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IMMANUEL KANT
ILCONFLI O
DELLE FACOLT
a cura di Domenico Venturelli
MORCELLIANA
Presentazione
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L'idea della comunit etico-religiosa che, prospettata come la pi autentica fmma di societas, illumina il
corso della storia umana, dunque tale da non poter
essere completamente attuata dalle mani dell'uomo
(sempre esposto e soggetto alla radicalit del male) e
da richiedere anzi la collaborazione di Dio, la sua associazione al progetto etico dell'umanit. Affidata a
pensieri e a forze umane, calata nella storia e presente in essa in forma incoativa, come un 'gi' e un 'nonancora', l'idea escatologica della ~acn..da Too 'i}eoo
conserva i caratteri inalterabili propri della norma e
del modello: la trascendenza, l'alterit, l'ulteriorit.
L'ideale illuministico della religione razionale, e persino la tendenza a risolvere l'invocazione nell'azione, si
uniscono paradossalmente in Kant alla consapevolezza che soltanto da Dio si potrebbe attendere, in attiva
speranza, la realizzazione del Regno.
Ora, anche quella particolare istituzione storica
che porta il nome medievale di Universit, per essere
intrinsecamente filosofica non sfugge certo alla legge
che presiede, in strutturale identit, al giudizio della
comunit politica e della comunit religiosa. Anche
se ci riferiamo alla comunit dello studio l'idea il
paradigma, la norma, il modello al quale la figura visibile dell'Universit - Universitas phaenomenon, potremmo kantianamente chiamarla - si avvicina ora
pi ora meno. E di nuovo la difficolt ad attuare pienamente l'idea non solo di ordine morale, ma ancor
prima di ordine antologico. La relazione che unisce l'opera al modello sempre aporetica, perch l'archetipo si coglie nel tempo, ma come sovratemporale; e
cos pure l'unit dell'idea si palesa, ma solo nella molteplicit degli attingimenti possibili. Una differenza
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maggiore o minore, ineliminabile e costitutiva, segnala sempre l'eccedenza del paradigma rispetto alla copia, la sua ulteriorit e la sua trascendenza. Se, nell'atto di darsi, l'idea non si sottraesse anche alla presa,
non potrebbe mai costituirsi a nonna che giudica l'opera, compresa la realizzazione pi felice.
Ma si vorr cos derivare l'Universit- o la Chiesa,
o l'aula di giustizia - da un'idea? non si ignora in questo modo la storia e non la prospettiva stessa insensata? Vorremmo per capire meglio di che cosa si
tratta. Non infatti per un mero artificio retorico che
Kant, nelle prime pagine del Conflitto delle facolt,
prospetta l'istituzione dell'Universit come se fosse il
parto di un proto-inventore o l'opera di chi sa quale
mitico artefice: <<Fu felice l'idea di chi per primo concep e propose di attuare pubblicamente il progetto
d'organizzare l'intero complesso del sapere (propriamente le menti che vi si dedicano) mediante la divisione dei lavori, press 'a poco sul modello di una fabbrica dove fossero impiegati, in base al numero delle
discipline scientifiche, un numero eguale d'insegnanti pubblici, di professori nel ruolo di depositari delle
scienze, che riuniti costituissero una specie di comunit del sapere chiamata Universit (o anche scuola
superiore), dotata di una propria autonomia (perch
solo dei dotti sono capaci di giudicare altri dotti)4.
Se la fictio kantian~ implicasse la reale ignoranza della
storia di questi istituti, sorti dalle esigenze pi varie,
per derivarli astrattamente da un'idea, avremmo ragione di dire, con Humboldt, che in deduzioni del
genere resta sempre qualcosa di inutile e falso. Ma
evidentemente l'intento di Kant non questo, come
non d'indagare gli inizi effettivi, per altro oscuri ed
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in alcuna relazione essenziale con l'idea della comunit dello studio, bench con la vita dell'Universit si
confondano spesso, per corromperla alla radice. Ma
a questo vizio, al quale si associano le manifestazioni
di uno spirito adulatorio e servile, la facolt filosofica
naturalmente esposta come tutte: ne la testimonianza pi antica ed eloquente il fatto che il 'filosofo'
abbia avvertito l'esigenza di screditare, sotto il nome
altrimenti glorioso di 'sofista', la propria negazione e
la propria parodia.
2. - Il modulo narrativo prescelto da Kant, la .fictio
del proto-inventore, risponde dunque al concreto bisogno d'interporre tra s e le angustie del 'proprio
tempo' l'intervallo dell'ironia e della narrazione mitica, lo spazio aperto dalla filosofia: quanto pi ampio
il solco da questa scavato, tanto pi il discorso ac.
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qmsta una contemporanezta vera e profonda, la contemporaneit assiologica che nasce, nel caso presente,
dalla rivendicazione palese del diritto all'uso pubblico
della ragione e dall'aperta difesa del principio della libert religiosa. Per essere un trattato politico, o anche
solo un trattato giuridico e pubblicistico (de iure principis), capace di fornire un criterio per valutare i conflitti di competenza tra le facolt, il saggio kantiano
deve concernere l'Universit stessa, il .fine al quale
un'istituzione del genere non pu non rispondere (almeno in linea ideale). Anche la celebre 'Prefazione' al
Conflitto, nel momento di riferire ampiamente delle
limitazioni e delle strettezze dell"epoca', verte in sostanza sul punto essenziale, mai indifferente al filosofo, della libert religiosa: essendo unita all'origine della vita etica nell'individuo questa, infatti, la sola
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propizia occasione pu suscitare un moto di progressiva rij01ma, capace d'estendersi dall'Universit alle
Chiese, allo Stato e alla societ civile in genere, deriva
quindi per Kant dalla sua origine e dalla sua natura
etico-religiosa, e il Conflitto delle facolt pu consapevolmente inserirsi nella linea 'illuministica' del progresso e persino tingersi di una sottile, altrimenti incomprensibile venatura 'chiliastica', proprio perch Kant,
obbedendo alla nativa ispirazione platonica del suo
pensiero, rivendica cautamente il ruolo di ideale guida politica, di guida etico-religiosa dell'umanit al filosofo: <<In questo modo potrebbe ben un giorno accadere che gli ultimi diventino i primi (la facolt inferiore
la superiore), certo non nell'esercizio del potere, ma
nel consigliare chi lo detiene (il governo): nella libert della facolt filosofica e nell'intelligenza che ne ricava, esso troverebbe miglior mezzo per conseguire i
propri fini che nella propria assoluta autorit 7
Se il filosofo lascia cadere sul discorso il grano di
sale dell'ironia, se dell'Universit prospetta una fondazione mitica e ideale, non dunque perch ignori
la storia, ma perch ne subisce gli effetti; non per
celare maliziosamente il vero, ma per rendere accettabile una verit che ancora spiace ed molesta ai potenti. Certo Kant esclude che debba realizzarsi concretamente l'esigenza platonica: <<Non c' da attendersi
che i re filosqfeggino, o che i filosofi diventino re e
neppure da desiderarlo, perch il possesso del potere
corrompe inevitabilmente la libert del giudizio 8
Nondimeno egli ritiene che sia compito del filosofo
di consigliare il politico ed esige che la filosofia, nelle
Universit, possa parlare apertamente, anche e specialmente se il discorso verte sulla religione. Proprio
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nella libert religiosa Kant ha saputo infatti individuare, senzaesitazioni, l'acquisizione pi genuina dell'illuminismo <<come uscita dell'uomo dallo stato di minorit che egli deve imputare a se stesso. Il senso
della celebre Risposta alla domanda: che cos' l'illuminismo? (1784) non si presta certo ad equivoci: <<lo ho
posto il culmine dell'illuminismo soprattutto in materia religiosa, poich in fatto di arti e di scienze i nostri
sovrani non hanno interesse a fare i tutori dei loro
sudditi. Inoltre, fra tutte le forme di minorit, la minorit in materia religiosa la pi dannosa e anche la
pi umiliante9. Nella sfera religiosa, che tocca l'origine stessa della libert nell'individuo, si decide infatti
la destinazione storica dell'uomo e il cristianesimo, se
rinunziasse a parlare con autorit dispotica per tornare, dopo ogni caduta, a ispirarsi a genuini sentimenti
liberali, potrebbe davvero autenticarsi, secondo la felice conclusione del saggio La fine di tutte le cose
(1794), come la religione eticamente pi elevata e pi
amabile. Lungi dal contraddire la verit del vangelo,
l'ideale dell'illuminismo si collega per Kant all'origine cristiana e anzi, contro le deviazioni e le corruzioni ricorrenti nella storia, favorisce la comprensione
genuina dell'annunziolo.
3. - Nonostante l'aspetto desolante della storia
umana induca a contemplare, tra le altre ipotesi prospettate nella seconda parte del Conflitto, anche quella della mancanza di un senso e di uno scopo finale, il
pensiero di Kant, inserendosi cautamente nella prospettiva del progresso, non solo disposto a ricercare
gli indizi che manifestano la tendenza morale del genere umano e a raccogliere dall'esperienza i segni (se
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sit, la quale si ridurrebbe senza essa a un nome vuoto o (come lamenta Jaspers negli scritti dedicati alla
Idee der Universitiit) a un aggregato di discipline e di
metodi accostati per gli scopi pi diversi, a uno spaccio di conoscenze che, sma11 ita la consapevolezza della loro connessione, devono la loro unificazione a decisioni di natura politica, economica o amministrativa.
L'idea kantiana dell'Universit non sarebbe dunque comprensibile fuori del primato della filosofia
pratica, ovvero della filosofia come etica. questo il
punto decisivo, prospettato chiaramente gi nelle pagine dell"Architettonica della ragion pura'; questo
il nodo essenziale al quale riporta la ricorrente distinzione tra concetto 'scolastico' e concetto 'cosmico'
della filosofia. Se, in base al primo concetto, la filosofia manifesta il suo carattere conoscitivo e sistematico,
in base al secondo essa rivela soprattutto il suo carattere teleologico e pratico. Ancora nella breve 'Prefazione' all'Esame della filosofia della religione kantiana
( 1800) di Jachmann, Kant torna a dire: La filosofia,
nel senso proprio del termine, come dottrina di saggezza (Weisheitslehre), ha un valore incondizionato; essa
infatti dottrina dello scopo finale della ragione
umana. Questo scopo pu essere uno solo e, rispetto
ad esso, tutti gli altri fini stanno in second'ordine e
debbono venir subordinati. Il filosofo pratico, nel sen. so verace e pieno del termine (un ideale), colui che
realizza in pieno in se stesso questa esigenza>>2 1
Ora, il concetto pratico della filosofia non solo il
tacito presupposto del disegno abbozzato nello Streit,
ma l'unico filo conduttore che lega internamente
tra loro le tre parti di cui Il conflitto della facolt si
compone, in modo da tenerle unite, non solo giu-
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24 .
(per quanto l'idea sia contrastata finemente da fisiologi e scettici) ha impresso alla filosofia moderna la
sua caratteristica impronta, e Kant, muovendo dall'interrogativo apertamente problematico della celebre
lettera a M. Herz del febbraio 1772 - <<Ho chiesto a
me stesso: su quale fondamento si basa la relazione
tra ci che in noi detto rappresentazione e l'oggetto? - provocher infine, nel principio della scienza,
la rivoluzione che pone l'io puro a base di ogni forma
del sapere. L'avere chiamato questa svolta col nome
di rivoluzione copernicana suona comunque un'ironia alla quale la storiografia filosofica fatica a volte a
sottrarsi. Se la rivoluzione astronomica inaugurata
dal genio di Copernico comporta infatti che la terra e
l'uomo siano cacciati dal centro dell'universo, e la
conseguente perdita di una fantastica posizione di
privilegio tra gli astri e tra le creature, opposto il segno della rivoluzione attuata nel principio della scienza: sua Maest il soggetto instaura il proprio regno in
tutti i rami del sapere e, fuori dell'io penso e della sua
legislazione, non c' pi un possibile universo. Fin dall'inizio implicito nella prospettiva di Cartesio, presente in quella di Kant, sempre combattuto e sempre ricorrente il rischio della riduzione del mondo a
parvenza: perci non solo l'idealismo, ma il solipsismo
e il conseguente nichilismo sono esiti e rischi impliciti
nella rivoluzione introdotta nel cuore della scienza.
Ma la svolta pi importante si compie, nella filosofia di Kant, quando, compreso il carattere radicalmente finito della scienza umana, l'io legislatore riconosce d'essere lui per primo soggetto alla Legge;
quando l'io si sente chiamare col tu, nella f01ma categoricamente imperativa della responsabilit infinita
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nei confronti delle creature viventi e dei propri fratelli. Come, dopo che ebbe ucciso, accadde a Caino d'udire una voce che lo fece tremare: <<'Dov' Abele, tuo
fratello?' E Caino rispose: 'Non lo so. Sono io forse il
custode di mio fratello?',23.
Nessuna deduzione della pluralit dei mondi dal
loro Principio (Uno, Assoluto, Sostanza, Natura, Spirito: Ego sum qui sum), nessuna scienza divina e nessun titanismo umano, ma semplicemente l'etica al
centro del pensiero kantiano ed per il filosofo la
misura dell'umana grandezza. E forse Kant paventa le
conclusioni prospettate daJacobi per le filosofie della
soggettivit, prevede l'esito solipsistico e nichilistico della vicenda moderna dell'io quando, ormai vecchio, rivolgendosi a Fichte e rifiutando ostinatamente di valicare il confine della conoscenza finita, giudica con
pungente ma inquieta ironia la Subtilitiit der theoretischen Spekulation, <<soprattutto se tocca il suo pi recente, acuminatissimo apice; e sconfessa infine Io
svolgimento geniale del suo pensiero, per schierarsi
pubblicamente dalla parte dell'intelletto comune24.
Anche l'organizzazione dell'Universit, la figura
autentica della Einteilung e del Verhiiltniss der Fakultiiten non dipendono solo dalla scienza, ma soprattutto
dal fine e dall'orientamento etico dei diversi saperi; e
dall'etica l'Universit pu conseguire, in prospettiva
kantiana, un'unit pienamente conforme alla natura
della ragione mnana: unit non soltanto logica, non
semplicemente empirica o tecnica, ma genuinamente
pratica - unit conferita dal bene come scopo finale
(Endzweck).
Con la trasformazione della filosofia in Dottrina
della scienza, o in Scienza della logica, l'indirizzo fonda-
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~- ~ Il ~roble~a dell'organizzazione degli studi supenon, e m particolare dell'Universit, si pu oggi ricondurre a un interrogativo che difficile eludere, a
una domanda che tutti abbiamo udito founulare molte volte: esiste ancora una relazione tra le scienze e la filosofia? e in cas? affem~ativo, quali le figure di questo
rap~o~o? Ch1, sotto l urgenza di tale problema, raccogb_e m un unico sguardo il disegno della critica
kant1ana della ragione, non incontra particolari difficolt a concludere che la nostra situazione odierna
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segnata dal_ dominio tecnico-scientifico per un verso, e
da una radzcale problematicit, che investe il senso e il
valore dell'esistenza, per l'altro, come prefigurata,
prefounata negli esiti del criticismo.
~ para~one d_ello scetticismo gnoseologico di Hume Il pensiero d1 Kant sembra sorretto da un'incrollabile fiducia nel carattere conoscitivo delle scienze
ma_ a questa convinzione non s'accompagna alcuna il-'
luswne: esclusa dal noumeno, limitata al fenomeno la
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scienza non e la VIa della salvezza n la via della felicit. ~nzi, Kant pienamente consapevole della natura
radicalmente finita di ogni umano sapere. Perci, nella sua prospettiva, la relazione che unisce le scienze
alla filosofia pu essere fondamentalmente indagata
sotto due profili distinti e connessi, a seconda che
delle scienze si consideri il rapporto con la filosofia
trascendentale o quello con l'etica (naturalmente anche
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(u1tap), esse dischiudono tuttavia vere e proprie regioni antologiche. Per questo, lo sappiano o no, si
rapportano alla filosofia. L'analogia e l'affinit con le
prospettive di Platone e di Kant dichiarata ed evidentissima, e non si ferma nemmeno al tentativo di
fondazione trascendentale (ovvero antologica) delle
scienze positive, poich lo stesso problema che al
centro della meditazione di Heidegger, la Seinsfrage,
la questione dell'essere e della differenza antologica,
svolta in tutta la sua articolata complessit e la sua
interna ricchezza, non pu non legarsi al tema dell':yat}6v. <<L'Ma Toii ayat}oii, che ancora oltre
l'ente e il regno delle idee, l'in-vista-di; il che significa: la determinazione autentica che trascende la totalit delle idee e le organizza nello stesso tempo come un intero; l'in-vista-di, in quanto 1t1CEtVa, supera
le idee, ma insieme le determina proprio nell'atto di
superarle e conferisce loro la forma della totalit, la
lCOtvrovla, la necessit. Se quindi nell'idea suprema
ravvisiamo il carattere dell'oiS gVEJCa, facciamo venire
in luce il nesso tra dottrina delle idee e concetto di
mondo [... ]. Ma un in-vista-di essenzialmente possibile soltanto l dove c' una volont [... ]. Solo dove
c' libert si ha un in-vista-di, e soltanto l c' un
mondo. Insomma, trascendenza dell'esserci e libert
si identificano>> 2s. Anche percorrendo la via di Heidegger ritroviaVto dunque, nel modo pi originario,
collocata nel cuore della prospettiva antologica, la nostra seconda questione - in termini kantiani dovremmo dire: il problema dell'etica e (per la prospettiva
ch ora interessa) della relazione delle scienze con l'etica e il religioso.
L'essenziale, qui, non porre il problema in tenni30
ni polemici (<<la scienza non pensa, suona una troppo nota e per lo pi fraintesa sentenza di Heidegger);
ma la consapevolezza che le scienze moderne,
emancipandosi dalla medievale tutela teologica, diramandosi dal tronco comune della filosofia e rivendicando il loro carattere autonomo, devono per questo
non gi diminuire, ma accrescere ed esaltare la loro intrinseca religiosit, eticit, ontologicit. E in questo senso
si pu e si deve sempre additare nella libert religiosa
il principio della libert filosofica e della libert scientifica, essendo osservazione non solo acuta, ma profondamente vera che <<alla base dell'Universit, in ogni
facolt e disciplina in cui questa si articoli, sta il Fragen>>: l'interrogare in cui si raccoglie la pietas del pensiero di fronte all'essente nella sua totalit. <<Questo
Fragen alla radice di ogni scienza esistente o immaginabile, e solo nel nascere da, nell'essere percorsa
dal soffio di tale interrogare ogni particolare Wissenscha.ft (scienza) Wissen (scire- nel senso, naturalmente, difragendes Wissen),29. Ogni lavoro scientifico si lega, infatti, non solo a progetti particolari, ma anche,
pi o meno consapevolmente, a una previa comprensione dell'uomo e del mondo, a presupposti extrascientifici ai quali alla fine ritorna, perch la scienza
stessa un abito, un'attitudine, una possibilit radicalmente finita dell'essere-nel-mondo.
Qual il senso della scienza? Certo un accenno di
senso ogni volta conferito dal progetto scientifico e
dagli scopi pratico-tecnici che si conseguono con l'applicazione di determinati risultati della ricerca teorica. Ma ad altra, pi radicale necessit allude l'interrogativo che Weber ha raccolto da Tolstoi: al bisogno
di giustificare la scienza dinanzi all'esistenza, all'esigen31
za di un orientamento etico del sapere e di una comprensione religiosa del. mondo. Perci, nell'ambito
della scienza, quell'interrogativo non pu che rimanere privo di risposta, sia che si difenda strenuamente il
carattere conoscitivo delle scienze come sola fmma di sapere verificabile, vincolante, oggettivo (Kant, Jaspers),
sia che delle scienze si segnali la natura economica, utilitaria, pragmatica pi che conoscitiva (Bergson e, diversamente, Croce).
L'esempio forse pi chiaro proviene ancora dall'arte e dalla scienza medica: l'innocente crudelt con
la quale, esaurita la sfera di ogni possibile prestazione
terapeutica, il medico costretto ad abbandonare il
paziente a un male inesorabile, alla consunzione e alla morte, tentando almeno di lenire il dolore, non
solo l'ammissione dei confini della scienza, che domani saranno ampliati, ma di un suo limite che pare costitutivo e insuperabile (la morbilit, la mortalit). Vero che alle tecniche avanzate della medicina si
aprono frontiere nuove e inespiorate, opportunit
che per la prima volta conferiscono all'uomo il potere di programmare la natura, scoperta come un dato
modificabile, come una virtualit e un progetto aperto. Lo studio della cellula, del suo nucleo, dei suoi
elementi chimici (acidi nucleici, enzimi, proteine)
consente oggi al genetista d'entrare nella fabbrica segreta della na_tura naturans, sino a determinare preventivamente le modificazioni strutturali della natura
naturata. Per questo aspetto l'affinit tra la facolt
medica e la facolt filosofica anche pi grande e pi
profonda di quanto Kant stesso poteva intuire, quando gi la prospettava nel segno della libert. Ma appunto in questi nuovi e sotto certi profili inquietanti
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questa non precisamente la pi piacevole delle situazioni. Ma io stesso ne ho colpa. Infatti, perch
non intendo far posto alla giovent che vuole salire e,
per vivere, mi diminuisco l'abituale piacere della vita?
perch trascino a forza di rinunzie, per una durata
fuori del comune, una debole vita e scompiglio col
mio esempio i registri mortuari, dove le misure si tagliano sui pi deboli per natura e sulla durata probabile della loro vita? perch sottopongo tutto ci che
in passato si diceva destino (al quale ci si sottometteva con devota umilt) alla fermezza del proposito,
che tuttavia difficilmente sar adottato per universale
regola dietetica in base alla quale la ragione esercita
direttamente una virt salutare, e che non sostituir
mai le fmmule terapeutiche della farmacia?,,3o.
Sono, questi, interrogativi inevitabili, con i quali
Kant non intende porre in dubbio l'utilit della dietetica, n della terapeutica o della chirurgia, ma soltanto ricordare che i compiti dell'arte e della scienza medica s'inserivano in un'interpretazione pi vasta della
destinazione ultima dell'uomo, in un orizzonte di senso o di non-senso che dal filosofo e dallo scienziato
consapevole non mai ignorato. In modo diverso da
Kant allude a questo orizzonte anche G. Leopardi, capace (poich il desiderio insopprimibile di un'impossibile felicit lo spinge a scoprire la chimericit delle
nuove fedi scientifiche) di penetrare la povert e l'ingenuit delle moderne illusioni, di guardare con occhio beffardo le magnifiche mete proposte all'umano
progresso e di riderne. <<Ho veduto le lezioni di un tedesco, il sig. Hufeland, dell'arte di prolungare la vita,
lezioni dettate da lui per una cattedra ch'egli occupava, dedicata espressamente a quest'arte. Prima biso34
gnava render la vita felice, e quindi prolungarla. Infelicissima com', stimerei molto di pi chi m'insegnasse ad abbreviarla, perch non ho mai saputo che sia
degno di lode e giovi al pubblico colui che insegna a
prolungare l'infelicit3t. Mediti per il lettore l'utilit
e il danno della lucida argomentazione leopardiana, e
giudichi per suo conto onestamente se l'antica saggezza
di Sileno pu avere altro o maggiore valore che di rammentare l'insuperabile problematicit dei 'presupposti'.
Ora, le considerazioni precedenti non concernono
la medicina pi delle scienze in genere: tutte esistenziali e storiche (anche le cosiddette scienze naturali) riportano dopo lungo giro a problemi extra-scientifici affidati solo alla libert, alla scelta e alla responsabilit
dei singoli; conducono a domande che sorgono anche
pi urgenti quando l'intera circonferenza dei saperi
sia stata percorsa. Qual il senso della scienza? La struttura di una conoscenza tale solo nella via di un progresso infinito racchiude in s qualcosa di assurdo, e
la tendenza diffusa ad affidare la nostra esistenza, in
misura crescente, a qualcosa di cos costituito, di perennemente incompiuto, di sempre indigente, un
paradosso che non pu restare a lungo celato. Poich
proprio la via del progresso infinito a mostrare la loro natura condizionata e finita, le scienze non solo urteranno sempre nel non ancora conosciuto e tuttavia
conoscibile, ma diventeranno via via pi consapevoli
del mistero, dinanzi al quale restituiscono gi ora la parola al pensare, che internamente le orienta e le guida.
6. - II giovane Nietzsche non vaneggiava quando,
nelle conferenze basileesi Sull'avvenire delle nostre scuole (1872), dopo avere accostato come naturali alleati la
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spinta ad ampliare e a estendere la Bildung e la correlativa tendenza a fiaccarla e svilirla, collegava questo
carattere generale della nostra epoca alle angustie dello specialismo per un verso e alla superficialit del
giornalismo per l'altro. <<Ora - scriveva - siamo gi arrivati al punto che in tutte le questioni generali di seria
natura- e soprattutto nei massimi problemi filosofici
-l'uomo di scienza come tale non pu pi prender la
parola. Per contro, quel vischioso tessuto connettivo
che si inserito oggi tra le scienze, ossia il giornalismo, crede che questo compito sia di sua pertinenza,
e Io adempie poi conformemente alla propria natura,
cio, come suggerisce il nome, come un lavoro a giornata. Nel giornalismo confluiscono in una le due tendenze: qui si porgono la mano l'estensione e la diminuzione della cultura>>32.
La miopia dello specialismo pregiudizialmente avverso alla formazione completa dell'uomo, e la cattiva
filosofia dei giornali e dei media, oggetto d'ironia in
Goethe e in Leopardi prima che in Nietzsche, possono per rendere ragione solo di quello che, sotto la
maschera e il chiasso del successo mondano, in un'et
che si crede progredita, diventa guasto, superficiale e
vuoto. Pi in profondit, nella situazione odierna, la
rinunzia non al vero tessuto connettivo delle scienze, ma
- come notava Piovani - a un pr~sunto sapere superiore, unifican~e, totalizzante, connessa, pi che ai
vizi dello specialismo inconcludente, alla necessit
ineludibile della specializzazione: la pluralit, persino
l'asistematicit ddle scienze, sembrano oggi alludere a
un insuperabile pluriprospettivismo, a una molteplicit
di accessi parziali alla realt e di relative, talora divergenti finalit.
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di centri di ricerca autonomi e specializzati, l'Universit pu dunque ancora essere tale, saldamente poggiata sulle basi della libert e della verit. Anzi, essa
pu vivere solo nella forma di un monadologismo riformato e corretto, non solo perch l'autonomia delle
singole scienze richiede l'apertura reciproca delle
monadi, la comunicazione interdisciplinare e la circolazione pi vasta delle conoscenze; ma perch un
identico carattere etico accomuna le diverse prospettive e orienta i molti saperi, relativi e parziali, verso un
fine pi alto, dal quale possono trarre un'intima giustificazione, un senso e un valore pienamente umani.
Di questo fine, che veramente 1tKEtva Tij ocrla,
al di l della scienza e dell'essere, la filosofia, come Platone ha insegnato, pu parlare solo in modo indiretto e mai in forma esaustiva; soprattutto nell'et segnata dall'esperienza storica dell'assenza di Dio pu
alludervi quasi solo per cenni.
Platone (per la sua idea del bene al di l della
scienza e dell'essere), Leibniz (non per l'idea di una
mathesis universalis, ma per il suo monadologismo) e
Kant (per la sua fede razionale coerentemente unita
al rifiuto della scienza totale) potrebbero essere ancora i geni tutelari di ogni riforma dell'Universit.
La crisi dell'Universit, nel suo nucleo pi intimo,
uno dei pi gravi riflessi del nichilismo contemporaneo, perch noi, gli odierni prigionieri della platonica
caverna, abbiamo convertito il Bene in nulla. La storia
del nostro secolo, vanaglorioso di progressi scientifici
e di conquiste tecnologiche, ha mostrato con assoluta
evidenza - con le sue guerre totali, le sue sanguinose
rivoluzioni, i suoi razionali ste1 mini, i genocidi su vasta scala, la fame e la miseria pianificata - che pu es-
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Domenico Venturelli
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NOTE
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17. Gv 8, 32.
. .
18. Gi nell'Idea di una storia universale dal punto d~ vzsto cosmoolitico (1784) Kant scrive: Si noti che la filosofia puo anche_ avep 1
"llenans mo ma esso cos fatto che la sua 1dea,
,
d
1
re 1 suo mz
sebbene molto da lontano, pu aiutare anch essa ~ a~cmar a
mta; dunque un millenarismo tutt'altro che; ch1m~nco; Ak.:
VIII, 27 (in Scritti politici, ci t., p. 134). T~le ~mllenar~s_mo non SI
"f .P e solo al problema della migliore cosutnnone potztzca, _ma an~h:~:~ecialmente nella Religione entro i limiti d~lla_sola ragzone, all'idea della comunit etico-religiosa e del Regn~ di Dt? sulla tei' a..
19. Le pagine pi significative di Scheliing, .F1c~te, ~~hleler
macher, Steffens e Humboldt sul problema d<:ll Umvers1ta sono
opportunamente raccolte in un solo volume, Die Idee der deu~~
'
"fl di F
.
r
21. Vorrede zu R.B.jachmanns Prilfung der kantiSchen Re zgzonsphilosophie (1800), Ak., VIII, p. 441. .
. .
_
22 Ho riproposto qui per sommt cap1 (e m parte lett~~l~en
te) qu~nto ho gi sostenuto nello scritto In margine a!la d':tmz10ne
tra concetto 'scolastico' e concetto 'cosmico' della filosofia, m Etzca e fede
filosofzca, Napoli 1989, in particolare pp. 6&6:. .
"'
.
23. Gn 4, 9. Sembra alludere a questo ep1sod1o dell~ pm antica storia umana un brano della Critica della ragion pratzca, Ak., V,
pp. 79-80 .
ti;
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Per quanto concerne il primo punto, cio l'accusa che si leva contro di me, la na coscienziosa giustificazione questa:
gi i manuali di Baumgarten 4 sui quali n sono basato, e
che soli hanno verosimilmente qualche relazione col no
insegnamento, basterebbero a provare che io, come maestro
della giovent, cio, a quanto capisco, nelle lezioni accadenche, non ho mai mescolato, n potevo farlo, la critica
della Sacra Scrittura e della religione cristiana. In essi infatti non s'incontra un solo titolo che riguardi la Bibbia e il
Cristianesimo, e nemmeno vi si potrebbe incontrare, trattandosi di pura filosofia. Meno che mai, poi, n si potr
rimproverare l'errore di travalicare i confini di una data
scienza, o di confonderli, invadendo il campo di un'altra,
perch proprio io ho sempre censurato e messo in guardia
contro questo difetto.
Che non abbia trasgredito le supreme intenzioni del Sovrano, a me ben note, nemmeno come maestro del popolo,
negli scritti, non in specie nel libro La religione entro i Iinti della sola ragione, che non abbia insomma recato
pregiudizio alla religione di stato, risulta gi chiaro dal fatto
che quel libro non adatto a questo scopo, essendo piuttosto per il pubblico un libro chiuso, inintelligibile, che
prospetta solo una discussione tra i dotti delle facolt, un
dibattito di cui il popolo non si cura. Ma le facolt sono Iibere di giudicarne pubblicamente secondo la loro migliore
scienza e coscienza, e solo i maestri incaricati dell'insegnamento popolare (nelle scuole e dal pulpito) sono vincolati
a quel risultato delle discussioni scientifiche che ottiene la
sanzione del Sovrano ai fini dell'insegnamento pubblico. E
invero per la ragione che la Casa regnante non ha inventato da s la propria_ fede religiosa, ma ha potuto acquisirla
solo per la medesima via dell'esame e delle rettifiche operate dalle facolt competenti (di teologia e di filosofia); di
conseguenza autorizzata non solo a concedere, ma addirittura ad esigere che le facolt, trante i loro scritti, facciano conoscere al governo tutto ci che, a loro giudizio, .
giova alla religione di stato.
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Vostra Maest, che in avvenire m'asterr del tutto, nelle lezioni e negli scritti, da ogni insegnamento pubblico concernente la religione, sia essa naturale o rivelata.
Con la pi profonda devozione, per tutta la vita ecc.
La storia ulteriore della continua attivit a favore
d'una fede che s'allontanava sempre pi dalla ragione
cosa nota.
L'esame dei candidati al sacerdozio venne affidato
a una commissione di fede il cui giudizio si basava su
uno schema examinationis di foggia pietistica; commissione che spinse in gran numero i candidati in teologia coscienziosi ad abbandonare la professione di pastore, portando come conseguenza la sovrappopolazione
della facolt giuridica; una sorta d'emigrazione che,
casualmente, pu avere avuto anche la sua utilit1. Basti un piccolo esempio a dare l'idea dello spirito
che animava la commissione: dopo aver preteso una
contrizione necessariamente anteriore al perdono,
s'esigeva ancora una profonda afflizione (maeror animi) dovuta al pentimento, e il problema era se l'uomo
potesse darsela da s. Quod negandum ac pemegandum,
era la risposta; il peccatore tutto contrito costretto a
implorare il pentimento specialmente dal cielo. Ora,
d'assoluta evidenza che chi costretto a implorare il
pentimento (per la sua trasgressione) non si pente realmente dell'atto compiuto; sembra una cosa tanto contraddittoria quanto la richiesta riferita alla preghiera,
che debba essere fatta con fede, per essere esaudita.
Infatti, se l'arante ha la fede non ha perci bisogno di
* Scelsi con accortezza anche questa espressione, per non rinunziare per sempre, in questo processo di religione, alla mia libert di giudizio, ma solo finch fosse in vita Sua Maest.
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Parte Prima
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facolt retta dal proprio Decano. Questo titolo, mutuato dall'astrologia, indicava originariamente una delle tre divinit astrali che presiedono a un segno dello zodiaco (di 30 gradi),
governando ogni divinit IO gradi. Esso stato dapprima trasferito dalle stelle agli accampamenti militari (ab astris ad castra; Salmasius, De annis climacteriis, p. 56I)7 e infine addirittura alle
Universit, senza per badare proprio al numero IO (dei professori). Non si vorranno biasimare i dotti, che per primi hanno inventato quasi tutti i titoli onorifici con cui ora si adornano gli
uomini di Stato, per non aver trascurato se stessi.
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l'Universit) una dignit riconosciuta da tutti (ad accordare loro un grado), insomma a crearne la figura.
Oltre ai dotti membri della corporazione, possono essercene anche di indipendenti, che non fanno parte
dell'Universit, ma, elaborando solo una parte del
grande complesso del sapere, o costituiscono certe libere associazioni (chiamate Accademie, o anche Societ
delle scienze) che sono quasi altrettanti laboratori, o vivono per cos dire nello stato di natura del sapere, e
si occupano da dilettanti del suo ampliamento e della
sua diffusione, ciascuno per conto proprio, senza ubbidire a noune e regole pubbliche.
Si devono inoltre distinguere dai veri e propri dotti i letterati (persone istruite); come strumenti del governo, che ricoprono un ufficio pubblico per uno
scopo politico (e non per il bene delle scienze), essi
devono certo avere compiuto i loro studi all'Universit, ma pu darsi che abbiano dimenticato molto
(quanto riguarda la teoria) - indispensabile per
che abbiano ritenuto almeno quanto occorre per
adempiere una funzione civile che, per i principi che
ne sono a base, pu dipendere solo dai dotti, cio almeno la conoscenza empirica degli statuti del loro ufficio (quanto insomma concerne la prassi); li possiamo quindi chiamare funzionari o tecnici del sapere.
Affinch non travalichino il potere giudiziario, che
compete alle facolt, essi devono essere rigorosamente disciplinati dal governo: essendone infatti gli strumenti (ecclesiastici, magistrati e medici) esercitano
sul pubblico un'influenza legale e costituiscono una
classe speciale di letterati, ai quali non si permette di.
usare pubblicamente il sapere a propria discrezione,
ma solo sotto la censura delle facolt; inoltre essi si ri-
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col governo un contratto. - Un governo che s'intromettesse nelle dottrine e quindi anche nell'ampliamento e nel perfezionamento delle scienze, che riservasse di conseguenza al sovrano la parte del dotto,
per questa pedanteria finirebbe col perdere il rispetto che gli dovuto, ed al di sotto della sua dignit
accomunarsi al popolo (alla sua classe dotta), che non
intende scherzi e pettina tutti a un modo coloro che
nelle scienze s'immischiano.
Per la comunit scientifica una necessit imprescindibile che, nell'Universit, vi sia anche una facolt_~
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dall'ordine del governo, abbia la libert non d'im-~
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.ti che il governo pu usare per conseguire il suo scopo (d'influenzare il popolo), si dovrebbero disporre
1 nell'ordine seguente: per prima cosa il bene eterno di
( ognuno; poi il bene civile, come membro della socie' t; infine il bene del corpo (la longevit e la salute). Con
gli insegnamenti pubblici che concernono il primo bene il governo pu esercitare la pi grande influenza
persino sui pensieri pi segreti e sulle pi riposte in''
'' tenzioni dei sudditi, per scoprire gli uni e dirigere le
altre; con le dottrine relative al secondo, esso pu tenere sotto il freno di pubbliche leggi il loro comportamento esteriore; con quelle che si riferiscono al terzo,
pu assicurarsi l'esistenza di un popolo forte e numeroso, del quale servirsi, all'occorrenza, per i propri disegni. - Secondo la ragione s'instaurerebbe dunque
tra le facolt superiori il consueto ordine gerarchico:
per prima la facolt di teologia, poi quella di legge e infine la facolt di medicina. Secondo l'istinto naturale
sarebbe invece il medico la persona pi importante
per l'uomo, perch prolunga il termine della sua vita;
subito dopo verrebbe il giurisperito, che gli promette
di conservare l'eventuale propriet; e solo per ultimo,
per quanto si tratti della beatitudine, sarebbe cercato
il sacerdote (quasi soltanto se si in punto di morte):
perch anche lui, per quanto esalti la felicit del mondo a venire, non vedendone per nessuna traccia davanti a s, desidera
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alcun dubbio sulla giustezza delle loro affermazioni, essi possono evidentemente agire in questo modo tanto pi sicuramente perch, in questa vita,
non ne devono temere una confutazione dovuta all' esperienza.
c) Peculiarit della facolt medica
Il medico il detentore di un'arte, e tuttavia, poich la sua arte non pu che essere mutuata direttamente dalla natura e derivare perci da una scienza
della natura, come dotto egli subordinato a qualche
facolt nella quale deve aver fatto i suoi studi e al cui
giudizio resta sottoposto. - Ma poich il governo
necessariamente molto interessato al modo in cui il
medico cura la salute del popolo, esso autorizzato,
tramite un'assemblea elettiva di professionisti di questa facolt (medici generici), a sorvegliare sull'operato pubblico dei medici, mediante degli ordinamenti
sanitari e un Consiglio superiore della sanit. Per la particolare natura della facolt di medicina, per il fatto
che essa deve desumere le regole della sua condotta
non dall'ordine di un capo, come le due precedenti
facolt superiori, ma dalla natura stessa delle cose per cui le sue dottrine dovrebbero originariamente
appartenere anche alla facolt di filosofia intesa nel
senso pi largo-, gli ordinamenti sanitari consistono
per non tanto in quello che i medici devono fare,
ma in quello da cui si devono astenere. Vale a dire: in
primo luogo che vi siano medici per il pubblico, in secondo luogo che non vi siano medicastri (nessuno ius
impune occidendi, secondo il principio: fiat experimen-
tum in corpore vili). Ora, poich in base al primo principio il governo provvede alla pubblica comodit e in
base al secondo alla pubblica sicurezza (nelle questioni
della sanit), costituendo questi due compiti un servizio di polizia, ogni ordinamento sanitario riguarder
propriamente solo la polizia sanitaria.
Questa facolt dunque molto pi libera delle prime due facolt superiori, ed strettamente affine a
quella filosofica; anzi, quanto alle dottrine con cui i
medici vengono formati libera del tutto, perch per
essa non possono esserci libri sanzionati per autorit
del sovrano, ma solo libri attinti dalla natura, e nemmeno vere e proprie leggi (se per esse s'intende lavolont immutabile del legislatore), ma solo ordinamenti
(editti), la cui conoscenza non costituisce un sapere:
per esso ci vuole un insieme sistematico di dottrine
del quale la facolt certo detentrice, ma che (non
essendo contenuto in un codice) il governo non ha
competenza di sanzionare e deve invece affidare alla
facolt, mentre esso pensa esclusivamente a favorire,
con prontuari farmaceutici ed istituti ospedalieri, l'attivit dei medici generici nell'esercizio pubblico della
loro professione. - Questi professionisti (i medici) restano comunque soggetti al giudizio della loro facolt
nei casi che, concernendo l'ordinamento di polizia sanitaria, interessano il governo.
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tre l'utilit, che le facolt superiori promettono a vantaggio del governo, solo un motivo di second'ordine. Si pu eventualmente concedere alla facolt teologica l'ambiziosa pretesa di considerare sua ancella
quella di filosofia (ma in questo caso rimane ancor
sempre aperto il problema di sapere se quest'ultima
precede col lume la sua gentile signora o la segue, reggendo lo strascico), purch non si finisca col cacciare
di casa l'ancella o col tapparle la bocca. Poich proprio questa modestia, d'essere soltanto libera, ma anche di lasciare liberi, di accertare solamente la verit
per il vantaggio di ogni scienza e di porla a completa
disposizione delle facolt superiori, proprio questo
deve raccomandarla al governo come facolt insospettabile, e anzi indispensabile.
La facolt di filosofia comprende due dipartimenti, uno di scienza storica (del quale fanno parte storia,
geografia, linguistica, le discipline umanistiche e tutto
ci che la scienza della natura presenta di conoscenza
empirica), l'altro di conoscenze razionali pure (matematica pura e filosofia pura, metafisica della natura e dei
costumi) e tutte e due le parti del sapere nel loro reciproco rapporto. Essa s'estende perci a tutti i settori
del sapere umano (quindi, sotto il profilo storico, anche alle facolt superiori), salvo che essa non fa di
tutti (non cio dei precetti e delle dottrine peculiari
delle facolt superiori) il contenuto del sapere, bens
l'oggetto del suo esame e della sua critica, in vista del
vantaggio delle scienze.
La facolt di filosofia pu quindi avocare a s tutte
le dottrine, al fine d'esaminarne la verit. Il governo,
a meno d'agire contro il suo vero fine essenziale, non
pu interdirla e alle facolt superiori tocca di tollera-
per ordine di un capo. Ora, pu certo accadere di seguire una dottrina pratica per obbedienza; ma ritenerla vera per ingiunzione (de par le Roi) cosa del_
tutto impossibile, non solo sotto profilo obiettivo (essendo un giudizio che ripugna al dover-essere), ma anche soggettivo (un giudizio tale, un uomo non pu
pronunciarlo). Infatti, chi dice di voler errare, non
in realt in errore, e non prende effettivamente per
vero il giudizio falso, ma finge solo una persuasione
che in lui non si pu trovare. - Se dunque il discorso
verte sulla verit di certe dottrine che devono essere
pubblicamente insegnate, il maestro non pu richiamarsi a un ordine del sovrano, n lo studente pretendere d'averle credute per ingiunzione, salvo il caso
che si stia parlando dell'azione. Ma allora, che un ordine del genere stato davvero emanato, e che egli
obbligato o almeno autorizzato ad obbedirvi, egli deve pure riconoscerlo con un giudizio libero, altrimenti
il suo assenso un vuoto pretesto e una menzogna. Ora, la capacit di giudicare con autonomia, cio liberamente (in modo totalmente conforme ai principi
, del pensiero), si chiama ragione. Di conseguenza la
! facolt filosofica, poich sta a lei rispondere della ve: rit delle dottrine che deve adottare, o anche soltanto
pe1mettere, quanto a questo si dovr pensare come
. libera, e soggetta solo alla legislazione della ragione,
non a quella del governo.
Ma in un'Universit dev'essere -istituito anche un
dipartimento di questo tipo; occorre cio che vi sia
una facolt di filosofia. Rispetto alle tre facolt superiori essa ha ruolo di controllo, e appunto per questo
diventa loro utile, perch tutto dipende dalla verit
(la prima ed essenziale condizione del sapere); men1
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re le obiezioni e i dubbi che essa avanza pubblicamente; condizione che potrebbero sicuramente giudicare gravosa, perch, senza critici di questa specie, esse avrebbero potuto dormire sonni tranquilli . nella
propriet che, a qualunque titolo sia avvenuto, hanno
una volta occupata e dove avrebbero potuto ancora
comandare in modo dispotico. - Solo ai funzionari
delle facolt superiori (agli ecclesiastici, ai magistrati
e ai medici) pu essere in effetti vietato di contraddi're in pubblico le dottrine che il governo ha loro affidato perch le espongano nell'espletamento della loro rispettiva funzione, e di aver la sfrontatezza di fare
la parte dei filosofi; infatti l'esercizio della critica pu
essere consentito solo alle facolt, ma non ai funzionari nominati dal governo, che traggono solo da
quelle il loro sapere. I funzionari, per es. i predicatori
e i magistrati, se mai venisse loro in mente di rendere
edotto il popolo delle obiezioni e dei dubbi che essi
sollevano nei confronti della legislazione. civile e di
quella ecclesiastica, finirebbero insomma col sobillarlo
contro il governo; le facolt, invece, muovono scambievolmente obiezioni e dubbi solo all'interno dei
propri membri, tra i dotti, e di ci il popolo, quand'anche ne avesse sentore, non terrebbe in pratica alcun conto, perch non pretende di dover lui cavillare, e si sente obbligato ad attenersi solo a ci che gli
notificano i funz~onari del governo preposti a tale uf. fido.- Ma la libert, che alla facolt inferiore dev'es1
\\. ,sere accordata senza restrizioni, porta a questo rlsul: \ tato, che le facolt superiori (venendo ad essere
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Un pubblico conflitto di pareri, quindi una disputa dotta, illegittimo o per la materia che investe, se
non fosse assolutamente permesso manifestare. .dijfor. mit di opinior!f su un principio pubblico, non essendo consentito giudicare coran:ipopulo di esso e del
principio opposto; o soloper lajOJma,.se_iLmodo di
condurlo n()nsUonda._su .argomenti obiettivi, rivolti
alla ragione dell'avversario, ma su moventi soggettivi,
che detenninano il suo giudizio per inclinazione, in
modo da piegarlo al consenso con l'astuzia (ivi compresa la corruzione) o con la violenza (minaccia).
Ora, il conflitto delle facolt ha per fine l'influenza
sul popolo, ed esse possono ottenerla a seconda che
ciascuna riesca a fargli credere di saperne promuovere la fortuna nel modo migliore, sebbene le facolt siano poi diametralmente opposte l'una all'altra quanto al
modo in cui pensano di riuscirvi.
Ma il popolo non pone innanzitutto la sua fortuna
nella libert, ma nei propri fini naturali, e dunque in
q_u~sti tre. scopi: dopo_la_rnorte.J_~__ f!l1atitudine; finch
VIVlam? tra i nostri simili la sicurezza della proprjet_.
.garantita da pubbliche_Ieggi; 'illfiri(l'aspettativa del
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queste si riversano tra il pubblico come comunit civile, e poich potrebbero nuocere all'influenza che il
governo vi esercita, sono soggette a questa sua sanzione. Invece i pareri e le dottrine su cui le facolt devono, sotto il nome di facolt teoretiche, trovare I'ac. cordo_ tra loro, s'indirizzano a una specie diversa di
pubbhco, quello costituito da una comunit dotta, che
si occupa delle scienze; e se il popolo si rassegna a
1 non capirne niente, il governo trova che non gli s'addice d'intricarsi in beghe scientifiche*. - La classe delle facolt superiori (che la destra del Parlamento
della scienza) difende gli statuti del governo, ma in
una costituzione cos libera, come dev'esser quella in
d essere uomtm prauct) sarebbero contenti di fare, sarebbe illecitamente trascinato davanti al tribunale del popolo (cui non comp~te affatto d.i giudicare in materia di scienza) e cesserebbe
d. essere .una ~hsputa dotta. Subentra in questo caso quella situaztone cut abbtam? accennato in precedenza, di conflitto illegittimo, dove le dottnne sono esposte acconciandole alle inclinazioni
del popolo, ed diffuso il seme delle fazioni e della sommossa
per c~i governo . posto i,n pe~icolo. Questi tribuni del popolo:
che s_engo.no da se a qu~s~ u.fficto, cessano di far parte della class.e .det dottt, usurpano t dm tu della costituzione civile (eventi poliu_et) e sono, ne! vero .senso dC:IIa parola, i neologi, il cui nome,
gtus.tamente o~toso, vtene. p~~o non poco frainteso, se colpisce
ogm fautore dt una qualstast mnovazione nelle dottrine e nelle
forme de li 'insegname_nto (infatti, perch mai ci che vecchio
dovre~b~ sempre essere il meglio?). Meritano invece d'essere
marchtaU con quel nome coloro che introducono una forma di
govern~ del tutto diversa, o piuttosto una condizione eslege
(anarchta), affidando l~ de~isi?n~ ~u ci che oggetto del sapere
al.la _voce del popolo, ti cm gtudtzto possono dirigere a proprio
~tac~mento facendo leva sulle sue abitudini, sentimenti, inclinaztom, e potendo cos togliere a un governo legittimo la sua influenza.
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Risultato
Questo antagonismo, cio questo conflitto di due
partiti uniti tra loro per uno scopo finale comune
(concordia discors, discordia concors), non dunque una
~erra, ~?n un~ c~ntesa che sorga dalla contrapposiZIOne d1 mt~nzwm fin~i relative al mio e al tuo sapere, c~e consiste, come m ambito politico, di libert e
propnet, requisiti dei quali il primo, come condizion.~, deve p~ecedere necessariamente il secondo; perc~o non .Pu? essere accordato un privilegio alle facolta .~uper:wn, s~nza che sia al tempo stesso consentito
ali mfenore d1 far conoscere al pubblico dotto le sue
riserve in proposito.
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APPENDICE
ILLUSTRAZIONE DEL CONFUTTO
DELLE FACOLT CON L'ESEMPIO DEL DISSIDIO
TRA LA FACOLT DI TEOLOGIA E DI FILOSOFIA
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Il teologo biblico propriamente il dottore in Scrittura della fede ecclesiastica, la quale si fonda su statuti,
cio su leggi che derivano dall'altrui arbitrio; il teologo razionale invece il dottore in filosofia della fede religiosa, di quella fede che si basa su leggi interiori, che
possono svolgersi dalla ragione propria di ogni uomo. Che la cosa stia cos, cio che la religione non
possa mai essere fondata su statuti (siano essi d'origine alta quanto si vuole), risulta chiaro gi dal suo
concetto. Non l'insieme di certe dottrine considerate
rivelazioni di Dio (complesso dottrinario che si chiama teologia), ma l'insieme di tutti i nostri doveri in
genere, intesi come comandamenti divini (e soggettivamente la massima d'osservarli come tali), costituisce
_la religione. Per la materia, per l'oggetto, la religione
non si distingue minimamente dalla morale, poich
essa ha per fine i doveri; ma ne differisce semplicemente sotto l'aspetto formale: cio una legislazione
della ragione che ha il fine di conferire alla morale,
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storica e che certo (per questa o quella persona, questa o quell'epoca) pu essere utile alla fede religiosa
come mero veicolo sensibile, senza per esserne parte costitutiva. Ora, la facolt di teologia biblica insiste
su quest'aspetto come fosse rivelazione divina, e come se la fede in esso appartenesse alla religione. Ma
quella di filosofia la contraddice a motivo di questa
commistione e di quanto la Scrittura contiene in s di
vero sulla religione autentica.
Fa parte di questo veicolo (cio di ci che s'aggiunge alla dottrina religiosa) anche il _metodo didatti"--.
co: si pu pensare che esso sia stato affidato agli apo~ stoli e che non sia rivelazione divina, ma se ne pu
ammettere la validit in rapporto alla mentalit di
quei tempi (K<XT' av'i}pOlltOV) e non come elemento in
se stesso dottrinale (K<XT' W..~l}wxv}, sia che si giudi-chi negativamente, come mera accettazione di certe
opinioni in s erronee, allora predominanti, al fine di
non urtare un'illusione a quei tempi molto diffusa,
che per non s'opponeva, in sostanza, alla religione
(per es. quanto riguarda gli indemoniati) 10, sia che si
giudichi positivamente, per servirsi della predilezione
di un popolo per la sua antica fede ecclesiastica, che
ora doveva aver fine, allo scopo d'introdurre la nuova. (Per es. l'interpretazione della storia dell'antica alleanza come prefigurazione di ci che accadde nella
nuova, interpretazione giudaizzante che, se viene erroneamente accolta come un elemento della dottrina
della fede, pu ben strapparci il sospiro: nunc istae reliquiae nos exercent, Cicerone 11 .)
Per queste ragioni una scienza scritturale della religione cristiana soggetta a talune difficolt ermeneutiche, e sull'arte ermeneutica e il suo principio la
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facolt superiore (il teologo biblico) non pu_non entrare in col1~itto con l'inferiore: infatti la prima, che .
attende segnatarrierite alla-conoscenza biblico-teoretica, sospetta che la seconda dissolva a forza di filosofare tutte le dottrine che dovrebbero essere accolte come vera e propria rivelazione, e perci alla lettera,
interpolandovi un senso che piace all'interprete; ma
questa, che cura pi il lato pratico, pi la religione
che la fede ecclesiastica, accusa viceversa quella di
perdere completamente di vista, con tali mezzi, Io
scopo finale, che, come religione interiore,dev_'.essere
morale e poggiare sulla ragione. Quindi, nel caso di
disaccordo. sul senso d'un passo biblico, la facolt inferiore, che ha per fine la verit, la filosofia insomma,
rivendica il privilegio di determinarne il significato.
Quelli che seguono sono i principi filosofici dell'esegesi biblica; ci non significa che l'interpretazione sia
filosofica (che miri all'ampliamento della filosofia),
ma che soltanto i principi dell'interpretazione devono
esserlo, perch tutti i principi, sia che riguardino
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un mterpretaziOne stonco-cnuca o cntJco-grammaucale, devono essere dettati anche dalla ragione, sempre, ma specialmente in questo caso, perch ci che
nei passi biblici si pu trovare a sostegno della religione pu essere solo un oggetto di ragionel2.
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la quale Dio si compiace (cfr. R, p. 73 ss.), ed invece rappresentato come la divinit 'che abita corporalmente' in un uomo reale e agisce in lui come seconda
natura - allora, sotto il profilo pratico, questo mistero per noi totalmente inutile, perch non possiamo
imporre a noi stessi il dovere d'imitare un Dio; e quest'uomo non pu quindi diventare per noi un modello. Senza sollevare qui la difficolt ulteriore che vuoi
sapere perch, se tale unione possibile, la divinit
non ne ha fatto partecipi tutti gli uomini, dal momento che tutti sarebbero inevitabilmente diventati oggetto del compiacimento divino. - Qualcosa d'analogo si
pu dire del racconto della Resurrezione e dell'Ascensione dell'Uomo-Dio.
Dal punto di vista pratico pu esserci del tutto indifferente se in futuro vivremo solo in spirito, o se all'identit della nostra persona nell'altro mondo sar
necessaria la medesima materia di cui era composto
il nostro corpo quaggi, nel caso l'anima non fosse
una particolare sostanza, e il nostro stesso corpo dovesse essere resuscitato. A chi infatti il proprio corpo
cos caro da volerlo trascinare con s nell'eternit,
se pu esserne dispensato? La deduzione dell'apostolo: <<Se Cristo non risorto (se non tornato a vivere
secondo il corpo), neanche noi risorgeremo (non vivremo assolutamente pi dopo la morte) 14, non ha
dunque forza vi~colante. Ma per quanto non abbia
questa forza (giacch non si vorr porre un'ispirazioquelle del sesso maschile, e non a torto s' tentati di credere che
anche quello femminile abbia ricevuto, come tramite di conciliazione con Dio, il suo particolare vicario (come a dire una figlia di
Dio). Pastello credette appunto d'averla incontrata a Venezia, nel
la persona d'una vergine devota.
ne a base dell'argomento), l'apostolo ha tuttavia voluto significare, con quelle parole, che abbiamo motivo
di credere che Cristo vive ancora, e che la nostra fede
sarebbe vana, se nemmeno un uomo cos perfetto dovesse vivere dopo la morte (del corpo). Questa fede,
. suggerita a lui (come a tutti gli uomini) dalla ragione,
Io indusse alla credenza storica in un fatto noto a tutti, ed egli Io accolse sinceramente come vero e se ne
serv come prova d'una fede morale nella vita futura,
senza rendersi conto che, se non fosse stato per que. sta fede, difficilmente egli avrebbe creduto a quel racconto. II fine morale venne in questo modo raggiunto, sebbene il modo di rappresentare recasse in s il
segno dei concetti scolastici in cui egli era stato educato. Contro quel fatto si levano d'altronde importanti obiezioni: l'istituzione della cena eucaristica (d'un
triste intrattenimento) in memoria di lui rassomiglia
a un vero e proprio distacco (non solo a un breve
commiato). Le amare parole pronunziate sulla Croce
manifestano il fallimento d'un progetto (di convertire
ancora durante la sua vita i Giudei alla vera religione), Iaddove ci saremmo piuttosto aspettati la gioia
per l'adempimento di un fine. In ultimo, neanche l'espressione dei discepoli in Luca: <<Noi pensavamo che
avrebbe liberato Israele>> 15 , consente di dedurre che
essi fossero preparati a rivederlo entro tre giorni, ancor meno che avessero qualche sentore della sua resurrezione. - Ma perch, se si tratta della religione,;
alla quale gi di per s sufficiente la fede sotto l'a~
spetto pratico che la ragione ci infonde, andare a implicarci in ricerche e controversie tanto erudite a cau~
sa di un racconto storico, che-dovremo poi sempre
lasciare al posto che gli compete (tra gli adiaphora)? :
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ritto, hanno interpretato con pressoch unanime consenso alcune narrazioni storiche, per esempio quelle
relative agli ossessi (indemoniati), in modo che la ragione potesse ritenersi salva (per non lasciar libero
sfogo a ogni superstizione e impostura); e tuttavia
quei racconti sono esposti nella Scrittura con lo stesso accento di credibilit storica che possiede la rimanente storia sacra, ed fuori di dubbio che i loro autori li hanno ritenuti letteralmente veri.
2. - La fede nelle dottrine bibliche che, per poter
essere conosciute, hanno veramente dovuto essere rivelate, non in se stessa un merito, e la sua assenza,
anzi persino il dubbio che le si oppone, non in s
una colpa; tutto dipende invece nella religione dalla
condotta e quest'intenzione finale, quindi anche un
senso ad essa conforme,
deve essere attribuita a tutte
le dottrine bibliche.
Per articolo di fede non s'intende
ci che deve essere creduto (perch il credere non ammette imperativi}, ma ci che possibile e opportuno accogliere a
fine pratico (morale}, sebbene non sia proprio dimostrabile, e possa quindi soltanto essere creduto. Se,
non tenendo in conto la moralit, prendo come principio la credenza nel mero significato di un'ammissione teoretica, per es. di ci che si basa storicamente
sulla testimonianza altrui, o anche perch non posso
spiegarmi certi fenomeni dati se non ricorrendo a
questo o quel presupposto - allora tale credenza non
fa affatto parte della religione, perch non rende un
uomo migliore n comprova che lo sia; se poi questa
fede, imposta solo dalla paura e dalla speranza, stata artificiosamente ridestata nell'anima, essa in contraddizione con la sincerit e perci anche con la reli-
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gione. - Se dunque alcuni passi sono tali da far ritenere che per essi la fede in una dottrina rivelata non
solo sia cosa in s meritoria, ma addirittura superi in
valore le opere moralmente buone, sar necessario
interpretarli come se volessero con ci alludere solo
alla fede morale, che eleva e migliora l'anima per
mezzo della ragione; anche se il senso letterale - per
es. chi crede in questo ed battezzato diviene beato
ecc. - suonasse contrario a quest'interpretazione. Il
dubbio su quei dogmi statutari e sulla loro autenticit
non pu quindi turbare un'anima moralmente bene
intenzionata. I medesimi dogmi possono tuttavia _essere considerati requisiti essenziali per l'insegnamento
di una certa fede ecclesiastica; ma questa, essendo solo
veicolo della fede religiosa, e quindi mutevole, e dovendo conservare la capacit di purificarsi gradualmente, sino ad adeguare la seconda, non pu essere
fatta articolo di fede, sebbene non sia permesso contestarla pubblicamente nelle chiese o saltarla a pi
pari: essa infatti sotto la tutela del governo, che
ha cura della pace e della concordia pubblica, mentre compito del maestro mettere in guardia dall'attribuirle una santit a se stante, per passare invece
senza indugio alla fede religiosa che per suo mezzo
introdotta.
3. - necessario presentare la condotta come originata dall'uso a{!tonomo che l'uomo fa delle sue forze morali, non come effetto dell'influenza di una causa efficiente superiore ed esterna, rispettoalla quale
l'uomo resterebbe passivo; l'interpretazione dei passi
biblici che, alla lettera, sembrano esprimersi nell'ultimo senso, dev'essere quindi posta intenzionalmente
in accordo col primo principio.
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invece la religione (essendo fondata su concetU morali) dev'essere di per s compiuta ed esente da dubbi.
Ma gi contro l'idea di un'interpretazione filosofica della Scrittura sento levarsi, unanime, la voce dei
teologi biblici: quest'interpretazione, dicono, mira in
primo luogo a una religione naturalistica e non al
Cristianesimo. Risposta: il Cristianesimo l'idea della
religione, la quale dev'essere fondata specialmente
sulla ragione ed essere pertanto religione naturale.
Ma il Cristianesimo ha in s un mezzo per introdurre
la religione tra gli uomini, la Bibbia, la cui origine _
considerata soprannaturale; essa (qualunque ne sm
l'origine) in quanto promuove l'universale diffusione
e l'interiore vivificazione dei precetti morali dellaragione, pu ascriversi alla religione _come ve_icolo .e in
questa veste pu anche essere considerata nvelazwne
soprannaturale. Ora, una religione si pu dire naturaUstica solo se adotta come principio di non ammettere una simile rivelazione. Il Cristianesimo, quindi,
sebbene sia semplicemente una religione naturale,
non una religione naturalistica proprio perch non
si mette in dubbio che la Bibbia possa essere un mezzo soprannaturale per introdurre la religione_ e.fondare una chiesa che l'insegni e la professi pubblicamente, ma soltanto non si considera quest'origine,
quando quel che imporci la dottrina religiosa.
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zl teologo r~zzonale cesser d 'usare la Bibbia per conforma. .re le propne proposizioni. Ma dubito molto che il primo
possa accettare un patto del genere. - In secondo luogo:. q~ell; ~nt~rp_ret~zioni sono mistico-allegoriche, .
qumdi ~e b1b~Iche ~C: filosofiche. Risposta: proprio il
contrano; se mfatt1 d teologo biblico scambia l'involucro della religione per la religione stessa, per es.
costretto a spiegare tutto l'Antico Testamento come
una conti_nu~ ~llegori_a (fatta di prefigurazioni e rappresentaziOni Simboliche) dello stato religioso che an108
nell'accordo con ci che la ragione ritiene conveniente a Dio. - b) Obiezione: una teoria deve pur sempre
precedere tutta la pratica e poich, come dottrina rivelata, essa potrebbe contenere delle intenzioni della
volont di Dio che noi non siamo in grado di penetrare, ma che potremmo essere tenuti ad assecondare, sembra allora che il credere in tali proposizioni
teoretiche sia per se stesso un obbligo e che il metterle in dubbio costituisca una colpa. Risposta: si pu
ammetterlo se si parla della fede ecclesiastica, in cui
la sola pratica che si vuole quella dei riti comandati
e dove coloro che aderiscono a una chiesa non hanno bisogno, per essere persuasi, che dell'intrinseca
possibilit della dottrina; alla fede religiosa necessaria invece la convinzione della verit, ma non possono
attestarla gli statuti (per il fatto d'essere sentenze divine), poich questa loro natura dovrebbe essere sempre di nuovo dimostrata dalla storia, che non ha diritto di spacciare se stessa per divina rivelazione. Quindi
per la fede religiosa, che interamente indirizzata alla moralit della condotta, all'agire, il ritenere vere
delle dottrine storiche, ancorch!! bibliche, non comporta un valore o un di_svalore morale e rientra tra gli
adiaphora. _-c) Obiezione: come si pu dire a un essere
spiritualmente morto: 'Alzati e cammina!'17, se non
accompagna al tempo stesso quest'appello una forza
soprannaturale, che infonde in lui la vita? Risposta:
l'appello fatto aJI'uomo tramite la sua propria ragione, in quanto essa ha in s il principio soprasensibile
della vita morale. Per esso l'uomo non pu forse essere subito ridestato alla vita, per alzarsi da s, ma pu
s animarsi ed aspirare a una buona condotta (come
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grazia.
Tutte le interpretazioni della Bibbia, sempre che riguardino la religione, devono essere orientate in que. sto senso, secondo il principio della moralit, che il
. fine della rivelazione; altrimenti sono o interpretaziol, ni prive di significato pratico, o addirittura ostacoli- . al
bene. - Solo allora esse sono inoltre interpretazioni
i veramente autentiche, cio il Dio in noi lui stesso
' l'interprete, perch noi comprendiamo soltanto colui
.che ci parla per mezzo del nostro intelletto e della
nostra propria ragione; la divinit d'una dottrina che
. stata annunziata per noi pu dunque essere ricono; sci uta soltanto mediante concetti della nostra ragione,
' purch siano moralmente puri e per ci infallibili.
1
Nota generale
Delle sette religiose
In ci che veramente merita il nome di religione
non pu esistere una distinzione in sette (perch essa
unica, universale, necessaria e quindi immutabile),
pu ben esserci invece nella fede ecclesiastica, sia essa fondata soJosulla Bibbia o anche sulla tradizione:
in quanto la credenza in ci che solo veicolo della
religione considerata articolo della religione stessa.
Sarebbe una fatica d'Ercole, oltrech un compito
ingrato, enumerare anche solo tutte le sette del Cristianesimo, se per esso s'intende la fede messianica; per.
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ch allora il Cristianesimo solo una setta* di quest'ultima. fede, tanto da venir contrapposto all'Ebraismo nel senso pi stretto (all'Ebraismo nell'ultimo periodo del suo dominio esclusivo sul popolo) l dove
s'incontra la domanda: <<Sei tu colui che deve venire,
o dobbiamo aspettare la venuta di un altro?>>2. All'inizio Io presero per una setta anche i Romani. Ma in
questa accezione il Cristianesimo sarebbe una certa
._ fede popolare basata sulla Scrittura e sugli statuti, di
cui non potremmo sapere se sia valida proprio per
tutti gli uomini, osesia l'ultima fede rivelata a cui dovere restare in seguito legati, o se non siano da attendere in futuro altri statuti divini, che si avvicinino ancor di pi allo scopo.
Per aver dunque uno schema ben definito di suddivisione in sette d'una dottrina di fede rion possiamo
muovere da dati empirici, ma dobbiamo iniziare da distinzioni che la ragione pu pensare a priori, in modo
da stabilire, nella serie gradualedelle diverse concezioni in materia di fede, il grado in cui la diversit comincerebbe a costituire la base di una distinzione in sette.
In materia di fede il principio di suddivisione, in
base alla concezione comunemente seguita, : o religione o paganesimo (che sono opposti tra loro come A e
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che la sola fede ecclesiastica, se. non purificata per
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* Questa distinzione, che non dico sia precisa e conforme all'uso linguistico corrente, pu qui valere in via provvisoria.
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nit e l'universalit delle massime essenziali della fede, e non distingue dal concetto di religione il conflitto che nasce dall'elemento non essenziale. Il divario
d'opinioni circa la maggiore o minore adeguatezza
del veicolo della religione alla religione stessa come
scopo finale (che consiste nel migliorare moralmente
gli uomini) potr dunque produrre tutt'al pi una variet di sette ecclesiastiche, ma non una variet di sette religiose, la quale appunto in contraddizione con
l'unit e l'universalit della religione (e quindi della
Chiesa invisibile). Protestanti e cattolici illuminati potranno quindi considerarsi tra loro fratelli nella fede,
senza tuttavia confondersi insieme, entrambi attendendo (e coltivando questo fine): che col beneplacito
del governo il tempo poco a poco avvicini alla dignit
del loro scopo, cio alla religione stessa, le formalit
della fede (che allora non dev'essere la credenza d'ingraziarsi Dio, o di riconciliarsi con Lui, con qualcosa
di diverso dalla pura disposizione morale). - Ci
possibile anche riguardo agli Ebrei, senza immaginare una loro generale conversione (al Cristianesimo
come fede messianica*), se tra loro, come ora accade,
* Moses
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si destano concetti religiosi purificati, ed essi rigettano l'abito dell'antico culto, che ormai non serve a
nulla e sopprime piuttosto ogni vera disposizione religiosa. Ora, poich essi hanno posseduto per tanto
tempo l'abito senza l'uomo (la chiesa senza religione), e
poich tuttavia non ben protetto nemmeno l'uomo
senza l'abito (la religione senza chiesa), hanno dunque
bisogno di certe formalit d'una chiesa che sia, nella
loro attuale situazione, la pi adatta allo scopo finale:
il pensiero espresso da un'intelligenza molto viva di
questa nazione, BendavF- 2 , di accettare pubblicamente la religione di Ges (presumibilmente col suo veicolo, il Vangelo), si pu perci considerare non solo
molto felice, ma anche come l'unica proposta la cui
attuazione metterebbe subito in evidenza questo popolo, anche senza necessit di confondersi con altri
in materia di fede, come un popolo dotto, morigerato, capace d'esercitare tutti i diritti civili, la cui fede
potrebbe essere sanzionata anche dal governo; col
che, invero, esso dovrebbe accordare la libert d'interpretare la Scrittura (la Torah e il Vangelo), per distinguere il modo in cui Ges parl da ebreo ad
ebrei, dal modo in cui egli parl, come maestro morale, agli uomini in genere. - L'eutanasia dell'Ebraismo la religione morale pura, con l'abbandono di
tutte le antiche dottrine statutarie, alcune delle quali,
per, devono essere conservate ancora nel Cristianesimo (in quanto fede messianica): ma infine necessario scompaia anche questa distinzione settaria, cos
da produrre, almeno nello spirito, quella che si dice
la conclusione del gran dramma dell'evoluzione religiosa sulla terra (la restaurazione di tutte le cose),
perch vi saranno un solo pastore e un solo gregge23.
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Se per si domanda non solo che cos' il Cristianesimo, ma da dove deve cominciare il maestro, affinch lo si ritrovi davvero nel cuore degli uomini (il
che equivale al problema: che si deve fare, affinch la
fede religiosa migliori al tempo stesso gli uomini?), allora il fine certo il medesimo e non pu fare nascere una distinzione in sette; ma la scelta del mezzo per
il medesimo fine pu nondimeno causarla, poich
per un solo e identico effetto si pu pensare pi di
una causa, e pertanto la diversit e il contrasto d'opinioni, se sia l'uno o l'altro il mezzo divino e conforme allo scopo, pu avere per conseguenza una divisione nei princip che riguardano (a giudizio del
soggetto) proprio l'essenziale della religione.
Poich i mezzi volti a questo fine non possono essere empirici - influendo questi tutt'al pi sull'azione, ma non sull'intenzione -, il compito suddetto,
per chi considera soprannaturale tutto ci che sovrasensibile, si muta di necessit nella domanda: com'
possibile, per l'influsso diretto di Dio, la rinascita dell'uomo (come conseguenza della conversione, per cui
ognuno diventa un uomo nuovo, diverso) e che cosa
deve fare l'uomo, per trarre a s questo influss~? Senza chiedere consiglio alla storia (che pu prospettare
certo delle opinioni, ma non la loro necessit), io sostengo che si pu predire a priori un'inevitabile distinzione in sette, causata soltanto da questo problema tra coloro per i quali cosa da nulla invocare, per
un effetto naturale, delle cause soprannaturali; anzi
dico che questa divisione anche l'unica che autorizza a qualificare come religiose due sette distinte; ch
le altre, che chiamiamo impropriamente cos, sono
solo sette ecclesiastiche, e non toccano il cuore della
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trizione ), nella seconda tale da intenerirlo (da dissolverlo nella beata comunione con Dio), sicch la soiuc ~
zione del problema (di fare di uomini cattivi uonni
buoni) muove da due opposti punti di vista ('nei quali
certamente buono il velle, ma fa difetto il posse'). Nell'una importa insomma solo di liberarsi interiormente
dalla signoria del male, dopo di che comparirebbe da
s il principio buono; nell'altra importa adottare nella propria intenzione il principio buono, dopo di che
il male, grazie a un'influenza soprannaturale, non troverebbe pi un posto per s, e regnerebbe esclusivamente il bene.
L'idea di una metamorfosi morale dell'uomo, possibile per solo per influsso soprannaturale, pu certo avere agitato le menti dei credenti gi da molto
tempo: ma in epoca recente se ne discusso pi che
mai, ed essa ha dato origine, in merito alla dottrina
della conversione, alla distinzione tra la setta di Spener e Francke 25 e quella morava di Zinzendorf6 (pietismo e moravianismo).
Secondo la prima ipotesi la separazione d~l bene
dal male (dei quali la natura umana commista) avviene per un'operazione soprannaturale, la contrizione e Io struggimento del cuore nella penitenza, un'afflizione (maeror animi) che confina con la disperazione
e che tuttavia si pu conseguire, nel grado d'intensit
necessario, solo per l'influenza di uno spirito celeste;
un'afflizione che l'uomo dovrebbe chiedere dolendosi del fatto di non dolersi abbastanza (quindi l'essere
addolorato non pu venirgli proprio del tutto dal
cuore). Questa 'discesa agli inferi dell'autoconoscenza spiana la via, come dice il povero Hamann27, alla divinizzazione'. Dopo che questo fervore di penitenza
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agevole. Ma poi restare sotto questa insegna, non ricadere di nuovo nel male, anzi progredire sempre
pi nel bene, questa la cosa di cui egli sarebbe naturalmente incapace, e per la quale si richiederebbe
niente meno che il sentimento di una comunione soprannaturale e persino la coscienza d'un rapporto
continuo con uno spirito celeste; e in tal caso non
possono certo mancare, tra questo spirito e l'uomo,
da un lato il biasimo, dall'altro la domanda del perdono: senza che sia per da temere una separazione
o una ricaduta (fuori della grazia), purch egli abbia
cura di coltivare ininterrottamente questo rapporto,
che esso stesso una continua preghiera.
Ora, come soluzione del compito di divenire un
uomo nuovo, viene qui prospettata una duplice teoria mistica del sentimento, nella quale non si tratta
dell'oggetto e del fine di ogni religione (della condotta
gradita a Dio, poich su questo entrambe le parti
concordano), bens delle condizioni soggettive che solo permettono di ottenere la forza per attuare in noi
quella teoria; con ci, inoltre, non si intende parlare
della virt (che sarebbe un nome vano) ma solo della
grazia, perch entrambi i partiti sono concordi nel dire che la cosa non pu qui accadere naturalmente,
per quanto si dividano di nuovo fra loro nel senso
che uno costretto a sostenere la tremenda lotta con
lo spirito maligno! per liberarsi dal suo potere, mentre l'altro' trova che ci non sia necessario, che sia anzi riprovevole bigotteria e stringe senz'altro alleanza
con lo spirito buono, perch quella precedente con
lo spirito malvagio non pu (come pactum turpe) essere causa d'impedimento. E allora, a causa dei sentimenti cos fortemente divergenti dei due partiti, la ri-
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* Quale fisionomia nazionale potrebbe avere un intero popolo che (se mai fosse possibile) venisse educato in una di queste
sette? Non si pu infatti dubitare che una siffatta fisionomia apparirebbe: perch impressioni spesso ripetute sull'animo, specialmente se innaturali, si esternano nel gesto e nel tono della voce,
ed espressioni del volto diventano infine stabili lineamenti. Volti
beati o, come li chiama Nicolai28, volti benedetti Io distinguerebbero (non proprio a suo vantaggio) da altri popoli civili e dall'ingegno vivace. E questa infatti, in caricatura, la raffigurazione della
devozione. Ma ad avere trasformato la denominazione di pietisti
nel nome d'una setta (a cui sempre collegato un certo spregio)
non il disprezzo della piet religiosa, bens l'irreale e, sotto ogni
apparenza d'umilt, superba presunzione di distinguersi come figli del cielo soprannaturalmente favoriti, bench la loro condotta,
per quanto si pu vedere, non mostri la minima superiorit morale rispetto a quella di coloro che essi chiamano figli del mondo29.
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gi dalla prima infanzia e poi nell'insegnamento pubblico, e la Bibbia stessa sembra non aver tenuto pre-'J
sente altro: non indica cio esperienze soprannaturali
e sentimenti di fanatismo mistico che, sostituendosi
alla ragione, dovrebbero produrre questa rivoluzione,
ma rinvia allo spirito di Cristo, per farlo nostro, cos
come egli lo mostr con la dottrina e l'esempio; o meglio, poich esso gi posto in noi con l'originaria disposizione morale, per procurargli uno spazio maggiore. E cos tra l' ortodossismo privo di spirito e il
misticismo che uccide la ragione la dottrina biblica della fede, come possiamo trarla da noi stessi e svilupparla mediante la ragione, la vera dottrina religiQsa,
fondata sul criticismo della ragione pratica, dottrina
c?c; op_era c~n forz~ ~ivina sul cuore di tutti gli uomim m V1Sta d1 un mtghoramento radicale, e Ii riunisce
in una Chiesa universale (sebbene invisibile).
Ma ci che in questa annotazione davvero importa, rispondere al problema se il governo possa concedere la sanzione di Chiesa a una setta che fonda la
fede sul sentimento, o se possa s tollerarla e proteggerla, ma non onoraria con quella prerogativa senza
agire contro il proprio intento.
Se ammettiamo (come si pu fondatamente fare)
che non affatto compito del governo prendersi cura
della futura beatitudine dei sudditi e indicarne loro la
via (poich dovr pur lasciare quest'incombenza ai
sudditi stessi, dal momento che anche il principe riceve di solito la propria religione dal popolo e dai suoi
maestri), allora il suo intento pu essere solo di avere
anche con questo mezzo (la fede ecclesiastica) sudditi
docili e moralmente buoni.
gersi a quello cui devono attenersi i maestri della religione, affinch esso abbia buoni cittadini, validi soldati e in genere sudditi
fedeli. Ora, se per questo scopo sceglie l'ingiunzione dell'ortodossia nei dogmi statuari e nei relativi mezzi di grazia, esso pu incorrere in un serissimo danno. Infatti l'accettazione di questi
statuti una cosa agevole, e molto pi agevole all'uomo male intenzionato che a quello buono, mentre il miglioramento morale
dell'intenzione costa molta e lunga fatica; e tuttavia l'uomo ha appreso a sperare la beatitudine principalmente dalla prima cosa, e
perci non pu farsi proprio un gran scrupolo di trasgredire (sia
pur cautamente) il proprio dovere, perch dispone di un mezzo
infallibile per sottrarsi, con la sua retta fede in tutti i misteri e col
sollecito impiego dei mezzi della gazia, al castigo della giustizia
divina (sempre che egli non si attardi troppo). Invece, se l'insegnamento della Chiesa fosse direttamente rivolto alla moralit, il
giudizio della sua coscienza suonerebbe in modo del tutto diver-
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cor meno il governo pu innalzare al rango d'una fede ecclesiastica pubblicamente riconosciuta, il mistici- \___.. ,
smo, come credema del popolo di poter divenire
partecipe di un'ispirazione soprannaturale, perch il
misticismo non nulla di pubblico, e si sottrae quindi
totalmente alla sua influenza.
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una sospetta cabbala di numeri che potrebbe indebolire un poco la fede nell'autenticit di questa narrazione storica.
* Settanta mesi
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Ora, un codice della volont statutaria di Dio (proveniente da una rivelazione), volont tratta non dall'umana ragione, eppure, quanto allo scopo finale,
perfettamente concorde con essa come ragione pratico-morale, la Bibbia insomma, se solo si potesse attestare che parola di Dio e documentarne l'autenticit, sarebbe l'organo pi efficace per guidare l'uomo e
il cittadino al bene temporale ed eterno. Ma a questa
eventualit si oppongono non poche difficolt.
Infatti, se Dio parlasse realmente all'uomo, questi
non potrebbe tuttavia mai sapere che Dio che gli
parla. assolutamente impossibile che l'uomo possa
coi suoi sensi afferrare l'infinito, distinguerlo dagli
enti sensibili e conoscerlo da qualche segno. - Ma che
non possa essere Dio quello di cui crede udire la voce, egli pu certo, in alcuni casi, convincersene; poich se ci che quella voce gli impone contraddice la
legge morale, pur apparendogli il fenomeno maestoso e superiore all'intera natura, egli lo deve conside
.
rare un mganno
Ora l'autenticazione della Bibbia, come fede evancome data del diluvio. - Da questo anno sino alla chiamata di Dio ad
Abramo ci sono ancora 366 anni completi, di cui uno intercalare.
Che cosa si dovr mai dire? I numeri sacri hanno per caso determinato il corso del mondo? Il Cyclus iobilaeus di Frank35 s'aggira
anch'esso intorno a questo punto centrale della cronologia mistica.
* Pu servire come esempio il mito del sacrificio che Abramo
voleva compiere per comando divino, scannando e bruciando il
suo unico figlio (e il poveretto, ignaro, portava anche la legna necessaria allo scopo)36. A questa presunta voce divina, per quanto
essa risuonasse dall'alto del cielo (visibile), Abramo avrebbe dovuto rispondere: 'Che io non debba uccidere il mio buon figliolo
assolutamente certo; ma che tu che mi appari sia Dio, non ne sono sicuro e non posso neanche diventarlo'.
133
134
135
fa~tt eh~ .st crede non ac~ad.ano in modo naturale, che in quelli
136
Ora all'esegesi biblica (he1meneutica sacra), dal momento che non pu essere affidata a profani (poich
concerne un sistema scientifico), si pu domandare,
riguardo unicamente all'aspetto statutario della ~eli
gione, che l'interprete chiarisca se il suo en~noato .
dev'essere inteso come autentico o come dottnnale. Nel primo caso l'interpretazione dev'essere letteralmente (filologicamente) conforme al senso dell'autore; invece nel secondo lo scrittore libero d'attribuire (filosoficamente) al passo della scrittura quel senso
che l'esegesi gli conferisce dal punto di vista praticosi evidentemente incoerente, perch in questo caso bisogna presupporre l'autorit divina del libro, per dimostrare la divini/~ della sua dottrina. Pu quindi essere accolta solo la seconda test, che
per non si pu provare in alcun modo (Supema!uralz~~ non eia:
tur scientia). Eccone un esempio. Dopo la morte di Gesu, 1 seguaci
della fede mosaico-messianica videro completamente delusa la
speranza che veniva loro dall'alleanza <_li Di~ con Abramo (speravamo che avrebbe liberato Israele)37; mfatu la salvezza era stata
promessa, nella loro Bibbia, solo ai figli di Abr~o .. ?ra accadd~
che quando alla Pentecoste i discepoli furono nuru!-', ad u~o dt
essi venne in mente la felice idea, conforme alla sotule arte mterpretativa ebraica, che anche i pagani (Greci e Romani) potessero
essere considerati parteCipi di questa alleanza, purch credessero
al sacrificio che Abramo voleva offrire a Dio del suo unico figlio
(come simbolo dell'unico sacrificio del Redento re del mondo~;
perch allora sarebbero stati figli di Abramo nella fede - ~a.ppn
ma con l'essere circoncisi, ma poi anche senza questa condlllone.
- No n' fa meraviglia che questa scoperta, c_he dis~hiu~eva in ur~a
grande adunanza di popolo una prospettiva cost smtsurata, sta
stata accolta con il pi grande giubilo, e come .se essa fosse. stata
effetto diretto dello Spirito Santo sia stata considerata un mtracolo; come tale entrata nella storia biblica (Atti degli Apostoli), dove per non fa parte assolutamente della religione. di credervi
come a un fatto e di imporre questa credenza alla ragtone natura- _
le. L'obbedienza estorta con la paura dunque, riguard? .a tale
fede ecclesiastica come requisito della beatitudine, superstizione.
137
138
'
allo scopo (che esso deve avere) con una fede storica,
della cui verit nessuno pu far prova, subentrata al
posto della fede morale (la sola beatificante), compresa da tutti.
Riguardo alla religione di un popolo, al quale si
insegnata la venerazione di una sacra scrittura, l'interpretazione dottrinale, che si riferisce al suo (del popolo) interesse morale - all'edificazione, al miglioramento dei costumi e quindi al conseguimento della
beatitudine - dunque anche l'interpretazione autentica: cio Dio vuole che la sua volont, rivelata nella Bibbia, sia compresa in questo modo. Infatti qui
non si tratta d'un governo civile (politico), che tiene
il popolo con la disciplina, ma di un governo che ~~
ra all'intimo dell'intenzione morale (un governo diVIno). Il Dio che parla tramite la nostra propria ragione
(pratico-morale) un interprete infallibile e universalmente intellegibile di questa sua parola, e di essa non
pu assolutamente esserci un altro interprete accreditato (per es. in base al metodo storico): perch la religione. un puro fatto di ragione.
E cos i teologi della facolt hanno il dovere, e perci anche il diritto, di salvaguardare la fede biblica:
fatta per salva la libert dei filosofi di sottoporla in
ogni tempo alla critia della ragione; questi, nel.caso
di una dittatura (l'editto di religione) che maganper
poco tempo potrebbe essere accordata alla facolt superiore, si premuniscono nel miglior modo mediante
la formula solenne: Provideant consules, ne quid respublica detrimenti capiat38
139
APPENDICE
INTERROGATIVI STORICO-BIBUCI
SULL'USO PRATICO E LA PRESUMIBILE DURATA
DI QUESTO UBRO SACRO
altro intento dev essere posposto, se entra m contrasto con quest'uso. Ci si deve perci meravigliare del
fatto che sia stata posta in dubbio anche questa massima, e che una trattazione parafrastica del testo abbia
potuto quanto meno porre in ombra quella parenetica, se non proprio esserle anteposta. Insomma, l'orientamento all'insegnamento popolare devono darlo
non l'erudizione scritturale e quanto per suo mezzo si
ricava dalla Bibbia con conoscenze filologiche che
spesso sono solo disastrose congetture, ma quanto si
immette in essa con un modo morale di pensare (quindi secondo Io spirito di Dio), unitamente a dottrine
.
.
,
.
.
che non mgannano mai ne possono mai essere pnve
d'effetto salutare. Si deve cio usare il testo solo (o almeno principalmente) come occasione per tutto ci
che, a cavarne il senso, migliora i costumi, senza dover per questo indagare quale mira avessero avuto in
mente gli autori sacri. - Se l'intenzione che vuole suscitare dev'essere pura, una predica il cui scopo finale
l'edificazione (ogni predica non altro che questo)
deve fare scaturire l'insegnamento dal cuore degli
ascoltatori, cio dalla naturale disposizione morale
che anche dell'uomo meno istruito. Le testimonianze della Scrittura collegate con ci non devono nemmeno essere prove storiche che conje1mino la verit di
queste dottrine (perch la ragione moralmente attiva
non ne ha qui bisogno, e la conoscenza empirica non
capace di produrle), ma soltanto esempi di applicazione dei principi pratici della ragione ai fatti della
storia sacra, al fine di rendere pi intuitiva la loro verit, la qual cosa poi anche un vantaggio molto apprezzabile per il popolo e per Io Stato su tutta la tena.
' .
'
140
'
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APPENDICE
DI UNA MISTICA PURA NELLA RELIGIONE*
. c..__,
di C. Arno ld Wil-
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'
144
'
scono dall'incontro delle cause occasionali e dell'attivit intellettuale; ma non per questo sono parvenza,
anzi, nella vita pratica noi possiamo considerarle come cose per noi reali e oggetti delle nostre rappresentazioni, e ci perch appunto non possiamo non
supporre, come cause occasionali, le cose reali. Un
esempio Io fornisce la scienza naturale. Cose esterne
operano su un corpo capace d'agire e Io stimolano
cos all'azione; la vita ne il prodotto. -Ma che cos'
la vita? Riconoscimento fisico della propria esistenza
nel mondo e del proprio rapporto con le cose esterne; il corpo vive in quanto reagisce ad esse, le considera come suo mondo e le impiega per il proprio
scopo, senza preoccuparsi oltre del loro essere. Senza
cose esterne questo corpo non sarebbe un corpo vivente e senza la sua capacit d'agire le cose esterne
non sarebbero il suo mondo. Lo stesso accade con
l'intelletto. Il suo mondo sorge solo dall'incontro con
le cose esterne; senza queste esso sarebbe morto ma senza intelletto non ci sarebbero rappresentazioni, senza rappresentazioni non ci sarebbero oggetti, e
senza questi non vi sarebbe infine il mondo dell'intelletto; cos come, supponendo un intelletto diverso, vi
sarebbe anche un mondo diverso, come risulta chiaro
dall'esempio dei folli. Insomma, l'intelletto artefice
dei suoi oggetti e del mondo, che di essi consiste; ma
in modo che le cause occasionali della sua azione, e
quindi delle rappresentazioni, sono cose reali.
Ora, queste forze naturali dell'uomo si distinguono in modo essenziale dalla ragione e dalla libera volont per il seguente motivo. Questi due ultimi costituiscono anch'essi, vero, delle facolt attive, ma le
cause occasionali della loro azione non devono esser
145
morale dell'umanit. Quella legge ci rende quindi sicuri di un carattere che appartiene solo all'uomo e
che lo distingue da tutte le rimanenti parti della natura: la moralit, per la quale siamo esseri liberi e indipendenti, e che a sua volta ha il suo fondamento nella
libert. - Questa moralit soltanto, e non l'intelletto,
dunque ci che rende l'uomo un uomo. Per quanto
l'intelletto sia una facolt completamente attiva, e in
questo senso autonoma, ha tuttavia ~isogno per l~
sua azione delle cose esterne ed anche d suo potere e
parimenti limitato ad esse; al contrario la libera volont del tutto indipendente e dev'essere determinata unicamente dalla legge interna; cio l'uomo si
determina da se stesso, purch si sia elevato alla sua
originaria dignit e indipendenza da tutto ci che
non la legge. Mentre dunque questo nostro intelletto non sarebbe nulla senza queste cose esterne, o almeno non sarebbe questo intelletto, la ragione e la libera volont rimangono invece i medesimi, quale che
sia la sfera della loro azione. (Non se ne potrebbe
trarre con qualche verosimiglianza la conclusione,
certo iperfisica, <<che con la morte del corpo umano
muore e va perso anche questo intelletto, con tutte le
sue conoscenze, concetti e rappresentazioni terrene,
per il fatto che esso utilizzabile sempre unicamente
per cose sensibili, terrene, e che non appena l'uomo
tenta di salire al sovrasensibile cessa ogni uso dell'intelletto e subentra invece quello della ragione?>>.
'
.
questa un'idea che in seguito ho incontrato anche ne1
mistici, non consapevolmente affermata, ma solo
oscuramente pensata, un'idea che certo contribuirebbe a consolare e forse anche a migliorare moralmente molti uomini. L'intelletto dipende dall'uomo stes-
147
149
~edirete al
agli
msegnamentt della Bibbia. Proprio per questo essi v
non la considerano il loro codice, ma solo una conferma storica in cui ritrovano ci che originariamente fondato in loro stessi.
In una pa~o!a, se. f?ssero ~losofi q~est~ persone
sarebbero (mi SI passi l espressiOne!) dei ven kantiani.
Ma per la maggior parte provengono dalla classe dei
co~mercianti, degli artigiani e dei contadini; di quando m quando ne ho incontrato alcuni anche nei ceti superiori, e tra i. dotti, ~a nemmeno uno teologo; questa
gente _e, p~r 1 teolog~, davvero un pruno negli occhi,
perche essi vedono che costoro non sostengono il loro culto divino, e d'altro canto non possono trovar
nulla da ridire, a motivo della loro condotta esemplare ~ del~a.loro sottomissione a ogni ordinamento della VIta CI~le. Q~esti separatisti non si distinguono dai
qu~cchen per 1 loro principi religiosi, ma per l'applicaZione che ne fanno alla vita ordinaria. Si vestono,
per es., come e' costume, e pagano tutti i tributi sia
dello Stato che della Chiesa. In quelli di loro che sono colti non ho mai riscontrato fanatismo, bens libero giudizio e ragionamento privo di preconcetti in
fatto di religione.
NOTE
150
nel nov. 1791. noto soprattutto come autore della Storia e spiri-
151
dass Kant g~schri~ben h:t w ~:-Ix, 1977, Sp. 3?0): lch vermuthe,
1 ranc1a.
en
e
sso
n
(I
729-1786)
.
, pensatore
e b reo, fu m contatto con i . . .
desca del tempo da Le . pn nctp~t esponenu della filosofia te(1 76_71 e d~lle Ore _matt~;~ ( 1;~~t :c~~t~=i l'a~!f.re. del Fedon:
tradizwnalt argomenti metafi . . Il'"
. ~ l ~propone l
getto di confutazione in Kan stct su' t~mortalt~ ?eli anima (ogto giudi . k .
t) e dell eststenza dt Dto. Un articolascritto s~~det~~~~~,;~~.~:~~pfi~sofia de_lla st?ria si legge nello
tica non serve 1793
essere gtusto m teoria, ma in pra'
, par. 3 .
22. Lazarus Bendavi d ( 1762-1832). Divulgatore della filosofia
kantiana a Vienna; autore delle Vorlesungen ilber die Kritik der reinen Vernunft, 1795.
23. Gv IO, 16.
24. Philip Jacob~ener (1635-1705). Iniziatore, in seno alluteranesimo, della corrente religiosa del pietismo e istitutore dei
collegia pietatis. La sua denuncia dei mali della chiesa e il suo programma di riforma sono affidati ai Pia desideria (1675).
25. August Hermann Francke (1663-1727). Pastore e professore di teologia all'Universit di Halle, promosse la diffusione del
pietismo.
26. N ikolaus Ludwig von Zinzendorf ( 1700-1760). Aristocratico fondatore della comunit dei 'fratelli moravi' di Hennhut.
27.Johann Georg Hamann (1730-1788). Amico, concittadino
e critico di Kant Riconosce nella poesia la lingua materna dell'umanit, nel linguaggio l'origine della ragione e nella rivelazione
divina il criterio ultimo della verit.
28. Christoph Friedrich Nicolai (1733-1811). Libraio ed editore in Berlino; promotore, con Mendelssohn, dell'illuminismo come filosofia popolare. Kant si riferisce qui alla discussione sulla
dottrina fisiognomica di Lavater.
29. Rinvio non letterale a l Ts 5, 5.
30. Virgilio, Eneide, VI, 376.
31. Peter La Coste, predicatore a Lipsia e autore di una raccolta di Sermoni tradotti in tedesco ( 1755-56) dai quali, secondo la
notizia del Vorlnder, tolta la citazione kantiana (cap. XXXIII, p.
538 ss.).
32. Jacques-Bnigne Bossuet (1627-1704). Teologo, autore dei
Discours sur l'histoire universelle e del Sermon sur la providence.
33. Denis Petau (Petavius 1583-1652), teologo gesuita. Autore,
tra altre opere di cronologia sacra, deli'Dpus de doctrina temporum
(1627).
34. Johann Albrecht Bengel (1687-1752), teologo del Wiirttemberg. L'opera Orda temporum a principio per periodos oeconomiae
divinae historicus atque propheticus (Tiibingen 1741) collocava l'inizio del regno millenario di Cristo nell'anno 1836.
35.Johann Georg Frank (1705-1784), pubblic l'opera di cronologia mistica Praeclusio chronologiae fundomentalis a Gottingen
ne11774.
36. Gn 22, l ss.
152
153
'!l '
'
Parte Seconda
154
SI RIPROPONE LA QUESTIONE
SE IL GENERE UMANO SIA IN COSTANTE
PROGRESSO VERSO IL MEGLI0 1
..
Si chiede di conoscere una parte della storia umana, e precisamente non del tempo passato ma dell'avvenire; si vuole quindi una storia che predica il futuro .
Questa storia, se non condotta secondo leggi note
della natura (come quelle relative alle eclissi del sole
e della luna), viene detta pronosticante e tuttavia naturale; se invece non si pu ottenere in altro modo che
per mezzo di una comunicazione soprannaturale e di
un soprannaturale prolungamento dello sguardo nel
futuro viene chiamata divinatoria (profetica)". - Del
resto, quando si domanda se il genere umano (nel
complesso) progredisca costantemente vers. il meglio, non in questione la storia naturale dell'uomo
(se per esempio potranno sorgere in futuro nuove
razze umane), ma la storia morale, considerata non in
base al concetto delle specieumane (singulorum), ma .
alla totalit degli uomini uniti in societ sulla terra e .
divisi in popoli diversi (universorum ). .
* Di chi guasta l'arte della divinazione (praticandola senza conoscenza od onest) si dice che indovina, a partire dalla Pizia sino
alla zingara.
157
'
"
2. Come lo si pu sapere?
Come narrazione storica che prevede che cosa avvei ~ in un il_lll_llediat~ fu_turo: ~uindi come una raffigurazione possibile a pnon degh eventi che verranno. Ma ~om' poss~bile una storia a priori? Risposta: se
col m . che predice prepara e cagiona eg!Lstess9_gH eventi che preannunzia.
I profeti ebrei potevano ben prevedere che non
solo la decadenza, ma la completa dissoluzione avrebbe presto o tardi sovrastato il loro Stato; infatti erano
ess~ gli artefici di questo loro destino. - Come reggiton del popolo avevano gravato la loro costituzione
di cos numerosi oneri ecclesiastici e di correlativi
?neri civili, che il loro Stato divenne completamente
mcapace, per se stesso, di mantenersi in accordo soprattutt~ con i popoli vicini, e le geremiadi dei loro
sacerdoti. dov~v~o quindi naturalmente perdersi al
vento: pmch InSistevano caparbiamente nel proposito d'attuare una costituzione insostenibile da loro
stessi stabilita, fu per loro possibile prevedere l'esito
finale con assoluta sicurezza.
I nostri uomini politici, per quanto s'estende la loro influenza, non si comportano diversamente e son? quindi_ altrettanto. fel~ci anche nell'arte del ~rono
sticare. Bisogna, essi dicono, prendere gli uomini
come sono, non come dovrebbero essere stando al
sogno di pedanti inesperti del mondo o di fantasticatori bonari. Ma invece di come sono si dovrebbe dire:
quali noi li abbiamo fatti con una coercizione ingiusta,
c?~ ~erfid~ ?is~gni. P?Sti a disposizione del governo;
cwe ~ndocih e mchm alla rivolta, per cui, per poco
che SI allentino le redini, si producono davvero le tri158
'
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160
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Quest'opinione potrebbe ben avere per s la maggioranza dei consensi. Ilfarefrenetico e insensato si
----.
direbbe__il carattere~della_nostx:,a_srecie_:~sJ_entr<l_rapldamente nella via del bene, ma non per rimanervi; al
contrario, per-non restare Jegati: aull uniccucopo,
non- fosse che per il piacere di mutare, ~i royescia il
piano perpro'gr<!~-so; si costruisce per~poter abbattere
e si impone a se stessi l'inutile fatica di spingere all'in
s il macigno di Sisifo, per !asciarlo di nuovo rotolare
verso il basso. - In questo caso, nella disposizione naturale del genere umano, il principio del male sembra essere' non tanto amalgamato (fuso insieme) con
quello del bene, ma pare piuttosto che entrambi i
principi si neutralizzino a vicenda, s che il risultato di
tanto moto sarebbe l'inerzia (che significa qui lo stato
d'immobilit}: un darsi d'attorno senza costrutto, un
succedersi di bene e di male con alterna vicenda, .s
.
che tutto il gioco dei rapporti che la nostra_SR(!cie ha
------~-..---
- -
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161
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con se stessa su questa terra dovrebbe essere considerato una semplice farsa - il che, agli occhi della ragione, non consente d'attribuire al genere umano un valore pi grande di quello che hanno le altre specie
animali, le quali compiono questo medesimo gioco
con minore spesa e senza logorar l'intelletto.
4. Il ricorso all'esperienza non consente di risolvere immediatamente il problema del progresso
Se si trovasse che il genere umano, considerato
nel complesso, sta avanzando da lungo tempo ed in
procinto di progredire ancora, nessuno potrebbe per garantire che non inizi proprio adesso, a causa della disposizione fisica della nostra specie, l'epoca del
suo regresso; e al contrario, se l'umanit regredisce e
con caduta accelerata precipita nel peggio, non bisogna disperare d'incontrare proprio qui il punto di
svolta (punctum jlexus contrari i) a partire dal quale il
suo cammino si volga nuovamente al meglio, grazie
alla disposizione morale insita nel genere umano. Noi
abbiamo infatti a che fare con esseri che agiscono liberamente, ai quali si pu certo sggerire in anticipo
che cosa devono fare, senza comunque poter prevedere
che cosa faranno; esseri che d!. sentimento dei mali
che hanno recato a se stessi, quando esso si fa tormentoso, sann trarre un movente pi forteper fare
ancor meglio di quanto gi fosse. Ma 'poveri mortali
- dice l'abate Coyer - tra voi nulla stabile se non
l'instabilit!'2.
Se il corso delle vicende umane ci pare cos assurdo, ci potrebbe dipendere dalla cattiva scelta che ab162
'l
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163
'
. Il genere umano deve imbattersi in qualche esperienza che, come avvenimento, indichi una sua disposizione e capacit ad essere causa del progresso verso
il meglio e suo autore (poich il progresso dev'essere
l'atto di un essere dotato di libert); ma si pu prevedere un avvenimento come effetto di una data causa
se si verificano le circostanze che concorrono a produrlo. Ora, che queste ultime debbano una volta o
l'altra accadere si pu predirlo in linea di massima,
come quando si fa il calcolo delle probabilit nel gio~
co, ma non si pu determinare se questa concomitanza di circostanze si presenter durante la mia vita e se
io far l'esperienza che conferma quella previsione.
Bisogna perci ricercare un avvenimento che, senza
un preciso riferimento temporale, indichi l'esistenza
di una causa di questo genere e l'azione che essa produce nell'umanit, e che porti a concludere che il
progresso verso il meglio non potr in alcun modo
mancare. Questa conclusione potrebbe poi essere
estesa anche alla storia passata (nel senso di un progresso continuo), purch quell'avvenimento non sia
considerato esso stesso come la causa del progresso,
ma solo come un rimando allusivo, un indizio storico
(signum rememorativum, demonstrativum, prognostico),
cos da poter mostrare la tendenza del genere umano
nel complesso, non cio negli individui (perch questa
prospettiva si risolverebbe in una enumerazione e in
un calcolo senza fine), ma come lo si incontra sulla
terra, diviso in popoli e Stati.
Quest'avvenimento non consiste in importanti fatti o misfatti compiuti dagli uomini, in azioni che sviliscono ci che tra essi fu grande o innalzano ci che
era vile, e nemmeno nel modo in cui scompaiono come per incanto antiche, splendide costruzioni politiche, e altre al posto loro ne sorgono quasi uscendo
dalle viscere della terra. No; nulla di tutto questo. Si
tratta _solo del modo di pensare_ deglispettatori, che
in questo gioco di grandiose_ tr.ls~or_ITlazioni si palesa
pubblicamente e manifesta a gran voce una generale e
tuttavia disinteressata simpatia per i giocatori d'una
parte contro quelli dell'altra, nonostante _il rischio
che Io spifito di parte possa risolversi in un non piccolo danno; ma cos questo atteggiamento mostra
(per via della -sua generale diffusione) un carattere
dell'umanit nel complesso, e ad un tempo prospetta
(per il suo disinteresse) un carattere morale del genere umano, almeno nella disposizione di base, che non
solo fa sperare il progresso verso il meglio, ma lo
gi esso stesso, per quanto ora possibile.
La rivoluzione di un popolo ricco di spirito, rivoluzione che abbiamo visto accadere ai nostri giorni,
pu riuscire o fallire; pu essere a tal punto colma di
miserie e atrocit che un uomo di retto pensiero, se
potesse sperare di condurla felicemente a termine intraprendendola per la seconda volta, mai deciderebbe di tentare l'esperimento a tal prezzo -questa rivoluzione, dico, trova per nell'animo di tutti gli
spettatori (che non siano direttamente coinvolti nel
gioco) una partecipazione, sul piano del desiderio,
i
l'
l
'
164
165
o
* Con questo non si vuoi dire che un popolo retto da una costituzione monarchica si arroghi il diritto, o anche solo coltivi il
segreto desiderio di saperla mutata; la sua condizione, forse assai
diffusa in Europa, potrebbe infatti raccomandargli quella costituzione come la sola che gli consenta di sostenersi in mezzo a potenti vicini. Nemmeno il sordo malcontento dei sudditi, non per
gli affari interni, ma per la politica estera, qualora il governo ostacoli le aspirazioni repubblicane dei paesi stranieri, una prova
dell'insoddisfazione del popolo per la propria costituzione; ma
anzi della predilezione per essa: sar infatti tanto pi preservato
dal pericolo proprio, quanto pi altri popoli attueranno la costi:
tuzione repubblicana. - Ciononostante dei sicofanti pronti alla
calunnia hanno cercato, per rendersi importanti, di fare passare
queste innocenti chiacchiere politiche per smania d'innovazione,
giacobinismo e sedizione capaci di recare una seria minaccia allo
Stato: bench non ci fosse la pi piccola ragione per quest'accusa,
soprattutto in un paese che dista dal teatro della rivoluzione pi
di cento miglia.
166
* Dell'entusiasmo
'
167
'
168 .
ch la guerra interna ed esterna distrugge tutte le costituzioni statuarie sinora vigenti -, ma che porta comunque ad aspirare a una costituzione che non pu
includere tendenze belliciste, la repubblicana insomma; sia tale per la stessa Jmma politica dello Stato, o
anche solo per il modo di governo, di amministrare lo
Stato, sotto l'unit del capo supremo (il monarca), se.. condo leggi analoghe a quelle che un popolo darebbe'a se stesso in base a principi giuridici universali.
Ora, anche senza il dono dello spirito profetico, io
ritengo di poter predire, in base agli indizi e ai segni
premonitori dei giorni nostri, che. il genere umano
raggiunger questo fine e quindi, al tempo stesso,
che il suo avanzamento verso il meglio non sar da
qui in poi pi del tutto impedito. Infatti l'apparire di
qualcosa del genere_ nella _storia umana non si dimentica pi, perch ha svelato una capacit e una disposizione della natura umana al meglio quali nessun uomo politico, anche arrovellandosi, avrebbe desunto
dal corso della storia passata; e solo questo fenomeno
poteva promettere d'unire nel genere umano, in base
a interni principi giuridici, natura e libert, ma solo
come un avvenimento fortuito e indeterminato quanto al suo verificarsi nel tempo.
Ma anche se il fine atteso da quest'avvenimento
non venisse ora raggiunto, se la rivoluzione o la riforma della costituzione di un popolo dovesse in ultimo
fallire, o, dopo essere durata qualche tempo, tutto
fosse di nuovo ricondotto sui binari precedenti (come ora profetizzano gli uomini politici), quella predizione filosofica non perderebbe nulla della sua forza.
- Quell'avvenimento infatti troppo grande, troppo
intrecciato all'interesse dell'umanit e, per la sua in-
169
'
"
170
'
La diffusione dei lumi consiste nell'istruzione pubblica impartita al popolo, sui diritti e i doveri. nei .confronti dello Stato di cui fa parte. Trattandosi qm sol- .
tanto di diritti naturali, che derivano_ dalla_ comune !
intelligenza umana, i veri annunciatori
inte~~et~
presso il popolo ne sono non i p~ofe~son uf~c1ali_ ~
diritto nominati dallo Stato, ma 1 hben maestn del diritto, i filosofi, che proprio per questa libert che si
pennettono riescono odiosi allo ~~to, c.h7 v_uole se~
pre solo dominare, e col no~e di tllu~znzstt.sono diffamati come gente capace d1 metterlo m pencolo. Eppure la loro voce non si rivolge confidenzialmente al
popolo (che poco o punto si occupa di queste cose e
degli scritti dei filosofi), llla deferent~m~nte allo ~~t?, e
Io scongiura di prendersia cuore_! esigenza d1dmtto
del popolo; e ci nor1 pu farsi per~altravia che quella della pubblicit, se tutto un popolo vuole rendere
nota la sua protesta (gravamen).Cos~-i~i1Jieto della
pubblicit impedisce il progresso di un popol~_~erso
il meglio persino riguardo alminimo_delle sue nvendicazioni, vale a dire al suo diritto !l;t!!!~~e.
.
Un'altra forma di occultamento, per vero faCilmente smascherabile, e tuttavia imposto legalmente a
un popolo, si riferisce alla vera natura della su~ cost~
tuzione. Offenderebbe la maest del popolo bntanmco dire che esso retto da una monarchia assoluta: si
'
.
.
d ad intendere che sia governato da una costituzione che limita la volont del monarca per mezzo delle
due camere del Parlamento quali rappresentanti del
e?
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171
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l
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popolo. Tuttavia ciascuno sa benissimo che l'influenza della Corona sui membri del Parlamento tanto
estesa e infallibilmente efficace che dalle Camere vien
~eciso s?I? quello che il re vuole e propone mediante
Il_ suo mm~stro;, e questi, per fornire una prova illusona della hberta del Parlamento, pu anche eccezion~mente pr?porre delle deliberazioni tali da saper
~a, e magan da fare in modo d'incontrare l'opposiziOne parlamentare (per es. per la tratta dei negri). Questa rappresentazione dello stato delle cose tanto fraudolenta che la vera costituzione, conforme al
diritto, non viene pi cercata affatto, perch si crede
~'averla trovata in un esempio gi esistente, e mentre
1 rappresentanti del popolo, succubi della conuzione
lo hanno in segreto assoggettato a un monarca assolu~
t~, una pubblicit menzognera Io inganna con la finz~one dJ una monarchia limitata dalla legge che proVIene dal popolo.
tura,
~~
palesa dali effetto che segue immancabilmente ad essa. Qu~ e un monarca ~soluto? Quello al cui ordine, posto che dica:
dev ess_er !?"erra, subito segue la guerra. Qual invece un sovrano costttuzwnale? Quello che deve prima domandare al popolo se
dev'essere guerra o no, e se il popolo dice: non dev'esserci guerra, non c'.- Poich la guerra una situazione in cui tutte le forze
dello Stato devono essere agli ordini del sovrano. Ora, il monarca
della Gran Bretag_na ha condotto in verit molte guerre, senza
cercar per questo ti eonsenso del popolo. Di conseguenza questo
re un monarca assoluto, mentre per la costituzione non dovrebb_e_ esser~o; ma della costituzione egli pu non curarsi, perch si
ntJe~e s1curo del consenso de_i rappresentanti del popolo proprio
gra~e ~Ile fo_rze dell~ Stato, c1o per il fatto d'avere in suo potere
tutti gh ~ffic1 e ~c canche da conferire. Ma, per riuscire, questo sistema d1 corruz1onc deve indubbiamente rimanere nascosto. Esso
resta quindi sotto il trasparentissimo velo del segreto.
dunque
doveroso
anivarvi,
ma
per
il
momenbene.
l
l
to (poich non si riuscir a real_izzare c~s pre~to quel'
l'ideale) dovere dei monarchi,b<:_nche regnmo auto'
craticamente, governare in modo repubblicano (non
democratico); trattino insomma il popolo secondo
principi conformi allo spirito di le~gi liberali (co~e
un popolo pervenuto a matura ragiOne le prescnverebbe a se stesso), anche se, stando alla lettera, non
fosse prevista la richiesta del suo consenso.
172
173
: dello sforzo che il genere umano compie verso il me, glio potr cio essere posto solo nelle buone azioni
; degl~ ~omini, che risulteranno sempre pi nurrros-
1 e m1ghori, insomma nelle manifestazioni fenomenil che della costituzione morale del genere uinano: Noi
po_ssediamo infatti" solo. ~ati empirici- (esf>-erie_nz~)_su
cm fondare questa prediZione~ la fondiamo cio sullacausa fisica dei nostri atti, in quanto ssi acadonoatti che sono dunque anch'essi fenomeni, non sull~
causa morale, che implica il concetto normativo c?e.~u essere stabilito solo in modo puro, a priorid1 cio che deve accadere.
10. Qual l'unico ordine in cui possiamo attendere il progresso verso il meglio?
La risposta suona: non dal corso delle cose dal basso verso l'alto, ma dall'alto-verso il-basso .. - Attendere
che, istruendo la giovent nella famiglia e successivamente nelle scuole,. dalle inferiori alle superiori,
istruendola nelle discipline intellettualie morali sostenute dall'insegnamento religioso, si giungainfine
non solo a formare buoni cittadini, ma a educarli al
bene che pu conserirarsC =-sempre~wterirmente
progredire, un piano che difficilmente consente di
sperare nel successo desiderato: Non solo perch, a
parere del popolo, le spese dell'istruzione della giovent devono gravare non su di lui ma sullo Stato, e
questo invece (come lamenta BilschingS) non ha da
parte sua denaro sufficiente a stipendiare maestri capaci, che assolvano con gioia il loro compito - il denaro gli occorre infatti tutto per la guerra; ma perch
l'intero meccanismo dell'educazione manca di coesio-
il
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175
'
ne, se non viene progettato, posto in essere e poi anche uniformemente conservato in base a un meditato
disegno del sovrano e alll'i finalit che egli vi include.
E potrebbe ben appartenere a questa prospettiva che
lo Stato riformi di tanto in tanto anche se stesso e
tentando la via dell'evoluzione, anzich della rivoluzione, progredisca costantemente verso il meglio. Ma
poich sono pur sempre degli uomini a dover realizzare quest'opera educativa, degli esseri,_ insomma, che
hanno avuto bisogno a loro volta d'essere educati, la
speranza del progresso, data la fragilit della natura
umana, nel caso si presentino all'improvviso le circostanze che favoriscono un simile effetto da riporre,
come condizione positiva, solo in una sapienza che
viene dall'alto {che si chiama Provvidenza, se per
noi imperscrutabile); per quanto invece possiamo attenderci e richiedere dagli uomini da prevedere solo
una saggezza negativa nella promozione di questo
scopo; essi si vedranno cio costretti a rendere il massimo ostacolo che incontra la moralit, la guerra, che
sempre cagione di un regresso morale,. dapprima a
poco a poco pi umana, poi meno frequente, e infine
a rinunziarvi come guerra d'aggressione, per instaurare una_ costituzione che possa per. propria- llatura
progredire costantemente verso il f!I~g!~, S~ll~_< indebolirsi, essendo fondata su genuini pri_ll~ipigiuridici.
.-
Conclusione
Un malato9, che il medico di giorno in giorrio confortava con l'ingannevole speranza di una pronta guarigione, un giorno perch il polso batteva con mag-
176
NOTE
l. Nell'indurre Kant a riproporre la questione del progresso
177
178
Parte Terza
181
solo, come uno dei Direttori della Convenzione francese, desume abilmente per la sua scienza medica i
mezzi d'attuazione (tecnica) prescritti dalla ragione,
come l'esperienza li offre, ma come membro legislatore della corporazione dei medici li attinge dalla ragion pura, che sa prescrivere con abilit ci che giova
e con sapienza sa aggiungervi anche ci che in s
un dovere: sicch la filosofia pratico-morale serve anche da rimedio universale, che certo non giova a tutti
in tutto, ma che non pu mancare in nessuna ricetta.
Questo rimedio universale riguarda comunque solo la dietetica, opera cio esclusivamente in modo negativo, come arte di prevenire le malattie. Ma un'arte
di questo genere implica una capacit che pu essere
accordata solo dalla filosofia o dal suo spirito, quale
p_resupposto assolutamente indispensabile. E allo spinto della filosofia si riferisce il compito principale
della dietetica, che racchiuso nel tema: Del potere
dell'animo umano di dominare con la sola fermezza ael
proposito le proprie sensazioni morbose.
Gli esempi che confermano la possibilit d'attuare
il dettato di questa sentenza non posso desumerli dail'esperienza altrui, ma in primo luogo solo da quella
che ho fatto io stesso, perch questa scaturisce dall'autocoscienza, e solo in seguito si potr chiedere
agli altri se non abbiano per caso notato in s le medesime percezion!. - Mi vedo dunque costretto ad esibire il mio io, e se ci tradisce immodestia nel dis-corso dogmatico*, merita invece indulgenza se si tratta
183
182
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.t
'
re e polvere ritornerai )4 -, che stato insomma capace di conquistare quasi l'immortali~, 9uest'uomo:
io dico, s' conservato tanto a lungo m VIta da porsi
d'esempio.
.
Riguardo invece alla salute, che n_ sec?ndo d~sl~
derio naturale, la faccenda del tutto mtncata._CI SI
J>Usentire sani (a giudicare dalla p~acev.ole sens~io
ne della propria vita), ma non_si puo~~.!ape~e d1 es~
serlo~ - Ogni causa di morte naturale e ~ala~u~: l~ SI
avverta o no. - Ci sono molte persone d1 cm s1 d1ce,
senza volerle per questo canzonare, che saranno sempre malaticce, ma mai malate; la loro ~eta consiste in
un'alterna oscillazione tra la trasgressiOne e la regola,
e vanno molto avanti nella vita, se non per attestazioni di forza vitale, certo per longevit. A quanti sono
sopravvissuto dei miei amici o conoscenti c~e, scelto
definitivamente un genere di vita regolato, SI vantavano d'una perfetta salute: intanto il germe della morte
(la malattia), prossimo a svilupparsi covava inavvertito in loro, e chi si sentiva sano non sapeva d'essere
malato; perch la causa di_ una morte nat~~ale no~
pu dirsi altro che malattia. Ma la ca~~lzt non ~~
_pu sentire, per riconoscerla occorre l1_ntell~t~o, Il
cui giudizio pu essere erroneo; la sensazione. e m~e
ce infallibile. ma possiamo dirla tale solo se Cl sentzamo malati; ma se anche non ci si sente cos, pu tutta. via celarsinell'uonio ed essere pronta a un rapido
sviluppo; perci la mancanza della sensazione non
consente all'uomo di dir altro sul suo stato se non
che egli all'apparenza sano. La longevit dunque, se
. sr guarda-reti-ospetti_vamente, pu ess:re_segno solo
della salute golluta, e _la dietc;:tica dovra dimostrare l~
""sua abilit-o la
"scienza innanzi tutto nell'arte di
sui
----
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'
- sa
186
ma in compenso s'eviter cos- il malanno d'in<:lt!bolire i vasi sanguigni in parti tanto-distanti_ cial cuore, co_-:_
che in vecchiaia si accompagna spesso a una malattia dei piedi che_ non _si riesce_ pi ad eliminar_e. Tenere cldo _il ventre, specialmente nella stag~one
fredda, costituisce probabilmente pi una regola dietetica cheunacomodit: perch esso racchiude gli_ intestini, che devono espellere per un lungo cam~no
una materia- solida; perci la cosiddetta ventnera
(una larga fascia che sorregge il ba_sso v~nt.re e ne sostiene i muscoli) indicata per gh anz1am, ma veramente non a motivo del calore.
2) po1mirea lungo o spesso (ripetuta~ente,_ col riposo pomeridiano) certo altrettanto n_spa~nu~ del fastidio che in genere la vita comporta meVJtabil~ente
nella veglia, ed abbastanza__ strano.augurarsl una
lunga vita per passarne la maggior parte dormendo .
Ma qui la vera difficolt che questo presunto mezzo
di longevit, la comodit, si contraddice quanto al
suo fine. Infatti, nelle lunghe notti d'inverno l'alterno
destarsi e riassopirsi ha per effetto di fiaccare, spezzare ed esaurire del tutto le forze del sistema nervoso
on l'illusione del riposo: la comodit quindi in
questo caso una causa di abbreviam~nto de~la vita. Il letto il nido di un gran numero d1 malattie.
3) Curarsi o farsi assistere in vecchiaia, solo per risparmiare le proprie forze ~vitando la sc~modit (per
es. di uscire di casa col cattiVO tempo), o m genere af- fidando ad altri il lavoro che si potrebbe sbrigare da
se stessi nella convinzione di prolungare cos la vita, .
u~ riguardo che ottiene propri~ il risu~tato_ opposto,
l'invecchiamento prematuro e l abbreVIamento- della-
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l
cio di tale sollecitazione delle proprie forze in una vita ringiovanita e prolungata senza indebolimento.
Ma in una situazione sgombra di preoccupazioni,
con persone dalla mente limitata, anche dei futili passatempi producono, come surrogati, quasi Io stesso
risultato, e coloro che sono sempre affaccendati a
non far nulla invecchiano solitamente anch'essi. -Un
uomo assai attempato trovava grande interesse a che
i molti orologi a pendolo che si trovavano nella sua
stanza suonassero sempre immancabilmente l'uno
dopo l'altro, e non l'uno contemporaneamente all'altro; e la cosa bastava a tenere occupato lui e l'orologiaio per tutta la giornata, e dava di che vivere a quest'ultimo. Un altro, nel nutrire e nel curare i suoi
uccelli canterini, trovava un'occupazione sufficiente a
colmare l'intervallo fra il proprio pasto e il sonno.
Un'anziana signora benestante trovava questo passatempo al filatoio, tra i discorsi insignificanti che s'intrecciavano al filare, e perci in et ancora pi avanzata si lagnava, quasi si trattasse della perdita di una
buona compagnia, di non poter pi sentire il filo tra
le dita e di rischiare per questo di morir di noia.
Ma affinch il mio discorso sulla longevit non
procuri noia anche a Lei, diventando proprio perci
pericoloso, voglio qui porre un limite alla loquacit,
che viene di solito compatita come un difetto di vecchiaia, anche se non lo si biasima.
l. Dell'ipocondria
esattamente_ il_ contrario. della capacit_jell'animo di dominare le proprie sensazioni morbose la de-
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risultare causa fondata di quest'ansiet, o se comprende che, quand'anche uno davvero ve ne fosse,
non ci sarebbe nulla da fare per evitarne l'effetto, allora egli, pur accompagnato dal reclamo della sensazione interna, torna all'ordine del giorno; fa cio in
modo che il suo senso d'oppressione (che in questo
caso solo topico) stia al suo posto (come se non lo
riguardasse affatto) e rivolge la sua attenzione agli affari che deve sbrigare.
A causa del mio petto stretto e piatto, che lascia
poco spazio di movimento al cuore e ai polmoni, h~
una naturale predisposizione all'ipocondria, che negh
anni della giovent giunse a rasentare il tedio della vita. Ma il pensiero che la causa di quest'oppressione
del cuore potesse essere solo meccanica, e non eliminabile, ottenne presto l'effetto di non farmi pi volgere ad essa, e mentre mi sentivo oppresso nel petto,
nella mente regnavano quiete e serenit, che non
mancavano di trasmettersi agli altri in societ, non
con mutevoli umori (come suole accadere agli ipocondriaci), ma intenzionalmente e con tutta. natura-
Iezza. E poich ci si rallegra della vita pi per quello
che si fa usando ne liberamente, che per ci che si gode, ne concludo che il lavoro intellettuale pu opporre agli impedimenti che riguardano solo il corpo una
forma diversa d'intensificazione del sentimento vitale. L'oppressione di cuore l'ho ancora, perch la sua
causa nella mia costituzione fisica. Ma ho vinto il
suo influsso sui miei pensieri e sulle mie azioni distogliendo l'attenzione da questa sensazione, come se
non mi riguardasse affatto.
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191
2. Del sonno
Quello che i Turchi, in base al loro principio della
predestinazione, dicono della frugalit, che cio all'inizio del mondo stata assegnata a ogni uomo la razione di cibo che gli spetta durante la vita, e che se
egli consuma in grandi porzioni la parte a lui destinata pu calcolare di mangiare, e quindi di vivere, per
un tempo tanto pi breve, pu servire di regola anche nella dietetica concepita come dottrina per l'infan
zia (poich per l'alimentazione devono essere trattati
spesso dai medici come fanciulli anche uomini fatti).
Si pu cio dire che a ogni uomo stata fin da principio assegnata dal fato la sua parte di sonno, e che chi
del tempo della vita, nell'et virile, troppo ne ha concesso al sonno (pi di un terzo) non pu sperare d'avere ancora molto tempo per dormire, cio per vivere ed invecchiare. - Chi al sonno come dolce piacere
di sonnecchiare (la siesta degli Spagnoli), o come modo d'abbreviare il tempo (nelle lunghe notti d'inverno), riserva molto pi d'un terzo del tempo della vita,
o chi Io divide in parti (in intervalli) invece di assegnarsene un solo periodo ogni giorno, questi calcola
molto male in rapporto al suo quantum di vita, sia per
il grado, sia per la durata. - Ora, poich difficile
che un uomo desideri di rinunziare completamente
al bisogno del sonno (e risulta allora chiaro che egli
sente la Iunghezz della vita come una lunga sofferenza di cui, per il tempo che ha dormito, s' risparmiato di portare l'equivalente pena), sar miglior consiglio, sia per il sentimento che per la ragione, di
portare tutto da un Iato questo terzo di vita insipido
192
e inattivo, e di affidarlo all'indispensabile opera restauratrice della natura: stabilendo per esattamente
l'ora da cui deve iniziare e quanto esso deve durare.
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naturale rifiuta, in vecchiaia, di consumare in eccesso. Facendo abuso d'acqua non si dorme neppur bene, o almeno non profondamente, perch il calore
del sangue ne diminuito.
Si posto spesso il problema se la regola dietetica,
come consiglia nelle ventiquattr'ore solo un periodo
di sonno, non autorizzi nello stesso periodo anche solo un pasto; oppure se non sia meglio (pi sano) controllare un poco l'appetito a pranzo per poter anche
cenare. L'ultima alternativa certo meno noiosa. - Io
ritengo che essa sia anche pi salutare nei cosiddetti
anni migliori della vita (l'et di mezzo); mentre la prima conviene alla pi tarda et. Infatti, poich la fase
necessaria alla digestione si svolge senza dubbio pi
lentamente in vecchiaia che in giovent, si pu ben
pensare che l'attribuire alla natura un nuovo compito
(con la cena), quando ancora non ultimato il primo
periodo della digestione, si risolva inevitabilmente in
danno per la salute. - Lo stimolo a far cena dopo essersi pi che saziati a pranzo si pu pertanto considerare una sensazione morbosa, che si pu dominare
con la fermezza del proposito al punto che, coll'andar del tempo, neppure pi lo si awerte.
4. Della sensazione morbosa dovuta all'ora non propizia
al pensare
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II pensare per un dotto un alimento senza il quale, quando sveglio e solo, egli non sa vivere; sia che il
pensare consista nell'imparare (legger libri) o nel concepire (meditare e ideare). Ma il dedicarsi intensamen
196
197
* Difficilmente gli
studiosi possono astenersi dall'andare meditando tra s e s nelle passeggiate solitarie?. Ma ho costatato in
me, e anche sentito dire da altri che ho interrogato in proposito,
che il pensare intensamente mentre si passeggia rende presto fiac-
chi; invece, se ci si abbandona al libero gioco dell'immaginazione,
il moto ripristina le forze. La stessa cosa si verifica ancor pi se,
passeggiando e riflettendo, si conversa al tempo stesso con un'altra persona, tanto che ci si vede presto costretti a proseguire da
seduti il gioco dei propri pensieri. - n passeggiare all'aperto ha
appunto lo scopo, attraverso l'avvicendarsi degli oggetti, di distogliere la propria attenzione da ognuno di essi in particolare.
198
via di tale natura da poterle eliminare immediatamente col solo proposito del momento, ma poco a
poco, solo perdendo quall'abitudine in virt di un
principio opposto; qui dobbiamo per limitare il discorso alle prime.
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5. Della prevenzione e dell'eliminazione di alcuni accidmti morbosi tramite il proposito d 'educare il respiro
* Non
199
ne!
si
200
La conseguenza diretta di quest'abitudine di prolungarsi anche nel sonno sicch mi sveglio di soprassalto, se dischiudo fortuitamente le labbra e per una
volta respiro dalla bocca; quindi evidente che il sonno, e il sogno con esso, non un'assenza cos completa dallo stato di veglia che non vi si mescoli anche
un'attenzione alla propria situazione: lo si pu del resto dedurre anche dal fatto che coloro che la sera prima hanno programmato d'alzarsi pi presto del solito (per es. per fare una gita), si svegliano in effetti pi
perch egli respira insomma dal naso, non dalla bocca, con la quale si esegue solo l'espirazione. - Un beneficio secondario di quest'abitudine di respirare con le labbra costantemente chiuse, se si
soli o almeno non si sta parlando, che la saliva, che viene secreta in continuazione e inumidisce la gola, agisce in questo caso
anche come rimedio digestivo (stomachale) e forse (inghiottita) anche come lassativo, purch si sia decisi con bastevole fermezza a
non sprecarla per cattiva abitudine.
201
presto; destati probabilmente dall'orologio della torre, che essi devono dunque aver udito, e al quale devono aver fatto attenzione anche nel mezzo del sonno. - La conseguenza indiretta di questa lodevole
abitudine d'impedire, in entrambi gli stati, la tosse
involontaria e meccanica (non il tossire per liberarsi dal
muco, l'espettorazione volontaria), e di prevenire cos una malattia solo con la forza del proposito. - Poich, dopo che il lume era spento (e appena coricatomi a letto), mi coglieva a un tratto una forte sete, e
poich per spegnerla bevendo dell'acqua avrei dovuto recarmi al buio in un'altra stanza e cercare a tentoni un bicchiere, n venne in mente di fare diversi e
profondi respiri sollevando il petto e di bere, per cos
dire, aria dal naso; ho cos scoperto che con quest'espediente la sete si spegneva completamente in pochi
secondi. Si trattava di uno stimolo morboso che venne eliminato da uno contrario.
Conclusione
Gli accidenti morbosi di cui l'animo capace ---di..
dominare la sensazione ricorrendo solo alla salda volont dell'uomo, come a una superiore forza dell'animale ragionevole, sono tutti di tipo spasmodico (convulsivo); ma non si pu dire, al contrario, che tutti i
casi del genere pssano essere inibiti o eliminati solo
con la fermezza del proposito. - Infatti. alcuni di essi
sono di natura tale che i tentativi di assoggettarli alla
forza del proponimento finiscono piuttosto col rafforzare ancora la sofferenza spastica; ed questo an-
che il no caso, poich quella malattia che, pi o meno un anno fa, stata descritta nel giornale di Copenhagen come 'catarro epidemico connesso a un
senso di pesantezza alla testa'* (in me risale a un anno
prima, ma la sensazione sinle), mi ha reso~uasi incapace di organizz;lre_ particolari lav?_ri irl~ellettuafi
per lo meno, mi ha indebolito e fatto ottuso; e poche
questo senso d'oppressione si innestato sulla naturale debolezza della vecchiaia, non cesser che con la
vita stessa.
-- La condizione patologica del paziente, che accompagna e rende gravoso il pensare, in ~~a~to co1_1sista
nel tenere stretto un concetto (l umta di cosoenza
-delle rappresentazioni connesse), ge_11e~a la _sens~zio
ne di uno stato spasmodico dell'organo del pensiero
(il cervello), come di un peso che invero non indeboliscepropriamente il pensaree il riflettere, e nemm~
n.o la memoria di ci che. gi si pensato; ma nel dJscorso (orale o scritto) lo sforzo per tenere salda-mente unite le rappresentazioni nella loro successione temporale, fatto per evitare di divagare, provoca
anche un involontario stato spasmodico del cervello,
come un'incapacit, nell'avvicendarsi delle rappresendi
conservarne
l'unit
di
coscienza.
Per
quetazioni,
.
.
.
.
.
.
sto succede che se 10, come aVVIene sempre m ogni
discorso, prima preparo (l'ascoltatore o il lettore) a
cici:e-vogliodire,_se gli prospetto la met.~ dovei~ voglio andare, se poi lo rimando anche a c1o da cuz sono partito (due rinvii senza i quali non ha l~ogo la
connessione del discorso), e ora devo congmngere
o:
------>-~
202
\
203
l'ultimo punto al primo,- mi trovo a un_tratto costretto a chiedere al mio uditore (o silenziosamente a me
stesso): dov'ero? da dove sono partito? Difetto, questo, che non tanto dello spirito, e nemmeno- solo
della memoria, quanto della presenza di spirito (nel
connettere); un divagarn_ento involontario insomma, e
un difetto molto penoso, cui si pu faticosamente ovviare negli scritti (in specie di filosofia: perch non
sempre cos facile, qui, tornare a guardare il punto di
partenza), sebbene, per quanti sforzi si facciano, non
si possa mai evitare del tutto.
Per il matematico, che pu porre davanti a s, nell'intuizione, i suoi concetti o ci che li surroga (i simboli delle grandezze e dei numeri), ed essere sicuro
che, fin dove giunto, tutto esatto, le cose sono
ben diverse che per chi opera nel campo della filoso-
fia pura per eccellenza (logica e metafisica): . questi
non pu che tenere il suo oggetto sospeso nell'aria
davanti a s e per giunta costretto a rappresentarselo e ad esaminarlo non per parti, ma anche sempre in
una totalit sistematica (il sistema della ragion pura).
Non c' perci da stupirsi se un metafisico diventa
inabile prima di chi studia in un altro ambito, .compresi i filosofi di professione; nondimeno necessario che alcuni ce ne siano, che si dedicano interamente a quella disciplina, perch senza _metafisica non
potrebbe esserci affatto una filosofia.
Quanto s' detto permette anche di capire perch
mai uno possa vantarsi d'essere sano per la propria
et, sebbene, per certi incarichi che gli competevano,
abbia dovuto farsi iscrivere nella lista dei malati. Infatti, poich l'impossibilit di fare impedisce insieme
204
l
l
l'uso, e quindi anche il consumo e l'esaurimento della forza vitale, ed egli ammette di vivere quasi solo in
un grado inferiore (come essere vegetativo), di poter
insomma mangiare, passeggiare e dormire, quello
che per la sua esistenza animale significa essere sano,
per l'esistenza civile (tenuta a incarichi pubblici) significa invece essere malato, cio inabile: e cos questo candidato alla morte non si contraddice affatto.
A tanto porta l'arte di prolungare la vita umana:
ad essere alla fine solo tollerati tra i -vivi, e questa non
precisamente la pi piacevole delle situazioni9.
Ma io stesso ne ho colpa. Infatti, perch mai non
intendo far posto alla giovent che vuole salire e, per
vivere, mi diminuisco l'abituale piacere della vita?
per
una
durata
perch trascino
a
forza
di
rinunzie,
Poscritto
Mi permetto di chiedere all'autore dell'arte di prolungare la vita umana (anche e particolarmente la vita
letteraria) di voler badare benevolmente a proteggere
205
anche gli occhi dei lettori (in specie del numero ora
cos grande di lettrici, che potrebbero sentire ancor
pi grave l'inconveniente di portar gli occhiali): ora
gli occhi sono perseguitati da ogni lato dalla miserevole ricercatezza degli stampatori (perch le lettere
non hanno nulla di bello in s, neppur come pittura).
Lo dico affinch non si propaghi anche da noi, per
un causa analoga, il male diffuso in Marocco, dove
gran parte degli abitanti delle citt cieca per l'intonaco bianco di tutte le case; piuttosto si sottomettano
gli stampatori a leggi di pubblica sicurezza. - La moda
d'oggi vuole invece tutt'altro; cio:
l) che si stampi non con inchiostro nero, ma grigio
(perch risalta pi delicatamente e pi piacevolmente
sulla bella carta bianca);
2) con caratteri Didot, a piede sottile, non con caratteri Breitkopf 0 , che sarebbero pi conformi alloro
nome: Buchstaben (lettere) - come a dire bastoni di
faggio (biichemer Stiibe) per tenersi fermi;
3) con scrittura latina (addirittura in corsivo) un'opera tedesca; scrittura della quale Breitkopf diceva a
ragione che nessuno ha occhi tali da sopportame la
lettura cos a lungo come con la gotica;
4) con la scrittura pi piccola possibile, per doverne poi decifrare una pi piccola ancora (e anche meno conveniente alla vista) per le note da aggiungere
eventualmente a pi di pagina.
Per porre rimedio a questo disordine propongo
di prendere a modello (per testo e note) la stampa
della Berlinische Monatsschrift; se ne prendiamo tra
le mani un numero qualsiasi, si avverte subito che
gli occhi, offesi dalla faticosa lettura di cui s' det-
206
* Tra
i
'
l'
207
NOTE
non ci se.vono da memoria del passato, cenno del futuro, insegnamento ed esempio?.
10.Johann Gottlieb Breitkopf(1719-1794). Ubraio ed editore
in Upsia, introdusse caratteri tipografici di agevole lettura. Franois Didot stampava i propri libri antiquari a Parigi dal 1713.
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208
209
INDICE
'Il conflitto delle facolt' di L Kant e l'idea di Universit di Domenico Venturelli
. . . . .
Avvertenza
. 49
. 57
. 67
IMMANUEL KANT
Prefazione
Parte Prima
Introduzione
. 69
. 73
. 73
. 81
211
85
89
Risultato
94
Parte Terza
II. Appendice. Illustrazione del conflitto delle facolt con l'esempio del dissidio tra la facolt di
teologia e di filosofia . . . . . . 95
l. Materia del conflitto
. . . . . 95
2. Princip filosofici dell'esegesi biblica atti a
comporre il conflitto . . . . . . 98
3. Obiezioni che concernono i princip dell'esegesi biblica e relative risposte . . . . 108
.186
.202
.205
.
.
. 112
Accordo di pace e composizione del conflitto
delle facolt
. . . . . . . . . 130
142
Parte Seconda
. 176
213