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PONTIFICIA UNIVERSIT GREGORIANA

FACOLT DI TEOLOGIA
I ANNO - II SEMESTRE

Corso TP1B08
Cristologia e Soteriologia

Prof. Gerald OCollins, sj
A. A. 1995-96

appunti di uno studente



TESI 1: nozioni essenziali: cristologia dallalto e dal basso;
cristologia implicita ed esplicita; interscambio di propriet (o
communicatio idiomatum); natura e persona; unine
ipostatica; homoousios e homoiousios
INTRODUZIONE

La Cristologia si esprime anche nellarte: abbiamo davanti a noi il Giovanni battista di
Tiziano. Con il suo gesto non attira lattenzione su di s, ma sul Cristo. Porta anche un
bastone fatto a forma di croce, e ai suoi piedi sdraiato un agnello: tutti elementi che
riportano a Cristo.

Il Compito della Cristologia.

Occorre esplorare Cristo in s, e Cristo per noi. La Cristologia mira a rispondere alla
domanda: chi Cristo? Allo stesso tempo mira a valutare la sua attivit salvifica: Cristo per
noi! Sono due dimensioni che si possono distinguere ma non separare.
Nel mondo ci sono circa tre approcci alla dimensione Cristologica:

1. Verit.
2. Giustizia.
3. Bellezza.

1. Si pu fare Cristologia nellambito della verit, studiandola scientificamente (v. S.
Tommaso): si tratta di studiare accademicamente la figura del Cristo.
2. C anche una Cristologia orientata allazione, alla ricerca della giustizia e del bene.
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3. Nel mondo orientale, vi una Cristologia pi contemplativa, alla ricerca della bellezza
divina, liturgica, della preghiera e della religiosit popolare. Noi esamineremo in dettaglio il
primo approccio, ma dobbiamo sapere che ve ne sono altri.
Segnaliamo tre componenti di ogni Cristologia: essa deve approfondire la storia, la
filosofia, la linguistica. Dobbiamo usare la nostra ragione in 3 settori: storia, filosofia e
letteratura (linguaggio). Sono questi tre punti fondamentali. La Teologia descritta come fede
alla ricerca dellintelligenza storica, filosofica e linguistica. Questo non vuol dire che, storia,
filosofia e linguaggio siano 3 settori distinti, difatti spesso non sono separabili.

I. La Storia

Conosciamo Ges anche attraverso la storia; essa non lunica via che porta a Ges, ma da un
contributo importante:

1. La preistoria (nellAT) e storia di Ges
Si tratta dellanalisi dellambiente giudaico. Lesistenza storica di Ges va dal 5 a. C. al 30 d.
C. Non possibile scrivere una biografia di Ges: si pu scrivere qualcosa sulla sua storia, ma
una biografia in senso stretto impossibile. Difatti, non abbiamo nessun scritto personale di
Ges. Abbiamo solo un accesso agli ultimi anni della sua vita. Anche per questi ultimi 2-3
anni non vi un ordine cronologico preciso. Ecco i motivi per dire che no possibile scrivere
la biografia di Ges.

1.1. Le fonti non cristiane
Alcuni autori non cristiani ci hanno lasciato dei dati su Ges: Tacito, Svetonio ed altri:
a) Ges fu crocifisso sotto Ponzio Pilato (Impero di Tiberio);
b) vi erano degli ebrei coinvolti nella morte di Ges;
c) alcuni dei seguaci di Ges lo chiamavano il Cristo.
Gli scrittori non cristiani ci forniscono vari dettagli, ma per il resto dipendiamo dagli autori
cristiani. Paolo ci d molti dati: Gal 3,16 (Ges era ebreo). In Rm si dice che Ges era Figlio
di Davide. In 1Cor11 si parla dellultima cena. In 1Cor15 si parla delle apparizioni post-
pasquali. Paolo, per non parla dei miracoli, della predicazione del Regno, delle parabole,
della crocifissione a Gerusalemme, ecc.. In 1Pt (agli ebrei) si parla della sofferenza di Ges
ma senza altri particolari. Per il resto le nozioni che abbiamo vengono dai Vangeli.
Essi sono s una testimonianza di fede, ma hanno anche un fondamento storico. Mc,
Mt e Lc hanno carattere sia storico che teologico; Gv pi un Vangelo teologico, anche se ha
un certo valore storico.

1.2. Le risposte successive dei cristiani a Ges
Di Ges dobbiamo valutare anche ci che avvenuto dopo la sua morte: le risposte che lui ha
suscitato nelle generazioni successive. Tali risposte sono numerose:
a) per i cristiani: la nascita di una nuova comunit dopo leffusione dello Spirito;
tutto questo appartiene alla storia di Ges.
b) ricordiamo anche le risposte non cristiane: nellInduismo Ges ha una grande
importanza; per i musulmani un grande profeta.

1.3. Questioni de facto e de iure
Ricordiamo qui un problema spinoso: in che misura la nostra fede Cristologica dipende
dalla conoscenza storica di Ges?
La nostra fede, infatti, dipende in qualche modo da un certo sapere storico: essa ha al centro la
figura storica di Ges stesso.
Due questioni:
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a) de facto: ci che sappiamo di Ges in un modo realmente accessibile;
b) de iure: quanto dobbiamo sapere di Ges dal punto di vista storico.
Il sapere storico quindi importante, ma viene fuori la questione de iure, per poter dare
fondamento alla nostra fede. A tal proposito ci sono i massimalisti, quelli cio che vogliono
sapere fin troppo: vedi i Vangeli apocrifi, ricchi di particolari e di fatti sullinfanzia di Ges,
ecc.. Anche oggi abbiamo nuovi fatti sulla vita di Ges, e molti autori credono di poter
esplorare la vita intima di Ges.
I minimalisti riducono drasticamente il nostro sapere storico: ad es. Bultmann e Kierkegaard.
Bulmann (1884-1976), come storico, sapeva abbastanza della vita di Ges, come dimostrano
i suoi scritti. Secondo B. la fede non dipende dalla storia: basta sapere che Ges esistito ed
stato crocifisso. B. voleva fare una rinuncia al sapere storico: la fede una risposta irrazionale
davanti al Kerygma. Per lui il Kerygma e la fede non sono legittimate dallo studio storico.
Secondo B. Paolo e Gv sono daccordo con lui. Essi avrebbero costruito la loro teologia senza
riferirsi alla storia di Ges. Ma se ignoriamo i dettagli storici di Ges, perch dobbiamo
credere che lui ha portato la salvezza (evento che si realizza nella storia) ?
Paolo non esclude il sapere storico, come abbiamo detto sopra: non dice molto da questo
punto di vista, ma qualcosa s. Inoltre, da ricordare che le sue lettere sono scritti occasionali,
inviate in determinate circostanze, per risolvere alcuni problemi nati nelle prime comunit.
Per Gv c da dire che la sua unopera teologica, ma non ignora la storia: ridurre Gv alla sola
teologia sempre un errore.
S.Kierkegaard: lui riduce tutto allincarnazione. Laspetto kenotico per lui quello pi
rilevante. Egli trascura cos le parabole ed altri fatti, compresa la crocifissione, riducendosi a
dire solo che insegna agli uomini molte cose (Noi abbiamo saputo che Dio comparso nellanno tale e
nellumile figura di servo, egli ha vissuto ed ha insegnato fra noi ed poi morto, questo pi che abbastanza.)! Rispetto
a Bultmann, K. Propone unipotesi de iure: di fatto la generazione contemporanea ci ha
lasciato molto di pi. Ma quali dati abbiamo effettivamente ricevuto?

II. La Filosofia

Essa chiarisce i concetti (es. natura, persona...) e mette possibilit alla prova (ad es., la
possibilit di una persona contemporaneamente divina e umana!). Aiuta anche la questione
ermeneutica: lautore, il testo, la pluralit delle precomprensioni e dei contesti. Come
interpretare ad es. i testi che esprimono i dogmi Cristologici?
Per Heidegger, la storicit umana essenziale, e la temporalit non separabile dalla filosofia.
Per Hegel, va mantenuta lunit tra storia e filosofia. Ma in che modo contribuisce la
filosofia?
E importante per chiarire i termini della Cristologia: ad es. persona umana, libert,
rappresentante (colui che redime lumanit). Inoltre, la filosofia ci consente di fare alcune
verifiche: per alcuni sembra paradossale il fatto che Ges sia libero e impeccabile; altri
considerano paradossale lincarnazione di un essere infinito quale Dio. La filosofia,
dicevamo, fa anche ermeneutica, ossia linterpretazione dei testi.
Lesegesi integrale considera lautore, le sue intenzioni, il testo in s, i lettori contemporanei
(con le loro domande) e i contesti di lettura. Essa cerca di bilanciare questi quattro elementi.
La Bibbia rimane la Norma non normata.

III. Il Linguaggio

Spesso il linguaggio biblico ricco di simboli: ad es. lEsodo, la crocifissione... Parlare di
simbolismo non esclude affatto la realt storica. Ci sono anche le figure simboliche: il battista,
Ges stesso... Come verificare le nostre affermazioni? Per la filosofia, la coerenza ci che
pi conta. Per la storia la corrispondenza alla realt. Per il linguaggio, esso deve illuminare
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la realt: Heidegger parla proprio di questo, cio del linguaggio che deve svolgere questa
funzione illuminatrice.



CAMBI AMENTI , SFI DE E DI STI NZI ONI (lez. 19.2.96)

1. La svolta antropologica
La Bibbia la rivelazione di Dio indirizzata a noi uomini. Nella Bibbia i destinatari sono i
soggetti umani (DV 1-6): la DV riassume tutto usando il termine storia della nostra
salvezza, poich Dio rivolge alluomo la sua Parola salvifica. Anche GS mette assieme la
svolta antropologica: non si pu capire Cristo redentore senza capire luomo e viceversa. Il
nostro Papa, nel suo contributo alla DV, porta avanti la stessa linea: nella sua prima enciclica
Redemptor hominis mette assieme il mistero di Ges e quello delluomo.
Cosa vuol dire per noi svolta antropologica? Vuol dire che si parte dallesperienza umana: dai
genitori, al mondo a Dio. La nostra esperienza pluriforme ed ha il suo impatto sulla
Cristologia. Noi ci accorgiamo di essere incompleti, bisognosi di salvezza: siamo alla ricerca
di senso, della luce, dellamore. Si pu dire che questo dinamismo nelluomo primordiale.
Alcuni, ascoltando lespressione antropologia pensano a Feuerbach: la sua tomba grigia e
triste (da ateo!) ci riporta al suo pensiero. Per lui luomo la misura di tutte le cose, ma questo
un falso antropocentrismo. Ricordiamo liniziativa divina: la stessa creazione parte da Dio
che crea un cosmos nel caos primordiale. Una svolta antropologica non esclude questa
iniziativa sia nella creazione che nella redenzione. Inoltre, non dimentichiamo di essere fatti a
sua immagine: guardando luomo vediamo Dio.

1.1. La coscienza storica
Un altro cambiamento di grande impatto per la Cristologia il nuovo senso della storicit
dellesistenza umana. Noi siamo influenzati dal passato, operanti nel presente e aperti al
futuro. Anche la storicit una dimensione che rientra nella salvezza operata da Dio. Il Padre
lautore della salvezza storica - secondo Paolo - attraverso linvio del Figlio, il quale, morto
e risorto, ci dona lo Spirito che ci porter alla consumazione di tutte le cose. La Trinit
cos presente nella storia . Si parla delle due missioni economiche: quella storica del Figlio, e
quella dello Spirito Santo.

1.2. Differenza presente - passato
Oggi le differenze culturali e religiose si acuiscono maggiormente rispetto al tempo di Ges;
siamo pi sensibili alle differenze tra lAT ed il NT. Siamo anche pi sensibili alla
discontinuit tra il Ges pre-pasquale e post-pasquale. Il nuovo senso storico ha portato una
nuova sensibilit ai cambiamenti nella storia. Oggi assume maggiore importanza la vita stessa
di Ges: nessuno oserebbe scrivere una Cristologia senza tener conto della vita e delle
intenzioni di Ges, anche se un compito non facile. Rousseau si chiedeva: come trovare in
unesistenza limitata la salvezza di tutto il genere umano? Eppure, in quella storia particolare
si trova la salvezza assoluta ed universale!

2. I misteri Cristologici
Essi si estendono dalla creazione alla parusia. Cristo il Verbo, e per mezzo suo stato fatto
tutto ci che esiste. Emerge la domanda: qual il punto decisivo per costruire la Cristologia?
Alcuni sottolineano la predicazione del Regno come mistero centrale; altri considerano di pi
la parusia, mentre altri ancora sottolineano la creazione. Cosa diciamo noi a proposito?
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Potremmo dire che ogni punto di partenza giustificato, ma crediamo pi adeguata la risposta
che viene da Kasper e da Pannenberg: il Cristo morto e risorto il centro di una adeguata
Cristologia.
La Cristologia deve basarsi sulla Pasqua, dal venerd santo alla domenica di risurrezione. Il
cristianesimo infatti partito con la predicazione di Ges morto e risorto. In 1Cor15, 3-5,
Paolo ci d questa conferma: egli non dice che Cristo si incarnato, o che ha predicato il
Regno, ma il nucleo del kerygma che lui stesso aveva ricevuto era Cristo morto e risorto.
Certo dopo vi fu la catechesi, la didak, ma al centro del kerygma apostolico primitivo vi era
il mistero pasquale di Ges. Vi un altro motivo: la nostra liturgia.
Siamo battezzati nella morte e risurrezione di Ges: questo il significato del Battesimo,
essere inseriti nella morte e risurrezione di Ges. Cos nellEucaristia: annunciamo la morte di
Ges, proclamiamo la sua risurrezione, e non diciamo: annunciamo la tua incarnazione!
Per questi motivi la nostra Cristologia deve essere centrata sulla Pasqua.

2.1. Come sanare il divario tra la Cristologia (Cristo in s) e la soteriologia (Cristo pro
nobis o la sua opera salvifica) ?
E chiaro che dobbiamo tenere assieme la persona di Cristo e la sua missione. La lettera agli
Ebrei mette assieme questi due aspetti in modo particolare. A volte, alcuni studiosi cattolici
hanno studiato Cristo in s rimandando in appendice la sua missione salvifica. Altro eccesso
quello di ridurre tutto allaspetto soteriologico. Lesempio riportato quello di Melantone:
conoscere Cristo conoscere i suoi benefici. Egli, discepolo di Lutero, si poi reso conto
della veduta estremamente soteriologica.

2.2. Come far vedere poi meglio il legame tra la creazione, la redenzione e la
consumazione escatologica?
Da Ireneo a Teilhard de Chardin si cercato di mediare questo legame tra i tre momenti
dellunico dramma: Cristo coinvolto in questi tre momenti e forse il titolo di Cristo come
ultimo Adamo utile per pensare assieme i tre momenti.

2.3. Altra questione centrale quella di Cristo e dei non-cristiani
Da una parte il NT chiaro: Cristo lunico rivelatore: extra Christum nulla salus! In Atti si
dice: In nessun altro vi salvezza... (At 4,12). Cos Gv 14,6: Cristo presentato come la
luce del mondo che illumina ogni essere vivente. Ma i non cristiani? Daltra parte vi la
nostra esperienza. Anche in Mt, quando si parla dei Re Magi, si vuole intendere la portata
universale della salvezza di Cristo.

3. La terminologia in gergo: Cristologia dal basso e dallalto
La prima quella della Chiesa di Antiochia, la seconda quella di Alessandria (cfr Cirillo).
Quella dallalto dice due cose: a) si parte dallalto; b) vi un movimento discendente. Quella
dal basso: a) parte dal Cristo uomo; 2) ascendente. Quella dallalto tipica di Gv, ad es. nel
Prologo: ...il Verbo era Dio... e si fatto carne. . Nei sinottici si nota una Cristologia
ascendente, dal basso. Mc parte dal battesimo di Ges per poi salire. Ecco le due impostazioni
che si completano a vicenda; esse devono far fronte a diverse sfide: quella di Gv deve far
vedere la vera umanit di Cristo, la sua dimensione storica. Quella dal basso deve mostrare
che Ges veramente Dio ed il Figlio. La distinzione non radicale: la Cristologia dei
sinottici non totalmente dal basso. Ad es., la predicazione del Regno un evento dallalto.
Anche il concepimento verginale (descritto da Lc) un elemento dallalto. Lo stesso nel
caso di Gv: non una pura Cristologia dallalto, come dimostrano la stanchezza di Ges, il
suo pianto, ecc..

3.1. Cristologie alte e basse
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Non questione di movimento: Alta - mette in evidenza la divinit di Ges, anche se a volte
trascura una completa umanit; Bassa - mette in rilievo lumanit di Ges, e a volte rischia di
trascurare la sua divinit.

3.2. Cristologie implicite ed esplicite
Ci si riferisce al modo di dire le cose, non al contenuto o alla dottrina. Nel Vangelo di Mc vi
una Cristologia abbastanza implicita, ma alta: viene fuori la divinit di Cristo. Mc non porta
avanti una Cristologia soltanto bassa, ma riconosce la divinit di Ges anche se in modo
implicito (ad es., Ges prende possesso del tempio: ma chi allora, per compiere tale gesto?).
Le implicazioni sono notevoli: ci potrebbe essere qualcosa di scandaloso sotto tali
considerazioni implicite.
TESI 2: Ges come ultimo Adamo, la Sapienza e il Verbo di Dio;
le radici di questi titoli nellAT e il loro uso nel NT
LA RI LEVANZA CRI STOLOGICA DELLAT (lezione del 20.6.96)

Nota previa: La traduzione greca dellAT ci offre tutti i termini e i concetti che ritroviamo nel
NT. Cos per la Cristologia e la soteriologia vengono usati termini dellAT. NellAT i termini
hanno subito diversi cambiamenti. Esso stato formato in quasi 1000 anni, ed i termini hanno
subito un relativo assestamento, sicch essi non hanno mai valore monolitico. Notiamo anche
che per il linguaggio dellAT i cristiani ne hanno fatto una rilettura specie circa i termini
Cristologici. Inoltre, il processo di usare tali termini risale a Ges stesso. Ad es. Figlio di
Davide un titolo basso, e Mc lo utilizza nel suo Vangelo poich molto probabilmente
venne usato da Ges stesso.

Triplice ufficio soteriologico di Ges

Nel Vat II (LG) si usa notevolmente questo concetto del triplice ufficio di Ges. Re, Sacerdote
e Profeta sono, nellAT, persone unte, consacrate. In Is 61 si parla dellunzione di un profeta.
Tali persone avevano una missione specifica, ed per questo che venivano unte. Sono tre
modi di interpretare lattivit salvifica di Ges: Re-pastore, Sacerdote-mediatore, Profeta-
rivelatore e maestro. Gi i Padri ne parlano: S.Giustino parla di questo triplice ufficio. Nel
Medioevo, S.Tommaso, S.Bonaventura ne parlarono e successivamente il Card.Newmann e ai
nostri giorni Alfaro, Kasper ed altri ne hanno parlato.

1. Re/Messia
Partiamo da 2 Sam 7 che nella liturgia latina della vigilia di Natale: la promessa fatta a
Davide per bocca del profeta Natan. Tale promessa indica lelezione di Davide da Dio, che gli
promette vittoria e di adottare i suoi figli e i loro discendenti. Vi anche unalleanza con la
casa di Davide, un patto ed una dinastia eterna. Quella promessa non dipende dalla fedelt di
Davide o dei suoi successori.
Limmagine del Re davidico raffigurata in modo ideale da Is 9 e 11 (v. Avvento): cosa far
quel re? Liberer il popolo, porter giustizia e pace. Pi avanti Ezechiele, che scrive al tempo
dellesilio babilonese, al cap. 34 promette un Re-pastore per il popolo sofferente. Infine, vi
sono i Salmi regali che indicano le aspettative del popolo dal re unto. Is 2 parla di un
banchetto immenso a Gerusalemme: tutti i popoli godranno di quel banchetto. Gerusalemme
vista come il centro del mondo. Letteralmente la dinastia regale davidica sparisce dopo
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lesilio babilonese: emerge la figura del sacerdote. NellAT lidea di un Messia sofferente non
mai presente, tranne un accenno in Zaccaria. Is 53 parla del servo sofferente che per non
il re unto: chi allora? Qual il senso originario?
Sembra avere un valore collettivo: il popolo dIsraele che soffre nel silenzio. La sofferenza
del popolo ha valore vicario. Nel NT Ges stesso, come Messia e Re, non annuncia una
liberazione dai Romani, ma si presenta come pastore (specie nei sinottici) in cerca di pecore
smarrite. Gv sviluppa questimmagine a modo suo sullo sfondo sinottico. Dietro vi il
linguaggio di Ges stesso. Ges fu crocifisso col titolo Re dei Giudei, ritenuto falso messia
regale. Ges non si presenta mai esplicitamente come Re, anche se parla del Regno di Dio:
dice di essere invece il Figlio delluomo (FdU). Ha per sicuramente una coscienza
messianica implicita, e lo dimostra. Dopo la sua morte i cristiani gli danno il titolo di Cristo
Messia. In 1 Tess, Paolo riprende una tradizione consolidata che d per scontata la
messianicit di Ges. Cos dire Ges Cristo vuol quasi dire il nome e cognome di Ges stesso
(invece di Ges il Cristo). Quel titolo di Messia si trova in riferimento al mistero pasquale.

2. Sacerdote
Lo sfondo dellAT triplice: a) Melchisedek, riflette una situazione antica (Gn 14). Allepoca
il Re era considerato anche sacerdote: cos per Melchisedek; b) vi era il sacerdozio levitico,
cio di coloro (e solo essi) nati nella trib di Levi; c) in seguito con la fondazione della festa
di J om Kippur, dopo lesilio babilonese, abbiamo il sacerdozio sommo presso gli Ebrei. In
quel giorno (Jom kippur) il sommo sacerdote svolgeva un ruolo centrale. Vi era lattesa di due
personaggi unti: un messia-re ed un messia-sacerdote, come si legge anche nei frammenti di
Qumran. La figura del Messia-sacerdote, inoltre, era la pi importante.
Ges sacerdote: un problema dal momento che non apparteneva alla trib di Levi. Inoltre, fu
crocifisso non in luogo di culto ma in un luogo profano. Vediamo per in che modo si
giustifica il suo sacerdozio.
A- lultima cena: Ges compie gesti sacerdotali, spezzando il pane e offrendo il suo sangue in
segno della nuova alleanza. Ges interpreta quindi la sua morte come un vero e proprio
sacrificio. Dopo la sua morte e risurrezione Paolo (Rm 3) parler del fatto che il sangue di
Cristo ha espiato i nostri peccati. In 1 Cor 5,7: Cristo, nostra Pasqua stato immolato, un
versetto breve dove Paolo non cerca di difendere la sua affermazione, ma d per scontato
che Cristo la vittima sacrificale.
B- In Ebrei (il cui autore anonimo) si fa un salto qualitativo: Ges visto alla luce di
Melchisedek e del giorno dellespiazione. Si prendono vari elementi dellAT: 1)
Melchisedek, personaggio misterioso, di cui non si conoscono le origini. Inoltre, si ritiene
che superiore allo stesso Abramo. 2) Nel Sal 110,4 si dice anche che sacerdote per
sempre. 3) In Es 24 vi uneco di quel linguaggio: Mos introduce la nuova alleanza con
Dio; 4) Ger 31 parla della nuova alleanza interiore, e 5) Lv 16, 10 centrale per i concetti
sviluppati nella lettera agli Ebrei.. Quali sono le condizioni necessarie per il sacerdozio di
Ges, secondo la lettera agli Ebrei?
In primo luogo Ges autorizzato da Dio: Egli il Figlio di Dio, e il suo sacerdozio messo
in stretto rapporto con la sua figliolanza divina. Inoltre, Ges solidale con luomo in virt
della sua incarnazione.

3. Profeta
Paolo VI, nel discorso del 5/1/1964 parl di Ges profeta. Il nostro Papa nella Redemptor
Hominis (n.19) fa lo stesso. Vi era lattesa di un profeta simile a Mos (Dt 18, 15-18). Al
tempo di Ges fu identificato con Elia, altre volte con Gv il battista. Ges stesso si interpreta
come profeta (Mc 6,4; Lc 13,33). In Lc il popolo lo considera tale e lo stesso succede in Gv.
Nei primi versetti della lettera agli Ebrei si nota come Ges pi di un profeta. Nei sinottici,
nella sua attivit Ges trascende la sua veste profetica (cfr Mt 5).
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Il triplice ufficio rappresenta altrettanti titoli bassi ripresi poi nel nostro Credo. Nel NT vi
sono altri titoli, come Alfa e Omega, alcuni alti, che mettono in rilievo la sua divinit, altri
bassi per mostrare la sua umanit. Circa la Cristologia ontologica e funzionale, essa cerca di
approfondire la natura e lessere ontologico di Ges. La Cristologia funzionale si sofferma su
ci che Ges fa: ci rivela Dio, e ci insegna la verit divina. Una Cristologia funzionale va
bene, ma da sola limitante poich occorre considerare lessere stesso di Ges.
Dobbiamo anche riconoscere che il NT ha una Cristologia prettamente funzionale e
soteriologica: la Cristologia ontologica implicita ed emerge maggiormente solo con Gv.



LA RILEVANZA CRISTOLOGICA DELLAT (LEZIONE DEL 23.02.96)

1. Lultimo Adamo

Si tratta di un titolo basso, e i primi cristiani lo usano a proposito di Ges. Adamo ed Eva, si
dice in Genesi, sono fatti ad immagine di Dio. Ma a causa della loro disobbedienza, il peccato
entr in loro. Dopo il primo peccato dei nostri progenitori segue una catena di altri peccati.
NellAT , per, si riceve a volte anche unimmagine positiva di Adamo: nel libro del Siracide
(49,16), si dice che egli superiore ad ogni altro essere vivente. Nel libro della Sapienza
(10,1-2), Adamo riabilitato nella misericordia di Dio: rimane cos la sua forza di dominare il
mondo. Altrettanto nel Sal 8, anche se non nominato esplicitamente Adamo, ci si riferisce a
lui e alla sua dignit che gli proviene da Dio e che di poco inferiore a quella degli angeli.
Nel NT troviamo il brano di Rm 5 e 1 Cor 15, dove Paolo dice che Adamo il capostipite
della razza umana: a partire da lui il peccato entr nellumanit. Siamo, cos, solidali nel
peccato e siamo tutti sotto linflusso maligno di Adamo. La morte ha dunque raggiunto tutti
perch tutti hanno peccato. Qui Paolo esprime la morte fisica come segno del peccato.
Cristo sceso allora in campo: egli il nuovo Adamo: il primo fu disobbediente, il nuovo
obbediente! Dove ha abbondato il peccato, l c stata la grazia sovrabbondante. Per Paolo,
Adamo e Cristo sono anche persone collettive, cio il loro ruolo determinante per
lumanit intera. In 1 Cor 15, 20-22, 45-49 si dice che a causa di Adamo venuta la morte; a
causa di Cristo tornata la vita: Adamo viene dalla terra, Cristo viene dal cielo e d la vita
eterna. Tutti gli uomini portano limmagine di Adamo e di Cristo.
Alcuni studiosi pensano di trovare altrove, nelle lettere di Paolo, questo riferimento ad
Adamo, anche se a volte sono delle vere e proprie forzature. Da dove viene per questa
Cristologia adamitica di Paolo?
Non sicuramente pre-paolina: Paolo ha s ereditato una Cristologia che vede il Cristo come
Signore, ed ha elaborato la sua Cristologia adamitica. Cos, in base allidea di Paolo nato un
filone che vede Ges come lultimo Adamo: alcuni Padri fanno questo.
Ireneo, ad esempio, propone addirittura limmagine di Maria come la nuova Eva. Dopo il
periodo patristico, fino ai nostri giorni, troviamo nella liturgia del Sabato santo, proprio lidea
di Cristo come nuovo Adamo: anche il CCC usa questa immagine. Paolo ha quindi fatto
fortuna con questo suo modello di Cristologia.
Alla luce di Gv 19 (Cristo morto sulla croce), i padri fanno vedere come la chiesa sia nata dal
costato squarciato di Cristo, cos come Eva era nata da una costola di Adamo!


2. La Sapienza

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Si tratta di un titolo alto. Occorre distinguere tra personificazione e persona. NellAT,
lattivit divina personificata come la Sapienza. Lautore del libro biblico omonimo dice
che:
1) La Sapienza preesistente: generata da Dio prima di ogni altra creatura;
2) unimmagine perfetta di Dio: molto pi di Adamo e di Eva. Essi erano s a immagine e
somiglianza di Dio, ma la Sap. una replica perfetta delloriginale (Dio). In Sap 7, 21 si
vedono questi termini della gloria divina riflessa nella Sapienza;
3) per mezzo della Sapienza, Dio cre tutte le cose, e le governa: strumento della creazione;
4) la Sapienza vive presso gli uomini per condurci a Dio: essa vive dunque in mezzo al
popolo di Dio;
5) la Sapienza personificata come una profetessa, che invita tutti al suo banchetto (Sap 8,1;
Pro 9,1-6): unimmagine audace della letteratura sapienziale (una donna bellissima che
invita gli uomini).
Nel NT, non solo Paolo, ma anche i sinottici e Gv hanno usato limmagine della sapienza per
parlare di Ges: Mt 11, 19; Lc 11, 31 (la regina di Saba che ammirata della sapienza di
Salomone: ben pi di Salomone c qui!). Il Ges pre-p. si presentava quindi implicitamente
come la Sapienza divina. Ben pi di Salomone c qui!: Salomone era considerato il pi
ricco ed il pi sapiente. Anche Mc fa riferimento a Ges sapienza: a Nazareth, la gente che lo
ascoltava nella sinagoga si meravigliava della sua sapienza. Paolo, in 1 Cor, chiama Ges
Sapienza di Dio, sapienza misteriosa rivelata nella follia della croce, che non risponde alla
logica del mondo. Ricordiamo che il NT applica a Ges varie funzioni attribuite alla Sapienza,
senza parlare apertamente di sofia. Gc 1 (prologo) dice che come la sapienza Ges
preesistente ad ogni altra creatura. Ges anche la luce divina, irradiazione della gloria
divina. Cos anche in Eb 1,3. Anche il banchetto della Sapienza ripreso da Gv 6,35: Ges
invita gli uomini a convito, rivelando il mistero di Dio agli uomini. Eppure Gv non usa mai
esplicitamente il termine sapienza o gli attributi corrispondenti. Troviamo quindi in Gv e in
Eb una Cristologia sapienziale.
I Padri: quasi tutti i Padri riconoscono Ges come la divina sapienza. Non cos per Ireneo:
per lui la Sapienza era lo Spirito Santo. Un esempio per di quellimmagine dei Padri si trova
nella lettura del breviario del 17 dic., tratto da Leone Magno: esso si inserisce in un filone
tradizionale della Chiesa. Nella IV preghiera eucaristica si dice che Dio ha fatto ogni cosa con
Sapienza e Amore (il Figlio e lo Spirito)! Anche oggi si riconsidera questo tipo di Cristologia
sapienziale.


3. Il Verbo-oo

NellAT il oo una personificazione dellattivit di Dio (v. libri sapienziali). Il oo un
po come la sapienza: preesiste alla creazione. Dio crea per mezzo della sua Parola, ed il
oo rivela la volont divina agli uomini. Aoo e Sapienza sono quindi sinonimi. Perch
Gv sceglie per il prologo il termine oo? Non avrebbe potuto usare il termine Sapienza?
1) La tensione tra la sinagoga e la Chiesa nascente fece s che Gv facesse questo usa (cfr Gv
9). Per gli Ebrei infatti, la Legge sinaitica era la Sapienza e non poteva incarnarsi;
2) Ges, poi, era uomo, mentre la Sapienza era personificata da una donna bellissima;
3) Gv compone il suo Vangelo alla fine del I sec., dopo Paolo e Lc: Paolo aveva gi
sviluppato la sua teologia del Logos, e ancora di pi Lc nel libro degli Atti.
La strada era quindi gi tracciata negli scritti del NT. Il termine logos si trova dunque nel
prologo di Gv, ma anche nellApocalisse, e serve ad affermare la preesistenza di Cristo: egli
preesisteva nelleternit. Inoltre per mezzo di lui tutte le cose sono state fatte: il nostro Credo
riprende questo brano senza usare il vocabolo logos. Ges, del prologo, anche rivelatore,
altra funzione specifica del logos.
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Nel NT ci sono due documenti eccellenti che fanno vedere questa funzione: 2 Cor e Gv. Fin
dal prologo, quindi, Ges il logos oltre che la luce ed il testimone. Dopo Gv, la sua
teologia del logos ha fatto molta strada: Il Verbo si fece carne esprime la realt pi profonda
dellIncarnazione, ed citato spessissimo dai Padri. Quel versetto ha provocato un movimento
profondo di riflessione teologica.
In primo luogo, il Verbo fa vedere lidentit e la distinzione nella deit: il Verbo appartiene
a chi parla, ma anche indipendente da chi lo pronuncia (differenza). Questo dunque fa
vedere la distinzione Padre-Figlio.
In secondo luogo, questa terminologia della teologia di Gv si distacca dalla filosofia greca e
non cristiana, come quella di Filone: logos era il termine che collegava al platonismo ed allo
stoicismo. Agostino dir che i platonici non avrebbero mai potuto dire che il Verbo si fa
carne: impossibile che la trascendenza si limiti.
Il NT ha preso dunque immagini, concetti, ma anche personaggi dellAT per interpretare
Ges: Mos ad es., menzionato 80 volte nel NT, contro le 58 volte di Davide. Per la
Cristologia di Mt, la fig. di Mos quella pi citata e significativa. Le radici ebraiche sono
dunque importanti per la nostra Cristologia e liturgia: sono quelle che ci permettono di
interpretare la Cristologia del NT.
TESI 3: Il ministero di Ges: la sua predica del regno; la sua
autodesignazione come il Figlio delluomo; la sua coscienza di
Dio come Abb. Ges e la sua pretesa di autorit personale
GESU E LA STORIA PREPASQUALE (LEZIONE DEL 26.2.96)
1.1. La storia di Ges, essenziale per la Cristologia.
Preferiamo parlare di Ges pre-pasquale, per far vedere meglio la sua identit personale (altri
usano Ges della storia). La storia di Ges pre-pasquale entra nella nostra fede e nella
Cristologia.
1.2. Nel Credo abbiamo due persone che rendono testimonianza alla realt storica di Ges:
Maria e Ponzio Pilato. Essi testimoniano rispettivamente la nascita e la morte di Ges, due
realt di ogni esistenza umana.
1.3. La storia un fondamento perla Cristologia, ma non tutto, diversamente cadremmo in
estremismi ingiustificati. Il nostro Credo ricorda altri fondamenti: precedenti il Dio
creatore, Dio dei Padri (Abramo, Isacco, Giacobbe), che stabil la sua alleanza con essi; Ges
ce lo ricorda nel Vang. di Mc, dove si dice dellesperienza fatta nel passato. C poi
lesperienza post-pasq. del Signore risorto, con lesperienza dello Spirito. La storia non
quindi lunico fondamento.
1.4. I Vangeli sono testi storici e teologici allo stesso tempo: non si possono ridurre alluna o
allaltra dimensione. Sono fonti limitate, con uninformazione storico-teologica limitata. I
limiti: ad es.. i Vangeli non riportano nessun documento o lettera personale di Ges, mentre
diversi sono i documenti che risalgono a Paolo. Cicerone, contemporaneo di Ges (? 43 a.C.),
scrisse 931 lettere, pertanto abbiamo parecchio materiale per ricostruire la sua biografia. Il
nostro accesso a Ges limitato ai suoi ultimi anni di vita: prima del battesimo sappiamo
molto poco di lui. Anche lordine cronologico degli avvenimenti tra il battesimo e lultima
cena non molto sicuro. Altra sfida del Ges pre-pasquale legata al suo mistero personale.
Filippo, ad es., si sente dire che non ha conosciuto bene Ges, nonostante tutto il tempo
passato con lui.
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1.5. Quando investighiamo su Ges c lincontro tra due misteri: il nostro e quello di Ges.
I ncontrare profondamente una persona vuol dire incontrare profondamente se stessi!
Molte domande allora emergono: qual il senso della sofferenza? Qual il senso della nostra
vita?... Ancora di pi nel caso di Ges: investigando la sua storia come se investigassimo la
nostra. Uno scrittore inglese non credente, Wilson, scrivendo un libro su Ges, ha rivelato
implicitamente la sua stessa vita!
1.6. G.Marcel espone bene il tema che stiamo studiando: Conoscere una persona non vuol dire
risolvere un problema, ma approfondire un mistero che ci interpella! Ges non mai un
problema da risolvere, ma il mistero che ci interpella: il mistero entra nella nostra esistenza,
mentre il problema ne rimane al di fuori.

2. I Vangeli come finestre o specchi.
I Vangeli funzionano come finestre e allo stesso tempo come specchi. Mt, Mc e Lc
funzionano cos e ci rivelano tre tappe della loro stesura: a) lattivit di Ges pre-pasquale; b)
la trasmissione delle tradizioni; c) la composizione dei Vangeli stessi esaminata mediante
lanalisi strutturale.
Essi sono anche specchi: studiando i Vangeli vediamo noi stessi ed il nostro mistero
personale. A. Schweitzer dice che il rischio che studiando i Vangeli vediamo solo la nostra
faccia, ossia creiamo Ges secondo la nostra personalit. Ma sottolineiamo la differenza tra
creare (cosa che alcuni fanno) e vedere noi stessi in Ges.
Gv forse pi uno specchio, rispetto ai sinottici, anche se questi ultimi si comportano anche
da specchi. Per Gv il ministero di Ges dur tre o quattro anni, mentre i sinottici ci presentano
un ministero di quindici mesi circa. Gv, inoltre, parla pi diffusamente di Gerusalemme, e
cos si capisce meglio lostilit delle autorit religiose, che altrimenti non si capirebbe con una
durata minore del ministero. Vi pertanto una certa attendibilit storica. Ma chiaro che non
possiamo separare drasticamente Gv dai sinottici.
2.1. I sinottici sono grosso modo pi attendibili storicamente: sono quasi tre ritratti di Ges, ci
lasciano vedere il Ges post-pasquale. Gv pi un ritratto impressionistico, il ch non
significa che sia meno valido o meno vero.
2.3. Ma cosa fa un artista impressionista? Mette in rilievo alcuni dettagli, tralasciandone altri.
Pertanto Gv intenzionato a mettere in risalto la figliolanza divina di Ges. Gv ha inoltre
modificato qualcosa: il FdU detto nei sinottici come presente (rimette i peccati) e futuro (che
verr a giudicare). Per Gv il FdU preesistente, scende dal cielo. Gv, pur conservando la
stessa denominazione, ne modifica la Cristologia. I sinottici fanno vedere Ges che predica il
Regno, e non se stesso. Gv, invece, modifica la predicazione di Ges, e non si parla mai del
Regno (tranne Gv 3), ma dellidentit di Ges stesso: Io sono la via, la verit... Gv ha quindi
modificato massicciamente la predicazione di Ges. Gv tralascia inoltre altri dettagli:
mancano quasi completamente le parabole, gli esorcismi, anche se parla di Satana.
2.3. Infine, i dati forniti dai Vangeli sono sempre interpretati: i primi discepoli fin dal primo
incontro con Ges, incominciano ad interpretare la sua persona. Cos anche per noi, quando
conosciamo una persona. Sarebbe impossibile conoscere una persona senza interpretarla. La
testimonianza dei Vangeli attendibile ma anche interpretata.

3. Il ministero di Ges: il ministero pre-pasquale possiamo vederlo alla luce di tre aspetti: a) la
predicazione del Regno; b) lautocoscienza di Ges; c) la coscienza filiale di Ges. C
qualche radice nellAT, ma che Ges cambia radicalmente. Molti ritengono FdU un titolo,
mentre noi lo riterremo come autocoscienza di Ges. Difatti, quellespressione assume vari
significati: pu significare
1) IO, riferito a Ges; (il FdU pu perdonare i peccati, ossia Io - dice Ges - perdono...);
2) In Dn 7 FdU una figura celeste, trascendente.
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Il Papa, nella Redemptoris Missio (12-20), parla della predicazione del Regno di Dio. Tale
predicazione entra anche nella teologia della liberazione.
3.1. NellAT Dio chiamato sovente Re (cfr i Salmi ecc.); anche il verbo regnare usato
frequentemente. Daltra parte, nellAT, si trova raramente lespressione il Regno di Dio: si
usa il titolo Re, e il verbo regnare, ma mai il Regno di Dio (eccetto in Daniele). Il Libro di
Daniele parla invece del Regno di Dio futuro. Nel NT, Ges non parla mai di Dio come Re;
tranne forse in Mt 5, ma probabilmente questa una sua aggiunta. Non parla mai di se stesso
o del Padre come Re. Regno di Dio vuol dire salvezza divina: Ges parla di un Regno futuro
ancora non realizzato, e di uno presente gi realizzato. Vi una novit: il Regno gi
inaugurato quello che si realizza con la venuta di Ges. Prima di Ges, nessuno ha mai
parlato cos del regno divino. Altra novit il legame tra il Regno e Colui che lo predica. Le
parabole sono pi che meri esempi o illustrazioni che Ges fa: esse comunicano il Regno,
linvito ad aprirsi al Regno. I miracoli sono poi i primi frutti della venuta del Regno di Dio.
Sono gesti salvifici che anticipano la venuta del Regno. Gli esorcismi mostrano lopposizione
tra il Regno di Dio e il Regno di Satana. Vi inoltre la potenza dello Spirito con cui opera
Ges. Come interpretava Ges la sua missione?
1. In primo luogo Ges la interpretava in termini profetici (Mc 6,4 e Lc 13,33); a volte Ges
dice di essere mandato da Dio (Mc 9,37 e parall.; 12,6 e parall.); al tempo stesso Ges dice:
Sono venuto..., cosa che nessun profeta aveva mai detto, n poteva dire. Ges dice di essere
pi di Giona: da un lato Giona sembra un personaggio divertente, ma dallaltro dimostra la
dimensione universale della salvezza divina. Ecco che Ges lo prende a modello, dicendo di
essere superiore a lui e a Salomone.
1.1. Ges aveva quindi unautocoscienza messianica, anche se non dice mai apertamente di
essere il Messia. Ad es., Mt 11, 2-6 intitolato Ingresso Messianico in Gerusalemme (CEI),
vede la portata messianica di Ges. Ges prende per qualche distanza dal titolo di Messia,
come accade, ad es., nella confessione di Pt: Ges non nega ci che Pt confessa, ma parla per
del FdU che dovr soffrire, ecc.. C il problema (circa lattendibilit storica) del processo
subito da Ges: in Mc 14,15 Ges, alla domanda sei tu il Re dei Giudei?, risponde: Tu lo
dici!. Ges prende distanza da quel riconoscimento. Inoltre, liscrizione sulla croce diceva:
Il Re dei Giudei: se Ges non avesse dato adito a tale interpretazione sarebbe inspiegabile
liscrizione stessa. Quindi, Pilato e gli altri hanno visto nellattivit di Ges una certa pretesa
messianica. Inoltre, dopo la risurrezione, i suoi discepoli lo chiamano il Cristo, cio Messia:
pertanto Ges deve aver mostrato in qualche modo di avere unautocoscienza messianica.
1.2. Ges predica in modo nuovo il Regno di Dio: lagente profetico e messianico. Il Regno
futuro gi inaugurato tramite la presenza stessa di Ges; il Messia regale non promette
liberazione o dominazione; il profeta parla con la propria autorit (v.oltre).

2. Figlio delluomo
Vi un cambiamento tra Ges pre-pasquale e Ges post-p., come ci dimostrano gli scritti di
Paolo. In At 7, Stefano e altri lo chiamano FdU. S.Paolo parla di Messia cos come di Figlio di
Dio (FdD). In Mc 12, Ges si riferisce implicitamente il titolo di Signore: dopo la Pasqua
verr usato moltissimo dai discepoli e dai primi cristiani. NellAT, Dn 7 parla del FdU come
un uomo celeste che avr potere su tutte le cose. Ges parla invece del FdU come una figura
sofferente. Anche lautorit di giudice escatologico viene messa in risalto da Ges (non cos in
Dn). Vi sono quindi delle novit portate da Ges. Inoltre, il rapporto con il FdU sar decisivo
per la salvezza finale.
2.1. Dio come Abb: raramente nellAT si parla di Dio come Padre. Ges, invece, lo
preferisce come titolo pi appropriato.
3. Ges, predicando il Regno, invita gli uomini alla sua sequela, anche rompendo i rapporti
familiari personali. La sequela di Ges pi importante di ogni altra cosa.
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3.1. Ges guarisce nel suo stesso nome, non a nome di Dio. Al tempo del giudaismo, vi erano
infatti guaritori che facevano appello a Dio. Pt e i discepoli, invocheranno il nome di Ges per
ottenere la guarigione degli ammalati.
3.2. Altra dimostrazione dellautorit di Ges il suo modo di insegnare: i profeti dicevano
Oracolo del Signore; Ges invece insegnava nel suo nome. C qualche esempio dove
lAmen veniva detto alla fine della preghiera/insegnamento: non cos per Ges, che
introduceva il suo discorso con lAmen. Amen, Amen dico a voi...
3.3. Ges dimostra di avere anche autorit sul sabato, giorno sacro deciso da Dio, e sul
tempio, presenza di Dio in mezzo al popolo. Ges parlava del nuovo tempio: ci sar quello
costruito non da mani duomo. Inoltre Ges interpreta e modifica le legge mosaica: fu
detto...ma io vi dico... Ges era addirittura pronto ad abrogare la legge orale o scritta (cfr
lepisodio sugli alimenti puri e impuri). Anche il perdono dei peccati subisce una novit:
prima bisognava recarsi al tempio per poi rivolgersi al sommo sacerdote. Ges non era
sacerdote della trib di Levi, ma era un laico, ma nel suo nome e fuori dal tempio
comunicava il perdono divino, atteggiamento scandaloso perch usciva dal sistema giudaico
fissato da Dio. Ges fu accusato di bestemmie quando pretendeva di avere la stessa autorit
divina. Ges sembrava usurpare le prerogative divine.
3.4. Ges ha lautorit di attribuire i posti nel Regno finale: il FdU verr nella gloria per
giudicare tutti (Mc 13,26-27). Si presentava come FdU che verr nel futuro: Bultmann ed altri,
invece, consideravano quel giudice escatologico unaltra figura diversa da Ges. Giudicare
una prerogativa divina: chi giudica solo Dio. Ges dimostra quindi unautorit che trascende
il livello umano.

4. Vi qui una Cristologia implicita, perch Ges non diceva apertamente di essere FdD,
inoltre tale Cristologia alta. Ges dimostrava la speranza di essere rivendicato
escatologicamente da parte del Padre. Nei tre casi che abbiamo esaminato, Regno di Dio,
FdU, Abb, ci sono riferimenti nellAT, ma Ges introduce delle novit sostanziali, non
riscontrabili, se non raramente, nellAT. In tutti e tre i casi compare lautorit forte di Ges.



TESI 4: le intenzioni di Gesu di fronte alla propria morte
(lezione del 27.02.96)

1. C un asserto tradizionale che dice: Sapere vuol dire distinguere. Nel nostro caso si tratta
di distinguere tre domande:

1) Ges previde la sua morte violenta?
2) In che modo interpret la sua morte? Che valore ha visto in essa?
3) Per chi voleva morire? I beneficiari sarebbero stati tutti gli uomini?

Si possono esprimere queste domande secondo il kerygma primitivo degli Apostoli, come
illustra bene il brano ormai classico di 1 Cor 15, 3-5: Vi ho trasmesso...che Cristo mor per i
nostri peccati secondo le scritture.... I cristiani prima di Paolo interpretavano la morte di
Ges come un evento salvifico. Si distingue quindi, linterpretazione della morte di Ges, nel
periodo pre-pasq. da Ges stesso, e post-pasq., da parte della comunit cristiana. Le intenzioni
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di Ges non sono lunico criterio essenziale per il riconoscere la sua morte come espiatrice; vi
sono altri criteri: il Padre e lo Spirito. Erano anchessi coinvolti nella morte di Ges. Daltra
parte dobbiamo dare la giusta importanza alle intenzioni di Ges, in quanto persona umana.
Affrontiamo la prima domanda: vi sono indizi che fanno vedere la previsione di Ges circa la
sua morte. Non ci voleva molto, infatti, per capire che Ges sarebbe morto di morte violenta.
2.1. Di certo non si sa quando Ges cominci a capire questo, per ad un certo momento si
vede che si accorge dellimminenza della sua morte. Difatti, si paragona ai profeti, che
morirono soffrendo ingiustamente, fino a Gv Battista.
2.2. La chiave profetica non per lunica interpretazione della missione di Ges, anche se in
vari testi (cfr Lc) emerge questo aspetto.
2.3. Vi poi la parabola dei vignaioli omicidi (Mc 12, 1-9): certamente questa parabola risale
a Ges stesso, per cui si nota la sua consapevolezza della figliolanza divina e del suo destino
imminente.
2.4. La missione de Ges provocava delle accuse: linfrazione del sabato; i suoi miracoli
attribuiti allazione di Satana; Ges non rispettava inoltre diverse tradizioni: aboliva la legge
sugli alimenti ritenuti impuri (cfr Mc 7), cambiava la stessa legge divina (avete inteso che fu
detto...ma Io vi dico!); perdonava i peccati al di fuori del sistema fissato dalla legge di Mos.
Ges non era ingenuo e notava questa opposizione crescente.
2.5. Lingresso in Gerusalemme fu un vero atto di provocazione verso le autorit religiose:
Gerusalemme era il centro dipotere della casta sacerdotale, e Ges sembr sfidare le autorit
del tempo.
2.6. Lultima cena e la sua preghiera nellorto degli ulivi sono eventi in cui si vede la fedelt
di Ges alla sua missione: pur prevedendo la sua morte la accoglieva secondo la volont del
Padre.

3.1. Che significato Ges vedeva nella sua morte? Per chi morire? E la questione del senso
redentivo della sua morte, e i destinatari di essa.
3.2. Quando Ges parla del martirio dei suoi predecessori (ad es. i profeti), non aggiungeva
nulla circa il loro significato redentivo; cos nella parabola dei vignaioli omicidi.
3.3. Nelle tre predizioni della passione (Mc 8, 31; 9, 31; 10, 33-34), Ges annuncia la sua
morte imminente (non la crocifissione), e afferma che sarebbe stato in breve tempo riscattato
per mezzo della risurrezione. Si tratta forse di profezie post-eventum? Molti parlano di una
conoscenza soprannaturale di Ges, ma non il caso di tirare in ballo queste affermazioni,
poich era del tutto prevedibile una morte violenta. La seconda parte di queste predizioni
(risorgere il terzo giorno) comprensibile alla luce della fiducia incondizionata di Ges nei
confronti del Padre (Abb). Dopo tre giorni era unespressione non necessariamente
cronologica, ma vuol significare dopo breve tempo, a breve. Anche per aspettare una
rivendicazione non ci voleva quindi una conoscenza soprannaturale. Ma tali predizioni
risalgono originariamente a Ges? Alcuni lo negano e le attribuiscono ai credenti; ma vi un
nucleo storico che risale a Ges. Le prove emergono da tre fatti:
1) non si parla di una morte espiatoria, particolare che Ges tace sempre, mentre la prima
tradizione cristiana (cfr 1 Cor 15, 3-5) interpreta subito la morte di Ges come espiatoria.
2) non si parla della crocifissione: Ges parla di sofferenze e di morte, ma non dice come
morir. Se i primi cristiani avessero creato tali espressioni, non avrebbero omesso la croce;
3) troviamo un parallelo in Gv: egli cambia la portata delle parole di Ges, ma segna la
tradizione sinottica circa questi eventi (Gv 3, 8-12): parla dicendo: quando sar innalzato
da terra.... Egli, cio, mette assieme morte e risurrezione (sar innalzato...e attirer tutti a
me: evento glorioso).
Dobbiamo riconoscere che questi brani non parlano del valore espiatorio della morte di Ges:
si parla del destino di Ges, ma non danno valore redentivo per gli altri.
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3.4. La profezia della distruzione del tempio da parte di Ges: un gesto simbolico. Prima
purifica il tempio, scacciandone i venditori, poi fa una profezia sulla distruzione, annunciando
un nuovo rapporto salvifico con Dio. Il Nuovo Tempio nel cuore delluomo, per cui tutta la
comunit cristiana sar il Nuovo Tempio.
3.5. Il Regno di Dio centrale nella predicazione di Ges, ed anche veniva introdotto il
termine tciooo, la tentazione prima del Regno finale. Si tratta delle persecuzioni, di una
dura prova (Mc 13) prima della venuta finale. Mc 14, 25, nellultima cena Ges dice che
berr un nuovo vino nel Regno di Dio. Alla vigilia della sua morte, egli la collega al Regno di
Dio venturo. Si ritiene un versetto autentico, risalente a Ges stesso. Fare questo collegamento
vuol dire che la morte di Ges morte salvifica, un avvenimento del Regno della salvezza.
3.6. Le parole dellultima cena: abbiamo da una parte la tradizione di Paolo e Luca, e dallaltra
Mc. Per ci sono vari elementi comuni che servono ad identificare la morte di Ges come
offerta sacrificale: lo spezzare del pane sta ad indicare il corpo di Ges; il calice contiene poi
il vino, cio il sangue sparso per voi ( o per molti). Quel voi pu rappresentare sia i
presenti allultima cena, ma pu anche avere una portata universale. Lultima cena
importante per stabilire il valore redentivo della morte di Ges.
3.7. Il comportamento di Ges fondamentale: nel suo caso, Ges era a servizio degli altri,
soprattutto dei pi bisognosi di misericordia e di guarigione: la sua morte lultimo atto di
servizio (cfr Lc 22, 27). Ecco che si pu ben collegare la sua vita alla sua morte. Non solo si
dirigeva alle pecore dIsraele, ma a tutti coloro che fanno la volont del Padre (Mt 15, 24; Mc
3,35).
3.8. Al tempo di Ges (dai martiri Maccabei) vi era lidea che la morte di un giusto potesse
espiare i peccati del popolo o della citt. Forse Ges aveva interpretato la sua morte come
quella del servo sofferente (Is 52/53), ma non del tutto chiaro questo riferimento. Ges
quindi, affronta la morte come servizio redentivo rappresentativo per tutti.
TESI 5: Lidentit di Ges rivelata mediante il mistero pasquale:
come il Messia, il Figlio di Dio e il Signore.
LA RISURREZIONE DI GESU (LEZ. DEL 1.03.96)

1.1. Qual il nucleo dellaffermazione pasquale? Ci sono due modi sbagliati di rispondere a
questa domanda: a) alcuni la presentano come un mero ritorno di Ges alla vita (come
Lazzaro) e non fanno riferimento alla vita nuova, trasformata di Ges. Questo vuol dire
ridurre la risurrezione ad una semplice rianimazione. Nei Vangeli di Lc e Gv, Ges ci viene
presentato dopo la risurrezione con una nuova condizione fisica: libero di entrare o di uscire
da una stanza passando a porte chiuse; allo stesso tempo mangia ci che gli viene offerto dai
discepoli, ecc.. Essi per, ci presentano Ges in un modo naturale, pur facendo notare i
cambiamenti della nuova vita che Ges possiede. 2) Laltro modo di ridurre la portata della
risurrezione alla semplice conversione dei discepoli. In Rm 4, 25 si legge:

[Ges nostro Signore] stato messo a morte per i nostri
peccati ed stato risuscitato per la nostra giustificazione
[...].

In primo luogo, quindi, la Risurrezione coinvolge Ges stesso: solo in un secondo momento
essa riguarda la nostra giustificazione.
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Vi poi un duplice linguaggio circa la Risurrezione nel NT: quello di abbassamento (kenosi)
fino alla morte in croce, e poi quello di esaltazione, con la gloria conferitagli dal Padre. Ma il
linguaggio primario rimane quello di 1Cor 15, 3-5:

3
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anchio ho
ricevuto: che cio Cristo mor per i nostri peccati secondo le
Scritture,
4
fu sepolto ed risuscitato il terzo giorno secondo
le Scritture,
5
e che apparve a Cefa e quindi ai dodici.

Tale linguaggio pi storico: c un prima (mor, fu sepolto) e un dopo ( risuscitato ..
apparso). Una cosa importante ricordare i vari termini che nel NT vengono usati per
esprimere la Risurrezione di Ges. Vi sono al riguardo almeno sette generi letterari :

1.21 Le formule kerygmatiche: le proclamazioni pasquali della risurrezione risultano essere
monomembri dove viene messa in risalto la sola Risurrezione (cfr 1 Ts 1, 10: ... e attendere
dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti..., Rm 4, 24). Vi sono poi formule
plurimembri (Rm 4, 25) e quadrimembri, qual quella di 1 Cor 15, 3-5.
1.22 Le professioni di fede pasquale: in Rm 10, 9 (poich se confesserai con la tua bocca che
Ges il Signore, e crederai nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.),
troviamo il credo usato poi nel contesto liturgico battesimale.
1.23 Il nuovo attributo divino: nellAT ci sono gli attributi dati a Dio; nel NT c un attributo
divino centrale: Dio colui che ha risuscitato Ges dai morti (cfr Gal 1,1).
1.24 La forma narrativa che troviamo nei Vangeli: i racconti della risurrezione nei Vangeli
sono in questa forma (ad es., la narrazione del sepolcro vuoto, ecc.).
1.25 La forma argomentativa e riflessa (cfr 1Cor 15, 12-58): Paolo dovendo combattere alcuni
errori e malintesi circa la fede pasquale, espone in questa forma la verit della rivelazione. Si
confutano gli errori e con la riflessione e opportune argomentazioni si mette in rilievo tutta la
portata della risurrezione.
1.26 I documenti missionari al principio di Atti: Pt portavoce del collegio dei discepoli dopo
la Pentecoste, parla della cattiva condotta umana e dellintervento divino (Sappia dunque con
certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore quel Ges che voi avete
crocifisso! At 2, 36).
1.27 Il linguaggio degli inni (Fil 2, 9; 1 Tim 3, 16) e della preghiera (cfr Gv 17,1: Padre
giunta lora, glorifica il Figlio tuo, perch il Figlio glorifichi te...).

1.31 Consideriamo i due verbi che vengono usati nel NT per indicare la Risurrezione: egheiro
(svegliare) e anistemi (mettere in piedi). La forma primitiva dellannuncio della risurrezione
era: Dio [Padre] lo ha risuscitato (1 Ts 1, 10; 1 Cor 6,14; 15,15; Rm 10, 9), Dio [Padre] lo
ha risuscitato dai morti (Gal 1,1; Rm 4,24). Altre volte troviamo il passivo: fu risuscitato,
si sottintende Dio (pass. Teologico). Troviamo anche il senso intransitivo: risuscitato, cos
come anche espressioni dove Ges lagente della sua propria risurrezione.
1.32 Essendo risorto, Ges vive: Lc ed altri ne parlano (Lc 24, 5-23: Ges il vivente, lui la
fonte della vita nuova); nel libro dellApocalisse 1,18, il risorto si presenta come il vivente:
lui la via la verit, la vita! La Risurrezione dunque il punto di partenza a cui segue la vita
vera.
1.33 Il linguaggio della glorificazione tipico degli inni: Fil 2, 1 Tim 3,16ss (fu assunto nella
gloria); tale linguaggio si estende anche ad altri brani del NT (Lc 24, 26; Gv 7, 39; 12, 16;
17,1).
1.34 In At 2, 32-33 si uniscono i linguaggi di risurrezione e di esaltazione, che non si
escludono affatto, ma si accordano.

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 17
1.4 La differenza tra i Vangeli canonici e lapocrifo di Pt: questultimo ha avuto fortuna
nellarte cristiana, perch riporta vari episodi della vita di Ges, specie la sua risurrezione e la
testimonianza dei soldati di guardia al sepolcro (Ges viene raffigurato in piedi fuori dal
sepolcro in mezzo ai soldati attoniti). Tale vangelo fu scritto verso la met del II sec., e cerca
di descrivere direttamente levento della Ris., cosa che i Vang. canonici non fanno. Ma come
mai questi ultimi tacciono sullargomento? La Risurrezione levento escatologico, e con essa
Ges inizia la nuova era: essa soggetta alla fede e non pu essere provata o dimostrata!
Parlando di ci che successo a Ges nella ris., i Vang. usano espressioni metaforiche: Ges
addormentato e poi svegliato dal sonno dei morti, ecc..

2. Le apparizioni
Come sapevano i discepoli che Ges era risuscitato? Le apparizioni di Ges sono levento
decisivo che si distingue dalla ris. Stessa. Le apparizioni entrano nella nostra storia: ci sono
almeno sei punti da segnalare.
1) Anzitutto liniziativa di Cristo risorto: 1 Cor 15 usa per quattro volte il verbo euc, che
indica liniziativa divina, per farsi vedere dai discepoli;
2) i discepoli lo riconoscono come il Ges che era stato crocifisso: Mt 28, parlando della
apparizioni del risorto, non dice mai il Cristo o il Signore, ma per cinque volte nomina Ges:
il Ges maestoso che riceve ladorazione dei suoi discepoli e delle donne, ma comunque il
Ges che era stato crocifisso;
3) la chiamata alla fede: Ges invita i suoi alla fede (o li conferma nella fede). Incontrando
Ges risorto si diventa credenti, oppure si confermati nella fede;
4) i discepoli divengono missionari, cio apostoli: Ges manda i suoi a tutte le genti; in Gal 1,
Paolo dice che diventato apostolo dei gentili dopo lapparizione di Ges.
5) lesperienza dei discepoli qualitativamente diversa e speciale rispetto alla nostra: i primi
discepoli lo incontrano in un modo singolare, mentre noi siamo chiamati a credere in lui pur
senza averlo visto. Rahner, nel suo Corso fondamentale sulla fede, ha considerato questa
testimonianza speciale dei fondatori del cristianesimo. Essi hanno avuto la missione
speciale di fondare la Chiesa col loro stesso fondatore.
6) Lesperienza dei discepoli di tipo visivo: sono testimoni oculari. Tutto questo si nota
nel linguaggio adoperato (1 Cor 9, Gv 20, 18: Maria di Mgdala dice ho visto il Signore).
Mentre i profeti dellAT sono uditori della Parola di Dio, i discepoli sono testimoni oculari.
2.1. Il ritrovamento del sepolcro vuoto un altro segno che conferma la fede pasquale.
Allinizio suscita delle ambiguit: forse hanno rubato il corpo del Signore! E chiaro che da
solo questo elemento non prova la risurrezione. C per un nucleo storico: se difatti i primi
cristiani avessero voluto dare un valore centrale al sepolcro, non avrebbero riportato la
testimonianza delle donne (che per i giudei non aveva valore), ma degli uomini.
2.2. La portata teologica del sepolcro vuoto: il dibattito storico non produrr mai buoni
risultati circa la testimonianza del sepolcro vuoto. Occorre una visione teologica di questo
dato: il fatto che il sepolcro vuoto simboleggia la pienezza della vita contro la sconfitta della
morte. Non esiste pi la morte per chi crede in Ges, ma solo la pienezza della vita.
2.3. Ricordiamo altri segni che confermano la fede pasquale, primo fra tutti il dono dello
Spirito. Anche il ricordo degli apostoli del Ges prepasquale; le scritture: per la ris. di Ges,
cerano solo pochi versetti dellAT che le si riferivano. Diversamente per la sua passione e la
sua morte (cfr Is 52-53). Inoltre, predicando Ges risorto, i discepoli sperimentarono la sua
potenza attraverso il successo riscosso nella loro nuova missione.



LA RISURREZIONE DI GESU (CONT.) LEZIONE DEL 2.03.96

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Partiamo dalla DV: economia della Rivelazione e storia della Salvezza. Nel primo capitolo
della costituzione dogmatica si parla di questi due temi, due punti importanti del nostro
discorso.
1.1. La rivelazione pasquale; in essa si rivela il Dio trino. Con il mistero pasquale, Dio viene
rivelato come Padre, Figlio e Spirito santo. Gli avvenimenti del Venerd santo, della Pasqua e
della Pentecoste costituiscono lo specchio dellesistenza trina di Dio. Lautocomunicazione
pasquale di Dio riflette la sua esistenza tripersonale. La missione del Figlio e dello Spirito
mostrano come Dio sia ad-intra.
1.2. La missione del Figlio non una missione qualsiasi: essa missione in relazione,
poich inviato dal Padre per rivelare il piano di Salvezza. Il Figlio dipende, in relazione al
Padre, e tale relazione raggiunge lapice nella missione pasquale. Ges mostra inoltre di avere
delle pretese, in virt di tale relazione: a) annuncia il Regno; b) come il FdU, dice di essere il
giudice escatologico; c) egli linviato del Padre (come allude nella parabola dei vignaioli
omicidi omicidi); d) ha autorit sul tempio, sul sabato, sulla legge... Le sue pretese sono
legittimate: non il bestemmiatore, ma il Messia, FdD, rivendicato dallo stesso Dio che lui
chiama Abb. Tali pretese sono dunque relazionali, ossia dipendono dal Padre: in relazione
a Lui, G. rivelato FdD, Messia, FdU, ecc.. Tali pretese vengono rivendicate dalla
Risurrezione stessa, come dimostrano i seguenti testi:

Rm 1, 3-4: [...] riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di
Davide secondo la carne, e costituito Figlio di Dio con potenza
secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai
morti, Ges Cristo, nostro Signore.

At 2,32-36: Questo Ges Dio lha risuscitato e noi tutti ne
siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo
aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva
promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.
[...] Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio
ha costituito Signore e Cristo quel Ges che voi avete
crocifisso!

In Fil 2,6-11, Ges il Signore che tutto il mondo dovr adorare e riconoscere come tale
(ogni ginocchio si pieghi ed ogni lingua proclami che G. il Signore); Mt 28,9-17 descrive
Ges che riceve ladorazione dalle donne e poi dai discepoli.
1.3. La risurrezione serve per rivelare la vera identit in relazione di Ges: essa vuol dire
anche Nuova Creazione e mette in luce unaltra prerogativa di Ges, quella di essere
creatore. Non vi nel NT la testimonianza di Ges come creatore di tutto luniverso: ma
risorgendo dai morti egli riconosciuto come creatore del mondo (cfr 1 Cor 8, 6: Ges
Cristo, in virt del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui.; Col 1,15-17: [...] per
mezzo di lui tutte le cose sono state create [...]). Forse ci si pu vedere implicitamente nei
Vangeli, in qualche miracolo operato da Ges.
1.4. Lo Spirito santo e la sua missione: La rivelazione pasquale include la venuta dello Spirito
santo. La seconda missione, dello Spirito, raggiunge il suo culmine a Pasqua. E chiaro che lo
Spirito agiva anche prima, ma la sua missione raggiunge il culmine con lesperienza pasquale.
Lo Spirito non si incarna: il Montanismo (II-III sec) affermava questa possibilit; nel
cristianesimo ortodosso non si parla assolutamente di questo, ma lo Spirito colui che ci
rende figli nel Figlio! Lo Spirito non si incarna ma effuso nei nostri cuori. Lo Spirito viene
per attualizzare per noi la relazione che esiste tra il Padre ed il Figlio. Egli ci porta a
condividere in qualche modo quella relazione intratrinitaria. Ci che lo Spirito fa per noi
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corrisponde a ci che Egli allinterno della Trinit: Egli lAmore tra il Padre ed il Figlio, e
tramite la Pasqua ci lascia entrare in questo rapporto damore.
1.5. Il mistero trinitario cos rivelato nel mistero pasquale: S.Paolo, sin dalla 1Tess, esprime
la rivelazione del Dio trino in chiave pasquale. Anche Mt (28,19) prende dalla sua comunit la
formula battesimale, usata ancora oggi, e la inserisce nel contesto pasquale: non un fatto
casuale. Fa cos perch vuol dire che il mistero pasquale il culmine della rivelazione e va
interpretato in chiave trinitaria. Cos in Lc (24) e nei primi capitoli degli Atti, si vede come il
culmine della Rivelazione sta nella morte e risurrezione di Ges, con la venuta dello Spirito
santo. Anche Gv considera questa relazione (v. cc.13-20). Gv il Vangelo della Riv. per
eccellenza; egli capisce che la riv. del Dio trino sta nel mistero pasquale. Questo mistero,
per, stato compreso gradualmente: non si dubitava che Ges fosse una persona distinta dal
Padre, ma si dubitava che fosse realmente Dio.
Fino al Concilio di Nicea, ed anche dopo, ci furono vari dibattiti. Cos circa lo Spirito, si
capiva la sua divinit, ma non si capiva se fosse una persona distinta dalle altre della Trinit.
Nicea stabili che Ges era veramente Dio, e Costantinopoli I stabil lidentit personale dello
Spirito santo.
1.6. Ma il NT ci d dei chiari indizi sulla tripartizione delle persone divine (cfr Mt 28,20).
1.7. Tramite le due missioni, di Ges e dello Spirito, i Padri e i primi cristiani hanno
conosciuto la vita interna di Dio. Dobbiamo per distinguere allinterno delle azioni ad-
extra di Dio (azioni comuni alle tre persone divine), le peculiarit di ogni singola persona,
poich ogni persona agisce in modo ad essa conforme (cfr la teoria delle attribuzioni, corso
del prof. Ladaria). Cos, ed es., solo il Figlio si incarna, e non il Padre o lo Spirito; allo stesso
modo lo Spirito che effuso nei nostri cuori, e non il Padre o il Figlio. Lazione ad-extra
coinvolge tutta la Trinit, ma ogni persona agisce in maniera ad essa propria.

2. La Salvezza attuata tramite il mistero pasquale. Il mistero pasquale, il culmine della
salvezza umana e cosmica.
2.1. Il dono: leffetto che procurato dal mistero pasquale definito con pi termini nel NT.
C una ricca terminologia a riguardo (salvezza, redenzione ecc..).
2.2. Lagente: Ges riceve diversi titoli per esprimere ci che lui ha compiuto: il mediatore,
Salvatore, Sommo sacerdote, ultimo Adamo. In Atti 2,36 si dice che Ges divenne il Messia
efficace, morendo e risuscitando. Egli lo era sin dallinizio, ma in modo ancora pi esplicito
nella Pasqua. Luca chiama Ges Messia e salvatore (cfr Lc 1, sulla nascita di Ges). In Rm
1,4, Ges detto Figlio di Dio con potenza e co-datore dello Spirito.
Per esprimere la redenzione e la salvezza di Ges, 1000 anni fa circa si usavano, sulle lapidi,
le espressioni |eo, ,eq, poste a forma di croce:
u
Z O H
E

2.3. I beneficiari: sono tutti gli uomini (Lc 24,47; At 2,17; Gal 3, 26-28); Paolo, mediante la
risurrezione, afferma che la salvezza aperta a tutti gli uomini, per mezzo dello Spirito (Rm
8,18-23).
2.4. Il luogo visibile della salvezza la Chiesa: Cristo risorto non si vede pi, ma la sua
presenza visibile nella Chiesa: la risurrezione di Ges d inizio alla Chiesa, unitamente
alleffusione dello Spirito. Lo Spirito vive nella Chiesa (cfr 1Cor3), e Paolo dice che la
Comunit il tempio dello Spirito. Gal 3, 26-27: quanti sono battezzati in Cristo rivestito di
Cristo e lo Spirito effuso nei loro cuori. Questo il linguaggio tipico paolino.
2.5. Cristo il primogenito, il fratello maggiore di molti fratelli e sorelle: Paolo interpreta
cos il mistero pasquale. Ges la primizia della vendemmia, secondo unimmagine di Paolo.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 20
Risorgendo dai morti Cristo ha iniziato a cambiare il mondo, indirizzandolo verso gli ultimi
tempi (lescaton).

3. Parlando della morte e risurrezione di Cristo, conviene seguire la GS, che non parla mai
della morte di Cristo senza il riferimento alla risurrezione e viceversa: le due dimensioni
dellunico mistero pasquale vengono cos tenute assieme. Questo il centro della Cristologia,
e la liturgia ne la testimonianza principale. La croce gloriosa getta una nuova luce verso il
futuro (parusia), ma illumina anche il passato. Ci che sta al centro non esclude n il prima n
il dopo, ma li illumina e d senso a tutta la realt.
Storia passata ~ Parusia


LA DISCESA AGLI INFERI, LASCENSIONE E LA PARUSI A (LEZIONE DEL 4.03.96)

Parleremo di questi tre misteri Cristologici, che sono strettamente collegati tra loro. Tutti e tre
figurano nel nostro Credo, e nella nostra liturgia, il brano classico che si legge nella IV
preghiera eucaristica, subito dopo la consacrazione dice: In questo memoriale...****
La liturgia introduce tutti e tre questi misteri, e segue la logica della Lex orandi, credendi e
theologiae: se preghiamo in questo modo, vuol dire che Crediamo cos, e per cui dobbiamo
fare la nostra riflessione teologica in quel modo.

1. Discese allinferno
Inferno vuol dire mondo inferiore (gli inferi): possiamo dire anche il Regno della morte,
dove anche Cristo entra. Per tale evento abbiamo due spiegazioni:
1.1. Chiesa Orientale: Cristo descritto in questa sua discesa agli inferi in un modo attivo.
Nelliconografia bizantina si raffigura Ges che libera Abramo e i Patriarchi; si raffigura
anche la porta degli inferi con accanto il diavolo, mentre al di fuori vi Ges che chiama con
s le anime dei giusti. Con la sua attivit Cristo introduce i defunti alla vita eterna con Dio.
Ges raggiunge quindi lumanit passata: la sua morte ha questo potere anche sul tempo;
1.2. Chiesa Occidentale: essa riprende anche la spiegazione orientale, ma vi una visione del
Cristo pi passiva. Nel breviario abbiamo una lettura che parla di Ges che libera Adamo ed
Eva (nellUfficio del sabato santo). In 1 Pt 3,18-20, senza entrare nellesegesi del brano, si
parla del Cristo predicatore e vincitore (E in Spirito and ad annunziare la salvezza agli
spiriti che attendevano in prigione [...]). Nella storia della Chiesa si interpretava quel brano
come la discesa agli inferi di Ges: Egli libera i Patriarchi combattendo Satana. Ma la
spiegazione della Chiesa occidentale fa vedere che, se Ges scende agli inferi perch
realmente morto! Ges fu sepolto tra i morti. Ilario di Poitiers, nella sua opera sui Salmi
(53,138), segue questa linea interpretativa.
1.31 S. Tommaso dAquino ha chiarito la differenza esistente tra il limbus patrum e la
geenna. Egli distingueva questi due luoghi dello Sheol: il limbus patrum era il luogo dove si
trovavano i Patriarchi e i giusti; la geenna era il luogo dei dannati.
1.31 Lutero e Calvino affermano che la discesa agli inferi rappresenta semplicemente un
aspetto della morte di Ges: egli, nella sua passione e nel momento della sua morte, soffre
labbandono da parte del Padre, poich su di lui si abbattuta lira di Dio. La discesa agli
inferi non cos un evento post-mortem, successivo alla morte, ma un modo di parlare di
tutta la passione di Ges.
1.33 H. Urs von Balthasar mette in rilievo questo mistero Cristologico, ed indica la solidariet
con i defunti ed i peccatori: Cristo ne condivide la sorte, lontano dallamore e dalla vita in
unalienazione estrema da Dio.

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 21
2. Lascensione

2.1. E levento strettamente connesso alla Risurrezione, essendone un momento intrinseco:
ricorda la glorificazione di Ges. Nella Bibbia si usano, in proposito, espressioni con il verbo
coniugato in forma passiva ed attiva: ad es., al passivo elevato, glorificato, salito al Padre
(vedi 1 foglio sulla risurrezione, 1.33 e 1.34); in forma attiva, vedi Lc 24 (i discepoli di
Emmaus), dove Ges dice che tutti gli eventi che lo riguardavano erano necessari per entrare
nella gloria del Padre. Ascensione, inoltre, non vuol dire assenza: difatti Ges sempre
presente, ma in un modo nuovo, mediante lo Spirito. In Mt 28, 20 Ges dice infatti: Ecco, io
sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Allo stesso modo Lc non dice che Ges
assente, tanto che nel libro degli Atti Ges si manifesta nella vita di Paolo: egli dunque
presente. Si tratta di una nuova presenza: Ges vive ora in cielo, ma questo cielo non
lontano da noi.
2.2. Lc, in Atti 1,9-11, sviluppa il mistero Cristologico dellascensione in modo narrativo.
Egli descrive vari elementi. La nube: rappresenta la signoria divina, che sottrae Ges allo
sguardo dei discepoli. Ascensione vuol dire per Lc anche la fine delle apparizioni; vi solo
leccezione per Paolo, sulla via di Damasco.
Inoltre, Lc vede lascensione come evento necessario per la venuta dello Spirito, e segna
anche il tempo della Chiesa. Lascensione sembra essere una Parusia invertita: gli stessi
elementi, il cielo, la nube e gli angeli, vengono descritti in entrambi i casi ma in modo
invertito. Lc lega quindi i due eventi del Cristo risorto.
Unosservazione liturgica: fino al 370, nella Chiesa occidentale, si celebrava a Pentecoste
anche lAscensione di Ges al cielo. Solo dopo quella data lAscensione cominci ad essere
una festa a parte, celebrata dopo 40 giorni la domenica di Pasqua. Lc non ci d degli elementi
chiari per collocarla 40 giorni dopo Pasqua (cfr Lc 24,51 e At 13,31).

3. La Parusia

3.1. Anche questa realt legata alla Risurrezione. Nel Credo si dice: verr nella gloria per
giudicare i vivi ed i morti. La Parusia la venuta di Ges con potenza e gloria, nella veste di
giudice escatologico. Questo momento coincide col giorno di Jahv. LAT parlava di questo
giorno escatologico, atteso alla fine dei tempi. Nel NT quel giorno coincide con la Parusia.
3.2. Il termine toouoio vuol dire visita, di una persona importante: un imperatore, un alto
funzionario, ecc.. Il termine usato in Matteo (24,3.27.37.39), nelle lettere di Paolo (1Ts 2,19;
3,13; 4,15; 5,23; 1Cor 15,23).
3.3. A volte si parla del ritorno del Signore, ma non un termine felice, perch d
limpressione che il Signore sia assente, sia andato via. La Parusia invece, un evento
pubblico, un modo diverso di essere presente di Ges. Nel primo avvento Cristo venne in
umilt, nella sua kenosi: ha assunto la forma di servo; il secondo avvento sar nella gloria e
nella potenza. Ecco perch non il caso di parlare di ritorno.
3.4. I sinottici parlano della Parusia, ma in modo differente: vi continuit, ma anche
discontinuit. Per essi il messaggio del Ges prepasquale essenziale: parlano del secondo
avvento alla luce della predicazione di Ges. Egli aveva parlato del FdU che sarebbe venuto
per giudicare: questo il cuore del discorso sinottico, e Mt, Mc e Lc pensavano che quel
giorno del giudizio fosse imminente.
3.5. Per Paolo vi un accento diverso: collega la Parusia alla risurrezione dai morti. In 1Cor
15 si trova questo aspetto. Paolo non parla mai, rispetto ai sinottici, del FdU che verr nella
gloria. C unattesa prossima, nelle lettere paoline: Cristo non apparso nella gloria cos
come si attendeva. I primi cristiani attendevano la Parusia imminente; c un accenno in 2Pt,
ma non si tratta di un vero e proprio imbarazzo dei cristiani. Essi si erano abituati al fatto
che la Parusia non si fosse verificata, compreso lo stesso Paolo.
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3.6.Un aspetto pi teologico sulla Parusia: essa gi iniziata, non un avvenimento
completamente futuro. Nel fatto che Ges asceso al cielo indica che lumanit di Cristo
glorificata. La Parusia gi iniziata, e non solo un evento futuro: chiaro che la gloria di
Cristo sar definitivamente manifestata nel futuro, ma essa gi presente. Ora, questa
presenza nascosta, ma possiamo ugualmente pregare: Maranatha, vieni Signore Ges. (cfr
1Cor 16,22 e Ap 22,20).



LETTERATURA RECENTE SULLA RISURREZIONE. LEZIONE DEL 5.03.1996

1. Gerd Luedemann (in Die Auferstehung Jesu: Historie, Erfahrung, Theologie, Gottingen
1994): dalla prima pagina del suo libro, si propone di fare una ricerca storica con onest e
libert. Divide gli studiosi in due gruppi: quelli che si uniscono a lui nel suo scopo, e tutti gli
altri, che - per lui - sono fondamentalisti e non cercano la verit storica con onest. Pretende di
avere una superiorit morale sugli altri che soffrono di dogmatismo, fondamentalismo ecc. La
sua epistemologia: per lui sapere vuol dire guardare semplicemente i fatti, ma questa una
posizione alquanto ingenua.
1.2. Per lui Pietro e Paolo sono i testimoni centrali della fede pasquale, e cerca di spiegare la
loro esperienza alla luce della psicologia profonda (come Freud). Pt era in lutto, aveva tradito
Ges, ecc..., cos si sentiva profondamente colpevole. Allimprovviso ebbe unimmagine
vitale di Ges: non il maestro in persona, ma unimmagine che ha permesso che Pt uscisse
dalla sua condizione. L. si serve delle dinamiche della colpa per spiegare come Pt sia arrivato
alla nuova fede, la quale si velocemente propagata agli altri discepoli. Per illuminare questa
reazione a catena L. si rif a due autori: Le Bon e Renan. Si tratterebbe, cos, di una
allucinazione collettiva, quella che ha coinvolto i discepoli. Ma Le Bon era assolutamente
contro la religione e assieme a Renan non costituivano una voce scientifica a proposito.
Lallucinazione poi, una vera e propria forma di malattia mentale, non accettabile nel caso
dei discepoli. Una ricerca valida, invece, era quella fatta da L. ad Harvard, circa la dinamica
del dolore, studiando alcuni casi di 43 vedove e 19 vedovi. Il valore di questa ricerca, anche
se ben fatta, non si adegua al caso di Ges, di Pt, di Paolo e degli altri. Ci sono due
circostanze che lo dimostrano: 1) G. nel suo ministero, aveva una pretesa straordinaria: la sua
autorit eccezionale e la sua figliolanza divina. Nel caso dei vedovi di Harvard, essi erano
persone normali, senza pretese di sorta; 2) la natura della morte di G. del tutto singolare,
rispetto alla morte dei coniugi di Harvard. La crocifissione di G. era uno scandalo terribile: vi
dunque una differenza considerevole, che non permette di giungere ad una conclusione
significativa.
1.3. Per lesperienza di Paolo, L. si rif al brano di Rm 7, e L. sa benissimo che la maggior
parte degli studiosi escludono che l si parli dellesperienza autobiografica di Paolo. Gli
esegeti infatti hanno lasciato questo tipo di interpretazione. Paolo parla in generale, delluomo
non redento, bisognoso della grazia di Cristo. L., per, afferma che quellesperienza
personale: Paolo visto l come uno pieno di complessi e di conflitti inconsci, desideri
soppressi ecc.; poi giunge limmagine di Cristo e i problemi si risolvono. E
uninterpretazione inaccettabile. Problema: come scrivere una psicobiografia di personaggi
morti quasi 2000 anni fa? Normalmente gli storici mettono in dubbio il valore di una tale
opera: i dati sono infatti scarsissimi e si rischia la pura speculazione. La psicologia moderna
non monolitica, ma vi sono varie scuole.
E un processo rischioso, da parte di L., accogliere una scuola escludendo il dialogo o il
dibattito con le altre.
1.4. Anche sulle altre osservazioni, L. non fa delle considerazioni nuove, ma ripete teorie che
altri hanno gi proposto: ad es. lesperienza del perdono come centrale.
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Ad es., L. non cita mai Schillebeeckx, il quale afferma che la chiave di lettura dellesperienza
di Pt e degli altri il perdono. Dove troviamo questo nei Vangeli? Sembra non esserci nulla,
neanche in Paolo quando parla della sua esperienza (1 Cor 15, 5-8; 1 Cor 9,1, Gal 1, 12-16;
Fil 3,8). Lc ne accenna appena, e un po di pi Gv. (20). Nel contesto della Pasqua, manca
dunque questa testimonianza; pertanto, se fosse veramente centrale si sarebbe trovata
maggiormente nei testi pasquali.
Inoltre, 1 Cor 15,6 per L., risale allesperienza collettiva dello Spirito santo di At 2, 1-13.
Paolo, in 1 Cor 15, parla dellapparizione a pi di 500 persone, unesperienza straordinaria,
che non si trova altrove. Da pi di un secolo, si confronta quel testo con Lc e At: ma i numeri
e lesperienza non coincidono. At 2 parla di unesperienza pneumatologica, mentre 1 Cor 15
non fa questo riferimento allo Spirito. Sembra quindi una forzatura: mettere assieme At 2 e 1
Cor 15,6.
Inoltre lesperienza della via di Damasco , L. la spiega alla luce di 2 Cor 12, 1-10. Lincontro
sulla via di Damasco avviene circa verso il 35 d.C. In 2 Cor. Paolo parla di altre esperienze: il
cuore del discorso un viaggio celeste, dove lui viene rapito in Paradiso. L non vede
nessuno ma riferisce di aver ascoltato parole indicibili. Lesperienza di Paolo in 2 Cor molto
diversa da quella della via di Damasco. In questultimo caso egli divenne Apostolo, mentre in
2 Cor, gi lo era.
Ancora, in Ap 1,9-20, Luedemann cerca di trovare il paradigma per gli incontri pasquali. Ma il
veggente di Ap non diventa un apostolo, un testimone del risorto. Quella visione funziona in
modo diverso, e non pu illuminare lesperienza postpasquale. Vi poi che lesperienza
postp. caratterizzata dallestasi e dalla luce (cfr At 10): in realt il NT parla dellestasi, ma
mai nel contesto dei racconti pasquali. Circa le esperienze luminose (cfr At 9,22-26), esse
non rientrano nel contesto pasquale. Lapparizione a Maria di Mgdala ha unattestazione
multipla (Mt e Gv), ma L. non la accetta come esperienza storica.
1.5. Alla fine scopriamo una certa incoerenza nella teoria di L.: egli afferma che tutto da
giudicare alla luce di ci che storicamente probabile; per le prove storiche non bastano.
Questa sua seconda affermazione pu essere accettabile, perch le prove storiche non
basteranno mai per la fede: occorrono altre esperienze: la preghiera, la comunit ecc.. Circa la
fede, egli segue ci che disse W.Marxen negli anni 70: la morte e la risurrezione di Ges non
aggiungono niente alla fede, ma tutto si trova gi nel suo insegnamento. Lesperienza pasquale
non conterebbe dunque per la fede cristiana.
2. Caroline W. Bynum: il suo metodo buono, servendosi non solo della Bibbia, del
Magistero, della Teologia patristica e medievale, ma investiga personalmente sullarte, sul
culto, sulla liturgia, sulle usanze funerarie ecc.. Ci sono due conclusioni ricavabili dal suo
studio: a) vi una certa resistenza popolare ed ufficiale a ridurre la vita nuova ad unesistenza
puramente spirituale; b) vi continuit tra il nostro essere terrestre e la vita da risorti. Ci si
vede gi nella storia di Ges; per mezzo del suo corpo Ges era in relazione con il mondo, ed
esso risorto con lui, in tutte le sue dimensioni. Molti non sono daccordo, e affermano che
risorgeremo in modo indifferenziato: la nostra storia terrena sar dimenticata. C.W.Bynum
studia la risurrezione in generale, tenendo per al centro la risurrezione di Ges.



I L FI GLI O DI DI O (LEZIONE DEL 8.03.96)

Una delle affermazioni del credo dice: Credo nel Signore Ges Cristo, unigenito Figlio di
Dio; ma oltre al credo abbiamo diversi luoghi dove il titolo FdD centrale. E chiaro che i
titoli non dicono tutto di Ges: occorre esaminare anche ci che lui disse e oper. I Titoli
hanno tuttavia unimportanza anche liturgica, e servono per riassumere la nostra fede
Cristologica. Ci rivolgiamo ora tre domande:
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 24
1. Da dove proviene tale titolo, qual la sua origine (FdD)? Nel I sec., nel mondo romano-
ellenistico si applicava tale titolo allimperatore, e alcuni hanno formulato lipotesi che i
cristiani abbiano preso dal mondo pagano-ellenistico tale titolo che poi avrebbero applicato a
G.. Ma tale titolo risale forse a G. stesso, nella sua predicazione? G. non ha parlato mai del
FdD, ma almeno per tre volte si riferisce a se stesso indirettamente come Figlio (Mc 12, 1-12,
la parabola dei vignaioli omicidi; 13, 32: Quanto poi al giorno o a quellora, nessuno li
conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.; Mt 11, 27:
Tutto mi stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre...). Possiamo
anche vedere nellAT quale significato aveva tale titolo.
2. Il senso del titolo: alcuni vogliono interpretare il titolo FdD solo in senso funzionale: G. era
il F. nel senso che rivelava Dio, una sorta di finestra attraverso la quale possiamo vedere Dio;
la funzione salvifica dimostra che G. ci ha salvato. Ma forse da trovare nel titolo un
elemento ontologico, intrinseco: nel linguaggio biblico, chiamare qualcuno con un nome o un
titolo rivela lidentit pi intrinseca, pi profonda.
3. Perch viene dato il titolo FdD a Ges? I primi cristiani diedero questo titolo a G., ma ci si
chiede perch. Rm 1, 3-4 assieme ad altri testi, pu suggerirci la risposta a tale domanda. I
primi cristiani diedero tale titolo a G. solo alla luce della risurrezione. Presi da soli questi
versetti possono far vedere che la risurrezione a dare ragione di tale titolo. Cos in At 13,33,
Lc cita i versetti del salmo (2,7): Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato, dove Lc applica quel
salmo allevento pasquale, e la risurrezione vista come una sorta di generazione di Ges da
parte di Dio. Quel versetto da solo pu suggerire che i cristiani, solo dopo la risurrezione
diedero tale titolo a Ges.
Tale titolo potrebbe rievocare anche il ministero di G.: ricordando il G. prepasquale, il suo
operato potrebbe aver fatto sorgere tale titolo. Le tre domande non sono strettamente separate,
ma possono essere distinte. Da dove venne il titolo in questione, a che periodo risale?

1.1. NellAT fdD, o i figli e le figlie di D sono espressioni rare. Gli angeli sono detti fdD (Gb
2,1), ma soprattutto il profeta Osea (11,1) chiama il popolo FdD: il contesto originale di
Osea sta ad indicare che la figliolanza del popolo non biologica, ma a causa dellelezione
divina. Ci sono altri testi in cui il popolo chiamato con tale titolo. A volte il linguaggio
inclusivo: i figli e le figlie. Inoltre il titolo riferito a qualche individuo: ad es., il re, nel
giorno della sua incoronazione detto FdD (cfr Sal 2,7 riferito a Davide; 2 Sam 7,14)). Anche
qualche individuo giusto detto fdD (cfr Sap 2): il giusto che soffre ed ucciso detto fdD.
La sua obbedienza ed il suo rapporto con Dio gli ha meritato tale titolo. I Profeti non vengono
mai chiamati fdD: essi sono chiamati, mandati da Dio, ispirati dallo Spirito, ma mai chiamati
fdD. Vi poi una domanda spinosa riguardo al fatto che fdD era gi un titolo messianico: tra i
documenti di Qumran si vede che al tempo di Ges tale titolo stava entrando come titolo
messianico. E naturale che se il re Davidico era detto FdD, il suo discendente, il Messia
regale, merita lo stesso titolo. NellAT per non chiaro: solo con i documenti di Qumran si
nota il fatto che si inizia ad usare FdD come titolo messianico. Forse Figlio dellAltissimo nel
primo cap. di Lc da interpretare cos: langelo chiama il figlio che Maria generer in quel
modo per indicare che sar il Messia. Vediamo anche che Dio viene chiamato Padre: mentre
il titolo fdD nellAT si trova in qualche brano, il titolo Padre riferito a Dio molto raro. Solo
15 volte troviamo Dio come Padre del popolo, e nel Sal 89 si dice che egli Padre del Re, ma
mai padre di tutti gli uomini. Nel libro del profeta Isaia si usa lespressione padre nostro,
almeno due volte, mentre padre mio si trova solo nel Sal 89, ma sono parole che Dio mette
sulla bocca del Re. Il rapporto per non simmetrico: Dio chiama il popolo Figlio, ma Dio
non chiama Dio come Padre. Ges, quindi prende un modo di dire dellAT, ma gli attribuisce
un significato molto pi profondo.
1.2. Il primo scritto cronologico dei cristiani risale a S.Paolo: egli usa 17 volte il titolo FdD.
Egli infatti usa molto di pi i titoli Signore (Kyrios) e Cristo, ma laddove usata lespressione
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FdD, il brano centrale: ad es., in Gal 4,4, Rm 1,4 ecc.. Il contesto di Paolo dunque
importante e significativo. E da notare che Paolo prende tale titolo da qualche tradizione pi
antica: 1 Tess 1,10 il frammento kerygmatico, dove Paolo cita una formulazione tradizionale
in cui G. detto FdD. Inoltre, Paolo non cerca mai di dimostrare che G. FdD: egli lo d per
scontato. Paolo dunque non il primo ad attribuire tale titolo a G., ma esso apparteneva alla
tradizione primitiva.
1.3. Nei sinottici facile trovare tale titolo: abbiamo detto prima che G. non parla mai
direttamente di se stesso come FdD, ma per tre volte indirettamente si definisce come Figlio.
Mt 11 e Mc 12 (contesto pubblico) e Mc 13(contesto dellinsegnamento privato di G.) sono i
tre testi sopra citati. Mc 13, 32 un testo imbarazzante poich G. afferma di non sapere lora
ultima: solo il Padre ne a conoscenza. G. sembra riconoscere un limite alla conoscenza del
Figlio. Mt 11,27 unespressione semitica che evidentemente risale a G. stesso, che conosce
il Padre e viceversa: conoscenza mutua ed esclusiva.
1.4. Nei sinottici alcuni chiamano G. Figlio di Dio: per Mt (16,16), Pt non solo dice a Ges
che il Messia, ma aggiunge Figlio del Dio vivente. Il Vangelo di Mc raggiunge il suo
culmine con la confessione del centurione (Mc 15,39); gli spiriti maligni lo riconoscono come
il Figlio; la voce di Dio stesso nel Battesimo e nel giorno della trasfigurazione, chiama G. il
Figlio di Dio. Durante il ministero di G. qualche uomo lo ha riconosciuto veramente come
FdD? E probabilmente da dubitare. I discepoli lo hanno forse riconosciuto come Messia; altri
lo riconoscono come profeta escatologico e maestro, ma non probabile che lo abbiano
riconosciuto come FdD. Dopo la risurrezione i cristiani cominciarono presto a riconoscere G.
Come FdD, ma non cos durante la sua vita terrestre.
1.5. Vi nei sinottici il titolo di Dio come Padre: G. parla abbastanza di Dio come Padre:
Padre mio, il padre vostro celeste, ma questespressione di Matteo pare che non si possa
attribuire a G. stesso. Nonostante tutto chiaro che G. parlava di Dio come Padre. Egli
distingueva la propria figliolanza da quella dei discepoli: i discepoli ricevono la loro
figliolanza da G.. Il titolo aramaico Abb si trova nei Vangeli una sola volta (Mc 14,36) al
Getsemani, ed indica il rapporto intimo tra padre e figlio. E unespressione insolita, poich
non abbiamo nessun caso in cui prima di G. qualcuno abbia chiamato Dio come Abb.
Evidentemente questuso tipico di G. ha spinto gli altri cristiani a fare lo stesso: in Gal 4,6 e in
Rm 8,15-16 vi sono due riferimenti al cristianesimo primitivo che adotta tale titolo. Ma G.
chiamava in altri momenti Dio come Abb? Sembra di si. In Mt 6,9; 11, 25-26; 16,17 e Lc
11,2 dietro la parola greca si cela lespressione aramaica Abb. Purtroppo Mt e Lc hanno tolto
lespressione aramaica quasi sistematicamente. Lc toglie tutte le espressioni aramaiche che
prende da Mc (vedi la risurrezione della figlia di Giiro): in Mc ci sono alcune espressioni in
aramaico che sembrano risalire a G. stesso. Solo due termini aramaici sono rimasti in Mt 21, 9
(Osanna) e 27,33 (Glgota). La figliolanza di Ges era dunque unica ed esclusiva e il testo di
Mt 11,27 centrale. Inoltre, G. invita i discepoli ad entrare in una nuova famiglia, dove essi
diventano suoi fratelli, accettando Dio come Padre: la loro figliolanza dipende da G. (Lc
22,29-30) ed diversa dalla sua. A tale proposito colpisce la predicazione di Ges e la
teologia di Paolo e Gv. Paolo mantiene la distinzione di G. stesso e dice che noi siamo figli e
figlie adottivi (Rm8,14-17, Gal 4, 5-7). Gv esprime la distinzione usando vari termini: solo G.
il huis (il Figlio), mentre noi siamo tkna.
2.1. Il titolo FdD non semplicemente funzionale ma senzaltro indica qualcosa in pi:
indubbiamente il NT mette in rilievo la funzione di G. che rivela il Padre a quelli che credono,
in quanto come Figlio si comporta come salvatore. La sua funzione rivelatrice e salvifica
implica qualcosa di ontologico: G. agisce come figlio perch lo !
2.2. Passando a Paolo possiamo notare che egli parla di G. come FdD nella sua esistenza
risorta: potremmo coniare il termine post-esistente per indicare lesistenza del G. risorto e
glorificato che crea la nuova famiglia escatologica (cfr Rm 8,3-32 dove Ges il primogenito
risorto post-esistente che introduce nella nuova famiglia escatologica di Dio tutti i battezzati).
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Allo stesso tempo nelle lettere di Paolo c anche la pre-esistenza del Figlio: non molto
sottolineata da Paolo, per vi qualche riferimento allattivit nella creazione (1Cor 8,6), e la
successione missione nel mondo per rendere gli uomini partecipi alla nuova famiglia
escatologica (Gal 4,4-7). Si capisce abbastanza bene la figliolanza divina di G. nelle lettere di
Paolo alla luce di questi due termini: postesistente e preesistente.

3.1. I cristiani riconobbero G. come FdD indubbiamente alla luce della risurrezione; per essi
non dicono che G. divenne FdD risorgendo dai morti: questa linterpretazione ortodossa.
Alcuni infatti sostengono che la figliolanza divina inizi soltanto con la risurrezione e
lesaltazione, citando i primi versetti della lettera ai Rm. Ma in quella stessa lettera Paolo dice
chiaramente che G. era gi il Figlio nella sua missione economica (Rm 8,3.32). Un
problema analogo lo abbiamo in Lc, quando applica a G. il versetto del Sal 2,7: Lc vuol
leggere la risurrezione come una nuova generazione. Lc pi volte chiama G. FdD, fin dal
primo capitolo, e di certo non incoerente e non vuol affermare che la risurrezione a creare
la figliolanza divina. Ges con la morte e la risurrezione e la discesa dello Spirito santo, anche
se lo era sin dallinizio, diviene il Messia efficace. Infine, i primi cristiani riconobbero G.
come FdD per due motivi: nella risurrezione essi sperimentano il potere salvifico di G., e
diventano Figli nel Figlio per mezzo dello Spirito santo; inoltre essi ricordano, nella sua vita,
come G. si comportasse da Figlio nelle sue parole e nelle sue opere.



GESU COME SIGNORE (LEZIONE DEL 9.03.96)

1. E il titolo che esprime bene la fede Cristologica dei primi cristiani: Il titolo Kyrios risale
agli inizi del cristianesimo. Eppure in diverse Cristologie recenti tale titolo spesso
trascurato. Alcune Cristologie recenti non hanno nulla da dire su Ges Signore. La preghiera
in aramaico citata da Paolo in 1 Cor 16,22 dice maran tha, ossia vieni Signore, la stessa
invocazione che si trova in Ap 22,20. Essa esprime la speranza tra i primi cristiani di vedere il
Signore Ges nel suo ritorno glorioso. Non si pregava vieni FdU, il titolo che G. stesso si
attribuiva come giudice escatologico (Mc 13,26 e Mt 25,31), ma vieni Signore Ges.
2. La prima lettera cristiana 1Tess, il capolavoro di Paolo, dove il titolo kyrios usato 24
volte: certo le statistiche non sempre dicono cose significative, ma qui per essere la prima
lettera di Paolo vuol dire che tale titolo ha un senso forte, divino, senza doverlo giustificare al
destinatario ma ritenendolo scontato. In tutte le sue lettere Paolo applica tale titolo a Ges 230
volte: per non si sa se a volte kyrios G. o il Padre. Paolo si serve di una tradizione pre-
paolina, citando cio espressioni precedenti (Rm 10,9 e Fil 2,11). Si usa in proposito il
metodo diacronico: leggendo le sue lettere si vede come Paolo si rif al periodo precedente in
cui G. viene chiamato Signore.
3. Paolo stesso inizia normalmente le sue lettere con un saluto di augurio: in primo luogo si
nota la continuit tra Ges e Paolo dicendo che Dio Padre. Paolo non usa nel suo saluto
lespressione Abb, ma chiama Dio Padre, portando avanti labitudine del Ges prepasquale.
Il linguaggio di Paolo non sempre cos: Ges predica il Regno di Dio, ma Paolo ne parla
poche volte. Non vi quindi continuit tra Paolo e Ges nel caso del Regno. In secondo
luogo, G. viene chiamato non Figlio ma Signore: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e
dal Signore G. Cristo. Paolo mette assieme Dio Padre e il Signore G. Cristo come la sorgente
di pace e di grazia: ma cosa vogliono dire questi due termini? Grazia e pace indicano la
pienezza della salvezza, quella shalom che viene concessa a chi crede.
4. In 1Cor 8,6 vi unaffermazione molto importante che riguarda la preghiera ebraica detta
Shem (Dt 6,4-5: Ascolta Israele, il Signore il nostro Dio, il Signore Uno solo): essa
trascurata dalle recenti Cristologie, ma Paolo la sottolinea. Paolo prende questa preghiera, la
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divide e pone Ges al centro. Egli afferma che c un solo Dio, il Padre ... e un solo Signore
G. Cristo, per mezzo del quale esistono tutte le cose; in altre parole Paolo divide la
professione monoteistica ponendo Ges Signore al fianco di Dio Padre: diventa cos un
monoteismo Cristologico. E una posizione audace che Paolo prende senza esitazione: c un
solo Dio e un solo Signore. Inoltre, Cristo Signore il mediatore della creazione: altra
affermazione audace. Per mezzo del Cristo esistono tutte le cose: la creazione opera divina
poich solo Dio crea, e attribuirla al Cristo vuol dire riconoscergli una prerogativa divina. Ma
in 2Cor 5, 17, i cristiani sperimentavano gi la nuova creazione, e confessavano G. come
agente della prima creazione. Paolo d anche l per scontato che G. creatore di tutte le cose.
5. Una questione terminologica insita nel termine stesso kyrios: nel greco biblico a volte ha
un significato divino, a volte umano. E ci che accade anche oggi nelle lingue moderne. Nel
caso di Paolo, normalmente kyrios ha un significato alto come nellAT, dove Kyrios (o
Adonai) indicava il nome sacro di Dio, Jahv. Dio era quindi il sovrano assoluto del Cosmos.
A volte Dio detto Signore degli eserciti, unespressione molto forte per dire che egli
sovrano di tutte le forze cosmiche. Nei Vangeli sinottici il titolo Kyrios pu essere sia alto che
basso: tra i due estremi ci sono varie possibilit; pu indicare il padrone, linsegnante ecc.. I
casi chiari delluso alto si trova in Fil 2,11 o in Gv 13 e 21, Gv 20,28 dove Tommaso chiama
G. mio Signore e mio Dio. E da sottolineare che il senso alto del termine kyrios si trova gi
prima dei Vangeli, nella tradizione prepaolina (cfr Fil 2,11). Alcuni infatti ritengono
erroneamente che allinizio il titolo kyrios ha senso basso, assumendo sempre pi il suo valore
alto.
6. Consideriamo due espressioni che hanno uno sfondo interessante nellAT: la parola del
Signore e il nome del Signore. Circa la parola del Signore, i profeti dellAT fanno spesso
appello a questa espressione; dicono infatti: parola del Signore... a cui segue loracolo e
viceversa. Nel NT a volte si usa la stessa espressione, specie nelle lettere di Paolo e in
particolare nel libro degli Atti. Cosa significa la parola del Signore nel libro degli Atti? E il
messaggio del Cristo; un messaggio su di lui, poich lui il contenuto della predicazione ed
anche il punto di partenza: Cristo la sorgente della buona novella. Lc usa in At
lespressione parola di Dio (At 8,25) in riferimento a Cristo, espressione che ha il suo
riscontro nelAT. In 1Tess 1,8, Paolo parla della parola del Signore volendo indicare che il
Cristo crocifisso risorto.
7. Un caso analogo riguarda lespressione il Nome del Signore: nellAT la salvezza viene dal
nome del Signore. E il caso del profeta Gioele (Gl 3,5) che afferma: Chiunque invocher il
nome del Signore sar salvato. Paolo prende quellespressione e la applica a Cristo: allinizio
della 1Cor 1,2 per salutare i Corinti. Per essere salvati, nel NT, bisogna invocare il nome del
Signore Ges. Paolo continua applicando a Cristo proprio lespressione del profeta Gioele in
Rm 10,13. Chi il Signore in questo brano della lettera ai Romani? Certamente il Cristo
risorto e non il Padre.
8. Ci sono diversi brani dellAT che si riferivano a Dio come Signore e che nel NT vengono
applicati a Cristo: il caso di Fil 2, 10-11 dove troviamo la chiara eco di Isaia 45,23 (davanti
a me (Jahv) si piegher ogni ginocchio, per me giurer ogni lingua). La lettera agli Ebrei
(non si tratta di una lettera quanto piuttosto di un discorso omiletico, unomelia) soprattutto
allinizio (1, 10-12) cita il Salmo 2,7 (Tu sei mio figlio...), per applicare a Cristo quel
linguaggio che nellAT veniva applicato a Dio (Cfr Eb 1, 10-12 Sal 102, 26-28 ).
9. Il titolo usato dellApocalisse (Ap 17,14 e 19,16) per Ges Signore dei Signori e Re dei
Re; nel contesto, il libro dellAp parla di Roma, dei sette colli e dei sette Re (dal punto di vista
storico). Ma il numero 7 anche simbolico: indica totalit, perfezione. Per cui quel numero
indica tutti i re terrestri: Ges il sovrano di tutti i re terrestri.
10. Cristo domina anche sugli Angeli: per il NT importante far vedere che il Cristo il
sovrano assoluto (Cfr Fil 2,10: Ogni ginocchio si pieghi nei cieli...). Anche in Eb 1-2,16, si
parla degli angeli che sono sottomessi a Ges, Signore degli Angeli. In Ap 5, 11-14, tutte le
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creature del cielo e della terra adorano il Cristo: una visione cosmica della sovranit del
Cristo, il quale merita la stessa adorazione che si deve a Dio. E interessante in Ap il parallelo
tra ladorazione a Cristo e a Dio: il linguaggio converge. Ges dunque il Signore del
Cosmos.
11. Ges anche il Signore del tempo e della storia. Un esempio interessante quello del
Giorno di Jahv. Ci sar il giorno di Dio, il giorno del Signore, quando Dio giudicher i
peccatori e manifester la sua gloria divina, ristabilendo il popolo di Dio. Sempre pi dunque
vi era nellAT lattesa di quel giorno. Nel NT questidea applicata a Cristo, cos il Giorno di
Jahv diventa la Parusia, ossia il giorno del ritorno glorioso del Cristo. Paolo in 1Cor 1,8 e
5,5 applica al Giorno di Ges Cristo lidea del Giorno di Dio. Si parla anche del giorno del
FdU (Lc 17,24-30).



Altri titoli applicati a Cristo

1. Alfa e Omega: nellAT, il deutero-Isaia (41,4; 44,6) chiama il Signore il Primo e lUltimo.
Molti interpretano questi titoli nel senso di Creatore (Primo) e di Sovrano di tutta la storia
(Ultimo): Dio lultimo nel senso che guider la storia fino alla fine. Nel libro
dellApocalisse, Ges viene anche detto lAlfa e lOmega (Ap 1,17; 2,8; 22, 13): un titolo
alto, divino, pertanto Ges come Dio colui che guida la storia.
2. I vari titoli esaminati (FdD, Signore, Messia, Profeta, ultimo Adamo...) sono certamente
titoli maschili, ma ve ne sono altri neutrali ed altri addirittura femminili. Alfa ed Omega ,ad
es., un titolo neutrale; Sapienza un titolo femminile: sappiamo infatti che nellAT la
Sapienza divina raffigurata come una donna che invita tutti al suo banchetto. NellAT ci
sono queste immagini femminili per Dio, ed il NT lo riprende nel modo di parlare di Ges. Un
esempio per eccellenza Lc 13,34, dove Ges parla di s come una Chioccia che vuole
raccogliere i suoi pulcini. E unimmagine molto apprezzata nel Medioevo. Ricordiamo infatti
che nellAT Dio si presentato a volte come unaquila che protegge il suo popolo: Ges
addolcisce quellimmagine, con un ritratto pi domestico, prendendo spunto dalla Chioccia.



GESU: SALVATORE E DIO (LEZIONE DEL 12.03.96)

1.1. NellAT al centro della fede vi era lidea di Dio che salva: era lesperienza comunitaria
della liberazione dIsraele dallEgitto, il ritorno dallesilio babilonese, ecc.. Dio era visto come
il Salvatore. Anche a livello individuale, nei Salmi, si nota il ringraziamento da parte di
uomini giusti: essi a volte protestano, si lamentano con Dio, ma alla fine lo ringraziano perch
Jahv un Dio che salva.
Non solo Dio, ma anche alcuni uomini dellAT vengono definiti con laggettivo di
salvatore: uno dei pi famosi Giosu, il cui nome vuol dire appunto Dio salva. In
ebraico, infatti, Giosu omonimo a Ges.
Nel NT il titolo salvatore riservato a Dio, oppure a Ges (compare rispettivamente 8 e 16
volte): la tradizione cristiana riprende quindi luso dellAT. Il CCC dimostra una certa
preferenza del titolo salvatore (45 v.) rispetto a redentore (15 v.).
1.2. Ges detto Signoree Salvatore: sin dalla sua nascita (cfr Lc 2,11), langelo annuncia la
buona novella ai pastori, e dice che colui che nascer sar il Salvatore. Maria, inoltre, d lei il
nome a Ges, che significa Dio salva. Nel Vangelo di Mt Giuseppe a dare il nome a Ges,
ed anche qui si spiega il significato del nome. Il NT usa i titoli Signore e Salvatore diverse
volte: il binomio non frequente, ma accompagna tutta la vita di Ges, dallannuncio
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dellangelo a Maria in poi. In 2 Pt 3,2, tale binomio si associa allinsegnamento di Ges. Un
altro esempio della stessa lettera (2 Pt 2,10), si riferisce alla conoscenza dei fedeli in Ges.
Conoscere vuol dire fare esperienza, ed questo che il NT intende: unesperienza personale,
vitale. In 2 Pt 2,10, Ges sperimentato come Signore e Salvatore. Nella Parusia (Fil 3,20 e 2
Pt 1,11) si vede ancora che Ges nel suo avvento finale sar il Signore e il Salvatore
dellumanit.

2.1. Il binomio Dio e Salvatoresi trova nel NT pi volte: in 2 Pt 1,1 si legge: la giustizia del
nostro Dio e (del) Salvatore Ges Cristo, e sembra essere questa la traduzione pi probabile,
dove i titoli vengono attribuiti entrambi a Ges; per si potrebbe tradurre mettendo fuori
parentesi il del: in questultimo caso si farebbe la distinzione tra il Padre ed il Figlio. Lo stesso
dubbio si ha in Tt 2,13, dove si parla della manifestazione della gloria del nostro Signore Ges
Cristo: anche qui si pu pensare ad una eventuale distinzione tra il Padre ed il Figlio, ma
improbabile poich il contesto quello della Parusia.
Un altro esempio del binomio in 2 Tess 1,12: si potrebbe dividere il nostro Dio (Padre) e
Signore Ges Cristo, ma il contesto della lettera il saluto iniziale, dove Paolo parla della
grazia che proviene da Dio Padre e da Ges.
2.2. Rm 9,5: Paolo mette assieme i 7 privilegi del popolo dIsraele. Il problema sta nella
punteggiatura, che ovviamente manca nel codice originale:
1) da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che sopra ogni cosa, Dio
benedetto nei secoli;
oppure:
2) ....carne. Dio che sopra ogni cosa, sia benedetto nei secoli..

Nel testo originale, dunque manca la punteggiatura, introdotta poi nel corso dei secoli. Il
Codex Vaticanus (IV sec.), mette il punto l dove nella 2
a
ipotesi, separando cos Cristo da
Dio benedetto nei secoli. Cosa possiamo dire in proposito? Molti Padri della Chiesa
leggevano Paolo secondo la 1
a
ipotesi: Ges, secondo questa interpretazione, quel Dio
benedetto nei secoli. Oggi, invece, gli esegeti sono dubbiosi: Fitzmyer cerca di valutare i pro
ed i contra delle due posizioni, esaminando cos il Cristo secondo la carne e secondo la sua
divinit. Riporta, a tale proposito, un altro brano di Paolo, Rm 1,1 ss., dove si parla di Ges in
modo analogo a Rm 9,5. Ci sono per delle difficolt, perch Paolo normalmente dice Thes
riferendosi a Dio Padre. Ma chiaro che nulla esclude che siamo di fronte ad uneccezione,
come in Fil 2, 6. Normalmente Paolo rivolge le sue dossologie a Dio Padre; ma nel NT c
qualche eccezione, come in Eb 13,21, dove la dossologia rivolta a Ges.
In definitiva, in quel caso la dossologia di Paolo si riferisce a quanto lui ha gi detto in
precedenza: Paolo stava parlando di Cristo secondo la carne.
In 1 Cor 11,3, il capo di Cristo Dio Padre, colui che sopra ogni cosa; ma vi sono delle
eccezioni: Fil 3,21 dice che Cristo ha il potere di sottomettere a s tutte le cose. Forse la
conclusione pi probabile quella di leggere il versetto precedente in riferimento a Cristo, ma
solo una probabilit.
2.3. Eb 1,8-9: completa il nostro quadro. Lautore della lettera cita due Salmi:

Il tuo trono Dio sta in eterno
scettro giusto lo scettro del tuo Regno;
hai amato la giustizia...

questo Salmo (45, 7-8) viene messo sulle labbra del Padre, cos come:

Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 30
Essi periranno...

il Salmo 102, 26-28, e si riferisce al Figlio, che Dio eterno e creatore.
2.4. Il Vangelo di Gv per due volte parla di Ges come thes (Gv 1,1 e 20,28); forse in Gv
1,18 si parla per la terza volta di Ges ugualmente come thes, poich nel manoscritto che
risale al II sec., si parla di Dio Unigenito e non di Figlio Unigenito, ed forse la lectio pi
probabile.
2.5. Il NT riserva dunque il titolo thes a Dio Padre, ma con delle eccezioni, che vedono tale
titolo applicato a Ges. Il NT, inoltre, attribuisce a Ges altri titoli: A e O, Lgos, ecc..

3.1. Il NT riconosce la divinit di Cristo descrivendolo come esaltato e seduto sul trono alla
destra del Padre (cfr Mc 14,62; Ef 1,20 ...)
3.2. Il FdU verr con le nubi del cielo (Mc 14,62): unimmagine tipica dellAT, con le
nubi, gli angeli, il trono di gloria, segni e testimonianza della divinit di Ges. Vi inoltre un
senso totalizzante: Dio so rivolger a tutti gli uomini e a tutte le nazioni. Questo linguaggio
totalizzante esprime il dominio universale di Dio.
3.3. Il termine ooo=gloria, rivolto a Dio (Lc 2,14; Fil 2,11) ma anche a Cristo: 1 Cor 2,8
ma soprattutto Ap 5,13 dove lAgnello immolato riceve la stessa gloria che rivolta a Dio.
3.4. Il verbo proskuno = adorare, riceve il suo significato nel contesto in cui inserito. Ad
es., Mt 4,10, alla fine delle tentazioni nel deserto, Satana invita Ges ad adorarlo: Ges gli
risponde citando Dt 6,13, dove si riconosce che solo Dio merita adorazione. Ma nel caso di
Ges pu significare solo rispetto: nel Vangelo di Mt si trovano tali esempi. In altri casi quel
verbo ha il senso pi forte, di vera adorazione (Mt 2,2.8.11). Alla fine del Vangelo di Mt, le
donne e poi i discepoli adorano Ges risorto (Mt 28,9-17). Anche Mt 14,33, quando Ges
cammina sulle acque, riceve adorazione dai discepoli. Vi quindi uninclusione tra Mt 2 e Mt
28, con ladorazione degli angeli allinizio e dei discepoli alla fine.
3.5. Lultimo esempio del riconoscimento dato a Ges nel NT il titolo di Sposo. NellAT era
Dio e Dio solo lo sposo del suo popolo (Os 2,19; Is 54,4-8; 62, 4-5; Ez 16, 7-63). Nel NT,
forse Ges nel suo ministero si rivelato come sposo, anche se non tutti i biblisti sono
daccordo. Il brano pi forte Mc 2,18-20: risale probabilmente a Ges stesso, ma in ogni
modo tutto il NT parla di Ges come lo Sposo (v. Paolo e Gv in Ap 19,7; 21,2). Il punto
decisivo che il Messia non mai identificato come lo sposo: il Messia sacerdotale e regale
non mai definito come lo Sposo, titolo riservato al solo Dio. Lasserzione di vedere il
Messia come sposo solo unipotesi: di certo si esprime per in modo bellissimo lidentit del
Signore.



GESU, LO SPIRITO E IL DIO TRINO (LEZIONE DEL 15.03.96)

Prendiamo in considerazione alcune formule trinitarie del NT:
1.1. La formula battesimale che rimane normativa, Matteo la pone sulle labbra di Ges: Nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo (Mt 28,19). Anche Paolo parla di essere
battezzati in Cristo Ges, ma non riporta la stessa formula di Mt (cfr Rm 6,3 e 1 Cor 6,11).
Solo successivamente la formula verr elaborata fino alla formula riportata da Mt 28,19.
1.2. S.Paolo, nellaugurio finale di 2 Cor 13,13 scrive: la grazia del Signore Ges Cristo,
lamore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi, dove la formulazione
chiaramente trinitaria. La formulazione precedente, e Paolo la adotta prendendola dalla
tradizione anteriore. Lordine che Paolo usa in questa lettera : Ges, il Padre e lo Spirito.
Inoltre, non si dice, come in Mt, nel nome di Ges, del Padre,..., che ci riporta alla Signoria
delle tre persone della Trinit, ma Paolo parla della grazia, dellamore, della comunione.
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1.3. Altre formulazioni ternarie di Paolo si trovano, ad es., in 1 Cor 12, 4-6:

Vi sono poi diversit di carismi, ma uno solo lo Spirito; vi sono diversit
di ministeri, ma uno solo il Signore; vi sono diversit di operazioni, ma
uno solo Dio, che opera tutto in tutti.

Lordine delle persone ancora cambiato: prima lo Spirito, poi Ges, infine il Padre. Il
contesto la sorgente dei carismi della comunit: tutto deriva dal Padre per lutilit comune,
quindi Paolo non sta facendo un trattato di trinitaria. Si veda anche in Ef 2,18.

2. Il rapporto tra il Figlio e lo Spirito
2.1. NellAT si parla dello Spirito di Dio sotto forma di vento, soffio di vita, ispiratore dei
profeti: tale dono, dato ai profeti, non era sempre stabile e poteva essere transitorio, a
differenza del sacerdozio. Lo Spirito, il Verbo e la Sapienza sono praticamente modi sinonimi
di esprimere lattivit potente e rivelatrice di Dio nel mondo: un esempio si pu trarre dal Sal
33, 6: Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro
schiera, dove parola e soffio hanno significato parallelo, pressoch equivalente. In Gen 1, 3-
31, Dio parla e le cose esistono: la centralit di questo brano del logos. Invece, nel Sal 104,
30 (Mandi lo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra.) lo Spirito che rende
possibile la creazione. Spirito e Sapienza sono due altri modi sinonimi di parlare dellattivit
di Dio nel mondo.
Lespressione Spirito santo rara nellAT, e compare solo in alcuni casi, come Is 63,10-11;
Sal 51,13, ecc.. Nei frammenti non canonici ritrovati a Qumran, si trova invece pi volte
lespressione Spirito santo.
2.2. Nel ministero di Ges si vede lazione dello Spirito santo: lo Spirito santo lo sospinse
nel deserto ...(Mc 1,13); in Lc 4,14: Ges ritorn in Galilea con la potenza dello Spirito
santo.... Le guarigioni e gli esorcismi vengono operate nella potenza dello Spirito. I sinottici
presentano lo Spirito santo allo stesso modo dei profeti, almeno per ci che riguarda lattivit
prepasquale di Ges. Inoltre, Ges rivela il senso e la consapevolezza della sua figliolanza, ma
non dimostra la stessa consapevolezza speciale nei confronti dello Spirito. Questo stato di
cose cambia con la risurrezione, e quasi di instaura un legame maggiore tra Ges e lo
Spirito. Inoltre, Ges ed il Padre mandano lo Spirito: solo Dio pu mandare lo Spirito, e con
la risurrezione Ges mostra anche questa sua prerogativa divina.

3. Cristo risorto e lo Spirito.
3.1.1. Paolo non nega, ma allo stesso tempo non dice apertamente che Ges ha mandato il suo
Spirito (cfr Gal 4,4ss; 2 Cor 1,22; 5,5; Rm 5,5). Paolo usa il passivo teologico per dire che
comunque lo Spirito inviato da Dio. Nelle sue lettere Paolo dice: Lo Spirito di Dio (Rm
8,9; 1 Cor 2,11.12.14) e lo Spirito di Cristo (Rm 8,9; Gal 4,6): come va interpretato questo
genitivo? E infatti equivoco: forse vuol dire lo Spirito che viene da Dio, che inviato da lui.
Il genitivo indicherebbe quindi origine o provenienza. Ma potrebbe essere un genitivo di
identit, come quando diciamo la citt di Roma, nel qual caso le espressioni precedenti
significherebbero: Lo Spirito che Dio...che Cristo. In ogni modo, dobbiamo riconoscere
che Paolo non dice mai espressamente che il Cristo risorto ha mandato lo Spirito.
Paolo ci d anche una descrizione dello Spirito come persona (cfr Rm 8,16 Lo Spirito attesta
al nostro spirito che siamo figli..; 8,26: Lo spirito viene in nostro aiuto...intercede con
insistenza per noi, con gemiti inesprimibili): solo una persona pu compiere determinate
azioni, e non una forza o una potenza. Anche in Paolo lespressione Spirito santo rara, e
viene usata solo 13 volte nelle 7 lettere riconosciute come autentiche di Paolo (Rm, Cor, Gal,
Ef, Fil, Tess, Filemone), mentre lespressione Spirito viene riportata pi di 100 volte.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 32
3.1.2. Il Vangelo di Luca: Egli dice chiaramente che lo Spirito stato inviato da Ges risorto
(v. At 2,33);
3.1.3. Anche Gv dice lo stesso: c una promessa nellultima cena e poi, dopo la risurrezione,
vi leffusione dello Spirito, secondo lo schema promessa-compimento, cos come in Lc.
Lunica differenza che Lc parla per oltre 50 volte dello Spirito santo (Lc+At), mentre Gv
solo 4 volte.

3.2.1. Lc e Gv presentano Ges come mandante e mandato: essi convergono nel dire che lo
Spirito non il dono esclusivo del Figlio, poich Ges stesso lo riceve dal Padre. Qual allora
la distinzione tra il Cristo e lo Spirito? La distinzione Padre - Figlio chiara, mentre Lc e Gv
non distinguono sempre cos chiaramente tra il Mandante (=Ges) e il Mandato (=lo Spirito).
Ad es., At 9,10-16 (o 18,9-10; 22, 17-21) dice che Ges risorto guida i suoi ministri; ma nello
stesso libro anche lo Spirito che guida gli Apostoli (At 8, 29; 10,19; 16,6). Luca passa quindi
indifferentemente da un modo di parlare allaltro. In At si trova anche lespressione Lo
Spirito di Ges (At 16,7), mettendo in stretto rapporto lo Spirito e Ges risorto. Lo stesso
problema si trova in Gv che non sempre distingue chiaramente tra Ges risorto e lo Spirito.
Ad es., dal cap. 13 di Gv, Ges parla della venuta dello Spirito, promettendo allo stesso tempo
il suo ritorno.
3.2.2. Paolo usa due espressioni per parlare della vita nuova di coloro che sono giustificati: lo
Spirito abita in noi (Rm 8, 9.11.16 e 5,5), espressione che praticamente coincide con quella
del Ges risorto nel quale siamo incorporati (Rm 6,3.11.23; 16,11 ecc.). Lc, Gv e Paolo
parlano quindi di Ges e dello Spirito alludendo quasi ad una identificazione o convergenza,
cosa che chiaramente non avviene.
3.2.3. E evidente per che il NT non identifica il Cristo risorto con lo Spirito: ad es., nel
concepimento verginale di Maria (Lc 1,35), Ges concepito per mezzo della potenza dello
Spirito (Lc 1,35; Mt 1,20) e non viceversa; in Gv 1,14 si legge che il Verbo si fece carne, non
lo Spirito; Dio mand il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato per
distruggere il peccato (Rm 8,3), dandolo alla morte (Rm 8,32). E il Figlio che consegnato
alla morte, non lo Spirito. Risorgendo dai morti, Cristo diventa il primogenito tra molti
fratelli (Rm 8,29) e la primizia di coloro che sono morti (1 Cor 15,20): non lo Spirito il
primogenito della nuova famiglia escatologica, ma solo Ges. Infine, solo nello Spirito
possiamo dire che Ges il Signore (1 Cor 12,3), poich lo Spirito che ci porta a Cristo e
non viceversa.
Riassunto: tornando allaugurio che Paolo fa in 2 Cor 13,13, si nota come questo racchiuda
tutto il tema della salvezza. Si parla della causa e delle conseguenze della storia della
salvezza: la causa caratterizzata dalla grazia e dallamore; gli effetti sono la Koinonia dello
Spirito santo, la creazione cio della nuova comunit nella comunione dello Spirito santo. La
salvezza dunque il tema centrale, che i primi Padri riprenderanno in esame: in Ges, il Dio
tripersonale si rivela come il Dio per noi, che agisce con grazia e amore, creando una nuova
comunit e comunione con noi.
TESI 6: Il contributo cristologico di uno dei Padri seguenti:
Giustino, Ireneo, Tertulliano o Origene
P E R I O D O P A T R I S T I C O
La panoramica fino a CALCEDONIA (451 D.C.)

Ci poniamo tre domande:
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 33
1) Quale esperienza salvifica ha reso possibile nei Padri la nascita di una dottrina
Cristologica?
2) Qual stata limportanza della Bibbia per coloro che hanno poi scritto trattati Cristologici?
3) Qual il contesto in cui essi hanno insegnato la loro Cristologia? La Bibbia, infatti, letta
in un determinato contesto, ed questo che vogliamo anche considerare.

1.1. Lesperienza alle spalle dellinsegnamento Cristologico riguardava la salvezza, ossia della
nuova vita ricevuta per mezzo di Ges, nello Spirito. I primi cristiani sperimentavano in
qualche modo la deificazione, cio la partecipazione alla vita divina. In 2 Pt 1 si fa
riferimento esplicito a questidea centrale dellinsegnamento Cristologico. Se questo
leffetto che sperimentiamo - dicevano essi - chi allora Ges? Chi lo Spirito santo (cause
di tutto ci)? Si passa quindi dal Cristo pro nobis, al Cristo in s.
1.2. Cos viene formulata la frase di S.Ireneo: Dio diventa uomo, affinch noi diventiamo
Dio (cfr anche Atanasio, Basilio, Cirillo). Troviamo questa espressione ai primi vespri del 1
gennaio: l admirabile commercium tra Dio e luomo. Lo stesso concetto lo ritroviamo
espresso, ad es., nella formula recitata dal sacerdote quando versa nel calice una goccia
dacqua.
1.2.1. Dio, dunque, diventa uomo. Per operare la nostra salvezza e divinizzazione, lagente
deve essere simultaneamente divino e umano. S.Atanasio spiega la necessit della natura
divina del Figlio, perch egli lagente della creazione, e solo lui pu essere lartefice della
nuova creazione per mezzo della grazia. C dunque parallelismo tra la prima creazione e la
nuova. Un sec. dopo, Cirillo dAlessandria interpret diversamente lo stesso assioma
riferendosi alla filiazione: noi diventiamo figli adottivi nella nuova creazione, e ci non
possibile se non attraverso il Figlio naturale, realmente divino, che ci rende partecipi della
sua figliolanza. Cirillo parte dalleffetto (cio, dallesperienza dellessere figli), per risalire
alla causa: Ges anche uomo e non solo Dio.
1.2.2. Dio diventa uomo: Quod non est assumptum non est sanatum (Gregorio Nazianzeno,
Epist., 101). La salvezza implica guarigione, anticipata dai miracoli in vista della salvezza
eterna. Noi sperimentiamo cos la guarigione, dice Gregorio, la cui causa deve aver assunto
pienamente la natura umana. Gregorio non lunico a dire questo: gi Origene e Tertulliano
avevano proposto lo stesso assioma.
Nel Vat II, in AG 3, nota 4, vi un lungo riferimento a questo principio prediletto dai Padri:
Quod non est.... Basilio, Leone Magno, ecc., dicono che la redenzione una sconfitta e una
vittoria dal di dentro: Ges sconfigge il demonio che agiva allinterno della nostra umanit, e
vince la morte. Il Cristo il redentore che nella sua piena umanit vince questa battaglia.

2.1. Per ci che riguarda la seconda domanda che ci eravamo posti, circa limportanza della
Bibbia, la Scrittura era la norma, il criterio nei dibattiti sulla Cristologia dei primi secoli. E
questo sia per i Padri ortodossi che eterodossi.
2.2. Marcione voleva escludere lAT dai libri canonici, poich vedeva nel Dio dellAT un Dio
crudele e giustiziere. Solo il NT contava per lui, poich il Dio rivelato da Ges Cristo il
Padre buono della parabola del figliol prodigo (Lc 15,11ss), un Dio di misericordia. Per
fondare la sua dottrina, accettava solo un canone ridotto: parte del Vangelo di Lc, 10 lettere di
Paolo, ecc.. In questa dottrina poneva in contrasto esagerato lAT ed il Vangelo. Giustino
combatt per difendere lautorit di tutto lAT, nonostante non ci fosse un canone definitivo.
Egli accettava non solo le cosiddette memorie di Lc, ma anche di Mt e degli altri
evangelisti, opponendosi a Marcione, cosa che fece anche il suo discepolo Taziano,
raccogliendo ed armonizzando i quattro Vangeli (Diatessaron, c.155). Vi fu anche la reazione
romana a Marcione, semplificata dal frammento Muratoriano, contenente un elenco quasi
completo dei libri sacri canonici del NT. Alcuni ritengono che tale frammento risalga al IV
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 34
sec., proveniente dalloriente, ma forse pi probabile farlo risalire al II sec., di provenienza
romana.
2.3. Gli Gnostici affermavano di essere in possesso di nuove rivelazioni e di fatti inediti su
Ges, raccolti in altri scritti.
Ireneo, riaffermando lAT, accetta lidentit del Dio creatore (Demiurgo) e il Padre di Ges.
Accetta i quattro Vangeli, illustra luso dellAT e un paolinismo equilibrato (la ricapitolazione
nellultimo Adamo). Per la Cristologia di Ireneo, essa non sarebbe pensabile senza il canone
completo dellAT e del NT. Il canone biblico era dunque al centro dellattenzione dei Padri.
2.4. Il linguaggio biblico, narrativo viene successivamente interpretato alla luce di quello
dottrinale e filosofico. Sappiamo infatti che la Bibbia usa spesso un linguaggio simbolico, e al
tempo dei Padri sorge la necessit di interpretare quel linguaggio in chiave dottrinale-
filosofica. E chiaro che la Scrittura aveva unautorit indiscussa: cos per gli Ariani, solo che
essi affermavano linferiorit di Ges rispetto agli angeli (cfr Eb 1,4). Inoltre, leggendo At
2,36 (Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e
Cristo quel Ges che voi avete crocifisso), essi affermavano che prima di allora Ges non era
Signore e Cristo. Vi era dunque il problema della subordinazione del Figlio rispetto al Padre
(cfr 1 Cor 15,28; Col 1,15). Anche luso Cristologico dellAT ha creato problemi: es. Pro
8,22. Giustino, commentando quel brano, dice che la Sapienza era prefigurazione di Cristo.
Ma dopo la controversia Ariana, lespressione Il Signore mi ha creato allinizio della sua
attivit... (Pro 8,22), sembr affermare che Cristo stato creato, e non generato. Vi sono
dunque problemi Cristologici a riguardo. Atanasio, o gli altri padri ortodossi, avevano altri
brani: 1Cor 8, 5-6, dove Ges lo strumento della creazione, ossia la sua natura divina. Fil
2,9-11, mostra Ges esaltato che riceve ladorazione cosmica, e poich solo Dio merita
adorazione, allora egli Dio. Ma come interpretare le affermazioni bibliche che sembrano a
volte opposte tra loro?
E il caso di Gv 14,28, dove sembra che il Figlio sia subordinato al Padre, mentre in Gv 10,30
si dice che Ges il Padre sono una cosa sola. Gli ortodossi e gli Ariani davano quindi per
scontata lautorit biblica, ma vi erano problemi circa la testimonianza Cristologica.

3. Il contesto
La Bibbia stata letta in vari contesti; esamineremo quattro elementi del contesto di lettura e
di interpretazione della Bibbia:
a. la realt politica;
b. gli interlocutori;
c. elementi culturali e filosofici;
d. realt pastorale.
3.1. Al tempo di Giustino vi era loppressione dei cristiani, contesto differente rispetto al
tempo di Costantino, quando invece il cristianesimo sar la religione ufficiale dellImpero.
Proprio Costantino sar lartefice del primo Concilio ecumenico. Addirittura, il Concilio di
Calcedonia non fu convocato dal papa Leone Magno ma dallImperatore Marciano: notiamo
quindi linflusso politico sullinsegnamento Cristologico.
3.2. Giustino voleva inoltre interpretare Cristo, rimanendo in dialogo con gli Ebrei. Pi tardi
Atanasio dedicher una parte di una sua opera (De Incarnatione Verbi) a tale dialogo. Tra gli
interlocutori abbiamo anche alcuni pagani colti, come Celso, che scrive unopera contro i
cristianesini (Il discorso veritiero); oppure i cristiani eretici o confusi, altri Vescovi, ecc..
3.3. Per quanto riguarda lambiente filosofico, gli stoici, ad es., accettavano quel logos che
permea tutte le cose, secondo una sorta di panteismo; vi erano inoltre le diverse forme di
platonismo, secondo cui lincarnazione era considerata uno scandalo, data la loro concezione
del dio totalmente trascendente.
3.4. Per molti Vescovi, lunit della fede era estremamente essenziale: occorreva mantenere
lunit della professione di fede in Cristo, accettando a volte diverse terminologie. A volte la
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 35
rivalit tra sedi vescovili opposte (cfr Alessandria vs Costantinopoli), ha avuto influssi
rilevanti sulle questioni Cristologiche e sul relativo sviluppo dottrinale.



LO SVI LUPPO DI TERMI NI , I MMAGI NI E FRASI (LEZIONE DEL 16.03.96)

Crecheremo di commentare tre fenomeni che vanno dal II al V sec d.C., ossia di alcuni
problemi connessi ad alcuni termini, frasi o immagini che hanno fatto difficolt in ambito
Teologico e Cristologico.
Una simile situazione ha avuto luogo anche perch il testo biblico veniva letto in nuovi
contesti, e pertanto era necessaria unoperazione di inculturazione e di adeguata
interpretazione. In particolare, tre sono i termini chiave dello sviluppo Cristologico di questi
primi secoli: Ousia (a cui legato il termine homoousios = della stessa sostanza); Hypostasis
e Physis.


I . Alcuni termini chiave

1. Prima di Nicea Homoousios aveva un significato eterodosso (discrepante dalla dottrina
cattolica); non si trova nellAT e Valentino (uno gnostico di Roma del 140 dC.) parlava
addirittura di una triplice consustanzialit:
a) il nostro spirito umano (pneuma) consostanziale a Dio;
b) lanima (psyche) consostanziale al demiurgo che ha creato il mondo;
c) la materia (ul) consostanziale al diavolo.
Questo triplice schema corrispondeva alla suddivisione degli uomini in spirituali, psichici e
materiali, ossia vi era una sorta di classifica: uomini di serie A, B e C.
Paolo di Samosata (deposto come Vescovo di Antiochia nel 268) dice che homoousios al
Padre il oo e non il Cristo. Forse voleva intendere che il Padre ed il Figlio condividevano
la stessa materia o sostanza , ma solo dal punto di vista fisico, oppure intendeva negare la
distinzione personale allinterno della divinit: Padre e Figlio sarebbero cos due modi di
rivelarsi di Dio come soggetto unico e non distinto in due persone.
In ogni modo, Homoousios ebbe una storia tormentata tra il II e III sec.. Il Concilio di Nicea
(325) decise di affermare che Ges homoousios, ossia della stessa sostanza, del Padre. Il
Figlio non quindi una creatura: i Padri conciliari volevano far vedere che il Figlio non nasce
dalla volont del Padre, come le altre creature, ma eterno poich della stessa sostanza del
Padre. Il termine, per, lasciava qualche perplessit: homoousios vuol dire della stessa
sostanza individuale o generica? Ad esempio: io e mio fratello siamo della stessa sostanza
generica, ma non della stessa sostanza individuale!

2. Hypostasis: Il Concilio di Nicea usava questo termine quasi come sinonimo di homoousios,
e solo in seguito stato distinto e si chiarito il significato. E un termine usato in diversi
contesti: nel NT, in ambiente filosofico stoico e neoplatonico. In ambito filosofico poteva
avere lo stesso senso di ousia o di principio individuante:
1) ci che sta sotto;
2) principio individuante, soggetto individuale.
Nel III sec., nella lettera scritta da Papa Dionigi, si vede la sua preoccupazione circa il
triteismo, poich si poteva pensare che Dio avesse tre hypostasis, tre deit, tre essenze
(secondo il primo senso).
Origene, invece, usava il termine come principio individuante, non negando lunica sostanza
in Dio, ma conservando le tre persone.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 36
Con Nicea, seguendo lesempio di Papa Dionigi, si adott il termine secondo il primo
significato. Lentamente per, si afferm sempre pi luso di Origene, come si vede nei Padri
Cappadoci: Dio, tre soggetti individuali. Il Concilio di Calcedonia stabil definitivamente che
Dio 1 ousia e tre hypostasis.
Verso il 376 Girolamo, segretario di Papa Damaso, afferm: dire che in Dio ci sono tre
hypostasis impossibile; difatti per lui hypostasis aveva il primo significato, e quindi seguiva
il Concilio di Nicea e non i Padri Cappadoci. Luso di questi ultimi prevaleva, e con
Calcedonia si disse che hypostasis (sostanza individuale, principio individuante) coincide con
il concetto di prosopon = persona.

3. Physis: sta a significare essenza con attributi propri, ossia principio di attivit
(movimento). In natura physis lessenza attiva, e come per gli altri due, anche questo termine
ebbe una storia tormentata.
Troviamo lespressione di Apollinare di Laodicea: mia physis tou Theou Logou
sesarkomene, che fa entrare il termine physis nel dibattito Cristologico: secondo
lespressione di Apollinare si avrebbe unintegrazione della carne col Verbo che toglie
allumanit del Cristo la ragione (nous), una vera anima superiore. Tutto questo allo scopo di
accentuare la divinit del Verbo: i Padri Cappadoci si opposero decisamente. Un sec. dopo,
Cirillo dAlessandria riprender lespressione di Apollinare, credendola, erroneamente, di
Atanasio: egli dunque, pur usando la stessa espressione, affermava lumanit completa ed
unanima intellettiva del Cristo (psych logik).
C da notare che, per lantropologia dellepoca esistevano due schemi: uno binario e laltro
ternario:

1) sarx = corpo 2) physis = sarx + psych
+ +
psych = anima oppure nous = anima
+
nous = spirito

Ci che contava era pi di tutto il nous = anima razionale. Cirillo dAlessandria ne fece un uso
un po equivoco: con il Concilio di Calcedonia si stabili, per, che in Ges vi erano due
physeis (divina e umana) ed una hypostasis o prosopon.

I I . I mmagini e frasi ambigue

Si tratta di scritti di Tertulliano, Atanasio, ecc., che potrebbero portare ad una dottrina
eterodossa.
1. Lincarnazione come una manifestazione. Nella lettera a Tito si parla di manifestazione:

E apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini.
[...] Quando per si sono manifestati la bont di Dio, salvatore nostro, e il suo amore
per gli uomini [...] (Tt 2,11; 3,4)

Il problema che si potrebbe pensare ad una mera manifestazione o apparenza: si rischia di
cadere nel docetismo, secondo cui il corpo di Ges era solo apparente e non autenticamente
umano.
2. Laltro equivoco stava nellumanit vista come lindossare un vestito da parte di Ges: vedi
Cirillo, Quod unus sit Christus, 775 d-e; 766 d.; ma anche Tertulliano, Atanasio, ecc.. Si pu
dire che Cristo si rivest della nostra umanit, ma si rischia di ridurre la portata
dellincarnazione: lumanit assunta da Ges non un vestito da indossare.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 37
3. In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9): lidea
dellIncarnazione come inabitazione. Cristo il tempio dove abita il logos eterno. Anche
questa espressione, se usata male, pu risultare equivoca, bench appartenga al NT. Si
potrebbe equivocare tra la nostra condizione e quella di Cristo: noi siamo tempio dello Spirito,
ma ci un dono che ci viene dalla grazia.
4. Lunione tra la divinit di Cristo e la sua umanit come mescolanza/fusione (terminologia
tratta dallo stoicismo). Tale tipo di fraseologia si trova nei testi dei Padri Cappadoci: la physis
divina mescolata con quella umana. Cirillo dAlessandria faceva notare che si rischiava di
confondere le propriet delle due nature.

III. Alcune intuizioni precoci

1. La doppia generazione: non chiara nel NT, ma Paolo, in Rm 1,3ss, dice:
... riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio
di Dio
con potenza secondo lo Spirito...
Anche in Gal 4,4 si parla del Padre eterno che manda il Figlio, e della nascita di Questi da una
donna. C una lunga lista di Padri che hanno scritto a proposito di questa doppia
generazione, secondo quellintuizione neotestamentaria che Calcedonia accolse
favorevolmente.
2. Generato non creato: sono le parole del nostro Credo; nella lettera di Papa Dionigi (DS
114), si usa la stessa frase in greco. Nel Sal 109, nelloriginale ebraico, il senso
dellespressione di generazione del Figlio da parte del Padre, prima ancora della creazione
delle stelle.
3. Doppia consustanzialit: Tertulliano parlava di due sostanze, divina e umana, di Cristo.
Anche questa terminologia stata assunta da Calcedonia: Cristo consustanziale al Padre
riguardo alla sua divinit, e agli uomini, circa la sua umanit.
4. Cristo luno e medesimo: Ireneo usava spesso questespressione, o altre equivalenti,
perch voleva difendere la sana dottrina dagli gnostici, che a seconda dei nomi o degli attributi
di Ges, volevano intendere una pluralit di soggetti. Oggi sarebbe utile ricordare Ireneo tra
quelli che vorrebbero separare il Ges storico dal Cristo della fede.



S.I RENEO: ADVERSUS HERESES (Contro le Eresie) (LEZIONE DEL 18.03.96)

Il Concilio di Nicea ebbe luogo nel 325, pi di due secoli dopo la stesura del NT:
esamineremo il periodo che va dal 90 d.C. fino al Concilio stesso, con lapporto che i diversi
Padri della Chiesa hanno dato alla Cristologia. Analizziamo dapprima lopera di S Ireneo.

1. In primo luogo egli collega la Redenzione con la creazione: come se si trattasse di un
unico progetto divino, un dramma in due atti con al centro Cristo, il FdD. Ireneo ci d un
esempio ammirevole di Cristocentrismo.
2. Ireneo non fa molta speculazione, ma si dedica piuttosto allapprofondimento del testo
biblico: lo si potrebbe definire il pi grande teologo biblista. Da Gv prende i titoli quali:
Verbo, Figlio, ma soprattutto predilige lespressione E il Verbo si fece carne (Gv 1,14). Da
Paolo prende lidea del Cristo come secondo Adamo, in tutto obbediente al Padre (cfr Rm 5 e
1Cor 15). Inoltre, vede Maria come la novella Eva. Dalla lettera agli Ebrei prende quindi
limmagine del Cristo come nuovo capo: in Lui tutto si ricapitola. Parte dellinsegnamento di
Ireneo verr ripreso nel Vat II: a tal riguardo si pu vedere GS 38,45. Vediamo un testo tratto
da Adversus Hereses:
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 38

Se uno ci dir: Allora, come stato emesso il Figlio dal Padre? Noi gli
rispondiamo che questa emissione o generazione.. o qualunque altra parola
con cui si indica la sua generazione, che ineffabile, nessuno la conosce: n
Valentino, n Marcione, n Saturnino, n Basilide, n gli Angeli, n gli
Arcangeli, n le Potest, ma solo il Padre che ha generato ed il Figlio che
stato generato. Pertanto, essendo la sua generazione ineffabile, tutti coloro
che tentano di spiegare le generazioni e le emissioni non sono sani di mente,
perch promettono di spiegare cose che non si possono spiegare. Infatti, che
la parola emessa dal pensiero e dallintelligenza, certamente lo sanno tutti
gli uomini. Dunque, non hanno fatto una grande scoperta coloro che hanno
inventato le emissioni, n hanno scoperto un mistero nascosto se hanno
riferito al Logos unigenito di Dio ci che tutti capiscono; se di colui che
chiamano ineffabile e innominabile, come se lo avessero assistito alla
nascita, spiegano lemanazione e la generazione della sua prima nascita,
assimilandolo alla parola umana che viene proferita. Dicendo questa stessa
cosa della sostanza della materia non sbaglieremo, poich stato Dio a
produrla. Infatti, abbiamo appreso dalle Scritture che Dio ha il primato su
tutte le cose. Perci, come labbia prodotta, nessuna scrittura loha esposto,
n noi dobbiamo immaginarlo, facendo infinite congetture su Dio, a partire
dalle nostre opinioni, ma dobbiamo riservare a Dio questa conoscenza
(2.28.6-7),

Ireneo si oppose energicamente alleresia di Marcione: questi separava lAT (rifiutandolo) dal
NT, poich riteneva che il Dio dellAT fosse un Dio crudele, mentre solo il Dio
misericordioso del NT poteva essere accettato. Ireneo confut questa posizione: tutto lAT
Scrittura Sacra, cos come il NT non pu essere ridotto al solo Vangelo di Lc (ridotto
anchesso da Marcione). Vi erano poi i Valentiniani ed altri gnostici, che credevano di
possedere nuove rivelazioni e nuove scritture: Ireneo difendeva invece la Regula Fidei, ossia
la Tradizione pubblica della Chiesa che i Vescovi conservavano e tramandavano in continuit
con linsegnamento degli Apostoli. I Valentiniani erano dualisti: spirito e materia, per loro, si
opponevano. La materia, negativa, derivava dal quel dio-demiurgo dellAT. Inoltre, gli uomini
erano divisi in tre categorie:

a) pneumatici: questi erano gi salvati;
b) psichici: potrebbero giungere alla salvezza;
c) ilici (da uq = materia): condannati a non salvarsi.

Ireneo, invece, dice che la materia non affatto un ostacolo, anzi proprio perch il Verbo si
fatto carne, e quindi materia, noi siamo salvati . Per mezzo del corpo e del sangue di Cristo
giungiamo allimmortalit e alla salvezza.

I. Nel brano considerato, Ireneo usa un linguaggio gnostico: emissione per lui diventa
sinonimo di generazione, ed ineffabile, cio misteriosa e non si pu comprendere. Ireneo
usa quindi una teologia apofatica (negativa) di fronte al mistero della generazione eterna del
Figlio di Dio: meglio tacere dinanzi al mistero. Nessuno pu dire nulla, n Valentino, n
Marcione; solo il Padre conosce la natura di tale generazione. E chi volesse spiegare tali cose,
di certo non sano di mente. I titoli Figlio e Verbo sono i preferiti di Ireneo: dopo Nicea
sar Figlio il titolo pi usato, assieme a Signore e Cristo.
Vi unanalogia riconosciuta con riluttanza da Ireneo; quando dice: Infatti, che la parola
emessa dal pensiero e dallintelligenza...(vedi sopra), ossia contro le affermazioni degli
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gnostici, analogia che riprender anche Agostino. Al termine riporta unanalogia biblica:
Dicendo questa stessa cosa della sostanza della materia, non sbaglieremo poich stato Dio a
produrla.. La generazione del Figlio dunque simile alla creazione del mondo materiale:
Perci come labbia prodotta, nessuna scrittura lo ha esposto, n noi dobbiamo
immaginarlo...; Ireneo dice che la Scrittura non spiega come Dio abbia fatto materialmente la
creazione, cosa che appartiene al mistero stesso di Dio. Tale analogia per rischiosa, come il
Concilio stesso affermer in seguito, sottolineando la generazione del Verbo nellespressione
generato e non creato.

Il Figlio, che esiste da sempre con il Padre, da lungo tempo e fin dallinizio
rivela sempre il Padre agli angeli... e a tutti coloro ai quali Dio vuol
rivelarsi; [...] il Figlio di Dio non cominci ad esistere allora perch esisteva
da sempre presso il Padre (2.30.9 e 3.18.1)

Lesistenza eterna del Figlio chiarissima in Ireneo: eternit un attributo centrale di Dio;
Ireneo mantiene anche lesistenza eterna del Figlio presso il Padre, contro la dottrina eretica di
Ario.

La gloriosa generazione che gli deriva dal Padre Altissimo e... la gloriosa
nascita che gli deriva dalla Vergine (3.19.2)

Questa intuizione di Ireneo verr ripresa anche dai Padri conciliari a Calcedonia: questa
duplice generazione non d origine a due soggetti, ma allunico Ges, FdD.
Al termine del brano esaminato, Ireneo riporta unanalogia di tipo biblico:

Dicendo questa stessa cosa della sostanza della materia non sbaglieremo poich
stato Dio a produrla.
Infatti, abbiamo appreso dalle scritture che Dio ha il primato su tutte le cose.

La generazione del Figlio simile alla creazione del mondo materiale: Perci come labbia
prodotta, nessuna scrittura lo ha esposto, n noi dobbiamo immaginarlo ... ma dobbiamo
riservare a Dio questa conoscenza. Le Scritture non spiegano come Dio abbia fatto
materialmente la creazione, cosa che appartiene al mistero stesso di Dio. Per, tale analogia
potrebbe risultare rischiosa poich mette assieme creazione e generazione: sappiamo infatti
che in seguito il Concilio terr a sottolineare tale differenza nellespressione generato e non
creato.

Il Figlio esiste da sempre con il Padre, da lungo tempo e fin dallinizio
rivela sempre il Padre agli Angeli...e a tutti coloro ai quali Dio vuol
rivelarsi.

Lesistenza eterna del Figlio chiarissima in Ireneo: eternit un attributo centrale di Dio, e
Ges, vero Dio, eterno come il Padre, contro lopinione e la dottrina di Ario. La generazione
del Figlio e la sua gloriosa nascita, che gli deriva rispettivamente da Dio Padre e da Maria,
unintuizione che Calcedonia riprender da Ireneo. Ges FdD e Ges Figlio di Maria sempre
il medesimo soggetto, e non si tratta quindi di due persone distinte.

II. Dio non aveva bisogno di loro [gli Angeli] per creare ci che aveva
deciso di creare. Come se non avesse le sue mani! Da sempre, infatti, gli
sono accanto il Verbo e la Sapienza, il Figlio e lo Spirito. Mediante loro e
in loro ha creato tutte le cose, liberamente e spontaneamente, e a loro
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 40
appunto parla dicendo: creiamo luomo a nostra immagine e
somiglianza. (4.20.1)
Cos pure allinizio Dio non plasm Adamo perch avesse bisogno
delluomo, ma per avere uno nel quale deporre i suoi benefici.. N ci
comand di seguirlo perch avesse bisogno del nostro servizio, ma per
procurare a noi stessi la salvezza... procura a quelli che lo servono e lo
seguono la vita, lincorruttibilit e la gloria eterna (4.14.1). Noi gli [a Dio]
rimproveriamo di non averci fatti di fin dal principio, ma dapprima uomini
e poi in seguito di (4.38.4). Dio colui che deve essere visto, la visione di
Dio procura lincorruttibilit e lincorruttibilit fa essere vicino a Dio
(4.38.3).

E la sezione dove si trova limmagine famosa delle mani di Dio, riferita al Figlio e allo
Spirito Santo. Ireneo attribuiva allo Spirito Santo limmagine della Sapienza di Dio, mentre
gli altri Padri la attribuivano al Figlio. Figlio e Spirito sono dunque gli strumenti della
creazione: le due mani di Dio che creano il mondo. Creiamo luomo... il dialogo che
Ireneo considera intratrinitario: egli ha una visione pi che positiva dellumanit che fatta a
immagine e somiglianza di Dio. Dio, inoltre, non aveva bisogno delluomo, ma voleva che
qualcuno godesse dei suoi benefici e della sua salvezza. La creazione frutto della bont
divina, poich il bene diffusivum sui, si diffonde da s. La salvezza, per Ireneo, libera poi
luomo dalla corruzione e dalla corruttibilit, pi che dal peccato. Luomo che vedr Dio
otterr la salvezza eterna, la vita incorruttibile e immortale. Circa lidea della divinizzazione,
in 4.38.4, Ireneo fa vedere come tutto rispecchi la volont di Dio che opera per il bene
delluomo.

I I I . Il Figlio, essendo accanto alla sua creatura fin dallinizio, rivela il
Padre a tutti: a quelli a cui il Padre vuole, quando vuole e come vuole
(4.6.7). Tutti gli esseri apprendono, per mezzo del suo Verbo, che vi un
solo Dio Padre, che contiene tutte le cose e d a tutti di esistere.../il Figlio
rivelatore del Padre dallinizio, perch con il Padre fin dallinizio (4.20.6-
7). Il Verbo... da sempre era presente al genere umano (3.18.1, cfr 3.16.6).

Il Figlio si fa prossimo ad ogni creatura: nessuno fuori dalla sua presenza e dal suo influsso.
Il Figlio visto qui come il mediatore ed il rivelatore universale, presente dappertutto e per
tutti (cfr Vat II, AG). Inoltre, il Figlio rivela il Padre liberamente a tutti coloro ai quali Dio
vuol rivelarsi. Questa sezione importante soprattutto perch Ireneo vuol far vedere che
nessuno lontano dal Verbo (riferimento alle differenti religioni). Il Padre trascendente e
invisibile, ma il Figlio, in qualit di mediatore, lo rivela e dona lo Spirito.

I V. E lui [il Verbo, Cristo] che dice a Mos: ho ben veduto lafflizione
del mio popolo che in Egitto, e sono sceso per liberarli; il Verbo di Dio,
abituato fin dal principio, a salire e discendere per la salvezza di coloro che
erano afflitti (4.12.4).

Ireneo cerca di difendere la trascendenza del Padre, e fa vedere che le visioni dellAT sono in
realt Cristofanie, e non teofanie. Il Verbo era attivo sin dallinizio della storia del popolo di
Dio, ed era lui il mediatore con il Padre. Ireneo segue una pista che si trova in S. Paolo (1Cor
10,4: tutti bevvero la stessa bevanda spirituale, bevevano infatti da una roccia spirituale che
li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.) e in Gv (12,41). Giustino, invece, interpreta
Cristo come angelo o messaggero nellAT.

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 41
V. Il Verbo di Dio, Ges Cristo Signore nostro, che per il suo
sovrabbondante amore si fatto ci che siamo noi, per fare di noi ci che
lui stesso (5 pref.). Per questo appunto il Verbo si fece uomo e il Figlio di
Dio si fece Figlio delluomo, affinch luomo.. diventi figlio di Dio ... come
avremmo potuto unirci allincorruttibilit e allimmortalit, se prima
lincorruttibilit e limmortalit non fosse divenuta ci che siamo noi?
(3.19.1). Contro gli ebioniti: Come possono essere salvati, se non era
Dio che oper la loro salvezza sulla terra? (4.33.4).

Dio diventa uomo affinch noi fossimo divinizzati: lidea dell admirabile commercium.
Contro alcuni giudeo-cristiani, gli ebioniti, Ireneo sviluppa questo punto, insistendo sul fatto
che per la salvezza gli uomini avevano bisogno dellintervento di Dio.

VI . E Dio colui che avevamo offeso nel primo Adamo, non compiendo il
suo comandamento, e con il quale, nel secondo Adamo, siamo riconciliati,
divenendo obbedienti fino alla morte (5.16.3). Come per la sconfitta di un
uomo, il genere umano discese nella morte, cos per la vittoria di un uomo
saliamo alla vita (5.21.1). Come Eva dunque, disobbedendo divenne causa
di morte per s e per tutto il genere umano, cos Maria ... obbedendo
divenne causa di salvezza per s e per tutto il genere umano (3.22.4) Il FdD
quando si incarn e divenne uomo, ricapitol in se stesso la lunga storia
degli uomini... affinch ricuperassimo in Cristo Ges, ci che avevamo
perduto in Adamo, cio lessere ad immagine e somiglianza di Dio
(3.18.1).

Cristo il secondo Adamo che, attraverso la sua divinit e umanit, ha potuto salvarci. Il
primo Adamo ci port la morte, il secondo Adamo ci ha portato la vita. Maria, seconda Eva,
la donna obbediente che ci dona la salvezza, dando alla luce il Salvatore del mondo. Lultima
idea quella della ricapitolazione, ossia del recupero di ci che avevamo perduto in Adamo.
E questo un altro aspetto dellidea della ricapitolazione vista come restaurazione: Cristo
riassume e porta a compimento la storia dellumanit.

VI I . Giovanni conosce un solo e medesimo Verbo di Dio - e questo
lUnigenito e si incarnato per la nostra salvezza, Ges Cristo nostro
Signore ... affinch ... non pensassimo che altro era Ges e altro Cristo, ma
sapessimo che uno solo e il medesimo (3.16.2). Il Verbo, lUnigenito, che
da sempre vicino al genere umano, si un e si mescol alla sua creatura...
e si fece carne; e questo stesso Ges Cristo Signore nostro, che pat per
noi e risuscit per noi (3.16.6). A proposito del battesimo... non vero che
allora Cristo discese in Ges, n che altro Cristo e altro Ges; ma il
Verbo di Dio, il Salvatore di tutti e Signore del cielo e della terra, che
Ges (3.9.3).

Gli gnostici cercavano di distinguere tra Ges uomo e il Cristo, il Verbo eterno creatore del
cosmo: Ireneo difende lunit di Ges Cristo, poich il Verbo eterno Ges, che ha avuto una
storia umana. Ireneo ripete come ritornello lespressione uno solo e medesimo, per
sottolineare questunit del Cristo. In 3.16.6, Ireneo usa un linguaggio ambiguo (si un e si
mescol...), ma lintento di sottolineare la vera umanit di Ges Cristo.



TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 42
LA DIVINIT E LUMANI T DI CRI STO: TERTULLI ANO E ORI GENE
(LEZIONE DEL 19.03.96)

Vedremo in primo luogo, secondo i due autori, il rapporto che esiste tra lumanit e la divinit
in Cristo; in secondo luogo vedremo come si concilia, per essi, la divinit di Ges e la sua
appartenenza alla Trinit con il monoteismo ebraico.

1. Tertulliano
Combatteva su due fronti: allinterno della stessa comunit cristiana, e allesterno, contro il
politeismo pagano.
1.1. Contro il monarchismo modalista: i cristiani modalisti erano per un monoteismo rigido,
senza distinzioni personali allinterno della divinit. In primo luogo i Patripassiani, con a capo
Prassea, ritenevano che il Padre colui che si incarnato, ha sofferto sulla croce ed
risuscitato. Lunico soggetto in Dio il Padre.
Vi era poi Noeto che seguiva la stessa linea di Prassea. I Sabelliani (220 d.C.) hanno esteso lo
stesso errore alle tre persone della divinit: queste erano semplicemente tre modi di rivelarsi
dellunico soggetto divino. Il loro fondatore, Sabellio, fu condannato da Papa Callisto (DS
105), ma la sua dottrina si era gi diffusa in gran parte dellAfrica del nord. Alcuni fra i
Sabelliani erano pronti a parlare di tre prosopon, tre ruoli diversi di Dio, ma comunque non
esisteva affatto, per loro, distinzione personale in Lui. Essi affermavano lesistenza di una
hypostasis e tre ruoli, in cui il Logos/Figlio non si distingue affatto dal Padre.
Vi erano poi gli Adozionisti, secondo cui il Ges storico era un mero uomo, su cui scese lo
Spirito Santo: Ges, quindi fu deificato (adottato come Figlio) al momento del Battesimo,
tuttal pi dopo la Risurrezione, ma non ha nulla di diverso dagli altri profeti.
1.2. Laltro fronte di combattimento di Tertulliano era costituito dal politeismo pagano:
Tertulliano cerca di difendere lunit in Dio, sviluppando un linguaggio trinitario: assieme ai
Padri Cappadoci, esamin la Trinit, per poi passare alla Cristologia.
1.3. Tertulliano, circa la Trinit, adoperava un linguaggio che affermava una sostanza e tre
persone (anche se usa il termine sostanza allo stesso modo in cui noi usiamo natura). Egli
riconobbe in Dio una unit o sostanza differenziata: essa non divisa, bens complessa, e al
suo interno vanno distinte le tre divine persone. Egli fu il primo ad adottare massicciamente il
termine persona, e per primo attribuisce a Dio il termine Trinitas. Le tre persone partecipano
alla sostanza comune: non sono divise o separate, ma distinte. Come salvaguardare allora il
monoteismo, senza cadere nellequivoco politeista?
Tertulliano adott delle analogie rifacendosi al mondo materiale, che chiaramente lui stesso
riconobbe come limitate: ad es., il Logos procede dal Padre come un raggio dal sole; lo stesso
ragionamento vale per lo Spirito. Cos, lespressione che usiamo nel Credo Luce da luce, si
rif a questidea di Tertulliano. Altra analogia era quella della fonte da cui scaturisce un
fiume, al quale si collegano poi diversi canali dacqua. Si tratta senzaltro di immagini
limitate, poich ci rimandano in qualche modo al subordinazionismo, o addirittura che il
Figlio e lo Spirito siano una porzione del Padre, ma che ci dicono qualcosa della realt
trinitaria.
1.4. Circa la Cristologia, Tertulliano affermava la vera e reale Incarnazione, poich il FdD ha
assunto una vera esistenza umana, in un corpo di carne, contro i docetisti e contro Marcione, il
quale aveva una visione negativa della materia. Una frase cara a Tertulliano era: Caro, cardo
salutis, ossia la carne, cardine della salvezza. Egli insistette moltissimo su questo aspetto:
Ges, vero Dio ma anche vero uomo. Inoltre, svilupp la terminologia trinitaria circa il Padre
ed il Figlio: per questultimo, le due sostanze (nature diremmo noi) conservano le loro
propriet e sono congiunte, non mescolate in una sola persona. Questa intuizione di Tetulliano
fu ripresa da Calcedonia e dal Papa Leone Magno.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 43
I suoi contributi sono dunque diversi: anzitutto terminologicamente, adottando i concetti di
sostanza e persona; in Cristo vi una sola persona con due sostanze (nature) non mescolate.
Contro gli gnostici, conserva lumanit integrale del Cristo; nel mondo occidentale Tertulliano
ha eliminato in anticipo tendenze eterodosse provenienti dallOriente.
Ad es., contro Ario, Tertulliano faceva vedere che si pu riconoscere in Ges il vero Dio;
contro Apollinare, esclude in anticipo la divisione di Ges FdD e Ges Figlio di Maria: Ges
una persona sola.

2. Origene (+254)
Contemporaneo di Tertulliano , nato ad Alessandria, soffr la persecuzione dei Romani. Fu
uno scrittore prolifico, forse il pi fecondo del bacino Mediterraneo. La sua specialit era
lesegesi, tendendo, pi che ad una teologia sistematica, a ricavare commenti spirituali dalle
Scritture. Origene converge con Tertulliano, nel senso che sviluppa la sua teologia in reazione
alle eresie del tempo. Contro i modalisti, manteneva le tre hypostasis nella Trinit: hypostasis
nel senso di soggetto individuale e non di sostanza.
2.1. Contro gli Adozionisti, difendeva la generazione eterna del Verbo: il Cristo non una
creatura, ma esiste eternamente, anzi non c stato un momento in cui non fosse (ouk en
hote ouk en, cfr De Principiis 1.2.9; 4.1.2; 4.4.1). Contro i Valentiniani, negava qualsiasi
divisione in Dio: Egli non si separa dal Figlio, cos come questi non una porzione del Padre,
anche quando si incarna.
2.2. Origene sosteneva una sorta di subordinazionismo quando parlava delle missioni
economiche del Figlio e dello Spirito. Nonostante parlasse del potere infinito del Figlio e dello
Spirito, al pari del Padre, e della loro eternit, Origene ha spesso fatto uso di un linguaggio
maldestro e impreciso. Il Logos, per Origene, il mediatore, un po come nel platonismo, lo
strumento della Creazione e della Rivelazione. Tutto sommato evidente che Origene affermi
in tutte le sue opere la divinit del Figlio.
2.3. Circa lumanit del Verbo, manteneva una teoria platonica: la preesistenza delle anime,
che solo successivamente, e a partire da un dato momento, vengono ad esistere in un corpo
creato. Cos sarebbe avvenuto anche per Ges. E vero che lanima di Ges in quanto uomo,
cos come il suo corpo, una realt creata anche se priva di peccato, ma non lecito parlare
della preesistenza dellanima.
Origene sembra anche introdurre esplicitamente lidea della Communicatio idiomatum,
concetto che probabilmente risale ad Ignazio dAntiochia e a Paolo stesso. La comunicazione
degli idiomi consiste in questo: c un solo soggetto in Cristo che gode di due nature distinte,
una infinita, divina, laltra umana, finita. In virt della Communicatio idiomatum, si possono
attribuire ad una natura gli attributi propri dellaltra. Ad es., Il FdD mor sulla croce: Ges,
vero Dio, mor sulla croce, ma in quanto era anche vero uomo. O ancora: Il Figlio di Maria
cre il mondo. Ges, vero uomo, cre il mondo, poich era anche vero Dio. Il titolo
Teotokos, Madre di Dio, pu cos essere applicato a Maria in virt della communicatio
idiomatum: Maria ha dato la vita alluomo Ges, il quale per, vero Dio, quindi Maria
Madre di Dio.
TESI 7: linsegnamento cristologico di Nicea I, Costantinopoli I,
Efeso, Calcedonia e Costantinopoli III.

LA DI VI NI T DEL FI GLI O /LOGOS: ARI O, NI CEA E S.ATANASI O

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 44
1. Ario ( 260-336 d.C.)
Abbiamo parlato precedentemente della dottrina trinitaria di Origene: tre hypostasis, ossia tre
individui distinti tra loro. Origene, in qualche modo, ha insinuato una sorta di subordinazionismo del
Figlio e dello Spirito rispetto al Padre.
1.1. Ario apparteneva alla scuola di Alessandria e spinge alla forma estrema il subordinazionismo di
Origene. Per Ario solo il Padre il vero Dio, poich ingenerato, e lessenza divina incomunicabile.
Il sostantivo homoousios, per Ario, inaccettabile, poich interpretava in modo fisico quellaggettivo,
quasi che il Figlio fosse una porzione fisica del Padre; ma Dio non si pu dividere in due o tre parti.
1.2. Anche i Sabelliani fanno da sfondo ad Ario: essi erano per la monarchia divina assoluta, non
distinguendo Padre, Figlio e Spirito, che altro non sono che ruoli differenti dellunico soggetto divino.
Essi, pertanto, si rifiutavano di distinguere i tre principi personali divini. Ario, invece, faceva queste
distinzioni, anche se ha trascurato lo Spirito. Volendo inoltre salvaguardare lassoluta unit di Dio,
diceva che il Figlio era infinitamente inferiore al Padre: una creatura, ma non come le altre creature.
Atanasio gli rimprover questa sciocchezza. Il Figlio era creato ex-nihilo, per volere del Padre;
inoltre, non esisteva dalleternit. Ario si serv della frase c stato un momento in cui non esisteva,
frase del III sec., che Origene aveva rigettato.
1.3. Il Logos, per Ario, quasi un demiurgo intermediario tra Dio e lUniverso, inferiore a Dio, che
forma le altre creature: non veramente Dio, cos come non veramente uomo. Difatti, per Ario, il
Logos incarnato non ricevette lanima umana razionale. Questa idea falsa ritorner qualche decennio
dopo, nelle opere di Apollinare.
1.4. I primi Xni seguivano la prassi della sinagoga: gli Ebrei alla fine della preghiera, aggiungevano la
dossologia per rendere gloria a Dio. Nel IV sec., la dossologia era Gloria al Padre per il Figlio nello
(o con lo) Spirito, e Ario interpretava il per come linferiorit del Figlio. I Xni ortodossi, invece,
ripresero la dossologia anteriore, risalente gi al III sec. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito
Santo: si tratta della piccola dossologia, mentre la grande dossologia il Gloria in excelsis Deo.

2. IL CONCILIO DI NICEA (325)
2.1. Il concilio sottoline la vera divinit del Figlio, anche se us in parte una terminologia non
sempre precisa. Il Figlio dalla sostanza (ousia) del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da
Dio vero, generato, non creato, consostanziale al Padre (DS125); il Padre quindi comunica
pienamente la sua divinit al Figlio. La divinit di Ges espressa in dimensione trinitaria, e non al di
fuori di tale contesto. A Nicea si deve dunque lespressione generato, non creato.
2.2. I Padri Conciliari condannarono coloro che sostenevano la non preesistenza del Figlio: antema
contro quelli che ritengono del Figlio che ci fu un momento in cui non cera, fu creato dal nulla e di
unaltra hypostasis o ousia dal Padre (DS126), compresi Ario e i suoi seguaci. Essi adotteranno i
termini hypostasis e ousia come sinonimi. Papa Dionigi, scrivendo al Vescovo di Alessandria, usava
hypostasis come sostanza/essenza, e non come Origene: principio individuale.
Laggettivo homoousios = della stessa sostanza, ha trovato alcune difficolt: era da intendere come
essenza comune a diversi individui (sostanza generale), o specifica e individuale?
Atanasio riconobbe il problema: il senso numerico individuale di tale aggettivo fu chiarito in seguito
dai padri Cappadoci. Laltro equivoco risale alluso dei termini hypostasis e ousia. Se si usa della
stessa hypostasis, alcuni Vescovi obiettavano che si potesse cadere nellerrore Sabelliano: nessuna
distinzione personale.

3. DOPO NICEA
I Vescovi accettarono con riluttanza homoousios; alcuni proposero il termine homoiousios = di
una sostanza simile. Come mai, per, i Padri conciliari scelsero homoousios? Forse per opporsi ad
Ario, che rifiutava in assoluto il termine homoousios.
3.1. Alcuni Vescovi dicevano che homoousios non era un termine biblico, e quindi non andava
adottato. Il nostro stesso Credo segue un linguaggio biblico, per cui non era opportuno usare un
termine extra-biblico. Paolo di Samosata, Vescovo deposto, us lo stesso aggettivo, pertanto i Vescovi
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 45
non vollero riprendere lo stesso suo linguaggio. Altri vedevano una possibile erranza linguistica, come
per i Sabelliani. Laltra questione riguardava il significato specifico o generico di homoousios, ma
tale questione non fece molta strada.
Altri ancora dicevano che tale aggettivo poteva interpretarsi in senso materiale, e pertanto il Padre ed
il Figlio erano due parti della stessa materia.
3.2. I difensori del termine furono diversi, ad es. Basilio: egli, in dialogo con quelli che preferivano
homoiousios, affermava che somiglianza non pu essere il termine adatto per esprimere la divinit
del Padre e del Figlio. Il termine poteva essere accettato solo se indicava una somiglianza senza
differenza. Egli, inoltre, proponeva la linea di Origene, interpretando hypostasis come principio
individuante, distinto da ousia. Egli dice: Accetto la formulazione simile per essenza se vi si
aggiunga lespressione senza differenza (Epist. 9.3). Basilio inoltre appogger la piccola
dossologia Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, risalente a Mt 28,19.
3.3. Atanasio (295-373) fu un altro difensore dellinsegnamento Xtologico di Nicea: egli si oppose
agli Ariani, ma dal 350 insistette sul termine homoousios per esprimere lunit del Figlio col Padre.
Al tempo stesso era aperto al termine homoiousios, a qualche condizione: il Figlio eterno, sempre
presente al Padre, e non una creatura per volere divino.
3.4. La Xtologia di Atanasio detta del Logos/sarx, aveva al centro Gv 1,14: Il Verbo si fece carne.
Egli metteva in rilievo la divinit del Figlio dicendo che il Padre non mai senza il suo Verbo. La
creazione operata dal Figlio sta ad indicare la divinit stessa del Figlio. Circa la divinizzazione di noi
uomini, Atanasio diceva che una simile opera la poteva realizzare solo un figlio naturale di Dio,
ossia un Figlio realmente Dio. Vi per qualche ombra nella Xtologia di Atanasio: egli non accetta la
mescolanza tra umanit e divinit in Ges, e neanche che il Figlio abbia assunto lumanit
trasformandosi, come potrebbe succedere se lacqua miracolosamente si trasformasse in vino. Ges,
per Atanasio, ha sofferto fisicamente, pur senza mai aver avuto malattie. Lanima razionale umana,
inoltre, non era importante teologicamente: la sua interpretazione apriva la strada ad Apollinare, che
negava lanima razionale di Xto. Ancora oggi, per, alcuni ritengono che lanima del Xto fosse solo
divina e non realmente umana.

LUMANITA E LUNITA DI CRISTO

1.1. Nicea ha dato un insegnamento piuttosto trinitario, mantenendo la divinit eterna del Figlio. La
questione si estende alla divinit dello Spirito. Verso il 360 vi erano due partiti: gli homoousiani, che
sostenevano che Figlio e Spirito erano della stessa sostanza del Padre; contro di loro vi erano gli
Ariani, o Anomei, secondo i quali lo Spirito inferiore al Padre ancor pi del Figlio.
1.2. Una ousia e tre hypostasis la terminologia classica, che risponde alla formula di Tertulliano
una sostanza e tre persone. I Padri Basilio, Gregorio Nazianzeno e spesso Gregorio di Nissa,
usavano scambievolmente hypostasis (sussistenza individuale e distinta con le propriet particolari) e
prosopon (il volto o la manifestazione visibile dellhypostasis). Prosopon un termine meno
metafisico rispetto a hypostasis.
Il termine physis, usato da Origene e Atanasio, fu usato anche nel concilio di Costantinopoli
I.
1.3. Atanasio, che mor dopo una vita tormentata, parla della physis di Dio; pur essendo pronto a
parlare di tre hypostasis in Dio, preferisce usare prosopon. Egli non condivide il linguaggio dei Padri
Cappadoci, ma riprendendo Nicea, usa hypostasis come principio individuale.
1.4. Con Costantinopoli I (381) abbiamo lo stesso linguaggio trinitario dei Padri Cappadoci: in
occasione del Sinodo post-conciliare, in una lettera a Papa Damaso, i Padri sinodali adottano il
linguaggio dei Padri Cappadoci: una sola divinit, potenza, sostanza (ousia) ... in tre perfettissime
hypostasesin, cio in tre perfetti prosopois (Conciliorum Oecumenicorum Decreta, p.28).

2.1. La problematica Xtologica fu causata da Apollinare: Atanasio riprese quello stesso linguaggio per
errore. Incarnandosi, il Verbo di Dio non avrebbe assunto, secondo Apollinare, una umanit integrale.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 46
Apollinare usava sarx nel senso greco e non in quello biblico: in questultimo caso sarx indica
lumanit intera (tutti gli uomini), o unumanit integrale.
2.2. Apollinare interpretava sarx secondo luso greco. Luso di physis anche equivoco, mettendo da
una parte in rilievo lunit del soggetto, dallaltra il principio unico attivo nel Verbo incarnato, ma
senza lanima razionale. Il concetto di sarx dunque ridotto a corpo pi anima vivificante ma non
razionale.
2.3. Gregorio di Nazianzo, e dopo Gregorio di Nissa, parlano, nella Xtologia, delle due physeis di
Xto. Per primo Gregorio Nisseno distingue physeis e il prosopon di Xto. Il vocabolario trinitario
dunque assunto in Xtologia.
Solo a partire dal 431 si comincia ad applicare hypostasis a Xto.

3. Costantinopoli I: riafferma che il Figlio homoousios al Padre (v. gi Concilio di Nicea), contro gli
Anomei e quelli che negavano la divinit dello Spirito Santo. Essi non hanno per introdotto nel
nostro Credo laggettivo homoousios in riferimento allo Spirito. Vi fu anche unantema
allinsegnamento di Apollinare, che negava lumanit integrale di Xto, escludendo la presenza di
unanima superiore. In conclusione: Nicea afferma che Ges veramente Dio; Costantinopoli I, che
Ges veramente uomo.

4. Lunit di Xto secondo i Cappadoci: come spiegare il mistero dellunione in Xto della sua umanit
e divinit?
I Padri Cappadoci non sono stati di grande aiuto; essi cercavano di spiegare lunit con termini presi
dalla filosofia stoica: si servono delle categorie materiali di krasis e synkrasis (mescolanza). Si
possono mescolare due metalli o altre sostanze, ma non si pu parlare allo stesso modo circa
lumanit e la divinit di Xto. Questa diventer, un sec. dopo, leresia dei monofisiti.

5.1. La scuola antiochena (Logos/anthropos) e quella alessandrina (Logos/sarx): come spiegare
lunione tra la vera divinit (contro leresia ariana) e lumanit perfetta (contro leresia apollinarista)?
Ad Antiochia (Xtologia dal basso: dai Vangeli), e ad Alessandria (Xtologia dallalto: da Gv) vi
quella sorta di opposizione Logos anthropos - sarx: S.Giovanni Crisostomo (Antiochia) da una parte e
Cirillo dAlessandria dallaltra.
Entrambe le scuole volevano opporsi ad Ario e ad Apollinare, mantenendo la vera divinit e umanit
di Xto, anche se seguivano vie differenti. Difatti gli Ariani erano abbastanza presenti, nonostante la
condanna di Nicea; gli apollinaristi invece non sparirono subito.
5.2. Nestorio (+451) dal 428 patriarca di Costantinopoli. Il suo problema era di tipo terminologico. Il
termine synapheia indicava per lui una sorta di unione morale delle due nature, in un prosopon di Xto.
Egli voleva difendere lintegrit delle due nature, ma il termine synapheia potrebbe anche voler
indicare due individui. La sua Xtologia era quindi criticabile, poich poteva alludere non ad un unico
soggetto. Il termine prosopon, per Nestorio, non indicava una mera apparenza, ma una
manifestazione; ma il termine in questione potrebbe avere significato puramente funzionale: due figli,
quello di Maria e quello di Dio, uniti moralmente. Il termine prosopon, inoltre, era usato al plurale, il
ch indicava che in Xto ci sono due soggetti.
Cirillo dAlessandria critic prontamente questa posizione sbagliata di Nestorio.
5.3. Altro problema attorno al titolo mariano di Teotokos = Madre di Dio. Questo era gi usato dalla
gente comune, e risale al Vangelo di Lc, quando Elisabetta chiama Maria Madre del mio Signore
(Kyrios) (cfr Lc 1,43). Quel titolo, sviluppato da Origene, e usato nel IV sec., era quindi alquanto
diffuso. Nestorio non poteva accettare tale titolo: sappiamo per che tale titolo legittimo in virt
della communicatio idiomatum. Nestorio, forse, non ha riflettuto abbastanza sul Credo, il quale
parla di un solo soggetto, Ges Xto nostro Signore, FdD, con diversi attributi umani e divini.

I L CONCI LI O DI EFESO (431)

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1.1. La problematica centrale stata creata dallinsegnamento di Nicea I e da Costantinopoli I
(divinit e poi umanit del Xto). Nella lettera sinodale mandata da Papa Damaso (382) si dice
divenuto perfetto uomo negli ultimi tempi per la nostra salvezza. Quel Sinodo stato trascurato
perch avvenne subito dopo Cost.I, e ci d linterpretazione ufficiale del nostro Credo. Lenfasi
messa sulla salvezza: il motivo soteriologico centrale. I primi due concili (Nicea e Cost. I) volevano
dunque difendere lintegrit della divinit e lumanit del Xto. Ma come interpretare lunione tra le
due senza eliminare la diversit?
1.2. Il problema pu essere ricondotto alla comunicazione degli idiomi, la prassi che risale al NT: ad
es., S. Paolo dice che il Signore della gloria fu crocifisso. La comunicazione degli idiomi permette
di parlare dello stesso soggetto secondo gli attributi di una natura, e al tempo stesso di una seconda
natura posseduta dallo stesso soggetto. Ad es., Il Figlio di Maria cre il mondo, intendendo che
Ges, nato da Maria, in quanto Dio, cre il mondo. Questa prassi risale dunque a S.Paolo e ai primi
Padri della Xsa, come Melitone di Sardi (Dio fu crocifisso); Tertulliano ugualmente adott un
linguaggio simile. Anche i Padri cappadoci, come Gregorio di Nazianzo, che scrisse il Figlio di Dio
nacque... La questione per si concretizz attorno al titolo mariano di theotokos, che ha tuttavia
una portata Xtologica: Maria detta Madre di Dio. Come possiamo affermare questo? Alcuni
pensavano fosse sufficiente dire che Maria madre delluomo Ges. Ma liturgicamente, anche
secondo lusanza popolare, Maria Madre di Dio. E un solo soggetto che giustifica quella
attribuzione: il Figlio dellEterno anche Figlio di Maria.
1.3. Il problema, dalla fine del IV sec., era quello di cercare la soluzione a livello delle nature, invece
che al livello personale. Alcuni sostennero, secondo unanalogia maldestra, che lunione tra le nature
del Xto come lunione tra lanima ed il corpo (v. Cirillo...). Si tratta di unanalogia rifiutata ad es.,
da S.Tommaso. Difatti, anima e corpo non sono nature complete: la nostra anima e il nostro corpo
divengono una sostanza completa solo stando assieme. Nel caso del Xto si tratta dellunione di due
nature complete.
Inoltre, lumanit e la divinit rappresentano una dualit di nature, che di per s non pu giustificare
lunit. Infatti, la soluzione del problema si trova a livello personale.

2. Nestorio voleva ad ogni costo mantenere la distinzione tra umanit e divinit di Xto, poich solo
cos, per lui, veniva mantenuta lintegrit di entrambe le nature. Egli afferma che bisogna distinguere
luomo Ges e il FdD ... per non far scomparire le propriet delle nature (ta ton physeon)
assorbendole nellunica filiazione (epistola a Cirillo). Il problema relativo a Nestorio, con il termine
congiunzione non indicava la kenosi dellunione, ma di una separazione tra umanit e divinit.
Tutto sommato la terminologia di Nestorio introduceva due soggetti, il FdD e il Figlio di Maria uniti
moralmente tra loro.

3.1. Cirillo, senza saperlo ha adottato una frase di Apollinare: mia physis tou (theou) logou
sesarkomenoe(ou); credeva infatti che la frase fosse di Atanasio. Cirillo voleva difendere lumanit
integrale del Xto, ma in realt la frase alquanto equivoca. Con Mia Physis, Cirillo voleva riferirsi
ad un unico soggetto (concreto, esistente) in Xto. Ma allepoca physis poteva anche indicare natura,
come principio di attivit, sicch alcuni critici leggevano quella frase come se venisse mescolata
lumanit e la divinit del Xto. Cirillo stesso si difese da quelle critiche dicendo che non voleva creare
quella confusione.
3.2. La seconda Epistola di Cirillo a Nestorio un documento estremamente importante per lo
sviluppo della dottrina Xtologica, e prepar la strada al Concilio di Calcedonia. Ci sono almeno sette
punti centrali:
1) Cirillo si appella al Credo, considerandone il valore teologico: l gli attributi umani e divini sono
riferiti allo stesso soggetto. Si confessa infatti un solo Signore Ges Xto, Dio vero da Dio vero,
della stessa sostanza del Padre,... si fatto uomo..., sicch il nostro credo esemplifica la
comunicazione degli idiomi.
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2) Nella stessa lettera Cirillo introduce lespressione kathhypostasin, che la grande eco anche a
Calcedonia, ossia unione ipostatica; ma non dobbiamo commettere un errore anacronistico: a volte
vuol dire ipostaticamente, ipostaticamente, ma quando Cirillo usa lespressione vuol dire
sostanzialmente, e non sempre del tutto chiara.
3) Parla anche di una carne animata da unanima razionale (logik), opponendosi chiaramente ad
Apollinare. Indubbiamente Cirillo non esplorava il significato teologico dellanima razionale del
Xto, ma senza dubbio non apollinarista.
4) Si parla inoltre di due nature, nonostante lespressione mia physis, linguaggio che poi diventer
ufficiale a Calcedonia.
5) Si parla anche della doppia generazione, idea che risale ad Ireneo.
6)La comunicazione degli idiomi, idea che risale ad Origene e che Cirillo rende pi esplicita.
7) Cirillo difende anche il linguaggio che risale ad Ireneo: un solo soggetto in Xto, opponendosi
allidea dei due Figli, e di usare il termine prosopon al plurale. Difende inoltre il titolo
mariano di theotokos.

4.1. Concilio di Efeso (giugno 431): Cirillo si dimostrava un po prepotente, in quanto apr il Concilio
senza aspettare i Vescovi provenienti da Antiochia, il Patriarca e i tre delegati del Papa. Il Concilio
essenzialmente riconobbe la seconda lettera di Cirillo come conforme alla fede di Nicea I: in quella
lettera Maria detta theotokos, sicch quel titolo venne approvato come valido. Scomunic
Nestorio, che fu quindi deposto.
4.2. Limportanza del Concilio sta nel fatto che si oppone a qualsiasi separazione tra lumanit e la
divinit di Xto: Efeso mette quindi in rilievo lunione tra umanit e divinit. Ma se lumanit e la
divinit non sono separate, come si illumina la loro distinzione? Efeso non intendeva negare la
distinzione tra umanit e divinit, anche se non lha spiegarta. Inoltre, cosa succede alla nuova
umanit creata di Ges nellincarnazione, quando il Logos la assume? Efeso non ha chiarito questi
punti. Altro problema riguarda la terminologia, che per diversi anni rimasta alquanto fluida. I
termini chiave sono hypostasis, prosopon e physis. Cirillo, ad es., grande protagonista del Concilio,
usa indifferentemente sia mia physis che due nature. Anche per quanto riguarda hypostasis, Nicea
lo usava come sinonimo di ousia (essenza, sostanza), e Cirillo stesso usava hypostasis e prosopon
come sinonimi.

5.1. I vescovi antiocheni (esclusi dal concilio da Cirillo) composero la cosiddetta formula di unione,
accettata da Cirillo, e adottata da Calcedonia. In quella formula (agosto 431) gli antiocheni accettano
il titolo mariano di theotokos, e quindi implicitamente accettano la comunicazione degli idiomi
(abbandonando Nestorio). In secondo luogo parlano di perfetto Dio e di perfetto uomo: le due
nature, umana e divina, sono perfette in Xto. Accettarono la doppia generazione, eterna e temporale, e
la doppia consostanzialit: Xto consostanziale al Padre nella sua divinit, e agli uomini nella sua
umanit. Abbandonarono il termine congiunzione di Nestorio, e adottarono il termini henosis =
unione, usato da Cirillo e duo physeon = due nature, inconfuse. In questo modo prepararono la
strada per il concilio di Calcedonia.
5.2. Cirillo, nellepistola 39 cita parola per parola la formula di unione, volendo evitare qualsiasi
malinteso, accettando lespressione delle due nature, ecc.. Per parla della differenza delle nature
dalle quali c lunione, aprendo la porta, non volendo, alleresia di Eutiche: lidea delle due nature
prima dellincarnazione, confuse nellincarnazione.

I L CONCI LI O DI CALCEDONI A (451)

Le scuole di Antiochia e Alessandria ebbero un influsso notevole ai Concili di Efeso e Calcedonia:
esse difendevano lumanit e la divinit di Xto, e si opponevano, quindi, ad Ario e ad Apollinare. La
differenza che Antiochia proponeva una Xtologia dal basso, preferendo i Vangeli sinottici
(Giovanni Crisostomo fece un ampio commento al Vangelo di Matteo), mentre la scuola di
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Alessandria proponeva una Xtologia dallalto. Essa metteva in rilievo lunione in Xto, mentre
Antiochia metteva in risalto la distinzione tra lumanit e la divinit di Xto. Si tratta ovviamente delle
tendenze tipiche delle due scuole.

Dopo Efeso (431), la formula di unione mise pace tra Antiochia ed Alessandria: Nestorio fu deposto e
mandato in esilio. Dopo la morte di Cirillo dAlessandria (444), ci fu una polemica suscitata da:
1.1. Eutiche, che affermava che dopo lincarnazione, la natura umana del Xto stata assorbita da
quella divina. Nonostante la sua veneranda et e la sua confusionariet, ebbe un grande influsso,
spingendo alleccesso linsegnamento di Cirillo. Apr la strada al monofisismo (una sola natura in
Xto), ma tutto sta nel come si interpreta il termine physis.
I Difisiti, che difendevano le due nature nel Xto, potrebbero essere ortodossi o eterodossi a seconda
della definizione che essi adottano di physis.
Tornando a Eutiche e alla sua teoria, dopo lincarnazione ci sarebbe una sola physis in Ges, quella
divina. Egli propone una sorta di mescolanza: la natura umana sta a quella divina come una goccia di
miele nel mare, cio sparisce. Eutiche fece appello alla formula controversa di Cirillo: mia physis tou
(Theou) Logou sesarkomene. Cirillo, sappiamo, voleva sottolineare lunicit del soggetto. Eutiche,
invece, con la sua teoria, metteva in dubbio la nostra redenzione, poich ci che non assunto non
redento. Dal momento che la natura umana sparisce nel Xto, assorbita da quella divina, come pu
egli aver salvato lumanit?
Ecco che questa posizione fu fortemente attaccata.
1.2. A Costantinopoli (448) il Sinodo permanente presieduto da Flaviano, condanna Eutiche. Flaviano
parlava di unhypostasis e un prosopon in Xto.
1.3. Un anno dopo Eutiche sar riabilitato al Sinodo di Efeso del 449, sinodo che il Papa Leone
Magno defin Latrocinium, poich avevano deposto Flaviano e approvato Eutiche. Papa Leone
scrisse una lettera a Flaviano, un documento di autentica Xtologia.

2. Il Tomus ad Flavianum: Dalle espressioni chiare e concise, con luso di antitesi: un equilibrio fra
la dualit delle nature e lunit della persona.

Salva igitur proprietate utriusque naturae et in unam coeunte personam,
suscepta est a maiestate humilitas,[a virtute infirmitas, ab aeternitate
mortalitas]
(DS 293; COD, pag.28)

Rimanendo quindi intatta la peculiarit di ambedue le nature e convenendo in
ununica persona stata assunta dalla maest lumilt [dalla potenza la
debolezza, dalleternit la mortalit.]

Questa lettera in primo luogo mette in rilievo la nostra salvezza: Dio si fatto uomo affinch fossimo
divinizzati. Papa Leone Magno usa unespressione di Tertulliano: Nellincarnazione le due nature
mantengono le loro caratteristiche. Tertulliano parlava di due sostanze, mentre Papa Leone parlava
di nature, termini che per nel loro contesto si equivalgono. Tertulliano dice anche ... et in unam
coeunte personam, adoperando il termine persona. Si parla anche della generazione del Xto: Leone
segue lidea della doppia generazione di Ireneo (da Dio e da Maria), secondo quanto diceva anche il
Credo, che mette in rilievo lunicit del Xto.

3.1. Il Concilio di Calcedonia fu voluto dallimperatore Marciano: Papa Leone pensava che con la sua
lettera avesse risolto il problema tra Eutiche e Flaviano, ma limperatore insistette affinch il Concilio
avesse luogo. Esso ebbe loriginalit di interpretare dinamicamente la dottrina della fede,
confermando il Simbolo Niceno integrato da Costantinopoli I. Calcedonia riconobbe anche il valore
ortodosso della seconda lettera di Cirillo a Nestorio, la lettera di Cirillo a Giovanni dAntiochia del
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433 ed il Tomus di Papa Leone Magno. Approv anche una nuova formula del Credo, che risent della
formula dunione e del Tomus.
3.2. La prima parte riassume la formula dunione, aggiungendo solo due frasi: vero Dio e vero
Uomo; simile in tutto a noi, fuorch nel peccato. Il testo il seguente:

Seguendo i santi padri, allunanimit noi insegniamo a confessare un solo
e medesimo Figlio, il Signore Ges Cristo, perfetto nella sua divinit e
perfetto nella sua umanit, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima
razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinit, e
consostanziale a noi per lumanit, simile in tutto a noi, fuorch nel peccato
(cf Eb 4,15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinit, e in
questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e
madre di Dio, secondo lumanit
(DS 301)

Calcedonia, quindi, non propone un Credo ma un insegnamento, come si legge chiaramente
allinizio del testo. Essi affermano lunione in Xto della perfetta divinit e della perfetta umanit.
Contro Apollinare conferma che Ges ha unanima razionale; consostanziale a Dio (divinit) e agli
uomini (umanit). E confermata anche la doppia generazione, cos come il titolo teotokos per Maria.
Si tratta di 6-7 elementi che nella prima parte di Calcedonia derivano dalla formula dunione.
3.3. La seconda parte, pi innovatrice, confessa lunico e medesimo Xto in due nature, opponendosi
chiaramente ad Eutiche che affermava: da due nature.
Il testo greco usa quattro avverbi che si possono cos tradurre:

Uno e medesimo Cristo Signore unigenito, da riconoscersi in due nature,
senza confusione, immutabili (contro Eutiche)
indivise, inseparabili (contro i Nestoriani)

Lumanit non confusa o mescolata alla divinit. Circa il termine immutabile, c da chiedersi in
che senso la natura umana immutabile.
Nellunione, le nature mantengono le loro propriet (salva le propriet di entrambe le nature, DS
293); inoltre, la persona di Ges Xto unica: prosopon e hypostasis sono usati come equivalenti (che
concorrono in una sola persona [prosopon] e sussistenza [hypostasis]). Il Xto non quindi diviso in
due persone.
3.4. I Padri conciliari chiamano Ges persona divina, non alla lettera ma con espressioni
equivalenti: FdD, perfetto nella deit, vero Dio, e altre espressioni che indicano che quellunica
persona divina.
4.1. Qual il contributo di Calcedonia alla Xtologia?
Unione ipostatica: ossia unione personale. Ges ununica persona, ma non cos per le sue nature,
che costituiscono invece la sua dualit. E un solo soggetto che opera con le sue due nature. Nel NT
abbiamo piuttosto una Xtologia narrativa a due stadi: Ges prepasquale, dove lumanit pi chiara, e
poi Ges risorto, dove emerge manifestamente la sua divinit. Calcedonia, invece, mette al secondo
posto la narrazione, quasi sottoponendola ad una sorta di astrazione, per dare pi rilievo alla
riflessione teologica.
4.2. Vi un progresso terminologico, con la chiarificazione di prosopon, physis e hypostasis. Non
dobbiamo per essere anacronisti, ma dobbiamo considerare che la definizione di Boezio di persona
seguir un secolo dopo Calcedonia: il Concilio sar solo la base di partenza per una chiarificazione
dei termini.
Il Concilio non chiarisce i termini, ma li usa, mentre la chiarificazione spetta ai teologi. Molti
criticano la posizione di Calcedonia, perch sembra che lumanit di Xto sia incompleta, quasi
spersonalizzata. Ma dobbiamo chiederci: Chi Xto? Cos Xto? Questultima domanda coinvolge le
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sue due nature; egli aveva tutte le propriet umane essenziali. Distinguendo tra Chi e Che cosa si pu
evitare un malinteso: essere persona non aggiunge nessuna perfezione (volont, intelligenza, ecc.)
poich si servito della natura umana stessa. I primi due Concili, Nicea e Costantinopoli I
condannarono Ario e gli Apollinaristi. Dopo Efeso e Calcedonia ci furono i seguaci di Nestorio e di
Cirillo che si distaccarono dalla Chiesa: la Chiesa dellAssiria in Oriente (seguaci di Nestorio)
rappresenta un gruppo separato; i Copti (seguaci di Cirillo) che esistono ancora oggi.

ALCUNE NOTE RI ASSUNTI VE: I L CONCI LI O DI EFESO (431)

La Chiesa Assira dOriente: una Chiesa molto antica, che risale al tempo degli Apostoli, piccola
ma di grande importanza. Era tra le prime Chiese dopo Gerusalemme ed Antiochia. I suoi membri
riconoscono in S.Bartolomeo e in S.Tommaso i loro fondatori; in quella comunit vi furono scrittori
quali Afraate (+345) ed Efrem il Siro (+373). Si parla della separazione di questa Chiesa al momento
del Concilio di Efeso, poich ci fu una certa adesione alle idee nestoriane. In realt vi erano state
divisioni gi prima, che non divennero certo radicali con il Concilio. Ma come mai queste divisioni?
La Chiesa Assira si trovava al di fuori dellImpero Romano, in Persia ed in India, e vi erano difficolt
nei contatti con loccidente. Alcuni la definirono Chiesa nestoriana, ma lattuale Patriarca rifiuta
questo appellativo: Chiesa Cattolica Assira dOriente. Si contano oggi circa 400.000 aderenti; si
tratta di una Chiesa di martiri e di diaspora, diffusa in varie nazioni, soprattutto Iraq ed Iran. Nel
Medioevo e allinizio del nostro secolo ha sofferto massacri non indifferenti. I Caldei, invece, sono
coloro che hanno deciso di riunirsi alla Chiesa romana.
Il documento del 1994, firmato dal nostro Papa e dal Patriarca della Chiesa Assira (Dichiarazione
Cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dellOriente), parte dal mistero
dellIncarnazione quale punto comune nella fede. Si parla di mistero, al singolare, dellIncarnazione
e di Xto. Non si trova nel nostro Credo o nei Concili, ma risale al Vat.II: un modo prediletto di
parlare di Rahner, ad esempio. Ne fa lo stesso uso il nostro Papa, Giovanni Paolo II; indubbiamente ci
sono misteri Xtologici, ma giusto dire che il mistero Xtico unico.

Analizziamo ora le parti del documento:
Quali eredi e custodi della fede ricevuta dagli Apostoli, cos come essa stata formulata dai nostri
Padri comuni nel simbolo di Nicea: ci si rif al concilio di Nicea, con il passaggio lex orandi - lex
credendi, riprendendo subito una frase del Concilio: Noi confessiamo un solo Signore Ges
Cristo....
Ci sono tre titoli centrali nel credo niceno: Signore, Xto e Figlio. Se ne aggiunge un quarto: Verbo di
Dio, titolo usato anche a Calcedonia, ma che anteriore a Nicea. Nel documento Ges detto anche
La seconda persona della Trinit, come si legge gi nel Concilio di Costantinopoli II (DS 424,
426), del VI sec.. Il motivo della salvezza, nel I paragrafo, descritto cos:
[...] disceso dal cielo e si fatto uomo per la nostra salvezza. Il Verbo di Dio, la seconda persona
della Trinit....
Nello stesso paragrafo sono indicate le due generazioni: [...] nato dal Padre prima di tutti i
secoli,... si incarnato assumendo dalla Santa Vergine Maria un corpo animato da unanima
razionale...; questa dottrina risale a Cirillo, Ireneo, ed rispresa da questa dichiarazione. Ges,
inoltre, pienamente uomo, con unanima razionale, secondo quanto affermarono gi i Padri
Cappadoci e il Concilio di Calcedonia. Alla fine di questo primo paragrafo si dice che:
.. con il quale fu unito [al corpo animato..] sin dal momento del suo concepimento.: pertanto non c
mai stato un uomo Ges che solo dopo il concepimento stato assunto dal Verbo di Dio. Sin dal
concepimento lumanit stata assunta in pienezza: Ges Xto e Verbo di Dio lunico soggetto
individuale.
Nel secondo paragrafo si notano gli influssi di Calcedonia (451) per quanto concerne la terminologia
adottata:
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Perci il nostro Signore Ges Xto vero Dio e vero uomo, perfetto nella sua divinit e perfetto nella
sua umanit.... Inoltre Ges consustanziale con il Padre e consustanziale con noi in ogni cosa,
eccetto il peccato..
La sua divinit e la sua umanit sono unite in ununica persona...: qui vi una semplice inversione
di vocaboli rispetto a Calcedonia. Senza confusione n cambiamento, senza divisione n
separazione: si tratta dei quattro avverbi presi da Calcedonia (che seguito alla lettera) contro la
tendenza di Eutiche e di Nestorio.
In lui stata preservata la differenza delle nature della divinit e dellumanit, con tutte le loro
propriet, facolt ed operazioni.: viene usato il termine nature (physis), aggiungendo che le
propriet umano-divine sono conservate integralmente in Ges Xto. Vengono aggiunti i termini
facolt ed operazioni, che risalgono a Costantinopoli III, il Concilio che condann il
monoenergismo ed il monotelismo, ossia quella tendenza che affermava una sola volont e operazione
in Ges.
Alla fine del paragrafo si dice: la divinit e lumanit sono unite nella persona dello stesso ed unico
FdD e Signore Ges Xto, il quale loggetto di una sola adorazione: lespressione ricorda i termini
stesso ed unico di S.Ireneo.
Inoltre, con Costantinopoli II (DS 431) si stabil che Ges, il FdD, lunica persona oggetto di una
sola adorazione: cos noi adoriamo la stessa persona che simultaneamente FdD e Fd Maria.
Il terzo paragrafo Xto pertanto non un uomo come gli altri che Dio avrebbe adottato per risiedere
in lui ed ispirarlo, come il caso dei giusti e dei profeti: il documento esclude quindi qualsiasi forma
di adozione; il Xto non come i giusti o i profeti. Xto supera tutti coloro che sono ugualmente tempio
dello Spirito, poich egli il Verbo di Dio. Segue ancora la doppia generazione generato dal
Padre... nato negli ultimi tempi da una madre. Questo documento intraprende unaltra strada rispetto
al Vat.II, che non usava ripetere pi volte lo stesso concetto, come qui avviene per la doppia
generazione.
Lumanit alla quale la BVM ha dato la nascita stata sempre quella dello stesso FdD.: non ci
sono quindi due figli, ma Maria ha messo al mondo il FdD. Si riconosce poi, come ci siano due prassi
liturgiche: la Chiesa Assira non usa laggettivo Theotokos ma Madre di Xto, mentre la tradizione
cattolica le usa entrambe. Nonostante tutto le due Chiese rispettano le loro usanze reciprocamente.
Questa variet negli usi e nelle espressioni teologiche legittima e porta ad una complementariet,
come si legge in Unitatis Redintegratio (UR) al n.17.
Tali usanze sono inserite nel contesto della preghiera e della liturgia: non si insiste sulluniformit del
linguaggio, cos come gi aveva stabilito il Vat.II.
Il quarto paragrafo Tale lunica fede che noi professiamo nel mistero di Xto: parla di mistero al
singolare. Si menzionano le controversie del passato che hanno condotto ad anatemi pronunciati nei
confronti di persone o di formule. Lo Spirito del Signore ci accorda di comprendere meglio oggi che
le divisioni cos verificatesi erano in larga parte dovute a malintesi.
Tuttavia, prescindendo dalle divergenze cristologiche che ci sono state, oggi sperimentiamo noi
stessi [versione italiana: noi confessiamo uniti la stessa fede...] uniti nella confessione della stessa
fede nel FdD che diventato uomo perch noi, per mezzo della sua grazia, diventassimo FdD. Vi
un errore di traduzione dallinglese, poich alcuni cercano di evitare il linguaggio esperienziale che il
nostro Papa usa coraggiosamente. Lidea delladmirabile commercium inserita alla fine di quel
periodo.
Leconomia della salvezza (paragrafo sesto) ripresa sul modello dei Padri della Xsa: Esso riguarda
[il mistero dellIncarnazione] il FdD inviato per salvarci. Leconomia della salvezza, che ha la sua
origine nel mistero della comunione della Santa Trinit - P, F e SS - portata a compimento
attraverso la partecipazione a questa comunione, secondo la grazia, nella Chiesa una, santa,
cattolica e apostolica, Popolo di Dio, Corpo di Xto e Tempio dello Spirito..
Il paragrafo settimo dice alla fine: Il sacramento dellordinazione al ministero sacerdotale nella
successione apostolica garante, in ogni Xsa locale, dellautenticit della fede, dei sacramenti e
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della comunione. In questo ministero sacerdotale sono coinvolti non soltanto i Vescovi, ma anche i
sacerdoti.
Tuttavia, la profonda comunione spirituale nella fede e la reciproca fiducia che gi esistono tra le
nostre Xse, ci autorizzano dora in poi a considerare come sia possibile testimoniare insieme il
messaggio evangelico e collaborare in particolari situazioni pastorali, tra le quali, e in modo
speciale, nel campo della catechesi e della formazione dei futuri sacerdoti: questa collaborazione
nella catechesi e nella formazione dei sacerdoti gi iniziata. Con questo documento torna la pace tra
le due parti dopo secoli di malintesi. Esso rappresenta in qualche modo la rivincita di Nestorio, che
non ne esce condannato.

LA TERMI NOLOGI A NEI CONCI LI

Cerchiamo di riassumere quanto abbiamo detto sinora circa i termini adottati, e in special modo per i
termini ousia, physis e hypostasis.

Ousia
Questo termine pu indicare propriet, ossia beni materiali (cfr Lc 15); esso provoc delle difficolt
quando venne usato nellaggettivo omoousios= della stessa sostanza. In che senso si intende della
stessa sostanza?
Ad es., Ireneo parlando della risurrezione dice: risorgeremo con lo stesso corpo, ma cosa vuole
intendere, la stessa persona o lo stesso corpo fisico?
Faremo quindi una distinzione dei suddetti termini applicati al Dio Tripersonale e poi applicati al
Figlio, passaggio che gi Tertulliano fece nel III sec., in Adversus Praxean.

TERMINOLOGIA PER IL DIO TRIPERSONALE

OUSI A

1. S.Giustino: E il primo teologo Xno, martire a Roma nel II sec.; era anche filosofo e afferma che
lousia del Padre non suddivisa: nella generazione del Figlio, lousia del Padre non viene divisa.
Giustino non svilupp ulteriormente questa affermazione che si trova in Dial., 128.4.
2. Dionigi dAlessandria (+264): nella controversia con il Papa omonimo (Dionigi), comment il
termine omoousios usato in maniera ortodossa. Egli intendeva omoousios per sottolineare la
distinzione personale P-F, pur condividendo la stessa ousia. Paolo di Samosata us in senso
eterodosso, eretico, il termine omoousios, ma probabilmente intendeva laggettivo nel senso
modalista: P e F sono due modi di manifestarsi dellunico soggetto divino.
3. Con Nicea, omoousios usato per condannare Ario ed isolare la sua eresia.
4. Basilio e i Padri cappadoci: una ousia e tre hypostasis; il Sinodo del 388, con la lettera a Papa
Damaso, us lespressione Trinit consostanziale (omoousios Trias). Il nostro Credo non ha
introdotto la consostanzialit dello Spirito, cosa che invece ha fatto quel Sinodo.

PHYSI S

Questo termine aveva diversi significati: natura, principio di attivit, natura individuale, soggetto.
1. La scuola di Alessandria: Origene, cos come Atanasio, parlavano di physis divina.
2. I padri Cappadoci: Basilio, Gregorio di Nissa e di Nazianzo parlano dellunica physis di Dio, un
solo principio di operazione.

HYPOSTASI S

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Fu il termine molto contestato, poich evocava ai latini il termine substantia; nel II sec., Origene lo
us nel senso di soggetto. Il problema si concretizzato circa il significato di sostanza = ci che sta
sotto, e di soggetto.
1. Papa Dionigi: Egli escludeva le tre hypostasis nel senso di tre sostanze.
2. Nicea: lo intendeva come sinonimo di ousia, cos come diceva Papa Dionigi.
3. Basilio: usava il termine nel senso di soggetto. Atanasio rimase leale alla terminologia di Nicea:
in Dio ci sono tre prosopai, e non ebbe difficolt ad usare hypostasis al plurale, nel senso di ousia
(tre soggetti). Nel Sinodo del 382 si parl di tre hypostasis in Dio, cos come per i Padri cappadoci.

PROSOPON

Non era un termine con tanti sensi, ma vi era una certa variet di significati: volto, manifestazione,
soggetto. I modalisti e i sabelliani affermavano che in Dio vi erano tre prosopai, come tre modi di
rivelarsi (tre volti) dellunico Dio.
I Cappadoci: parlavano delle tre persone divine, tre soggetti distinti. Nel Sinodo del 382 prosopon ed
hypostasis vennero usati come sinonimi.

LA TERMINOLOGIA PER IL FIGLIO

OUSI A
1. Giustino diceva che il Logos della stessa ousia del Padre (v. sopra)
2. Dionigi usava omoousios nel senso ortodosso: il F della stessa sostanza del P, contrariamente a
Paolo di Samosata, che lo usava in senso eterodosso. Da qui capiamo come la terminologia stata
causa di discordie.
3. Nicea: (v. sopra)
4. Costantinopoli I (DS 150) ha ratificato definitivamente homoousios aggiungendo qualcosa sullo
Spirito Santo nel Credo.
5. Calcedonia disse che il F homoousios al P e a noi: la consustanzialit di Ges sia rispetto al
Padre che agli uomini (DS 301).

PHYSI S

1. Apollinare introdusse il termine in Xtologia mia physis..., ossia lunica natura usata in senso
eterodosso: il Logos prende il posto dellanima razionale in Ges. Gregorio di Nazianzo e G. di Nissa
si opposero, difendendo le due nature in Xto.
2. Cirillo (V sec.), usando il linguaggio di Apollinare, intendeva dire che nel Xto c un solo soggetto.
Al plurale Cirillo usava il termine nella polemica contro Nestorio, anticipando Calcedonia: in Xto due
nature (DS 302).

HYPOSTASI S

Nel campo Xtologico, compare a Nicea, dove indicava il sinonimo di ousia (v. Girolamo, Papa
Dionigi..), ossia la realt sostanziale. Nel V sec., hypostasis avr pi il senso di soggetto.
Cirillo diceva che il Xto 1 hypostasis, un soggetto: introdusse anche lavverbio kathhypostasys =
ipostaticamente, personalmente (1 solo soggetto).
Calcedonia us il termine nel senso di persona.

PROSOPON

E un termine biblico; Gregorio di Nissa sembra il primo ad usare un prosopon di Xto, nel senso di un
soggetto.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 55
Cirillo, contro Nestorio, usa il termine per contrastare la dualit nel Xto.
Calcedonia, nella dichiarazione con la Xsa dAssiria, usa il termine persona, termine usato dalla Xsa
dOriente.

COSTANTI NOPOLI I I E I I I ; NI CEA I I

La Xsa occidentale (latina) aveva delle difficolt a riconoscere Cost. I: difatti non cera nessun
Vescovo occidentale presente al Concilio.
1.1. S.Gregorio Magno riconobbe quel Concilio, e dopo cinque mesi dalla sua elezione a Papa scrisse
in una lettera sinodica a cinque patriarchi orientali (febbraio 591): Come i quattro libri del santo
Vangelo, cos professo di accogliere e venerare i quattro Concili... (DS 472). Nella stessa lettera dice
di riconoscere anche il Concilio di Cost.II. I primi quattro Concili venivano cos considerati la norma
essenziale ed ortodossa per la dottrina trinitaria e Xtologica.
Anche lImperatore Giustiniano (govern dal 527 al 565) introdusse nella sua professione di fede i
risultati dei primi quattro concili.
1.2. Vi uno sviluppo logico nei primi quattro concili: Nicea I insegn che Xto Dio, della stessa
sostanza del Padre; Costantinopoli I che Xto perfettamente uomo. Efeso: Xto ha due nature non
separate, e Calcedonia aggiunse che esse non sono confuse.
Anche le eresie hanno svolto un ruolo decisivo per le affermazioni dogmatiche conciliari: per
controbattere Apollinare, che negava lanima razionale in Xto sostituita dal Logos; il Nestorianesimo,
che spinse agli estremi la distinzione tra le due nature in Xto; Eutiche, che port allestremo le
affermazioni di Efeso, dicendo che la natura divina ha assorbito quella umana del Xto. Ci furono
anche i monofisiti e i difisiti, ecc..

2.1. Costantinopoli II (553): riprende il Concilio di Efeso, mentre Cost. III riprender Calcedonia.
Nicea II riprender invece tutti e quattro i precedenti Concili.
Cost. II fu promosso da Giustiniano: egli voleva tentare di riconciliare i Monofisiti e i difisiti,
condannando i Nestoriani, ma ci non avvenne. Cost II rappresenta il ritorno ad Efeso e alla teologia
Alessandrina, mettendo in rilievo lunit in Xto. Ci sono due espressioni da segnalare:

1. per composizione (kata synthesin): la meno felice, rispetto alla seconda che rimane
normativa;
2. due nature: cf Calcedonia, una diversa espressione dell una natura incarnata del VdD
di Cirillo.

Queste due espressioni tendevano a sottolineare lunit del Xto; in questo concilio vennero
condannati anche tre altri antiocheni (Teodoro di Mopsuestia, Teorodo di Ciro e Ibas di Edessa) (DS
434-437), e Nestorio.
Si adotta qui la stessa terminologia di Cirillo (DS 429). Questo concilio stabil definitivamente la
Xtologia dellunione personale (ipostatica) in Xto. Vi fu anche una conseguenza pratica per il culto: si
disse che si deve venerare con una sola adorazione il Dio Verbo incarnato insieme con la sua carne
(DS 431), passando cos dalla fede alla preghiera (lex credendi - lex orandi). In definitiva,
dallinsegnamento dogmatico si deve passare alla liturgia, ossia al culto.
2.2. Vi anche lespressione Xto uno della santa Trinit: il Concilio di Calcedonia non ha detto
letteralmente che Xto uno della SS Trinit. Costantinopoli II elimina ogni dubbio adottando almeno
tre volte quella espressione. Come mai adottata questa terminologia? Loccasione fu data dalla visita
di alcuni monaci orientali a Roma (519): essi affermavano che uno della Trinit aveva sofferto ed era
morto. Questa espressione, in virt della communicatio idiomatum, esatta ed adottata anche nella
teologia contemporanea (v. Sobrino).

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 56
3.1. Costantinopoli III: tent di riconciliare ancora i monofisiti e i duofisiti. Due sono i personaggi
coinvolti in questo tentativo. Sergio di Costantinopoli e Papa Onorio I tentarono questa
riconciliazione, ma nonostante le loro buone intenzioni, non vi riuscirono.
Sergio di Costantinopoli (610-638) propose una sola energia in Xto, cercando un compromesso tra
monofisismo e difisismo calcedonese. Egli cio accettava linsegnamento di Calcedonia, ma parlava
di un solo modo di agire del Xto (monoenergismo). Papa Onorio preferiva un altro linguaggio: una
sola volont in Xto, ossia il linguaggio del monotelismo. Forse Papa Onorio voleva proporre
ununione morale tra la volont umana e divina in Xto, le quali collaborano strettamente tra loro. O
forse parlava in senso ontologico: Xto, che ha una sola volont, quella divina.
Non si tratta di un insegnamento infallibile del papa; negli scritti dei due protagonisti si legge per
una tendenza monofisista: per Onorio, Ges ebbe una sola volont, quella divina, pertanto si nega la
vera umanit del Xto. Sergio considera lattivit di Ges non derivante dalla sua persona, ma dalla sua
natura, quella divina. Queste due tendenze hanno ridotto la natura umana del Xto.
3.2. Costantinopoli III: risolse questo problema del monoenergismo e monotelismo, affermando che in
Xto ci sono due volont in perfetta armonia tra loro, e due operazioni (energie) indivise ma inconfuse
(DS 556-558). Questo Concilio pu essere visto come lapplicazione pratica del Concilio di
Calcedonia. Questultimo manteneva le distanze tra le due nature in Xto, e Cost.III mantiene le
distanze tra le due volont e le due operazioni in Xto. In definitiva Costantinopoli III mantiene
lumanit integrale del Xto, sicch soteriologicamente si afferma che noi siamo salvati dal di
dentro, poich Dio si fatto uomo.
S.Tommaso affermava che Xto uomo il redentore immediato, e Dio la causa remota: forse non
un linguaggio preciso, ma rende bene lidea, secondo un linguaggio adottato anche dai Padri della
Xsa.

4.1. Nicea II (787): lultimo concilio ecumenico per i nostri fratelli greci ortodossi. Rispose
alleresia iconoclasta, cio a coloro che rifiutavano di avere immagini sacre nelle loro Xse.
Storicamente Maometto (570-632) e i musulmani rifiutavano la venerazione di immagini sacre. Nel
638 occuparono Gerusalemme, che rest in loro possesso fino al 1099.
Giovanni Damasceno, da parte sua, difese luso delle immagini di Xto, che potevano essere venerate
in virt dellIncarnazione: limmagine rappresenta la presenza della persona che si venera, pertanto
non si adora limmagine del Xto ma il Xto stesso, a cui limmagine rinvia. Giovanni Damasceno mor
nel 749, e dopo alcuni anni il Concilio di Nicea sottoline e ribad il suo insegnamento. Tale concilio
riassume linsegnamento dei primi sei concili. Anche liturgicamente Nicea II ebbe unimportanza
rilevante, poich nell824 si celebr la Festa dellOrtodossia, contro, cio tutte le eresie.

I L MEDI OEVO: ANSELMO, ABELARDO E BERNARDO

Da S. Anselmo in poi ci sono almeno tre elementi relativamente nuovi:

1. enfasi sullumanit e libert del Xto;
2. opera salvifica: dopo Calcedonia, linteresse soteriologico si era affievolito. Con il
medioevo
si ha un recupero di questo importante aspetto della salvezza;
3. la filosofia greca platonico-aristotelica viene ripresa con seriet. Siamo allinizio del
periodo Scolastico.

1.1. Ricordiamo alcune teorie sulla salvezza. Essa era intesa come deificazione: Dio si fatto uomo
perch noi fossimo deificati. Cera lidea anche della salvezza come vittoria: questidea risale alla
Scrittura: la salvezza il risultato del conflitto da cui Xto esce vittorioso, lottando contro il diavolo e
contro la morte. E quanto viene espresso anche in alcuni inni della liturgia (Vexilla regis prodeunt
e Pange lingua gloriosi di Venanzio Fortunato). Venanzio mette assieme croce e risurrezione. A
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Roma, larco di Tito simboleggia la sua vittoria in terra santa: allo stesso modo la croce viene ora
vista come il trofeo o il vessillo di vittoria. Anche lExultet un inno di vittoria e si canta la notte di
Pasqua per indicare la vittoria della luce sulle tenebre. Cos anche il Victimae paschali laudes,
composto da Vipone nel 1050 ca., che si recita la domenica di Pasqua.
1.2. Vi era anche unaltra interpretazione della salvezza, meno felice della precedente, ed era quella
del riscatto versato al demonio. Gli uomini, schiavi, sono stati riscattati dal Xto, ed il prezzo di
questo riscatto sarebbe stato dato al diavolo. Questa metafora fu sviluppata in modo maldestro da
Origene: il diavolo avrebbe dovuto ricevere questo riscatto, ma rimase deluso, perch Xto ha vinto su
di lui e sulla morte.
Gregorio di Nazianzo si oppose a questa interpretazione metaforica.
1.3. Cosa dire a proposito dei diritti del diavolo? In questa interpretazione c da dire solo che
veniva preso seriamente il carattere negativo del peccato e del male; anche la redenzione di Xto
stata considerata come unimpresa onerosa. Inoltre, Croce e risurrezione venivano distinte ma non
separate, ed il Xto, anche se ucciso, risulta paradossalmente il vincitore. La morte non quindi
lultima parola sulla vita.

2.1. S.Anselmo parla di satisfactio, dal punto di vista apologetico nel dialogo con i musulmani e gli
Ebrei. Per i primi, la morte in croce del FdD sembrava scandalosa e assurda. Pertanto Anselmo voleva
rendere intelligibile lIncarnazione e la morte di Xto. Egli usa il termine soddisfazione che non un
termine biblico, ma deriva dal diritto romano. Soddisfare vuol dire fare abbastanza, in questo senso:
1) fare penitenza prima del battesimo: Tertulliano infatti, usava in questo contesto il termine
satisfactio;
2) dopo Tertulliano il termine aveva un senso pi ampio: la condotta penitenziale pi
generale.
Questidea si trova nel libro Cur Deus Homo (1098) di S.Anselmo, libro che ha influito
grandemente nel mondo cattolico occidentale fino al nostro secolo. Bisogna riconoscere ci che
Anselmo dice.
2.2. Egli parte dal peccato e dalle sue conseguenze: lonore offeso di Dio. Il cavaliere deve tutto al
suo Re o Principe, e il peccato una sorta di furto: abbiamo rubato lonore dovuto a Dio. La
riparazione esige non soltanto una restituzione completa, bens anche un qualcosa di pi, unopera di
sovraerogazione. Ci sono quindi due possibilit di soluzione:

a) il castigo/pena imposta da Dio;
b) la soddisfazione di ordine morale.

Ma Dio non vuole vendetta, anche se bisogna riparare questa situazione. Occorre lopera di
sovraerogazione, dare un di pi oltre al pentimento.
2.3. Luomo peccatore deve satisfacere ma non pu, dovendo gi tutto a Dio. Per Anselmo, inoltre,
il peccato ha un disvalore infinito: una violazione infinita, perch loffesa diretta a Dio, la cui
maest infinita. Anche se luomo si pente, ci non basterebbe a soddisfare Dio. Ma Egli vuol
completare il bene cominciato, la salvezza, poich fedele.
2.4. Allora solo un Dio-uomo pu satisfacere: solo il FdD incarnato pu offrire qualcosa di infinito
a Dio, poich lui solo il Dio fatto uomo. Lunione ipostatica, personale consente a Ges di portare a
termine questo compito. Il FdD non sottoposto alla legge del peccato e della morte, ed ha qualcosa
da offrire: la sua stessa vita. Accettando liberamente la morte, egli offre il dono infinito a Dio.
Come valutare la teoria di Anselmo?
Alcuni accettano bene la sua dottrina, altri la criticano aspramente.
2.5. Anselmo vuole mettere in evidenza lintelligibilit dellincarnazione e della Risurrezione: la fede
in cerca dintelligenza. Anselmo ha un senso elevato di Dio, che non punisce in modo geloso volendo
vendicarsi, ma misericordia infinita. Inoltre, Anselmo prende seriamente in considerazione il
peccato, quale offesa infinita a Dio. Riconosce che la nostra redenzione stata operata dal di dentro,
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poich Dio si fatto uomo. Solo cos giunta alluomo la salvezza, tramite lincarnazione: un dono
dallalto e dal di dentro. La morte di Ges non una punizione, contrariamente a quanto detto da
alcuni studiosi. Infine, Anselmo distrugge la teoria dei diritti del demonio.
2.6. Ci sono per alcuni punti negativi:
1) lidea di giustizia commutativa (cfr CCC 2411): bisogna rispettare cio i diritti degli altri. E la
giustizia come viene intesa oggi: pagare il dovuto, rispettare i diritti degli altri, ecc.. Ma la giustizia
biblica la fedelt amorevole di Dio, come dice Paolo, che va oltre la giustizia commutativa.
2) Anche la visione anselmiana del peccato non propriamente quella biblica: nellAT il peccato si
presenta come infedelt (matrimoniale), e non come onore offeso.
3) La vita del Xto, inoltre, non cos importante per Anselmo: quasi un preludio alla morte.
Parabole, miracoli, ecc, quasi non contano per Anselmo.
4) La risurrezione non presa in considerazione nella sua importanza e centralit, tramite la quale
siamo redenti e deificati. Nel CCC c un accenno alla teoria di Anselmo (615-616), anche se non
citato apertamente.

3.1. Abelardo portava avanti il metodo scolastico e non quello di Anselmo: per Abelardo la salvezza
unopera damore e non di soddisfazione. La critica mossa a questa teoria di essere troppo
soggettiva: in realt ha dei lati positivi che non vanno tralasciati.
3.2. Per Dante lamore una dimensione ontologica delluomo e delluniverso (cf anche Teilhard de
Chardin).

4.1. Nella religiosit (misticismo) popolare, si metteva in evidenza lumanit di Ges, portando avanti
lidea di alcune figure mistiche (Giuliana di Norwich). Si tratta di una visione realistica della
sofferenza del Xto. Cos le crociate, se da un lato erano evidentemente un fatto negativo, dallaltro
esprimevano il desiderio di conoscere i luoghi dove visse Ges. Vi quindi una tendenza popolare
che contrasta quella accademica: la teologia dei pellegrinaggi e della visione popolare. Vi dunque la
possibilit di esplorare direttamente la vita e la morte di Ges.

S.TOMMASO

1. Anselmo e Abelardo hanno preparato la strada a S.Tommaso: il primo ha messo meglio in luce
lumanit e la volont umana di Xto rispetto alla soteriologia, e inoltre gli ha fornito gli elementi circa
la teoria della soddisfazione; Abelardo ha contribuito dal punto di vista filosofico, preparando il
passaggio allAristotelismo (e platonismo). Tommaso, infatti, fa largo uso della terminologia
aristotelica: materia e forma, atto e potenza, causa efficiente, materiale... . Ma chiaro che Tommaso
si serve di questi concetti adattandoli al discorso teologico. Ricordiamo anche il lato contemplativo di
S.Tommaso: egli fu un grande teologo accademico, ma allo stesso tempo fu anche un mistico, come si
nota dalle sue preghiere eucaristiche e da altri scritti.

2.1. La Xtologia di Tommaso: ci riferiremo alla Summa Theologiae, che rappresenta il culmine della
Xtologia tommasiana, anche se la produzione del nostro autore in questo campo alquanto vasta.
Nella S.Th. III, Tommaso parte dallIncarnazione: una Xtologia dallalto, come quella che si trova
nel prologo di Gv (Il Verbo si fece carne). Tommaso in questo punto si avvicina a Cirillo
dAlessandria e ad altri Padri. Subito dopo Tommaso parla del motivo dellIncarnazione: perch Dio
si fatto uomo?
Il motivo risale al peccato originale: se Adamo ed Eva non avessero peccato il FdD non si sarebbe
incarnato. Pertanto, il motivo fondamentale la redenzione dai nostri peccati, anche se Tommaso ce
ne indica altri. Ad es., per il fatto che la bont si diffonde (bonum est diffusivum sui), principio che
risale a Dionigi lAreopagita (VI sec.), Tommaso intende dire che Dio, Sommo Bene, per sua natura si
comunica agli uomini. Lo stesso principio sar usato da K.Rahner, e nella Dominum et vivificantem
del nostro Papa Giovanni Paolo II. Un altro motivo simile a quello che pi in l formuler Teilhard
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de Chardin: lunione ipostatica la perfezione della natura umana. Non si pu, cio, pensare
unevoluzione pi alta per la natura umana al di fuori dellincarnazione: essa ha permesso al VdD di
manifestarsi agli uomini.
2.2. Nella teologia dellIncarnazione di Tommaso ci sono altri elementi:
1) la grazia di Xto: quella che si trova nellumanit assoluta del VdD; a questo riguardo
Tommaso adotta un triplice schema:

1. grazia dellunione: quella dellunione ipostatica, la pi alta poich la natura
umana di Ges unita personalmente alla natura divina del VdD;
2. grazia abituale: lo stato della grazia soprannaturale che santifica lumanit di Xto
in modo unico;
3. grazia capitale: Xto incarnato il capo del Corpo mistico, e pertanto possiede una
grazia particolare che permette di impartire alle altre membra del corpo la stessa
grazia.

2) vi anche la scienza del Verbo incarnato: quale conoscenza aveva luomo Ges? Qui si
nota il principio di perfezione: Tommaso gli attribuiva tutte le perfezioni, sicch
lumanit del Xto aveva il massimo delle perfezioni. Ges non ignorava nulla (sapeva
tutte le lingue!), e sapeva tutto. Da qui la difficolt a riconoscere nel Xto unautentica
umanit, che in quanto tale da riconoscersi limitata. Ecco che Ges, per Tommaso,
possedeva una triplice scienza:

a) visio beatifica: la visione di Dio goduta dai santi nel cielo. Per Tommaso Ges
ha avuto nella
sua vita terrena questa visione;
b) scienza infusa: la scienza degli angeli o dei profeti, infusa da Dio, che permette
di vedere le cose con una chiarezza del tutto speciale;
c) la scienza acquisita: la mente del Xto aveva anche acquisito sperimentalmente le
conoscenze che possedeva.
2.3. Il triplice ufficio del Xto: profetico, sacerdotale, regale. Tale schema risale allAT ed ha avuto
largo influsso nella Xtologia. Tommaso segue difatti diversi Padri e afferma che Xto ci salva come
profeta: rivelando i misteri divini, come sacerdote e come Re (pastore).
Il Vat.II, nella LG, ha adottato lo stesso triplice schema.
2.4. La vita di Xto: a differenza di Anselmo, Tommaso riconosce limportanza della vita prepasquale
di Ges e del suo ministero. La vita di Ges rivela, in modo parziale, la sua identit. Essa comincia a
renderci partecipi della salvezza operata dal Xto. Purtroppo, dopo Tommaso, molti teologi hanno
trascurato la vita concreta di Ges, passando dallincarnazione alla passione e morte. Nel nostro
secolo c stato un recupero dellimportanza della vita di Ges, con la riscoperta dei Vangeli sinottici.
2.5. Passione e morte: Tommaso segue Anselmo, modificando la sua teoria, e aggiungendo il tema
della carit (v. Abelardo). Seguendo Anselmo, Tommaso distingue quattro modi dellefficacia della
passione di Ges: il merito, la satisfactio, il sacrificio e la redenzione.

1) Luomo peccatore riceve una sorta di riparazione dei suoi peccati in virt della
satisfactio;
2) si dice sacrificio nel senso proprio del termine ci che si fa per rendere a Dio lonere
che propriamente gli spetta, allo scopo di placarlo: lidea del sacrificio che mira a
placare Dio da prendere con le dovute cautele;
3) Tommaso parla anche dellamore di Xto che liberamente accetta la morte per placare
Dio. Tommaso ripete qui lo stesso concetto del sacrificio.
2.6. Circa la redenzione, Tommaso riprende le stesse espressioni di Anselmo: un uomo
semplicemente uomo non poteva soddisfare per la totalit del genere umano; Dio non doveva
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soddisfare; bisognava quindi che Ges Xto fosse Dio e uomo. Allo stesso tempo, modifica la teoria
della soddisfazione:
1) Tommaso non riconosce la necessit assoluta della soddisfazione: lamore infatti pu
cancellare loffesa;
2) satisfactio comporta laspetto della pena: per Anselmo non era cos; Tommaso la
ritiene come il prezzo da pagare a Dio, un riscatto versato a Dio (e non al diavolo).

2.7. Tommaso ha commentato largamente il mistero pasquale, seguendo S.Paolo in RM 4,25, anche se
utilizza una terminologia aristotelica: il Xto la causa efficiente ed esemplare della nostra
giustificazione.

3.1. La Xtologia di Tommaso ha dei punti positivi, come la rivendicazione della volont umana
autentica di Xto che collabora con quella divina (cfr. Costantinopoli I). A questo riguardo i Sinottici,
con lepisodio del Getsemani, ci danno una valida testimonianza. La salvezza quindi realizzata
anche dal di dentro, sicch nella passione il Xto non semplicemente un individuo passivo, ma la
sua volont umana determinante. Anche nellesegesi biblica, Tommaso ci d dei validi contributi: la
Scrittura normativa. Egli non distingue tra Gv e i Sinottici, e attinge largamente anche da S.Paolo.
Circa gli uffici del Xto, Tommaso afferma che egli il mediatore della salvezza e della rivelazione, in
virt di quel triplice ufficio. Anche i misteri della vita di Ges, Tommaso li fonda sulla stessa vita
concreta del Xto.
3.2. leredit dubbiosa: la separazione tra la creazione e la redenzione che Tommaso ha attuato, oggi
sono visti come i due atti di un unico dramma. Inoltre, la teoria della visione beatifica esclude
lautentica umanit di Ges. Infine, lidea della pena, come prezzo da pagare a un Dio che va placato
ha aperto una strada tortuosa nellinterpretazione teologica degli anni successivi a Tommaso.

DAL MEDI OEVO ALLA RI FORMA

Al centro dellattenzione di questo periodo lopera salvifica del Xto. C uno spostamento dal Xto
in s al Xto per noi. Chi dunque il Xto per noi?
Da S. Anselmo in poi si messa dunque al centro lopera redentrice del Xto.
1.1. Tornando ai primi sette concili, sappiamo che ci furono le controversie circa la natura e la
persona del Xto (in s). Vi era la considerazione soteriologica, ma essa rimaneva un presupposto
dietro le quinte. Secondo Calcedonia, Xto fu generato in questi ultimi tempi per noi e per la nostra
salvezza da Maria vergine (DS 301). Secondo il credo niceno, ampliato poi da Costantinopoli I, Xto
discese dal cielo per noi e per la nostra salvezza, e fu crocifisso per noi. Pi avanti a Calcedonia, non
si disse nulla sulla morte e risurrezione di Xto, almeno nella definizione Xtologica.
1.2. Nellinsegnamento ufficiale della Xsa c dunque pochissimo sulla salvezza: le controversie
riguardavano piuttosto la persona e le nature del Xto. Il Magistero non ha proposto mai alcuna propria
teoria della redenzione. Le dispute e gli sviluppi riguardano piuttosto il lato soggettivo della
redenzione: il Xto il salvatore, ma occorre vedere come stata accettata e trasmessa la redenzione.

2.1. La festa del Corpus Christi, ad esempio, una festa promossa dopo liniziativa della beata
Giuliana di Liegi (+1258). Stava ad indicare una devozione rinnovata allEucaristia, ed in particolare
si concepiva la Messa come un sacrificio espiatorio. Parlare in questi termini sta a significare che la
morte di Xto in croce stato un sacrificio espiatorio. Tale festa incoraggi anche il discorso dei meriti
infiniti di Xto, che ha evitato che noi soffrissimo (ci ha condonato la pena). Circa la parola merito,
essa non risale al NT ma al modo di parlare giuridico, introdotto da Tertulliano.
2.2. Ricordiamo uno sviluppo non troppo positivo delle indulgenze, fenomeno che riguarda la Xsa
occidentale: lidea era della remissione dei peccati attraverso una pena temporale che la Xsa applica
(e che il fedele paga!). Tale prassi ebbe inizio nellXI sec., e abbiamo anche una teologia delle
indulgenze elaborata da S.Tommaso: la Xsa ufficiale applica il tesoro dei meriti di Xto (e dei santi)
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conservati in cielo. E un linguaggio metaforico per parlare degli effetti della morte e risurrezione di
Xto. Parlando in questo modo Tommaso voleva dire che i meriti di Xto hanno valore infinito. Vi
furono per degli abusi: indulgenze vendute per costruire basiliche (v. S.Pietro) ed altri episodi che
fecero scattare la protesta di Lutero, con la soluzione presa al Concilio di Trento (DS 1835).
2.3. Nel 1492 Cristoforo Colombo (e gli europei) scoprono lAmerica e lesistenza di milioni di
uomini che non hanno mai sentito parlare del Xto e del Vangelo. Tale scoperta provoc una grande
crisi in campo teologico: come spiegare e trasmettere dunque la salvezza operata per mezzo di Xto al
di fuori della Xsa? Si part dal fatto che il Xto il Salvatore universale, anche se si doveva risolvere il
problema di come annunciarlo a chi non lo aveva mai conosciuto.

3.1. RIFORMA E CONTRORIFORMA.
Al centro della Riforma luterana vi era la questione di come spiegare la giustificazione attuata da Xto.
Lutero proponeva lidea della imputazione: la salvezza del Xto ci imputata, una spiegazione
questa di tipo giuridico, poich in questo modo si vede la giustizia del Xto al di fuori di noi, che ci
viene imputata dallesterno, cos che siamo giudicati giusti da Dio; una sorta di verdetto su di noi.
I cattolici e gli ortodossi riconobbero nella giustificazione una vera e propria trasformazione: Xto ci
ha trasformati interiormente (cfr RM 5,5); siamo resi giusti e non solo dichiarati tali. Nel nostro
secolo, in Germania, negli USA ecc, sono stati tentati dialoghi tra luterani e cattolici; chiaro per,
che la Riforma ha messo al centro lopera salvifica del Xto, approfondendo il concetto di
giustificazione. Melantone, pi giovane di Lutero, teologo sistematico, affermava che conoscere Xto
conoscere i suoi benefici (Christum cognoscere hoc est beneficia eius cognoscere, non quod, isti
docent, eius naturas, modos incarnationis contueri), anche se poi riconobbe che questa espressione
era alquanto unilaterale (soteriologica).
3.2. Trento dovette cos imbattersi nelle questioni riguardanti Lutero, Melantone e gli altri riformatori.
Nel documento del 1547 si nota un linguaggio piuttosto tomista, con i termini meriti e
soddisfazione: non si parla per di sacrificio. La causa meritoria della nostra giustificazione Xto.
Egli ha soddisfatto alla nostra giustificazione. Il Concilio, per, come spesso accadeva, usava alcuni
termini (v. soddisfazione) senza darne una definizione precisa. Trento daccordo con Lutero nel dire
che la giustificazione lopera del Xto.
3.3. Alcuni anni dopo (1562), vi fu un altro documento sullEucaristia: la riforma protestante aveva
suscitato alcune controversie allinterno dei protestanti stessi. Il Concilio, senza definire sacrificio,
insegna che la Messa un sacrificio e Xto, che si offr una volta sola a Dio sullaltare della croce,
continua ad offrirsi al Padre in veste di vittima e di sacerdote, per la redenzione dai peccati. Il modo
incruento dellofferta non ripete il modo cruento della croce (DS 1739-43, 1751-54). La morte del Xto
cos un sacrificio non solo di espiazione, ma anche di lode, di adorazione, ringraziamento. Trento
ebbe anche una visione universale del sacrificio, al di fuori di Xto, il quale certo il vertice di ogni
sacrificio, sia dellAT che della natura, ossia di tutta leconomia salvifica al di fuori dellAT.

4.1. Nella teoria dAnselmo degli elementi penali, questi erano gi stati introdotti da Tommaso ed
altri. Anselmo sosteneva che la soddisfazione non implica il castigo o la punizione. Purtroppo
S.Tommaso ed altri hanno introdotto questi elementi nella teoria di Anselmo. La giustizia divina non
pi commutativa, ossia quellequilibrio morale che fa s che ognuno - ad es. - paghi il dovuto, ma
vendicativa: vi una pena da pagare a causa di un castigo. In questo modo si introdusse lidea del Xto
come sostituto: lui stato punito sulla croce al nostro posto. Con lapproccio di Lutero e Calvino
entra dunque questidea: la collera di Dio si abbatte su Xto, il peccatore punito sulla croce per placare
lira divina. Dio entra in guerra con Dio!
A sostegno di questa teoria, Lutero si serviva di alcuni brani biblici quali: Gal 3,13; 2 Cor 5,21; Sal
22; Is 53; Lv 16.
4.2. Anche fra i cattolici, fino alla nostra generazione si trovano idee analoghe: J.B. Bossuet (1627-
1704) afferma che la vendetta divina si placa a spese del Figlio; L. Bourdaloue (1632-1704): sotto la
vendetta divina Xto soffre la pena del danno. Questi ed altri predicatori sostenevano la punizione del
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Xto che paga il prezzo dovuto a Dio: egli soggetto allira divina. Ma in questo modo ne esce
completamente trasformata la fisionomia del Padre, che invece per Gv e Paolo primariamente
Amore. Tali predicatori forse avevano dimenticato la misericordia di Dio che prende liniziativa per
salvarci, invertendo lordine: prima la vendetta, poi la misericordia.

I L RETROTERRA FI LOSOFI CO DELLA CRI STOLOGI A MODERNA

Si tratta di esaminare quei fattori filosofici che hanno un certo influsso sulla Xtologia attuale.
1.1. La cosiddetta svolta antropologica ha come punto di partenza Cartesio, col suo principio
cogito ergo sum: egli rivolge la sua attenzione al soggetto individuale che pensa. Cartesio ha
incoraggiato questa svolta in direzione del soggetto, partendo dallesperienza che ognuno ha di se
stesso e del mondo. La svolta antropologica ha una valenza positiva, ma anche negativa ed equivoca.
Ad es., nella teologia F.D.E. Schleiermacher affronta il discorso teologico e Xtologico secondo un
approccio antropocentrico: al centro di tutto, secondo lui, c la nostra coscienza religiosa. Mentre per
Lutero erano validi i tre principi: solo Xto, solo grazia, solo fede, per Schleiermacher vale solo la
coscienza religiosa. Per lui la religione Xna ha come fondamento dei sentimenti di dipendenza
assoluta. Egli stato il fondatore del protestantesimo liberale, con lo sviluppo della vita storica di
Ges, ossia della Gesuologia piuttosto che della Xtologia.
Opposta a questa posizione vi quella di K.Barth (1886-1968). Per vedere meglio come la svolta
antropologica abbia una valenza equivoca esaminiamo altri autori.
J.H.Newman: nella voce della coscienza egli trova la prova dellesistenza di Dio; l che Dio
presente. La svolta antropologica pu quindi essere vista nel fatto che qui la coscienza personale che
porta a Xto. Bultmann e Rahner partono invece dallanalisi della situazione umana: Rahner fa vedere
come il dinamismo del soggetto umano teso e aperto al trascendente e allinfinito; luomo quindi
ontologicamente aperto a Dio. Bultmann sosteneva che dinanzi al Kerygma ogni uomo deve
prendere posizione.
1.2. Cartesio rappresenta anche unaltra tendenza, quella di interpretare qualsiasi fenomeno in modo
oggettivo e scientifico. Egli era anche matematico e uomo di scienza. Tale tendenza delloggettivit
scientifica esemplificata da Galileo (1564-1642) e da Newton (1642-1727): questultimo voleva
spiegare tutto matematicamente. Il mondo una grande macchina che funziona con le sue leggi:
limmagine meccanicistica del mondo, un continuum chiuso di cause ed effetti che esclude
epistemologicamente la partecipazione personale. Le leggi fisiche, infatti, si comprendono in modo
distaccato, oggettivo, senza alcun coinvolgimento personale. Si introduce cos lidea del positivismo
scientifico. Con Einstein (1879-1955), Bohr e con la fine della fisica e meccanica classica, quellidea
meccanicistica del mondo viene meno. Le leggi del cosmo, come dir Heisenberg (1901-1976), sono
soggette al principio di indeterminazione: le leggi esaminate non pi in modo rigido e immutabile
ma statisticamente. Lo scrittore M.Polanyi (1891-1976) port avanti la teoria della conoscenza
personale: non esiste un sapere totalmente oggettivo e distaccato, ma vi sempre una componente
personale, in ogni scienza. Un osservatore ha sempre la sua mentalit, immaginazione, fantasia,
cultura, che per forza di cose influiscono sulla sua conoscenza.

2. Illuminismo: una tendenza che si incrocia con quella vista in precedenza, ed un movimento
nato in diverse nazioni, come lInghilterra, Francia, USA ecc.. Il mondo va spiegato alla luce della
ragione: la libert al centro e va esercitata in modo etico, nucleo centrale del Xmo. Nella Xtologia
ci vuol dire che Xto il docente di una nuova etica e di una nuova morale, ossia viene escluso il suo
messaggio escatologico e apocalittico del Regno di Dio. Ancora oggi, alcuni seguono questa pista,
negando linsegnamento globale di Ges.

3. Deismo: Dio non interviene nella storia del mondo, ma dopo averlo creato lo lascia in balia di se
stesso. Il deismo ha un impatto fatale sulla Xtologia: niente miracoli, niente risurrezione.... Dio,
invece, interviene -contrariamente alle idee deiste- con la sua provvidenza amorevole.
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4. Idealismo speculativo: Hegel il personaggio chiave, con la sua filosofia della storia, ossia della
storia dello spirito assoluto. Esso, pervenendo a s nellaltro da s e nellumanit, fa s che la storia
sia un fenomeno globale: la verit sta nel tutto, nella totalit. Dopo la sua morte ci fu una separazione
tra i suoi discepoli: gli hegeliani di sinistra negheranno la divinit di Ges e perfino lesistenza di Dio
(v. Strauss, Feuerbach, Marx). Linflusso di Hegel oggi si nota, ad es., in Moltmann, o in Pannenberg:
per lui importa che la risurrezione abbia anticipato la fine di tutti i tempi. Anche per lui la verit da
trovare nella totalit, che si ricava dallevento della risurrezione. Egli parla anche di prolessi: Xto,
risorgendo dai morti, ha anticipato la fine della storia. Nel caso di Moltmann, vi lidea della storia
sofferente di Dio, quando dice che nella passione di Ges,la storia della sofferenza diventata la
sofferenza di Dio; la croce cos un evento interno a Dio stesso.

5. Darwin: indubbiamente la teoria dellevoluzionismo nacque con un carattere prettamente
biologico, ma essa si estese ben presto ad altri settori. Ad esempio, alcuni scienziati parlano di
evoluzione cosmica, ecc.. Ricordiamo Teilhard de Chardin (1881-1955), che parla di cosmogenesi,
antropogenesi, Xtogenesi: levoluzione, per lui, sta nella Xtificazione di tutto luniverso, a partire
dallevento dellincarnazione. Tutto il mondo cammina verso Xto, punto finale delluniverso fine
intrinseco dellevoluzione cosmico-storica. Alcuni critici lo hanno accusato di essere un poeta: ma la
poesia , a volte, lunico modo di dire la verit!

6. La pluralit di filosofie: come si pone la Xtologia oggi dinanzi ad una grande variet di filosofie?
Nel nostro secolo confluiscono varie scuole o correnti filosofiche: esistenzialismo (Kierkegaard,
Heidegger, Marcel), pragmatismo americano (Peirce, Dewey ...), ermeneutica (Schleiermacher,
Ricoeur...), fenomenologia (Husserl, Edith Stein...), analisi linguistica (Wittgenstein...), neotomismo
(Gilson, Maritain...).
Heidegger, nella sua opera precoce, vede il significato delle cose nella creazione: occorre che noi
stessi diamo significato al mondo. Il pensiero pi maturo, invece, considerer il manifestarsi
dellessere. Nel Pragmatismo americano si afferma che la verit si fa, e la si dimostra nella prassi: da
qui il riflesso in campo Xtologico. Nellermeneutica troviamo alcuni elementi positivi che sono stati
usati, ad es., nellinterpretazione dei Vangeli. In campo fenomenologico c da notare il punto
positivo che prende in considerazione lesperienza (v. il nostro Papa attuale). Nellanalisi linguistica
c da considerare la possibilit di andare al senso del linguaggio Xtologico. Attualmente vi anche la
riscoperta della filosofia tomista con autori quali Gilson, Marcel ed altri.
Cosa vogliamo dalla filosofia? Almeno la possibilit di chiarire alcuni concetti che vengono usati in
Xtologia. I filosofi ci invitano e ci stimolano anche a pensare in un modo pi coerente. Ad es., vi la
questione della divinit di Ges che pu benissimo essere affrontata con la collaborazione di teologia,
Xtologia e filosofia.

I L RETROTERRA DELLA XTOLOGI A MODERNA

1.1. La nuova coscienza storica, determinatasi in questi ultimi anni, incide notevolmente sulla attuale
Xtologia. Specie la ricerca storico-critica la quale, risalendo alle fonti, analizza i testi biblici pi
antichi. La nostra fede inserita in una storia, pertanto essa interpellata dagli stessi studi storici. Nel
sec. scorso, lo storico von Ranke e J.H.Newman ci mostrano due fasi che hanno dato un notevole
contributo in tal senso. Von Ranke ha voluto portare avanti una storiografia neutrale: lideale di
studiare gli avvenimenti in modo oggettivo e scientifico. Per coloro che la pensano come lui, la fede
blocca tale procedimento storico-scientifico. Mentre S.Agostino scriveva se non credete, non
capirete, von Ranke direbbe: se credete, non capirete. J.H.Newman ritiene allopposto che la
nuova coscienza storica apre la via alla fede: egli proprio studiando levoluzione storica della dottrina
Xna, si convert al cattolicesimo. Per lui la fede non un ostacolo: essa si apre alla storia e la storia ci
apre alla fede.
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1.2. La ricerca storico-critica sulla vita di Ges parte da Reimarus (1694-1768), i cui scritti furono
pubblicati postumi. Per lui, Ges era un personaggio politico, e dopo la sua morte i discepoli
avrebbero inventato tutta la storia della Risurrezione, rubando il cadavere nel sepolcro. A.Schweitzer,
nella sua opera del 1906, studia ed analizza tante vite di Ges, e fa una divisione in due gruppi:

a) quelli che facevano vedere come nella storia di Ges c un fondamento solido per la
fede Xna;
b) quelli pi increduli, che volevano liberare Ges dalle dottrine Xli: un Ges liberato dai
dogmi e dal dominio della Xsa. In definitiva essi dicevano si a Ges, no alla Xsa e ai
dogmi.

Una conclusione ben fondata del suo libro che ogni epoca della teologia ha trovato riflesse in Ges
le sue idee, e ogni singolo lo ha creato secondo la propria personalit. In altre parole, ogni epoca ha
proiettato su Ges la propria mentalit e cultura, sicch ogni scrittore si rifletteva in lui al momento di
scrivere di Ges. Di certo non possibile scrivere uno studio storico in modo completamente
oggettivo, come diceva von Ranke, poich abbiamo necessariamente delle precomprensioni.
Occorre quindi essere coscienti di questo dato di fatto: nel caso di Ges, molti fattori entrano nella
nostra precomprensione: ai nostri giorni, molti studiosi non accettano, ad es., i miracoli, poich
sostengono che non si addicano a Dio, e scrivendo portano nei loro testi questo modo di vedere le
cose.

1.3. Il contributo dellesegesi storico-critica: le tre tappe nella formazione dei Vangeli:
a) la proclamazione orale degli eventi di Ges fino allanno 30 d.C.;
b) la storia delle forme: Bultman e Dibelius;
c) la storia della redazione: Marxen e Conzelmann.

2. Anche le scienze umane hanno un impatto sulla Xtologia: queste nuove discipline incidono in
modo differente cercando di illuminare la storia di Ges, dei discepoli e della Xsa primitiva.

A) La Psicologia: a Freud si deve lo sviluppo di questa scienza assieme alla scoperta
dellinconscio. In campo Xtologico si cos tentato di fare una sorta di analisi
psicologica dei discepoli, di Ges, ecc.. E chiaro che si tratta di tentativi assurdi,
poich i personaggi in questione sono vissuti 2000 anni fa. Luedemann aveva tentato
una simile impresa.
B) Antropologia culturale: uno strumento valido che, nel nostro caso, studia la cultura
mediterranea al tempo di Ges, confrontandola con quella odierna. Siamo di fronte al
problema dellinculturazione: come introdurre il messaggio di Ges nelle categorie
culturali di oggi? Tale scienza ci dunque di valido aiuto: ogni Xtologia, infatti,
inserita in una cultura o in un insieme di culture.
C) Sociologia: forse la disciplina che pi ha studiato la vita di Ges e la nascita della Xsa.
I sociologi cercano di chiarire il contesto dellattivit di Ges e della nascita della Xsa.
D) La storia delle religioni: studiando i vari culti, orientali ad es., molti hanno creduto di
trovare parallelismi rilevanti con il Xmo (v. il culto di Mitra). Tale tentativo continua
ancora oggi, ma con scarsi risultati, a causa di parallelismi poco aderenti o addirittura
forzati, con divinit o personaggi mitici, che pertanto non sono affatto storici.

3. Altri nuovi fattori
3.1. I movimenti liturgici: essi purtroppo hanno uno scarso impatto sulla Xtologia, nonostante la
grossa novit portata dalla costituzione sulla liturgia Sacrosancutm Concilium. Il centro della liturgia
il mistero pasquale di Xto; inoltre importante la presenza di Xto in tutta la liturgia (memoria,
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presenza, attesa). In SC 83, si parla dellufficio sacerdotale di Xto che innalza linno di lode per tutta
lumanit: un brano che introduce la sezione sullufficio divino di Xto.
Tale brano fa sorgere la domanda: chi Xto per quei popoli, o quelle nazioni che non hanno mai
sentito parlare di lui? Il movimento ecumenico ha influito sulla Xtologia a livello personale, ad es, tra
Balthasar e Barth, tra Rahner e Moltmann. Il movimento femminile ha fatto s che venissero
recuperati diversi elementi: ad es., la Xtologia sapienziale, dove si nota limmagine della sapienza
raffigurata da una donna.
3.2. La teologia neopatristica orientale: parecchi teologi ortodossi orientali hanno dato validi
contributi in ambito eucaristico. Nel mondo latino infatti non abbiamo una Xtologia eucaristica. E
interessante anche vedere che col Vat II si parla molto di Xto sacerdote, anche se in occidente tale
visione non ha avuto un forte impatto.
3.3. La violenza del nostro secolo ha lasciato una forte scia nella Xtologia: pi di 100 milioni di
persone sono state uccise, e come direbbe Pascal, continua la passione di Xto nel mondo. Questa
sofferenza universale dunque un fattore rilevante per lattuale Xtologia. Ci sarebbero altri fattori
da analizzare, come la crisi ecologica, o il movimento carismatico, che ha rivalutato la
figura del Xto quale terapeuta e guaritore, e ha rilanciato la pneumatologia
collegandola alla visione Xtologica.
TESI 8: Cosa vuol dire riconoscere Ges come vero Dio e vero
Uomo? Lunione ipostatica, la pre-esistenza personale del
Verbo e il concepimento verginale. Lautocoscienza e il sapere
umano di Ges; la sua fede e limpeccabilit

PARTE SISTEMATICA

LA DI VI NI T DI CRI STO

1.1. Il Concilio di Nicea I aveva affermato di Ges che Dio vero da Dio vero ; ma cosa indica la
parola divinit secondo i Padri conciliari ? Anzitutto essi stabilirono quattro punti essenziali : 1)
Dio uno ; 2) Dio Onnipotente ; 3) Creatore ; 4) Eterno. Confessando che il Figlio della stessa
sostanza del Padre, si rimane nellambito del monoteismo. Nel IV sec., Costantinopoli metter meglio
in evidenza leternit del Figlio. Ricordiamo anche la lettera sinodale del 382 inviata a Papa Damaso,
dove si afferma che Xto assolutamente perfetto. Ci vuol dire che il Figlio ricco di ogni
perfezione, senza che ci sia bisogno di unulteriore specificazione (v. DS 301). Da dove proviene,
inoltre, il significato di Dio ?
1.21 La Sacra Scrittura racconta la storia di Dio manifestata agli uomini : da Israele a Ges. Quali
sono gli attributi divini rivelati, conosciuti in questa lunga storia ? Chi il Dio di Abramo, Isacco e
Giacobbe ? Chi il Dio di Ges Cristo ? La risposta pi completa si trova in qualsiasi dizionario
biblico, alla voce Dio. Si possono riassumere alcune caratteristiche centrali : nellAT Dio si
rivelato come Redentore e Salvatore. Dio anche il Signore della storia, specialmente nella III parte
del libro di Isaia. Infine, Dio anche il Creatore. Nel nostro Credo, nella liturgia e nel Magistero, gli
attributi di Dio vengono ripetuti innumerevoli volte. Due Concili hanno unimportanza rilevante a
riguardo : il Lateranense IV (DS 800) ed il Vat. I (DS 3001-03, 3021-25). Dio definito come
immenso, attributo che non risale alla Scrittura ma alla filosofia medievale (cfr. Laterano IV),
immutabile e assolutamente semplice (v. S.Tommaso).
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1.22 Nel linguaggio filosofico scolastico, da Anselmo in poi, si molto riflettuto sugli attributi divini.
Leredit filosofica aristotelica e platonica influ enormemente sui Padri della Chiesa. Chi il Dio dei
filosofi ? Pascal non era molto contento dellidea che di Dio avevano i filosofi. Il punto di partenza
quella frase di S.Anselmo : Dio colui del quale non si pu pensare il pi grande.
1.23 Dio anche l oggetto della nostra esperienza religiosa : un grande autore che ha incoraggiato
la riflessione su Dio in questi termini S.Agostino. Dio ci trascende, al di l di ogni cosa creata, e al
tempo stesso Dio intimamente presente poich il Dio-con-noi. Agostino ne parla in modo
straordinario nelle Confessioni e nelle altre sue opere.
1.31 Una descrizione biblica ed esperienziale : Dio colui che abita una luce inaccessibile (1 Tim 6,
16) e nello stesso tempo in lui noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (At 17, 28), Dio santo,
ossia trascendente, ma nello stesso tempo immanente (mysterium tremendum et fascinans).
1.32 La descrizione filosofica mette assieme le propriet totalizzanti di Dio : onnipotente, onnisciente
e onnipresente. Si tratta delle perfezioni di Dio ; oppure si usa il linguaggio apofatico : Dio infinito,
immutabile, incorporeo. Altro ancora il linguaggio che cerca di descrivere il suo essere : Ipsum
esse per se subsistens (v. S.Tommaso), ed infine Dio come Causa prima e creatore di tutte le cose.

2.1. Dicendo che Ges Dio vero da Dio vero, riconosciamo in lui le propriet autenticamente
divine : lui il Verbo di Dio. Lincarnazione il modo equivalente di riconoscere le sue
caratteristiche divine : in Ges di Nazareth leggiamo la storia umana del FdD. In modo particolare si
riconosce in lui il Salvatore, il Rivelatore ed il Creatore. Il NT stabilisce solo a Dio e a Ges il titolo
di Salvatore ; Ges anche rivelatore, titolo che non ritroviamo letteralmente nel NT, ma vengono
usate espressioni equivalenti, soprattutto nel Vangelo di Giovanni. Il titolo Creatore lo si trova gi
nelle lettere di Paolo (cfr. 1 Cor 8), nel prologo di Gv, ecc.. Ges eterno, e solo lui pu farci dono
della vita eterna (cfr. Gv 6,6) : gi nel prologo (Gv 1,1) si pu notare lespressione In principio era il
Verbo, che indica leternit di Ges.

2.2. Con larianesimo si pose il problema della divinit di Ges. Ma cosa si intende col termine neo-
arianesimo ? Oggi alcuni sostengono che Ges abbia rappresentato effettivamente la volont del
Padre agli uomini, ma rifiutano la divinit di Ges. Affermano che egli piuttosto una finestra
aperta sul divino, ma che non divino in s. Coloro che seguono la pista neo-ariana si avvalgono di
una traccia puramente epistemologica : Ges ci fornisce cio la vera conoscenza di Dio. Ma accettare
unepistemologia ontologica significherebbe dire che Ges in se stesso divino : Dio presente in
Xto, ma la natura di tale presenza non specificata.
Ges anche il Rivelatore escatologico di Dio : egli ha potuto fare questo anche senza essere
personalmente divino. Altri parlano anche di Ges quale rivelatore assoluto, senza prendere per
posizione sulla sua divinit.
2.3. Ma se Ges fosse solo un rappresentante di Dio, che amore avrebbe Dio per noi ? Varrebbe
ancora laffermazione di Gv 3, 16 Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito ?
Ges il segno per eccellenza dellamore di Dio per noi.
3. Da una parte abbiamo la nostra lista di attributi divini, che possiamo attribuire a Ges, daltra parte
egli ci rivela che Dio trino : una strada a doppio senso. Partendo da alcuni attributi divini, li
riconosciamo in Xto ; lui e lo Spirito ci rivelano chi e che cosa Dio.

LUMANIT DI CRI STO

1.1. Leggendo i Vangeli, lumanit del Xto presentata in maniera chiara, specialmente in Lc che,
dopo la nascita di Ges da Maria, dice brevemente che cresceva in et e sapienza.
1.2. Dopo il periodo apostolico, alcuni eretici, come i docetisti e gli gnostici contestarono lumanit di
Ges. I Padri, come Ignazio di Antiochia, intrapresero la difesa di questo aspetto della persona di
Ges, mettendo in risalto soprattutto la sua nascita e la sua morte. Cos essi affermavano che Ges
realmente esistito, uomo come noi, che ha sofferto davvero sulla croce, poich il suo corpo era
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veramente umano. Apollinare, negando la vera umanit di Ges, sosteneva che in lui non c anima
razionale : questa era sostituita dal Logos divino. Gregorio di Nazianzo, riprendendo ci che gi
diceva Origene, afferma : quod non est assumptum non est sanatum, per ribadire che se Ges non si
fosse fatto veramente uomo, non avrebbe potuto salvarci. Allo stesso modo Leone Magno mette bene
in rilievo lintegrit dellumanit di Ges :

egli dedic tutto se stesso per ricuperare luomo che era stato ingannato...
vincendo il diavolo... Infatti non potremmo vincere lautore del peccato e della
morte, se non assumesse la nostra natura e la facesse sua colui che n il peccato
pot contaminare, n la morte detenere (DS 291-94)

1.3. Ma cosa significa perfetto uomo ? Il Sinodo del 382, nella lettera a Papa Damaso afferma :
non accettiamo unincarnazione senzanima, senza intelligenza, imperfetta, ben sapendo che il
VdD... divenuto perfetto uomo (COD). E una risposta chiara alleresia di Apollinare. Papa Leone
dal canto suo afferma : completo in ci che suo, completo in ci che nostro (DS 293).
Calcedonia ribadir pi o meno la stessa affermazione : perfetto nella sua umanit... [composto] di
anima razionale e di corpo (DS 301). Essere perfetto nellumanit indica : a) avere lanima
razionale ; b) avere un vero corpo umano. Costantinopoli III ha specificato che una vera natura umana
vuol dire includere una volont e attivit (operazione) umana (DS 553-58). Per completare il quadro
ricordiamo il Vat II, con la GS che, nonostante non sia un documento Xtologico, ne contiene gli
elementi sparsi qua e la.

2.1. Ricordiamo un fatto deplorevole del Xmo, circa una certa tendenza monofisita : non sempre
lumanit del Xto stata considerata nella sua integralit. Agostino o Tommaso dAquino hanno
spesso insistito su questo dicendo che per mezzo delluomo-Xto ci muoviamo al Dio-Xto. Ma
nonostante le loro affermazioni, spesso vi stato un monofisismo pratico. Ma quali propriet sono
necessarie e sufficienti per essere uomini, almeno in questa vita terrestre ? Possiamo dire che sono
almeno cinque gli elementi essenziali :
2.2. essere umano vuol dire in primo luogo avere un corpo ; essere dotato di ragione, ossia
razionalit ; volont libera, che non autonomia assoluta, ma capacit di autodeterminazione ;
capacit di una vita emotiva, ossia esprimere le emozioni e laffettivit ; memoria : oltre alla
continuit fisica, possediamo la continuit col nostro passato, che coscienza diacronica della nostra
vita.
2.3. Il secondo elemento deriva dal fatto che luomo un essere dinamico, che realizza progetti che lo
portano gradatamente alla sua realizzazione. Luomo un essere in cammino, in continuo divenire. La
crescita dunque una caratteristica essenziale dellessere umano. In un certo senso possiamo
affermare che non siamo umani, ma lo diventiamo.
2.4. In terzo luogo notiamo che luomo un essere sociale, cos come si legge in GS 12, dove il Vat
II cerca di superare una concezione individualistica e spiritualistica. Ci sono diversi aspetti da
segnalare al riguardo : luomo parla una lingua che gli permette di comunicare con gli altri ; lessere
umano , per via della sessualit, uomo o donna, per cui vi relazione e complementariet tra i due
sessi ; luomo legato ad una certa cultura o tradizione, ecc..
2.51 Ricordiamo un paradosso : da una parte la condizione umana finita, limitata, particolare
(nazionalit specifica, maschio o femmina, limiti fisici e intellettuali). Ogni essere umano dipende
dagli altri esseri umani e dal mondo circostante ; in quanto essere creato, dipende da Dio, e come
limite ultimo vi quello inevitabile della morte.
2.52 Se da un lato siamo limitati, dallaltro siamo aperti allinfinito. S.Agostino affermava che i nostri
cuori sono aperti a Dio. I Tomisti trascendentali sottolineano proprio questa apertura ontologica
delluomo a Dio (Marchal, Lotz, Rahner ...) ; inoltre ogni uomo ha dentro di s il desiderio della
pienezza della vita, del senso e dellamore.

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 68
3. Riconosciamo pertanto in Xto la piena umanit, anche alla base di sei constatazioni :
1) come essere umano, Ges ha avuto lesperienza tipica dellincarnazione, sperimentando dal di
dentro la nostra condizione umana ;
2) Ges divenuto il mediatore tra noi e Dio : per svolgere tale ruolo non poteva essere un angelo,
ma deve essere vero Dio e vero uomo. Il nostro rappresentante uno di noi (cfr. Eb) ;
3) Con lincarnazione il FdD in grado di insegnarci concretamente come vivere la nostra vita : come
pregare, come vivere. Si rende cio possibile limitazione di Xto. Ges stesso ci ha invitati ad
imitarlo e ad imitare il Padre : siate perfetti come perfetto il Padre mio, a trascendere quindi la
nostra stessa esperienza. Limitazione di Xto risale agli inizi del Xmo, come si nota da alcune
lettere di Paolo ;
4) Lincarnazione un segno convincente che Dio ci comprende e ci ama. La presenza del FdD tra
noi indispensabile per tale comprensione ;
5) Non solo imitiamo Ges, ma lo seguiamo : la dimensione della sequela Christi ;
6) Dio ci redime e ci salva dal di dentro per mezzo del Xto fatto uomo : unidea cara ai Padri. La
salvezza la grazia che viene da uno di noi.

4.1. Oggi si parla molto del significato che deriva dallumanit del Xto : da una parte un limite, a
causa della natura umana stessa. In questo modo Ges era, ad es., ebreo, vissuto in un determinato
periodo storico, ecc.. Alcuni di questi limiti sono rilevanti e non vanno trascurati : il fatto che fosse
ebreo, o uomo.
4.2. Da un lato riconosciamo in Xto unesistenza autenticamente umana, dallaltro Ges che rivela
luomo alluomo (v. GS 22). Ci significa, ad es., che Ges illumina e d senso al successo o alla
sofferenza umana : morendo sulla croce pone un interrogativo sul nostro modo normale di valutare il
successo di una vita o della sua sofferenza. Anche per il peccato, Ges si presenta come colui che
senza peccato e che ci libera da esso.

LE DUE NATURE (I NTEGRE) DI CRI STO

1.1. Ci sono espressioni equivalenti, come Dio-uomo (III sec., ORIGENE) per indicare la duplice
natura del Xto. C chi preferisce usare degli aggettivi, come divino oppure umano. In tutte le
nostre lingue natura un termine con pi significati : ad es., natura pu indicare il mondo naturale ;
si oppone poi a volte natura umana a cultura umana. Nel contesto Xtologico, natura indica le propriet
fondamentali, lessenza o la sostanza, essenza intesa come principio di attivit. Come sappiamo, la
fede Xtologica tradizionale riconosce in Xto due nature : quella umana e quella divina.
1.2. Dire natura vuol dire rispondere alla domanda : che cos Xto ? La persona, invece, la risposta
alla domanda : chi Xto ? Indica il soggetto a cui attribuire determinate azioni.
1.3. Ci sono molti testi del NT che possono indicare la natura del Xto, come la lettera agli Ebrei : in
essa si parla della crescita del Xto (reso perfetto..., 1,4 ; 2, 9-10 ; 5, 9-10) come uomo, ma anche
come Dio (1, 2-3. 8-12 ; 2, 10). Vi anche linsegnamento classico di Leone Magno nel Tomus
Flavianum. Nella Tradizione (Calcedonia e Leone Magno) appare chiara la presenza e la distinzione
delle due nature in Xto.

2.1. Vi sono state per delle obiezioni e difficolt lungo i secoli circa le due nature in Xto ; ad es.,
alcuni hanno obiettato che un individuo con due nature non pu essere altro che un ibrido. Per, in
questo caso si equivoca poich il linguaggio stesso pu essere travisante : le due nature, infatti, si
trovano su livelli infinitamente diversi.
2.2. Anche dire che Ges pienamente umano potrebbe mettere in cattiva luce la piena divinit di
Ges. Va infatti distinto il pienamente dal meramente. Ad es., uno pu essere pienamente sindaco
di Roma, senza essere meramente sindaco. Ci muoviamo chiaramente su esempi non pienamente
calzanti, specie se si considera che in Ges si parla di aspetti essenziali e non secondari.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 69
2.3. Schleiermacher un rappresentante del protestantesimo liberale : egli ritiene che la dottrina delle
due nature sia incoerente. Difatti egli si chiede come sia possibile che la stessa persona possa avere
parte a due nature completamente diverse, ed essere simultaneamente infinito (nat. divina) e finito
(nat. umana). Come ridurre quindi queste difficolt ?
2.4. Ricordiamo altri binomi che creano difficolt : materia / spirito, tempo / eternit, divino / umano.
I termini di tali binomi si situano a livelli diversissimi, ma non si pu dire che si escludano a vicenda.
Essi sono piuttosto poli complementari. Ad es., materia - spirito : nelle scienze naturali si pu dire che
la materia si presenta come in una scala con gradi di crescita ed evoluzione progressivi :

Materia
umana
animale
organica
inorganica

E come se la materia dimostrasse potenzialmente una certa affinit con lo spirito. Luomo, ad es.,
un essere materiale ma anche spirituale. La realt materiale e quella spirituale sono diverse ma non si
escludono a vicenda ; se cos non fosse, Dio - essere puramente spirituale - non potrebbe creare il
mondo materiale. Considerazioni analoghe possono essere fatte per ci che riguarda tempo ed
eternit, dal momento che Dio, eterno, crea realt temporali, ecc.. Guardando alla Bibbia, gli esseri
umani sono creati a immagine e somiglianza di Dio : esseri materiali e spirituali con impressa
limmagine di Dio, ossia luomo porta in s i segni della divinit.
2.5. La natura umana di Xto finita e limitata : ci non un difetto, ma un dato di fatto. Dio invece
illimitato. La conseguenza, dice Schleiermacher, una contraddizione : nella sua divinit Xto
onnisciente, mentre nella sua umanit egli limitato. Lincarnazione sarebbe per lui una
contraddizione in termini. Ma lo stesso principio di non contraddizione che ci aiuta nel caso di
Ges, poich umanit e divinit non si predicano sotto lo stesso aspetto e nello stesso campo di
riferimento. Occorre infatti che si mantenga la distinzione tra Ges in quanto Dio e in quanto
uomo.

3. J. Moltmann, ad es., mantiene la divinit di Xto anche se non condivide il pensiero di Calcedonia.
Per lui e per Pannenberg lunione delle due nature nellipostasi del Logos significherebbe una natura
umana depersonalizzata e mutilata. Vi per un malinteso al livello del significato di natura e di
persona. Essere persona non aggiunge alcuna perfezione : tutte le propriet essenziali appartengono
alla natura. Quando parliamo della natura di Xto, stiamo rispondendo alla domanda : cos Xto ?

4. Unaltra difficolt deriva dal fatto che spesso la natura umana di Xto passata in secondo piano. E
chiaro che Calcedonia non ha voluto trascurare i misteri della vita di Xto, cosa che anche nel
medioevo, con Tommaso dAquino non successa.
Spesso fuori dal contesto Xtologico si usano i termini natura e persona come equivalenti : si parla
dei diritti personali come di diritti naturali ; attualmente alcuni sostengono che natura abbia
cambiato significato rispetto a Calcedonia : in realt il termine natura ha acquistato una ricca
gamma di significati.

LUNIONE IPOSTATICA

1. Con lespressione unione ipostatica si indica lunit personale del soggetto, lunione tra le due
nature nella seconda persona divina della Trinit. E la persona stessa di Ges il fondamento
dellunit delle sue due nature ; Ges lunico soggetto ontologico : lui che esiste, agisce, esercita
la sua volont, ecc.. E anche lunico soggetto logico : il qualcuno a cui attribuire le sue azioni,
lunico soggetto logico dattribuzione.
TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 70

2.1. Calcedonia definisce Xto come un hypostasis o prosopon in due nature, senza definire cosa
voglia dire persona. Dopo Calcedonia il concetto di persona si andato man mano sviluppando, sino
ad oggi : Boezio, ad es., ha coniato una definizione di persona (naturae rationalis individua
substantia) anche se con i suoi limiti (ad es., manca la dimensione della relazionalit). Dopo di lui ci
sono stati i contributi medievali di Riccardo di S.Vittore, S.Tommaso, e in tempi moderni quelli di
Cartesio, Locke, ecc..
2.2. In sintesi, volendo dare una definizione di persona potremmo dire che quellessere individuale
che gode di razionalit e di libert, che sussiste in se stesso e agisce come soggetto in relazione
(soprattutto) con le altre persone, gode della propria identit incomunicabile e possiede una dignit
assoluta e diritti inalienabili.
Sussistenza indica lesistenza in se stesso. Le persone divine sono in relazione tra loro : questo
anche lelemento che le distingue. Per noi esseri umani, laspetto primordiale che ci caratterizza come
persone che siamo in relazione a Dio. Dato laspetto fondamentale e distintivo della relazionalit,
una persona isolata sarebbe una contraddizione in termini.
2.3. Nel caso di Ges, si pu applicare a lui la definizione che abbiamo appena formulato; Ges un
soggetto razionale e libero in due sensi : gode di una razionalit divina e di unintelligenza umana ;
gode di una duplice volont ed in relazione al Padre nello Spirito. Nella vita trinitaria vive questa
relazione, e nel contesto umano la rende manifesta.

3.1. Xto un uomo e un individuo umano, ma non strettamente una persona umana : una persona
divina che ha assunto questa natura umana. E quanto pensa S.Tommaso dAquino ; si potrebbe dire
che il Logos ha personalizzato la natura umana di Ges. Ma come pu essere veramente umano senza
essere una persona umana ? Lassenza di una persona umana non sminuisce la sua umanit, poich le
perfezioni umane sono presenti a livello della natura umana: in altri termini, lessere personale non
una realt da possedere.
3.2. Alcuni parlano della persona umana di Ges, volendo riferirsi alla personalit storica del
Nazareno. Per personalit si intendono quegli aspetti che Ges dimostrava di avere in pubblico, e che
emergono dai Vangeli : il suo modo di parlare, di comportarsi, ecc.. Si potrebbe parlare quindi degli
accidenti della sua natura umana.
3.3. Poich Xto un unico soggetto, gli attributi di una natura possono essere riconosciuti propri della
persona anche quando essa nominata in riferimento allaltra natura (v. communicatio idiomatum) ;
per questo possiamo dire, ad es., che Il Figlio di Maria cre il mondo, oppure il FdD mor sulla
croce.
3.4. Ges un unico soggetto con due coscienze (o menti) e due volont libere. Da qui sono derivate
alcune questioni, come lopposizione tra volont umana e quella divina, la sua impeccabilit, ecc.. Ma
come possibile che Ges abbia due menti ? Certamente non schizofrenia : le due menti esistono a
due livelli infinitamente diversi, per cui c la mente divina, condivisa dal Padre e dallo Spirito, quella
umana, propria del Ges uomo.

4.1. Per molti moderni la coscienza di s e la consapevolezza della propria identit distinta non si
identificano semplicemente con lessere persona. Io mi riconosco, per mezzo della mia autocoscienza,
distinto da tutti gli altri, ma lessere personale non si identifica con lautocoscienza di s : chi dorme
non cosciente di s, ma non cessa di essere persona ! Nellautocoscienza c la consapevolezza di
essere un IO personale, il senso della propria identit. Nel caso di Xto, il suo essere personale non
pu identificarsi con la sua coscienza umana ; psicologicamente Ges, per, cresciuto nella
autoconsapevolezza del suo essere personale.
4.2. La memoria per alcuni si identifica con il proprio essere personale : indica la continuit
diacronica della persona stessa. Ma non ci pu essere identificazione, poich si potrebbe perdere la
memoria, senza per questo perdere la propria identit personale. Applicando tutto questo a Ges, si
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pu dire che la sua memoria umana ha sicuramente avuto un certo impatto sulla coscienza della sua
identit personale. E chiaro per che la sua memoria inizia con la sua esistenza umana.

LA PREESI STENZA PERSONALE DI CRI STO

1.1. Parlare della preesistenza di Xto vuol dire parlare del suo essere eterno, vuol dire che al momento
della sua nascita (~5 a.C.), la sua persona non cominci ad esistere, poich era gi esistente
dalleternit.
1.2. Ges esisteva gi prima della sua incarnazione, e prima della creazione del mondo.
Negativamente, preesistenza vuol dire che lesistenza personale di Ges non deriva n dagli uomini,
n dalla storia, cosa che invece accade per noi. Positivamente, lesistenza personale di Ges ha le sue
radici nel Dio eterno. Circa la definizione di Boezio delleternit, interminabilis vitae tota simul et
perfecta possessio, essa ha avuto pi successo rispetto alla definizione di persona. Leternit , per
Boezio, un modo di definire la vita piena e perfetta di Dio : in lui non c un prima e un dopo, ma un
adesso eterno.
1.3. Occorre sottolineare il significato dellaggettivo personale : per gli ebrei la Legge era eterna,
sicch alcuni parlavano della preesistenza della Torah, ma chiaro che non si tratta di preesistenza
personale. Nella filosofia antica erano le idee a preesistere nel cielo platonico, ma anche in questo
caso non si pu parlare di preesistenza personale.
1.4. Nel libro di J.D.G Dunn (Christology in the Making) si mantengono due tesi : prima del Xmo
non si trova lidea di un essere personale preesistente che discende dal cielo e si incarna; pertanto,
questa costituisce una novit senza precedenti. La conclusione che si impone che, se Dunn ha
ragione, tale preesistenza non unidea mitologica storicizzata. Anche se nellAT la sapienza ed il
Logos sono personificazioni dellattivit divina, esse per non persone distinte ma mere
personificazioni.

2.1. Laltra tesi consiste nel fatto che Dunn riconosce la preesistenza di Xto per la prima volta nel
prologo di Gv (1, 1-3 ; si veda anche 17, 5.24). Molti studiosi non sono daccordo ; infatti Dunn non
riconosce che ci sono altri testi anteriori che riprendono questo aspetto della persona di Ges : ad es.,
in Fil 2, 6-8 (preesistenza, abbassamento ed esaltazione) ; Col 1, 15-17 ; Eb 1, 1-3.6 ; 9, 26 ; 10, 5-10
(il FdD attivo nella creazione). In 2 Cor 8, 9 Paolo parla di Ges che da ricco si fece povero, perch
per la sua povert noi diventassimo ricchi. Circa la creazione del mondo, in 1 Cor 8, 6 Ges
descritto come colui che ha creato tutte le cose ; cos anche nella lettera agli Ebrei, dove Ges il
primogenito preesistente introdotto nel mondo (Eb 1, 6) e che apparso nella pienezza dei tempi
per annullare il peccato (Eb 9, 26). In Paolo si parla non della venuta di Ges ma della missione del
Figlio : cfr. Rm 8, 3 ; Gal 4, 4. Qualcuno obietta che anche nellAT i profeti venivano mandati da Dio,
come accade nel NT per Gv il Battista. C per da dire che nessuno dei profeti mai stato chiamato
FdD, pertanto la loro missione era di natura diversa.
2.2. I Padri della Xsa, da Ignazio dAntiochia in poi, parlano della doppia nascita di Ges : quella
divina nelleternit, e quella umana nel tempo. A noi interessa la prima nascita, quella eterna, dal
Padre. Ges stato generato, ossia ha la sua origine nel Padre, e non stato quindi creato.
2.3. Il Concilio di Nicea I afferma che Ges consostanziale al Padre (eterno) ed mediatore della
creazione : generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, per mezzo di lui tutte le cose sono
state create (DS 125). Pertanto viene respinta lidea di un istante in cui egli non sia esistito (DS 126).
Costantinopoli I riprende il linguaggio di Nicea aggiungendo una frase importante : nato da Padre
prima di tutti i secoli (DS 150). Nel caso di Nicea e Costantinopoli, linsegnamento sulleternit del
Figlio utilizza un linguaggio temporale : impossibile per noi uomini, limitati nel tempo e nello
spazio, usare un linguaggio che esuli dallo spazio e dal tempo.
2.4. Limportanza del nostro argomento triplice : 1) tocca lessere stesso di Ges ; 2) coinvolge ci
che Ges ha fatto per noi ; 3)dimostra che il FdD si dona per noi, accettando unesistenza kenotica.
Nel primo caso la preesistenza di Ges un modo di parlare della vita piena e perfetta che in Dio.
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Coloro che negassero la preesistenza di Ges automaticamente negherebbero la sua divinit. In
secondo luogo, Ges oltre ad essere il salvatore universale anche il mediatore della creazione.
Infine, il FdD assume unesistenza concreta e storica, facendosi povero da ricco che era, per noi e per
la nostra salvezza. E messa quindi in risalto la redenzione e la salvezza operate per mezzo suo.

3.1. Ci sono due estremi da considerare : i massimalisti, ossia coloro che ritengono che Ges fu
consapevole della sua preesistenza eterna personale presso il Padre, poich la ricordava. Ma
evidentemente fanno confusione tra il dato ontologico della preesistenza personale ed il dato
psicologico, della coscienza di quella preesistenza. Esaminando i Sinottici, si vede che Ges era
umanamente consapevole di godere un rapporto unico col Padre. Ma quella consapevolezza umana
non deve essere confusa con la memoria di essere il FdD. Nel Vangelo di Gv, pi il Verbo eterno
che parla ; ma non si deve trascurare lesperienza fondamentale dei sinottici.
3.2. Per i minimalisti, poi, la preesistenza di Ges solo intenzionale, interpretandola come
preesistenza nellintenzione divina, nel mondo in evoluzione e nella storia umana. Ma questo si pu
dire della nostra esistenza, che in modo misterioso era gi inserita nel progetto eterno di Dio. Alcuni
quindi intendono ridurre la portata della preesistenza : ma perch ? Forse non riescono a distinguere
bene tra lessere personale di Ges e la sua natura. Da qui la necessit di distinguere bene questi due
aspetti.

I L CONCEPI MENTO VERGI NALE

Si parla di concepimento perch Ges venuto al mondo senza lintervento di alcun uomo, ma per
azione dello Spirito santo.
1.1. Molte sono le obiezioni al concepimento verginale : in primo luogo troviamo i deisti che, nel
700, asseriscono che dopo la creazione del mondo, Dio non interviene pi nella storia dellumanit.
Le loro idee si ritrovano anche oggi, quando si vuole escludere qualsiasi intervento speciale da parte
di Dio.
1.2. Una difficolt storica della scuola della storia delle religioni : il concepimento verginale si
ritroverebbe anche nelle leggende circa divinit maschili che fecondano donne mortali. Si citano a tal
proposito alcune leggende dellEgitto, o del culto romano (Marte che genera Romolo e Remo,
violando la figlia del Re di Albalonga), ecc.. Ma tali parallelismi non sono cos evidenti : ad es.,
Romolo e Remo non sembrano essere personaggi realmente esistiti ! Inoltre, nel loro concepimento
c stato un rapporto sessuale, mentre non cos nel caso di Ges. Vi anche da notare che nei primi
50 anni del Xmo, non ci sono stati contatti tra i primi Xni e le altre religioni, con le loro leggende.
Eugeen Drewermann ritiene che il concepimento verginale una possibilit psicologica per tutti : il
racconto di Mt e Lc, secondo lui, sarebbe da ridurre ad una mera possibilit psicologica, al di fuori
della storia concreta particolare.
1.3. Una difficolt ermeneutica viene da E. Schillebeeckx ed altri, i quali, commentando il
concepimento verginale, vedono in esso solo una verit teologica, che ci dice qualcosa della vita di
Ges ma che non veramente una realt storica. Ma perch non accettare una verit storica che
anche verit teologica ? Spesso nella storia dellumanit troviamo esempi del genere : fatti informativi
di realt storiche che hanno anche valore teologico. Ad es., nel 1969 ci fu il primo allunaggio, un fatto
storico ma anche simbolico ; ancor di pi la stessa crocifissione di Ges. Vi per un presupposto
sbagliato : lopposizione tra storia e fede, che risale allIlluminismo.
1.4. Una difficolt teologica viene da parte di coloro che vogliono rivendicare la piena umanit di
Ges (come Papa Leone Magno). Se Ges non fosse stato concepito in modo naturale, la sua piena
umanit ne risulterebbe diminuita, quindi il concepimento verginale metterebbe in cattiva luce la vera
umanit di Ges. Ma in questo caso si confondono le propriet meramente universali con quelle
veramente essenziali.

TP1B08 - De Christologia et Soteriologia - Pro.f G. OCollins - A. A. 95/6 - Appunti di uno studente - Pag. 73
2.1. Matteo e Luca riferiscono il concepimento verginale come un avvenimento attuale che anche
storico. Anche se impossibile armonizzare i racconti dei loro primi due capitoli, e sostenere la
storicit di tutti i dettagli contenuti, c per la possibilit di valutare alcuni elementi storici. Pur
servendosi di tradizioni differenti e avendo diversi punti di vista, concordano che la procreazione di
Ges da Maria frutto di un intervento specifico dello Spirito santo. La portata teologica e Xtologica
del concepimento verginale sta nella sua portata salvifica, come si legge in DV 11.
2.2. Il concepimento verginale esprime lorigine divina di Ges. La sua origine da Maria garantisce la
sua piena umanit. Nacque da una donna (il segno della sua umanit), nacque da una vergine (segno
della su divinit). In un quadro pi ampio, partendo da Paolo, egli mette lenfasi sul mistero pasquale
(Rm 1, 4) : il Xto crocifisso risorto. Il NT parte dalla proclamazione kerygmatica di questo mistero :
Mc incentra il suo discorso teologico sul battesimo, Mt e Lc sul concepimento, e Gv sul principio
assoluto.
2.3. Un altro aspetto da considerare che lo Spirito attivamente presente in tutta la vita di Ges : fin
dal suo concepimento era benedetto dallo Spirito. Tutta la Trinit presente nel concepimento
verginale, ma viene evidenziata lazione dello Spirito nelle diverse fasi della vita di Ges. E chiaro
che tutto il mistero del Xto ha una dimensione trinitaria.
2.4. Un altro significato teologico del concepimento verginale linizio della nuova creazione : Ges
stato concepito per noi e per la nostra salvezza ; questo un aspetto profondo della nuova creazione,
che dono di Dio, dono che possiamo solo ricevere, poich incapaci di mettere in atto da soli.
2.5. Si pu inoltre riconoscere un parallelismo tra il seno di Maria ed il sepolcro vuoto. Come Maria
lunica testimone del concepimento verginale, alla fine della vita terrestre di Ges il sepolcro vuoto
(nuovo, non ancora usato) che assieme alle pie donne testimoniano la risurrezione di Ges. Questo
parallelismo, che vede legati il concepimento verginale e la risurrezione di Ges particolarmente
caro allAquinate e a K. Barth.

LA SCI ENZA UMANA DI CRI STO

1.1. La duplice libert una conseguenza logica del Concilio di Calcedonia : in quanto ha assunto
lumanit integrale, Ges possiede una volont umana, e conseguentemente la libert umana. Circa il
problema della scienza umana di Ges, ci riferiamo al periodo storico della vita prepasquale.
1.2. Leggendo alcuni Padri della Xsa, troviamo la questione dei limiti della conoscenza di Ges, in
riferimento a due versetti particolari del Vangelo, Mc 5, 30 : Chi mi ha toccato il mantello ?
(lepisodio dellemorroissa, con il parallelo in Lc 8, 45). I Padri spiegano quei versetti dicendo che
Ges finge di non sapere chi labbia toccato, e ci a scopo pedagogico. Un altro versetto sulla
nescienza di Ges quello di Mc 13, 32 : egli dimostra di non conoscere il giorno della fine del
mondo e del suo trionfo finale. Anche qui alcuni Padri si sono rifiutati di riconoscere il limite di
Ges : egli fingeva anche in questo caso, poich la conoscenza di Ges non pu avere limiti. Origene
ed altri cercavano di commentare quei versetti evitando ogni riferimento ai limiti di Ges, senza tener
quindi conto di quanto scritto in Lc 2, 52 : E Ges cresceva in sapienza, et e grazia davanti a Dio
e agli uomini. Cirillo dAlessandria, invece, riconobbe la crescita umana di Ges, poich come tutti
gli uomini egli obbediva alle leggi della natura umana che aveva assunta. Il problema, per, rimaneva
nella controversia con gli ariani, i quali si servivano delle affermazioni neotestamentarie relative alla
nescienza di Ges per provare che il Logos fu creato. E chiaro che in questo caso si faceva
confusione tra il sapere limitato di Ges e la sua identit personale.
1.3. Nel medioevo, la via preparata da Agostino ripresa da S.Tommaso: secondo il suo schema,
lanima umana di Xto godeva di una triplice scienza : 1) scientia visionis ; 2) scientia infusa ; 3)
scientia experientiae. A noi interessa la prima, ossia la visione beatifica : Ges, secondo questa idea,
avrebbe avuto la costante visione del Padre, faccia a faccia. E la visione che di Dio hanno i beati in
Paradiso. S.Tommaso attribuiva allanima di Ges tale scientia visionis per sottolineare la perfezione
della scienza del Xto. Egli quindi spingeva agli estremi laffermazione del Concilio di Costantinopoli
I, che sottolineava la perfetta umanit di Ges.
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1.4. Qualche documento ufficiale della Xsa riprende lidea di Tommaso, soprattutto due encicliche di
Pio XII, la pi importante delle quali la Mystici Corporis (DS 3812). Secondo questo documento
Ges, sin dal seno materno, aveva la visio beatifica, conoscendo tutto e tutti. E da sottolineare che
quella enciclica era piuttosto un documento sul mistero della Xsa e non Xtologico.
1.5. In tempi pi recenti troviamo altri documenti: la Commissione Teologica Internazionale, anche se
non fa parte del Magistero, stata costituita a livello internazionale per analizzare questioni come
quella che stiamo studiando. Tale Commissione ha affrontato la questione nel suo documento La
coscienza che Ges aveva di se stesso e della sua missione : in esso e in altri due documenti previ
non si parla di visio beatifica. Cos la Pontificia Commissione Biblica, dove si parla invece di una
coscienza graduale, sulla pista dataci da Lc. Il Catechismo parla spesso della visione beatifica (1023,
1028, 1032, 1045, 1274, 2090...), ma nel contesto del nostro destino finale. Al # 473 si parla della
conoscenza intima e immediata che il FdD, fatto uomo, ha del Padre suo, ma non si tratta della visione
beatifica. I teologi come Lonergan, Rahner, Ratzinger e Brown hanno preparato la strada ai documenti
a cui abbiamo accennato sopra.

2. Perch la concezione tommasiana stata abbandonata ?
2.1. In primo luogo, la visio beatifica sembra escludere la sofferenza : se Xto avesse avuto realmente
la visione che i beati godono nel cielo, difficilmente si spiegherebbe la sua autentica sofferenza.
Coloro che sostenevano la visio beatifica, infatti, parlavano di un miracolo costante che impediva a
Ges di vivere nello stato permanente di felicit tipico dei beati. Altri ancora spiegavano la visione
beatifica con limmagine del monte altissimo : tale la mente del Xto, per cui sulla vetta tutto chiaro
e limpido, mentre sulle pendici ci possono essere nubi e tempesta. Appare evidente che questa
spiegazione alquanto artificiosa e affatto esauriente.
2.2. Circa la questione della libert umana, se Ges avesse avuto la visione beatifica, non avrebbe
avuto senso parlare di obbedienza, perch avrebbe avuto una conoscenza perfetta di Dio e della sua
volont.
2.3. Xto non simulava le tentazioni e le lotte interiori nella preghiera (cfr. Mc 1, 12-13 ; Lc 22, 28 ; Eb
2, 18 ; 4, 15): accettando questa realt difficile accogliere contemporaneamente lidea della visione
beatifica.
2.4. Come conciliarla poi con una vera crescita in scienza ? S.Tommaso aveva il suo triplice schema,
ma circa la scienza sperimentale, essa trova difficilmente spazio accanto alla visione beatifica.
2.5. Almeno un paio di volte i Sinottici parlano dei limi nella scienza umana di Ges (vedi 1.2.) :
prendendo sul serio quei brani, si vede come la scienza umana di Ges fosse limitata.
2.6. Il Concilio di Calcedonia afferma che la propriet di ciascuna natura salvaguardata (DS 302),
accettando il principio di Leone Magno secondo cui lunione ipostatica salvaguarda le propriet di
ciascuna natura. La logica di Calcedonia suggerisce che il limite della scienza di Ges non
sconveniente, ma corrisponde alla natura della scienza umana.

3.1. Troviamo nei Sinottici anche qualche altro evidente limite della conoscenza umana di Ges : per
quanto riguarda la conoscenza religiosa, Ges era abbondantemente istruito nelle Scritture, ma con
dei limiti. Ad es., Mc riporta che Ges attribuisce il Sal 110 a Davide : molti esegeti moderni
ritengono invece che diversi salmi furono composti diversi secoli dopo Davide. E chiaro che
lattribuzione dellautore e il genere letterario non riguardano il messaggio centrale, ma altrettanto
chiaro che Ges condivide le nozioni limitate del suo tempo.
3.2. Il Logos, assumendo la natura umana, agisce nelle condizioni limitate di ogni uomo ; lumanit,
nonostante la sua trascendenza pur sempre limitata.

LA CONOSCENZA UMANA DI GES

Lidentit di Ges, cos come ci viene riferita dai Sinottici, si ricava dalla sua missione, al punto che
quasi le due realt convergono. E chiaro che non abbiamo un accesso diretto alla vita interiore di
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Ges, dal momento che non ha lasciato nulla di scritto ; abbiamo solo gli scritti tramandatici dai suoi
discepoli. Di Ges sappiamo che ebbe una straordinaria santit, per cui il suo mistero quanto mai
profondo.
1.1. Distinguiamo tra la scienza (il sapere) di Ges, e la sua autocoscienza, anche se sono due aspetti
legatissimi : ci conosciamo conoscendo !
1.2. La coscienza della nostra identit personale si sviluppa per mezzo dei contatti con il mondo, con
Dio e con gli altri. Non siamo degli enti separati dagli altri o dal resto del mondo.
1.3. Per Ges si apre la questione della sua coscienza umana : dellinfanzia di Ges sappiamo solo
pochi particolari ; sappiamo che a 12 anni ha affermato di dover fare la volont del Padre suo. Prima
del battesimo, poi, non abbiamo dati sufficienti per ricostruire la vita di quel periodo.
1.4. Quale metodo possiamo allora seguire per ricavare qualche dato sulla conoscenza di Ges ? C
praticamente solo la possibilit della deduzione aprioristica per quegli eventi prima del Battesimo
(cfr. Lc 2, 49). Dopo il battesimo si pu seguire il metodo induttivo, in modo da mettere in risalto che
tipo di autocoscienza emerge dalle sue parole e dalle sue azioni.

2.1. Secondo il metodo aprioristico deduttivo, Rahner afferma che pi un essere elevato, pi
cosciente di s, ossia essere e conoscenza si influenzano reciprocamente. Nel caso del Logos divino,
la sua natura umana assume il livello pi alto tra gli esseri creati. In questo caso, per mezzo della
natura umana, il Logos sarebbe consapevole umanamente della sua identit personale. Vi anche un
altro principio da tener presente : la crescita nel concettualizzare la propria autocoscienza, per cui
pian piano cresciamo nella conoscenza di noi stessi. Ges, per mezzo della sua conoscenza umana, ha
compreso la sua identit. Occorre segnalare che la risposta di Rahner non intratrinitaria, ma rimane
nellambito dellunione ipostatica, Logos e natura umana.
2.2. Limpostazione induttiva, alla luce dei Vangeli sinottici, ci dice che dal Battesimo in poi, con la
vita pubblica di Ges, egli non va in cerca della sua identit personale : consapevole umanamente di
essere Figlio del Padre. Questa prospettiva storica mette in evidenza laspetto trinitario della vita di
Ges. E la prospettiva presa in esame da Kasper, e sottolinea laspetto della relazionalit. Lanalisi
induttiva in grado di accogliere il modo graduale con cui Ges ha appreso la sua identit. Alcuni
tentano di spiegare il Battesimo di Ges come la scoperta che lui fa della sua identit : gli esegeti,
per, non sono daccordo, poich si tratterebbe di una forzatura. Piuttosto il Battesimo pu essere la
conferma per Ges della sua identit personale.

3. Abbiamo detto che la vita di Ges caratterizzata dalla sua missione.
3.1. Lapproccio induttivo : Ges era consapevole del suo ruolo unico nel determinare il rapporto
definitivo tra Dio e gli esseri umani ; per mezzo dei suoi gesti e delle sue parole si comprende che
accogliere la sua persona determinante per la salvezza degli uomini. In Mc 14, 25 si nota poi il
legame tra la predicazione del Regno e la morte al servizio del Regno (In verit vi dico che io non
berr pi del frutto della vite fino al giorno in cui lo berr nuovo nel regno di Dio).
3.2. Secondo lapproccio deduttivo impossibile che Ges fosse completamente alloscuro della sua
identit e missione salvifica.
3.3. Si pu pensare che Ges abbia avuto una coscienza graduale della sua missione, anche se
difficile mettere in ordine cronologicamente i suoi dati biografici che ricaviamo dai Vangeli. E chiaro
che Ges inizi con la predicazione del Regno, e solo ad un certo punto inizi a parlare della sua
sofferenza e della sua morte. La Commissione teologica, nel documento del 1979, si mostra pronta ad
accogliere questa graduale comprensione di Ges circa la sua passione e morte.
3.4. Attualmente, vi un certo consenso sul carattere escatologico della predicazione di Ges. Vi sono
per tre tendenze. Secondo A. Schweitzer, J. Weiss ed altri, Ges predicava una fine imminente del
tempo, ma mor deluso poich tale fine non giunse. Dodd e Bultmann parlano invece di
unescatologia realizzata. Culmann e altri dicono che la fine gi inaugurata, ma non ancora
consumata, creando un certo consenso tra i teologi. Lerrore sta forse nellannunziare un aut aut tra
escatologia futura, ed escatologia gi presente. Forse i due aspetti andrebbero tenuti assieme. La
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dimensione escatologica pervade la predicazione di Ges, che aspetta un divino intervento decisivo
nella storia del suo popolo. Il regno gi instaurato caratterizzato dalla centralit e dalla signoria di
Ges. Un altro elemento da ricordare che non va ridotta la questione del quando della parusia.
Dalla sua predicazione si capisce che la scadenza a breve (cfr. Mc 9,1), ma ci sono altri detti in cui il
tempo finale impreciso (Mc 13). Parlando del regno presente e futuro, Ges utilizza un linguaggio
apocalittico, che si rifa a Daniele, Ezechiele, ecc., un linguaggio fortemente simbolico.

LA FEDE DI GES

1.1. Ricordiamo qualche dato storico : la dottrina scolastica prima di Tommaso, con Pietro Lombardo
e altri associavano la fede alla conoscenza. In Ges la fede veniva praticamente esclusa a causa della
visione beatifica. Questa teologia di Tommaso, Pietro Lombardo ecc., ha avuto un largo influsso nel
medioevo.
1.2. Ai nostri giorni, teologi cattolici e protestanti hanno ripreso la questione : Balthasar, Guillet,
Sobrino, e altri. Per G. Ebeling Ges il testimone per eccellenza della fede, per cui diventa il
fondamento della fede stessa risorgendo dai morti. Nel nostro secolo ci sono stati tre cambiamenti
che hanno dato unaltra visione alla fede di Ges.
1.3. In primo luogo non c pi una visione massimalista della conoscenza umana di Ges, ossia non
si prende pi in considerazione la visione beatifica. Lapproccio pi intratrinitario dice che, nella sua
esistenza umana, Ges vive la sua relazione al Padre nello Spirito : la prospettiva di Kasper e di altri
teologi che vedono la vita terrestre di Ges in riferimento al Padre e allo Spirito. Vi poi
limpostazione pi personale della fede : nella DV (n.5), invece di concepire la fede dal punto di vista
conoscitivo, la si vede come lorientamento globale della persona.
1.4. Un altro binomio da sottolineare quello della Fides qua e Fides quae. La Fides qua
lobbedienza della fede, come ci dice Paolo (Rm 1, 5 ; 16, 26), lavere fiducia in Dio e rimanere saldi
in lui (Is 7, 9). Essa si esprime soprattutto nella preghiera che anche il suo nutrimento. La Fides
quae esprime il contenuto che si professa. Paolo in Rm 10, 9 mette in rilievo che il contenuto della
fede sta nella Risurrezione di Ges. Giovanni invece riassume il contenuto della fede nella
confessione di Ges come Figlio di Dio. Nel nostro credo, ci che confessiamo comprende anche la
dimensione temporale diacronica : il passato (es. discese dal cielo), il presente (creatore del cielo e
della terra), e il futuro (aspetto la risurrezione dei morti e la vita che verr.)

2.1. Nel NT la fede coinvolge diverse sfumature : non si tratta quindi di un concetto monolitico. Ma
Ges esercitava la fede ? Partiamo dicendo che i termini fede e credere sono i pi usati nel NT : il
sostantivo pistis (tioti) usato circa 243 volte, e il verbo pisteuein (tiotcuciv) 241 volte. Ges
normalmente considerato loggetto della nostra fede (cfr. Rm 10, 8-10), se non addirittura il
fondamento. Per Gv, che usa 98 volte il verbo credere, proprio Ges loggetto della nostra fede. Il
NT per non ci dimostra che Ges esercitasse direttamente la fede, forse perch gli Evangelisti ce lo
descrivono alla luce della risurrezione.
2.2. In Paolo ricorre spesso la frase fede di Ges (cfr. Rm 3, 22-26 ; Gal 2, 16a.b.20 ; 3, 22 ; Ef 3,
12 ; Fil 3, 9). La questione coinvolge il valore di quel genitivo : soggettivo o oggettivo ? Se fosse
tradotto come gen. oggettivo, vorrebbe dire che Ges loggetto della fede. Altri preferiscono
tradurre col gen. soggettivo, ossia la fede che Ges ha esercitato nella sua esistenza umana. La
maggior parte degli studiosi, per, ritiene che quel genitivo vada tradotto come oggettivo. Non si pu
certo risolvere la questione analizzando solo lespressione tioti Xiotou, ma ponendo
lattenzione su altre espressioni, come quella di Fil 2, 8. Paolo parla l dellobbedienza di Ges,
facendo vedere come in quel caso vi lobbedienza della fede. In Rm 5 si fa il raffronto tra Xto
obbediente e Adamo disobbediente : latteggiamento di Ges ci riporta a quello della fede.
2.3. In Eb 12, 2 si legge, nella traduzione della CEI : corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta
davanti, tenendo lo sguardo fisso su Ges, autore e perfezionatore della fede.; qualche altra
traduzione (NRSV e NJB) aggiunge autore e perfezionatore della nostra fede. E chiaro che si tratta
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di traduzioni che risentono dellinflusso teologico. Nel contesto immediato, Eb 12, 2 si trova alla fine
di una lunga lista di testimoni della fede : Ges lesempio per eccellenza di una vita vissuta nella
fede. Nel contesto di tutta la lettera ci sono elementi che riguardano la fede, come lobbedienza (cfr.
5, 7-10 ; 10, 7-9), la preghiera (5, 17), la lealt nelle prove (2, 17-18 ; 4, 15), e fedelt (3, 1-2). La
lettera agli Ebrei analizza questi elementi relativi alla fede, pertanto non sarebbe fuori luogo parlare
della fede di Ges stesso.
2.4. I Sinottici, testimoni principali della vita terrestre di Ges, non parlano esplicitamente della fede
di Ges : nei Sinottici, Ges parla di fede come colui che ne ha una personale esperienza. In Mc 9, 23,
Ges risponde al padre dellepilettico indemoniato e gli dice Tutto possibile per chi crede !, e lo
pu affermare perch lui in prima persona a farne lesperienza. In Lc 17, 6 e Mt 6, 30, Ges
rimprovera i suoi interlocutori i quali si dimostrano uomini di poca fede, e non assumono quindi il suo
stesso atteggiamento. Sulla montagna, Ges incoraggia ad avere fede (v. Mt 7, 7-11), proprio perch
lui per primo ha sperimentato lefficacia della preghiera. Ricordiamo anche le sue azioni
caratteristiche : la sua preghiera costante legata alla fede (Mc 1, 35 ; 6, 46) ; lobbedienza alla volont
del Padre (Mc 14, 32-42) ; la fedelt nelle tentazioni (Mc 1, 12 ; Lc 22, 28), ed infine la fiducia sul
futuro (Mc 9, 31 ; 14, 25). Nonostante la consapevolezza di una morte violenta, aveva fiducia nella
volont del Padre.
2.5. Riprendendo la distinzione tra fides qua e fides quae, e applicandola a Ges, vediamo che la
prima ci mostra che Ges obbediente al Padre. Ma in chi credeva Ges ? Egli conosceva la sua
identit personale, conosceva il Padre e la sua missione. Il CCC al # 473 parla della conoscenza
intima del Padre, quindi come tale non era oggetto di fede. Per rimangono altri elementi da
confessare, come ad es., la storia della salvezza riportata nellAT (cfr. Mc 12, 18-27). Vi sono quindi
elementi del passato che rientrano nella sua confessione di fede, cos come nel discorso della
montagna Ges professa la sua fede circa la provvidenza divina. Per quanto riguarda il futuro, Ges
parla della sua fiducia in Dio, poich la sua vita nelle sue mani ed egli risusciter i morti nellultimo
giorno ed il suo regno verr con potenza.
2.6. Bisogna sottolineare che la fede una realt analoga : Abramo un esempio della fede, ma il
contesto della sua confessione ben diverso dal nostro.
2.7. S. Paolo, parlando di Ges, ci dice che dobbiamo imitarne la fede : credere in lui, ma anche
credere come lui (cfr. 1 Ts 1, 6 ; 1 Cor 11, 1).

LIMPECCABILIT E GRAZI A DI CRI STO

1.1. Il peccato non la trasgressione di una norma astratta, ma infedelt personale: seguendo la pista
dei profeti, il peccato una disobbedienza personale al Dio misericordioso che, nonostante linfedelt
del popolo, si mantiene fedele.
NOTA: MANCANO LE ULTIME DUE TESI:
TESI 9: i diversi modelli di salvezza. Luniversalit della mediazione
salvifica e rivelatrice di Cristo.
TESI 10: Una sintesi conclusiva in termini della presenza
cristologica e salvifica del Ges risorto. O unaltra sintesi?

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