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DI
OPUSCOLI DANTESCHI
INEDITI
RARI
DA
a. L.
PASSERINI
VOLUMI XL-XLI
[IV-V della Nuova
serie]
FIRENZE
PRESSO
r-A
1897
DISCORSI
DI
DI
DANTE
A CUKA
DI
MARIO R0S8I
ti.
PROPRIET LETTERARIA
PREFAZIONE
Dei due
nel presente
scritti
che veggono
il
la
luce riuniti
volumetto
^
primo
stato
stam-
il
ad
ora.
Sono numerosissime
tre copie se
le
Castravilla:
di Fi-
Se ne fece editore nel 1608 Bellisario Bulgarini, ohe lo pubunitamente alle sue Annotazioni, ovvero Chiose marginali sopra la prima parte della Difesa fatta da M. Iacopo Mazzoni; in
*
blic
Siena, appresso
'
Luca Bonetti,
1608.
L'avrebbero probabilmente pubblicato il Panciaticlii ed il Magliabechi unitamente alle altro epere del Sassetti, che essi avevano raccolte per darle alle stampe, se la morto, con molti altri, non avesse troncato anche questo loro disegno. V. NeFerrara, 1722, pag. 176 e MoPalladio Fiorentino (cod. Moreni 207) pag. 308-9. Accetto il nome Eidolfo, che ha molte autorit in suo favore; i mss. non sono per concordi in questo nome. Il Castravilla infatti in sette copie del Discorso dotto Anselmo, Pandolfo in una copia che si conserva fra gli autografi del Borghini (mise.
;
una lettera di Roberto Titi a Bellisario Bulgarini. Michele Barbi, Della Fortuna di Dante nel secolo XVI; Firenze, Fratelli Bocca, 1893, pag. 37. Ho pure accettato il titolo, sotto il quale il Discorso comunemente noto, sebbene non tutti
I),
Giorgio in
Cfr.
ed una nel quaderno X, 103), e pure nella Nazionale due copie nel codice II,
Miscellanea
I,
II,
384
una
della
Comuabbia
lettore
copia del
Discorso di
cui
si
servi
il
stravilla,
conduco
nel
la
copia
conservata
1269),
-
codice,
IX-126
(gi
strozziano
di
mano
ci
Alterati
il
alle
risposte
occupa
le
prime 22
recto della
carta 20,
rimasto in bianco.
Il
recto
od
osser-
' La copia che si conserva nel codice sopra citato servi al Balgarini per la stampa del Discorso. Sull'autorit della copia senese e della stampa veggasi Baedi, Op. cit., pag. 40 e seg. Un'altra copia del Discorso oit. dal Morelli, I codd. mss. volg. della Libreria Naniana, Venezia 1776, pag. 128. 2 Mi sono limitato a correggere con il sussidio degli altri mss. i pochi laoghi (due o tre), in cui il Sassetti aveva omesso qualche parola.
vazioni
del
SasseUi.
Il
fascicolo
porta
una
in-
il
il numero delle carte, sta anche ad indicare numero delle pagine contenenti le risposte; ed una seconda, che comincia, come abbiam detto,
il
numero
Que-
Sono
citate,
dal
Manni
e dal
nelle
Moreni
il
Palladio fiorentino.
Le
cita
anche
^
De
di Firenze ci conser-
vari
scritti
in
difesa
:
di
Dante, e va dalla
assai affret-
di scrittura
* Le Risposte per oltre che il recto di ciascuna carta occupano anche il verso della carta 1, il cui recto porta il titolo (Castravilln contro a Dante), e gran parte del verso della carta 21.
\
interno del Discorso Ridolfo Castravilla contro la Comedia di Barite, (di mano del Sassetti). Non ho creduto opportuno atimpare anche le Risposte, ohe dicono su per gi lo stesse cose della Difesa, e spesso con le stesse parole. > Cod. Moreni 207 pag. 305. ' Nelle Giunte e correzioni (v. Giunte e correzioni inedite alla Bibl. dant. pubblicate dal D. Guido Biagi, Firenze, 18S8, pag. 126), dice ohe una buona copia apografa di questo stesse risposte trovasi nel miigliabeohiano VII, 1151. per una svista in cui cadde, non saprei dir come, il De Batines, giacch in questo codice trovasi soltanto una risposta al Castravilla di Antonio degli Albizzi.
Il titolo
8
tata,
st'
errori.
Que-
non
fu conosciuta, dal
De
n nelle Giunte
gli altri,
e correzioni
^
;
Manuale
dantesco.
sic ai
luoghi evidente-
mente errati, od oscuri, o privi di senso; e solo quando la correzione m' sembrata di evidenza
palmare l'ho proposta in nota, aggiungendo in corsivo nel testo quelle parole soltanto (il che
m' occorso di fare pochissime
pure conservato
il
volte), la cui
il
man-
lettore.
Ho
il
Sassetti,
suo
Discorso^ correggendoli
In
ci-
quando
l'
l'ho
mantela va-
nuta
anche
di Filippo Sassetti'
e nell'interno, di
dell'Autore, La Commedia di Dante. Noi la citeremo d'ora innanzi sotto il titolo di Difesa o di Discorso, e l'altra operetta del Bassetti citeremo sotto il titolo di disposte. Il De Batioes del Sassetti cita soltanto le Risposte; V. Bibl.
mano
9
riet di
il
La punteggiatura ho aggiunta
di
sana pianta,
testo.
Ho
Sassetti,
non perch
ma
pi
pria correzione,
via;
nota
Il
parola o
la
la
le
pubblica-
gravi ac-
moveva a Dante accesero ben preuna polemica, che agit por parecchi anni la
Si molto disputato per sapere chi s nascondesse sotto lo pseudomino Castravilla, Veggansi a questo proposito Babbi, Op. cit., pagg. 38 e segg., od nn mio articolo in Giornale dantesco, an.
'
olle
1 o segg., nel quale credo aver dimostrato nel Castravilla da rioonosceie Leonardo Salviiiti. Il Varchi aveva affermato nel quesito IX dell' ii/coZano che la Commedia era di gran lunga superiore ai poemi d'Omero e di Vergi Ho.
''
10
repubblica letteraria.
A
il
ri-
tempo studente
trascrivere,
ed a mandare all'amico e
allora in
cugino
Lorenzo Giacomini,
Cosi gliene
di quello stesso
" altri "
"
Ancona.
anno:
"Facilmente da questi
che
lo
prepone ad Omero.
Io lessi questa
"
" " " " "
"
l'abbiate vista,
mi
complession vostra.
costui
Basta che
dir
io
credo che
"
che
il
che se fa o
non
pi dotti
il
giudichino.
dell' 11 luglio
confutando
come
al
ri-
Gia-
> V. Lettere edite e inedite di Filippo Sassetti, raccolte e annotate da Ettore Marcucci; Firenze, Felice Le Monnier, 1855; pag. 89 e sog.
11
comini
stesso, scritta
^
il
In questa lettera
Sas-
dopo
essersi
va ben condotta,
" "
cosi
lo
"
Un
messer
Giacomo Mazzone da Cesena, persona molto pi dotta di quello che egli nel primo aspetto
dimostra, ha mandato fuori una sua apoloe
" si
"gia;
"
"
"
certo
che
le cose dette
da
lui
hanno
Qui non
posso
venuto
;
se
mandare
ma
con
vene uno
leggete
di cost.
Se vi viene fatto
e la
ve-
derlo, lasciate la
l'altre,
:
prima
seconda parte, e
ceranno
Quando
compose
Si
Fune che l'altra certamente dopo uscito il Discorso del Mazzoni flSTS) ^ che cita varie volte nelle Risposte ed una nella Difesa^ ^ e con molta
probabilit non prima degli ultimi mesi di quel-
V. ediz. cit., pag. 41 e seg. Discorso in difesa della divina Commedia, Cesena, 1573. 3 Par da escludersi che le citazioni del Sassetti siano da riferirsi al Discorso cLe il Mazzoni pubblic nel 1572 sotto lo
'
pseudonimo
di
Donato
non
fa
mai menzione
nel-
Non
sar inu-
12
l'anno, giacch, sebbene
fosse gi uscita,
il
25 luglio V Apologia
dalla lettera sorifletta
pra
citata,
il
'
che du^
rante
luglio, l'agosto ed
settembre
il
Sas-
una lezione
il
sulle im-
prese, di cui lo
aveva incaricato
Consolo del-
Ma
non
se
ben
la
sicuro,
il
ci
esattezza
termine ad quem.
Pure
io credo,
per
non
sia
da portarsi
al di l
si-
del 1575.
L'argomento non
in
perfettamente
curo,
ma
contentarcene.
tile
il Discorso identico nelle due edizioni del 72 che nella seconda manca la dedicatoria a Tranquillo Venturoni. V. Barbi, O2). cit, pag. 43 n. 2. Ambedue le edizioni sono oggi rarissime. ' Siccome nella lettera del 20 giugno dell'Apologia non si fa parola, da supporsi che l'operetta del Mazzoni fosse conosciuta dal Sassetti non prima del 20 giugno, n dopo il 25 luglio del
avvertire ohe
1573.
^ In quella stessa lettera il Sassetti scriveva al Giacomini "Io mi trovo allacciato a messer Piero Eucellai per a mezzo ot" tobre e pi tosto passa il tempo di quel ch'io vorrei ecc. (V. " ediz. cit. pag. 42 e sezg.). 3 Di questa sua lezione, ohe ebba poi luogo nel settembre, torna a parlare lungamente al Giacomini in una lettera in data del 22 agosto, e di nuovo in una del 5 settembre. V. pag. 44
:
e segg.
13
zioni alla Poetica
*
di
Alessandro Picoolomini
il
Sassetti e l'espositore
addirittura opposte.
Appena
uscito
il
libro, l'Ac-
Non contento
di ci
ne porge
destro, di
Ora
fatto
che in tutta
al
la
nessun accenno n
sue,
rie
Picoolomini, n a opinioni neppure quando sono esposte idee contraa quelle di lui, sembra possa autorizzarci ad
coglier nel
il
1676.
Annotazioni di M. Alessandro Piccolomini nel libro della d'Aristotele con la traduttione del medesimo libro, in lingua volgare. In Vinegia presso Giouanni Guarisco e Compagni,
'
Poetica
MDLXXV.
V. Diario degli Jlte'ati, ashburnam. 558, Voi. II, o. 28 r. Sono tatfcora inedite: il Discorso nel citato IX-125 (o. 189-213), e l'Esposizione della Poetica nel riccardiano 1539 (o. 81-132). Sono ambedue anepigrafe.
14
E
in
tempo
egli,
il
Sassetti
ponesse
mano
a quest'opera, che
occupato
trasformarsi di letterato in
n correggerla
Ed
io
giunta,
non
che
il
importante argomento
fare.
il
accingeva a
care
Mi sembra valgano
le
a giustifierrori,
i
questo
sospetto
lacune
gli
cui formicola
il
Discorso,
non che
la
forma
di
esso in genere
rata, e
punto sassettiana.
Il Sassetti e,
con
lui,
il
che sce-
sero in
tui
il
campo contro
Castravilla, se ne eccet-
discorrono molto,
poco.
ma
stotelica,
critici del
zione
imperfezione
seconda della
di Dante, Cesena, 1587, in cui spezzate e rotte, com'egli dice, le leggi del Liceo, dimostra che si pu legittimamente poetare atiohe in maniera diversa da quella prescritta da Aristotele (V. Discorso, ediz. del 1572, o. 47 v.); e non del Discorso in cui, come gli altri critici, tenta prorare la convenienza della Commedia oou la Poetica.
della
Commedia
15
di esso
con
L'elemento
che costituisce
dantesca,
come d'ogni
Poema
la
al quale ha po-
mano
e cielo e
terra
con
dante
il
Sassetti
non
il
riesce a svincolarsi
egli
segue pedestremente
Castravilla,
ostinandosi
ed
persuaso,
quando
la
riuscito a conl'ecvi-
grandezza e
:
ad una
in vero,
ma
del quale
il
tutta la colpa
il
non
da
il
gettarsi
sopra
Sassetti,
Discorso,
di
sulla sua
altri
argomenti.
Non molto
come abbiam
detto, in que-
st'opera la forma
16
fesa,
tina;
ma quanto abbiam
composizione
il
detto
sopra
a-
propo-
sito della
vir a scusare
Sassetti,
marla, e
non sarebbe probabilmente molto grato a me della fatica, non grave del resto, che ho
lui.
intrapresa per
Mario
Eossi.
N.
40-il
serie).
Discorso di M. Ridolfo Castravlla nel quale s mostra l'iniperfettloue della " Commedia di Dante contro al " Dialogo delle lingue
del Varchi.
ri-
Hercolano
nel quale
e dirne
si
il
troando
cora
io
il
ben le redargiiiua. Una sola per ne trouauo che ne pretermetteua, pi falsa e pi assurda di tutte le falsit, non so gi escogitare per che cagione; la qual dispiacendomi et appartenendomi pi di tutte l'altre, mi sono deliberato di pigliare io prouincia di confutarla, non per causa degli eruditi, che non pericolo che si
che
Castelvetro molto
lascino persuadere cose tanto fuora via
de' semplici et idioti,
i
;
ma
in gratia
am-
loquio
Il
si potrebbno di facile lasciare ingannare. paradosso questo (che si legge alle 248 et alle
257 carte del prescritto Dialogo dell'impressione de' Giunti di Fiorenza dell'anno 1670), che Dante non
20
adegua Homero, ma lo eccelle. Et io voglio prouare in questo mio breue e semplice discorso che il Poema di Dante e quell'opera che '1 Varchi la estima tale,
e
che
egli,
medesimo dialogo noma un Oceano di tutte le merauiglie, tantum abest che e' sia quel che e' dice, che non pur poema e, dato, e non concesso, che fosso poema, non poema heroico, e, dato e non concesso che fosse poema heroico, in fra' poemi heroici malo poema, ed tutto pieno d' inperfezioni in tutte cio nella fauola (dato e non concesso le sue parti che habbia fauola) e nel costume e nella dianea,
nel
; ;
cuzione.
Nel quale
ufficio
obli-
ed a
di
scrittura,
non curo
mi
od esplicare
se la
Ma, venendo alia causa, dico in prima che la " Comedia di Dante non poema; e la ragione perch essa non fauola, e ci che non fauola non pu esser poema; il che dichiara Aristotele nella sua " Arte poetica in pi luoghi e massime nell'esordio del libro, doue pone che tutte le spezie di poesie
sono imitazione, et in quello che poi soggiugne, che
quelli che
Dal
qual luogo
si
ritrahe che
poema
et fauola sono
unum
21
et
idem, hucusque che il poema non spresso col metro che la sua ueste, che in questo solo differente la fauola dal poema, che la fauola imitazione d'azione etiam nell'animo del poeta prima che la sia espressa; ma il poema non poema, se non espresso col verso. Per diceua Aristotele che la
fauola era quasi l'anima della tragedia.
Da
questo
luogo adunque, oltre a molti altri di quel libro, si caua questa conclusione, che il poema fauola et
imitazione d'azione, la qual
torit di quegli poemi, che,
estimati;
de'
imitazione d'azione.
cosi
:
Ogni poema fauola, la " Comedia di Dante non fauola, adunque non poema. La maggiore si prona in questo modo Ogni poema imitazione d'azione,
tro
habbiamo mostro con l'autorit d'Aristotele), adunque ogni poema fauola. La seconda proposizione del primo argomento, cio che la " Comedia di Dante non fauola, prouo
cosi:
imitazione d'azione
sopi'a),
non
fauola
che prouato di
la "
zione,
Commedia di Dante non imitazione d'aadunque non poema. La minor propositione, cio che la " Comedia,, di Dante non sia imitazione d'azione superuacaneo
dimostrarlo, poi che n quella che Dante referisce
il
in quell'opera
tale
insogno da
ma
raccontato.
Che
22
quel di Dante sia uno insogno, o una visione, o una fantasia si deduce dallo parole medesime di quell'opera in pi luoghi
:
fa'
manifesta.
Ma
da molti termini di parole, che egli usa continuamente in quell' opera, propii de' somnianti, come ^ pareo et simili. Che tal sogno non sia da Dante
non induce una persona a chi sia accaduto far quelsempre l'autore, e sempre in l' insogno, ma parla persona propria, e sempre narra esso stesso e se in
;
qualche luogo induce qualche persona a parlare, sono episodii, e fuori del tutto della materia e della
l'autore, l
non parla mai altri che doue i poeti non parlano mai in persona propria, se non quanto sono astretti per inducere chi fauelli, come nell' " Iliade , nell' " Odissea , e
tela principale; nella quale
nell'
Eneida.
;
Se adunque Dante in quella sua opera non imita, consta che la non pu essere imitazione se non v' azione, non pu essere imitazione d'azione, e, per conseguenza, che tal opera non poema. Prouiamo hora la seconda delle tre conclusioni, cio che la dett'opera, dato, e non concesso, che fusse poema, non poema heroico. Ma ci vuole poca prova, perch
basta sapere che
il
poema
heroico,
che Aristotile
in luogo
noma fumo
de' quali,
hoggi che variar de' tempi non ammette pi quelle finzioni, succedono quelle persone che con gl'antichi heroi hanno pi similitudine, co-
23
me sono persone
illustri,
e per
genere
e per valor
bellico
e noti,
o alli pi, e
in
Dante fusso un'azione, che non si pu un sogno modo alcuno nominare azione di quel genere che
i poeti; dato adunque, non concesso, che fusse un'azione, sarebbe un'azione non d'un heroe o di persona corrispondente agl'heroi,
ma
s'
di
Dante,
il
ma dalli comici inducono in scena; e questo basta a sufficienza per prona della seconda conclusione, cio che la " Comedia di Dante, dato, e non concesso, che fusse poema,
che non dalli tragici o dalli epici,
poema
heroico,
che durasse
di
s'
si
Dante, E se alcuno asserisce che in quell'opera inducono alcuna volta persone illustri, tali sono
al
Poema,
se pur
fusse poema.
Ci resta a dimostrar la terza et ultima conclusione principale, cio che la " Comedia di Dante, dato, e non concesso, che fusse poema heroico, sarebbe malo poema heroico, e pieno d' imperfezioni in tutte
le parti
che sono parti de' poemi, cio nella fauola, costume, e nella dianea, e nella
se vi fusse, e nel
dizione.
La qual
Dante;
facilit,
bene
ella
non
fauola.
24
fauola composta d'argomenti e d'episodi, e che le
virt della fauola son queste, secondo Aristotile:
che la sia verisimile, che, senza questo, il poema cadrebbe dal suo fine e resterebbe spogliato a'ogni
forza e vigore.
Secondo vuol esser conspicua e rammemorabile, vedere in una girata d' un sguardo, e ricordarsene in una voluzione di memoria.
cio
comprendere una
dal
tutta, cio
principio alla
Le
dramma-
Se haranno corpo e grandezza giusta, perch ne' piccioli argomenti non pu essere pulchritudine. Se haranno peripezia et agnizione, le quali erumpino uerisimilmente o necessariamente dalla cosa, in qualche modo ammirabile. Se haranno nell' argomento stesso l'ammirabile,
il
terribile,
il
compassioneuole, e
'1
morale.
Se non haranno troppi episodii, e quelli saranno connessi talmente con l' argomento, che parranno membri nati col corpo, non sutiui apposti. Se haur bel nesso e bella soluzione, la quale
scoppi dalla cosa.
I vitii della fauola e le cattine
punto
le opposite.
Hora io tengo che la fauola di Dante habbia poche delle prelibate virt e molti degl'oppositi vizi; ma prima dir alil che capo por capo proseguir cuna cosa dell' invenzione, dalla quale al poeta deue
;
25
perueniie pi lode o pi reprensione che d'altra paressendo pi sua propria, o pi aprendo la forza
doli'
te,
ingegno.
volte
Io ho udito pi
da pi celebrare questa
invenzione di Dante per una cosa nuoua, non mai pili opinata, non mai pi caduta nel pensiero a pertriplice suo viaggio et io non so vedere che egli meriti da questa parte se non biasimo, perch in prima l' invenzione non sua; ma si come Virgilio la prese da Homero, ampliandola et abbellendola, cosi Dante 1' ha tratta da Virgilio,
sona, di questo
storpiandola e confondendola e riempiendola d'episodii alieni et indecenti a materia heroica, e d'interessi priuati et abietti.
chi
non
sa che Virgilio
nel
VI
dell'
Che
altro
'1
purgatorio?
Donec longa dios, perfecto temporis orbo, Concrotam exemit laboni, purumque reliquit Aetherium sonsam, atque aurai simplicia ignem.
Dante adunque circa l' invenzione non merita laude, non essendo sua, ma hauendola tolta da Virgilio; merita riprensione, e guasta, e ripiena
hauendogliene contaminata
il
di
Bembo
nelle
la
sue "Prose
in
d'ogni
prima che la fauola della sua "Comedia,, fuoi'i verisimile, non essendo nessuno che pensi
26
che uno, vestito di membra, possa discendere all'inferno et, uscitone, possa passare per il purgatorio, e
quindi ascendere al paradiso, trascendendo con le membra graui i corpi celesti, e far tanti altri miracoli,
quell'opera
si veggono. E se mi dir alcuno che, secondo questa ragione, che n etiam Ulisse ed Enea lo poteron fare, risponder che, secondo la religione di que' tempi, o pi tosto superstizione, tali cose si haueuano, se non per possibili, almeno per verisimili. Ma hoggi sirail fauole si dicono dalle nutrici ai bamboli; per, volendo Dante seruirsi di questa fauola d'altri, bisognaua che la lasciasse stare in persona di quelli tempi, e la simulasse in que' tempi. Volendo inducere persone delli tempi nostri, doueua refeiire azioni che quadrassino alla verisirailitudine di questi tempi. Oltre che io vorrei sapere da quel suo maestro Vergili a che egli uno che se gli raccomandaua invece d' indirizzarlo per la retta via, che gl'era facile, lo men all' inferno con tanto pericolo e tanta fatica delVnno e dell'altro. Quanto poi alla conspicuit e rammemorabilit, l'argomento senza gl'episodii (che non suo) conspicuo e rammemorabile certamente, perch non con-
il
il
Ma
egli lo
imburra tanto,
be ricordare,
n vederlo
tempo.
Circa l'unit della fauola non credo che alcuno
potr negare che quel viaggio, a quel
modo
distinto,
non comprenda
tre fauole, e
che
1'"
Inferno,, sia
una
27
azione da
so
s,
s,
il
"
Purgatorio
un'altra,
il
"Paradi-
il
ma
ogn' altra
non
si
corromperlo;
che l'argomento dell'unit della fauola. Dramatica come potr essere, non vi si trattando
d'altro che d'un solo, che
non
fa
dare e parlare
Semplice
gilio,
ma
egli,
ha canata
e fabricata
una
di
che
determina
pessime di tutte l'altre. Quanto alla grandezza e corpo della fauola, senza la quale non pu esser pulchritudine, habbiamo gi mostrato che ella si piccola, e si termina in si poco tempo, che, tantum abest che possa esser bella, non pu essere fauola capace di materia n di nome
heroico.
ci so
vedere,
perch
et improuisi
mu-
di tali
non so
che ne sia alcuno in quell'opera, n manco delle agnizioni, se gi noi non pensiamo di far degni di
questo nome quelli consueti
e
vulgari riconoscimenti
che l'autore, ad ogni dieci versi, fa di questo e di quello, che sarebbe molto meglio che non vi fussero.
Ma
le
sono due
le pi belle e le
fauola, e che la
28
ammirabile, e nella quale, pi che in
altro, si scuo-
mio iuperch g' huomini si ammirerebbono bene se vedessino la Chimera, ma, mostrandone loro una di paglia, la quale,
al
pi tosto
nome
di mostruosa,
al
glia, la
intuito, sia conosciuta da loro come di pamarauiglia non v'haur luogo. I lettori non accettano che un huomo vino discenda in inferno ed ascenda in cielo, se non per grazia speciale di
primo
Dio,
come
d'
S.
Paolo;
il
al
sta di Dante,
dimostra
affetti,
pieno
odio e di simult e di
molti altri
non che si dichiari per santo. Quanto al terribile, i nostri bamboli d' hoggi, che soleuano hauere paura delle larue, non hanno hor paura del Demonio che veggiono pitto. E mi marauiglio pi da vantaggio del Varchi che, nel detto
1' "Inferno,, di Dante, solo, basta a douentar buoni tutti quelli che lo leggono; e non mi pu capire che egli habbia volsuto pensare che g' huomini, leggendo quelle pene, se ne habbino si
questo eh'
io
il
quale bene alcuna volta in quell'opera in alcuno di que' tanti episodii, come nell' historia del conte
Ugolino;
cipale io
dallo argomento e dalla materia prinnon lo so trarre. Quanto al morale, chi male opera va in inferno,
si
;
ma
chi
pente va
al
radiso
molto
commo-
al
29
come di quel che scuopra s' impari, persona di Dante e di quelli che da lui a' inducono nelli episodii. Della quantit et insitura delli episodii ho parquello che vi
la
lato di sopra.
Il nesso
e la soluzione di questa
fauola non
si
perpetua
n
so-
una
storia,
luzione.
in Dante la belt di quella sua che, per siamo contenti di nomar fauola. Il costume in Venghiamo hora al costume. prima, che si discuopre nella persona sua, d'un
Tale
ci
hora,
huomo
tiuo,
tria;
di
malignit,
vendica-
moroso, fantastico, e nemico della sua pala quale non lascia in tutte l'occasioni d'inlei
;
un venenoso appetito
per lasciar di tanti
g' infortunii
huomini buoni e di tante persone honorabili et reuerende a nessuna delle quali perdona, n al suo stesso precettore, al qual
Il
si
l'
im-
precettori, e
rite-
nimento dell'odio e sete della vendetta; il che accompagnato dall'altro difetto del costume, cio delindecoro, essendo fuori d'ogni decoro che un huomo, che sia suto fatto degno di fare un camin tale, sia informato di tali costumi.
l'
Non
voglio
entrare
in
bene
30
pio.
si possa non dannare, perch, se bene data loro la multa, molto insueto produrre a luce il male per hauerlo poi a celare. Cosi non fero Homero, n Virgilio, n alcuno degl' altri egregii
poeti, nei
poemi dei quali non si vede pi che una due persone di mal costume, e quelle non sono delle principali; in tutto il resto sono i lor poemi
o
stume; l doue buona parte dell'opera di Dante uno stabulo di scellerati. Onde in nessuna parte harei estimato Dante tanto giudizioso, quanto io lo terrei in ci, se in luogo di " Comedia , che pur la conobbe indegna di pi sublime nome, l'hauesse inscritta "Satira,,, che di satira veramente si dimostra che tenga,
pi che d'ogni altra cosa.
Quanto
quell'opera
a'
concetti, sono
molti
che magnificano
come
Dante
in
apre peritissimo, di tutte le facult trattando, non come gl'altri poeti per via di tasto, ma
si
quella
esaminando
tutte le
le
pi
sottili e
pi recondite materie
mathematiche e di molte arti e facult. La qual cosa ognun sa quanto s'aspetti alla dignit del poema e del poeta, la maest del quale non discende alle minuzie et alle questioni scolastiche; ma,
quasi passando fuora via, lecca
ze e delle dottrine con
i
Pensiamo un poco se quando Virgilio tocc si altamente, in persona d'Anchise, la prouidenza de Dio
noi crediamo che
:
31
e quel che segue, che egli
si
fosse
messo a sgra-
maticare
a
le
modo
di
luna.
dia
glio,
Veramente quando io considero la " Commedi Dante io non vi ueggo altro che un mescuun zibaldone et un guazzabuglio delle lezioni
che egli doueua udir da questo frate e da quello, parendogli di fare una bella cosa a infilzarle a quel
modo
Della realit poi delle materie che e' tratta non ci voglio por bocca, perch non me ne intendo, e me
ne rimetto a quelli che di
fessione.
tali
non
lor luogo,
Qui sarebbe
de' concetti;
il
figure
ma
sue
belle:
Di pari come
Come
e quelle
frati
e quelle tocche
da
altri,
come
Come
La lucerna
del
mondo
Roma
enti-a-
re a raccontare
huomini che
non sono
io.
32
ouero locuzione, le bruttezze della quale sono state tanto ben mostre dal Bembo, dal Casa, e quasi da
tutti gli scrittori di questi tempi, a' quali occor-
Ba-
n osseruanza di grammatica, n rispetto o verecundia di vocabuli, n freno alcuno che lo ritenga. Usa ogni sporco vocabolo, usa ogni licenzia nello storpiar
scelta di parole,
le voci,
non
tesche, hor
audacissimo nello accorciare, nello allungare, mutainzeppa tra' suoi versi re o formare nuoue voci
;
spesso le belle filatesse dei versi latini, che non so da qual poeta s' habbia potuto imparare questo esempio
;
'nsomma
i
fa di maniera,
che
'1
Sbarchi
mede-
non
sa negare
suoi difetti,
sta parte?
Tanta
che color
medesimi che la contrastano sono constretti a conIl Varchi, mentre che fessarla, non se ne auedendo. ci vuol dare ad intendere che Dante sia migliore e maggior poeta d'Homero, gli uien detto, non se ne auedendo, che Dante pessimo poeta, dicendo che in
ciascuna parte della sua opera
rar qualche cosa
;
si
il
che non
altro
che si possono desiderare sono difetti, e gli huomini sono infiniti, adunque infiniti sono i difetti di quell'opera.
Assai
io
credo
me
fatte, e pro-
Che
la "
Comedia
di
Dante non
poema
33
Che dato, e non concesso, che fusse poema, non poema heroico Che dato, e non concesso, che fusse poema heroi;
co, cattino
poema, e ripieno
le
d' infinite
imperfenel
zioni in tutte
sue
parti,
cio
nella fauola,
o nella dizione.
Alla qual
m'ha
tratto;
ma
Se bene
la "
Commedia
di
Dante
una poetica
potrebbe credere che ella non fosse degna d'essere chiamata poema. La poesia, secondo che comprendere
si
maniere,
puote dalla natura delle sue pi artifitiose una imitatione d'attiene, laonde la " Com-
media di Dante potrebbe parere una narratione di un sogno. Cogliesi ci da molti luoghi, e principalmente , sento, da alcuno cosi giudicato per lo principio suo
"
:
Nel mezzo del cammin di nostra vita , pigliando per la met del tempo prestato alla vita humana la notte, per essere stato detto da un filosofo che nella met del tempo il misero dal felice non differente, intendendo la met del tempo la notte. A questo luogo se ne aggiungono tre altri del medesimo
autore
:
Ma so presso al mattino il uer si sogna.' Tutta tua uisione fa' manifesta.^ A l'alta fantasia qui manc possa. ^
Nel primo
de' quali
e'
mostra di predire
a'
Tioren-
38
tini,
cosi
a manifestare una uisione, e nel terzo che questi suoi concetti siano stati in una fantasia, con la quale
hanno molto
da
altri
luoghi di
potrebbe che in questa opera fusse un sogno raccontato dall' autore di questa Per lo che parrebbe che quello ne seguitasse opera.
si
che di sopra
si detto,
bene
il
sognare una attiene, et uno che in un suo poema imitasse un sognante imiterebbe l'attiene d'un huoio non credo che questa sia una delle cose che deono imitare i poeti, quali noi il nostro desidereremo che fusse. Egli ben nero che imitare potrebbe quell 'attiene che a colui nel sogno si rappresentasse, ma questo non harebbe altra differenza da qualunche altra rassomigliata attiene che dal modo dello sprimerla o farla manifesta. Quindi scor-
mo,
gere
si
da
lui.
Per
lo che,
quando
il
non sarebbe perci che egli nome Commedia non meritasse, tutto che gl'altri poeti, douendo ne' loro poemi introdurre attieni e faccende, da altri che da loro fatte le introducono l doue Dante da s stesso mostra esLa qual cosa come sere state queste cose uedute. adiuenga in questo trattato fia da me fatto manifesto. E, con tutto questo, stimo io che non un sogno sia quello che Dante ci narra nel poema suo, ma
fussero,
dv poeta nella sua
"
;
n stimo che
il
contrario di-
39
mente
si
ma
l'et
sua hauerci
uoluto in per
lo spatio del
il
tempo che
della vita
ci si vive,
metaforicamente,
cammino
Non
humana,
si
come
gli
ha
fat-
to altroue, dicendo:
S'io ritorno a
senza merc la tua parola, compier lo cammin corto Di questa uita ch'ai termine vola.'
fia
Dalla quale
metafora
non
si
discost
monsignor
Della Casa, adoperandola egli altres nel principio " Con ci sia cosa che tu incodel suo " Galateo
:
"
io
ho
la
mag-
"
come
tu vedi, fornito.
L'altro luogo, somigliantemente, non dimostra che l'attione di Dante sia sognata da lui; perch, se cosi fusse, dire bisognerebbe che ella contenesse l'agurio della rouina o cattino stato di Firenze, il
quale egli accenna per quelle parole:
Ma
Tu
mattino il aer si sogna. qua da picciol tempo Di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.
se presso al
sentirai di
''
Di maniera che questo sogno del quale fauella qui Dante un suo sogno particolare, o, pi tosto, si come io stimo, un prouerbio usatosi nel predire qualche male ad alcuno et da auuertire che quel terzetto detto da Dante non come andando per l'inferno, ma come narrando; la qual distintione di tempo separa l'una faccenda dall'altra in guisa, che niente hanno da fare, come io di sotto spero di hauere a dimo;
strare.
effetto
allegato
di
sopra, che a
V. Pnrg. V. In/.,
XVII
del
>
XX,
XXVI
V. 7 e segg.
40
"
Paradiso , non pu a modo ueruno dimostrar che siano sogno uisione le cose che Dante narra, se gi non uolessimo dir che coloro che sognano conoscessino di sognare, di che auuiene tanto
il
contrario,
che i sognatori, sognando, di sognare desiderano, parendo loro che le cose da lor uedute siano pur troppo nere; onde disse il medesimo:
Si
come non
fusse agogna.
'
Ma
"
egli, in
una imagine:
"
Fa' manife-
Se noi
un sogno, poco ne mancherebbe che l'intendere non fusse un sognare, e perci stimare si dee che l'altro uerso, tratto dell'ultimo canto del " Paradiso , non
proni cosa alcuna.
Ma
perch di questo
luoghi
si
ragioner
nel prin-
hora da uedere,
cipio
poich
citati
mostrano che l'attione di Dante non sogno, ueggiamo - se in quella opera alcuni ce ne ha che
prouino che egli fusse desto, la qual cosa
per fermo; e a ci credere mi
io
tengo
egli
muoue
il
dire
uedersene:
Io non so ben' com' io n'entrai, Tant'era picn di sonno in su quel punto, Che la uerace uia abbandonai.
si
era
desto
V, Inf. XXX, 136. Cosi il ms. E evidente per che ueggiamo o sono da espungersi. * Leggi: ben ridir.
2
da uedere
41
uella selua,
entrato.
dando
la cagione al
sonno dell'esserui
Non
ma
che era
sonnacchioso, che cosi pare che importino le parole " tanto era pien di sonno in su quel punto , auuenga che coloro che dormono addormentati si
chiamano, e non " sonnacchiosi o pieni di sonno e se ogli addormentato si fusse, maluolenticri harebbe cognosciuto d'essere piti in buono che iu tristo sentiero, auuenga che sonnacchioso entrare si possa
;
ma, soprauegnendo il sonno, primieramoto. Che se i sognanti molte uolto camminano e vanno, ci non mostra Dante che a lui in questo luogo sia auuonuto, per che mestier fa-
duue che
sia,
mente cessa
il
ceua
il
descriuere
il
il
scia manifestare
Nuouo
altroue nel
XXXII
Purgatorio:
come assonnaro
Gli occhi spietati, udendo di Siringa, Gli occhi, a cui pi vegghiar cost si caro; Come pintor che con esemplo pinga, Disegnerei com'io m'addormentai
nel
IX
Purgatorio:
Nell'hora che comincia i tristi lai La rondinella presso alla mattina, Fors'a memoria de' suoi primi guai, E che la mente nostra peregrina Pi dalla carne, e mcn da' pensier presa A le sue uision quasi diuina; In sogno mi parea neder sospesa
42
Un'aquila nel oiel con penne d'oro, Con l'ale aperte, ed a calare intesa. Et esser mi parea l doue fro Abbandonati i suoi da Ganimede,
Quando
Oltre a che
stintione
si
fa ratto al
sommo
concistoro.
la
di-
del
tempo consumato da
in
questo
tioni adoperate
uiaggio che egli era desto, e fa differenza dalle atda lui vegliando a quelle che gli
apparuero dormendo, delle quali in parte ho ragionato di sopra; e da tutto ci stimo che coloro i quali aprono le porte dell'intelletto alla verit giu-
dicheranno che
ci
conta, e non come se sognato l'hauesse. Resta adunque che questa sia un racconto d'una attiene la quale Dante dice hauere adoperata; ma perch ci non fu vero, resta che ella sia cosa finta da lui e perci da considerar adesso se una attiene finta al tutto, e falsa in ogni sua parte, narrata come narra Dante la sua, pu essere atta per fauola d'un poema, o no, donde conseguentemente uerr manifesto se la " Commedia di Dante poema eroico, o di che altra maniera, quando dimostrato sia che questa opera merita
il
nome
di
poema.
di mestieri pri-
Per uedere
mieramente, con quella maggiore breuit che la natura della cosa soporta, riandare alquanto la natura della poesia; uedere la forma di ciascuna delle sue spetie; considerare le parti di qualit e di quantit di esse, e quello che a ben formare ciascuna si ricerca; e poscia considerare quale sia questa attiene
la narra, et,
adattando
43
con esse pu misurarsi o no; donde fia manifesto se questa opera sar poema, e di qual genere. In prima da sapere come ogni poeta studia,
humane,
che
dentro all'arte sua propria; dico fine dentro all'arte della poesia, perci che egli ultimamente si ricerca
il
humano;
questo
come
si
dice,
fine ultimo, il
poeta, nell'anima
sono
il
ordinata
fine nel-
quella utilit.
ci
l'animo
essi
de'
poeti,
imitare a giouamento;
eiFetto e 'n di-
mandano
diuersamente ad
dare
un tempo
per
lo
un popolo in una occasione, e d'altro in altro che noi ueggiamo per carnouale le commedie
mascherate andare attorno, e ne' giorueggiamo rappresentare la passione del Saluatore nostro Ohristo. Por lo che i poeti imitano essi
recitarsi e le
ni santi
hora le leggieri
degne
di beffe;
che adiuienire {sic) possa in due maniere, potendosi le graui fingere pi graui, e le uili pi humili et abbiette, o come elle si ueggono tutto giorno
'
Cosi
neamente a
cedente
cosi:
"
ms. Le parole come che e posso sono scritte interlilato a questo e ad adiuienire (correzione di un anteaiiuiene). Prima della correzione, tutto il passo sonava
il
et
eoo...., Probabilmente il Bassotti dimentic di correggere la seconda parte del periodo * e mstra che il primo modo eco. ,, dopo aver corretta la prima, dalla quale dipende. Il passo andrebbe quindi sanato cosi: " et questo come che adiuenire "possa in due maniere, potendosi eoe nondimeno il primo mo" do a' tempi nostri osservato per lo pi .
eco.,., e
mostra
44
fare, e
mostra che
il
primo modo
a'
tempi nostri
sia
di Calandrino,
che quindi deriuano. N, forse, riderebbe alcuno quanto si fa leggendo le cose raccon-
tate
stessa
da lui, se elle fussero state scritte in quella maniera che esse adiuennero; n tanta compassione ci prenderemo (sic) in leggendo l'attione di Ghismonda, se ella narrata fusse senza tanta grandezza. Di tre maniere adunque sono le attieni che possono imitarsi: o come elle sono accadute et accaggiono,
fingerle migliori, o
pi leggieri e ridi-
cole; e questo
'1
poeta
le
molto uolte
persona sua; o egli introduce coloro che imitano come se essi tutti insieme quella faccenda facessero. Io ho lasciato da banda il ragionare della materia nella quale si fa l'imitazione, supponendo che ella
una senza pi, che l'oratione, perci che, se bone nelle commedie di questo tempo e armonia e ballo si intromette, per cagione degli intermedii, non
sia
alcuna cosa con l'attione della non pare che conto tenere se ne debba; e Ho paridelle tragedie hoggi ninna se ne uede. mente lasciato di far mentione del modo dello imiessi a fare
hauendo
poesia,
e'
tare,
narrante
il
tirambica poesia
non
cognosciuta
il
da
noi; oltre a
che dificilissima
cosa
sino imitazioni.
E perci che
un
lo
douerrebbe
fa
fare
ma
non
veduta
45
di fare
^
quello che
fa,
ma
dice
;
determinati suggetti (e Platone, 81 gran filosofo, soleua dire che l'imitatore era il terzo artefice nell'uniiierso e l'opere sue si ritrouassono, assegnando il li terzi artificii che luogo primo alle sue idee o esemplari; il secondo
l'altro
secondo
uine;
il
quali in tanto le imitauano in quanto elle mostrauano di fare quello che esse faceuano; se no era niente,
come nelle fauole auuiene, nelle quali si mostra che facciano i parentadi, e non si fanno; si ammazzano gl'huomini, e non s'ammazzano) per lo che, non si facendo ci in alcuna maniera in quelle poesie doue sempre il poeta poeta si conserua, dir non si pu che egli imiti in modo ueruno. Imita bene in que' poemi doue egli tesse la sua narratione in guisa, che
si
si
pigliando hora questa et bora quella persona, mostra di fare o dire quello che coloro fecero o dissero, e 'n questa parte senza pi imitatore; doue che nelle poesie che si rappresentano egli imita sempre; onde diceua il medesimo Platone che la tragedia e la commedia erano tutte per imitatione, e la poesia de' ditirambi per pura e semplice narratione, e quella che e' si raccontata di sopra partecipaua dell' una e dell'altra natura. In tutti questi modi adunque e nello stesso strumento dell'oratione pu il poeta imitare le tre maniere d'attiene annouerate di sopra; le quali imitationi saranno in fra loro diuerse e diuersamente si douerrebbono nominare per la diuersit delle attieni che s'imitano e possono imitarsi nel modo medesimo e' si potranno imitare narrando (in quella maniera per che si
egli,
e'
;
di
oritte iaterlineamente.
46
detto di sopra) le migliori, le simili e le
attioni.
peggiori
ci
1'"
Auarchide
del trouargli
in
si
terra
lo
che credere
dee che
stumi ricorrino a' tempi antichi, g' huomini de* quali sono sempre magnificati e celebrati come pi uirtuosi di quegli del secolo presente. Esempio d'un
poema che
meglio era
imiti
peggiori
ci sia il "
Margutte
del
non
le ritrarre
e se
remo
i
pu
non ha dubbio ueruno che a questi cosi fatti poemi che tra loro si rispondono per il modo dello imitare e per lo strumento, tutto che differenti siano per la cosa imitata, si conuiene un nome comune; e questo credere si dee che fusse gi l'epopeia, tutto che questo uocabolo corresse poi solamente per significare di questi tre poemi quelli che i migliori imitauano, conci sia cosa che gl'altri si dismettessono all'apparire delle commedie. Queste diuerse attioni possono essere parinir fatto lo imaginarcela.
egli
'
Hora
mente
imitate, per
il
modo rappresentatine,
tutte le
cose imitate e per il modo, e per lo strumento sa^ ranno una cosa stessa, conuenendo con quell'altre del modo narratiuo per l'attieni, onde che la " Sopho" nisba e 1'" Auarchide , in quanto a quello che si rassomiglia, saranno una cosa stessa, in spetialit ras
'1
Seguono, cancellate, le parole " e forse tra' Qrec pi antico n '1 pi moderno del Margite.
:
non
fu n
47
somigliando attioni amendune di coloro che migliori sono stati finti. Essendoci hora diuisate in questa maniera le cose della poesia, ueggiamo che giuditio
possiamo dare dell'attiene narrata da Egli non ha dubbio ueruno che e' procede in guisa narrando in quel suo poema, che molte uolte dice esso stesso qiiello che come narratore gli ocdi ci
noi
Dante.
duce a fauellare s e molti altri, di maniera che, quanto s' per il modo, se l'altre cose che a ci si ricercano il comportano, egli poeta epico, e '1 suo poema una epopeia. Resta hora a uedere se un tal nome si conuiene a lui e all'opera sua dalla parte dell'attione imitata, la
gere considerando primieramente quello che si conuenga ad una attiene che s' imiti per essere profauola d'una epopeia la quale, mostro di sopra, in questa parte conuiene con lei, anzi le si ricercano le forme et i modi tutti che a una ben formata tragedia. La quale, co^
;
portionatamente
come
si
me
il
il
regolo, con
quale l'epopeia
ueruna non che nella tragedia non si ritroui. Veggiamo adunque quello che sia la tragedia, di quali parti ella sia composta, e che poscia faccia mestiere a comporlo e 'nsieme raccozzarle dipoi uedremo di
;
trarre dal
Poema
di
Dante
andremo a parte a parte considerando, e ueggendo come ella sia insieme messa, da che risulter quello
che
si
cerca.
la
tragedia
era
' Il passo forse da sanarsi cosi: "....por essere proportonatameate fauola d'una tragedia, e perci anche d'una epo"peia, la quale eco. _
"
48
e perfetta, che
hauesse
mente nelle
parti
degl'istrioni,
non gi
'1
per la narratione,
ma
per la misericordia e
dell'
timore
epopeia e di misu-
modano
della tragedia,
bene nelle tragedie noi ueggiamo imitate ogni maniera d'attione graue
della guerra,
(sic), cosi
appartenenti
cose che
a'
successi
auuengono tutto giorno al genere humano, e' potrebbe non di meno accadere che alcuno, il quale non hauesse letto altro che la " Rotta di Roncisvalle o " Marfisa bizzarra , stimasse che nell'epopeie non douesse imiHora io tarsi altra attiene che quelle della guerra. suppongo che la attiene che si rassomiglia nella
alle
come
altre
vera epopeia sia de' migliori, e che, per esprimetempo antico si ricorresse ad
Ettore et Enea,
'
di trouare
che gl'antichi
fngeuano essere fatte da que' tali. Per ci fare, bisogna uedere quali erano gli heroi di que' tempi,
che
si
tati di
dee credere che fussono coloro che erano dohuomo mortale non si
stimaua che ritrouare si potesse, onde di pi alta natura che humana eran creduti. ^ E questa pare che sia
Achille,
Ulisse, Ettore et
Le parole: onde di
piti alta
sono
scritto inter-
linearmente.
49
la diffinizione dell'eroica virt
VII
dell'" Etica
quell'etadi a credere
che gl'huomini che gli possedeuano fussono degli Dii figli; che cosi pare che allhora l'eroe si determinasse dalla discendenza diuina. Hora se la virt
eroica uirt, generalmente considerata, che di perfettione sourasta a quella che
uulgarmente
si
ritroua,
stimar
si
dee che
si
come
la sourastante fortezza
Per lo che gran bont d'Ettore, a dire che egli di Dio, e non d'huomo morEt Homero non solamente tale, pareua figliuolo.
za,
indusse
la
ma
ch noi in quell'opera, quasi in un specchio, uedessimo l'esempio della prudenza, e con quanti accorgimenti fuggire si deono i perigli. In maniera tale, che hoggi in luogo degli heroi non si douranno porre da noi coloro che, di sangue illustre, sono di nome nella guerra; ma, uolendo rendere il cambio, general-
mente coloro che, per la uirt loro, sourastano agl'huomini virtuosi di gran lunga. E se discendere alle spetie uogliamo, alla soprastante fortezza d'Achilie faremo rispondere proportionalmente il valore d'Orlando, e alla sourastante prudenza d'Ulisse quella
Colombo o del Magagliano; e se un'attiono di temperanza smoderata intenderemo d'imitare, pigliamone alcuna di quelle di S. Francesco, o somigliante; e 'nsomma non ci lasciamo dare ad intendere che
del
in luogo degli eroi
ma
tutti
serie).
50
virt
loro,
uirtuosi
sia,
sono dagl'altri
tanto sia detto
la quale a' tempi nostri debba imitare un poeta nella epopeia. Questa attiene uuole esser perfetta, che importa hauere perci principio mezzo e fine ', hauere grandezza la qual
;
cosa,
si
richiede
maggiormente,
;
della
quale
pi
tragedie
contasse semplicemente una cosa la quale non havesse credenza appresso coloro che l'ascoltano, ella
di niente
menerebbe l'animo
loro,
che
l'effetto della
poesia.
Queste sono
le qualit principali
si
che deono
ri-
rassomiglia; ueggiamo
bora quali sieno le parti di tutta una tragedia, che forma le danno. Primieramente la fauola, i costumi e '1 discorso, che della fauola sono principio; la fauella, la melodia e l'ornamento dell'apparato, che, raccontate, sono sei ma perch nella epopeia due non fanno a proposito, e luogo non hanno, perci considereremone quattro solamente che a lei si conuengono, ci sono: la fauola, il costume, il discorso e la fauella. La fauola di alcuno poema altro non che il costrutto di tutto quello che ui si fa, raccolto in poche parole, et il medesimo che per lo che non da lala nuda attiene imitata sciarsi dare ad intendere che la fauola sia composta d'argomento e d'episodi, si come stimar anche non si dee che la fauola sia imitatione d'attiene nell'a;
'
Goal
il
ma.
forse da aggiungere
et.
51
nimo del poeta, e che, espressa col uerso, sia poema; primieramente perch argomento e fauola stimo che siano una cosa medesima, se per argomento
il breue raccolto delle cose contenute s' intende doue che gli episodi alla fauola sono forestieri e meglio dire che il poema sia composto d'argomento e d'episodi che a stimare che la fauola stia Che poi la fauola, spressa col in questa maniera. uerso, sia poema falso a dire, perci che, sondo la fauola quello che s' detto, sprimiamo quel breue
; ;
costrutto
in
uersi,
e poi ci
compositione non poema altrimenti. Se poi la fauola, nell'animo del poeta imitatione d'attiene, o no, questa altra disputa, e poco monta al proposito d'adesso
;
per
il
che
la lascer
da banda.
'1 '1
Co-
stume
quello
doue
il
la elettione o
il
divieto appa-
dichiari; e
discorso con-
prouar
gl'affetti.
parere suo,
abattere l'altrui, e
Quello che sia la fauella maStando bora le cose in questa maniera, ueggiamo come debbano insieme comporsi le cose per Per lo fare e una tragedia et un' epopeia ancora.
muouere
nifesto.
da ripetere in questo luogo quello che si detto di sopra, che l'attione che s' imita uuole essere una et intera. L'unit non si cognosce n deter-
che
mina perch
da uno, conci
sia
non harebbono cosa che insieme le legasse, si che per questo una addomandar si potessono; ma si circonscriue dalla continouatione d'un medesimo negotio, come un viaggio, un acquisto di qualunche cosa, o pure una guerra tratta a fine da un valoroso
capitano;
ma
direbbono un'attione.
Intera poi
52
una
attiene,
la
fine.
uuole essere nelle tragedie misurata dal tempo che entra in un girare di sole, nel
La grandezza sua
per
lo contrario
e questo
pu accadere in
diuersi modi, secondo che diuersa sar la compositione della fauola, per che o ella sar rauuiluppata
o olla sar semplice sto trapassamento
;
que-
mediante la peripetia e la ricognitiono se semplice segue la mutatione senza queste due parti. Ma, per
dichiarar meglio
in che
come
maniera possa auuenire che una attiene faccia questo trapasso e sia senza peripezia e senza ricognitiono, auuenga che altro la peripezia non sia che un riuolgimento delle cose nel contrario si che egli apparisce nel primo aspetto che douunque riuol;
Ma
la cosa
non ista perci in questa maniera, imperocch la peripetia ben un mutamento nel contrario, ma questo adiuiene per una di quelle cose che erano indiritte a fine in tutto diuerso, e la mutatione adiuiene allhora oltre ad ogai credenza degli huomini. Sofouisba f' patto con Massinissa che, non potendo
egli liberarla dall'andare schiaua a
Roma,
le
man-
con questa conditione, lo prese per suo marito, e si celebrarono le nozze. Ma, perch egli nou pot camparla, segui l'effetto accordato, che ella beuue il ueleno, e morissi. In questa attiene si fa mutamento da felicit a miseria, non di
;
dasse la morte
e,
meno
fine,
ci
n fuori dell'aspettatione, perci che non fu cagione del uelerla Scipione a tutti i modi menarla
Boma
il
ma
la
natura
63
della cosa che cosi
altiera
ricercaua
n a quella donna
fuori della oppinione
perci se ne con-
uenne con il marito. Per lo che apparisce che non hanno peripetia tutte le fauole le cui attieni hanno mutamento di felicit a miseria e queste poche cose
;
pato e
bio,
del
quello
uiluppata
tro,
ha
la sua attiene,
il
raiil'al-
marauiglioso ha
i quali non ti pongono dauanti agl'occhi cosa che altri di leggieri non se l'auuisasse, e che ella potesse in quella maniera succedere facilmente non si credesse il che, per non auuenir di quegli altri, cagione del marauigliarsi gl'huomini, ueggeudo che quelle cose che
;
diuisa
l'
intelletto
humano
fatto
un
fine
sono indreto
pi
Non
adunque gran
se
le cotali attieni
diletto
me
ne porgono, perch le cose marauigliose, cotali, sono gioconde le quali, accompagnate con
;
l'horribilit
maggiori
effetti
le quali
muouono
uento solamente.
Questa
differenza cosi
nelle
attieni
tragiche
come nell'epiche. Egli il nero che ella maggiormente si ricognosce nelle tragedie, auuenga che esdeterminano a piccola attiene e a un luogo doue ella debba seguire; l doue l'epopeia ha la sua
se si
'
Seguono, cancellate,
54
lunga e pi per costa si distende, et absiti e luoghi doue ella accaggia, e, douendo essere raccontata, e non rappresentata, apporta seco maggior facilit nel muouere e mostrarsi marauigliosa, conci sia cosa che quello che uerafauola
pili
braccia diuersi
mente sar accaduto, cosa per s marauigliosa, nell'essere raccontato non perder niente della sua forza; doue che nell'essere rappresentato, per non hauevui luogo l'imitatione se non con grandissima
euidenza d'esser falso cognosciuto, manifestamente il fatto cadr nel freddo. Ci si uede manifestamente
'
Castegli addomandati, doue si manifestamente che e' non si fa dadouero, e ninno senso se ne inganna; donde il uerisimile cade tatto quanto. Doue che se quella spugnatione fusse raccontata, non hauendo gl'orecchi la riproua degl'occhi, ella se ne penetra dentro senza che nulla le faccia impedimento; e per fu dato per precetto a' poeti tragici che non facessono che Medea ammazzasse i figli in palese, perch lo 'nnganno non passa. Hora, per ritornare al proposito nostro, l'epopeia di semplice compositione ha miglior patto che non ha la tragedia della medenelli
spettacoli
"
scorge troppo
sima natura, per le ragioni dette di sopra. E perch detto si che a ci concorre la lunghezza d'essa, egli da sapere che ella ha termine ancora, e
questo
e
il
perch la memoria non tanto offesa dalla lunghezza del tempo, quanto dalla moltitudine delle
cose memoreuoli, di qui che
una attiene
di
la quale,
meno
55
pi ne hauesse, la memoria, non
questa non
si
piegando
che,
le
ne fosse capace, douerr chiamare piccola attione, imforze della memoria, n grande quella
di
consumando pi tempo,
meno
affatica la
me-
moria.
l'epopeia.
to,
al
quale
si,
che se una
douerrebbe fare. Onde, perch queste poesie marauigliosamente accadute, le quali hanno nel primo aspetto dello impossibile, perci la maggior parte degli antichi poeti si uolsono ad imitare le cose auucnute, le quali sono da ciascuno cognosciute per possibili e, conseguentemente, sono
ella
imitano cose
riceuute
per
uerisimili; e lo appigliarsi
alle
cosi
attribuisse alla
dappocaggine di quei poeti i quali si seruiuano di quello che il haueua posto dauanti, e non che essi con
s'erano procacciati.
tutto ne'
che
il
il fine che e' desiderauano del dilettarne; perci che ognuno non sa che Achille uendicasse Patroclo, che Oreste la madre ammazzasse e cia;
toccassouo
scuno che uedesse recitare l'"Elettra o cantare 1'" Iliade,, gusto ne prenderebbe. Queste sono breuemente le cose
che
besi anco
ricercano al costume e alla sentenza e alla fauella; ma se ne discorrer ad altra occasione, uolendo
consideratione
Com-
media
Dante, per uedere come la fauola di quel poema sia osseruante de' precetti dati di sopra; e
di
56
poi si correranno a parte a parte l'altre cose a tutto
'1
poema appartenenti.
Di sopra
si
donde si concbiudette cbe il suo un poema epico in quanto al modo. Veggiamo adesso se egli degno di questo nome per conto dell'attiene; e, pigliando questo il nome di epico, io intendo del pi degno che sia sotto questo genere, L'attiene questa un huomo, cio dello eroico. smarritosi in un diserto oscurissimo, si mette per salire uerso un monte, donde egli stimaua che l'ula fece, e molti altri
;
fusse
scita
lo
fusse facile,
ma
ripingeuano
;
nel fondo,
donde
egli
non sarebbe
Questi
lo
uscito
per
lo che, di
mandato uno
spirito
men per
e di
sopra
fece salire, e
condusse
nell'altro
il
Molte sono le cagioni per le quali alcuno si menerebbe a giudicare cbe questa attiene che ssi canata della " Commedia di Dante non sia di quella
'
poema
Primieramente potrebbe stimarsi cbe in essa Dante non imitasse, senza che fare non si pu chiamare un'opera poesia: pare certo che non
eroico.
imiti, se nero quello cbe di sopra si ragion della
>
Il
ms. d
est.
S7
imitatione e dello
questa
imitare, conci sia cosa che in opera e' non mostra di fare quello che un altro habbia fatto, come egli farebbe se altri che s
in questo
'n
stesso introducesse
principale;
per che, se
questo riguarderemo la
ma
bitatione,
rispetti
siderato: l'uno
tione che egli
quali e' debbe da noi essere concome poeta e quegli che compone quell'opera, l'altro come quegli che fece quell'at-
secondo
stesso
racconta.
Scorgonsi in quel
poema diuinamente questi due rispetti, conci sia cosa che, come poeta, egli semplicissimo narratore
non altrimenti che gli altri si siano i quali persona narrano. E sotto questo habito incominci la sua narratione: "Nel mezzo delcammin di
di cose,
di loro
nostra vita
"
Quando
io ni-
di costui nel
continuamente narra tutto quello che gl'accadde, da che e' s'intron in queir heremo insino a tanto che Vergilio gli si offerse, non altrimenti che Virgilio narri nell' "Eneigran diserto
egli
de,,,
Doue
Nel qual modo comincia nel luogo allegato di sopra a narrare quello che egli
disse quella crucciata Dea.
disse all'ombra apparsali:
ti
"
sia od
ombra od huomo
certo
58
quale ragionamento egli pose
pure membro della narratiua, e fu questo: " gridai a lui. Che se semplice narratione fusse quella di Dante, e non si uestisse della persona sua in quel luogo, e a quel poeta fauellante, egli harebbe detto
semplicemente:
"
Quando
gran di-
serto, io gli addomandai misericordia, qualunque egli doue, continuansi fusse od ombra od huomo certo do il raccontare, non si fa il riuolgimento della per;
sona sua a quella di Virgilio, che sarebbe di soperchio, si come necessario pigliando la persona dello
introdotto
;
il
che manifestamente
ti
si
scorge in quel
uerso:
"
Qual tu
sia
doue
che
il
modo narratiuo
come narratore
come
intro-
poema
il
quanto a quello che appartiene alla persona principale, questa poesia manchi d'imitatione; anzi tanta ce ne ha, quante sono le uolte che egli in quella maniera di sua persona si riueste, e con altri fauella; che tanto, che da questa parte egli di somma lode degno, perci che, come poeta, hauendo riguardo alle altre parti, egli non molto narra, ma continouamente introduce o altri o s stesso; per lo che
ueramente
degno
il
poema suo
del
nome
di
dram-
'
Il
ma. d posse.
59
matco.
si
puote
habbia d'un'attione.
il
di
non mag-
giore consideratione
tale,
che da
essa eroico
poema
l'opera
possa appellarsi.
il
nero
che maluolentieri
d'un priuato cittadino, quale era Dante, non punto per il mondo nominato, fusse tale qual si richiede per essere il uero suggetto dell'eroica poesia; per che le tali sono la nera materia che
l'attione
bene ella non questa di Dante si scorge, e' non che a iiolere comporre una tragedia e' non bisogni sceglier persona di molto maggiore affare. Ma quando pure concedere si potesse che questo uiaggio a poema eroico si conuenisse, non istaua per bene lo attribuirsi tanto, che
nelle
commedie
si
rassomiglia.
Che
se
'
un' imitatione
di
si
pu
fin-
huomini
ci
Hora, se noi
ricor-
deremo
alla
rispondere qualche cosa prima obiettione, conci sia cosa che l'eroica virt non dee dagli eroi essere determinata, ma gli
virt, facilmente si potr
eroi dalla virt eroica, la quale dimostrai io di so-
pra essere una eccellentissima virt, che sopra le altre si ritroua, e quelle in genere auanza, et in spetie il
forte
somigliante; per che se in huomo neramente saranno 12 gradi della uirt di fortezza, se al-
'
Cosi
il
ma.
60
cuno poscia
d'esser
'n
si
di tanto superer
ammirato
sopra gli
humana, sar degno del nome d'eroe. Hora egli non ha dubbio ueruno che l'attiene di Dante, come virtuosa, soprauanza di gran lunga a quella degl'altri; e non intendo adesso pe)' conto del miracolo che egli mostra nello scendere al centro e poscia in su
risalire,
ma
ueua bisogno
essere stiane
si
ferno, non habbia grandissima paura del Demonio, nemico capitalissimo del genere humano et etiandio coloro che hanno alcun commercio seco, nello scongiurarlo e farlo a s uenire, tremano e horridi diuengono, e a pericoli grandissimi della persona si pongono. Per lo che grandissimo dourebbe stimarsi
;
l'animo di colui
alle
che
si
si
in propria sede
il guidasse, doue u affrontare il nimico; per la qual cosa, fngendo Dante d' hauere esso fatta una cotale attiene, dire si dee che ella sia tale, che da petto in tanto sicuro proceda, che niuno a gran pezza li si possa agguagliare. Si che questa sua fortezza e sicurt d'animo uiene di gran lunga ad eccedere
per lo che neramente uiene ad essere una eroica attiene, et un eroe finto quegli che la fece. Se poi e' non doueua tanto attribuirsi, che una cosi fatta cosa mostrasse egli d'hauere adoe constanzia d'animo;
questione.
Hora che
la
grandezza del
fatto in questo, e
non
altro,
debba con-
61
siderarsi da pi luoghi dell'opera si pu trarre,
ma
specialmente da questo
(/n/., Ili):
Et egli a me, come persona accorta: Qui si oonuiene (sic) lasciaro ogni sospetto; Ogni uilt conuien che qui sia morta;
conci sia cosa che, douendosi andare per
quello
oscuro regno,
tra'
bene ui haueua di sicurt e confidenza mestiere. Il medesimo si pu trarre da quell'altro luogo (Inf.,
XXXIV;.
noi fummo fatti tanto auante, Ch'ai mio Maestro piacque di mostrarmi La creatura ch'hebbe il bel eembinnte, Dinanzi mi si tolse, e f' restarmi, Ecco Dite, dicendo, et eco il loco Oue conuien che di fortezza t'armi.
Quando
di
Enea
dalla
pectore firmo.
Et
tutto
che
il
Io sar '1 primo, e tu sarai secondo. Et io, che del color mi fu' accorto. Dissi: Come verr, se tu pauenti Che suoli al mio dubbiare esser conforto? et
in
altri
luoghi
assai,
spetialmente
{Inf.,
XXXIV):
' Seguono cancellate le parole e tutto cha molte uolte fnga s stesso timido e pauroso, coma quando ei disse. * Il ms. ha Aenea.
:
Dante
62
Come
io
Noi domandar, lettor; ch'io non lo scrino, Per ch'ogni parlar sarebbe poco. Io non morii, e non rimasi uiuo: Pensa horamai per te, s'hai fior d'ingegno, Qnal io diuenni, d'uno e d'altro priuo
;
non iscema niente della grandezza dell'aniche non in podest nostra il non temere nel primo aspetto le cose horribilissime, sondo Et Enea il timore una delle passioni dell'animo.
ci
mo
suo, perci
'
dalla
monstri infernali,
paura
to
gli
;
tornarsi
aazi
hauesse fatto riuolgere i passi, e 'ndietro il non hauere temuto nel primo aspet-
ma
co-
non temono
le
molte uolte ritrouati si sono, non possono dirsi propriamente forti, per che non deriuano l'attioni loro dalla deliberatione, ma da una cotal consuetudine. Por lo che, non sendosi spauentato Dante a
cosi fatte uiste in guisa, che egli indietro tornasse,
ma sondo auanti camminato, di forte animo se gli pu dar vanto. E adunque finta l'attiene di Dante,
per
la
il
che
li
'
Seguono, cancellate
le
vii.
. .
63
potesse grandemente temere, come all'entrar della fiamma che era al sommo del monte, la quale in
tanto
il
'
Com'io
Oittafco
Tanto era
iui
l'
Da
ca
l'attione di
uedere adesso, poi che dimostrato ho che eroiDante, che stato ella habhia, o che
ai
la qual cosa in gran parte determina il poemi; conci sia cosa che, se bene quelle che hanno felice successo sono nelle tragedie state imitate ancora, e non ' perci che molto pi non si confaccia (sic) alla natura loro quelle che in miseria dalla felicit trapassano, onde che per essere per lo pi tali quelle attioni che imit Euripide, che in miseria terminauano, egli perci " tragichissimo fu nominato, quasi che la natura della tragedia cose in-
mutatione;
nome
felici ricerchi, e
non allegre.
che
si
studia di imitare) di
due manieFeil
lice e, se
non
felice,
almeno allegro
fu
successo
Ettore che mori; et Ulisse, tornando a casa, si insignori delle sue facult, e si uendic delle ingiurie
riceuute, onde egli rimase contento, e quei baroni morirono miseramente Enea, ancor egli, conquist il Latio e Lauinia insieme, e Turno mori. Hora, di questa compositione di cose ragionando Aristotele, egli le prepone quella che, hauendo un esito sola;
'
64
mente, fornisce in miseria, parendogli che il raccontato di sopra sia pi conueniente alle commedie che alle tragedie; i quali poemi si studiano di dare al
popolo quello che secondo
i
il
i
uolere degl'huomini,
quali
i
si
rallegrano quando
male
te.
rei; et in essi
te nessuna,
ma ogni
inimicitia in amist
trarsi
conuer-
Donde facilmente pu
le quali di
to a
questa parte, pi si conuengono alla commedia che alla tragedia, e, conseguentemente, a poema eroico; per lo che colui che da ci si mouesse a nominare commedia una poesia che una azzione contenesse che, in miseria cominciando, trapassasse a felicit, non farebbe al tutto cosa fuori d^ogni ragione.
Hora manifesta
si
,
d'altronde,
cosa che Dante quindi, e non mosse a nomare l'opera sua " Comme-
imitata da
hauendo riguardo al procedere della attiene Di ci habbiamo certissimo testimolui. nio, conci sia cosa che, hauendo egli stesso dato perfettione alla sua terza cantica, e' la don al signor Cane della Scala, e gli scrisse una lunga lettera latina, nella quale, udendogli dar contezza deldia
la parte
che
e' gli
rere molte cose appartenenti all'opera tutta, tra le quali fu il rendere ragione perch egli si mouesse a chiamare " Commedia l' opera sua. E le parole son
queste:
"
"
" ma la commedia comincia il trauaglio di alcuna cosa, e la sua materia ha esito giocondo donde alcuni in luogo di saluto dir soleuano principio
'
;
Non credo
"
inutile riferire
dotti:
" "
Comedia vero inchoat asperitatem alicniusrei sed eius matoria prospere terminatur, ut patet per Terentium in suis Co. moediis. Et hiac consueveruat diotatores quidam la suis sala-
65
" "
"
poco appresso
"
donde
apparisce
la
Commedia
"
"
sua attiene,
paradiso
al principio orribile,
perch inferno,
"
te
perch che si scorge manifestamenDante hauere chiamato l' opera sua " Commedia
Per
lo
'1 moto della sua attione. potrebbe essere ripreso di non hauere hauto consideratione al modo che egli adopera nello imitare, perci che, esponendo egli e trasfigurandosi in altrui, che proprio e osservato dai
risguardando
Egli
il
il
processo e
e'
nero che
poeti epici,
e'
dare
"
poteua
Tragedia,, chiamare
"Eneide,, di Virgilio,
pur fa. E neramente egli a ci si pu poco risponder, stando no' termini proprii dell'arte della
come
egli
Egli ben il uero che Platone nel Thcctcchiam Omero sommo maestro della tragedia; e perci in questa parto, hauendo posto dauanti agli occhi al lettore quello che a me si offerto, io lapoesia.
to
'
scer libero
il
campo
do
la
suoi
fondamenti.
Non
:
nome
pi degno, che
commedia non
dicendo
50 mal continga che '1 poema sacro. Al quale ha posto mano o cielo e terra, 51 che m'ha fatto por pi anni macro, Vinca. .. .'
tationibtts (licere loco salutls: tragioum priaoipinm et coniic-.im finem .... Et por hoc patet quod comoedift dicitur praosons opus. " Nani si ad matoriam rospiciamus, a priacipio horribilis et foetida "est, quia infernu!*; in lino prospera, desiderabilis et grata, quia " paradisus ,. Posto iaterlinoamente, sotto, non cancellato, messo. 2 V, Farad., XXV, v. 1 e segg.
"
"
66
e quel che segue. Con il qual concetto non s'accorda bene la uera materia comica e satirica; ma di questo
luogo
si
Torniamo adesso
do-
uerrebbe se conueniente cosa fu il farne s stesso l'adoperatore,' di che mi riseruo a fauellare quando del costume si ragioner e trapasso bora a dire alcune
;
mo come
si
sia, in
Verisimile una propositione probabi maniera che per sapere la natura d'esso biso
tutti, o
de' pi,
maniera che la uerit in questo aifare del uerisimile non adopera cosa nessuna. Egli ben nero che le cose false mancano del probabile e, conseguentemente, del uerisimile, ogni uolta che in compagnia loro si aggiunga l'imde' pi saggi, di
euiden-
temente.
determina gi il probabile dal possibile, conci sia cosa che molte cose sieno possibili, le quali probabili non sono, n hanno fatto
si
Non
piegare
uerso
di
il
loro
l'oppinione
degli
huomini.
Stando adunque
che esse
huomini, egli al tutto di mestieri che, secondo si mutano, si muti ancora il probabile; di
che ci sia argomento che a' tempi antichissimi teneuano gl'huomini per probabile che Mins e Ra-
'
lato.
67
damanto fussono nell'inferno come giudici la qual cosa hoggi non pi creduta da nessuno, per che la nostra religione ha tolto uia queste uanit e queste superstizioni, e ha ripieno gl'intelletti de' christiani de* suoi ammaestramenti e precotti, i quali
;
e tenuti
sia, inferno chiamadono in mano del Dianolo caggiano l'anime di coloro che muoiono nell'ira di Dio, et un altro ce ne habbia doue coloro che si rappacificarono con essolui innanzi alla morte uadiano a purgare i falli commessi in questa presente ulta, e finalmente ci Queste cose sono uere, e ansia il luogo de' beati. che uerisimili appresso di noi, in tanto che chi dicesse altrimenti direbbe male. Essendo questi tre
un luogo
luoghi nell'uniuerso,
tino e
*1
uerisimile che
sia nel
il
pili
cat-
pi imperfetto
pi infimo
luogo
non po-
tendosi
imaginare,
per
essere
il
pi rimoto dalla
E
e
comandamenti
i
doue essi si mondano dalle loro macchie sia nel mezzo, tra quello doue in cielo sono premiati gl'eletti, e quello che seme per castigare i rei e perci chi
perpetui peccatori,
luogo
sopra la faccia della terra lo riponesse farebbe cosa che non si disdirebbe punte e del paradiso il so;
migliante.
Seguentemente, perch
rei
sono per
di-
il
peccato della
68
sere giudicato fuori dol uerisiraile che distinte pene
'1
medesimo
medesimo dee dire del purgatorio, e i giusti sono premiati, pi o meno lontani alla gloria diuina. Queste cose sono, come io dico, uerisimili, perci che, stando fermo l'intelletto nostro in questo credere che l' inferno ,
si
'1
che '1 piirgatorio , e che sia il paradiso, egli facilissimamente scende a credere che egli in questa o 'n quella maniera sia; e tenendo medesimamente che in inferno siano puniti i dannati, e 'n purgatorio
si
lauino
le
macchie de peccati,
miati gli eletti, facilissimamente uiene nell'oppinione di coloro che scriuono che e' sieno in questa o
'n quella
e
rimunerati
questa uariatione propria inuentione del poeta Del qual modo di scriuer o di un tale scrittore. pare che Aristotele intendesse, quando egli disse che Homero haueva insegnato dire a' poeti il falso per che pigliando a scriuer l' ira d'Achille, che
il
maniera non iscostandosi dal ueriche a lui torn comraodo, simile. Donde ne seguita che, sapendo gl'huomini
suo fondamento,
e'
la descrisse in quella
passasse
racconta, non conoscendo in quella narratione cosa che sia impossibile. Il medesimo auuiene nella descrittione de' tre
luoghi
e'
fermamente che
si
ritrouino
dentro ui si facciano gli effetti predetti; uenendo poi uno che ci dice: "E' sono nel tal luogo, e quegli effetti ui si fanno in quella maniera , noi ci lasciamo andare a credere che in quel modo uadia la cosa, se nulla d'impossibile
dentro ui
si
scorge, o re-
69
pugnante al fondamento cattolico; il che si debbe misurare in questo caso dalla uerit cattolica. E tutto ci, pu essere falso che la cosa ne' suoi particolari passi in quella maniera; si che Dante, che ce l'ha cosi descritta, ci harebbe ne' particulari scrit'
to il falso; ma perch niente ui d'impossibile, che repugni alla Christiana uerit, perci, in leggendo l'opera sua, noi sentiamo trarci bora da uno bora da un altro, secondo le cose che si raccontano, e stimando che nero sia nella tal guisa o nella tale punirsi questo o quel peccato, parendoci tormento molto forte, se noi ui ci sentiamo dentro agravati, Per lo che disse ci disponghiamo di rimanercene. piamente, e non cosa diiferente in alcun modo dall'effetto della poesia, chi disse che la " Commedia,, di Dante era atta a fare gli huomini buoni, perci che in essa non si ragiona miga del bau e delle fauole che raccontano le balie a' fanciullini, ma si narra il modo nel quale sono puniti i peccatori, e si pone dinanzi agl'occhi per maniera, che la fantasia ne rimane, e '1 timore se ne 'ngenera. Per che, come io ho detto, questa poetica narratione ha per fondamento il nero, il quale noi non sappiamo perci che ma di mestieri fa egli non istia in quella maniera al tutto che egli in quello o in altro modo sia, a E tale che noi siamo forzati a lasciarci muouere. tanto basti hauer detto quanto alla uerosimiglianza Redelle cose dette daDante nella sua " Commedia,, staci adesso a uedere il modo che egli ha tenuto nel saperle, e cercare se egli uerisimile, che altro non se non uedere se probabile , che un huomo uestito di carne e d'ossa scenda per l'inferno, e tra;
passi
il
70
ga
il
poscia, che
meno
credibile,
s'
innalzi
al
cielo e
trascenda quei corpi, andando a uedere la gloria de' beati alla qual cosa g' osta non solo l'essere egli
;
huomo
si
egli lasse
uiuente, e poi
huomo
tale,
che non
nell'atto di santit
di
lento; e
tali,
lo.
a'
cosi fatti
N pu questa andata sostenersi con l'esempio d'Enea, per che, sendo da noi ci reputato impossibile, e da Dante ancora, se egli su questo si fusse
suo edifitio rouinerebbe, conci sia che, uerisimile, quella maluolentieri ne potrebbe concedere a questa. certo che questa la pili importante cosa che sia da considerarsi in tutta questa opera; per che, sendo questa gita il nero suggetto di questa opera, come poesia considerata, se noi non mostriamo ohe ella sia uerisimile, d'ogni cosa si fa un fascio e cade in terra; e perci dee molto bene considerarsi la natura di questo fatto, e uedere se uia alcuna ci ha di poterlo possibile stimare, senza hauerlo a tenere una mostruosit. E perch due sono le cagioni che ci persuadono che e' non sia uerisimile: l'uno l'essere di carne e d'ossa, e col corpo materiale, che toglie il poterui scendere da per s stesso e salir come noi possiamo salire e scendere le nostre scale, e l'altra
fondato,
il
mancando
del
'1 costume di chi fece il uiaggio, che tale si dimostra, che egli una tal gratia non habbia meritato, con la quale ci fusse stato possibile primie-
ramente
dificult,
io
mi ingegner
di tor
di
Dante
ner.
senza ricercare per hora quali i costumi si fussono, di che pi abbasso si ragioQuesto dir solamente, che le gratie date
71
da Dio spotialmente non sono da lui state sempre date a' buoni e agl'eletti, ma molte uolte a' presciti e dannati, come a Balam la facult del profetare, onde egli disse dell' auuenimento di Christo: " orietur stella ex Betlem , e molte altre cose merauigliose. E che pi? il suo asino non fauell? di maniera che male argomentano coloro che stimano che gl'huomini di mal costumo non possano hauere delle gratie spetiali da Dio, il quale non le d secondo i meriti nostri, ma a senno della sua
immensa prouidenza. Chente adunque si fusse il costume di Dante, potette la Bont di Dio fargli una tal gratia, che egli scendesse nell'inferno e salisse per
purgatorio e poscia in cielo; e, con queniuno di sana mente dee dubitare che questa e maggiore attiene, se maggiore si puote immaginare, non possa condursi a perfettione. Hora ueggiamo se Dante stato si presuntuoso, che
il
sto
aiuto,
imaginato che noi habbiamo a credergli ito da per s stesso in questi luoghi, se pure egli al tutto ci dimostra d'essere sempre scorto da virt celeste e diuina. Cominciando adunque a ragionare del suo magegli si
sia
gio,
uscire di questa
mostrar prima come, a volere e' faceva mestieri il prendere questo cammino, e non altro, stando nelle suppositioni di quell'opera, conci sia cosa che, sendo
non
fa
male
il
selua,
non si poteua non da quella parte donde il lume si dimostraua, che era sopra la cima d'un collo, alla volta del quale Dante si mosse ma non pot far molto grande erta,
nel fondo della valle, quindi uscir
se
;
impedito dalle tre fiere che nel profondo il ricacciauano; si che, quanto era per lui, e' non usciua altrimenti, non gli bastando la vista di superare
72
quegli animali feroci, e d'altronde lume non haueua
veduto.
Ma
il
Vedi la bestia, per cui, io mi volsi: Aiutami da lei, famoso saggio, Ch'ella mi fa tremar le uene e' polsi; Virgilio gli risponde:
A te conuien tenere altro uiaggio, Rispose, poi che lagrimar mi uide, Se uuoi campar d'esto loco seluaggio: Che questa bestia, per la qual tu gride, Non lascia altrui passar per la sua via, Ma tanto l'impedisce che l'uccide.
nel
XII
Rispose: Bene uiuo, e si soletto Mostrarli mi conuien la valle buia: Necessit l'induce, e non diletto.'
Di maniera che egli si diffid di poterle dauanti scampare, e perci si messe a persuadere a Dante che per lo men male pigliasse seco quel cammino, se bene egli era spauentoso, perci che lo star quiui era un morire, promettendogli di farli auanti la scoi'ta; al consiglio del quale egli s'attese (sic) per lo migliore, e, senza pi oltre pensare, si mise in via con essolui. Ma, cominciando a riuolgersi questa cosa per la mente, egli si stim ci non potere essere, che e' fusse per andare e uscire dell'inferno, cognoscendo s stosso molto bene; onde ei disse (Inf.^ II):
Io cominciai: Poeta che mi guide i^iic), Guarda la mia virt s'ell' possente. Anzi ch'a l'alto passo tu mi fidi;
'
Il Sassetti
versi
citati
nella
carta seguente a f. 2, ossia i versi 58 o segg. del I del Pttrg. riportati a pag. 70, veggasi anche la nota 1 della sfessa pagina.
e perch
il
e'
gli
hauesse persuaso
lo, egli
Enea
(//, II):
Tu
dici che di Siluio lo parente, Corruttibile ancora, ad immortale Secolo and, e fu sensibilmente. Per, se l'auucrsario d'ogni male
Cortese fu, pensando all'alto effetto Ch'uscir douea di lui, o '1 chi, e '1 quale; Non pare indegno ad huomo d'intelletto: Ch'ei fu dell'alma Horna e del su' impero Nell'empir*}0 Ciel i^er padre eletto. La quale, e '1 quale (a uoler dire il uero) Fur stabiliti per lo loco santo, U' siedo il auccessor del maggior Piero.
perch Enea e Paolo facessono un uiaggio talo; donde ne segue appo lui che, noa sendo la gita sua a fine alcuno, come furono l'altre, e non
mostra come
concedendolo Dio, che e' non sarebbe stato niente dell'andarui. Doue da notar che Dante non sola-
mente uuole
con
il
uiaggio
d'
Enea
ma
egli,
rimouendo
la ca-
gione
mostra che chi poteua gliel concedesse a un fine, che egli s' imagin di maniera, che non pure bisogna ricorrere all'esempio degli antichi per far uerisimile il uiaggio di Dante, ma hanno bisogno le attieni di que' tempi d'altri appoggi per esser uerisimili appresso di noi. Questo sia detto cosi per incidentia per dimostrare che l'Autore cognobbo mol-
74
to
bene
si
quello
il
che
facesse
;
uerisimile
uiaggio suo
la
mente
stra
di
messa era
del
trarlo
di
quel sentiero, a
Il
che
troppo apertamente
si
sime quando Beatrice narra a Virgilio quello che ella dsideraua da lui
:
L'amico mio, o non della ventura, Nella deserta piaggia impedito Si nel caramin, che ulto per paura:
ch'o' non sia gi si smarrito, Ch'io mi sia tardi al soccorso leuata, Per quel ch'io ho di lui nel cielo udito. Hor muoui, e con la tua parola ornata, E con ci ch'ha mestieri al suo campare, L'aiuta si, ch'io ne sia consolata. I' son Beatrice, che ti faccio andare: Vengo da loco duo tornar disio: Amor mi mosse, che mi fa parlare.
E temo
per tutto il processo di questo canto manifestasi scorge che creature celesti, quali elle si (che d'allegorie per adesso non curo), s' imsiano
mente
nel
Minos disse
:
il
medesimo,
e nell'
VIII a
Dante
*
stesso
V.
V. 23 e Beg.
75
.... Non temer, che '1 nostro passo Non ci pu torre alcun; da tal n' dato.
nel
XXI
a Malacoda
Credi tu, Malacoda, qui uedermi Esser uenuto, disse il mi' Maestro, Securo gi da tutti nostri schermi, Senza uoler divino e fato destro? Lasciami andar, che nel cielo voluto Ch'io mostri altrui questo cammin siluestro.
L'autorit
e'
si
cogno-
Dante
si
cosa superflua
si
facesse
nondimeno questo
fatto
gna
allegheranno ancora; e
di Virgilio a Catone
:
primo
'1
Ma
Questi non uide mai l'ultima sera, per la sua follia le fu si presso, Ohe molto poco tempo a uolgere era. SI come i' dissi fui mandato ad esso Per lui saluare, e non c'ora altra via che questa per la quale io mi son messo.
'
Da me non
li
uenni
Donna
cui preghi
-
' Il Sassetti annota in margine: " Questi vanno d l nella carta precedente, e'n loro luogo ai dee scrivere questo di sotto ossia , i versi qui riportati sartbbero da collocarsi a pag. 30 dopo la terzina. Rispose bene e uino e si soletto ere,
versi:
immediatamente seguenti.
^
V. Purg.,
I, V,
52 e segg.
76
e poco appresso:
Com'io l'ho
tratto, aaria lungo a dirti: Dall'alto scendo virt che m'aiuta Conducerlo a vederti, e a udirti. *
E
tosi
:
maniera
donde
parti-
volse
non
uera,
l'impetrare spiration mi valse, Con le quali et in sogno et altrimenti Lo riuocai si poco a lui ne calae. Tanto gi cadde, che tutti argomenti
;
Alla salute sua eran gi corti. Fuor che mostrargli le perdute genti. Per questo uisitai l'uscio de' morti, E a colui che sin qui l'ha condotto, Li preghi miei, piangendo, furon porti.*
Queste
autoritt
mente di quello che di bisogno non ci habbia, primieramente che Dante ottimamente cognobbe che '1 suo ualore non era basteuole a fare questo uiaggio, et come egli lo ha fatto condotto da uirt e volere celeste per lo che, niuna cosa essendo, per grande che ella si sia, che in questa maniera uerisimilmente condurre a fine non si possa, seudo infinita
;
la
potenza diuina, uerisimile sar l'andata di Dante. Che se alcuno mi dicesse ci tornare a poca lode
Poeta, hauer tolto
effetto
del
ad
condurre non si poteua senza l'aiuto della machina io risponder ninno poeta eroico, sino a qui, hauer tolto a imitare attiene, la quale,
quale ad
;
77
in cose alla tela principali, non habbia la
macchina
come bruttezza
poca inuenanche
ri-
pocho
non pu nascon-
dere questo peccato, troppo a pi sensi manifesto, che nell'opopeia non ; la quale i casi auuenuti rac-
conta senza porgli dinanzi agl'occhi, giudici tanto seueri, che in poche cose sopportano d'esser ingannati.
Ma
se
noi
diligentemente consideremo
senza l'aiuto di Venere non sarebbe venuto Enea al conquisto del Latio; n Ulisse ritornato in Itaca, se Minerua impacciata non se ne fosse; e, senza Thetide, Achille o combatteua disarmato, o d'armi prouedersi gli conueniua, le quali di si perfetta tempera non sarebbono state, quanto quelle furono che da Vulcano gli furono fabricate. Di maniera che
non
sia
fa cosa
stata
si
s'
fatta.
che dagl'altri poeti, e da' aourani, non Si che possibile o uerisimile stisia quel uiaggio
mar
fatto
debbo che
infinge, in
Egli ben nero che, quanto a quello che appartiene al salire al paradiso, ei troppo ardito si mostra, di-
mostrando d'esserui stato in anima e 'n corpo, conci sia cosa che '1 Vaso d'elettione dica di non safuori del corpo pere se egli in corpo ui fu, e ove Dante assolutamente proferisce (Par.j II):
'
;
'
Cosi
il
o.
78
La
si
io
me pare che
ci rimanesse, dicendo:
S'i'
era sol di me quel che creasti Nouellamente, Amor che '1 ciel gouerni, Tu 'l sai, che col tuo lume mi leuasti.'
Si che scorgere si pu quindi che egli, di ci non ben chiaro, se ne rimette al giuditio diuino; et se bene egli dipoi, da beato, ei cerca di sapere co-
me
di-!si Gi contento requieui Di grande ammiration ma hor ammiro Com'io trascenda questi corpi lieui. "
:
;
(per
la terra, la quale se
al cielo) io
non uiolentemente non saglie non istimo che ci dichiari punto quefa.
che Beatrice
stra pi
il
anzi
ella,
momo-
strando che ogni creatura per istinto suo naturale fatta per muouersi a partecipare l'essenza del
sommo
impedimento non trauiata, uione a conchiudere che il muouersi Dante all'altezza superna, poich passato era, d'ogni impedimento s'era tolto uia, a lui cosi naturale, come al fuoco il muouersi alla
luna, e 'n basso correre
turale, che
il
il
ora na-
muouere in questa guisa sarebbe in lui stato marauiglioso, si come merauigliar ci douerremo che il fuoco uiuo, non impedito, a terra
si si
non
ristesse.
'
V. Farad.
I. v. 73 e segg.
Ibid., V. 97 e segg.
79
all'huomo naturale,
e,
per
all'anima sua,
la quale,
da per s stessa, massime tratBo ne tando di quelle anime che sono ancora insieme col corpo congiunte; che ancor che il liberarsi da ogni humano affetto sia cosa per s stessa degna d'huosaglie al cielo
mo
molto perfetto,
il
in questa maniera,
propiet
naturai
alla
composto d'anima
gli
e di corpo, se
non
moto comune
(sic)
al
re-
quedel
l'at-
maniera che
dal
monte
che Dante
trascendesse
suo,
il
quale era
mondo
e libero
da ogni humano
(sic)
affetto.
mostra
che alcuni
come quello:
fa'
manifesta
auuenga che
le cose si
neramente chiamare si possano per questo nome, onde disse il gentilissimo Petrarca (Standomi %in
giorno):
Canzone, tu puoi bea dire Queste sei visioni al signor mio Han fatto un dolce di morir disio;
perci
che
elle
furono cose
considerate da lui in
pili
astratto, rapito
g' altri
di
tutti
posaua.
L'altro luogo di
:
80
A
pare che
il
l'alta fantasia
medesimo
il
ci
una
tra le sensitiue, la pi
perfetta,
sendo essa
intelletto si
luogo doue g' oggetti dello riposano; per lo che, trascorrendo con
i
:
cieli
e quelle
sustanze
ottimamente disse
manc possa;
si alto
quasi dicesse:
" ella
fan-
tasma, chente fu l'essenza diuina, onde 1' intelletto uenne a non potere comprenderlo,,. N forse si di-
lungherebbe gran fatto dalla uerit chi per fantasia in questo luogo intendesse l'oggetto,
quasi uoall'
lesse dire:
"
a questo tratto,
manc
la
potenza
in-
quanto
.
tanto basti dell' uerisimile di questa attiene, cosi magnifica e suprema, hauer ragionato.
Veggiamo hora
appartenenze
si
sia
nell'altre
della grandezza, doue egli potrebbe esser ripreso, non trouandosi attiene alcuna epica che si poco spatio di tempo consumi, quanto fa questa; a che si aggiugne l'autorit di Aristotele, che uuole che cotali
si conuiene per lunghezza che nel tempo dee considerarsi, l doue questa dura solamente tre giorni, e non pi. Io sono di parere che se un poeta, narrante in si breve spatio di tempo, quanto quello che Dante consuma in fornire questo suo uiaggio, racconter una cosi piena o dilettevole attiene, quanto un altro farebbe in maggior interuallo di giorni, che egli di ci meriti
81
lode molto maggiore, pure che la narratione sia di
cose uarie, e che, per l'essere di cose simili, ella non
come io dissi di sopra, la lunghezza debbe considerare hauendo riguardo alla capacit della memoria, e non alla lunghezza del tempo nel quale fatta l'attione; per lo che, sondo tale l'attione di Dante che memoreuole , e con ordine distinto si pu comprendere e ritenere, diuisando la sua gita in tre parti, secondo i tre luoghi uisitati da lui, e ciascuno di questi distinguendo per le cose ritrouateui, io non so ueder che egli, in questa parte, altro che lode possa riportarne. Queristucchi.
Et, si
si
delle fauole
ordini distinti si ritrouano in lui e nell'XI delInferno e nel XVII del " Purgatorio , e quel del " Paradiso cosi manifesto, che chi noi cognosce non cognoscer cosa nessuna; n trauagliata questa distintione dagli episodi che sono intrecciati traile fila principali di questa tela, conci sia cosa che
sti
l'
"
questi facciano la memoria dell'ordine predetto auueuga che, udendo dimostrare come siano puniti i
;
peccatori per fraudo ingiurianti, e' bisognaua scendere a dichiarare uerso chi si considera questa ingiuria, e poi in quanti modi ci possa farsi, e poi scendere a' particulari, da' quali si formano principal-
mente
le intellettioni.
Enea
golari
sia
uno episodio,
si
come episodi
maniera che, se quei sinsi daranno epiqual cosa non credo io che beconsiderano,
ne stia. Hora, oltre alla quantit del tempo, per determinare la grandezza della fauola si considera il trapasso da miseria a felicit, stimando Aristotele che tanto debba essere il tempo che si consuma in una attiene, quanto ', o uerisimilmente o necessariamente,
'
Cosi
il
ms.
ma
82
ella trapassa
e questo
da miseria a
felicit, o
per
il
contrarijo;
pare che alla attiene semplicemente si referisca, non adattandola pivi alla tragedia che alla epopeia, poich, uenendosi a determinarla per la tragedia, ella uuole essere ristretta in
di
un girar di sole, maniera che, sendosi prouato di sopra il uerisimile concludentemente, et apparendoci il mutamento della fortuna, altro non pare che possa addomandarcisi.
Ragioniamo
dell' unit,
lo
ci
hii-
uendo detto che una non pu dirsi un'attione che contenga molte cose da un solo adoperate. Per lo che, sendo in questa opera non un uiaggio solo, ma tre, distinti l'uno dall'altro, appunto si potrebbe dire che queste fussono tre attieni, e non una, se non si hauesse riguardo al fine, come riguardami si conuiene. Di maniera che, essendo in questa opera l'intento del Poeta 1' uscire di quella selua senza altro,
per
lo
che egli
costretto
sola, e
non
tre,
siano le at-
Che tu mi segua,
Ond'io per lo tu' me' penso e discerno et io sar tua gaida, E ti trarr di qui per luogo eterno,
Oue
Vedrai
doue apertamente si scorge che per trarlo quindi mosso Virgilio, e a questo effetto li fa fare il uiaggio predetto; la qual cosa manifesta Dante, esso stesso, apertissimamente in questi uersi (//., XV):
Lass disopra in la vita serena. Risposi lui, mi smarrii in una valle:
83
Auanti che
l'et
Pur
hier mattina
uolsi lo spalle:
;
Di maniera che
a casa
e
il
non
si
muoue
;
come
fine d'attione e perch questa cosa assai bene manifesta, io giudico che non faccia mestieri lo altri-
menti affaticarcisi. Egli il uero che questo poema manca di peripetia e di ricognoscenza, hauendo riguardo all'attiene principale, perci che egli di semplice compositione, e non rauuiluppato, e perci non si pu dire che egli habbia mancamento. Puossi bene auuerare che quell'altra pi bella, nondimeno questo ha il terribile e lo
la qualit dell'attione
me
si
spauentoso nella maniera che si detto, delragionando, e il costumato codimostrerr poco appresso e se bene l'attione
;
e'
ce ne ha
pure nel
Poema
Due
XXXII
dell' "
Inferno
il
un peccatore
nome
tu,
suo,
un da canto, che
lo
Che hai
Bocca?
Non
Doue
il
misero
doue, e da chi
meno
cio dispetto; si
Bocca riconosciuto quando, e egli harebbe uolsuto, a suo marche scorgere si pu che, se la nache
il
suno non
lo ricercaua,
84
puto
procacciarsi
quelle
parti
che
erano
conue-
nienti.
Innanzi che pi oltre si passi a discorrere del costume, sar Lene dire alcune cose dell' inueuzione
del Poeta,
e,
conseguentemente, trattare
di
alcune
cose appartenenti alla fauola, le quali, se bene non sono parti principali, elleno nondimeno pi perfetta
meno
Pri-
mieramente pare
dell'
ohe
Dante
inuentione della sua fauola, per che manifestamente si vede che egli l'ha tratta di peso del sesto " dell'Eneide , e nondimeno, se noi andremo molto bene considerando, e' non perci da fondarsi su questa opinione, per che il dire che Dante ha preso r inuentione dell' "Inferno , del "Purgatorio,, e del "Paradiso,, da Virgilio quasi un dire che i christiani habbiano da' gentili succiato questa credenza,
loro con
poco pi che
Inferno
Donec longa
dies, perfecto temporis orbo, Coticretam exemit labem purumquo reliquit Aetherium sensum atque aurai simplicis igaom,
non sono cosi accennati il " Purgatorio e '1 " Paradiso,,, come altri di leggieri potrebbe lasciarsi persuadere, per che fauellando quiui Anchise, secondo la
sentenza di Platone del processo delle anime nel " Phedro ^ stimar si dee che Virgilio intendesse che elle
fussono fatte per tornare dopo que' tanti
secoli
a'
Cosi
il
ms.
85
onde esse erano uscite dapprima; onde disse questo nostro (Par. IV):
cieli
Amor che dubitar ti d cagione Parer tornarsi l'anime alle stelle, Secondo la sentenza di Platone.
Laonde non
radiso,
da credere che
sommo
poeta altrimenti
'
pa-
fussino
gl'huomini forti
lunga successione.
preso
il
E quando
questa attione da quel poeta (la qual cosa egli alla fine non negherebbe), e' si debbe considerare ch'ei tolse un episodio d'un poema, e
di
sommo
a che fare
ci
douette
cogno-
si
sce nella distributione fatta di tutto 1'" Inferno,, e del "Purgatorio,,, anche alla formatione del quale
hebbe
egli un poco aiuto del suo maestro; si che se alcuno biasimasse Dante come poeta di poca inven-
mostrerebbe di poco
non si detto molto, con tutto ci si dimostro come e' sono tutti particolari, a' quali disceso il Poeta per dimostrare i suoi uniuersali; la qual cosa poteua egli malageuolmente
sapere.
Degli episodi
au-
uenga che in poche parole sarebbesi spacciato dell'opera sua, se detto hauesse solamente "Noi discen:
demmo doue
ben
poco, harebbe giouato senza mettere dinanzi agl'ocAnchise scritto iaterlineameate, sotto, non
oanoellato,
dallui.
86
chi altrui alcuno famoso e nomato per
il
mondo
co-
me
peccante di quel difetto; nel che fare non stato il fine di Dante lo scoprire principalmente quel
uitio
nitione che se
che l gi punito, nell'opera sua ma la puli d, acci che noi dobbiamo dal ti;
mor
d'essa astenerci
seruile, egli
dal
peccato
e se
bene questo
fi-
nondimeno principio del liale; per lo che riprensione da questo canto non Hora, per tornare io vedere che Dante meriti.
timore
particolari
stati
so
a'
da
e'
lui
in inferno
collocati e nel
purgatorio, se noi
parte stati al
mondo
non occorre adesso far mentione particolare. E '1 non hauer perdonato al suo precettore e a molti altri, donde qualcuno potrebbe prendere occasione di riprenderlo come huomo satirico e di mal costume, dourebbe anzi dargli lode che biabimo, hauendo in ci
dimostro di spogliarsi d'ogni affetto
e passione, della
:
Gi per
lo
mondo
senza fine
amaro,
per Io monte, del cui bel cacume Gl'occhi della mia Donna mi leuaro, E poscia por lo ciel di lume in lume Ho io appreso quel che, s'io ridico, A molti fia sauor di forte agrume; E s' io al uero son timido amico, Temo di perder ulta tra coloro, Ohe questo tempo chiameranno antico.
Donde
si
scorge manifestamente
egli
non essersi
partito niente dalla uerit, e pi tosto punito i frati Godenti di ghiotto' e Ciacco similmente, che di tali
il
mondo, che
liiuno al-
Cosi
il
ms.
87
tro; e con tutto ci si'
uede che se
egli
ha messo
ha taciuto le lodi loro, ma cantatele in guisa, che mai uerran meno, come ei fece di Farinata. Ma, per tornare agl'episodi, e' potrebbe il Poeta essere ripreso delle quistioni, di qualunque specie elle si sieno, che egli tante ha sparto per questa sua opera, le
e pi dificile assai, e molto men grata la rondone; e nondimeno, se con piaceuol occhio si riguarder questa parte, e' non ci parr che egli habbia fatto punto cosa sconuenouole, perci che, sendo questa ima poesia nella quale non sono introdotti soldati e altre genti braue e valorose nell'arte della guerra come persone principali, ma Dante, huomo
quali
compagnia
di Vergilio e
cammina
apparteneua di ragionare, e scrittori trouati da lui nel paradiso e altroue. Per lo che conueniuano quelle quistioni, e non altri discorsi, e queste di necessit si doueuano sciorre con i principii loro dirittamente, non comportando la religione nostra che le cose di teologia e molte di filosofia si trattino con i principii platonici, hauendo i suoi neri fondamenti; donde che ne' poemi antichi gl'autori uagauano hora con questi, hora con quelli principii, secondo che a loro meglio metteua; per lo che potette Virgilio toccare l'essenza dell'uniuerso, secondo la mente di
delle cose che a loro
si
parimente
theologi e
io
egli alto e
magnificamente
il
il
facesse,
egli osseruasse
sona d'Anohise in questa sua filosofia, non si sapendo che in quel tempo fussono molte lettere. Egli il uero che gli spiriti, separati dalla materia, conoscono l'essenza delle cose, tuttauia egli ci uuole
molta filosofa a rispondere a questa oggettione, e con i termini dell'arte non si pu farlo, se noi non fingiamo x\nchise tale in vita che egli quelle cose sapesse; l doue nelle quistioni di Dante ci non auuiene.
lasciato
nel trattarle non pare gi che egli si sia cadere in bassezza, anzi mostra che egli
molto souranamente abbia saputo farlo, e particularmente in questo luogo (Par., VII):
La
Si,
Ogni
ardendo in s sfauilla
che dispiega le bellezze eterno. Ci che da lei senza mezzo distilla Non ha poi fine, perch non si muoue La sua imprenta, quand'olia sigilla.
'n
questo {Par.,
I)
'ncominci: Lo coso tutte quante Hanno ordine tra loro e questo forma Che l'uniuorso a Dio fa simigliante. Qui voggion l'altre creature l'orma Dell'eterno valore, il quale fine, Al quale fatta la toccata norma,
;
non
si
ha da vergognare
di sopra
a'
di cosa
dell' "
citato
del
VI
e'
quanto
dubbio,
sendo ripiena
to conuiene,
come
si
due versi:
a diuersi posti
*
Onde
Per
'
muouono
lo
V. Farad.,
I, v.
89
doue adopera il Poeta cosi vaga e si acconcia metafora, che pi bella per auuentura non potrebbe desiderarsi, si che, da questo canto, io non istimo che '1 nostro poeta meriti biasimo alcuno; anzi sei meriterebbe se altrimenti fatto hauesse, per che non harebbe fatto quello che si conueniua di fare. N, perch egli molte uolte g' interi uersi latini posti ui habbia, ha fatto cosa che non si conuenga, perci che ci adiuiene quantunque volte egli induce spiriti angeli che cantino, e a Dio, psalmeggianJo, gratie rendano; nel che fare, cantando essi salmi e udendo sprimere e recitare quello che e' cantauano, mestieri faceua di nominar quel salmo quella oratioue nel modo che essi la cantauano; co-
me
{Purg.^
XXIX):
Cantando come donna innamorata, Continu col fine {sic) di suo parole:
"Beati,
e altroue
quorum
(nel
XXVII
Guidauaoi una voce che cantaua Di l; e noi, attenti pur a lei, Venimo fuor l ouo si montana.
'
II
era;
tie e le
per che quiui hanno luogo le grain "Inforno non se ne trouerr gi. E se pure alcuno, volendo sostenere che ci non istia bene, dicesse che per questa medesima rapreghiere,
e nel "Paradiso,,,
ma
si douerrebbe fare che coloro che ne' poemi s'introducono fauellino in quel linguaggio che era loro propio, l'argomento non ha alcuno ualore, e la ra-
gione
90
gione in pronto, conci sia cosa cLo le persone che ne' poemi s'introducono, sono introdotte perch
concetti loro sieno intesi, onde il costumo si scorga per lo che fa di bisogno che chi legge g' intenda, laonde il Poeta ne i luoghi citati di sopra non cura che quiui s' intenda quel sentimento delle cose cantate, ma gli basta di palesare che salmo e che orai
;
una particella
Babel a dire
"
di quel
versi rinchiusa.
il che cagione che salmo uenga nel Poema in Egli il uero che Dante introduce
(Inf.,
XXXI):
come
ei fece
XXVI):
concetti
pi sono in
;
pochi V intendono
belle,
da auuertire questo, che i concetti degli stranieri che ne' poemi si introducono a fauellare si contano essere recati nel propio idioma per coloro che intesero quel forestiero; la qual cosa non si poteua fare del detto di Nembroth, e Dante stesso molto fu in ci considerato, inducendo Virgilio a dirgli
:
Lascianlo stare: e non parliamo a voto, Gh cosi a lui ciascun linguaggio, Come '1 suo ad altrui, ch'a nullo noto;^
di di
maniera che, non potendosi intendere la lingua Nenbroth, se Dante hauesse spiegato il suo con>
Cosi
il
ms- in laogo
di l ove.
V. In/.,
XXXI,
Y. 79 e segg.
91
cetto, uolgarizandolo,
'
del
uerisimile.
I versi detti da
dificult,
recano
Plauto,
maggior
il
quale altres
a
un affricano
segnato,
il
fauellare
nella
che n'era
in-
sentimento delle parole di colui; che in altra maniera sarebbe stato errore senza perdono, auuenga che per altra cagione non si scriue, se non per essere inteso; ma il Nostro nel luogo citato di
sopra ha ben preferito il prouonzale, e lasciatecelo senza altra dichiaratione. La qual cosa credo io che egli facesse perci in quei tempi quella lingua ora nota quasi a tutti coloro che opera dauano alla
Onde auuiene che quello che in que' tempi era tollerabile, e recaua riputatione e grandezza, hoggi sia di dificult cagione, e perci sia difetto giudicato da noi. Tempo horamai di venire a ragionare alcune cose del costume di questo poema, i] quale dee considerarsi nelle persone che sono in esso principalmente introdotte, e questi Dante stesso, il quale in quepoesia toscana.
due ragioni l'una coche finto di fare questo uiaggio et ul'altra come di poeta che la scire di quel bosco racconta. La qual diuersit troppo euidentemente ui si scorge per la diuersit de' tempi che in essa si
sto bisogna considerarlo sotto
:
me
qiiegli
1299, che
uenne a
Coglie-
ci particolarmente
le in tiolgare toscano.
92
monio, mostrando per che cagione scendere non si potesse donde Virgilio di calare hauea disegnato,
dice
:
Hier, pili oltre cinque hore che quest'hotta, Mille dugento con sessantasei Anni compier che qui la via fu rotta.
"
metter
su questo
la morte nouero 33
si far il
nu-
mero
il
in inferno calato; l
suo uiaggio, dopo che egli fu cacciato con la parte Bianca di Firenze, che segui l'anno 1303, essendo uenuto in Firenze Carlo senza terra, del quale, come
di cosa auuenire, fa ragionare a
Ugo
Ciapetta, suo
si scio-
predecessore.
glie
Da
un dubbio mosso da alcuni dotti huomini, a' quali pare strano che Dante introduca ser Brunetto a predirli il suo esilio come cosa che doueua uenire, e
Cacciaguida
il
XVII)
Qual si parti Hippolito d'Athene Per la spietata e perfida nouerca, Tal di Fiorenza partir ti conuiene. Questo si uuole e questo gi si cerca, E tosto uerr fatto a chi ci pensa L douo Ohristo tutto di si merca
;
fuori di Firenze,
come
egli fa dicendo
Se mai continga che '1 poema sacro, Al quale ha posto mano e cielo e terra, SI che m'ha fatto per pi anni macro,
'
V.
Iti/.,
XXI,
V. 112 e segg.
93
Vinca la crudelt che fuor mi serra Del bello ouile, ou'io gi vissi agnello Nemico a' lupi che mi fanno guerra.
'
La
necessariamente fauella nel tempo che esso stesso scriue che altrimenti essere non pu. Onde auuiene
;
che nel raccontare l'attioni delle persone introdotte, le quali negli epici poemi imitare non si possono,
da loro sono raccontate sempre nel tempo passato. Dante adunque, come poeta che narra nel tempo che
egli era in esilio, si duole d'esso, e
diueut
ser Brunetto
suo poema l'anno 1299, predice egli non fa punto cosa che non
onde
o
che Hora, tornando alla cagione che fece distinguermi il tempo di questo poema, che fu per considerare la persona di Dante sotto le due gi
si
conuenga
malo
stia.
poema,
io
costume
si
ne-
cessario, al
richiede, e
a' lettori che uno che narra sia o buono importa bone al * tutto che le cose narrate siano o buone o ree, auuenga che il costume di Virgilio d'Homero non possano essere a chi leg-
poco monti!
o reo;
ma
V. Parad.
Il
XXV,
v. 1 e aegg.
il
tutto.
94
g l'opere loro di buono o di reo esemplo, anzi scorgere a ninno partito ni si douerrebbe, e poco acconciamente fanno coloro che il dimostrano in lunghissimi discorsi, non punto appartenenti all'attione imitata.
per,
quanto
alla
ragionamento del costume suo, del quale non ueggo io che altro che ben possa dirsene, biasimando in ciascuna sua parte le cose mal fatte, e diletto prendendo di quelle che stanno bene. E gli esempi sono molti, e spetialmente quello {Purg., VI):
Ahi serua
Italia, di doloro hostello,
in
gran tempesta,
Non donna
di prouincia,
ma
bordello!
Doue, lodando l'amoreuolezza de' due mantouani, il costume d' Italia dal costume contraposto all'amore, che l'odio, onde erano di guerra
e'
biasima forte
le
piene tutte
contrade.
Che
quei costumi come pi comodo gli uenne, a' quali seguita o lode o biasimo, onde che, se bene gli pu uenire lode del biasimare
stesso introdurre nel
l'opere ree,
e'
Poema
meriti
d'essere biasimato
;
egli dello
a ci
si
rispose in parte di
e'
si
ci
Le pene seguitano
pecca-
peccato
i
contare
peccatori;
l'inuentione sua uerisimile, formare a senno suo; ma si conueniua seguitare la fama che nel mondo haue-
E
si
95
nire per ladro, e se
'1
Mosca
de'
Lamberti
fu cagio-
ne della diuisioue de' Fiorentini con la sentenza: capo ha cosa fatta,,, tra gl'huomini scandalosi riporre si conueniua; si come quell'altro fra i traditori,
**
un altro luogo. L'attione de' quali come io mostrai di sopra, sono conte per la storia al mondo, e non si trouerr per auuentura interprete che non rinuenga il peccato di ciascuno degli huomini moderni indotti da lui; di maniera che Dante, come inuentore dell'attiene che egli finge di hauer fatto, non merita di essere chiamato maledico,
e quell'altro in
peccatori,
nell'inferno; perch
loro attieni, che
furono cagione
le
co-
sonauano
tale nella
mini, e per si fatti peccati erano dannati dall'opinione comune. Et come che Carlo d'Angi fusse amicissimo del popolo fiorentino, perch egli teneua
non potette Griouanni Villani non biasimare forte dello hauere tolto egli la ulta a Curradino ', in cui si spense la casa di Soauia, la quale ora cosi nimica di Santa Chiesa. Per lo che
la parte guelfa, si
lo
non
gabbando, dicesse
{Purg.,
XX):
Carlo uonno in Italia, e per ammenda Vittima f di Curradino; e poi Bipiuse al ciel Tommaso per ammenda.
Che se alcuno mi dicesse, egli in ci hauere errato per mettere in purgatorio e 'n paradiso di coloro
che
al
mondo erano
noti
come huomini
perfidi et rei.
96
come
e
fu
il
e'
non uisse
forse
il
si
mori
non seguire il grido che haueuan le genti); e' si uuol molto ben uedere come egli ci faccia, e spetialmente nella persona di Man(nel qual caso ei mostra di
fredi,
Ma la bont infinita
Che prende
ha
si
ci che si riuolue a
Per lor maledition si non si perde, Ohe non possa tornar l'eterno amore, Mentre chela speranza ha fior del verde. Vero che quale in contumacia muore
Di Santa Chiesa, anchor ch'alfin si penta, Star li conuion di questa ripa in fuoro.
peccati di quello
l'ag-
huomo
giunto
reo,
"
ma
sprime
,
la
loro
grandezza con
horriVili
te saluarsi; e
La quale
contenendo in s il rompere del voto, poteua dannarla all'inferno, se non che di lei la sorella dicendo {Par., Ili)
:
Huomini poi al mal pi ch'ai ben Fuor mi rapirono {sic) della dolce
Dio
lo si sa
usi chiostra
qual poi mia vita fusi! E quest'altro splendor, che ti si mostra Dalla mia destra parte, e che s'accende Di tutto il lume de la sphera nostra,
97
Ci ch'io dico di
ine, di a
le
intende
fu tolta
Di capo l'ombra delle sacro bende. Ma poi che pure al mondo fu riuolta Contro a su' grado et contra a buon'usanza,
fu dal uel del cor gi mai disciolta. la luce della gran Gostanza, Che del secondo uonto di Soaue Gener il terzo, e l'ultima possanza;
Non
Questa
ella
mostra come, non ci prestando il consenso, ella uenne a non peccare; e per non ci fu inconueniento
Egli
il
vero che
e' si
potrebbe
radiso ogni
pili uil
bene ci verissimo, chi " Paradiso di Dante, in via d'andarui, molte gratie debbe hauere con l'anima sua, n per questo seguita che chi si troua
troua per questa guisa nel
nel suo
"
Inferno
messo
il
fallo per
l'
in-
troduce.
Si che da questo
non dobbiamo, n
si
pu
odio
huomo che
in
duole e
si
hauere commesso,
rimetterui
il
che
la
dottrina,
il
il
sapere
di
fuori della
egli dire
patria
servasse.
come Coriolano
Roma,
fuori
mostran-
'
98
dosi uago di non tornami
"
:
"
egli
da cercare
il ri-
torno in quella
citt, nella
"mini riporta il premio della virt, e gl'innocenti "sono puniti de' malefizi? Che neramente (se bene con obbrorio nostro) dir si puote in quei tempi essersi l'odio,
il
furore, gl'incendi
le
rapine insi-
per lo che non gran fatto che Dante garrisse e gridasse, come Giouanni Villani afferma nella sua
"
Chronica
Il
gione.
che
poich egli ne haueua cosi giusta cg,si coglie dalle stesse parole di Gioe.
135,
doue
egli di lui
et
come nel
fine di
quel
'
capo
ei
mettesse quelle
^
:
parole citate da
altre
(sic), le
e'
si
della spiaceuolezza o
cercano
e
da ognuno non si rimedesime cose a punto; e se bene il vile 'gnorante popolo lo stim mal gratioso, cotale non
le
i
douettero stimarlo
Malespini
questo:
"
Lacuna nel ms. Il passo del Villani cui allude il Sassetti "Bene si dilett in quella Commedia di garrire e solamare a guisa di poeta, forse in parte pi ohe non si oonvenia
'
;
suo esilio gliele fece fare . V. Cronica IX, IS*?. " Cosi il ms. da correggersi probabilmente, aggiungendo un seguite dopo la parola citate. s Lacuna nel ms. Le parole del Villani sono queste " Que" sto Dante per lo suo savere fu alquanto presuntuoso e schifo e " iadegnoso, e, quasi a guisa di filosafo mal grazioso, non bene sa" pea conversare co' laici . IX, 136. * IL Sassetti annota a pi di pagina: Principib-ua placuiase " uii'ia non ultima laua est ..
"
ma
forse
il
"^
99
e quegli da Polenta co' quali doueua sapere conuer-
si
il
conueniua,
facesse
si
come stimar
si
tra
gl'huomini uguali a lui per la nobilt. Che " schifo per certo e "disdegnoso,, non da marauigliarsi che
egli nel popolo si dimostrasse,
e,
seguentemente, at-
tribuisse a s per
il
di meritare, onde il detto Villani " presuntuoso lo addimand, che non gi importaua questa noce in que' tempi quello sciocco uitio che oggi ella ci pone dauanti, significando uno, che non sappendo, uoglia pure esser quegli che metta le mani in ciascuna
cosa;
ma
questo non
il
luogo di chiarire
signifi-
ragionando del costume di Dante il quale proposito io intendo di chiudere con il confessare che egli fu huomo di carne e d'ossa, onde merauigiia non che egli dagli affetti fusse assalito; tanto dir che nel nouero dell'opere composte da lui ninna se ne racconta in
ci si detto
;
Torno adesso
al
costume, doue
Il
si
discor-
simile e uguale. E queste uorrebbono principalmente ritrouarsi nel costume di colui l'atdel quale si toglie ad imitare. Veggiamo bora un poco da che habito proceda il pigliare un si fatto uiaggio, doue per tanti perigli e con la
morte in viso si habbia sempre a trapassare Certo che questa attiene non procede da vilt; forse da temerario ardire? non certo, che egli non ci si mette senza sapere che egli con aiuto diuino ci sa!
100
rebbe guidato. Di maniera che l'attione principale ha origine da fortezza accompagnata da confidenza nello aiuto celeste, che risguarda il costumo Christiane, che
l'aiuto
si fatti
pericoli senza
n in tutta quest'opera potr ritrouarsi una minima attiene laida, ma sempre dimodiuino;
i
pec-
sauta Sedia Apostolica e dell'autorit del pontefice, che per bocca sua dir si puote che fauellasse lo Spirito
d'Angi,
ne cant
in
Veggio il nuovo Pilato si crudele, Ohe ci noi satia, ma, senza decreto, Porta nel tempio le cupide vele.
Doue
si
al suo Vicario, per la tanta reuerenza che egli a quel manto portaua e, della potenza ragionando, disse altroue (Par., V)
Hauete
il vecchio e '1 nuouo Testamento, pastor della Chiesa che ui guida: Questo ui basti a vostro saluamento.
'1
Di maniera
tale,
che in ci
io
desiderare niuno
si
Lacuna
nel ms.
101
altri tanti in
strato ho
tare
non
si
potendo
in ci fare
trat-
peccato.
non
da Virgilio dilungato, se gi egli non fu auanzato da lui, per che egli ancora scuopre i vitii nell' Inferno suo, se bene non tanto distintamente quanto fa il Nostro. E se bene quel di Virgilio un episodio, e'
veggo
che egli
si
sia di molto
si
gliantamente nomin
le
Laonde, fingendo
la
suoi, fu stretto a
in quei tempi.
ma
tra'
molti
il
costu-
me
di
della parte
propone a considerare,
mo
forse meglio
non
si
amantissimo.
lui
Le prime
che dice Et
il
Poeta di
son queste
(Inf.,
X):
ei
Come hauessG
non che
co,
gran despitto;
egli mostrasse di alzarsi per luggire il fuoche q quell'arca lo tormentaua; ma, quasi per
102
niente hauendo
'
gl'ordini d'inferno
tenuto nell'arca,
alzasse
su fuori
suono del ragionare latino. Nella quale attiene non si scorge meno l'animo suo altiero che
al
poich
egli
s'alz
su al
suono delle parole d'uno fiorentino. Sprimeci ottimamente il costume d'huomo autoreuole, introducendolo a parlare con breuit, domandando e chieden" Chi fur li maggior do a Dante di suo essere tui ? modo da usarsi inuerso coloro che sono da molto meno, che quegli non il quale addo:
manda. E si come la domanda fu altiera, la risposta di Dante mostra che fusse humile, narrando
egli di s
:
Non
gliel celai, ma tutto glielo apersi, Ond'ei leu le ciglia un poco in 3Uso {sic).
Ne' quai uersi mostra di hauerlo ubidito, ch' un mostrare di riconoscerlo per maggiore; il che in certo modo gli fu accennato da Virgilio quando e'
gli disse
prima
Et
ei
mi
disse
Volgiti
che fai ?
s' dritto;
il
tenere tanto
huomo
Hora
;
pra non isprime solamente il Poeta il costume di persona a cui reuerenza si porta ma egli ritrae ancora, si che altri se lo uede dauanti, il costume che
si
comprende per
gesti,
Dante:
rigo,
cancellate, le parole
l'hauesse
dispregiasse.
103
Ond'ei leu le ciglia un poco in suso,
quasi che rimettesse alquanto della sua alterigia, cognoscendo chi quegli fosse con il quale egli ragio* naua. E, dopo l'inframesso ragionamento con messer Caualcante, mostra pure la grandezza dell'ani-
mo
doue
si
scorge
che pi
il
contro a suo uolere fusse seguita, che tutte le pene d'inferno. Nel qual concetto lo fa Dante simile in
quello che egli di sopra disse di lui
:
Quasi hauesse
l'
E come
fatti,
scusai
citt
stata conseruata
Accio non fu' io solo n certo (aie) ' Senza cagione (sic) sarei con gli altri mosso Ma fu' io sol col, doue sofferto Fu da ciascuno di tor uia Fiorenza, Colui che la difese a uiso aperto.
mo, e conta al mondo per l'istoria; si che egli non accaggia altrimenti qui farne pi lunga memoria.
di
Dante
si
ritrouerr
'
Leggi: quell'arte disse: ecc. Leggi non fu^ io sol disse eoo. Uguaglianza interliaeameate, nsl rigo, cancellata, la parola
:
similitudine.
104
gio insino alla fine, confidentissimo
aiuto
si
dimostra dello
diuino, e poco di s
e
medesimo
sempre
quieta
do-
manda
muoue dubbi,
e
e alle solutioni si
ubidiente
a Beatrice, stimatore di s
medesimo'; onde
(/"/.,
egli in
persona
di
Brunetto cant
egli a
XV)
Et
" "
stella,
Non puoi
poco appresso
quello 'tigrato popolo maligno. di Fiesole ab antico, E tiene ancor del ferro e del macigno, Ti si far, por tuo ben far, nimico Et ragion ch tra li lazzi sorbi Si disconuien fruttare il dolco fico. Vecchia fama nel Kiondo gli chiama orbi Gente auara, inuidiosa e superba Da lor costumi fa' che tu ti forbi. La tua fortuna tanto honor ti serba, Che l'una parte e l'altra liauranno fame Di te ma lungi fia dal becco l'herba.
Ma
Che discose
Ne' quai uersi si dimostra apertamente che egli stimaua forte s stesso, si che egli non si riguarda di confessare a Sapia di peccare nel uitio della superbia, dicendogli di sentir poco dello inuidioso
(Pur., XIII):
Gl'occhi, diss'io, mi fieno ancor qui tolti, Ma picciol tempo, che poca l'offesa Fatta, per esser con inuidia vlti. Troppa pi la paura, ond' sospesa L'anima mia del tormento di sotto; Che gi lo 'ncarco di la gi mi pesa.
Cosi
il
ma.
105
Nel qual luogo erano i superbi puniti, onde, spriil costume suo, lo chiam Giouanni Villani " presuntuoso la qual uoce ha significato di superbo; il che euidentemente si comprendo per l'autorit del medesimo Dante, il quale, fingendo che Prouenzano
mendo
'
Saluani sia nello inferno tra i superbi puniti, fa di lui contare in questa guisa da Odorisi da Gobbio:
Quegli
Et
rispose,
qui,
''
Ne' costumi degli altri introdotti nel suo Poema poca uguaglianza pu ricercarsi, auuenga che di colui che egli ritrou nell'inferno non si possa fare
mentione nel " Purgatorio o 'n " Paradiso , o suo costume scoprirne. Occorseli far mentione nell'" Inferno di Bruto e di Cassio, e nel " Paradiso an-
ma perch, trattando cora, non per ritrouargli qui del processo dell'imperio romano, gli uennero fatti
;
nominare a
'
nel costume
di
ricognosciuta disaguaglianza,
della setta stoica, dei dolori disse di lui, che
(i/:,
perch,
uscia mezzo di
XXXIV):
Degli altri due, c'hanno il capo di sotto, Quei che pende dal nero ceffo Bruto Vedi come si storce, e non fa motto.
;
lo finge
muto
"
non lagnantesi
, di
:
ma
nel
Paradiso
loro fa-
lo
parole
disse
qugli alquanto.
'^
Lacuna nel ms. Nel Paradiso di Bruto e Cassio Giustiniano, come il Sassetti stesso dice poche righe
3
fa
menzione
sotto.
106 Di quel che f col baialo seguente, Bruto con Cassio nell'inferno latra,
E Modena
Perugia fu dolente.
a s stesso molto dissomi"
Inferuo
non facendo
non sendo nel filo principale delcome fu quello dell' " Iphigenia in Aulide,,, poco monta, e per auuentura non se ne trouerr un altro a questo somigliante. Quanto alla similitudine ueggansi l'antiche chroniche donde gli spositori hanno canato le dichiarationi de' luoghi di Dante ne' quali egli tratta i costumi de' particulari, e uedrassi che egli non s' alcuna parte discostato da loro; n crederr io in che alcun dica, le storie confrontarsi con Dante per essere stato Giouanni Villani ne' tempi suoi, et hauere potuto far memoria di huomini diuersi con il fondamento di questa poesia, e storia pi antica non esserci peruenuta alle mani, donde questa dissimilitudine cognoscer si possa; perci che, se ben Giouanni Villani visse anni 27 dopo la morte di Dansia considerato,
l'attione imitata,
'
te,
dopo la tornata sua di Roma incontinente, e Dante la sua " Commedia scrisse in esilio, di maniera che da lui o sua opera non si potette formare storia. Oltre a che credere si dee che cosi potessero le
attioni del
te,
mondo
come a Dan-
non harebbe
fatto
mentione a con-
Della sententia
si
dee fauellare
Il
ms. d
il.
107
si
richiedendo l'ordine
delle parti.
Questa non
(sic),
imitatione di concetto,
ma
espressione d'essi
pro-
modo
ticolari,
prouano
il
e,
ci
mediante, aggrindiscono
e
gl'affetti.
hora
le cose,
hora
le
il
vituperano, onde
*
nasce
muouere
diuerso,
secondo che diuerse sono le poesie che l'adoperano, auuenga che pi humili saranno i concetti de' co-
mici
(se
dinanzi agl'occhi l'attione che essi tolgono ad imitare (la quale da per s stessa apparisce, e
non ha
n giustificata, e per s
non hanno
poeti eroici,
e,
se pur si
il
parole,
e'
uengono ad assomigliarsi pi
e'
che
hanno
come Seneca
non
considerata,
correndo
l'intel-
sentenze, come al
si
La
modo
petia e la ricognoscenza.
Hora
'
108
me
io dico,
re le attioui e imitando
perch l'uno
ufficio
chiunque
de'
si sia,' egli tenuto per la seconda regola costumi a proferire quelle cose che proferirebbe
non far lunghe dicerie in persona d'uno adirato non faueller ornatamente e con arte retorica intro ducendo una persona a chi quello habito non s'appartenesse. Ma, narrando in persona sua, non doci
e
uerr gi coprire l'oratione, che manifesta il propio fatto della poesia, con il lume della sentenza; ma nell'altre parti egli potr per uentura aggrandire l'opera sua con questo ornamento, quanto pi gli piacer, usando esempi e comparationi, secondo che egli uorr prouare e ribattere alcuna cosa, o proferire sentenze, secondo che all'occasione si ricercher. Egli
il
poeti la
nero che, douendo essere questa parte ne' buoni minore di tutte, quella cio, doue, non rac-
contando attiene, il poeta fauella da s stesso; non si potr gran fatto mostrarsi pregno di concetti, et in questa parte medesima credo che il poeta si come l'oratore potr fare opera di scoprire il suo costume. Il quale sar giudicato buono o reo, secondo che buone o ree saranno le cose dette da lui, e le sentenze proferite; perci che dalla abbondanza del cuore fauella la lingua, per lo che poco accorti si possono dire quei poeti che in questa parte proferiscono sentenze le quali * scuoprono laido costume,
Chiunque si sia, interlineamento, nel rigo, non cancellate parole qualunche persona. * Le parole proferiscono le sentenze le quali sono scritte intorlineamente.
le
109
biasimando le cose ben fatte o lodando quelle che stanno male, come a' giorni nostri ne veggiamo; e quelli che pi corrono per le bocche di ciascuno. Io dico che potr l'epico poeta scoprire il propio costume, e non intendo perci che questo debba essere suo oggetto principale; ma, trapassando da una attiene ad un'altra, uien fatto molta uolte
il
lasciarsi
uscire
il
come
si
Et come che in persona d'altri se ne possa seruire ad ogui effetto, si il pu egli fare principalmente nel mouere gl'affetti, poich in questa poesia ci non pu farsi se non per uia dell'oratione; et quello il proprio uficio di questa arte, e perci deono studiare i poeti epici di porre la cosa quanto pi possono dauanti agl'occhi,
quella grandezza che
fu dei Greci ypyetz
il
con
richiede
'
il
la
potremo dire. Et in ci gli aiuter grandissimamente la forza delle comparationi, la quale si adopera per aggrandire e diminuire la cosa che si narra; il quale effetto a questa poesia grandemente si richiede, poich la manca di mostrare l'imitatione del
fatto
con
fatti a
le
rappre-
Tempo
bora di ueJere
portato,
e,
come Dante
'
in questa parte
si sia
perch
Seguono, cancellate, le parole porre dauanti agV occhi. Chiarezza la parola interlipeamente, sotto, non cancellata
efficacia.
no
recare qui gli esempi delle sue sentenze che prouano i suoi concetti sarebbe cosa uana, di questa parte non ragioner al presente, ma uerr a dire alcune cose degli altri ufici che da questa facult si ricercano. Primieramente ueggiamo se egli ha saputo muouere l'affetto della piet nello episodio de' due amanti da
il
Rimini
{Inf.,
V)
Et ella a me: Nessun maggior dolore, Che ricordarsi del tempo felice
Nelle miserie; e ci sa Ma s'a conoscere ecc.
il
tuo Dottore.
'n tutti
capitolo, doue,
mostrando apertamente
le
il
dolore che
lachrime
(sic)
non muouersene a compassione. Di quello che egli racconta del conte Ugolino posso trapassarmi senza
alcuna cosa discorrerne, poich per questo solo effetto del compassioneuole quel canto stato quasi
da ciascuno che sa italiano fauellare imparato a mente, non che dai Toscani o pure da' Fiorentini. Se egli ha facilit nel descriuere e ritrarre le cose appunto ci si scorge in tutta l'opera sua, e, particolarmente, udendo descriuere messer Cavalcante Cavalcanti, che, essendo in un'arca che d'un braccio so-
prauanzaua
il
X):
al
mento:
inginocchion leaata.
il
altroue,
camminare d'un
Cosi
il
ms. invece di
"
Ili
huomo
faceuano, disse
.).
Qaando si fu scoperta la gran bocca, Disse al compagno Siete noi accorti Che quel di dietro muoue ci ch'e' tocca Cosi non soglion fare i pie do' morti.
:
E in altri luoghi molti ritrae cos ueramente le cose, che con maggior facilit dirsi non si potrebbe, come quando ei disse {Purg. ...).*
Morti
Non
li morti e i uiui parean vioi, uide me' chi uide il nero {aie), *
Nello aggrandir
fare
il
le
sapesse,
io
come
per prona di
ci,
non uoglio
dissimi
e
questa
XXIX)
nidi gi mai menare streghia {aie) ragazzo aspettato da signorso, N da colui che maluolentiori uegghia Come ciascun menava spesso il morso Dell'unghie sovra s per la gran rabbia Del pizzicor che non ha pi soccorso E si traevan gi l'unghie la scabbia Come coltel di scardova le scaglio, O d'altro pesce che pi larghe l' habbia.
E non
Le
risalti
aggrandirla, donde ne maggiore disidero di fuggir la colpa che fa cadere in quella pena. Quanto al pox're minutamente
peccatori, et oltre a ci per
alla
quella miseria
"
il
vero.
112
potuto pigliare similitudini le quali non fussono stato prese da <;osi bassa materia, quanto furono quelle
ma
e'
si
conueniua
o se
pure,
come
uno dare
i
quali
rebbe per auuentura se uno, udendo con una comparatione far manifesto il piouere delle stianze di quei meschini dalla persona loro, dicesse che elle pioue-
uano
mauera
fior d'arancio,
ci
essendo
scossi.
La
qual
si-
metterebbe dinanzi agl'occhi, per uentura, la caduta della pelle di coloro con cosa tanto dissimile di sustanza, che alcuna altra conuenienza
militudine
non
ella
ui sarebbe se non l'atto del cadere; oltre a ci uerrebbe di gran lunga a diminuire la dimostratione della pena, auuenga che quasi di niente patisca la pianta nello spicciolarsi i fiori e con la
;
si
amor-
zerebbe la stomaco e
il
'1
fastidio
Poeta nell'animo
quale egli uuol far grande a tutto suo potere, e muouerne stucco per tutti i uersi che posloro, la
conuenne cercare
di quelle
raccontaua.
Il qual luogo fu
mirabilmente cognosciu
;
Laberinto
di che, a que-
" ti
Galateo
sarai
il
"
Non
si
naso, aprire
moccichino
' Seguono, cancellate, le parole che cotanto queste due similitudini riprende, dicendo nel suo Galateo.
113
" e " "
ti
doues-
" "
"
non che altri ci ami, ma che se alcuno ci amasse, si disinnamori si come testimonia lo spirito del Labirinto, chi che egli si fusse, il quale per ispegnere l'amore onde messer
noli modi, et atti a fare
;
" "
" "
Giouanni Boccacci ardea di quella sua male da lui conosciuta donna, gli racconta come ella couaua la
cenere, sedendosi su la calcagna, e tossiua et ispu-
tana farfalloni
si serui l'huomo ualente in quella sua operetta, per che, udendo che noi ci disinnamorassimo dello imbrattare le tonagliele da tauola,
Che
se a lui stato
andare al uiuagno della sporcitia per recare quel costume che egli uuole dannare in obbrobrio agi' huomini; io non so uedere per che cagione a Dante non habbia a essere lecito il tebene,
io auuiso,
come
nersi a
mezza
la tela,
'.
senza essere
il
suo concetto
di laido biasimato
Che
di
signor
nell'arte retorica sentisse poco auanti, che in ci l'hanno seguitato, ancora. In quelle sentenze che sprimono il concetto suo come
e gl'altri,
Bembo
dirsi,
sendosene
che sono sentenze assolute e morate, che diremo altro se non che per auuentura non si trouerranno simili in poeti
di quelle
ma
in
:
come
(Inf.^
XVII)
Nel ms. seguono, cancellate, le parole: " come egli fa che di uero mostra che gli uolesse anzi diminuire alquanto della gran" dezza di Dante che trattare la cosa secondo la natura sua poi " che egli biasima in altri quello che a s stesso uuole ohe sia con" ceduto ,.
serie).
114
Ahi quanto cauti gl'huomini essere {sic) denno, Presso a color che non ueggon pur l'opra, Ma per entro i pensier miran col senno!
e poco appresso
:
Sempre a quel uer c'ha faccia di menzogna, De' l'huom chiuder le labbra quanto puote, Per che senza colpa fa uergogna.
se bene elle
si
siderar
un poema grande
numero
doue sono concetti tanto uarii e cosi diversi, che se alcuno ne scade non gi marauiglia; che, se Dante hauesse al tutto mandato fuori 60 sonettucci, e* sarebbe da criuellare i suoi concetti un poco pili ^ diligentemente, che non pare che a un poema tale si
richiegga
La
dourebbe
essere chiara, e
non
plebeia.
La quaie
fia
male
che noi discorriamo alquanto, innanzi che si tratti dell'oratione composta. Le noci sono propie, traslatate,
forestiere,
aggiunte, imitanti,
accresciute,
menomate, alterate e nuoue. Le voci propie uogliono essere adoperate alla chiarezza della fauella, e non tutte le propie, ma le pi belle, acci che in un poema non si spargessono i sozzi uocaboli che escono tutthora della bocca alla gente vile, se non se per sorte una cosi fatta persona ne' poemi fusse
* I versi della Commedia sono 14233 V. Mauiotti, Dante ttatiatica delle lingue. Firenze 1880, pagg. 89 e segg. * Segue, cancellata, la parola strettamente.
la
locutione.
115
alla quale sta bene di fauellare come i huomini fauellano, o pure quando il poeta uolesse in alcun luogo menomare e appiccolare alcuna cosa quanto egli potesse il pi; nel qual caso si potranno torre i nomi propii tutto cho uilissimi: e se de' tali non ni har, bisogner ricorrere a i traslatati e, corcando il simile in cosa pi uile, ualersi
introdotta,
cotali
del
nomo
ei
sto effetto,
quale
Di quella sozza
e scapigliata fante,
con l'unghia merdose. Ch'or s'accoscia ed hot in piedi stanto Taide , la puttana etc.
l si graffia
Che
Doue, inuece di dire con l'unghia merdose, poteua dire con le mani imbrattate, e 'n luogo di chiamarla per il nome di puttana, poteua dire femmina di
mondo
et
fatto, egli
di uocaboli la tristezza di colei; la qual cosa era in tutto contraria a quello che egli di fare desideraua.
Ha usato i propii il nostro poeta, et ne stato lodato da monsignor Della Casa, come il cigolar delle bilance, e
'1
muso
me quando
e'
disse {Inf.,
XXXIII):
Che
figli
suoi
medesimo diceua con voce intesa da ciascuno, ma non propia di coloro che, infermi e ciechi, muouono le mani e uanno al tasto.
'
V.
Inf.
XVII,
V. 130 e segg.
116
Parimente us una uoce propiissima quando ei disse, della neve che si strugge ragionando (Purg.,
XXX):
Poi liquefatta in s stessa trapela.
Che
in quel luogo
l'acqua della
ma non
;
i tizzoni abbruciati da poteuano esser chiamati quegli onde, percotendogli, si eccitano le fauille; ma Dante, adoperando il propio loro vocabolo, disse (Par., XVIII)
propio uocabolo
i
si
come
tutti
lati
Surgono innaraerabili
fauille.
N hebbe
quali
tolse
non
a scriner
il
intesa da ciascuno,
ma
fauella intendessono.
Altri esempi
potrebbono arrecarsi, ma questi siano per hora assai. L'uso delle metafore fu di Dante propio, per che egli nacque a ci, pi che a ninna altra cosa; di che ci sono argomento le tante che egli fece di nuouo belle e mirabili; in che fu egli cosi copioso e abondante, che dall'arco solamente ne formasse in ^ Ma venghiamo ad tutto '1 suo poema
alcuni particolari.
tie al
tie,
Elle possono formarsi dalla spegenere o per contrario, o dalle spetie alla spesecondo la proportione, e nell'altre maniere che
'
Da
tutti
lati
interlineamente.
'
117
hanno diuisato
finite
E come
che in-
per essempio dare se ne possano, le quali tra loro contendono il pregio della bellezza, d'ogni maniera, ne dimostrerr una, per fai'e manifesto che egli
adoper tutte
il
(procedesse ci dalla sua diuina natura o dall'arte) le figure del dire in questo suo poema.
il
Trahendo adunque
nome
Ondo
l'orto cattolico
Doue per
tolico ,
e,
tutto
il
orto cat-
auuegna che
per
il
contrario, trasse
nome
gnificare la spetie,
quando
d'
ei
disse (Par.,
XXXIII):
che
infante
la lingua alla
mammella.
gnar la lingua alla mammella , che il suggere il latte una spetie di bagnar la lingua. Traslat i nomi da spetie a spetie in luoghi infiniti, di che ci
serua per esempio quando
ei disse
{Par,^
XV):
chioma;
^
doue, a significare
il
cambio di dire traendo giix il lino dalla rocca, pose la " chioma . La metaphora a proportione adoper Dante con tanta grandezza, che nulla pi, cantando in questa maniera {Purg., XX)
i
guisa che
'
'
Seguoao, cancellate, le parole: il bagnarla lingua una/orma. Nella interlineamente, nel rigo in, noa cancellato.
118
Senza arme n'esce, e solo con la lancia Con la quale giostr Giuda.
Doue, per significare l'arme che i Bianchi di tradimento, egli il chiam lancia con queste armi si fece Giuda la
za terra a cacciare
in inferno.
INDICE
Prefazione
Pag.
Eidolfo Castravilla contro Dante
.
5
19 37
Discorso
di
University of Toronto
Library
LOWE-MARTIN CO.
Limited