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Aler, non un problema di ordine pubblico

Se lassessore alla Casa della Regione, Paola Bulbarelli, nel giro di 48 ore pu
passare dal richiedere lintervento dellesercito a sollecitare il contributo delle
cooperative per affrontare il lemergenza occupazioni, limpressione che le
decisioni che la maggioranza del Pirellone dipendano pi dai mutevoli umori
dellelettorato che dalla volont di dare una efficace soluzione ai problemi che si
pongono con sempre maggiore urgenza. Che sono tra loro diversi e diversamente
vanno dunque affrontati.
C il problema, tecnicamente criminale, del racket delle occupazioni. Quanto
organizzato e quanto esteso sia, la stessa Commissione antimafia intende
approfondire; quanto realmente perseguibile non dipende dalle amministrazioni se
non per la segnalazione dei casi sospetti o conclamati a polizia e magistratura, pratica
che le cronache documentano rara e occasionale. C il caso delle occupazioni pi o
meno organizzate da comitati e collettivi fattisi difensori dei pi deboli che hanno
acceso la tensione sociale nelle periferie.
C il caso delle occupazioni pi o meno organizzate da comitati e collettivi fattisi
difensori dei pi deboli che hanno acceso la tensione sociale nelle periferie della
citt. Affrontarle con i soli strumenti dellordine pubblico, non ha dato risultati ed
anzi ne ha moltiplicato i casi in un gioco delloca tra polizia e occupanti a somma
zero se non per i costi
Le nuove occupazioni, si aggiungono a quelle definite, senza ironia, storiche.
Ora si affaccia, soprattutto da parte del Comune che sta tentando di distinguersi
dallerratica gestione regionale, lipotesi di una regolarizzazione previa,
naturalmente, lanalisi approfondita delle singole posizioni. E anche la Regione vuole
modificare i propri regolamenti, ma adottando vincoli di residenza (10 anni) ancor
pi ampi per Maroni di quelli che a David Cameron suggerisce la competizione con
lUkip. Anche nel caso si riuscissero a superare gli ostacoli, sarebbe comunque
necessario che leventuale regolarizzazione degli abusivi si presentasse come atto
unico e irripetibile per lavvio di una gestione normale, nella quale lesercizio di un
diritto non debba essere conquistato sfondando una porta ma sia collegato al criterio
oggettivo del reddito familiare piuttosto che a particolari fragilit.
Altro punto sensibile, poich cos si descrive la platea degli aventi diritto che
potrebbe essere anche molto diversa da quella attuale delle 20mila domande in lista
dattesa. Perch bisogna considerare anche quanto avviene nel mercato dellaffitto
libero dove gli sfratti per morosit di famiglie del ceto medio impoverito si stanno
moltiplicando e alle quali il Piano Casa riserva in tutto 28 milioni nel biennio. Che
non basterebbero alla sola Milano dove per le case sfitte o invendute sono 80mila
senza che nessuno sembri capace di far incontrare domanda e offerta manovrando,
almeno, sulla leva fiscale. Perfino lanagrafe di chi attualmente risiede nelle case

popolari non sembra affatto affidabile, al di l di una morosit che nessun sistema di
welfare, per quanto ben progettato, potrebbe sostenere.
Infine, c lo scandalo della gestione di Aler, un poltronificio la cui recente
ristrutturazione non bastata a far uscire da una condizione, tecnicamente,
fallimentare, n a rispettare gli impegni di tutela del proprio patrimonio immobiliare
di cui gli alloggi vuoti o non agibili sono la pi clamorosa, ma non unica
testimonianza. Di questo la maggioranza, che la stessa che ha governato lIstituto
per ventanni, dovrebbe semplicemente prendere pubblicamente atto prima di
articolare nuove proposte. Lasciando tranquilli i generali per mettere al lavoro un
esercito di contabili, amministratori, portinai, idraulici, elettricisti e muratori, senza
tessera di partito in tasca.
(la Repubblica Milano, 3 dicembre 2014)

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