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Premessa storica

La scelta restauratrice del Congresso di Vienna di ripristinare la situazione


geografico - politica antecedente all’esperienza napoleonica, promuove una
forte compattazione nazionalistica, maturando quindi le condizioni per la
formazione di grandi Stati nazionali.
L’oramai inarrestabile
processo di
industrializzazione stava
mutando radicalmente la
situazione economica dei
principali Stati europei,
consolidando la borghesia
capitalista, sempre più ricca
e potente, a discapito di un
proletariato sempre più
povero ed emarginato. Ciò condusse in tutta Europa a numerosi moti di
rivolta; operai e contadini iniziarono ad organizzarsi sindacalmente,
scioperando, e dando quindi avvio ai primi movimenti di ispirazione socialista.

Sono proprio queste premesse socio-politiche i punti di partenza per la


configurazione di un’idea Romantica.
Infatti, i fini del Congresso di Vienna di rinchiudere politicamente e
culturalmente ogni Stato all’interno dei propri confini prerivoluzionari avevano
fatto sì che venissero meno anche quegli ideali di universalità propri della
cultura illuminista e dell’arte neoclassica.

Il Romanticismo

E’ il movimento letterario dello Sturm und Drang (tempesta ed impeto) a


porre le basi per l’affermarsi del movimento romantico europeo.
Il concetto di popolo che il Romanticismo esalta è quello legato all’idea di
Nazione, cioè di un insieme di individui legati da lingua, religione, cultura e
tradizioni. Da ciò deriva una attenzione per quella sfera di sentimenti, affetti e
passioni caratteristici di ciascuna individualità. La sensibilità romantica predilige
infatti le persone singole e tutti i fattori culturali ed ambientali che hanno
contribuito a formarle. Il presente, per i Romantici, è quindi profondamente
intriso di passato, ma mentre il Neoclassicismo faceva riferimento ad un
passato ideale (ovvero le antichità greco-romane), il movimento romantico
ricerca le proprie radici nel più vicino Medioevo, con i suoi ricchi fermenti
nazionalistici.
La fede, il sentimento, l’irrazionalità che il “secolo dei lumi” aveva condannato
riaffiorano ora in mille forme.

Un altro importante carattere del Romanticismo è il sentimento del sublime,


teorizzato da Edmund Burke, scrittore ed uomo politico, secondo il quale esso
consiste in quel misterioso e affascinante insieme di sensazioni che è possibile
provare solo di fronte a certi grandiosi spettacoli naturali, quando le sensazioni
che ne derivano “tendono a colmare l’animo di un orrore dilettevole”, “un
culmine che fa smarrir la mente di chi non sa guardar oltre”.

Fortemente legato al concetto di sublime è quello di genio, ovvero colui che


grazie alla sua sensibilità artistica e ai mezzi tecnici che conosce, ci consente di
accedere alla vertigine del sublime. Da qui deriva l’inutilità per i Romantici
dell’esperienza scolastica, che al massimo può servire per apprendere alcune
nozioni tecniche.

Sul piano letterario, la cultura romantica predilige il romanzo storico e la poesia


dei sentimenti soggettivi. Si arriva a dare dignità artistica anche alle favole e (in
Italia) ai componimenti dialettali, simbolo entrambi di un profondo
radicamento nelle tradizioni popolari antiche.

Sul piano musicale, i compositori romantici – primo fra tutti Beethoven –


abbandonano l’armoniosa compostezza del periodo neoclassico orientandosi
verso una musica passionale ed evocatrice di sensazioni estreme, fortemente
legata agli eventi della natura.

Per quanto riguarda la pittura, i soggetti riguardano soprattutto la tradizione


favolistica locale e la natura fortemente personificata, che in relazione ai
sentimenti dell’artista sa essere madre dolcissima o spietata matrigna.
Fondamentale, al riguardo, l’apporto di Turner, fortemente connesso al
sentimento del sublime.
Joseph Mallord William Turner (1775 – 1851)

Turner nasce a Londra nel 1775 in una famiglia di modeste condizioni


economiche. Data la sua bravura con il disegno già in età adolescenziale, fu
accettato, nel 1789, alla Royal Academy of Arts.

Il sublime

Una lettura significativa per


Turner fu sicuramente l’
“Inchiesta sul Bello e il sublime”
di Edmund Burke, ispirato a
scritti del I secolo d.C. di autore
anonimo in cui venivano espresse
le cinque fonti dalle quali,
secondo l’autore, il sublime
proveniva. L’Anonimo sul
sublime si limitava a parlare di
“sublime letterario”, un sublime
che non investiva l’ambito della
natura ma si arrestava alle pagine
dei libri. Burke, invece, a secoli di
distanza, denota nel suo saggio
come cause del sublime il terrore,
l’oscurità, la potenza, la
Caspar  David  Friederich  
privazione, la vastità, l’infinità, la Il  viandante  sul  mare  di  nebbia  
difficoltà, la magnificenza. Per 1818  
 
sublime Burke intende qualcosa
di ambiguo, che desta al contempo piacere e senso di smarrimento: l'oggetto in
questione (mare in tempesta, cielo stellato, montagne) non si adegua
spontaneamente a noi e alle nostre facoltà conoscitive, ma ci incute timore
perchè manifesta la sterminata grandezza e potenza della natura di fronte alla
sterminata piccolezza e impotenza dell'uomo.
A quell’epoca, all’Accademia, oltre a Burke, venivano seguiti anche i principi
dell’incisore e scrittore William Gilpin, per il quale il valore di un quadro di
paesaggio consisteva soprattutto nel pittoresco, ovvero nelle ruvidezze e
mutevolezze irregolari della natura, nelle condizioni primitive della campagna
non ancora trasformata dalla mano dell’uomo. L’influenza di questi pensieri
sugli artisti del periodo portò alla formazione di una sorta di elementi scenici
pittoreschi – antiche rovine, pietre coperte di muschio, rocce scoscese, cascate.
Così, agli inizi di Turner, la pittura di paesaggio ufficialmente riconosciuta ed
accettata dal senso estetico comune era limitatamente legata allo studio diretto
della natura.
Notevole in questo senso l’apporto di Turner, che agli esordi della sua carriera
artistica, era ammirato per la capacità di resa fedele del soggetto e per la
precisione rappresentativa del soggetto, dimostrando, per lo meno in una prima
fase, un approccio topografico alla pittura di paesaggio.

Lorrain

Nel 1799 avvenne per


Turner l’importante
incontro con la pittura
di Claude Lorrain
(Champagne 1600 –
Roma 1682), artista
seicentesco di origini
francesi, i cui dipinti
assumono una
fondamentale
importanza per l’
evoluzione dell’opera di
Turner. Nel suo Claude  Lorrain  
testamento lega il suo Porto  di  mare  con  l’imbarco  della  regina  di  Saba,  1648  

dipinto Didone costruisce


Cartagine alla National Gallery , a condizione che venga appeso accanto al Porto
di mare con l’imbarco della regina di Saba di Lorrain.
Fu nei quadri di
Lorrain che egli
sembra aver
scoperto la
possibilità di
una resa pittorica
della luce; la
luminosità
cromatica, le
gradazioni
pastello, la
concentrazione
sull’effetto della
luce di Lorrain William  Turner  
Didone  costruisce  Cartagine,  1815  
furono fattori che influenzarono
profondamete lo stile di Turner per le opere a seguire.

I viaggi

La pace di Amiens, firmata nel 1802 tra Francia e Regno Unito, permise a
Turner e a molti altri artisti inglesi, la possibilità di viaggiare nel continente, in
paesi come la Svizzera, la Francia, l’Olanda, il Belgio: non poteva mancare
l’Italia, patria dei grandi maestri del passato, in cui Turner soggiornò per la
prima volta nel 1819 e visitò città come Torino, Milano, Como, Verona,
Roma e Napoli.
Sono proprio i numerosi viaggi compiuti da Turner nel corso della propria
esistenza ad essere fondamentali per il suo seguito artistico; infatti, sin dal suo
viaggio in Scozia nel 1817 il pittore manifesta i primi cambiamenti di stile:
comincia ad abbandonare il sentiero tradizionale del realismo oggettuale fino ad
arrivare ad una completa rivoluzione che si mostrerà negli acquarelli di questo
primo viaggio in Italia . Il viaggio era qualcosa di essenziale per un artista
romantico, sempre alla ricerca di nuovi orizzonti, nuovi paesaggi e nuove
emozioni.
Venezia, la “scoperta della luce”

L’originalità tecnica di Turner come acquarellista esplode con la visita di


Venezia, dove il sole italiano lo sorprende a tal punto che non si darà pace fino
a quando non sarà riuscito a rendere sulla tela gli straordinari effetti della luce.
Contrariamente ai precedenti paesaggisti lavora sulla luce e dipinge nei toni più
alti di quanto si sia mai fatto prima. Gli effetti della luce sulla laguna
impressionarono
l’artista che lavorò
instancabilmente
riempiendo
svariati album di
schizzi a matita e
ad acquerello; il
William  Turner  
luogo era perfetto Il  Canal  Grande  guardando  Rialto,  1819  
per quello che
Turner voleva riuscire ad esprimere e la velocità con cui lavorava raggiunse
livelli eccellenti: non voleva lasciarsi sfuggire niente di quella città e di quegli
effetti. Volendo sfruttare al massimo il tempo a disposizione preferisce
utilizzare questi rapidi schizzi a matita o ad acquerello dove in ogni modo riesce
a rendere perfettamente e con facilità le sensazioni che gli suscitava un luogo per
lui così affascinante.
Quei bozzetti a matita e quegli acquerelli al suo ritorno in patria gli serviranno
come base su cui lavorare a dipinti ad olio oppure ad acquerelli di più grandi
dimensioni, più rifiniti: il colore acquerellato affiancato da tocchi di colore più
corposo porteranno al raggiungimento di effetti atmosferici rarefatti e
complessi. Una tecnica che Turner utilizzava e che risultò a lui molto utile per
“annotare” con estrema precisione le caratteristiche del paesaggio e
dell’atmosfera era quella che consisteva nel preparare dei fogli di carta su cui,
dopo aver disteso una mano di grigio, agiva graffiandoli al fine di far riemergere
il bianco.Questi album di viaggio sono una parte rilevante della sua opera
pittorica che mostrano il momento rivoluzionario della sua carriera artistica: la
scoperta della luce.
Turner aveva così imparato che le sfumature sulla carta bianca donano una
luminosità che non si può raggiungere nella pittura a olio. Il suo lavoro di
appunti visivi di viaggio è istintivo, si pone di fronte ad ogni soggetto senza
provare la minima soggezione e il suo unico fine è ottenere l’effetto ‘sentito’:
non fedele ma ciò che gli ha scatenato dentro.

Sempre nei suoi


album di schizzi
“Como e Venezia”,
si può trovare una
delle cosiddette
“strutture
cromatiche”,
Colour Beginnings
molto simile ad
un altro acquerello
appartenente allo
stesso taccuino:
Venezia, veduta
verso est dalla
Giudecca: aurora. William  Turner  
Entrambi mostrano una Struttura  Cromatica,  1819  
struttura a strisce orizzontali di
colore che si
sovrappongono e,
nella prima tavola,
si intuisce come
questo fondo
colorato sia pronto
ad accogliere
ulteriori colori e
delicati profili.
L’organizzazione
cromatica di
Colour Beginning
può far intuire
nell’azzurro chiaro
una città in
William  Turner  
lontananza mentre Venezia,  veduta  verso  est  dalla  Giudecca,  1819  
la fascia bruna ha
un valore spaziale come primo piano, l’azzurro più intenso del bordo superiore
può essere interpretato come un addensarsi di nubi.
La tavola più elaborata, Venezia,
guardando est verso la Giudecca:
aurora, mostra come si può
rendere percepibile un paesaggio
con pochi ma efficaci tocchi di
colore. La città appare in
lontananza mentre profili più
nitidi di gondole si lasciano
riconoscere nelle forme brune e
più sommarie del primo piano.

Se l’impianto cromatico descritto


in Colour Beginning è motivabile
come una fase del processo con cui
l’artista cerca di suscitare una
rappresentazione, e quindi non è
Mark  Rothko  
da considerarsi come lavoro Senza  Titolo,  1963  
finito, troviamo in seguito anche
lavori che non mirano alla resa di un’immagine ben definita.
Con frequenza crescente, infatti, il pittore non si lascia guidare soltanto
dall’oggetto naturale com’è visto, ma sempre più dall’effetto proprio delle
stratificazioni cromatiche trasparenti o dal flusso dei pigmenti bagnati e dalla
loro essiccazione sulla carta. Tramonto fra nubi scure può essere riferito ad un
luogo preciso, ma non lo deve
necessariamente essere. Rispetto a delle
tavole ‘finite’, dove il trattamento
cromatico agisce su un soggetto ben
definito rendendo l’unità attraverso il
colore, in questa Turner dà libero
sfogo al colore che, con le sue
sfumature, può creare delle forme. Si
nota un cerchio rossastro che inonda
William  Turner  
dello stesso colore le nubi a sinistra in Tramonto  fra  nubi  scure,  1826  ca.  
contrasto con la fascia inferiore
dominata dal grigio, nero ed azzurro che si estende orizzontalmente per tutta la
larghezza del dipinto. Ad un primo sguardo questa parte più scura sembra stesa
senza sfumature, ma osservando meglio ci accorgiamo di una sottile
differenziazione di colore. L’orizzonte è scuro sopra la parte inferiore, che è
invece leggermente più tenue con toni rossastri al centro.
L’interpretazione che sembra prender forma in noi è di uno specchio d’acqua
che riflette il sole infiammato, mentre per la parte superiore l’interpretazione è
più ricca di sfaccettature potendo scorgere le nubi e le loro ombre oppure un
paesaggio di là dall’acqua.
L’acqua è un elemento che assume una fondamentale importanza nel lavoro di
Turner, è sicuramente il tema dominante sino alla fine della sua carriera: gran
parte dei soggetti che rappresenta si trovano sulle sponde di uno specchio
d’acqua, nel quale creano riflessi di forma e di luce.
Il colore rosso deve esser stato steso in precedenza in modo che lo scuro, pur
coprendolo in parte gli permettesse di mantenere un tono caldo: si ottiene
l’effetto di un irraggiamento che avviene trasversalmente e che si unisce alla
forte sensazione di profondità.

Prospettiva

Il viaggio italiano di Turner non si


conclude con Venezia: l’artista
raggiunse Roma sul finire di Settembre
del 1819.
Di questo primo soggiorno romano fa
parte un disegno, Roma vista dal
Vaticano, che servirà da schema per una
tela ad olio che l’artista eseguirà nel
1820. Questo disegno è uno dei molti William  Turner  
esempi che provano come Turner Roma  vista  dal  Vaticano,  1819  ca.  

sapesse dominare anche complesse


vedute prospettico - lineari. Turner, infatti, fu eletto
professore di prospettiva alla Royal Accademy nel
1807 e lo fu sino al 1837, insegnando non solo le
regole della prospettiva lineare ma anche tutti i
problemi legati alla rappresentazione dello spazio. È
tipico però della sua evoluzione stilistica William  Turner  
andare sempre oltre fino a superare e Studio  per  Roma  vista  dal  Vaticano,  1819  
ca.  
trascurare, nell’opera tarda, tutte le regole della prospettiva per giungere al
cromatismo puro.
Ciò che più sorprende è che il dipinto ha un primo piano costruito in modo
oscuro, tanto da non consentire all’osservatore di districare e capire
l’organizzazione spaziale della Loggia. Raffaello è seduto su di una balaustrata in
pietra, vicino a cui è
situata una figura
femminile, che
sembra ruotare in
avanti sconcertando
l’osservatore che non
capisce come tale
balaustrata possa
proseguire sul lato
sinistro della scena.
In primo piano sono William  Turner  
visibili dei quadri Roma  vista  dal  Vaticano.  Raffaello,  accompagnato  dalla  Fornarina,    
lavora  ai  suoi  quadri  per  la  decorazione  della  Loggia,  1820  
disposti su di un
tavolo rivestito di rosso: tali quadri sono misteriosamente appoggiati o
sostenuti da qualcosa ma è impossibile capire qual è l’oggetto che gli permette
di essere sostenuti, così come è impossibile definire un tavolo, o piuttosto un
gradino, quello a cui sono appoggiati. Le proporzioni delle figure maschili sono
poco chiare e mettono in rilievo la minutezza della figura femminile,
incoerente nel sistema spaziale circostante. Incoerente è anche il passaggio dal
primo piano a sinistra agli edifici retrostanti: la facciata dell’edificio più grande
è creata da linee che, data la loro direzione, non possono convergere in nessun
punto di fuga.
Tutti questi aspetti mirano a chiarire come la struttura prospettica non fosse
determinante nella resa del soggetto, costruito quindi al di fuori di una
rappresentazione spaziale sistematica. Le critiche in occasione dell’esposizione
dell’opera furono molte ma non era comunque ipotizzabile che un maestro
della prospettiva potesse aver sbagliato l’impostazione: l’errore era volontario.

In seguito, l’interesse dell’artista per la luce lo portò spesso a trascurare


l’accuratezza del disegno: questo suo tendere a non dare troppa importanza al
soggetto per dedicarsi agli effetti atmosferici può essere raccontato da un
aneddoto a proposito dell’opera Mortlake Terrace che mostra il tramonto a
Mortlake. Mentre Turner stava ancora
completando l’opera, Edwin Lanseer, amico
pittore e collega di Turner alla Royal
Academy, notò che mancava qualcosa per
attirare l’attenzione al centro del quadro: in
un momento di assenza dell’artista Lanseer
ritagliò un cagnolino di carta e lo attaccò al
centro, sul parapetto, proprio dove noi adesso William  Turner  
Mortlake  Terrace,  1827  
lo vediamo. Turner, quando si rimise al
lavoro ritoccò il cagnolino con la massima indifferenza e continuò a dipingere
concentrandosi sulla luce.

La Catastrofe come sublime

Dopo aver visitato Roma, Turner scese a sud, facendo tappa a Napoli, dove
aveva sperato di essere presente per l’eruzione del Vesuvio, che però avvenne
quando l’artista era già di ritorno verso l’Inghilterra.
Tale soggetto era però già stato rappresentato dal pittore in due acquarelli del
1817 – 1818,
ispirandosi ad un
disegno o una
stampa di un altro
artista.
Il pittore
rappresenta spesso
nel corso della
propria carriera
artistica, catastrofi
naturali e gravi
disagi
meteorologici e
Vesuvio in eruzione
non è l’unico William  Turner  
Vesuvio  in  eruzione,  1817  
esempio; questo
gusto è ovviamente in perfetta sintonia con la tematica del sublime.
In questo caso la natura non è rappresentata come minaccia dell’incolumità
dell’uomo, ma diventa potenza incontrollabile che scatena morte e distruzione;
di fronte a tutto ciò all’uomo non rimane che arrendersi.
Le tempeste e le battaglie marine raffigurate, oltre a Turner anche da altri
pittori dell’Ottocento stanno a sottolineare, allacciando perfettamente al forte
sentimento della fede tipico dei romantici, l’uomo che in balia delle onde non
può far altro che attendere la clemenza divina. Il cataclisma in mare è anche
immagine della perdita della stabilità e dello smarrimento delle capacità
tecniche umane di controllo della propria vita. Ovvio è che questa tematica è
contraria agli ideali razionalistici tipici dell’Illuminismo, ma è perfettamente
compatibile con il sentimento
irrazionale romantico.
La furia scatenata del mare in
tempesta che domina l’uomo
è rappresentata in modo
sublime ne Il naufragio di
Turner.

William  Turner  
Il  naufragio,  1817  

Theodore  Gericault  
La  zattera  della  medusa,  1818-­‐19  
La rappresentazione della figura umana

Introducendo personaggi nei suoi paesaggi, Turner seguiva un’esigenza


dell’epoca. Per questo non attribuì mai loro un ruolo determinante, come
faceva, per esempio, Caspar David Friederich. Nei sui quadri, Friederich
presenta ripetutamente delle figure intente all’osservazione della natura, anche
se l’uomo rappresentato non fa parte di essa, ma le si contrappone.

La figura umana, in
Friederich ha la
funzione di far
immedesimare
l’osservatore del
quadro in sé stessa, di
far meglio
confrontare il
pubblico dell’opera
con la grandezza della
natura.
Turner invece nelle
sue opere tarde Caspar  David  Friederich  
introduce degli Monaco  in  riva  al  mare,  1808  -­‐  10  

uomini, ma si tratta
sempre di gruppi, che
l’osservatore avverte
come parte
dell’evento naturale.
Così, per esempio, in
Scena di festa in
laguna egli accenna
soltanto delle figure –
non è chiaro se si
trovino su delle
barche o su di una
banchina –, il loro
movimento
d’insieme, i loro
William  Turner  
Scena  di  festa  in  Laguna,  Venezia,  1845  ca.  
riflessi sull’acqua, ma nessun interlocutore, nessun individuo che compia
l’azione di mediazione tra il pubblico ed il paesaggio.

La teoria dei colori

Turner, fra i grandi pittori dell'800, fu quello che probabilmente impegnò uno
sforzo maggiore nell'intento di formulare una propria teoria dei colori. Egli
tenne, nel 1811, una
conferenza alla Royal
Academy, nella quale cercò
di definire gli estremi di
una possibile personale
teoria dei colori. In questa
conferenza Turner
dimostrò pubblicamente la
sua profonda conoscienza
sia degli studi sui colori di
Newton che di quelli di
Goethe. Definì, inoltre, in
modo chiaro, la differenza William  Turner  
fra quelli che lui chiamava i Disco   d ei   c olori   n.1,  1822-­8  

colori "prismatici", generati


dalla scomposizione della luce attraverso il prisma, ed i colori "materiali", cioè
quelli dei pigmenti adoperati dai pittori. Turner affermò che dalla miscela dei
primari "materiali" (giallo, rosso e azzurro) veniva fuori un grigio torbido,
mentre dalla miscela dei primari "prismatici" (luci colorate) veniva fuori il
bianco. La sua intuizione
era corretta, se non fosse
che commise l'errore di
considerare come colori
primari prismatici: il giallo,
l'azzurro ed il rosso,
mentre, come aveva
dimostrato Young ed in
seguito avrebbero
dimostrato Von Helmholtz
William  Turner  
Roma,  il  foro  con  un  arcobaleno,  1819  
e Maxwell, i colori primari della luce sono: il verde, il blu ed il rosso.
Turner studiò con grande interesse le teorie dei colori e della visione, in
particolare quella di Newton e quella di Goethe. Egli, più che aderire ad una
teoria in particolare, le adoperò, via via, come fonti di ispirazione per la
realizzazione delle sue opere. Studiò con attenzione diversi fenomeni come
l'apparizione degli arcobaleni, il rapporto visivo tra colori complementari, il
colore delle ombre in rapporto al colore dominante della luce (capì che una
luce fortemente colorata, produce ombre che vengono percepite come del
colore complementare: luce rossa, ombra verde azzurra; luce gialla, ombra
violacea).
Turner fu molto affascinato dalla teoria dei colori di Goethe. Il fatto che il
poeta tedesco considerasse i colori come una reazione intima, poetica, della
personalità alle sollecitazioni della natura, si accordava con l'animo romantico
del pittore Inglese.

Opere significative

Regolo, 1828

Dipinto a Roma nel


1828 e rielaborato in
Inghilterra nel 1837,
l’olio ha per soggetto
il reimbarco per
Cartagine di Marco
Attilio Regolo.
Il condottiero
romano, fatto
prigioniero dai
Cartaginesi, era stato William  Turner  
rinviato in patria per Regolo,  1828  

trattare lo scambio
dei prigionieri e convincere Roma ad arrendersi. Giunto in città, però, aveva
sconsigliato ai cittadini di accettare le proposte dei nemici e aveva consigliato di
continuare con la guerra. Tuttavia, dato che oramai aveva dato la parola di
tornare a Cartagine dopo aver annunciato a Roma il messaggio, tornò a
Cartagine, dove subì il taglio delle palpebre e fu poi ucciso facendolo rotolare
giù da una rupe rinchiuso in una botte.
La luce, accecante, quasi bianca, del sole che si trova basso sull’orizzonte,
rappresenta o la premonizione del destino crudele a cui Regolo andava incontro
oppure la visione sublime della luce che i suoi occhi, privi di palpebre,
ricevevano al massimo della potenza. La luce, che è come diffusa dai vapori,
rende vaghe le forme del porto e degli edifici in lontananza. La luce, dorata e
gloriosa, crea un ampio fascio luminoso che fonde cielo e acqua e suggerisce il
cammino di Regolo verso la gloria eterna degli eroi.
Notevole il riferimento al dipinto Porto di mare con l’imbarco della regina di
Saba di Claude Lorrain.

Ombra e tenebre. La sera del Diluvio, 1843

Questo dipinto
costituisce
sicuramente uno dei
più raffinati punti di
arrivo nella ricerca
artistica di Turner.
Il pittore descrive lo
stato della terra
corrotta nel
momento in cui le
acque si stanno per
abbattere su di essa
per purificarla,
utilizzando
l’opposizione
cromatica tra toni
caldi e luminosi nella
porzione centrale e
William  Turner  
nelle estremità inferiori alle forti e cupe Ombra  e  tenebre.  La  sera  del  diluvio,  1843  
ombre che si addensano in basso a
destra e nell’arco superiore. In prossimità del centro della tela si scorge una
massa globulare di luce, forse il sole o la luna, che da un senso di enorme
sfondamento prospettico. Nel centro geometrico del quadro è percepibile
un’ombra in lontananza,
interpretabile come l’arca, dato
che proprio verso quel punto
sembra muoversi una fila di
animali, percepibili anche in
primo piano; il cielo è
attraversato da una fila di
uccelli neri disposti in forma
di semicerchio. L’immensità
del cielo è ridotta ad uno William  Turner  
Tormenta  di  neve:  Annibale  e  il  suo  esercito  
spazio esiguo, essendo limitata attraversano  le  alpi,  1812  
in alto da una spessa coltre di
nubi nere. Il precipitare dell’acqua è reso secondo l’effetto già sperimentato dal
pittore nell’opera Tormenta di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le
Alpi. Riguardo la bufera, evidenti anche le analogie con i disegni di Leonardo
da Vinci, della serie dei Diluvi.

Leonardo  da  Vinci  


Città  al  centro  di  un  vortice,  1516  ca.  
Luce e colore: il mattino dopo il diluvio, 1843

In questo dipinto è
evidente l’influenza
della lettura della
traduzione della teoria
dei colori di Goethe,
che nel suo libro
descrive la capacità
del rosso e del giallo
di provocare
sentimenti positivi.
Turner, infatti,
utilizza questi colori
per mettere in rilievo
il potere creatore e
vivificante della luce. William  Turner  
Infatti, il mattino Luce   e   c olore:   i l   m attino   d opo   il  diluvio,  1843  

dopo il diluvio è il
giorno della rinascita,
dell’inizio, della William  Turner  
Luce  e  colore:  il  mattino  dopo  il  diluvio,  1843  
speranza di un nuovo
ordine di cose.
Vaghe forme umane sono trascinate, in un abbandono totale, nel vortice di
luce, mentre Mosè, seduto, scrive la Genesi ed un serpente, eretto al centro del
vortice ricorda la storia salvifica vissuta dagli ebrei, come narrata nel Vecchio
Testamento. Il vortice del colore, che ricorda l’aurora, attrae verso il suo
interno l’umanità, che si dirige verso un radioso futuro.
In questo quadro Turner attua un processo di liberazione del colore dalla
forma, ponendo il mattino dopo il diluvio in una dimensione spirituale.
Pioggia, vapore e velocità – la grande ferrovia dell’Ovest, 1845

Il dipinto mostra nelle zone superiori un fine tessuto di toni gialli, rischiarati
nella grande superficie bianca e scuriti da ombre grigio-azzurre. In basso a
sinistra gli stessi toni
si ripetono, in modo
più fitto e con colore
sparso in modo più
diffuso. Da questa
diffusione, nel bordo
inferiore sulla destra,
appaiono due rette
scurissime, dipinte
con un tono marrone
e nero. Si possono
interpretare come il
ponte su cui il treno
sta per transitare. Ma
nel quadro il treno William  Turner  
Pioggia,  vapore  e  velocità,  1844  
rimane immobile; la
forte sensazione di movimento, infatti,
riguarda solamente gli altri elementi: la parte frontale della locomotiva sembra
ferma, poiché dipinta in modo nitido, senza linee mosse o sfumate. L'insieme
dà un'impressione di grande velocità e sembra impossibile fissare l'immagine
nei suoi particolari. Turner raffigura il treno positivamente, come simbolo del
progresso tecnologico. Infatti siamo in epoca vittoriana, in piena rivoluzione
industriale, e il treno è il simbolo dell'insorgente modernità.
Al contrario dei suoi contemporanei che spesso si dimostravano poco entusiasti
dell'era del vapore, William Turner si volge con interesse e passione alla nuova
epoca, rendendole omaggio.
Ambigua, a detta di alcuni critici, la presenza di una lepre che corre davanti alla
locomotiva. Secondo alcuni di essi, infatti, essa rappresenterebbe la natura che
sta per essere schiacciata dal processo tecnologico, ma secondo George Leslie,
un amico di Turner che osservò il lavoro pittorico nei giorni precedenti alla
prima esposizione del quadro, nelle intenzioni del pittore la lepre era il simbolo
della velocità. Infatti, secondo una metafora che all'epoca era di moda, la
rapidità della lepre rappresentava un'allegoria delle forze della natura.
Bibliografia:

- Enciclopedia “La storia dell’arte”, Electa, vol 14, Il Romanticismo


- Itinerario nell’arte, Giorgio Cricco, Francesco Paolo di Teodoro, Zanichelli,
vol.3 dall’Età dei Lumi ai giorni nostri
- Itinerario nell’arte, Giorgio Cricco, Francesco Paolo di Teodoro, Zanichelli,
vol.2 da Giotto all’Età Barocca
- Turner, Michael Bockemuhl, Taschen
- Romanticismo, Norbert Wolf, Taschen
- Abstract Art, Dietmar Elger, Taschen
- Teoria dei Colori, Johann Wolfgang von Goethe
- www.tate.org.uk
- www.william-turner.org
- www.britishmuseum.org

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