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LIMPERIALISMO

Imperialismo Una definizione Limperialismo si sviluppa come nuovo colonialismo tra il 1870 e il 1914, e consiste nellazione dei governi tesa a imporre la propria egemonia su altri paesi per sfruttarli dal punto di vista economico assumendone il pieno controllo monopolistico delle fonti energetiche ed esportazione soprattutto di capitali. Il termine Imperialismo fu coniato in Francia nel primo Ottocento per definire il regime instaurato da Napoleone III. In seguito fu usato in Inghilterra, associato allidea di dispotismo, per indicare il regime di Napoleone III. Infine il termine Imperialismo assunse il suo significato pi noto: la tendenza di una nazione ad imporre il suo dominio economico e ad influenzare la politica interna di altri paesi con lobiettivo di avviare la costruzione di imponenti imperi economici. Per i paesi dominanti uno degli obiettivi principali di questo sistema era quello di ricavare dai paesi occupati una grande quantit di materie prime a costi bassi. Il termine usato talvolta per descrivere la politica di uno stato tesa al mantenimento di colonie e domini in terre lontane, anche se lo stato stesso non si considera un impero. Inoltre, il termine imperialismo pu indicare una posizione intellettuale, che implicherebbe la convinzione che la conquista e il mantenimento degli imperi abbiano una valenza positiva; tale punto di vista spesso unito al presupposto di una superiorit culturale o di altro tipo intrinseca al potere imperiale. Una definizione scientifica del termine imperialismo, lunica di fatto, pu ricercarsi nelle trattazioni dedicate da Lenin allargomento, prima tra tutte la seguente: limperialismo la fase suprema del capitalismo avanzato, entrato cio nella sua fase matura. Storia Il fenomeno dellimperialismo scaturito in primo luogo da cause di tipo politico e di tipo ideologico, incanalate, articolate, ampliate ed inserite in un pi generale disegno economico. Tale desiderio di espansione dovuto ai cambiamenti della situazione economica e non solo. anche legato a motivazioni politiche e persino ideologiche, che variavano a seconda della situazione del paese colonizzatore e dei paesi da colonizzare. Sul piano ideopolitico limperialismo dovuto allaffermarsi di atteggiamenti nazionalistici tesi ad esaltare i caratteri ritenuti originali della propria nazione che non si configurano come il nazionalismo degli inizi 1800, e cio caratterizzato dalle tensioni indipendentistiche, ma ormai ornato (e quindi svilito) da quel sentimento di prestigio tanto agognato dalle precedenti nazioni europee. A tutto ci era congiunta una radicata convinzione di una superiorit biologica della propria razza rispetto alle popolazioni di quei paesi che non riuscivano a dare lo slancio alle loro economie, e in particolare ci riferiamo ai popoli africani. A tale proposito riportiamo un pezzo di quanto detto in un corso di geografia universale del 1850: sentenza quasi UNIVERSALE dei fisiologi che gli uomini di razza nera hanno, per natura, breve lintelletto! Ora, pur senza negare che anche i Negri possono incivilirsi, comunque certo che quella civilt sar sempre inferiore alla nostra, perch inferiore realmente la forza della mente di quelle genti [] Dobbiamo aiutare, istruire, assistere i Negri; siamo in dovere di farlo perch sono nostri fratelli.

Paesi che recentemente avevano conseguito un solido sviluppo economico, al quale si era aggiunto anche lelemento di un capitalismo che non era pi industriale ma finanziario (cio sorretto da prestiti da parte di istituti di credito), ritenevano lespansione verso territori doltremare una buona causa per: a) impossessarsi dei beni a basso costo; b) opportunit di investimento dei capitali in territori nei quali era possibile avviare attivit ad alto profitto. Tirando le somme, facile comprendere quale fosse latteggiamento assunto da Germania, Inghilterra e Francia in questo trentennio di storia di esasperato imperialismo, un atteggiamento di fanatico eurocentrismo. Nella prima met del XIX secolo tutto lasciava pensare che il colonialismo fosse ormai tramontato: Le colonie inglesi del Nord America erano diventate indipendenti e avevano costituito gli Stati Uniti; Le colonie spagnole e portoghesi dellAmerica centro -meridionale avevano ottenuto anchesse lindipendenza; Le poche colonie rimaste allEuropa in Asia, in Africa o nelle isole dellAmerica centrale sembravano poco interessanti dal punto di vista economico con la sola eccezione dellIndia, saldamente dominata dalla Gran Bretagna. Nel corso del secolo, per, la popolazione europea era aumentata e, dal 1860, grandi masse di tutte le nazioni, non trovando lavoro in patria cominciarono a prendere la via dellemigrazione e a inserirsi non solo nelle due Americhe, ma anche in Asia e in Africa. Finanzieri e banchieri, a loro volta, guardandosi attorno per cercare nuovi investimenti, collocarono grandi quantit di denaro nelle miniere e nelle piantagioni di altri continenti; di conseguenza, vollero difendere i loro capitali e sorvegliare da vicino i paesi in cui li avevano impegnati. LEuropa, inoltre, padroneggiava i mezzi di comunicazione intercontinentali, ma le sue navi avevano bisogno di scali sicuri per approvvigionarsi di carbone durante le sue traversate. Contemporaneamente gli imprenditori volevano allargare i propri mercati e avere serbatoi di materie prime di cui lEuropa era priva, come, per esempio, il petrolio e il caucci. Le classi dirigenti dellOttocento tradussero tutte queste necessit in Imperialismo, cio in una nuova forma di colonialismo che, per la prima volta, mir sia al totale sfruttamento economico dei paesi colonizzati sia al loro controllo territoriale. Si concretizz attraverso: La conquista militare di vaste zone per prenderne il controllo ed assicurare la pace tra le popolazioni locali Il controllo politico delle nuove colonie attraverso funzionari europei Lo sfruttamento economico con lo scopo di commercializzare le materie prime e di rivenderne i prodotti finiti in Europa. Limperialismo port comunque diversi vantaggi ai popoli colonizzati. Una parte di essi ebbe modo di imparare nuove tecnologie a discapito delle loro antiquate tecniche di lavorazione tradizionale. Nelle colonie le leggi diventarono di tipo europeo, seppur con qualche modifica, non cera sicuramente lo stesso trattamento tra un europeo e un africano o un asiatico. La concorrenza per il rafforzamento della propria potenza cre in Europa molte rivalit. Per questo nel novembre del 1884 Bismarck, allora cancelliere dellImpero tedesco, convoc a Berlino una grande Conferenza, in cui si stabilirono i criteri di base ai quali le potenze Europee si sarebbero suddivisi

le colonie; nel documento conclusivo si affermava che ciascuno stato si sarebbe potuto impadronire di territori africani e asiatici, a condizione che avesse avvisato le altre potenze, le quali avrebbero potuto far valere i propri reclami. La missione civilizzatrice Le ragioni economiche comparvero raramente nei discorsi e nelle prese di posizione di quegli uomini politici, di quegli intellettuali e di quegli imprenditori che furono fautori dellespansionismo coloniale. Tra le motivazioni pi comuni addotte presso lopinione pubblica a sostegno dellimperialismo, un ruolo centrale assunse lideologia della missione civilizzatrice che competeva alle nazioni sviluppate e di razza bianca nei confronti dei cosiddetti selvaggi. La divulgazione di questi valori vide lintervento di numerosi intellettuali, che, attraverso opere letterarie di vario genere, diffusero lidea che allEuropa fosse assegnato il compito storico di civilizzare i nuovi barbari dellAsia e dellAfrica. Questidea trovava giustificazioni non nella religione cristiana, come era accaduto quattro secoli prima per la conquista ispanica delle Americhe, quanto piuttosto nel benessere e nel progresso civile procurati dallo sviluppo economico di cui avevano goduto i paesi industriali. Lo scrittore inglese Rudyard Kipling (1865-1936), autore di romanzi come Il libro della giungla (1894) o Kim (1901), costitu il prototipo di questo intellettuale militante. Egli era convinto che la storia avesse affidato allInghilterra la missione di espandersi, di conquistare nuove terre e altri popoli, in virt della sua superiorit - culturale e razziale - sulle altre nazioni. Inoltre egli espresse la convinzione, largamente condivisa, che limpero conquistatore delle colonie realizzasse un ideale morale e un compito formativo; vide nel colonizzatore non leroe isolato, ma il membro integrato di una comunit che si muoveva compatta a procurare lavoro, a portare benessere, a costruire strade, ponti, officine, inducendo in questo modo sentimenti probi e virtuosi l dove arrivava. Un esempio significativo di questa ideologia la poesia The white mans burden (Il fardello delluomo bianco), scritta nel 1899 in occasione della guerra ispano-americana e delloccupazione delle Filippine da parte degli Stati Uniti. Se lespressione fardello delluomo bianco con il passare del tempo divenne celebre, indicativa per antonomasia della convinzione che limperialismo portasse la civilt ai popoli non civilizzati, la lettura di questa poesia ne spiega bene la ragione, offrendo limmagine che d del colonizzatore bianco come di un benefattore dellumanit, carico di responsabilit storiche, generoso distributore delle acquisizioni della sua patria, e ripagato per contro con la moneta dellingratitudine e della ribellione che egli stoicamente deve accettare come mali necessari. Tutto il discorso svolto nella poesia si rivolge agli americani, colonizzatori recenti, ai quali lesperienza inglese pu insegnare a non scoraggiarsi per le difficolt e gli scarsi riconoscimenti che la loro opera incontra. Rudyard Kipling - Il fardello delluomo bianco Raccogli il fardello dellUomo Bianco Disperdi il fiore della tua progenie

Obbliga i tuoi figli allesilio Per servire le necessit dei tuoi prigionieri; Per vegliare pesantemente bardati Su gente inquieta e selvaggia Popoli da poco sottomessi, riottosi, Met demoni e met bambini. Raccogli il fardello dellUomo Bianco Nella capacit di attendere, Di non ostentare la minaccia del terrore E di reprimere lorgoglio; Per dirla apertamente, Cento occasioni lo hanno dimostrato Di perseguire laltrui profitto, E lavorare per laltrui guadagno. Raccogli il fardello dellUomo Bianco Le guerre feroci del tempo di pace Riempi la bocca degli affamati E prometti la fine delle malattie; E quando il tuo traguardo pi vicino Il fine per altri cercato, Osserva la Pigrizia e la Follia pagana Annientare la tua speranza. Raccogli il fardello dellUomo Bianco Nessuna vistosa autorit regale, Ma lavoro di servo e di spazzino Il racconto di cose banali. I porti in cui non entrerai Le strade che non percorrerai Le costruirai con la tua vita, E le contrassegnerai con la tua morte. Raccogli il fardello dellUomo Bianco E ricevi la sua antica ricompensa: Il biasimo di coloro che fai progredire, Lodio di coloro su cui vigili Il pianto delle moltitudini che indirizzi (Ah, lentamente?) verso la luce: Perch ci hai strappato alla schiavit, La nostra dolce notte Egiziana? Raccogli il fardello dellUomo Bianco Non osare piegarti a meno E non invocare troppo forte la Libert Per nascondere la tua prostrazione; Per quanto tu gridi o sussurri Per quanto tu faccia a meno, I popoli silenziosi, astiosi Soppeseranno te e i tuoi Dei. Raccogli il fardello dellUomo Bianco Avere avuto a che fare con giorni immaturi Lalloro offerto alla leggera,

Il facile premio, concesso di buon grado. Viene ora, per trovare la tua essenza umana Attraverso tutti gli anni ingrati, Rigidamente delimitati da una saggezza acquistata a caro prezzo, Il giudizio dei tuoi pari? (in Rudyard Kiplings Verse. Definitive Edition, Hodder and Stoughton, 1966)

Il darwinismo sociale Lidea ottocentesca di evoluzionismo rispecchia perfettamente lideologia imperialista di quel secolo. La selezione naturale di Darwin diventa la battle of life, rispecchiando perfettamente didea individualista e borghese del pi forte che ha la meglio sul pi debole. Un principio giusto diventa nelle mani dei padroni una strumento di sopraffazione. La scienza attraverso questo principio pu giustificare il colonialismo, la schiavit, lo sfruttamento della classe operaia. Mai nella storia delluomo la scienza ed il razzismo sono stati cos vicini come nel darwinismo sociale. Levoluzionismo risultato essere pi complesso della visione che si aveva due secoli fa. Lintervento della natura nel processo evolutivo molteplice, esistono almeno altri cinque tipi diversi di azioni che intervengono su aspetti diversi della vita quotidiana. Oltre alla competizione tra il cacciatore e la preda tanto cara ai darwinisti sociali, vi sono: lazione esercitata dal clima, le mutazioni casuali, la selezione sessuale, la selezione alimentare ed il lavoro. Ma in quegli anni in cui la logica di spartizione del mondo partoriva il colonialismo che riduceva milioni di uomini alla schiavit, era logico che soltanto un aspetto venisse messo in risalto. Fortunatamente, lassurdit di queste teorie malsane sono venute alla luce ed il darwinismo sociale diventato materiale per i libri di storia. I pregiudizi arrivano lontano nel tempo, per questi uomini le dimensioni del cervello umano sarebbero rimaste invariate fin dalla nascita dei primi uomini. Questo ebbe una prima conferma anche dal ritrovamento di Pitdown che successivamente si dimostr essere un clamoroso falso. I primi antenati delluomo era nati in Africa ed avevano un cervello grande la met di un cervello umano. Lazione costante dellevoluzione ed il cambiamento radicale delle abitudini avevano portato nellarco di alcuni milioni di anni alla formazione di un cervello pi grande e pi complesso. Ma questo labbiamo gi visto! I pregiudizi a tale riguardo rimasero per molto anni e spesso eminenti scienziati vi diedero credito. Si pens a tale proposito di misurare i cervelli di uomini prestigiosi nella speranza di trovare delle differenze significative in termini di volume rispetto alla media della popolazione. Molti uomini di scienza allinizio del secolo donarono il loro cervello dopo il loro decesso, ma il loro sacrificio di rivel inutile. Infatti molti di questi, tra cui il matematico Karl Fridrich Gauss, avevano un cervello normale, alcuni addirittura di dimensioni minori. Ma alla pessima figura si aggiunse anche la beffa. Alcuni criminali omicidi avevano un cervello comparabile per dimensione a quello degli eminenti personaggi analizzati. Anzi, alcuni erano addirittura pi grandi come lassassino Le Pelley che aveva un cervello di 1.809 grammi comparabile a quello di Cuvier di 1.830 grammi. Con la fine ingloriosa di questa teoria non finirono i pregiudizi. Perch nel 1870 Cesare

Lombroso si invent la teoria delluomo delinquente dando cos origine allantropologia criminale. In questa teoria criminali, selvaggi e sci mmie condividevano una natura selvaggia e violenta. Ed in particolare nei criminali si potevano scorgere dei tratti fisiologici caratteristici. La conclusione questi uomini alla loro nascita sono gi condannati ad un futuro violento, sono regressioni evolutive e come tali possiedono i germi di un passato ancestrale addormentati nella loro eredit. Ma come dice S. J. Gould la natura scimmiesca fisica pu spiegare il comportamento barbaro di un uomo soltanto se le inclinazione naturali dei selvaggi e degli animali inferiori sono criminali. La vita selvaggia sicuramente diversa dalla vita di noi occidentali racchiusi allinterno di quattro solide mura di cemento armato. La violenza e morte sono elementi caratteristici di queste associazioni di uomini e di animali, non per questo si pu parlare di criminalit. Si dimostrarono tali i bianchi che approdarono sulle coste africane, americane o asiatiche. Sicuramente non i selvaggi o tanto meno gli altri primati. Ma la scienza, quando maligna, vede soltanto alcuni aspetti trascurandone altri. Grazie al suo contributo, fu facile dimostrare che gli le scimmie o i selvaggi erano pericolosi per il progresso umano e che quindi andavano cacciati (nel senso letterale della parola). Gli eserciti ebbero mano libera ed il risultato lo conosciamo! I pregiudizi in questo secolo di sviluppo non risparmiarono i proletari. La borghesia aveva bisogno di avere le mani libere, non soltanto in paesi lontani ma anche in casa propria. Fu cos che anche i salariati vennero marchiati dallinfamia dellevoluzionismo malsano. Secondo cui, questi ultimi erano diventati poveri e miserevoli perch avevano perso la competizione sociale. Il loro sacrificio era giustificabile. i poveri e le vittime erano i deboli; e la loro eutanasia era il modo scelto dalla natura per migliorare la specie. (J. K. Galbraith, storia delleconomia. Passato e presente). lautore di queste perle di saggezza fu Herbert Spencer, che contribu in questo modo alla formazione di una nuova disciplina, la sociologia. Vediamo nel dettaglio il suo contributo: mi limito semplicemente ad applicare le teorie di Darwin alla razza umanasolo coloro che riescono ad andare avanti, alla fine riescono a sopravviverecoloro devono essere gli eletti della loro generazione. (i borghesi, nda). in parte eliminando quelli di sviluppo inferiore, in parte assoggettando coloro che rimangono allincessante disciplina dellesperienza, la natura garantisce la crescita di una razza che sapr nello stesso tempo capire le condizioni dellesistenza e sar capace di intervenire su di e sse. impossibile sospendere, sia pure di una minima frazione, questa regola. H. Spencer non parlava tedesco e non era vissuto nella Germania nazista. Era un rispettabile gentleman inglese! Come tale a contribuito allo sviluppo del capitalismo nel suo paese. Le radici del razzismo attecchiscono ovunque vi sia da giustificare una logica predatoria di spartizione. Anche le democrazie liberali hanno dato il loro contributo di morte. Nonostante tutto, queste idee sono lontane dallessere dimenticate, anche dopo le barbarie imperialiste del ventesimo secolo. La schiavit, lo sfruttamento della classe operai, il razzismo esistono ancora! Ne sono testimoni i 27 milioni di schiavi moderni o i 100 150 mila schiavi contadini che vivono segregati in veri e propri campi di lavoro negli Stati Uniti dAmerica (fonte National Geographic). Ma la schiavit non affatto unistituzione esclusivamente agricola come dice J. K. Galbraith,

anche lindustria si servita di questa forma di sfruttamento per il proprio sviluppo. I primi a utilizzare schiavi negli opifici furono i romani e gli arabi. Nel medioevo divent una pratica consolidata da parte dei feudatari di utilizzare i contadini allinterno delle manifatture situate nei propri feudi. I contadini oltre a lavorare nei campi impiegavano il loro tempo libero per prestare servizio di corvees allinterno di queste fabbriche. Oggi la schiavit esiste ancora, i nuovi schiavi hanno la pelle scura e gli occhi a mandorla. Lo sviluppo dellAsia passa per sentieri gi praticati dagli europei e dagli americani. Questo il moderno contributo che il darvinismo sociale ancora oggi riesce a dare! Conseguenze dellimperialismo Conseguenze economiche Dal punto di vista economico, lesperienza coloniale ebbe effetti positivi sui paesi che ne furono investiti, portando ad un miglioramento dellapparato produttivo, grazie allinserimento delle nuove tecnologie europee anche i popoli colonizzati poterono giovarne dei benefici, in molte colonie le popolazioni locali impiegate nelle attivit di produzione venivano anche pagati in modo tale da poter far circolare la moneta ed agevolare gli scambi. Furono create economie orientate essenzialmente allesportazione e alle monocolture, in molti casi per la colonia era precedentemente orientata verso un mercato interno anche se la produzione era decisamente inferiore e quindi si ebbe una sorta di shock iniziale che fu comunque assorbito nel tempo. Fu messo in moto un processo di sviluppo, ma in funzione degli interessi europei, i quali del resto si appropriarono sistematicamente di gran parte dei ricavi economici dei paesi colonizzati.

Conseguenze culturali Leffetto dellimperialismo sulle culture dei paesi colonizzati fu alquanto rilevante. I sistemi culturali che avevano una pi solida tradizione e che erano legati a strutture politico-sociali organizzate bench molto primitivi, come nei paesi dellAsia e del Nord Africa si difesero meglio nonostante alla fine furono soppiantati da sistemi democratici basati su modelli europei. Ben diverso fu il caso dellAfrica pi arcaica, animista e pagana. Qui furono infatti alterati alle fondamenta gli equilibri delle trib e dei villaggi, mentre interi sistemi di vita, di riti e di valori entrarono rapidamente in crisi, la stessa lite di persone che avevano potuto studiare nelle scuole dEuropa che nella seconda met del 900 si trovarono ad amministrare le nuove nazioni indipendenti capirono che i sistemi di governo che sostenevano lEuropa erano giusti e democratici. Essi tuttavia travisarono questi ideali di democrazia e giustizia favorendo nellera post-coloniale la formazione di dittature proprio sfruttando il fatto di essere stati istruiti in Europa ed aver quindi appreso pregi e difetti degli europei anche nel modo di governare. Le popolazioni locali videro quindi il dominio delle lite europeizzate sostituirsi al

dominio diretto degli europei in moltissimi casi questo cambiamento port ad orrendi massacri, deportazioni e persecuzioni delle popolazioni locali da parte proprio degli stessi abitanti i quali per mantenere il potere ereditato dagli europei fecero di tutto.

Conseguenze politiche Sul piano politico lespansione coloniale fin per favorire la formazione o il risveglio di nazionalismi locali, ad opera soprattutto dei nuovi quadri dirigenti, che si formarono nelle scuole europee e vi assorbirono gli ideali democratici e i principi di nazionalit. LEuropa si trov ad esportare quello che meno avrebbe desiderato: il bisogno di autogovernarsi e di decidere del proprio destino. I nuovi governanti che si trovarono ad amministrare le nazioni indipendenti nellera postcoloniale travisarono completamente gli ideali di democrazia e giustizia acquisiti studiando in Europa. Essi sedotti dal potere grazie alla loro istruzione poterono soggiogare in breve tempo le popolazioni locali formando delle dittature anche comuniste che tutto erano fuorch democratiche. I principi egualitari di cui tanto lEuropa si vantava non furono assorbiti o meglio le nuove lite di governanti capirono come sfruttare a loro favore gli strumenti appresi in Europa nonostante durante le guerre per lindipendenza spesso si nascondevano dietro la bandiera delloppressione europea e dellantidemocraticit, bandiera che non tard ad essere eliminata una volta che lindipendenza veniva raggiunta. Il dibattito storiografico sullImperialismo Le prime teorie Al primo ventennio del Novecento appartengono le pi importanti elaborazioni teoriche dellimperialismo. Esse presero lavvio, per procedere poi in diverse direzioni, dallanalisi dei mutamenti intervenuti nelleconomia dei paesi capitalistici nel passaggio dalla stagione del capitalismo liberoscambista a quella del protezionismo, dei monopoli e del capitale finanziario. Il britannico J.A. Hobson (Limperialismo, 1902, ed. it. 1964) interpret il fenomeno come lesito politico di un eccesso di risparmio prodotto in una fase alta del ciclo economico internazionale, a cui non corrisponde un adeguato prelievo fiscale da parte dello stato n unadeguata redistribuzione, attraverso i salari, della ricchezza prodotta tale da stimolare i consumi e da incentivare gli investimenti produttivi sul territorio nazionale. Mancando tali opportunit, leccedenza di risparmio viene pilotata dai governi verso obiettivi esterni di conquista e di dominio. Poco pi tardi il socialdemocratico austriaco R. Hilferding (Il capitale finanziario, 1910, ed. it. 1961) elabor la classica teoria dellimperialismo fondata sul patto stipulato fra sistema industriale e sistema bancario con lavallo politico dei governi per far fronte al colossale fabbisogno di capitali dinvestimento negli anni della secon-da rivoluzione industriale. Tale patto, salvo poche eccezioni, si traduce nelladozione di politiche protezionistiche nei confronti dei prodotti nazionali: premesse indispensabili sia allespansione economico-finanziaria sia a quella politico-militare che costituiscono i due

aspetti fondamentali, anche se non sempre compresenti, del fenomeno imperialista. Le teorie marxiste Dopo Hilferding acquistarono rilievo in campo marxista le interpretazioni di R. Luxemburg (Laccumulazione del capitale, 1913, ed. it. 1946), che parte come Hobson dallanalisi del sottoconsumo in cui mantenuta la classe operaia e che consente unaccumulazione di capitale disponibile per iniziative imperialistiche anche nella fase del capitalismo liberista, e di N.I. Bucharin (Leconomia mondiale e limperialismo, 1915, ed. it. 1966). Ma in questarea politica lopera pi famosa quella di N. Lenin (Limperialismo fase suprema del capitalismo, 1917, ed. it. 1921) che trasse spunti importanti da Hobson e da Hilferding. Il saggio fu scritto nel corso del primo conflitto mondiale, guerra imperialista per eccellenza secondo il rivoluzionario russo, in quanto finalizzata alla spartizione del mondo, delle colonie, delle sfere di influenza del capitale finanziario. Lenin vi scorge il culmine di quella fase che prepara la crisi finale del capitalismo. Al centro del processo analizzato vi lespansione internazionale del capitale monopolistico che tende a un controllo politico ed economico di entit sociali e territoriali pi arretrate, senza necessariamente ricorrere al dominio diretto proprio del colonialismo ottocentesco. Ci costituisce la maggiore novit dellanalisi leniniana e la ragione della sua fortuna nel corso del Novecento. Lelaborazione nellambito del pensiero marxista venne proseguita prima dal britannico M. Dobb (Limperialismo, 1937) poi dagli statunitensi P.A. Baran e P.M. Sweezy (Il capitale monopolistico, 1966, ed. it. 1968), che si spinsero oltre lanalisi leninista alla luce dellinedito rapporto causale tra sviluppo e sottosviluppo nel mondo, per cui lo sviluppo dei paesi avanzati reso possibile dallaccentuato sfruttamento del sottosviluppo nei paesi poveri. Le interpretazioni socialdemocratica e liberale Dalle analisi di Hobson e di Hilferding si dipart anche un filone interpretativo socialdemocratico, distinto dalle tesi dei pensatori marxisti (da quelle di Lenin in particolare), che ebbe una sua prima, organica formulazione negli scritti di K. Kautsky, leader dei socialisti tedeschi della seconda Internazionale. Questo filone si fonda sul rifiuto della concezione dellimperialismo come conseguenza o degenerazione necessaria del capitalismo e sul convincimento che possibile sconfiggerlo attraverso politiche di riforme e di democratizzazione interna agli stati. Nellarea del pensiero liberale lanalisi pi nota quella delleconomista austriaco J.A. Schumpeter (Sociologia dellimperialismo, 1919, ed. it. 1972). Contrariament a Lenin essa considera limperialismo non come la manifestazione dellimminente crisi del capitalismo, bens come leredit di una societ militarista d ancien rgime, che pu essere sconfitta e superata dallavanzata e dalla piena affermazione del capitalismo inteso come sistema economico-politico razionale e razionalizzante. Fra politica e storiografia Dal punto di vista delle elaborazioni storiografiche dellimperialismo possibile rilevare in sintesi una prima fase nella quale storiografia e politica furono fortemente intrecciate: il caso della storiografia dellItalia fascist a e

della Germania fra le due guerre, ispirata alla revisione del trattato di pace di Versailles e diffusamente orientata contro limperialismo britannico o francese. A essa segu una stagione di maggior rigore storiografico nella quale videro la luce opere tese a studiare il fenomeno come una fase dellespansionismo europeo, ma anche altre che, uscendo da una prospettiva strettamente eurocentrica, dedicarono particolare attenzione ai paesi asiatici e africani, analizzando cio le strategie dellimperialismo alla luce dei paesi dominati e non solo di quella delle metropoli imperialiste. Limperialismo statunitense Nel dibattito storiografico sullargomento, avviatosi negli Stati uniti nel primo dopoguerra, il termine imperialismo generalmente riferito alla fase di interventismo statunitense negli anni di passaggio dal XIX al XX secolo, mentre per la seconda met del Novecento per lo pi utilizzato il concetto di egemonia americana. Le prime ricostruzioni furono fortemente negative e condannarono la guerra ispano-americana e in particolare la conquista delle Filippine come estranea ai valori democratici della nazione (C.A. Bird, The Idea of National Interest, 1934) o quantomeno come gesto di inutile e sbagliata aggressivit (S.F. Bemis, Diplomatic History of the United States, 1936, e J.W. Pratt, Expansionists of 1898, 1936). Queste interpretazioni tesero a evidenziare e criticare in particolare i fattori ideologici e culturali interni che spinsero allespansione di fine Ottocento: gli influssi del darwinismo sociale e dello spirito missionario protestante, le pressioni sciovinistiche esercitate sullopinione pubblica, e attraverso di essa sul mondo politico, dalla nuova stampa popolare. Pi radicali furono le successive elaborazioni degli storici revisionisti come W. La Feber (The New Empire, 1963), W.A. Williams (The Roots of the American Empire, 1969), ma anche di studiosi dimpronta realista come R.W. van Alstyne (The Rising American Empire, 1960), che videro un carattere intrinsecamente imperialista nellintera espansione del paese verso lovest fin dai tempi delle tredici colonie originarie, con lespulsione delle popolazioni autoctone e la sostituzione alla dominazione messicana lungo lintero corso del XIX secolo. La politica dellimperialismo statunitense di fine secolo consi-derata allinterno di questa sostanziale continuit e la sua particolare aggressivit viene addebitata alle incertezze economiche dopo la depressione del 1893 e alla convinzione di importanti settori imprenditoriali che fosse necessario proiettarsi verso i mercati internazionali (politica della porta aperta). Gli storici infine che accettarono limperialismo statunitense di fine secolo in nome del realismo politico nellagone tra le potenze, pur discostandosi dalle precedenti interpretazioni sottolinearono comunque anchessi latipicit di quella stagione

Limperialismo nella pittura di Paul Gauguin Il fenomeno dellImperialismo, data la sua portata, influenza anche talune produzioni artistiche; il caso del pittore Paul Gauguin. Allepoca dellEsposizione universale del 1889, lartista non contrario allespansionismo della Francia, anzi, a differenza di Pissarro, guarda con interesse alle colonie francesi, che gli paiono luoghi dalla vita facile, attraenti

per la spontaneit dellesistenza, dalle nuove e imprevedibili espressioni culturali. Ci che depreca del colonialismo , innanzi tutto, il coartante tentativo della Chiesa di imporre il Cristianesimo con linfondere concetti totalmente estranei al mondo esotico, quale quello del peccato originale; il risultato di tali imposizioni, infatti, si traduce spesso in unadesione formale a riti e manifestazioni cultuali sovrapposte a superstizioni e tradizioni locali. Sono queste ultime che Paul Gauguin impara a conoscere e ad apprezzare. Nei suoi dipinti a tema religioso appare questa mescolanza di indigeno e occidentale, come nel quadro La nascita di Cristo. In altre tele, invece, d immagine a concetti estranei al mondo esotico, ad esempio lidea di peccato legato alla sfera dellaffettivit: ad esempio nel quadro Come, sei gelosa? Il suo apprezzamento che da ultimo diviene condivisione, del modo di vivere degli indigeni, lo induce a entrare in conflitto con le autorit religiose, civili e con gli stessi coloni. Ad Atuana, nelle isole Marchesi, dove giunge nel 1901, si oppone al vescovo Martin, dal quale tutto lo divide: dalla concezione della morale al modo di educare i bambini. E lamministratore delle colonie, scrive in un suo rapporto: Un pittore impressionista, il signor Gauguin [ ] ha subito cominciato a scardinare dalle menti degli indigeni, ogni idea di autorit costituita spingendoli a non pagare le imposte e a non mandare pi i bambini a scuola. Non appena Gauguin muore, nel 1903, i suoi dipinti pi profani vengono distrutti e per lui vengono stabiliti funerali religiosi. Limperialismo oggi: imperialismo e globalizzazione Grazie allImperialismo il mondo si divise in quella che ancora oggi la grande spaccatura del pianeta, tra nazioni ricche e nazioni povere. Ma dato che lImperialismo si considera formalmente concluso da tempo, non si spiega lodierna presenza del terzo mondo e lincapacit di tali popoli di costruire uneconomia propria. La verit che lImperialismo non mai finito: chi dirige landamento economico delle nostre societ lo ha semplicemente camuffato, allo scopo di mantenere la comune convinzione di essere nazioni giuste ed umanitarie. La politica imperialista si evoluta ed affinata trasformandosi nella globalizzazione. Non infatti un caso che i Paesi industrializzati siano gli stessi in cui ebbe inizio e progred la Rivoluzione industriale, resa possibile dallo sfruttamento delle colonie che possedevano, che analogamente costituiscono la maggioranza delle attuali nazioni del terzo mondo, utili fonti da cui provenivano le materie prime utilizzate dalle fabbriche occidentali. Bisogna, per, ricordare che la Rivoluzione industriale non fu soltanto progresso e tecnologia e non arrec danno solo alle colonie sottomesse, in quanto anche nei Paesi industrializzati ci fu chi ne pag le conseguenze. Inizialmente non esistevano leggi regolatrici che controllassero lo strapotere degli industriali sugli operai, di conseguenza i lavoratori erano spesso costretti a lavorare in condizioni disumane con dei ritmi alienanti, ricevendo un bassissimo salario. Grazie alle lotte dei lavoratori, avvenute nel corso della storia, la situazione cambi e le condizioni dei lavoratori migliorarono, fino ad arrivare ad oggi, dove, in quasi tutti i Paesi industrializzati, esistono delle costituzioni o degli statuti che tutelano i diritti delle fasce pi deboli della societ. Purtroppo, per, lo sfruttamento non finito, ma si semplicemente allontanato troppo da noi

per essere percepito: lImperialismo non terminato, ma si semplicemente trasformato nella globalizzazione. Questo termine indica un meccanismo economico che prevede lapertura di iniziative private (imprese) in ogni parte del mondo, per poi distribuire il prodotto su scala internazionale. Lassenza di leggi che controllino lo strapotere degli industriali fanno del terzo mondo un paradiso per i grandi imprenditori occidentali, favoriti enormemente dai seguenti fattori: - materie prime e fattori produttivi comprati a prezzi nettamente inferiori; - spese salariali ridotte al minimo; - mancanza di leggi che tutelino i lavoratori (uomini, donne e bambini), col conseguente sfruttamento di questi ultimi; - vendita dei prodotti a prezzi concorrenziali. Come se non bastasse, una volta che il prodotto fabbricato nei Paesi sottosviluppati stato venduto su scala internazionale, i capitali creati vengono in parte reinvestiti nel ciclo produttivo, ma la restante parte, che costituisce il profitto dellimprenditore, destinata a soddisfare i bisogni di questultimo e ci avverr mettendo in circolazione il profitto nei Paesi industrializzati, costituendo un danno ulteriore per i Paesi del Terzo mondo, dove avvenuta la produzione, che non potranno cos godere di alcun beneficio dovuto alla ricchezza prodotta. In definitiva i Paesi sviluppati saranno sempre pi ricchi e i Paesi sottosviluppati sempre pi poveri. Lavidit dei Romani giunta fino ai giorni nostri, in un mondo dove ancora una volta i ricchi vivono e sperperano nel lusso, sulle spalle dei poveri. Unalternativa a questo sistema di sfruttamento esiste, ma diventa indispensabile limpegno di ciascuno di noi affinch tutto questo un giorno possa cessare.

CREDITS Questo testo stato realizzato allinterno del corso DOL, a.a. 2012/2013 ed ha puro scopo di esercitazione. La sua realizzazione stata effettuata attraverso lutilizzo delle seguenti pagine Web: http://it.wikipedia.org/wiki/Imperialismo; http://www.pbmstoria.it/unita/04474n-01cs2/percorsi/txt/1014.php; http://digilander.libero.it/ponticellig/_SCIENZA/07a%20Il%20darwinismo%20sociale.htm; http://www.pbmstoria.it/dizionari/storiografia/lemmi/206.htm; http://www.carloporta.it/cultura/didattica/decadentismo/arte/gauguin.htm

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