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STORIA DELLA MODA

LA MODA COME FENOMENO COMUNICATIVO

SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI


(Decreto Ministero dellUniversit 31/07/2003) Via P. S. Mancini, 2 00196 - Roma TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO (Curriculum Interprete e Traduttore)
Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Universit al termine dei Corsi afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

STORIA DELLA MODA La moda come fenomeno di tipo comunicativo


RELATORI: Prof.ssa Adriana BISIRRI CORRELATORI: Inglese: Paul FARRELL Spagnolo: Luciana BANEGAS Informatica: Claudia PIEMONTE

CANDIDATA:

FEDERICA FIORI
ANNO ACCADEMICO 2011/12
N. Matricola 1158

INDICE
SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI.......................................1 Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Universit al termine dei Corsi afferenti alla classe delle............................................................................................1 CANDIDATA:........................................................................................................ 1 ANNO ACCADEMICO 2011/12..............................................................................1

INTRODUZIONE
La moda si presenta da sempre come un fenomeno estremamente complesso e proprio per questo ha dato origine nella sua storia ad una vasta letteratura scientifica. Si cercher di collegare lanalisi del percorso storico seguito dalla moda con quella dei fenomeni pi rilevanti verificatesi sul piano sociale e culturale. Si cercher, cio, di vedere come si sviluppato nel tempo il rapporto tra la moda e la societ. Per spiegare il percorso storico seguito dalla moda si ritenuto opportuno sviluppare non una dettagliata ricostruzione di ci che avvenuto, ma soltanto lanalisi di alcuni momenti fondamentali nellevoluzione della moda stessa dal punto di vista del suo rapporto con la societ. Il legame fra le riflessioni qui contenute sicuramente lidea che la moda sia essenzialmente un fenomeno di tipo comunicativo. Attraverso la moda, infatti, gli individui e i gruppi ai quali essi si aggregano, possono comunicare reciprocamente e definire, mantenere e trasmettere la loro identit sociale. La moda comunicazione anche perch senza la sua straordinaria capacit di farsi accettare e diffondersi socialmente non potrebbe esistere. Ha bisogno, cio, di far tollerare gli innumerevoli e disorientanti cambiamenti che continuamente produce. Ne deriva che tra la moda ed il mondo dei mezzi di comunicazione esiste un legame molto stretto la cui esplorazione consente di comprendere meglio il funzionamento dei principali fenomeni relativi allabbigliamento. La moda , quindi, un fatto sociale totale, uno dei principali strumenti regolativi dei processi di cambiamento delle societ contemporanee. Rispettando luso corrente, per, anche in questa sede i termini abbigliamento e moda verranno utilizzati come sinonimi. Labbigliamento, daltronde, costituisce laspetto pi importante della moda, perch storicamente levoluzione di questultima si espressa con maggior chiarezza nella sfera del vestire.

I. LA MODA
I.1. LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA MODA La parola moda compare per la prima volta in Italia attorno alla met del Seicento. Si trattava di una traduzione del termine mode gi in uso in Francia, derivato dal latino modus (maniera, scelta) ma esprimeva il concetto di giusta misura, pertanto si considera di moda ci che viene percepito come giusto in un certo momento storico ed in un determinato contesto. Secondo gli studiosi le funzioni principali dellabbigliamento sono due: protezione e pudore. La forma di protezione offerta dagli abiti certamente quella svolta contro il freddo, ci si veste per pudore, ovvero per non provare vergogna mostrando le parti intime del proprio corpo, ma si usa labbigliamento anche per decorare il proprio corpo o per esprimere una precisa identit allinterno del proprio contesto sociale. Sino alla fine del Medioevo il modo di vestire delle persone rimasto pressoch immutato e ci avvenuto perch la societ era statica ed il passato rappresentava il valore supremo, il modello di riferimento per tutti i comportamenti. Con la disgregazione della cultura medioevale e lo sviluppo del Rinascimento il mutamento divenuto un valore socialmente ambito e la societ ha cominciato a muoversi orientandosi verso il futuro, mentre lindividuo si vede riconosciuto il diritto di modificare le strutture sociali e di compiere scelte personali nel campo dellestetica.

Figura 1

Lo sviluppo della moda stato dunque reso possibile dal contemporaneo sviluppo in Occidente della cultura moderna e dei suoi principi democratici. I due aspetti cruciali per il manifestarsi della moda sono stati in primo luogo lidealizzazione del nuovo con il mito del

progresso sociale, poi la possibilit dellindividuo di svincolarsi dai legami sociali tradizionali e di sentirsi libero di esprimere la propria capacit di scelta. Si spiega cos perch la moda non possa fare a meno di mutare costantemente. La legge della variabilit costituisce infatti la sua essenza fondamentale: ridefinisce incessantemente ci che di moda e ci che non lo , anche attraverso una rapida successione di cicli per unincessante produzione di forme nuove o che appaiono come tali. Il medico Bernard Bandeville stato il primo autore a sostenere, allinizio del Settecento, che la moda si diffonde grazie allimitazione, cio al bisogno che gli individui hanno di competere fra loro imitandosi e superandosi a vicenda, pur prendendo come riferimento ci che si indossa a corte. Un secolo dopo il sociologo Herbert Spencer sostiene analogamente che la moda si caratterizzi su principi imitativi, ma che appartenga allambito delle societ industriali e che sia determinata dal bisogno di sentirsi uguali agli individui considerati superiori. Georg Simmel individua come la causa della variabilit della moda sia da rintracciare in un continuo confronto fra due spinte contrapposte presenti nellanimo umano: quella che ricerca limitazione (o eguaglianza) e quella che muove verso la differenziazione (o mutamento). Egli considera la moda un fenomeno totalmente culturale e condizionato dalle dinamiche attive nel sistema sociale. Essa il risultato del fatto che al vertice della societ c una classe superiore che tenta costantemente di differenziarsi da quelle inferiori, manifestando la diversit del proprio status di privilegio e lo fa mostrando di non avere la necessit di lavorare indossando abiti bianchi che si sporcano facilmente, oppure ostentando la propria ricchezza acquistando nuovi beni di consumo di lusso. A loro volta le classi inferiori tentano dimitare le scelte di consumo della classe agiata, costringendo questultima a ristabilire la sua posizione di privilegio modificando tali scelte, le quali, una volta imitate, si banalizzano e non esprimono pi uno status di agiatezza. Ne deriva leffetto di un continuo procedere delle mode e dei beni di consumo dallalto verso il basso della societ. Nel corso del Novecento John Carl Flugel ha affiancato a uninterpretazione della moda come risultato del conflitto psichico tra modestia e ostentazione unaltra basata sulla competitivit di natura sessuale che utilizza come strumento di seduzione , soprattutto per quanto riguarda le donne, i continui spostamenti della zona erogena primaria (di volta in volta la schiena, il seno, le gambe ecc.). Si trova lo stesso tipo di spiegazione naturalistica in Alexander Elster secondo il quale la repressione sociale della poligamia ha impedito il soddisfacimento del bisogno biologico di variazione erotica, cui la moda pertanto ha tentato di sopperire attraverso le variazioni delle fogge degli abiti.

Negli anni cinquanta del Novecento lo studioso statunitense Lloyd Fallers inventa la teoria della diffusione verticale, o diffusione goccia a goccia (trickle down theory). Tale teoria ha messo chiaramente in luce come i cicli della moda si determinino per effetto dellingresso sulla scena sociale di uninnovazione, la quale scende dallalto verso il basso della societ, si diffonde e quindi inevitabilmente usura i suoi significati simbolici, determinando la necessit di unaltra innovazione che la sostituisca. Secondo Werner Sombart invece la nascita della moda va spiegata come una vocazione al consumo di beni di lusso che si sviluppa per placare langoscioso senso di morte determinato dallinsediarsi della societ moderna. Il passaggio traumatico dalla condizione comunitaria a quella che caratterizza la modernit ha fatto perdere allindividuo la rassicurante sensazione di appartenere ad una realt collettiva che lo trascende e gli sopravvive : ora egli solo di fronte alla morte e vuole di conseguenza sperimentare nella sua limitata esperienza terrena tutti i piaceri possibili. Linterpretazione della moda stata radicalmente modificata dal passaggio delle societ industriali avanzate ad una nuova struttura organizzativa che stata definita inizialmente postindustriale. La progressiva sostituzione di una struttura sociale piramidale con una struttura che tende a svilupparsi in senso orizzontale, dotata di una classe media sempre pi numerosa ed importante, comport liniziare ad analizzare la moda partendo da approcci differenti in grado di tener conto di una nuova spinta alla differenziazione dei modi di vita dei nuovi sottogruppi sociali appartenenti comunque al ceto medio. I beni di consumo, infatti, cominciano a diffondersi in senso orizzontale perch la societ non individua pi un unico polo di riferimento nella classe agiata, ma anche quelli costituiti dagli individui vicini, dalle famiglie e dai gruppi limitrofi: ci che stimola i comportamenti di consumo in una societ stratificata e fortemente dinamica limpulso dellindividuo verso il miglioramento delle proprie condizioni di vita, soddisfatto attraverso lacquisto di beni che attestino tale miglioramento. A causa dei numerosi mutamenti sociali avvenuti alla fine dellOttocento, anche le strategie di tipo ostentativo sono sempre meno indirizzate contro le altre classi e sempre pi dirette verso i membri della propria, inoltre non sono pi ristrette ad una lite sociale come la classe agiata, ma adottate dalla maggioranza della popolazione. Presso il ceto pi abbiente, invece, i meccanismi di ostentazione diventano sempre pi complessi, ironici e basati pi sullostentazione del proprio stile personale che sulla dimostrazione del possesso di una grande ricchezza economica. In un contesto sociale di tipo postindustriale, dunque, non pi possibile accettare lidea che le mode procedano verticalmente dallalto verso il basso della stratificazione sociale.

Negli anni sessanta Dwight Robinson parla di diffusione simultanea ed orizzontale della moda nelle diverse classi sociali, mentre Charles King negli stessi anni propone di sostituire la teoria della diffusione trickle down delle mode con la sua trickle across theory. Nel decennio successivo invece, diversi autori affermano che le mode possono svilupparsi anche attraverso un processo dal basso verso lalto: possono nascere presso alcune minoranze sociali, come le avanguardie giovanili, che proprio in quegli anni cominciano ad esercitare un ruolo influente nella creazione delle mode. A tale proposito Blumberg propone di sostituire il concetto di trickle down con quello di trickle up o bubble up. In seguito allallentarsi della struttura gerarchica della societ e al progressivo sviluppo della classe media, che ha occupato gran parte del sistema sociale, la moda diventata sempre pi accessibile e democratica e i centri di creazione delle mode si sono moltiplicati. Ma oggi la morale di classe si notevolmente indebolita ed implica sempre meno il dovere di giudicare gli altrui comportamenti di consumo. Ci non solo perch enormemente cresciuta, nella societ, la disponibilit personale di reddito, ma anche perch un processo di progressiva omogeneizzazione culturale ha ridotto le differenze esistenti tra le varie classi creando una complessa stratificazione sociale. Pertanto la moda ed il consumo non sono pi analizzabili attraverso la sola cultura di classe, ma necessario fare riferimento allintero immaginario collettivo odierno, perch il sistema integrato consumo-media modifica in senso interclassista il capitale culturale di classe acquisito nella famiglia e nella scuola. Gilles Lipovetsky ha sostenuto che la societ dei consumi caratterizzata da una progressiva diffusione della forma-moda, ovvero da una crescente capacit della moda di inglobare e rimodellare tutto ci che esiste nella societ: la cultura mediatica, la musica, la pubblicit, la politica, ecc. la moda, infatti, ha imposto socialmente i propri criteri centrali del rinnovamento frenetico e della diversificazione dei modelli. Le regole che sono state create nellOttocento allinterno del sistema parigino dellalta moda si sono sempre pi diffuse a tutto il sistema dei consumi. Ne consegue che la logica economica spazza via qualunque ideale di durata, leffimero governa produzione e consumo degli oggetti. Le aziende sono pertanto condannate a produrre innovazioni, e se non lo fanno vengono inesorabilmente emarginate dal mercato. Per questa ragione devono pianificare con accortezza il periodo di obsolescenza dei loro prodotti. Allo stesso tempo, il consumatore deve sviluppare un rapporto di tipo ludico con i prodotti, che devono avere soprattutto carattere di novit, anche se a volte tale carattere pi comunicato che reale, pi basato su piccole innovazioni di faccia che sostanziali.

Va considerato inoltre che la forma-moda de standardizza i prodotti, moltiplica le scelte, guida le politiche di gamma, che consistono nel proporre una vasta scelta di modelli e versioni, costruite a partire da elementi comuni e che si distinguono soltanto attraverso piccole diversit combinatorie. Dunque, anche questa logica propria della moda basata sulle piccole differenze si diffonde progressivamente nella societ. Oggi, per, appare sempre pi evidente che la moda sta perdendo sia il suo legame con levoluzione sociale, sia la conseguente capacit di comunicare. Ci probabilmente determinato dal fatto che la moda ha eccessivamente accelerato i suoi ritmi, anche se tale accelerazione una conseguenza inevitabile della stessa legge della variabilit, che tende ad avvitare su una spirale viziosa ogni fenomeno comunicativo. La moda, semplicemente, stata contaminata per prima da questa legge ed oggi ne risente dunque pi degli altri sottosistemi sociali. Essa arrivata cos ad essere percepita come puro fenomeno di revival indipendente dalle dinamiche sociali e in difficolt crescente per quanto riguarda la comunicazione. Se ci avviene anche perch il corpo del consumatore tende sempre pi a fluire liberamente verso lesterno, disperdendosi nel sociale. Attraversa infatti lo stadio del corpo-flusso che comporta anche una moda che non pi in grado di contare su un nucleo compatto e costante come quello rappresentato dal vero e proprio corpo narcisistico che dominava la cultura sociale degli anni ottanta. Oggi, cio, essa costretta a ricercare continuamente una combinazione personale con un corpo che viene costantemente modificato a seconda delle necessit. Senza pi un punto di riferimento certo, la moda gioca cos allo scambio di identit sessuali, sviluppando modelli androgini, ma, soprattutto, rinunciando a ritradurre nei suoi codici universali e astratti le sue forme specifiche e concrete di ciascun corpo. Si fa dunque, essa stessa, pura in distinzione, libera sovrapposizione di stili e materiali. La moda, dunque, si collocherebbe al di l delle categorie razionale/irrazionale, bello/brutto, utile/inutile, per operare come aspetto puramente magico e seduttivo della merce. Nella moda, infatti, i segni non sono tutti equivalenti ed intercambiabili. Quelli che riguardano la differenza sessuale, per esempio, anche se tendono ad omogeneizzarsi, non sono ancora scomparsi e sono inoltre affiancati da alcuni nuovi segni che svolgono la stessa funzione. Cos le donne a partire dalla fine dellOttocento hanno incominciato ad indossare abiti di foggia maschile (allincirca dal 1885 la giacca, dal 1910 la camicia, dal 1920 i jeans, ecc.) , ma lo hanno fatto reinterpretandoli e comunque senza rinunciare agli abiti femminili. Gli uomini, invece, anche se si sono avvicinati alle donne nella maggiore attenzione che dedicano, rispetto al passato, alla cura del corpo, hanno ancora delle remore nelladottare i segni dellaltro sesso.

Resta comunque il fatto che i sessi si vanno inesorabilmente avvicinando nella societ e, di conseguenza, anche nella moda. Cos come, daltronde, il mondo dellabbigliamento sempre pi costituito da un variopinto crogiuolo in cui si mescolano incessantemente stili, culture e tendenze di varia provenienza. In cui, ha perso pertanto di valore il fatto di essere alla moda, perch ci si pu ormai rifare ad una molteplicit di mode e ciascuno libero di comporre e creare a proprio piacimento una specifica identit di moda. In questa confusa situazione c per un elemento che diventa sempre pi importante: il corpo, estremo strumento di ancoraggio dellidentit individuale. Si tratta cio di quella dimensione della fisicit di cui la cultura sociale contemporanea ci sta rendendo via via consapevoli, mettendoci sempre pi di fronte allevidenza della nostra indivisibilit rispetto al corpo, della nostra condizione fatta inevitabilmente di corpo e indumenti. Daltronde, quello di mostrare il corpo un obbligo al quale siamo sempre pi costretti socialmente. Per sfuggirvi, la pelle viene trasformata in una sorta di tessuto recuperando il tatuaggio, il pearcing ed altre pratiche di origine tribale. Cos facendo si tenta paradossalmente di riappropriarsi del potere decisionale sul proprio corpo, di restituirgli la libert, nascondendolo alla vista. Il corpo, per, continua ad essere condannato a trasformarsi in una sorta di spazio pubblico, cio in un luogo che svolge la funzione di territorio per la libera circolazione dei messaggi nella societ.

I.2. IL LINGUAGGIO DELLA MODA Oggi viene generalmente riconosciuto ci che gi Roland Barthes affermava negli anni sessanta e cio che indossare un vestito fondamentalmente un atto di significazione. Vale a dire che i comportamenti legati allabbigliamento tendono a costruire sistemi strutturati di segni, sistemi di differenze, opposizioni e contrasti. Come ha messo in luce Umberto Eco, il codice vestimentario evidenzia una debolezza che dovuta a quella frenetica attivit di cambiamento che lo contraddistingue. Unattivit che comporta proprio che lambiguit espressiva costituisca un tratto ineliminabile del linguaggio della moda. Ne deriva che prima di attribuire un dato significato ad un capo dabbigliamento occorre tener conto, tra le altre cose, del contesto storico e sociale, proprio perch lo stesso abito non significher la stessa cosa questanno e lanno prossimo e soprattutto non significa la stessa cosa per individui appartenenti a societ differenti.

Resta il fatto che non si possa negare che la moda sia un linguaggio a tutti gli effetti. Per analizzarla in questa veste, Roland Barthes ha sviluppato alcuni concetti particolarmente utili. Ha ripreso la distinzione operata allinterno del linguaggio tra lingua, cio linsieme di quelle norme e di quelle forme espressive che vengono stabilite dalla collettivit, e parola, ovvero quellatto che consente allindividuo di appropriarsi avviso, I fenomeni di costume (di lingua), sempre astratti, giustificabili soltanto mediante una descrizione verbale o schematica, comprenderebbero le forme, le sostanze ed i colori ritualizzati, gli usi fissi, i gesti stereotipati, la distribuzione regolata degli elementi accessori (bottoni, tasche, ecc.), i sistemi apparenti, le congruenze e le incompatibilit degli indumenti fra loro, il gioco regolato dagli indumenti interni e di quelli esterni e, per finire, i fenomeni di abbigliamento ricostituiti artificialmente per scopi significativi (costumi di teatro e di cinema) mentre I fenomeni di abbigliamento (di parola) comprenderebbero: le dimensioni individuali del vestito, il grado di usura, di disordine o di sporcizia, le carenze parziali di indumenti, le carenze duso (bottoni non abbottonati, maniche non infilate, ecc.), i vestiti improvvisati (protezioni di circostanza), la scelta dei colori (salvo i colori ritualizzati: lutto, matrimonio, uniformi, ecc.), le derivazioni circostanziali di impiego di un indumento, i gesti duso tipici dellindossatore1. A tale proposito va tenuto presente che la relazione che esiste tra labbigliamento inteso come lingua e labbigliamento inteso come parola reciproca, perch ciascuno dei due tipi di abbigliamento non ha senso senza lapporto dellaltro. Barthes ha tentato anche di vedere come funzionano nel campo dellabbigliamento le due dimensioni che sono state individuate da Sassure e da Hjelmslev e che mettono in relazione gli elementi di ogni processo comunicativo: lasse sintagmico e quello paradigmatico. Il primo riguarda la composizione degli elementi, mentre il secondo relativo alla scelta e alla selezione effettuate allinterno del magazzino della memoria. Secondo Ugo Volli ci si traduce nellambito dellabbigliamento in questo modo: la composizione il modo in cui si mettono assieme giacca, cravatta e pantaloni per formare un singolo abbigliamento completo; la scelta il modo in cui si opera nellambito di ciascuna tipologia di indumenti, prendendo una cravatta e non unaltra dal guardaroba, comprando una gonna invece che unaltra.
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della lingua, di adattarla alle proprie necessit

comunicative. Per Barthes la prima il costume, la seconda labbigliamento. Inoltre, a suo

(Barthes, 2006, pp.33-4)

Barthes riteneva che una caratteristica specifica del linguaggio della moda fosse di essere dotato di una dimensione sintagmatica piuttosto debole. Gli insiemi formati dai capi dabbigliamento, analogamente a quelli costituiti da altri tipi di oggetti, possiederebbero una sintassi molto rudimentale se messa a confronto, ad esempio, con quella del linguaggio verbale, perch si tratterebbe di una sintassi basata su una semplice giustapposizione di elementi. Secondo Grant McCracken, questa natura elementare e primitiva del linguaggio dellabbigliamento porterebbe alla disponibilit di una scarsa libert combinatoria per gli individui, che si limiterebbero pertanto a costruire messaggi gi previsti dal codice. In realt, la storia ha ampiamente dimostrato che il linguaggio dellabbigliamento consente una grande libert espressiva. stato soprattutto il mondo giovanile a mettere in luce come tale linguaggio possa venire utilizzato dal basso per esprimere numerosi significati non previsti. Va inoltre considerato che ogni elemento vestimentario non equivalente alla parola del linguaggio verbale. invece paragonabile alla frase e labito completo si configura perci come un vero e proprio testo. Infatti il vestito dotato di tutta una serie di caratteristiche analoghe a quellaltro sistema sociale che la lingua. Lo conferma lanalisi condotta da Petr Bogatyrev sui costumi popolari della Slovacchia che ha messo in luce la presenza di una sorta di grammatica dellabbigliamento. Secondo tale analisi, infatti, le persone indossano quattro tipi fondamentali di abito: per tutti i giorni, festivo, solenne (indossato solo per le grandi occasioni), e rituale (ad esempio, labito nuziale). Ognuno di questi tipi in grado di svolgere diverse funzioni (pratica, festiva, solenne, rituale, estetica, magica, di appartenenza regionale, di appartenenza nazionale, di appartenenza ad una classe sociale ecc.), che mette in ordine secondo una precisa gerarchia. Infatti, per labbigliamento di tutti i giorni la funzione pi importante quella pratica, seguita alla funzione di appartenenza ad una classe sociale, da quella estetica e da quella di appartenenza regionale. Allestremo opposto, labbigliamento rituale privilegia soprattutto la funzione ad esso connessa, che poi seguita dalle seguenti: festiva, estetica, di appartenenza nazionale o regionale, di appartenenza ad una classe sociale, pratica. possibile dunque concludere questa rassegna delle pi importanti teorie sulla moda affermando che labbigliamento, nonostante il carattere ambiguo che lo caratterizza, forse pi di qualsiasi altro elemento della cultura dei consumi, estremamente efficiente nel proclamare al mondo lo status degli individui. Ci gli consente di svolgere nella societ principalmente il ruolo di tipo comunicativo. Attraverso la moda, cio, come abbiamo gi avuto modo di sottolineare, gli

individui e i gruppi sociali nei quali essi si aggregano possono comunicare tra loro e definire, mantenere e trasmettere le rispettive identit sociali.

II. LA MODA ARISTOCRATICA


II.1. LA NASCITA DELLA MODA I primi segnali della comparsa della moda si sono avuti a partire dalla fine del Medioevo con laffermarsi di un abbigliamento che si differenziava per i due sessi. Infatti, fino circa la met del XIV secolo uomini e donne hanno indossato entrambi ampie tuniche e lunghi mantelli. Dopo tale periodo e per tutto il Quattrocento, le fogge degli abiti non sono molto variate, ma i cambiamenti nel vestire sono stati in realt radicali. Gli uomini hanno adottato il farsetto (sorta di panciotto corto e attillato) insieme alle calze brache (simili alla calzamaglia) generalmente vistose e colorate. Le donne invece hanno cominciato ad indossare abiti lunghi ed aderenti al corpo, spesso scollati e dei copricapo bizzarri. Uomini e donne hanno iniziato cos a mettere in evidenza attraverso gli abiti la propria differenza sessuale. Ne derivata una dialettica tra i sessi di tipo seduttivo che ha continuato a svilupparsi anche in seguito ed ha storicamente rappresentato uno dei pi potenti motori per lo sviluppo della moda.

Figura 2

Allepoca, sono state comunque le grandi famiglie aristocratiche italiane a guidare levoluzione della moda creando delle innovazioni prontamente seguite dai nobili spagnoli e francesi. Caterina DeMedici, ad esempio, lanci la moda della gorgiera, un colletto di tessuto finissimo increspato e pieghettato a nido dape, che poi gli spagnoli hanno ripreso, esasperandone le forme.

Uno stimolo particolarmente importante allo sviluppo della moda venuto anche dalla Chiesa cattolica, la quale, stabilendo unequivalenza tra Dio e luomo, ha valorizzato questultimo e rivalutato il suo universo terreno e sensibile, dunque proprio quello della moda. Inoltre ha diffuso la sensibilit per i rituali e le cerimonie. Ma lo sfoggio di sfarzosit da parte della Chiesa ha raggiunto spesso livelli eccessivi ed ha determinato critiche e reazioni, poi sfociate nella Riforma protestante dei Luterani e dei Calvinisti. Questi accusavano la Chiesa cattolica di avidit e corruzione e le contrapponevano un modello di vita pi spirituale e morigerato, che rifiutava la cura dellaspetto esteriore e quindi dellabbigliamento, considerato forma eccessiva di ricerca del piacere personale e di attaccamento alla dimensione terrena. Con la Controriforma, la Chiesa cattolica ha tenuto conto delle critiche mosse dai Protestanti, orientandosi verso la ricerca di maggiore spiritualit e ci ha trovato puntualmente un riflesso nelle fogge degli abiti, divenute decisamente pi austere. Allorigine di questo processo di creazione delle mode che ha cominciato a svilupparsi a partire dalla fine del Medioevo ci sono state anche altre cause. Innanzitutto, la tranquillit sociale seguita alla fine delle Invasioni Barbariche e il progressivo sviluppo degli Stati moderni (dal Trecento allOttocento ogni Stato europeo ha sviluppato uno specifico stile dabbigliamento, sebbene a partire dalla met del Settecento la Francia sia diventata il paese maggiormente in grado di esercitare unegemonia nellambito della moda). Inoltre, una fase di espansione delleconomia stata resa possibile da una rivoluzione delle tecniche di produzione nel campo agricolo, dallo sviluppo dellattivit artigianale, dallimpulso ricevuto dai commerci internazionali e dalla nascita delle prime metropoli. Sono nati anche i mestieri e le corporazioni, con la conseguente specializzazione delle mansioni lavorative e lo sviluppo di un sapere tecnico nel settore della tessitura e della lavorazione degli abiti. Nella sua prima fase, la moda era un fenomeno che riguardava esclusivamente laristocrazia e la monarchia. I ceti inferiori hanno continuato invece ad indossare sempre lo stesso tipo di abiti a causa della scarsa disponibilit economica, ma anche perch erano spesso obbligati a tenere questo comportamento dalle leggi suntuarie emanate in molte citt dagli aristocratici tra il Trecento e il Seicento allo scopo di impedire che le persone appartenenti alle classi meno abbienti indossassero indumenti riservati ai nobili e consentire dunque soltanto alle classi dominanti laccesso a tali segni distintivi del potere sociale. Alcuni borghesi hanno comunque cominciato ad accumulare le prime grandi ricchezze attraverso gli scambi commerciali ma stato soltanto nel corso del Seicento che la borghesia riuscita a diventare una realt significativa sul piano sociale, ma gi dal Trecento i pochi borghesi non si sono accontentati di disporre di ingenti risorse economiche e hanno voluto un riconoscimento

a tutti i livelli della societ. Hanno tentato perci di imitare il modo di vestire dei nobili, ma poich imitavano, i borghesi arrivavano sempre in ritardo, ma costringevano cos gli aristocratici a cambiare il modo di vestire e a creare delle nuove mode. Questi ultimi, daltronde, grazie allo sfruttamento dei diritti feudali e ai redditi che venivano loro dai possedimenti rurali, hanno potuto creare corti dove lo sfarzo era la regola. Progressivamente, si sono indeboliti sul piano del potere politico, esautorati dallinsediarsi delle monarchie assolute, ma hanno reagito tentando di primeggiare almeno nellambito delle spese per il lusso e la rappresentanza (allestendo giochi sfarzosi e mostrando un totale disprezzo per il lavoro) e cercando di trovare gratificazioni nei piaceri materiali (tornei, banchetti, feste e anche la creazione di nuovi abiti: vero piacere per gli occhi). Sino allinizio dellOttocento, lambito principale di sviluppo della moda stato pertanto costituito dalla moda aristocratica : un tipo di moda che si sviluppato soprattutto attraverso una progressiva artificializzazione del corpo, poich nella societ di corte i rapporti interpersonali erano innaturali e artificiali, in quanto essenzialmente dominati dalla frivolezza e dallobbligo di sottostare alle regole di sofisticati cerimoniali, com testimoniato dallattenzione per letichetta e le buone maniere.

Figura 3

Nel Settecento, secolo della Rivoluzione francese (1789), i rivoluzionari hanno utilizzato negli abiti i colori delle divise militari e delle coccarde per esprimere i nuovi valori di nazionalismo,

eguaglianza e libert. Essi hanno inoltre introdotto lutilizzo per gli uomini di pantaloni lunghi e larghi al posto di quelli corti e attillati dei nobili. Ma, soprattutto, hanno combattuto le parrucche e i pizzi simboli di quellodiata aristocrazia ; in generale tutto ci che appartenesse alla nobilt viene abolito sia per gli uomini che per le donne, in nome della semplicit e della praticit. Gli uomini hanno cercato ispirazione negli abiti da campagna degli aristocratici inglesi, mentre le donne sono arrivate persino a tagliare i capelli, imitando lusanza maschile. Lepoca della Restaurazione ha imposto per le donne nei primi dellOttocento un tipo di abbigliamento semplice e classico: lo stile impero, che traeva ispirazione dagli abiti dellantica Grecia e dellantica Roma : consisteva in una tunica lunga di stoffa leggera, trattenuta da un nastro o un drappeggio sotto il seno e indossata praticamente senza nientaltro sotto per sperimentare quella nuova libert del corpo.

Il classicismo del vestire femminile rimasto in auge sino al 1820, poi gli abiti, pur rimanendo a vita alta, hanno cominciato ad allargarsi, aprendosi a forma di campana. Negli anni successivi si fatta sentire linfluenza del Romanticismo su una ristretta cerchia di uomini che curavano in maniera maniacale il proprio aspetto, ma soprattutto sulle donne, le quali hanno cominciato ad indossare grandi gonne sostenute da sottogonne rigide, che enfatizzavano leffetto di restringimento del busto e della vita esercitato dal corsetto.
Figura 4

III. LALTA MODA


III.1. LA MODA BORGHESE La classe sociale Borghese si pienamente affermata nella societ nel corso dellOttocento, pertanto ha avuto bisogno di darsi unidentit sociale specifica, distinguendosi per il suo modo di vestire dalloperaio e dal contadino, ma anche dallaristocratico e dal borghese terriero. I borghesi tentavano di far dimenticare le loro origini e di segnalare socialmente la nuova condizione di ricchezza che avevano raggiunto poich si trovavano a dover condividere con molti altri individui il nuovo spazio urbano, caratterizzato principalmente da unintensificazione dei contatti e delle relazioni sociali. Anche nella borghesia i ruoli socialmente pi rilevanti erano riservati prettamente agli uomini, pertanto, erano questi ad aver bisogno di comunicare il proprio nuovo status. Essi per hanno cominciato ad emarginarsi progressivamente dalla dinamica evolutiva della moda che veniva sempre pi controllata dalle donne. Nei primi anni dellOttocento si afferm la divisa borghese adottata dagli uomini: un abito sobrio, austero e scuro che corrispondeva al rigore e alletica dellideologia borghese fondata sul valore del lavoro, del risparmio e del merito. Labito della donna, invece, non denunciava tale ideologia, ma si limitava a indicare lopulenza resa possibile dallattivit del marito. Per questa ragione, lOttocento stato un secolo cruciale per la moda che entra cos nella fase chiamata moderna accelerando tutti i suoi processi di mutamento grazie alla nascita di un sistema organizzato di produzione di abiti riservati ad una ristrettissima cerchia di compratori i quali, tuttavia, erano in grado di plasmare la loro influenza su grandi masse di popolazione. Nasce lalta moda nellautunno del 1857 a Parigi, con lapertura dellatelier del couturier inglese Charles Worth: il primo ad imporre il proprio stile proponendo ogni anno una collezione di abiti-modello gi confezionati, che le clienti potevano scegliere, la cui realizzazione sarebbe avvenuta in un secondo momento, rigorosamente su misura. Si viene a creare in questo modo un sistema di produzione che si articola su due livelli : da un lato, lalta moda che creava i suoi modelli per lalta borghesia ; dallaltro, la confezione industriale che imitava quegli stessi modelli per i ceti meno abbienti.

Figura 5

III.2. LA NASCITA DELLALTA MODA Allinizio del Novecento, con il cruciale ruolo svolto dalle riviste di moda, si assiste ad un ulteriore salto di qualit del sistema dellabbigliamento, il quale viene costretto a darsi una maggiore organizzazione interna presentando le collezioni ogni sei mesi. La rivista Vogue, esistente dalla fine dellOttocento, progressivamente diventata la pubblicazione pi importante del settore grazie allimpiego massiccio del mezzo fotografico per presentare i nuovi vestiti. Il pi importante couturier dei primi anni del Novecento Paul Poiret, impostosi grazie alla creazione di abiti pi semplici e comodi, di evidente ispirazione orientale : ha proposto i pantaloni per le donne, ha accorciato le gonne, ma soprattutto ha ridotto quel busto, simbolo di sottomissione, che soffocava il corpo, interpretando il desiderio di emancipazione sociale delle clienti, facendo cos avanzare il processo di mutamento della silhouette femminile, pur essendo ancorato ad unestetica di tipo decorativo dominante agli albori del Novecento, che trova riscontro soprattutto nel movimento Liberty.

Figura 6

Bisognava invece dare una pi efficace interpretazione alla fase pi rivoluzionaria della moda del Novecento: gli anni venti, quando sulla scena sociale emerge fortemente la necessit delle donne di avere una vita pubblica, non solamente per quelle appartenenti ai primi movimenti di emancipazione che venivano a crearsi proprio in quel periodo, ma a tutte le donne, dando vita ad un importantissimo processo di liberazione della personalit e del corpo femminile.

La Prima Guerra Mondiale stata un fattore decisivo per laccelerazione di questo processo, in quanto spesso le donne si sono trovate a dover svolgere i compiti generalmente svolti dagli uomini, partiti per il fronte. Le donne, che sostituiscono gli uomini nelle attivit agricole e nelle fabbriche, hanno la necessit di indossare dei capi di abbigliamento pi comodi e funzionali, che si avvicinano a quelli maschili. La donna, non poteva pi apparire come un essere fragile e debole come nellOttocento, ma doveva dare unimmagine forte e dinamica ; ed grazie allindissolubile legame esistente tra corpo e abito che avviene un decisivo slancio verso la liberazione del modo di vestire delle donne scoprendo maggiormente il corpo e adottando anche un taglio di capelli maschile la garonne, presentato a Parigi nel 1924, che le faceva sembrare delle adolescenti prive di forme.

Figura 7

Jean Patou e, ancor pi, Gabrielle Chanel detta Coco hanno svolto un ruolo fondamentale nellassecondare il processo di modernizzazione dellabbigliamento femminile: Jean Patou stato il primo couturier in assoluto ad apporre il proprio monogramma sulle sue creazioni e nel 1930 lancia il profumo Joy, ancora oggi, una fragranza classica.

III.3. COCO CHANEL : LA NASCITA DELLO CHIC

Coco Chanel ha saputo tradurre appropriatamente in processo di emancipazione della donna, iniziato nei primi decenni del Novecento, nellambito della moda rendendo gli abiti pi maschili, pi austeri e pi pratici. Propone di abbandonare definitivamente il busto indossando tailleur ridotti allessenziale, camicie, maglioni, cravatte, pantaloni, cappelli cloche, abiti aderenti, corti e realizzati con tessuti pratici e comodi, ma anche poveri come il jersey, impiegando colori neutri come il nero, il beige, il blu e il bianco e sostituendo i gioielli con delle creazioni di bigiotteria vistose, ma di modesto valore.

Figura 8

Lo stile di Coco Chanel ha probabilmente ricevuto numerose influenze riconducibili alla sua biografia: innanzitutto le sue origini umili di bambina rimasta orfana di madre e abbandonata in un convento di Obazine dal padre, cresciuta dalle suore che le plasmano linsegnamento secondo il quale comportarsi in modo sobrio e austero sia alla base delleducazione di una giovane ragazza. Lesperienza giovanile come cantante nei caff concerto, lambiente pi di tutti propenso ad abbracciare, a sostenere e a creare anche le nuove mode, la inducono ad intrecciare numerosi rapporti con personaggi di spicco nellambito delle arti : Max Jacob, Pierre Reverdy, Jean Cocteau, Pablo Picasso e Igor Stravinskij i quali erano generalmente cos poveri da essere mantenuti economicamente da Coco stessa, ma la loro concezione egualitaria del rapporto fra uomo e donna ha esercitato una preponderante influenza sulla giovane stilista il cui stile assecondava sia lestetica cubista caratterizzata da linee verticali, orizzontali, da piani angolari e da geometrie

bidimensionali ; che quella proposta dal movimento modernista caratterizzato dal rifiuto della decorazione, promuovendo la funzionalit degli oggetti e la loro linearit. Sono considerabili anche le influenze che Coco Chanel ha subito da parte di alcuni dei suoi amanti come Arthur Boy Capel che aveva adottato uno stile apparentemente dismesso e povero ma in realt raffinato e curato nei minimi dettagli dei dandy inglesi i quali prediligevano abiti vissuti rispetto a quelli nuovi e asserivano che la reale eleganza consistesse nel passare inosservati e nella semplicit per poter cos ostentare la superiorit del proprio intelletto. La comparsa di un nuovo contesto sociale fondamentale per lo sviluppo dello stile di Chanel, infatti la nascita e lespansione del mondo operaio porta le sue miserabili divise da lavoro ad una grande visibilit, inoltre, il diffondersi di nuove pratiche fisiche e sportive come il tennis, i bagni al mare, il ciclismo, lo sci e lequitazione, dettano la nuova e trascendentale esigenza di adottare un abbigliamento consono, quindi pratico e con maggiore libert di movimento, tanto che alcune di queste attivit hanno fornito i propri capi, come il golf che ha promosso la diffusione del cardigan. Bisogna considerare poi, che Chanel non ha creato i suoi abiti da sola, ma si avvalsa del grande contributo di esperti collaboratori descrivendo cos il proprio metodo di lavoro: Non ho mai disegnato un vestito. Adopero la matita solo per tingermi gli occhi e scrivere lettere. Scolpisco il modello, pi che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli spilli su un manichino e, se va, qualcuno la cuce. Se non va, la scucio e poi la ritaglio. Se non va ancora la butto e ricomincio da capo []. In tutta verit non so nemmeno cucire2. Coco Chanel ha saputo presentarsi come la migliore interprete delleleganza femminile moderna dando di s, spesso indossando le sue creazioni, unimmagine vincente e al passo con il bisogno, sempre crescente, di emancipazione sociale manifestata dalle donne dellepoca, seguendo, per i suoi abiti di alta moda, i codici del lusso, ma prendendo il distacco dallenfasi aristocratica grazie al suo stile discreto e privo di ostentazioni, pur riuscendo a comunicare unimmagine di prestigio sociale grazie alla cura dei dettagli e delle rifiniture. Non un caso, pertanto, che Paul Poiret, il grande rivale di Chanel negli anni venti, labbia spesso accusata di fare del miserabilismo di lusso. In effetti, il pi celebre capo di Chanel fu un piccolo vestito nero lanciato nel 1926 che riprendeva il colletto, i polsini bianchi ed il jersey povero delluniforme impiegata dalle cameriere dei caff parigini per creare un abito inedito, in grado di esprimere un nuovo concetto di eleganza potenzialmente rivolto a tutte le donne.
2

(cit. in Sella, 2003, p.235)

Nellarco di tutta la sua lunga attivit Chanel ha saputo parlare il linguaggio della modernit, accettando, per esempio, di curare limmagine delle dive di Hollywood come Marlene Dietrich, Greta Garbo e Gloria Swanson negli anni trenta, intuendo per prima la grande importanza del cinema primo grande medium di massa della societ moderna come strumento di promozione dei valori della modernit, e la necessit quindi di legare la sua immagine ad essi. Chanel ha compreso inoltre la straordinaria efficacia dellindustria dei cosmetici e dei profumi per imporre limmagine della griffe e incrementare i guadagni ; oggi infatti in profumo N5, lanciato da Coco nel 1921, basato su un originale progetto sviluppato dal profumiere di Grasse Ernest Beaux, che miscelava essenze floreali con nuove sostanze sintetiche per la prima volta, ancora oggi uno dei profumi pi importanti e conosciuti al mondo, mentre il fatturato globale di tutti i cosmetici Chanel costituisce pi del 90% del fatturato della maison.

Figura 9

Dopo esser riuscita a creare unazienda che negli anni trenta dava lavoro a 4000 dipendenti e che vendeva 28000 abiti lanno in tutto il mondo, nel 1939 Chanel, a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e delloccupazione tedesca di Parigi, decise di chiudere la sua casa di

moda in Rue Cambon. La riapertura avvenuta soltanto nel 1954 e Chanel, dopo qualche difficolt iniziale, tornata in breve tempo al grande successo. Un successo che allepoca poteva apparire sorprendente data la sua condizione di settantenne. Di fronte ai rapidi cambiamenti della moda del secondo dopoguerra Chanel stata in grado di reinventare il proprio stile offrendo abiti rassicuranti, come i suoi celeberrimi tailleur adottati da numerose donne del bel mondo come Jacqueline Kennedy o Grace di Monaco, a tutte le donne che si trovavano a disagio in seguito ai traumi subiti nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Infatti, mentre nelle prime decadi del Novecento le creazioni di Coco Chanel venivano considerate come palesi tentativi di sovversione dei codici del vestire, con il passare del tempo , le sue proposte hanno sempre pi incarnato uno stile classico e barocco, con una silhouette semplice arricchita da piccoli accessori di grande effetto decorativo, quali bottoni, catene e gioielli, per questo motivo Roland Barthes fa ricorso al termine chic per definire il nuovo stile Chanel: Nellestetica del vestito c un valore molto particolare,persino paradossale, che riunisce la seduzione e la durata : lo chic ; lo chic sopporta e anzi, esige, se non lusura del vestito, quantomeno il suo uso : lo chic ha orrore di tutto ci che appare come nuovo []. Lo chic, sorta di tempo sublimato il valore chiave dello stile di Chanel3.

Anche oggi lidentit dello stile di Chanel si basa su questo concetto di chic, il quale rappresenta il risultato del tentativo di raggiungere un punto di equilibrio tra lindispensabile bisogno di sorprendere il proprio destinatario spettacolarizzando i codici utilizzati per comunicare e il bisogno di continuit espresso da quella classicit che propria dello stile espressivo adottato negli abiti, nelle confezioni e nel logotipo di marca che si basa su due C intrecciate. Lo stile Chanel ha rappresentato perci una felice soluzione per la necessit strategica centrale di ogni griffe : quella di dare una continuit a se stessa. Necessariamente, per, Chanel ha dovuto aggiornare i suoi valori di riferimento, smettendo, per esempio, di assecondare il processo di emancipazione femminile arrivando a idealizzare la figura della donna proponendone unimmagine astratta, eterea e immateriale, anzich rispondere al bisogno di liberarle il corpo. Ci significa che la componente classica ha sempre pi influenzato lestetica di Chanel, contribuendo notevolmente a farle assumere quella connotazione di intramontabilit che oggi la caratteristica principale della griffe.

(Barthes, 2006, pp.85-6).

III.4. LA MODA DEGLI ANNI TRENTA Lo stile originale e trasgressivo di Elsa Schiaparelli faceva da contraltare a quello austero e lineare di Chanel. Con lapertura a Parigi dellatelier Pour le Sport nel 1924 della piemontese Elsa Schiaparelli vengono lanciati una serie di golf con grandi fiocchi ad effetto trompe-loeil sul davanti, maglie decorate con pesci, tatuaggi alla marinara, segni zodiacali e le forme dello scheletro umano ; ma Schiaparelli era attratta soprattutto dalle arti visive e figurative, in particolare dal movimento surrealista, e promuove, per questa ragione, varie collaborazioni con artisti di rilievo come Salvador Dal con il quale realizza un tailleur con le tasche a cassetti sporgenti, come la scultura Venere di Milo con cassetti, creata dallo stesso Dal nel 1936. Nel 1938 Schiaparelli lancia Shocking, un profumo con il flacone a forma di silhouette femminile, il cui nome era un richiamo ad una sua invenzione : il Rosa Shocking, un colore ispirato alle tonalit di rosa impiegate nelle tele del pittore Bb Brard. Un fenomeno importantissimo per lo sviluppo della moda in quegli anni stata lapertura di reparti cinema nei grandi magazzini statunitensi, dove si potevano trovare delle riproduzioni degli abiti indossati dalle dive dello star system hollywoodiano nei film di maggiore successo : il cinema diventa, in questo modo, uno strumento di basilare importanza nella creazione e nellaffermazione delle nuove mode vestimentarie, come limposizione del nuovo taglio di capelli alla paggio, cio di media lunghezza, che soppianta definitivamente il taglio la garonne.

Figura 10

A Hollywood operava anche Salvatore Ferragamo che aveva sapientemente impiegato i simboli dellItalia, sinonimo di qualit e di arte, per rendere i suoi prodotti pi appetibili agli occhi degli americani, decide di tornare in patria per poter sfruttare la manifattura di alta qualit, e apporre la dicitura Firenze sulletichetta, ben cosciente della passione degli americani per questa citt darte. La notoriet di Ferragamo accresce notevolmente con il lancio, nel 1937 della cosiddetta zeppa con la suola di sughero, e dieci anni dopo, del sandalo invisibile realizzato con sottili fili di nylon intrecciati fra loro. III.5. DIOR E LA MODA FRANCESE NEL SECONDO DOPOGUERRA Loccupazione di Parigi da parte delle truppe tedesche blocca per quattro anni lattivit del centro propulsivo dellalta moda, ma a partire dallagosto del 1944 la citt ricomincia a guadagnarsi il suo primato. La presentazione della prima collezione Christian Dior viene caratterizzata dallopulenza e dalla sontuosit della linea a corolla rinominata in seguito new look capace di rispondere allesigenza di lusso ed eleganza riemersa in seguito alle ristrettezze forzate della Seconda Guerra Mondiale. Anche Dior deve buona parte della sua fama al mezzo cinematografico e al suo ruolo di costumista nel periodo in cui andava affermandosi il filone del cinema noir, con il passaggio di Hollywood ad un linguaggio pi realistico, e allimposizione delle figure femminile della dark lady e della femme fatale : donna seduttrice ma crudele e spietata. Grazie alla fama di Dior lalta moda francese ha conosciuto un rilancio, dopo la Seconda Guerra Mondiale,che le ha permesso di esercitare la sua egemonia sul sistema della moda vestiaria per tutti gli anni cinquanta, con couturiers come Balenciaga, Givenchy e Balmain.

Figura 11

IV. LALTA MODA ITALIANA


IV.1. PRIMI TENTATIVI DI EMANCIPAZIONE Il settore tessile ha svolto un ruolo preponderante nel processo di sviluppo industriale italiano ed stata proprio la grande importanza economica e sociale di questo settore a stimolare il progetto di creare una moda indipendente da quella francese. Anche il Fascismo ha combattuto limportazione di abiti dalla Francia, in conseguenza della sua politica nazionalistica ed autarchica; poich lItalia possedeva le materie prime per produrre autonomamente seta, canapa e lino, ma non juta, lana e cotone il regime increment notevolmente la produzione delle nuove fibre tessili artificiali quali il raion, il lanital e la cisalfa. Anche il cinema italiano viene sottoposto ad una rigorosa censura che aveva imposto alle case di produzione limpiego di abiti di provenienza nazionale. Il Fascismo promuove anche una battaglia culturale per imporre il tradizionale modello femminile della donna florida madre e sposa esemplare e capace di dare figli alla Patria, in contrapposizione col modello trasgressivo della garonne, magra ed asessuata. E stato solamente dopo la Seconda Guerra Mondiale che i sarti italiani di Alta Moda hanno iniziato verosimilmente ad emancipasi dal modello e dai canoni dominanti parigini. Sul piano culturale ci che ha causato maggiormente lo sviluppo della moda italiana autonoma stata la ricchezza del patrimonio artistico nazionale che ha sensibilizzato lestetica delle persone, e la forte egemonia esercitata dal Cattolicesimo, che nelle chiese non ha eliminato larte, n la ritualit sociale, al contrario della religione protestante, dotata di una profonda concezione austera della vita. Va aggiunta labitudine tutta italiana di essere in contatto con una vasta gamma di climi e paesaggi, ma soprattutto con diversi popoli usi e tradizioni, e il risultato dei tanti innesti un mosaico di identit e unintegrazione virtuosa delle varie conoscenze che sono allorigine dellantico talento italiano nellaccostamento e combinazione di sapori, stili, e materiali diversi con armonia senza correre il rischio di cadere nella stravaganza e nelleccesso. Il trionfo avuto dallAlta Moda italiana non sarebbe stato possibile senza la capacit di questa di essere estremamente competitiva nellambito del rapporto qualit-prezzo, infatti i costi ridotti della manodopera le hanno consentito di praticare prezzi sul prodotto finale che corrispondevano circa al 50% di quelli della concorrenza francese, inoltre gli Italiani si

differenziavano dai Parigini per unofferta di abiti sportivi e per il tempo libero con linee giovani e fresche, che allettava e veniva apprezzata particolarmente dalle donne statunitensi. IV.2 ROMA E LA DOLCE VITA Roma diventa cos, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, la nuova protagonista della moda italiana grazie soprattutto al successo nellimmaginario collettivo di via Veneto e della sua Dolce Vita. Fondamentale stato il ruolo esercitato dal cinema e da Cinecitt che attirava nella Citt Eterna una fetta significativa di Hollywood incentivando linstaurarsi di legami diretti tra sarti italiani e lo star system americano. La fama delle Sorelle Fontana, infatti, comincia ad imporsi gi con il matrimonio da favola tra gli attori Tyrone Power e Linda Cristian, avvenuto a Roma il 27 Gennaio 1949 dove labito da esse creato per la sposa, ampio e con un lunghissimo strascico, fu riprodotto dai principali giornali di tutto il mondo. Lo stile delle Fontana si differenziava dagli altri per il ricorso alluso di elementi dal gusto puramente romantico degli abiti di fine Settecento e inizio Ottocento, stile che ben si combinava con le esigenze di Hollywood che proponeva storie intensamente sentimentali.

Figura 12

Tutta lAlta Moda italiana lanciata negli anni Cinquanta era caratterizzata da una silhouette tradizionale, ma i couturiers italiani si sono distinti allepoca per aver usufruito delle loro risorse innate, ovvero le raffinate tecniche sviluppate dagli artigiani attivi nel capoluogo da diverse generazioni per conto della Chiesa: i merletti, i pizzi, i ricami, la lavorazione dei tessuti e della maglia. La societ degli anni Cinquanta aveva il problema di dover dimenticare gli orrori della guerra e limmaginario collettivo degli Italiani viene dominato dalle cosiddette maggiorate (Gina Lollobrigida, Sofia Loren), donne estremamente materne e rassicuranti. Le principali attrici

indossavano in privato gli abiti dellAlta Moda romana ma sul grande schermo vestivano come litaliana media, cio in maniera piuttosto modesta a causa dei ruoli di figure popolane che queste interpretavano; per questo motivo le donne italiane rifiutavano il modello proposto nel cinema delle maggiorate, senza tuttavia rinunciare a quel sogno di opulenza che esse incarnavano con il loro stesso corpo. Le Italiane, non potendosi permettere i capi dellAlta Moda, ricorrevano allauto produzione e allimitazione, fattore determinante per il diffondersi anche in Italia dellabbigliamento economico proposto dai grandi magazzini come Upim (nato nel 1919) e Standa (nato nel 1931), Max Mara e il Gruppo finanziario tessile che ebbe per primo lidea di introdurre labbigliamento confezionato su taglie standardizzate.

V. IL PRET-A-PORTER
V.1. LA RIVOLUZIONE GIOVANILE Nel corso degli anni Sessanta i giovani,alla continua ricerca di forme di evasione e dotati per la prima volta di un reddito da spendere e di tempo libero, hanno raggiunto legemonia nel campo socio-culturale e dei costumi entrando in scena come i veri protagonisti della vita pubblica e rappresentando cos il modello di riferimento ideale dellintera cultura del consumo, avendo la geniale intuizione di sfruttare il ruolo comunicativo dei mass media. I nuovi valori proposti, ovvero il dinamismo e la libert, hanno fatto apparire obsoleta la tradizionale concezione di eleganza dellalta moda, mentre labito, da segno di distinzione sociale, si trasforma in uno strumento per soddisfare il proprio bisogno di ludicit e, ancor pi, di seduzione : comincia cos ad imperversare la presenza di colori vivaci, stampe floreali, accostamenti audaci, capelli pi lunghi, trucco marcato, gioielli di plastica, camicie trasparenti, scarpe con la zeppa, minigonne e collant di ogni colore. Il rapporto fisico fra il fotografo e la modella Verushka nel film Blow Up (1966), ambientato nella Londra capitale del movimento giovanile, rappresenta molto bene lenergia esplosiva espressa dalla nuova cultura giovanile alla ricerca della pi completa liberazione del corpo e della sessualit, dando vita al nuovo modello di vestire informale : il casual.

Figura 13

La rivoluzione giovanile degli anni Sessanta ha potuto verificarsi grazie alleffetto di ridistribuzione dei beni allinterno della popolazione che ha prodotto un incremento delle risorse disponibili da parte delle classi medie, e per effetto dellestensione dello studio universitario che ha innalzato il livello del gusto. Una nuova fascia medio-borghese arrivata alla soglia del benessere, comincia a reclamare una moda veramente democratica rifiutando il lusso e lostentazione propri

dellalta moda. In Italia, lirruzione dello stile giovanile arriva con qualche anno di ritardo ed i primi a modificare la propria immagine sono stati proprio i ragazzi e le ragazze appartenenti ai ceti meno abbienti poich questi erano pressoch privi di un solido retroterra culturale e di una rigida educazione, pertanto si lasciano ammaliare dai modelli di abbigliamento innovativo, decisamente pop. V.2. NASCITA DEL PRET-A-PORTER La risposta del sistema della moda allesigenza giovanile di un abbigliamento pi libero e democratico, il Prt--Porter che nasce in Francia con lintento di produrre degli abiti gi confezionati e dai prezzi accessibili, ma innovativi sul piano stilistico e ben curati per quanto riguarda le caratteristiche tecniche. Negli anni Sessanta il Prt--Porter si dato unidentit specifica e persino trasgressiva, nata cos una nuova generazione di creatori di moda: Daniel Hecher, Jean Chacharel, Mary Quant ecc. il primo couturier ad entrare in questo settore stato Pierre Cardin, seguito subito da Yves Saint-Laurent, allievo di Dior, il primo a proporre per la donna, abiti tipicamente maschili come lo smoking, la giacca sahariana e limpermeabile. Lo stile dei creatori di moda di quegli anni abbandona le linee curve proponendo linee dritte che alludevano ai veicoli delle conquiste spaziali che dominavano limmaginario.tra i giovani, Andr Courrges ha suscitato scalpore per il suo stile corto e geometrico, liberando la donna dai tacchi alti, dal reggiseno e dagli abiti stretti e perfeziona la minigonna inventata da Mary Quant nel 1961 a Londra. Con il successo del Prt--Porter, lalta moda ha perso terreno rispetto alle dinamiche evolutive della moda, incominciando a codificare, aggiungendo il suo prestigio, ci che veniva gi utilizzato massicciamente, per esempio, ha accolto i pantaloni per le donne, quando queste li avevano gi adottati in massa ; anche oggi, lalta moda non propone abiti allultima moda, ma mira ad unimmagine di eternit e il suo obiettivo promuovere le linee di Prt--Porter e di cosmetici, poich il mercato mondiale di abiti di alta moda costituito dalla vendita di soli 3.000 capi lanno. V.3. LA MODA MADE IN ITALY Durante gli anni Settanta le persone hanno trascurato il proprio corpo in favore della maggiore attenzione ai valori diffusi dalla grande ondata di proteste sociali e culturali originatesi nel Sessantotto, e dei problemi scaturiti da una grave crisi economica. Lo stilista cerca di individuare le nuove tendenze nella societ, nelle avanguardie artistiche, nelle trib urbane giovanili o nelle sempre pi presenti culture etniche, le riordina entro immagini codificate e le riporta sotto il

controllo dellindustria alla quale legato da un contratto di tipo professionale, e negli anni Ottanta il Prt--Porter italiano raggiunge il successo grazie anche al legame istauratosi con lindustria tessile e ci ha dato un contributo decisivo allo sviluppo del settore tessile italiano : Como, Carpi, Prato, Biella ed altri distretti si sono saputi coordinare perfettamente al fine di offrire prodotti di livelli particolarmente elevati. I motivi del successo del modello industriale del vestire italiano si individuano soprattutto nella sua capacit di riconoscere e raggruppare il senso di delusione apparso in molte persone diverse fra loro, dato dal superamento dei valori politici degli anni Sessanta e Settanta, trasformando gli ideali di cambiamento della societ in ideali pi modesti relativi alla trasformazione dellimmagine personale attraverso labbigliamento. Bisogna inoltre considerare che, parallelamente, la societ stava mutando e si faceva spazio una nuova classe media: i giovani professionisti urbani del terziario avanzato che ricercavano qualit e distinzione nel vestire, pertanto le griffe del Prt--Porter adottano una logica fortemente personalistica, il cui emblema diviene la firma infatti lo stilista, fornendo una sua inequivocabile identificazione, diventa una guida per la scelta del capo dabbigliamento. questo il fattore da considerare come la chiave di volta del sistema della moda che ha permesso a molti stilisti italiani di raggiungere il successo negli anni Ottanta. V.4. ELIO FIORUCCI Nel 1967 apre a Milano, in corso Vittorio Emanuele, il suo primo negozio, una sorta di bazaar che offriva ai giovani di tutto: scarpe, abiti, calze e accessori a prezzi stracciati. I suoi jeans rappresentano una vera reinvenzione di questo capo dabbigliamento : curati, ben tagliati, rifiniti e realizzati in denim, sono diventati famosi proprio per la loro elevata vestibilit, ed i suoi, possono essere considerati i primi jeans griffati. Fiorucci stato anche il pioniere dellutilizzo dello spazio vuoto sul fronte delle T-shirt come una pagina da riempire per lanciare messaggi di ogni genere. V.5. VALENTINO Apre nel 1959 il suo primo atelier di alta moda in Via dei Condotti a Roma. Valentino Garavani ha presentato nelle sue collezioni una donna elegante e romantica, una costante nelle sue creazioni lutilizzo di quella particolare sfumatura di rosso che ha preso il suo nome, ma Valentino soprattutto maestro nella cura dei dettagli. V.6. ALBINI

Walter Albini crea la sua prima collezione nel 1963 ed il primo stilista italiano ad avviare un rapporto di collaborazione stabile con unindustria. Aveva uno stile sofisticato e pieno di riferimenti alle avanguardie artistiche degli anni venti e trenta, ma era anche in grado di proporre tanti stili diversi quante le aziende con le quali collaborava. V.7. KRIZIA Mariuccia Mandelli crea nel 1954 la griffe Krizia, nome preso in prestito dai Dialoghi di Platone. Krizia si impone grazie soprattutto alla maglieria decorata da animali ed ispirata al mondo dellarte (Magritte, Klimt, Fontana). Molti dei suoi abiti si caratterizzano per i volumi strutturati e per la capacit di dare vita attraverso il pliss a geometrie complesse ed evocative. V.8. MISSONI Ottavio e Rosita Missoni creano, nel 1953, la loro azienda che ancora oggi ha un carattere familiare. Uno degli elementi caratterizzanti dello stile Missoni il cosiddetto put-together : una sovrapposizione di punti e fantasie apparentemente casuale, ma attentamente progettata nel dettaglio mescolando disegni a zig-zag, a righe, fiammanti e ondulati, impiegando, inoltre, colori inconsueti come il tamarindo, il pervinca, locra e il glicine. V.9. FENDI Le cinque sorelle Fendi, eredi del laboratorio di pellicceria e pelletteria creato nel 1925 a Roma dai genitori, hanno rivoluzionato negli anni Sessanta limmagine della pelliccia, sdrammatizzandola e trasformandola da capo pesante, a prezioso indumento alla moda. Si sono avvalse della collaborazione di vari stilisti di gran prestigio come Karl Lagerfeld che ha ideato per loro il logo con la doppia F in nero, su sfondo fango. Nel 1997 nata la Baguette, una borsa con una piccola tracolla da portare sotto il braccio, che ha avuto un enorme successo. V.10. VERSACE Gianni Versace fonda la sua griffe nel 1977 con i fratelli Santo e Donatella ; una testa di Medusa contrassegna le sue creazioni nelle quali venivano fuse modernit e tradizione, con uno stile deciso e aggressivo riuscendo a mescolare senza problemi metallo e plastica, con seta e Swarovsky, senza mai cadere nella volgarit. Versace ha soprattutto intuito che per comunicare al meglio la sua immagine, bisognava affidarsi ai migliori fotografi, e far sfilare le modelle da essi preferite, creando cos la figura della top model, attribuendo alle modelle una notoriet che prima non avevano.

V.11. FERR Gianfranco Ferr presenta nel 1978 la sua prima collezione, affermandosi con una linea imponente e decisa. La sua formazione come architetto infatti lo spinge verso una progettazione architettonica dellabito, linee decise, colori forti e nitidi. Tra i Leitmotive di Ferr , oltre alla purezza delle linee e allamore per lOriente, c la camicia bianca che lo stilista ha trasformato da indumento base del guardaroba maschile, a strumento di seduzione femminile. V.12. MOSCHINO Franco Moschino presenta la sua prima collezione nel 1983 alla Fiera di Milano. Si impone subito con uno stile ironico e dissacrante che nella moda italiana ha rappresentato qualcosa di assolutamente unico. Nel suo lavoro ha costantemente rivisitato la moda del Novecento, ad esempio realizzando il celebre tailleur di Chanel con tessuti sui quali erano state stampate pagine di quotidiano o con girandole al posto dei bottoni, e ha impiegato i vestiti come lavagne su cui scrivere messaggi provocatori spesso anti-moda. V.13. DOLCE & GABBANA Domenico Dolce e Stefano Gabbane presentano la loro prima collezione femminile a Milano nel 1985 contrapponendo limmagine di una donna mediterranea, ispirata alle figure del cinema neorealista, a quella che imperava in quegli anni della donna manager, facendo ricorso anche al barocco siciliano e alle componenti erotiche dell abbigliamento femminile: sottovesti, reggiseno e corsetti esibiti sfrontatamente. V.14. GIORGIO ARMANI Inizia la sua carriera come vetrinista alla Rinascente , poi viene assunto nel 1964 come stilista alla Hitman lazienda di abbigliamento maschile appartenente a Nino Cerruti e questo periodo lavorativo di fondamentale importanza per la messa a fuoco dello stile Armani ; qui apprende la nuova realt del Prt--Porter che aveva trasformato gli abiti di alta moda in prodotti industriali realizzati in serie progettati secondo le esigenze della produzione e quelle dellutente finale. Nellazienda Armani comincia a sperimentare sulla giacca maschile, al tempo ancora ingabbiata allinterno di rigidi schemi, e scopre che per liberarsi da tali schemi era assolutamente necessario lavorare sui tessuti, i dettagli e il gioco delle proporzioni, affermando in un intervista:

mi sono impuntato sulla giacca perch trovavo che non valorizzava il corpo e non ne esaltava la sensualit. Io volevo che labito facesse pensare di pi al corpo. Ho cominciato a restringere le giacche, a indicare il punto vita, ad allargare le spalle : cos la figura acquistava in slancio. Poi le ho sfoderate per dare maggiore scioltezza 4

Figura 14

Armani ha semplificato labito, eliminando elementi eccessivamente decorativi mirando innanzitutto alla vestibilit e alla praticit del capo ; cercando di superare la tradizionale rigidit del vestito dissacrando la giacca maschile, modificando le proporzioni, spostando i bottoni, abbassando i revers ed eliminando imbottiture, telette e infustature. Ha cominciato ad impiegare tessuti morbidi e leggeri tradizionalmente legati agli abiti femminili ed ha adottato colori eleganti, discreti : dei non-colori come il grigio chiaro e il beige avvicinando il suo ideale di giacca a quello di Chanel e dei Dandy inglesi. Nel 1975 presenta la sua prima giacca destrutturata per uomo : senza fodera e non stirata, in questo modo si aprono nuovi orizzonti per labbigliamento maschile che rifiuta lidentificazione con la divisa professionale della tradizione presentandosi cos in maniera attraente, sensuale, giovanile e vagamente femminile. Armani realizza, negli anni Ottanta, un lavoro sulla giacca maschile, analogo a quello svolto da altri nellambito dellarchitettura di quei tempi: unoperazione di radicale destrutturazione dell opera darte tradizionale non pi considerata come qualcosa di unitario e definito. Intuisce che
4

(cit. in Brognara et al., 1990, pp. 122-3).

labbigliamento doveva adeguarsi alla nuova attenzione per il corpo che emergeva nella societ, ma soprattutto ai nuovi ruoli svolti dalluomo e dalla donna cercando di rendere pi forti le donne e di ingentilire gli uomini. Per quanto riguarda labbigliamento femminile Armani propone giacche morbide realizzate con spalle larghe in grado di creare un immagine di femminilit non ostentata, ed il suo stile viene accolto dalle cosiddette donne in carriera, emancipate figlie degli anni Settanta che avevano bisogno di un abbigliamento che attirasse gli uomini ma nel contempo li mettesse in soggezione. Come Chanel, Armani ha sempre ritenuto fondamentale il rapporto con il cinema, sia per leffetto promozionale, sia per gli stimoli che il lavoro di uno stilista pu riceverne lasciandosi influenzare fortemente dalle atmosfere un po torbide del cinema hollywoodiano degli

anni Venti e Trenta.


Figura 15

La grande attenzione di Armani per le esigenze dellutente finale ha portato questo stilista a creare per primo una seconda linea : nel 1981 nasce Emporio Armani le collezioni erano dotate dello stesso livello di qualit stilistica della prima linea, seppure venduta ad un prezzo pi accessibile.

VI. IL NUOVO SISTEMA DELLA MODA


VI.1 LA MODA DEGLI ANNI NOVANTA Gi negli anni Ottanta diversi stilisti giapponesi si erano fatti spazio prendendo le distanze da quella figura di donna aggressiva e sofisticata doccidente. Issey Miyake, Yohji Yamamoto e Rei Kawakubo, stilista di Comme des Garons hanno attribuito allabito un aspetto povero e informe racchiudendo il corpo in una serie di stratificazioni di indumenti : hanno mescolato una sorta di Neopauperismo intellettuale e sofisticato con lestetica tradizionale e minimalista della cultura Zen nipponica.

Figura 16

Nella seconda met degli anni Ottanta anche lo stilista italiano Romeo Gigli propone una moda controcorrente: minimalista e rivolta ad una donna dallimmagine esile e fragile con spalle minute, gonne lunghe e babbucce orientaleggianti. In seguito alla crisi di Wall Street nellottobre del 1987 e con lavvento degli anni Novanta lintero sistema della moda italiana riesce a trasformare queste proposte in abbigliamento portabile, attraverso la ricerca di altri mercati stranieri ricettivi individuati in Giappone. In tutto lOccidente le persone perdono la certezza su se stesse e sul futuro, in una situazione in cui il benessere economico non costituisce pi una sicurezza, portando i consumatori ad una maggiore richiesta di qualit orientandosi verso lacquisto di capi classici.

Il rifiuto degli eccessi stilistici, e una situazione economica critica hanno portato, negli anni Novanta, ad uno stile minimalista caratterizzato da colori cupi, e dalla prevalenza del nero. Il consumatore passa dalla ricerca compulsiva della novit, alla preferenza di uno stile duraturo opponendosi addirittura alla mutevolezza della moda stessa che si organizza in un sistema stabile, basato su un numero limitato di stili consolidati. Questo fenomeno stato anche il risultato di un processo di trasformazione di un sistema dapprima basato sulle griffe dellabbigliamento, ad uno imperniato su vere e proprie aziende specializzate in prodotti di lusso. Probabilmente, ci avviene anche a causa dellincapacit della moda di trovare delle vere novit da proporre al consumatore, quindi la storia della moda stessa diviene un importante serbatoio al quale attingere : nasce il vintage, cio gli abiti firmati di seconda mano, e le limited editions, ovvero le riproposizioni di modelli gi presentati sul mercato in passato. VI.2. GUCCI Lazienda creata nel 1921 a Firenze da Guccio Gucci ha saputo esprimere con efficacia una moda che recupera alcune componenti di status, creando oggetti-simbolo come la borsa con il manico di bamb (1947), il mocassino con il morso metallico (1952), o il foulard di seta Flora (1966) realizzato per Grace Kelly. A partire dagli anno Sessanta Gucci propone uno stile borghese lussuoso e snob, progressivamente per, ha cominciato a banalizzare la sua immagine firmando moltissimi prodotti senza prestare la dovuta attenzione alla qualit. Lo stilista statunitense Tom Ford assume la direzione creativa dellazienda negli anni Novanta e comincia a svecchiare una griffe che sembrava destinata alloblio decidendo di vestire non pi la donna in carriera ma il cittadino del mondo con uno stile raffinato, attingendo anche allimmaginario fetish e sadomaso per arrivare ad una fusione fra seduzione e minimalismo. Ford si rivolge ad una donna che crede fermamente in se stessa, sexy, aggressiva e determinata. VI.3. PRADA Accanto alla donna sensuale ed aggressiva di Gucci cera una proposta che stravolgeva la pomposit dellalta moda con uno stile sofisticato e davanguardia. Prada proponeva unidentit forte in grado di proporre, a tutti i consumatori del mondo, concetti e pensieri da esprimere anzich forme e decorazioni da indossare. Come Chanel, Prada non disegna gli abiti, ma li pensa. La moda di Prada esaspera il concetto di negazione della fisicit di un corpo che si mostra sempre pi inconsistente: le modelle delle pubblicit di Prada, infatti, non rappresentano degli ideali di ricchezza e fascino, ma cercano di avvicinarsi alle donne che vivono nel mondo reale. Si potrebbe quasi dire che , come la moda di

Chanel, quella di Prada paradossale, in quanto allo stesso tempo lussuosa e democratica. Si spiega cos la presenza massiccia di elementi espressivi che fanno apparire quasi banale tale stile: il minimalismo pauperista, limpiego di materiali poveri come il nylon e le fibre sintetiche. Negli anni ottanta, la donna in carriera aveva trovato nella giacca destrutturata di Armani la sua tenuta ideale; lo stile banale di Prada sembra invece essere sintonico con il pi avanzato livello di maturit successivamente raggiunto dalle donne diventate pi sicure di s e che non hanno pi la necessit di adottare una divisa capace di difenderle. Non un caso, pertanto, che anche Prada si sia richiamata agli anni sessanta e settanta, ma nel farlo ha cercato di depurare questo periodo, di praticare unoperazione di pulizia in grado di renderlo astratto e asettico, estraendo da esso alcuni segni e trasformarli in puri elementi estetici. La depurazione avvenuta anche in senso letterale, privando il corpo della propria sensualit. A ben guardare gli abiti di Prada sono solo apparentemente minimalisti perch, come nel caso di Chanel, nascondono in realt una natura barocca ne particolari (cuciture, cerniere ecc.). in questo modo, anche la banalit pi clamorosa pu trasformarsi, per che ha occhi per vedere, in una manifestazione di grande raffinatezza. VI.4. VUITTON ED HERMS Nel corso degli anni novanta il mercato dei prodotti di lusso ha fatto registrare una crescita di notevoli dimensioni. Allorigine di tale espansione vi innanzitutto, una crescente legittimazione sociale del piacere individuale ed una conseguente corsa verso questultimo che non ha precedenti. Cadono pertanto le barriere di consumo rappresentate dai tab morali legati alla cultura tradizionale. Inoltre, in atto una ricerca crescente di prodotti di qualit da parte dei consumatori. Tale espansione determinata probabilmente dalle crescenti difficolt incontrate dai criteri tradizionali di definizione del ruolo sociale delle persone: le gerarchie non sono pi rigide, i confini fra i ceti si confondono ed i prodotti dotati di contrassegni di status vengono impiegati dagli individui per definire la propria posizione sociale. Tale esigenza vale soprattutto per la nuova lite sociale emersa negli anni novanta nel mondo occidentale: la nuova classe dirigente che si arricchita principalmente grazie allesplosione della new economy e dei facili guadagni in Borsa. Questa lite, invece di nascondere le proprie ricchezze, cerca di ostentare con consumi di prestigio il nuovo status sociale acquisito. Questo sviluppo del mercato del lusso ha consentito lespansione ed il rafforzamento di aziende gi esistenti da tempo con una lunga tradizione alle spalle. Ci vale in particolar modo per il gruppo francese LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy) che da molti anni leader incontrastato nel settore del lusso. Il fondatore dellazienda, Luis Vuitton,

faceva un mestiere molto particolare: nella seconda met dellOttocento andava dai ricchi viaggiatori dellepoca per mettere i loro vestiti nelle valigie evitando che si formassero delle pieghe e tutta la Parigi aristocratica richiedeva i suoi servizi. A fronte dei numerosi tentativi dimitazione delle sue valigie ha inventato nel 1888, insieme al figlio Georges, la famosa tela impressa: cotone spalmato di colla di segala, per renderlo pi resistente ed impermeabile, sul quale sono state impresse una L ed una V, le sue iniziali. Unaltra azienda oggi importante nel settore del lusso Herms, nata nel 1837 e fondata da Thierry Herms per produrre selle e finimenti per cavalli ma che in seguito si progressivamente allargata a tutti i prodotti del mondo della moda. Dal 2003 la collezione di pret--porter femminile viene disegnata da Jean-Paul Gaultier, lenfant terrible della moda francese. Nella produzione di Herms sono celebri le cravatte, i foulard e le borse come la Kelly, famosa perch Grace Kelly, incinta di Carolina, lha usata per tentare di nascondere la gravidanza dai fotografi coprendosi il ventre, o la Birkin, borsa grande e solida pensata per le mamme che lavorano ed ispirata allattrice Jane Birkin.

Figura 17

VI.5. IL NUOVO PUNTO MODA

Negli ultimi anni, il processo di espansione della distribuzione di prodotti dabbigliamento stata dominata da due importanti catene: la svedese H&M e la spagnola Zara. Queste catene devono il loro successo al fatto di avere introdotto nella moda un modello che viene generalmente definito il nuovo punto moda o il fast fashion. Tale modello ha rivoluzionato il mondo del pret--porter e delle tradizionali scadenze semestrali della moda, introducendo il principio della continuit temporale nella proposta dei capi ai consumatori attraverso lintegrazione mensile delle collezioni. Il nuovo punto moda offre proposte autonome e abbastanza vicine per contenuto stilistico a quelle delle seconde e terze linee degli stilisti e si caratterizza per la capacit di andare velocemente incontro alle tendenze della moda del momento stimolando in continuazione i consumatori che non acquistano pi per necessit, ma per impulso. In questo modo i prezzi dei prodotti sono bassi e lofferta dei capi viene rinnovata mensilmente. Il nuovo punto moda, infatti, pi che un basso costo economico, offre un basso costo psicologico al consumatore odierno, perch questi sa che se sbaglia scelta, ha comunque speso poco. In generale, si sente inadeguato di fronte ad unofferta molto vasta ed in rapido cambiamento, che gli impone una scelta veloce, ma il nuovo pronto moda lo rassicura proprio con il basso investimento psicologico che richiede. In questo modo il nuovo pronto moda pu essere considerato il terzo modello del processo di evoluzione della moda odierna, che segue lalta moda ed il pret--porter.

VII LA MODA INFORMALE


VII.1. LO SPORTSWEAR Negli anni ottanta diverse attivit sportive o comunque svolte allaria aperta avevano prestato capi allabbigliamento quotidiano: lequitazione (Husky), la vela (henry Lloyd), la caccia (Barbour), il lavoro dei boscaioli (Timberland) ecc. capi che sono andati ad allargare il settore dellabbigliamento casual, tipicamente riservato ad un utilizzo da tempo libero. Il casual si trasformato ed diventato sportswear , ovvero un insieme di capi pensati per un consumatore urbano che ama il comfort, la praticit e la flessibilit rispetto alle diverse occasioni duso; non un caso, infatti, che lo sportswear sia entrato a far parte delle seconde e terze linee di molti stilisti. Ci avvenuto sotto leffetto della spinta esercitata da diversi fattori, a cominciare da quellondata di informalit introdotta dai giovani a partire dagli anni sessanta, alla grande espansione mondiale dei jeans ed il crescente successo sociale ottenuto dal mondo dello sport. Chi veste sportivo lo fa anche per incarnare, a prescindere dai limiti biologici ed anagrafici, valori legati alla giovinezza, diventata uno dei miti della societ postmoderna. Questo tipo di abbigliamento sta riscuotendo grande successo anche per effetto del favore di cui gode la cultura americana nel mondo: una cultura libera ed orientata allinformalit. Non un caso che la moda del cosiddetto friday wear, ovvero la possibilit data ai dipendenti delle aziende statunitensi di vestire in modo informale e comodo il venerd, si diffonda sempre pi nel mondo e che labbigliamento informale tipicamente americano sia sempre pi influente sulle tendenze della moda. Dagli Stati Uniti venuta, negli ultimi anni, unofferta caratterizzata da una grande attenzione per la portabilit dei capi firmati da grandi stilisti: Calvin Klein, Ralph Lauren, Donna Karan ecc. VII.2. LEVIS E IL MITO DEI JEANS Dagli Stati Uniti vengono anche i pantaloni jeans, che rappresentano da oltre un secolo il capo base dellabbigliamento informale. Sono arrivati a tale risultato attraverso la loro capacit di integrarsi con le principali dinamiche sociali. Convenzionalmente, la nascita dei jeans viene fatta risalire al 14 marzo del 1853, giorno in cui Levi Strauss, giovane ventiquattrenne di una famiglia ebrea bavarese emigrata negli Stati Uniti, arriv a San Francisco dove era in pieno svolgimento la corsa alloro.

Lappartenenza ad una famiglia ebraica stata importante nel caso di Levi Strauss anche perch nei secoli il commercio degli stracci e delle stoffe stato considerato molto umile e consentito soltanto agli ebrei, che hanno sviluppato pertanto una grande abilit in questo ambito commerciale. Levi Strauss ha avuto una grande intuizione quando ha pensato di produrre in serie su misure fisse dei pantaloni. Possedendo solamente tela da tenda color cachi, con questa che ha fatto confezionare i primi pantaloni, allepoca chiamati overall per le grandi dimensioni (il termine jeans , probabilmente derivato da quello della citt di Genova dove il tessuto impiegato veniva commercializzato, entrato nelluso soltanto negli anni trenta del Novecento). Non si conosce quando sia nata effettivamente la forma attuale dei jeans poich larchivio storico dellazienda stato distrutto da un incendio causato dal disastroso terremoto che colp San Francisco nel 1906. Probabilmente c stato un processo di miglioramento progressivo del modello dei jeans, e nel corso degli anni sono stati inseriti elementi poco funzionali, ma estremamente efficaci come segni di riconoscimento: i rivetti in rame che fissano le tasche agli angoli, la cucitura a M sulle tasche che simboleggia laquila delle montagne californiane e il patch, letichetta con il tipo di modello, la taglia e due cavalli che tirano un paio di jeans introdotta nel1936. La Levis, pur avendo cominciato nel 1882 a pubblicizzare il suo prodotto, ha progressivamente perso il monopolio della produzione dei jeans. stata cos affiancata dalla Lee che ha introdotto nel 1926 la cerniera al posto dei bottoni, e dalla Wrangler, che ha lanciato nel 1906 la salopette e nel 1931 la sanforizzazione, procedimento mediante il quale si pu limitare il forte restringimento che subisce dopo il primo lavaggio il tessuto denim (utilizzato per produrre i jeans e il cui nome deriva probabilmente dalla citt di Nimes in cui aveva avuto origine). A partire dagli anni trenta del Novecento i jeans hanno conosciuto una nuova espansione: nati come divisa da lavoro per i manovali del West, sono diventati la divisa per il tempo libero di tutti gli americani. Alladorazione dei jeans da parte di tutti gli statunitensi hanno contribuito fattori di tipo economico e sociale: lelevata accessibilit dovuta al basso costo del prodotto, la nascita di una nuova struttura residenziale suburbana basata su ville con giardino, la crescita delle attivit praticate nel tempo libero, il formarsi del primo nucleo dei consumi di massa, la meccanizzazione della produzione industriale e lenorme crescita della classe media. La terza e pi importante fase di espansione dei jeans incominciata dopo la Seconda guerra mondiale ed ha riguardato soprattutto lEuropa, ma anche il resto del mondo. Gli indumenti da riposo dei militari americani fabbricati dalla Levis in esclusiva, sono diventati per gli europei il simbolo di quella ricchezza e di quella libert che veniva espressa

allepoca dagli Stati uniti, la nazione di coloro che avevano vinto la guerra e che avevano fatto conoscere i jeans, ma anche la Coca-Cola, la gomma da masticare, le calze di nylon, i film hollywoodiani ed il rocknroll. Un altro periodo particolarmente favorevole per i jeans sono stati gli anni sessanta e settanta, quando sono diventati la divisa dei movimenti giovanili e della Woodstock generation. I jeans, esprimendo valori democratici e da abbigliamento puramente maschile come erano allorigine, sono divenuti uno strumento in grado di favorire leguaglianza tra i sessi. Oggi i jeans hanno perso questi significati specifici e sono divenuti un indumento universale e socialmente indifferenziato, un classico del vestire contemporaneo che si oppone, con la sua stabilit, alle continue variazioni della moda, come del resto fa anche la T-shirt a partire dal 1942, anno in cui la Marina degli Stati Uniti ne ha definito il modello di base, adottandola per i suoi milioni di militari. I jeans hanno conquistato un posto importante e stabile nel sistema dellabbigliamento contemporaneo, al punto da poter essere considerato lindumento pi diffuso del nostro pianeta. VII.3. ADIDAS, NIKE, REEBOK: LO CHARME DELLO SPORT Le scarpe sportive hanno progressivamente dato origine ad un universo simbologico e merceologico associato al fascino dello sport e particolarmente indicato per sintonizzarsi con le mode dei giovani. Tale universo esercita uninfluenza preponderante anche nellabbigliamento quotidiano e rientra in quella tendenza che rende informale il modo di vestire delle persone. sorprendente pensare che fino a un secolo fa le scarpe di tela erano considerate calzature povere e venivano associate a ladri e a malviventi. Nel 1895 William Foster, un atleta di buon livello, ha fondato a Bolton, in Inghilterra, per produrre le scarpette sportive chiodate che aveva creato, unazienda alla quale nel 1958 i suoi due nipoti Joseph e Jeffrey hanno dato il nome Reebok (che deriva da quello di unantilope africana). Nel 1908, invece, il marchese Converse ha creato nel Massachussetts lomonima azienda, che ha lanciato nel 1907 le prime All Star , le quali sino agli anni sessanta sono state impiegate da tutti i giocatori di basket e sono diventate molto popolari per gli statunitensi. Nel 1926 la famiglia Dassler creava in Germania la Dassler Schufabrik le cui scarpe sono state indossate da molti atleti delle olimpiadi del 1928, del 1932 e del 1936.

Dalla separazione nel 1948 dei due fratelli Adi e Rudi Dassler sono nate rispettivamente Adidas e Puma. La prima emersa come azienda leader del mercato mondiale negli anni settanta grazie anche alla riconoscibilit dei suoi prodotti che portavano tre strisce parallele. Nike stata fondata negli anni settanta da Phil Knight, un contabile, e Bill Bowerman, che lavorava come allenatore presso lUniversit dellOregon, a Eugene. Nel 1972, a Beaverton, viene fondata la Nike che porta il nome della divinit greca della vittoria perch il giovane designer dellazienda Jeff Johnson aveva raccontato di essersi sognato la celebre dea alata e perch la parola Nike facilmente pronunciabile in molte lingue. Negli anni ottanta e novanta cresciuta enormemente la domanda di mercato delle scarpe e dellabbigliamento per lo sport. Le scarpe da ginnastica hanno assecondato queste richieste anche mutando la loro natura, diventando cio sneakers, calzature sportive dallimmagine estremamente tecnologica e molto espressive sul piano del design. Mentre Adidas continuava a preoccuparsi dei corridori professionisti, Nike ha orientato le sue strategie verso i corridori dilettanti. In questo modo, gi alla fine degli anni settanta la met delle calzature da corsa vendute erano Nike, i cui principali concorrenti erano Adidas e Reebok. Negli anni successivi, gli scarponcini alti e le canottiere da pallacanestro sono diventate parte integrante per la cultura hip hop dei giovani neri, cos, gli afroamericani residenti nelle grandi citt adottando le sneakers sono diventati un modello di riferimento in grado di stimolare il consumo dei giovani residenti nelle aree bianche prettamente periferiche e rurali. Inoltre, grazie al successo dellaerobica nei primi anni ottanta, anche le donne hanno incominciato a praticare per la prima volta attivit sportive andando a costruire un nuovo mercato: Reebok ha capito questo, ed ha realizzato prodotti pensati appositamente per il pubblico femminile.

Figura 18

VIII. LA MODA DELLA STRADA


VIII.1. LE SUBCULTURE GIOVANILI A partire dagli anni sessanta del Novecento le innovazioni nel campo dellabbigliamento create dai giovani hanno incominciato a costituire un punto di riferimento per il sistema industriale della moda. Tale punto di riferimento diventato negli anni ottanta e novanta particolarmente significativo grazie al processo di democratizzazione del pret--porter. Cos, tra mode prodotte dai giovani e realt industriali si stabilito un rapporto non pi di contrasto, ma di nutrimento reciproco e costante. Lambito nel quale le mode giovanili so sono prevalentemente sviluppate, quello della strada. Qui i giovani hanno dato vita ad aggregazioni per bande, a subculture caratterizzate dalla condivisione di particolari valori, opinioni, comportamenti e dalla creazione di forme espressive peculiari quali gli stili giovanili nel vestire o street styles. Ci che accomuna tutte le subculture la centralit riservata al corpo. I giovani hanno truccato, decorato, mascherato e persino manipolato il loro corpo, ma soprattutto lo hanno vestito, perch da sempre labbigliamento il mezzo fondamentale per comunicare attraverso il corpo. La prima vera subcultura giovanile pu essere considerata quella degli zooties, un movimento sociale di dandy neri ed ispanici che nella Harlem degli anni quaranta del Novecento hanno sviluppato una specifica identit attraverso limpiego di alcuni oggetti e capi dabbigliamento, come lo zoot, abito maschile eccessivo dalla giacca molto lunga ed i pantaloni molto larghi, da cui derivato il loro nome. Generalmente, per, si fa risalire la nascita delle subculture giovanili al 1947, anno in cui un gruppo di giovani bikers, aggressivi motociclisti vestiti con jeans, stivali e giubbotti di pelle (il chiodo fabbricato dal 1915 dalla societ americana Schott) , si radunato a Hollister, in California, gettandovi lo scompiglio. Nella seconda met degli anni sessanta, il movimento hippy, pacifista e antimilitarista, non ha fatto altro che riprendere e sviluppare in California la filosofia beat, ampliandone la diffusione sul piano sociale. Tale movimento odiava tutto ci che evocava modernit e industrializzazione, rifiutava inoltre le proposte della moda ufficiale e si rifaceva alle culture etniche, soprattutto orientali, e al passato, prediligendo tessuti naturali come il cotone, il lino e la canapa. VIII.2. I MODS

In Inghilterra la fusione dei bikers con gli ambienti dei teddy boys, seguaci a met degli anni cinquanta della musica rocknroll americana, ha dato origine durante gli anni sessanta ai rockers. Questi appartenevano alle famiglie operaie e risiedevano nelle contee dei distretti minerari a nord di Londra e nelle zone industriali del paese, patria delle marche delle motociclette da loro impiegate (Triumph, BSA). Prediligevano la musica prodotta da artisti bianchi e hanno pertanto adottato la bandiera confederata appartenuta agli Stati schiavisti del Sud degli Stati Uniti. Nei primi anni sessanta i rockers sono stati affiancati dai mods, una subcultura particolarmente ricca sul piano espressivo le cui gesta sono state celebrate nel 1979 dal film Quadrophemia, tratto da un concept album del pi celebre gruppo mod: gli Who. Data la profonda diversit culturale dei gruppi, tanto i primi erano rozzi e violenti quanto i secondi sofisticati, snob e alla continua ricerca di novit culturale, le due subculture sono, a volte, entrate in conflitto con veri e propri scontri, come quelli avvenuti nellestate del 1964 sul lungomare della citt balneare di Brighton. A differenza dei rockers i mods, il cui nome deriva dalla contrazione della parola modernists (innovatori), erano dei grandi amanti della cultura e soprattutto della musica dei neri afroamericani: il rhythm and blues, ma anche il soul ed un jazz raffinato come il cool jazz. Ci che per li caratterizzava era la loro ricerca raffinata di eleganza nel vestire. No potendo identificarsi, a causa delle origini operaie, nelleleganza delle classi superiori inglesi, i mods hanno trovato il modello che cercavano allestero: in Francia e soprattutto in Italia. Hanno infatti imitato il modo di vestire degli attori delle commedie allitaliana, indossando completi per uomo di linea squadrata, di colore nero o blu scuro, con tre bottoni, risvolti stretti e spacchi laterali. Poich era impossibile trovare questi abiti sul mercato, i mods se li facevano confezionare su misura dalle sartorie. Utilizzavano anche le magliette polo Fred Perry, i jeans Levis ed il giaccone parka, sorta di eskimo che avevano scoperto negli stock di abiti impiegati nella Guerra di Corea dallesercito americano. I ragazzi mods portavano i capelli molto corti e rifiutavano luso della brillantina. Anche le ragazze avevano i capelli abbastanza corti, generalmente con la frangia sugli occhi e la scriminatura centrale, e indossavano abiti maschili o di ispirazione maschile. Nonostante la maggiore importanza che veniva loro riconosciuta rispetto alle ragazze delle subculture precedenti, dovevano comunque sottomettersi allegemonia maschile. I mods avevano il culto della vita frenetica e veloce, per poter essere continuamente in movimento hanno adottato mezzi adatti alle loro modeste finanze, ma anchessi frutto dello stile italiano: lo scooter Vespa e Lambretta che personalizzavano con una enorme quantit di specchietti

retrovisori, fari supplementari, antenne, trombe e cromature, ovvero con segni che esprimevano probabilmente il loro bisogno inconscio di uno status sociale pi elevato. Per poter essere svegli ed efficienti in ogni momento della giornata, i mods sono stati la prima subcultura ad adottare in maniera massiccia il consumo di droghe, in articolar modo, delle anfetamine. I mods erano dei paradossali dandy della classe operaia. Curavano moltissimo il loro modo di presentarsi in societ, che doveva apparire sempre distaccato ed incline alla posa: il loro obiettivo era quello di fare dellironia sulla tradizionale compostezza dei ceti medi inglesi, che essi cercavano di prendere in giro soprattutto attraverso il loro abbigliamento esageratamente elegante, pulito ed ordinato. Allo stesso tempo per parodiavano anche le aspirazioni di benessere dei loro genitori operai consumando freneticamente tutto quello che potevano: abiti, dischi, acconciature, locali. I mods erano consapevoli che quel sogno di mobilit sociale che veniva presentato come possibile per tutti, era per loro irrealizzabile in quanto figli di operai. Si sentivano perci esclusi dallondata di benessere consumistico che investiva la societ britannica di quegli anni. La loro condizione era quella di individui i quali, a causa della crisi del ruolo operaio tradizionale, erano costretti a svolgere lavori differenti rispetto a quelli dei loro genitori. Lavori cio precari, marginali e comunque dequalificanti socialmente. Si sfogavano perci ironizzando su qualsiasi cosa. I mods sono stati i primi giovani appartenenti ad una subcultura a provare sulla propria pelle quella situazione di panico morale che si pu diffondere presso la popolazione, per questo motivo, possibile sostenere che i mods hanno anticipato alcune di quelle che saranno le principali caratteristiche dei punks. VIII.3. IL PUNK La subcultura giovanile punk stata senzaltro quella pi espressiva. Linvenzione di tale subcultura generalmente attribuita a Malcom McLaren e a quella che diventata una stilista celebre per le sue originali creazioni: Vivienne Westwood. I due gestivano, dal 1971, un piccolo negozio di abbigliamento a Londra Let It Rock, poi divenuto Seditionaries, gioco di parole tra seduzione e sedizione, Sex e, infine, Words End.

Figura 19

In realt il punk fondamentalmente un movimento sociale esploso nellestate del 1976 a Londra, sebbene fosse stato preceduto da alcune manifestazioni ancora embrionali negli Stati Uniti. per certamente nel negozio di McLaren e di Westwood che si sono formati i Sex Pistols, il gruppo musicale pi famoso fra quelli emersi dalla subcultura punk. Il termine punk significa cosa marcia e di poco valore perch i Punkers si consideravanonegri bianchi, soggetti confinati ai margini della societ. Unemarginazione, in realt, da essi stessi provocata poich cercavano costantemente di avere un aspetto disgustoso e scioccante. Con il loro abbigliamento, volevano rappresentare una parodia portata allestremo di quei discorsi sulla crisi economica che imperversavano sui mass media della comunit britannica alla met degli anni settanta. Si vestivano in maniera eccentrica con colori dissonanti, abiti trasandati, scuciti o stracciati, e abiti di pelle nera in stile sadomaso. Coloravano i capelli, che venivano acconciati con la vaselina e la lacca, e spesso avevano soltanto una cresta molto alta al centro della testa. Si spingevano sino allo scherno della figura della donna-oggetto, motivati anche dalla pratica di un rapporto maggiormente egualitario tra uomini e donne rispetto alle subculture precedenti. Trafiggevano il corpo con spille, lo ferivano con sigarette e lo tagliuzzavano con lamette praticando cio sul proprio corpo unumiliazione continua, una violenza esercitata su se stessi anzich allesterno che voleva comunicare la loro impotenza nei confronti della societ: quella

sensazione di totale assenza di libert che provavano quotidianamente e che cercavano di trasmettere anche indossando catene, guinzagli e collari per cani. Erano infatti anarchici e nichilisti: non credevano nel progresso, nella famiglia e nelle istituzioni. Generalmente rifiutavano le droghe pesanti, ma facevano uso di anfetamine perch erano ritenute indispensabili per tenersi su in mancanza di cibo e per poter suonare a quellinfernale velocit che caratterizzava le loro forme espressive musicali. La musica punk era infatti sincopata, basata su tonalit acute, suoni distorti e doveva essere ascoltata a volume molto alto. I testi delle canzoni erano volgari e, in generale, i punks rifiutavano luso dellinglese comune, in favore di un particolare gergo giovanile. Cercavano inoltre di mantenersi in uno stato costante di flusso mentale e fisico, i cui confini venivano continuamente ridefiniti. Vivevano nella strada, ma non sentivano il bisogno di difendere il proprio territorio, come era nella tradizione delle bande dei ghetti nelle grandi metropoli. Il loro stile era cinetico e transitivo: consideravano gli oggetti come uno strumento e non come un fine da raggiungere, perch concentravano lattenzione sullatto di trasformazione di senso eseguito sulloggetto. Le violazioni dei codici dominanti operate dai punks hanno spesso suscitato fastidio e reazioni di rigetto da parte della societ. Sono state pertanto adottate diverse strategie per ridurre la loro natura disturbante: limpiego dello strumento brutale della censura, la classificazione dei loro componenti come devianti, oppure la trasformazione dei loro simboli ed oggetti pi significativi in discorsi dei media o beni di consumo e di moda. Ci stato reso possibile proprio dallesistenza di quelle operazioni di decontestualizzazione e risemantizzazione degli oggetti e dei loro usi che gli stessi punks hanno per primi praticato. La subcultura punk e le altre principali subculture giovanili vanno interpretate non come dei testi isolati e definiti una volta per tutte, ma come delle pratiche significanti, come dei complessi processi di produzione di senso che sono in continuo divenire. Il problema che si pone agli studiosi, allora, quello di cercare di decodificare le forme culturali prodotte dalle subculture giovanili nellambito di tali pratiche. Soltanto un approccio di questo tipo consente di mettere in luce come le subculture, al di l delle evidenti diversit, siano unificate dalla capacit di sviluppare ciascuna il proprio stile che si contrappone alla variabilit della moda. Per stile, infatti, va inteso un insieme molteplice ma assolutamente coerente e temporaneamente stabile di elementi espressivi: capi dabbigliamento, musica, oggetti, rituali di comportamento ecc. attraverso lo stile ciascun membro della subcultura pu comunicare con gli

altri membri ed attribuire un significato unitario al proprio mondo desperienza. Pertanto, negli elementi espressivi dello stile della subcultura cui appartiene egli vede riflessi, valorizzati e sostenuti i valori centrali della subcultura stessa. Lo stile quindi un ricco gioco combinatorio di codici comunicativi in cui rientrano tanto le pratiche rituali del consumo che impiegano gli oggetti disponibili sul mercato e nella societ, quanto ogni altro tipo di elemento simbolico che possa consentire ai giovani di sviluppare una specifica identit. Attraverso, dunque, lattribuzione di significati condivisi dai suoi membri ad una vasta serie di oggetti e beni di consumo e la definizione di regole interne duso di questi ultimi, la subcultura pu costruire e rafforzare la propria identit e differenziarsi dalle altre formazioni culturali. Tutte le subculture espresse dai giovani provenienti da famiglie operaie, e soprattutto il punk, racchiuderebbero al loro interno anche una forma consapevole di resistenza sociale. Nel loro cosciente contrapporre uno stile coerente e stabile al divenire incessante e automatico della moda rappresenterebbero una sfida simbolica rivolta alla cultura dominante, un tentativo esplicito di ribellione politica che figlio diretto della cultura antagonistica della classe operaia. La funzione latente della subcultura quella di esprimere e risolvere, seppur magicamente, le contraddizioni che rimangono nascoste o irrisolte nella cultura dei genitori. Le subculture generate da questa cultura dei genitori possono essere considerate come variazioni di uno stesso tema centrale: la contraddizione, operante a livello ideologico, tra il tradizionale puritanesimo della classe operaia e il nuovo edonismo del consumo. La subcultura rappresenta il risultato di un processo di sintesi tra le forme di adattamento/resistenza elaborate dai genitori appartenenti alla classe operaia e quelle elaborate dai loro figli. Ne consegue una simultanea dinamica di identificazione e differenziazione dei giovani rispetto alla cultura dei genitori, ma anche rispetto a tutta la societ. Differenziarsi socialmente attraverso lo stile di una subcultura non significa per assumere un atteggiamento di ribellione radicale nei confronti della cultura dominante e soprattutto del sistema dei consumi, perch tutte le forme societarie si fondano inevitabilmente sulla differenziazione. Lattivit di riappropriazione e reinterpretazione creativa infatti praticata da tutti gli individui nei loro comportamenti di consumo ed oggi lo sempre di pi, data la crescente maturit e consapevolezza dei consumatori. Il movimento punk ha rappresentato, allo stesso tempo, lultima delle subculture legate alla cultura operaia e il definitivo superamento di esse. Pu pertanto essere considerata la prima subcultura dellepoca ipermoderna, cio di unepoca caratterizzata dallo sviluppo ipertofico di

tutte le forme di comunicazione e dalla progressiva integrazione dei pi diversi ambiti culturali. Unepoca in cui pi che parlare di ideologie dominanti e di sottoculture sovversive, probabilmente pi appropriato parlare di ideologie sottoculturali che sono un mezzo attraverso il quale i giovani si raffigurano il loro gruppo sociale affermando chiaramente la loro distinzione da una massa indifferenziata, omologata ed anonima. Non va dimenticato che i punks hanno dovuto accettare lavori precari e dequalificanti, sicuramente in misura maggiore rispetto ai mods, principalmente a causa di una situazione di crisi culturale, economica e di forte disoccupazione giovanile. Questi lavori erano in conflitto con la tradizionale identit maschile forte determinata dal ruolo operaio, e hanno indotto i giovani a reagire, cercando di dimostrare di essere ancora uomini assumendo unidentit maschile estremizzata sino alla violenza come hanno fatto, a partire dagli anni sessanta anche gli skinheads, subcultura rozza e aggressiva, i cui appartenenti ostentavano un cranio completamente rasato-, oppure rinunciando apertamente al modello maschile proposto dai genitori operai. La loro identit, pertanto, ha cercato le proprie radici non pi nella fabbrica, ma nella strada, nelle nuove sacche di proletariato marginale che si venivano formando. Ci sicuramente costituisce il principale motivo di divisione e di conflitto fra i punks e gli skinheads, rimasti legati saldamente alle loro origini operaie. I punks, comunque, pur mancando di un chiaro progetto politico, hanno per primi dimostrato di possedere una notevole capacit di relazione con i media. La pubblicizzazione delle loro azioni sembra infatti star loro a cuore pi delle azioni stesse. Sono cio totalmente orientati a dare spettacolo nella societ, e lo scandalo che essi producono voluto, premeditato, costruito ed intenzionale. Lesempio pi estremo stata laccurata progettazione che Malcom McLaren ha fatto del gruppo musicale Sex Pistols. Ha cercato cos di penetrare nel cuore dellindustria discografica e del sistema dei media per tentare di distruggerli dallinterno. Per tentare, cio, di smascherare quelle che considerava le mistificazioni del sistema industriale e di quello mediatico, mostrando lassurdit di una mistificazione da esso stesso appositamente creata. Una mistificazione come quella dei Sex Pistols, pagati profumatamente, grazie a McLaren, dai discografici inglesi nonostante la loro totale incapacit di suonare, o di fare qualsiasi altra cosa valida sul piano professionale.

Figura 20

Il punk, comunque, stato molto meno intellettuale e colto di McLaren. vero che anche i punks ambivano a liberare la societ per riportarla ad un ordine pi naturale, ad essere per la societ degli specchi deformanti in grado di metterne in luce il rimosso, il male che si annida nelle sue profondit e che essa rifiuta di riconoscere. Nonostante le loro sembianze, i punks non erano malvagi. Proclamavano continuamente la loro cattiveria, minacciavano costantemente di fare del male, anche se si guardavano bene dal mettere in pratica questo proposito, continuando ad operare su un piano puramente comunicativo. La strategia adottata dai punks evidentemente ambigua. Rappresentavano cio un paradossale nascondersi nella luce, perch esprimevano allo stesso tempo la necessit di esibire unidentit e quella di occultarla, un bisogno di indipendenza e uno di sottomissione, un atto di ribellione e una richiesta di attenzione. In realt tutti i movimenti sociali funzionano operando simultaneamente sul doppio binario della latenza e della visibilit. La prima permette di sperimentare direttamente nuovi modelli culturali favorendo il cambiamento attraverso la costituzione di nuovi significati e la produzione di nuovi codici; la visibilit, invece, emerge quando i movimenti si mobilitano ed escono alla luce del sole poich sentono il bisogno di confrontarsi con unautorit politica su ambiti specifici. In questo modo, le subculture giovanili sono condannate a restare radicalmente incompiute, in quanto devono mantenere elevato il loro contenuto di latenza, la loro spontaneit vitale, ma devono imparare a rapportarsi ai media, perch questi consentono loro di intensificare la visibilit sociale delle azioni effettuate e mantengono attiva la condivisione di uno stile sub culturale tra individui che spesso non si conoscono personalmente in quanto vivono in realt geografiche

diverse. Allo stesso tempo per, leccesso di notoriet, la stereo tipizzazione e la banalizzazione che i media inevitabilmente determinano nelle forme espressive prodotte dalle subculture mette in crisi il loro valore di base: lautenticit. Nonostante ci le subculture continuano comunque a nascere e a svilupparsi perch probabilmente lesigenza di soddisfare, attraverso labbigliamento, i bisogni di ludicit e piacere fondamentale per gli individui. E ci vale soprattutto per gli uomini, i quali hanno trovato nelle subculture giovanili, un territorio libero in cu poter finalmente esprimere la loro personalit attraverso labbigliamento, attivit che avevano dovuto reprimere con lavvento della puritana cultura borghese. VIII.4. IL SUPERMARKET DEGLI STILI A partire dalla fine degli anni 70, una subcultura radicalmente diversa, quella hip hop si progressivamente sviluppata. Un fenomeno nato nei ghetti delle metropoli statunitensi, nellambito delle comunit afroamericane. Infatti, gi dagli anni cinquanta, nelle bande giovanili le minoranze etniche bianche di origine europea, via via che si integravano con la societ, lasciavano il loro posto ai neri ed ai latinoamericani e tale processo continuato per i due decenni successivi. L hip hop si caratterizzato principalmente per uno stile nellambito dellabbigliamento composto da sneakers, maglioni e pantaloni molto ampi, felpe da jogging, cappelli con visiera, anelli e catene vistosi e per il ricorso alla musica rap, fusione indissolubile di suoni, ritmo e parole. Questa subcultura era contraddistinta da una forte politicizzazione, dalla volont di presentarsi, come una forma di protesta, ma anche dallimpiego di nuove strategie espressive mediatizzabili, come i graffiti sui muri urbani e la cosiddetta break dance. Ha trasformato cio in creativit non violenta buona parte di quella aggressivit che aveva trovato spazio nel corso degli anni settanta nelle bande metropolitane dei giovani neri. Ma no riuscita cos ad evitare il problema del mantenimento di un nocciolo di autenticit, orientando progressivamente le sue forme espressive verso le esigenze del sistema mediatico e commerciale.

Figura 21

Nei primi anni 80, a Milano sono nati i paninari, che sono stati la prima subcultura specificamente italiana ed hanno preso il nome dal bar il panino di piazza Liberty, dove il loro primo nucleo si radunava. I paninari hanno rappresentato un ulteriore passo in avanti nellevoluzione delle subculture giovanili in quanto il loro legame con i media era ancora pi diretto e intenso. Non un caso che abbiano avuto una vita piuttosto breve, rapidamente assorbiti dal potente flusso della mediatizzazione. I paninari hanno infatti conosciuto un momento di grande celebrit quando alcuni dei capi da essi indossati sono diventati oggetti di moda: le scarpe Timberland e i piumini Moncler. Ma a quel punto questa subcultura era gi ad un livello avanzato di evoluzione. Allinizio il movimento dei paninari si sviluppato tra alcuni giovani che abitavano nel centro di Milano e che appartenevano al ceto medio-alto, i quali hanno rifiutato il loro tradizionale abbigliamento raffinato in favore di un modello pi rude e virile. Da Milano i paninari si sono successivamente diffusi in molte altre citt italiane e persino in metropoli straniere come Londra e Parigi. Bisogner aspettare circa un decennio, fino allinizio degli anni 90, per vedere la nascita di una nuova subcultura giovanile importante: il grunge. Nato nellambientalista citt americana di

Seattle, lo stile grunge - termine che significa sporco e stropicciato- cercava innanzitutto di essere comodo e confortevole. Impiegava spesso abiti di seconda mano, e si componeva principalmente di camicia di flanella a scacchi, gonne lunghe, maglioni sformati, jeans tagliati, strappati, zatteroni, scarpe da basket e scarponi pesanti. Malgrado il grunge praticasse un estetica dello sporco e dellusato, i giovani che ne facevano parte condividevano valori positivi di amore. Era probabilmente una rivolta di giovani privi di illusioni contro il modello giovanile yuppie e la societ consumistica ed edonistica degli anni ottanta, ma anche contro il lusso e i prezzi troppo elevati del sistema della moda. Il grunge ha avuto unesistenza addirittura pi breve di quella dei paninari perch la sua mediatizzazione stata ancora pi intensa. Se i paninari, dopo essere stati bruciati dai media in Italia, hanno avuto unulteriore fase di espansione allestero, ci non potuto avvenire per il grunge che stato invece immediatamente mediatizzato a livello planetario. stato cos preda anche del sistema industriale della moda, reinterpretato sulle passerelle da griffe come Gucci, Roberto Cavalli, Marni, e Anna Sui. Nellattuale societ dellipercomunicazione, dunque, sempre pi difficile per le subculture sottrarsi allassorbimento da parte del flusso mediatico. Ci avviene anche per le subculture storiche, che continuano a sopravvivere seppure in forme radicalmente diverse. A questa situazione di pericolo per la loro stessa esistenza le subculture giovanili hanno incominciato a reagire inaugurando una nuova stagione della loro storia. Si avviato infatti un enorme processo di revival nel quale diversi decenni di storia delle trib giovanili vanno progressivamente ad integrarsi. Si formato pertanto un supermercato degli stili: un enorme spazio in cui tutte le subculture del passato sono ancora vive e pronte come se fossero su degli scaffali, per essere liberamente attraversate o per essere assemblate le une con le altre. Ne nascono nuove subculture ibride, come ad esempio i new age travellers, che sono la sintesi di trib in passato in conflitto come gli hippies e i punks. Le subculture si comportano cio come le trib primitive studiate dagli antropologi, le quali, di fronte ad una grave minaccia per la loro sopravvivenza, deponevano le armi e univano le rispettive forze. I giovani, liberi ora dai vincoli di quella matrice culturale di origine operaia nel cui seno si erano formate quasi tutte le subculture inglesi, possono cos giocare liberamente con i segni, creando stili mutanti e in perenne variazione che rendono difficoltosa la classificazione da parte dei media e limitazione da parte della societ. Inoltre tentano di nascondersi nelle reti informatiche , come i cyberpunks, oppure si deterritorializzano come i ravers, che organizzano rave parties difficilmente rintracciabili perch organizzati in luoghi che mutano ogni volta e che sono collocati ai margini della societ, come le vecchie fabbriche abbandonate.

IX. CONCLUSIONE
Ci che sembra sempre pi emergere, dunque, una progressiva eliminazione da parte delle subculture di quei legami con il territorio su cui principalmente si fondava la loro identit prima del punk. attraverso strategie di questo tipo che le subculture tentano oggi di essere pi libere di agire per garantirsi un margine di sopravvivenza, per salvaguardare cio quel valore per loro fondamentale che costituito dallautenticit. Ma la situazione non certamente facile per le singole subculture i cui confini diventano sempre pi indefiniti e confusi. Quella che sembra farsi largo infatti ununica subcultura diffusa sullintero pianeta e unificata sul piano dello stile dalla condivisione dei codici propri dello skateboard, dello snowboard, del surf e di tanti altri sport estremi. Una subcultura parzialmente derivata dalluniverso hip hop e che ha sviluppato un linguaggio tecnologico estremamente funzionale che spesso riesce anche ad entrare nelle proposte delle industrie e degli stilisti. Tende dunque a crearsi un unico mondo indistinto dove non ci sono pi confini tra formalit e informalit, tra la strada e lindustria: quel mondo che qualcuno, non a caso, ha chiamato streetwear. Si tratta non tanto di uno stile, quanto di un concetto: vestirsi come si vuole, traendo ispirazione dalla realt urbana e metropolitana. Si sviluppa cos un territorio vischioso dove i linguaggi delle subculture e quelli delle marche si mescolano in continuazione.

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