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3.

Distacco e Ascesi

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Il tranello del possesso Io, io Janaka e il bramano Mio e non mio L'asceta orgoglioso Janaka e Sanatkumara Suka, l'asceta nudo Il diamante nella polvere I sei maestri del sapiente Solo l'abbandono della mente vero abbandono Il sonno dello smarrimento Abbandonare il fardello Come liberarsi dall'attaccamento

1. Il tranello del possesso Un asceta viveva libero e felice in una capanna di frasche al limitare della foresta. Non possedeva nulla: mangiava solo quello che la natura spontaneamente gli offriva o quello che gli abitanti del vicino villaggio gli portavano in elemosina. Dedicava tutto il suo tempo alle pratiche ascetiche o a cantare le lodi del Signore. Un giorno un devoto gli port in dono una copia della Bhagavad-gita. Sulle prime l'asceta non voleva accettarla, fedele al suo voto di non possedere nulla, ma il devoto lo convinse che non ci poteva essere niente di male nel possesso di un testo sacro come quello. L'asceta depose con grande

cura la Bhagavad-git nella sua capanna di frasche, prese a recitarla ogni giorno e a meditare sui suoi santi insegnamenti. Ma dopo qualche tempo si accorse che un topolino di notte veniva a rosicchiare le pagine del suo prezioso libro; si rec quindi al villaggio e si procur un gattino perch acchiappasse il topo. Quel gattino era proprio molto tenero, si accoccolava in braccio all'asceta e faceva le fusa, cos l'asceta si affezion a lui e decise di tenerlo con s; ma come avrebbe potuto trovare il latte per sfamarlo, senza recarsi ogni giorno al villaggio per chiederlo in elemosina? Fu cos che il monaco decise di tenere una mucca. Anche la mucca, per, doveva essere sfamata e il monaco si mise a coltivare la terra e costru un magazzino per tenere le provviste di foraggio per la stagione secca. Ormai aveva messo su casa e non gli restava che prender moglie... e fu proprio quello che fece, abbandonando del tutto la vita ascetica!

2. Io, io Un discepolo aveva nel suo guru una fede cos grande che attraversava il fiume camminando sull'acqua semplicemente ripetendo il suo nome. Il guru, quando vide coi suoi occhi questo fatto, si disse: Che io sia proprio cos grande e cos potente che il solo fatto di pronunciare il mio nome possa avere un simile potere?. Il giorno dopo s'avventur sul fiume ripetendo continuamente io, io; ma sprofond nell'acqua e anneg, perch il disgraziato non sapeva neppure nuotare. La fede compie i miracoli, ma la vanit e l'egoismo trascinano gli uomini alla morte.

3. Janaka e il bramano Una volta il re Janaka disse a un brahmano, per punirlo di una colpa che aveva commesso: Vattene dal mio regno!. Il brahmano rispose a quell'ottimo fra i re: Dimmi fin dove si estende il regno sottoposto al tuo dominio. O sovrano, io sono contento di dimorare nel regno di un altro re, giacch desidero obbedire al tuo ordine, conformemente al comando delle Scritture, o signore della terra!. Alle parole dell'illustre brahmano, il re sospir profondamente pi volte e non

rispose. Il re dall'illimitato potere sedeva assorto, sopraffatto dall'angoscia, come il sole sopraffatto dal pianeta Rahu. Quando l'angoscia se ne fu andata e il re si fu ripreso, allora, dopo un istante di silenzio, disse a quel brahmano: Anche se questo reame che si trova sotto il mio dominio era gi governato dai miei antenati, pur tuttavia non trovo un mio regno neppure se cerco su tutta questa terra. Non avendolo trovato, l'ho cercato a Mithil, non avendolo trovato a Mithila l'ho cercato nel mio popolo, non avendolo trovato nel mio popolo l'angoscia mi ha sopraffatto. Quando l'angoscia mi ha lasciato, la comprensione si ridestata in me e comprendo che o io non ho alcun regno o tutto il mio regno. O questo stesso corpo non mio o mia tutta la terra. Ma comprendo che, come questa terra mia, cos anche di chiunque altro, o illustre brahmano; perci dimoraci fino a che lo desideri e godine fino a quando ti piacer di dimorarvi. Il brahmano disse: Dimmi sulla base di quale considerazione tu, sebbene questo reame che si trova sotto il tuo dominio fosse gi sotto la sovranit dei tuoi antenati, hai abbandonato l'idea di "mio". Fondandoti su quale idea asserisci che tutto il tuo regno e che, o non esiste un tuo regno, o tutto il tuo regno?. Janaka disse: Ho compreso che in questo mondo tutte le situazioni, di qualunque azione siano il frutto, hanno una fine. Perci io non ho trovato nulla che sia mio. Riflettendo sul versetto vedico che dice: "Di chi questo? Chi ha qualche cosa di proprio?" non ho trovato nulla che sia mio. Fondandomi su questa considerazione, ho abbandonato l'idea di "mio". Ora ascolta qual l'idea che ho compreso per dire che il mio regno ovunque. Io non desidero per me stesso neppure i profumi che sono giunti fino al mio naso; perci ho sottomesso la terra ed essa rimane per sempre in mio potere. Io non desidero per me stesso i gusti venuti a contatto con la mia bocca; perci ho sottomesso l'acqua ed essa rimane per sempre in mio potere. Io non desidero per me stesso neppure le forme viste dagli occhi e la loro luce; perci ho sottomesso la luce ed essa rimane per sempre in mio potere. Io non desidero per me stesso le sensazioni di tatto che giungono a contatto con la mia pelle; perci ho sottomesso il vento ed esso rimane per sempre in mio potere. Io non desidero per me stesso i suoni che giungono alle mie orecchie; perci ho sottomesso la parola ed essa rimane per sempre in mio potere. Io non desidero per me stesso neppure i pensieri che sempre dimorano dentro la mia mente, perci ho

sottomesso la mente ed essa rimane sempre in mio potere. Tutto ci che io intraprendo nell'interesse degli di, degli antenati, dei trapassati, degli ospiti. Allora, sorridendo, il brahmano si rivolse di nuovo a Janaka: Sappi che io sono Dharma, venuto qui per metterti alla prova. Tu sei davvero il solo in grado di mettere in moto questa ruota che non torna mai indietro, il cui mozzo il Brahman, i cui raggi sono l'intelletto e che circondata da una circonferenza di Bene!. Rahu uno dei nove pianeti dell'astrologia indiana, corrispondente alla Testa del Drago dell'astrologia occidentale. La mitologia lo descrive come un mostro che divora la luna provocandone l'eclisse. Mithil era la capitale del regno di Janaka, nell'India nordorientale. Dharma qui la divinit nella quale si personifica l'idea di Legge o di Ordine cosmico. Per comprendere il discorso del re Janaka, si tenga presente che esiste nella visione indiana una relazione ben precisa tra i cinque sensi, i loro oggetti e i cinque elementi dell'universo fisico, e precisamente tra la terra, l'odorato e il profumo; l'acqua, il gusto e il sapore; il fuoco, la vista e la luce - forma; l'aria, il tatto e gli oggetti; lo spazio, l'udito e il suono. Acquistare il dominio sui cinque elementi vuol naturalmente dire acquistarlo sul mondo intero. Il saggio che ha raggiunto un assoluto distacco dalle cose del mondo e il cui agire completamente scevro da qualsiasi interesse personale, si pone al centro ideale dell'universo, nell'ombelico del mondo: il mozzo della ruota. Se dal punto di vista delle cose terrene, egli sa che nulla gli appartiene, dal punto di vista del suo essersi identificato coll'Assoluto, cio col Supremo Brahman, tutto gli sottoposto e, rimanendo immobile, fa girare la ruota dell'universo.

4. Mio e non mio In due sillabe la morte e in tre sillabe l'eterno Brahman. Le due sillabe nelle quali la morte sono ma-ma (mio) e le tre sillabe nelle quali l'eternit sono na marna (non mio).

Se uno avesse ottenuto la terra intera, con tutti gli esseri mobili e immobili che la popolano, ma non avesse il senso del possesso, che male potrebbe mai derivargliene? Se anche uno dimorasse nella foresta, vivendo di ci che la foresta gli offre, ma sussistesse ancora in lui il senso di possesso per i beni materiali, egli vivrebbe in bocca alla morte.

5. L'asceta orgoglioso C'era una volta un asceta che viveva nella foresta dedicandosi a una durissima ascesi. Mentre se ne stava seduto all'ombra di un albero, una cicogna lasci cadere su di lui i suoi escrementi e l'asceta la guard adirato. Bast quel suo sguardo per incenerire la cicogna e, in seguito a ci, l'asceta si sent pieno d'orgoglio per il potere che aveva conseguito con la sua ascesi. Una volta l'asceta, recatosi in citt per chiedere l'elemosina, and alla casa d'un brahmano e chiese l'elemosina alla padrona di casa. Quella padrona, che era devota e fedele al suo sposo, gli disse: Attendi un attimo che io finisca di servire mio marito. Poi, vedendo lo sguardo irato con cui l'asceta la stava guardando, aggiunse: O asceta, io non sono una cicogna! abbi pazienza. Nell'udire queste parole, l'asceta fu pieno di meraviglia e si sedette l pensando: Come avr fatto costei a saperlo?. Quando ebbe finito di servire il marito nel compimento del sacrificio del fuoco e degli altri riti quotidiani, la donna and dall'asceta a portargli l'elemosina. Allora l'asceta s'inchin a mani giunte davanti a quella donna casta e fedele e disse: Come hai potuto conoscere il fatto della cicogna, che pure accaduto lontano dal tuo sguardo? Prima dimmelo e poi accetter l'elemosina. La sposa fedele cos rispose a queste parole del saggio: Non conosco nessun dovere superiore a quello di servire mio marito e di essere devota a lui. Un simile potere di conoscenza mi proviene dal compimento di questo dovere. In questo luogo risiede un tale di nome Dharmavyadha che si procura da vivere vendendo carne. Va' a incontrarlo e otterrai l'eccellente dono di liberarti dall'orgoglio e da ogni attaccamento all'io. Quando l'onnisciente sposa fedele e devota ebbe detto queste parole, l'asceta prese i suoi doni ospitali, s'inchin e usc.

Il giorno seguente l'asceta si rec alla ricerca di quel Dharmavyadha e lo trov nel suo negozio che vendeva carne. Quando Dharmavyadha vide l'asceta, gli chiese: Ti ha mandato qui quella moglie fedele e devota?. Udito questo, il saggio disse: Come puoi avere la dote della conoscenza tu che vendi carne?. A queste parole del saggio, Dharmavyadha rispose: Io sono devoto ai miei genitori. Essi sono l'unico oggetto a cui mi dedico con tutto me stesso. Faccio il bagno dopo averlo fatto fare a loro, mangio dopo aver dato da mangiare a loro, vado a letto quando li ho fatti coricare: da ci mi deriva questo genere di conoscenza. Per vivere vendo la carne di animali che sono stati uccisi da altri, ma interessato come sono soltanto a compiere il mio dovere, non cerco di arricchirmi con questo commercio. Io e quella moglie fedele e devota ci guardiamo bene dal provare orgoglio e attaccamento all'io, che costituiscono un ostacolo per la conoscenza. Per questo, o asceta, la nostra conoscenza non ha offuscamenti. Osserva quindi anche tu tutti i doveri che sono propri del tuo stato, fedele ai tuoi voti ascetici, dopo esserti liberato da ogni attaccamento all'io per purificarti. In questo modo otterrai presto la Luce suprema. Dopo esser stato cos istruito da Dharmavyadha, l'asceta si rec nella sua casa e vide qual era la sua condotta; poi, contento, fece ritorno nella foresta. Grazie all'insegnamento ricevuto, egli raggiunse la perfezione e anche quella sposa fedele e devota e Dharmavydha pervennero alla perfezione, grazie alla loro condotta virtuosa e conforme al proprio dovere. Per comprendere l'esclamazione dell'asceta di fronte ai poteri di Dharmavydha, si tenga presente che il mestiere di macellaio considerato in India uno dei pi impuri e dei pi degradanti, avendo a che fare con l'uccisione di animali e comportando in ogni caso il fatto di maneggiare cadaveri di animali, considerati una fonte di impurit e di contaminazione. Non a caso Dharmavydha ci tiene a precisare che non uccide egli stesso gli animali di cui vende la carne.

6. Janaka e Sanatkumra Il divino saggio Sanatkumra, l'asceta eternamente giovane, sent un giorno parlare del fatto che il pio re Janaka aveva raggiunto la perfetta unione con Dio ed era considerato da tutti un liberato in vita. Sanatkumra era incredulo: quantunque fosse molto saggio e pio, come poteva aver raggiunto la meta suprema un re che viveva in un lussuoso palazzo, circondato da agi, ricchezze,

piaceri..., quando egli stesso ne era ancora lontano, egli che da sempre aveva dedicato la sua vita all'ascesi e alle pratiche yoghiche! Sanatkumra, dopo averci molto pensato, decise di recarsi in persona da Janaka per verificare se quanto si diceva fosse vero. Il re Janaka, grazie alla sua vista spirituale, vide Sanatkumra che stava venendo da lui e lesse nei suoi pensieri. Sanatkumra fu accolto con tutti gli onori dovuti a un religioso e fu introdotto nella splendida sala del trono. Il re Janaka si present a lui seduto su di un trono dorato e incastonato di gemme: con una mano abbracciava la sua giovane e bellissima sposa, con l'altra reggeva una coppa colma di braci ardenti, senza mostrare la minima traccia di sofferenza, immerso com'era nella Beatitudine divina che al di l di piacere e dolore. Il re si rivolse a Sanatkumra con grande benevolenza e rispetto e gli pose la domanda di rito: Che cosa mi chiedi in elemosina?. Sanatkumra rispose che non voleva beni materiali, voleva soltanto sapere da lui se davvero avesse raggiunto la perfetta unione con Dio e come ci fosse possibile, senza rinunciare a piaceri, onori e ricchezze. Il re disse: Risponder alla tua domanda, ma voglio prima farti visitare il mio palazzo, i miei giardini, le mie scuderie... Devi per accettare di portare con te una coppa piena d'acqua, badando bene a non versarne neppure una goccia, perch se anche una sola goccia andasse perduta, ti farei tagliare la testa. Tanta era la curiosit di Sanatkumara, che egli accett senza esitare la terribile proposta del re. Gli fu data una coppa colma d'acqua e fu accompagnato dai servi a visitare le splendide stanze del palazzo, colme di tesori, i meravigliosi giardini in fiore, ornati di laghetti e fontane, dove prosperavano le piante pi preziose e pi rare, dove nidificavano uccelli d'ogni specie dai vivaci colori e dal canto soave, e infine le scuderie dov'erano allevati maestosi destrieri. Quando Sanatkumara torn nella sala del trono, il re Janaka gli chiese: Ti piaciuto il mio palazzo? ti son piaciuti i miei giardini e le scuderie reali?. Ma il povero Sanatkumara, sconsolato, rispose: Non ho visto nulla, perch la mia attenzione era fissata unicamente sulla coppa colma d'acqua che avevo in mano. Allora Janaka disse: Mio caro, proprio allo stesso modo la mia attenzione sempre fissa nel Signore supremo. Pur eseguendo scrupolosamente i miei doveri di re e di capofamiglia, pur vivendo in questo sontuoso palazzo, circondato da ogni sorta di piaceri, la mia mente sempre fissa in Lui. Cos ho raggiunto la Beatitudine infinita, al di l di piacere e dolore.

Fonte orale. Si tratta di una storia molto nota, della quale esistono svariate versioni. Per esempio, in quella narrata da Muktnanda, il saggio che si reca dal re Janaka Suka, che

deve reggere un recipiente pieno d'acqua sulla testa mentre assiste a una festa che ha luogo nella via principale della capitale; Suka il protagonista anche nella versione del Nrada-purna, secondo queste fonti Suka rimane assorto e concentrato senza bisogno di un oggetto di attenzione. Sensibilmente diversa la versione narrata da Svanii Sivananda, nella quale il protagonista un religioso che il re Janaka finge di condannare a morte e che, avendo la mente fissa in questo terribile pensiero, non riesce neppure ad accorgersi del sapore strano dei cibi che gli vengono serviti per un'intera settimana.

7. Suka, l'asceta nudo Suka, figlio del celebre vate Vyasa, era un grande yogin, che aveva fatto l'esperienza del perfetto isolamento e dell'unione con Dio. Non avendo pi alcuna coscienza del proprio corpo, era solito girovagare completamente nudo. Procedendo lungo la deliziosa Mandkini, il virtuoso Suka vide un bosco di alberi in fiore e, in quello, gruppi di apsaras intente a giocare nell'acqua. Alla vista di Suka, il cui corpo era come se non esistesse, quelle ninfe incorporee rimasero tranquille, pur essendo completamente nude. Avendo saputo che il figlio vagabondava, intento a seguire il pi eccelso cammino, suo padre, pieno d'affetto, prese a seguirlo da presso... Ma quando sopraggiunse, tutte le ninfe che giocavano sulle rive della Mandkini vennero prese da grande agitazione al suo cospetto e furono sul punto di perdere coscienza: vedendo quell'ottimo fra gli asceti silenziosi, alcune si tuffarono nell'acqua, altre corsero a nascondersi fra i cespugli, altre ancora indossarono in fretta le loro vesti. Fu cos che l'asceta comprese che suo figlio era veramente libero da ogni legame, mentr'egli era ancora vittima dell'attaccamento alle cose del mondo; e ne fu lieto, ma prov, nel medesimo tempo, una profonda vergogna!

La Mandakini uno dei tre principali rami sorgentiferi del Gange (in sanscrito: Ganga) ed anche il nome del Gange celeste.

8. Il diamante nella polvere

Marito e moglie rinunciarono al mondo e intrapresero insieme un pellegrinaggio in vari luoghi santi. Una volta mentre erano in cammino il marito, che precedeva di poco la moglie, vide un diamante lungo la strada. Subito cominci a coprirlo di terra, temendo che, se per caso sua moglie l'avesse visto, avrebbe potuto nutrire il desiderio di possederlo, perdendo in tal modo il merito della rinuncia. Mentre egli stava cos scavando, la moglie sopraggiunse e gli chiese che cosa stesse facendo. Egli rispose in tono di scusa, con parole evasive, ma ella, scorgendo il diamante e leggendo nei suoi pensieri, osserv: Perch hai lasciato il mondo se fai ancora distinzione tra un diamante e la polvere?.

9. I sei maestri del sapiente Nel luogo santo di Hatakesvara giunge come dotto ospite, durante la celebrazione di un sacrificio, uno jnnin, cio un sapiente, che presto dimostra una straordinaria conoscenza; i sacerdoti, pieni di curiosit, gli chiedono come egli si sia procurato un tale sapere e chi sia stato il suo maestro e il sapiente risponde col seguente racconto. Parla l'ospite: Pingala, un'ossifraga, il serpente, l'ape, un fabbricante di frecce nella foresta e una fanciulla: questi sei sono stati i miei maestri. Osservando il loro comportamento nata in me la conoscenza. Parlano i brahmani: Raccontaci, o eminente, in che modo ti sono stati maestri e che tipo di comportamento hai osservato in loro.... Parla l'ospite: ... Quando giunsi alla giovinezza, o eccellenti brahmani, il mio amatissimo padre mor. Proprio allora il sovrano degli narta, mi affid il compito di guardiano del gineceo, o ottimi asceti; dopo aver constatato la mia calma interiore e la mia capacit di autodisciplina, quel magnanimo ebbe piena fiducia in me. Negli appartamenti femminili di quel re c'era una dama di nome Pingala,

che sfortunatamente non era amata dal marito, pur essendo molto bella. Molte altre spose, a centinaia, si trovavano negli appartamenti femminili di quel re. Non appena scendeva la notte, esse entravano in una grande agitazione: facevano uso dei migliori profumi, incensi e fiori, nonch delle essenze e degli unguenti pi raffinati; i fiori erano di svariate forme e colori e le vesti estremamente delicate. Finch non giungeva quel momento che fatto per il sonno, tutte quelle donne erano travolte dal potere della passione, con la pelle percorsa da brividi di desiderio, e con impazienza ciascuna di esse si autoconvinceva che sarebbe stata preferita alle altre. Esse rivaleggiavano e facevano a gara e si rinfacciavano reciprocamente i difetti: ma fra quelle una sola era ammessa alla presenza del re. Le rimanenti, piene di imbarazzo, andavano a dormire fra molti sospiri; soffrivano e, a causa dell'umiliazione subita, non riuscivano a prendere sonno, le membra tormentate dal desiderio, gli occhi pieni di lacrime. Il desiderio, infatti, fonte di sommo dolore, la sua assenza, di somma gioia. Soppresso in s il desiderio, Pingala si abbandonava piacevolmente al sonno. Non si faceva bella n entrava mai in competizione con le altre; Pingala non si lasciava prendere dall'agitazione, ma dormiva tranquillamente. E cos, dopo aver visto il suo eccellente comportamento, anch'io ho abbandonato tutti i desideri e dormo felice. ... Ed per questo che Pingala, o eccellenti brahmani, ha assunto per me la funzione di guru... Vi dir ora come un'ossifraga divenne per me un maestro. Io avevo ereditato da mio padre e da mio nonno una grande ricchezza e proprio a causa dei miei beni e dei miei raccolti i miei figli, nipoti, discendenti e parenti continuamente mi tormentavano, e cos pure tutti i miserabili ai quali io non accordassi benefici, dando a vedere di essere quasi in fin di vita. Alcuni mi chiedevano denaro con dolce insistenza, altri con atteggiamento inquieto, altri ancora incutendomi paura e alcuni brahmani addirittura col bastone. E cos io non riuscivo a starne lontano n potevo sentirmi felice; pur pensando giorno e notte a come attenuare quel tormento, non riuscivo a trovare il modo di procurarmi un po' di pace. Un giorno vidi un'ossifraga, che aveva afferrato col becco un pezzo di carne e volava in gran fretta nell'aria; aggredita da ogni parte da svariati uccelli che volevano sottrarle quel pezzo di carne, essa, per paura di quegli uccelli, fin per lasciar cadere quel pezzo di carne e subito fu felice, giacch quegli altri tutti la lasciarono in pace. Similmente anch'io, che ero tormentato dai miei parenti, quand'ebbi visto l'ossifraga con la carne assalita dagli uccelli senza carne, giunsi a questa conclusione: "Grazie al fatto di aver abbandonato la carne l'ossifraga sta bene ed felice"; feci quindi venire tutti i miei parenti, tutti i figli e nipoti e

in loro presenza, dopo aver fatto per tre volte un giuramento verace, annunciai: "Non c' pi nulla di mio nella mia casa; dividetevi equamente le mie ricchezze e prendetele voi, o parenti!". Da allora mi son liberato di loro e me ne sto in pace! E per questo motivo quell'ossifraga diventata per me un guru. Il possesso di ricchezze conduce allo smarrimento e lo smarrimento all'inferno; perci chi desidera la liberazione abbandoni le ricchezze lontano da s. Come la carne mangiata nell'acqua dai pesci, sulla terra dagli animali selvaggi e nell'aria dagli uccelli, cos dovunque il ricco aggredito. Pur essendo privo di colpa, il ricco tormentato da tutti, a cominciare dal re, mentre il povero, anche se ha delle colpe, ovunque esente da dolore... una pena l'acquisizione delle ricchezze e cos pure la protezione di quel che si acquisito; si prova pena nel perderle, si prova pena nel doverle spendere. Ahim! la ricchezza un ricettacolo di dolore!... Per questo motivo ho abbandonato le mie ricchezze, o asceti; e per questo ora sto bene, grazie all'insegnamento dell'ossifraga. Ascoltate ora, o eminenti, come il serpente divenne per me un guru, come io rinunciai anche a una casa, dopo aver osservato il comportamento del serpente. La costruzione di una casa fonte di grande dolore, mai di gioia. Il serpente entra in un'abitazione costruita da altri ed felice; dopo averla piacevolmente utilizzata, entra ancora in un'altra casa dello stesso tipo. Non mai attaccato a essa e non pensa mai: "Questa la mia casa". Non possiede una casa, giacch non stato lui a costruirsela. Colui che costruisce per s una grande dimora, superando difficolt di vario tipo, in seguito non se ne allontana neppure quando giunge l'ora della morte; dopo la casa viene la sposa e da lei figli e figlie, e per loro egli in seguito fa quel che giusto e quel che ingiusto... Attaccati a figli, moglie, casa e campi, gli esseri umani soffrono in preda all'avidit, come vecchi elefanti selvaggi immersi in una pozza di fango... Per questo motivo, o eccellenti fra i rigenerati, dopo aver osservato il comportamento del serpente, io abbandonai la mia grande casa, che era divenuta un ostacolo sulla via della salvezza... Ben consapevole di questo, o brahmani, mi lasciai dietro ogni forma di attaccamento, deciso a cercare soltanto il fine ultimo della liberazione. E cos il serpente divenne per me un guru, o eccellenti brahmani... Vi dir ora come un'ape divenne per me un guru. Vidi un giorno un'ape che era venuta a posarsi sulla punta del ramo di un albero, rifugiandosi in un nido precedentemente preparato; giunto il tempo della primavera, gli alberi divennero colmi di fiori, ricchi di petali e germogli profumati; l'ape prese a succhiare, da quelli, una piccolissima parte di nettare, la migliore in assoluto, e a

deporlo sulla cima del ramo di quell'albero, continuando instancabilmente e con gioia la propria ricerca. Cos, dopo lungo tempo, si produce una grande quantit di miele, del quale altri godono a centinaia di migliaia. Dopo aver riflettuto su questo comportamento, ho cercato di assimilarne la parte migliore dei molteplici trattati dottrinali, prendendoli a uno a uno, in modo che altri possano trarne profitto: i brahmani, infatti, sono come le api ed per questo, o eccellenti brahmani, che l'ape divenne per me un guru... Vi dir ora in che modo un fabbricante di frecce mi divenne maestro. Avendo intenzione di dedicarmi alla ricerca del S, nella mia vita incontrai migliaia di asceti dotati di conoscenza e ciascuno di loro ha fatto del suo meglio per impartirmi qualche insegnamento..., ma in nessun modo io raggiunsi la visione del S. Entrai quindi nel vairdgya e presi a vagare sulla terra alla ricerca di un guru, ma non riuscii a trovarne uno che m'insegnasse a conseguire la visione del S. Un giorno, mentre percorrevo una strada maestra, vidi passare un re col suo grande esercito; scostatomi dalla strada per lasciare il passo al re che mi veniva incontro, mi fermai sull'ingresso di una capanna. Si trovava l un fabbricante di frecce, concentrato come giusto sul suo lavoro, consistente nel produrre frecce dalla punta appiattita. Quando ormai il re si era allontanato, sopraggiunse un servitore, che prese a interrogare in gran fretta quel tale, che continuava a prestare la giusta attenzione all'opera delle frecce, mentre anch'io ascoltavo, o rigenerati: "Da quanto tempo passato il re? dimmi per quale strada io posso raggiungerlo". Rimanendo chino sul suo lavoro, o brahmani, quell'uomo rispose: "Per questa strada maestra io non ho visto passare alcun re. Chiedi a qualcun altro...; io me ne stavo qui, ben attento all'opera delle frecce". Quand'ebbi udito le sue parole, feci in cuor mio questa riflessione: "Con la concentrazione mentale si realizza lo yoga, che produce la conoscenza della Realt ultima; in nessun altro modo riuscir a realizzarlo; discipliner quindi le funzioni mentali per conseguire la consapevolezza della Realt ultima e cos otterr il mio scopo". Da allora nella mia mente io sempre concentro l'attenzione sul Signore la cui forma il tutto e sul Sole che risiede nel loto segreto del cuore: nelle direzioni dello spazio che si estendono a perdita d'occhio, nel cielo e sulla terra nient'altro io vedo che Lui, o eccellenti fra i rigenerati, e sussisto grazie alla sua forza, pieno di vigore! E cos il fabbricante di frecce divenne per me un guru, o ottimi brahmani. Ascoltate ora come un tempo una fanciulla divenne per me un guru. Quando, abbandonando ogni attaccamento, io me ne andai di casa, anche mia moglie

venne via e mi segu, prendendo con s un figlioletto e una graziosa figliuola. Allora, mentre io vivevo in ritiro nelle selve, mia moglie mi disse: "Fa' come ti dico, giacch in questo modo otterrai la liberazione. Lo studente religioso, il capofamiglia, colui che si ritira nelle selve, oppure l'asceta, qualora acquisti la padronanza di s, certamente pu conseguire la liberazione. Ma se tu abbandonerai anche me e te ne andrai, io morir: la verit, non c' dubbio! E se io morir, questi tuoi due figli, la fanciulla e il bimbo, moriranno dopo di me; perci, o signore, abbi piet...". Allora io con fatica promisi di rimanere nell'srama, come vuole la condizione di chi si ritira nelle selve, e cos feci. Mentre dunque stavo l, la mia bambina giocava davanti a me, con le due braccia coperte di braccialetti; e dal momento che ella si nutriva solo di tuberi, radici e frutti, giorno dopo giorno il suo corpo si era assottigliato e io soffrivo nel vedere quei braccialetti cadere. Dopo qualche tempo erano ridotti a tre; i due che ella portava a un polso, urtando l'uno contro l'altro, producevano rumore. Dopo molto tempo ancora di quei due ne rimase uno solo e non produceva pi n urto n rumore. Dopo aver riflettuto su questo, abbandonai anche quell'eremo, prendendo una ferma decisione, ben ponderata nel mio cuore: "Fra molti una perenne disputa e fra due scontro. Tutto solo vivr, come il braccialetto della fanciulla". Abbandonai quindi la moglie che dormiva coi bambini e intrapresi un lungo cammino, riposando dove mi trovassi al cader della sera, cibandomi di quello che mi fosse dato. E ancora vado errando sul dorso della terra, dopo aver lasciato ogni legame col mondo. A poco a poco, in questo modo sono giunto alla conoscenza... e in questo modo, o eccellenti brahmani, la fanciulla diventata per me un guru.

Il vairdgya o samnysa la condizione di chi rinuncia totalmente al mondo, diventando un monaco vagabondo. Studentato religioso, vita di famiglia, ritiro nelle selve e ascesi o completa rinuncia sono i quattro stadi, detti srama, nei quali si suddivide la vita degli dvija, cio degli hind di alta casta che ricevono l'iniziazione brahmanica e per questo vengono considerati come nati due volte; tali stadi dovevano tradizionalmente essere percorsi l'uno dopo l'altro fino all'ultimo, nel quale si viveva come monaco mendicante e che comportava l'abbandono anche di residui legami famigliari.

La parola dsrama significa sia stadio di vita, sia eremo, luogo di ritiro spirituale.

10. Solo l'abbandono della mente vero abbandono Sappi che la mente la sede dello smarrimento, sappi che la mente l'uomo; sappi che la mente la rete in cui s'impiglia il mondo: la mente tutto! Del tuo regno con tutto quel che contiene, del tuo corpo con tutte le sue membra, del tuo eremo con tutte le sue parti: di tutto questo la mente il seme, come il seme che, da un albero, genera un altro albero. Ed solo abbandonando il seme di ogni cosa che tu puoi veramente abbandonare ogni cosa. Solo dall'assenza di ogni possibile forma di esistenza pu sorgere il vero abbandono di ogni cosa. L'osservanza di tutti i doveri o la loro negligenza, il governo del regno con tutto ci che comporta e anche il ritiro in un eremo della foresta: tutto questo fonte di somma pena per chi dipende dalla propria mente, ma non intacca la gioia di chi della propria mente si liberato! Tutto questo non altro che mente e gira senza posa, proiettando intorno a s l'apparenza del mondo colla sua rete di corpi e di forme, non diversamente dal seme, che proietta se stesso nell'apparenza dell'albero. Come l'albero scosso dal vento, la montagna dal tremito della terra e un otre da chi lo trasporta, cos il corpo mosso dalla mente. Sappi che la mente domina tutte le creature, da quelle che godono i piaceri della vita e da quelle che nascono solo per invecchiare e morire fino ai grandi veggenti silenziosi...

11. Il sonno dello smarrimento

Nessuno causa di gioia o dolore per nessuno; ciascuno raccoglie semplicemente il frutto delle proprie azioni, o fratello! L'unione e la separazione, le esperienze piacevoli e quelle spiacevoli, i nemici, gli amici e le persone che ci sono indifferenti: tutte queste cose sono trappole dell'errore. La nascita e la morte, la prosperit e l'avversit, l'azione e il tempo e tutti gli affanni terreni, la terra, la casa, la ricchezza, la famiglia, il cielo e l'inferno e l'intera esperienza terrena, quello che pu esser visto, sentito, pensato nella mente: tutto questo ha la sua radice nello smarrimento; dal punto di vista della Realt suprema non esiste. Se un mendicante in sogno diventasse re e se Indra, il re del cielo, in sogno diventasse un miserabile, al risveglio non ci sarebbe alcun guadagno per l'uno n alcuna perdita per l'altro: allo stesso modo bisogna guardare questo mondo. Cos meditando, non andare in collera con nessuno e non accusare nessuno invano. Tutti stanno dormendo nella notte dello smarrimento e, dormendo, sognano vari tipi di sogni. In questa notte del mondo gli yogin soltanto sono desti, essi che sono immersi nella Realt suprema e hanno abbandonato il mondo. Pu esser considerato desto colui che ha raggiunto il distacco da tutti i piaceri che derivano dagli oggetti dei sensi e della mente. Al sorgere della discriminazione svanisce l'errore dello smarrimento e nasce l'ardente amore per i piedi del Signore. O amico! questo il fine supremo: l'amore con la mente, con le opere e con le parole per i piedi di Rama.

Si reso con smarrimento il termine moha che tecnicamente indica lo stato di offuscamento mentale di colui che preso nella trappola dei piaceri e degli

attaccamenti mondani. Rama considerato una discesa terrena dell'Essere supremo, con il quale lo identificano i suoi devoti.

12. Abbandonare il fardello Un giorno vieni a sapere che dall'altra parte del fiume c' uno svami di cui tutti dicono meraviglie. Lo vuoi vedere a ogni costo. Ti metti in cammino. Ecco il fiume. Non lo si pu guadare e attraversarlo a nuoto troppo pericoloso. Sulla riva si presenta un traghettatore con la sua barca. Gli domandi di portarti all'altra riva. D'accordo, ti dice, ma per cominciare getta il tuo fardello. Traghetto soltanto gli uomini, non i loro affari. Ma non posso abbandonare il mio fardello. Come farei senza i miei affari? Qui dentro ho il mio cibo per il viaggio, la mia coperta per la notte. Ho fiori e frutta da offrire allo svami. Ho i miei testi sacri, che leggo ogni giorno. Dopo tutto, il mio fardello non poi cos pesante. Ors, traghettatore, sii ragionevole! Traghettami cos come sono, con quello che porto. Ti pagher adeguatamente. Come preferisci risponde il traghettatore. Prendere o lasciare. Senza fardello ti traghetto. Con il fardello ti lascio qui. Che cosa scegli fra le due? Vedere lo svami o i tuoi vecchi stracci?. Allora si lascia cadere il sacco, si passa e si ha la visione dell'tman. Chi dunque pu correre con un sacco in testa? Ci che il tuo guru s'aspetta da te sei tu stesso e non ci che hai comprato passando dal mercato! Nudo nascesti, nudo solamente puoi rinascere nella gloria dell'tman! Colui che perde se stesso, si trova colui che perde tutto, tutto trova. Colui che protegge se stesso, perde tutto e se stesso insieme con tutto!

L dove non c' niente proprio l c' tutto. Penetra in questo segreto, sparisci ai tuoi stessi occhi: allora solamente, in verit, TU SEI!

La parola hindi svmi (sanscrito: svamin) significa signore ed quindi un termine interlocutorio per indicare rispetto. Nell'uso comune, viene oggi riferito soprattutto a monaci, saggi e maestri spirituali e sovente anche a Dio. L'tman il S, la Coscienza, la Realt assoluta presente in ogni essere.

13. Come liberarsi dall'attaccamento Fa' in modo che l'attaccamento a Colui che non ha attaccamenti sia il tuo attaccamento. Quell'attaccamento ti aiuter a liberarti dai tuoi attaccamenti.

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