanici intrisi di profondo senso religioso. Il dio Giaguaro è rapportabile ad altre divinità come Chac, che nell’aspetto del glifo della Morte è caratterizzato da un naso lungo a forma di proboscide, occhi a palla, orecchie sormontate da corna e denti a zanna sporgenti da una bocca satanica; questo glifo è presente ovunque nelle opere maya, è il dio del tuono e della pioggia; che spesso veniva raffigurato nell’atto di afferrare il fuoco, che simboleggia il fulmine.

    Terracotta precolombiana. Ecuador, 500 a.C. - 500 d.C. Cultura Tumaco La Tolita.

    GLI DEI ELOHIM VIRACOCHAS E IL MISTERO DELLE LINEE NAZCA

    Gli stranieri illuminati prima degli Incas

    Le ceramiche della cultura Nazca svelano il segreto delle misteriose linee

    Il dio Viracocha sopra Nazca e Il ritrovamento di Viracocha, opere artistiche di Lucio Tarzariol da Castello Roganzuolo (2013).

      Con questa ricerca voglio dimostrare che anche il mistero di Viracocha e dei geoglifi Nazca trova la sua risoluzione nell’ormai, per me, ovvia teoria che vede l’esistenza di un’arcaica civiltà evoluta che un tempo discese sulla Terra a interagire con l’uomo primitivo, civilizzandolo, trasformandolo e rendendolo così come oggi lo conosciamo. A prova di questo, oltre agli innumerevoli artefatti archeologici che attestano tale teoria, troviamo anche gli stessi contesti leggendari che più o meno si riscontrano in tutte le culture del mondo, ad esempio i biblici malachim, le manifestazioni di Dio nel mondo, gli elohim, i nephilim; e non sono gli unici. I Sumeri ricordano gli Annunachi, il popolo degli Shem, quelli dei razzi che fecero esperimenti genetici sull’uomo terrestre e che possedevano navi volanti che in India venivano chiamate Vimana o Astra, condotte dai mitici Deva e Asura. Gli Egizi, non da meno, ci raccontano del luogo dove vivevano i giusti, i Neteru, gli Shemsu Horo, i segaci di Horo che risiedevano nel suo occhio che poteva solcare i cieli, i Guardiani giunti sulle barche celesti, i Vigilanti ricordati dal profeta biblico Enoch. In tutte queste culture abbiamo le stesse analogie riscontrate nei leggendari ricordi del popolo delle stelle o popolo del cielo ricordato nelle arcaiche cronache precolombiane che ricordano l’arrivo di Quetzalcoatl, Il serpente piumato, per l’appunto analogo al dio Viracocha, antichissima divinità suprema degli antichi Colla e Quechúa  del Perù, anch’egli signore del cielo e degli uomini, che la leggenda vuole come giusto antagonista di Pachacámac, spirito dell'abisso e dio dei terremoti; questo dio, ufficiosamente ritenuto personificante del sole uscito in forma di giaguaro dal Lago Titícaca e rientrato nella grotta dopo aver regolato il corso degli astri, costruito il gran tempio di Cusco e scolpite statue umane che si dice animò. Gli si sacrificavano annualmente due fanciulli e godeva di un culto molto elevato. La sua immagine fu scolpita in rilievo sul portale di Tiahuanaco, la leggendaria città la cui fondazione gli indios Aymara fanno risalire, per l’appunto, all’epoca della Chamac Pacha, o Prima Creazione, molto prima dell’arrivo degli Incas, quando i primi abitanti, dotati, secondo la legenda, di poteri soprannaturali, erano capaci di sollevare dal terreno le grandi pietre che venivano trasportate dalle cave di montagna attraverso l’aria al suono di una misteriosa tromba. Viracocha lo troviamo ancora scolpito nel monolito di Chavin, conosciuto anche come il Dio di Chavin de Huantar, e trova analogie con l’azteco Quetzalcoatl; i Maya lo chiamavano Kukulkán, i Quiché, Gukumatz; e riconducibile perfino ai Tiki polinesiani. Secondo lo scrittore Garcilaso Inca de la Vega (1539), il suo nome fu preso anche dall'8° imperatore degli Incas (come accade anche con i sacerdoti di Quetzalcoatl), il quale liberò il Cusco dall'invasione dei Chancas, conquistò Tucumán, e fu grande costruttore di acquedotti, restauratore ed edificatore di templi e palazzi.

    Viracocha sul portale di Tiahuanaco in Bolivia.

    Una serie di Elohim stilizzati secondo l’arte mesoamericana, tratte da Il Ritorno delle Civiltà Perdute di Quix Cardinale. Da sinistra: l’Uomo Aquila e Quetzacoatl raffigurati, separatamente, nel tempio dei Giaguari e nel tempio di Kukulcan a Chichen Itza. A fianco: sempre a Itza, una decorazione che rappresenta gli Elohim americani con strane attrezzature nelle mani. A Tula un’altra decorazione su un pilastro mostra le varie prospettive di questi esseri; e per ultimo una riproduzione di un bassorilievo di Veracruz, che sembra rappresentare una sorta di serpente che indossa un’armatura dotata di propulsori.

    Viracocha, o meglio Con Tiqui Viracocha, aveva anch’esso un compagno alato, l’uccello Inti, un misterioso essere piumato conoscitore delle cose presenti e future. Viracocha fu una divinità inca legata, per l’appunto, anche alle leggende nazca dov’era considerato il Signore splendente, il Maestro del Mondo che creò l’uomo. Anche in Egitto una leggenda analoga narra del Camminatore delle celesti vie, sorvegliato dall’Osiride che ci ha modellato con le sue mani. Questa leggenda racconta che molto tempo prima dei faraoni un dio discese dalle stelle con altri della sua specie portando in dono agli uomini il sapere e la forza, e poi tornarono nella loro casa fra le stelle, e solo uno rimase sulla terra ed insegnò al popolo del Nilo i segreti della propria gente. Poi, quando morì, fu sepolto in un luogo segreto, la Tomba del Visitatore. Questa tomba, tra l’altro, pare che sia stata trovata casualmente da due beduini il secolo scorso cadendo nelle mani del KGB, organismo dell'ex URSS che allora, con il progetto Isis, era alla ricerca di tecnologia aliena; infatti un documentario proveniente dagli archivi segreti del KGB, che gira in rete, documenterebbe questa straordinaria scoperta, dove nel sarcofago fu trovata una strana mummia, una sorta di extraterrestre di tipo grigio, alta più di due metri; e nei muri della tomba, che pare emanassero una strana energia magnetica, vi era riportata una curiosa profezia che parlava, per l’appunto, del ritorno degli dèi alati, che ovviamente non possono che ricondurci ancora una volta alle raffigurazioni di esseri alati rappresentati nelle ceramiche nazca, in onore di Viracocha conosciuto dagli aztechi come Quetzalcoatl, di cui si attendeva il ritorno. Qui sotto una figura della cultura Chancay del Perù, che pare ricordarci proprio un grigio.

    Figura appartenente alla cultura Chancay (Perù). Circa: 900 - 1300 d.C.

    Detto questo, forse non è un caso della notizia di una piccola e strana mummia che fu ritrovata pochi anni fa a 3250 metri, proprio vicino al monte Viracocha, A tal proposito l’antropologo Renato Davila Riquelme, direttore del Museo privato Ritos Andinos, che si trova nel distretto di Andahuaylillas, nelle vicinanze di Cusco, aveva ipotizzato che poteva trattarsi di un alieno. Un altro caso analogo, ricorderete, accadde anche in Egitto nel 1922, prima della scoperta della tomba del visitatore, quando sotto l’egida dell’archeologo Howard Carter si scoprì nella tomba del noto faraone Tutankhamen uno strano piccolo feto con strane fattezze che, a quanto pare, ricordavano proprio un piccolo grigio.

      Questi racconti ed eventi mi fanno ritornare in mente le parole di Diodoro Siculo, quando ci ricorda che in Nisia d’Arabia c’è una colonna scolpita con lettere sacre dedicata ad Iside e Osiride, e mi soffermo su quella frase dove Osiride dice: E sono il maggiore dei figlioli de’ Saturno, Pianta nata dalla bellezza, et dalla generosità; la quale non ha avuto dal seme l’origine sua. Ne vi ha luogo nel mondo alcuno al quale io andato non sia, insegnando ad ogn’uno quelle cose delle quali io sono stato l’inventore (traduzione autentica dal greco di Francesco Baldelli nel testo originale del 1574). Apparirà chiaro il significato di queste parole che può indicare soltanto un uomo venuto dalle stelle o una creazione avvenuta con una manipolazione genetica, che essendo andata in ogni luogo, può essere giunta anche a Nazca, Puma Punku, Tihuanaco, Teothiuacan, l’olmeca La Venta, ecc.; in tutti quei luoghi dove appare una teologia cosmologica, una religiosità rituale legata ad artefatti straordinari, edifici piramidali o comunque di incredibile e fine manifattura, spesso edificati in pietra granitica di difficile lavorazione ed in prossimità di bacini d’acqua. Infatti anche Viracocha, come l’egizio Osiride, è ritenuto un civilizzatore che insegnò l’agricoltura e molto altro sapere; fu la prima divinità degli antichi Tiwanaku, popolazione proveniente proprio dal Lago Titicaca; luogo legato anche ad una curiosa leggenda locale che parla di semidei, metà uomini e metà pesci, venuti, per l’appunto, dal lago Titicaca e chiamati Chullua e Umantua. Si narra che Viracochas fosse sorto dalle acque e che avesse creato il cielo e la terra. Secondo la leggenda incaica i Viracochas erano capaci, addirittura, di trasportare i massi facendoli spostare dal suono. Sempre secondo il mito, Viracocha non solo avrebbe creato gli umani, come l’egizio Osiride, ma li avrebbe anche distrutti per poi ricrearli dalla roccia e gettarli ai quattro angoli del mondo. Dopo aver insegnato agli uomini a sopravvivere, avrebbe preso il mantello, ne avrebbe fatto una barca e sarebbe salpato per l'Oceano Pacifico. Spesso Viracocha viene descritto in alcuni resoconti dati ai primi conquistadores spagnoli, si dice che aveva la pelle chiara e gli occhi azzurri, era alto di statura e aveva capigliatura e barba bionde o bianche, indossava una lunga tunica bianca con una cintura in vita. Sembra proprio un’apparizione angelica di stampo cristiano che ci riporta al ricordo degli Elohim di Jawè. Viracocha, oltre che con il nome azteco di Quetzalcoatl, venne chiamato con vari altri nomi dagli indigeni: Thunupa, Tarpaca, Pachaccan, Viracocharapacha. Egli era accompagnato da seguaci fedelissimi, gli huaminca,

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