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Giornale di filosofia

Filosofia Italiana

La volont collettiva nazionale-popolare: Rousseau, Hegel e Gramsci a confronto1

di Manuela Ausilio

Sommario: Ben poco s indagato in ambito filosofico sulla continuit della riflessione politica di Rousseau e Gramsci e solo nell'ultimo decennio s' aperta la riflessione in merito in America Latina. Se certamente evidente la ricezione gramsciana della riflessione idealista e hegeliana in particolare pi volte da Gramsci esplicitamente testimoniata , non altrettanto lo la ricezione dei contribuiti del pensatore ginevrino, riscontrabili quasi unicamente in relazione agli scritti, per dir cos, "pedagogici" di Gramsci. Tuttavia tale mancata evidenza della presenza di Rousseau nella lettera dei testi gramsciani non esclude affatto una riflessione sulla ricezione dello spirito della filosofia rousseauiana, tanto pi se consideriamo come sia ben presente nella filosofia hegeliana stessa la valorizzazione e rielaborazione del pensiero politico di Rousseau ed in particolare del concetto di volont gnrale.

Giornaledifilosofia.net / Filosofiaitaliana.it - ISSN 1827-5834 Dicembre 2007


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Intervento tenuto in occasione del Convegno su Antonio Gramsci, un sardo nel mondo grande e terribile (CagliariGhilarza-Ales, 3-6 maggio 2007).

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La volont collettiva nazionale-popolare: Rousseau, Hegel e Gramsci a confronto


di Manuela Ausilio

Ma unassociazione normale concepisce se stessa come aristocrazia, una lite, unavanguardia, cio concepisce se stessa come legata da milioni di fili a un dato raggruppamento sociale e per il suo tramite a tutta lumanit. Pertanto questa associazione non si pone come un qualche cosa di definitivo e di irrigidito, ma come tendente ad allargarsi a tutto un raggruppamento sociale, che anchesso concepito come tendente a unificare tutta lumanit (A. Gramsci, Quaderni del carcere)2

A partire dal rifiuto d'ogni visione meccanicistica del rapporto fra struttura economica e sovrastruttura politico-ideologica3, Gramsci configura il comunismo quale societ regolata. Per comprendere tale definizione e le sue radici teoriche che individueremo nel concetto gramsciano di volont collettiva nazionale-popolare richiameremo brevemente l'attenzione sul concetto di volont gnrale sistematizzato nella riflessione politica di uno dei pi significativi pensatori della tradizione politica moderna: Jean-Jacques Rousseau. Non v' dubbio che ben poco s indagato in ambito filosofico sulla continuit della riflessione politica di Rousseau e Gramsci e solo nell'ultimo decennio s' aperta la riflessione in merito in America Latina. Se certamente evidente la ricezione gramsciana della riflessione idealista e hegeliana in particolare pi volte da Gramsci esplicitamente testimoniata , non altrettanto lo la ricezione dei contribuiti del pensatore ginevrino, riscontrabili quasi unicamente in relazione agli scritti, per dir cos, "pedagogici" di Gramsci. Tuttavia tale mancata evidenza della presenza di Rousseau nella lettera dei testi gramsciani non esclude affatto una riflessione sulla ricezione dello spirito della filosofia rousseauiana, tanto pi se consideriamo come sia ben presente nella filosofia hegeliana stessa la valorizzazione e rielaborazione del pensiero politico di Rousseau ed in particolare del concetto di volont gnrale. Nonostante aspre critiche, Hegel interiorizza numerosi motivi del pensiero politico del ginevrino. 1) Per un verso difatti, Rousseau parrebbe rientrare a pieno titolo nella tradizione contrattualista, legando il proprio nome al principio della volont soggettiva. Rousseau - sostiene Hegel -, ha colto la volont soltanto nella forma determinata della volont singolare e perci ha poi inteso (fraintendendola) la dimensione universale della volont sovrana. Egli infatti la ha ritenuta non come il razionale in s e per s della volont, ma solo come ci che comune, come il risultato cosciente dellincontro fra le volont
Gramsci, Q 6, 79, p. 750. Il riferimento delle citazioni ad Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica a cura di Valentino Gerratana, Torino, Einaudi, 1975. D'ora in poi indicheremo numero, paragrafo e pagina del Quaderno da cui si cita preceduti dalla lettera Q; [c.m] sta per [corsivo mio]. 3 Per unanalisi della problematica tesi dell"estinzione dello Stato" nel pensiero marxiano, intesa quale fase in cui dileguerebbero gli antagonismi di classe e verrebbe negata qualsivoglia autonomia al allelemento politico-giuridico di contro a quello economico, cfr. Domenico Losurdo, Antonio Gramsci dal liberalismo al comunismo critico, pp. 181205.
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Manuela Ausilio Rousseau, Hegel e Gramsci a confronto

dei singoli4. Ma risultato di ci che lunione degli individui nello stato diviene un contratto, il quale ha quindi per base il loro arbitrio5. 2) In realt Hegel rileva in seconda battuta come fu lo stesso Rousseau a dissolvere dallinterno, pi o meno consapevolmente, lidea secondo cui la collettivit risulterebbe da una mera sommatoria dinteressi individuali e dunque lo stesso paradigma contrattualista. Per un verso, infatti, Rousseau riconosce nel comune la nascita della societ moderna come il divaricarsi fra base materiale del lavoro salariato e forme del riconoscimento giuridico (non v passaggio immediato fra individuo e Stato cos come non v fra singoli governati, in balia di interessi parziali e dellindividualismo proprietario, e volont gnrale)6. Tuttavia tale passaggio, mediato fenomenicamente da un lungo e doloroso processo storico, in ultimo essenzialmente si rivela atto pratico di ragione collettiva al di l di interessi empirici. Per dirla con Rousseau: Subito al posto della persona singola di ogni contraente, quest'atto di associazione crea un corpo morale e collettivo, [...] che riceve da quest'atto stesso la sua unit, il suo io comune, la sua vita e la sua volont7, parrebbe quasi in senso trascendentale. Sorprende non poco l'assonanza semantica e concettuale con le affermazioni di Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere in merito allo stato etico o di cultura. Se per un verso Gramsci pi volte riconosce esplicitamente il proprio debito nei confronti di Hegel in merito8, per l'altro diversamente dalla concezione hegeliana propria di un periodo in cui lo sviluppo in estensione della borghesia poteva apparire illimitato9 e dunque leticit o universalit di essa poteva essere affermata nei termini: tutto il genere umano sar borghese - Gramsci sostiene che unicamente a seguito del superamento della partizione in classi sar possibile realizzare uno Stato compiutamente etico, corrispondente allinveramento-superamento del suo concetto in un organismo sociale unitario tecnico-morale10. In entrambi i pensatori vediamo delinearsi il dramma di unidea della politica che non rinuncia alla ricerca di forme adeguate della vita comune e che in entrambi i casi si consuma dinanzi allimmagine di secoli segnati da violenze ed iniquit enormi e dallinadeguatezza evidente dei rappresentanti della "ragione pubblica" a governare tali sconvolgimenti. In tal senso nella riflessione politica di Rousseau, come in quella gramsciana, si manifesta il proposito e lesigenza daffermare le ragioni della generalit: in entrambi i casi si evidenzia una profonda fiducia nellaffidare in ultimo alla politica il compito di superare una nature des choses, il cui andamento indifferentemente armonico veniva invece colto nella sua dolorosa interruzione: ci ad opera duna societ umana che disumanizzava se
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, tr. it. a cura di G. Marini, Laterza, Roma-Bari 2001, 258. 5 Ibidem. 6 Perci, se si elimina dal patto sociale ci che non ne fa parte essenziale, si trover che pu ridursi in questi termini: Ciascuno di noi mette in comune la sua persona ed ogni suo potere sotto la suprema direzione della volont generale; e noi tutti in corpo consideriamo ogni singolo membro come parte indivisibile del tutto". [Jean-Jacques Rousseau, Il contratto sociale, Introd. a cura di A. Burgio, Universale Economica Feltrinelli, I, VI, p. 80]. 7 Ibidem. Corps morale et collectif, scrive Rousseau: il corpo morale e collettivo, il corpo politico, non essendo che una persona morale, non che un essere di ragione [Id., uvres compltes de J.-J. Rousseau, a cura di B. Gagnebin e M. Raymond, 5 voll., "Bibliothque de la Pliade", Gallimard, Paris 1959-95. D'ora in poi OC]. 8 ai maggiori scienziati della politica e del diritto ed in particolare a Hegel che Gramsci fa risalire la consapevolezza di questimmagine di Stato senza Stato ovvero di Stato etico [Q 6, 88, p. 764]. Daltra parte tale immagine nellautore della Filosofia del diritto permane a livello di pura utopia, giacch egli in ultimo prescinde dai colossali sconvolgimenti materiali che soli possono conferirle concretezza. Al contrario Gramsci, esplicitamente erede della tradizione marxista su ci, riflette sulla complessit della scissione apparentemente netta esistente fra Stato e societ civile. Anzitutto egli distingue societ civile, societ politica e Stato [Cfr. Q 8, 130, p. 1020: lo Stato si presenta nel linguaggio e nella cultura delle epoche determinate, cio come societ civile e come societ politica, come autogoverno e come governo dei funzionari. Cfr. anche Q 7, 28, p. 876; Q 8, 142, p. 1028; Q 10, 7, p. 1245; Q 12, 1, p. 1518; ivi, p. 1527]. In tal senso se per un verso il comunismo operer il graduale riassorbimento della societ politica nella societ civile [Q 5, 127, p. 662], per l'altro sottolinea che ci non pu avvenire se non prendendo atto del fatto che la societ civile [...] anchessa Stato, anzi lo Stato stesso [Q 26, 6, p. 2302] e dunque per la presa del potere da parte della classe proletaria il farsi societ politica risulta passaggio obbligato. Di qui il contributo originale di Gramsci alla teoria dello Stato come "Stato allargato", cfr. su ci Guido Liguori, Stato e societ civile da Marx a Gramsci, in "Critica marxista", 2000, n. 6, pp. 37-43. 9 Q 8, 179, p. 1049. 10 Ivi, p. 1050.
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www.filosofiaitaliana.it stessa, di unumanit che poneva in atto una storia di violenza ed ingiustizie. Tuttavia tanto Rousseau quanto Gramsci si dimostrano pensatori profondamente consapevoli dellimpossibilit di prescindere da una tale storia e dunque della necessit daffrontarne il portato, al fine di fornire elementi risolutivi delle pi gravi diseguaglianze economiche e sociali, senza tuttavia scadere nel moralismo o nel cieco utopismo. Ci implic per entrambi scegliere la ragione, una ragione profondamente storica: entrambi posero in essere forse i pi coraggiosi tentativi del loro tempo; potremmo dire, con le belle parole di Alberto Burgio, che tanto Rousseau quanto Gramsci tentarono di salvare la modernit da se stessa. In che modo dunque? Possiamo certamente affermare che entrambi i filosofi colsero nella societ borghese del loro tempo un residuo dello stato di natura, ovvero duna condizione di sopraffazione. D'altra parte, il superamento di tale condizione di vera e propria preistoria dellumanit non n per l'uno n per l'altro tale per cui verr a cadere qualsivoglia norma giuridica. Al contrario entrambi pongono un'esigenza di regolamentazione dellanarchia dello stato di sopraffazione mediante un aufhebung qualitativo: Rousseau sistematizza il primato sulla volont comune - mera sommatoria di singoli voleri - della volont generale, la quale non si costituisce nelle discussioni dellassemblea, ma le precede (le fonda, in certo modo), contrapponendosi cos alla difesa feticista d'una autonomia di individui che rifugga lanalisi delle condizioni sociali di qualunque scelta; Gramsci pone all'ordine del giorno la questione d'una classe particolare che deve saper divenire classe universale, ovvero deve esser in grado di proporre una prospettiva politicamente e culturalmente maggiormente razionale. Ed ancora. Rousseau nella nostra analisi emerge come pensatore politico incredibilmente moderno: egli tenta di porre un nesso imprescindibile fra 1) condizioni etiche e 2) regole procedurali: pi che la sua dimensione quantitativa la correlazione allinteresse comune a generalizzare una volont, a renderla razionale ed idonea a significare da regle de justice11. D'altra parte un medesimo interessamento per la produttiva dialettica fra contenuto e sua rappresentazione emerge nell'analisi del Risorgimento italiano compiuta da Gramsci, attraverso cui egli individua come esemplare la capacit dei "moderati" di armonizzare formalmente direzione e dominio, accattivandosi la totalit delle forze radicali potenzialmente antagoniste e conducendole senza colpo ferire dalla propria parte; di qui egli ripensa la distinzione fra rivoluzione passiva e restaurazione12. Ma a questo punto sopravviene un diversificarsi profondamente evidente nei due pensatori dei tentativi di soluzione proposti alla Trennung fra individuale e collettivo di cui preda l'uomo moderno, prodotto dell'appartenenza storica a differenti classi: se per Rousseau risulta infine essenzialmente pacifico che quanto agli associati, essi prendono collettivamente il nome di popolo; e in particolare si chiamano cittadini in quanto partecipi dell'autorit sovrana, e sudditi in quanto sottoposti alle leggi dello Stato13, ci non pu dirsi assolutamente lo sia altrettanto per Gramsci. Egli, difatti, non vede semplicemente un popolo indistinto negli associati, ma lesistenza di determinati gruppi sociali14 e, per quel che concerne l'analisi del contesto italiano, egli individua nell'incapacit della componente giacobina a divenire elemento dirigente durante il Risorgimento il suo mancato strutturarsi in forza centralizzatrice capace di creare una volont collettiva nazionale-popolare. Scrive Gramsci nelle Notarelle sul Machiavelli che in Italia manc sempre, e non poteva costituirsi, una forza giacobina efficiente, la forza appunto che nelle altre nazioni ha suscitato e organizzato la volont collettiva nazionale-popolare e ha fondato gli stati moderni15. Quali i criteri indicativi d'una tale efficienza? Si tratter anzitutto di definire la "volont collettiva" e la volont politica in generale nel senso moderno, la volont come coscienza

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Rousseau al dato quantitativo (il calcolo dei suffragi) affianca un criterio qualitativo (riferito al merito delle deliberazioni). Scrive il ginevrino: a rendere generale la volont non tanto il numero dei voti, quanto linteresse comune che li unisce [Rousseau, op. cit, II, IV, p. 102]. 12 Un modello rivoluzionario passivo prevede una dialettica viva fra i termini della direzione e del dominio, mentre quello restaurativo classico privilegia il secondo aspetto, ovvero il momento della coercizione rispetto a quello del consenso. 13 Rousseau, op. cit., I, VI, p. 82 . 14 Q 13, 1, p. 1559. 15 Ivi, pp. 1559-60. In tal modo le masse popolari non hanno potuto partecipare attivamente ad un progetto di avanzamento storico integrale e complessivo. Sebbene il termine sia utilizzato anche in negativo, in Gramsci giacobinismo sta generalmente ad indicare anzitutto la comprensione del valore fondamentale dell'unit fra citt e campagna, da cui sola pu svolgersi una volont collettiva forte e coerente, in grado di creare nuova storia.

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operosa della necessit storica, come protagonista di un reale e immediato dramma storico16. In secondo luogo si tratter di differenziare i diversi tempi storici: in passato pi di oggi si otteneva una volont collettiva sotto limpulso e la suggestione immediata di un "eroe", di un uomo rappresentativo17, ma questa volont collettiva era dovuta a fattori esteriori e si componeva e scomponeva continuamente18. Certo, gi nel Machiavelli Il principe si rivela, secondo Gramsci, il mito pronto a cimentarsi con la costruzione d'una ideologia politica che si presenta non come fredda utopia n come dottrinario raziocinio, ma come una creazione di fantasia concreta che opera su un popolo disperso e polverizzato per suscitarne e organizzarne la volont collettiva19; e d'altra parte innegabile che luomo rappresentativo svolga ancora oggi un ruolo significativo nella formazione delluomocollettivo. Infine chiaro che tali differenze riportano in ultimo ad una differente organizzazione dei rapporti e delle forze di produzione: la funzione dell'uomo rappresentativo oggi inferiore di molto a quella del passato, tanto che esso [luomo rappresentativo] pu sparire senza che il cemento collettivo si disfaccia e la costruzione crolli20. Ci perch luomo-collettivo odierno, al contrario, si forma essenzialmente dal basso verso alto, sulla base della posizione occupata dalla collettivit nel mondo della produzione21. La particolare forma di civilt, di cultura e di moralit che i vecchi dirigenti intellettuali della societ hanno rappresentato si decompone, i loro discorsi si riducono a "prediche", pura forma senza contenuto, larva senza spirito22. Di qui la loro disperazione alimenta le loro tendenze reazionarie e conservative: essi gridano alla morte di ogni civilt, di ogni cultura, di ogni moralit e domandano misure repressive allo Stato o - si badi bene - si costituiscono in gruppo di resistenza appartato dal processo storico reale, aumentando in tal modo la durata della crisi23. Si tratta peraltro di creare una nuova Weltanschauung: il mondo della produzione e del lavoro salariato divengono l'officina privilegiata entro cui la vita collettiva ed individuale deve esser organizzata per il "massimo rendimento" dellapparato produttivo. Si tenta di fare credere che lo sviluppo delle forze economiche sulle nuove basi e linstaurazione progressiva della nuova struttura saneranno le contraddizioni che non possono mancare, dando vita in tal modo ad un nuovo "conformismo" dal basso24. a questo punto che si rivela necessario abbandonare il democraticismo radicale rousseauiano e rinvenire il portato produttivo della tradizione idealista, tanto tedesca quanto italiana. Se per un verso Gramsci, come d'altra parte Marx, ritiene che dalla rivoluzione socialista ci si possa attendere lesaurirsi dellelemento Stato-coercizione25, per l'altro egli esplicita decisamente che tale processo di esaurimento si svilupper man mano che si affermano elementi sempre pi cospicui di societ regolata

Q 8, 21, p. 952. Q 7, 12, p. 862. 18 Ibidem. 19 Q 13, 1, p. 1556. Forse le pagine pi belle sono quelle dedicate da Gramsci alla formazione d'una volont collettiva come concepita nel Principe di Machiavelli, un libro "vivente" in cui lideologia, lelemento dottrinale e razionale si impersona in un "condottiero" che presenta plasticamente e "antropomorficamente" il simbolo della volont collettiva. In tal modo il processo per la formazione della volont collettiva viene presentato non mediante una pedantesca disquisizione di principii e di criterii di un metodo dazione, ma come "doti e doveri" di una personalit concreta, che fa operare la fantasia artistica e suscita la passione. Tuttavia, solo unazione politico-storica immediata pu incarnarsi in un individuo concreto: la rapidit non pu esser data che da un grande pericolo imminente che crea fulmineamente larroventarsi delle passioni e del fanatismo e annulla il senso critico e lironia che possono distruggere il carattere "carismatico" del condottiero. Tale azione risulter quasi sempre dunque di tipo restaurativo, riorganizzativo e difensivo, non creativo: qui si suppone che una "volont collettiva" gi esistente si sia snervata e dispersa e occorra riconcentrarla e irrobustirla, e non gi che una "volont collettiva" sia da creare ex-novo e da indirizzare verso mete concrete s, ma di una concretezza non ancora verificata dallesperienza passata. 20 Ivi, Q 7, 12, p. 862. 21 Ibidem. 22 Ivi, p. 863. 23 Ibidem. Decisamente hegelo-marxista la precisazione successiva di Gramsci: il tramonto di un modo di vivere e di pensare non pu verificarsi senza crisi [Ibidem]. 24 Ibidem. 25 Q 6, 88, p. 764.
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www.filosofiaitaliana.it (o Stato etico o societ civile)26. Ricordiamo, difatti, che nello Stato funzione precipua viene ad assumere un moderno Principe, non pi inteso come persona reale, un individuo concreto; pu essere solo un organismo, un elemento sociale nel quale gi abbia inizio il concretarsi di una volont collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nellazione27. E d'altra parte, scrive ancora Gramsci, la collettivit deve essere intesa come prodotto di una elaborazione di volont e pensiero collettivo raggiunto attraverso lo sforzo individuale concreto, e non per un processo fatale estraneo ai singoli: quindi obbligo della disciplina interiore e non solo di quella esterna e meccanica28. Due ultime considerazioni. La grandezza di Gramsci consiste proprio nellaver rifiutato con chiara nettezza la semplicistica dicotomia liberale per cui lo Stato sarebbe sempre luogo di violenza e sopraffazione mentre la societ civile luogo della libert: difatti in tal modo che vengono occultati i rapporti di dominio esistenti fra fabbrica capitalistica e violenza operante nellambito della societ civile29. Al contrario, l'organismo atto ad operare il superamento della volont de tous nella volont gnrale si configura nello Stato come gi dato dallo sviluppo storico ed il partito politico, la forma moderna in cui si riassumono le volont collettive parziali che tendono a diventare universali e totali30. Ed in tal senso che loriginalit del marxismo gramsciano si rivela nella sintesi felice di idealismo e leninismo31 intesa anzitutto quale teoria forte della soggettivit per un verso e della centralit del Partito e dello Stato per l'altro. Gramsci concepisce la necessit dintender la filosofia come filosofia della praxis, unit delaborazione filosofica, comprensione storica del proprio mondo e valorizzazione dellarena politica quale luogo del manifestarsi e del prodursi duna volont collettiva nazionale32. In secondo luogo, nella ben nota Rivoluzione contro il Capitale, articolo steso da Gramsci dopo la Rivoluzione dOttobre, egli scrive che i bolscevichi non sono "marxisti", ecco tutto; non hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore, di affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco.
Ibidem. Gramsci pensa di certo positivamente allo Stato socialista come organizzazione coercitiva giacch in tal modo tuteler lo sviluppo degli elementi di societ regolata in continuo incremento e pertanto ridurr gradualmente gli interventi autoritari e coattivi. Egli pensa evidentemente allo Stato socialista anche perch sottolinea subito dopo: n ci pu far pensare a un nuovo "liberalismo", sebbene sia per essere linizio di unera di libert organica [Ivi]. 27 Q 13, 1, p. 1558. Pi specificamente scrive Gramsci: Se si dovesse tradurre in linguaggio politico moderno la nozione di "Principe"[...] si dovrebbe fare una serie di distinzioni: principe potrebbe essere un capo di Stato, un capo di governo, ma anche un capo politico che vuole conquistare uno Stato o fondare un nuovo tipo di Stato; in questo senso principe potrebbe tradursi in lingua moderna "partito politico" [Q 5, 127, p. 662]. 28 Q 6, 79, p. 751. 29 Si pensi ad esempio come negli USA, a cavallo della guerra di Secessione, era la societ civile sudista ad imporre la schiavit, ovvero il semiservaggio dei neri e a respingere come indebita intromissione qualsivoglia controllo dello Stato federale [Cfr. su ci D. Losurdo, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, La Citt del Sole, Napoli 1997]. Daltra parte difficilmente una tesi dellestinzione dello Stato meccanicisticamente intesa pu conciliarsi con la polemica di origine spaventiana (o comunque risorgimentale), che Gramsci nel paragrafo dedicato alla nozione di societ civile sviluppa contro il cattolicesimo secondo cui, rispetto alla Chiesa, lo Stato sarebbe una realt puramente storica o contingente [Q 6, 24, p. 704]. 30 Q 8, 21, p. 951. 31 Cfr. su ci Raul Mordenti, Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci in AA. VV., Letteratura italiana Einaudi. Le opere, vol. IV.II, a cura di A. Asor Rosa, Einaudi, Torino 1996. pp. 42-49. 32 Di indubbio interesse e vitalit si dimostra il Gramsci di Togliatti in merito all'attenzione dedicata dal primo al rapporto fra rivoluzione e questione nazionale. Per riflettervi conviene prender le mosse dalla Rivoluzione d'Ottobre del 1917, atto di nascita politica dei due dirigenti comunisti: quest'ultima per un verso scoppia sull'onda della lotta contro la guerra provocata dalla crisi di sovrapproduzione in cui si vedono coinvolte le grandi potenze capitalistiche e coloniali e scoppia contro gli sciovinismi e gli angusti nazionalismi che l'avevano attizzata; per l'altro chiama alla lotta i popoli coloniali affinch si costituiscano in Stati nazionali indipendenti. Se il primo aspetto dichiaratamente internazionalista ed universalista, il secondo pone in discussione l'"universalismo astratto" e cosmopolita che presiedeva all'espansione coloniale dell'Occidente. Non difatti autentico un universalismo che non sa rispettare le peculiarit nazionali e che rifiuta di riconoscere il principio dell'autodeterminazione delle nazioni. certamente qui il vigore filosofico-politico della visione della questione nazionale in Gramsci e Togliatti - nella cura da parte di Togliatti degli scritti di Gramsci [Palmiro Togliatti, Scritti su Gramsci, a cura di G. Liguori, Editori Riuniti, Roma 2001] Liguori ha ragione ad affermare la sostanziale continuit fra le due personalit.
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[...] E questo pensiero pone sempre come massimo fattore di storia non i fatti economici, bruti, ma luomo, ma le societ degli uomini, degli uomini che si accostano fra di loro, si intendono fra di loro, sviluppano attraverso questi contatti (civilt) una volont sociale, collettiva [c.m.] [...]33. La volont collettiva che Gramsci ha in mente implica dunque anzitutto un elemento dinamico del prodursi storico delle forme di vita sociale, che a sua volta rivela l'intento pratico che muove la riflessione gramsciana. Ed anzitutto la rinvenuta miseria, culturale e filosofica, del socialismo liberale italiano, del lorianesimo essenzialmente, a rivelarsi laltra faccia d'una subalternit politica - d'una mancanza di parola, potremmo dire - che anzitutto mancanza d'un discorso autonomo del marxismo e non legittimante di senso l'agire delle organizzazioni proletarie34. a partire da tali considerazioni che prende vita lanalisi della problematica dello Stato nella riflessione gramsciana, avente a fondamento per un verso 1) la questione del rapporto fra intellettuali e masse, per laltro 2) una concezione di filosofia della prassi in cui emerge eclatantemente la peculiarit del marxismo gramsciano che ripensa la filosofia stessa come filosofia-egemonia. Gramsci, discutendo la nota Tesi XI di Marx su Feuerbach sostiene che questa non pu essere interpretata come un gesto di ripudio di ogni sorta di filosofia, ma come l'energica affermazione di una unit tra teoria e pratica [...]. Se ne deduce anche - prosegue il pensatore di Ales - che il carattere della filosofia della praxis specialmente quello di essere una concezione di massa, una cultura di massa e di massa che opera unitariamente, cio che ha norme di condotta non solo universali in idea, ma "generalizzate" nella realt sociale35. L'unit di teoria e pratica consente ora a Gramsci di delineare un apparato semantico innovativo per un progetto culturale e politico, maggiormente in grado d'intendere il mondo che lo circonda. La filosofia della prassi non dunque da intendersi quale scienza che consenta di fare previsioni di carattere deterministico: il "prevedere" della ragione, per dir cos, ha quale condizione di possibilit l'operare ed esso stesso insieme atto pratico che implica la formazione e l'organizzazione d'una volont collettiva, che tale atto contribuisce a formare e da cui nel contempo viene fondato36. In conclusione, accenniamo solo velocemente, ma ora con maggiore consapevolezza, la trattazione gramsciana della formazione d'una volont collettiva nazionale popolare a partire dall'ampliamento e complessificazione della funzione del diritto formale e del rapporto fra leggi e costumi. Qualsivoglia struttura statale, abbiamo detto, mira a regolare forme di convivenza ed a plasmare di s ogni ambito della vita sociale. Per un verso si ha dunque lo Stato borghese che, essenzialmente attraverso il diritto formale, mira a rendere omogenea e salda la propria classe dirigente ed utilizza coercizione e consenso, permanentemente organizzati mediante le forze private della societ civile, al fine di strutturare l"opinione pubblica". La sfera dazione del diritto, dunque, non si limita allambito politico statuale, ma tende progressivamente ad estendersi allintera societ, plasmando nella direzione dei ceti dirigenti la stessa eticit o volont generale, per dirla con Rousseau. Ma in tal modo Gramsci opera un ampliamento del concetto di diritto, consentendogli di dar conto del suo operare indiretto mediante lazione della societ civile che, senza dover ricorrere a sanzioni ed obbligazioni penali, pur tuttavia incide sui modi d'agire e di pensare della collettivit. E se linsieme sociale trova progressivamente la propria
Comparso per la prima volta nelledizione milanese dellAvanti! il 24 novembre 1917 e successivamente ristampato dal Grido del popolo del 5 gennaio 1918, ora in A. Gramsci, Scritti politici, I, Editori Riuniti, Roma 1973, pp. 80-83. 34 Cfr. R. Mordenti, op. cit., ivi. Il marxismo di tradizione idealista italiana - di cui Gramsci fra i pi significativi esponenti - pare corrispondere a tale esigenza: esso per un verso eminentemente antipositivistico, cos da poter esser adoperato di contro al determinismo ed all'evoluzionismo volgare della tradizione riformista; per laltro al tempo stesso non esclude il momento della praxis e della trasformazione, e dunque pu esser agevolmente ritradotto in termini dazione politica operaia. 35 Q 10, 31, p. 1271. 36 Gramsci dunque, nutrito di idealismo, aspira tuttavia a superare quest'ultimo dallinterno in un processo di negazione non astratta, ma determinata: egli vuol condurre alle estreme conseguenze quella proficua dialettica fra filosofia e storia che gli idealisti italiani avevano enunciato, ma dalla cui estensione coerente al rapporto fra politica e storia o politica in atto s'erano tuttavia ritratti [Cfr. Q 10, 31, pp. 1269-76].
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www.filosofiaitaliana.it rappresentazione in norme di condotta etica giuridicamente indifferenti37, ma storicamente determinate dallintervento dello Stato sulla societ, ci significa che tale necessit non semplicemente fonda il portato progressivo dello Stato moderno borghese, ma il suo stesso superamento. a partire da tali riflessioni che Gramsci, difatti, inizia pensare al socialismo stesso quale societ regolata38: infatti la classe borghese stessa che si autopone come un organismo in continuo movimento, capace di assorbire tutta la societ, assimilandola al suo livello culturale ed economico: tutta la funzione dello Stato trasformata: lo Stato diventa educatore39 . Ed partire da ci che lo Stato concepito come superabile dalla "societ regolata": in questa societ il partito dominante non si confonde organicamente col governo, ma strumento per il passaggio dalla societ civile-politica alla "societ regolata", in quanto assorbe in s ambedue, per superarle (non per perpetuarne la contraddizione), ecc.40 E d'altra parte non pu dimenticarsi che per Gramsci lintero corso storico libert in quanto lotta tra libert e autorit, tra rivoluzione e conservazione, lotta in cui la libert e la rivoluzione continuamente prevalgono sullautorit e la conservazione41. Tale consapevolezza della storia come storia della libert consente di riconoscere i momenti alti e bassi del corso del mondo sulla base dellunit di misura offerta dalla capacit delluomo di dominare natura e caso. E tali potenzialit non devono esser solo astrattamente riconosciute, ma fatte proprie e realizzate storicamente mediante i mezzi necessari a render concreta lastratta volont: di qui l'esigenza d'organizzazione della classe in Partito. Dinanzi alla pervasivit degli apparati ideologici della classe dominante i dominati, per non venir annientati, devono dunque acquisire consapevolezza della propria identit: diversamente, le classi dirigenti troveranno la loro unificazione nello Stato e le classi subalterne resteranno una frazione disgregata della societ civile42. , dunque, indispensabile elevare intellettualmente sempre pi vasti strati popolari, per dare personalit allamorfo elemento di massa e ci significa lavorare a suscitare lites di intellettuali di un tipo nuovo che sorgano direttamente dalla massa pur rimanendo a contatto con essa, intellettuali organici43. Essendo contraddittorio linsieme dei rapporti sociali, non pu non essere contraddittoria la coscienza44 dei singoli ed in particolare dei subalterni, fra i quali ancor pi avanzato lo stadio di disgregazione sociale per la mancanza d'un patrimonio storico d'iniziativa autonoma. Al fine di superare tale contraddizione del gruppo sociale e pi ancora del singolo occorre sviluppare una coscienza storica collettiva, corrispondente al diverso grado di sviluppo storico e d'organizzazione socio-politica che si ha come fine. Tale necessit storica non si sviluppa naturalmente, ma prodotto d'una riflessione storica e critica sullesistente e di unazione volta meticolosamente a razionalizzarlo. O si opera nel senso d'una filosofia della prassi, affinch larea sociale soggetta allo sfruttamento capitalistico acquisisca consapevolezza di s e divenga soggetto politico in senso proprio, o si rischia d'avallare derive plebiscitarie nelle quali, scrive Gramsci, la massa semplicemente di manovra e viene occupata con prediche morali, con pungoli sentimentali, con miti messianici di attesa di et favolose in cui tutte le contraddizioni e miserie presenti saranno automaticamente risolte e

Ivi, Q 6, 98, p. 773. Cfr Q 6, 12 p. 693; 65, p. 734; 82, p. 755; 88, p. 764 e Q 7, 33, p. 882. 39 Q 8, 2, p. 937. 40 Q 6, 65, p. 734. 41 Q 10, 10, p. 1229. 42 Q 3, 90, p. 372. 43 Q 11, 12, p. 1392. Particolarmente ostica per loro la lotta per emanciparsi da elementi imposti dallesterno da uno Stato e da un costume che non sono prodotto della loro autonoma elaborazione. Tale difficolt non pu essere superata, a parere di Gramsci, contrapponendo allimposizione sociale e politica una alternativa posta spontaneamente dalla coscienza dei subalterni, come ancora oggi tanto movimentismo tende a credere. La funzione pedagogica dello Stato di pianificazione e accelerazione dei processi in atto, necessaria soprattutto nella fase di gestazione di un nuovo ordine sociale indispensabile nella transizione al socialismo. Una fase di rafforzamento dellintervento statale necessaria proprio per le classi sociali che prima della ascesa alla vita statale autonoma non hanno avuto un lungo periodo di sviluppo culturale e morale proprio e indipendente (8, 130: 1020-1). A differenza della borghesia il proletariato non ha in generale modo, prima di ascendere ad una vita statale autonoma, di forgiare una societ civile funzionale al proprio progetto storico. Vi dunque bisogno di una fase di vera e propria iniziazione alla vita statuale che prevede un rafforzamento degli istituti dello Stato. 44 Q 8, 153 , p. 1032.
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Manuela Ausilio Rousseau, Hegel e Gramsci a confronto

sanate45. E in ultimo, per dirla con Rousseau, occorre spiegare attraverso quale sequenza di prodigi il forte abbia potuto risolversi a servire il debole, e il popolo a comprare una quiete meramente immaginaria a prezzo di una felicit effettiva46. cos emersa l'attualit di due grandi classici, che non smettono di parlarci. E con loro, rispondiamo, certo: i subalterni possono parlare; lo hanno fatto e lo continuano a fare con grande passione e determinazione, nonostante l'assordante silenzio dell'indifferenza che troppo spesso pare circondarli.

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Q 18, 37, p. 1940. Rousseau, Discours sur l'origine et les fondements de l'ingalit parmi les hommes, in OC, p. 132.

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