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La diffusione dell'eredit classica

nell'et tardoantica e medievale


Forme e modi di trasmissione

Atti del Seminario Nazionale


(Trieste, 19-20 settembre 1996)

a cura di
ALFREDO VALVO

Estratto

Edizioni dell'Orso

ALESSANDRO E L'INCENDIO DI PERSEPOLI


NELLE TRADIZIONI GRECA E !RANICA
Claudia A. Ciancaglini

l. Premessa

Nella manualistica corrente si insiste spesso sul rispetto che Alessandro avrebbe
mostrato nei confronti delle varie forme di culture orientali con le quali venne in
contatto nel corso della spedizione, e in particolare verso gli aspetti religiosi di
tali culture: a parte l'omaggio al santuario libico del dio Ammone, che i Greci
identificavano con Zeus, Alessandro in Egitto aveva compiuto sacrifici al bue
Api e in Babilonia al dio Bel-Marduk. Quand'anche queste azioni fossero state
dettate da intenti puramente politici, certo che ad Alessandro interessava trovare una via d'intesa con le culture orientali, al fine di portare a compimento il suo
sogno di unificare l'occidente e l'oriente sotto il suo dominio".
L'idea che Alessandro perseguisse una politica di fusione tra i popoli
dell'Europa e dell'Asia, idea sostenuta per la prima volta da J.G. Droysen 1 e per
lungo tempo comunemente accettata, stata seriamente messa in dubbio dagli
storici pi recenti 2 Per questo importante aspetto della politica di Alessandro,
gli avvenimenti persiani sono decisivi: Droysen basava la sua opinione proprio
sui matrimoni misti tra macedoni e donne persiane, favoriti (o imposti?) da
Alessandro; gli storici pi recenti capovolgono tali argomentazioni sottolineando che le fonti parlano soltanto di matrimoni tra uomini macedoni e donne persiane, ma mai di unioni tra uomini persiani e donne macedoni: ci fa sorgere
pi di un dubbio a proposito delle effettive intenzioni di Alessandro 3 ; non si
pu negare, infatti, che l' 'unidirezionalit' di tali matrimoni misti richiama alla
mente pi la 'pulizia etnica' che la fratellanza tra i popoli. '
Per di pi, l'immagine di un Alessandro generalmente magnanimo nei confronti dei vinti, immagine cara sia alla storiografia ottocente~ca impregnata di
idealismo e romanticismo, sia in seguito agli storici come Tarn, formatisi in
ambienti culturalmente colonialisti, ha subto un duro colpo ~ell'ultimo mezzo
secolo, quando gli studiosi hanno riconsiderato le testimonianze antiche anche
da nuovi punti di vista. Anche in questo caso, le gesta di Alessandro nel regno

1
2

Geschichte des Hellenismus, Gotha 18772 , 2, p. 83 s.= Base) 1952\ p. 307.


Cf., tra gli altri, A.B . Bosworth, Alexander and the lranians, <dourn . of Hellenic Studies>> 100

(1980), pp. 1-21.


J Cf. F. Hampl, Alexander der Grosse und die Beurteilung geschichtlicher Personlichkeiten, <<La
nouvelle Clio>> 6 ( 1954), pp. 115-123, in particolare p. 119; A. B. Bosworth, Alexander, ci t., p. 11 s.

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Claudia A. Ciancaglini

iranico hanno avuto un ruolo centrale nelle indagini storiche: oltre all'incendio
della reggia di Persepoli e al saccheggio della citt, di cui riparleremo pi estesamente fra poco, si dato maggiormente peso al massacro dei ribelli sogdiani
nell'Iran orientale, compiuto nel periodo tra il 329 e il 327, poco dopo i fatti di
Persepoli. In entrambi i casi Alessandro avrebbe infierito su popolazioni gi
vinte, sterminando gli uomini e riducendo le donne in schiavit4
I Persiani, consapevoli e orgogliosi della loro tradizione culturale e religiosa, non pare che avvertissero l'assoluta necessit di essere 'civilizzati' dai
Macedoni; ma mentre nelle zone dell'Iran settentrionale (per es. in Partia) e
orientale (Battriana e Sogdiana) la cultura greca esercit comunque un influsso
notevole, al punto di far riemergere nell'epopea neopersiana, a distanza di secoli, un'immagine positiva di Alessandro, mutuata dal Romanzo dello Pseudo
Callistene attraverso complicati percorsi (per i quali cf. oltre, 5), nella regione
sudoccidentale dell'Iran, la Persia propriamente detta, culla degli Achemenidi,
dei Sasanidi e dell'ortodossia zoroastriana, la figura di Alessandro assunse connotazioni soltanto negative.
Ancora oggi in Iran, forse anche per effetto di un'ideologia nazionalistica
che non disdegna di richiamarsi direttamente ai fasti imperiali achemenidi, il
nome di Alessandro suscita reazioni di ostilit ed associato indissolubilmente
a due sue gesta barbariche: l'incendio di Persepoli e la distruzione dei testi sacri
zoroastriani, l'Avesta e lo Zand, che si sarebbero trovati nella sala del tesoro
della reggia di Persepoli, oppur~ - secondo altre tradizioni - nella Fortezza
delle Scritture, a Staxr i Papakan, n elle vicinanze di Persepoli. Dei due episodi,
solo il primo un fatto storicamente accertato, essendo testimoniato, oltre che
da fonti sia greche che persiane, anche dai dati archeologici.
necessario premettere che pochi argomenti della storia classica sono stati
studiati cos a fondo come la spedizione di Alessandro Magno, insieme a tutti
gli aspetti ad essa connessi; una prova eloquente di ci si pu desumere dalla
mole dell'accurata e aggiornatissima bibliografia contenuta nel catalogo della
recente esposizione di Roma, Alessandro Magno. Storia e mito, organizzata
dalla Fondazione Memmo (Palazzo Ruspoli, 21 dicembre 1995 - 21 maggio
1996; il catalogo pubblicato dalla Leonardo Arte). Tra tali st~di non mancano
contributi relativi ai rapporti tra il Macedone e la cultura irani:a5 ; ma anche nei
casi non frequentissimi in cui si tenuto conto delle testimonianze iraniche,
l'interesse si concentrato sulle tradizioni che attestano un influsso significativo della cultura greca, come per esempio le tradizioni di epoca seleucide ed
4
Per le fonti greche che testimoniano le gesta di Alessandro in Battriana e Sogdiana, cf. oltre; vd.
anche A. B. Bosworth, Alexander, cit., p. IO.
5
Cf., ad es., A. Abel, La .figure d'Alexandre en Iran, in La Persia e il mondo greco-romano, Atti
del Convegno dell'Accademia dei Lincei, Roma 1966, pp. 119-134; J. Wolski, Alexandre le Grand et
l'Iran, <<Acta Antiqua Academiae Scientiarum Hungaricae>> 31 (1985-88), pp. 3-11; A.B. Bosworth,
Alexander, cit., pp. 1-21.

Alessandro e l'incendio di Persepoli

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arsacide, sviluppatesi in zone settentrionali e orientali dell'Iran e documentate


da dati archeologici, epigrafici, numismatici, oltre che letterari; nella medesima
prospettiva stato ampiamente studiato il modo in cui la leggenda di
Alessandro confluita nella letteratura neopersiana (cf. oltre, 5).
Al contrario, non sembra che la tradizione persiana sudoccidentale testimoniata dai testi pahlavici, nei quali la figura di Alessandro assume contorni
demoniaci, abbia ricevuto sufficiente attenzione, almeno dal punto di vista dell'analisi storico-culturale: a quanto ci consta, il contributo specifico pi sostanzioso costituito dalla densa pagina di Gherardo Gnoli all'interno del catalogo
della mostra romana cui si gi fatto cenno, dove tuttavia, a causa naturalmente
della sede divulgativa, i testi pahlavici in questione sono soltanto nominati,
senza l'indicazione dei passi relativi.
Tutto questo dipende, a nostro avviso, in parte dalla difficolt psicologica
della storiografia occidentale, condizionata dai fattori culturali di cui si detto,
di fronte a un'immagine cos negativa di Alessandro; in parte certo anche dalle
caratteristiche specifiche della lingua pahlavica, tramandata in un sistema grafico di difficile apprendimento e di ancor pi difficile interpretazione, oltre che di
ristretta circolazione, e dall'insoddisfacente stato della filologia pahlavica, legato a tali difficolt6
Pur senza avere la presunzione di addurre novit sorprendenti, non ci sembra inutile un riesame critico del rapporto tra fonti greche e fonti pahlaviche
riguardo all'incendio del palazzo reale di Persepoli, la capitale dinastica achemenide, situata nel Sud-Ovest dell'Iran, nella Perside o Pars (modernamente
Fars).

2. L'incendio di Persepoli
Persepoli era il simbolo dell'ideologia imperiale achemenl.de: oltre ad essere la capitale dinastica, vi si trovavano le tombe monumentali dei re e vi si celebravano le cerimonie per il ni5ruz, il capodanno iranico, durantt( il quale i sudditi si recavano a rendere omaggio al Re dei Re e a pagare i tributi?.
Alessandro entr nella citt di Persepoli nel febbraio del 330 8, dopo che la
citt era caduta in suo potere senza opporre resistenza. Non per questo il trattamento riservato ai vinti fu meno efferato: secondo quanto testimoniano anche le
6
Di alcuni dei problemi oggettivi che la filologia pahlavica presenta si discusso altrove: cf.
C.A. Ciancaglini, La tradizione manoscritta dell'Arta Virilz Nilmak, in P. Cipriano - C.A. Ciancaglini,
Studi iranici, Viterbo 1994, p. 52 ss.
7
Cf. A.T. Olmstead, History of the Persian Empire, Chicago-London 1948, pp. 275-283; Arthur
U. Pope, Persepolis as a Ritual City, <<Archaeology IO (1957), pp. 123-130; E.N. Borza, Fire from
Heaven: Alexander at Persepolis, <<Classica! Philology>>67 (1972), p. 243 .
8
Secondo Plutarco (Alex. 37, 3) Alessandro rimase a Persepoli per quattro mesi; ma C.A.

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fonti greche, in particolare Diodoro 17, 70, 4-6 9 , Curzio Rufo 5, 6, l ss.,
Giustino 11, 14, 10 ss. e Plutarco Alex. 37, 2, la citt fu abbandonata ai saccheggi dei soldati, gli uomini furono massacrati, le donne tratte in schiavit.
Persepoli - spiega Diodoro 17, 70, l - era stata presentata da Alessandro ai
Macedoni come la nemica principale tra le citt dell'Asia: -cT,v ITc.pcr1tOtV, llTJ'tp01tOtV ocrav -cn ITc.pcrrov J3acrtEia, a1tEtl;E [scil.
'Al;avpo] -cot: MaKEOcrt 1tOE.f..ttOO'tcX'tTJV -crov Ka-c -cT,v 'Acri.av Jtc.rov (cf. anche 17, 71, 3).
Questi atti vandalici e criminosi dei Macedoni contro la popolazione civile
sono omessi da Arriano e perci molti storici in passato ne hanno negato la
veridicit. Come si gi accennato, la storiografia pi recente ha per smesso
di considerare Arriano come l'unica fonte affidabile 10 e sembra molto pi propensa a dare credito alla notizia di questi eccidi 11 Allo stesso modo si tende
ormai a considerare veridica non solo la tradizione circa la persecuzione in
Battriana del 329, dove gli uomini sarebbero stati uccisi e le donne ridotte in
schiavit, tradizione attestata anche da Arriano (Anab. 4, 2, 4; 3, l; cf. Curt. 7,
6, 16), ma anche quella- omessa, ma non contraddetta da Arriano (Anab. 4, 19,
4)- relativa alla crocifissione dei Sogdiani che gi si erano arresi, fatto accaduto intorno al 327 e testimoniato da Curzio Rufo 12 e nell'indice di Diodoro, dove
si allude a un vero e proprio massacro: w 'Al;avpo 1tocr-cav-ca -co
:Loywvo 1W'tE1tO!lTJO"E Kat Ka-cmj>al;c.v a-crov 1tEiou -crov ffic.Ka
j..lUptarov (Diod. 17, index Ky', p. 3 Bud = 110 Loeb) 13
Robinson jr., The Ephemerides of Alexander's Expedition, 1932, p. 74 ss., ha sostenuto che la permanenza del Macedone deve essere durata meno di due mesi; per i problemi cronologici connessi alla permanenza di Alessandro a Persepoli cf. J.R. Hamilton, Plutarch: "Alexander": A Commentary, Oxford
1969, pp. 98-99.
9
A lungo si ritenuto che il libro XVII di Diodoro dipendesse da Clitarco (cf. FGrHist 137 F
Il); W.W. Tarn, Alexander the Great II. Sources and Studies, Cambridge J.948, p. 5 ss., ha invece
espresso l'opinione che il libro XVII di Diodoro non dipenda da Clitarco, ma da una relazione compilata nell'ambiente dei mercenari greci, almeno per quanto riguarda gli eventi fino all'anno 330; a una
fonte diversa da Clitarco pensa anche S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Roma-Bari 1965-66,
rist. 1983 (donde cito), II, p. 6 ss.

Cf. A.B. Bosworth, Alexander, ci t., p. I: <<The brotherhood of man as a. vision of Alexander is
dead, as is (one hopes) the idea that ali Alexander sources can be divided into sheep and goats, the one
based on extracts from the archives and the other mere rhetorical fantasy>>; S. Mazzarino, Il pensiero
storico classico, ci t., II, pp. 6 ss., 20, 27 e passim.
11
Cf. A. T. Olmstead, Hiswry of the Persian Empire, cit., pp. 520-522; E.N. Borza, Fire from
Heaven, cit., p. 242.
12
Curt. 7, 11, 28: Il/e [scii. Alessandro] quamquam verebatur, ne conspecta iuvenum paucitate,

'

deturbarent eos barbari, tamen et fortunae suae confisus et Ariamazi superbiae infensus, nullam se
condicionem deditionis accipere respondit. Ariamazes, desperatis magis quam perditis rebus, cum propinquis nobilissimisque gentis suae descendit in castra; quos omnis verberibus affectos sub ipsis radicibus petrae crucibus iussit G;{figi.
13 Cf. A.B. Bosworth, Alexander, cit., p. IO; si noti la forte espressivit del verbo KC:X'tacr<j>ciw
"scanno, trucido". :E$ciw indica propriamente l'uccisione delle vittime sacrificali e solo raramente si
applica a vittime umane; il composto Kaw.cr<j>ciw, invece, attestato per lo pi in riferimento ad esse-

Alessandro e l'incendio di Persepoli

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Tutti gli storici moderni sono per concordi nell'ammettere la veridicit


storica dell'incendio della reggia di Persepoli, che confortata dalla testimonianza unanime delle fonti greche (Arriano compreso) e iraniche e dai risultati
delle indagini archeologiche.
La costruzione del mirabile complesso edilizio dei palazzi reali di Persepoli era
stata iniziata intorno al 518 a.C. da Dario I, cui si deve l'edificazione della vasta
terrazza sulla quale sorgono i palazzi, ed era stata proseguita da Serse I, che aveva
fatto costruire i celebri Propilei e aveva dato inizio alla costruzione della cosiddetta Sala delle Cento Colonne, adibita alle udienze, portata a termine da Artaserse I.
Ancora pi imponente era l'altro palazzo delle udienze reali, l'apadiina, sulle cui
scalinate d'accesso sono rappresentati in bassorilievo i sudditi che si recano a portare doni al Re dei Re. Il complesso comprendeva, oltr a questi edifici pubblici e
di rappresentanza, una serie di altre costruzioni adibite alla residenza dei sovrani e
della loro corte, alla custodia dei tesori etc. 14 Le costruzioni achemenidi pi recenti
risalgono ad Artaserse III (met del IV sec. a.C.). Dopo l'incendio di Alessandro,
Persepoli non venne restaurata; vi si osservano alcuni edifici di epoca post-achemenide, per i quali sono stati di solito riutilizzati materiali di spoglio. Tra tali edifici importante il cosiddetto Tempio dei Frataraka, una dinastia locale che rimase
relativamente autonoma anche durante l'epoca dei Seleucidi e degli Arsacidi (cf.
oltre, 4). La citt fu in seguito abbandonata, e questo la preserv dai danni di
. .
. .
successtve mvaswm.
I segni deli' incendio voluto da Alessandro, visibili soprattutto nell'area deli' apadiina, sono stati rilevati accuratamente dagli archeologi moderni 15 Dopo i primi
scavi degli anni '30, compiuti dall'Orientai Institute of Chicago, e quelli successivi
ri umani, ed assume la connotazione negativa dell'uccidere vittime innocenti, in modo particolarmente
cruento, in gran numero o in modo sleale. Si veda, ad esempio, Erodoto 6, 23, dove Ippocrate, tiranno
di Gela, consegna a tradimento trecento maggiorenti della citt di Zancle ai Sami perch possano massacrarli (EiwKE... Kataa<)lal;at) e 8, 127, dove Artabazo Ka't<J<)lai;E gli abitanti di Olinto, "dopo
averli condotti ad un lago".
14
Cf. A.T. Olmstead, History ofthe Persian Empire, cit., pp. 172-184 e-272-288 .
15
Lo stato in cui Persepoli si mostrava agli occhi degli archeologi occidentali descritto con
grande partecipazione affettiva da A. T. Olmstead, History ofthe Persian Empire, cit., pp. 521-522: << At
Persepolis itself the ruins continue the story. Burned beams of the roof stili lay their print across
stairways and against sculptures. Heaps of ashes are ali that remain of the ce1lar paneling. Mud-brick
walls, deprived of their cover by the burning roofs, have flowed down with tlle rains into the sunken
courts. The triple line of circumvallation, also of mud brick, has disintegrated,'leaving only the foundations laid in hard stone. The bronze gates in each of the four sides ha ve disappeared. So thorough was
the search for loot that only a handful of coins have been unearthed by the excavators. A few more
scraps of gold leaf are ali of this precious meta! that have rewarded their labors. Hundreds of vessels
carved from the most varied and most beautiful stones were carried out into the courts and deliberately
smashed. A marvelous seated female statue, carved in marble just before the date of the Parthenon
sculptures, had been carried from Phocaea or some near-by city to Persepolis during the troubles incident to the Spartan expeditions which professed to liberate Asia. Placed in the museum hall of the
Persepolis treasury, it had remained safe unti! Alexander' s occupation. Then the Macedonian soldiers
knocked off and destroyed the head and tossed the torso into a near-by corridor, leaving only a mutiled
hand to indicated the room in which it originally stood. Alexander could not have shown more plainly
how thin was his veneer of Greek culture .

64 Claudia A. Ciancaglini
del servizio archeologico iraniano, di grande importanza stato l'intervento di
restauro condotto per conto deli' IsMEO negli anni '60, secondo un programma
sostenuto e diretto da Giuseppe Tucci 16

Se si eccettua, ovviamente, lo Pseudo Callistene, tutte le altri fonti, sia greche che iraniche, attribuiscono la responsabilit dell'incendio ad Alessandro.
Arriano (Anab. 3, 18, 12) afferma che Alessandro intendeva con ci vendicare le devastazioni compiute dai Persiani ai danni di Atene e dei suoi santuari
nel 480 a.C. (devastazioni che, per, erano a loro volta una vendetta persiana
contro l'incendio che i Greci della Ionia, capeggiati da Aristagora, avevano
appiccato alla citt di Sardi nel 498 a.C.), nonostante il parere di Parmenione,
che trovava insulso distruggere ci che era ormai proprio; Arriano aggiunge
che, a suo parere, Alessandro non aveva agito saggiamente e che, del resto, era
difficile interpretare l'incendio di Persepoli come una vendetta tardiva: '
o' J.lO oKE crv ve? pcrat w-ro ye 'AUavpo o tvai n
a{hT\ ITepcrrov -rrov m:iat nJ.lropia.
Diodoro descrive l'operato di Alessandro in termini ancora pi nefandi. Da
un lato, non lascia dubbi circa il fatto che l'incendio era stato premeditato: dopo
essersi impossessato del tesoro reale- racconta Diodoro 17, 71, l ss. -,
Alessandro fece allestire un grande convoglio di animali da soma per trasferirlo
al sicuro, a Susa, dato che aveva l'intenzione di radere al suolo tutti gli edifici
della reggia, essendo in pessimi rapporti con gli abitanti della Perside e carico
di diffidenza nei loro confronti: cr<popa y.p o'tptro exrov np 'tO
yxropiou 'Jntcr'tEt -re mhot: Ka. -r'Jv ITepcrnot v d 'to ecrneue
Ka'ta<J>9etpat (17, 71, 3).
Dall'altro lato, e a maggiore aggravante, Diodoro informa che il piano di
distruzione elaborato da Alessandro sarebbe venuto a compimento in un accesso di delirio dionisiaco: Alessandro, nel corso dei festeggiamenti per la vittoria,
tra gli amici ubriachi, e anche lui in stato di ebbrezza, cede ali' istigazione di
Taide, l'etera ateniese amica ufficiale di Tolomeo figlio di Lago, la quale voleva che fossero vendicati i santuari greci bruciati dai Persiani. Radunato un corteo dionisiaco di uomini armati di fiaccole incendiarie, accompagnati da suonatori di auli e flauti, si giunse alla reggia, contro la quale Alessq.ndro per primo
avrebbe scagliato la sua torcia (Diodoro 17, 72, 1-6).
Curzio Rufo (5, 7, 3 ss.) e Plutarco (Alex. 38, l ss.) descrivono l'accaduto
in termini non dissimili, con la differenza che non accennano al ruolo svolto da
Taide e non parlano di una festa dionisiaca, ma di una semplice orgia, durante
16

Molte notizie intorno agli scavi e al restauro di Persepoli sono contenute nel catalogo della
mostra, cit., pp. 242-247; per gli scavi a Persepoli, cf. E.F. Schmidt, The Treasury of Persepolis and
Other Discoveries in the Homeland of the Achaemenians, Chicago 1939, p. 65 ss.; Id., Persepolis l.
Structures, Reliefs, Inscriptions, Chicago 1953; sull'incendio, cf. M. Wheeler, Flames over Persepolis,
London-New York 1968.

Alessandro e l'incendio di Persepoli

65

la quale l'idea dell'incendio avrebbe preso corpo a partire dall'esaltazione di


motivi patriottici; Plutarco (Alex. 38, 4) cerca di mitigare la responsabilit di
Alessandro: bench l'incendio fosse stato premeditato, dopo averlo appiccato, il
Macedone si sarebbe subito pentito e avrebbe ordinato, invano, di spegnerlo.
Anche in questo caso, gli storici in passato hanno dato generalmente credito soltanto alla pi sobria testimonianza di Arriano, che motiva ideologicamente la distruzione della reggia di Persepoli e, d'altra parte, non fa cenno ai saccheggi e alle devastazioni compiute dai Macedoni ai danni della popolazione
della citt di Persepoli. Tarn, per esempio, ha ritenuto improbabile la versione
di Diodoro circa il ruolo svolto da Taide, dal momento che era contrario tanto al
costume greco quanto a quello macedone che una donna potesse presenziare a
un banchetto 17 ; questa obiezione di Tam molto discutibile, e infatti stata
contraddetta esplicitamente da studiosi pi recenti 18 D'altro canto, il silenzio di
Arriano, o meglio della sua fonte, su Taide pu essere dovuto ad almeno due
motivazioni diverse: alcuni studiosi hanno espresso l'opinione che la fonte di
Arriano potrebbe non aver nominato Taide perch considerava insignificante il
ruolo da lei svolto 19 ; ma, se si considera che una delle principali fonti di
Arriano proprio Tolomeo Lago e se si ammette che questi sia la fonte cui
attinge Arriano per l'incendio di Persepoli, ancora pi verosimile l'ipotesi che
il ruolo di Taide sia stato passato sotto silenzio per evidenti motivi personali,
dal momento che l'etera ateniese era l'amica ufficiale di Tolomeo e, come ci
informa Clitarco20 , sarebbe in seguito diventata sua moglie.

17

W.W. Tarn, Alexander the Great, ci t., II, p. 47 ss.


Cf. E.N. Borza, Firefrom Heaven, cit., p. 234: <<There is also no reason to doubt that she [scii.
Thai's] was an Athenian, and, despite Tarn's objections, that she (and others like her) attended banquets
and feast>>.
19
Cf. E.N. Borza, Fire from Heaven, cit., p. 235: <<lt is more likely that tbe Thai's story did not
appear in his source, some account which treated the Persepolis incident as the deliberate act of policy
that it was. The activities of an Athenian giri at this time would be of insignifi<;ant value beside the
greater importance of the fire itself. That Arrian does not mention Thai's is no reason to assume that she
was either not present or not an active participant>>.
20
Il frammento di Clitarco in cui si parla di Taide e dei suoi rapporti con Tolt,Jmeo Lago conservato in Ateneo 13, 576 d-e; vi si afferma che Taide era un'etera, che era stata la causa dell'incendio di
Persepoli e che, dopo la morte di Alessandro, aveva sposato Tolomeo (FGrHist 137 F 11). E.N. Borza,
Firefrom Heaven, cit., p. 235, n. 12, considera questa seconda ipotesi completamente congetturale: I
have considered the possibility that, if Ptolemy were Arrian's source far Persepolis incident, he might
have covered up Thai's' role because of her relationship to him at that time and afterward. Such an
argument, however, rests on certain assumptions about Ptolemy's feelings about Persepolis (and
Thai's). When he wrote his history did he feel shame? Pride? Embarrassment? No one knows, and I
cannot argue something which is so completely conjecturah>. Al contrario, ci sembra che sia evidente il
motivo umano che potrebbe aver spinto Tolomeo a non menzionare Taide, a prescindere dal fatto che
approvasse o meno l'incendio di Persepoli: non molto cavalleresco raccontare della propria futura
moglie che era un'etera e che aveva preso parte a un'orgia dionisiaca; Taide non avrebbe gradito e,
d'altra parte, tali circostanze erano lesive dell'onore di Tolomeo stesso, trattandosi di una persona a lui
cos vicina.
18

66 Claudia A. Ciancaglini

Pagliaro, ispirandosi a quanto gi suggerito da Arriano, ha sottolineato l'inverosimiglianza della motivazione ideologica addotta dalle fonti greche, cio
che l'incendio di Persepoli rappresentasse per Alessandro una vendetta tardiva
contro i Persiani: oltre al grande lasso di tempo trascorso dai fatti del 480 a.C.,
oltre alle aspirazioni universalistiche di Alessandro, che mirava a presentarsi
come il legittimo successore degli Achemenidi, va considerato anche che una
tale vendetta avrebbe dovuto esercitarsi, semmai, contro Susa, che era la capitale amministrativa della Persia, e non contro Persepoli, il cui nome - stando alle
fonti - era quasi sconosciuto ai Greci 21 Lo studioso ha sottolineato, invece, il
fatto che il mondo religioso persiano, cos profondamente speculativo, etico e
aristocratico, cos intimamente connesso con i principi fondanti della regalit
achemenide, non poteva che rimanere estraneo alla coscienza religiosa di
Alessandro, il quale avvert sia l'impossibilit di servirsi del mazdeismo a fini
politici, sia l'irriducibile resistenza che l'altera religione mazdea avrebbe opposto a qualsiasi tentativo di ellenizzazione forzata 22 Proprio nella Perside, la
regione in cui si trova Persepoli, era situato il fulcro ideale non solo della dinastia achemenide, ma anche dell'aristocrazia e del clero; e proprio da questa
regione, che meglio di altre conserv nel tempo l'integrit culturale iranica,
risorger l'iranismo zoroastriano dei Sasanidi, dopo l'epoca dei Seleucidi e
degli ArsacidF3 .

3. La tradzione iranica.
La tradizione iranica, come quella greca, attribuisce ad Alessandro la
responsabilit dell'incendio, ma in pi lo incolpa della distruzione dei testi sacri
dello zoroastrismo, che avrebbe avuto luogo durante l'incendio della reggia: il
testo dell'Avesta e il commento, lo Zand, scritti con inchiostro d'oro su pelli di
bue, erano conservati nella sala del tesoro del palazzo reale di Persepoli, oppure
- secondo altre versioni della tradizione iranica- nella Fortezza delle Scritture.
Le fonti iraniche in questione sono i testi pahlavici, che sono andati formandosi in epoca sasanide, ma sarebbero stati posti per iscritto per lo pi intorno al
IX secolo d.C., successivamente, dunque, alla conquista islamica dell'Iran.
Sono esclusi da questo terminus post quem alcuni testi mediopersiani che non
appartengono alla tradizione religiosa mazdea, come il Frdhang i pahlavfk, glossario della pronuncia persiana degli eterogrammi aramaici impiegati nella scrittura
pahlavica (per il quale si veda ora l'edizione di H.S. Nyberg, pubblicata postuma

21
22
23

A. Pagliaro, Alessandro Magn o, Torino 1960, p. 205 s.


A. Pagliaro, Alessandro, ci t. , p. 206 ss.
Cf. A. Pagliaro, Alessandro, cit., p. 214, n. 3; cf. anche oltre, 4.

Alessandro e l'incendio di Persepoli 67

dal suo allievo Bo Utas, Wiesbaden 1988), la cui redazione sembra risalire a un
periodo precedente il IX secolo e, inoltre, il frammento di un testo simile al
Frahang, rinvenuto nei pressi dell'oasi del Turfan, circa il quale Bo Utas, nell'introduzione all'edizione sopra citata, afferma: The fragment from Turfan is certainly much older (9th or 10th century A.D.?) and it may be taken as an indication
that various Frahangs existed at least as far back as the time of the fall of the
Sasanian dynasty and probably earlier (p. xi). Durante la seconda spedizione nella
zona del Turfan stata rinvenuta anche una frammentaria traduzione in pahlavi dei
Salmi, risalente al VI sec. d.C., redatta in una scrittura pahlavica molto meno ambigua rispetto a quella impiegata pi tardi per la redazione dei testi sacri mazdei.
Quanto a questi ultimi, generalmente ammesso dagli studiosi che la loro redazione scritta non sia precedente al IX secolo, come si detto. Tale opinione confortata da una serie di evidenze storiche e testuali, sulle quali si soffermato H.W.
Bailey, Zoroastrian Problems in the Ninth-Century Books, Oxford 1943 (rist.
1971), pp. 149-176. Tuttavia, qualche perplessit riguardo al fatto che prima del
IX secolo non esistesse alcun testo religioso scritto in pahlavi pu ben sorgere. In
linea di principio, non si pu escludere, infatti, che esistessero testi scritti mazdei
in pahlavi anche prima del IX secolo, magari anche solo per assolvere alla funzione secondaria di ausilio mnemonico per i sacerdoti, i quali, comunque, hanno continuato a lungo a privilegiare la trasmissione orale del sapere religioso, come
espressamente dichiarato in alcuni testi pervenuti (p. es. Dnkart 455, lO ss. - 459,
8 ss. ed. Madan; Sad-dar nasr p. 24 ed. Dhabhar; nel trattato Pane hm i asronan
'Le cinque virt dei sacerdoti ' , Pahlavi Texts, p. 129 ss., la capacit di memorizzare l'Avesta e lo Zand menzionata tra le qualit imprescindibili che i sacerdoti
devono possedere) . Ci che desta le perplessit di cui sopra, ad ogni modo, non
il fatto che i manoscritti a noi pervenuti, tutti piuttosto tardi (molti del XIV secolo
e oltre), riflettono unafacies linguistica molto pi arcaica di quella che si deve presupporre per il persiano del IX secolo: non si deve dimenticare che il pahlavi dei
libri una lingua letteraria, molto stratificata; M. Boyce, Middle Persian
Literature, in Handbuch der Orientalistik, 4, l, 1968, p. 66, la descrive nel modo
seguente: The MP [scii. Middle Persian] of the Zoroastrian, books is a literary
koine, merging into Persian, with many northern forms mingling with those of the
south. Proprio in quanto lingua letteraria e di ambito limitato alla trasmissione del
sapere religioso e teologico, l'aspetto linguistico del pahlavi .dei libri non offre
indicazioni sicure circa la presenza di eventuali redazioni scritte di epoca sasanide,
cio dell 'epoca in cui questi testi si sono formati. Non crea difficolt insormontabili, quindi, immaginare che una letteratura "speciale" come quella pahlavica, tramandatasi ali' interno di ambienti religiosi ai quali non erano certo estranei gli
scrupoli ortoepici, si sia conservata a lungo, anche in assenza di scrittura, in una
forma molto pi arcaica rispetto al persiano ormai parlato nel IX secolo dagli stessi mazdei in contesti non religiosi. Tutto ci si accorda anche con l'esplicita testimonianza di alcuni scrittori arabi come al-Istaxrl (cf. oltre, 4). Lo stesso avvenuto, tra l'altro, per l'avestico: H.W. Bailey (Zoroastrian Problems, cit., pp. 161;
175; 176, n. 2) racconta di un dastur, da lui incontrato a Yazd nel 1932, che era in
grado di recitare fluentemente ampie porzioni dell 'Avesta, pur incontrando qual-

68 Claudia A. Ciancaglini

che difficolt nella lettura della scrittura avestica, ed essendo quasi del tutto ignaro
del significato letterale dei testi che sapeva recitare. L'Avesta, per, aveva comunque ricevuto la prima fissazione scritta gi nel V secolo e questo non l'unico elemento che contribuisce a rendere particolarmente complessa la questione della tradizione dei testi religiosi mazdei.
La maggiore difficolt ad ammettere che i testi pahlavici siano stati tramandati
solo oralmente fino al IX secolo consiste piuttosto nel fatto che si tratta di testi di
prosa, almeno nella grande maggioranza24, mentre noto che la struttura metrica
il principale ausilio mnemonico delle culture orali. Perch si possa dire qualcosa di
pi sicuro sulla storia della tradizione dei testi pahlavici si dovr attendere che
vengano approfonditi gli studi filologici, linguistici e storici sulla letteratura religiosa mazdea.

Va detto subito che la tradizione pahlavica assolutamente indigena, cio


non risente di alcuna fonte greca conservata o perduta. L'unico punto di contatto che tale tradizione presenta con il mondo greco che essa si basa sulla figura
storica di Alessandro e sul suo operato a Persepoli. Il ricordo del Macedone e
dell'incendio di Persepoli si era conservato fino al momento della redazione
scritta dei testi pahlavici attraverso l'ininterrotta trasmissione orale all'interno
degli ambienti religiosi zoroastriani, e forse grazie anche al fatto che Persepoli,
come si detto (cf. supra, 2), non era stata ricostruita e le sue rovine avevano
continuato a mantenere viva la memoria dell'offesa subta.
Alessandro Magno il personaggio pi detestato della letteratura pahlavica.
Non solo aveva annientato la dinastia achemenide, della quale i Sasanidi si consideravano i diretti successori, ma si era anche reso responsabile del caos e della
confusione che aveva interrotto la continuit della tradizione zoroastriana25 .
Gli studiosi non danno alcun credito alla storia dell'incendio dei testi sacri;
H.W. Bailey 26 ritiene che tale leggenda sia stata elaborata dal clero sasanide per
spiegare la mancanza di manoscritti antichi dell'Avesta e per liberare quindi la
religione zoroastriana da una sorta di complesso di inferiorit nei confronti
delle grandi religioni monoteistiche, in specie il giudaismo e il cristianesimo,
con le quali lo zoroastrismo si trov in concorrenza nei primi secoli dopo
Cristo, e che si basavano su un canone scritto. L'Avesta, infatti,, era stato fissato
in un testo scritto solo in un'epoca non facilmente precisabil~, ma certamente
posteriore al V sec. d.C., in un alfabeto creato appositamente' adattando segni
grafici tratti da altri due alfabeti iranici, quello partico e quello pahlavico.
24

Sembra che soltanto il Draxt i Asurlk ('L'albero babilonese') sia redatto in versi; sulla complicata questione generale della versificazione pahlavica, la cui esistenza non ammessa da tutti gli studiosi, e su questa opera in particolare, si veda E. Ben veniste, Le texte du Draxt i Asurlk et la vers(fication pehlevie, lourn. As.>> 217 (1930), pp. 193-225 e W.B . Henning, A Pahlavi Poem, <<Bull. Sch. Or.
Afr.>> 13 (1950), p. 641 ss.
25
Cf. F. Vahman, Arda Wirz Nmag, Copenhagen 1986, p. 224; P. du Breuil, Le zoroastrisme
(Paris 1982), trad. it. Genova 1993, pp. 55-61.
26
Zoroastrian Problems, cit., p. 149 ss., in particolare pp. 151 e 158 ss.

Alessandro e l'incendio di Persepoli

69

La demonizzazione di Alessandro Magno in epoca sasanide, pur basata sul


dato storico della sua incursione nella Perside, intimamente connessa ad esigenze di propaganda politica e religiosa. Ma prima di valutare pi a fondo il
significato culturale del modo in cui l'ideologia zaratustriana ha utilizzato la
figura del Macedone, converr leggere subito un passo dell'Arta Vlniz Namak,
che esemplare a tale riguardo.
L'A VN una breve opera pahlavica di argomento escatologico, che dovette godere
di una certa diffusione, come dimostra il fatto che ce ne sono giunte diverse versioni, in pazand, in gujarati e in persiano. L'argomento il viaggio oltremondano
compiuto dal saggio Viraz per volere dei sacerdoti del fuoco di Atur Farnbag, allo
scopo di verificare le verit ultime intorno alla religione mazdea, la cui ortodossia
era stata messa in discussione proprio in conseguenza del caos creatosi dopo la
venuta di Alessandro. La redazione pahlavica dell'AVN risale probabilmente all'epoca degli ultimi Sasanidi (VI sec. d.C.), ma il primo capitolo (e proprio dal primo
tratto il brano che ci interessa) un'interpolazione successiva al periodo della
conquista araba, forse del IX o X secolo, e vari indizi - storici, letterari e linguistici- comprovano che deve essere stato redatto nella zona di Pars 27

(3) u pas gizistak ganak menok i druvand guman kartan i martoman pat en
den rad (4) han gizistak Alaksakdar i hromay!k i mucray!k manisn viyapanen!t i
pat garan sidz u nipart u dahlk o .Eran sahr amat (5) u-sai .Eran dahyupat ozat
(6) u dar u xvatay!k visuft u averan kart (7) u en den cigon hamak Apastak u
Zand apar gav postiha i v!rastak u pat ap i zarr nipistak andar Staxr <i>
Papakan pat kellaita nipast nihat estat (8) u ai patyarak i vat baxt i ahlamok i
druvand i anak kartar Alaksakdar <i> hromay!k <i> mucray!k manisn apar
avurt u be soxt (9) u cand dast;}baran u dat;}baran u herpatan u magupatan u
den burtaran u apazaromandan u danakan i .Eran sahr [rad] be kust (10) u
masan u katak xvataan i Eran sahr evak apak dit ken u anast!h o miyan
apakand ( 11) u xvat skast <u> o dosaxv dvarist (A VN l, 3-11 )28

Poi il maledetto spirito del maligno, il mentitore, allo scopo di rendere gli
uomini dubbiosi circa la religione, svi Alessandro il Greco, i maledetto, che
stava in Egitto; e lui giunse nel regno dell'Iran con terribile vi6Ienza, guerra e
tormento e trucid il sovrano dell'Iran, e distrusse e mand in rovina la corte e
la sovranit. E questa religione, cio tutto l'Avesta e Io Zand, scritti su pelli di
bue appositamente preparate e con inchiostro d'oro, erano stati custoditi in un
deposito a Staxr i Papakan. Questo nemico sciagurato, eretico, corrotto e malfattore, Alessandro il Greco, che stava in Egitto, assalt (la fortezza) e bruci (i
27

Cf. M. Boyce, Middle Persian Literature, cit., p. 48; F.Vahman, Ardii Wiriiz, cit., p. Il.
Il testo secondo l'edizione dei capp. I-II di W. Belardi, The Pahlavi Book of the Righteous
Viraz, Roma 1979, pp. 75-77.
28

70 Claudia A. Ciancaglini

testi e la fortezza). E poi massacr molti teologi e giudici, e gli herbad e i


mobad e i difensori della religione e gli esperti e i saggi del regno dell'Iran, e
diffuse la vendetta e la contesa tra i maggiorenti e i signori del regno dell'Iran,
gli uni contro gli altri, e alla fine distrusse se stesso e si precipit all'inferno.
Alessandro qualificato con l'aggettivo hri5miiyik, cio "romaico, bizantino"; il
pahlavi distingue tra yi5niiyik "greco", riferito specialmente alla lingua, e hri5miiyik
"di Bisanzio, tardo greco".
Si insiste sul fatto che Alessandro stava in Egitto (mucriiyik miinisn) non solo perch era giunto in Persia provenendo dall'Egitto, ma anche perch spesso le fonti
orientali assimilano l'Egitto alla Macedonia: cf. Mas'iidi, Les prairies d 'or, trad.
Berbier de Meynard, t. Il, p. 257. La forma miinisn pu significare sia "che si trovava in", sia "che abitava in".
Gli herbad sono sacerdoti di basso grado, a differenza dei mobad, o capi dei Magi,
ai quali si deve gran parte deli' organizzazione religiosa e giuridica di epoca sasanide.

Lo stesso racconto si ritrova in molti altri testi pahlavici (cf. oltre), in


forme analoghe nella sostanza; le varianti riguardano, per lo pi, il luogo in cui
i testi sarebbero stati conservati e la diversa sorte toccata loro. Il luogo dove,
secondo AVN l, 7, sarebbero stati depositati l'Avesta e lo Zand Staxr, il centro
nei pressi di Persepoli che, sotto i Sasanidi, sar sede della capitale e dove,
secondo la tradizione, sarebbe vissuto Papak, il padre di Artaxser, il sovrano
sasanide del III sec. d.C. (ca. 224-240 d.C.).
Le notizie sull'incendio dei testi sacri ad opera di Alessandro nominano
sempre, insieme all'Avesta, lo Zand, cio la letteratura teologica di commento.
Ma la distinzione tra Apastak (corpus di testi sacri in lingua avestica) e Zand
(complesso di opere esegetiche in pahlavi), sebbene sia quella canonica per
secoli nella cultura zoroastriana, certamente tarda, come gi affermava J .C.
Tavadia nel1956 29
In origine, infatti, Zand era la designazione dei testi sacri contenenti la tradizione religiosa dei Magi della Media, tradizione religiosa influenzata dalle
teorie zurvanite; tali testi erano conservati a Si:z, nome arabo corrispondente al
pahlavico Sec!kan, un centro dell' Atropatene (oggi Azerbaijan), nell'Iran nordoccidentale.
'
L'esistenza di una tradizione religiosa scritta dei Magi, indipendente da
quella zoroastriana del Pars che invece era ancora tramandata oralmente, testimoniata per il II sec. d.C. da Pausania, che descrive un Mago, intento ad eseguire un rituale religioso, il quale canta leggendo il testo da un libro (5, 27, 6:

29 J.C. Tavadia, Die mittelpersische Sprache und Literatur der Zarathustrier, Leipzig 1956, p. 26;
cf. W. Belardi, Il nome dell'Avesta: alla ricerca di un significato perduto, Rend. Ace. Naz. Lincei>>,
cl. mor., s. 8, vol. 34, 1979, p. 267.

Alessandro e l'incendio di Persepoli

btq.Et m.eyOilEVo K

71

~t~iou) 30 . Tuttavia, questa notizia contraddetta

da una testimonianza di Basilio (IV sec. d.C.; C. Clemen, Fontes, cit., p. 86), il
quale, a proposito dei Magi, ci informa che o1hc. yp ~t~ia Ecrn nap' a'tOt, OU'tE tcicrKa.ot OY!l<hrov . Ancora per l'epoca intorno alla prima
met del VII secolo (ca. 630), nella biografia siriaca del mago Jesus Sabran,
convertitosi al cristianesimo, si legge che i Magi tramandavano oralmente l'insegnamento di Zarathustra (cf. H.W. Bailey, Zoroastrian Problems, cit., p. 164).
Fondamentale per tale interpretazione del significato antico di Zand l' argomento linguistico: la forma chiaramente settentrionale, essendo connessa
con l'avestico zan- "conoscere, sapere", zaini- "che sa" (primo elemento di
composto: AiW 1660), con il partico z'n'dn "sapere", forme alle quali in area
occidentale corrispondono il persiano antico dan-, il pahlavico danistan, dan-,
il pazand danestan, danastan, dan- e il neopersiano danistan, di uguale area
semantica. Etimologicamente, dunque, Zand significa "sapere, sapienza" e non
"commento" 31 .
Soltanto in epoca sasanide le due tradizioni religiose - quella nordoccidentale dei Magi con sede a Si:z e quella sudoccidentale dei sacerdoti del fuoco con
sede a Staxr- si fusero fra loro32
Una prova del fatto che in origine Apastak e Zand fossero due tradizioni
indipendenti data proprio da una serie di luoghi di testi pahlavici in cui, a differenza del passo appena considerato dell'AVN, tale antica bipartizione si riflette nella diversa sorte toccata ai due testi in seguito all'intervento di Alessandro33 e/o nel diverso luogo in cui tali testi sarebbero stati conservati.
Mentre in A VN l, 8 si dice che sia l'Avesta che lo Zand erano stati depositati a Staxr i Papak:an ed entrambi erano stati bruciati 34 , altri testi pahlavici narrano che l'Avesta sarebbe stato bruciato, mentre Io Zand sarebbe stato sottratto

3
Cf. C. Clemen, Fontes historiae reLigionis persicae, Bonn 1929, p. 63 ; cf. W. Belardi, IL nome
dell 'Avesta, cit., p. 268; A. Pagliara, La Letteratura della Persia preisLamica, in A. Pagliara - A.
Bausani, Storia della Letteratura persiana, Milano 1960, p. 43 ; H.W. Bailey, .Zoroastrian ProbLems,
ci t., p. 167; M. Boyce- F. Grenet, A History of Zoroastrianism, III, Leiden 1991, p. 237, sottolineano
che la notizia di Pausania, oltre ad essere isolata, poco verosimile, dal momerlto che tutti i rituali dei
Magi comportavano anche delle azioni che richiedevano l'uso di entrambe le: mani, per cui sarebbe
stato impossibile per un Mago compiere il rito leggendo allo stesso tempo da un' libro.
31
Cf. W. Be1ardi, IL nome dell 'A vesta, cit., p. 267; J.C. Tavadia, Die mitteLpersische Sprache, cit.,
p. 25.
32
Cf. G. Widengren, in Le civilt dell 'Oriente III, cit., p. 558.
' 3 Cf. W. Belardi,IL nome dell'Avesta, cit., p. 269 e Id., The Pahlavi Book, cit., p. 98 s.
:w Non tutti gli studiosi, del resto, sono convinti che in questo luogo deli'AVN non si distingua tra
Avesta e Zand. Circa questo punto cruciale l'interpretazione del sintagma che conclude l, 8, ossia
apar iivurt u be soxt, nel quale apar iivurt interpretato da W. Belardi (The Pahlavi Book, cit., p. 29 e
p. 98 s.) nel significato di 'assalt', scii. la fortezza di Staxr, sulla scorta di H.N. Nyberg, A Manual of
Pahlavi, II, Wiesbaden 1974, p. 39. Al contrario S. Wikander, Feuerpriester in Kleinasien und Iran,
Lund 1946, p. 143, intende il sintagma in questione nel modo seguente: <<'geraubt und verbrannt', d.h.
Arda Viraf kennt die Auffassung, dass apastiik verbrannt aber zand weggefiihrt wurde .

72

Claudia A. Ciancaglini

da Alessandro e successivamente inviato a Hr6m, toponimo dalla latitudine


semantica assai ampia, ma che indica il pi delle volte Bisanzio.
Nel Grande Bundahisn (33, 14 TD2 p. 214, 12-13), per esempio, si legge:
Alaksandar Kesar. .. den i Mazdesniin Zand stat, o Hrom frestlt, Apastiik soxt
L'imperatore Alessandro ... della religione dei Mazdei sottrasse lo Zand e lo
invi a Hrom, e bruci l'Avestii.
Un'altra versione ancora si trova nel Denkart (pp. 405, 21-406, l ss.
Madan): il patrimonio religioso dei Mazdei era stato messo per iscritto su ordine del re Vistasp, in due copie, delle quali la prima era stata depositata nell'archivio di Staxr e la seconda presso il Tesoro reale; la prima copia era stata bruciata da Alessandro, mentre la seconda era finita in mano ai Romani, ed era
stata tradotta in lingua "giudaica", cio in aramaico 35 In un altro passo del
Denkart (p. 412, 2 ss. Madan) si afferma invece che era stato Dario III
Codomano, l'ultimo re achemenide, a far trascrivere sia l'A vestii che lo Zand, in
duplice copia, e ad ordinare che una copia fosse custodita presso il Tesoro reale
e l'altra nella Fortezza delle scritture. In seguito alle distruzioni e al vandalismo
di Alessandro e dopo le rapine e i saccheggi dei Romani, entrambe le copie
erano andate perdute, ma il testo sacro era successivamente stato riscritto, per
volont di un Vologese arsacide (Valaxs i Askiiniin) 36 , sulla base di altre copie
presenti in Iran e, soprattutto, sulla base della tradizione orale dei dastur (tak ce
uzviin apispiirisnik pat dast~bar miind estiit andar sahr).
Infine, nello Sahristiinihii i Eriin 4-5 la distruzione dell'A vestii connessa
non all'incendio di Persepoli, ma alla devastazione della citt di Samarcanda,
avvenuta nel 329 a.C., sempre ad opera di Alessandro; circa i testi, si dice che
consistevano di 1200 capitoli redatti su tavole d'oro, conservate nel tesoro del
Fuoco37 : pas Zartust den iivurt hac framiin i Vistiisp siih 1200 frakart pat den35 Questa notizia risale ovviamente a un'epoca in cui la Giudea era gi provincia romana: cf. A.
Pagliara, La lettermura, cit., p. 43 e n. 3, dove si discute anche della lettura controversa del termine
pahlavico che indica la lingua in cui sarebbe stata tradotta la copia finita in mano ai Romani, cio il termine ywtwayk, che viene da molti studiosi corretto in <<ywwayk e letto y'oniiyfk "greco" (p. es.
H.W. Bailey, Zoroastrian Problems, cit., p. 85 ss. ; cos anche J. de Menasce,.Le troisime livre du
Denkart, Paris 1973, p. 379). La lettura di Pagliara, ywtayk, con l'eliminazione del solo W dopo
t>>, oltre ad essere pi economica, convincente: si tratta della continuazione pahlavica del
gr. ' lovlato. H.W. Bailey (Zoroastrian Problems, cit., p. 155), inoltre, ritiene che questo resoconto
del Denkart risalga a qualche documento del tempo di Cosroe l (531-579 d.C.), poich vi impiegata
una particolare formula augurale, rivolta al re, che pu essere riferita soltanto a un vivente; cf. anche
Chr. Bartholomae, Zur Kenntniss der mitteliranischen Mundarten, 3, 1920, p. 9, n. 2, che per primo si
era accorto di questo particolare. Sempre nel Denkart, p. 437, 16 ss., Jamasp colui che ordina di mettere per iscritto i testi sacri; in questo passo, inoltre, si dice che entrambe le copie erano conservate nel
tesoro reale, ganj i xatiiyiin; cf. H.W. Bailey, Zoroastrian Problems, cit., p. 154 e appendix VII.
36
Forse si allude a Vologese I (51-78 d.C.); cf. P. du Breuil, Le Zoroastrisme, cit., p. 72. Tutto
questo resoconto, per, ha pi di un aspetto leggendario: cf. H. W. Bailey, Zoroastrian Problems, cit., p.
156 e M. Shaki, The Denkard Account of the History of the Zoroastrian Scriptures, Archfv Orientalnf>>
49 (1981), pp. 114-125.
37
Per quest'opera si veda l'edizione di J. Markwart- G. Messina, A Catalogue o.f the Provincia/

Alessandro e l'incendio di Persepoli

73

dip"ir"ih pat taxtaklhii i zarren kand u nipist u pat ganj i iin iitaxs nihiit u pas
gizistak Skandar soxt u andar o drayiip apakand <<.Poi Zarathustra port la fede.
Per ordine del re Vistasp egli incise e scrisse i 1200 capitoli in scrittura avestica
su tavolette d'oro e le pose nel tempio del fuoco. E poi il maledetto Alessandro
li bruci e li gett nel mare.

4. La demonizzazione di Alessandro tra storia e ideologia.


La tradizione violentemente ostile ad Alessandro Magno che abbiamo visto
riflettersi nei testi pahlavici soltanto sasanide e contrasta con tutte le forme di
ellenizzazione presenti in altre zone e in altre tradizioni dell'Iran. Dopo la
morte di Alessandro, durante l'epoca dei Seleucidi e degli Arsacidi, il mondo
iranico accolse infatti molti influssi della cultura greca ellenistica. Il prestigio
della lingua greca, per esempio, testimoniato da molte iscrizioni in greco e da
leggende su monete di epoca arsacidica, nelle quali i Parti si qualificavano
come "filelleni" 38 Le iscrizioni in greco di particolare interesse sono quelle rinvenute in zone dell'Iran dove gli insediamenti di Greci erano poco numerosi o
inesistenti, come quelle dell'Armenia e della Georgia, insieme alle quali vanno
considerati i documenti di carattere legale redatti in partico e in greco e rinvenuti nel Kurdistan (le famose pergamene di Awroman), altra zona in cui l'insediamento greco non era significativo, e che confermano anche il prestigio di cui
godeva il diritto greco in queste zone 39 . Altra prova del favore con cui era stato
accolto l'influsso greco in Iran l'arte del Gandhara (India nordoccidentale), la
cui facies ellenizzante, secondo alcuni, dipende dall'influsso greco-battriano40
Nella Battriana, infatti, la presenza greca era di data antica, se vero che gli
Achemenidi vi avevano esiliato dei Greci provenienti da Barce 41 Ma essa

Capitals of Enln.fahr (Pahlavi text, version and commentary), Roma 1931. Secondo A. Pagliara, La
letteratura, cit., p. 39, n. l , la menzione delle tavole costituisce un ' allusione palese alla scrittura
cuneiforme. Nella lettera di Tansar (Tansar niima, ed. Minovi 1932, p. 11) si d~ce che Alessandro
avrebbe bruciato 12000 pelli di bue sulle quali era scritto il testo dell'Avesta: midiini ki lskandar az
kitiib i din i mii duviizdah haziir piist i giiv bi-siixt bi lstaxr <<Tu sai che del no s~ro libro della fede
Alessandro bruci ad Istaxr 12000 pelli di bue>>.
38
La consuetudine dei Parti con la cultura greca testimoniata anche da una notizia di Plutarco,
nella quale si dice che quando la testa di Crasso fu portata nel palazzo reale dei Parti, vi si stava rappresentando una parte delle Baccanti di Euripide: -cii o KE<j>a-.ii -coi) Kpc:icrcrou KO~tcr8dcrT]
bt. 8upa c:i1tT]p~vm ~v ~crav ai -cpc:i7tem, -cpayq>otc.v O 7tOKPt't1 'Ic:icrwv ovo~a Tpa..tav ~OEV Ept7ttOou BaJCXC.V -c 7tEp -ci)v 'AyaT]V (Piut. Crass. 33 , 2).
39
Cf. R.N . Frye, The Heritage o.f Persia, London 1962; trad. it. La Persia preislamica, Milano
1963, p.183.
40
Cf. iv i, p. 227, n. 111.
41
Erodoto racconta che Dario avrebbe deportato in Battriana una parte della popolazione di
Barce, una colonia greca nella Cirenaica, compresa - in epoca achemenide - nella satrapia egiziana. I
Barcei si erano resi responsabili dell ' uccisione di Arcesilao e contro di essi Feretime, la madre di

74 Claudia A. Ciancaglini
divenne consistente solo a partire da Alessandro, il quale aveva intuito il ruolo
chiave che la Battriana svolgeva per il controllo dell'impero a oriente. probabile, quindi, che nella Battriana il numero delle guarnigioni greco-macedoni
fosse superiore rispetto ad altre zone dell'Iran orientale e di certo tale numero
fu incrementato sotto Seleuco I e suo figlio Antioco42
Il rapporto tra l'elemento greco e l'iranico non rimane invariato per tutta la durata
del dominio partico (Il a.C. -III d.C.): fino al I sec. d.C. i dati, soprattutto epigrafici, testimoniano la coesistenza delle due culture, greca e iranica, e l'ottima conoscenza che del greco si aveva presso le cancellerie reali, anche se la mancanza di
documenti intenzionalmente bilingui[ ... ] rafforza l'impressione che in epoca partica vigesse un'atmosfera di contatto cui mancava una esplicita volont di integrazione culturale a livello etnolinguistico (M. Mancini, Bilingui greco-iraniche in
epoca sasanide. Il testo di Stihpuhr alla Ka'ba-yi Zo.rdust, in Bilinguismo e biculturalismo nel mondo antico, Atti del colloquio interdisciplinare di Pisa, 28-29 settembre 1987, Pisa 1988, p. 77). A partire dal I sec. d.C., invece, viene meno il processo di avvicinamento tra cultura greca e cultura iranica, come prova sia la presenza di iscrizioni monetali partiche in caratteri aramaici sovrapposte alle leggende greche ormai non pi comprensibili, sia il pur modesto incremento di testi
redatti in partico (cf. M. Mancini, Bilingui greco-iraniche, cit., p. 78).
Per quanto riguarda, infine, l'esiguo numero di iscrizioni bi- o trilingui (in mediopersiano e in greco, oppure in mediopersiano, partico e greco) di epoca sasanide,
delle quali la pi importante e consistente l'iscrizione trilingue di Sahpuhr I alla
Ka'ba-yi Zardust, che tratta delle imprese belliche compiute dal sovrano sasanide
contro i Romani tra il 243 e il 260 d.C. circa, la presenza della versione greca non
testimonia n il persistere di usi cancellereschi precedenti, n tantomeno l'esistenza di una considerevole comunit grecofona in Iran ancora nel III sec. d.C.
Come ha dimostrato M. Mancini a proposito dell ' epigrafe di Sahpuhr I sopra
nominata, l' autore della versione greca impiega un greco molto approssimativo,
intriso di elementi iranici a livello grafematico, morfologico, lessicale e sintattico.
Pertanto, l'analisi comparata delle tre versioni dell'epigrafe< consente di revocare
in dubbio l'opinione vulgata secondo la quale Sahpuhr I avrebbe avuto l'intenzione di rivolgersi a una presunta comunit grecofona: Dietro il greco, sovente
approssimativo, del testo non pu esistere l'intenzione di rivolgere un messaggio a
un preciso destinatario che parlasse esclusivamente o essenzialmente greco. Il
redattore incapace di comporre una versione che sia in qualche modo consona ai
canoni linguistici ellenici. Non solamente siamo molto distanti dal greco ufficiale
della cancelleria seleucide e arsacide (dal quale traspariva la precisa intenzione dei
Arcesilao, aveva richiesto l'intervento persiano. I Greci provenienti da Barce avrebbero dato questo
nome anche al villaggio battriano in cui erano stati deportati : 1:o o: itvopanooicrav'to 1:<ilv
BapKa{rov, wumu o: :K 1:ij A\:y\>nwu vacrmicr1:ou 7t0lllcr<XV nap. ~am.a ~amE
O crlj>t ~ape:o EOOKE Tii BaK'tpl 'Il<; XWP'll? KWJlllV yKa'tOt Kijcrat. oi o: 'tlJ KWJllJ 'tUU'tlJ
ouvoJla E9EV'to B<ipKT]V, Ti 7tEp
Ka J.L: T]V o.KEOJ.LVT] v y1J 'tlJ BaK'tpl1J (4, 204).
42
Cf. R.N. Frye, The Heritage, cit., p. 209 ss. e p. 225, n. 83, per la bibliografia essenziale relativa al tema molto dibattuto dei. Greci della Battriana.

en

Alessandro e l'incendio di Persepoli 75

monarchi di adeguarsi alle idee greche); la ripresa della lingua mostra di essere
frutto di un'operazione estemporanea e, soprattutto, al di fuori di qualsiasi tradizione che potremmo definire cancelleresca. [ .. .] In conclusione l'adozione del
greco in KZ [scii. nell'iscrizione di Sahpuhr I alla Ka'ba-yi Zardust] sortisce bens
l'effetto di solennizzare e assolutizzare la parola del re, ma anche di porla non in
contatto, ma in contrasto con il reale mondo grecofono, in primo luogo con i
nemici di sempre, i Romani, eredi delle aspirazioni universalistiche della cultura
ellenica (M. Mancini, Bilingui greco-iraniche, cit., pp. 92-93).

La differenza di atteggiamento culturale dei Sasanidi e dei Parti nei confronti della figura di Alessandro si riflette anche nel diverso uso che ne venne fatto ai
fini della propaganda antiromana: come testimoniano alcune fonti classiche,
bench sia gli uni che gli altri rivendicassero il possesso dei territori asiatici che
erano caduti sotto il dominio romano, il sovrano arsacide Artabano III (11-38
d.C.) sosteneva il suo diritto su quei territori sulla base del fatto che essi erano
stati possesso di Ciro e di Alessandro (cf. Tacito, Ann. 6, 31: simul veteres
Persarum ac Macedonum terminos, seque invasurum possessa primum Cyro et
post Alexandro per vaniloquentiam ac minas iaciebat); al contrario, il sasanide
Artaxslr (ca. 224-240 d.C.) si appellava a un diritto ereditario che si estendeva
cronologicamente da Ciro a Dario. III, e al quale Alessandro il Macedone aveva
posto fine, determinando la situazione di illegalit, ancora persistente con il controllo romano, alla quale egli intendeva porre rimedio (cf. Erodiano 6, 2, 1-2 e
Cassio Diane 80, 4, l); analoghe motivazioni adduceva anche il sasanide
Sahpuhr II (309-379 d.C.) nella sua lettera all'imperatore Costanzo II (cf.
Ammiano Marcellino 17, 5, 5-6)43
Dal punto di vista ideologico, dunque, il modo in cui presentata la figura
del Macedone nei testi pahlavici - testi che, come si detto, sono il prodotto
della tradizione culturale sudoccidentale sasanide - risponde a ben precisi scopi
politici e religiosi, pur traendo origine da alcuni fatti storicamente accertati, tra
i quali l'incendio di Persepoli era per i Persiani certamente il pi grave.
La Perside, luogo di origine sia degli Achemenidi che dei Sasanidi, sempre stata la culla dei valori nazionali iranici, come si gi dettci. In questa zona,
anche dopo la fine della dinastia achemenide, durante l'epoc~ dei Seleucidi e
degli Arsacidi, attestata la presenza di una dinastia locale,c, la dinastia dei
Frataraka, il cui inizio si colloca tra la fine del III e l'inizio del Il secolo a.C.
Tale dinastia era relativamente indipendente rispetto al potere centrale, come
testimoniato dal fatto che aveva una monetazione autonoma, la cui iconografia
esente da qualsiasi influsso ellenistico, mentre si richiama esplicitamente all'iconografia achemenide44
43
Cf. G. AlfOldy, Cassius Dio und Herodian iiber die An.fiinge des neupersischen Reiches,
Rheinisches Museum>> 114 (1971), pp. 360-366; E. Yarshater, Jranian National HistiJry, in The
Cambridge History of Iran, 311 , Cambridge 1983, p. 409; cf. anche p. 377 s.
44
Cf. R.N. Frye, The Heritage , cit., p. 257 ss.; M. Boyce- F. Grenet, A History, cit., pp. 110-118.

76

Claudia A. Ciancaglini

Sul versante politico, evidente quindi il significato nazionalistico che poteva assumere nella propaganda sasanide la demonizzazione di Alessandro, l'usurpatore straniero che aveva distrutto l'impero della gloriosa dinastia achemenide,
della quale i Sasanidi si sentivano eredi diretti, e aveva dato inizio a una situazione illegittima di controllo territoriale straniero, prima romano e poi bizantino, nel
dispregio delle antiche e nobili tradizioni iraniche, delle quali i Sasanidi si consideravano gli unici rappresentanti e secondo le quali la sovranit territoriale il
principale strumento di manifestazione di Ahura Mazda45 Non a caso, i testi pahlavici di cui si detto insistono sul fatto che Alessandro aveva distrutto, oltre ai
testi sacri, la corte e la sovranit (dar u xvatiiylk; cf. AVN l, 6), aveva attentato
all' organizzazione religiosa e giuridica dell'Iran e aveva introdotto la contesa tra
i magnati e i signori (masan u katak xvatiiiin: AVN l, l O) del regno.
noto, d'altra parte, che l'ideologia politica sulla quale si fonda la sovranit sasanide, cos come la sua organizzazione giuridica, opera del clero
zoroastriano, in particolare dei mobad 46
I motivi politici e quelli religiosi sono, dunque, intimamente connessi. Il
clero zoroastriano si trasforma, durante l'epoca sasanide, in una chiesa di stato
e avverte l'esigenza, tra l'altro, di rivendicare l'antichit della tradizione scritta
del testo sacro, sia per fronteggiare la concorrenza delle altre religioni con cui
lo zoroastrismo era venuto in contatto, sia per confermare l'ortodossia del mazdeismo achemenide, argomento sul quale non vi era assoluta certezza, e sul
quale ancora oggi gli studiosi si dividono, tanto pi che Zarathustra non mai
nominato nelle epigrafi achemenidi e il suo insegnamento si era svolto in origine nelle zone orientali dell'Iran, per poi svilupparsi presso i Magi della Media,
mentre la dinastia achemenide, originaria del Pars, sembra aver considerato
Ahura Mazda soltanto il pi grande degli di (baga vazrka : DZc 1). Era quindi
utile associare all'incendio di Persepoli anche la distruzione dei testi sacri, per
consolidare l'idea che ne esistesse una redazione scritta in epoca anteriore
almeno al IV sec. a.C.47
45
Cf. G. Widengren, lranische Geisteswelt, Baden-Baden 1961, p. 295; R.N. Frye, The Heritage ,
cit., p. 59 s.; W. Belardi, The Pahlavi Book, cit., p. 109; P. du Breuil, Le zoroastrisme, cit., p. 79 s.
46
Cf. W. Belardi, The Pahlavi Book, ci t., p. 101. A tale proposito, merita di .essere ricordato il celebre legislatore religioso Kirtir (240-272?), restauratore dell 'ortodossia mazdaica e persecutore delle eresie al tempo di Sahpuhr I, il cui nome compare in importanti iscrizioni (in particolare, le due ampie iscrizioni di Sar-Masad e Naqs i Rustam). Secondo A. Pagliara, La letteratura, cit., p. 78, n. l , non da
escludere che il nome Kirtir non sia in origine un nome proprio, ma un titolo, significante all'incirca
"colui che fa le leggi, legislatore", formato come diplr "scriba, scrittore" e che Kirtir sia da identificare
con Tosar (spesso letto erroneamente Tansar, ma la forma corretta del nome compare nell'iscrizione di
Sahpuhr nella Ka 'ba-yi Zardust), il quale, all'epoca di Artaxsir, intorno al 240 d.C., avrebbe raccolto e
sistemato in 21 Nask tutto il sapere religioso fino ad allora tramandato oralmente. I Nask fanno parte
dell'A vesta sasanidico; circa le parti che compongono l'Avesta cf. W. Belardi, Jl nome dell'Avesta, cit., p.
262; J.C. Tavadia, Die mittelpersische Sprache, cit., pp. 38-44; P. du Breuil, Le zoroastrisme, ci t., p. 29 s.
47
Cf. A. Pagliara, La letteratura, cit., p. 39; P. du Breuil, Le zoroastrisme, cit., pp. 55-61; F.
Yahman, Arda Wiraz, cit., p. 224. Circa la dubbia ortodossia zoroastriana degli Achemenidi, cf. anche

Alessandro e l'incendio di Persepoli 77

Del resto, motivi religiosi molto significativi per continuare a presentare


Alessandro in chiave demoniaca esistevano anche nel periodo storico nel quale
i testi pahlavici, che pure erano andati formandosi in epoca sasanide e ne riflettono sostanzialmente la facies culturale, ricevettero la loro redazione scritta o,
almeno, la loro sistematizzazione definitiva, cio non prima del IX secolo d.C.,
successivamente alla conquista araba. Per un certo periodo, anche dopo la conquista araba, la zona del Pars aveva mantenuto una certa autonomia; dal punto
di vista linguistico, secondo quanto ci informa il geografo arabo al-lstaxri, nella
provincia del Pars convivevano tre lingue, cio il pahlavi, la lingua scritta degli
zoroastriani, incomprensibile all'uomo comune se non accompagnata da spiegazioni, il (neo)persiano 48, parlato da tutti, e l' arabo, lingua impiegata per la
redazione di documenti ufficiali e usata oralmente solo da qualche privato. Dal
punto di vista etnico-culturale, si assisteva alla convivenza della comunit
zoroastriana, relativamente omogenea, e di quella musulmana, divisa in Sciiti,
Sunniti e Sufi, oltre a minoranze di cristiani e di ebrei. Fino al IX secolo circa,
gli zoroastriani non si erano sentiti minacciati daii'Islam e avevano mantenuto
un certo distacco nei confronti della religione dei nuovi dominatori. Ma intorno
al IX secolo il risveglio delle discussioni filosofico-teologiche, dovuto soprattutto ali' opera dei Mu 'taziliti, o liberi pensatori islamici, tra i quali si contavano
anche molti persiani, insieme all'ormai inevitabile confronto con il prestigio del
testo scritto coranico, avevano spinto la comunit zoroastriana a mettere in atto
una politica di difesa intellettuale attiva del loro patrimonio religioso. Tale difesa si tradusse in primo luogo nella redazione scritta di molti testi apologetici in
pahlavi, che contenevano e sistematizzavano tutti quegli insegnamenti religiosi
che fino ad allora avevano continuato a tramandarsi oralmente e tra i quali i
principali sono senza dubbio il Denkart e il Bundahisn49

W. Belardi, Studi mithraici e mazdei, Roma 1977, p. 77; invece M. Boyce- F. Grenet, A History, cit.,
p. 473, si dichiarano convinti dello zoroastrismo achemenide: <<After a long debate, consensus seems
now to have reached that the Achaemenians were Zoroastrians from at Jeast the ti me of Darius, and
there are good grounds for thinking that it was Cyrus himself who adopted the eastern Iranian religion,
bequeathing it to the dynasty which he founded .
K Il persiano parlato negli ambienti colti, a partire dai tempi sasanidi in poi, chiamato da molti
scrittori arabi dari "(lingua) di corte"; cf. R.N. Frye, The Heritage, ci t., p. 325 s., il quale sostiene che
il dari era uno "stile" di persiano, non una forma dialettale di esso, a differenza di quanto ritengono
alcuni studiosi (p. es. H.W. Bailey, Zoroastrian Problems, cit., p. 174, n. 3); sulla questione cf. ancora
G. Lazard, Pahlavi, parsi, dari. Les langues de l'Iran d'aprs Jbn al-Muqaffa ', in C.E. Bosworth (cur.),
Iran and lslam, in memory ofthe late Vladimir Minorsky, Edinburgh 1971 , pp. 361-391 ; G. Gnoli, Un
cas de possible dif.frenciation lexicale entre dari et pilrsi, in C.-H. De Fouchcour - Ph. Gignoux
(curr.), tudes irano-myennes offertes Gilbert Lazard, Paris 1989, pp. 151-164, spec. pp. 161-162.
49
Cf. R. N. Frye, The Heritage, cit. , pp. 241; 257 e 322 ss.

78 Claudia A. Ciancagiini

5. La leggenda di Alessandro nella Persia islamizzata.


L'immagine totalmente negativa di Alessandro, fondata su reali avvenimenti storici e amplificata per scopi nazionalistici e religiosi durante l'epoca
sasanide, continu ad essere tramandata a lungo prima oralmente e poi nei testi
religiosi, senza per entrare mai a far parte del patrimonio culturale comune di
tutto l'Iran.
Si visto che la letteratura zoroastriana, formatasi in tempi sasanidi nel
Pars, soprattutto di carattere religioso. Ma la tradizione epica dell'Iran, presente anche in tempi preislamici, aveva continuato a vivere nel Nord-Est
dell'Iran, in particolare in Partia, ad opera dei gi5siin, menestrelli parti, che tramandarono e conservarono le leggende dell'Iran antico circa le gesta dei kavi, i
kayiin dell'epopea, antenati di Vistaspa, il protettore di Zarathustra. Queste leggende si erano evolute inglobando anche tradizioni di origine greca, come quella delle fatiche di Eracle, personaggio mitico sul quale, almeno per certi versi,
modellata la figura di Rostam, l'eroe dello Siihniime di Ferdousi50
In questa letteratura epica, che riprese vigore dopo la caduta dei Sasanidi e
che ricevette la sua sistematizzazione nell'epos di Ferdousi, Alessandro non
pi una creatura ahrimanica, ma rappresentato come un monarca esemplare,
dotato di virt non soltanto eroiche, etiche e politiche, ma anche magiche e profetiche. Alessandro non ha pi nulla dell'usurpatore straniero: in Ferdousi il
Macedone legittimato sulla base di una leggenda iranica, gi riferita da Tabari
(storico arabo del X sec. d.C.), secondo la quale Alessandro sarebbe stato in
realt il figlio di Darab, padre di Dario III, e di una figlia di Filippo il
Macedone, inviata come ostaggio o tributo al re persiano e poi rimandata in
Macedonia per non chiari motivP 1 La tradizione ripresa anche da Nezami
(1141-1209 ca.), autore dell'Eskandarniime, poema che conclude la sua
Khamse 'Pentalogia' e che si divide in due poemi distinti, lo Sarafniime o
'Libro dell'onore' e l' Eqbiilniime o 'Libro della fortuna'; il primo tratta soprattutto l'aspetto eroico di Alessandro, il secondo quello profedco 52
Secondo l'opinione di Noldeke- generalmente accolta-, la figura di
Alessandro che emerge dalla tradizione epica iranica dipende dal Romanzo
5
Cf. ivi, pp. 250, 289, 295, 318; M. Boyce, The Parthian g(lslin and /ranian minsuel tradition,
<dourn. of the Royal Asiatic Society>> 1957, pp. 10-45; sulla fortuna della figura di Eracle nell'Iran di
epoca seleucide cf. M. Boyce- F. Grenet, A History, ci t., p. 62 s.
51
Cf. Tabarl, Annales l, 694-702, che afferma di desumere questa leggenda circa la nascita di
Alessandro dai "sapienti antichi" (ba'du ahli 'ilmin); cf. A. Abel, La_figure d'Alexandre, cit., p. 121;
A. Bausani, Letteratura neopersiana, in A. Pagliara - A. Bausani, Storia della letteratura persiana,
cit., p. 592 s.
52
Cf. A. Bausani, Letteratura neopersiana, cit., p. 675 ss. Circa la nascita di Alessandro, Nezaml
riferisce anche una versione "greca", secondo la quale Alessandro sarebbe stato abbandonato infante
nel deserto e trovato per caso da Filippo. Nezaml, d'altra parte, afferma che, secondo lui, Alessandro
era proprio figlio di Filippo.

Alessandro e l'incendio di Persepoli

79

dello Pseudo Callistene: lo studioso ritiene che gi verso la fine del regno sasanide (ca. VI sec. d.C.) ne sarebbe stata redatta una versione in medio persiano,
redazione che non ci pervenuta, ma la cui esistenza sarebbe da postulare sulla
base della traduzione siriaca, che invece si conservata, e che venne successivamente tradotta in arabo e in persiano53 .
La fortuna delle versioni dello Pseudo Callistene nella letteratura neopersiana e, in generale, nelle letterature di area islamica, fu enorme. Oltre che nelle
gi citate opere di Ferdousi e di Nezami, la leggenda di Alessandro secondo i
tratti favolistici del Romanzo compare nell'A'fne-ye Eskandarf, 'Lo specchio di
Alessandro', poema del poeta persiano Amir Khosrou (XIII sec.), dove
Alessandro descritto come modello esemplare di re civilizzatore; nel Kheradniime-ye Eskandar, 'Libro della logica di Alessandro', opera del poeta mistico
persiano Giami (morto ad Herat nel 1494), dove ripreso il tema del simposio
filosofico di Alessandro con i sapienti greci gi trattato da Nezami; e - al di
fuori dell'area iranica in senso stretto -nell' Oghuz-niime, libro anonimo turco
del XIII sec. che racconta della spedizione di Alessandro nel paese delle
Tenebre, alla ricerca dell'Acqua della Vita54 ; nell' /skandar-niime, poema turcootto mano di Ahmedi (1407); nel Sedd-i lskandar, 'La muraglia di Alessandro',
poema turco-ciagataico scritto da Neva' i (morto ad Herat nel 1485 ca.); nel
romanzo anonimo malese intitolato Hikayat lskandar, opera che si ritiene redatta in epoca moderna, ma che conserva molti elementi di tradizione antica e,
infine, nel romanzo mongolo di Alessandro, che deriva da una versione turca e
ci conservato solo frammentariamente.
In tutte queste opere, comunque, non si ha mai a che fare con pure e semplici traduzioni dello Pseudo Callistene, per quanto approssimative, ma con
adattamenti ed integrazioni di vario genere, che arricchiscono i temi trattati nel
Romanzo con elementi narrativi tratti dalle pi svariate fonti.
Per quanto concerne la letteratura neopersiana, ad esempio, in Ferdousi e
Nezami emerge la memoria di fatti non menzionati nello Pseudo Callistene e
sulla base dei quali la letteratura sasanide aveva demonizzato A~essandro, come
le persecuzioni antizoroastriane, la distruzione dei templi e dei fuochi sacri e
-nell' Eskandarniime di Nezami- anche il massacro dei Magi (va. oltre); soltanto che ora questi fatti vengono interpretati in chiave positiva: secondo Nezami,
Alessandro li compie allo scopo di diffondere la vera religione del dio unico

5' Th. Noldeke, Beitriige zur Geschichte des Alexanderromans, in Denkschr(ften des kaiserlichen
Akademie des Wissenschaft 38, 5, Wien 1890, p. 14 ss.; Id., Das iranische Nationalepos, BerlinLeipzig 19202, 15; E. Yarshater, Jranian National History, cit., p. 472; l'ipotesi di Noldeke stata
messa in discussione da R. N. Frye, Two lranian Notes, in Papers in Honour r~f Professor Mary Boyce,
Leiden 1985, pp. 185-188.
54
Questo motivo diffusissimo presso tutti i popoli musulmani; per i suoi riflessi in una leggenda balcl che sembra dipendere da Nezaml, cf. A. Bausani, Letterature del Pakistan., Milano 1958, p.
303 ss.

80

Claudia A. Ciancaglini

(come se lo zoroastrismo non fosse anch'esso monoteista!), ereditata dal profeta Abramo e da !sacco, suoi antenati 55 .
Circa l'uccisione dei Magi, la f..Layo<j>ovia delle fonti greche, sappiamo da Erodoto
(3, 79) che essa ebbe luogo ai tempi di Dario I, dopo che questi ebbe preso il potere smascherando l'usurpatore Gaumata, che si era fatto passare per Bardiya, il fratello di Cambise e legittimo erede al trono. Nella ampia epigrafe trilingue di
Behistun (DB IV 27 ss.), Dario stesso racconta che questo usurpatore, che aveva
ucciso il vero Bardiya e ne aveva assunto surrettiziamente l'identit, era un Mago
e che egli lo uccise per volere di Ahura Mazda. Erodoto, trattando la storia del
falso Smerdi (adattamento greco del nome Bardiya), aggiunge che i Persiani,
venuti a conoscenza della vera identit dell'usurpatore e dopo la sua uccisione da
parte di Dario, massacrarono tutti i Magi che riuscirono ad incontrare; da allora in
Persia sarebbe stata celebrata la festa della f..Layo<j>ovia, festa della quale parlano
anche Ctesia (29, 15) e Flavio Giuseppe (Ant. Iud. Il , 31).
Pu essere che Nezami attribuisca ad Alessandro un avvenimento dei tempi di
Dario I, ma non escluso che le persecuzioni dei Magi siano state pi di una: la
questione, infatti, complicata dal ritrovamento di un frammento sogdiano-manicheo (T M 393) in cui il massacro dei Magi attribuito proprio ad Alessandro. Il
frammento stato edito da W.B. Henning, The Murder of Magi, Journ. of the
Royal Asiatic Society 1944, pp. 133-144 (rist. in W.B. Henning, Selected Papers ,
Leiden-Thran-Lige 1977, vol. II, pp. 139-150); cf. anche R.N. Frye, The
Heritage, cit., pp. 117-122.

Alla diffusione dell'immagine eroica e soteriologica di Alessandro nelle


letterature di area islamica deve aver contribuito, tra l'altro, il fatto che egli
venne identificato con il dhu'l-Qarnayn, "Il Bicorne", nominato nella Sura
XVIII (vv. 83-100) del Corano, gi a partire da Tabari:56 . Questo personaggio,
destinato a diventare il conquistatore del mondo per volere di Dio, sembra
effettivamente da identificare con Alessandro, non tanto il personaggio storico,
quanto il leggendario eroe e profeta descritto nelle varie rielaborazioni orientali
del Romanzo dello Pseudo Callistene.
L'appellativo "Bicorne" deriverebbe in tal caso dal fatto che le corna d'ariete fanno parte della simbologia di Zeus-Ammone, di cui Alessandro si era
fatto dichiarare figlio e proprio con le corna d'ariete il Macedone rappresentato su due monete coniate da due dei diadochi, Tolomeo e Lisimaco 57
55

Cf. A. Bausani, Letteratura neopersiana, cit., p. 681.


Tabari, Tafslr 16,7 ss.; cf. A. Abel, La figure d'Alexandre, cit., p. 124 ss.
57
Su Alessandro "bicorne", cf. F. de Polignac, L'Homme aux Deux Comes. Une image d'Alexandre du symbolisme grec l'apocalyptique musulmane, in <<M1anges de l'co1e Franaise de Rome>>,
35, 1984, pp. 29-51 ; Id., L'image d'Alexandre dans la Littrature arabe: l'Orient fa ce l'hellnisme?,
<<Arabica>> 29 (1982), pp. 296-306; G. Scarcia, La distruzione del dato mitologico nell'EskandarName, in Colloquio sul poeta persiano Nizami e la leggenda iranica di Alessandro, Atti del Convegno
(Roma 25-26 marzo 1975), Ace. Naz. dei Lincei, Roma 1977, pp. 122-128, dove si sottolinea, tra l'altro, l'origine yemenita dell 'epiteto dhu'l-Qarnayn.
56

Alessandro e l'incendio di Persepoli

81

Nell' Eskandarniime di Nezami: troviamo anche due diverse spiegazioni


'razionalistiche' dell'appellativo Zo'l-Qarnein (forma persiana corrispondente
all'arabo dhu'l-Qarnayn) riferito ad Alessandro. La prima lo motiva sulla base
dell'equivoco sorto dalla inesatta interpretazione dei resti di un monumento che
rappresentava Alessandro insieme a un angelo: la testa dell'angelo era stata
considerata appartenente al Macedone. Ci presuppone, ovviamente, un'iconografia degli angeli persiani diversa dalla nostra; sugli angeli con le coma, cf. G.
Scarcia, La distruzione, cit., p. 127; F. de Polignac, L'image d'Alexandre, cit. e
L'Homme aux Deux Cornes, cit.
Secondo l'altra spiegazione, invece, Alessandro sarebbe stato chiamato
"Bicorne" a causa delle sue due enormi orecchie, che teneva accuratamente
nascoste e che erano note solo al suo barbiere, al quale era stato vietato di rivelare a chiunque l'imbarazzante segreto del re. Ma il barbiere, oppresso dal peso
del suo segreto, aveva finito per gridarlo dentro a un pozzo in aperta campagna,
e dal pozzo era cresciuto pian piano un canneto. Un pastore si era poi fabbricato
un flauto con una canna tagliata dal canneto e, ogni volta che lo suonava, il
flauto emetteva una voce che diceva: Il re del mondo ha delle orecchie lunghissime!. Questa seconda spiegazione di Nezami:, pur nei suoi intenti "evemeristici", rielabora chiaramente la leggenda delle orecchie d'asino del re
Mida58 , ma soprattutto lascia trasparire un certo atteggiamento di scherno nei
confronti di Alessandro, sempre comunque presente nell'orgogliosa cultura persiana.

58

Cf. A. Bausani, Letteratura neopersiana, cit., p. 686.

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