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Corrispondenze Informazioni

Rurali

C.I.R. n° 20

Nel prossimo secolo,o in quello successivo,

dicono,

ci saranno valli, pascoli in cui ci incontreremo, se ce la facciamo.

Per scalare queste cime, un parola per te,

per te e per i tuoi figli:

state assieme, imparate dai fiori, siate lievi

(Gary Snyder "for the children", Turtle Island)


I ragazzi del Casone.
La realtà della valle di Campanara in questi ultimi mesi è sostanzialmente
cambiata: si è accresciuto il numero degli occupanti e tra coloro che sono
arrivati l'attività principale è quella di Artigianato artistico: scultura-lavorazione
del legno che si affianca a quelle preesistenti cioè l'allevamento delle capre che
permette la produzione di formaggio, la lavorazione delle terra su estensioni
maggiori per il foraggio e l'autosufficenza, e poi lavorazioni artigianali in cuoio,
feltro e la manifattura al telaio.
Come è naturale le nuove energie hanno portato miglioramenti sensibili: nuova
stalla, nuovo laboratorio, nuovo forno per il pane, ristrutturazione delle case;
un'attenzione costante e sempre più premurosa verso la conservazione del cibo
ci permette di avere buone scorte per l'inverno. Ci sono ancora casolari agibili
ma non abitati e ruderi da ristrutturare interamente o in parte: i tetti
specialmente sono da rifare.
La valle rimane aperta e garantisce l'ospitalità per brevi o lunghi periodi a
chiunque sia interessato a condividere la nostra esperienza.
Per contatti:
francescaorazi@gmail.com lisleac@yahoo.it entjans@hotmail.com
La fatica della bellezza di Renato Pontiroli

I boschi che abbracciano la casa si sono spogliati dei colori cangianti


d’autunno, restano pennellate di giallo sui pioppi, qualche macchia marrone di
foglie secche abbarbicate su castagni e querce e il verde intenso d’edere che
avvolgono alcuni alberi. Le prime gelide folate di maestrale mulinellano il
fogliame caduto lungo i pendii ed è tempo di starsene vicini alla stufa,
lavorando, leggendo, cucinando corroborati da un caffè lungo o da una tisana.
La stufa però necessita continuamente di essere riempita di legna, quindi esco
e imbocco la salita di fianco al fosso che scende dallo Scravaion, durante i tanti
giri ho memorizzato alcuni pioppi, faggi e carpini caduti negli anni precedenti.
Salgo lentamente con la sega a mano, dopo aver rassicurato il bosco che non
taglierò nessun albero vivo, lo faccio sempre per non sentirmi “osservato”
malamente, una ghiandaia si alza improvvisamente da un ramo, facendo un
putiferio incredibile: allarme, allarme …più sopra rumori di zoccoli e di rami
rotti: cinghiali, stupiti … oggi non è giornata di caccia!!
Uno spesso strato di foglie secche ricopre sassi e pozze d’acqua, gli scarponi
faticano a fare presa, ogni tanto scivolo anche perché queste camminate sono
occasione di sporadici “stadi modificati di coscienza” naturalmente indotti,
allora mi appoggio a un tronco, chiudo gli occhi e immagino di immergere
radici giù nel terreno, fino a sentire la roccia, la vena d’acqua, il pulsare della
Terra, annuso l’aria e resto immobile. Provo a vedere questo luogo con i sensi
dei suoi abitanti non umani originari. E’ per questo che non uso e non ho mai
usato la motosega nel bosco.
Tagliare i tronchi secchi, impignarli in verticale contro gli alberi: se piove
assorbiranno poca acqua e basterà un vento leggero ad asciugarli; la misura …
quella giusta per portarli in equilibrio sulle spalle fino a casa. Questo è il
settimo inverno che passiamo a Borgo Cerri, ad occhio e croce mi sono portato
un 500 qli. di legna a spalla, che noi accendiamo stufe dai primi di settembre
fino a fine aprile. Un amico dei Bassi mi dice sempre che se facessi il conto
delle ore mi accorgerei che conviene comperarla, e quelle ore impiegarle in
lavoro produttivo. Certo, comperarla … alberi tagliati, argani, trattori, gasolio,
motoseghe. Un tempo in questo borgo vivevano 70 persone, Sigfrido (il vicino
più vicino) racconta: “i boschi allora erano puliti e curati, la legna buona si
vendeva, quella mediana si usava per scaldarsi (poco) le ramaglie grosse
facevano carbone e le vedi a mezza costa le piazzole delle carbonaie, scure di
terra … con le ramaglie piccole fascine … le foglie di faggio si portavano con i
muli ad Albenga per le stalle al posto della paglia”.
Se il borgo tornasse ad essere abitato bisognerebbe fare tagli selettivi,
trasportare i tronchi con un trattore, argani, motoseghe… Si pulirebbero le
terrazze per fare orti, foraggio, cereali e poi stalle per gli animali, i pascoli
sull’anfiteatro… Un tempo facevo di questi sogni e speravo si avverassero.
Cammino leggero con i due tronchi sulle spalle, mi fermo e riprendere fiato,
guardo le terrazze dove i ginepri e i carpini e i pruni e la rosa selvatica
preparano per il bosco a venire, dove passano le volpi e i tassi e le faine, forse
il lupo, poi sotto, in lontananza il nostro orto dove caccia la poiana e lenta
striscia la vipera, poco sopra la strada che Manù percorre sempre ad andatura
bradipesca per non schiacciare salamandre, rospi, ramarri.
Mi incammino leggero con il peso di questa bellezza impagabile e le motoseghe
… mettetevele dove dico io.

LA CASOTTA, NIBBIANO – PECORARA – CASA PEROTTI, 2


AGOSTO 2008

Sulla terrazza coperta ricavata da un vecchio fienile, con lo sguardo aperto


sulle colline piacentine, un gruppo di famiglie si è riunito, all’inizio di
agosto, per discutere sul tema della “scuola familiare”. L’incontro è nato dall’
esigenza di confrontarsi, di ascoltare le esperienze in corso o già portate a
termine, e di raccogliere le opinioni di tutti quelli che si erano dichiarati
interessati all’argomento, attraverso i con-tatti raccolti via mail.
Già dal primo cerchio di presentazione – che si è deciso di estendere anche
agli assenti, avvalendo-si della posta tradizionale o elettronica – si sono
messi in luce alcuni bisogni essenziali che la scelta della scuola familiare –
o di qualsiasi altra forma d’impegno diretto nell’educazione dei propri figli
da parte dei genitori – di fatto consente di soddisfare.
Sin dall’inizio Susanna – che frequenta la quinta in una multi-classe di una
scuola di montagna – ci ha segnalato, ad esempio, le sue difficoltà a imparare
“i metodi di apprendimento” prestabiliti e in varie forme imposti dalla maestra,
– tecniche, riassunti, schemi, scalette, diagrammi, ecc. –piuttosto che la dif-
ficoltà di “mandar giù nozioni” che ancora non riesce a sentire come “inutili”
o potenzialmente dannose.
Le dichiarazioni di Susanna hanno dato lo spunto al gruppo per chiarire,
attraverso la discussione, che:
- la scuola familiare dovrebbe essere un modo per lasciare ai bambini libera
scelta e che le regole di organizzazione del loro “tempo di istruzione” siano
in qualche modo decise insieme a loro e non imposte, organizzate dall’alto
(nella prospettiva delle esperienze di Neill a Summer Hill);
- la scuola familiare è un modo di assecondare i bisogni dei bambini al di
fuori della logica rigida di classificazione dei compiti di apprendimento per
età (imparare a leggere entro i sei anni, a far di conto entro i sette, a
esprimersi in italiano entro gli otto, e così via);
- la scuola familiare non dovrebbe essere “solo” una forma di “ripetizione”
del modello di istru-zione “canonico” attuata tra le mura domestiche, messa in
atto da operatori momentaneamente prestati allo scopo (genitori o altri
precettori più o meno “occasionali” più o meno professiona-li) secondo la
logica del testo di legge che vuole infatti accertare, con l’esame annuale, le
compe-tenze dei genitori ad impartire l’istru¬zione obbligatoria ai propri
figli;
- la scuola familiare non è riducibile ad una questione di scelta di metodi,
regole o tecniche alterna-tivi alla logica dell’alternarsi di compiti –
assegnati in forme rigide – e premi/punizioni – decisi in modo sempre
arbitrario;
- la scuola familiare non è riducibile alla messa in discussione (in crisi,
in dubbio…) o alla revisio-ne sistematica (e a qualsiasi altra forma di
rielaborazione specialistica) del corpus di saperi co-munque istituzionalizzato
(che sia il programma ministeriale, il palinsesto della tv, la Bibbia o
qualsiasi altra raccolta di testi “sacri”…) che si da “per scontato” sia alla
base del processo di “educazione” che si intende mettere in atto.
Riassunto in uno slogan, la Scuola Familiare non si riduce all’alternativa
tra Un-Schooling e Home Schooling (Claudio).
Non a caso, una delle motivazioni forti emerse nello scambio dialogico tra le
famiglie presenti all’incontro de La Casotta, è la necessità di difendersi
dalla omologazione, dalla distruzione della specifici-tà del messaggio
culturale locale, tribale, familiare all’interno del marasma relativistico e
consumistico della cultura di massa. Questo timore è alla base di quasi tutti i
diversi approcci presentati e accomuna le diverse attese espresse, anche quando
queste ultime riguardavano gli aspetti meramente tecnici connessi alla scuola
familiare – tipo: sono insegnante e/ma voglio imparare a fare scuola
familiare…
A questo timore potrebbe rispondere una scuola familiare che sia una forma di
scambio multifamilia-re, una sorta di “mercatino delle idee”, della creatività,
uno spazio dello scambio libero e, perciò, necessa-riamente creativo.
Tutti si sono dichiarati convinti, con Clara espressamente citata da Chiara,
che per fare scuola fami-liare “è necessario avere una vita interessante e del
tempo libero”. Il bambino, infatti, non dovrebbe es-sere il “centro” della vita
familiare, il nucleo che ne assorbe tutte le energie e che va “protetto” dalle
in-fluenze esterne. Dovrebbe bensì esserne “il motore”, cioè la spinta
propulsiva delle scelte di vita dei ge-nitori che lo coinvolgeranno a pieno in
tutte le loro esperienze di vita. Esperienze che saranno, perciò, “naturalmente
interessanti” e qualificanti l’apprendimento del bambino senza che
intenzionalmente i ge-nitori ne determinino in qualche misura gli orientamenti
e gli apprendimenti – ora ti insegno a cucinare i fagioli piuttosto che a fare
gli aeroplanini di carta…
Si è giunti a sostenere che l’aspetto di “naturalità” della scelta della
scuola familiare dovrebbe, infat-ti, risiedere in quest’atteggiamento non
impositivo – non impongo a mio figlio di fare una vita alternativa perché penso
che questo sia un bene per lui – ma propositivo – viviamo insieme questa
esperienza, io a-scolto i tuoi bisogni, le tue risposte e attraverso un
feedback, anche e soprattutto emotivo, ri-oriento il mio comportamento in una
direzione piuttosto che in un’altra.
La scuola familiare può essere intesa, in questa prospettiva, come un
corollario “naturalmente con-seguente” alla scelta del contatto continuo, come
ha proposto Alfonso, del portare i piccoli, di non separarli mai dalla vita
degli adulti in nome dei loro presunti bisogni di socializzazione autonoma.
Bisogna, infatti, fare molta chiarezza “interiore” quando si parla di
“bisogno di socializzazione” o di “necessità di imparare a socializzare” da
parte del bambino. Bisogna, cioè che ci chiariamo: si tratta del nostro
desiderio che il bambino impari, o del nostro timore che non impari, a
socializzare, e che quindi, resti escluso, che tenda a “fare il solitario”,
ecc? Che cosa ci impedisce di scegliere la scuola familiare? Il nostro bisogno
che nostro figlio impari il più presto possibile a esercitare su di sé l’
autocontrollo per en-trare in relazione con persone che non ha scelto, per
adattarsi coercitivamente ad un sistema che non comprende, e così via? Non
dobbiamo trascurare però il fatto che di tutti questi sforzi di adattamento
imposti a nostro figlio, noi genitori siamo responsabili e dovremo, prima o
poi, rendergli conto in prima persona – non vale l’argomento: il mondo è così
com’è e tu lo impari punto e basta, gli devo offrire an-che il mio perché,
tendendo conto che il suo comportamento conseguente sarà probabilmente l’
adesione a un nostro consiglio, invito, imposizione piuttosto che una sua
libera scelta.
Questa esigenza di preservare le facoltà di scelta del bambino,
considerandolo a pieno titolo una “persona” e non un “minore” dovrebbe portare,
come ha sostenuto Ruggero, a rispondere alle varie “circolari” del Ministero e
in particolare all’ultima (che impone l’esame annuale n.d.r.) presentandosi
come interlocutori qualificati – sulla base delle esperienze portate a termine
– e non solo ideologicamen-te contrari a una scuola di Stato, a una scuola
troppo succube alle logiche del consumismo e del confor-mismo, alla Scuola come
unica struttura rituale in cui hanno luogo i “riti di passaggio”, di
accettazione re-lazionale e di appartenenza sociale.
La discussione ha portato in luce una serie di timori diffusi circa il senso
di inadeguatezza o la pau-ra dei genitori di “non dare abbastanza” ai propri
figli attraverso la scuola familiare – in termini di saperi necessari o minimi
o istituzionali – anche in relazione al proprio vissuto di scolari non sempre
ben integra-ti o esplicitamente ribelli. A tal proposito, Silvia ha proposto di
considerare attentamente quanto sostiene Etain, che consiglia i genitori
impegnati in una relazione continua con i propri figli a segnare, a fine gior-
nata, su di un quaderno, tutto quello che si è fatto insieme durante il giorno,
per poi scoprire quanto grande sia il patrimonio di conoscenze trasmesso
quotidianamente e quanto vasto sia potenzialmente il programma degli argomenti
effettivamente trattati da un bambino “seguito”, anche in confronto ai cosid-
detti programmi ministeriali… che sono invece solo formalmente portati a
termine da una classe ordinaria di scuola dell’obbligo.
In questo senso, Alfonso ha proposto che la discussione e il confronto con le
Istituzioni sullo status della scuola familiare andrebbe quindi estesa o
canalizzata nel dibattito sul valore legale del titolo di stu-dio che in Italia
di fatto blocca tanti aspetti della vita scolastica – l’autonomia, la
personalizzazione dei percorsi formativi, la libertà dell’insegnamento, la
ricerca pedagogica, ecc.
La contraddizione è, come ha sottolineato Annalisa, palese: se non ci importa
nulla della scuola i-stituzionale perché dovrebbe importarci qualcosa dell’
esito dell’esame? Quindi perché preoccuparsi se l’esame di accertamento dell’
operato dei genitori che optano per la scuola familiare – secondo gli attuali
orientamenti di legge – passa dalla cadenza ciclica (alla fine del ciclo delle
elementari, alla fine dal ciclo delle medie, ecc.) alla cadenza annuale (sic!
Vedi testo della circolare ….)?
Se nostro figlio non dovesse superare l’esame noi genitori non rischiamo
nulla: né sanzioni né ri-duzioni della patria potestà. Solo il non
conseguimento del titolo di studio: l’obbligo di istruzione lo si considera
comunque assolto dalla nostra dichiarazione in cui ci assumiamo la
responsabilità dell’educazione di nostro figlio secondo la modalità, prevista
dalla legge, della scuola familiare.
A un eventuale insuccesso potrebbe eventualmente seguire, l’anno successivo,
la necessità (ma non necessariamente l’obbligo, almeno per ora!) di sottoporsi
a una “doppia verifica” (o anche solo alla semplice ripetizione di quella non
superata…) e questo in funzione delle ansie da prestazione dei genito-ri: cioè
se e solo se i genitori desiderino “tenere al passo” il proprio figlio con i
coetanei frequentanti la scuola dell’obbligo… oppure lasciarlo libero di
scegliere se e quando superare le prove corrispondenti ai diversi gradi di
svolgimento dei famosi programmi ministeriali…
Bisogna tuttavia essere sempre “attivi” e vigili per evitare che nel rapporto
con le istituzioni, alcune determinate persone – cioè insegnanti, dirigenti o
“verificatori” a vario titolo – non preparate o ideologi-camente contrarie a
qualsiasi forma di deroga dai cammini istituzionalmente previsti, si
accaniscano con-tro il bambino, torturandolo psicologicamente o semplicemente
non ascoltandolo, come ha riferito Chri-stine a proposito dell’esperienza di
suo figlio Johannes.
Di fatto dall’ascolto delle esperienze portate avanti sino a oggi, è emerso
quanto sia piuttosto fre-quente che, a fronte di una formale disponibilità ad
accettare l’allievo “esterno”, molte strutture scolasti-che siano, di fatto,
totalmente non attrezzate a gestirlo, sia in termini relazionali sia in termini
generica-mente culturali, per cui non sono infrequenti, purtroppo, i casi di
comportamenti che ancorché illeciti – esami a porte chiuse, accanimento su
argomenti o schemi logici tipicamente scolastici, svalutazione degli elaborati
autonomamente presentati a documentazione dei percorsi formativi e/o educativi
svolti – sono gravemente lesivi della dignità del bambino.
Da qui la necessità, sottolineata da Chiara, di tenere strettamente unito e
in contatto continuo il gruppo degli operatori della scelta della scuola
familiare, anche attraverso incontri come questo de La Casotta, sia per
proteggere i bambini da comportamenti vessatori sia per movimentare la
discussione a li-vello sempre più pervasivo degli apparati istituzionali.
Silvia ritiene che sia il caso di “affrontare l’esame” quando ci si sente
pronti a mettersi in discussio-ne: l’esame potrebbe essere uno dei tanti modi
per evitare il rischio di mettere i propri figli “sotto una campana di vetro”,
per favorire il confronto, per affermare “questo è il modo di vivere nostro”,
presen-tarlo ai bambini come una presentazione verso l’esterno, cercando di
essere “elastici” nell’accoglierne l’esito…
A molti sembra necessario preservare il concetto di “educazione” rispetto a
quello di “esperienza”: chi fa scuola familiare non vuole solo ridurre tutto
alle esperienze del quotidiano vuole anche trasmettere una cultura, una delle
forme di cultura di cui la scuola pubblica non garantisce “più” la trasmissione
– sapere contadino, artigiano, religioso-spirituale, magico, sentimentale,
emozionale – nonché un diverso rapporto adulto-bambino basato sul rispetto
reciproco, su un reale rispetto ascolto bilaterale e mutua-mente vantaggioso.
Molto interesse ha suscitato l’esperienza di Loredana che ha iscritto la
figlia ad una scuola “norma-le” con l’obbligo di frequentarla solo una
settimana al mese, con grande elasticità di valutazione e di atte-stazione da
parte dell’istituzione in merito alla effettiva frequenza e al lavoro svolto
autonomamente dalla famiglia durante le settimane di scuola “familiare”. Anche
se si tratta di una scuola particolarmente “attrezzata” – ha “gestito” i
bambini degli Elfi per circa un ventennio, con diverse modalità e secondo
diversi “accordi” – il modello proposto è sembrato a molti “esportabile” almeno
presso le scuole presen-ti in piccoli centri con problemi di numero di
iscritti.
Anche l’esperienza di Jacqueline ha suscitato notevole interesse: la sua
famiglia ha due bambine iscritte alla scuola ordinaria, che frequentano
regolarmente, mentre al pomeriggio, alla sera o durante le festività e le
vacanze, svolgono attività creative o esperienze lavorative con i genitori,
portate avanti sen-za imposizioni con il criterio della libera scelta da parte
del bambino e dell’educazione fra pari adulto-bambino (o qualunque altro purché
non ripeta lo schema duale maestro-allievo già sperimentato a scuo-la). Inoltre
le bambine com-partecipano alle esperienze relazionali degli adulti che le
selezionano in base a vari criteri di opportunità, ricreatività, piacevolezza…
Ascoltando le esperienze dalla voce dei bambini viene fuori che la scuola non
piace perché “bisogna alzarsi presto”, perché i bimbi della scuola sono
ostili, ti prendono in giro o fanno cose inutili e ripetitive. Ma è da
apprezzare perché se non la frequenti rischi di avere pochi amici. E se ti
prendono in giro puoi sempre fartelo entrare da un parte e uscire da quell’
altra… le loro opinioni sembrano dunque con-fermare che gli aspetti più
“difficili” della scuola ordinaria sono la rigidezza dell’organizzazione – che
non può tenere conto delle esigenze o dei desideri dei singoli bambini – e le
dinamiche relazionali impo-ste dalla stessa organizzazione a gruppi di bambini
che non si scelgono in base a reciproche affinità o in-teressi ma si trovano
obbligati a stare lì tutti insieme.
Dall’ascolto delle esperienze, anche indirette, si è maturato il
convincimento unanime che sia ne-cessario confrontare gli stili di vita che
pratichiamo per capire come avviare pratiche di mutuo sostegno, oltre che di
comprensione/conoscenza.
Non a caso si è accesa una discussione sulla definizione “terminologica” di
Scuola familiare, chie-dendosi perché familiare (in opposizione a
pubblica/sociale)? C’è qualcuno che la chiama parentale (che potrebbe essere
solo una cattiva traduzione dall’inglese…) o addirittura paterna (in
opposizione a materna, viene da supporre…). Claudio ha proposto il termine
apprendimento continuo, altri hanno sottolineato il va-lore di parole come
conoscenza, autonomia ed educazione che sarebbe comunque il caso di mettere in
evidenza.
Ciò che è apparso evidente, è che a tutti sta stretta essenzialmente la
nozione di scuola, che evoca comunque l’idea di un sistema, più che quella di
un processo… mentre ciò di cui si è andati discutendo è appunto questo: un
processo. Che coinvolga persone, genitori e bambini, piccoli gruppi o intere
comu-nità. Che sia di apprendimento o di educazione – che, come ricorda
Annalisa, viene dal latino ex ducere che vuol dire guidare, portare fuori –
poco importa. Che sia una costellazione di esperienze e di nozioni sembra quasi
scontato e forse inevitabile. Ma che sia un processo, una pratica comune messa
in atto da tutti i partecipanti, dove nessuno è soggetto passivo di nessun
altro, dove le decisioni sono condivise e le scelte comuni, e non un sistema
dato una volta e per tutti. Alfonso ha proposto una “metafora idrauli-ca”: l’
educazione è il sistema (qualunque sistema) per travasare la cultura-liquido
dal recipiente collettivo istituzionale al recipiente cerebrale individuale.
Tutto sta nel capire chi manovra il rubinetto!

Terra Preta, l’oro nero della Terra

di Nicola http://ortodicarta.wordpress.com

IL suolo più fertile del mondo, si troverebbe in una piccola area nel bel mezzo
dell’Amazzonia. E’ il frutto del lavoro compiuto una quindicina di secoli fa dalle popolazioni
locali, che mescolavano al terreno i resti di ossa animali e corteccia d’albero carbonizzate.
In portoghese si chiama Terra preta do índio.
Il carbone (o per meglio dire biochar) derivato da biomassa bruciata ha un enorme potere
nel rendere più fertile la terra, più di quanto facciano composti chimici, o concimi animali.
Inoltre, questa tecnica migliora la capacità del suolo di immagazzinare carbonio, e
potrebbe quindi rivelarsi un utile strumento nella guerra contro il riscaldamento globale.

Il biochar, è inerte, e dunque resiste all’azione dei microbi del sottosuolo; è molto poroso,
e perciò riesce a trattenere l’acqua; è neutro o alcalino e quindi riduce l’acidità del terreno;
è un buon isolante che può ridurre la temperatura media del suolo in climi caldi ed è
capace di catturare minerali come il calcio, il potassio, il magnesio e il fosforo.
In termini di fertilità e produttività, migliorerà la qualità del suolo. Ha un effetto a lungo
termine. Dopo che lo aggiungi una volta resterà per centinaia di anni.

La produzione del biochar non è particolarmente problematica: si tratta di un processo


chiamato pirolisi, che prevede la combustione di materiale organico in assenza di
ossigeno

Quando coltiviamo con il biochar stiamo, a tutti gli effetti, cercando di seguire le orme degli
antichi creatori della Terra Preta. Non sappiamo ancora esattamente come funzionasse il
processo, così come non sappiamo esattamente come e se sia trasferibile dal suo luogo di
origine. Siamo lasciati soli a decifrare i segreti della Terra Preta sperimentando nei nostri
orti e giardini e comparando le nostre esperienze.
1) Cos’è il biochar?
Il biochar è fondamentalmente carbone prodotto attraverso un processo di pirolisi a bassa
temperatura. La pirolisi ad alte temperature è quella che genera il carbone classico a cui
siamo abituati. Idealmente il biochar viene prodotto in modo tale da preservare la massima
ritenzione di bio-oli condensati. Quando utilizzato in maniera generica, il termine biochar,
si riferisce semplicemente al carbone prodotto da una qualsiasi biomassa di scarto, senza
considerare se abbia o meno una componente di bio-oli condensati. A questo livello il
biochar è semplicemente carbone utilizzato con finalità agricole.

2) Quali sono i benefici dell’utilizzo del biochar nel giardinaggio?


• Addizionando biochar si ottengono i seguenti benefici:
• Stimolazione della crescita delle piante
• Riduzione delle emissioni di metano
• Riduzione emissioni protossido di azoto (circa 50%)
• Riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti (circa 10%)
• Riduzione dilavamento nutrienti
• Sequestro del carbonio in un deposito sotterraneo stabile e a lungo termine
• Abbassamento dell’acidità del suolo
• Riduzione dell’inquinamento da alluminio
• Innalzamento del numero e qualità degli aggregati nel suolo grazie all’aumento delle ife
fungali
• Miglioramento della capacità di ritenzione idrica del terreno
• Aumento di Ca, Mg, P e K disponibili nel terreno
• Aumento della respirazione microbica del terreno
• Aumento della massa microbica
• Stimolazione dell’azione di fissaggio dell’azoto da parte dei legumi
• Maggior estensione delle micorrize
• Maggiore capacità di scambio di cationi

3) Quanto biochar devo utilizzare per ottenere questi risultati?


Questo è ancora oggetto di studio. Sicuramente i risultati saranno maggiori con maggiori
quantità. Se può soddisfarvi una stima di massima, azzarderemmo che un rapporto di 5 kg
a m2 (1 lb/ft2) dovrebbe essere sufficiente ad ottenere i benefici nella maggior parte dei
giardini. In ogni caso si possono già riscontrare notevoli benefici legati alla struttura
biologica del suolo con rapporti ben inferiori a 1Kg/m2. Questa FAQ include informazioni
per l’uso di piccole quantità di biochar nell’orto e nel giardino ottenendo i migliori risultati.

4)Quanto occorre perché I benefici siano visibili? E quanto sono durevoli nel tempo?
Alcuni effetti, come l’abbassamento dell’acidità del suolo, sono immediati. Altri sono legati
alla biologia del suolo e possono necessitare di tempi più lunghi. L’aumentata capacità di
scambio dei cationi può richiedere diversi anni per svilupparsi completamente. La buona
notizia è che questi effetti durano molto a lungo. Gli effetti del biochar nella Terra Preta
sono durati millenni.

5) Che relazione c’e tra biochar, carbone agricolo e Terra Preta?


Il carbone agricolo è un altro nome per definire il biochar. Questo era la materia prima per
la creazione della Terra Preta dos Indios così come per crearne la controparte moderna,
Terra Preta Nova. La Terra Preta originale fu creata da una miscela di carbone, cocci di
argilla e vario materiale organico. Questo, unito alle caratteristiche microbiche di quei
terreni, risultò in un terreno ad altissima fertilità reputato in grado di autorigenerarsi. Gli
effetti del biochar nella Terra Preta de Indio si sono sviluppati e protratti per millenni.
Inizialmente, gli studi, indicano la non possibilità di ottenere immediatamente gli efftti
completi della Terra Preta, ma, in ogni caso, effetti persistenti parziali sono già stati
riscontrati in studi a lungo termine. Il livello di dipendenza diretta legata alle specificità del
suolo amazzonico non sono ancora note. In qualche modo questo è ciò che voi,
giardinieri-ortolani, dovrete riuscire a scoprire. E’ probabile che i reali effetti del biochar
siano riscontrabili dai vostri nipoti ma non da voi.

6) Cos’è la pirolisi?
La pirolisi è la scomposizione chimica di materiale organico per mezzo del calore in
assenza di ossigeno. Questo processo crea gas (chiamati syngas), catramine e ceneri. Il
risultato è una combinazione di carbone, condensato di bio-oli, catrame e cenere.

7) Cosa si considera come “bassa temperatura” nella produzione del biochar?


Il punto più basso della scala di valori teorica è di 120°, la temperatura più bassa a cui il
legno carbonizza, (Riferimento) e quindi del processo di pirolisi. Un limite inferiore della
scala più pratico è quello di prendere a valore la temperatura di combustione guidata del
legno, normalmente 350° (Riferimento). Il punto massimo teorico, che separa il biochar dal
carbone tradizionale, dipende dal processo di produzione utilizzato e dal materiale
combustibile utilizzato, ma viene generalmente indicato con 600°. Queste indicazioni sono
comunque rilevanti nel caso di carbone ottenuto da legna ma non valgono nel caso del
bamboo o di altre biomasse ad lto contenuto di cellulosa. Il carbone di legna ha, al suo
interno, uno strato di bio-oli condensati la cui funzione è identica a quella del glucosio per
la crescita della fauna microbica. (Riferimento – pdf). Il carbone prodotto ad alte
temperature perde questo strato e di conseguenza non è in grado di promuovere la fertilità
del suolo. (Fonte)

8) Posso sostituire con altre forme di carbone il biochar?


Assolutamente. Sebbene gli oli presenti nel biochar giochino un ruolo fondamentale per la
fertilità del suolo è stato dimostrato che anche il carbone privo di questi oli da eccellenti
risultati. In generale viene comunque consigliato di evitare i pellets di carbone industriale
poiché i leganti utilizzati per la sua produzione possono apportare elementi indesiderabili
al terreno. Sebbene alcuni leganti vengano segnalati come innoqui. Vedi 5.08 per avere
informazioni su come ricevere del carbone di pula di riso standard per condurre le proprie
analisi casalinghe in vaso e compararle con quelle di altri.

9) Il carbone si disgrega nel terreno?


Il carbone è altamente stabile, i microbi sono in grado di decomporlo e disgregarlo ma
molto lentamente.
(maggiori info.)

10) Come posso unirmi alla comunità di discussione sulla Terra Preta
1. Bioenergy lists: Terra Preta: the intentional use of charcoal in soils.
2. Bioenergy lists: Terrapreta — Discussion of terra preta, the intentional placement of
charcoal in soil.
3. Hypography Science Forums: Terra Preta

11) Come faccio ad ottenere il biochar?


Potete acquistare il carbone da ditte produttrici specializzate, le quali sono in grado di
fornire un’ampia gamma di prodotti per ammendare i terreni. O potete autoprodurlo. Con
l’esperienza si può arrivare ad ottenere del biochar con la giusta capacità di ritenzione che
dia i benefici attesi.
12) Cosa posso coltivare per produrre il mio carbone?
In Inghilterra, il carbone disponibile in commercio viene prodotto dalle “potature” come
viene fatto da circa 2000 anni. Questo è considerabile un sistema ecologicamente valido e
può contribuire alla preservazione ed alla salute delle foreste Inglesi.

13) Posso bruciare ossa per fare il carbone da utilizzare in giardino?


Si. Pare che il carbone di ossa, con quello prodotto da altri tipi di scarti alimentari, fosse
una delle componenti della Terra Preta.

14) Come posso fare il mio carbone?


In generale le carbonaie più diffuse al mondo sono quelle dette a buca coperta (Esempio)
o pila coperta (fornace di terra), i piccoli orticultori preferiranno però iniziare con sistemi più
semplici e su scala ridotta. La pirolisi casalinga non è un processo particolarmente
complesso ed il sistema del fusto di metallo può essere una buona base di partenza. La
variazione più popolare è quella a fondo ventilato. (Esempio) Con un minimo di capacità
manuali e gli attrezzi giusti si può arrivare, partendo da un fusto di metallo, a costruirsi la
propria fornace ad alta resa (Esempio)

Se abitate in una zona dove è illegale produrre fumi dovrete fare molta attenzione a cosa
utilizzerete come combustibile. Non importa quale tecnica utilizzerete per produrre il
carbone ma scegliere materiale legnoso, asciutto e di dimensione uniforme da garanzie di
una buona produzione. L’uniformità è una delle ragioni per cui i carbonai usano sempre
durame precedentemente tagliato.

Se volete utilizzare il calore generato per cucinare prendete in considerazione la cucina a


biochar di Robert Flanagan. (Esempio1) (Video) o il sistema a due fusti di Folke Gunther. Il
fusto interno, nel sistema di Folke, agisce come ritorto, limitando l’accesso di aria al
combustibile per la durata del processo. Una fonte di calore esterna pirolizza il contenuto
del ritorto il quale, attraverso una serie di piccoli fori, permette la fuoriuscita dei gas ma
limita l’accesso di ossigeno. Il sistema ritorto è sicuramente quello che permette una
maggiore efficienza.
15) Quali sono i sistemi per avvicinarsi a grandi produzioni di carbone per il giardinaggio?
Un grande fusto ritorto.[
Utilizzate un fusto con un coperchio con una buona tenuta. Posizionatelo su un supporto
appoggiato a terra e praticate dei fori sul fondo in modo da sfruttare l’effetto “ritorto” dei
gas volatili infiammabili. Un’alternativa più elaborata è quella di collocare un tubo perforato
che dalla sommità del fusto porti i gas verso la parte inferiore, nel braciere. Scegliendo
accuratamente la materia prima con questo sistema, che rimette in circolo i fumi attraverso
la “ritorsione” dei gas, non solo da un’ottima resa in termini di produzione ma abbatte
drasticamente l’emissione di fumi

Fornace da acido piroleico (wood vinegar) [da implementare] Non sono sicuro che in
questo caso si possa ridurre l’intensità dei fumi, ma lo spero.

16) Come posso ottenere del carbone che abbia le caratteristiche strutturali e chimiche del
biochar?
La struttura è caratterizzata principalmente dalla materia prima. Il durame è attualmente il
preferito da questo punto di vista ma gli studi in questo campo sono ancora mobili. La
chimica è più definita. Il processo di carbonizzazione deve essere tenuto sotto controllo
per assicurare la ritenzione dei condensati. Gli strumenti per ottenere questo su scala
domestica sono limitati ma fortunatamente molto semplici. In tutti i casi si tratta di limitare
l’accesso di aria nella camera per ridurre la combustione con fiamma e per mantenere una
temperatura di pirolisi il più bassa possibile così da non consumare e disperdere tutti gli
elementi volatili ed il catrame. Sicuramente, tollerare la produzione di fumi, segno di una
scarsa combustione, può voler dire aumentare la ritenzione degli elementi volatili. Così
come il soffocare la combustione prima che si tarsformi da combustione di gas di legna in
combustione di gas di carbone può essere efficace. Questo può tradursi in una produzione
mista di carbone “nero” e carbone “marrone”, entrambi comunque ottimi per il giardino.

17) Quanto carbone posso pensare di riuscire a produrre?


Su una base strettamente di peso ed energia, intorno al 20% con una fornace a bruciatore
superiore (TLUD Top Lit Updraft) con una bassa velocità superficiale e 60% con una a
fuoco ritorto in condizioni ideali. 40% è un obbiettivo ragionevole. [Necessità di Fonte]

18) Quali materiali refrattari posso usare per realizzare una fornace? Una fornace a
fiamma ritorta?
E’ possibile ricoprire il bidone con argilla, sassi, sabbia ecc.

19) Quali gas vengono prodotti durante l pirolisi?


I principali gas combustibile sono il monossido di carbonio e l’idrogeno, con una piccola
percentuale di metano. In casi di alta percentuale di umidità nel combustibile, si produce
anche anidride carbonica.

20) Quanto calore viene prodotto durante la pirolisi?


La pirolisi, di per sé, è un processo endotermico, ossia, richiede una fonte di calore
esterna. Il potere calorifero dei gas prodotti è di 5.000 – 5.900 kJ/m3. Nonostante sia di
molto inferiore comparato ai valori del gas naturale, da 33.320 a 42.000 kJ/ m3, ha
comunque una sua ragione d’essere.

21) Il carbone è meglio come combustibile che come ammendante del terreno?
Può essere. Il suo valore come ammendante è sicuramente più alto quando viene usato in
piccole dosi come inoculante, o come appoggio a concimazioni. Ha anche una grande
utilità nelle coltivazioni che richiedano forti concimazioni. 22) Il carbone a più valore come
combustibile che come compensazione dei gas serra?
Forse si. Forse no.

23) Cosa faccio con il carbone dopo averlo prodotto?


Potete usarlo così com’è, appena fatto soprattutto se in piccole dosi. Per applicazioni più
importanti le scelte possono essere di spezzarlo, setacciarlo, inzupparlo, aggiungervi
materiale secco, compostarlo.

24) Perché dovrei trattare il biochar invece di utilizzarlo così com’è?


Ci sono molti motivi percui convenga farlo

25) Di che dimensioni dovrebbe essere il biochar e in che modo Si può spezzare o
setacciare il biochar?
[Per spezzarlo io mi affido a mortaio e pestello: un bastone di 5 cm di diametro e un
contenitore da circa 20 litri appoggiato su un foglio di compensato.
Per setacciare e dividere il biochar probabilmente è più utile un piano inclinato(Rete per
letto) di uno orizzontale soprattutto per grandi quantità.

26) Come posso rendere il biochar più facile da spezzare?


Bagnarlo ed asciugarlo sembra aiutare. Spezzarlo leggermente inumidito aiuta a
controllare l’inevitabile polvere.

27) Oltre all’acqua con cosa posso inzuppare il biochar?


Compost tea, MiracleGro, emulsione di farina di pesce, urea, altra urea…

.
28) Posso aggiungere il biochar al compost?
Si. Questo permette di intridere il biochar di sostanze biologiche e umiche. In più, grazie
alla proprietà di assorbire gli odori, consiglio di metterne una manciata ad ogni aggiunta di
scarti nel secchiello dell’organico vicino alla cucina.

29) Il biochar modifica il processo di compostaggio?


Osservazioni estemporanee indicano che l’aggiunta di biochar fresco finemente macinato
può accelerare il processo di compostaggio.

30) Il biochar può danneggiare i lombrichi nel mio compost?


E’ stato osservato che se la percentuale di biochar rimane inferiore la 50% non vi sono
problemi, con percentuali maggiori l’attività dei lombrichi può risultare ridotta.

31) Posso usare il biochar nella Compost Toilet?


Si. Qui, il potere di assorbire gli odori, è nuovamente fondamentale.

32) Come applico il biochar e qual è il dosaggio limite di applicazione per ottenere effetti
dal biochar?
Dai dati ad oggi disponibili sembra che i coltivi rispondano positivamente ad applicazioni di
almeno 50 Mg C ha-1, sempre che si applichi una sufficiente concimazione per impedire
che il carbone induca uno stallo (vedi 5.04). Questa misurazione equivale a 5Kg/m2 (1
lb/sf) ed è attivo con una dispersione del carbone a 5 cm (2 in) di profondità. (i calcoli). I
coltivi possono presentare segni di riduzione dello sviluppo con applicazioni superiori.
Secondo gli studi fino ad oggi eseguiti, non si è presentata riduzione della crescita per la
maggior parte delle specie vegetali e condizioni del suolo anche con applicazioni di 140
Mg C ha-1.

33) Come viene utilizzato generalmente il biochar?


[Normalmente viene mescolato come quando si preparano i letti aggiungendo compost o
altro materiale organico,]
44) Qual è il dosaggio normale di applicazione del biochar?
Questo non è ancora stato precisamento definito.

45) Ci sono dei benefici ad utilizzare il biochar come pacciamatura?


[Miglior ritenzione dell’azoto e degli elementi azotati, riduzione delle emissioni di metano e
protossido. Riscaldamento dei letti in primavera]

46) L’aggiunta di biochar può causare uno stallo nella crescita?


Nel caso di terreni poveri di azoto, l’aggiunta del biochar può effettivamente causare uno
stallo nei processi di crescita. Eventualità comunque relativamente rara in situazioni di
orto/giardino dove si può disporre di concimi quali compost, letame, scarti di cucina. Una
testimonianza

La combinazione data dall’inserimento di biochar ricco di C/N e sacche abiotiche di N


minerale può, in alcune situazioni, portare ad una riduzione dell’azoto disponibile per le
piante (Lehmann and Rondon 2005). Esperimenti condotti nel nord della Svezia, in ogni
caso, hanno mostrato un aumento della nitrificazione e diminuzione dell’ammonizzazione
in seguito all’aggiunta di C attivo in una foresta di abeti (Berglund et al. 2004). Sembra che
gli effetti del biochar sull’azoto (N) presente nel suolo non siano ancora stati
completamente compresi. Studi in serra condotti in Columbia hanno dimostrato che le
leguminose sono in grado di compensare la carenza di N attraverso l’aumento di N2
fissato biologicamente, processo stimolato dalla presenza di biochar (Rondon et al. 2004).
Le non leguminose, in ogni caso, potrebbero necessitare di concimazioni azotate per
compensare l’immobilizzazione. Come effetto indesiderato si può avere, di conseguenza,
una maggiore necessità di composti azotati la cui produzione a costi energetici molto
elevati (West and Marland 2002)

47) Cosa si può fare per prevenire lo stallo?

Si possono adottare tre possibili soluzioni singolarmente o abbinate: (i)il biochar viene
applicato esclusivamente alle leguminose fintanto che non si sia fissato sufficiente azoto
da permettere una situazione economicamente soddisfacente per la coltivazione di non-
leguminose senza la necessità di aumentare l’applicazione di composti azotati; (ii) il
biochar viene caricato di N attraverso una fase di compostaggio o attraverso un processo
di produzione di energia (Lee and Li 2003); il biochar viene applicato in dosi controllate
che permettano la sedimentazione di N e ottimizzi la produttività delle piante.

48)Il biochar influisce sull’ecologia del suolo?


La struttura stessa del carbone fornisce rifugio per molti organismi benefici dai minuscoli
batteri ai grossi lombrichi.
Il carbone è in grado di accrescere l’attività delle micorrize. Questo fattore non sembra
essere influenzato dalla temperatura di produzione del carbone.

In Giappone vi è una lunga tradizione dell’uso del carbone come ammendante. Afferma
Nishio (1996): “l’idea che l’applicazione di carbone nel terreno possa stimolare le micorrize
arbuscolari locali nel suolo e quindi promuovere lo sviluppo delle piante è cosa
relativamente nota in Giappone, sebbene questa pratica sia limitata dagli alti costi”. La
stretta relazione tra il carbone e le micorrize è probabilmente importante nella
realizzazione del potenziale del carbone di accrescere la fertilità del suolo. Nishio (1996)
riporta l’inefficacia del carbone nello stimolare la crescita di alfalfa in terreno sterilizzato,
ma la crescita aveva un aumento di un fattore di 1.7-1.8 quando alla coltivazione veniva
aggiunto terreno non sterilizzato contenente micorrize locali. Warnock et al (2007)
suggerisce quattro possibili meccanismi attraverso cui il biochar potrebbe influenzare
l’abbondanza di funghi micorrizici. In ordine decrescente di prove scientifiche disponibili
sono: “alterazione delle caratteristiche fisico-chimiche del suolo; effetti indiretti sulle
micorrize attraverso l’azione su altri microbi presenti nel suolo; detossificazione dei
componenti allelochimici nel biochar ed interferenze nelle segnalazioni pianta-fungo
nonché rifugio dai predatori.

Il carbone di legna prodotto a basse temperature (più che lo sfalcio o legni ad alto
contenuto di cellulosa) possiede uno strato interno di bio-oli condensati disponibili ai
microbi per cibarsene, l’effeto di questi bio-oli è identico al glucosio per lo sviluppo
microbico (Christopher Steiner, EACU 2004)

Steiner et al [2008] ha osservato che la respirazione basale (RB), la massa microbica, la


popolazione e l’efficienza dei microbi (espressa dal quoziente metabolico) cresce in
maniera costante e significativa con l’aumento delle concentrazioni di carbone (50, 100 e
150g Kg-1 soil). L’applicazione della condensazione dei fumi (acido piroligneo, AP)
provoca un netto aumento della respirazione indotta del substrato (RIS), delle
caratteristiche precedentemente menzionate ed un’aumento esponenziale delle
popolazioni. Supponiamo che il condensato dei fumi contenga sostanze facilmente
degradabili, utilizzabili dal metabolismo dei microbi, e solo una minima parte di agenti
inibitori.

La formazione di aggregati viene promossa:

La presenza nel suolo di biochar promuove attivamente la formazione di aggregati


attraverso la stimolazione delle ife dei funghi. Il biochar è in grado di fornire habitat per le
ife esomicorriziche, la sporulazione avviene nelle microporosità grazie alla minor
competizione dei saprofiti (Saito and Marumoto. 2002)

49) Quale tasso di crescita ci si può attendere?


Ci si può attendere che il peso totale del raccolto sia, nella maggior parte dei casi,
visibilmente maggiore con una combinazione di carbone-concime che non con la sola
concimazione. In alcuni casi i risultati ottenuti sono notevoli. Steiner (2007) ha riportato un
raddoppio nella produzione di granoturco in coltivi trattati a carbone+concimazione rispetto
a quelli trattati solo a con concimazione. I raccolti sono diminuiti nell’arco di quattro cicli di
coltivazione, anche se la riduzione è stata minore nei casi di applicazione di carbone. Le
concentrazioni di P, K, Ca, Mg sono rimaste significativamente elevate nei terreni trattati
con carbone nonostante il sequestro operato dalle coltivazioni. Considerando che le
sperimentazioni sono state effettuate in poche località, non dovrebbe essere una sorpresa
scoprire che i effetti attesi possano risultare leggermente inferiori a questa previsione.

I dati sugli effetti del carbone sulle coltivazioni sono ancora ridotti – solo un limitato
numero di cultivar su una limitata tipologia di terreni sono stati investigati. Le iterazioni tra
cultivar, tipologia di suolo, condizioni locali, metodo di produzione, di applicazione e
percentuale d’uso del biochar devono essere ancora studiate in dettaglio prima che il
biochar possa essere contemplato come ammendante nella coltivazione su larga scala. In
ogni caso ci sono chiare prove che l’aggiunta di carbone per determinate cultivar e
determinate tipologie di suolo può avere effetti benefici.

50) Esistono sistemi attraverso cui si possa condurre le proprie sperimentazioni in modo
che possano essere utili anche per altri?
Certamente: CharDB, il database internazionale open-source delle sperimentazioni con
biochar.
Ora puoi registrare le tue esperienze di concimazione con biochar in un formato
omologato “CharML” che dovrebbe facilitare la comparazione dei dati inseriti. Questo, si
spera, dovrebbe condurre a nuove ed interessanti conclusioni ed ad una conoscenza più
approfondita del fantastico mondo del biochar!”

51) In che misura il biochar limita la produzione d’azoto?


Lo studioso del suolo Lucas Van Zweiten ha osservato una notevole riduzione delle
emissioni di protossido d’azoto in una situazione agricola in cui ha utilizzato il biochar di
cui disponeva. Generalmente terreni con alti livelli di nitarti, una robusta struttura organica
e sufficente umidità hanno livelli molto alti di produzione di protossido, di conseguenza i
benefici osservati da Van Zweiten sono probabilmente maggiori. In ogni caso,
Gli effetti del biochar sulle emissioni di protossido d’azoto sono un fattore ampiamente
sconosciuto. Nonostante sia probabile la riduzione dell’emissione diretta di N2O e quella
indiretta, attraverso la riduzione di dispersione di nitrati, nessuna di queste possibilità è
stata adeguatamente dimostrata su un’ampia gamma di terreni e cultivar diversi.

Grazie a: Ortodicarta e Philip Small

Per vedere l’articolo Terra Preta e accedere a tutti i link:


http://avambardo.atwiki.com/page/Terra%20Preta

Prossimo incontro del C.I.R.


alla Greta, nella valle dell’Acquacheta
il 29 – 30 – 31 Maggio 2009

La strada non è semplicissima e c’è parecchio


sterrato da fare, se non siete sicuri della macchina
parcheggiate nei pressi della sbarra arancione e
proseguite a piedi per circa un’ora, troverete
segnali.
Se avete dubbi… chiamateci.
Podere La Greta, 50060 S. Godendo (FI)
Tel 3478801251
Portare piatto, bicchiere, posate, sacco a
pelo, tenda, cibi biologici e …chi più ne ha,
più ne metta!

La mappa per arrivare all’incontro

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