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L'Europa si ribelli a Cameron

di Massimo Riva (28 febbraio 2013)

David CameronNella diffusa indifferenza l'Europa si trova a un passaggio cruciale per il suo destino come soggetto politico ed economico nello scenario mondiale. Nel volgere di qualche settimana, infatti, il Parlamento di Strasburgo sar chiamato a votare sul progetto di bilancio dell'Unione che l'ultimo vertice dei capi di Stato e di governo ha abborracciato in termini alquanto discutibili. Soprattutto per l'impostazione complessiva di questo "budget": a un insieme di economie cadute in una recessione che non risparmia ora neppure paesi pi solidi come la Germania, i leader dell'Europa avanzano una proposta di bilancio a sua volta palesemente recessiva. Come gli ottusi medicastri del Settecento, prescrivono una terapia di ulteriori salassi di risorse a un organismo gi debilitato dalle emorragie in atto. Il tutto, fra l'altro, come conseguenza di un vizio politico di fondo che ormai da troppo tempo condiziona, altera e inquina lo stato dei rapporti fra i paesi soci dell'Unione. Vizio che nasce dall'ostentata prepotenza con la quale il governo di Londra fa pesare la sua presenza a Bruxelles imponendo all'intero convoglio europeo di muoversi e operare alla velocit e lungo la rotta preferite dall'occasionale inquilino del n. 12 di Downing Street. Non un mistero, infatti, che anche quest'ultimo progetto di bilancio ha il recessivo sapore di tagli alle risorse perch questa stata la pretesa del cosiddetto governo di Sua Maest. Che il premier Cameron abbia manovrato con abilit un fatto. Ha cominciato, per esempio, contestando l'eccesso di costi di funzionamento delle istituzioni e delle burocrazie comunitarie: una critica fondata e condivisibile, tanto pi in frangenti cos difficili per i conti di tutti i paesi. Ma il risultato finale del rigore reclamato dai britannici che i tagli al bilancio hanno finito per coinvolgere anche capitoli di spesa preziosi. Come quelli del finanziamento alla ricerca e allo sviluppo ovvero proprio sul terreno che avrebbe dovuto essere semmai pi concimato in una fase di generale caduta delle attivit economiche. Mentre per quanto riguarda la tuttora pi corposa voce degli impegni finanziari dell'Unione - la Pac o politica per l'agricoltura - vi stata s qualche sforbiciata ma senza nessuna seria ipotesi di revisione degli assurdi criteri in base ai quali sono ripartite le sovvenzioni alle campagne. Per cui - alla faccia di milioni di medio-piccoli coltivatori che vedranno diminuire i sostegni loro spettanti - potranno continuare a fare la parte del leone alcuni proprietari di latifondi (in parte pure incolti) come la regina Elisabetta, il principe di Monaco o la duchessa d'Alba. Il meno che si possa dire di un simile progetto di bilancio che esso sembra costruito da chi, magari inconfessabilmente, vuole impedire all'Europa di pilotare la ripresa

dell'economia continentale e cos di fare passi avanti verso una compiuta integrazione politica dell'Unione. Tanto che uno dei pi lungimiranti architetti della costruzione europea - l'ex-cancelliere tedesco Helmut Schmidt - si spinto fino ad auspicare che il Parlamento di Strasburgo, avvalendosi del suo potere di veto in materia, respinga questa ipotesi di bilancio. Una soluzione che lo stesso presidente attuale dell'assemblea - il socialista, anch'egli tedesco, Martin Schultz - ritiene non solo possibile ma anche necessaria per riaprire una partita nella quale, dietro le singole poste contabili, in gioco l'idea stessa di Europa per il futuro. Va, infatti, ricordato che il Parlamento europeo l'unica fra le istituzioni comunitarie che poggia su un'investitura democratica diretta. Mentre, dalla Commissione di Bruxelles al Consiglio dei capi di Stato e di governo, si tratta di organismi a mandato indiretto e mediato. Un no di Strasburgo a un testo definito attraverso oscuri compromessi fra cancellerie avrebbe il duplice merito di togliere di mezzo un bilancio insensatamente recessivo e di allargare il cammino verso l'integrazione politica dell'Unione. Un'occasione storica da non perdere.

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