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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

FACOLT DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA IN STATISTICA (CLASSE DELLE LAUREE IN SCIENZE STATISTICHE, N. 37) TESI DI LAUREA
IN

ANALISI DELLE SERIE STORICHE MISURE DEL BENESSERE: LA DINAMICA DEL PIL E DEL REDDITO NAZIONALE NETTO DISPONIBILE PER L'ITALIA
Relatore: Ch..ma Prof.sa Francesca Di Iorio Candidato Fabrizio Filippi Matr. 557/107 Anno Accademico 2010/2011 1

INDICE
Introduzione................................................................................................................3 Capitolo 1 La misurazione del Benessere L'origine del problema della misura del benessere...........................................5 Il benessere delle persone ed il benessere economico...................................9 Il benessere delle persone................................................................9 Il benessere economico.......................................................................10 Il prodotto interno lordo..................................................................................12 Definizione..........................................................................................12 La produzione.................................................................................12 I consumi intermedi.............................................................................14 Metodo di calcolo del PIL...................................................................16 Difetti principali del PIL come misura di benessere e di sviluppo......16 Alcune alternative al PIL vantaggi e svantaggi delle varie proposte..............20 Correzione del PIL per il degrado ambientale.....................................20 Correzione del PIL in chiave di benessere economico........................21 Il Rapporto Fitoussi.............................................................................25 Cosa si pu fare nell'ambito del sistema di misurazione in uso?........26 Capitolo 2 Analisi delle serie storiche...................................................................29 Dati a disposizione e metodologia utilizzata...................................................29 Analisi delle serie storiche dei dati a disposizione..........................................30 Identificazione di un modello ARIMA alle serie storiche.......................,.......34 Identificazione di un modello ARIMA per una previsione del PIL per gli anni 2011 e 2012............................................................................35 Identificazione di un modello ARIMA per una previsione del RNND come percentuale del PIL per gli anni 2010 e 2011............................38 Conclusioni................................................................................................................41 Ringraziamenti..........................................................................................................42 Bibliografia e siti internet consultati.......................................................................43

L'economista moderno abituato a misurare il livello di vita dall'ammontare del consumo annuo, dando sempre per scontato che un uomo che consuma di pi stia meglio di uno che consuma di meno. Un economista buddista considererebbe questo atteggiamento del tutto irrazionale; poich il consumo semplicemente uno strumento per il benessere dell'uomo, il fine dovrebbe essere quello di ottenere il massimo di benessere con il minimo di consumo. (E. F. Schumacher, 1975, p.43)

Introduzione
Questa tesi, divisa in due capitoli, analizza la questione del benessere sociale, dal punto di vista della sua misurazione e dell'utilizzo di queste misurazioni, e successivamente analizza alcune di queste misure in serie storiche. Il primo dei due capitoli introduce l'argomento in tutte le prospettive di maggior rilevanza: in particolare il primo paragrafo introduce la problematica dal punto di vista storico e sintetizza brevemente i vari approcci adottati in diversi periodi con particolare interesse per le innovazioni e per le teorie riconducibili all'ultimo secolo, epoca in cui la scienza economica e, se vogliamo, la nascita dell'economia del benessere hanno fornito strumenti la cui validit va ben oltre i precedenti tentativi. Il secondo paragrafo definisce il concetto di benessere nelle due accezioni pi comunemente utilizzate (benessere delle persone ed economico) e fa luce sul suo significato che, come vedremo, spesso confuso ed utilizzato, nelle varie discipline, riferendosi a concetti con sfumature pi o meno diverse tra loro; Procedendo nella lettura dei primi paragrafi, scopriremo che la misura storicamente adottata per la il benessere stata, e per alcuni punti di vista ancora, il Prodotto Interno Lordo che nel terzo paragrafo analizzato dal punto di vista puramente teorico per poi passare ad un analisi dei sui limiti come indicatore non 3

solo di benessere, ma anche di sviluppo. Il quarto paragrafo del primo capitolo offre una sintetica carrellata dei pi riconosciuti indicatori di benessere alternativi al PIL con correzioni sia in chiave di degrado ambientale, che proprio di benessere economico. Il paragrafo immediatamente successivo, dedicato al Rapporto Fitoussi, assume assoluta rilevanza, in quanto ci offre una serie di raccomandazioni e di suggerimenti che ci permettono di pervenire a misure alternative al PIL che possono essere utilizzate per un analisi delle serie storiche. Il secondo ed ultimo capitolo, dopo una breve introduzione sulla metodologia utilizzata e sui dati a disposizione procede con l'analisi delle serie storiche di queste misure.

Capitolo 1 - La misurazione del benessere


L'origine del problema della misura del benessere
In questo primo paragrafo introdurremo da un punto di vista storico la problematica oggetto della tesi utilizzando come riferimento la ricostruzione di Alessandro Roncaglia pubblicata nel suo "Storia del Pensiero Economico" (2011). Il concetto di sviluppo, storicamente, non ha mai avuto, e non ha tutt'oggi, un significato univoco. Basti pensare che la nascita dell'Economia Politica riconosciuta come disciplina distinta a partire dal XVII secolo - non avviene in un momento specifico, ma un processo complicato che si svolge lungo un arco di tempo assai ampio. Agli albori di questa "nuova" scienza, in particolare nel lungo periodo storico che possiamo individuare tra l'antichit classica fino al medioevo, i problemi economici venivano affrontati in un modo sostanzialmente diverso da oggi. opportuno considerare che, rispetto ad oggi, il basso livello tecnologico determinava un dominio dei fenomeni naturali (calamit naturali, epidemie) che affiancato alle guerre, all'enorme peso della religione e all'autorit assoluta dei monarchi, generavano una realt in cui la regolarit della vita risultava un aspirazione difficilmente realizzabile. In uno scenario del genere sia i filosofi dell'antichit classica che i teologi medioevali pi che tentare di descrivere e di interpretare il funzionamento del sistema economico, si proponevano, pi semplicemente, il compito di fornire indicazioni sul comportamento moralmente pi giusto da tenere nel campo dei rapporti economici, che spesso si riduceva alla fedelt a comportamenti-tipo sanciti dalla tradizione. Ci non toglie che anche nell'antichit classica si parlasse di sviluppo, anche se solo inteso come una sorta di progresso spirituale, senza un vero e proprio riferimento al miglioramento delle condizioni materiali della societ. con l'avvento del Mercantilismo, nel XVII secolo, che matura la convinzione che la crescita (intesa come progresso materiale) determini lo sviluppo dell'uomo come fine per l'affermazione della potenza militare di uno Stato e della sua egemonia territoriale. a William Petty (1623-1687), medico inglese e fondatore dell'Aritmetica Politica, in particolare, che ascrivibile la paternit dell'Economia Politica nonch un fondamentale passo in avanti verso la concezione degli indicatori 5

di tipo economico; Egli, per primo, sugger di ragionare sui dati, di incrociarli e costruirli sfruttandone anche le minime informazioni. in questo periodo che la scienza comincia a sostituire la religione e la superstizione affermandosi come mezzo per favorire lo sviluppo e, contemporaneamente, grazie al grande impulso offerto dall'Illuminismo, si rafforza l'antropocentrismo e con esso viene ad affermarsi l'idea di uno stretto legame tra sviluppo economico e progresso. Un ulteriore passo in avanti offerto dallo studioso scozzese Adam Smith (1723-1790) con il suo saggio datato 1776 dal titolo An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations (Un indagine sulla Natura e le Cause della Ricchezza delle Nazioni), conosciuto pi semplicemente come La Ricchezza delle Nazioni. Nel suo trattato Smith afferma che gli obiettivi dell'economia politica sono assicurare a tutta la popolazione un reddito di sussistenza e garantire allo Stato entrate tali che esso possa provvedere alla produzione di servizi pubblici anche se, nella sua analisi, non avevano ancora la portata concepita successivamente dai costruttori dello Stato Sociale. con Smith, inoltre, che per la prima volta viene identificato quello che oggi comunemente chiamato reddito pro-capite. Dal XVIII secolo in poi molti sono stati i pensatori e gli economisti che a vario titolo hanno partecipato e contribuito allo sviluppo e alla crescita della moderna teoria economica (David Ricardo, Karl Marx, Alfred Marshall e John Maynard Keynes fra i tanti meritano almeno una citazione in merito) tuttavia, per avere un indicatore universalmente accettato quale misuratore dello sviluppo economico, si deve attendere il periodo immediatamente successivo a la grande crisi conosciuta come Wall Street crash che porta la data del 29 Ottobre 1929. In quegli anni, almeno nel mondo occidentale, si giunse molto vicini al tracollo del Capitalismo. A questo avvenimento segu un terribile (e lungo) periodo in cui tutti gli indici economici crollarono a picco e in cui la disoccupazione raggiunse livelli mai visti prima. In pi non vi erano ammortizzatori sociali che attutissero il colpo, specie per i lavoratori dipendenti. La grande crisi rappresentava la fine della fiducia nella capacit del sistema capitalistico di tornare rapidamente all'equilibrio di piena occupazione. Come conseguenza di questa tragedia mondiale, il quattro volte presidente degli Stati Uniti d'America Franklin Delano Roosvelt (1882-1945) si rivolse al Dipartimento per il Commercio chiedendo che gli fosse preparato un mezzo di misurazione standardizzato, che consentisse di avere sempre sottomano uno strumento affidabile per verificare le condizioni economiche generali di un Paese. Nasce cos il Gross 6

Domestic Product (GDP), che in italiano corrisponde al Prodotto Interno Lordo, alla cui determinazione contribuisce in modo significativo l'economista ebreo di origine bielorussa Simon Kuznets (1901-1985). Nella storia degli ultimi anni non sono mancati gli studi e le critiche verso il concetto di sviluppo che vede nella crescita del PIL il primo obiettivo di politica economica da perseguire. Lo stesso Kuznets alla fine degli anni '40, in polemica col Dipartimento per il Commercio, rifiutava l'uso strumentale del PIL quale misuratore di benessere. Bob Kennedy (1925-1968), fratello di John Fitzgerald Kennedy, durante un suo celebre discorso (tenuto il 18 Marzo 1968, tre soli mesi prima di morire assassinato) critic duramente il PIL come indicatore di benessere in un'epoca in cui il concetto non era ancora cos noto e dominante. Le ricerche sulla possibilit di correggere il PIL in chiave di benessere hanno avuto inizio negli anni 70 con il contributo di Nordhaus e Tobin (1972 e 1973), mentre il primo importante studio applicato alla realt italiana quello di Giannone (1975). Le correzioni proposte in tali ricerche riguardano essenzialmente il benessere, mentre trascurano quasi del tutto la sostenibilit ambientale. Nel 2008 in Francia, sotto esplicita richiesta del presidente Nicolas Sarkozy, stata istituita una commissione alla quale hanno preso parte, oltre a numerosi studiosi di fama mondiale, l'economista francese Jean-Paul Fitoussi e i premi nobel per l'economia Amartya Sen e Joseph Stiglitz con l'intento di fare luce sui limiti del PIL. Il lavoro di questi studiosi ha reso possibile la pubblicazione di un testo "Report by the Commission on the Measurement of the Economic Performance and Social Progress (2009)" conosciuto pi comunemente come Rapporto Fitoussi nel quale prevale invece lopinione che, se siamo alla ricerca di un indicatore che a partire dal PIL rifletta le variazioni nella qualit della vita, la sua correzione debba passare anche per il concetto di sostenibilit e ci non solo in merito alla crescente consapevolezza circa i problemi ambientali, ma anche in virt dellimpossibilit di precisare in modo oggettivo e univoco il concetto di benessere, in quanto qualsiasi correzione in questo senso non pu che basarsi su giudizi di valore. Negli anni pi recenti alcuni autori affermano che l'espressione "crescita sostenibile" (o anche sviluppo sostenibile) sia una contraddizione, perch, mentre il concetto di crescita implica inevitabilmente e necessariamente espansione della materia e dell'energia necessaria per trasformare la materia, la materia stessa e l'energia disponibili sul nostro pianeta sono limitate e non si possono espandere. 7

Secondo i teorici del movimento Decrescita Felice (Pallante, Latouche) impossibile pensare a uno sviluppo economico basato sui continui incrementi di produzione di merci che sia anche in sintonia con la preservazione dell'ambiente. In particolare, essi ammoniscono i comportamenti delle societ occidentali che, seguendo l'ottica dello sviluppo sostenibile, si trovano ora di fronte al paradossale problema di dover consumare pi del necessario pur di non scalfire la crescita dell'economia di mercato, con conseguenti numerosi problemi ambientali: sovrasfruttamento delle risorse naturali, aumento dei rifiuti, mercificazione dei beni. Il tutto, a loro modo di vedere, non quindi compatibile con la sostenibilit ambientale: ritengono anzi che lo sviluppo sostenibile sia una teoria superata, in ogni caso non pi applicabile alle moderne economie mondiali. Di qui la teoria della decrescita che non vuol dire crescita negativa ma in linea generale una messa in discussione del volume esagerato di spostamenti di uomini e merci sul pianeta, con il relativo impatto negativo sullambiente, la pubblicit ossessiva, e infine l'obsolescenza accelerata dei prodotti, concepiti col sistema usa e getta. Per questi autori autoproduzione, limitazione degli sprechi, rallentamento della crescita produttiva sono fondamentali per la costruzione di una societ votata alla decrescita in cui si dia spazio alla qualit dell'ambiente e alla salvaguardia del patrimonio naturale e culturale. Ad oggi (2011) dunque, sviluppo e crescita non sono pi considerati come concetti perfettamente sovrapponibili. Nel concetto di sviluppo (o benessere) rientra anche quello di crescita, ma non solo. Lo sviluppo si connota di altri elementi di natura qualitativa, quali quelli culturali, sanitari, ambientali, assistenziali, di rappresentanza politica o ancora di tempo libero, che tuttavia, secondo il pensiero tutt'ora dominanente, restano legati alla crescita. Quest'ultima, ancora oggi, viene misurata in termini di reddito pro-capite. Ne consegue che sviluppo e crescita finiscono per essere confusi o quanto meno inscindibilmente collegati come due facce della stessa medaglia. Se il PIL non aumenta, media, politici ed economisti ne fanno un tema di dibattito pubblico e si ingegnano per capire come farlo crescere.

Il benessere delle persone (Well-being) e il benessere economico (Welfare)


Come scritto da A. Nappo nel suo "Nuovi metodi della misurazione della crescita sostenibile" il concetto di benessere, inteso come benessere delle persone (Well-being), si riferisce alla valutazione della situazione di vita di un individuo (o di un gruppo di individui) nel modo pi ampio possibile. Il concetto di benessere economico (Welfare) invece si riferisce alla dimensione economica del benessere. Il termine viene usato per indicare il contributo dell'economia di un paese al raggiungimento di un livello di benessere da parte di tutti i cittadini. Il benessere delle persone (Well-being) Nel primo dei due casi appena citati (Well-being), il termine si riferisce alla valutazione della vita di una persona in senso molto ampio. Le definizioni precise, in letteratura, sono molto poche ma in compenso esistono, e vengono utilizzati, una vasta gamma di termini ad esso correlati. Quando ci riferiamo al benessere, spesso non sentiamo il bisogno di definire chiaramente ci che stiamo cercando di catturare (Gasper 2004). Il concetto di benessere viene considerato noto e intuitivamente chiaro al lettore. Attualmente viene utilizzata una vasta gamma di termini correlati per la valutazione della situazione di una persona: la qualit della vita, il tenore di vita, la soddisfazione di vita, lo sviluppo umano, la felicit, il benessere soggettivo e il benessere umano sono solo alcuni esempi tra i pi comuni. Gli economisti per lo pi utilizzano termini come "tenore di vita", "utilit" e "benessere". I sociologi prediligono invece parlare di "qualit della vita" e di "sviluppo umano", mentre gli psicologi parlano soprattutto della "soddisfazione della vita" e di "felicit". Anche se questi termini hanno significati e sfumature distinte, di solito sono concettualmente sovrapposti. Nella maggior parte degli studi si tende ad utilizzare un termine in particolare, anche se buona parte degli studiosi affermano esplicitamente che questi termini sono spesso utilizzati in modo intercambiabile. Ad esempio Easterlin (2001) equipara i termini felicit, benessere soggettivo, soddisfazione, utilit, benessere e benessere economico, mentre McGillivray (2005)

equipara il benessere umano, alla qualit della vita umana, allo sviluppo umano e ai bisogni fondamentali dell'uomo. Gasper (2004) in una recensione su un vasto corupus della letteratura contemporanea sul benessere, ha riscontrato che per lo pi ci si riferisce al benessere in termini di consigli su come "stare bene". Una seconda parte, decisamente pi esigua, pu essere collegata alla filosofia, mentre un terzo e vasto complesso di studi, pu essere attribuito alle scienze sociali, in particolare alla psicologia, e in misura minore, all'economia. Quanto appena detto ci spinge ad affermare che il benessere un conceto vago e assai difficile da definire univocamente. Anche se il termine "benessere" ampiamente utlizzato, vi scarsa coerenza nelle varie definizioni che dipendono molto dal contesto di studio in questione. Ne consegue che attualmente, ampiamente accettata l'idea che non esista una definizione uniforme di benessere.

Il benessere economico (Welfare) La valutazione del benessere economico richiede, in primo luogo, la distinzione tra costi e benefici di un processo economico. Questa distinzione essenziale se si vuole parlare di benessere economico ma anche "difficile soggettiva e arbitraria" (Costanza 2002). I servizi derivanti dal consumo sono considerati il principale vantaggio derivante dall'attivit economica. Nel valutare questi benefici per importante fare una separazione tra beni e servizi intermedi e finali, in quanto solo i finali sono da considerare utili al benessere economico. Beni e servizi intermedi sono quei beni e servizi che vengono utilizzati come input per la produzione di altri. In secondo luogo, devono essere identificate le spese per il consumo difensivo (di cui riparlermo in seguito). Terzo, bisogna decidere se il consumo finale vada o meno aggiunto al benessere economico. possibile e auspicabile distinguere tra consumo buono e cattivo? In quarto luogo, occorre ben definire i confini del consumo. Bisognerebbe guardare oltre i tradizionali confini di mercato e includere alcuni beni e servizi (ad esempio il settore domestico) che non hanno mercato, ma che comunque contribuiscono al miglioramento del benessere. Infine, Lawn e Sanders (1999) sostengono che dovrebbero anche essere presi 10

in considerazione i disservizi che gli esseri umani devono sopportare in seguito alle attivit produttive (ad esempio la disutilit del lavoro, il pendolarismo e linquinamento acustico). I costi connessi con le attivit economiche sono per lo pi legati all'ambiente naturale. In primo luogo, le risorse naturali vengono utilizzate come fattori di produzione nel processo economico, ed i costi connessi con l'esaurimento degli stock di capitale naturale devono essere presi in considerazione in sede di valutazione del benessere economico. In secondo luogo, il processo economico crea anche i rifiuti; quelli solidi devono essere correttamente smaltiti (spese associate a tale disposizione dovrebbero essere considerate come spese difensive), mentre altri tipi di rifiuti hanno un impatto negativo sulla qualit dell'ambiente naturale (ad esempio l'inquinamento delle acque e l'inquinamento atmosferico). Il processo economico cos impatta sulla capacit della natura di fornire fonti, assorbire e garantire servizi. Molti dei benefici che il nostro ecosistema offre al genere umano (servizi ecosistemici) che a causa del processo economico vengono persi dovrebbero essere considerati come i costi opportunit delle attivit economiche. Dopo aver analizzato i concetti di sviluppo sostenibile, e ancora di pi quello di benessere (sia delle persone che in senso economico) nel seguito analizzeremo criticamente l'uso del PIL come misura di queste nozioni.

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Il prodotto interno lordo


Definizione Il prodotto interno lordo (PIL) ai prezzi di mercato l'aggregato princpe del conto della moderna contabilit nazionale: esso rappresenta il prodotto finale del Paese, che l'espressione pi fedele della creazione di nuove risorse reali da parte del sistema economico nazionale. Il PIL definito ai prezzi di mercato in quanto misurato in tutti i suoi aspetti ai prezzi correnti sul mercato. In un economia chiusa coinciderebbe perfettamente con il reddito distribuito ai fattori della produzione nazionale; in un economia aperta, e quindi nel caso concreto (ad esempio dell'Italia) coincide sempre con la somma dei redditi distribuiti dalle unit produttive, ma senza riguardo alla residenza dei titolari dei fattori della produzione, che sono in parte non residenti (ad esempio lavoratori stranieri temporaneamnete occupati nelle imprese italiane e capitale straniero investito o comunque prestato in Italia). Corrisponde infine alla spesa finale (consumi finali e investimenti) se si ha l'avvertenza di sottrarre le importazioni dalle esportazioni di beni e servizi. La produzione Essendo il PIL la misura della produzione finale di un paese, essenziale definire l'ampiezza dell'area della produzione, stabilire insomma cosa produttivo e cosa non lo . La produzione un flusso di beni e servizi che deriva da ogni attivit nella quale, sotto il controllo e la responsabilit di un unit istituzionale, ci sia un impiego di fattori produttivi (lavoro, capitale, impresa) che riceva un compenso monetario e sia indirizzato ad un obiettivo preciso: creare utilit scarse capaci di soddisfare i bisogni umani o, alternativamente, valori economici (beni o servizi) atti ad essere scambiati. Sotto questo profilo produttiva non solo l'attivit delle imprese, ma anche quella delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni sociali. Si riconosce una nozione pi ampia e generale di produzione utile all'uomo nella quale rientra la creazione di ogni sorta di beni o servizi ad esclusione di quelli di tipo strettamente personale ed esistenziali (come ad esempio mangiare e dormire) che non possono assolutamente essere affidati a terzi. Nella vita dei singoli e delle famiglie vengono svolte attivit che a differenza di quelle pi personali ed intime possono 12

essere affidate ad altri, come il lavare i piatti o la biancheria, cucinare, allevare i bambini ed assistere gli anziani: attivit tutte che rientrano nel concetto di produzione. su quest'ultimo terreno che la nozione di produzione accettata dal sistema di contabilit nazionale si discosta leggermente dalla definizione generale, in quanto lascia fuori la produzione di servizi domestici fatta nell'ambito della famiglia per autoconsumo, eccetto quelli prodotti da personale retribuito. Se produrre vuol dire creare nuove utilit non rientrano nel valore della produzione i cosiddetti guadagni e perdite in conto capitale (rivalutazione di merci giacenti in magazzino o dei titoli in portafoglio a seguito dell'aumento dei prezzi o dei corsi di borsa), i quali si verificano al di fuori di ongi attivit produttiva come semplice conseguenza del movimento dei prezzi. Il concetto prevalente di produzione non alterato da considerazioni moralistiche, tanto che, in linea di principio, le attivit illegali che producono beni e servizi economici rientrano nei confini dell'area produttiva se danno luogo a pagamenti volontari, com' il caso del mercato nero, del contrabbando, della produzione e commercializzazione di droghe, del gioco d'azzardo, del reciclaggio di denaro sporco, dello sfruttamento della prostituzione: attivit tutte in cui il crimine si rivolge al mercato creando utilit per clienti disposti a pagarle in piena libert, accettando le probabili conseguenze della violazione della legge. Non rientrano nella sfera dell'attivit economica gli illeciti che comportano pagamenti fatti sotto costrizione, come furti, rapine, truffe, sequestri di persona, delitti in se stessi improduttivi che si risolvono in un trasferimento involontario di ricchezza. L'attivit economica criminale non va confusa con l'economia sommersa, che costituita dall'attivit di imprenditori e lavoratori che evadono obblighi di natura amministrativa: non pagano le imposte o i contributi previdenziali, non hanno la licenza di commerciare o non rispettano divieti riguardanti l'ambiente, la salute pubblica e altri ancora. Sia gli operatori che agiscono in violazione della legge che quelli regolari partecipano per il sistema alla creazione del PIL. Le attivit illegali non vengono ancora rilevate n in Italia n in altri paesi europei, mentre esistono stime per l'economia sommersa. La produzione di beni e servizi destinabili alla vendita rappresenta la quota di gran lunga pi grande della produzione totale dei Paesi avanzati ad economia di mercato. Essa riconoscibile per il fatto che messa sul mercato a prezzi economicamente significativi, tali cio da influenzare le decisioni di produrre, 13

vendere e acquistare di tutte le parti in causa. La seconda categoria di produzione quella destinata al proprio uso finale del produttore. All'uso di consumo finale rivolta la produzione di prodotti agricoli autoconsumati dagli agricoltori, di servizi di abitazione goduti dai proprietari che occupano la propria casa e di servizi domestici prodotti utilizzando personale retribuito. All'autoinvestimento possono essere destinati macchine, fabbricati e software prodotti in proprio da societ e abitaioni costruite o ampliate da famiglie. Per convenzione da questa categoria e dalla sfera produttiva coperta dalla contabilit nazionale sono esclusi i servizi prestati gratuitamente dai membri della famiglia nell'ambito domestico e i beni e servizi prodotti nell'ambito del fai-da-te, che soddisfano in primo luogo esigenze di divertimento di chi le fa. La terza categoria l'altra produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita: altra perch anche la produzione per uso proprio non messa sul mercato. Vi rientra la produzione di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche e delle istituzioni sociali, offerta gratuitamente o, al massimo, a prezzi simbolici che in pratica non sono economicamente significativi. I consumi intermedi Per ottenere il valore aggiunto, fondamentale nella costruzione del PIL , bisogna sottrarre i consumi intermedi dalla produzione totale. Ma cosa permette di classificare come intermedi alcuni beni e servizi in contrapposizione a quelli finali? Essendo il PIL in primo luogo il prodotto finale del Paese la sua misura dipende fortemente dalla frontiera che si stabilisce tra il finale e l'intermedio. La contabilit nazionale definisce intermedi i beni e servizi consumati o trasformati dai produttori nel corso del processo produttivo per ottenere nuovi beni e servizi e finali quei beni e servizi sottratti ad altri processi di trasformazione. Alcune spese che avrebbero tutti i crismi per essere considerate come consumi intermedi sono invece trattate come finali concorrendo, in tal modo, alla composizione del PIL : ad esempio, le spese di trasporto sostenute dai lavoratori per recarsi da casa al posto di lavoro, oppure molte spese pubbliche che formano i consumi collettivi. Alcune spese pubbliche, come quelle dei ministeri dell'industria e del turismo, avvantaggiono esclusivamente le imprese e dovrebbero essere considerate a stretto rigore intermedie. Altre, come quelle per la difesa e per l'ordine pubblico, avvantaggiano sia l'impresa che le 14

famiglie: dovrebbero essere trattate come intermedie almeno per la parte afferente alle imprese, ma le altre dovrebbero essere finali anche se le famiglie stesse le accettano solo come un male necessario? L'intera produzione di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche classificata come finale ed compresa nei consumi finali del Paese, concorrendo cos alla formazione del PIL .

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Metodo di calcolo del PIL Il PIL pu essere determinato in tre modi: Metodo reale o del valore aggiunto: Somma dei valori aggiunti dei settori o delle branche, pi le imposte sui prodotti meno i contributi; Metodo del bilancio tra risorse e impieghi finali: Somma degli impieghi finali di beni e servizi (consumi finali e investimenti) fatti dai residenti, pi le esportazioni meno le importazioni; Metodo personale: Somma dei redditi registrati tra le uscite del conto della generazione del reddito (distribuzione del valore aggiunto) del totale dell'economia, pi le imposte sulla produzione e sulle importazioni meno i contributi. In tutti e tre i casi appena citati si giunge al valore del PIL ai prezzi di mercato. Il metodo del valore aggiunto quello pi impiegato in Italia e in tutti i Paesi che elaborano tavole input-output annuali. Il secondo metodo si basa sull'equazione del conto delle risorse e degli impieghi finali - prende perci il nome di metodo del bilancio ed da considerarsi tuttavia soltanto un metodo di controllo. Il metodo personale mira a calcolare il prodotto per somma dei redditi dei fattori nei quali scomposto. Questo metodo adottato da alcuni Paesi che dispongono di buone statistiche fiscali ed raramente applicato in Italia, anche perch comporta alcune complicazioni e non poche incertezze. Difetti principali del PIL come misura di benessere materiale e di sviluppo Come anticipato fu lo stesso Kuznets, ideatore del PIL, il primo studioso ad assumere un posizione critica riguardo all'utilizzo di questo indicatore come misura di sviluppo economico. In questo paragrafo sono esposte brevemente le considerazioni che England (1997) produce nel suo lavoro in cui affronta le problematiche principali che emergono quando il PIL viene usato come indicatore di benessere. Quantit si qualit no. Il problema essenziale del PIL che esso misura, semplicemente, la produzione destinata al mercato. Il PIL o il PIL pro-capite e il loro tasso di variazione annua rappresentano la crescita economica che un concetto puramente quantitativo. Questo approccio sembra ignorare che il concetto di "sviluppo", profondamente collegato al benessere, ha chari connotati di tipo qualitatitvo, ed indica un processo di trasformazione a vari livelli del sistema 16

economico e della societ che il PIL non in grado di registrare. In quest'ottica, il contributo al benessere fornito da un certo bene o servizio misurato dal suo prezzo di mercato, senza nessuna considerazione per la sua qualit. Ne conseguono assurdit del tipo che una certa somma spesa per alimenti di prima necessit contribuisce al benessere esattamente quanto la stessa somma spesa per acquistare sigarette o armi. Da ci deriva che nel calcolo del PIL malattia, criminalit e inquinamento, sono implicitamente considerati come fonti di benessere. Malattia. Chi si ammala o subisce danni fisici a causa di un incidente, costretto a sottoporsi a cure mediche che paga di tasca propria o che vanno a gravare sulla spesa pubblica le quali contribuiscono alla crescita del PIL. Inquinamento. Anche le esternalit negative legate alla produzione (come l'inquinamento e i danni alla salute pubblica che ne derivano) nel PIL non sono tenute in considerazione. Se inoltre consideriamo che i danni arrecati allambiente e alla salute richiederebbero interventi difensivi (di carattere preventivo o riparatorio) a spese della collettivit, si capisce che lindustria che inquina, indirettamente, contribuisce al PIL pi di quella che non inquina. Criminalit. I proventi delle attivit criminose in se stesse improduttive come i furti, le rapine, i sequestri di persona, vengono intenzionalmente esclusie dal PIL; tuttavia, questo indicatore, se come spesso avviene mal interpretato, d comunque lillusione che laumento della criminalit produca effetti positivi sul benessere comune. Infatti, per difendersi dai criminali, i cittadini sono costretti ad acquistare sistemi di allarme, ricorrere ai servizi di vigilanti privati o contrarre polizze di assicurazione. Allo stesso modo lo Stato se decide di rafforzare i corpi di polizia o le strutture giudiziarie, determinando cos un aumento del PIL, pu farlo a scapito non solo delle famiglie direttamente minacciate dalla criminalit, ma anche dellintera collettivit, qualora questi interventi difensivi vengano finanziati tagliando altre voci di spesa pubblica come la sanit, la previdenza o listruzione. Spese difensive. Dagli esempi appena fatti emerge il problema delle cosiddette spese difensive, cio di quelle spese che non riflettono incrementi di benessere, ma servono a prevenire o riparare danni causati dalla produzione o a fare fronte a spiacevoli necessit. Per convenzione simili spese vengono contabilizzate come intermedie se sostenute dalle imprese e come finali se sostenute dalle famiglie o dalla Pubblica Amministrazione. Tuttavia, come sostengono in molti, esse sono per natura intermedie a prescindere da chi le sostenga e pertanto andrebbero sempre 17

escluse dal computo del PIL. Guerra distruzione e ricostruzione. Le attivit militari, dalla produzione di armi al loro impiego in guerra, fanno aumentare il PIL di alcuni paesi ma a spese di morti, distruzioni e devastazioni senza fine. Inoltre, alla fine di una guerra, anche la ricostruzione seguita alle distruzioni si riflette nell'aumento del PIL del paese da ricostruire e dei paesi che partecipano alla ricostruzione. Lavoro e tempo libero. Che il tempo libero abbia un valore rilevante nella vita e per il benessere degli individui fuori discussione; questo valore nel PIL non per registrato. Se le persone decidono volontariamente di lavorare meno per beneficiare di maggior tempo libero assisteremo necessariamente ad una riduzione della produzione. Ci per non vuol dire che la societ stia peggio, anzi, dal momento che tale scelta volontaria, vuol dire che essa stata presa con lo scopo di ottenere un maggiore benessere. In questa situazione, per, il PIL , a differenza del benessere generale, diminuisce. Distribuzione del reddito. Porre a confronto il PIL di due paesi, nonostante sia una prassi ampiamente consolidata, un operazione che trascura del tutto gli aspetti della disuguaglianza economica e della povert, che invece, in termini di benessere collettivo, sono di fondamentale importanza. Da questo punto di vista un analisi della distribuzione del reddito affiancata al valore del PIL pro-capite pu fornire informazioni quanto meno pi vicine alla realt. Autoconsumi ed economia non di mercato. Il cambiamento dello stile di vita indotto dal modello di crescita dominante tende a far si che quote sempre maggiori di servizi si trasferisca dall'ambito familiare al mercato. Servizi pubblici e poche altre eccezioni a parte (vedi paragrafo "produzione") il PIL non tiene conto di tutti quei servizi che una persona presta a se stessa o alla propria famiglia gratuitamente. Quindi se una casalinga decide di non fare pi i lavori di casa ed assume una collaboratrice domestica, la quantit di servizi prodotti rimane costante (con una probabile perdita di qualit), tuttavia in tal caso PIL aumenta. Anche le attivit di volontariato, essendo svolte gratuitamente, non rientrano nel PIL pur trattandosi nella maggior parte dei casi di servizi socialmente utili. Beni durevoli di consumo. Un automobile, un computer o un cellulare se acquistati da una famiglia vengono considerati, a giusta ragione, consumi finali, mentre qualora sono acquistati da un impresa vengono contabilizzati come investimenti. Se un impresa, dunque, sostituisce un macchinario con uno nuovo 18

questa spesa viene registrata come ammortamento mentre una sostituzione analoga da parte di una famiglia si traduce in un aumento del PIL. La necessit di eliminare questa contraddizione stata sottolineata da diversi autori. Lattuale modello consumistico che induce la gente a sostituire sempre pi di frequente beni ancora in buono stato e funzionanti con altri nuovi e che spinge le imprese a progettare oggetti con una vita attesa volutamente ridotta rispetto a quella possibile, poggia fortemente su questa incongruenza. Ci ha riflessi negativi anche a livello ambientale, in quanto comporta una perdita di capitale naturale che, non servendo a creare nuovo benessere, contrasta chiaramente con il principio della sostenibilit.

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Alcune alternative al PIL; vantaggi e svantaggi delle varie proposte


Quanto esposto fin qui ha chiarito definitivamente il fatto che il PIL sia stato concepito per essere un indicatore di performance dell'economia e non per valutare il benessere comune. Nonostante ci il suo uso (improprio) come misura del benessere continua ad essere un abitudine tra chi si occupa di questioni socio-economiche. Ci in netto contrasto con la crescente attenzione, che si registra soprattutto nei paesi sviluppati, su tematiche quali la qualit della vita e la sostenibilit ambientale. Dopo aver discusso nel paragrafo precedente i principali aspetti che determinano l'inadeguatezza del PIL (pro capite) come misura di benessere o di produzione sostenibile, in questo paragrafo analizzeremo le proposte che hanno suscitato maggiore interesse, tra quelle avanzate in letteratura, per la costruzione di indici di benessere economico alternativi al PIL. Correzione del PIL per il degrado ambientale Un possibile aggiustamento del PIL che tiene in conto il degrado ambientale quello proposto da Pearce (1989) . Egli definisce il reddito sostenibile come il PIL dal quale vanno sottratte una serie di voci: il deprezzamento del capitale prodotto dall'attivit umana, deprezzamento del capitale naturale, spese sostenute per prevenire o riparare danni all'ambiente e alla salute, e in fine valore dell'inquinamento residuo. Proposte diverse, ma assolutamente simili nella sostanza sono state avanzate da altri autori, tra cui Daly (1989) e Hueting (1991). Gli svantaggi che intercorrono a tale riguardo si riferiscono soprattutto a due fattori: all'assenza di informazioni riguardo l'entit dei danni ambientali e alla mancanza di un metro di valutazione univoco e condiviso degli stessi. Negli ultimi decenni sono stati fatti diversi studi per valutare (anche se solo parzialmente) l'impatto ambientale della produzione. Una sintetica rassegna di alcune delle stime ottenute ci induce a pensare che l'entit del degrado ambientale non trascurabile ed incide fortemente sulla produzione complessiva. Daly e Cobb per gli Stati Uniti d'America (1989), riferendosi ai dati

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disponibili dell'anno 1984, hanno calcolato che: - il costo dell'inquinamento dell'aria, dell'acqua e acustico ammontato al 2.57% del PIL; - la perdita di terreni agricoli e di zone umide stata pari al 3,17% del PIL; - la perdita di risorse non rinnovabili stato in misura del 4,4% del PIL . Dello stesso anno (1989) ad opera di Repetto (ed altri studiosi) stato compiuto uno studio, riferito all' Indonesia per il periodo di tempo tra il 1971 e il 1984, nel quale stato calcolato che: - secondo i conti ufficiali il tasso medio annuo di crescita nel periodo analizzato stato del 7,1%; - il tasso medio annuo di diminuzione del capitale ambientale, limitatamente al suolo coltivabile, foreste e petrolio, stato del 4%. In base a questo parziale aggiustamento il tasso medio di crescita scende pertanto al 3,1% ed inoltre l'investimento netto per alcuni di questi anni risulta negativo. Ci significa che l'economia cresciuta a prezzo di una perdita della sua capacit produttiva. Uno studio similare ad opera di Van Tongeren (1993) riferito all'anno 1985 per il Messico stima che: - la perdita di riserve petrolifere e forestali stata pari al 5,8% del PIN; - Il costo di una parte dell'inquinamento e di altri danni ambientali stato uguale al 7,6% del PIN . Se si sottraggono queste due cifre dall'11,2% che rappresenta la quota del PIN dovuta all'investimento netto, si ha che l'investimento netto cos corretto risulta negativo e pari a -2,2% in rapporto al PIN. Appare evidente da questi risultati che il reddito ottenuto dalla vendita (o dallo sfruttamento) di risorse non rinnovabili si traduce in una perdita di capitale e quindi di capacit produttiva per il futuro. Le stime riportate sopra sono sicuramente da prendere con cautela ma forniscono comunque delle indicazioni molto importanti sull'entit minima del degrado ambientale. Se fosse possibile considerare tutti i fattori che vi concorrono, la perdita di capitale ambientale risulterebbe molto pi elevata.

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Correzione del PIL in chiave di benessere economico La prima seria ed elaborata proposta di un indice di benessere economico alternativo al PIL o al PNL si deve a Nordhaus e Tobin (1972 e 1973) . Tali autori partono dalla considerazione che il PNL una misura della produzione, mentre il benessere economico dipende dal consumo, pertanto occorre innanzitutto separare il consumo dall'investimento e dalle spese intermedie. In tal modo viene esclusa a priori la spesa pubblica, parte della quale gi classificata come investimento, mentre la rimanente va considerata di carattere intermedio e\o difensivo. Gli stessi autori ritengono giustamente che alcune componenti del consumo non siano da considerare come contributi al benessere. In particolare possiamo citare le spese per la sanit e per l'istruzione (che pi opportuno considerare come investimenti in capitale umano) o le spese di trasporto sostenute dai pendolari per recarsi al lavoro (che vanno riclassificate come consumi intermedi). Un analoga sottrazione va anche fatta per i costi indotti dall'urbanizzazione. Essi sostengono infatti che molte delle esternalit negative prodotte dalla crescita economica sono pi evidenti nella vita urbana. Inoltre gli autori riclassificano la spesa per i beni di consumo durevoli come investimento, compensando per la conseguente detrazione dai consumi con l'aggiunta del valore stimato dei servizi resi annualmente dallo stock esistente di tali beni. Per altro i criteri seguiti per stimare tali valori sono inevitabilmente affetti da arbitrariet e per questo sono soggetti anche a grosse critiche. Dunque in sostanza gli autori propongono di modificare il consumo nazionale, da un lato riclassificando alcune voci di spesa e dall'altro imputando il valore di determinati fattori di benessere ignorati dalla contabilit nazionale. Il consumo cos ridefinito stato battezzato Measure of Economic Welfare (MEW). Se si confrontano gli andamenti temporali del P NL pro capite e del MEW pro capite negli Stati Uniti d'America dal 1929 ai primi anni '80, risulta che il MEW cresciuto per tutto il periodo esaminato, non risentendo n della grande depressione n della ripresa successiva, in gran parte dovuta alla corsa agli armamenti. Nel dopoguerra (dal 1947 al 1965) il PNL cresciuto ad un tasso medio annuo del 2,2% contro lo 0,4% del MEW. La correzione per il tempo libero porterebbe il MEW a crescere pi rapidamente del PNL, ma gli svantaggi della crescita (urbanizzazione ecc.) tendono a prevalere. In sostanza, la crescita del benessere economico risulterebbe 5 o 6 volte inferiore a quella segnalata dal PNL. 22

A questo punto potrebbe emergere un fattore non indifferente: tra PNL e MEW, e quindi in altre parole tra crescita e benessere sembra esserci, dopotutto, quantomeno una correlazione positiva, in quanto ad un aumento del primo, si accompagna se pur in maniera ridotta un aumento del secondo. Per di pi la constatazione che per ottenere un piccolo miglioramento del benessere economico reale necessario un incremento notevole del PNL potrebbe essere usata a sostegno della tesi che necessario uno sforzo sempre maggiore per aumentare il PNL. In realt lo stesso MEW non immune da difetti, la cui correzione metterebbe seriamente in discussione la sua correlazione positiva con il PNL. Il difetto principale del MEW quello di non tenere conto del degrado ambientale, gli autori infatti, pur riconoscendo l'importanza di tale esternalit non operano alcuna correzione al riguardo, adducendo come ragione la mancanza di informazioni statistiche adeguate. In secondo luogo esso sembra non tener conto della disuguaglianza economica: basandoci sulla ragionevole ipotesi che il consumo abbia utilit marginale decrescente, il benessere comune ricavato da uno stesso ammontare di reddito sar minore in caso di elevata disuguaglianza. In terzo luogo, nel MEW, la quota rappresentata dal valore del tempo libero sembra sovrastimata, facendo si che il tempo libero assuma un importanza prevalente rispetto a tutte le componenti del benessere economico. Ci aiuta a capire come mai il MEW non risenta della grande depressione in cui la disoccupazione assunse proporzioni enormi. Gli autori valutano non solo il tempo libero degli occupati, ma anche quello dei disoccupati, del quale si possono distinguere due componenti: il tempo che potenzialmente potrebbe essere dedicato al lavoro a cui non viene attribuito alcun valore, e il tempo presumibilmente dedicato allo svago, supposto pari a quello degli occupati e valutato applicandovi un determinato saggio di salario. Basti aggiungere che a volte il valore attribuito al tempo libero supera lo stesso PNL. L' Index of Sustainalbe Economic Welfare (Indice di Benessere Economico Sostenibile) ISEW un altro indice di benessere proposto da Daly e Cobb (1989). Esso ottenuto seguendo un approccio simile a quello utilizzato per il MEW, ma con la dichiarata intenzione di superare i difetti di tale misura. L'analogia di fondo consiste nel punto di partenza che ancora il consumo privato, mentre quello pubblico ritenuto prevalentemente di carattere intermedio e/o difensivo. Al di l di ci, l'ISEW si differenzia dal MEW per alcuni aspetti: - Nell' ISEW si tiene ampiamente conto del degrado ambientale, sottraendo dal 23

consumo la perdita di risorse non rinnovabili, i danni prodotti dall'inquinamento di aria acqua e di quello acustico e i danni ambientali di lungo periodo (derivanti da cambiamenti climatici, buco dell'ozono, scorie radioattive, ecc.); - Non viene invece incluso il valore del tempo libero, poich gli autori considerano che esso non sia stimabile in maniera soddisfacente, e che questa esclusione non comporti serie distorsioni nella valutazione dello sviluppo nel periodo esaminato (che va dagli anni '50 all'inizio degli anni '80). Come per il MEW viene inclusa una stima del lavoro domestico; - Si cerca di tenere conto della disuguaglianza economica, ponderando il consumo cos ridefinito con un indice della sua concentrazione. Nel 1995, Cobb e altri (1994) hanno elaborato ulteriormente il quadro dell'ISEW al fine di arrivare a una nuova misura di benessere economico: il Genuine Progress Indicator GPI (Indicatore di progresso autentico) spesso tradotto anche come indice di progresso effettivo o indicatore del reale progresso. Tale misura aggiunge diverse altre categorie all'ISEW : il valore del volontariato, i costi legati alla criminalit , quelli legati alla disgregazione familiare, alla perdita di tempo libero, il costo della disoccupazione e il costo legato all'impoverimento dello strato d'ozono. Alcune di queste voci vengono inserite anche in studi recenti in cui si calcola l' ISEW. Questo di fatto possibile poich il GPI spesso visto solo come una rivisitazione in quanto l'indice apporta solo lievi modifiche alla metodologia dell' ISEW originaria. Pi che altro l'idea di Cobb e degli altri autori era quella di disporre di un acronimo pi breve e di immediata comprensione che consentisse di identificare in esso un indicatore migliore di progresso di una nazione rispetto al PIL.

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Il Rapporto Fitoussi
Il Rapporto della Commissione per la misurazione della performance economica e del progresso sociale, altrimenti conosciuto come Rapporto Fitoussi, nato nel Febbraio 2008 su richiesta del presidente della Repubblica Francese Nicholas Sarkozy il quale, insoddisfatto dello stato attuale delle informazioni e delle statistiche disponibili riguardo l'economia e la societ in generale, ha chiesto a due premi nobel J. Stiglitz, A. Sen e a J.P. Fitoussi di creare una commissione, in seguito chiamata Commissione per la misura della Performance economica e il Progresso Sociale con l'obiettivo di far fronte all'esigenza di identificare i limiti del PIL come indicatore di performance economiche e di progresso sociale. Il Rapporto indirizzato principalmente ai leader politici e raccomanda loro uno spostamento dell'attenzione da un sistema di misurazione centrato sulla produzione ad uno centrato sul benessere delle generazioni presenti e future. La stesura del Rapporto ha visto la commissione dividersi i tre sottogruppi che hanno profuso i loro sforzi in tre direzioni diverse. Un primo gruppo, si dedicato alle questioni inerenti al PIL e alla misurazione della performance economica, un secondo gruppo si concentrato sulla tematica della qualit della vita e un terzo sottogruppo ha lavorato alla questione della sostenibilit ambientale. In merito alla prima parte del Rapporto, in essa vengono ricordati i casi, gi evidenziati nell'ambito di questa tesi nei paragrafi precedenti, in cui il PIL cresce e il benessere sociale, per quanto ampiamente inteso, di certo non aumenta. Inoltre, viene sottolineato che se si fosse prestata attenzione a altri indicatori, in particolare a quelli di sostenibilit finanziaria, la crisi economica in corso avrebbe potuto essere, quanto meno, meglio governata. Nel Rapporto vengono presentate dodici raccomandazioni che dovrebbero condurre non tanto alla definizione di un indicatore sintetico alternativo al PIL quanto alla messa a punto di statistiche in grado di cogliere il benessere sociale nelle sue varie dimensioni. Queste raccomandazioni riguardano il benessere materiale e quello non materiale. Rispetto al primo si sottolinea la necessit di porre attenzione al reddito e al consumo, piuttosto che alla produzione, di considerare anche indici di ricchezza e di prendere a riferimento il nucleo familiare. Si ricorda linfluenza sul benessere della qualit dei beni e si pone particolare enfasi sulle disuguaglianze e

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sulla necessit di non limitarsi a considerare le grandezze medie, alle quali sono comunque da preferire quelle mediane. Si ricorda che il benessere dipende anche da attivit che non danno luogo a scambi di mercato, come le prestazioni dirette tra soggetti e si raccomanda di misurare i servizi offerti dallo Stato in base non ai loro costi, come avviene per il PIL, ma al loro impatto sul benessere dei singoli. Riguardo alla dimensione non materiale del benessere si ricorda limportanza del tempo libero e la necessit di misurare le relazioni sociali, il livello di rappresentanza politica e la sicurezza o vulnerabilit dei singoli. Si afferma anche che vanno considerare misure oggettive e soggettive e che sono necessari indici di sostenibilit del benessere nel tempo, ambito nel quale dominano i noti problemi connessi allambiente. Il Rapporto chiarisce anche che superare il PIL non significa, per forza di cose, costruire un indicatore sintetico alternativo. Contrariamente a quanto apparso su diversi organi di stampa, nel Rapporto non vi alcuna precisa proposta al riguardo. Le raccomandazioni, di cui si detto, chiariscono che la misurazione del benessere non un problema esclusivamente tecnico, per la semplice ragione che la concezione stessa del benessere chiama in causa le preferenze e i valori di fondo di una societ e degli individui che la compongono. Che cosa si pu fare nell'ambito del sistema di misurazione in uso? I vari indicatori proposti come alternativa al PIL, al di l di eventuali giudizi in merito alla loro affidabilit, presentano un grosso limite: per esse ad oggi non possibile uno studio delle serie storiche che prescinda da uno sforzo sia in termini economici che di tempo per la raccolta delle informazioni necessarie. Prevalentemente per questo motivo la scelta ricaduta su altri indicatori, che oltre ad avere il desiderabile pregio di comparire nelle statistiche ufficiali di contabilit nazionale, rientrano anche nell'insieme di suggerimenti e raccomandazioni presenti nel Rapporto. Il Rapporto raccomanda che un primo passo da compiere per mitigrare alcune delle critiche espresse nei confronti del PIL quello di dare maggiore importanza a diversi aggregati di contabilit nazionale, per esempio tenendo conto della svalutazione in modo da operare con indicatori netti, invece che lordi, della performance economica. Gli indicatori lordi non tengono conto della svalutazione dei beni capitali. Se una grande quantit di ricchezza prodotta deve essere messa da parte 26

per rinnovare le macchine o altri beni capitali, la capacit di consumo della societ (e di conseguenza il reddito reale dei cittadini) si riduce. La ragione per la quale gli economisti hanno fatto pi affidamente sul PIL che sul Prodotto Interno Netto (PIN), in parte, perch difficile stimare la svalutazione. Quando la struttura produttiva rimane invariata, il PIL e il PIN variano in parallelo. Negli ultimi anni la struttura produttiva cambiata: le attivit basate sulla tecnologia informatica e delle comunicazioni hanno acquisito importanza come beni capitali la cui aspettativa di vita pi breve rispetto alle acciaierie che caratterizzavano l'economia di qualche decennio fa. Su tali basi probabile che la discrepanza tra PIL e PIN sia in aumento. Purtroppo, per, gli indicatori standard della svalutazione non hanno tenuto conto del degrado qualitativo sofferto dall'ambiente naturale nonostante i vari tentativi di ampliarne la valutazione. Per il depauperamento delle risorse il caso leggermente diverso, in quanto, almeno in questo caso, esiste un prezzo di mercato che comunque non riflette i danni ambientali attribuibili all'utilizzo di tali risorse.

Visto quanto appena detto facile intuire che, in un mondo globalizzato, possono esserci grosse differenze tra il reddito dei cittadini e il livello della produzione, e che, il primo dei due, chiaramente pi rilevante ai fini della misurazione del benessere delle persone; inoltre una parte del reddito generato dai residenti di un paese viene trasferita all'estero, e altri, al contrariro, ricevono un 27

reddito proveniente dall'estero. Tali flussi sono colti dal Reddito Nazionale Netto Disponibile (RNND), un indicatore standard della contabilit nazionale che pari alla somma dei consumi finali nazionali e del risparmio nazionale netto. La figura 1,1, presentata nel rapporto, mostra il calo del reddito in relazione al PIL in Irlanda, che riflette la percentuale crescente di profitti rimpatriati da investitori esteri. Bench siano inclusi nel PIL, i profitti non accrescono il potere di acquisto dei cittadini del paese. Per un paese povero in via di sviluppo, un aumento del PIL pu non avere molta rilevanza se intendiamo capire se i suoi cittadini vivano meglio. Per una valutazione del benessere dei cittadini di un paese la misurazione del reddito nazionale sicuramente un indicatore molto pi adeguato. In aggiunta a ci, i prezzi delle importazioni seguono un'evoluzione molto diversa da quella dei prezzi delle esportazioni, e bisogna tenere conto di tali variazioni in termini di prezzi relativi nella valutazione degli standard di vita.

La figura 1.2. mostra la divergenza tra reddito reale e produzione in Norvegia, un paese dell'OCSE ricco di petrolio, il cui reddito aumentato pi rapidamente del PIL nei periodi caratterizzati da un aumento del prezzo del petrolio. In molti paesi in via di sviluppo, nei quali i prezzi delle esportazioni hanno avuto la tendenza a diminuire rispetto a quelli delle importazioni, successo invece l'opposto. Nel capitolo seguente procederemo allo studio delle serie storiche del PIL e del RNND nel caso del nostro paese.

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Capitolo 2 Analisi delle serie storiche


Dati a disposizione e metodologia utilizzata
I dati necessari allo studio delle serie storiche del PIL e del RNND sono disponibili dal sito internet de l'ISTAT all'indirizzo www.istat.it. In particolare la serie storica del PIL consiste nei valori annuali per l'intervallo temporale che va dal 1970 al 2010 (milioni di euro dal 1999 ; milioni di eurolire per gli anni precedenti) per un totale di 41 osservazioni e la serie storica del RNND invece disponibile, sempre a valori annuali, per l'intervallo di tempo che va dal 1980 al 2009 (milioni di euro dal 1999 ; milioni di eurolire per gli anni precedenti) per un totale di 30 osservazioni. Entrambe le serie sono valutate ai prezzi di mercato. Per la costruzione dei grafici e per la stima dei modelli ARIMA stato utilizzato Gretl (Gnu Regression, Econometrics and Time-series Library) un software statistico gratuito. Lanalisi del PIL e del RNND viene condotta utilizzando i loro tassi di variazione annua.

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Analisi delle serie storiche dei dati a disposizione

In Figura 2.1 viene riportato il valore annuale, espresso in milioni di euro dal 1999, milioni di eurolire pre gli anni precedenti, del Prodotto Interno Lordo, per il periodo 1970-2010.

Figura 2.1. Prodotto interno lordo, dati annuali 1970-2010, valori in milioni di euro dal 1999, milioni di eurolire pre gli anni precedenti. Fonte: Istat

La serie in figura 2.1, ad eccezione di un solo valore, precisamente quello del 2009, monotona crescente, e, in particolare, nel tratto iniziale (1970-1985) mostra un andamento quasi esponenziale, che negli anni successivi (1985-1990), dopo un breve tratto approssimativamente rettilineo assume un comportamento pi vicino quello logaritmico. Troviamo un massimo assoluto nell'anno 2008 e un massimo relativo nel 2010.

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Figura 2.2: Variazione annua del Prodotto interno lordo 1970-2010 Fonte: Elaborazione dati Istat

La figura 2.2 mostra la variazione annua del PIL italiano. Possiamo apprezzare quanto questa serie storica sia pi significativa al fine di un analisi di ci che accaduto nell'economia del nostro paese. La serie, a differenza della precedente, presenta un andamento monotono decrescente a partire dagli anni 80. Come si pu dedurre dalla serie storica del PIL in figura 2.1. in corrispondenza del periodo iniziale di crescita esponenziale, la serie affianca a valori positivi un trend crescente nella parte iniziale (1970-1980) , che diventa invece decrescente dal 1980 in poi, continuando a mostrare valori via via inferiori ma positivi fino al 2009, anno in cui la variazione del PIL negativa. In questa serie possiamo osservare dei picchi in corrispondenza di eventi storici ben precisi, come il picco negativo dovuto alla crisi petrolifera del '79, un secondo picco negativo del '92 in seguito ai provvedimenti adottati con il trattato Maastricht ed un ulteriore picco negativo sia in termini di monotonia che di valore assoluto nel 2009 a testimonianza della profonda crisi economica attuale.

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Figura 2.3: Serie storica dei logaritmi del Prodotto interno lordo 1970-2010 (in rosso) e del Reddito nazionale netto disponibile 1980-2009 (in blu) . Fonte: Elaborazione dati Istat La figura 2.3. affianca alla serie storica dei logaritmi del PIL la serie storica dei logaritmi del RNND. Le due serie mostrano valori via via pi distanti ma hanno un andamento pressapoco identico. In particolare, nonostante la progressiva riduzione di scala imposta del logaritmo osserviamo un divario via via crescente tra le due curve che sar spiegato in maniera pi dettagliata nel grafico successivo.

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Figura 2.4: Reddito nazionale netto disponibile come percentuale del Prodotto interno lordo, Italia (1980,2009) Fonte: Elaborazione dati Istat

La figura 2.4 mostra, cos come visto nel capitolo precedente per altre nazioni, la serie storica del RNND come percentuale del PIL in Italia. La serie mostra valori che oscillano tra un massimo 86,6% del 1980 ad un minimo del 81,3% del 2006 e, come facilmente prevedibile dall'osservazione del grafico 2.3, presenta un trend decisamente decrescente. In particolare nel periodo 1994-1997 a dispetto del trend decrescente la serie guadagna quasi un 1,5% passando dall' 83,5% all' 84,9%, mostrando una netta risalita, preceduta e seguita per, da diverse discese, in particolare nel periodo 1980-1982 nel quale si passa dall' 86,6% all' 84,6%, e quella del tratto 1989-1994 nel quale si passa dall' 85,1% all' 83,5%.

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Identificazione di un modello ARIMA alle serie storiche


In questo paragrafo sono presentati i modelli ARIMA applicati alle serie storiche del PIL e del RNND come percentuale del PIL. La metodologia utilizzata quella presentata da Box e Jenkins (1976).

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Identificazione di un modello ARIMA per una previsione del PIL per gli anni 2011 e 2012 A partire dalla serie storica originaria utile, ai fini dello studio, effettuare una riduzione di scala applicando alla serie la funzione logaritmo: Allo scopo di identificare un modello stato effettuato un test di DickeyFuller aumentato per verificare la presenza di radici unitarie. Questo tipo di test pone a verifica le due ipotesi alternative: H0: H1 : 1 = 1 1 < 1

Test Dickey-Fuller aumentato per log(PIL) incluso un ritardo di (1-L)log(PIL) Ampiezza campionaria 39 Ipotesi nulla di radice unitaria: a = 1 Con costante e trend Modello: (1-L)y = b0 + b1*t + (a-1)*y(-1) + ... + e Coefficiente di autocorrelazione del prim'ordine per e: -0,282 Valore stimato di (a - 1): -0,0200716 Statistica test: tau_ct(1) = -1,53168 p-value asintotico 0,819

Il test di Dickey e Fuller suggerisce la presenza di una radice unitaria, pertanto si ritiene opportuno operare le differenze prime. Il modello identificato dalla procedura di Box e Jenkins risulta essere un ARIMA(1,1,0) le cui stime sono riportate nella tabella 1 seguente: Tabella 1:
Modello 1: ARIMA, usando le osservazioni 1971-2010 (T = 40) Stimato usando il filtro di Kalman (MV esatta) Variabile dipendente: (1-L) log(PIL) Errori standard basati sull'Hessiana Coefficiente Const Phi 1 0,0850 0,8560 Errore Std. 0,0331 0,0753 Z 2,5640 11,3600 P-value 0,0103 ***

6,49E-030 *** 0,0682 0,0341 -149,5225 -147,6906

Media var.dipendente 0,0900 Media innovazioni Log-verosimiglianza Criterio di Schwarz -0,0001 77,7613 -144,4559

SQM var. dipendente SQM innovazioni Criterio di Akaike Hannan-Quinn

Dalla tabella 1 si evince che entrambi i parametri risultano statisticamente significativi. 35

Passiamo all'analisi del correlogramma dei residui

Figura 3.1. Funzione di autocorrelazione (in alto) e di autocorrelazione parziale (in basso) dei residui del processo ARIMA(1,1,0) applicato alla serie Log(PIL).

Il correlogramma mostra al passo k=3 un autocorrelazione che potrebbe essere significativa, ma successive analisi e i criteri di informazione fanno preferire comunque questo modello.

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Il grafico che segue mostra la previsione effettuata per gli anni 2011 e 2012 del PIL.

Figura 3.2: Rosso: Serie storica del logaritmo del prodotto interno lordo Blu: Valori stimati dal modello ARIMA (1,1,0) e previsioni Verde: Intervalli di confidenza al 95% per le previsioni Fonte: Elaborazione dati Istat I valori stimati sono rispettivamente 14,280827 per il 2011 con un intervallo di confidenza del 95% pari a 14,214059 14,347594 e per il 2012 14,316884 con un intervallo di confidenza, sempre al 95% pari a 14,176122 14,457646. Il grafico che segue mostra i valori reali in rosso i valori stimati in blu e gli intervalli di confidenza della previsione in verde. Per avere il valore reale della previsione basta elevare e per i valori appena stimati: i valori reali risultano dunque essere per il 2011 1592518 mln di euro e per il 2012 1650987 mln di euro.

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Identificazione di un modello ARIMA per una previsione del RNND come percentuale del PIL per gli anni 2010 e 2011. Sulla base delle considerazioni fatte in precedenza in merito all'analisi dell'andamento delle serie storiche del PIL e del RNND, l'analisi del RNND come percentuale del PIL (Figura 2.4) potr essere svolta in maniera pi agevole; A differenza di quanto visto per la serie storica del PIL, in questo caso i dati presentano una variazione che oscilla tra l' 86% e l' 81%, il che rende possibile un analisi che prescinda da una riduzione di scala. Inoltre, come gi anticipato in precedenza, le serie storiche del PIL e del RNND sembrano avere un andamento molto simile. Sulla base di queste considerazioni procediamo, come operato in precedenza, con il test di Dickey e Fuller allo scopo di verificare la presenza di radici unitarie.

Test Dickey-Fuller aumentato per PERC incluso un ritardo di (1-L)PERC Ampiezza campionaria 28 Ipotesi nulla di radice unitaria: a = 1 Test con costante Modello: (1-L)y = b0 + (a-1)*y(-1) + ... + e Coefficiente di autocorrelazione del prim'ordine per e: 0,206 Valore stimato di (a - 1): 0,0582168 Statistica test: tau_c(1) = 0,456771 p-value asintotico 0,9853 Con costante e trend Modello: (1-L)y = b0 + b1*t + (a-1)*y(-1) + ... + e Coefficiente di autocorrelazione del prim'ordine per e: 0,127 Valore stimato di (a - 1): -0,164612 Statistica test: tau_ct(1) = -1,09558 p-value asintotico 0,9284

L'analisi dei p-value relativi al test conferma la presenza di radici unitarie.

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Anche per questa serie la procedura Box e Jenkins identifica un modello ARIMA(1,1,0), le cui stime sono riportate nella tabella che segue: Tabella 2
Modello 2: ARIMA, usando le osservazioni 1981-2009 (T = 29) Stimato usando il filtro di Kalman (MV esatta) Variabile dipendente: (1-L) (RNND\PIL)*100 Errori standard basati sull'Hessiana Coefficiente -0,2786 Phi 1 0,5830 Errore Std. 0,1961 0,1936 Z -1,420 3,011 0,5020 0,4312 39,9250 41,2097 P-value 0,1555 0,0026 ***

Media var.dipendente -0,1829 Media innovazioni Log-verosimiglianza Criterio di Schwarz 0,0269 -16,9625 44,0269

SQM var. dipendente SQM innovazioni Criterio di Akaike Hannan-Quinn

Il modello non rileva un valore significativo per la costante. Il grafico che segue mostra la previsione effettuata per gli anni 2010 e 2011 del RNND come percentuale del PIL.
0,86

PERC previsione intervallo al 95 per cento

0,85

0,84

0,83

0,82

0,81

0,8

0,79

0,78 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010

Figura 3.5: Rosso: Serie storica del RNND come percentuale del PIL Blu: Valori stimati dal modello ARIMA (1,1,0) e previsioni Verde: Intervalli di confidenza al 95% per le previsioni Fonte: Elaborazione dati Istat

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Il modello stima una progressiva e continua riduzione del RNND come percentuale del PIL dal 81,27% del 2009 (ultimo dato reale) al 80,68% del 2010 con un intervallo di confidenza al 95% che va dal 79,81% al 81,56% fino al 80,28% del 2011 con un intervallo di confidenza al 95% che va dal 78,59% al 81,97% .

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Conclusioni
Nell'ambito di questo lavoro di tesi stato discusso l'uso del PIL come indicatore di benessere economico, e grazie agli importanti suggerimenti provenienti da pi autori, stata studiata l'analisi delle serie storiche di una misura, che offre un punto di vista diverso sulla reale situazione del benessere . Il dato di maggiore interesse rilevato nell'ambito dell'analisi delle serie storiche sicuramente quello sul RNND come percentuale del PIL. Il suo valore, oltre ad evidenziare una preoccupante riduzione cominciata nel 2005, mostra, per quanto riguarda le previsioni, un andamento al ribasso, che, purtroppo, non ci lascia ben sperare per i prossimi anni. Gli autori del Rapporto Fitoussi ci mostrano che la scelta di misure alternative al PIL per la misurazione del benessere una procedura di elevata complessit e scelgono di offrire raccomandazioni con lesplicita dichiarazione che l'obiettivo principale del Rapporto sia quello di accrescere la disponibilit di dati e di statistiche di qualit su dimensioni rilevanti del benessere sociale allo scopo di permettere ai politici di prendere scelte pi meditate (ovviamente se lo vorranno), ai media di informare meglio i propri lettori (anche questi se lo vorranno) e a noi stessi di far pesare l'informazione maggiormente nella scelta politica (anche noi, se lo vorremo). Lo stesso superamento del PIL non generer automaticamente politiche migliori ma potr offrirci, in questo periodo di crisi di sistema prima che economica, un primo, piccolo, passo in avanti.

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Ringraziamenti
Un primo, doveroso, ringraziamento alla Prof. Francesca Di Iorio per aver appoggiato la scelta delle tematiche affrontate nell'ambito di questo lavoro di tesi e per avermi pazientemente indirizzato nelle ricerche. Un grazie di cuore alle persone che ho conosciuto durante questo percorso di studi, in particolare a Nicola, Francesco e Francesco. Un grazie infinito a tutte le persone a me care che in sede di discussione mi hanno onorato della loro presenza, in particolare a tutti quelli che, con il loro affetto e con la loro presenza quotidiana, rendono migliore la mia vita. Un ultimo, sincero, Grazie (con la G maiuscola) alla mia famiglia alla quale dedico questo primo piccolo traguardo raggiunto.

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Bibliografia e siti internet consultati


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