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Law and Ethics of War and Peace

JUST WAR THEORY AND HUMANITARIAN INTERVENTION FROM KOSOVO TO LIBYA

DOCENTE: Matthew Evangelista STUDENTESSA: Valenzuela Rodriguez Bettsy

MASTER IN ECONOMIA E POLITICHE INTERNAZIONALI 2012 -2013

LAW ANS ETHICS OF WAR AND PEACE JUST WAR THEORY AND HUMANITARIAN INTERVENTION FROM KOSOVO TO LIBYA Ci che si nasconde dietro limmagine di benevolenza creata dal intervento umanitario

ASERI

Il grosso dilemma, al quale viene a mancare una risposta univoca nelle relazioni internazionali, riguarda il dovere/ diritto dintervenire in uno stato per fermare gravi violazioni dei diritti umani che avvengono al suo interno. Intervento umanitario non una problematica recente, infatti la questione stata affrontata sin dal diritto internazionale classico : SantAgostino e San Tomasso dAquina avevano affrontato la idea della moralit nella guerra ius ad bellum e ius in bello1.

Il dibattito tra Idealisti e realisti riguarda la trasparenza del intervento umanitario, che come evidenziano i diversi studi fatti su glinterventi umanitari effettuati nei corsi deglanni, essi nascondono dietro deglinteressi strategici di natura politica o economica, allontanandosi dal semplice intervento umanitario. Il problema che si pone in questi casi quando e come fare ricorso uso della forza , cio di giustificarlo. In effetti, luso indesiderabile della forza pu in alcuni casi essere necessario, riprendendo la tradizionale idea della guerra giusta. La nozione dintervento umanitario si fonda sul diritto internazionale e diritto consuetudinario del rispetto dei diritti naturali dei uomo, in altre parole essa sispira sia allaspetto giuridico che allaspetto etico rispettivamente. Il primo riguarda i diritti e doveri (dovere di aiutare le persone in difficolt); mentre il secondo riguarda la esistenza di una motivazione etica del intervento, la quale risulta difficile in situazioni meno chiare e molto pi ambigue sia politicamente sia moralmente. Un bilancio tra questioni morali e politiche risulta imprescindibile, nonch una particolare attenzione alle motivazioni e le conseguenze del uso della forza.

La Carta delle Nazioni Unite si sono espresse al riguardo con larticolo 2 (7) il quale sembra escludere la possibilit dingerenza nella giurisdizione interna (domestic jurisdiction) di uno stato, ma con uneccezione: il caso in cui il Consiglio di sicurezza definisca una determinata situazione minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. Questa nozione si rafforza dal fatto che in molte circostanze il principio di sovranit rischia di trasformarsi in sovranismo : il cittadino mio e me lo gestisco io. un corollario che solo i regimi pi sfacciatamente repressivi e totalitari rivendicano esplicitamente 2. La sovranit degli stati un principio fondamentale delle relazioni internazionali, ma essa non pu giustificare la violazione di fondamentali diritti umani riconosciuti dalla comunit internazionale su base sia pattizia che consuetudinaria. Inoltre il rispetto della sovranit degli Stati, problema del tutto secondario rispetto al dovere di tutelare i diritti dell'uomo facendone valere l'universalit anche con l'uso della forza se necessario. Tuttavia all'universalit dei diritti umani non pu corrispondere l'universalit degli interventi armati necessari per tutelarli.3 Eliminato un sovranismo retrogrado e ormai poco realista, dovremmo riconoscere come legittimo, anzi doveroso, un attivo impulso umanitario transnazionale, di per s giustificato sia moralmente 4 (perch la nostra solidariet umana non pu fermarsi alle frontiere del nostro stato-nazione) sia dalla inevitabile interconnessione di fenomeni e conseguenze che tipica della globalizzazione (il genocidio in Rwanda ha innescato una lunga guerra regionale in Congo; i disordini interni e la repressione in
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MONA FIXDAL DAN SMITH: Humanitarian Intervention and Just War ROBERTO TOSCANO: Lintervento umanitario fra diritto e dovere,fra etica e realismo

M. IGNATIEFF:, Human Rights as Politics and Idolatry, Princeton University Press, 2001, pp. 37-48. La morale che si fonda nella accetazione universale del diritto consuetudinario e nella esistenza del diritto naturale del uomo.

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Nord Africa producono flussi migratori difficilmente controllabili). Purtroppo, attualmente i soggetti attivi dellintervento umanitario, Stati Uniti ed Europa, decidono talvolta dintervenire solo in specifici casi ed in altri no a seconda dei suoi particolari interessi nascosti. Oggigiorno non c un criterio univoco accettato dalla societ internazionale che giustifichi lobbligo e dovere dintervento a fini esclusivamente umanitari.

Letica della responsabilit essenzialmente una questione di rapporto fra fini e mezzi ma comporta anche dei limiti. In questo senso il concetto di guerra giusta unelaborazione etico -giuridica che ha lontane radici romane ed stata sviluppata nella dottrina della Chiesa cattolica. Nel mondo contemporaneo risultano ancora validi i concetti tradizionali della Guerra giusta, la quale dovrebbe rispettare dei criteri per essere considerata tale: Legittima autorit, che ha il dovere di ricorrere al uso della forza, deve giustificare la decisione di intervenire in uno stato sovrano o negli stati falliti dove si verifichino gravi violazioni dei diritti umani. In questa ottica risulta necessario trovare un bilancio tra i diritti umani e diritti degli stati entrambi riconosciuti e fortemente radicati nel diritto internazionale, possiamo quindi affermare senza dubbio la prevalenza dei diritti dei singoli e del diritto naturale .Tuttavia bisogna che la societ internazionale legittimi la validit deglinterventi multilaterali ed evitare che interventi unilaterali possano nascondere dei self - interest.

Luso della forza deve appoggiarsi su una giusta causa, il genocidio in questo caso costituisce una giusta causa perche comporta un crimine contro lumanit e crea la responsabilit morale dintervenire, nel caso del Rwanda e Bosnia, la inazione e la neutralit non pu essere giustificata, questa visione collega laspetto etico e il diritto internazionale. Inoltre, il diritto/dovere dintervenire richiede che il risultato del intervento superi i danni collaterali che potrebbero essere occasionati. La giusta intensione, il motivo per cui si decide di attuare una giusta causa dovrebbe essere la creazione di una giusta pace, ci esclude motivi come il profitto e il potere (self - interest). In questo senso lumanitarismo deve evitare delle discrepanze tra retorica e azione, come nel caso dellintervento francese in Rwanda che sembrava pi motivato dal desiderio di giocare un ruolo centrale in Africa centrale che non da un impulso etico.

Luso della forza dovrebbe costituire lultima risorsa, quando le vie alternative per raggiungere lobiettivo sono fallite e quando ci sono delle aspettative di esito positivo, tutto questo per evitare luso sistematico della forza porti delle dannose conseguenze alle popolazioni.

Lultimo criterio quello della proporzionalit delluso della forza rispetto agli obiettivi da raggiungere, in modo tale da causare pi benefici che danni (materiali, finanziari e politico) e la convinzione che il fine possa essere raggiunto. Tutto ci basato nella prudenza e la morale anche se in una situazione complessa, quando linformazione non disponibile e quando il male da evitare soprattutto una speculazione che si allontana dalla realt difficile misurare le conseguenze positive o negative dellintervento. In sintesi, risulta fondamentale un approccio di tipo morale e giuridico, bisogna costatare lappropriatezza del ricorso aglinterventi umanitari attraverso una forte struttura internazionale capace di regolare, controllare e legittimarli. . Linconsistenza e selettivit caratterizzano lattuale sistema internazionale, perch intervenire in Bosnia e non in altri paesi? 5, evidenza la debolezza delle Nazione Unite e del sistema internazionale in generale che tuttoggi non in grado di stabilire dei
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criteri applicabili in maniera uniforme e accettati da parte di tutti gli stati in modo da evitare che la nozione di intervento umanitario rischi di essere strumentalizzato per fini economici e politici.

Le forti tensioni tra il multilateralismo, incarnato dalle Nazioni Unite, e lunilateralismo della potenza egemone, gli Stati Uniti si rispecchiano nella politica degli interventi umanitari che rischia di affermarsi al di fuori di qualsiasi riferimento normativo, compresa la Carta delle Nazioni Unite 6 e senza il consenso di questultima, come nel caso del intervento degli Stati Uniti e di alcune altre potenze in Somalia7. Altrettanto incerte e tragicamente controverse sono state per lungo tempo le prospettive di un analogo intervento "umanitario" nei territori della ex Jugoslavia dove il compito di intervenire stato assunto dalle forze della NATO,una struttura politico-militare nata per la difesa degli interessi occidentali e di fatto dominata dagli Stati Uniti. L'attivit militare della NATO nei territori della ex Jugoslavia nel corso della guerra bosniaca (1992-95) e soprattutto della guerra per il Kosovo (1999) si fatta sempre pi intrusiva e con il tacito assenso delle Nazioni Unite 8. Con il nome d'intervento umanitario si ha teso a scambiare inconsapevolmente ma sistematicamente, l'interesse particolare del mondo occidentale (europeo e nordamericano) con l'interesse generale dell'umanit. Si tratta di rivendicare in termini politici e giuridici il rispetto e l'applicazione delle norme e dei principi del diritto internazionale vigente, in particolare le norme della Carta delle Nazioni Unite e i Trattati a difesa della pace e dell'ordine internazionale e della tutela dei diritti umani. Il militarismo umanitario che tenta di introdurre nel corpo del diritto internazionale vigente nuove motivazioni che legittimino l'uso unilaterale e asimmetrico della forza militare di fatto schierato a favore degli interessi delle grandi potenze. Infatti, lampia discrezionalit ai singoli Stati in merito allintervento privano il Consiglio delle Nazioni Unite di una sua importante prerogativa, accrescendo la possibilit di abuso delluso della forza da parte degli Stati.

Le guerre civili hanno motivazioni profonde che non possono essere soffocate militarmente. A tali fini, risulta imprescindibile prevenire i conflitti e le violazione dei diritti umani prima che questi sfoccino in guerra, in primis attraverso la concertazione internazionale. Il rispetto dei diritti e la subordinazione del potere a regole democratiche sono beni delicatissimi che soltanto lo sviluppo civile, la conquista di un livello minimo di benessere economico e soprattutto l'impegno culturale e politica possono portare, anche in popolazioni culturalmente lontane dalla tradizione occidentale, a una predisposizione alla risoluzione dei conflitti in maniera pacifica.

L'intervento militare, inevitabilmente tardivo, non solo non risolve ma molto spesso aggrava le situazioni conflittuali, aggiungendo atrocit ad atrocit, sofferenze a sofferenze, come hanno mostrato, oltre al Kosovo, il caso della Somalia, dell'Afghanistan e, clamorosamente, quello dell'Iraq 9. Non ci sono dubbi che oggi sia necessaria una tutela internazionale, e non solo nazionale, dei diritti soggettivi di renderli compatibili con la diversit culturale, rispettando lidentit e integrit dei popoli nel rispetto delle strutture giuridico -politiche di cui essi si sono liberamente dotati.

Il divieto dell'uso unilaterale e preventivo della forza militare enunciato dall'art. 2 (4) della Carta delle NU. Lart. 53 della Carta. Tale disposizione stabilisce che il Consiglio di Sicurezza pu utilizzare se del caso, gli accordi o le organizzazioni regionali sotto la sua direzione e che nessuna azione coercitiva potr essere intrapresa in base ad accordi regionali o da organizzazioni regionali senza lautorizzazione del Consiglio di Sicurezza.
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motivato dalla necessit di garantire l'afflusso di soccorsi alimentari e sanitari, si rapidamente trasformato in un sanguinoso conflitto militare i cui obbiettivi si sono allontanati sempre pi dalle finalit istituzionali delle Nazioni Unite, fino a coincidere con gli interessi di alcune potenti compagnie petrolifere 8 DANILO ZOLO: Lintervento umanitario armato fra etica e diritto internazionale 9 Ibidem

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