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Marco Barra°, Filippo Mittino°, Chiara Comella°, Claudia Lasorsa°, Cesare Albasi°*.
°Facoltà di Psicologia, Università degli Studi di Torino
* ASP e SIPRe (Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione)
Introduzione
Il presente lavoro si inserisce nelle nostre attività cliniche e di ricerca sul QFM ((Questionario sul Funzionamento Mentale e Livelli Evolutivi di Organizzazione della Personalità – versione a 27 item,
basato sulle nove categorie proposte del PDM, di Albasi, Lasorsa, Porcellini; in www.qfm-pdm.com) nell’ambito delle cefalee (XXXX). Tale studio, svoltosi presso il Centro Cefalee dell’Università degli
Studi di Torino (AUO, S.Giovanni Battista), si propone di individuare le associazioni tra le varie forme di cefalee primarie e diagnosi ex PDM-Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force,
2006), in particolare con i Livelli di organizzazione della personalità e i Profili del funzionamento mentale che sono individuabili attraverso il Sistema QFM (Albasi, 2008, 2009; Albasi et al., 2009).
Metodo
Il campione clinico oggetto della nostra indagine è composto da 54 soggetti adulti tra i 20 e i 60 anni, pazienti affetti da patologie cefalgiche afferenti al Centro Cefalee dell’Università di Torino AUO San
Giovanni Battista di Torino. Tale campione è formato da 20 maschi e 34 femmine, con un’età media di 37,76 anni e una deviazione standard di 12,175 anni.
Il campione di controllo è formato da 28 soggetti: 15 maschi e 13 femmine scevri da patologie cefaliche ed emicrania; l’età è compresa tra i 21 e i 32 anni, con una media pari a 24,29 anni, la deviazione
standard è di 2,209 anni.
Per quanto riguarda gli strumenti, è stato usato unicamente il QFM-27: è un questionario clinician-report, vale a dire compilato dal clinico (o dal ricercatore); è costituito da 27 item e si basa sulle
descrizioni presenti nell’Asse M del PDM. Ogni categoria è descritta da tre affermazioni: la prima considera ciascuna capacità come una risorsa a disposizione del paziente, che lo sostiene nel suo
funzionamento mentale (livello sano di funzionamento); la seconda, come una funzione condizionata e limitata da conflitti specifici (livello nevrotico di funzionamento); la terza descrive uno sviluppo
deficitario della capacità in oggetto (livello borderline di funzionamento; punteggi alti attribuiti a questi item indicano un funzionamento molto deteriorato nel range borderline). Esse possono essere
valutate con una scala Likert che va da 0 a 4 (0 = per nulla, 4= del tutto). Così come l’obbiettivo di una macchina fotografica ci permette di mettere a fuoco un’immagine il QFM ci agevola nel “mettere a
fuoco” le risorse, i conflitti e i deficit del paziente.
Ipotesi
Risultati.
Da un confronto effettuato tra le organizzazioni di personalità prevalenti nel campione clinico e in quello di controllo
è emerso che risulta prevalente il livello di organizzazione nevrotico nei pazienti cefalgici: 76,50% (p<0.05).
Effettuando un confronto tra i totali medie dei risultati invertiti delle 9 categorie dell’Asse M, tra il gruppo di pazienti cefalici e il
campione di controllo risultano particolarmente significative la capacità di Relazioni e Intimità (p<0.005, eta quadro 0.101), la
categoria dell’Esperienza, Espressione e Comunicazione degli Affetti (p<0.05), il Pattern e le Capacità Difensive (p<0.005,
eta quadro 0.111), la Capacità di Autosservazione (p<0.05), la Capacità di Costruire o Ricorrere a Standard e Ideali Morali
(p<0.001, eta quadro 0.295).
Conclusioni
Le persone che hanno subito maltrattamento e abuso presentano una percentuale di attaccamento disorganizzato e confuso più elevata rispetto sia al campione di Controllo sia al campione normativo di
riferimento nella standardizzazione dello strumento. Nello specifico, quando i soggetti si riferiscono alle proprie emozioni ed esperienze reali (attaccamento Bambino Reale), tale differenza tra i due campioni
raggiunge la significatività statistica; questo risultato sostiene l’ipotesi che, di fronte all’invito di confrontarsi più direttamente con la propria realtà interiore, gli individui abusati e maltrattati evidenziano una
ridotta articolazione dei processi difensivi rispetto al caos generato dalla propria esperienza e possono quindi mostrare la tendenza a manifestare questi stati attraverso il corpo. Il corpo può venire dunque a
rappresentare il luogo di espressione privilegiato di un’esperienza interna dolorosa a cui non è possibile accedere. Infatti, i soggetti clinici mostrano il ricorso alla dissociazione in maniera massiva e pervasiva,
facendone una modalità difensiva patologica per far fronte all’esperienza traumatica.
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