“Open Data: dati, conoscenza, valore” il 2 e 3 dicembre a Torino La discussione intorno agli “Open Data” ha subito una significativa accelerazione a livello mondiale dopo la pubblicazione del memorandum “Tansparency and Open Government”, emanato da Barak Obama il 21 gennaio 2009. Ma soprattutto nei paesi anglosassoni la discussione è viva già da parecchi anni. La charity no profit inglese Open Knowledge Foundation (Okfn), fondata nel 2004, ha come scopo statutario la promozione dell’accesso al sapere nell'era digitale. Il “sapere libero” viene inteso in una accezione estremamente ampia, che va dalla poesia ai dati statistici, passando per le sequenze genetiche e i dati geografici. “Questa definizione rende conto della ricchezza di dati digitali che vengono costantemente creati, archiviati ed elaborati ogni giorno nel mondo – spiega Stefano Costa di Okfn –. Purtroppo solo una ridotta percentuale di questi dati viene resa disponibile, nonostante i mezzi per farlo siano spesso alla portata di molte istituzioni e imprese. Okfn ha un approccio pragmatico al tema degli open data; pur basandosi prevalentemente sul volontariato, nell’arco di pochi anni ha realizzato numerose iniziative di successo”.
Tra queste meritano di essere citate Ckan, un software web-based per
creare cataloghi di dati, rivolto sia alle amministrazioni (come nel caso di data.gov.uk) sia a comunità libere di cittadini interessate a rendere più semplice l’accesso alle informazioni pubbliche e ai dati liberi in genere (ad es. it.ckan.net); “Where Does My Money Go?”, una applicazione web interattiva che permette una visualizzazione di facile comprensione del budget di spesa del governo inglese; la Open Knowledge Definition, che spiega in maniera chiara e facilmente comprensibile cosa si intende per “Open Data”. Infine, con le licenze Open Data Commons, strutturate sul modello delle licenze Creative Commons, Okfn ha voluto fornire uno strumento semplice per diffondere i dati in proprio possesso come open data. “Sebbene sia basata in Inghilterra, Okfn ha avviato un progressivo processo di decentramento, che ha condotto negli ultimi 12 mesi alla nascita di organizzazioni locali più o meno formalizzate in Scozia, Germania e più recentemente proprio in Italia – racconta Stefano Costa –. Nel nostro paese Okfn si relaziona con le altre realtà dedicate alla promozione del sapere libero e agisce da ponte tra l’ambito locale e quello internazionale”.
Tra le realtà che in Italia si occupano di Open Data deve essere
sicuramente annoverata l’Associazione Italiana per l’Open Government, che riunisce esperti di diritto e di nuove tecnologie, funzionari pubblici e privati, accomunati dalal volontà di sensibilizzare cittadini, imprese e Amministrazioni Pubbliche, e promuovere l’attuazione di politiche di Open Government nel nostro Paese. Attraverso il sito datagov.it, chiedendo il contributo dei visitatori, hanno stilato un Manifesto per l’Open Government in dieci punti, presentato il 30 novembre all’Internet Governance Forum Italia. “Il nostro paese stenta ancora a comprendere la grande energia propulsiva indotta da un governo partecipato e dalla trasparenza delle istituzioni – spiega Gianluigi Cogo dell’Associazione per l’Open Government –. In tutto il mondo l’effervescenza dell’eDemocracy costringe le amministrazioni pubbliche a confrontarsi, senza mediazioni, con le migliori energie della società civile. L’Open government non è solo un esercizio filosofico, è una pratica che si esplicita aprendo le porte delle istituzioni e scoprendo i sarcofaghi pubblici che, per anni, hanno trattenuto tesori immensi: i dati pubblici”.
I dati pubblici, grezzi e liberati, possono rappresentare l’infrastruttura sulla
quale costruire imprese immateriali, diventano propulsorti per la nascita di start-up innovative e competitive, e possono generare opportunità di lavoro. “Purtroppo in Italia nessuna agenzia governativa si è offerta per governare il processo di cambiamento che, forse, ancora non è stato compreso – aggiunge Cogo –. Ecco perché, un gruppo di appassionati, ha lanciato Datagov.it. Nel nome del questo progetto manca un punto, un punto fra data e gov che, auspichiamo, sia presto inserito dallo Stato, facendo suo il progetto. Il manifesto che abbiamo presentato è frutto di un lavoro collaborativo e potrebbe già essere il semilavorato utile per una strategia di Open Government che nel nostro paese è, al momento assente”.
Un manifesto non cambierà certo il mondo, ma è un punto di partenza.
Stimola la discussione e prova a proporre soluzione a portata di mano. “Senza costi e senza brevetti”, chiosa Cogo.