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Due milioni e mezzo di euro cofinanziati dalla Regione sono a

disposizione del Cutgana, centro studi dell'Universit di


Catania per la gestione dello Sportello unico per le aree di crisi
ambientale. Catering, convegni e un fiume di consulenze.
Nomi, cognomi e importi del cosiddetto Piano A.
Un fiume di soldi e di consulenze. Maria Carmela Failla, direttore del Cutgana, Centro universitario
per la tutela e gestione degli ambienti naturali dell'Universit etnea, lo chiama semplicemente
Piano A, e ha chiesto al rettore Recca di approvarlo.
Si tratta di una serie di tabelle e colonne -delle quali LivesiciliaCatania venuta in possesso,
insieme ad altra corposa documentazione- che spiegano come dovrebbero essere spesi 2,5milioni di
euro cofinanziati dalla Regione e dall'Universit di Catania per la Convenzione sportello unico per
le aree ad elevato rischio di crisi ambientale
Per lo svolgimento delle attivit previste -spiega la Failla nel documento datato 7 novembre 2012conformemente alle vigenti disposizioni d'Ateneo, il Cutgana provveder ad utilizzare, al di fuori
dell'orario di servizio, il personale in forza alla propria struttura, nonch personale di altre strutture
d'Ateneo.
I bonifici. Il 24 ottobre 2012 Angelo Messina, presidente della Fondazione Cutgana, ha chiesto al
direttore generale dell'Universit di Catania il rilascio del documento contabile per
complessivi980mila euro. Poco tempo prima l'assessorato regionale Territorio e Ambiente aveva
un bonifico da 1.185.000 euro.
A monte di questo grande investimento c' la convenzione siglata tra il rettore di Catania Antonino
Recca e il dirigente regionale dell'Ufficio speciale per le aree ad alto rischio ambientaleAntonino
Cuspidici che, contatto da LivesiciliaCatania, conferma che il progetto sta entrando a pieno regime:
E' uno studio rivoluzionario che stiamo portanto avanti da tempo, i fondi risalgono al 1995 e non
erano mai stati utilizzati. Tutte le procedure sono in avanzato stato".
Quattro pagine di tabelle con importi, nomi e cognomi, sono state inviate alla direzione generale
dell'Universit e illustrano le attivit che dovrebbero essere svolte dallo Sportello Unico per le aree
di crisi ambientale del Piano generale Priolo: ecco il Piano "A".
I corsi finalizzati alla formazione continua e all'aggiornamento continuo di chi gi inserito nel
mondo del lavoro, costano 160mila euro, dei quali 80mila euro sono destinati ai docenti,pagati
80 euro l'ora, 60mila euro ai tutor, pagati 30 euro l'ora. A questi si aggiungono i 20mila euro degli
ausili didattici e un fiume di consulenze pagate a docenti dell'Universit e del Cutgana come
prestazione fuori dall'orario di servizio,
Corposo lo stanziamento per il master biennale di primo livello per Esperto per l'educazione la
divulgazione e la comunicazione ambientale
SITI CONTAMINATI PRIOLO AUGUSTA MELILLI Principio chi inquina paga Direttiva
2004/35/CE Responsabilit ambientale PROCEDIMENTO C 378 2008

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)


9 marzo 2010 (*)
Principio chi inquina paga Direttiva 2004/35/CE Responsabilit ambientale Applicabilit ratione temporis
Inquinamento anteriore alla data prevista per il recepimento di detta direttiva e proseguito dopo tale data Normativa
nazionale che imputa i costi di riparazione dei danni connessi a detto inquinamento a una pluralit di imprese
Requisito del comportamento doloso o colposo Requisito del nesso di causalit Appalti pubblici di lavori
Nel procedimento C-378/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dellart. 234 CE, dal Tribunale
amministrativo regionale della Sicilia, con decisione 5 giugno 2008, pervenuta in cancelleria il 21 agosto 2008, nelle
cause
Raffinerie Mediterranee (ERG) SpA,

Polimeri Europa SpA,


Syndial SpA
contro
Ministero dello Sviluppo economico,
Ministero della Salute,
Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare,
Ministero delle Infrastrutture,
Ministero dei Trasporti,
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Ministero dellInterno,
Regione siciliana,
Assessorato regionale Territorio ed Ambiente (Sicilia),
Assessorato regionale Industria (Sicilia),
Prefettura di Siracusa,
Istituto superiore di Sanit,
Commissario Delegato per Emergenza Rifiuti e Tutela Acque (Sicilia),
Vice Commissario Delegato per Emergenza Rifiuti e Tutela Acque (Sicilia),
Agenzia Protezione Ambiente e Servizi tecnici (APAT),
Agenzia regionale Protezione Ambiente (ARPA Sicilia),
Istituto centrale Ricerca scientifica e tecnologica applicata al Mare,
Subcommissario per la Bonifica dei Siti contaminati,
Provincia regionale di Siracusa,
Consorzio ASI Sicilia orientale Zona Sud,
Comune di Siracusa,
Comune di Augusta,
Comune di Melilli,
Comune di Priolo Gargallo,
Azienda Unit sanitaria locale n. 8,
Sviluppo Italia Aree Produttive SpA,
Invitalia (Agenzia nazionale per lattrazione degli investimenti e lo sviluppo dimpresa) SpA, gi Sviluppo Italia SpA,
con lintervento di:
ENI Divisione Exploration and Production SpA,
ENI SpA,
Edison SpA,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, dalle
sig.re R. Silva de Lapuerta, P. Lindh e C. Toader (relatore), presidenti di sezione, dai sigg. C.W.A. Timmermans,
K. Schiemann, P. Kris, E. Juhsz, A. Arabadjiev e J.-J. Kasel, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alludienza del 15 settembre 2009,
considerate le osservazioni presentate:

per la Raffinerie Mediterranee (ERG) SpA, dagli avv.ti D. De Luca, M. Caldarera, L. Acquarone e G. Acquarone;

per la Polimeri Europa SpA e la Syndial SpA, dagli avv.ti P. Amara, S. Grassi, G.M. Roberti e I. Perego;

per la Sviluppo Italia Aree Produttive SpA e la Invitalia (Agenzia nazionale per lattrazione degli investimenti e
lo sviluppo dimpresa) SpA, gi Sviluppo Italia SpA, dallavv. F. Sciaudone;

per la ENI SpA, dagli avv.ti G.M. Roberti, I. Perego, S. Grassi e C. Giuliano;

per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualit di agente, assistita dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello
Stato;

per il governo ellenico, dalla sig.ra A. Samoni-Rantou e dal sig. G. Karipsiadis, in qualit di agenti;

per il governo olandese, dalle sig.re C. Wissels e B. Koopman nonch dal sig. D.J.M. de Grave, in qualit di
agenti;

per la Commissione delle Comunit europee, dal sig. C. Zadra e dalla sig.ra D. Recchia, in qualit di agenti,
sentite le conclusioni dellavvocato generale, presentate alludienza del 22 ottobre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sullinterpretazione del principio chi inquina paga di cui alla
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilit ambientale in materia
di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56), nonch, segnatamente, alla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114).

2
Questa domanda stata presentata nellambito di alcune controversie tra le societ Raffinerie Mediterranee
(ERG) SpA, Polimeri Europa SpA e Syndial SpA, da un lato, e diverse autorit nazionali, regionali e comunali italiane,
dallaltro, in merito a misure di riparazione di danni ambientali adottate da dette autorit per quanto concerne la Rada di
Augusta, attorno alla quale si trovano gli impianti e/o i terreni delle citate societ.
Contesto normativo
Il diritto dellUnione
3
I considerando della direttiva 2004/35, rilevanti ai fini della presente causa, sono del seguente tenore:
(1)
Nella Comunit esistono attualmente molti siti contaminati, che comportano rischi significativi per la salute, e
negli ultimi decenni vi stata una forte accelerazione della perdita di biodiversit. Il non intervento potrebbe provocare
in futuro ulteriori contaminazioni dei siti e una perdita di biodiversit ancora maggiore. ()
(2)
() Il principio fondamentale della presente direttiva dovrebbe essere quindi che loperatore la cui attivit ha
causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sar considerato finanziariamente responsabile
().
()
(8)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi, con riferimento al danno ambientale, alle attivit professionali che
presentano un rischio per la salute umana o lambiente. In linea di principio, tali attivit dovrebbero essere individuate
con riferimento alla normativa comunitaria pertinente che prevede requisiti normativi in relazione a certe attivit o
pratiche che si considera presentino un rischio potenziale o reale per la salute umana o lambiente.
(9)
La presente direttiva dovrebbe inoltre applicarsi, per quanto riguarda il danno causato alle specie e agli habitat
naturali protetti, alle attivit professionali che non sono gi direttamente o indirettamente contemplate nella normativa
comunitaria come comportanti un rischio reale o potenziale per la salute umana o lambiente. In tali casi loperatore
sarebbe responsabile ai sensi della presente direttiva, soltanto quando vi sia il dolo o la colpa di detto operatore.
()
(13)
A non tutte le forme di danno ambientale pu essere posto rimedio attraverso la responsabilit civile. Affinch
questultima sia efficace necessario che vi siano uno o pi inquinatori individuabili, il danno dovrebbe essere concreto
e quantificabile e si dovrebbero accertare nessi causali tra il danno e gli inquinatori individuati. La responsabilit civile
non quindi uno strumento adatto per trattare linquinamento a carattere diffuso e generale nei casi in cui sia
impossibile collegare gli effetti ambientali negativi a atti o omissioni di taluni singoli soggetti.
()
(24)
necessario assicurare la disponibilit di mezzi di applicazione ed esecuzione efficaci, garantendo unadeguata
tutela dei legittimi interessi degli operatori e delle altre parti interessate. Si dovrebbero conferire alle autorit competenti
compiti specifici che implicano appropriata discrezionalit amministrativa, ossia il dovere di valutare lentit del danno
e di determinare le misure di riparazione da prendere.
()
(30)
La presente direttiva non si dovrebbe applicare al danno cagionato prima dello scadere del termine per la sua
attuazione.
().
4
Ai sensi dellart. 3, n. 1, della direttiva 2004/35, intitolato Ambito di applicazione, questultima si applica:
()
a)
al danno ambientale causato da una delle attivit professionali elencate nellallegato III e a qualsiasi minaccia
imminente di tale danno a seguito di una di dette attivit;
b)
al danno alle specie e agli habitat naturali protetti causato da una delle attivit professionali non elencate
nellallegato III e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una di dette attivit, in caso di
comportamento doloso o colposo delloperatore.
5
Lart. 4, n. 5, di detta direttiva prevede che questultima si applica al danno ambientale o alla minaccia
imminente di tale danno causati da inquinamento di carattere diffuso unicamente quando sia possibile accertare un
nesso causale tra il danno e le attivit di singoli operatori.
6
Lart. 6 della medesima direttiva, intitolato Azione di riparazione, dispone quanto segue:
1.
Quando si verificato un danno ambientale, loperatore comunica senza indugio allautorit competente tutti gli
aspetti pertinenti della situazione e adotta:
()
b)
le necessarie misure di riparazione conformemente allarticolo 7.
2.
Lautorit competente, in qualsiasi momento, ha facolt di:
()
c)
chiedere alloperatore di prendere le misure di riparazione necessarie;
d)
dare alloperatore le istruzioni da seguire riguardo alle misure di riparazione necessarie da adottare; oppure
e)
adottare essa stessa le misure di riparazione necessarie.
3.
Lautorit competente richiede che loperatore adotti le misure di riparazione. Se loperatore non si conforma agli
obblighi previsti al paragrafo 1 o al paragrafo 2, lettere () c) o d), se non pu essere individuato o se non tenuto a
sostenere i costi a norma della presente direttiva, lautorit competente ha facolt di adottare essa stessa tali misure,
qualora non le rimangano altri mezzi.

7
Per quanto concerne i costi connessi alla prevenzione e alla riparazione, lart. 8 della direttiva 2004/35 enuncia
quanto segue:
1.
Loperatore sostiene i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione adottate in conformit della presente
direttiva.
2.
Fatti salvi i paragrafi 3 e 4, lautorit competente recupera, tra laltro attraverso garanzie reali o altre adeguate
garanzie, dalloperatore che ha causato il danno o limminente minaccia di danno i costi da essa sostenuti in relazione
alle azioni di prevenzione o di riparazione adottate a norma della presente direttiva.
Tuttavia, lautorit competente ha facolt di decidere di non recuperare la totalit dei costi qualora la spesa necessaria
per farlo sia maggiore dellimporto recuperabile o qualora loperatore non possa essere individuato.
3.
Non sono a carico delloperatore i costi delle azioni di prevenzione o di riparazione adottate conformemente alla
presente direttiva se egli pu provare che il danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno:
a)
stato causato da un terzo, e si verificato nonostante lesistenza di opportune misure di sicurezza, ()
()
In tali casi gli Stati membri adottano le misure appropriate per consentire alloperatore di recuperare i costi sostenuti.
().
8
Lart. 9 di detta direttiva, intitolato Imputazione dei costi nel caso di pluralit di autori del danno, del
seguente tenore:
La presente direttiva lascia impregiudicata qualsiasi disposizione del diritto nazionale riguardante limputazione dei
costi nel caso di pluralit di autori del danno, in particolare per quanto concerne la ripartizione della responsabilit tra
produttore e utente di un prodotto.
9
Lart. 11 della medesima direttiva, intitolato Autorit competente, prevede quanto segue:
1.
Gli Stati membri designano lautorit competente o le autorit competenti ai fini dellesecuzione dei compiti
previsti dalla presente direttiva.
2.
Spetta allautorit competente individuare loperatore che ha causato il danno o la minaccia imminente di danno,
valutare la gravit del danno e determinare le misure di riparazione da prendere a norma dellallegato II. A tal fine,
lautorit competente legittimata a chiedere alloperatore interessato di effettuare la propria valutazione e di fornire
tutte le informazioni e i dati necessari.
()
4.
Le decisioni adottate ai sensi della presente direttiva che impongono misure di prevenzione o di riparazione sono
motivate con precisione. Tali decisioni sono notificate senza indugio alloperatore interessato, il quale
contestualmente informato dei mezzi di ricorso di cui dispone secondo la legge vigente dello Stato membro in
questione, nonch dei termini relativi a detti ricorsi.
10
Lart. 16 della direttiva 2004/35, intitolato Relazione con il diritto nazionale, enuncia, nel suo n. 1, che
questultima non preclude agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni pi severe in materia di prevenzione
e riparazione del danno ambientale, comprese lindividuazione di altre attivit da assoggettare agli obblighi di
prevenzione e di riparazione previsti dalla presente direttiva e lindividuazione di altri soggetti responsabili.
11
Lart. 17 della stessa direttiva, intitolato Applicazione nel tempo, prevede che questultima non si applica:
()

al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi prima della data di cui allarticolo 19,
paragrafo 1;

al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la data di cui allarticolo 19,
paragrafo 1, se derivante da una specifica attivit posta in essere e terminata prima di detta data;

al danno in relazione al quale sono passati pi di 30 anni dallemissione, evento o incidente che lha causato.
12
Lart. 19, n. 1, primo comma, di detta direttiva precisa che gli Stati membri dovevano mettere in vigore le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla medesima entro il 30 aprile
2007.
13
Il punto 1 dellallegato III alla direttiva 2004/35 riguarda specificamente il funzionamento di impianti soggetti ad
autorizzazione, conformemente alla direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la
riduzione integrate dellinquinamento (GU L 257, pag. 26).
14
Ai sensi dellart. 1 della direttiva 96/61, questultima ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate
dellinquinamento proveniente dalle attivit di cui allallegato I alla medesima. I punti 2.1 e 2.4 del citato allegato
riguardano, rispettivamente, le attivit energetiche e lindustria chimica.
Il diritto nazionale
15
Il giudice del rinvio fa riferimento al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione delle direttive
91/156/CEE [del Consiglio 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti] (GU L 178,
pag. 32), 91/689/CEE [del Consiglio 12 dicembre 1991,] sui rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20) e 94/62/CE [del
Parlamento europeo e del Consiglio 20 dicembre 1994], sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio (GU L 365,
pag. 10) (Supplemento ordinario alla GURI n. 38 del 15 febbraio 1997; in prosieguo: il d. lgs. n. 22/1997). Questo
decreto stato abrogato e sostituito con decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale
(Supplemento ordinario alla GURI n. 88 del 14 aprile 2006; in prosieguo: il d.lgs n. 152/2006), il quale, negli
artt. 299-318, recepisce nellordinamento giuridico italiano la direttiva 2004/35.

16
Lart. 17 del d. lgs. n. 22/1997 prevedeva che () chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il
superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento
dei limiti medesimi, tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino
ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento ().
17
Lart. 9 del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, recante criteri, procedure e modalit per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dellarticolo 17 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni (Supplemento ordinario alla GURI n. 293 del 15 dicembre
1999; in prosieguo: il decreto 471/1999) ha il seguente disposto:
Il proprietario di un sito o altro soggetto che () intenda attivare di propria iniziativa le procedure per gli interventi di
messa in sicurezza demergenza, di bonifica e di ripristino ambientale, ai sensi dellarticolo 17, comma 13 bis, del
D. lgs. [n. 22/1997], tenuto a comunicare alla Regione, alla Provincia e al Comune la situazione di inquinamento
rilevata nonch gli eventuali interventi di messa in sicurezza di emergenza necessari per assicurare la tutela della salute
e dellambiente adottati e in fase di esecuzione. La comunicazione deve essere accompagnata da idonea
documentazione tecnica dalla quale devono risultare le caratteristiche dei suddetti interventi. () Il Comune o, se
linquinamento interessa il territorio di pi comuni, la Regione verifica lefficacia degli interventi di messa in sicurezza
demergenza adottati e pu fissare prescrizioni ed interventi integrativi con particolare riferimento alle misure di
monitoraggio da attuare per accertare le condizioni di inquinamento ed ai controlli da effettuare per verificare lefficacia
degli interventi attuati a protezione della salute pubblica e dellambiente circostante ().
18
Lart. 311, comma 2, del d. lgs. n. 152/2006 cos dispone:
Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attivit o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di
regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme
tecniche, arrechi danno allambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbligato al
ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello
Stato.
Cause principali e questioni pregiudiziali
19
Le cause principali concernono il territorio di Priolo Gargallo (Sicilia), dichiarato sito di interesse nazionale ai
fini della bonifica, e, in particolare, la Rada di Augusta. Questultima interessata da fenomeni ricorrenti di
inquinamento ambientale la cui origine risalirebbe gi agli anni 60, quando stato realizzato il polo petrolchimico
Augusta-Priolo-Melilli. Da tale periodo, numerose imprese, operanti nel settore degli idrocarburi e della petrolchimica,
si sono installate e/o succedute in questo territorio.
20
La zona ha costituito oggetto di una caratterizzazione diretta a valutare lo stato dei terreni, delle falde freatiche,
delle acque costiere e dei fondali marini. Conformemente allart. 9 del decreto n. 471/1999, le imprese insediate nel
polo petrolchimico, in qualit di proprietarie delle aree industriali terrestri comprese nel sito di interesse nazionale,
hanno presentato progetti di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica della falda, approvati con decreto
interministeriale.
21
Mediante diverse misure consecutive e a causa del ritardo contestato alle imprese nellesecuzione dei progetti di
intervento, la pubblica autorit ha ordinato a dette imprese di procedere alla bonifica dei fondali marini della Rada di
Augusta, in particolare alla rimozione dei sedimenti contaminati presenti in questultima per una profondit pari a m 2,
con lespressa sanzione che, in caso di inadempienza delle imprese, tali lavori sarebbero stati effettuati dufficio, a
carico e a spese di queste ultime. In occasione della conferenza preparatoria dei servizi svoltasi il 21 luglio 2006, stato
parimenti deciso di completare le misure precedentemente approvate con la realizzazione di un confinamento fisico
della falda.
22
Sostenendo che unopera del genere era irrealizzabile e le esponeva a costi sproporzionati, le imprese interessate
hanno proposto ricorso avverso dette decisioni amministrative in questione dinanzi al giudice del rinvio. Con sentenza
21 luglio 2007, n. 1254, questultimo ha accolto tali ricorsi, dichiarando che gli obblighi di bonifica menzionati erano
illeciti poich non si era tenuto conto, allatto della loro adozione, n del principio chi inquina paga, n delle norme
nazionali che disciplinano le procedure di bonifica, n del principio del contraddittorio. Inoltre, non si era svolto nessun
dibattito con le imprese coinvolte in merito ai presupposti per la realizzazione di una siffatta bonifica.
23
Questa pronuncia stata impugnata dalle autorit amministrative dinanzi al Consiglio di Giustizia amministrativa
della Regione Sicilia il quale, con ordinanza cautelare 2 aprile 2008, ha considerato dimostrato il fumus boni iuris
dellappello e, in considerazione delle conseguenze dannose connesse al ritardo indotto nellesecuzione delle misure
ordinate dalla pubblica amministrazione, ha disposto la sospensione dellesecuzione della citata sentenza n. 1254/2007.
24
Successivamente, le autorit amministrative hanno constatato che le misure precedentemente approvate erano
inadeguate a porre rimedio allinquinamento esistente nella Rada di Augusta. A fronte, inoltre, del rifiuto delle societ
ricorrenti ad ottemperare, il 20 dicembre 2007 la conferenza dei servizi decisoria ha prescritto a queste ultime altre
misure, tra le quali figurava la realizzazione di un confinamento la cui esecuzione sarebbe stata affidata alla societ
Sviluppo Italia Aree Produttive SpA (in prosieguo: la Sviluppo). Queste misure sarebbero state confermate in
occasione della conferenza dei servizi decisoria svoltasi il 6 marzo e il 16 aprile 2008. Infine, stato adottato il decreto
21 febbraio 2008, n. 4378, avente ad oggetto un provvedimento finale di adozione () delle determinazioni della
conferenza di servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Priolo del 20 dicembre 2007 (in prosieguo: il
decreto n. 4378/2008).

25
Avverso questo decreto nonch contro altri atti amministrativi ad esso correlati, le ricorrenti nelle cause principali
hanno proposto nuovamente ricorso dinanzi al giudice del rinvio. In tal sede esse denunciano, in particolare, la
circostanza che il progetto accolto, di cui la societ Sviluppo ha garantito lelaborazione e che le stato attribuito in
assenza di gara dappalto, non avrebbe scopi di tutela ambientale, bens servirebbe piuttosto alla realizzazione di
uninfrastruttura pubblica, ossia la realizzazione di unisola artificiale allinterno della Rada di Augusta mediante
sedimenti contaminati.
26
Il giudice del rinvio sottolinea che, in pronunce precedenti concernenti la medesima controversia, il Consiglio di
Giustizia amministrativa della Regione Sicilia, in qualit di giudice dappello, aveva dichiarato, in particolare, che
appare irrilevante () ogni accertamento () volto a verificare il coinvolgimento, o meno, degli attuali proprietari o
concessionari di aree industriali () cos come () ogni accertamento volto a verificare la sussistenza di eventuali
responsabilit in capo ad organi della P.A. che abbiano in passato autorizzato lesercizio di attivit inquinanti. Infatti,
secondo questo stesso giudice, il punto di equilibrio fra i diversi interessi di rilevanza costituzionale alla tutela della
salute, dellambiente e delliniziativa economica privata () va () ricercato () in un criterio di oggettiva
responsabilit imprenditoriale, in base al quale gli operatori economici che producono e ritraggono profitti attraverso
lesercizio di attivit pericolose, in quanto ex se inquinanti, o in quanto utilizzatori di strutture produttive contaminate e
fonte di perdurante contaminazione, sono perci stesso tenuti a sostenere integralmente gli oneri necessari a garantire la
tutela dellambiente e della salute della popolazione, in correlazione causale con tutti i fenomeni di inquinamento
collegati allattivit industriale.
27
Il giudice del rinvio sottolinea che la prassi della competente autorit pubblica, confermata dal giudice dappello,
consiste pertanto, allo stato degli atti, nelladdossare alle imprese che operano nella Rada di Augusta la responsabilit
per linquinamento ambientale esistente, senza distinzioni tra linquinamento precedente e quello attuale e senza
accertamento di dirette responsabilit nella genesi del danno a carico di ciascuna delle imprese coinvolte.
28
Nel prospettare un eventuale sviluppo della propria giurisprudenza in accordo con il suo giudice dappello, il
giudice del rinvio pone in evidenza la situazione specifica dellinquinamento proprio della Rada di Augusta. Esso
sottolinea in particolare che nella zona si sono succedute una pluralit di imprese petrolchimiche, per cui sarebbe non
solo impossibile, ma parimenti inutile determinare il rispettivo grado di responsabilit, qualora si tenga presente, in
particolare, che la circostanza di condurre nel sito contaminato attivit di per se stesse pericolose pu bastare a far
dichiarare accertata la loro responsabilit.
29
alla luce di questo complesso di circostanze che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha deciso di
sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
1)
Se il principio chi inquina paga (art.174 CE) () nonch le disposizioni di cui alla [direttiva 2004/35] ostino
ad una normativa nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre agli imprenditori privati per il
solo fatto che essi si trovino attualmente ad esercitare la propria attivit in una zona da lungo tempo contaminata o
limitrofa a quella storicamente contaminata lesecuzione di misure di riparazione a prescindere dallo svolgimento di
qualsiasi istruttoria in ordine allindividuazione del responsabile dellinquinamento.
2)
Se il principio chi inquina paga (art.174 CE) () nonch le disposizioni di cui alla [direttiva 2004/35] ostino ad
una normativa nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di attribuire la responsabilit del risarcimento del
danno ambientale in forma specifica al soggetto titolare di diritti reali e/o esercente unattivit imprenditoriale nel sito
contaminato, senza la necessit di accertare previamente la sussistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto e
levento di contaminazione, in virt del solo rapporto di posizione nel quale egli stesso si trova (cio essendo egli un
operatore la cui attivit sia svolta allinterno del sito).
3)
Se la normativa comunitaria di cui allart. 174 [CE ed alla direttiva 2004/35] osti ad una normativa nazionale che,
superando il principio chi inquina paga, consenta alla Pubblica Amministrazione di attribuire la responsabilit del
risarcimento del danno ambientale in forma specifica al soggetto titolare di diritti reali e/o dimpresa nel sito
contaminato, senza la necessit di accertare previamente la sussistenza, oltre che del nesso causale tra la condotta del
soggetto e levento di contaminazione, anche del requisito soggettivo del dolo o della colpa.
4)
Se i principi comunitari in materia di tutela della concorrenza di cui al Trattato che istituisce la Comunit europea
e le () direttive 2004/18, [del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54)] e [del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di
aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori e di forniture (GU L 395, pag. 33)] ostino ad una normativa nazionale
che consenta alla Pubblica Amministrazione di affidare a soggetti privati (societ Sviluppo SpA. e [Sviluppo]) attivit
di caratterizzazione, di progettazione ed esecuzione di interventi di bonifica rectius: di realizzazione di opere
pubbliche su aree demaniali in via diretta, senza esperire preliminarmente le necessarie procedure di evidenza
pubblica.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilit
30
Il governo italiano asserisce che il rinvio pregiudiziale sarebbe irricevibile in quanto, in particolare, da un lato, le
questioni proposte implicherebbero che la Corte esamini la normativa nazionale e, dallaltro, lo scopo del giudice del
rinvio sarebbe non di risolvere la controversia di cui investito, bens piuttosto di rimettere in discussione la
giurisprudenza del suo giudice di appello.

31
A questo proposito basta ricordare che, nellambito di un rinvio pregiudiziale, bench non spetti alla Corte
pronunciarsi sulla compatibilit di norme del diritto interno con il diritto dellUnione, essa tuttavia competente a
fornire al giudice a quo tutti gli elementi di interpretazione concernenti tale diritto, atti a consentirgli di valutare tale
compatibilit per pronunciarsi nella causa di cui investito (sentenza 22 maggio 2008, causa C-439/06, citiworks,
Racc. pag. I-3913, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
32
Peraltro, il giudice che non decide in ultima istanza devessere libero, segnatamente se esso ritiene che la
valutazione in diritto formulata dallistanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto
dellUnione, di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi (v., in tal senso, sentenza 16 gennaio 1974,
causa 166/73, Rheinmhlen-Dsseldorf, Racc. pag. 33, punto 4).
33
In considerazione delle precedenti osservazioni, il presente rinvio pregiudiziale ricevibile e, di conseguenza,
occorre esaminare le varie questioni proposte dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia.
Sulle prime tre questioni
34
Con le sue prime tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
il principio chi inquina paga, quale sancito dallart. 174, n. 2, primo comma, CE, e le disposizioni della direttiva
2004/35, che mira a dare attuazione a questo principio nellambito della responsabilit ambientale, ostino a una
normativa nazionale che consente allautorit competente di imporre ad alcuni operatori, a causa della vicinanza dei
loro impianti ad una zona inquinata, misure di riparazione dei danni ambientali, senza avere preventivamente indagato
sugli eventi allorigine dellinquinamento, n avere accertato il nesso di causalit tra detti danni e i citati operatori n il
dolo o la colpa di questi ultimi.
35
Alla luce delle circostanze delle cause principali, quali illustrate dal giudice del rinvio, e dellesame che ne hanno
svolto i governi italiano, ellenico ed olandese nonch la Commissione delle Comunit europee, occorre determinare i
presupposti di applicabilit ratione temporis della direttiva 2004/35 in circostanze del genere, prima di risolvere le
questioni proposte.
Sullapplicabilit ratione temporis della direttiva 2004/35

Osservazioni presentate alla Corte


36
I governi italiano e olandese nonch la Commissione dubitano che la direttiva 2004/35 possa applicarsi ratione
temporis ai fatti delle cause principali, in quanto il danno ambientale sarebbe anteriore al 30 aprile 2007 e/o esso
deriverebbe comunque da attivit precedenti, che sarebbero state ultimate prima di tale data. La Commissione fa capire,
per, che questa direttiva potrebbe applicarsi limitatamente ai danni successivi al 30 aprile 2007 derivanti dallattivit
presente degli operatori coinvolti. Tuttavia, essa non potrebbe applicarsi a un inquinamento anteriore a questa stessa
data, causato da operatori diversi da quelli attualmente in attivit nella Rada di Augusta, ai quali si vorrebbe addossare
detto inquinamento.
37
Il governo ellenico ritiene viceversa che la direttiva 2004/35 sia applicabile ai fatti delle cause principali. Infatti,
basandosi su una lettura a contrario dellart. 17, secondo trattino, di questa direttiva, esso ritiene che questultima si
applichi anche qualora lattivit allorigine del danno sia iniziata prima del 30 aprile 2007, purch la stessa non sia
terminata prima di tale data e prosegua dopo il 30 aprile 2007.

Risposta della Corte


38
Come si evince dal trentesimo considerando della direttiva 2004/35, il legislatore dellUnione ha ritenuto che la
normativa relativa al regime di responsabilit ambientale istituito da questa direttiva non si dovrebbe applicare al
danno cagionato prima dello scadere del termine per la sua attuazione, ossia prima del 30 aprile 2007.
39
Detto legislatore ha indicato espressamente, nellart. 17 della direttiva 2004/35, le ipotesi in cui questultima non
si applica. Dal momento che le ipotesi che non rientrano nella sfera di applicazione ratione temporis di questa direttiva
sono state cos definite in modo negativo, occorre dedurne che qualsiasi altra ipotesi soggetta, in linea di principio, dal
punto di vista cronologico, al regime di responsabilit ambientale istituito da detta direttiva.
40
Dallart. 17, primo e secondo trattino, della direttiva 2004/35 si ricava che questultima non si applica ai danni
causati da unemissione, un evento o un incidente verificatosi prima del 30 aprile 2007 n a quelli causati dopo tale
data, se derivanti da una specifica attivit posta in essere e terminata prima di detta data.
41
Occorre dedurne che questa direttiva si applica ai danni causati da unemissione, un evento o un incidente
avvenuti dopo il 30 aprile 2007 quando questi danni derivano o da attivit svolte successivamente a tale data, o da
attivit svolte anteriormente a tale data, ma non ultimate prima della scadenza della medesima.
42
In forza dellart. 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, questa
pu pronunciarsi unicamente sullinterpretazione o sulla validit di un testo normativo dellUnione sulla base dei fatti
indicati dal giudice nazionale. Ne consegue che non spetta alla Corte, nellambito di un procedimento ai sensi
dellarticolo citato, ma al giudice nazionale lapplicazione ad atti o fatti di carattere nazionale delle norme del diritto
dellUnione di cui la Corte abbia fornito linterpretazione (v. sentenza 11 settembre 2008, causa C-279/06, CEPSA,
Racc. pag. I-6681, punto 28).
43
Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare, in base ai fatti che esso solo in grado di valutare, se, nelle cause
principali, i danni oggetto delle misure di riparazione ambientale decise dalle autorit nazionali competenti rientrino in
una delle ipotesi elencate nel punto 41 della presente sentenza.
44
Qualora detto giudice dovesse giungere alla conclusione che la direttiva 2004/35 non applicabile nella causa di
cui investito, unipotesi del genere dovr essere allora disciplinata dallordinamento nazionale, nel rispetto delle
norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato.

45
A questo proposito, lart. 174 CE ricorda che la politica della Comunit in materia ambientale mira a un livello
elevato di protezione e si basa, segnatamente, sul principio chi inquina paga. Questa disposizione si limita pertanto a
definire gli obiettivi generali della Comunit in materia ambientale, mentre lart. 175 CE affida il compito di decidere le
azioni da avviare al Consiglio dellUnione europea, eventualmente applicando la procedura di codecisione con il
Parlamento europeo (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 1994, causa C-379/92, Peralta, Racc. pag. I-3453, punti 57 e
58).
46
Come giustamente sottolineato dal governo olandese, dal momento che lart. 174 CE, che contiene il principio
chi inquina paga, rivolto allazione della Comunit, questa disposizione non pu essere invocata in quanto tale dai
privati al fine di escludere lapplicazione di una normativa nazionale, quale quella oggetto delle cause principali,
emanata in una materia rientrante nella politica ambientale, quando non sia applicabile nessuna normativa comunitaria
adottata in base allart. 175 CE, che disciplini specificamente lipotesi di cui trattasi.
47
Se e in quanto il giudice del rinvio giunga alla conclusione che la direttiva 2004/35 applicabile ratione temporis
nelle cause principali, occorre affrontare le questioni pregiudiziali nel modo seguente.
Sul regime di responsabilit ambientale previsto dalla direttiva 2004/35

Osservazioni presentate alla Corte


48
I governi italiano ed ellenico ritengono che, a norma dellart. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/35, quando si
tratta di attivit di cui allallegato III di questultima, sussista una presunzione che gli operatori siano responsabili
dellinquinamento accertato, senza che occorra dimostrare una loro responsabilit per fatto illecito o un nesso di
causalit tra le loro rispettive attivit e i danni provocati allambiente.
49
Secondo il governo ellenico, solo quando le attivit degli operatori non rientrino fra quelle di cui allallegato III
alla direttiva 2004/35 lautorit competente, al fine di imporre a questi ultimi misure di responsabilit ambientale ai
sensi di questa direttiva, deve dimostrare, conformemente allart. 3, n. 1, lett. b), di questultima, che detti operatori
siano responsabili per comportamento doloso o colposo. A questa autorit non incomberebbe nemmeno lonere di
provare il grado di coinvolgimento di questi ultimi, poich lart. 8, n. 3, di detta direttiva enuncerebbe che lonere della
prova di un nesso di causalit tra il danno e leffettivo inquinatore graverebbe in realt sulloperatore, che non voglia
essere obbligato a sostenere i costi riguardanti danni dei quali egli sia in grado di dimostrare che siano conseguenze
dellopera di un terzo. Pertanto, la facolt per le imprese interessate di promuovere, eventualmente tra di esse, azioni di
regresso basate sulle norme nazionali in materia di responsabilit potrebbe fornire soluzioni pragmatiche.
50
Il governo italiano sottolinea che comunque, nelle cause principali, il nesso di causalit sussisterebbe in re ipsa,
senza che occorra condurre unindagine per accertarlo, in quanto le imprese interessate si sarebbero autodenunciate e
sussisterebbe una coincidenza evidente tra le sostanze da loro prodotte e i materiali inquinanti ritrovati. Inoltre, lart. 16,
n. 1, della direttiva 2004/35 consentirebbe agli Stati membri di emanare norme pi rigorose di quelle contenute in
questa direttiva.
51
La Commissione ritiene che la direttiva 2004/35 non si applichi quando non sia possibile identificare con
precisione loperatore la cui attivit abbia provocato i danni ambientali. Tuttavia, basandosi sullart. 16, n. 1, di questa
direttiva, essa del parere che questultima non osti allapplicazione di un regime pi rigoroso, quale quello oggetto
delle cause principali, per quanto concerne la facolt degli Stati membri di individuare sia altre attivit da assoggettare
alle prescrizioni di detta direttiva, sia altri responsabili poich, comunque, un regime siffatto tenderebbe a rafforzare gli
obblighi stabiliti dalla citata direttiva.

Risposta della Corte


52
Come afferma il tredicesimo considerando della direttiva 2004/35, a non tutte le forme di danno ambientale pu
essere posto rimedio attraverso la responsabilit civile e, affinch questultima sia efficace, necessario in particolare
accertare nessi causali tra uno o pi inquinatori individuabili e danni ambientali concreti e quantificabili.
53
Come si evince dagli artt. 4, n. 5, e 11, n. 2, della direttiva 2004/35, cos come laccertamento di un siffatto nesso
causale necessario da parte dellautorit competente al fine di imporre misure di riparazione ad eventuali operatori, a
prescindere dal tipo di inquinamento in questione, questobbligo parimenti un presupposto per lapplicabilit di detta
direttiva per quanto concerne forme di inquinamento a carattere diffuso ed esteso.
54
Un nesso di causalit del genere pu essere agevolmente dimostrato quando lautorit competente si trovi in
presenza di un inquinamento circoscritto nello spazio e nel tempo, che sia opera di un numero limitato di operatori.
Viceversa, non questo il caso nellipotesi di fenomeni di inquinamento a carattere diffuso, per cui il legislatore
dellUnione ha giudicato che, in presenza di un inquinamento del genere, un regime di responsabilit civile non
costituisce uno strumento idoneo quando detto nesso di causalit non possa essere accertato. Di conseguenza, ai sensi
dellart. 4, n. 5, della direttiva 2004/35, questultima si applica a questo tipo di inquinamento solo quando sia possibile
accertare un nesso di causalit tra i danni e le attivit dei diversi operatori.
55
A questo proposito, giocoforza rilevare che la direttiva 2004/35 non definisce la modalit di accertamento di un
siffatto nesso di causalit. Ebbene, nella cornice della competenza condivisa tra lUnione e i suoi Stati membri in
materia ambientale, quando un elemento necessario allattuazione di una direttiva adottata in base allart. 175 CE non
sia stato definito nellambito di questultima, una siffatta definizione rientra nella competenza di questi Stati e, a tale
proposito, essi dispongono di un ampio potere discrezionale, nel rispetto delle norme del Trattato, al fine di prevedere
discipline nazionali che configurino o concretizzino il principio chi inquina paga (v., in tal senso, sentenza 16 luglio
2009, causa C-254/08, Futura Immobiliare e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 48, 52 e 55).

56
Da questo punto di vista, la normativa di uno Stato membro pu prevedere che lautorit competente abbia facolt
di imporre misure di riparazione del danno ambientale presumendo lesistenza di un nesso di causalit tra
linquinamento accertato e le attivit del singolo o dei diversi operatori, e ci in base alla vicinanza degli impianti di
questi ultimi con il menzionato inquinamento.
57 Tuttavia, dato che, conformemente al principio chi inquina paga, lobbligo di riparazione incombe agli
operatori solo in misura corrispondente al loro contributo al verificarsi dellinquinamento o al rischio di inquinamento
(v., per analogia, sentenza 24 giugno 2008, causa C-188/07, Commune de Mesquer, Racc. pag. I-4501, punto 77), per
poter presumere secondo tali modalit lesistenza di un siffatto nesso di causalit lautorit competente deve disporre di
indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dellimpianto delloperatore
allinquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto
operatore nellesercizio della sua attivit.
58
Quando disponga di indizi di tal genere, lautorit competente allora in condizione di dimostrare un nesso di
causalit tra le attivit degli operatori e linquinamento diffuso rilevato. Conformemente allart. 4, n. 5, della direttiva
2004/35, unipotesi del genere pu rientrare pertanto nella sfera dapplicazione di questa direttiva, a meno che detti
operatori non siano in condizione di confutare tale presunzione.
59
Da ci deriva che, qualora il giudice del rinvio ritenga che linquinamento in questione nelle cause principali
presenti un carattere diffuso e che non possa essere dimostrato un nesso di causalit, unipotesi del genere potr
rientrare non nella sfera dapplicazione ratione materiae della direttiva 2004/35, bens in quella dellordinamento
nazionale, alle condizioni precisate nel punto 44 della presente sentenza.
60
Viceversa, per lipotesi in cui il giudice del rinvio giunga alla conclusione che detta direttiva applicabile al caso
di cui investito, occorre ancora svolgere le seguenti considerazioni.
61
Dallart. 3, n. 1, lett. b), della direttiva 2004/35 si ricava che, quando un danno stato arrecato alle specie e agli
habitat naturali protetti da una attivit professionale non elencata nellallegato III a questa direttiva, la medesima pu
applicarsi a condizione che sia accertato il comportamento doloso o colposo in capo alloperatore. Viceversa, una
siffatta condizione non vale quando da unattivit professionale elencata nel detto allegato sia stato causato un danno
ambientale ossia, ai sensi dellart. 2, n. 1, lett. a)-c), di detta direttiva, un danno arrecato alle specie e agli habitat
naturali protetti, nonch alle acque e al terreno.
62
Fatto salvo lesito degli accertamenti in fatto che spetta al giudice del rinvio compiere, quando un danno sia stato
causato allambiente da operatori attivi nei settori dellenergia e della chimica, ai sensi dei punti 2.1 e 2.4 della direttiva
96/61, attivit comprese a tale titolo nellallegato III alla direttiva 2004/35, a questi operatori possono essere pertanto
imposte misure preventive o di riparazione, senza che lautorit competente sia tenuta a dimostrare lesistenza di un
comportamento doloso o colposo in capo a loro.
63
Infatti, nel caso di attivit professionali comprese nellallegato III alla direttiva 2004/35, la responsabilit
ambientale degli operatori attivi in questi ambiti loro imputata in via oggettiva.
64 Tuttavia, come giustamente sottolineato dai ricorrenti nelle cause principali, dal combinato disposto dellart. 11,
n. 2, della direttiva 2004/35 e del tredicesimo considerando di questultima discende che, al fine di imporre misure di
riparazione, lautorit competente tenuta ad accertare, in osservanza delle norme nazionali in materia di prova, quale
operatore abbia provocato il danno ambientale. Ne discende che, a tal fine, detta autorit deve ricercare preventivamente
lorigine dellinquinamento constatato e, come rilevato nel punto 53 della presente sentenza, essa non pu imporre
misure di riparazione senza previamente dimostrare lesistenza di un nesso di causalit tra i danni rilevati e lattivit
delloperatore che ritiene responsabile dei medesimi.
65
Occorre pertanto interpretare gli artt. 3, n. 1, 4, n. 5, e 11, n. 2, della direttiva 2004/35 nel senso che, quando
decide di imporre misure di riparazione ad operatori le cui attivit siano elencate nellallegato III a detta direttiva,
lautorit competente non tenuta a dimostrare n un comportamento doloso o colposo, n un intento doloso in capo
agli operatori le cui attivit siano ritenute allorigine del danno ambientale. Viceversa, spetta a questa autorit, da un
lato, ricercare preventivamente lorigine dellaccertato inquinamento, attivit riguardo alla quale detta autorit dispone
di un potere discrezionale in merito alle procedure e ai mezzi cui fare ricorso, nonch alla durata di una ricerca siffatta.
Dallaltro, questa autorit tenuta a dimostrare, in osservanza delle norme nazionali in materia di prova, lesistenza di
un nesso di causalit tra lattivit degli operatori cui sono dirette le misure di riparazione e linquinamento di cui
trattasi.
66
I ricorrenti nelle cause principali asseriscono che linquinamento della Rada di Augusta sarebbe opera della
societ Montedison SpA nonch della marina civile e militare. Di conseguenza, a loro parere lautorit competente non
potrebbe imputare loro misure di riparazione del tipo di quelle previste nel decreto n. 4378/2008.
67
A questo proposito occorre ricordare, da un lato, che, conformemente allart. 11, n. 4, della direttiva 2004/35, gli
operatori dispongono di rimedi giurisdizionali per impugnare le misure di riparazione adottate in base a questa direttiva,
nonch per negare lesistenza di un qualsiasi nesso di causalit tra la loro attivit e linquinamento rilevato. Dallaltro,
conformemente allart. 8, n. 3, di questa direttiva, i medesimi operatori non sono tenuti a sostenere i costi delle misure
di riparazione quando sono in grado di dimostrare che i danni in questione sono opera di un terzo e si sono verificati
nonostante lesistenza di idonee misure di sicurezza, poich infatti il principio chi inquina paga non implica che gli
operatori debbano farsi carico di oneri inerenti alla riparazione di un inquinamento al quale non abbiano contribuito (v.,
per analogia, sentenza 29 aprile 1999, causa C-293/97, Standley e a., Racc. pag. I-2603, punto 51).

68
Occorre aggiungere parimenti che lart. 16, n. 1, della direttiva 2004/35, al pari dellart. 176 CE, prevede
espressamente che la direttiva non osta al mantenimento o alladozione da parte degli Stati membri di misure pi severe
riguardanti la prevenzione e la riparazione dei danni ambientali. Questa disposizione afferma parimenti che queste
misure possono consistere, segnatamente, nellindividuazione, da un lato, di altre attivit da assoggettare agli obblighi
fissati dalla direttiva e, dallaltro, di altri soggetti responsabili.
69
Ne consegue che uno Stato membro pu decidere, in particolare, che gli operatori esercenti attivit diverse da
quelle previste nellallegato III alla direttiva 2004/35 possono essere considerati responsabili in via oggettiva di danni
ambientali, ossia, ai sensi dellart. 2, n. 1, lett. a)-c), della citata direttiva, non solo di danni provocati alle specie e agli
habitat naturali protetti, ma anche di quelli arrecati alle acque e ai terreni.
70
In considerazione di quanto sin qui esposto, occorre rispondere alle prime tre questioni dichiarando che:

quando, in unipotesi dinquinamento ambientale, non sono soddisfatti i presupposti dapplicazione ratione
temporis e/o ratione materiae della direttiva 2004/35, unipotesi del genere dovr essere allora disciplinata dal diritto
nazionale, nel rispetto delle norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato;

la direttiva 2004/35 non osta a una normativa nazionale che consente allautorit competente, in sede di
esecuzione della citata direttiva, di presumere lesistenza di un nesso di causalit, anche nellipotesi di inquinamento a
carattere diffuso, tra determinati operatori e un inquinamento accertato, e ci in base alla vicinanza dei loro impianti alla
zona inquinata. Tuttavia, conformemente al principio chi inquina paga, per poter presumere secondo tale modalit
lesistenza di un siffatto nesso di causalit detta autorit deve disporre di indizi plausibili in grado di dare fondamento
alla sua presunzione, quali la vicinanza dellimpianto delloperatore allinquinamento accertato e la corrispondenza tra
le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nellesercizio della sua attivit;

gli artt. 3, n. 1, 4, n. 5, e 11, n. 2, della direttiva 2004/35 devono essere interpretati nel senso che, quando decide
di imporre misure di riparazione del danno ambientale ad operatori le cui attivit siano elencate nellallegato III a detta
direttiva, lautorit competente non tenuta a dimostrare n un comportamento doloso o colposo, n un intento doloso
in capo agli operatori le cui attivit siano considerate allorigine del danno ambientale. Viceversa spetta a questa
autorit, da un lato, ricercare preventivamente lorigine dellaccertato inquinamento, attivit riguardo alla quale detta
autorit dispone di un potere discrezionale in merito alle procedure e ai mezzi da impiegare, nonch alla durata di una
ricerca siffatta. Dallaltro, questa autorit tenuta a dimostrare, in base alle norme nazionali in materia di prova,
lesistenza di un nesso di causalit tra lattivit degli operatori cui sono dirette le misure di riparazione e linquinamento
di cui trattasi.
Sulla quarta questione
71
Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se le direttive in materia di appalti
pubblici, in particolare la direttiva 2004/18, ostino a una normativa nazionale che consente allautorit competente di
affidare direttamente a unimpresa di diritto privato la realizzazione e la concezione di opere pubbliche nonch di lavori
di bonifica e di recupero di un sito inquinato.
72
Secondo costante giurisprudenza, la procedura ex art. 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la
Corte e i giudici nazionali, per mezzo della quale la prima fornisce ai secondi gli elementi dinterpretazione del diritto
dellUnione necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (v., in particolare, sentenze 16 luglio 1992,
causa C-83/91, Meilicke, Racc. pag. I-4871, punto 22, e 16 ottobre 2008, causa C-313/07, Kirtruna e Vigano,
Racc. pag. I-7907, punto 25).
73
Nellambito di questa cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui stata sottoposta la
controversia e che deve assumersi la responsabilit dellemananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle
particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessit di una sentenza pregiudiziale ai fini della pronuncia della
propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Pertanto, una volta che le questioni poste
riguardano linterpretazione di una norma del diritto dellUnione, la Corte, in via di principio, tenuta a statuire
(sentenza 19 aprile 2007, causa C-295/05, Asemfo, Racc. pag. I-2999, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
74 Tuttavia, quando non dispone degli elementi in fatto e in diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni
ad essa sottoposte, la Corte si astiene dal decidere su una domanda proposta da un giudice nazionale (v., in tal senso,
sentenza Commune de Mesquer, cit., punto 30).
75
Ebbene, a questo proposito, per quanto concerne la presente questione, risulta che il giudice del rinvio non ha
precisato n il soggetto di diritto pubblico che ha assegnato lesecuzione dei lavori oggetto di detta questione, n
limporto dei medesimi, n latto in forza del quale detti lavori sono stati affidati alle due societ indicate nella
medesima questione.
76
Infatti, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia fa riferimento unicamente a operazioni di rilevante
impatto ambientale e di elevatissimo valore economico che sarebbero state affidate in tal modo a dette societ
dallautorit competente, senza che queste ultime abbiano dovuto affrontare la concorrenza di altre societ di diritto
privato.
77
Inoltre, malgrado un quesito rivolto per iscritto dalla Corte al governo italiano nonch lo svolgimento
delludienza dibattimentale, non stato possibile chiarire le condizioni in presenza delle quali i lavori in questione
sarebbero stati affidati a dette societ. La societ Invitalia (Agenzia nazionale per lattrazione degli investimenti e lo
sviluppo dimpresa) SpA ha sostenuto addirittura di essere stata assegnataria di mere attivit di concezione e che
lautorit competente avrebbe rinunciato alla realizzazione delle infrastrutture di cui alla quarta questione pregiudiziale.

10

78
Alla luce di ci, la Corte non ritiene di essere sufficientemente edotta in merito alle circostanze in fatto della
quarta questione formulata dal giudice del rinvio e, di conseguenza, deve dichiararla irricevibile.
Sulle spese
79
Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi
al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare
osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
Quando, in unipotesi dinquinamento ambientale, non sono soddisfatti i presupposti dapplicazione ratione temporis
e/o ratione materiae della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla
responsabilit ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, unipotesi del genere dovr
essere allora disciplinata dal diritto nazionale, nel rispetto delle norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di
diritto derivato.
La direttiva 2004/35 non osta a una normativa nazionale che consente allautorit competente, in sede di esecuzione
della citata direttiva, di presumere lesistenza di un nesso di causalit, anche nellipotesi di inquinamento a carattere
diffuso, tra determinati operatori e un inquinamento accertato, e ci in base alla vicinanza dei loro impianti alla zona
inquinata. Tuttavia, conformemente al principio chi inquina paga, per poter presumere secondo tale modalit
lesistenza di un siffatto nesso di causalit detta autorit deve disporre di indizi plausibili in grado di dare fondamento
alla sua presunzione, quali la vicinanza dellimpianto delloperatore allinquinamento accertato e la corrispondenza tra
le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nellesercizio della sua attivit.
Gli artt. 3, n. 1, 4, n. 5, e 11, n. 2, della direttiva 2004/35 devono essere interpretati nel senso che, quando decide di
imporre misure di riparazione del danno ambientale ad operatori le cui attivit siano elencate nellallegato III a detta
direttiva, lautorit competente non tenuta a dimostrare n un comportamento doloso o colposo, n un intento doloso
in capo agli operatori le cui attivit siano considerate allorigine del danno ambientale. Viceversa spetta a questa
autorit, da un lato, ricercare preventivamente lorigine dellaccertato inquinamento, attivit riguardo alla quale detta
autorit dispone di un potere discrezionale in merito alle procedure e ai mezzi da impiegare, nonch alla durata di una
ricerca siffatta. Dallaltro, questa autorit tenuta a dimostrare, in base alle norme nazionali in materia di prova,
lesistenza di un nesso di causalit tra lattivit degli operatori cui sono dirette le misure di riparazione e linquinamento
di cui trattasi.
Firme

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=79751&pageIndex=0&doclang=it
&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=35871
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA
- Sezione staccata di Catania - Sezione Prima
Reg.Sent. 1188/08
Reg.Gen. 1009/07
Reg.Gen. 1117/07

composto dai Signori Magistrati:


Dott. Vincenzo Zingales, Presidente
Dott.ssa Rosalia Messina, Giudice
Dott. Salvatore Gatto Costantino Giudice rel.est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui seguenti ricorsi:
1) nr. 1009/07 R.G., proposto da SASOL ITALY SPA, rappresentata e difesa dallAvv. Luciano Butti,

11

dallAvv. Federico Peres, e dallAvv. Antonino Saitta, con domicilio eletto in CATANIA presso la
Segreteria del TAR;
CONTRO
I MINISTERI DELLE INFRASTRUTTURE, DELLINTERNO; GLI ASSESSORATI REGIONALI
DELLA REGIONE SICILIA: TERRITORIO E AMBIENTE, ALLINDUSTRIA, DEI BENI CULTURALI
AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE; IL COMMISSARIO DELEGATO PER
LEMERGENZA RIFIUTI E LA TUTELA DELLE ACQUE, IL VICECOMMISSARIO DELEGATO PER
LEMERGENZA RIFIUTI E LA TUTELA DELLE ACQUE, IL SUBCOMMISSARIO PER LA
BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI; LAPAT (AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELLAMBIENTE
E PER I SERVIZI TECNICI), LARPA SICILIA (AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE
DELLAMBIENTE), LICRAM (ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA
DEL LAVORO), LISTITUTO SUPERIORE DI SANITA, IL COMMISSARIO DELEGATO PER
LEMERGENZA BONIFICHE E LA TUTELA DELLE ACQUE IN SICILIA; LA PREFETTURA DI
SIRACUSA; IL NUCLEO OPERATIVO ECOLOGICO DI CATANIA - COMANDO CARABINIERI PER
LA TUTELA DELL'AMBIENTE,; IL REPARTO AMBIENTALE MARINO DEL CORPO DELLE
CAPITANERIA DI PORTO; LA MARINA MILITARE DI AUGUSTA; LA CAPITANERIA DI PORTO
DI AUGUSTA; LAUTORIT PORTUALE DI AUGUSTA; IL COMANDO GENERALE DEL CORPO
DELLE CAPITANERIE DI PORTO; LA CAPITANERIA DI PORTO DI SIRACUSA; MARISICILIA;
CINCNAV; COMFORPAT; MARISTAT; LARSENALE MILITARE MARITTIMO; L ENEA; ciascuno
in persona del rispettivo legale rappresente p.t.;
tutti non costituiti;
IL MINISTERO DELLAMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, IL MINISTERO DELLA
SALUTE, IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, IL MINISTERO DEI TRASPORTI, LA
REGIONE SICILIA, LASSESSORATO REGIONALE DELLA SICILIA ALLINDUSTRIA, ciascuno in
persona del rispettivo rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi dallAVVOCATURA
DELLO STATO con domicilio eletto in CATANIA VIA VECCHIA OGNINA, 149;
LA PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA, IL CONSORZIO PER LAREA DI SVILUPPO
INDUSTRIALE PER LA ZONA SUD DELLA SICILIA ORIENTALE SIRACUSA, IL COMUNE DI
SIRACUSA, IL COMUNE DI MELILLI, IL COMUNE DI PRIOLO GARGALLO, DI AUGUSTA,
LAZIENDA SANITARIA LOCALE NR. 8 SIRACUSA; tutti non costituiti;
e nei confronti di:
SVILUPPO ITALIA SPA, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa da
TUFARELLI AVV. LUCA, con domicilio eletto presso la SEGRETERIA del Tribunale;
EDISON Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
PER LANNULLAMENTO
del decreto prot. n. 3387/QdV/DI/B adottato in data 1 marzo 2007 dal Direttore Generale della Direzione
per la Qualit della Vita del Ministero dellambiente e della tutela del territorio e del mare, contenente
Provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter, legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni della
Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Priolo del 16.02.07, nonch di tutti
gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, anche se non conosciuti dalla
ricorrente, ivi inclusi, in particolare, il verbale e le determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi
decisoria convocata presso il Ministero dellambiente e della tutela del territorio e del mare in data 16
febbraio 2007, relativa al sito di interesse nazionale di Priolo e la lettera prot. 5890/QdV/DI/VII-VIII datata
01.03.07 pervenuta in data successiva, con la quale sono stati trasmessi il decreto 01.03.07 prot. n.
3387/QdV/DI/B e il verbale della Conferenza di Servizi decisoria 16.02.07, nonch tutti i documenti
richiamati (anche se non allegati) nel verbale del 16.02.07 e nel decreto e tutti i documenti ad essi allegati
(anche se non espressamente in essi richiamati).
***
I provvedimenti sopra indicati vengono impugnati in toto e, in particolare, per la parte in cui:

12

quanto al verbale della Conferenza di Servizi 16.02.07


1. sul confinamento fisico come attivit di messa in sicurezza demergenza, la Conferenza di servizi
decisoria (a) ha deliberato di chiedere allAzienda di trasmettere entro 30 giorni dal ricevimento del
presente verbale il Progetto di bonifica della falda basato sul confinamento fisico, come RICHIESTO dalla
Conferenza decisoria del 21.07.06 (pag. 133) e, ribadendo la prescrizione ma assegnando un diverso
termine, (b) ha richiesto allAzienda di presentare il progetto definitivo di bonifica delle acque di falda
basato sul marginamento fisico entro 60 giorni dal ricevimento del presente verbale, cos come gi richiesto
dalla Conferenza decisoria del 21.07.06 (pag. 142);
2. sulla messa in sicurezza demergenza in relazione allo sversamento accidentale verificatosi nel dicembre
2004 in corrispondenza delle vasche API Sud, la Conferenza (a) ha prescritto allAzienda di attivare la
messa in sicurezza demergenza della sorgente primaria della contaminazione entro 10 giorni dalla data di
ricevimento del presente verbale e che la stessa avvenga contestualmente alla completa rimozione di tutto il
terreno contaminato circostante le vasche (pag. 137); ha ribadito anche questa prescrizione ma in termini
diversi (b) per quanto riguarda larea A3 e larea A6 vista la presenza di contaminazione residua nel punto
T21 (benzene: 97 mg/kg; idrocarburi pesanti: 5982,9 mg/kg), lelevato grado di inquinamento rilevato con il
test TST nei punti T20, T26 e T14 nonch i superamenti nel punto T108, si richiede di approfondire la
scarifica delle aree medesime compatibilmente alleventuale presenza dei fasci di tubazioni, e di procedere al
prelievo di almeno un campione di fondo scavo, da sottoporre a caratterizzazione analitica; in presenza di
ulteriore contaminazione, lo scavo andr approfondito fino ad evidenza di terreno pulito; si richiede, inoltre,
che tali attivit vengano concordate con ARPA in modo da consentire le attivit di controllo dei
campionamenti e delle analisi ivi compresa la esecuzione del 10% di controanalisi di verifica, per la
validazione dei dati da parte dellARPA stessa (pag. 138 punto 7); e sempre in relazione al medesimo
episodio del dicembre 2004, nella parte in cui (c) la Conferenza ha affermato che non risulta ottemperata la
richiesta, prescritta da ARPA Siracusa, al punto 3 del verbale di sopralluogo: nellarea da scarificare in
corrispondenza delle vasche API Sud, prelievo di campioni di terreno dove il TST mostra valori superiori a
100 ppm a scarifica completata, atteso che, come si evince dalla tabella 6 del documento in esame, i
campioni prelevati nellarea A6 e sottoposti ad analisi chimiche di laboratorio, sono stati quelli in cui il TST
ha mostrato i valori di contaminazione pi bassi (T108: 5,1 ppm e T115: 30 ppm) (pag. 138 punto 5);
3. sulla minaccia di attivazione dei poteri sostitutivi del Commissario Delegato in danno della societ, nella
parte in cui la Conferenza ha stabilito di chiedere al Commissario Delegato per lEmergenza Rifiuti e
Tutela della Acque della Sicilia, in caso di ulteriore inadempienza dellAzienda, di attivare i poteri sostitutivi
in danno del medesimo soggetto inadempiente, costituendo il presente verbale formale messa in mora, []
(pag. 135);
4. sulla gestione delle acque emunte: nella parte in cui la Conferenza ha ricordato che le acque emunte e il
prodotto ottenuto dalla disoleazione sono rifiuti e, pertanto, devono essere gestiti in conformit alla
normativa vigente in materia. Si sottolinea, inoltre, che lo stoccaggio e il trattamento di tali rifiuti deve
avvenire in impianti specificamente autorizzati ai sensi della vigente normativa in materia di rifiuti (pag.
133-134);
5. su tutte le altre prescrizioni con le quali la Conferenza ha invitato SASOL a svolgere attivit che, invero,
la Societ aveva gi da tempo realizzato e ci se ed in quanto le prescrizioni concernenti interventi gi
eseguiti ma ribaditi dalla Conferenza 16.02.07 integrino, in qualche forma, una statuizione su presunti ma
come detto inesistenti inadempimenti a carico della Societ; si tratta in particolare delle seguenti
prescrizioni:
pag. 133, prescrizioni da 1 a 4: SASOL ha risposto alle prescrizioni con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06
e la relazione GOLDER, T50359/7145, entrambe inviate nel novembre 2006 e con le relazioni GOLDER
T30138/5141 del gennaio 2004 e T50248/5954 del maggio 2006;
pagg. 133 e 134, prescrizioni da 1 a 9; pagg. 134 e 135, prescrizioni 1 e 2: anche a queste prescrizioni
SASOL ha risposto con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06 e la relazione GOLDER T50359/7145 inviate nel
novembre 2006;
pag. 135, prescrizioni 3 e 4: la Societ ha risposto alle prescrizioni con la relazione Golder T50248/5954

13

del maggio 2006, nella quale sono stati illustrati i motivi per cui doveva ritenersi che SASOL avesse
ottemperato alle richieste formulate dalla Conferenza di servizi del 16.12.05, attraverso la caratterizzazione a
maglia 50x50m (ovvero mediante caratterizzazione della falda e installazione di un nuovo pozzo con le
indagini a maglia 50x50);
pag. 139, prescrizione 1: anche in questo caso, la ricorrente ha risposto alle prescrizioni deliberate allesito
della Conferenza di servizi del 19.10.04 con la lettera prot. n. 199 del 24.11.06;
pag. 139, prescrizioni da 1 a 4; pag. 140 prescrizioni da 6 a 10: SASOL ha risposto alle prescrizioni con la
lettera prot. n. 199 del 24.11.06, la relazione GOLDER T50359/7145 e la lettera prot. 009 del 16/01/06;
pag. 142, nella parte in cui la Conferenza ha deliberato di [] richiedere allAzienda di procedere
allintegrazione della caratterizzazione delle acque di falda dei pozzi P26, P28, P29 []: ancora una volta,
SASOL ha risposto alle richieste con la pi volte citata lettera prot. n. 199 del 24.11.06 e la relazione
GOLDER T50359/7145;
6. sulla prescrizione di messa in sicurezza sui sedimenti della Rada impartita al Commissario Delegato nella
parte in cui la Conferenza ha deliberato di chiedere al Commissario Delegato di trasmettere entro 30 giorni
dalla data di ricevimento del presente verbale gli elaborati relativi alla caratterizzazione e alla messa in
sicurezza demergenza gi richiesti dalla Conferenza di servizi decisoria del 04.12.06. (pag. 179).
quanto al decreto 01.03.07 prot. n. 3387/QdV/DI/B contenente il provvedimento finale di adozione delle
determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria del 16.02.2007,
7. nella parte in cui il Direttore Generale per la Qualit della Vita del Ministero dellAmbiente e per la Tutela
del Territorio e del Mare ha inteso approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite
nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 16.02.07 e ci tanto per vizi propri del decreto quanto in
via derivata per i vizi relativi alle prescrizioni della Conferenza che il decreto ha approvato.
2) nr. 1117/07, proposto da ENI MEDITERRANEA IDROCARBURI S.P.A. (ENIMED) rappresentata e
difesa dallAvv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto in CATANIA presso lo studio dellAvv. Nicola
Seminara, in Corso delle Provincie 203;
CONTRO
il Ministero dellAmbiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per la Qualit della
Vita, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dallAvvocatura Distrettuale dello Stato, con
domicilio ex lege in Catania, viaV.Ognina 149, presso la sua sede;
e
nei confronti
del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero della Salute, in persona dei rispettivi Ministri, della
Regione Siciliana in persona del Presidente della Giunta Regionale e dellARPA Sicilia, Agenzia Regionale
per la Protezione dellAmbiente Dipartimento Provinciale di Siracusa, rappresentati e difesi
dallAvvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege in Catania, via V.Ognina 149, presso la sua
sede;
nonch del Comune di Priolo Gargallo in persona del sindaco p.t., della Provincia di Siracusa in persona del
Presidente p.t. della Provincia,
per lannullamento
in parte qua, del decreto prot. n. 3387/QdV/DI/B adottato in data 1 marzo 2007, trasmesso alla Societ
ricorrente il successivo 15 marzo 2007, dal Direttore Generale per la Qualit della Vita del Ministero
dellAmbiente e della Tutela del Territorio avente ad oggetto il provvedimento finale di adozione, ex art.14
ter legge 7 agosto 1990 n.241, delle determinazioni conclusive della Conferenza di Servizi decisoria relativa
al sito di bonifica di interesse nazionale di Priolo del 16/02/07 nonch del verbale e delle determinazioni
assunte nella predetta Conferenza di Servizi decisoria del 16 febbraio 2007 e di ogni altro atto ad essi
presupposto, conseguente e comunque connesso.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;


Visto latto di costituzione delle Amministrazioni rappresentate dallAvvocatura di Stato e di Sviluppo Italia

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Spa, in ciascun ricorso;


Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore alludienza pubblica del 10 gennaio 2008 il Referendario dr. Salvatore Gatto Costantino;
Uditi altres gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
IN FATTO
Con il primo ricorso in decisione, la SASOL impugna le determinazioni adottate dalle Amministrazioni
resistenti nella conferenza dei servizi del 16.2.2007 e fatte proprie dal Ministero dellAmbiente con il decreto
del Direttore Generale per la Qualit della vita meglio indicato in epigrafe, con cui si dettano disposizioni
inerenti la caratterizzazione e la bonifica dei suoli e delle acque contaminati di propriet o disponibilit della
societ insistenti nella zona della rada di Augusta, allinterno del Sito di interesse nazionale di Priolo.
Si sono costituiti il Ministero dellambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero della Salute, il
Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Sicilia, chiedendo la reiezione del gravame per
inammissibilit d infondatezza, con vittoria di spese.
Il Ministero dei Trasporti si costituito e chiede lestromissione dal giudizio.
Si costituita anche Sviluppo Italia Spa la quale, con riserva di ulteriori deduzioni, chiede di essere
estromessa dai giudizi per estraneit alla materia oggetto di lite e, comunque, domanda la reiezione del
gravame e la vittoria delle spese.
Con ordinanza n. 788 del 7.6.07, il Tribunale ha accolto listanza di sospensione in via cautelare formulata da
SASOL con il ricorso introduttivo.
Le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Con il secondo ricorso in decisione, la ricorrente ENIMED impugna le determinazioni adottate dalle
Amministrazioni resistenti nelle conferenze dei servizi meglio indicate in atti e fatte proprie dal Ministero
dellAmbiente con i decreti del Direttore Generale per la Qualit della vita pure meglio indicati in epigrafe,
con cui si dettano disposizioni inerenti la caratterizzazione e la bonifica dei suoli e delle acque contaminati
insistenti nella zona della rada di Augusta, allinterno del Sito di interesse nazionale di Priolo.
Il ricorso, ritualmente proposto, affidato a censure identiche a quelle gi a suo tempo proposte contro gli
stessi atti nei precedenti giudizi gi trattenuti in decisione alla scorsa udienza pubblica del 7 giugno 2007 e
sui quali stata pronunciata la sentenza nr. 1254 del 20 luglio 2007.
Si sono costituiti: il Ministero dellAmbiente e della Tutela del Territorio, la Direzione Servizio Qualita
della Vita del Ministero dellambiente, il Ministero della Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, la
Regione Sicilia, chiedendo la reiezione del gravame per inammissibilit d infondatezza, con vittoria di spese.
LAssessorato Regionale allIndustria chiede di essere estromesso dal giudizio per difetto di legittimazione
passiva
Le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Alla Udienza pubblica del 10 gennaio 2008 le cause sono state trattenute in decisione.
IN DIRITTO
I) Preliminarmente, vanno riuniti i ricorsi in epigrafe, attesa levidente loro connessione, oggettiva ed, in
parte, soggettiva.
II) I ricorsi, ritualmente proposti, sono affidati a censure identiche a quelle gi a suo tempo proposte da altre
ricorrenti contro gli stessi atti in precedenti giudizi gi trattenuti in decisione alla scorsa udienza pubblica del
7 giugno 2007 e sui quali stata pronunciata la sentenza nr. 1254 del 20 luglio 2007.
1) Preliminarmente sono da esaminarsi le domande di estromissione proposte, nel ricorso nr. 1009/07 dal
Ministero dei Trasporti e nel ricorso nr. 1117/07 dallAssessorato regionale allIndustria.
La prima domanda pu essere accolta, mentre la seconda no: infatti, come si evince dall elenco indirizzi di
cui alla nota prot. 5890/QDV/VII e VIII, del 1 marzo 2007, versata in atti (prodotta nel ricorso nr. 1117/08
deposito del 23 maggio 2007, all.1), il Ministero dei Trasporti non risulta destinatario delle prescrizioni della
Conferenza dei servizi e neppure stato evidenziato in altro modo un qualsiasi interesse della medesima
amministrazione ai provvedimenti impugnati. Diverso avviso esprime invece il Collegio in ordine alla

15

posizione dellAssessorato regionale allIndustria che, invece, espressamente menzionato nellelenco


indirizzi in esame e possiede un interesse specifico alla materia oggetto delle prescrizioni della conferenza
dei servizi.
2) Va, invece, rinviato al prosieguo lesame della richiesta di estromissione dal giudizio proposta dalla
Societ Sviluppo Italia Spa, in quanto necessario preliminarmente trattare le censure proposte nei vari
gravami, dal cui esame discendono anche conseguenze precise in ordine alla sussistenza dellinteresse di
Sviluppo Italia a resistere allazione dei ricorrenti.
3) Ci premesso, ritiene il Collegio che, quanto alle censure indirizzate a contestare le prescrizioni generali
adottate nella conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007, comuni ad entrambi i giudizi in decisione, le cause
possono essere decise in forma abbreviata, a mente dellart. 26 della l. 1034/71, con richiamo al precedente
costituito dalla sentenza di questa Sezione nr. 1254 del 20 luglio 2007.
4) Quanto alle censure che nel solo ricorso nr. 1009/07 sono rivolte a contestare le specifiche prescrizioni
che la Conferenza dei servizi in esame ha rivolto alla ricorrente in relazione ai presunti inadempimenti di
precedenti obblighi, il giudizio pu essere definito pure in forma abbreviata, con richiamo al precedente
costituito sia dalla sentenza di questa Sezione nr. 1254/07 gi richiamata, con la quale sono stati accolti pi
gravami proposti da altre societ aventi impianti nella zona della Rada di Augusta, rivolti sempre contro il
verbale della conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007 e per contestare prescrizioni di carattere e
contenuto in tutto analogo a quelle di cui si duole lodierna ricorrente, per ragioni parimenti sovrapponibili.
Analogamente, altri precedenti della Sezione con cui sono stati accolti ricorsi rivolti contro i medesimi
provvedimenti impugnati con lodierno gravame, per ragioni di censura sovrapponibili, sono le sentenze nr.
195/08, pubblicata il 24 gennaio 2008, la nr. 200/08 del 29 gennaio 2008 e la nr. 207/08, questultima
pronunciata su ricorso rivolto a contrastare provvedimenti differenti da quelli odierni, ma comunque affidato
a ragioni di censura analoghe e rilevante in tema di trattamento delle acque derivanti dai processi di bonifica
(vedasi oltre sub IV).
I) Il Collegio prende dunque in esame i ricorsi nel merito ed osserva che con la sentenza nr. 1254/07, in
accoglimento di censure identiche a quelle qui riproposte e limitatamente al difetto di motivazione, carenza
di istruttoria, difetto dei presupposti e violazione di legge, sono stati annullati i medesimi atti fatti oggetto di
gravame con gli odierni ricorsi, con la suddetta sentenza nr. 1254/07; analogamente si statuito con le
sentenze nn. 195/08 e 200/08.
Tuttavia sussiste lintereresse attuale delle ricorrenti alla decisione della lite: gli atti impugnati non sono
inscindibili, posto che pongono collettivamente a carico di tutte le imprese operanti nella Rada di Augusta
oneri di bonifica indistinti ma che non risultano essere obbligatoriamente da eseguirsi in maniera collettiva
(anche per via della genericit con cui sono formulate le relative prescrizioni): ci comporta che ciascuna
delle imprese destinatarie di tali prescrizioni ha lonere di impugnarle specificatamente e pertanto, una volta
proposto il gravame, ha interesse processuale al suo esame anche se lidentico ricorso risulta essere stato
accolto nei confronti di altra societ nelle medesime condizioni.
Inoltre, si osserva che i provvedimenti impugnati, nella parte di interesse, costituiscono atti immediatamente
lesivi, iscrivendosi in un unico comportamento amministrativo continuativo ed omogeneo teso ad imporre
alla ricorrente ed alle altre imprese operanti nella rada obblighi di bonifica generalizzati, senza previo
accertamento di responsabilit di inquinamento e con metodi tecnici di intervento le cui modalit non sono
state in nessuna parte confrontate nel procedimento con le imprese medesime, con violazione dei loro diritti
di partecipazione ex lege 241/90, riproducendosi quindi i medesimi vizi di legittimit che gi sono stati
riscontrati in relazione ai precedenti amministrativi che la Sezione ha annullato con la sentenza nr. 1254/07.
In particolare, va visto in questo quadro unitario anche lintervento della societ Sviluppo Italia che si
offerta di organizzare la bonifica, adempiendo a quello che il Ministero ha ritenuto essere lesecuzione in
danno delle imprese asseritamente inadempienti agli obblighi di intervento.
Tale aspetto qualifica necessariamente la posizione di interesse della Societ Sviluppo Italia Spa al
mantenimento degli effetti degli atti impugnati e quindi alla loro difesa, rendendola cos controinteressata a
pieno titolo.
Per tale ragione, cos come daltronde gi ritenuto e deciso anche con la sentenza nr. 1254/07, la domanda di
estromissione della societ Sviluppo Italia dal presente giudizio deve essere respinta.
Ci premesso, il Collegio pu definire la lite limitandosi a richiamare quanto recentemente statuito con la

16

sentenza nr. 1254/07 e con le successive sentenze nn. 195/08 e 200/08, essendo la questione principale
allesame del Collegio di contenuto identico.
E stato cos ritenuto che la nuova normativa del Dlgs 152/2006, incentrata sulla necessit di perseguire chi
effettivamente cagiona linquinamento, secondo il principio comunitario chi inquina paga, applicabile
alle procedure di bonifica della Rada di Augusta (siano esse inerenti agli interventi in mare che a quelli a
terra), procedure che, invece, sono state condotte in applicazione delle prescrizioni del dlgs 22/97, con
rilevanti e approfondite differenze in punto di disciplina e presupposti del procedimento stesso (sia
relativamente alle procedure di emergenza, sia in relazione ai pi radicali e risolutivi interventi di bonifica e
recupero ambientale).
Inoltre, non stato accertato - e neppure, prima ancora, indagato - il presupposto soggettivo dellordine di
intervento impartito alle imprese ricorrenti, ossia il rispettivo apporto allinquinamento della falda.
In terzo luogo, quanto alle modalit di intervento - sia ai fini della M.I.S.E. (Messa In Sicurezza
dEmergenza) che del pi generale programma di bonifica - le determinazioni della conferenza dei servizi
oltre che a confondere i presupposti per limposizione di una M.I.S.E. e della bonifica ed i relativi contenuti,
sono state adottate in violazione delle regole generali sul procedimento amministrativo, specialmente in
punto di partecipazione e, conseguentemente, di motivazione, perch non tengono in conto i diversi
contributi variamente offerti dalle ricorrenti e, tra queste, le articolate e documentate obiezioni che sono state
sollevate circa i presupposti della bonifica e circa le modalit dellintervento, tra le quali, in particolare, il
pericolo che lo strumento del dragaggio ambientale della Rada comporta ai fini della tutela dellambiente e
della salute pubblica e limpossibilit di procedere al c.d. marginamento fisico delle acque di falda, senza,
per di pi, offrire sufficienti garanzie (e previsioni) n sui tempi della bonifica, n sui suoi risultati finali.
Infine, sono state ritenute illegittime, e come tali sono state annullate, le prescrizioni dettate per limitare la
navigazione nella rada di Augusta, per violazione di legge (in relazione a quanto previsto dagli artt. 15 e ss.
del Codice della navigazione), e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
I-bis) Osserva il Collegio che anche la giurisprudenza di merito degli altri TAR sta maturando, in maniera
assolutamente prevalente, eguali orientamenti.
In particolare, il TAR Veneto, Sez. III, con sent. n. 2111 del 2/7/2007 ha ritenuto necessario ai fini della
configurazione della responsabilit del proprietario del sito inquinato, l accertamento dei presupposti della
colpa: secondo tale pronuncia, ai sensi dellart. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 22/1997, la violazione dei divieti
di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e nel suolo punita a titolo di dolo o colpa e comporta
lobbligo, per il responsabile, di procedere alla rimozione, allavvio al recupero ed allo smaltimento dei
rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. escluso, inoltre, che levento possa essere imputato, a titolo di
responsabilit oggettiva, in capo al proprietario dellarea che non abbia, in alcun modo, concorso alla
produzione dellevento (cfr. altres T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 11 giugno 2007, n. 2248 e 2250; TAR
Lombardia, Milano, 27/06/2007 n. 5289; 10 luglio 2007, nr. 5355; T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre
2007, n. 1809 secondo la quale non appare legittima limposizione della MISE in caso di contaminazioni
pregresse, senza alcuna motivazione specifica sulla situazione di emergenza e sullesigenza di scongiurare il
rischio immediato che possano giustificare lintervento richiesto cfr. anche TAR Lombardia, Brescia, 4
dicembre 2007, n. 1278).
In senso contrario risulta, allo stato, solamente la pronuncia di TAR Toscana, Sez. II, Sent. n. 393 del
14/03/2007 che afferma la sussistenza di una responsabilit del proprietario incolpevole di un sito inquinato,
in applicazione dellart. 2051 c.c., secondo la quale Il proprietario di un sito contaminato si presume
responsabile, secondo quanto previsto dalle regole civilistiche (art. 2051 c.c.), dei danni cagionati a terzi
dalle cose in custodia, inclusi i danni derivanti dallinquinamento presente nel sito, salvo che non provi il
caso fortuito o il fatto altrui.; tuttavia si osserva che questultima pronuncia ha ritenuto applicabile lart.
2051 cc, senza prendere in considerazione lintero impianto normativo di cui al dlgs 152/06 e ci consente al
Collegio di disattenderne lorientamento, che peraltro, allo stato cos come detto rimasto isolato.
II) Nel merito delle contestazioni inerenti le prescrizioni specificamente rivolte agli impianti della SASOL
(ricorso nr. 1009/07), espone questultima ricorrente che la Conferenza 16.2.07 (approvata con il decreto del
1.3.07) le ha prescritto di presentare un progetto di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento
fisico, richiamando il contenuto delle richieste effettuate dalla precedente Conferenza di servizi del 21.7.06,
approvata dal decreto dirigenziale del 31.10.06.
Avverso dette prescrizioni sono sollevate articolate censure, che sono fondate (come gi ritenuto nelle
precedenti pronunce di questa Sezione, prima richiamate, nn. 1257/07, 195/08 e 200/08).

17

II.1) Pi precisamente, fondata la prima delle censure in esame, ove si lamenta che le determinazioni
impugnate sono affette da Eccesso di potere nelle forme della contraddittoriet : la Pubblica Autorit ha, in
pratica, assegnato alla ricorrente SASOL due diversi termini per adempiere, inconciliabili tra loro: a pag. 133
ha deliberato di chiedere allAzienda di trasmettere entro 30 giorni dal ricevimento del presente verbale il
Progetto di bonifica della falda basato sul confinamento fisico, come richiesto dalla Conferenza decisoria del
21.07.06 ed a pag. 142 ha quindi chiesto allAzienda di presentare il progetto definitivo di bonifica delle
acque di falda basato sul marginamento fisico entro 60 giorni dal ricevimento del presente verbale, cos come
gi richiesto dalla Conferenza decisoria del 21.07.06. Dalla contraddittoriet dei termini assegnati per il
medesimo adempimento, non dato comprendere quale sia il termine precettivo realmente voluto dalla
Pubblica Autorit; in ogni caso, le prescrizioni in esame sono poi irrimediabilmente viziate da eccesso di
potere per violazione del giudicato cautelare (seconda censura).
A tale proposito, va qui richiamato il contenuto della ordinanza n. 788/07, resa inter partes con la quale si
affermato che: le prescrizioni sono, specialmente quanto allordine di confinamento fisico delle acque di
falda, illegittime per violazione dellordinanza cautelare nr. 1904 del 7.12.2006 (essendo di identico
contenuto rispetto alle analoghe prescrizioni gi impartite nella conferenza dei servizi del 21 luglio 2006 e
sospese dal Collegio con la predetta ordinanza); la Conferenza 16.2.07 non ha infatti tenuto conto delle
statuizioni gi adottate in sede cautelare con lordinanza n. 1904/2006, pronunciata nel ricorso con il quale
era stato impugnato il verbale della Conferenza 21.7.06 e nel quale (punto 4, pag. 25, doc. 6) si era chiesto
alle Aziende che si affacciano nellArea prioritaria Nord, nel tratto compreso da Punta Cantera (limite a sud)
alla foce del Marcellino (limite a nord), di procedere con la realizzazione di un confinamento fisico delle
acque di falda; la stessa Conferenza, inserendole tra parentesi, aveva individuato nominativamente le imprese
interessate: ESSO, SASOL, ENEL AUGUSTA. Sebbene potesse anche condividersi lipotesi, prospettata
dalla parte ricorrente, secondo cui lindicazione di SASOL tra le aziende che presentano un affaccio sullarea
sopra individuata era stata frutto di un evidente errore materiale, essendo documentalmente provato che la
Societ ricorrente non era proprietaria n occupava (ieri come oggi) ad altro titolo aree a terra affacciate sul
mare, nel tratto compreso tra Punta Cantera e la foce del fiume Marcellino, con lordinanza n. 1904/06, si
affermato che SASOL: ha comprovato di non essere titolare di esercizi nella zona prioritaria Nord,
compresa tra la foce del fiume Marcellino e Punta Cantera, e pertanto non pu essere titolare degli obblighi
indirizzatile con i provvedimenti impugnati relativi al contenimento fisico ed alle altre operazioni a terra,
aspetto questo che poi ha trovato piena conferma nella sentenza n. 1254/07.
Nonostante il chiaro disposto dei pronunciamenti cautelari, lAmministrazione, pur dovendo a questo punto
essere perfettamente consapevole non solo dellordine del giudice, ma prima ancora della erroneit
dellinserimento della SASOL nel novero dei suoi destinatari, ha reiterato la medesima prescrizione,
rivolgendolo ancora una volta anche alla ricorrente.
La violazione dellordine cautelare appare evidente.
Il collegio ha gi avuto modo di affermare che la violazione del giudicato cautelare causa di nullit del
provvedimento: la nullit delle statuizioni amministrative contenute nei provvedimenti impugnati discende
anche dalla disposizione di cui allart. 21 septies della l.241/90, secondo la quale sono nulli i provvedimenti
adottati in violazione o elusione del giudicato (TAR Catania, I, sent. n.200/98): in questa sede deve
osservarsi che il medesimo principio non pu che applicarsi anche allordine cautelare esecutivo in quanto
(sebbene appellato) non stato sospeso dal giudice di appello.
Infatti (e non mancato in dottrina chi lo ha rilevato), comuni ragioni di effettivit della tutela giudiziale ed
il principio di separazione dei poteri, conducono necessariamente a ritenere che nel termine giudicato
utilizzato dal legislatore, non possa che ricomprendersi anche quel particolare tipo di giudicato che si viene a
costituire sulla pronuncia cautelare non suscettibile di impugnazione; ed analogamente, laddove lordine
cautelare comunque impugnato, ma non sospeso, nelle more del giudizio di appello va in ogni caso
interdetto allAmministrazione di porre in essere atti contrastanti con il contenuto della ordinanza cautelare.
Quanto al primo aspetto (effettivit della tutela giudiziale), da ritenersi che, sebbene la pronuncia cautelare
non sospesa fa stato tra le parti solo fino alla definizione del giudizio o alla riforma (e quindi possiede
solamente una sorta di stabilit condizionata), sarebbe comunque del tutto inutile pronunciarla se
lAmministrazione destinataria di un ordine del giudice, nel periodo della vigenza della pronuncia cautelare
medesima, potesse senza sanzione alcuna continuare ad operare avvalendosi degli effetti (sospesi)
dellimpugnato provvedimento amministrativo in una successiva sequenza procedimentale che lo utilizzi
come presupposto o come precedente. Inoltre, sotto il secondo profilo (separazione dei poteri) il che
ancora pi grave - lAmministrazione disattendendo lordine cautelare, incide su un assetto di interessi che

18

trova la sua fonte non pi nellesercizio del potere amministrativo, ma in una statuizione del giudice,
vanificandola o comunque rendendola priva di effetti pratici e cos compromettendo, in definitiva, il buon
esito del processo che la misura cautelare volta a tutelare (essa infatti preordinata a rendere possibile, in
quanto ancora effettiva, la pronuncia sulla causa che sar contenuta nella sentenza).
Lorientamento appena espresso pu in questa sede essere meglio approfondito, accogliendo le ulteriori
argomentazioni offerte in proposito dalla difesa della societ ricorrente.
Come affermato in atti, il verbale della Conferenza 16.2.07 non pu che essere considerato come un atto
elusivo del giudicato cautelare, perch non gli si pu riconoscere valore alcuno come di un provvedimento
adottato a seguito di una nuova valutazione degli elementi posti a fondamento del precedente
provvedimento.
A tale proposito, non pu escludersi, in teoria, la riedizione del potere a seguito della sospensione cautelare
di un provvedimento impugnato e ci in ossequio al principio, pacificamente riconosciuto in dottrina,
secondo cui la necessaria continuit del potere amministrativo giustifica la prosecuzione del procedimento
quando si tratti di fare fronte a situazioni che ne impongono la continuazione a tutela dellinteresse pubblico.
Ci, secondo la prospettazione dottrinale, condizionata alla espressa indicazione dei motivi per cui ritiene
di poter individuare un ambito di azione impregiudicato dalla misura cautelare, entro il quale ritiene di poter
esercitare liberamente il proprio potere di determinazione discrezionale, comunque rigorosamente
circoscritto agli spazi liberi eventualmente lasciati scoperti dal giudicato cautelare (cfr. T.A.R. Lazio, Roma,
21.02.2005 nr.. 5480), circostanza del tutto ovvia in relazione al contenuto della motivazione di un atto, e,
altres, formulare un nuovo apprezzamento della situazione provvedendovi con motivi diversi (in tal senso, la
difesa della parte ricorrente richiama T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sent. n. 1000 del 5.11.04; T.A.R.
Lazio, Roma, sent. n. 1890 dell1.12.05).
A questi presupposti, il Collegio ritiene di dover aggiungerne un terzo: ossia la necessaria contemplazione
espressa dellordine cautelare che lAmministrazione intende superare con il nuovo provvedimento.
La motivazione del nuovo provvedimento deve chiaramente esprimere la volont dellEnte di proseguire il
procedimento nonostante lordine cautelare, evidenziando quali ragioni di necessit o di opportunit lo
impongano e, chiaramente, correlando la nuova motivazione, al rinnovato apprezzamento degli interessi
pubblici (che alloccorrenza si collochi negli spazi di discrezionalit lasciati liberi dallapprezzamento del
giudice espresso in sede cautelare) basato su aspetti dellinteresse o della situazione di fatto che lordinanza
cautelare lascia impregiudicati (e non sufficiente, al di fuori di un appello, contestare il contenuto
dellordinanza, perch la mera non condivisibilit dellordinanza, non tradotta in motivi di appello cui
consegue la riforma dellordinanza medesima, si tradurrebbe in un sostanziale rifiuto di adempiere, con ogni
evidente conseguenza).
Al Collegio pare evidente che il verbale del 16 febbraio non presenta alcuna delle condizioni appena indicate
e quindi il suo contenuto ne impone una qualificazione di atto nullo per elusione del giudicato cautelare.
Infatti la Pubblica Autorit nel reiterare ordini gi sospesi, non ne offre alcuna nuova valutazione, n in
punto di fatto, n per ragioni di sopravvenienze alcune, e, soprattutto, richiama espressamente i precedenti
provvedimenti sospesi, reiterandone lordine di osservanza.
III) Con ulteriore capo di gravame, la societ SASOL impugna la prescrizione, contenuta nel verbale della
conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007, rivolta ad attivare ulteriori interventi di messa in sicurezza
demergenza in relazione allo sversamento di acque contaminate da idrocarburi dalle vasche API Sud e dalla
vasca di accumulo A10605, verificatosi l11.12.04 a causa di un evento meteorico piovoso di eccezionale
durata ed intensit.
Emerge dagli atti e non contestato che a seguito dello sversamento sopra descritto, SASOL notific
immediatamente la situazione di pericolo di inquinamento con lindicazione degli interventi di messa in
sicurezza di emergenza adottati e in fase di adozione (art. 7 d.m. n. 471/99), recuperando il prodotto dalle
acque del fiume Marcellino (per un quantitativo pari circa 150 litri e di circa 95 mc di acque tracimate, poi
regolarmente smaltite ai sensi della normativa vigente), effettu la scarifica della porzione di terreno
interessato dallo sversamento, realizzando, al termine, sei pozzetti esplorativi (della profondit indicativa di
1 m dal p.c.), al fine di escludere la penetrazione in profondit della contaminazione ed asport 1.005,29
tonnellate di terreno contaminato da idrocarburi, che provvide poi a smaltire secondo la normativa vigente.
Confermando in questa sede quanto gi ritenuto in sede cautelare la prescrizione impugnata illegittima per
Violazione dellart. 240, lett. m) e t) del d.lg. n. 152/06, posto che la societ ricorrente dimostra di avere gi
attivato procedure di bonifica dei suoli contaminati rientranti nella sua competenza, rispetto alle quali negli
atti impugnati la Conferenza di servizi sembra imporre obblighi di contenuto identico e ci senza

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previamente contestare inadempienze o soprattutto accertare attuali ed ulteriori esigenze di bonifica per
fatti imputabili alla responsabilit della societ con ci configurandosi, tra laltro, anche una sorta di
surrettizia prescrizione di bonifica dei suoli anche per i fattori inquinanti pregressi.
Nessuna legittima contestazione stata avanzata al momento dellincidente alla societ; a distanza di oltre tre
anni, si reitera lordine di intervento senza che fossero in alcun modo rispettate le condizioni richieste
dallart. 240, lett. m) e t) del d.lg. n. 152/06 per legittimamente imporre nuovi interventi di messa in
sicurezza di emergenza.
Inoltre, gli ordini in esame sono illegittimi anche per la Violazione degli artt. 240 e 242 del d.lg. n. 152/06
nonch per eccesso di potere nelle forme della manifesta illogicit e del travisamento dei fatti.
La Pubblica Autorit nonostante la societ abbia documentato di avere gi effettuato gli interventi richiesti,
impone infatti di provvedere alla messa in sicurezza della sorgente primaria; rimuovere tutto il terreno
contaminato circostante le vasche; assegna quindi un termine di 10 giorni per adempiere. Seguono poi sette
altre prescrizioni che riguardano sempre lo stesso episodio e che invitano per a gestire in modo diverso e
pi articolato la vicenda. In particolare, al punto 7, si chiede allAzienda di approfondire la scarifica delle
aree medesime compatibilmente alleventuale presenza dei fasci di tubazioni, e di procedere al prelievo di
almeno un campione di fondo scavo, da sottoporre a caratterizzazione analitica; in presenza di ulteriore
contaminazione, lo scavo andr approfondito fino ad evidenza di terreno pulito; si richiede, inoltre, che tali
attivit vengano concordate con ARPA in modo da consentire le attivit di controllo dei campionamenti e
delle analisi ivi compresa la esecuzione del 10% di controanalisi di verifica, per la validazione dei dati da
parte dellARPA stessa.
Pertanto, la societ, mentre prima chiamata a mettere in sicurezza la sorgente primaria, rimuovendo il
terreno circostante in dieci giorni, con altra parte del medesimo provvedimento chiamata a compiere un
prelievo di campione di fondo scavo e la rimozione di tutto il terreno ancora contaminato circostante le
vasche, in modo concordato con ARPA. Il quadro delle prescrizioni appena sinteticamente richiamato viene
collegato, dalla ricorrente al punto 7 della pag. 138, nella quale la Conferenza ha deliberato che in presenza
di ulteriore contaminazione, lo scavo andr approfondito fino ad evidenza di terreno pulito. In presenza di
una situazione di contaminazione pregressa, storica, e diffusa, imporre a seguito di uno sversamento
accidentale la bonifica dellarea fino allevidenza di terreno pulito implica che la ricorrente dovrebbe non
solo doverosamente eliminare gli effetti diretti ed indiretti dello sversamento, ma accollarsi, in pratica, anche
la rimozione dellinquinamento precedentemente prodotto da terzi o comunque la cui provenienza non stata
accertata. In altre parole, la P.A. con eccesso di potere (per manifesta illogicit e per travisamento dei fatti),
nonch di violazione di legge (art. 240 e 242 del d.lg. n. 152/06) utilizza una situazione di emergenza per
imporre un tentativo di bonifica integrale, sia pure limitata ad una area circoscritta.
Ci in aperta violazione dellart. 242 del d.lg. n. 152/06, a norma del quale avrebbe dovuto essere dapprima
svolta lesecuzione di uno studio di analisi di rischio sito specifica finalizzata ad individuare i valori di
Concentrazione Soglia di Rischio CSR; in caso di superamento dei CSR, si sarebbe dovuto provvedere alla
presentazione di un progetto operativo che preveda (in alternativa o concorso) interventi di bonifica, di
messa in sicurezza operativa e/o permanente.
Il Collegio ha avuto modo di affermare che nel quadro normativo attuale, i presupposti per procedere alla
M.I:S.E. sono del tutto differenti da quelli per ordinare una bonifica e non legittimo imporre questultima
sub specie di MISE, per levidente insufficienza di questultima a porre rimedio ad un fenomeno di
inquinamento risalente e radicato (cfr. la sent. nr. 1254/07 pi volte richiamata e la sentenza successiva nr.
200/98).
Le censure sono pertanto fondate.
IV) Con ultimo capo di censura, la ricorrente si duole della illegittima considerazione della gestione delle
acque emunte come rifiuti, operata dalla Amministrazione resistente. La censura stata gi considerate
fondata con lordinanza n. 788/07 : la prescrizione inerente alla gestione delle acque emunte si basa
erroneamente sul presupposto inammissibile della qualificazione di queste ultime come rifiuti, dovendosi
esse, invece, considerare come acque reflue di provenienza industriale.
Alla medesima conclusione giunto il Collegio nelle sentenze nr. 1257/07 e nella successiva pronuncia nn.
207/08 del 29 gennaio 2008.
In questa sede, pertanto, il Collegio pu limitarsi al richiamo dei precedenti in termini, per affermare che la
censura in esame fondata e come tale va accolta.
V) Con ulteriore capo di gravame, si contesta lillegittimit di altre prescrizioni gi in precedenza impartite

20

ed ottemperate.
Dovendosi considerare tali prescrizioni come una implicita contestazione di inadempimento di quelle gi in
precedenza impartite (altrimenti non si spiegherebbe la ragione della loro reiterazione), il Collegio rileva che
la censura, limitatamente al difetto manifesto di istruttoria, fondata.
Infatti, la societ ricorrente documenta, per ognuna di esse, il precedente adempimento, rispetto al quale
(peraltro evocato in sede procedimentale, senza esito), nessuna motivazione rende manifesto il motivo della
ripetizione delle prescrizione medesime.
Il difetto di istruttoria si conferma anche nella circostanza che, nel corso della stessa Conferenza, il Ministero
aveva dato esplicitamente atto della trasmissione, da parte di SASOL tanto del documento Adeguamento del
programma di caratterizzazione integrativa a maglia 50x50m Espressione risultati analisi chimiche
campioni di terreno Rimodulazione obiettivi di bonifica acquisito dal Ministero dellambiente e della tutela
del mare al prot. n. 2610/QdV/DI del 5.2.07, quanto del documento Messa in sicurezza delle acque di falda
nellarea Sud-Est dello Stabilimento al confine con il fiume Marcellino e Riepilogo delladempimento alle
prescrizioni della Conferenza di servizi del 16.12.05, acquisito dal Ministero al prot. n. 24272/QdV/DI del
30.11.06, allinterno delle quali, stata OFFERTA PROVA dellavvenuta ottemperanza/risposta da parte
di SASOL alle prescrizioni impartite dalle precedenti Conferenze, elemento questultimo del tutto non
considerato dalla Pubblica Autorit, la quale, pertanto, laddove ritenga che sono attualmente dovuti ulteriori
interventi di bonifica, dovr accertare i relativi presupposti e fornire adeguata e specifica motivazione della
insufficienza o parzialit delle soluzioni gi adottate e poste in essere.
********
Conclusivamente, va affermato che le determinazioni impugnate, inerenti gli atti conclusivi del
procedimento di bonifica, nonch gli interventi sulle aree marine della Rada di Augusta ed, infine, le
prescrizioni relative alle aree a terra (falda e suoli), assunte nella conferenze dei servizi indicate in epigrafe,
sono illegittime per eccesso di potere sotto il profilo del difetti dei presupposti, del difetto di istruttoria ed
incongruit della motivazione, nonch per violazione delle corrispondenti previsioni del dlgs 152/2006.
In questi limiti, il ricorso dunque fondato e come tale da accogliersi, disponendo lannullamento degli atti
impugnati.
Le spese e gli onorari seguono la soccombenza, ad eccezione delle spese di lite relative alla estromissione del
Ministero dei Trasporti nel giudizio nr. 1009/07 e si liquidano, forfetariamente e definitivamente, in euro
3.000 per ciascun giudizio, oltre allimporto del contributo unificato, delle altre spese sostenute per le
notifiche, IVA e CPA.
Le spese relative alla estromissione del Ministero dei Trasporti nel giudizio nr. 1009/07 sono poste a carico
della parte ricorrente e si liquidano in euro 500,00 forfettariamente e complessivamente.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia Sezione staccata di Catania (Sez.1), riuniti i giudizi in
epigrafe:
ESTROMETTE dal giudizio il Ministero dei Trasporti;
RESPINGE la richiesta di estromissione dal giudizio della Societ Sviluppo Italia Spa;
ACCOGLIE il ricorso in epigrafe e per leffetto, ANNULLA gli atti ed i provvedimenti impugnati;
CONDANNA la societ SASOL spa alla refusione delle spese di lite per il Ministero dei Trasporti
estromesso, che liquida in euro 500,00 forfettariamente e complessivamente.
CONDANNA le Amministrazioni resistenti e la Societ Sviluppo Italia Spa, in solido tra loro, alla refusione
integrale, in favore delle societ ricorrenti, delle spese e degli onorari di giudizio che liquida, forfetariamente
e definitivamente, in euro 3.000 per ciascun giudizio, oltre limporto del contributo unificato, notifiche, IVA
e CPA, da corrispondersi in favore delle societ ricorrenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dallautorit amministrativa e manda alla Segreteria di
comunicarla alle parti.
Cos deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2008.

21

LEstensore
Dr. Salvatore Gatto Costantino
Il Presidente
Dr. Vincenzo Zingales
Depositata in Segreteria il 17 giugno 2008

http://www.ambientediritto.it/sentenze/2008/TAR/Tar_Sicilia_CT_2008_n.1188.htm
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
9 marzo 2010 (*)
Principio chi inquina paga Direttiva 2004/35/CE Responsabilit ambientale Applicabilit ratione
temporis Inquinamento anteriore alla data prevista per il recepimento di detta direttiva e proseguito dopo
tale data Misure di riparazione Obbligo di consultazione delle imprese interessate Allegato II
Nei procedimenti riuniti C-379/08 e C-380/08,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dellart. 234 CE, dal
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, con decisioni, rispettivamente, 5 e 19 giugno 2008,
pervenute in cancelleria il 21 agosto 2008, nelle cause
Raffinerie Mediterranee (ERG) SpA (causa C-379/08),
Polimeri Europa SpA,
Syndial SpA
contro
Ministero dello Sviluppo economico,
Ministero della Salute,
Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare,
Ministero delle Infrastrutture,
Ministero dei Trasporti,
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Ministero dellInterno,
Regione siciliana,
Assessorato regionale Territorio ed Ambiente (Sicilia),
Assessorato regionale Industria (Sicilia),
Prefettura di Siracusa,
Istituto superiore di Sanit,
Commissario Delegato per Emergenza Rifiuti e Tutela Acque (Sicilia),
Vice Commissario Delegato per Emergenza Rifiuti e Tutela Acque (Sicilia),
Agenzia Protezione Ambiente e Servizi tecnici (APAT),
Agenzia regionale Protezione Ambiente (ARPA Sicilia),
Istituto centrale Ricerca scientifica e tecnologica applicata al Mare,
Subcommissario per la Bonifica dei Siti contaminati,
Provincia regionale di Siracusa,
Consorzio ASI Sicilia orientale Zona Sud,
Comune di Siracusa,
Comune di Augusta,
Comune di Melilli,
Comune di Priolo Gargallo,
Azienda Unit sanitaria locale n. 8,
Sviluppo Italia Aree Produttive SpA,
Invitalia (Agenzia nazionale per lattrazione degli investimenti e lo sviluppo dimpresa) SpA, gi Sviluppo
Italia SpA,
con lintervento di:
ENI Divisione Exploration and Production SpA,
ENI SpA,
Edison SPA,
e
ENI SpA (causa C-380/08)
contro
Ministero Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare,
Ministero dello Sviluppo economico,
Ministero della Salute,
Regione siciliana,
Istituto superiore di Sanit,

22

Agenzia per la Protezione dellAmbiente e per i Servizi tecnici,


Commissario delegato per lEmergenza rifiuti e la Tutela delle Acque,
con lintervento di:
Invitalia (Agenzia nazionale per lattrazione degli investimenti e lo sviluppo dimpresa) SpA, gi Sviluppo
Italia SpA,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, dalle
sig.re R. Silva de Lapuerta, P. Lindh e C. Toader (relatore), presidenti di sezione, dai
sigg. C.W.A. Timmermans, K. Schiemann, P. Kris, E. Juhsz, A. Arabadjiev e J.-J. Kasel, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alludienza del 15 settembre 2009,
considerate le osservazioni presentate:

per la Raffinerie Mediterranee (ERG) SpA, dagli avv.ti D. De Luca, M. Caldarera, L. Acquarone e
G. Acquarone;

per la Polimeri Europa SpA e la Syndial SpA, dagli avv.ti G.M. Roberti, I. Perego, S. Grassi e
P. Amara;

per lENI SpA, dagli avv.ti G.M. Roberti, I. Perego, S. Grassi e C. Giuliano;

per la Sviluppo Italia Aree Produttive SpA e la Invitalia (Agenzia nazionale per lattrazione degli
investimenti e lo sviluppo dimpresa) SpA, gi Sviluppo Italia SpA, dallavv. F. Sciaudone;

per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualit di agente, assistita dal sig. D. Del Gaizo,
avvocato dello Stato;

per la Commissione delle Comunit europee, dal sig. C. Zadra e dalla sig.ra D. Recchia, in qualit di
agenti,
sentite le conclusioni dellavvocato generale, presentate alludienza del 22 ottobre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sullinterpretazione del principio chi inquina paga e
della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilit
ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56).
2
Dette domande sono state proposte nellambito di controversie tra le societ Raffinerie Mediterranee
(ERG) SpA, Polimeri Europa SpA, Syndial SpA ed ENI SpA, da una parte, e diverse autorit nazionali,
regionali e comunali italiane, dallaltra, in merito a talune misure di riparazione di danni ambientali adottate
da queste autorit per quanto concerne la Rada di Augusta, attorno alla quale si trovano gli impianti e/o i
terreni di dette societ.
Contesto normativo
Il diritto dellUnione
3
I considerando della direttiva 2004/35 rilevanti in questa sede sono del seguente tenore:
(1)
() Occorre tener conto delle circostanze locali allorch si decide come riparare il danno.
(2)
La prevenzione e la riparazione del danno ambientale dovrebbero essere attuate applicando il
principio chi inquina paga, quale stabilito nel trattato e coerentemente con il principio dello sviluppo
sostenibile. Il principio fondamentale della presente direttiva dovrebbe essere quindi che loperatore la cui
attivit ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sar considerato
finanziariamente responsabile in modo da indurre gli operatori ad adottare misure e a sviluppare pratiche
atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale.
(3)
() [L]obiettivo della presente direttiva, ossia istituire una disciplina comune per la prevenzione e
riparazione del danno ambientale a costi ragionevoli per la societ non pu essere sufficientemente
raggiunto dagli Stati membri e () [pu] dunque essere realizzat[o] meglio a livello comunitario ().
()
(7)
Ai fini della valutazione del danno al terreno come definito dalla presente direttiva, sarebbe opportuno
utilizzare procedure di valutazione del rischio per determinare quali possono essere gli effetti nocivi per la
salute umana.
()
(24)
necessario assicurare la disponibilit di mezzi di applicazione ed esecuzione efficaci, garantendo
unadeguata tutela dei legittimi interessi degli operatori e delle altre parti interessate. Si dovrebbero conferire
alle autorit competenti compiti specifici che implicano appropriata discrezionalit amministrativa, ossia il
dovere di valutare lentit del danno e di determinare le misure di riparazione da prendere.
(...)
(30)
La presente direttiva non si dovrebbe applicare al danno cagionato prima dello scadere del termine
per la sua attuazione.
().

23

4
Lart. 2, punto 11, della direttiva 2004/35 definisce le misure di riparazione come qualsiasi azione o
combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire
risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire unalternativa equivalente a tali risorse o
servizi, come previsto nellallegato II.
5
Lart. 6 di detta direttiva, intitolato Azione di riparazione, prevede quanto segue:
1.
Quando si verificato un danno ambientale, loperatore comunica senza indugio allautorit
competente tutti gli aspetti pertinenti della situazione e adotta:
a)
tutte le iniziative praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto
immediato, gli inquinanti in questione e/o qualsiasi altro fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire
ulteriori danni ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi e
b)
le necessarie misure di riparazione conformemente allarticolo 7.
2.
Lautorit competente, in qualsiasi momento, ha facolt di:
a)
chiedere alloperatore di fornire informazioni supplementari su qualsiasi danno verificatosi;
b)
adottare, chiedere alloperatore di adottare o dare istruzioni alloperatore circa tutte le iniziative
praticabili per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, gli inquinanti
in questione e/o qualsiasi altro fattore di danno, allo scopo di limitare o prevenire ulteriori danni ambientali e
effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi;
c)
chiedere alloperatore di prendere le misure di riparazione necessarie;
d)
dare alloperatore le istruzioni da seguire riguardo alle misure di riparazione necessarie da adottare;
oppure
e)
adottare essa stessa le misure di riparazione necessarie.
3.
Lautorit competente richiede che loperatore adotti le misure di riparazione. Se loperatore non si
conforma agli obblighi previsti al paragrafo 1 o al paragrafo 2, lettere b), c) o d), se non pu essere
individuato o se non tenuto a sostenere i costi a norma della presente direttiva, lautorit competente ha
facolt di adottare essa stessa tali misure, qualora non le rimangano altri mezzi.
6
Lart. 7 della direttiva 2004/35, intitolato Determinazione delle misure di riparazione, cos dispone:
1.
Conformemente allallegato II, gli operatori individuano le possibili misure di riparazione e le
presentano per approvazione allautorit competente, a meno che questa non abbia intrapreso unazione a
norma dellarticolo 6, paragrafo 2, lettera e), e paragrafo 3.
2.
Lautorit competente decide quali misure di riparazione attuare conformemente allallegato II e, se
necessario, in cooperazione con loperatore interessato.
3.
Se una pluralit di casi di danno ambientale si sono verificati in modo tale che lautorit competente
non in grado di assicurare ladozione simultanea delle misure di riparazione necessarie, essa pu decidere
quale danno ambientale debba essere riparato a titolo prioritario.
Ai fini di tale decisione, lautorit competente tiene conto, fra laltro, della natura, entit e gravit dei diversi
casi di danno ambientale in questione, nonch della possibilit di un ripristino naturale. Sono inoltre presi in
considerazione i rischi per la salute umana.
4.
Lautorit competente invita le persone di cui allarticolo 12, paragrafo 1 e, in ogni caso, le persone sul
cui terreno si dovrebbero effettuare le misure di riparazione a presentare le loro osservazioni e le prende in
considerazione.
7
Lart. 8, n. 2, primo comma, della citata direttiva enuncia quanto segue:
Fatti salvi i paragrafi 3 e 4, lautorit competente recupera, tra laltro attraverso garanzie reali o altre
adeguate garanzie, dalloperatore che ha causato il danno o limminente minaccia di danno i costi da essa
sostenuti in relazione alle azioni di prevenzione o di riparazione adottate a norma della presente direttiva.
8
Lart. 11 della medesima direttiva, intitolato Autorit competente, prevede quanto segue:
1.
Gli Stati membri designano lautorit competente o le autorit competenti ai fini dellesecuzione dei
compiti previsti dalla presente direttiva.
2.
Spetta allautorit competente individuare loperatore che ha causato il danno o la minaccia imminente
di danno, valutare la gravit del danno e determinare le misure di riparazione da prendere a norma
dellallegato II. A tal fine, lautorit competente legittimata a chiedere alloperatore interessato di effettuare
la propria valutazione e di fornire tutte le informazioni e i dati necessari.
3.
Gli Stati membri provvedono affinch lautorit competente possa delegare o chiedere a terzi di attuare
le misure di prevenzione o di riparazione necessarie.
4.
Le decisioni adottate ai sensi della presente direttiva che impongono misure di prevenzione o di
riparazione sono motivate con precisione. Tali decisioni sono notificate senza indugio alloperatore
interessato, il quale contestualmente informato dei mezzi di ricorso di cui dispone secondo la legge vigente
dello Stato membro in questione, nonch dei termini relativi a detti ricorsi.
9
Lart. 12 della direttiva 2004/35, intitolato Richiesta di azione, prevede quanto segue:
1.
Le persone fisiche o giuridiche:
a)
che sono o potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o
b)
che vantino un interesse sufficiente nel processo decisionale in materia di ambiente concernente il
danno o, in alternativa,

24

c)
che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno
Stato membro esiga tale presupposto,
sono legittimate a presentare allautorit competente osservazioni concernenti qualsiasi caso di danno
ambientale o minaccia imminente di danno ambientale di cui siano a conoscenza e a chiedere allautorit
competente di intervenire a norma della presente direttiva.
10
Lart. 16 della direttiva 2004/35, intitolato Relazione con il diritto nazionale, prevede, nel suo n. 1,
che questa direttiva non preclude agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni pi severe in
materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, comprese lindividuazione di altre attivit da
assoggettare agli obblighi di prevenzione e di riparazione previsti dalla presente direttiva e lindividuazione di
altri soggetti responsabili.
11
Lart. 17 della medesima direttiva, intitolato Applicazione nel tempo, prevede che questultima non si
applica:
()

al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi prima della data di cui
allarticolo 19, paragrafo 1;

al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la data di cui allarticolo
19, paragrafo 1, se derivante da una specifica attivit posta in essere e terminata prima di detta data;

al danno in relazione al quale sono passati pi di 30 anni dallemissione, evento o incidente che lha
causato.
12
Lart. 19, n. 1, primo comma, di detta direttiva precisa che gli Stati membri dovevano mettere in vigore
le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla medesima entro il
30 aprile 2007.
13
Lallegato II alla direttiva 2004/35, intitolato Riparazione del danno ambientale, contenente un punto
1.3 dedicato alla scelta delle opzioni di riparazione, del seguente tenore:
()
1.3.1. Le opzioni ragionevoli di riparazione dovrebbero essere valutate, usando le migliori tecnologie
disponibili, qualora siano definite, in base ai seguenti criteri:

leffetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;

il costo di attuazione dellopzione;

la probabilit di successo di ciascuna opzione;

la misura in cui ciascuna opzione impedir danni futuri ed eviter danni collaterali a seguito
dellattuazione dellopzione stessa;

la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni componente della risorsa naturale e/o del servizio;

la misura in cui ciascuna opzione tiene conto dei pertinenti aspetti sociali, economici e culturali e di
altri fattori specifici della localit;

il tempo necessario per lefficace riparazione del danno ambientale;

la misura in cui ciascuna opzione realizza la riparazione del sito colpito dal danno ambientale;

il collegamento geografico al sito danneggiato.


().
Il diritto nazionale
14
Il giudice del rinvio fa riferimento al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione delle
direttive 91/156/CEE [del Consiglio 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti]
(GU L 178, pag. 32), 91/689/CEE [del Consiglio 12 dicembre 1991,] sui rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20)
e 94/62/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio 20 dicembre 1994], sugli imballaggi e sui rifiuti di
imballaggio (GU L 365, pag. 10) (Supplemento ordinario alla GURI n. 38 del 15 febbraio 1997; in prosieguo:
il d. lgs. n. 22/1997). Questo decreto stato abrogato e sostituito con decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, recante norme in materia ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 88 del 14 aprile 2006; in
prosieguo: il d. lgs n. 152/2006), il quale, negli artt. 299-318, recepisce nellordinamento giuridico italiano
la direttiva 2004/35.
15
Lart. 17 del d. lgs. n. 22/1997 disponeva che chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il
superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di
superamento dei limiti medesimi, tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza,
di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di
inquinamento.
16
Lart. 9 del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, recante criteri, procedure e modalit per la
messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dellarticolo 17 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni (Supplemento ordinario alla GURI
n. 293 del 15 dicembre 1999) ha il seguente disposto:
Il proprietario di un sito o altro soggetto che () intenda attivare di propria iniziativa le procedure per gli
interventi di messa in sicurezza demergenza, di bonifica e di ripristino ambientale, ai sensi dellarticolo 17,
comma 13 bis, del D. lgs. [n. 22/1997], tenuto a comunicare alla Regione, alla Provincia e al Comune la
situazione di inquinamento rilevata nonch gli eventuali interventi di messa in sicurezza di emergenza

25

necessari per assicurare la tutela della salute e dellambiente adottati e in fase di esecuzione. La
comunicazione deve essere accompagnata da idonea documentazione tecnica dalla quale devono risultare
le caratteristiche dei suddetti interventi. () Il Comune o, se linquinamento interessa il territorio di pi
comuni, la Regione verifica lefficacia degli interventi di messa in sicurezza demergenza adottati e pu
fissare prescrizioni ed interventi integrativi con particolare riferimento alle misure di monitoraggio da attuare
per accertare le condizioni di inquinamento ed ai controlli da effettuare per verificare lefficacia degli
interventi attuati a protezione della salute pubblica e dellambiente circostante ().
17
Lart. 311, secondo comma, del d. lgs. n. 152/2006 cos dispone:
Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attivit o comportamenti doverosi, con violazione di
legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o
violazione di norme tecniche, arrechi danno allambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in
tutto o in parte, obbligato al ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per
equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato.
Cause principali e questioni pregiudiziali
18
Le presenti cause rientrano in una serie di ricorsi promossi dalle societ i cui stabilimenti costeggiano
la Rada di Augusta avverso alcune decisioni delle varie autorit amministrative italiane, mediante le quali a
dette societ sono stati imposti obblighi di riparazione dellinquinamento accertato nel sito di interesse
nazionale di Priolo.
19
Le ricorrenti nelle cause principali contestano essenzialmente a dette autorit amministrative di aver
agito unilateralmente nella definizione delle misure di riparazione dei danni ambientali provocati al sito citato.
In particolare, esse le criticano per aver modificato, in modo radicale e senza consultare gli interessati, alcuni
progetti di intervento approvati in precedenza dalle medesime autorit. Questi progetti, che implicavano in
particolare la realizzazione di un confinamento di natura idraulica della falda, sarebbero gi stati avviati.
Ebbene, quello che attualmente il progetto in discussione, in particolare la realizzazione di uno
sbarramento fisico lungo tutto il litorale marino adiacente ai siti industriali delle ricorrenti, sarebbe
radicalmente diverso e non sarebbe stato oggetto di nessuna valutazione di impatto ambientale. Infine,
contestato allamministrazione di aver ingiustamente subordinato la possibilit per queste ricorrenti di
disporre dei loro siti industriali alla condizione che esse realizzino i detti lavori, che riguarderebbero in realt
terreni o aree demaniali diversi da quelli di cui esse sono proprietarie.
20
Adito gi in precedenza dalle ricorrenti nelle cause principali, il giudice del rinvio aveva annullato i
provvedimenti adottati dallamministrazione, in particolare con sentenza 21 luglio 2007, n. 1254. Esso aveva
rilevato infatti che, poich i progetti definitivi iniziali erano gi stati approvati con decreto interministeriale,
circostanza che attribuiva loro carattere definitivo, ed erano in fase di avanzata esecuzione, eventuali
modifiche di detti progetti potevano essere decise solo mediante un nuovo decreto interministeriale. Questo
giudice constatava parimenti che era illogico voler ottenere una realizzazione pi rapida dei lavori facendo
appello ad una tecnologia totalmente diversa da quella gi approvata. Infine, detto tribunale aveva giudicato
che la decisione dellamministrazione non era motivata e non era corredata del bench minimo
accertamento tecnico, e che non era stata effettuata nessuna valutazione di impatto ambientale delle nuove
misure di riparazione imposte alle ricorrenti nelle cause principali.
21
Malgrado tale pronuncia, lamministrazione italiana ha rinnovato successivamente le sue richieste in
merito alla realizzazione, in particolare, di un confinamento fisico. stato cos adottato il decreto 16 aprile
2008, n. 4486, avente ad oggetto un provvedimento finale di adozione () delle determinazioni della
conferenza dei servizi decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Priolo del 6 marzo 2008. Le
ricorrenti hanno allora adito di nuovo il giudice del rinvio, il quale si chiede se una prassi amministrativa
siffatta sia conforme al diritto dellUnione. Secondo questo tribunale, la situazione peculiare di inquinamento
ambientale del sito di interesse nazionale di Priolo, che potrebbe rendere eventualmente inutile ed
inconcludente unanalisi del sito per quanto riguarda i rischi e le responsabilit, potrebbe per giustificare il
fatto che lamministrazione, da un lato, agisca dufficio, senza rispettare il principio del contraddittorio e della
motivazione degli atti, e che, dallaltro, essa imponga pertanto le soluzioni che ritiene le pi idonee a
contenere gli effetti sullambiente della produzione industriale.
22
in tale contesto che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha deciso di sospendere il
procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni:
1)
Se la direttiva [2004/35], ed, in ispecie, larticolo 7 e lallegato II ivi richiamato, osti ad una normativa
nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre, quali ragionevoli opzioni di riparazione
del danno ambientale, interventi sulle matrici ambientali (costituiti, nella specie, dal confinamento fisico
della falda lungo tutto il fronte mare) diversi ed ulteriori rispetto a quelli prescelti allesito di unapposita
istruttoria in contraddittorio, gi approvati, realizzati e in corso di esecuzione.
2)
Se la direttiva [2004/35], ed, in ispecie, larticolo 7 e lallegato II ivi richiamato, osti ad una normativa
nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre, dautorit, tali prescrizioni, ossia senza
aver valutato le condizioni [specifiche del sito], i costi di attuazione in relazione ai benefici ragionevolmente
prevedibili, i possibili o probabili danni collaterali ed effetti avversi sulla salute e la sicurezza pubblica, i tempi
necessari alla realizzazione.

26

3)
Se, data la specificit della situazione che esiste nel [sito di interesse nazionale] di Priolo, la direttiva
[2004/35], ed, in ispecie, larticolo 7 e lallegato II ivi richiamato, osti ad una normativa nazionale che
consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre, dautorit, tali prescrizioni, quali condizioni per
lautorizzazione alluso legittimo di aree non direttamente interessate alla bonifica, in quanto gi bonificate o
comunque non inquinate, comprese nel perimetro del sito di interesse nazionale di Priolo.
23
Con ordinanza del presidente della Corte 21 ottobre 2008, i procedimenti C-379/08 e C-380/08 sono
stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonch ai fini della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilit
24
Il governo italiano asserisce che il rinvio pregiudiziale sarebbe irricevibile in quanto, in particolare, da
un lato, le questioni proposte implicherebbero che la Corte esamini la normativa nazionale e, dallaltro, lo
scopo del giudice del rinvio sarebbe non di risolvere la controversia di cui investito, bens piuttosto di
rimettere in discussione la giurisprudenza del suo giudice di appello.
25
A questo proposito basta ricordare che, nellambito di un rinvio pregiudiziale, bench non spetti alla
Corte pronunciarsi sulla compatibilit di norme del diritto interno con il diritto dellUnione, essa tuttavia
competente a fornire al giudice a quo tutti gli elementi di interpretazione concernenti tale diritto, atti a
consentirgli di valutare tale compatibilit per pronunciarsi nella causa di cui investito (sentenza 22 maggio
2008, causa C-439/06, citiworks, Racc. pag. I-3913, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
26
Peraltro, il giudice che non decide in ultima istanza devessere libero, segnatamente se esso ritiene
che la valutazione in diritto formulata dallistanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario
al diritto dellUnione, di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi (v., in tal senso, sentenza
16 gennaio 1974, causa 166/73, Rheinmhlen-Dsseldorf, Racc. pag. 33, punto 4).
27
In considerazione delle precedenti osservazioni, occorre esaminare le questioni proposte dal
Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, miranti a ottenere uninterpretazione delle disposizioni della
direttiva 2004/35.
Sulle prime due questioni
28
Con le sue prime due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in
sostanza, se gli artt. 7 e 11, n. 4, della direttiva 2004/35, in combinato disposto con lallegato II alla
medesima, conferiscano allautorit competente il potere di imporre dufficio una modifica sostanziale delle
misure di riparazione del danno ambientale decise in esito a un procedimento in contraddittorio, condotto in
collaborazione con gli operatori interessati, che siano gi state eseguite o la cui esecuzione sia gi stata
avviata, e ci senza che limposizione di queste nuove misure sia stata preceduta da una valutazione, da
parte di detta autorit, dei costi e dei vantaggi delle modifiche previste dal punto di vista economico,
ambientale e sanitario.
29
In considerazione delle circostanze delle cause principali quali illustrate dal giudice del rinvio e quali
affrontate dal governo italiano nonch dalla Commissione delle Comunit europee, occorre determinare le
condizioni di applicabilit ratione temporis di detta direttiva nelle richiamate circostanze prima di risolvere le
questioni proposte.
Sullapplicabilit ratione temporis della direttiva 2004/35
30
Il governo italiano nonch la Commissione dubitano che la direttiva 2004/35 possa applicarsi ratione
temporis ai fatti delle cause principali, in quanto il danno ambientale sarebbe anteriore al 30 aprile 2007 e/o
esso deriverebbe comunque da attivit precedenti, che sarebbero state ultimate prima di tale data. La
Commissione fa capire, per, che questa direttiva potrebbe applicarsi limitatamente ai danni successivi al 30
aprile 2007 derivanti dallattivit presente degli operatori coinvolti. Tuttavia, essa non potrebbe applicarsi a
un inquinamento anteriore a questa stessa data, causato da operatori diversi da quelli attualmente in attivit
nella Rada di Augusta, ai quali si vorrebbe addossare detto inquinamento.
31
A questo proposito, come si evince dal trentesimo considerando della direttiva 2004/35, il legislatore
dellUnione ha ritenuto che la normativa relativa al regime di responsabilit ambientale istituito da questa
direttiva non si dovrebbe applicare al danno cagionato prima dello scadere del termine per la sua
attuazione, ossia prima del 30 aprile 2007.
32
Detto legislatore ha indicato espressamente, nellart. 17 della direttiva 2004/35, le ipotesi in cui
questultima non si applica. Dal momento che le ipotesi che non rientrano nella sfera di applicazione ratione
temporis di questa direttiva sono state cos definite in modo negativo, occorre dedurne che qualsiasi altra
ipotesi soggetta, in linea di principio, dal punto di vista cronologico, al regime di responsabilit ambientale
istituito da detta direttiva.
33
Dallart. 17, primo e secondo trattino, della direttiva 2004/35 si ricava che questultima non si applica ai
danni causati da unemissione, un evento o un incidente verificatosi prima del 30 aprile 2007 n a quelli
causati dopo tale data, se derivanti da una specifica attivit posta in essere e terminata prima di detta data.
34
Occorre dedurne che questa direttiva si applica ai danni causati da unemissione, un evento o un
incidente avvenuti dopo il 30 aprile 2007 quando questi danni derivano o da attivit svolte successivamente
a tale data, o da attivit svolte anteriormente a tale data, ma non ultimate prima della scadenza della
medesima.

27

35
In forza dellart. 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte,
questa pu pronunciarsi unicamente sullinterpretazione o sulla validit di un testo normativo dellUnione
sulla base dei fatti indicati dal giudice nazionale. Ne consegue che non spetta alla Corte, nellambito di un
procedimento ai sensi dellarticolo citato, ma al giudice nazionale lapplicazione ad atti o fatti di carattere
nazionale delle norme del diritto dellUnione di cui la Corte abbia fornito linterpretazione (v. sentenza 11
settembre 2008, causa C-279/06, CEPSA, Racc. pag. I-6681, punto 28).
36
Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare, in base ai fatti che esso solo in grado di valutare, se,
nelle cause principali, i danni oggetto delle misure di riparazione ambientale decise dalle autorit nazionali
competenti rientrino in una delle ipotesi elencate nel punto 34 della presente sentenza.
37
Qualora detto giudice dovesse giungere alla conclusione che la direttiva 2004/35 non applicabile
nella causa di cui investito, unipotesi del genere dovr essere allora disciplinata dallordinamento
nazionale, nel rispetto delle norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato.
38
A questo proposito, lart. 174 CE ricorda che la politica della Comunit europea in materia ambientale
mira a un livello elevato di protezione e si basa, segnatamente, sul principio chi inquina paga. Questa
disposizione si limita pertanto a definire gli obiettivi generali della Comunit in materia ambientale, mentre
lart. 175 CE affida il compito di decidere le azioni da avviare al Consiglio dellUnione europea,
eventualmente applicando la procedura di codecisione con il Parlamento europeo (v., in tal senso, sentenza
14 luglio 1994, causa C-379/92, Peralta, Racc. pag. I-3453, punti 57 e 58).
39
Dal momento che lart. 174 CE, che contiene il principio chi inquina paga, rivolto allazione della
Comunit, questa disposizione non pu essere invocata in quanto tale dai privati al fine di escludere
lapplicazione di una normativa nazionale, quale quella oggetto delle cause principali, emanata in una
materia rientrante nella politica ambientale, quando non sia applicabile nessuna normativa comunitaria
adottata in base allart. 175 CE, che disciplini specificamente lipotesi di cui trattasi.
40
Se e in quanto il giudice del rinvio giunga alla conclusione che, da un lato, la direttiva 2004/35
applicabile ratione temporis nelle cause principali e che, dallaltro, sono soddisfatte le condizioni di
applicazione ratione materiae della citata direttiva, in particolare quelle precisate nei punti 53-59 della
sentenza 9 marzo 2010, causa C-378/08, ERG e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta), occorre
affrontare le questioni pregiudiziali nel modo seguente.
Sulle modalit di adozione di misure di riparazione ai sensi della direttiva 2004/35

Osservazioni presentate alla Corte


41
Le ricorrenti nelle cause principali affermano sostanzialmente che, nel sistema della direttiva 2004/35,
la definizione delle misure di riparazione ambientale dovrebbe essere fatta su proposta degli operatori
interessati o, quanto meno, dopo una loro consultazione. Ne conseguirebbe che lautorit competente non
potrebbe modificare, unilateralmente e senza consultare detti operatori, misure di riparazione del danno
ambientale gi approvate dalla stessa autorit, e ci tanto pi quando le misure di riparazione iniziali siano
state gi oggetto di un principio di esecuzione e consentirebbero di raggiungere lo scopo di riparare
lambiente ed eliminare qualsiasi grave rischio di incidenza negativa sulla salute umana.
42
Inoltre, nella definizione delle misure di riparazione ambientale, lautorit competente sarebbe tenuta a
procedere a unanalisi costi-benefici delle misure ipotizzate nonch della loro fattibilit tecnica, in quanto
potrebbero essere validamente scelte solo opzioni ragionevoli di riparazione, ossia non sproporzionate e
basate sulle migliori tecnologie disponibili. Infine, questa autorit dovrebbe tener conto parimenti dei danni
potenziali che le misure di riparazione potrebbero provocare esse stesse sullambiente e sulla salute delle
persone.
43
Il governo italiano ritiene che la sua normativa sia conforme allart. 7 della direttiva 2004/35, poich
lautorit competente potrebbe prescrivere non solo misure di riparazione conformi a quelle di cui allallegato
II a questa direttiva, ma anche misure pi onerose, eventualmente diverse da quelle adottate su proposta
degli operatori interessati in esito a un confronto in contraddittorio. Nelle cause principali, la circostanza che
non ci sia stato un confronto in occasione delle misure successivamente adottate da detta autorit non
sarebbe assolutamente in contrasto con le prescrizioni della citata direttiva.
44
La Commissione ritiene che, anche ammettendo che la direttiva 2004/35 sia applicabile alle cause
principali, questultima non osti a un intervento unilaterale dellautorit competente. Infatti, gli artt. 6, n. 2, e 7,
n. 2, di questa direttiva conferirebbero a una siffatta autorit un ampio potere discrezionale in sede di
definizione delle misure di riparazione ambientale adeguate, poich sarebbe previsto che la determinazione
di queste ultime avvenga solo se necessario, in cooperazione con loperatore interessato. Lallegato II a
detta direttiva non prevederebbe forme specifiche e vincolanti di riparazione, n specifiche modalit
procedurali a tale riguardo. Questallegato si limiterebbe soltanto a determinare i criteri e gli scopi da
raggiungere nella scelta delle misure pi idonee.
45
Inoltre, lart. 16, n. 1, della direttiva 2004/35 consentirebbe agli Stati membri di mantenere o adottare
discipline nazionali pi rigorose in materia di responsabilit ambientale, e ci alle condizioni previste
dallart. 176 CE. Bench, ai sensi dellart. 7, n. 4, della medesima direttiva, lautorit competente debba
invitare le persone sul cui terreno si dovrebbero effettuare le misure di riparazione a presentare le loro
osservazioni e [debba prenderle] in considerazione, la Commissione reputa che questa autorit non sia

28

per vincolata da siffatte osservazioni, a condizione per che le modalit prescelte, ai sensi dellallegato II a
questa direttiva, consentano di raggiungere gli scopi ambientali stabiliti dalla direttiva.

Risposta della Corte


46
Nel sistema degli artt. 6 e 7 della direttiva 2004/35, spetta in linea di principio alloperatore che sia
allorigine del danno ambientale di prendere liniziativa di proporre misure di riparazione che esso reputi
adeguate alla situazione. In considerazione della conoscenza che si pensa che loperatore abbia della
natura del danno provocato allambiente dalla sua attivit, un sistema del genere pu consentire la
definizione ed esecuzione rapide di misure di riparazione ambientale opportune.
47
Cos, dallart. 6, n. 1, della direttiva 2004/35 si ricava che, quando si sia prodotto un danno ambientale,
loperatore informa senzindugio lautorit competente e adotta, in particolare, le misure di riparazione
necessarie, conformemente allart. 7 di questa direttiva.
48
Tuttavia, a norma del n. 2 del medesimo art. 6, questa autorit, in particolare, pu obbligare, in
qualsiasi momento, loperatore ad adottare le misure di riparazione necessarie, dargli le istruzioni da seguire
per realizzare le medesime o addirittura, in mancanza di altre alternative, adottare essa stessa queste
misure.
49
Inoltre, ai sensi dellart. 7, n. 2, della direttiva 2004/35, lautorit competente decide le misure di
riparazione da attuare conformemente allallegato II a questa direttiva e ci, se necessario, in cooperazione
con loperatore interessato.
50
Secondo lart. 11 di detta direttiva, lobbligo di determinare le misure di riparazione da adottare a
norma dellallegato II alla citata direttiva spetta, in ogni caso e in ultima istanza, allautorit competente.
51
Alla luce di tutto ci, occorre considerare che, come rilevato dallavvocato generale nei paragrafi 141 e
142 delle sue conclusioni, lautorit competente parimenti legittimata a modificare, anche dufficio, ossia
persino in mancanza di una proposta iniziale da parte delloperatore, misure di riparazione ambientale
precedentemente disposte. Infatti, questautorit pu essere indotta a constatare in pratica, segnatamente,
la necessit di unazione supplementare rispetto a quella gi decisa, ossia pu giungere alla conclusione
che le misure inizialmente disposte si rivelino inefficaci e che ne siano necessarie altre per porre rimedio a
un determinato inquinamento ambientale.
52
A questo proposito, si evince tuttavia dal ventiquattresimo considerando della direttiva 2004/35 che,
in sede di applicazione ed esecuzione di mezzi efficaci diretti ad applicare il regime di responsabilit
ambientale previsto da questa direttiva, occorre garantire unadeguata tutela dei legittimi interessi degli
operatori e delle altre parti interessate.
53
Mentre lart. 7, n. 4, di detta direttiva obbliga lautorit competente, in qualunque caso, ad invitare in
particolare le persone sui cui terreni devono essere eseguite misure di riparazione a presentare le loro
osservazioni, di cui essa deve tener conto, lo stesso art. 7, in particolare il n. 2 del medesimo, non contiene
una formula analoga riguardo alloperatore interessato dalle misure di riparazione che detta autorit
programmi di imporgli.
54
Tuttavia, il principio del contraddittorio, di cui la Corte garantisce il rispetto, impone allautorit pubblica
di sentire gli interessati prima delladozione di una decisione che li riguardi (v. sentenza 13 settembre 2007,
cause riunite C-439/05 P e C-454/05 P, Land Obersterreich e Austria/Commissione, Racc. pag. I-7141,
punto 35 e giurisprudenza ivi citata).
55
Alla luce di ci, bench un diritto delloperatore interessato ad essere ascoltato in qualsiasi caso non
sia stato espressamente citato nellart. 7, n. 2, della direttiva 2004/35, si deve riconoscere che questa
disposizione non pu essere interpretata nel senso che, in sede di definizione delle misure di riparazione,
comprese quelle di cui allart. 6, n. 2, lett. c) e d), di questa direttiva, lautorit competente non sia tenuta ad
ascoltare detto operatore.
56
Ne consegue che, al fine di modificare sostanzialmente misure di riparazione ambientale che lautorit
competente abbia gi approvato, modificazioni che questultima autorizzata ad adottare in forza della
direttiva 2004/35, lart. 7, n. 2, della medesima impone a detta autorit di ascoltare gli operatori ai quali siano
imposte misure del genere, salvo quando lurgenza della situazione ambientale imponga unazione
immediata dellautorit competente. Inoltre, conformemente al n. 4 di questo stesso art. 7, questa autorit
dovr invitare, in particolare, le persone sui cui terreni queste misure dovranno essere applicate a
presentare le loro osservazioni, di cui essa deve tener conto.
57
Per quanto concerne i dati da prendere in considerazione in sede di applicazione delle misure di
riparazione necessarie, dagli artt. 7, n. 2, e 11, n. 2, della direttiva 2004/35 si evince che spetta allautorit
competente valutare la rilevanza dei danni e decidere queste misure, conformemente allallegato II a questa
direttiva.
58
Lallegato II alla direttiva 2004/35 stabilisce criteri comuni che lautorit competente deve applicare per
scegliere le misure pi idonee ad assicurare la riparazione dei danni ambientali. Il punto 1.3.1 di questo
allegato afferma che le opzioni di riparazione dovrebbero essere valutate usando le migliori tecnologie
disponibili, qualora siano definite in base a una serie di criteri specificati nel medesimo punto.
59
Il legislatore dellUnione non ha definito in modo preciso e dettagliato la metodologia esatta che
lautorit competente deve seguire in sede di decisione delle misure di riparazione, in particolare a causa del

29

fatto che, come si evince dal ventiquattresimo considerando della direttiva 2004/35, al fine di adempiere i
compiti ad essa attribuiti nel sistema di questa direttiva, detta autorit deve poter disporre di un potere
discrezionale adeguato al fine di valutare la rilevanza dei danni e determinare le misure di riparazione da
adottare. Tuttavia, lallegato II alla stessa direttiva elenca a tal fine alcuni elementi giudicati rilevanti da detto
legislatore che, di conseguenza, devono essere tenuti in considerazione dallautorit competente, senza
per che siano indicate le conseguenze che questautorit debba ricavarne in unipotesi concreta di
inquinamento.
60
A questo proposito, allorch lautorit competente, nellesercizio delle sue attribuzioni, chiamata a
compiere valutazioni complesse, il potere discrezionale di cui gode si applica parimenti, in una determinata
misura, allaccertamento degli elementi in fatto alla base della sua azione [v., per analogia, sentenze 29
ottobre 1980, causa 138/79, Roquette Frres/Consiglio, Racc. pag. 3333, punto 25; 21 gennaio 1999, causa
C-120/97, Upjohn, Racc. pag. I-223, punto 34, e 15 ottobre 2009, causa C-425/08, Enviro Tech (Europe),
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 62].
61
Inoltre, nellesercizio di questo potere discrezionale, detta autorit ha lobbligo di esaminare in modo
accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (v., per analogia, sentenze 21 novembre
1991, causa C-269/90, Technische Universitt Mnchen, Racc. pag. I-5469, punto 14, e 6 novembre 2008,
causa C-405/07 P, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I-8301, punto 56).
62
Alla luce di ci, quando sorge il problema della scelta tra diverse opzioni di riparazione, cosa che
avviene quando lautorit competente pensa di modificare misure di riparazione da essa adottate
precedentemente, spetta allautorit competente, conformemente allart. 7, n. 2, della direttiva 2004/35, in
combinato disposto con il punto 1.3.1 dellallegato II a questultima, valutare ogni singola opzione in base, in
particolare, ai criteri elencati in detto punto.
63
Pertanto, quando lautorit competente pensa di modificare sostanzialmente misure di riparazione del
danno ambientale, decise in esito ad un procedimento in contraddittorio svolto in collaborazione con gli
operatori interessati e gi eseguite o la cui esecuzione sia gi stata avviata, ossia in caso di mutamento
dellopzione di riparazione, questautorit obbligata, in linea di principio, a prendere in considerazione i
criteri di cui al punto 1.3.1 dellallegato II alla direttiva 2004/35 e, inoltre, conformemente allart. 11, n. 4, della
medesima, essa deve indicare, nella decisione che adotta a questo proposito, le ragioni specifiche che
motivino la sua scelta nonch, eventualmente, quelle in grado di giustificare il fatto che non fosse necessario
o possibile effettuare un esame circostanziato alla luce dei detti criteri a causa, ad esempio, dellurgenza
della situazione ambientale.
64
In particolare, lautorit competente deve vigilare affinch lopzione accolta alla fine consenta
realmente di raggiungere risultati migliori dal punto di vista ambientale, senza con ci esporre gli operatori
interessati a costi manifestamente sproporzionati rispetto a quelli che essi dovevano o avrebbero dovuto
sostenere nel quadro della prima opzione accolta da detta autorit. Considerazioni siffatte non valgono per
quando questultima in grado di dimostrare che lopzione inizialmente accolta si rivelata comunque
inadeguata a riparare, risanare o sostituire le risorse naturali danneggiate o i servizi deteriorati ai sensi
dellart. 2, punto 11, della direttiva 2004/35.
65
Infine, uno Stato membro non pu validamente invocare lart. 16, n. 1, della direttiva 2004/35, ossia il
perseguimento del medesimo obiettivo di tutela dellambiente fissato da questa direttiva (v. sentenza 14
aprile 2005, causa C-6/03, Deponiezweckverband Eiterkpfe, Racc. pag. I-2753, punto 41), in unipotesi in
cui esso manterrebbe, adotterebbe norme o autorizzerebbe una prassi che consenta allautorit competente
di svincolarsi, da un lato, dal rispetto del diritto degli operatori di essere ascoltati e dallobbligo di invitare le
persone sui cui terreni debbano essere poste in esecuzione misure di riparazione a presentare le loro
osservazioni nonch, dallaltro, dallobbligo di procedere a un esame circostanziato delle opzioni possibili di
riparazione ambientale.
66
Infatti, da una parte, il diritto degli operatori di essere ascoltati e quello delle persone i cui terreni siano
interessati da misure di riparazione di presentare osservazioni appaiono come una protezione minima,
garantita dalla direttiva 2004/35, che non pu essere ragionevolmente rimessa in discussione. Dallaltra, una
decisione riguardante la scelta di unopzione di riparazione ambientale, adottata dallautorit competente
senza svolgere un esame circostanziato della situazione alla luce dei criteri indicati nel punto 1.3.1
dellallegato II alla direttiva 2004/35 potrebbe condurre, in violazione degli obiettivi di questultima, a una
valutazione inadeguata della rilevanza dei danni e/o delle misure di riparazione da adottare.
67
Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere le prime due questioni dichiarando che gli artt. 7
e 11, n. 4, della direttiva 2004/35, in combinato disposto con lallegato II alla medesima, devono essere
interpretati nel senso che lautorit competente ha il potere di modificare sostanzialmente misure di
riparazione del danno ambientale decise in esito a un procedimento in contraddittorio, condotto in
collaborazione con gli operatori interessati, che siano gi state poste in esecuzione o la cui esecuzione sia
gi stata avviata. Tuttavia, al fine di adottare una siffatta decisione:

questa autorit obbligata ad ascoltare gli operatori ai quali sono imposte misure del genere, salvo
quando lurgenza della situazione ambientale imponga unazione immediata da parte dellautorit
competente;

30


detta autorit tenuta parimenti ad invitare, in particolare, le persone sui cui terreni queste misure
devono essere poste in esecuzione a presentare le loro osservazioni, di cui essa deve tener conto, e

questa autorit deve tener conto dei criteri di cui al punto 1.3.1 dellallegato II alla direttiva 2004/35 e
indicare, nella sua decisione, le ragioni specifiche che motivino la sua scelta nonch, eventualmente, quelle
in grado di giustificare il fatto che non fosse necessario o possibile effettuare un esame circostanziato alla
luce dei detti criteri a causa, ad esempio, dellurgenza della situazione ambientale.
Sulla terza questione
68
Con la sua terza questione, il giudice del rinvio desidera sapere se la direttiva 2004/35 debba essere
interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, la quale consenta allautorit competente di
subordinare lesercizio del diritto degli operatori destinatari di misure di riparazione ambientale allutilizzo dei
loro terreni alla condizione che essi realizzino i lavori imposti da queste ultime, e ci persino quando detti
terreni non siano interessati da tali misure perch sono gi stati oggetto di precedenti misure di bonifica o
non sono mai stati inquinati.
Osservazioni presentate alla Corte
69
Le ricorrenti nelle cause principali sostengono che, quando un terreno sia stato oggetto di una bonifica
o non sia mai stato inquinato, lautorit competente non disporrebbe assolutamente del potere di
subordinare luso di questo terreno alla realizzazione di misure di riparazione ambientale riguardanti un sito
diverso, nel caso di specie il litorale marino e il suo sottosuolo. Una prassi siffatta limiterebbe
eccessivamente il loro diritto di propriet e sarebbe pertanto contraria al principio di proporzionalit.
Linteresse stesso di un operatore allesecuzione di una misura di riparazione ambientale consisterebbe
proprio nella prospettiva di una ripresa dellattivit produttiva sul suo terreno. Inoltre, i terreni delle ricorrenti
nelle cause principali sarebbero gi stati risanati, o addirittura non sarebbero nemmeno mai stati inquinati.
Infine, queste restrizioni verrebbero imposte malgrado esse avessero effettuato spontaneamente i lavori di
risanamento sui loro terreni e non siano responsabili dellinquinamento in questione.
70
Il governo italiano ritiene che la prassi dellautorit competente, consistente nel subordinare luso dei
terreni delle ricorrenti nelle cause principali alla condizione che esse eseguano le misure di riparazione
ambientale, sia pienamente legittima e compatibile con la normativa dellUnione. Una prassi siffatta
risponderebbe parimenti al principio di precauzione poich, se gli operatori interessati potessero utilizzare le
zone bonificate senza restrizioni, essi potrebbero allora realizzare altre infrastrutture industriali, circostanza
che costituirebbe un ostacolo insormontabile alla realizzazione delle misure di riparazione decise da
questautorit.
71
Secondo la Commissione, la direttiva 2004/35 non osta a che lautorit competente imponga a un
operatore misure di bonifica ambientale e subordini lautorizzazione per questultimo di utilizzare i suoi
terreni non direttamente interessati dal risanamento alla realizzazione di queste misure. Essa sostiene che
misure siffatte potrebbero persino essere escluse dalla sfera dapplicazione del diritto dellUnione.
Risposta della Corte
72
Anzitutto occorre rilevare, in primo luogo, che, come si ricava dalle indicazioni del giudice del rinvio,
linquinamento in questione nelle cause principali riveste un carattere del tutto eccezionale, sia per le sue
dimensioni sia per la gravit dei danni arrecati allambiente.
73
In secondo luogo, occorre ricordare che, anche se, come sostengono le ricorrenti nelle cause
principali, i loro terreni non sono interessati dalle misure di riparazione in questione poich essi sono gi stati
oggetto di precedenti misure di bonifica o non sono mai stati inquinati, ci nondimeno questi terreni sono
adiacenti a tutto il litorale che costituisce oggetto di dette misure di riparazione e che nuove attivit avviate
sui detti terreni potrebbero rendere pi difficile il risanamento della zona nel suo complesso.
74
Come gi chiarito nei punti 37 e 40 della presente sentenza, qualora il giudice del rinvio dovesse
giungere alla conclusione che la direttiva 2004/35 non applicabile ratione temporis e/o ratione materiae
nellambito delle cause di cui investito, una situazione del genere dovr essere allora disciplinata dal diritto
nazionale, nel rispetto delle norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato.
75
Se viceversa detta direttiva dovesse essere applicabile, occorre sottolineare che, nel sistema della
medesima, gli operatori sono soggetti ad obblighi sia di prevenzione sia di riparazione. Pertanto, proprio in
forza del principio di precauzione e come si ricava dal secondo considerando della stessa direttiva, questi
operatori, da un lato, devono adottare le misure preventive necessarie per evitare il verificarsi di un danno
ambientale.
76
Dallaltro, quando si sono verificati danni ambientali, come nelle cause principali, lart. 6, n. 1, della
direttiva 2004/35 prevede che gli operatori devono adottare, in particolare, le misure di riparazione
necessarie conformemente allart. 7 di questa direttiva. Se del caso, lautorit competente dispone di
prerogative per costringerli a ci o adottare essa stessa misure di tal genere.
77
Nelle cause principali, le ricorrenti si oppongono alle misure decise dalle autorit italiane, invocando la
circostanza che queste ultime non riguardano i terreni da esse occupati, che sono gi stati oggetto peraltro
di bonifica. Tuttavia, secondo queste stesse autorit, linquinamento che colpisce la Rada di Augusta
proverrebbe dai detti terreni, poich esso si sarebbe propagato in mare.

31

78
In circostanze eccezionali del tipo di quelle descritte nei punti 72 e 73 della presente sentenza, la
direttiva 2004/35 devessere interpretata nel senso che essa consente allautorit competente di chiedere
agli operatori dei terreni adiacenti a tutto il litorale oggetto delle misure di riparazione di realizzare essi stessi
dette misure.
79
La direttiva 2004/35 non precisa le modalit secondo le quali lautorit competente pu costringere gli
operatori interessati ad adottare le misure di riparazione da essa decise. Alla luce di ci, spetta a ciascuno
Stato membro determinare modalit del genere che devono, da un lato, tendere alla realizzazione dello
scopo di questa direttiva quale definito dal suo art. 1, ossia prevenire e riparare i danni ambientali, e,
dallaltro, rispettare il diritto dellUnione, segnatamente i principi generali del medesimo.
80
Quanto alla lesione del loro diritto di propriet, lamentato dalle ricorrenti nelle cause principali, si deve
ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di propriet fa parte dei principi generali del
diritto dellUnione. Esso tuttavia non costituisce una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della
sua funzione sociale. Ne consegue che possono essere apportate restrizioni allesercizio del diritto di
propriet, purch tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti
dallUnione e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile
che leda la sostanza stessa del diritto cos garantito (sentenze 13 dicembre 1979, causa 44/79, Hauer,
Racc. pag. 3727, punto 23; 11 luglio 1989, causa 265/87, Schrder HS Kraftfutter, Racc. pag. 2237, punto
15; 29 aprile 1999, causa C-293/97, Standley e a., Racc. pag. I-2603, punto 54, nonch 3 settembre 2008,
cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e
Commissione, Racc. pag. I-6351, punto 355).
81
Per quanto concerne gli obiettivi di interesse generale precedentemente menzionati, risulta parimenti
da una giurisprudenza costante che la tutela dellambiente compare tra tali obiettivi (v. sentenze 7 febbraio
1985, causa 240/83, ADBHU, Racc. pag. 531, punto 13; 20 settembre 1988, causa 302/86,
Commissione/Danimarca, Racc. pag. 4607, punto 8, e 2 aprile 1998, causa C-213/96, Outokumpu,
Racc. pag. I-1777, punto 32).
82
Alla luce di ci, subordinare il diritto degli operatori interessati alluso dei loro terreni alla condizione
che essi eseguano le misure necessarie di riparazione dellambiente pu apparire giustificato al fine di
obbligarli ad adottare effettivamente tali misure.
83
A questo proposito, come giustamente sostenuto dal governo italiano, legittimo per lautorit
competente, in attesa che siano realizzate le misure di riparazione ambientale da essa decise, di adottare
ogni misura idonea ad impedire il peggioramento della situazione ambientale dove dette misure sono poste
in esecuzione o, meglio, in applicazione del principio di precauzione, a prevenire il verificarsi o il ripetersi di
altri danni ambientali nei siti limitrofi a quelli oggetto di dette misure.
84
Infatti, subordinare luso dei terreni degli operatori interessati alla realizzazione, da parte di questi
ultimi, di misure di riparazione aventi ad oggetto siti limitrofi a tali terreni pu apparire necessario al fine di
evitare che altre attivit industriali, che potrebbero aggravare i danni in questione o intralciare la riparazione
dei medesimi, vengano avviate attorno a detti siti il cui risanamento si riveli necessario.
85
Ne consegue che spetta al giudice del rinvio verificare a questo riguardo se, nelle cause principali, la
sospensione di talune prerogative attinenti al diritto di propriet degli operatori sui loro terreni sia giustificata
dallo scopo di impedire il peggioramento della situazione ambientale dove le misure di riparazione
ambientale sono poste in esecuzione, ossia nella rada, o, in applicazione del principio di precauzione, dallo
scopo di prevenire il verificarsi o il ripetersi di altri danni ambientali nei detti terreni, limitrofi allintero litorale
oggetto di queste misure di riparazione.
86
Occorre per esaminare se misure di tal genere, consentite dalla normativa nazionale, non eccedano i
limiti di ci che idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa
di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra pi misure appropriate, si deve
ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli
scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze 5 giugno 2008, causa C-534/06, Industria Lavorazione Carni
Ovine, Racc. pag. I-4129, punto 25, e 11 giugno 2009, causa C-170/08, Nijemeisland, non ancora pubblicata
nella Raccolta, punto 41).
87
A questo proposito, giocoforza constatare che, conformemente alla direttiva 2004/35, gli operatori
interessati sono tenuti ad eseguire le misure di riparazione decise dallautorit competente e che
questultima deve poterli obbligare a farlo.
88
Indubbiamente, in conformit agli artt. 6, n. 2, lett. e), e 8, n. 2, primo comma, di detta direttiva,
lautorit competente ha facolt di adottare essa stessa le misure di riparazione necessarie e di recuperare i
costi di misure siffatte mediante cauzione o altre garanzie idonee.
89
Tuttavia, occorre sottolineare che si tratta in questo caso di una facolt concessa allautorit
competente, la quale pu preferire di obbligare gli operatori interessati a porre in esecuzione le misure di
riparazione necessarie piuttosto che farlo essa stessa.
90
Inoltre, la lesione arrecata al diritto di propriet di detti operatori limitata al loro diritto di uso dei loro
terreni e rimane temporanea nel senso che, una volta eseguite le misure di riparazione loro imposte dalle

32

autorit competenti, essi potranno recuperare il pieno godimento delle prerogative attinenti ai loro diritti di
propriet.
91
Alla luce di ci, siffatte misure dellautorit competente non sembrano eccedere quanto necessario al
raggiungimento dello scopo fondamentale della direttiva 2004/35, di prevenire e riparare i danni ambientali,
che implica, nel caso di specie, che gli operatori interessati pongano in esecuzione le misure di riparazione
decise da detta autorit.
92
Pertanto, occorre risolvere la terza questione dichiarando che, in circostanze quali quelle di cui alle
cause principali, la direttiva 2004/35 non osta a una normativa nazionale la quale consenta allautorit
competente di subordinare lesercizio del diritto degli operatori destinatari di misure di riparazione ambientale
allutilizzo dei loro terreni alla condizione che essi realizzino i lavori imposti da queste ultime, e ci persino
quando detti terreni non siano interessati da tali misure perch sono gi stati oggetto di precedenti misure di
bonifica o non sono mai stati inquinati. Tuttavia, una misura siffatta devessere giustificata dallo scopo di
impedire il peggioramento della situazione ambientale dove dette misure sono poste in esecuzione oppure,
in applicazione del principio di precauzione, dallo scopo di prevenire il verificarsi o il ripetersi di altri danni
ambientali nei detti terreni degli operatori, limitrofi allintero litorale oggetto di dette misure di riparazione.
Sulle spese
93
Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri
soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)
Gli artt. 7 e 11, n. 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE,
sulla responsabilit ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in combinato
disposto con lallegato II alla medesima, devono essere interpretati nel senso che lautorit competente ha il
potere di modificare sostanzialmente misure di riparazione del danno ambientale decise in esito a un
procedimento in contraddittorio, condotto in collaborazione con gli operatori interessati, che siano gi state
poste in esecuzione o la cui esecuzione sia gi stata avviata. Tuttavia, al fine di adottare una siffatta
decisione:

questa autorit obbligata ad ascoltare gli operatori ai quali sono imposte misure del genere, salvo
quando lurgenza della situazione ambientale imponga unazione immediata da parte dellautorit
competente;

detta autorit tenuta parimenti ad invitare, in particolare, le persone sui cui terreni queste misure
devono essere poste in esecuzione a presentare le loro osservazioni, di cui essa deve tener conto, e

questa autorit deve tener conto dei criteri di cui al punto 1.3.1 dellallegato II alla direttiva 2004/35 e
indicare, nella sua decisione, le ragioni specifiche che motivino la sua scelta nonch, eventualmente, quelle
in grado di giustificare il fatto che non fosse necessario o possibile effettuare un esame circostanziato alla
luce dei detti criteri a causa, ad esempio, dellurgenza della situazione ambientale.
2)
In circostanze quali quelle di cui alle cause principali, la direttiva 2004/35 non osta a una normativa
nazionale la quale consenta allautorit competente di subordinare lesercizio del diritto degli operatori
destinatari di misure di riparazione ambientale allutilizzo dei loro terreni alla condizione che essi realizzino i
lavori imposti da queste ultime, e ci persino quando detti terreni non siano interessati da tali misure perch
sono gi stati oggetto di precedenti misure di bonifica o non sono mai stati inquinati. Tuttavia, una misura
siffatta devessere giustificata dallo scopo di impedire il peggioramento della situazione ambientale dove
dette misure sono poste in esecuzione oppure, in applicazione del principio di precauzione, dallo scopo di
prevenire il verificarsi o il ripetersi di altri danni ambientali nei detti terreni degli operatori, limitrofi allintero
litorale oggetto di dette misure di riparazione.
Firme

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=79749&pageIndex=0&doclang=it
&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=258
CONCLUSIONI DELLAVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 22 ottobre 2009 1(1)
Causa C-378/08
Raffinerie Mediterranee SpA (ERG),
Polimeri Europa SpA,
Syndial SpA
contro
Ministero dello Sviluppo Economico e a.
e
cause riunite C-379/08 e C-380/08
Raffinerie Mediterranee SpA (ERG)

33

Polimeri Europa SpA


Syndial SpA
contro
Ministero dello Sviluppo Economico e a.
[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia (Italia)]
Direttiva 2004/35/CE Sito di interesse nazionale di Priolo Applicabilit ratione temporis Responsabilit
per la riparazione di danni ambientali Principio chi inquina paga Misure per leliminazione di danni
ambientali Misure supplementari disposte dautorit Affidamento di appalti pubblici

I Introduzione
() (2)
1.
Questa frase attribuita al sapiente greco Archimede. Essa illustra la portata dei principi della leva da
lui formulati.
2.
Archimede viveva nella citt siciliana di Siracusa. Non lontano da questa si trova la Rada di Augusta,
una zona da molti anni gravemente inquinata da sostanze nocive. I tentativi di rimediare a tali danni
ambientali hanno fornito loccasione per le presenti domande di pronuncia pregiudiziale (3).
3.
Certo, non si tratta qui di trovare un punto dappoggio per spostare il mondo. Si pone per la
questione di quali siano i presupposti della responsabilit per danni ambientali, vale a dire, pi precisamente,
se possano essere chiamati a rispondere soltanto gli autori del danno oppure anche soggetti possessori di
terreni o esercenti unattivit industriale nella zona interessata.
4.
Nella causa nazionale allorigine del procedimento C-378/08 si sostiene infatti che le autorit
competenti hanno obbligato imprese operanti nella zona in questione al risanamento di danni ambientali,
senza prima verificare e dimostrare lesistenza di un nesso causale tra il comportamento di tali imprese ed il
danno, ovvero lesistenza di un dolo o di una colpa in capo ad esse.
5.
Il giudice del rinvio solleva tale questione segnatamente in riferimento alla direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilit ambientale in materia di
prevenzione e riparazione del danno ambientale (4) (in prosieguo: la direttiva sulla responsabilit
ambientale). Occorre per anzitutto chiarire in che misura tale direttiva assuma rilievo con riguardo a danni
che siano stati prevalentemente cagionati prima della sua entrata in vigore.
6.
Ulteriori questioni traggono origine dai provvedimenti che hanno imposto misure per la riparazione dei
danni. Le autorit competenti avrebbero ampiamente modificato, in un momento successivo, un progetto di
bonifica gi approvato, senza sentire in proposito le imprese interessate, senza svolgere alcuna istruttoria in
merito alle conseguenze di tali modifiche e senza motivare tale modo di procedere. Si chiede pertanto se ci
sia compatibile con la direttiva sulla responsabilit ambientale.
7.
Da ultimo viene sollevata una questione in materia di affidamento di appalti pubblici, con cui si chiede
in presenza di quali presupposti la pubblica amministrazione possa affidare appalti riguardanti la
progettazione e lesecuzione di interventi di bonifica senza esperire una pubblica procedura di gara.
II Contesto normativo
8.
I principi disciplinanti la politica ambientale della Comunit, e in particolare il principio chi inquina
paga, sono fissati allart. 174 CE nei seguenti termini:
La politica della Comunit in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della
diversit delle situazioni nelle varie regioni della Comunit. Essa fondata sui principi della precauzione e
dellazione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
allambiente, nonch sul principio chi inquina paga.
(...)
9.
Alla luce delle finalit stabilite al suo art. 1, la direttiva sulla responsabilit ambientale ispirata al
principio chi inquina paga:
La presente direttiva istituisce un quadro per la responsabilit ambientale, basato sul principio chi inquina
paga, per la prevenzione e la riparazione del danno ambientale.
10.
A norma del suo art. 3, n. 1, la direttiva si applica:
a)
al danno ambientale causato da una delle attivit professionali elencate nellallegato III e a qualsiasi
minaccia imminente di tale danno a seguito di una di dette attivit;
b)
al danno alle specie e agli habitat naturali protetti causato da una delle attivit professionali non
elencate nellallegato III e a qualsiasi minaccia imminente di tale danno a seguito di una di dette attivit, in
caso di comportamento doloso o colposo delloperatore.
11.
Lart. 4 stabilisce alcune eccezioni allapplicabilit della direttiva. Il n. 5 di tale articolo cos
formulato:

34

La presente direttiva si applica al danno ambientale o alla minaccia imminente di tale danno causati da
inquinamento di carattere diffuso unicamente quando sia possibile accertare un nesso causale tra il danno e
le attivit di singoli operatori.
12.
Per quanto riguarda i costi delle misure di riparazione, lart. 8, n. 1, stabilisce quanto segue:
Loperatore sostiene i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione adottate in conformit della presente
direttiva.
13.
La nozione di operatore viene definita allart. 2, punto 6, nei seguenti termini:
qualsiasi persona fisica o giuridica, sia essa pubblica o privata, che esercita o controlla unattivit
professionale oppure, quando la legislazione nazionale lo prevede, a cui stato delegato un potere
economico decisivo sul funzionamento tecnico di tale attivit, compresi il titolare del permesso o
dellautorizzazione a svolgere detta attivit o la persona che registra o notifica lattivit medesima.
14.
Lart. 16, n. 1, detta la seguente disciplina per lemanazione di norme pi rigorose da parte degli Stati
membri:
La presente direttiva non preclude agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni pi severe in
materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, comprese lindividuazione di altre attivit da
assoggettare agli obblighi di prevenzione e di riparazione previsti dalla presente direttiva e lindividuazione di
altri soggetti responsabili.
15.
Allart. 17, lapplicabilit ratione temporis della direttiva viene delimitata come segue:
La presente direttiva non si applica:

al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi prima della data di cui
allarticolo 19, paragrafo 1;

al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la data di cui allarticolo
19, paragrafo 1, se derivante da una specifica attivit posta in essere e terminata prima di detta data;

(...)
16.
Lart. 19, n. 1, fissa il termine di trasposizione:
Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi alla presente direttiva entro il 30 aprile 2007.
17.
La domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C-378/08 fa inoltre riferimento alla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure
di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (5), alla direttiva del Consiglio 14
giugno 1993, 93/37/CEE (6), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (7),
ed alla direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative relative allapplicazione delle procedure di ricorso in materia di
aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (8), tutte riguardanti la materia degli appalti
pubblici. Tuttavia, si pu soprassedere in questa sede alla riproduzione di singole disposizioni di tali direttive.
III Situazione di fatto e domande di pronuncia pregiudiziale
A Causa C-378/08
18.
Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nella causa C-378/08 si desume la situazione di
fatto illustrata qui di seguito.
19.
La zona della Rada di Augusta caratterizzata da fenomeni di inquinamento ambientale che hanno
avuto origine, presumibilmente, gi in epoche assai lontane, apparentemente non oltre limmediato
dopoguerra. In particolare, il fondale marino in tale zona risulta gravemente contaminato da sostanze nocive.
20.
Nel periodo nel corso del quale si presumibilmente prodotto linquinamento, nel sito della Rada di
Augusta hanno operato, in parallelo o luna di seguito allaltra, una pluralit di imprese industriali e
petrolifere. Secondo le considerazioni svolte dal giudice del rinvio, ci pu avere la conseguenza di rendere
impossibile il concreto accertamento di una responsabilit individuale di singole imprese per linquinamento.
21.
In una serie di decisioni succedutesi nel tempo, lamministrazione italiana ha imposto alle imprese
attualmente operanti nelle vicinanze della Rada di Augusta lobbligo di risanare il fondale marino
contaminato. Per il caso di inottemperanza alle decisioni adottate, lamministrazione ha minacciato le
imprese interessate che avrebbe fatto eseguire i lavori di bonifica con oneri e costi a loro carico.
22.
Le imprese chiamate a effettuare la bonifica esercitano attivit che comportano lutilizzo o la
preparazione di sostanze inquinanti per lambiente.
23.
Secondo le constatazioni del giudice del rinvio, lamministrazione ha obbligato le imprese operanti
nella Rada di Augusta a procedere al risanamento dei danni ambientali esistenti, senza distinguere tra
linquinamento pregresso e quello attuale e senza accertare in quale misura ciascuna impresa fosse
responsabile per il danno cagionato.
24.
Le suddette decisioni sono state impugnate da alcune delle imprese interessate. Prima di sottoporre
alla Corte le presenti domande di pronuncia pregiudiziale, il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia
aveva gi dichiarato illegittime, con una serie di sentenze, varie delle decisioni impugnate, tra laltro a motivo
della violazione del principio comunitario chi inquina paga. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Siciliana, in veste di giudice dappello, ha per giudicato legittimo il coinvolgimento delle imprese

35

insediate nella Rada di Augusta, sospendendo pertanto nellambito di un procedimento lesecuzione di una
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia.
25.
Nel giudizio amministrativo allorigine del procedimento C-378/08, varie imprese operanti nella Rada
di Augusta contestano una decisione adottata in data 20 dicembre 2007, la quale ha imposto loro lobbligo di
risanamento del fondale marino.
26.
La bonifica del fondale marino deve essere effettuata sulla base di un progetto predisposto dalla
Societ Sviluppo Italia Aree Produttive (in prosieguo: la Sviluppo Italia). Tale progetto prevede il dragaggio
dei sedimenti contaminati e il loro utilizzo, previo trattamento, ai fini della costruzione di unisola artificiale in
mare. Tale isola artificiale destinata a servire quale hub portuale per navi portacontainer di differenti
dimensioni.
27.
La Sviluppo Italia una societ costituita dallo Stato e operante sul mercato. Lamministrazione
italiana ha conferito alla Sviluppo Italia lincarico della progettazione e in caso di inerzia delle imprese
interessate della successiva realizzazione delle misure di risanamento controverse, senza previamente
procedere ad una pubblica gara. Secondo la valutazione del giudice nazionale, i lavori affidati sono di
elevatissimo valore economico.
28.
Le imprese ricorrenti oltre alla domanda di annullamento della decisione impugnata hanno
proposto in sede cautelare una domanda di sospensione dellesecuzione della decisione medesima.
29.
Nellambito del procedimento cautelare, il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia ha
sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
1)
Se il principio chi inquina paga (art. 174, ex art. 130 R, comma 2, del Trattato della Comunit
europea) nonch le disposizioni di cui alla direttiva 21 aprile 2004, 2004/35/CE, di cui in narrativa, ostino ad
una normativa nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre ad imprenditori privati per
il solo fatto che essi si trovino attualmente ad esercitare la propria attivit in una zona da lungo tempo
contaminata o limitrofa a quella storicamente contaminata lesecuzione di misure di riparazione a
prescindere dallo svolgimento di qualsiasi istruttoria in ordine allindividuazione del responsabile
dellinquinamento.
2)
Se il principio chi inquina paga (art. 174, ex art. 130 R, comma 2, del Trattato della Comunit
europea) nonch le disposizioni di cui alla direttiva 21 aprile 2004, 2004/35/CE, di cui in narrativa, ostino ad
una normativa nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di attribuire la responsabilit del
risarcimento del danno ambientale in forma specifica al soggetto titolare di diritti reali e/o esercente
unattivit imprenditoriale nel sito contaminato, senza la necessit di accertare previamente la sussistenza
del nesso causale tra la condotta del soggetto e levento di contaminazione, in virt del solo rapporto di
posizione nel quale egli stesso si trova (cio essendo egli un operatore la cui attivit sia volta allinterno
del sito).
3)
Se la normativa comunitaria di cui allart. 174 (ex art. 130 R, comma 2, del Trattato della Comunit
europea) nonch alla direttiva 21 aprile 2004, 2004/35/CE, osti ad una normativa nazionale che, superando
il principio chi inquina paga, consenta alla Pubblica Amministrazione di attribuire la responsabilit del
risarcimento del danno ambientale in forma specifica al soggetto titolare di diritti reali e/o dimpresa nel sito
contaminato, senza la necessit di accertare previamente la sussistenza, oltre che del nesso causale tra la
condotta del soggetto e levento di contaminazione, anche del requisito soggettivo del dolo o della colpa.
4)
Se i principi comunitari in materia di tutela della concorrenza di cui al Trattato costitutivo della
Comunit europea e le citate direttive n. 2004/18/CE, n. 93/37/CEE, n. 89/665/CEE, ostino ad una normativa
nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di affidare a soggetti privati (Societ Sviluppo S.p.A.
e Sviluppo Italia Aree Produttive S.p.A.) attivit di caratterizzazione, di progettazione ed esecuzione di
interventi di bonifica recte: di realizzazione di opere pubbliche su aree demaniali in via diretta, senza
esperire preliminarmente le necessarie procedure di evidenza pubblica.
B Cause riunite C-379/08 e C-380/08
30.
Tali procedimenti riguardano due misure disposte con decisione in data 16 aprile 2008 ai fini della
eliminazione dei danni.
31.
Pi precisamente, in primo luogo, le imprese ricorrenti sarebbero state obbligate a realizzare un
barrieramento fisico delle aree di loro propriet affacciantisi sulla Rada di Augusta. In secondo luogo,
lautorizzazione allutilizzo di superfici nella zona di bonifica sarebbe stata subordinata al risanamento dei
danni ambientali e alla creazione della detta barriera. Tali condizioni riguarderebbero anche superfici gi
bonificate o comunque non inquinate.
32.
Le imprese ricorrenti sostengono che tali provvedimenti modificano decisioni precedenti e sono stati
adottati senza contraddittorio, senza alcuna motivazione e senza che venisse effettuata unadeguata
istruttoria in ordine ai loro effetti.
33.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia sottopone pertanto alla Corte, nellambito del
procedimento cautelare dinanzi ad esso pendente, le seguenti questioni pregiudiziali:
1)
Se la direttiva comunitaria in materia di risarcimento per danno ambientale (direttiva 21 aprile 2004,
2004/35/CE, ed, in specie, larticolo 7 e lAllegato II ivi richiamato) osti ad una normativa nazionale che
consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre, quali ragionevoli opzioni di riparazione del danno

36

ambientale, interventi sulle matrici ambientali (costituiti, nella specie, dal confinamento fisico della falda
lungo tutto il fronte mare) diversi ed ulteriori rispetto a quelli prescelti allesito di una apposita istruttoria in
contraddittorio, gi approvati, realizzati e in corso di esecuzione.
2)
Se la direttiva comunitaria in materia di risarcimento per danno ambientale (direttiva 21 aprile 2004,
2004/35/CE, ed, in specie, larticolo 7 e lAllegato II ivi richiamato) osti ad una normativa nazionale che
consenta alla Pubblica Amministrazione di imporre, dAutorit, tali prescrizioni, ossia senza aver valutato le
condizioni sitospecifiche, i costi di attuazione in relazione ai benefici ragionevolmente prevedibili, i possibili o
probabili danni collaterali ed effetti avversi sulla salute e la sicurezza pubblica, i tempi necessari alla
realizzazione.
3)
Se, data la specificit della situazione che esiste nel S.I.N. di Priolo, la direttiva comunitaria in materia
di risarcimento per danno ambientale (direttiva 21 aprile 2004, 2004/35/CE, ed, in specie, larticolo 7 e
lAllegato II ivi richiamato) osti ad una normativa nazionale che consenta alla Pubblica Amministrazione di
imporre, dAutorit, tali prescrizioni, quali condizioni per lautorizzazione alluso legittimo di aree non
direttamente interessate alla bonifica, in quanto gi bonificate o comunque non inquinate, comprese nel
perimetro del Sito di Interesse Nazionale di Priolo.
IV Procedimento dinanzi alla Corte
34.
Alla fase scritta del procedimento hanno preso parte la Polimeri Europa S.p.A. e la Syndial S.p.A. (in
prosieguo congiuntamente denominate: la Polimeri e a.) mediante deposito di una memoria congiunta
nella causa C-378/08, nonch la ENI S.p.A., la Polimeri Europa S.p.A. e la Syndial S.p.A. (in prosieguo
congiuntamente denominate: lENI e a.) mediante deposito di una memoria congiunta nelle cause
C-379/08 e C-380/08, e altres la ERG Raffinerie Mediterranee S.p.A. (in prosieguo: la ERG), tutte in
veste di ricorrenti nelle cause principali; sono altres intervenute con proprie osservazioni la Repubblica
italiana e la Commissione delle Comunit europea. Il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica ellenica hanno
presentato osservazioni scritte nella causa C-378/08.
35.
Alludienza di trattazione congiunta di tutte le tre cause, svoltasi il 15 settembre 2009, hanno preso
parte, in qualit di parti delle cause principali, la Polimeri e a., lENI e a., la ERG e la Sviluppo Italia, nonch
la Repubblica italiana, la Repubblica ellenica, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione.
V Analisi giuridica
A Sulla ricevibilit delle domande di pronuncia pregiudiziale
36.
Dedicher anzitutto alcune brevi osservazioni generali alle obiezioni sollevate dalla Repubblica
italiana contro la ricevibilit delle domande di pronuncia pregiudiziale. In caso di specifiche perplessit
riguardanti la ricevibilit di singole questioni, proceder al loro esame nellambito della valutazione riservata
alle questioni stesse.
1.
Sulla finalit e sulloggetto delle domande di pronuncia pregiudiziale
37.
Il governo italiano sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale principalmente intesa a
ottenere una conferma dellinterpretazione delle norme interne operata dal giudice del rinvio in senso
difforme da quella del giudice dappello, e dunque persegue una finalit non prevista dallart. 234 CE.
38.
certo vero che il procedimento previsto dallart. 234 CE pu avere ad oggetto soltanto
linterpretazione del diritto comunitario oppure la validit del diritto derivato (9). Tuttavia, le presenti domande
sono dirette espressamente ad ottenere linterpretazione di norme comunitarie di diritto primario e
secondario. Pertanto, le asserzioni del governo italiano sono prive di qualsiasi fondamento.
39.
Alla domanda di pronuncia pregiudiziale non osta neppure la difformit rispetto allinterpretazione del
giudice dappello. Il rinvio pregiudiziale serve infatti a risolvere dubbi riguardanti linterpretazione del diritto
comunitario (10). Eventuali differenze di opinione tra organi giurisdizionali in ordine alle questioni di diritto
comunitario costituiscono elementi che depongono a favore dellautenticit dei dubbi sollevati con la
domanda di pronuncia pregiudiziale.
2.
Sul contenuto delle domande di pronuncia pregiudiziale
40.
Oltre ai rilievi sopra formulati, il governo italiano reputa le questioni sollevate eccessivamente
dettagliate e contesta al tempo stesso lesposizione dei fatti in quanto inesatta e tendenziosa.
41.
La questione se determinati quesiti siano eccessivamente dettagliati pu assumere rilievo ai fini della
ricevibilit di una domanda di pronuncia pregiudiziale soltanto nella misura in cui la Corte non legittimata,
nellambito della procedura prevista dallart. 234 CE, ad applicare norme di diritto comunitario al singolo
caso (11). Tuttavia, nella specie, occorre interpretare unicamente disposizioni di diritto comunitario in
riferimento alle circostanze del caso specifico. Lapplicazione delle norme al singolo caso resta di
competenza del giudice nazionale.
42.
Nellambito del procedimento di rinvio giudiziale, la Corte non tenuta a verificare lesattezza delle
circostanze riferite dal giudice del rinvio (12). Laccertamento dei fatti invece riservato ai competenti giudici
nazionali.
43.
Pertanto, le eccezioni sollevate dalla Repubblica italiana in merito alla ricevibilit delle domande di
pronuncia pregiudiziale non meritano accoglimento.
B Sulle prime tre questioni pregiudiziali nella causa C-378/08

37

44.
Le prime tre questioni nella causa C-378/08 mirano a chiarire se sia compatibile con il principio chi
inquina paga sancito dallart. 174 CE e con la direttiva sulla responsabilit ambientale il fatto di addossare
la responsabilit per la riparazione di danni ambientali a determinati soggetti a motivo della loro attivit
imprenditoriale o della loro qualit di proprietari di terreni, e ci indipendentemente da un eventuale
contributo causale allevento o dalla sussistenza di un dolo o di una colpa.
45.
La domanda di pronuncia pregiudiziale menziona invero lart. 174 CE, ma tale norma non necessita di
un esame separato. Essa si limita a enunciare gli obiettivi generali della Comunit in materia di ambiente, cui
il legislatore comunitario deve dare attuazione prima che essi possano spiegare effetti vincolanti per gli Stati
membri (13). Pertanto, lart. 174 CE non costituisce un parametro per valutare lapplicabilit di norme interne
in materia di responsabilit.
46.
Per contro, non si pu escludere che la direttiva sulla responsabilit ambientale osti a norme nazionali
in materia di responsabilit. Nellinterpretare tale direttiva assumono rilievo, in particolare, lart. 174 CE e il
principio chi inquina paga sancito da questa norma, dal momento che la direttiva suddetta d attuazione ai
principi guida della Comunit in materia di politica ambientale.
47.
Ladozione di una disciplina in materia di responsabilit quale quella vigente in Italia, descritta nella
domanda di pronuncia pregiudiziale, non risulta n imposta n espressamente vietata dalla direttiva sulla
responsabilit ambientale. Vero piuttosto che, ai sensi dellart. 16 di tale direttiva, gli Stati membri possono
mantenere o adottare disposizioni pi severe in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale,
compresa lindividuazione di ulteriori soggetti responsabili.
48.
Lart. 16 della direttiva sulla responsabilit ambientale riprende lart. 176 CE. In base a tale norma del
Trattato, i provvedimenti adottati sulla base dellart. 175 CE vale a dire le normative comunitarie in materia
puramente giuridico-ambientale (14), come la direttiva sulla responsabilit ambientale non impediscono ai
singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione rafforzata.
49.
Secondo la Corte, una misura nazionale di protezione rafforzata ai sensi dellart. 176 CE deve
perseguire un orientamento di protezione ambientale identico a quello della direttiva che viene in
questione (15), ovvero essere a questa conforme (16). Eventuali misure che non soddisfino tali requisiti si
pongono in contrasto con la direttiva oppure riguardano questioni da questa non disciplinate.
50.
Sarebbe incompatibile con lefficacia giuridica vincolante del diritto comunitario leventualit che gli
Stati membri potessero adottare misure contrastanti con la direttiva. La direttiva osta a misure siffatte.
51.
Per contro, il richiamo allart. 176 CE escluso qualora la misura nazionale riguardi una questione
non disciplinata dalla direttiva. La nozione di misure di protezione rafforzata presuppone dal punto di vista
logico un raffronto. Costituisce presupposto di eventuali provvedimenti per una protezione ancora
maggiore il fatto che nel diritto comunitario esista una misura potenzialmente meno incisiva. Qualora una
misura siffatta non esista, non pu neppure esistere una misura di protezione rafforzata. Poich per lo
Stato membro, in assenza di pertinenti disposizioni comunitarie, esercita unicamente le competenze sue
proprie, le disposizioni della Comunit in materia strettamente giuridico-ambientale non possono in tal caso
ostare allefficacia di normative nazionali. Se e in che misura altre disposizioni comunitarie ostino a eventuali
misure nazionali non materia disciplinata dallart. 176 CE.
52.
Le considerazioni sopra svolte devono aver valore non soltanto per le misure di protezione rafforzata
di cui allart. 176 CE, ma anche per le disposizioni pi severe consentite dallart. 16 della direttiva sulla
responsabilit ambientale.
1.
Sullapplicabilit della direttiva sulla responsabilit ambientale
53.
Alla luce di quanto sopra esposto, la direttiva sulla responsabilit ambientale pu fungere soltanto da
termine di raffronto per misure pi severe, se ed in quanto essa sia applicabile. Tuttavia, viene posta in
dubbio la sua applicabilit alle cause principali tanto ratione temporis quanto ratione materiae.
a)
Sullambito di applicazione ratione temporis della direttiva sulla responsabilit ambientale
54.
Ai sensi degli artt. 17 e 19, n. 1, della direttiva sulla responsabilit ambientale, questa non si applica
al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi prima del 30 aprile 2007. Del pari,
essa non trova applicazione al danno causato da unemissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la
data suddetta, se derivante da una specifica attivit posta in essere e terminata prima di tale data.
55.
Per tale motivo, il governo italiano e quello olandese nonch la Commissione esprimono nelle loro
osservazioni dei dubbi quanto allapplicabilit della direttiva ratione temporis. Essi partono dal presupposto
che i danni ambientali da risanare si siano tutti prodotti prima del 30 aprile 2007. Ove tale presupposto sia
corretto, occorre aderire alla tesi dei governi suddetti.
56.
Il governo olandese sottolinea giustamente che la decisione impugnata nella causa principale si basa
tra laltro sulle risultanze di unindagine che erano state presentate gi nellaprile 2007, ossia prima della
data di riferimento. Per il resto, secondo la scarna descrizione dei danni ambientali contenuta nella domanda
di pronuncia pregiudiziale, il sito della Rada di Augusta caratterizzato da fenomeni di inquinamento che
hanno avuto origine, presumibilmente, in epoca alquanto risalente (17).
57.
Le attivit che si suppongono quale causa determinante del danno sembra per che vengano
esercitate ancor oggi. Ne desumo che, secondo lattuale valutazione del giudice del rinvio, i danni ambientali
da risanare hanno carattere cumulativo e si sono prodotti in gran parte gi prima del 30 aprile 2007, senza

38

per che ci escluda un ulteriore inquinamento in un momento successivo. Non spetta alla Corte verificare,
nellambito del procedimento pregiudiziale, se questa sia la realt dei fatti (18). Laccertamento degli stessi
riservato piuttosto ai competenti giudici nazionali.
58.
Il tenore letterale dellart. 17, primo e secondo trattino, della direttiva sulla responsabilit ambientale,
nonch leconomia sistematica della stessa, mostrano come questa, in una simile fattispecie caratterizzata
da danni cumulativi, sia applicabile alla parte di danno prodottasi o che rischia di prodursi dopo la data del
30 aprile 2007.
59.
Ai sensi dellart. 17, primo trattino, della direttiva sulla responsabilit ambientale, lapplicazione di
questultima esclusa per quanto riguarda i danni cagionati prima della suddetta data di riferimento (danni
pregressi).
60.
Inoltre, lart. 17, secondo trattino, della detta direttiva esclude i danni causati da unemissione, un
evento o un incidente verificatosi dopo la data di riferimento, se derivanti da una specifica attivit posta in
essere e terminata prima di tale data.
61.
Il caso tipico in cui viene applicata questa seconda disposizione presumibilmente soprattutto quello
in cui inquinamenti di vecchia data causino danni nuovi, ad esempio qualora sostanze nocive fuoriescano da
una discarica di rifiuti inquinando acque adiacenti. Anche tale forma di diffusione di sostanze dannose pu
essere considerata quale emissione (19). Nellordinamento tedesco, nel settore della responsabilit civile,
per designare questo tipo di danno stata sviluppata la nozione figurata di propagazione
[Weiterfressen] (20).
62.
Lart. 17, primo e secondo trattino, della direttiva sulla responsabilit ambientale inteso ad escludere
unapplicazione retroattiva di questultima. Tale finalit stata perseguita dalla Commissione gi durante i
lavori preparatori della direttiva (21). Il trentesimo considerando di questultima recepisce lidea, affermando
che essa non dovrebbe applicarsi ai danni cagionati prima della scadenza del termine per la sua
trasposizione.
63.
Lesclusione di unefficacia retroattiva trova il proprio fondamento nel principio della certezza del
diritto, il quale vieta in generale di fissare linizio della validit di un atto giuridico comunitario ad una data
precedente la pubblicazione di questultimo. A tale principio pu derogarsi eccezionalmente soltanto nel
caso in cui lo richieda lobiettivo perseguito e venga tenuto debito conto del legittimo affidamento degli
interessati (22). Tuttavia, il legislatore ha esplicitamente mostrato di non voler attribuire alla direttiva sulla
responsabilit ambientale una siffatta efficacia retroattiva.
64.
Daltra parte, una nuova norma pu applicarsi immediatamente agli effetti futuri di situazioni sorte in
momento precedente (23). La sfera di applicazione del principio della tutela del legittimo affidamento non
pu infatti essere estesa fino ad impedire, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di
situazioni sorte in precedenza (24).
65.
Letto in questottica, lart. 17, primo trattino, della direttiva sulla responsabilit ambientale qualifica i
danni prodottisi prima del 30 aprile 2007 come fatti esauriti, che non possono pi ricadere sotto la direttiva
stessa.
66.
Contrariamente a quanto affermato dal governo greco nella fase scritta del procedimento, tale
conclusione vale anche nel caso in cui lattivit allorigine del danno abbia s avuto origine prima della data di
riferimento, ma sia stata proseguita anche successivamente. Tale ipotesi non invero contemplata
dallart. 17, secondo trattino, della direttiva sulla responsabilit ambientale, in quanto ai sensi di tale
disposizione lattivit deve essere stata terminata prima del 30 aprile 2007. Tuttavia, il primo trattino
dellarticolo suddetto idoneo a escludere tali attivit dallambito di applicazione della direttiva nei limiti in cui
esse abbiano avuto luogo prima della data suddetta.
67.
Per contro, come giustamente chiarito dalla Commissione, la direttiva sulla responsabilit ambientale
deve trovare applicazione nel caso in cui unattivit portata a prosecuzione determini linsorgenza di danni
nuovi. Tale conclusione si impone gi in virt della necessit di dare attuazione allobbligo, sancito dallart. 5,
di prevenire i danni allambiente. Oltre al principio chi inquina paga, tale disciplina concretizza due ulteriori
principi comunitari di diritto dellambiente sanciti dallart. 174, n. 2, CE: il principio dellazione preventiva e
quello della correzione alla fonte dei danni causati allambiente.
68.
La circostanza che unattivit sia iniziata gi prima dellentrata in vigore della direttiva sulla
responsabilit ambientale non pu costituire un ostacolo allobbligo di prevenzione dei danni. Se, ad
esempio, un impianto in condizioni di normale esercizio cagiona da lungo tempo danni allambiente, la
direttiva impone in linea di principio di attivarsi, a partire dal 30 aprile 2007, per prevenirli.
69.
Nel presente caso non si pu escludere, in particolare, che lingiunzione controversa nelle cause
C-379/08 e C-380/08 di erigere una barriera fisica serva anche alla prevenzione di futuri danni allambiente
derivanti dalla prosecuzione dellattivit degli impianti. Lidoneit di tale misura a conseguire lo scopo dovr
eventualmente essere accertata dai competenti giudici nazionali.
70.
Lattuazione dellobbligo di prevenzione implica allo stesso tempo lobbligo di sanare eventuali danni
che, sebbene dovessero essere evitati, si siano nondimeno prodotti. Di conseguenza, ai sensi della direttiva
sulla responsabilit ambientale, vanno sanati i danni cagionati, a partire dalla data di riferimento, per effetto
di attivit portate a prosecuzione. Tuttavia, lart. 8, n. 4, consente di esentare loperatore dai relativi costi se

39

ed in quanto tali attivit da lui realizzate siano conformi alle norme vigenti e/o allo stato delle conoscenze
tecnico-scientifiche.
71.
In effetti, in caso di danni cumulativi, potr essere difficile in pratica distinguere tra danni nuovi e
danni pregressi. Tuttavia, il problema della causazione cumulativa del danno noto ad altri settori
dellordinamento riguardanti la responsabilit per danni, e non affatto insolubile. Al riguardo, lart. 9 della
direttiva sulla responsabilit ambientale consente agli Stati membri ampi margini di manovra, in quanto
chiarisce che la direttiva lascia impregiudicata qualsiasi disposizione del diritto nazionale riguardante
limputazione dei costi nel caso di pluralit di autori del danno. Tra costoro possibile ricomprendere anche
quegli operatori che, in quanto responsabili di danni pregressi, non ricadono nella sfera di applicazione della
direttiva, ma vi rientrano invece ove abbiano cagionato danni nuovi.
72.
Resta dunque da chiarire se gli elementi di danno di nuova formazione prodottisi per propagazione di
danni pregressi ricadano sotto limpero della direttiva sulla responsabilit ambientale nel caso in cui venga
proseguita lattivit che ne costituisce la causa.
73.
Una soluzione affermativa di tale questione potrebbe trovare sostegno nel tenore letterale dellart. 17,
secondo trattino, della direttiva sulla responsabilit ambientale, in quanto lattivit causativa non terminata,
bens viene proseguita. La continuazione di tale attivit e laggravarsi di danni pregressi sarebbero indici di
una situazione di fatto non ancora esaurita, la quale riceve una nuova disciplina per il futuro. Al tempo stesso
si garantirebbe che in avvenire simili danni per propagazione vengano circoscritti conformemente alle
prescrizioni della direttiva.
74.
Tuttavia, gli effetti della direttiva verrebbero indirettamente estesi ad attivit esercitate prima
dellacquisto di efficacia della stessa. Questo proprio ci che le disposizioni disciplinanti lapplicazione
ratione temporis della direttiva mirano ad evitare.
75.
Lobbligo di prevenire i danni allambiente non porta ad un diverso risultato. La prevenzione dei danni
ambientali nellesercizio di unattivit presenta una natura totalmente differente rispetto allimpedimento della
propagazione dei danni pregressi. Le misure per impedire la propagazione degli effetti dannosi difficilmente
possono essere considerate come prevenzione o correzione alla fonte di danni causati allambiente. Esse
spesso si apparenteranno ad un risanamento dei danni pregressi. Tuttavia, la direttiva sulla responsabilit
ambientale non istituisce proprio un simile obbligo a carico delloperatore. La prevenzione di nuovi danni
futuri nellesercizio di unattivit si ricollega al contrario proprio allattivit stessa. Lesplicito obiettivo della
direttiva che tale attivit in futuro non cagioni pi danni.
76.
Pertanto, la direttiva sulla responsabilit ambientale non si applica ai danni allambiente che siano
stati causati da attivit realizzate prima del 30 aprile 2007. Essa dunque non osta a norme nazionali
disciplinanti la riparazione di tali danni.
b)
Sullapplicabilit ratione materiae della direttiva sulla responsabilit ambientale
77.
La Commissione formula poi dei dubbi quanto allapplicabilit ratione materiae della direttiva sulla
responsabilit ambientale alla fattispecie oggetto dei procedimenti principali. Tali dubbi si fondano sul fatto
che, secondo la valutazione del giudice nazionale, potrebbe risultare impossibile accertare le responsabilit
individuali a motivo della pluralit di imprese che hanno operato nella Rada di Augusta.
78.
Ai sensi del suo art. 4, n. 5, la direttiva sulla responsabilit ambientale si applica al danno ambientale
causato da inquinamento a carattere diffuso unicamente quando sia possibile accertare un nesso causale
tra il danno stesso e le attivit di singoli operatori.
79.
Tale disposizione costituisce una delle eccezioni previste allapplicazione della direttiva. Tuttavia, si
tratta in realt pi che altro di una precisazione della portata delle regole generali riguardanti lapplicazione
della direttiva dettate dallart. 3, n. 1. Ai sensi di tale disposizione, la direttiva si applica ai danni ambientali
causati dallesercizio di attivit professionali. Lart. 4, n. 5, chiarisce che sono compresi anche i danni causati
da inquinamento a carattere diffuso. Tale inquinamento non costituisce pertanto, in linea di principio, un
ostacolo applicativo fintanto che sia accertabile il necessario nesso causale.
80.
Lart. 4, n. 5, della direttiva sulla responsabilit ambientale fondato sullidea secondo cui pu essere
in pratica particolarmente difficile, dinanzi ad inquinamenti a carattere diffuso, fornire la prova di una
concreta condotta causativa. Ci quanto mostrano gli esempi che si presentavano agli occhi della
Commissione allepoca dei lavori preparatori della normativa: variazioni climatiche indotte dalle emissioni di
diossido di carbonio e di altre sostanze, distruzione delle foreste determinata dalle piogge acide e
inquinamento dellaria collegato al traffico (25). Tuttavia, ci non modifica lambito di applicazione ratione
materiae della direttiva.
81.
Occorre tuttavia interpretare restrittivamente il presupposto di applicabilit della direttiva sulla
responsabilit ambientale stabilito dal suo art. 3, n. 1, secondo cui il danno ambientale di cui trattasi deve
essere stato causato da unattivit professionale. Infatti, la direttiva prevede anche laccertamento delle
cause dellevento dannoso. Ai sensi dellart. 11, n. 2, spetta allautorit competente individuare loperatore
che ha causato il danno o la minaccia imminente di danno. Inoltre, gli artt. 5, n. 4, 6, n. 3, e 8, n. 2, secondo
comma, consentono ladozione di particolari misure nel caso in cui lautore non possa essere individuato.
Tali disposizioni, che verranno qui di seguito analizzate pi in dettaglio (26), verrebbero svuotate di
significato qualora la direttiva non fosse applicabile fintanto che non consti la causa del danno.

40

82.
Pertanto, giustamente la causazione di un danno a motivo dellesercizio di unattivit professionale
costituisce il presupposto primario di uneventuale responsabilit per danni ambientali ai sensi delle direttiva.
Altre disposizioni di questultima possono per contro essere applicabili malgrado che non consti (ancora) che
i danni ambientali di cui si discute sono stati causati da unattivit siffatta.
c)
Sulla responsabilit ai sensi della direttiva sulla responsabilit ambientale
83.
Qualora alla fattispecie di cui alle cause principali sia applicabile la direttiva sulla responsabilit
ambientale, dalla disciplina da questa dettata in materia di responsabilit per la riparazione di danni
ambientali derivano eventuali effetti preclusivi a carico del diritto nazionale alla luce del principio chi inquina
paga.
84.
Ai sensi dellart. 174, n. 2, CE, il principio chi inquina paga costituisce un fondamento della politica
comunitaria in materia di ambiente. Lart. 1 e il secondo considerando della direttiva sulla responsabilit
ambientale enunciano in tal senso che la prevenzione e la riparazione dei danni allambiente devono ispirarsi
a tale principio. Pertanto, questultimo il principio guida della direttiva.
85.
Il termine Verursacherprinzip [letteralmente: principio del soggetto causatore - NdT], con cui
viene designato in tedesco il principio chi inquina paga, mira a stabilire che colui che ha provocato un
inquinamento responsabile per la sua eliminazione. Altre versioni linguistiche, nelle quali si afferma
espressamente che linquinatore pagatore (polluter-pays principle, principe du pollueur-payeur),
evidenziano come il principio chi inquina paga sia un principio disciplinante la ripartizione dei costi (27).
Non la societ, e neppure i terzi, bens linquinatore il soggetto tenuto a sopportare le spese per eliminare
un inquinamento. La conseguenza che si verifica una internalizzazione dei costi ambientali, vale a dire
questi ultimi vengono inglobati nei costi di produzione dellimpresa inquinatrice (28).
86.
Ci costituisce un incitamento per potenziali autori di danni allambiente a prevenire gli inquinamenti
ambientali (29). Oltre alla funzione intesa allequa ripartizione dei costi, il principio chi inquina paga svolge
dunque anche una funzione di stimolo e contribuisce al principio dellazione preventiva (30).
87.
La direttiva sulla responsabilit ambientale d attuazione al principio chi inquina paga, in
particolare obbligando loperatore responsabile alla riparazione del danno, ai sensi dellart. 6, e disponendo,
allart. 8, n. 1, che loperatore sostiene i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione adottate in
conformit della direttiva medesima. Ai sensi dellart. 2, punto 6, loperatore colui che sopporta la
responsabilit per lattivit che ha cagionato il danno. Egli il soggetto che, in linea di principio, si trova nella
migliore posizione per prevenire danni allambiente derivanti dalla sua attivit.
88.
possibile che nella pratica emerga il bisogno di ulteriori norme per disciplinare lipotesi di danni
arrecati a terreni di propriet di terzi. La direttiva prevede il coinvolgimento di tali proprietari disponendo,
allart. 7, n. 4, che essi vengano sentiti. Da ci tuttavia non possibile desumere che il soggetto obbligato
alla riparazione del danno possa senzaltro adottare misure riguardanti immobili di propriet di terzi.
89.
Del resto, la direttiva sulla responsabilit ambientale, ai sensi del suo art. 3, n. 1, stabilisce una
responsabilit che non riguarda tutti i danni ambientali, e distingue inoltre, nellambito di tale responsabilit,
tra varie categorie di danni.
90.
Sono ricompresi, da un lato, i danni ambientali causati da una delle attivit professionali elencate
nellallegato III [art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva sulla responsabilit ambientale]. Lallegato III elenca varie
attivit che, ai sensi di altre disposizioni della normativa comunitaria sullambiente, sono connesse con
particolari rischi ambientali. Nel presente caso potrebbero ad esempio trovare applicazione il punto 1 e/o il
punto 7 del detto allegato, riguardanti il funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione conformemente
alla direttiva 96/61 (31), ovvero la fabbricazione, luso, lo stoccaggio, il trattamento, linterramento, il rilascio
nellambiente e il trasporto sul sito di determinate sostanze pericolose.
91.
Oltre a ci, lart. 3, n. 1, lett. b), della direttiva sulla responsabilit ambientale prevede una
responsabilit per il danno arrecato nellesercizio di attivit diverse da quelle sopra indicate, con dolo o
colpa, alle specie e agli habitat naturali protetti ai sensi degli artt. 6, n. 3, e 4 ovvero 16 della direttiva sugli
habitat naturali (32) oppure dellart. 9 della direttiva sugli uccelli (33). Tuttavia, non stato indicato o addotto
alcun elemento che suggerisca lesistenza di danni di questo tipo.
92.
Poich la responsabilit per il danneggiamento di specie o habitat naturali protetti viene
espressamente subordinata allesistenza di un comportamento doloso o colposo, se ne desume, con
ragionamento a contrario, che la responsabilit per danni derivanti da attivit comprese tra quelle descritte
nellallegato III sorge in linea di principio indipendentemente dallesistenza di un dolo o di una colpa. Tale
circostanza risulta confermata dalla facolt che lart. 8, n. 4, offre agli Stati membri di prevedere
unesenzione dai costi di riparazione del danno nel caso in cui loperatore abbia agito senza dolo o
colpa e lattivit allorigine del danno fosse autorizzata o sia stata realizzata in conformit delle conoscenze
tecnico-scientifiche disponibili. Il rigoroso criterio di responsabilit svincolato dallesistenza di un dolo o di
una colpa corrisponde ai rischi particolari per lambiente di cui si accetta linsorgere nellesercizio delle
attivit di cui si discute, per loro natura fonte di potenziali danni.
93.
In entrambi i casi, una responsabilit ex art. 3, n. 1, della direttiva sulla responsabilit ambientale
presuppone quantomeno che i danni siano stati cagionati dalle attivit previste alle lettere a) e b) di tale
disposizione. Ai sensi dellart. 11, n. 2, spetta alle competenti autorit nazionali individuare loperatore che

41

ha causato il danno. Indipendentemente da tale accertamento, loperatore obbligato, in forza degli art. 5-7,
ad attivarsi per prevenire danni allambiente, a provvedere eventualmente alla loro riparazione e a informare
gli organi competenti. Tale responsabilit subisce un temperamento, in virt del disposto dellart. 8, n. 3,
qualora loperatore dimostri che il danno stato causato da terzi o che esso conseguenza di un ordine
delle autorit.
94.
Pertanto, la direttiva sulla responsabilit ambientale intesa a concretizzare in una forma determinata
il principio chi inquina paga. In linea di massima, gli operatori sono tenuti a sopportare i costi dei danni
allambiente da essi cagionati. Tale imputazione di costi costituisce uno stimolo affinch gli operatori si
adoperino per prevenire i danni allambiente. Essa corrisponde ad equit nella misura in cui gli operatori,
specialmente in caso di responsabilit svincolata dalla colpevolezza, esercitano unattivit potenzialmente
pericolosa e di norma beneficiano anche dei vantaggi economici da questa derivanti.
95.
Per contro, finch gli autori del danno restano ignoti, la direttiva non impone alcun obbligo di
riparazione del danno. Poich questa la situazione che risulta dalle domande di pronuncia pregiudiziale
nella fattispecie oggetto delle cause principali, occorre ritenere che i controversi ordini dellautorit volti al
risanamento del danno non possano configurare unapplicazione della direttiva sulla responsabilit
ambientale.
d)
Sulla responsabilit svincolata dalla causazione del danno
96.
Con la seconda questione nella causa C-378/08, il giudice del rinvio desidera sapere se sia
consentito attribuire la responsabilit della riparazione del danno ambientale al soggetto titolare di diritti reali
e/o esercente unattivit imprenditoriale nel sito contaminato. Il giudice nazionale precisa tale questione
aggiungendo che la responsabilit viene addossata in virt del solo rapporto di posizione nel quale tale
soggetto si trova (ad esempio perch si tratta di un operatore che svolge la propria attivit allinterno del
sito). Secondo il detto giudice, in tale contesto non viene richiesta la prova dellesistenza di un nesso
causale tra il comportamento del soggetto di cui trattasi e linquinamento verificatosi.
97.
La Commissione sostiene la tesi secondo cui una responsabilit di questo tipo ammissibile in
quanto misura pi severa ai sensi dellart. 176 CE e dellart. 16 della direttiva sulla responsabilit
ambientale.
98.
Non mi sento di sottoscrivere incondizionatamente tale posizione. Infatti, una responsabilit
svincolata da un contributo alla causazione del danno non corrisponderebbe allorientamento della direttiva
sulla responsabilit ambientale e non sarebbe neppure conforme a questultima, qualora essa avesse
leffetto di attenuare la responsabilit del soggetto effettivamente responsabile, in forza della direttiva stessa,
per i danni ambientali. Infatti, la direttiva costituisce proprio per loperatore responsabile un incitamento ad
attivarsi per la prevenzione dei danni allambiente e stabilisce che egli debba sopportare le spese per la
riparazione dei danni che dovessero comunque verificarsi.
99.
La questione dei presupposti per un esonero delloperatore autore del danno dal pagamento dei costi
di risanamento viene disciplinata, in particolare, allart. 8 della direttiva sulla responsabilit ambientale.
Eventuali pi ampie fattispecie di esenzione dal pagamento dei costi minerebbero con ogni probabilit
lattuazione del principio chi inquina paga perseguita dalla direttiva. Esse attenuerebbero leffetto di
stimolo associato alla responsabilit prevista e modificherebbero la ripartizione dei costi giudicata equa dal
legislatore comunitario.
100. Tuttavia, gi lart. 16, n. 1, della direttiva sulla responsabilit ambientale mostra come loperatore autore
del danno possa non essere lunico soggetto responsabile. Tale disposizione consente espressamente agli
Stati membri di individuare ulteriori soggetti responsabili.
101. Lammissibilit di norme sussidiarie in materia di responsabilit viene inoltre esplicitata dagli artt. 5,
n. 4, 6, n. 3, e 8, n. 2, secondo comma, della direttiva sulla responsabilit ambientale. In base a tali
disposizioni, lautorit competente ha facolt di adottare essa stessa ed eventualmente a proprie spese
misure di riparazione o prevenzione, nel caso in cui loperatore autore del danno non possa essere
individuato. Tale disciplina, inizialmente non prevista nella proposta della Commissione, stata inserita dal
Consiglio nel testo definitivo su richiesta di vari Stati membri (34).
102. Se non si vuole svuotare di significato la responsabilit a titolo prioritario delloperatore che ha causato
il danno, lart. 16, n. 1, della direttiva sulla responsabilit ambientale non deve essere interpretato nel senso
che gli Stati membri possano individuare altri (35) soggetti responsabili destinati a subentrare al predetto. Va
respinta altres lipotesi di individuare ulteriori (36) soggetti responsabili chiamati a rispondere insieme e a
pari titolo con lautore in modo tale da diminuire la responsabilit di questultimo.
103. Sarebbe inoltre discutibile chiamare a rispondere in prima battuta e senza necessit un altro soggetto, il
quale sarebbe poi obbligato a rivalersi delle spese sostenute sulloperatore responsabile. Lart. 8, n. 3, della
direttiva sulla responsabilit ambientale sembra invero evocare tale possibilit, prevedendo che gli Stati
membri debbano prevedere il rimborso delle spese sostenute dalloperatore per la riparazione del danno
qualora questi dimostri che tale danno stato causato da terzi ovvero a motivo di ordini impartiti dallautorit.
Tuttavia, ci si spiega con il fatto che loperatore di norma si trova nella miglior posizione per riparare i danni
allambiente, dal momento che la fonte di danno e almeno i terreni inizialmente interessati dal medesimo si

42

trovano nella sua sfera di disponibilit. Al contrario, altri soggetti responsabili dellevento possono essere per
lo pi chiamati in causa soltanto per le spese.
104. necessario piuttosto che la responsabilit di ulteriori soggetti abbia carattere sussidiario. Essa pu
intervenire soltanto nel caso in cui non sia possibile chiamare in causa alcun operatore autore del danno.
105. Rispettando tale limite, gli Stati membri possono tanto concretizzare il principio chi inquina paga in
una forma diversa da quella prevista dalla direttiva sulla responsabilit ambientale [in proposito, v. infra,
sub i)], quanto sviluppare regole di responsabilit operanti a prescindere da un contributo alla causazione
del danno [in proposito, v. infra, sub ii)].
i)
Modelli sussidiari di responsabilit fondati sul principio chi inquina paga
106. Appare logico che la prima soluzione consista nellindividuare soggetti responsabili in via sussidiaria
proprio in base al principio chi inquina paga. In virt della possibile complessit dei fattori causali di danni
ambientali, sussiste al riguardo un ampio margine di scelta tanto per gli Stati membri quanto per la
Comunit (37). Il margine di manovra della Comunit non viene esaurito dalla direttiva sulla responsabilit
ambientale. Questultima chiama in causa soltanto loperatore responsabile quale autore dellevento
dannoso, ma lascia agli Stati membri la facolt di coinvolgere come responsabili anche altri soggetti che
abbiano causato il danno. Lart. 16, n. 1, menziona a titolo di esempio linclusione di ulteriori attivit quali
possibili fonti di obblighi.
107. Nella specie, oltre alla soluzione di cui sopra, si potrebbe pensare, ad esempio, alleventuale
coinvolgimento come responsabile dellevento dannoso, indipendentemente dallesercizio di unattivit
professionale, del proprietario o dellutilizzatore di un terreno che, per lo stato in cui versi, causi ad
esempio mediante propagazione danni allambiente. Questo perch la causa del danno si trova nella sfera
di disponibilit di tale soggetto e pu essere eliminata soltanto con la sua collaborazione. Pertanto, non
comporterebbe alcun conflitto con il principio chi inquina paga il fatto di chiamare a rispondere per tale
danno il proprietario o lutilizzatore del terreno.
108. Non sarebbe in contrasto con il detto principio neppure il fatto di considerare responsabile anche il
soggetto giuridico succeduto allautore dellevento dannoso, quanto meno ogni volta che non possa pi
essere chiamato in causa il responsabile originario.
109. Inoltre, una responsabilit per i costi corrisponde in linea di massima al principio chi inquina paga
anche nel caso in cui sia possibile accertare lesistenza di un contributo alla causazione del danno, ma non
lentit di tale contributo. Infatti, nella pratica sar spesso difficile o addirittura impossibile quantificare
esattamente il contributo causale di singoli soggetti a determinati danni ambientali. Qualora costoro
venissero globalmente liberati dalla propria responsabilit, il principio chi inquina paga ne risulterebbe
indebolito. In simili casi, gli Stati membri potrebbero addebitare i costi agli autori responsabili identificabili, in
solido tra loro. In tale contesto, le legislazioni nazionali dovrebbero adottare le norme necessarie in materia
di ripartizione degli oneri tra i singoli responsabili, assumendo eventualmente a riferimento le analoghe
disposizioni vigenti in altri settori attinenti alla materia del risarcimento dei danni. Tale competenza degli Stati
membri corrisponde alla valutazione compiuta nellambito dellart. 9 della direttiva sulla responsabilit
ambientale.
110. Appare chiaro che nel corso delliter di approvazione della direttiva la Commissione riteneva ancora che
fosse compatibile con il principio chi inquina paga il fatto di addossare ad un possibile soggetto
responsabile di un evento dannoso lonere della prova di non aver cagionato un danno (38). Alla fine essa
ha proposto un alleggerimento probatorio almeno riguardo al fatto che i danni ricadono nellambito di
applicazione ratione temporis della direttiva (39). Sebbene tale disciplina non sia confluita nel testo finale
della direttiva, sarebbero in tal senso ipotizzabili salve le norme della direttiva, ancora da esaminare, in
materia di accertamento delle cause del danno (40) norme nazionali che stabiliscano presunzioni iuris
tantum quanto alla causazione dellevento dannoso.
ii) Modelli sussidiari di responsabilit indipendentemente da un contributo causale allevento
111. Ad avviso della Polimeri e a., una responsabilit che non presupponga alcun nesso causale tra la
condotta dellautore e il danno si porrebbe invece in contrasto con il principio chi inquina paga sancito
dalla direttiva sulla responsabilit ambientale. Tale tesi va condivisa nella misura in cui la funzione di equa
ripartizione dei costi che va riconosciuta a tale principio verrebbe indebolita qualora le spese di riparazione
del danno venissero accollate ad un soggetto che non ha causato levento (41).
112. Tuttavia, dal principio chi inquina paga non pu desumersi un divieto assoluto di addossare a
soggetti diversi dagli autori dellevento i costi per leliminazione dei danni ambientali. Un simile divieto
finirebbe per tradursi nella passiva accettazione di eventuali danni allambiente, nel caso in cui lautore di
questi non potesse essere chiamato a rispondere. Infatti, anche in caso di riparazione a carico della
collettivit, le spese dovrebbero essere sopportate da un soggetto che non responsabile per il danno.
Tuttavia, laccettazione dei danni allambiente sarebbe incompatibile con la finalit di promuovere un elevato
livello di protezione dellambiente e il miglioramento della qualit di questultimo. Il principio chi inquina
paga funzionale al raggiungimento di tale finalit, sancita non soltanto dal n. 2, ma anche dal n. 1
dellart. 174 CE, e soprattutto dallart. 2 CE. Il detto principio non pu essere inteso in un senso tale da
risultare in definitiva confliggente con la tutela dellambiente, ad esempio considerandolo idoneo a

43

precludere la riparazione dei danni ambientali nel caso in cui lautore degli stessi non possa essere chiamato
a rispondere.
113. Conformemente a ci, anche la direttiva sulla responsabilit ambientale accetta leventualit che i costi
di riparazione vengano sopportati da soggetti diversi dalloperatore responsabile. Essa infatti consente che lo
Stato adotti delle misure a proprie spese, qualora lautore del danno non possa essere individuato o non
abbia sufficienti capacit (42).
114. Inoltre, nel caso in cui non potesse essere individuato lautore del danno, lequa ripartizione dei costi
giustificherebbe il fatto che al proprietario di terreni bonificati dallinquinamento vengano addossate le spese
di bonifica nella misura in cui il valore di tali terreni subisca un incremento. In caso contrario, tale proprietario
otterrebbe un indebito arricchimento a spese di altri.
115. Sulla scorta delle indicazioni fornite nella domanda di pronuncia pregiudiziale, pu lasciarsi irrisolta nel
presente procedimento la questione se siano immaginabili norme sussidiarie in materia di responsabilit
indipendentemente da un contributo alla causazione del danno, le quali sarebbero suscettibili di censura
sotto il profilo del diritto comunitario. Un possibile limite potrebbe essere costituito dal principio di
proporzionalit, il quale osta al perseguimento di risultati manifestamente sproporzionati (43). dubbio
tuttavia che tale principio di diritto comunitario possa essere applicato a eventuali misure pi severe ai sensi
dellart. 176 CE (44). In ogni caso, qualora venga rispettata la responsabilit a titolo prioritario delloperatore
autore del danno, non consta nella fattispecie lesistenza di norme in materia di responsabilit
manifestamente sproporzionate.
iii) Risposta alla seconda questione nella causa C-378/08
116. Tornando ora alla frase di Archimede citata in esordio, la responsabilit per danni ambientali non
presuppone necessariamente un punto di appoggio costituito dalla causazione del danno, quale disciplinata
dalla direttiva sulla responsabilit ambientale. Vero piuttosto che gli Stati membri dispongono di un ampio
margine discrezionale nella fissazione di regole di responsabilit sussidiarie.
117. In tal senso occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che la direttiva sulla responsabilit
ambientale osta ad una responsabilit per danni ambientali indipendente da un contributo alla causazione
dei medesimi soltanto se ed in quanto essa abbia leffetto di elidere quella incombente a titolo prioritario
sulloperatore che ha causato i danni in questione.
e)
Sulla rinuncia allaccertamento delle cause
118. La prima questione nella causa C-378/08 mira a chiarire se possa essere imposta ad imprese
attualmente operanti in una zona da lungo tempo contaminata o limitrofa a quella storicamente contaminata
lesecuzione di misure di riparazione, a prescindere dallo svolgimento di qualsiasi istruttoria diretta a
individuare il responsabile dellinquinamento.
119. Ai sensi dellart. 11, n. 2, della direttiva sulla responsabilit ambientale, spetta allautorit competente
individuare loperatore che ha causato il danno o la minaccia imminente di danno. Tale obbligo di cruciale
importanza per lattuazione del principio chi inquina paga, quale configurato dalla direttiva. Se i potenziali
autori di eventi dannosi non debbono temere di essere scoperti, non vi alcuno stimolo a prevenire i danni.
Se il colpevole resta ignoto, diventa impossibile anche unequa ripartizione dei costi.
120. Inoltre, la procedura di denuncia di possibili danni ambientali prevista dallart. 12 della direttiva
(Richiesta di azione) risulterebbe ampiamente svuotata di significato se le autorit competenti non fossero
obbligate a svolgere accertamenti sui danni stessi. Conformemente a ci, il giudice del rinvio dovr tener
conto dellindicazione fornita dalla ERG, dallENI e a. e dalla Polimeri e a., secondo cui in altri procedimenti
stata identificata unaltra impresa quale autore responsabile del danno ambientale.
121. La domanda di pronuncia pregiudiziale rende chiaro tuttavia come lindividuazione del responsabile
possa comportare gravi difficolt. A fronte di ci, la direttiva sulla responsabilit ambientale riconosce
espressamente che possibile che loperatore responsabile non possa essere individuato. Lart. 4, n. 5,
prevede che la direttiva non si applichi agli inquinamenti a carattere diffuso quando non sia possibile
accertare un nesso causale tra il danno e le attivit di singoli operatori. Quanto agli altri inquinamenti, gli
artt. 5, n. 4, 6, n. 3, e 8, n. 2, secondo comma, stabiliscono che le autorit competenti hanno la facolt di
adottare esse stesse vale a dire a proprie spese misure di riparazione o prevenzione nel caso in cui esse
non siano in grado di individuare loperatore responsabile e non rimangano loro altri mezzi.
122. Da ci si desume che la direttiva consente di soprassedere allaccertamento della causa del danno
qualora non ci si possa attendere alcun risultato positivo da uneventuale prosecuzione delle indagini.
123. altres immaginabile ladozione di misure durgenza prima che le indagini siano concluse o anche solo
avviate. Il modo di procedere deve essere stabilito dagli organi competenti, previa esauriente valutazione
delle circostanze del singolo caso di specie.
124. Poich tali decisioni presuppongono una complessa valutazione prognostica, va riconosciuto agli organi
competenti un ampio margine discrezionale. Tuttavia, essi sono obbligati cos come richiede in generale
lart. 174, n. 3, CE per lapplicazione delle norme comunitarie in materia di ambiente a fondarsi sui migliori
dati scientifici e tecnici disponibili (45).
125. La prima questione va dunque risolta dichiarando che la direttiva sulla responsabilit ambientale
consente:

44


di soprassedere allaccertamento della causa del danno qualora non ci si possa attendere alcun
risultato positivo da uneventuale prosecuzione delle indagini, e

di adottare misure durgenza prima della conclusione delle indagini.


f)
Sulla responsabilit svincolata dallesistenza di un dolo o di una colpa
126. Con la terza questione il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se la direttiva sulla
responsabilit ambientale osti a una normativa nazionale che preveda una responsabilit per danno
ambientale indipendentemente dalla sussistenza del requisito soggettivo del dolo o della colpa.
127. La direttiva sulla responsabilit ambientale conosce di per s due tipi di responsabilit per danni
allambiente. Da un lato, lart. 3, n. 1, lett. a), prevede una responsabilit a carattere oggettivo, svincolata dal
requisito della colpevolezza, per determinate attivit connesse a particolari rischi. Dallaltro, alla lett. b) della
medesima disposizione prevista una responsabilit per determinati danni arrecati con dolo o con colpa,
nellesercizio di attivit professionali di qualsiasi tipo, a specie e habitat naturali protetti.
128. Uneventuale responsabilit del soggetto autore del danno svincolata dal requisito della colpevolezza e
relativa ad attivit ulteriori rispetto a quelle previste dallart. 3, n. 1, lett. a), della direttiva sulla responsabilit
ambientale perseguirebbe il medesimo orientamento di protezione ambientale e sarebbe conforme a tale
direttiva. Infatti, questultima, l dove presuppone il dolo o la colpa, introduce una restrizione al principio chi
inquina paga. Gli Stati membri devono avere la facolt di rinunciare a tale restrizione adottando misure pi
severe. Infatti, dal punto di vista pratico, una responsabilit svincolata dalla colpevolezza determina in
sostanza linsorgere, in capo ai soggetti coinvolti, di pi rigorosi obblighi di diligenza nei confronti
dellambiente. Ci vale non soltanto per i modelli di responsabilit previsti dalla direttiva, ma anche per
eventuali regimi di responsabilit sussidiari adottati dagli Stati membri.
129. Dalle considerazioni sopra esposte consegue, relativamente alla terza questione nella causa C-378/08,
che la direttiva sulla responsabilit ambientale non osta a norme che prevedano una responsabilit per
danni allambiente svincolata dallesistenza di un dolo o di una colpa.
2.
Sulla rilevanza del principio chi inquina paga nellambito della direttiva quadro sui rifiuti
130. Indipendentemente dalla direttiva sulla responsabilit ambientale, le questioni riguardanti il principio
chi inquina paga presentano rilevanza per le cause principali anche per il fatto che trova forse
applicazione la direttiva quadro sui rifiuti (46).
131. La direttiva quadro sui rifiuti divenuta applicabile soltanto a partire dal 1977 (47), e dunque anchessa,
con ogni probabilit, non trova applicazione a tutti gli inquinamenti che hanno portato ai danni ambientali
oggetto dei procedimenti nazionali. Tuttavia, possibile che nei 30 anni precedenti lentrata in vigore della
direttiva sulla responsabilit ambientale sia stata realizzata una percentuale dei danni ambientali di cui si
discute sensibilmente pi grande di quella prodottasi nei due anni successivi allinizio della sua applicabilit.
Nel presente caso, la questione se e in che misura la direttiva quadro sui rifiuti continui ad essere applicabile
dopo lentrata in vigore della direttiva sulla responsabilit ambientale e quali conseguenze future comporti la
sua nuova formulazione (48), non stata sollevata e neppure necessita di essere risolta.
132. La Corte ha gi statuito che gli idrocarburi accidentalmente sversati nel terreno, nelle acque
sotterranee o in mare, i quali non possano pi essere utilizzati conformemente alla loro destinazione,
debbono essere considerati rifiuti (49). Va del pari considerato quale rifiuto il terreno contaminato a seguito
di uno sversamento accidentale di idrocarburi (50). ragionevole ritenere che tali considerazioni possano
valere anche per altre sostanze nocive.
133. Ai sensi dellart. 4 della direttiva quadro sui rifiuti, i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza
pericolo per la salute delluomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
allambiente. In molti casi, il recupero o lo smaltimento delle sostanze nocive da cui sono derivati i danni
ambientali controversi, nonch quello del terreno contaminato, potranno gi includere profili di riparazione
del danno medesimo.
134. Ai sensi dellart. 15 della direttiva quadro sui rifiuti, conformemente al principio chi inquina paga, il
costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto dal detentore che consegna i rifiuti ad un
raccoglitore o ad unimpresa di smaltimento, e/o dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa
dei rifiuti. La responsabilit ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti non presuppone lesistenza di un dolo o di
una colpa.
135. A differenza della disciplina sulla responsabilit ambientale, tale normativa non specifica quale dei detti
soggetti sia tenuto a sopportare le spese per lo smaltimento dei rifiuti. Nondimeno la Corte ha affermato, in
riferimento ad idrocarburi fuoriusciti da una stazione di servizio nellesercizio della sua attivit, che il soggetto
responsabile per tale sversamento era in linea di principio il gestore della stazione di servizio nella sua veste
di possessore e produttore di tali rifiuti (51). Nel caso di idrocarburi accidentalmente sversati in mare a
seguito di avaria, il proprietario della nave che li ha trasportati ne , di fatto, in possesso immediatamente
prima che divengano rifiuti. Pertanto, in linea di principio, egli responsabile per le spese di
smaltimento (52).
136. tuttavia ipotizzabile una responsabilit di altri soggetti qualora questi, in virt di particolari circostanze,
siano responsabili della produzione dei rifiuti (53).

45

137. Pertanto, numerosi elementi inducono a ritenere che, ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti, nella
fattispecie oggetto delle cause principali la responsabilit per lo smaltimento delle sostanze nocive spetti alle
imprese nellesercizio delle cui attivit tali sostanze, fuoriuscendo dagli impianti di produzione, si sono
sversate nellambiente.
138. In linea di principio, la possibilit di una disciplina difforme ammessa dalla direttiva quadro sui rifiuti
entro gli stessi limiti consentiti per la direttiva sulla responsabilit ambientale. Ci vuol dire che la
responsabilit prioritaria dei soggetti chiamati a rispondere in prima battuta in base al principio chi inquina
paga pu s essere integrata, ma non sostituita o sminuita. Per tale motivo, non consentito neppure
rinunciare senzaltro allindividuazione dei responsabili.
C Sulle questioni nelle cause C-379/08 e C-380/08
139. Le questioni nelle cause C-379/08 e C-380/08 non riguardano la responsabilit in via di principio per
danni allambiente, bens la determinazione di misure di riparazione del danno ai sensi della direttiva sulla
responsabilit ambientale. Poich non pu escludersi che per almeno una parte dei danni ambientali in
questione trovi applicazione la direttiva (54), necessario che la Corte si pronunci anche su tali questioni.
1.
Sulla prima questione nelle cause C-379/08 e C-380/08 Modifica di precedenti misure di riparazione
140. Con la prima questione, il giudice del rinvio desidera sapere se la direttiva sulla responsabilit
ambientale osti a una normativa nazionale la quale consenta alla pubblica amministrazione di imporre
misure di riparazione diverse e ulteriori da quelle precedentemente prescelte allesito di una apposita
istruttoria in contraddittorio, gi approvate, realizzate e in corso di esecuzione.
141. La direttiva non contiene disposizioni espresse riguardanti la modifica di ingiunzioni di riparazione del
danno gi adottate. Gli artt. 7, n. 2, e 11, n. 2, affermano soltanto che lautorit competente decide in merito
alle misure di riparazione da adottare. Tale formulazione pu essere pacificamente intesa nel senso da
includervi misure di riparazione adottate a modifica di precedenti o in aggiunta a queste (55).
142. Tale interpretazione si impone gi per il fatto che la valutazione dellefficacia di misure di riparazione
pu variare durante o dopo la realizzazione di queste ultime. Sarebbe pertanto incompatibile con la finalit di
un elevato livello di tutela dellambiente, e del resto anche potenzialmente sproporzionato, un eventuale
obbligo di rimanere per sempre ancorati, senza possibilit di modifica, a misure di riparazione
precedentemente ordinate, anche qualora la loro efficacia risultasse in progresso di tempo sempre pi
dubbia.
143. Poich nella direttiva mancano pertinenti disposizioni in materia di modifica di misure di riparazione
precedentemente imposte, spetta agli Stati membri disciplinare tale questione. Nel fare ci, essi debbono
tuttavia rispettare il quadro giuridico costituito dai pertinenti principi del diritto comunitario dei quali deve
essere assicurato il rispetto nellambito della trasposizione e dellapplicazione di questultimo (56), quali ad
esempio la tutela del legittimo affidamento (57) o il principio di proporzionalit (58).
144. Conformemente a ci, un legittimo affidamento quanto al mantenimento in vigore di misure di
riparazione precedentemente disposte pu sorgere nel caso in cui gli atti dellautorit amministrativa abbiano
ingenerato in capo ad un operatore economico prudente ed accorto fondate aspettative riguardo al fatto che
le suddette misure non sarebbero pi state modificate (59). Tuttavia, considerata lincertezza esistente a
livello scientifico in ordine alla riparazione dei danni ambientali, presumibile che soltanto di rado possa
insorgere un simile affidamento degno di tutela.
145. Il principio di proporzionalit impone che le misure di riparazione di danni ambientali non eccedano i
limiti di quanto idoneo e necessario per ripristinare lambiente. In tale contesto, qualora sia possibile una
scelta tra pi misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva; inoltre, gli inconvenienti in tal modo
causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (60).
146. Nella sua questione il giudice del rinvio sottolinea, in particolare, che le misure modificate hanno gi
avuto attuazione. Tale circostanza va senzaltro tenuta in considerazione nellambito della decisione sulla
modifica delle misure, ma non vale necessariamente a escludere uneventuale modifica. Invero, pu ben
risultare sproporzionato il fatto che le autorit competenti caduchino determinate misure di riparazione
sostituendole con altre, senza che le nuove garantiscano migliori risultati. Tuttavia, qualora in sede di
esecuzione di determinate misure di riparazione appaia che esse non sono sufficienti, deve essere possibile
disporre misure modificative o aggiuntive, al fine di garantire il successo delle attivit di riparazione del
danno allambiente.
147. Riguardo alla prima questione, occorre dunque constatare che la direttiva sulla responsabilit
ambientale non osta alla modifica di misure di riparazione gi disposte, se e in quanto vengano rispettati i
principi generali del diritto comunitario.
2.
Sulla seconda questione nelle cause C-379/08 e C-380/08 Rinuncia ad una verifica degli effetti
148. Stante quanto sopra illustrato, gli organi competenti certo possono, in linea di principio, modificare
precedenti ingiunzioni di riparazione del danno; non per chiaro a quali condizioni ci sia possibile. Una
parte di queste condizioni costituisce loggetto della seconda questione, volta a stabilire se gli organi
competenti possano modificare dautorit precedenti prescrizioni intese alla riparazione di danni ambientali e
rinunciare a valutare le specifiche condizioni dei luoghi, i costi di attuazione in relazione ai benefici

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ragionevolmente prevedibili, i possibili o probabili danni collaterali e gli effetti avversi sulla salute e sulla
sicurezza pubblica, nonch i tempi necessari alla realizzazione.
a)
Sullimposizione di prescrizioni in via autoritativa
149. Come sottolineato dallENI e a. e dalla ERG, lart. 7, n. 1, della direttiva sulla responsabilit ambientale
stabilisce che, in linea di principio, le misure di riparazione vengono proposte dagli operatori responsabili. La
disposizione suddetta menziona espressamente, a titolo di eccezione, la facolt per le autorit di adottare
esse stesse le necessarie misure di riparazione [art. 6, n. 2, lett. e)], in particolare nel caso in cui non possa
essere chiamato in causa loperatore (art. 6, n. 3).
150. Ci tuttavia non significa che le autorit debbano altrimenti attendere sempre e comunque le proposte
degli operatori. In caso contrario, gli operatori potrebbero con la loro inerzia bloccare o comunque ostacolare
la riparazione dei danni allambiente.
151. Conformemente a ci, lart. 6, n. 2, lett. b-d), della direttiva sulla responsabilit ambientale consente alle
autorit di imporre alloperatore, in qualsiasi momento, di adottare misure di riparazione. Anche lart. 11, n. 2,
sottolinea che lautorit competente a stabilire le misure di riparazione da adottare. Secondo quanto
espressamente enunciato dal ventiquattresimo considerando della direttiva, tale decisione rientra nella
sfera di discrezionalit delle autorit.
152. Vero che lart. 11, n. 2, della direttiva consente allautorit di chiedere alloperatore interessato di
effettuare la propria valutazione e di fornire tutte le informazioni e i dati necessari. Tuttavia, lautorit non ha
un obbligo di rivolgersi in tal senso alloperatore.
153. Pertanto, non consta lesistenza di alcuna disposizione della direttiva sulla responsabilit ambientale
che impedisca agli organi competenti di modificare dautorit precedenti misure di riparazione del danno
ambientale.
b)
Sulla valutazione degli effetti
154. La valutazione degli effetti prevista al punto 1.3.1. dellallegato II. Accanto ad altri criteri, vengono
contemplati anche i parametri di valutazione indicati dal giudice del rinvio nel suo quesito.
155. Ai sensi dellart. 7, n. 2, e della frase introduttiva dellallegato II della direttiva, tale allegato ha, in linea di
principio, valore vincolante quanto alla determinazione delle misure di riparazione. Tuttavia, il punto 1.3.1.
afferma soltanto che dovrebbero essere valutate le opzioni ragionevoli di riparazione. La proposta
presentata dalla Commissione presupponeva ancora che tale valutazione avesse sempre luogo (61), ma il
Consiglio ha fortemente rielaborato tale disciplina ed evitato, chiaramente in modo consapevole, una
formulazione in termini cogenti (62).
156. Tuttavia, tale tecnica normativa non pu essere intesa nel senso che le autorit competenti non
debbano effettuare alcuna valutazione allorch scelgono le misure di riparazione. Piuttosto, qualsiasi
decisione in proposito presuppone una valutazione delle diverse opzioni. Ci viene chiarito in particolare
dallart. 7, n. 3, della direttiva sulla responsabilit ambientale, il quale stabilisce in forma cogente che, in
presenza di una pluralit di danni, la scelta di quello da riparare in via prioritaria deve essere effettuata
tenendo conto di determinati criteri. La scelta tra varie possibili misure di riparazione del danno presenta, in
linea di principio, analoga natura.
157. In particolare, la valutazione deve essere effettuata tenendo conto anche del principio di
proporzionalit (63) menzionato dallENI e a. Secondo la valutazione del legislatore comunitario, i criteri di
cui allallegato II, punto 1.3.1., della direttiva sulla responsabilit ambientale sono particolarmente idonei a
favorire una decisione proporzionata in merito alle misure di riparazione da adottare. Tuttavia, tale
disposizione conferisce un potere discrezionale nella scelta dei criteri di valutazione. Tale discrezionalit
deve di norma essere esercitata utilizzando i criteri espressamente indicati; tuttavia, in presenza di giustificati
motivi, le autorit competenti possono discostarsi in tutto o in parte da essi.
158. Si pu ad esempio immaginare che occorra stabilire misure particolarmente urgenti, senza previamente
effettuare una valutazione esaustiva ai sensi dellallegato II, punto 1.3.1., della direttiva sulla responsabilit
ambientale. Non si pu neppure escludere che a motivo, ad esempio, di particolari circostanze del caso di
specie o di nuove cognizioni intervengano nella scelta criteri di valutazione aggiuntivi.
159. In ogni caso, i criteri di valutazione utilizzati, il risultato della valutazione e i motivi della rinuncia a taluni
dei criteri enunciati nellallegato II, punto 1.3.1., della direttiva sulla responsabilit ambientale devono essere
indicati nella motivazione della decisione riguardante le misure di riparazione. Infatti, lart. 11, n. 4, esige, ai
fini di unefficace tutela dei diritti degli interessati, che le decisioni riguardanti le misure di riparazione siano
motivate con precisione. Tale motivazione necessaria affinch i competenti giudici nazionali possano
esercitare un controllo sulla decisione (64).
160. Poich, secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, i ricorrenti nelle cause principali asseriscono di
non essere stati ascoltati in merito alle controverse misure di riparazione, occorre altres fare riferimento
allart. 7, n. 4, della direttiva sulla responsabilit ambientale. In base a tale norma, lautorit competente
invita, in ogni caso, i soggetti sul cui terreno si dovrebbero effettuare le misure di riparazione a presentare le
loro osservazioni, e le prende in considerazione.
161. Tuttavia, anche se eccezionalmente non fossero proprietari dei terreni ai sensi della norma suddetta, i
soggetti tenuti alla riparazione del danno ambientale dovrebbero comunque essere sentiti. Infatti, la direttiva

47

sulla responsabilit ambientale parte dal presupposto che tali soggetti di norma partecipano in forma ancora
pi intensa alla determinazione delle misure di riparazione. Ai sensi dellart. 7, n. 1, essi devono individuare
possibili soluzioni e presentare proposte. Qualora lautorit competente deroghi a tale regola individuando
essa stessa le misure da adottare, deve, prima di una decisione, quantomeno invitare i suddetti soggetti
responsabili della riparazione del danno a presentare le proprie osservazioni.
162. La ENI e a. sottolinea giustamente che i sopra accennati requisiti procedurali valgono a maggior
ragione per la modifica di misure di riparazione precedentemente ordinate. Se tali misure vengono
inizialmente adottate sulla base di una valutazione esaustiva, la loro successiva modifica deve essere
fondata su ragioni preponderanti rispetto alla valutazione originariamente compiuta. Ci presuppone in
particolare che le ragioni nuove siano basate su un analogo fondamento scientifico.
163. Tuttavia, lonere connesso alla valutazione di una modifica di precedenti misure di riparazione pu
risultare ridotto gi in virt del fatto che importanti informazioni sono state raccolte in occasione della
valutazione condotta per le misure disposte in origine. Non si pu escludere che nuove informazioni a
carattere relativamente limitato, raccolte ad esempio osservando gli effetti di misure di riparazione gi messe
in atto, rimettano in discussione i precedenti risultati e, insieme con le informazioni gi note, impongano una
rielaborazione delle attivit di riparazione dei danni ambientali.
164. Occorre infine evidenziare che eventuali restrizioni incidenti sulla valutazione delle misure di
riparazione, sulla motivazione della decisione in merito a misure siffatte e sullaudizione delloperatore
responsabile non possono costituire n provvedimenti per una protezione ancora maggiore ai sensi
dellart. 176 CE, n una disposizione pi severa ai termini dellart. 16 della direttiva sulla responsabilit
ambientale. La rinuncia a tali adempimenti procedurali non sarebbe idonea a promuovere una pi elevata
tutela dellambiente, bens costituirebbe un pericolo per questultimo. La valutazione e laudizione sono atti
idonei a migliorare il complesso di informazioni a base della decisione sulle misure di riparazione. Per
contro, lesposizione dei motivi di una decisione configura una forma di autocontrollo (65). Qualora non si
riesca a formulare motivazioni convincenti, appare opportuno procedere a un riesame della decisione.
c)
Risposta alla seconda questione nelle cause C-379/08 e C-380/08
165. Alla luce di tali considerazioni, la direttiva sulla responsabilit ambientale non osta ad una normativa
nazionale la quale consenta alla pubblica amministrazione di modificare, dautorit, precedenti prescrizioni in
materia di riparazione di danni ambientali. Ai fini di tale decisione, occorre di norma valutare le condizioni
specifiche dei luoghi, i costi di attuazione in relazione ai benefici ragionevolmente prevedibili, i possibili o
probabili danni collaterali ed effetti avversi sulla salute e la sicurezza pubblica, nonch i tempi necessari alla
realizzazione. Tuttavia, in casi particolari, lautorit competente pu, nellesercizio della discrezionalit di
legge, soprassedere in tutto o in parte alla valutazione suddetta, qualora la decisione al riguardo venga
adottata previa audizione degli interessati e sia accuratamente motivata.
3.
Sulla terza questione nelle cause C-379/08 e C-380/08 Collegamento tra misure di riparazione e
utilizzo di aree
166. La terza questione nelle cause C-379/08 e C-380/08 concerne il collegamento tra misure di riparazione
e utilizzo di aree. Il giudice del rinvio intende sapere se sia compatibile con la direttiva sulla responsabilit
ambientale imporre misure di riparazione a modifica di precedenti quale condizione per lautorizzazione
alluso legittimo di aree non direttamente interessate dalla bonifica, in quanto gi bonificate o comunque non
inquinate.
167. La direttiva sulla responsabilit ambientale concerne in via diretta lutilizzo di terreni soltanto nella
misura in cui tale utilizzo sia connesso a misure di prevenzione o riparazione. In particolare, le misure di
prevenzione possono incidere direttamente sullattivit esercitata sulle aree, ad esempio qualora debbano
essere rispettati valori limite. Non neppure escluso che nellambito di misure di riparazione vengano
stabilite le condizioni da rispettare per poter utilizzare superfici interessate dalla bonifica. Come chiarito dal
governo italiano, occorre impedire eventuali conflitti tra le esigenze legate allutilizzo delle aree e quelle
connesse alla riparazione del danno. Inoltre, ad esempio, lallegato II, punto 2, della direttiva sulla
responsabilit ambientale chiarisce la necessit di adottare misure al fine di escludere pericoli connessi
allutilizzo che potrebbero derivare dallinquinamento di unarea.
168. Simili prescrizioni devono rispettare i precetti della direttiva sulla responsabilit ambientale, e
segnatamente gli adempimenti di natura procedurale gi illustrati.
169. Invece, per il caso in cui come suggeriscono le questioni pregiudiziali sollevate le aree in questione
non presentino (pi) danni ambientali n costituiscano pi fonte di danno, la direttiva non detta alcuna norma
applicabile. Contrariamente alla opinione della ERG, non pu in particolare desumersi dalla direttiva alcun
divieto di dettare restrizioni allutilizzo di superfici completamente bonificate. Al contrario: qualora restrizioni
alluso di tali superfici costituiscano un mezzo efficace e proporzionato per lattuazione degli obblighi
derivanti dalla direttiva sulla responsabilit ambientale, pu risultare addirittura obbligatorio sotto il profilo del
diritto comunitario imporre tali restrizioni (66).
170. Pertanto, la direttiva sulla responsabilit ambientale non osta a che vengano imposte misure di
riparazione a modifica di precedenti quale condizione per lautorizzazione alluso legittimo di aree non
direttamente interessate dalla bonifica, in quanto gi bonificate o comunque non inquinate.

48

D Sulla quarta questione nella causa C-378/08 Necessit di una pubblica gara
1.
Sulla ricevibilit
171. La Commissione manifesta forti dubbi in ordine alla ricevibilit della quarta questione nella causa
C-378/08, in quanto il giudice nazionale non avrebbe sufficientemente chiarito il contesto di fatto e di diritto in
cui tale questione si colloca.
172. In effetti, secondo una costante giurisprudenza della Corte, lesigenza di giungere ad uninterpretazione
del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che questultimo definisca il contesto di
fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni da esso sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di
fatto su cui tali questioni sono fondate (67).
173. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa tali requisiti. Infatti, il giudice del rinvio
indica soltanto che la Sviluppo Italia stata incaricata, senza una procedura di gara pubblica, della
progettazione e in caso di inerzia delle imprese interessate della successiva attuazione delle misure di
riparazione, e che la detta societ unimpresa costituita dallo Stato e operante sul mercato.
174. Mancano indicazioni pi precise riguardo allaffidamento dellappalto. Non consta quando e in che
forma lappalto sia stato affidato, n quale sia il suo oggetto e il suo valore. Il giudice del rinvio si limita
piuttosto a descrivere i lavori affidati in appalto in termini assai generici come operazioni di rilevante impatto
ambientale e di elevatissimo valore economico. Mancano inoltre indicazioni in ordine alla misura del
controllo esercitato dallo Stato sulla Sviluppo Italia. Da ultimo, ma non meno importante, il giudice del rinvio
omette di chiarire quali siano le norme di diritto italiano pertinenti riguardo allaffidamento dellappalto.
175. Sulla base di tali indicazioni imprecise, la Corte di giustizia non pu stabilire con esattezza quali siano
le norme di diritto comunitario rilevanti ai fini della valutazione giuridica dellavvenuto affidamento di appalto
e, a maggior ragione, non pu fornire uninterpretazione in relazione ai fatti oggetto del procedimento
nazionale. Di conseguenza, le indicazioni contenute nellordinanza di rinvio pregiudiziale non consentono
alla Corte di fornire al giudice nazionale uninterpretazione utile del diritto comunitario.
176. Pertanto, occorre a mio avviso dichiarare irricevibile la quarta questione.
2.
Considerazioni aggiuntive riguardo alla soluzione del quesito
177. Malgrado quanto sopra chiarito, per il caso in cui la Corte ritenesse di trattenere in decisione la quarta
questione pregiudiziale, mi permetto di fornire comunque, nellambito delle presenti conclusioni, alcune
indicazioni riguardo al quadro normativo comunitario disciplinante laffidamento di appalti pubblici, le quali
possono facilitare al giudice nazionale la valutazione, sotto il profilo giuridico comunitario, dei fatti oggetto del
procedimento principale.
178. Il giudice del rinvio si interroga in merito alla compatibilit con le direttive 2004/18, 93/37 e 89/665 di
una normativa nazionale la quale consenta laffidamento della realizzazione di misure di riparazione senza
previo esperimento di una procedura di gara pubblica.
179. Come giustamente evidenziato dalla Commissione, la direttiva 89/665 non rilevante ai fini della
valutazione della questione se laffidamento in appalto delle misure di riparazione sia stato effettuato in
forma corretta sotto il profilo giuridico comunitario nellambito della fattispecie allorigine delle cause
principali. Infatti, la direttiva 89/665 contiene unicamente norme procedurali in merito ai ricorsi diretti a
contestare possibili violazioni di norme sugli appalti. Per contro, la direttiva 89/665 non contiene prescrizioni
sostanziali applicabili alle procedure di affidamento.
180. Inoltre, giustamente la Commissione fa presente che la direttiva 93/37 non pare applicabile ratione
temporis. Infatti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 82 e 80, n. 1, della direttiva 2004/18, la direttiva
93/37 stata abrogata con effetto dal 31 gennaio 2006. La direttiva 93/37 stata sostituita dalla direttiva
2004/18 (68). Sebbene il giudice del rinvio non menzioni la data di affidamento dellappalto alla Sviluppo
Italia, occorre presumere, sulla base delle indicazioni contenute nellordinanza di rinvio, che tale affidamento
abbia avuto luogo dopo il 31 gennaio 2006. Infatti, il progetto redatto dalla Sviluppo Italia che prevede tra
laltro la costruzione di unisola artificiale sembra essere costituito da piani di data recente, sui quali
intervenuta una decisione per la prima volta in data 20 dicembre 2007.
181. Pertanto, il giudice nazionale dovr anzitutto appurare se sussista la possibilit di unapplicazione della
direttiva 2004/18. A tal fine occorre che venga in questione un appalto pubblico ai sensi dellart. 1, n. 2,
lett. a), di tale direttiva, e che questultima sia suscettibile di applicazione sulla scorta delle norme di cui al
capo II del suo titolo II. Le indicazioni fornite nella domanda di pronuncia pregiudiziale non sono sufficienti
per acclarare tale punto. Il contesto generale della presente fattispecie sembra tuttavia indicare che si tratti
di appalti di servizi e di lavori eccedenti la soglia di rilevanza comunitaria. Ove ci sia esatto, sarebbe stato
necessario, in linea di principio, applicare la procedura di affidamento disciplinata dalla direttiva 2004/18. La
necessit di tale procedura non viene necessariamente meno neppure nel caso in cui lappalto di cui trattasi
venga conferito a motivo del fatto che una parte prioritariamente obbligata allesecuzione dei lavori non
adempie tale suo obbligo (esecuzione in via sostitutiva).
182. Tuttavia, il governo italiano sostiene che lappalto in questione, costituendo un cosiddetto affidamento
in house, non ricade nellambito di applicazione della direttiva 2004/18. La Polimeri e a. si oppone a tale
tesi.

49

183. Secondo la giurisprudenza della Corte, le norme comunitarie in materia di appalti non sono applicabili ai
cosiddetti affidamenti in house, dal momento che nellambito di tali operazioni non viene concluso un
contratto tra due soggetti distinti. Sussiste un affidamento in house allorch vengono soddisfatti i due criteri
che seguono. In primo luogo, lamministrazione aggiudicatrice deve esercitare sullorganismo affidatario
dellappalto un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La partecipazione di unimpresa
privata al capitale dellorganismo di cui trattasi ha leffetto di escludere che lamministrazione aggiudicatrice
eserciti su questultimo un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. In secondo luogo,
lorganismo affidatario deve realizzare la parte pi importante della propria attivit con lamministrazione
aggiudicatrice che lo controlla (69).
184. La Polimeri e a. sostiene che il capitale della Sviluppo Italia non interamente detenuto dalla pubblica
amministrazione e che la societ suddetta non realizza la parte pi importante delle proprie attivit con la
pubblica amministrazione. Tuttavia, in mancanza di corrispondenti indicazioni nella domanda di pronuncia
pregiudiziale, la Corte non pu accettare tali argomenti. Tale valutazione riservata al giudice nazionale.
185. Qualora non sussista unoperazione di affidamento in house e anche per il resto non vi sia adito ad
unapplicazione della direttiva 2004/18, un appalto pu essere affidato senza pubblicazione di un bando di
gara soltanto nei casi elencati allart. 31 della direttiva stessa.
186. Nel presente caso, lunica norma rilevante potrebbe essere lart. 31, n. 1, lett. c), della direttiva
2004/18. Esso stabilisce che un appalto pu essere affidato mediante procedura negoziata senza previa
pubblicazione di un bando di gara, nella misura strettamente necessaria, quando lestrema urgenza,
risultante da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici in questione, non consente di rispettare
i termini previsti. Sembra per improbabile che la progettazione e lesecuzione delle misure di riparazione
siano divenute urgenti senza che lamministrazione fosse in grado di prevederlo. In ultima analisi,
linquinamento ambientale sussiste gi da lungo tempo ed addirittura gi stato oggetto di altre misure di
riparazione. Tuttavia, anche tale circostanza pu in definitiva essere valutata soltanto dal giudice nazionale.
VI Conclusione
187. Sulla base delle considerazioni sopra esposte, propongo alla Corte di risolvere le questioni sollevate
nella causa C-378/08 dichiarando quanto segue:
1.
La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilit
ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, non si applica ai danni
allambiente che siano stati causati da attivit realizzate prima del 30 aprile 2007. Essa dunque non osta a
norme nazionali disciplinanti la riparazione di tali danni.
2.
La direttiva 2004/35 osta ad una responsabilit per danni ambientali indipendente da un contributo alla
causazione dei medesimi soltanto se ed in quanto essa abbia leffetto di elidere quella incombente a titolo
prioritario sulloperatore che ha causato i danni in questione.
3.
La direttiva 2004/35 consente:

di soprassedere allaccertamento della causa del danno qualora non ci si possa attendere alcun
risultato positivo da uneventuale prosecuzione delle indagini, e

di adottare misure durgenza prima della conclusione delle indagini.


4.
La direttiva 2004/35 non osta a norme che prevedano una responsabilit per danni allambiente
svincolata dallesistenza di un dolo o di una colpa.
5.
La quarta questione irricevibile.
188. Le questioni nelle cause C-379/08 e C-380/08 dovrebbero essere risolte dalla Corte dichiarando quanto
segue:
1.
La direttiva 2004/35 non osta alla modifica di misure di riparazione gi disposte, se e in quanto
vengano rispettati i principi generali del diritto comunitario.
2.
La direttiva 2004/35 non osta ad una normativa nazionale la quale consenta alla pubblica
amministrazione di modificare, dautorit, precedenti prescrizioni in materia di riparazione di danni
ambientali. Ai fini di tale decisione, occorre di norma valutare le condizioni specifiche dei luoghi, i costi di
attuazione in relazione ai benefici ragionevolmente prevedibili, i possibili o probabili danni collaterali ed effetti
avversi sulla salute e la sicurezza pubblica, nonch i tempi necessari alla realizzazione. Tuttavia, in casi
particolari, lautorit competente pu, nellesercizio della discrezionalit di legge, soprassedere in tutto o in
parte alla valutazione suddetta, qualora la decisione al riguardo venga adottata previa audizione degli
interessati e sia accuratamente motivata.
3.
La direttiva 2004/35 non osta a che vengano imposte misure di riparazione a modifica di precedenti
quale condizione per lautorizzazione alluso legittimo di aree non direttamente interessate dalla bonifica, in
quanto gi bonificate o comunque non inquinate.
1 Lingua originale: il tedesco.
2
Datemi un punto di appoggio e sollever il mondo: citazione tratta da Pappo di
Alessandria, Collectionis quae supersunt, Voluminis 3, Tomus 1, edito da Friedrich Hultsch, 1878, pag. 1060

50

(consultabile alla pagina Internet http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k99429t.image.f62.pagination, visitata da


ultimo il 2 settembre 2009).
3 Oltre ai tre procedimenti oggetto delle presenti conclusioni, risultano pendenti dinanzi alla Corte due
ulteriori procedimenti riguardanti tale zona contaminata, e precisamente quelli iscritti a ruolo con i numeri
C-478/08 e C-479/08, Buzzi Unicem e a. (comunicazione in GU 2009, C 19, pagg. 14 e segg.).
4 GU L 143, pag. 56.
5 GU L 134, pag. 114.
6 Nella domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio si interroga in realt sulla compatibilit con
la direttiva 93/97/CEE. Ciononostante, con tutta evidenza, la direttiva 93/97/CEE, che integra la direttiva
91/263/CEE del Consiglio per quanto attiene alle apparecchiature delle stazioni terrestri di comunicazione
via satellite, non presenta alcuna rilevanza in rapporto alla causa principale, sicch deve ritenersi che si tratti
di un errore di battitura e che il giudice nazionale volesse in realt porre un quesito in merito alla
compatibilit con la direttiva 93/37/CE.
7 GU L 199, pag. 54.
8 GU L 395, pag. 33.
9 Sentenza 19 settembre 2006, causa C-506/04, Wilson (Racc. pag. I-8613, punto 34).
10 V. sentenza 15 settembre 2005, causa C-495/03, Intermodal Transports (Racc. pag. I-8151, punto 33).
11 Sentenze 24 settembre 1987, causa 37/86, Coenen (Racc. pag. 3589, punto 8), e 5 marzo 2009, causa
C-350/07, Kattner Stahlbau (Racc. pag. I-1513, punto 24).
12 Sentenze 13 novembre 2003, causa C-153/02, Neri (Racc. pag. I-13555, punti 34 e segg.); 29 aprile
2004, cause riunite C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e Oliveri (Racc. pag. I-5257, punto 42), e 12
gennaio 2006, causa C-246/04, Turn- und Sportunion Waldburg (Racc. pag. I-589, punto 21).
13 Sentenza 14 luglio 1994, causa C-379/92, Peralta (Racc. pag. I-3453, punti 57 e segg.).
14 Ladozione da parte degli Stati membri di misure divergenti da quelle che la Comunit abbia adottato in
materia giuridico-ambientale quantomeno anche sulla base dellart. 95 CE, riceve una speciale disciplina ai
paragrafi 4-6 di tale articolo.
15 Sentenza 14 aprile 2005, causa C-6/03, Deponiezweckverband Eiterkpfe (Racc. pag. I-2753, punto
41).
16 Sentenza Deponiezweckverband Eiterkpfe, cit. alla nota 15 (punto 52).
17 Alludienza, la Polimeri e a. ha addirittura affermato che il danno stato causato da inquinamenti
verificatisi negli anni dal 1958 al 1979.
18 V. i rimandi effettuati alla nota 12.
19 V. la definizione di cui allart. 2, punto 8, della direttiva sulla responsabilit ambientale, che qualifica
come emissione il rilascio nellambiente, a seguito dellattivit umana, di sostanze, preparati, organismi o
microrganismi.
20 V. sentenza del Bundesgerichtshof (Corte di cassazione) del 24 novembre 1976 (VIII ZR 137/75, Neue
Juristische Wochenschrift 1977, pag. 379 [381]).
21 Il Libro bianco della Commissione sulla responsabilit per danni allambiente [COM(2000) 66 def., del 9
febbraio 2000, pag. 14 e segg.) e la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 gennaio
2002 sulla responsabilit ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale
[COM(2002) 17 def., del 23 gennaio 2002, pagg. 17 e 24] rigettano esplicitamente la possibilit di
unapplicazione retroattiva.

51

22 Sentenze 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke (Racc. pag. 69, punto 20); 22 novembre 2001, causa
C-110/97, Paesi Bassi/Consiglio (Racc. pag. I-8763, punto 151), e 29 aprile 2004, causa C-17/01, Sudholz
(Racc. pag. I-4243, punto 33).
23 Sentenze 5 dicembre 1973, causa 143/73, SOPAD (Racc. pag. 1433, punto 8); 10 luglio 1986, causa
270/84, Licata/CES (Racc. pag. 2305, punto 31); 2 ottobre 1997, causa C-122/96, Saldanha e MTS (Racc.
pag. I-5325, punto 14); 29 gennaio 2002, causa C-162/00, Pokrzeptowicz-Meyer (Racc. pag. I-1049, punto
50), e 11 dicembre 2008, causa C-334/07 P, Commissione/Freistaat Sachsen (Racc. pag. I-9465, punto 43).
24 Sentenze 16 maggio 1979, causa 84/78, Tomadini (Racc. pag. 1801, punto 21); 14 gennaio 1987,
causa 278/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 1, punto 36); 29 giugno 1999, causa C-60/98, Butterfly
Music (Racc. pag. I-3939, punto 25), e Pokrzeptowicz-Meyer, cit. alla nota 23 (punto 55).
25 V. il Libro bianco della Commissione, cit. alla nota 21 (pag. 11).
26 V. infra, paragrafi 118 e segg.
27 Al riguardo, v. le conclusioni da me presentate il 13 marzo 2008 nella causa C-188/07, Commune de
Mesquer (Racc. pag. I-4501, paragrafo 120).
28 V. le conclusioni presentate dallavvocato generale Jacobs in data 30 aprile 2002 nella causa C-126/01,
GEMO (Racc. pag. I-13769, paragrafo 66).
29 V. punto 1 dellallegato della Raccomandazione del Consiglio 3 marzo 1975, 75/436/Euratom, CECA,
CEE, concernente limputazione dei costi e lintervento dei pubblici poteri in materia di ambiente (GU L 194,
pag. 94).
30 V. le considerazioni da me svolte in merito alle funzioni del principio chi inquina paga nellambito
delle conclusioni che ho presentato il 23 aprile 2009 nella causa C-254/08, Futura Immobiliare e a. (non
ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 30 e segg.).
31 Direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate
dellinquinamento (GU L 257, pag. 26), codificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15
gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dellinquinamento (GU L 24, pag. 8).
32 Direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).
33 Direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici
(GU L 103, pag. 1).
34 V. artt. 4, n. 4, 5, n. 3, e 6 bis, n. 4, della proposta del 16 aprile 2002, documento del Consiglio n.
7771/02, nonch lart. 8, n. 4, della proposta del 7 maggio 2002, documento del Consiglio n. 8647/02.
35 Questo il termine che compare, in particolare, nelle versioni francese, italiana, spagnola, portoghese
e romena della direttiva sulla responsabilit ambientale.
36 Cos si esprimono, segnatamente, le versioni tedesca e inglese.
37 V. le mie conclusioni nella causa Futura Immobiliare e a. (citate alla nota 30, paragrafi 52 e segg., in
particolare paragrafo 58).
38 Libro bianco, cit. alla nota 21 (pag. 18).
39 Art. 19, n. 2, della proposta, cit. alla nota 21 (pag. 46).
40 V. infra, paragrafi 118 e segg.
41 V. le mie conclusioni nelle cause Commune de Mesquer (citate alla nota 27, paragrafi 141 e segg.) e
Futura Immobiliare e a. (citate alla nota 30, paragrafo 32).
42 V. supra, paragrafo 100.

52

43 V. la sentenza 16 luglio 2009, causa C-254/08, Futura Immobiliare e a. (non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 56), e le conclusioni da me presentate in tale causa, cit. alla nota 30 (paragrafo 32).
44 V. sentenza Deponiezweckverband Eiterkpfe, cit. alla nota 15 (punto 63).
45 V. sentenze 28 giugno 2007, causa C-235/04, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-5415, punto 25, in
merito alle zone di protezione degli uccelli); 9 dicembre 2004, causa C-79/03, Commissione/Spagna (Racc.
pag. I-11619, punto 41, in merito ai quantitativi di caccia), e 6 novembre 2008, causa C-405/07 P,
Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I-I-8301, punto 61, in ordine a misure della Commissione ai sensi
dellart. 95, nn. 5 e 6, CE).
46 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114,
pag. 9). Questa direttiva codifica la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti
(GU L 194, pag. 39), e le sue successive modifiche.
47 Nella versione di cui alla direttiva 75/442, che gi conteneva, allart. 11, una disciplina in merito alla
responsabilit per i costi secondo il principio chi inquina paga.
48 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 19 novembre 2008, 2008/98/CE, relativa ai rifiuti e che
abroga alcune direttive (GU L 312, pag. 3). Ai sensi dellart. 2, n. 1, lett. b), sono esclusi dallambito di
applicazione della direttiva quadro sui rifiuti come riformulata i terreni (in situ), inclusi il suolo contaminato
non escavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno. Ai sensi dellart. 41, la precedente direttiva
quadro sui rifiuti abrogata con effetto dal 12 dicembre 2010.
49 Sentenze 7 settembre 2004, causa C-1/03, Van de Walle e a. (Racc. pag. I-7613, punti 47-50), e 24
giugno 2008, causa C-188/07, Commune de Mesquer (Racc. pag. I-4501, punti 57-59).
50 Sentenza van de Walle, cit. alla nota 49 (punto 52).
51 Sentenza van de Walle, cit. alla nota 49 (punto 59).
52 Sentenza Commune de Mesquer, cit. alla nota 49 (punto 74).
53 V. le sentenze van de Walle (punto 60) e Commune de Mesquer (punti 76 e segg.), cit. alla nota 49.
54 V. supra, paragrafi 54 e segg. (in particolare, paragrafo 57).
55 Da non confondersi con le misure di riparazione complementari che, ai sensi dellallegato II, punto 1,
lett. b), sono destinate a compensare la perdita di risorse e/o servizi naturali non ripristinabili.
56 Sentenze 24 marzo 1994, causa C-2/92, Bostock (Racc. pag. I-955, punto 16); 18 maggio 2000, causa
C-107/97, Rombi e Arkopharma (Racc. pag. I-3367, punto 65); 6 novembre 2003, causa C-101/01, Lindqvist
(Racc. pag. I-12971, punto 87); 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-5769,
punto 105), e 26 giugno 2007, causa C-305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a.
(Racc. pag. I-5305, punto 28).
57 Sentenze 3 dicembre 1998, causa C-381/97, Belgocodex (Racc. pag. I-8153, punto 26); 26 aprile 2005,
causa C-376/02, Goed Wonen (Racc. pag. I-3445, punto 32), e 14 settembre 2006, cause riunite da
C-181/04 a C-183/04, Elmeka (Racc. pag. I-8167, punto 31).
58 Sentenze 17 dicembre 1970, causa 25/70, Kster, Berodt & Co. (Racc. pag. 1161, punti 21 e segg.); 18
novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a. (Racc. pag. 4587, punto 15); 13 novembre 1990, causa
C-331/88, Fedesa e a. (Racc. pag. I-4023, punto 13); 7 settembre 2006, causa C-310/04, Spagna/Consiglio
(Racc. pag. I-7285, punto 97), e 17 gennaio 2008, cause riunite C-37/06 e C-58/06, Viamex Agrar Handel
(Racc. pag. I-69, punto 33).
59 Sentenza Elmeka, cit. alla nota 57 (punto 32).
60 V., in tal senso, le sentenze, cit. alla nota 58, Kster, Berodt & Co. (punti 28 e 32), Fedesa e a. (punto
13) e Viamex Agrar Handel (punto 35), nonch le sentenze 11 luglio 1989, causa 265/87, Schrder HS

53

Kraftfutter (Racc. pag. 2237, punto 21), e 12 luglio 2001, causa C-189/01, Jippes e a. (Racc. pag. I-5689,
punto 81).
61 V. allegato II, punto 3.2.1. della proposta della Commissione (cit. alla nota 21).
62 Ci sembra essersi verificato per la prima volta nella versione dellallegato II, punto 1.3.1., di cui al
documento del Consiglio 6191/03 del 13 febbraio 2003.
63 V. supra, paragrafo 145.
64 V. sentenze 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a. (Racc. pag. 4097, punto 15); 15 febbraio
2007, causa C-239/05, BVBA Management, Training en Consultancy (Racc. pag. I-1455, punto 36), e 30
aprile 2009, causa C-75/08, Mellor (Racc. pag. I-3799, punto 59 con ulteriori rimandi).
65 V. le conclusioni da me presentate il 13 dicembre 2007 nella causa C-413/06 P, Bertelsmann e Sony
Corporation of America/Impala (Racc. pag. I-4951, paragrafo 97), e il 22 gennaio 2009 nella causa C-75/08,
Mellor (Racc. pag. I-3799, paragrafo 32).
66 V. ad esempio sentenza 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a.
(Racc. pag. I-3565, punto 65 con ulteriori rimandi).
67 Sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a. (Racc. pag.
I-393, punto 6); ordinanze 19 marzo 1993, causa C-157/92, Banchero (Racc. pag. I-1085, punto 4); 30 aprile
1998, cause riunite C-128/97 e C-137/97, Testa e Modesti (Racc. pag. I-2181, punto 5); 28 giugno 2000,
causa C-116/00, Laguillaumie (Racc. pag. I-4979, punto 15), e 8 ottobre 2002, causa C-190/02, Viacom
(Racc. pag. I-8287, punto 15); sentenze 9 settembre 2004, causa C-72/03, Carbonati Apuani (Racc. pag.
I-8027, punto 10); 17 febbraio 2005, causa C-134/03, Viacom Outdoor (Racc. pag. I-1167, punto 22); 6
dicembre 2005, cause riunite C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04, ABNA e a. (Racc. pag. I-10423, punto
45); 14 dicembre 2006, causa C-217/05, Confederacin Espaola de Empresarios de Estaciones de
Servicio (Racc. pag. I-11987, punto 26), e 2 aprile 2009, causa C-260/07, Pedro IV Servicios
(Racc. pag. I-2437, punto 29).
68 V. il primo considerando della direttiva 2004/18/CE.
69 In merito a questi due presupposti, v. le sentenze 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal (Racc.
pag. I-8121, punto 50); 11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle e RPL Lochau (Racc. pag. I-1, punto
49); 13 gennaio 2005, causa C-84/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-139, punto 38); 11 maggio 2006,
causa C-340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei (Racc. pag. I-4137, punto 33), e 9 giugno 2009, causa
C-480/06, Commissione/Germania (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 34).

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