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anno I, numero 2 luglio-dicembre 2012

ISSN 2239-5962

materiali foucaultiani
peer reviewed

DIREZIONE & REDAZIONE

Laura Cremonesi, Orazio Irrera, Daniele Lorenzini , Martina Tazzioli

COMITATO SCIENTIFICO

Philippe Artires, tienne Balibar, Jean-Franois Bert, Alain Brossat, Judith Butler, Edgardo Castro, Sandro Chignola, Pierre Dardot, Arnold I. Davidson, Mitchell Dean, Didier Fassin, Domingo Fernndez Agis, Colin Gordon, Frdric Gros, David Halperin, Jonathan X. Inda, Bruno Karsenti, Christian Laval, Olivier Le Cour Grandmaison, Boyan Manchev, Manuel Mauer, Achille Mbembe, Sandro Mezzadra, Brett Neilson, Peter Nyers, Johanna Oksala, Aihwa Ong, Michael A. Peters, Mathieu Potte-Bonneville, Jacques Rancire, Judith Revel, Michel Senellart, Jon Solomon, Vincenzo Sorrentino, William Walters, Robert J.C. Young

Si ringrazia il Comitato di lettura per leccellente lavoro svolto.

2012 mf/materiali foucaultiani www.materialifoucaultiani.org e-mail: redazione@materialifoucaultiani.org

ISSN 2239-5962
Grafica e impaginazione | Daniele Lorenzini Immagine in copertina | progettazione . Orazio Irrera realizzazione . Valeria Farinella

materiali foucaultiani
ANNO I, NUMERO 2 LUGLIO-DICEMBRE 2012

SOMMARIO
3 L. Cremonesi, O. Irrera, D. Lorenzini, M. Tazzioli Unimmagine ci teneva prigionieri

Genealogie della razza e dei razzismi


11 L. Cremonesi, O. Irrera, D. Lorenzini, M. Tazzioli Introduzione 19 Ann Laura Stoler Una lettura coloniale di Foucault. Corpi borghesi e s razziali 49 Matthieu Renault La confessione (anti)coloniale. Razza e verit nelle colonie: Fanon dopo Foucault 69 Glenda Garelli Protezione dislocata. Razzializzazioni e contro-condotte della vulnerabilit per i richiedenti asilo provenienti dalla Libia in guerra 83 John Iliopoulos Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault 107 Jonathan Xavier Inda For Blacks Only. Farmaci, genetica e politica razziale della vita

Interviste
137 Michel Foucault Il potere, i valori morali e lintellettuale. Unintervista con Michel Foucault 145 Daniel Defert Volont di verit e pratica militante in Michel Foucault

Saggi
159 Silvia Chiletti Retenons donc nos larmes. Riletture e polemiche intorno alla conferenza Che cos un autore? di Michel Foucault 179 Caterina Croce Dissidenza e stile desistenza. La prospettiva della cura tra Jan Patoka e Michel Foucault 205 Marco Malandra Michel Foucault e le immagini. Tre contributi per unarcheologia del figurativo

Unimmagine ci teneva prigionieri


di Laura Cremonesi, Orazio Irrera, Daniele Lorenzini, Martina Tazzioli

No, no, non sono dove mi cercate, ma qui da dove vi guardo ridendo. Michel Foucault Si crede di stare continuamente seguendo la natura, e in realt non si seguono che i contorni della forma attraverso cui la guardiamo. Unimmagine ci teneva prigionieri. E non potevamo venirne fuori, perch giaceva nel nostro linguaggio e questo sembrava ripetercela inesorabilmente. Ludwig Wittgenstein

Quando abbiamo provato, quasi per scherzo, a sovrapporre alcune fotografie di Michel Foucault alle immagini di una rubrica contenente i rilievi antropometrici effettuati dal criminologo francese Alphonse Bertillon, fondatore del primo laboratorio di identificazione criminale e padre dellantropometria giudiziaria, siamo stati colti da una risata improvvisa e forse rivelatrice. Alphonse Bertillon era il nipote di quellAchille Guillard che, nel 1855, in lments de statistique humaine ou Dmographie compare, coni la parola demografia, nonch il figlio di Louis-Adolphe Bertillon, anchegli demografo, statistico, medico e antropologo. Era infine il fratello di Jacques Bertillon, un medico che si occup di statistica umana, attivo esponente della propaganda natalista e autore di studi importanti sulla classificazione delle cause di morte nella Francia della seconda met del diciannovesimo secolo. Questi ultimi, il padre e il fratello di Alphonse Bertillon, furono entrambi, tra laltro, responsabili del servizio di statistica municipale di Parigi. Ma sono Alphonse e le sue perizie che ritroviamo in alcuni importanti eventi a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo: dallidentificazione cui segu larresto e la condanna a morte del noto anarchico Ravachol (1890), allacceso dibattito sulla perizia grafologica nellaffaire Dreyfus (iniziato nel 1894), ove le posizioni antisemite di Bertillon si intrecciarono con le procedure scientifiche di misurazione e comparazione, secondo un regime di veridizione che era chiamato a rendere intelligibile un presunto atto criminale al fine di poterlo poi collocare allinterno di un procedimento giudiziario. Alphonse Bertillon, in quegli stessi anni, era in contatto anche con Francis Galton, colui che impieg per la prima volta il termine eugenetica e che, in occasione di una visita al laboratorio di Bertillon, nel 1893, si sottopose personalmente alle sue misurazioni antropometriche.
materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 3-9.

4 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli Dietro la galleria di volti misurati e schedati con la tecnica del Bertillonage (cos chiamata in onore del suo inventore) appare dunque in filigrana questo significativo ritratto di famiglia e, con esso, tutta una serie di saperi e di tecnologie che miravano a oggettivare, controllare e governare gli individui e le loro condotte, considerandoli sia singolarmente sia nel loro insieme. Veniva cos portato avanti un progetto di ortopedia sociale e di normalizzazione che si appoggiava sul massiccio dispiegamento di dispositivi di sicurezza, secondo una strategia nella quale riconosciamo ancora, nonostante siano intervenute numerose e importanti riconfigurazioni, uno dei tratti caratteristici della nostra societ globalizzata. Perch la sovrapposizione delle fotografie di Foucault ai volti schedati da Bertillon ha suscitato in noi una reazione di ilarit tanto intensa? Forse perch quel continuum iconografico, cos come le tecnologie governamentali che lo avevano generato a partire dallossessione della misura, dellidentificazione e delloggettivazione propria delle scienze umane, risultavano in qualche modo interrotti e parodiati dallimmagine di chi non ha mai cessato di indicare nellarticolazione tra epistemologia e politica il luogo di emergenza di un antropologismo di cui si sarebbe potuto e si potrebbe pi felicemente fare a meno In effetti, utilizzare leffige di Foucault come doppio parodico del portrait parl di Bertillon sembra rinviare, da una parte, a una messa a distanza critica di tipo storico-epistemologico e, dallaltra, allesigenza politica di introdurre incessantemente uno scarto nel nostro modo di pensare e di agire dinanzi sia alle rinnovate strategie di identificazione e di oggettivazione che innervano il nostro presente, sia alle forme attraverso le quali concepiamo la nostra esistenza individuale e collettiva. Ma lironia iconografica di cui queste immagini sono portatrici opera forse anche in unaltra direzione. Inscrivere la sagoma di Foucault entro contorni cos ansiosamente ritagliati da una volont di verit che pretendeva di fissare scientificamente lidentit degli individui, ci ha fatto riflettere su come tutti gli studiosi che si occupano di Foucault, e noi con loro, si trovino in qualche modo intrappolati in una dinamica, senzaltro pi circoscritta, ma tutto sommato analoga. Non dobbiamo in fondo anche noi fare i conti con una serie di immagini di Foucault che sono lesito di uno sforzo di oggettivazione, di identificazione, e di cui sarebbe dunque utile studiare le regole in base alle quali si sono formate, si sono affermate e circolano pi o meno diffusamente? Quali sono le condizioni

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che permettono, oggi, a uno studioso o a un semplice lettore di Foucault di accettare, respingere o creare certe immagini e gli enunciati che le compongono? Di fronte alla proliferazione discorsiva di cui Foucault oggetto ormai da diversi decenni, non occorrerebbe forse impegnarsi in unanalisi foucaultiana del discorso su Foucault? Una simile impresa non certo agevole, n questa la sede adatta per cimentarsi con essa. Ci accontenteremo allora di svolgere alcune considerazioni preliminari su che cosa pu significare usare Foucault, o fare un uso di Foucault. Queste espressioni racchiudono implicitamente una molteplicit di strategie e di finalit interpretative che poggiano su unampia gamma di supporti e di contesti non discorsivi, talvolta istituzionali, talvolta no. Una delle forme di uso di Foucault che possibile reperire al loro interno il rapido riferimento bibliografico che non sembra incidere n sullimpianto metodologico n su quello tematico, riferimento quindi molto spesso accessorio, ma che talvolta pu suggerire accostamenti e linee di ricerca inediti e tutti da sviluppare. Altre volte, forse in modo un po improprio, ma non meno effettivo, si dice che faccia uso di Foucault chi si occupa, direttamente o indirettamente, dei suoi stessi oggetti di ricerca, senza per essere troppo condizionato dalla sua pratica metodologica. In questi casi, ci che Foucault ha detto diviene spesso un riferimento imprescindibile per la ricostruzione complessiva del discorso intorno a questo o quelloggetto di analisi. Altre forme di uso, invece, impiegano nozioni e strategie di analisi mutuate esplicitamente da Foucault per applicarle a temi, epoche e contesti discorsivi cui Foucault ha solo accennato, o che non ha mai direttamente trattato. Tale quadro comprende al suo interno tutto un ventaglio di pratiche teoriche: vi si pu ad esempio riscontrare un uso abbastanza rigido di alcune categorie foucaultiane, senza per che questo faccia nascere il bisogno di problematizzare la differenza tra gli strumenti concettuali adottati e gli oggetti dellanalisi. La giustificazione di unapplicazione pura e semplice degli strumenti foucaultiani fornita direttamente da ci che di nuovo o di originale pu emergere da tale prospettiva interpretativa, per quanto meccanica una simile operazione possa inizialmente apparire. Unaltra forma di uso, vicina a questa, consiste nellimpiegare un concetto foucaultiano non assumendolo tel quel, nella sua originaria operativit riscontrabile (anche se non sempre determinabile in modo univoco)

6 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli allinterno del corpus foucaultiano, ma estendendone o generalizzandone la portata, e mettendo cos tale nozione in relazione con problemi teorici, costellazioni concettuali e orizzonti tematici o storici talvolta molto lontani da quelli di cui Foucault si occupato. Questa modalit di uso presuppone un campo di problematizzazione quasi sempre abbastanza diverso da quello foucaultiano; perci la differente operativit di un concetto cos impiegato non dovrebbe essere vista ipso facto come una forzatura, come uninterpretazione scorretta o poco ortodossa della lezione foucaultiana, a meno di voler sostenere che un concetto pu essere legittimamente utilizzato solo come lo ha fatto colui che lo ha pensato o che lo ha utilizzato per primo. In tale forma di uso, tuttavia, non in gioco alcuna lettura o interpretazione di Foucault. Del resto, luso di un concetto non validabile soltanto e necessariamente entro le coordinate storico-teoriche in cui esso emerso. Se limpiego di un concetto foucaultiano al di fuori del suo campo di problematizzazione originario appare insoddisfacente, con ogni probabilit ci non dovuto alla mancanza di conformit con luso foucaultiano, quanto piuttosto alle peculiarit storiche e teoriche del nuovo campo di problematizzazione, salvo dichiarare esplicitamente di voler restare allinterno del medesimo orizzonte di Foucault per problematizzarlo a sua volta. Questultima possibilit rimanda a unulteriore forma di uso, in forza della quale lo strumentario foucaultiano, inteso nel senso pi ampio possibile come insieme di nozioni, di strategie di analisi e di forme di periodizzazione, viene mobilitato non tanto per confermare limpianto teorico, metodologico o storiografico iniziale, n per ritagliare un campo di problematizzazione diverso da quello di Foucault. Si tratta piuttosto di testare questi materiali foucaultiani applicandoli a oggetti diversi da quelli di cui si occupato Foucault, al fine di verificare la possibilit di un duplice spostamento. In primo luogo, spostamento rispetto alla stessa bote outils foucaultiana, nella misura in cui lobiettivo comprendere se questi strumenti possano funzionare, senza bisogno di essere ridiscussi e trasformati, anche oltre i limiti tematici e storiografici posti da Foucault, e quindi se il loro campo di applicazione possa essere implementato o se invece debba essere circoscritto. In secondo luogo, spostamento anche rispetto alloggetto, nella misura in cui tanto lapplicazione di una griglia di intelligibilit foucaultiana, quanto un suo eventuale affinamento, derivante dal lavoro di rielaborazione degli strumenti

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offerti dalla bote outils di Foucault, possono far apparire oggetti diversi da quelli inizialmente considerati. Vi sono infine usi politici di Foucault, il cui obiettivo non (o almeno non direttamente) implementare unanalisi condotta da una prospettiva epistemologica, governamentale o etica, ma disegnare allinterno dellattualit in cui si vive un campo, un contesto, un dominio da problematizzare. Anche solo a partire da uno slogan, da uno striscione di protesta, o da una ricezione parziale dellopera di Foucault, questi usi apparentemente minimalisti, che spesso intersecano le modalit della performance artistica, segnano le linee incerte di un campo di problematizzazione possibile entro cui, ad esempio, la volont di non essere governati in questa o quella maniera, di rifiutare questa o quella oggettivazione, pu marcare il punto davvio di una molteplicit di genealogie non tracciate da Foucault, ma che possono essere intraprese a partire dalle sue analisi e dagli strumenti concettuali che egli ha forgiato. Considerare queste diverse forme di uso di Foucault come lesito di un atteggiamento che riconoscerebbe nellopera foucaultiana una sorta di Bibbia in grado di insegnare ai propri fedeli come resistere o combattere il potere, significherebbe perdere di vista (o ignorare deliberatamente) una posta in gioco cruciale: lattuale complessit e problematicit dellarticolazione tra la scena politica e la scena della produzione di sapere, che gli effetti dellopera di Foucault attraversano sagittalmente. Non cogliere questa articolazione significherebbe, in fondo, impedire il prodursi di quello stupore che, misto a un velo di soddisfazione, anche Foucault ha provato, per esempio dinanzi al fatto che molti carcerati, a un certo punto, si siano messi a leggere Sorvegliare e punire Naturalmente, se talvolta possibile reperire queste forme di uso tali e quali le abbiamo sommariamente descritte, pi spesso esse appaiono intrecciate secondo una grande variet di trame. Nondimeno, quello che ci sembra importante sottolineare come molte di esse vengano talvolta considerate esterne e, per questa ragione, gerarchicamente subordinate a usi per lappunto pi interni dellopera foucaultiana. Il sottinteso, nella maggior parte dei casi implicito, ma non per questo meno operativo, che ogni uso esterno di Foucault sia viziato da uningenuit di fondo o da unirrimediabile incongruit che scaturirebbe, necessariamente, dallutilizzo della sua bote outils fuori dal campo di problematizzazione nel quale essa stata originariamente approntata. Gli usi interni, dal canto

8 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli loro, si concentrano per lo pi sulle fonti che Foucault ha consultato e utilizzato nelle sue analisi, oppure cercano di ricostruire lambiente storico e intellettuale nel quale collocare le sue opere, mettendo laccento sulle opzioni teoriche che Foucault ha voluto evitare e sulle figure che invece hanno costituito punti di riferimento preziosi per la sua ricerca. O ancora, adottando una prospettiva pi simile a quella dello storico, si impegnano a restituire il contesto sociopolitico che pu gettar luce sugli importanti legami che esistono tra le prese di posizione politiche di Foucault e la sua produzione intellettuale. Anche tra queste forme di uso, tuttavia, ve ne sono alcune che sollevano il problema di non assumere le analisi di Foucault come verit storiche o articoli di fede, e di non dare quindi per scontato in anticipo il loro funzionamento e la loro portata esplicativa. Per testare la credibilit storica delle analisi e dei concetti foucaultiani, si pone allora laccento sulle tracce lasciate direttamente da Foucault nelle sue pratiche di lettura, dalla consultazione dei testi allestrapolazione del materiale (modalit di annotazione, commento, trascrizione, archiviazione, ecc.), mostrando poi in che modo, da tali pratiche, siano scaturiti corsi, libri o articoli. Lidea di fondo che sia cos possibile restituire tanto la forma specifica del lavoro foucaultiano, quanto lo stile di ragionamento sotteso alla sua ricerca. Se tutti gli enunciati prodotti da questi differenti modi di usare Foucault che abbiamo qui elencato senzaltro troppo schematicamente circolassero liberamente, combinandosi, ibridandosi, ma anche distinguendosi, affinandosi, non vi sarebbe alcun inconveniente. Anzi, tutti gli studiosi e i lettori di Foucault ne trarrebbero giovamento, e sarebbero forse pi liberi di usare Foucault secondo le proprie necessit e in relazione ai propri scopi. Questo non significa, ovviamente, che tutto lecito e tutto permesso. Non si pu dire nimporte quoi a proposito di Foucault, ma nemmeno si pu squalificare a priori un modo di utilizzarlo sostituendo, ad esempio, i criteri di validazione degli usi accademici con quelli di valutazione politica. Considerare a priori uno slogan o una pratica artistica che mobilita un certo uso di Foucault come qualcosa che non rende giustizia alla forma specifica del suo lavoro, equivarrebbe a non vedere che un uso politico di Foucault produce un ordine di considerazioni molto diverso da quello prodotto dallanalisi storico-critica della sua opera. Per questo, ci sembra di fondamentale importanza evitare (e alloccorrenza criticare) ogni prospettiva che mostri di voler schiacciare la con-

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siderazione degli usi possibili di Foucault sullalternativa ortodosso/eterodosso, o interno/esterno, al fine di introdurre, nella molteplicit di tali usi, una gerarchia pi o meno esplicita. Del resto, Foucault si confrontato pi volte con limpresa di altri filosofi, come ad esempio Marx, senza porsi il problema di oltrepassarlo, ma solo quello di collocarsi a fianco a lui pur facendo altro, talvolta sottolineando i punti di continuit, talvolta quelli di radicale discontinuit, storicizzando e valutando sempre ogni singola analisi, e soprattutto non sentendosi mai in dovere di attribuirsi letichetta dellinterprete migliore o pi fedele. Perch non dovremmo fare lo stesso con Foucault? Perch mai un uso, con i suoi presupposti e le sue finalit specifiche, non potrebbe semplicemente stare accanto ad altri usi, ma li dovrebbe dominare? Perch mai un differente uso di Foucault dovrebbe essere visto a priori come un ostacolo epistemologico o unopzione da scartare in partenza? Non si rischia cos di produrre unimmagine di Foucault in fondo non tanto dissimile da quella del portrait parl di Bertillon, e di tenere prigioniera, attraverso di essa, unintera classe di studiosi o di semplici lettori? Di fronte a simili imprese e a cotante pretese, purtroppo non infrequenti, ci si lasci almeno la possibilit di manifestare una programmatica e onesta perplessit

Genealogie della razza

e dei razzismi

Introduzione
Comprendere in modo pi approfondito quel che lega razzismi, biopolitica e Stati moderni potrebbe essere un modo di partecipare allimpresa che Foucault stesso incoraggiava: scrivere storie in grado di alimentare al loro interno inversioni, recuperi, insurrezioni. Ann Laura Stoler1

Abbiamo deciso di dedicare una sessione monografica alla questio-

ne della razza e dei razzismi perch ci sembra importante, oggi, ripartire dallosservazione che Foucault fece nel 1976, durante lultima lezione del suo corso al Collge de France Bisogna difendere la societ, secondo la quale il razzismo sarebbe un modo di introdurre una separazione, quella tra ci che deve vivere e ci che deve morire2. Che cosa significa riproporre simile questione nel nostro presente globale, alla luce delle riconfigurazioni del paradigma biopolitico neoliberale degli ultimi decenni? Gli strumenti concettuali forgiati da Foucault e le sue prospettive di analisi sul razzismo possono ancora servire per condurre ricerche feconde in un presente diverso da quello che faceva loro da sfondo? Senza alcuna pretesa di esaustivit, i contributi che qui presentiamo cercano di rispondere a tali domande, concentrandosi principalmente su quelli che, schematicamente e malgrado i numerosi punti di contatto, potremmo individuare come due differenti campi di problematizzazione: da un lato, lemergere dei razzismi entro un orizzonte globale e quindi non circoscrivibile nel quadro esplicativo dello Stato-nazione; dallaltro, i fenomeni pi direttamente concentrati sui processi relativi alla biologizzazione della razza. Allinterno del primo di questi due campi, si collocano i rapporti tra le forme di razzismo e le nuove geografie disegnate dalla divisione internazionale del lavoro, dai sanguinosi conflitti che esplodono con allarmante frequenza in diverse parti del mondo, dalle situazioni di emergenza causate da epidemie, carestie, crisi ambientali, dovute a fenomeni naturali o allazione umana. Organizzare la gestione della vita, tracciando linee di separazione tra ci che deve vivere e ci che deve morire, significa, in
Infra, pp. 47-48. M. Foucault, Il faut dfendre la socit . Cours au Collge de France. 1975-1976, Seuil/ Gallimard, Paris 1997; trad. it. di M. Bertani e A. Fontana, Bisogna difendere la societ, Feltrinelli, Milano 1998, p. 220.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 11-18.

12 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli questo contesto, reinterrogare lemergere dei razzismi alla luce di un orizzonte globale in cui la crescita massiccia dei fenomeni migratori comporta una ridefinizione delle tecnologie governamentali della circolazione degli individui e, nello stesso tempo, una distribuzione differenziale di soglie che delimitano diversi tipi di spazi e un variegato regime di mobilit, i quali producono a loro volta forme di assoggettamento e di resistenza specifiche e puntuali. Tuttavia, un tale allargamento di orizzonte su uno scenario globale non potr evitare di prendere in considerazione le modalit secondo le quali le forme biopolitiche di razzismo, e le diverse tecnologie governamentali ad esse collegate, sono state messe in opera anche al di fuori dellEuropa, ovvero nel mondo coloniale. Le colonie, come Foucault stesso ha notato incidentalmente nella lezione del 4 febbraio 1976 di Bisogna difendere la societ, hanno spesso costituito veri e propri laboratori da cui poi certe tecnologie di potere sono state reimportate e applicate in Europa. Per questo, oggi, una parte importante delle genealogie del razzismo non pu trascurare una serie di genealogie coloniali e postcoloniali, necessarie per verificare fino a che punto sia possibile ampliare il campo di applicazione delle categorie foucaultiane, testando queste ultime, ed eventualmente cercando di implementarle, alla luce di materiali con cui Foucault stesso, per quanto ne abbia intravisto limportanza, non si mai direttamente confrontato. Seguendo questa linea di problematizzazione, abbiamo cos deciso di aprire la sessione monografica del presente fascicolo con un importante articolo di Ann Laura Stoler, Una lettura coloniale di Foucault. Corpi borghesi e s razziali, che presentiamo per la prima volta in traduzione italiana. Stoler stata tra i primi, a met degli anni Novanta, a leggere in parallelo gli ultimi capitoli de La volont di sapere e il corso al Collge de France del 1976, Bisogna difendere la societ, quando questultimo era ancora inedito. Nel suo noto volume Race and the Education of Desire (1995), e attraverso un lavoro storico ed etnografico condotto sugli archivi coloniali, Stoler si concentrata sulla ridefinizione delle relazioni tra sessualit e razzismo, collocando lemergenza del s borghese europeo allinterno di un contesto pi ampio, quello imperiale3. Tale emergenza si verific proprio nello stesso periodo nel quale Foucault aveva individuato la ricodificazione del vecchio razzismo etnico sulla base di nuove tecnologie di governo, che consideravano la vita un fenomeno del quale farsi carico.
Cfr. A.L. Stoler, Race and the Education of Desire. Foucaults History of Sexuality and the Colonial Order of Things, Duke University Press, Durham 1995.
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Introduzione 13

Nel testo di Stoler che qui pubblichiamo, scritto diversi anni dopo Race and the Education of Desire, lautrice prova a fare un bilancio delle proprie precedenti riflessioni e, nello stesso tempo, a svilupparle ulteriormente, chiedendosi in che misura il razzismo moderno e i discorsi sulla sessualit fossero interdipendenti tra loro, tanto nelle grandi metropoli imperiali, quanto nelle colonie. In tal senso, il razzismo in atto nelle colonie non era un fenomeno periferico, una sorta di riflesso rispetto a quello che si sarebbe sviluppato, in forme e modalit del tutto indipendenti, in Europa; al contrario, esso faceva parte del medesimo processo di formazione degli Stati europei e della societ borghese. In questa prospettiva, i rapporti tra razzismo e sessualit, intesi come meccanismi fondamentali di regolazione miranti a consolidare un ordine di tipo borghese e coloniale, non si fissavano su gruppi la cui differenza risultasse chiaramente visibile. Al contrario, questo nesso razzismo-sessualit serviva a fare presa su identit ambigue razziali, sessuali e di altro tipo , su ansie prodotte proprio perch tali artefatte differenze non erano per nulla chiare4. Perci, secondo Stoler, i razzismi traggono la loro forza strategica non dalla fissit dei loro essenzialismi, ma dalla malleabilit interna assegnata alle caratteristiche cangianti dellessenza razziale5. I discorsi razziali, quindi, anzich delimitare identit stabili, sembrano piuttosto essere caratterizzati da unintrinseca mobilit e polivalenza. Essi risultano flessibili, tanto da permettere sia la rottura rispetto a precedenti discorsi razziali, sia il recupero di alcuni dei loro elementi. Questo modo di procedere, attraverso categorie foucaultiane, verso una storia che tenga conto delle varie forme di colonialismo, permette a Stoler di fornire un differente ordine di periodizzazioni per quel che concerne la combinazione tra sessualit e razzismo, intesa come base per laffermazione del moderno s borghese. Proprio tali specifiche configurazioni assunte dalla razza e dalla sessualit nel mondo delle colonie suggeriscono, a loro volta, di rileggere e ridefinire i modi in cui gli spazi domestici e la dimensione dellintimit familiare arrivano a strutturare soggettivit borghesi, costituendo cos una piattaforma di problematizzazione e di intervento per il governo imperiale. Ma le genealogie dei razzismi che considerano il pi ampio panorama della scena coloniale non si riferiscono soltanto allemergere di forme biopolitiche di regolazione tali da garantire un ordine incontrastato e incontrastabile. La questione della razza e del razzismo stata una delle
4 5

Infra, p. 25. Ibidem.

14 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli poste in gioco pi importanti dei movimenti di resistenza che, nella seconda met del ventesimo secolo, hanno scosso e messo fine agli assetti imperiali instauratisi nei secoli precedenti. Larticolo di Matthieu Renault, La confessione (anti)coloniale. Razza e verit nelle colonie: Fanon dopo Foucault, si sofferma su questo tema attraverso un confronto tra Foucault e Frantz Fanon, condotto a partire da unanalisi delle politiche razziali di verit. Renault mostra che, attraverso Fanon, possibile individuare come, nel mondo coloniale, la razza abbia determinato un regime aleturgico paradossale, in cui lingiunzione a dire il vero e ad assoggettarsi secondo forme specificamente coloniali (il divenire soggetto, suddito, coloniale) era accompagnata dalla consapevolezza, da parte dei colonizzati, che i tribunali chiamati a giudicarli erano il luogo di una messa in scena sistematica, dove la loro menzogna si configurava allora strategicamente e sistematicamente come un dir-falso. In conseguenza di ci, a dispetto dei concreti effetti di potere e di assoggettamento coloniale prodotti dalle istituzioni, i tribunali e le pratiche giudiziarie della confessione venivano radicalmente rifiutati come luoghi in cui fosse possibile una qualsivoglia manifestazione del vero, che avrebbe trovato invece il proprio luogo di sperimentazione e di controassimilazione in tutta una serie di soggettivazioni anticoloniali. Renault spiega come Fanon analizzi in tal senso gli effetti di soggettivazione della violenza anticoloniale, presentata non come unastorica negativit morale, ma come lesito storico e politico di relazioni coloniali e razziali di potere fortemente sbilanciate, che nella violenza e nelle sue implicazioni razziali trovano forme di soggettivazione provvisorie, eticamente inadeguate ma politicamente necessarie durante i momenti pi intensi della lotta anticoloniale. Renault descrive, cos, il ritorno strategico di Fanon al tema della guerra delle razze, al fine di ritorcere il razzismo contro se stesso. Nelle situazioni postcoloniali successive ai processi di decolonizzazione, anche quando gli apparati di Stato non erano pi gestiti direttamente dagli europei che nondimeno continuavano a esercitare un controllo politico su di essi, attraverso tutta una serie di condizionamenti interni ed esterni , il problema della razza e dei razzismi ha continuato a essere al centro di una vasta gamma di regolazioni biopolitiche. Foucault, del resto, ha ben evidenziato come linsieme delle tecnologie politiche rivolte al potenziamento della vita siano da mettere in relazione con il potere di procurare la morte. Per questo, studiosi come Achille Mbembe si sono soffermati sul funzionamento di meccanismi pi specificamente legati a unamministrazione postcoloniale della morte, che Mbembe chiama

Introduzione 15

necropolitica6. Certo, come Foucault stesso ha fatto notare, bisogna intendere tale potere nel suo senso pi ampio: il fatto di esporre alla morte o di moltiplicare per certuni il rischio di morte, o pi semplicemente la morte politica, lespulsione, il rigetto7. Abbiamo gi accennato come queste genealogie coloniali e postcoloniali divengano, oggi, ancora pi importanti nella misura in cui gli operatori razziali, che consentono la separazione tra ci che deve vivere e ci che deve morire, tendono sempre pi a ridefinirsi su scala globale, agendo a livello di uneterogenea molteplicit di tempi e spazi. in questo quadro che si situa lattuale produzione di discorsi razziali e dispositivi di razzializzazione che caratterizzano molti degli odierni regimi securitari di gestione dei fenomeni migratori. Larticolo di Glenda Garelli, Protezione dislocata. Razzializzazioni e contro-condotte della vulnerabilit per i richiedenti asilo provenienti dalla Libia in guerra, mobilita la prospettiva foucaultiana per leggere la produzione dei profili dei migranti in quanto soggettivit vulnerabili. Garelli prende in esame il caso specifico della richiesta dasilo allo Stato italiano dei migranti provenienti dalla Libia, per mostrare come, nel regime discorsivo e governamentale della cosiddetta ragione umanitaria, lorganizzazione della spazialit inneschi processi di razzializzazione particolari. Nella Lampedusa sede di quella che fu definita Emergenza Nord Africa, vengono cos analizzati i criteri e le logiche operative dei dispositivi del migration management nellassegnare ad alcuni dei migranti lo status di vulnerabili: segmentando e distribuendo in modo differenziale leterogenea massa di migranti presenti, lisola stessa diventa un primo operatore spaziale (e razziale) di quella separazione tra ci che deve vivere e ci che deve morire, tra chi deve essere accettato e chi deve essere respinto. Ma Garelli analizza la razzializzazione della vulnerabilit dei migranti anche attraverso una serie di pratiche discorsive volte a oggettivare questi fenomeni migratori come tsunami umano o come invasione, recuperando cos elementi appartenenti ai tradizionali discorsi razziali centrati sul bisogno di difendere la societ. Infine, Garelli pone il problema di come gli effetti dei meccanismi razziali di attribuzione della vulnerabilit possano essere giuridicamente rivolti contro questo stesso dispositivo, insistendo affinch certe forme di permesso di soggiorno temporaneo possano essere concesse non sulla base di astratte appartenenze ad alcuni status giuridici (cittadinanza, residenza, ecc.), ma tenendo conto di concrete pratiche di movimento, ben pi aderenti alle forme di spazialit diasporica agite dai
A. Mbembe, Necropolitics, in Public Culture, vol. 15, n. 1 (2003), pp. 11-40; Id., De la postcolonie. Essai sur limagination politique dans lAfrique contemporaine, Karthala, Paris 2000. 7 M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 222.
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16 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli migranti. Si tratta, a suo avviso, di uno spostamento che potrebbe operare una de-razzializzazione del dispositivo di attribuzione della vulnerabilit allinterno del quadro normativo della protezione internazionale. Il secondo campo di problematizzazione entro cui si inscrivono i contributi di questa sezione monografica si concentra invece principalmente sui processi che hanno prodotto la biologizzazione della razza e che, ancora oggi, malgrado i nuovi sviluppi delle scienze genetiche e biologiche, sembrano tratteggiare i contorni di una politica della vita basata sulla razza. Nellarticolo Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault, John Iliopoulos ripercorre la genealogia foucaultiana del razzismo psichiatrico al fine di mostrare i limiti dellattuale regime biomedico di verit della psichiatria. Seguendo quindi un percorso interno ai testi di Foucault, Iliopoulos ricostruisce il modo in cui, nelle societ disciplinari, le nozioni di follia e di razza che trovano rispettivamente nel mostro e nel barbaro le loro figurazioni estreme fossero inizialmente considerate una sorta di limite esterno della razionalit occidentale. Tuttavia, con lemergere del biopotere e della sua presa sulla vita, il mostro e il barbaro sono stati progressivamente inclusi allinterno del paradigma governamentale della biopolitica, come unanormalit genetica che deve essere corretta o eliminata per preservare biologicamente la societ. Loperatore principale di questa inclusione proprio la psichiatria, che trover nella biologia e nella genetica tutta quella serie di concetti (istinto, degenerazione, ereditariet, ecc.) che le consentiranno di segmentare il continuum della specie umana, tracciando una linea di separazione tra ci che deve vivere e ci che deve morire. Il razzismo psichiatrico dunque preposto a trattare biologicamente ogni manifestazione genetica ritenuta patologica allinterno del corpo sociale, manipolando gli istinti anormali o evitandone geneticamente la riproduzione. Su questo sfondo genealogico, Iliopoulos esamina poi i nuovi regimi di operativit del razzismo psichiatrico allinterno delle forme neoliberali contemporanee di biopotere, che cercano di captare i fenomeni patologici al momento stesso della loro genesi, al fine di prevenire il crimine, gli infortuni, le catastrofi e la morte. Negli screening della popolazione, nelle polizze assicurative, negli stili di vita urbani e nel controllo della sessualit, il biopotere interviene anche quando non c alcuna malattia presente n domanda da parte di malati reali, traendo dalla medicina biologica la propria autorit sulla salute pi che sulla malattia, generando un nuovo tipo di mercato, un nuovo ambito di consumatori laboratori farmaceutici, lavoratori sociali, medici, pazienti reali o potenziali8. Se, in passato, lope8

Infra, pp. 96-97.

Introduzione 17

rativit del razzismo psichiatrico era rivolta contro una minaccia genetica (interna o esterna che fosse) tutto sommato ben riconoscibile, e che aveva la forma dellindividuo pericoloso, oggi unampia gamma di singoli comportamenti a essere considerata anormale o deviante, e a divenire oggetto della psichiatria. Iliopoulos mostra cos come si sia formata una nuova rete di vigilanza biomedica, che si esercita mediante forme pi sottili di razzializzazione a livello delle mutazioni nel sequenziamento del DNA, mutazioni che possono essere geneticamente manipolate in laboratorio o modificate farmacologicamente. Infine, tanto la follia quanto la razza vengono analizzate come elementi di irriducibilit rispetto alle forme di potere che le prendono di mira: le lotte che si sono sviluppate intorno ad esse, a livello di ci che Foucault chiama politica della verit, possono oggi, secondo Iliopoulos, offrire alla psichiatria unopportunit per criticare il proprio ruolo nel sostegno al razzismo, e per riflettere sulla propria relazione fondamentale e dimenticata con la follia e la razza, come limiti della razionalit occidentale9. Infine, anche larticolo di Jonathan Xavier Inda, che si inserisce nel solco di importanti studi, come quelli di Paul Rabinow e Nikolas Rose10, mira a ripensare le forme di conoscenza e di intervento dellattuale biopotere alla luce degli sviluppi delle scienze genetiche e biologiche. Nel suo For Blacks Only. Farmaci, genetica e politica razziale della vita, Inda prende in esame un caso specifico, quello del BiDil, un farmaco contro linsufficienza cardiaca lanciato sul mercato statunitense come prodotto riservato alla popolazione afro-americana. Lidea implicita in tale operazione, e cio che gli afro-americani possiedano un profilo biologico sufficientemente identificabile, ha suscitato forti preoccupazioni e polemiche, perch stata vista come un tentativo di reintrodurre una forma di biologizzazione della razza. Nel proprio testo, Inda cerca di far emergere le poste in gioco relative a questo dibattito ricostruendo, sulla scorta delle analisi di Foucault, i modi in cui la razza stata storicamente biologizzata, dalle politiche segregazioniste degli Stati Uniti alla costituzione di un sapere sulle variazioni del genoma umano. Inda affronta cos la questione della riconfigurazione del tema della razza ai giorni nostri, quando le ricerche genetiche cercano di legittimarsi come tentativo di migliorare la salute e la qualit della vita.
Infra, p. 106. Cfr. P. Rabinow, French DNA. Trouble in Purgatory, University of Chicago Press, Chicago 1999; N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, Princeton University Press, Princeton 2007 (trad. it. La politica della vita. Biomedicina, potere e soggettivit nel XXI secolo, Einaudi, Torino 2008); P. Rabinow e N. Rose, Introduction. Foucault Today, in P. Rabinow e N. Rose (a cura di), The Essential Foucault, New Press, New York 2003, pp. vii-xxxv.
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18 Cremonesi, Irrera, Lorenzini, Tazzioli allinterno di questo quadro che si pone il problema della comprensione della razza a livello dei geni e delle molecole, nella misura in cui il sapere relativo alla variazione del genoma umano, in particolare quello relativo alle differenze etniche e razziali nella suscettibilit alla malattia e nella risposta ai farmaci, considerato potenzialmente prezioso per eseguire diagnosi mediche e dispensare cure11. In tal senso, un farmaco riservato ai soli afro-americani si presenta come un modo di intervenire a favore di soggetti socialmente svantaggiati, e questo allinterno di un dispositivo discorsivo che fa riferimento alla sfera di diritti della cosiddetta cittadinanza biologica. Emergono cos i tratti e le logiche operative di una medicina razzializzata e di una politica razziale della vita, che tendono a occultare il significato sociale della razza puntando su una riduzione delle disparit, in fatto di salute, fondata soltanto sulla biologia e sulla genetica. Dimenticando la dimensione sociale, conclude Inda, si rischia di amplificare, anzich ridurre, le diseguaglianze sociali e mediche, perch una medicina su base razziale presenta un potenziale di esclusione che diventa tanto pi pericoloso quanto pi si tengono a mente le logiche di mercato cui sono legate le case farmaceutiche. Il potere farmaceutico in unera post-genomica, a dispetto dei progressi che sembra registrare, lascia quindi intravedere un volto nascosto, quello di una politica della vita basata sulla razza che potenzialmente e pericolosamente discriminatoria. Gli articoli di questa sezione monografica non esauriscono di certo le forme di razzializzazione che attraversano il nostro presente, ma il richiamo costante allattualit ci sembra rappresentare un modo importante di intendere e di usare la genealogia foucaultiana della razza e dei razzismi. Cercando di restituire le condizioni di emergenza della razza e dei razzismi, presi nella loro singolarit storica, a partire da un orizzonte persino pi ampio di quello considerato da Foucault, si tratta di instaurare una tensione critica tra le diverse modalit attraverso le quali percepiamo, oggi, le questioni della razza e del razzismo e la differenza che potremmo essere in grado di far giocare, epistemologicamente e politicamente, nella nostra attualit, tentando cos di rinnovare incessantemente quella che Foucault chiamava lart de linservitude volontaire ou de lindocilit rflchie12. Londra, Messina, Parigi, Pisa gennaio 2013 Laura Cremonesi, Orazio Irrera, Daniele Lorenzini, Martina Tazzioli
Infra, p. 125. M. Foucault, Quest ce que la critique ?, in Bulletin de la Socit Franaise de Philosophie, vol. 84, n. 2 (1990), p. 39.
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Una lettura coloniale di Foucault.


Corpi borghesi e s razziali *
Ann Laura Stoler

In ognuno dei precedenti capitoli , Foucault figurava come unombra,


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prima come una fonte di ispirazione, poi come una fonte di riflessione e di critica. Come per tanti altri nel campo degli studi coloniali, la mia iniziale concezione del potere e del sapere venne da lui trasformata. Per due decenni e in diverse occasioni, ho elaborato e rielaborato la sua insistenza sulla sessualit come un punto di passaggio particolarmente denso per le relazioni di potere2. Tutti i capitoli precedenti erano rivolti a pensare il potere coloniale e lorganizzazione del sesso attraverso Foucault e il femminismo: il modo in cui le autorit coloniali hanno scelto di parlare della carnalit e di iterare i suoi pericoli ha contribuito grandemente a sostanziare le sue affermazioni. Nei miei ultimi lavori, pi direttamente concentrati sui discorsi coloniali che ponevano il sesso come la verit del s razzializzato, nuovamente su Foucault che sono tornata.
* Questo capitolo basato su un testo largamente rivisto relativo a due diversi interventi che risalgono al 1997: il primo pronunciato nel quadro del convegno Gender and Imperialism, allUniversity of the Western Cape, Citt del Capo (Sudafrica); il secondo alla conferenza Foucault Goes Troppo, allAustralian National University di Canberra. Entrambi erano public lectures per un auditorio interdisciplinare, nel quale soltanto alcuni avevano letto Race and the Education of Desire [cfr. A.L. Stoler, Race and the Education of Desire. Foucaults History of Sexuality and the Colonial Order of Things, Duke University Press, Durham 1995 (N.d.T.)], libro che i pi invece non conoscevano. Parti della sezione centrale attingono direttamente a questopera con qualche commento, talvolta con lievi modifiche. In entrambi i casi, mi era stato chiesto di discutere del libro: la qualit autoreferenziale del presente capitolo deriva dal fatto che la seconda conferenza era suggerita da e in parte consacrata ad esso. 1 [Questo testo costituisce il sesto capitolo di Carnal Knowledge and Imperial Power. Race and the Intimate in Colonial Rule, University of California Press, Berkeley 2002. Lautrice si riferisce pertanto ai precedenti capitoli di tale volume (N.d.T.)] 2 M. Foucault, Histoire de la sexualit I. La volont de savoir, Gallimard, Paris 1976; trad. it. di P. Pasquino e G. Procacci, La volont di sapere. Storia della sessualit 1, Feltrinelli, Milano 1978, p. 92. [La traduzione inglese cui lautrice fa riferimento a cura di R. Hurley ed intitolata The History of Sexuality, vol.1. An Introduction, Vintage, New York 1978 (N.d.T.)]
materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 19-48.

20 Ann Laura Stoler Ma le argomentazioni di Foucault, intese come uno sfondo per comprendere i legami tra la carnalit e il potere nelle Indie Olandesi del diciannovesimo secolo, avevano senso solo parzialmente. La sua idea che la sessualit fosse originariamente, storicamente borghese sembrava tanto pi ragionevole e, al contempo, tanto pi discutibile quanto pi tempo trascorrevo negli archivi coloniali. Quel che era assente, certo da un punto di vista retrospettivo, era la questione della razza. Il mio lavoro sui regimi coloniali ha tratto vantaggio dalle sue argomentazioni, ma ricorrendo piuttosto alla loro cornice concettuale, visto che, da un punto di vista storiografico, evitavo di assumere le sue posizioni. Per chi studia il colonialismo, la lettura di Foucault incoraggia, ma mette anche dei paletti. Il primo volume della sua Storia della sessualit ci ricorda in maniera sconfortante quanto limpero e i suoi scenari coloniali siano rimasti periferici persino in una visione critica della storia europea molto meno di quanto non fosse avvenuto per approcci storiografici pi convenzionali alle questioni legate alla razza. questa riflessione che incornicia la sfida del presente capitolo. In esso, rivisito una questione che permeava Race and the Education of Desire, chiedendomi come la produzione di un s borghese ed europeo possa apparire diversamente quando la sua storia viene elaborata in modo meno autoreferenziale, e quando la politica imperiale posta al centro della scena. La mia lettura coloniale di Foucault attinge a una massiccia serie di contributi nel campo degli studi coloniali, per interrogarsi su quali implicazioni una simile rilettura potrebbe avere sul modo in cui pensiamo la sfera dellintimit (intimacies) legata allimpero, alla storia europea e agli etimi coloniali della razza. Riprendo quindi alcuni argomenti del mio libro, ma in maniera selettiva. In questo frangente, sono interessata al perch lelusivo e suggestivo trattamento che Foucault riserva alla razza resti ancora cos marginale rispetto a quello che gli storici del colonialismo traggono oggi dalla sua opera. Scrivere Race and the Education of Desire mi ha spinto a portare avanti certe questioni pi prevedibili di altre. Usare linterfaccia dei lavori di Foucault sulla natura del discorso razziale e sulla storia della sessualit suggeriva di ripensare le tecnologie di governo coloniale e i loro siti di produzione. Questioni circa leducazione del desiderio mi hanno indirizzata meno verso i desideri sessuali in s che verso una pi ampia matrice di sentimenti che il sapere carnale (carnal knowledge) pu esprimere3. Tornare a
Mi occupo di questa relazione tra sentimento e Stato entro un quadro di filosofia morale nel mio Along the Archival Grain. Epistemic Anxieties and Colonial Common Sense, Princeton University Press, Princeton 2009.
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Una lettura coloniale di Foucault 21

lavorare, attraverso la prospettiva nietzschiana di Foucault, in un contesto coloniale solleva nondimeno alcune difficili questioni, lasciandole senza risposta: come guardarsi dalla scrittura della storia nella zona di conforto (comfort zone)4? Cosa potrebbe costituire una scomoda (discomforting) storia coloniale del presente5? Il continuo ritorno di Foucault sulle implicazioni politiche della produzione di sapere stato utile e dirompente su un gran numero di registri. Per esempio, si prenda la possibilit che offre di criticare il colonialismo comparato. Cosa potrebbe essere pi rassicurante del ragionamento in base al quale gli studi comparativi hanno prosperato ovvero, lassunto che le differenze nelle politiche coloniali derivano da distinzioni europee di carattere nazionale? Allinterno di tale modello, le eredit di alcuni paesi erano sempre pi benevole, le violenze di altri erano invece del tutto atroci, e gli sforzi di integrazione fatti da un altro Stato ancora erano considerati pi efficaci o pi benigni. La posizione pu cambiare secondo la prospettiva, ma la struttura della narrazione resta la stessa. Tali comparazioni dicono di pi sui presupposti nazionali della comparazione che sulle differenze significative nelle strategie di governo. Non si tratta di risposte errate, quanto piuttosto di domande sterili. Lattenzione verso le percezioni e le pratiche dei regimi coloniali in rapporto a spazi e tempi differenti potrebbe avere inizio con un altro genere di domande. Quali sono le premesse e le sintesi preconfezionate che hanno reso possibili gli studi comparativi del colonialismo? Si possono comparare forme di colonialismo senza definire i mutevoli criteri di valutazione della razza? Quali tipi di comparazioni sono deprecabili e quali non lo sono? Quali assunzioni consentono una comparazione tra mixed-bloods nelle Indie Olandesi, coloreds in Sudafrica e meticci in Indocina? Quali tipi di grammatica coloniale della razza rendevano gli architetti dellamministrazione imperiale capaci di pensare che potevano e rendono noi, oggi, capaci di pensare che dovremmo, con unagenda politica differente effet4 Sulla nozione nietzschiana di storia nella zona di conforto, cfr. F.W. Nietzsche, Sullutilit e il danno della storia per la vita, trad. it. di S. Giametta, Adelphi, Milano 1974. [La traduzione inglese utilizzata dallautrice a cura di R.J. Hollingdale e porta il titolo di On the Uses and Disadvantages of History for Life, in F.W. Nietzsche, Untimely Meditations, Cambridge University Press, Cambridge 1996, pp. 57-124 (N.d.T.)] 5 M. Foucault, Nietzsche, la gnalogie, lhistoire (1971), in M. Foucault, Dits et crits I, 1954-1975, Gallimard, Paris 2001, pp. 1004-1024; trad. it. Nietzsche, la genealogia, la storia, in M. Foucault, Microfisica del potere, Einaudi, Torino 1977, pp. 29-54. [La traduzione inglese utilizzata dallautrice porta il titolo di Nietzsche, Genealogy, History, in P. Rabinow (a cura di), The Foucault Reader, Pantheon, New York 1972 (N.d.T.)]

22 Ann Laura Stoler tuare una tale comparazione? Al cuore di simili domande vi una ricerca sulla politica del sapere che rende le comparazioni possibili. Tale ricerca interroga quelle unit di analisi che spesso inavvertitamente hanno riflesso gli schemi marcatamente circoscritti delle storiografie nazionali del diciannovesimo secolo. Il compito di scrivere nuove genealogie coloniali diviene cos unopportunit sotto tanti aspetti. Ci spinge a imparare da Foucault, nella misura in cui, superando le sue intuizioni, facciamo avanzare le nostre pi in l. Alcuni hanno sostenuto che la sua influenza stata perniciosa apolitica, anti-marxista, e fondamentalmente contraria allagenda femminista. Io non ho alcun interesse a confutare queste rivendicazioni. Sono interessata piuttosto a far ricorso alle sue intuizioni per pensare pi rigorosamente il ruolo che la produzione della razza ha avuto nel collocare la sessualit al centro della politica imperiale. Mi interrogo circa gli investimenti che lo Stato coloniale ha fatto nellorganizzare la valutazione di ci che era normale e di quel che non lo era; e su come lorganizzazione della sessualit abbia in parte configurato i sentimenti che potevano essere espressi e i loro destinatari. Gli Stati coloniali si sono dimostrati molto interessati a un sapere di tipo affettivo e a una comprensione sofisticata della politica degli affetti. Sebbene linteresse verso la politica dei sentimenti sia pi mio che di Foucault, mi chiedo che cosa potremmo recuperare nelle sue analisi e dove, al loro interno, potremmo ancora andare a cercare. Dov la razza in Foucault? Race and the Education of Desire era basato su alcune semplici domande. Perch, in un momento in cui lopera di Foucault aveva avuto un enorme impatto su tutta una serie di discipline e sulla svolta discorsiva e storica al loro interno, gli studiosi contemporanei si sono occupati in maniera cos obliqua del pi esile alcuni potrebbero dire del pi accessibile dei suoi lavori principali, ovvero La volont di sapere? Pi precisamente, perch gli studi coloniali, allinterno dei quali i temi della sessualit e del potere sono adesso cos importanti per lagenda intellettuale e politica, hanno avuto cos poco da dire su questo libro? In un ambito in cui la lettura di questo volume stata rigorosa e il riferimento a esso conferiva autorit intellettuale, cosa pu rendere conto dellimpressionante assenza di un impegno che fosse allo stesso tempo analiticamente critico e storicamente fondato? Race and the Education of Desire voleva essere, inizialmente, una lettura coloniale de La volont di sapere in grado di mettere in questione sia la de-

Una lettura coloniale di Foucault 23

scrizione foucaultiana relativa alla produzione di soggetti borghesi ed europei, sia la centralit dellimpero e della razza per questo processo. Tuttavia, quello che sembrava un compito semplice e stimolante si bruscamente interrotto a met strada. Ci accadde quando sentii parlare per la prima volta e poi mi fermai ad ascoltare, nella bibliothque du Saulchoir, a Parigi, i nastri graffiati delle allora inedite lezioni tenute da Foucault nel 1976 al Collge de France. Erano undici lezioni complete, dedicate alla teorizzazione della storia dei razzismi, dei discorsi razziali e dei razzismi dello Stato moderno. Ma ancora pi impressionante era che si trattava di lezioni pronunciate lo stesso inverno in cui il primo volume della Storia della sessualit venne dato alle stampe. Ecco Foucault che, in soli due anni, era impegnato in due storie parallele e in due imprese sequenziali: una storia della sessualit e una trattazione del potere attraverso una genealogia della razza. Queste lezioni confermavano immediatamente la prospettiva limitata allEuropa da parte di Foucault, ma altrettanto rapidamente scuotevano il suo sbrigativo disimpegno volto ad aggirare le questioni della razza. Tali lezioni, infatti, collocavano il razzismo in una posizione molto pi centrale, nel suo pensiero, di quanto suggerissero gli altri lavori fino ad allora pubblicati. Ma sollevavano anche una valanga di domande. Questo lavoro sulla razza rappresentava davvero un punto di svolta nellitinerario intellettuale di Foucault6? Come dovremmo considerare la sua affermazione, ripetuta a pi riprese, secondo la quale ognuno dei suoi scritti sarebbe autobiografico? Riveste qualche importanza il periodo che dal 1966 fino alla primavera del 1968 Foucault ha trascorso in Tunisia unex-colonia francese dove compose Larcheologia del sapere, dove scrisse ai suoi amici circa lantisemitismo, e dove il suo lavoro venne ripetutamente interrotto dagli scioperi studenteschi contro i provvedimenti governativi di uno Stato di fresca costituzione7? Scrivendo Race and the Education of Desire ho intenzionalmente evitato di discutere la forte discrepanza tra la sua conoscenza della fase postcoloniale a Tunisi e lassenza del colonialismo nei suoi lavori. Pensando che [tale discrepanza] fosse troppo semplice da indicare, ho tentato di rispondere alla prima domanda. Oggi ho cominciato a ripensare tale posizione8.
Si veda la recensione di Christian Delacampagne, Foucault, gnalogie du biopouvoir, in Le Monde des Livres, 21 febbraio 1997, p. 1. 7 Sul periodo lavorativo e politico trascorso da Foucault in Tunisia, si veda D. Macey, The Lives of Michel Foucault, Pantheon, New York 1993, pp. 183-208. 8 A.L. Stoler, Colonial Aphasia and the Place of Race in France, keynote address alla conferenza 1951-2000: Transatlantic Perspectives on The Colonial Situation, New York University, aprile 2001.
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24 Ann Laura Stoler Nei fatti, qual era il suo rapporto con il colonialismo, e che cosa gli studi coloniali, in un dato momento, hanno immaginato essere un Foucault utilizzabile? Perch Sorvegliare e punire fornisce pi spesso un modello di quanto non facciano le sfumate intuizioni metodologiche de Larcheologia del sapere? Perch ci sono cos tanti lavori recenti sulla governamentalit coloniale, ma ve ne sono cos pochi sui complessi modi in cui Foucault comprese i movimenti dei saperi assoggettati e le loro insurrezioni? E perch, fino a pochissimo tempo fa, ve ne erano ancora meno sulla razza9? Tutto ci non un preludio alla tesi secondo cui avremmo tutti mancato di cogliere il vero Foucault. Individuare le tensioni tra le sue lezioni e i suoi scritti fa solo parte di uno sforzo pi generale quello di domandare che cosa Foucault offra alla nostra comprensione dei fondamenti borghesi dei regimi coloniali e, specularmente, in che modo lattenzione verso la dimensione coloniale riconfiguri i parametri foucaultiani e sfidi ci che viene considerato come una parte della storiografia europea. Ci sono due tesi fondamentali di Race and the Education of Desire che qui sono rilevanti. In primo luogo, la proliferazione discorsiva sulla sessualit che Foucault registra in Europa, nel diciottesimo e nel diciannovesimo secolo, non pu essere semplicemente registrata nella sola Europa, ma attraverso un percorso imperiale ben pi tortuoso di quello che Foucault suggerisce. Tale proliferazione era riflessa da uomini e donne la cui affermazione di un s borghese dipendeva da prodotti imperiali, da percezioni, e da Altri razzializzati che essi generavano. Ho sostenuto che, tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, non si possano individuare in Europa delle tecnologie legate al sesso senza tracciarne il percorso su una superficie coloniale. Cos, ho approcciato La volont di sapere attraverso una molteplicit di passaggi, comparando le sue cronologie e le sue rotture strategiche con quelle delle colonie. Tuttavia, una cosa altrettanto importante che ho sostenuto che una comparazione di queste due tecnologie centrate sul sesso, apparentemente a se stanti quella delle colonie e quella della metropoli , poteva non cogliere in che misura tali tecnologie costituissero ognuna una parte dellaltra e fossero pertanto strettamente legate.
Si noti che, per un po di tempo, alcuni dei ragionamenti di Foucault sui saperi assoggettati sono stati ampiamente disponibili [per il pubblico di lingua inglese (N.d.T.)], con il titolo Two Lectures, in M. Foucault, Power/Knowledge. Selected Interviews and Other Writings, 1972-1977, a cura di C. Gordon, Harvester Press, Brighton (Sussex) 1977; e pi recentemente nel volume a cura di N.B. Dirks, G. Eley e S.B. Ortner, Culture/Power/History. A Reader in Contemporary Social Theory, Princeton University Press, Princeton 1994. Non vi alcuna indicazione, in nessuno dei due volumi, del fatto che queste due conferenze siano le prime due lezioni del corso sulla razza del 1976.
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Una lettura coloniale di Foucault 25

In secondo luogo, seguendo questa linea di ragionamento, ho sostenuto che le implicazioni razziali non fossero rilevanti soltanto nelle colonie. Riportando nella nostra prospettiva (una cosa che Foucault non fa) le preoccupazioni e le lotte per la cittadinanza e per la nazione, le identit borghesi nella metropoli e nelle colonie emergono come silenziosamente ma segnatamente codificate dalla razza. Nel reindirizzare la storia della sessualit attraverso la storia dellimpero, il razzismo moderno appare meno ancorato alle tecnologie europee centrate sul sesso di quanto Foucault non abbia affermato. Le classificazioni razziali e sessuali appaiono entrambe come meccanismi ordinatori che condividono la loro emergenza con lordine borghese del primo Ottocento. Il pensiero razziale non rappresent una conseguenza dellordine borghese: ne fu piuttosto un elemento costitutivo. Le implicazioni sono molteplici. In primo luogo, il razzismo non fu un riflesso coloniale, plasmato per occuparsi dellAltro distante, ma una parte del processo di formazione degli europei stessi. In questa prospettiva, il colonialismo interno non fu una forma singolare di costruzione dellimpero (una variante frequentemente usata per descrivere lespansione del West americano), ma, secondo Foucault, la sua pi antica e durevole incarnazione. In secondo luogo, raramente i razzismi hanno aderito alla chiarezza visuale e sociale della differenza tra gruppi ampiamente diversi. Essi sono piuttosto fioriti nellambito di popolazioni simili e confinanti. I razzismi hanno fatto presa su identit ambigue razziali, sessuali e di altro tipo , su ansie prodotte proprio perch tali artefatte differenze non erano per nulla chiare. Questa formulazione conferisce un peso maggiore alla tesi che ho esposto altrove: i razzismi traggono la loro forza strategica non dalla fissit dei loro essenzialismi, ma dalla malleabilit interna assegnata alle caratteristiche cangianti dellessenza razziale10. Nelle Indie Olandesi del diciannovesimo secolo, il s europeo veniva coltivato attraverso una proliferazione di discorsi sulla pedagogia, sulle cure parentali e sui domestici micro-luoghi nei quali lidentit borghese era radicata nelle nozioni della civilt europea, nei quali le designazioni di appartenenza razziale erano soggette alle determinazioni di genere, e nei quali il carattere, le buone maniere, il ragionamento spassionato e la corretta educazione erano parte delle mutevoli classificazioni culturali ed epistemiche centrate sulla razza.

Si veda il mio Racial Histories and Their Regimes of Truth, in Political Power and Social Theory, n. 11 (1997), pp. 183-255.
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26 Ann Laura Stoler Storie di sessualit/storie di razza


A lungo avremmo sopportato, e subiremmo ancor oggi, un regime vittoriano. La puritana imperiale apparirebbe sul blasone della nostra sessualit, contenuta, muta, ipocrita11.

Sebbene ci siano state parecchie letture coloniali di Foucault, nella maggior parte dei casi si trattava di applicare i princpi generali della prospettiva foucaultiana a spazi e tempi etnograficamente specifici, utilizzando le linee essenziali del suo apparato analitico piuttosto che i contenuti storici delle sue analisi. Questa sorta di passione per le strategie generali di Foucault visibile nelle letture che sono state fatte di ognuno dei suoi testi e, pi di ogni altra, nella lettura de La volont di sapere, che stata tradotta in lingua inglese come il primo volume della Storia della sessualit. Questo libro avanza una tesi di una semplicit disarmante: perch, se nellEuropa del diciannovesimo secolo la sessualit era di fatto qualcosa da mettere a tacere, da nascondere e da reprimere, vi fu attorno ad essa una tale proliferazione discorsiva? Foucault, nella prima riga del suo primo capitolo, ci dice che abbiamo messo in piedi una storia sbagliata: limmagine della puritana imperiale sul blasone della nostra sessualit, contenuta, muta e ipocrita, mancherebbe del tutto quel che fu il regime della sessualit. Questultimo non cerc di limitare un istinto biologico, di sopraffare una pressione recalcitrante, n fu una dimensione esterna alla quale [il potere] simporrebbe. Per Foucault, il discorso sul sesso non opposto al potere n sovversivo rispetto ad esso, ma ne un punto di passaggio particolarmente denso, carico di strumentalit12. Sebbene noi tutti abbiamo ben afferrato il succo del suo discorso, alcuni lavori pi recenti, compreso il mio, si sono indirizzati, con accenti differenti, verso una premessa comune: lorganizzazione delle pratiche sessuali del colonizzatore e del colonizzato era fondamentale per lordine coloniale delle cose, e i discorsi sulla sessualit classificavano i soggetti coloniali in gruppi umani distinti, ordinando al tempo stesso i recessi domestici del governo imperiale13. Tali letture prendono seriamente in considerazione la
M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 9. Ivi, pp. 91, 135 e 92. 13 Cfr. A.L. Stoler, Carnal Knowledge and Imperial Power. Gender and Morality in the Making of Race [ovvero il terzo capitolo di Carnal Knowledge and Imperial Power, cit., pp. 41-78 (N.d.T.)]; A. McClintock, Imperial Leather. Race, Gender, and Sexuality in the Colonial Conquest, Routledge, New York 1995; R.J.C. Young, Colonial Desire. Hybridity in Theory, Culture and Race, Routledge, London 1995.
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Una lettura coloniale di Foucault 27

relazione tra il potere coloniale e i discorsi sulla sessualit, ma senza confermare o affrontare n le specifiche periodizzazioni offerte da Foucault, n le selettive mappe genealogiche che i suoi lavori suggeriscono. Gli studiosi dellimpero hanno mostrato scarso interesse verso il fondamentale ripudio di Foucault nei confronti dellipotesi repressiva di Freud. Al contrario, noi tutti abbiamo mostrato una grande fedelt sia alla prospettiva foucaultiana sul potere, sia alle implicite assunzioni freudiane riguardo alla psicodinamica dellimpero e alle energie sessuali liberate. Abbiamo applicato una teoria eiaculatoria della storia per spiegare come tali regimi funzionano e si disseminano. Alcuni di questi problemi sono di Foucault, altri sono nostri. Il primo volume della Storia della sessualit ci impedisce di intraprendere percorsi alternativi. Tracciando lo sviluppo della sessualit entro un campo di analisi limitato allEuropa alla moderna sessualit occidentale Foucault presenta in maniera familiarmente sbrigativa un mondo binario: quello dellars erotica (lOriente) e quello della scientia sexualis (lOccidente)14. Limmagine di apertura della puritana imperiale il primo e unico riferimento allimpero. Per Foucault, questa immagine della puritana un puntello per la nostra lettura distorta della sessualit del diciannovesimo secolo che tuttavia viene liquidato, rimpiazzato e non ulteriormente discusso. Limpero doltremare scompare insieme alla sua caricatura. Secondo Foucault, lenergia discorsiva che avvolge la sessualit rimane una questione interna allEuropa. Tali miti delle origini relativi alla produzione delle pratiche culturali europee sono meno credibili oggi che il circoscritto ambito della storia europea stato scompaginato, le sue fonti riesaminate, e i suoi confini sfumati. Pi di due decadi dopo che il primo volume della Storia della sessualit apparve per la prima volta15, nella misura in cui gli studi coloniali si sono rivolti alle tensioni che hanno ritagliato gli spazi metropolitani e coloniali del governo imperiale, siamo indotti a chiederci se la formazione dei soggetti borghesi possa essere collocata al di fuori di quei campi di forza in cui il sapere imperiale stato sostenuto e i soggetti di desiderio sono stati prodotti. Lincoraggiamento foucaultiano a scrivere una storia del desiderio occidentale che rigetti il desiderio, inteso come un istinto biologico o come una risposta a proibizioni repressive, spinge gli studi coloniali in una direzione che il femminismo ha da lungo tempo invitato a seguire: interrogarsi su come, allinterno dello spazio imperiale, i cambiamenti nelle
M. Foucault, La volont di sapere, cit., pp. 53-54. [Ricordiamo che il libro dal quale tratto il presente capitolo stato pubblicato nel 2002: il riferimento temporale dunque relativo a questa data (N.d.T.)]
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28 Ann Laura Stoler distribuzioni dei soggetti di desiderio maschili e negli oggetti di desiderio femminili possano ugualmente dare forma a questa storia. Inoltre, riconsiderando le colonie come laboratori della modernit pi ancora che come luoghi dello sfruttamento, ci che costituisce le invenzioni e importazioni metropolitane, di contro a quelle coloniali, ha cambiato bruscamente orientamento. Timothy Mitchell, in uno studio sullEgitto coloniale, considera il Panopticon il pi importante modello di istituzione per il potere disciplinare come uninvenzione coloniale apparsa per la prima volta nellImpero Ottomano, e non nellEuropa settentrionale16. Gwendolyn Wright e Paul Rabinow hanno sostenuto che la modernit sia stata messa a punto entro scenari coloniali e che le politiche francesi di pianificazione urbanistica adottate a Parigi e a Tolosa siano state con ogni probabilit precedentemente sperimentate a Rabat e ad Haiphong17. Mary Louise Pratt si spinta ancora pi in l, sostenendo che quelle forme di disciplina sociale ritenute essenzialmente europee possano aver tratto ispirazione dalle imprese imperiali del diciassettesimo secolo e soltanto successivamente siano state rimodellate in funzione di un pi tardo ordine borghese18. Tali storie cos riconfigurate hanno condotto a un ripensamento generalizzato delle genealogie culturali europee, e ci hanno spinto a domandarci se quelli che sono gli emblemi pi preziosi della moderna cultura occidentale il liberalismo, il nazionalismo, lo Stato sociale, la cittadinanza, la cultura, e lo stesso essere europeo (Europeanness) non apparirebbero in modo pi chiaro in mezzo agli europei esiliati nelle colonie dellAsia, dellAfrica e dellAmerica Latina, giacch soltanto allora sarebbero riportati a casa (brought home)19. Ma il punto, qui, non semplicemente cambiare le carte in tavola e affermare che la modernit, il capitalismo, o qualunque altra cosa,
T. Mitchell, Colonising Egypt, Cambridge University Press, Cambridge 1991. P. Rabinow, French Modern. Norms and Forms of the Social Environment, MIT Press, Cambridge (Mass.) 1989; G. Wright, The Politics of Design in French Colonial Urbanism, University of Chicago Press, Chicago 1991. 18 M.L. Pratt, Imperial Eyes. Travel Writing and Transculturation, Routledge, New York 1991. 19 [Qui lautrice impiega la pregnante espressione inglese to bring home, che significa tanto chiarire, far capire, rendere perspicuo quanto, pi letteralmente, portare a casa. In questo frangente, pertanto, ci significa riconsiderare (rendendoli maggiormente comprensibili) i simboli pi importanti della moderna cultura occidentale riportandoli allo stesso tempo nel loro contesto di origine (lEuropa), e quindi a casa solo attraverso la specifica declinazione cui essi hanno dato luogo allinterno delle molteplici situazioni coloniali nelle quali tali simboli sono stati impiegati (N.d.T.)]
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Una lettura coloniale di Foucault 29

siano stati inventati nelle colonie anzich in Europa, come alcuni degli studi sul colonialismo stanno vibratamente sostenendo. Si tratta piuttosto di immaginare nuovi modi di sovvertire profondamente le storiografie di Stato, tracciando gli itinerari transnazionali delle persone e i circuiti della produzione di sapere attraverso movimenti dotati di un respiro globale. Proprio a causa di questa assenza cos evidente, gli studiosi del colonialismo dovrebbero essere spronati a elaborare le genealogie di Foucault entro una mappa imperiale pi vasta. Tuttavia, lelemento cruciale de La volont di sapere che avrebbe dovuto dire qualcosa al mondo imperiale del diciannovesimo secolo stato largamente ignorato. Questo elemento il collegamento strategico tra la storia della sessualit e la costruzione della razza. Contrariamente a unimmagine ampiamente acquisita, per cui il libro di Foucault si concentrerebbe sulla sessualit e sul biopotere, i riferimenti al razzismo vi appaiono virtualmente in ogni capitolo. sorprendente come solo pochi degli interlocutori di Foucault ne abbiano parlato o li abbiano notati, visto che le due sezioni finali del libro si occupano direttamente della strumentalit della sessualit in riferimento alla nascita dei razzismi e della convergenza di entrambi nello Stato biopolitico. Si potrebbe affermare, come ha fatto tienne Balibar, che il razzismo ci che il concetto di biopotere si prefigge di spiegare20. Le lezioni del 1976, unitamente a quella pubblicata su Temps modernes nel 1991 con il sottotitolo La naissance du racisme (La nascita del razzismo), accreditano ancora di pi la tesi di Balibar, rendendo al contempo pi profondo il silenzio. Questo silenzio pu riflettere le costrizioni di un campo politico e intellettuale allinterno del quale Foucault era al tempo collocato, un campo nel quale il concetto di classe e il tipo di trasformazioni sociali generate dal capitalismo costituivano ancora il fondamento della teoria critica della societ e della politica. Non era lo stesso per la razza e la teoria razziale. Le storie del razzismo occupavano un ambito differente: nel mondo della ricerca americano, esse erano relegate a sottotema della storia della schiavit; in quello britannico, erano relegate nel campo politicamente anestetizzato e astorico delle relazioni tra razze (race relations); in quello francese, figuravano invece allinterno della storia del genocidio ebraico, mentre in quello tedesco erano inserite nella storia del particolarismo teutonico che aveva prodotto una storia degli orrori solo per liberarsi di ci che passato una volta per tutte.
. Balibar, Foucault et Marx. Lenjeu du nominalisme, in Michel Foucault, philosophe. Rencontre internationale, Paris, 9, 10, 11 janvier 1988, Seuil, Paris 1989; trad. it. Foucault e Marx. La posta in gioco del nominalismo, in . Balibar, La paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx, Mimesis, Milano 2001, pp. 157-170.
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30 Ann Laura Stoler Ma c di pi: dopo aver affrontato en passant la storia dei razzismi, Foucault ha bruscamente abbandonato il suo progetto. La guerra delle razze, lesplicita discussione del razzismo di Stato, scompaiono dai suoi corsi cos come dai suoi scritti successivi. difficile sapere se, teorizzando il razzismo, Foucault sia infine arrivato a un punto morto, come ha suggerito uno dei suoi pi stretti collaboratori. Ad ogni modo, nelle sue lezioni il razzismo collocato chiaramente nel cuore dei processi di normalizzazione e di regolazione dello Stato e della societ, processi che occuparono Foucault per diversi anni, sia prima sia dopo queste lezioni. In esse, il razzismo appariva come un aspetto normalizzante di un gran numero di formazioni statali, e non come un aspetto aberrante di queste ultime. Tuttavia, in Francia, il rifiuto di impegnarsi sulla questione del razzismo pu avere poco a che fare con Foucault. Esso potrebbe riflettere, invece, un pi diffuso e durevole rifiuto a considerare il razzismo come un aspetto fondamentale della storia contemporanea della Francia. Negli anni Novanta, londata di pubblicazioni e discorsi sulla forza dellestrema destra contrastava apertamente con il trattamento limitato e parziale che le era stato riservato in precedenza21. stato davvero soltanto in questo periodo, successivo alle vittorie del Front National alle elezioni regionali, che un pi ampio numero di intellettuali ha cercato di argomentare che il riconoscimento del razzismo francese e lattrattiva che esso esercitava sul Front National erano qualcosa di pi di un semplice segnale occasionale allinterno del suo orizzonte politico22. Mentre molti commentatori hanno cercato di enfatizzare la provenienza straniera e la singolare marginalit degli aderenti al Front National, analisi pi convincenti lo hanno descritto come un movimento germinato sul suolo francese, con una storia profonda e solidamente made in France23. Ma, anche tra queste ultime analisi, nessuna ha esplorato o preso in esame la relazione tra il razzismo francese e la costruzione del moderno Stato francese.
21 Si veda il mio Racist Visions for the Twenty-first Century. On the Cultural Politics of the Radical Right in France, in D. Goldberg e A. Quayson (a cura di), Relocating Postcolonialism, Blackwell, Oxford 2002. 22 Malgrado la recente ondata di libri sul razzismo e la destra radicale che documentano lascesa, la divisione e il crollo del Front National francese, i testi adottati nelle scuole medie e nei licei evitano categoricamente di menzionare la storia del razzismo in Francia. 23 Analisi pi sofisticate possono essere reperite in J.-Y. Camus, Le front National. Histoire et analyses, O. Laurens, Paris 1997. E, sul Front National come prodotto e parte integrante della storia e della politica francese, si veda il libro del giornalista H. Huertas, FN. Made in France, ditions Autrestemps, Paris 1997.

Una lettura coloniale di Foucault 31

Che sia una coincidenza o meno, bisogna aggiungere che solo recentemente queste lezioni di Foucault sono state pubblicate da due importanti case editrici francesi, Seuil e Gallimard, allinterno di un progetto editoriale destinato a includere i corsi da lui tenuti al Collge de France tra il 1970 e il 1984. Sebbene il volume che ha inaugurato questa serie non sia il suo primo corso, ma quello sulla razza24, lintroduzione a tale volume non menziona il tema principale del corso: le genealogie della razza e dei razzismi di Stato25. Foucault resta cos decisamente fuori dal campo di attenzione di coloro che in Francia scrivono sulla razza, e ci malgrado egli descriva discorsi quelli di una guerra delle razze e di una difesa della societ contro se stessa che sono ritornelli familiari nelle affermazioni del Front National, secondo cui occorre difendere la nazione e proteggere una societ francese in guerra civile. Ci nonostante, la tesi foucaultiana, presente nel corso del 1976, secondo la quale i razzismi sono alla base del modo in cui il biopotere si sviluppato in tutti gli Stati moderni, non fu accolta bene, come non lo stata nemmeno ventanni pi tardi, quando il corso ha visto la luce. Una recensione apparsa su Le Monde des Livres nel 1997 fa riferimento a questo aspetto della tesi di Foucault come a un sorprendente e inquietante sursaut (un balzo che avviene in modo improvviso e quasi involontario), sottolineando come Foucault sia stato troppo sbrigativo (il va soudain trop vite) e si sia spinto troppo oltre. Anche i filosofi pare abbiano ignorato questo corso. I primi articoli di rivista ad esso dedicati (presentati in una sezione monografica con il titolo Michel Foucault. Dalla guerra delle razze al biopotere) apparvero solo nel 200026. Se alcuni elementi di novit presenti in queste lezioni sono stati mal recepiti, come un prototipo del pensiero di Foucault, altri elementi metodologici sono stati invece acquisiti. In primo luogo, questo corso dovrebbe imporre una battuta di arresto a coloro che intendono la nozione foucaultiana di potere come qualcosa di sempre capillare e microfisico, piuttosto che rivolto ai macro-monopoli dello Stato. In questo corso, infatti, laccen24 M. Foucault, Il faut dfendre la socit . Cours au Collge de France. 1975-1976, Seuil/ Gallimard, Paris 1997; trad. it. di M. Bertani e A. Fontana, Bisogna difendere la societ, Feltrinelli, Milano 1998. Nella recensione di Delacampagne (Foucault, gnalogie du biopouvoir, cit.) si nota come sia stata una scelta appropriata quella di far apparire per primo, rispetto dellintera serie composta da tredici corsi, quello del 1976, dal momento che esso rappresenta un punto di svolta, una pausa nel percorso di Foucault. 25 Si veda, a titolo di esempio, Ch. Delacampagne, Foucault, gnalogie du biopouvoir, cit., p. 1. 26 Cfr. Y.Ch. Zarka (a cura di), Michel Foucault. De la guerre des races au biopouvoir, in Cits. Philosophie, politique, histoire, n. 2 (2000).

32 Ann Laura Stoler to posto sui moderni Stati biopolitici e sulle condizioni di possibilit che, al loro interno, permettono e condonano la spoliazione da ogni diritto e lomicidio sanzionati dallo Stato. In secondo luogo, piuttosto che fare ci per cui famoso, cio concentrarsi sulle discontinue fratture epistemiche che attraversano la storia, qui Foucault ci informa di un processo pi complesso. Tale processo include simultaneamente la re-inscrizione, lincasellamento e il ripristino termini usati ripetutamente nel corso di discorsi razziali pi antichi, nella misura in cui sono riformulati in nuovi discorsi, intesi come stratificazione di forme gerarchicamente sedimentate. attraverso questa tensione tra recupero e rottura che Foucault esplora la mobilit polivalente27 e tangibile dei razzismi. Prestare attenzione al ragionamento foucaultiano sul razzismo non significa pertanto proporre una lettura presentista del suo lavoro. Il razzismo una complessa allusione a come egli intende il biopotere e ai modi in cui concepisce lo Stato. Queste lezioni mostrano i suoi tentativi forzati volti a confrontarsi con il razzismo e a eliderlo da una prospettiva storica cos fissata sullEuropa che il genocidio coloniale (un termine usato da Foucault una sola volta) potrebbe, secondo la sua descrizione, derivare dalla politica interna europea, venendone sussunto e restando quindi inspiegato. I riferimenti al razzismo nel primo volume della Storia della sessualit non sono n marginali n superficiali, ma accuratamente segnalati in ogni parte del libro circostanza comprensibile dato che tale volume era collocato in un progetto che non sarebbe mai stato realizzato, quello dei sei volumi che Foucault aveva pensato di scrivere, con il sesto da intitolare Popolazioni e razze. Sebbene i riferimenti al razzismo siano rari allinterno de La volont di sapere, il razzismo moderno vi riveste un ruolo fondamentale. Secondo la genealogia foucaultiana, il discorso razziale costituiva una parte delle tecnologie del sesso che emersero nel diciottesimo secolo per regolare la condotta sessuale e attraverso le quali le popolazioni potevano essere incrementate e controllate. Tali tecnologie sarebbero diventate i punti di ancoraggio per le differenti variet di razzismo del diciannovesimo e ventesimo secolo28. Era larbitrato scientifico del sesso che autoM. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 70. [Per comodit espositiva, abbiamo tradotto questo passaggio sul calco della traduzione inglese del primo volume della Storia della sessualit: the anchorage points for the different varieties of racism of the nineteenth and twentieth centuries (M. Foucault, The History of Sexuality, cit., p. 26). Il passaggio originale (Les racismes du XIXe et du XXe sicle y trouveront certains de leurs points dancrage; M. Foucault, La volont de savoir, cit., p. 37) tradotto nella versione italiana nel modo seguente: I razzismi del XIX e del XX secolo vi troveranno alcune delle loro radici; M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 28 (N.d.T.)]
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Una lettura coloniale di Foucault 33

rizzava gli imperativi digiene volti a purificare e a rinvigorire il corpo sociale in forme che, come scrive Foucault, giustificavano i razzismi di Stato, allora imminenti. Si noti che qui il razzismo un potenziale in attesa di attualizzarsi, e non ancora la terra firma che avrebbe prodotto le rigide tassonomie razziali del tardo diciannovesimo secolo29. Una prospettiva coloniale potrebbe offrire una diversa cronologia con altre prefigurazioni, delle quali Foucault era chiaramente consapevole. Le tecnologie coloniali di governo recano testimonianza di politiche esplicitamente basate sulla razza che erano pi antiche e di uso diffuso. Perch, dunque, Foucault ha rifiutato categoricamente la descrizione pi comunemente accettata della sessualit del diciannovesimo secolo, ma ha abbracciato questa visione della storia della razza? Il primo volume della Storia della sessualit accenna ad alcune ragioni, ma le lezioni del 1976 ne forniscono certamente di pi. Le forme di colonialismo erano estranee alla sua prospettiva, cos come lo erano i loro sistemi di classificazione sociale basati sulla razza. Ma altrettanto importante notare che, come chiariscono i corsi, Foucault era interessato al razzismo di Stato, ritenendo che la nozione di discorso razziale dovesse essere applicata solo ad esso. Non da ultimo, Foucault si prefiggeva di spiegare lo Stato nazista e la soluzione finale cui esso fece ricorso (nelle lezioni del 1976 ci vale anche per lo Stato sovietico di Stalin). Tuttavia, egli non menziona mai n lAfrica dellApartheid, n gli Stati Uniti del segregazionismo. Lobiettivo del suo discorso era di descrivere in che modo uno Stato si avvalga del diritto e dellobbligo di uccidere non solo i suoi nemici esterni, ma anche quelli interni. Il suo interesse era rivolto a quelle forme discorsive e a quelle categorie che hanno reso le epurazioni interne una cosa di senso comune, a come lo Stato stabilisca quel che giusto e poi lo trasformi in un obbligo morale. Foucault sostiene che si tratta di un discorso che conferisce a un insieme di cittadini (citizenry) il diritto di uccidere alcuni dei propri membri, da esso designati, come un atto di benefica purificazione. Il corso del 1976, intitolato Bisogna difendere la societ, affronta questo discorso di difesa come un punto di ampia mobilitazione sociale. Simili tematiche non sono esplicitate nel primo volume della Storia della sessualit, ma nel corso del 1976 danno forma al progetto di Foucault. In questo corso, egli traccia la trasformazione e il rovesciamento di un discorso sullo Stato ingiusto che riapparir nel diciannovesimo secolo. Nel gennaio del 1976, Foucault afferma (si tratta della sua quarta lezione): Lo Stato [] , e deve essere, il protettore dellintegrit, della superiorit e
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M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 50.

34 Ann Laura Stoler della purezza della razza30. Il razzismo moderno figlio di questa conversione da un discorso sulle razze a un discorso sulla razza, da un discorso diretto contro lo Stato a uno organizzato da esso. Ne La volont di sapere, il razzismo incorporato nei primi discorsi sulla sessualit, ma non ancora in forma esplicita. soltanto nel tardo diciannovesimo secolo che linsieme perversione-ereditariet-degenerescenza arriva a formare il nucleo consistente di una nuova tecnologia del sesso, di cui il razzismo di Stato fu la forma esasperata e coerente ad un tempo31. Tali riferimenti sembrerebbero suggerire una storia progressiva del razzismo, che sarebbe emerso dalle precedenti tecnologie del sesso; tuttavia, la descrizione di Foucault pi articolata. Nel capitolo finale de La volont di sapere, il concetto di biopolitica e i suoi legami con il razzismo sono al centro delle argomentazioni foucaultiane. Il biopotere presentato come qualcosa che possiede due forme distinte: una riguardante la vita dellindividuo, laltra quella della specie. Sono la micro-organizzazione del corpo individuale e la macro-sorveglianza del corpo politico e i circuiti di controllo che esistono tra esse a collegare il loro destino. Si noti qui il legame cruciale: lincasellamento di un potere disciplinare che ha come obiettivo lindividuo allinterno di un potere statale che, a sua volta, ha come obiettivo il corpo sociale. questa configurazione che permette al razzismo di accedere alla sua forma contemporanea. Se ci spostiamo nellambito coloniale, queste formulazioni sono certo stimolanti, ma secondo modalit che mettono ancora pi in evidenza quel che Foucault non dice a proposito delle coordinate di genere del colonialismo. Nelle Indie Olandesi, nellAsia meridionale, e nelle colonie del Nord e del Sud America, le condotte sessuali (sexual arrangements) degli ufficiali della Compagnia, dei soldati subalterni (subaltern soldiers) e dei coloni erano monitorate, se non coerentemente regolate, da molto tempo, in modi che collocavano costantemente le donne la cui pelle era di colore diverso nella posizione di oggetti di desiderio e, pi indirettamente, anche in quella di indisciplinati soggetti di desiderio. difficile non cogliere le connessioni tra lelaborazione di categorie razziali, la prescrizione delle funzioni riproduttive femminili e lorganizzazione della sessualit. Gi prima della met del diciannovesimo secolo, come abbiamo visto32, i bambini olandesi nelle Indie abbandonati, illegittimi, e di sangue
M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 74. M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 105. 32 [Lautrice fa riferimento al precedente capitolo (il quinto) di Carnal Knowledge and Imperial Power, cit.: A Sentimental Education. Children on the Imperial Divide, pp. 112-139 (N.d.T.)]
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Una lettura coloniale di Foucault 35

misto erano divenuti il segno e lincarnazione del problema che, nella societ coloniale, richiedeva di essere risolto. Pi chiaramente definite, le prescrizioni borghesi che incoraggiavano unendogamia tra bianchi, unattenta cura dei figli, unistruzione in lingua olandese e una sorveglianza dei domestici, composero la rete di direttive destinate a sostenere le priorit dello Stato. Presi nel loro insieme, questi discorsi sulla trasgressione sessuale e razziale fornirono ai riformatori sociali una prova evidente che le politiche coloniali dovessero distinguere tra i veri (real) olandesi e quei nativi assimilati, Indios (olandesi) e bianchi poveri, il cui status di europei era ritenuto fittizio, cos come dovevano distinguere tra cittadini e sudditi, e tra colonizzatore e colonizzato. Dalla simbolica del sangue a unanalitica della sessualit Nel primo volume della Storia della sessualit Foucault scrive:
Dalla seconda met del XIX secolo successo che la tematica del sangue sia stata chiamata a vivificare ed a sostenere con tutto uno spessore storico il tipo di potere politico che si esercita attraverso i dispositivi di sessualit. Il razzismo si forma a questo punto (il razzismo nella sua forma moderna, statale, biologizzante)33.

Una descrizione della riapparizione della simbolica del sangue nella scienza del diciannovesimo secolo, in quanto tecnologia che funzionava per consolidare il razzismo, una storia che ci familiare. Quel che invece stona la genealogia selettivamente limitata allEuropa che Foucault trae da essa. Egli la traccia solamente a partire da una simbolica aristocratica di legittimit e discendenza, senza alcun cenno a una politica imperiale di esclusione esercitata precedentemente e rielaborata pi tardi su una base coloniale. La scienza e la medicina possono avere alimentato il riemergere delle credenze nel sangue, ma cos fece anche una teoria popolare (folk theory) del contagio culturale, altrettanto minaccioso del contagio biologico. Il rinnovato interesse per la simbolica del sangue derivava dalla logica imperiale per cui gli ibridi culturali (cultural hybridities) erano sovversivi, la sovversione era contagiosa e le sensibilit e affiliazioni dei nativi erano i legami invisibili che avrebbero potuto posizionare gli europei di sangue misto (mixed blood) contro i puri (full-blooded) europei che rivendicavano il diritto di governare. Per Foucault, il razzismo moderno una
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M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 132.

36 Ann Laura Stoler conseguenza di quel corpo di classe in corso di elaborazione. Dal mio punto di vista, la razza era invece costitutiva di quel corpo stesso. Le letture coloniali de La volont di sapere potrebbero essere cos poche perch le questioni relative a ci che costituiva le identit europee nelle colonie, a chi contasse in quanto europeo (potendo rivendicare il fatto di essere bianco), sono state solo adesso portate in primo piano nella teoria e nellanalisi critica delle culture. Elaborazioni coloniali del s borghese Il colonialismo non fu un progetto borghese sicuro ed egemonico34: fu solo in parte uno sforzo per importare sensibilit colte nelle colonie, essendo piuttosto un progetto interessato a produrle direttamente. Di certo, la maggior parte della popolazione europea nelle Indie Olandesi non ha mai goduto dei privilegi di quella che Benedict Anderson ha etichettato come una vera e propria aristocrazia borghese. Quella popolazione cos mal definita includeva bianchi poveri, soldati subalterni, il basso clero, bambini di sangue misto, ed europei creoli le cui condizioni economiche e sociali rendevano spesso, e nel migliore dei casi, molto tenui i legami con le civilizzazioni (civilities) borghesi delle metropoli. Non si trattava n di attori assenti dalla scena coloniale (come qualche storico ufficiale avrebbe sostenuto), n di unavanguardia ribelle contro il governo europeo (come pretendevano certe autorit). Si trattava piuttosto di gente in equilibrio precario, economicamente vulnerabile e il cui profilo sociale non era lineare (socially askew). Normalmente invisibili, questi individui venivano spinti al centro della scena in certi momenti strategici, e gli ufficiali coloniali erano sempre in veemente disaccordo su di loro. Il posto nel quale avrebbero dovuto essere collocati nella tassonomia razziale di Stato aveva a che fare con la misura in cui lo Stato era finanziariamente responsabile dei processi di impoverimento, cos come del raggiungimento di una certa autorit morale. Si noti che, in questo frangente, la statistica coloniale comparativa relativa ai poveri europei in Sudafrica, Australia, India e nelle Indie Olandesi non intendeva mai stimare quali europei fossero poveri, bens chi, tra i poveri, fosse davvero europeo e dovesse in quanto tale essere incluso in queste statistiche. La statistica era una scienza morale, e questi erano fondamentalmente giudizi morali sui poveri che servivano
Cfr. N. Thomas, Colonialisms Culture. Anthropology, Travel, and Government, Princeton University Press, Princeton 1994.
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Una lettura coloniale di Foucault 37

e su quelli che invece non servivano. Si trattava di valutazioni che dipendevano da una definizione di razza. Soltanto dopo e in base ad essa, gli ufficiali potevano approntare una politica sociale di welfare europeo e una definizione di povert. I nostri punti ciechi, per, sono una questione, quelli di Foucault unaltra. La sua descrizione di ci che la sessualit significava per la borghesia del diciottesimo secolo rigetta quel che egli considerava un facile riduzionismo economico, ovvero lenfasi sullo sfruttamento dellAltro (the Other). Foucault poteva cos scrivere:
[Attorno al] dispositivo di sessualit [] bisogna immaginarvi lautoaffermazione di una classe piuttosto che lasservimento di unaltra [], unorganizzazione politica della vita [] che si data un corpo da curare, da proteggere, da educare, da preservare da tutti i pericoli e da tutti i contatti, da isolare dagli altri perch conservi il suo valore differenziale35.

Si noti come anche la sintassi sia messa al lavoro per rendere assenti alcuni attori chiave. Foucault non concede alcuno spazio al fatto che questi corpi borghesi fossero prodotti entro un insieme di pratiche che non dipendevano mai dalla sola volont di autoaffermazione. Questo corpo da curare, da proteggere, da educare, da preservare da tutti i pericoli e da tutti i contatti richiedeva degli altri corpi che avrebbero svolto queste mansioni educative, e avrebbero fornito la tranquillit necessaria per tali pratiche autoriferite e per tali atti di auto-potenziamento (for such self-absorbed administerings and self-bolstering acts). Si trattava di un corpo caratterizzato per il suo genere (gendered body), e di un corpo dipendente da un intimo insieme di relazioni sessuali e di assistenza tra uomini francesi e donne vietnamite, tra donne olandesi e uomini delle Indie. Si trattava quindi di un corpo plasmato dalla politica della razza. Donne native che, presso le famiglie europee, servivano da concubine, domestiche, bambinaie, mogli, minacciavano al tempo stesso il valore differenziale dei corpi di adulti e bambini che erano l per essere protetti e rinvigoriti. Siamo in presenza di un insieme di tensioni fondamentali: tra una cultura della bianchezza (whiteness) che si isola dal mondo nativo e una serie di disposizioni domestiche e di distinzioni di classe tra europei che produce una prossimit culturale, rapporti intimi e simpatie che ne rappresentano la trasgressione. La famiglia, come avvertiva Foucault, non era il rifugio dinanzi alle forme di sessualit che appartenevano a un pericoloso mondo
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M. Foucault, La volont di sapere, cit., pp. 109-110, corsivo mio.

38 Ann Laura Stoler esterno, bens il loro luogo di produzione. Anche le autorit coloniali lo sapevano bene. Esse erano ossessionate da affronti morali, sessuali, razziali verso lidentit europea che avevano luogo nelle prigioni, nelle scuole e negli ospedali, e maggiormente, certo, l dove queste autorit avevano un controllo pi incerto, ovvero tra le mura domestiche. Come si evince dai capitoli precedenti, i manuali di medicina e le riviste di pedagogia insistevano sul fatto che i bambini di sangue misto nelle famiglie povere europee avessero bisogno di essere salvati dallambiente domestico circostante e separati della loro madri native. Anche i bambini europei benestanti sarebbero stati a rischio se non fossero state assicurate loro abitudini appropriate, se la socializzazione con i bambini pi poveri di origini miste non fosse stata monitorata e se certi protocolli sociali non fossero stati seguiti. Per entrambi, il rischio era che il proprio senso di appartenenza e i propri desideri lasciassero troppo il campo a ci che era stato localmente acquisito ed era considerato giavanese. Foucault sembrava pensare che si potesse facilmente assumere che la classe media fosse sicura di quel che stava sostenendo. Io credo che non fosse cos. Queste strategie di fabbricazione identitaria e di autoaffermazione erano labili, e si erano affermate mediante un repertorio culturale di competenze e di prescrizioni sessuali che si modificavano allo stesso modo in cui gli Stati soppesavano le strategie di profitto con la stabilit del governo. Lautodisciplina, la morale sessuale e lautocontrollo erano segni visibili delleducazione della classe media e determinavano ci che era invisibile e pi difficile da verificare in modo particolare, quel che definiva lessenza dellessere europeo (the essence of being European), e se le affinit creole e indie per le cose giavanesi non costituissero per essa una minaccia. Si potrebbe sostenere che tali nozioni razzializzate relative al s borghese fossero idiosincrasie coloniali che solo nelle colonie potevano essere applicate. Ma le metafore razziali e imperiali erano applicate alle distinzioni di classe in Europa gi da lunga data. Sebbene gli storici sociali abbiano generalmente assunto che le logiche razziali ricorrono a denigrazioni culturali precostituite che si concentrano a distinguere tra le virt della classe media e limmoralit del povero, tra il povero indegno (undeserving) e il povero rispettabile, pu benissimo darsi che tali etimi sociali fossero talvolta rovesciati. Il lessico dellimpero e le sue immagini sessualizzate possono aver alimentato il linguaggio di classe europeo tanto frequentemente quanto seguendo una direzione inversa. Da Montaigne a Mayhew, in Inghilterra, in Olanda e in Francia, le immagini imperiali dellaccentuato erotismo del colonizzato hanno saturato i discorsi di classe. Ma gi prima della met

Una lettura coloniale di Foucault 39

del diciannovesimo secolo venivano tracciati questi parallelismi tra le vite immorali del sottoproletariato inglese, dei miseri (dirt) contadini olandesi, degli operai irlandesi, o dei non-civilizzati dellAfrica e del Sud-Est asiatico. Discutere questo caso non equivale ad abbracciare inconsapevolmente le categorie comparative usate dagli Stati coloniali, quanto piuttosto ad incoraggiare a tracciare le storie di queste stesse comparazioni. Dovremmo quindi essere spinti a domandarci quali tipi di equivalenze si sarebbero dovute approntare e quali pretese di verit avrebbero permesso o meno di fare simili comparazioni. Limpero figurava, anche nella politica borghese del liberalismo e del nazionalismo, in modi che abbiamo soltanto cominciato ad esplorare. Come Uday Mehta ha affermato, allinterno del liberalismo borghese del diciottesimo secolo era inscritta una politica di esclusione basata sulla razza36. Le pi fondamentali nozioni delluniversalismo, quali natura umana e libert individuale, cos care a Locke e ai Mill (padre e figlio), riposavano sulleducazione e sullapprendimento di abitudini naturalizzate che venivano attivate da chi esibiva una tale natura ed era dotato della sensibilit che gli avrebbe permesso di esercitare tale libert innanzitutto nei confronti di chi era considerato inferiore da un punto di vista razziale in questo caso, il mondo coloniale del Sud dellAsia. I discorsi sulla sessualit, sul pensiero razziale, sulle retoriche del nazionalismo usavano marcatori visivi per classificare (con scarsi risultati) gli attributi culturali e affettivi su cui queste teorie popolari della differenza erano basate. La ricerca orientata a definire predicati morali ed essenze invisibili legava i discorsi borghesi sulla sessualit, sul razzismo e sul nazionalismo in modi che erano di fondamentale rilevanza. Il discorso nazionalista fissava quelle pratiche sessuali che avrebbero costruito la nazione, che avrebbero affermato la razza e che avrebbero altres marcato, come nota Doris Sommer, un erotismo improduttivo [] non solo [in quanto] immorale, [ma anche in quanto] non patriottico37. In questo ambito, alle donne europee veniva assegnato il ruolo di custodi, da un lato, dei loro uomini moralmente vulnerabili e, dallaltro, dello stesso carattere nazionale. Senza assumere i discorsi sulla nazione e sullimpero del diciannovesimo secolo,
U. Mehta, Liberal Strategies of Exclusion, in F. Cooper e A.L. Stoler (a cura di), Tensions of Empire. Colonial Cultures in a Bourgeois World, University of California Press, Berkeley 1997, pp. 59-86. 37 D. Sommer, Irresistible Romance. The Foundational Fictions of Latin America, in H.K. Bhabha (a cura di), Nation and Narration, University of California Press, Berkeley 1990, p. 87.
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40 Ann Laura Stoler lelaborazione (cultivation) del s borghese e le sue attribuzioni di genere sembrano essere radicate soltanto entro i confini dellEuropa e allinterno della nazione, anzich essere considerate un elemento inerente alla costruzione di queste ultime. La sessualit infantile e lalienazione degli affetti
Non era il bambino del popolo, il futuro operaio al quale si sarebbero dovute insegnare le discipline del corpo; era il collegiale, il bambino circondato da domestici, da precettori e da governanti, e che rischiava di compromettere non tanto una forza fisica, ma delle capacit intellettuali, un dovere morale e lobbligo di conservare alla sua famiglia ed alla sua classe una discendenza sana38.

Lattenzione che, ne La volont di sapere, Foucault presta a quel che chiamava la pedagogizzazione del sesso del bambino schematica, non sistematica, e inquadrata solo nelle sue linee generali. Tuttavia, questo tema era centrale per la sua concezione dello Stato biopolitico. Di fatto, il terzo dei sei volumi previsti dal progetto della Storia della sessualit doveva essere intitolato La crociata dei bambini (La croisade des enfants). Tale progetto non fu mai portato a termine; ci nonostante, quel che Foucault aveva da dire sul discorso intorno ai bambini e alla masturbazione rende intelligibili in modo significativo le sue varianti coloniali. Se era questo uno dei principali luoghi discorsivi in cui la cultura borghese definiva e difendeva il suo interesse, da una prospettiva coloniale era anche uno dei siti chiave in cui i confini razziali erano trasgrediti e le identit nazionali prendevano forma. Si trattava di un discorso in cui la distribuzione e leducazione del desiderio erano collocate tra le mura domestiche, come Foucault dice, in quel minuscolo spazio familiare sessualmente saturo39. Nelle Indie Olandesi, questi discorsi erano animati non dal timore che i bambini toccassero i propri corpi, ma dalla paura che i loro affetti si sarebbero potuti rivolgere verso corpi che non avrebbero dovuto toccare. Foucault giustamente osservava che la profusione di prescrizioni e di protocolli attorno ai bambini sosteneva lelaborazione di un s borghese. Ma proprio qui vi era questo insieme di Altri stereotipici (adombrato, come
M. Foucault, La volont di sapere, cit., pp. 107-108. M. Foucault, Rsum des cours, 1970-1982, Julliard, Paris 1989, p. 78; trad. it. in M. Foucault, Gli anormali. Corso al Collge de France (1974-1975), a cura di V. Marchetti e A. Salomoni, Feltrinelli, Milano 2000, p. 291.
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Una lettura coloniale di Foucault 41

abbiamo visto, in tali narrazioni) rispetto al quale i quotidiani limiti dellelaborazione del s sarebbero stati tracciati. Come Foucault aveva spiegato nei suoi Resum des cours relativi alle lezioni del 1974-1975 su Les anormaux (Gli anormali), le autorit consideravano le trasgressioni compiute dai bambini come una colpa dei genitori che li affidavano a nutrici, domestici e precettori a tutti quegli intermediari che vengono regolarmente denunciati come iniziatori al vizio e alla dissolutezza40. Filosofi liberali, legislatori coloniali, pensatori nazionalisti non avrebbero potuto concordare di pi. Condividevano tutti una preoccupazione politica per le disposizioni dei bambini, per la malleabilit delle loro menti, e per la formazione (training) di pratiche abituali, pratiche che sarebbero apparse naturali da bambini e poi anche da adulti. La stretta sorveglianza esercitata sul personale domestico era un modo di proteggere i bambini. Lallontanamento da casa era un altro, come attesta la proliferazione delle scuole materne e degli asili dinfanzia che, durante il diciannovesimo secolo, furono attivamente sostenuti dallo Stato. Filosofi morali e legislatori coloniali erano spinti dalla convinzione che le famiglie borghesi stessero approntando uninsoddisfacente organizzazione dellinfanzia, e dunque che neonati e bambini sarebbero stati meglio negli asili dinfanzia piuttosto che sotto le cure del personale domestico. In quasi tutti i dibattiti che si svolgevano nelle Indie Olandesi intorno alla masturbazione e ai bambini europei sessualmente precoci ci si chiedeva se questi stessi bambini sarebbero stati in grado di acquisire quel tipo di sensibilit che avrebbe loro permesso di crescere come degli europei. Listruzione scolastica era offerta come una protezione contro i rischi cui le ragazze sarebbero andate incontro al di fuori della famiglia, ma anche contro i rischi ancor pi pericolosi cui esse sarebbero state esposte al suo interno. Questi discorsi non prendevano di mira la sessualit infantile, come accadeva per i pericoli generati da desideri culturalmente estranei e da separazioni affettive che finivano per distruggere gli ambienti (milieus) controllati culturalmente cui i bambini europei appartenevano legittimamente. I bambini richiedevano un ambiente isolato da quegli atteggiamenti sentimentali (conduits of sentiment) che avrebbero tolto loro ogni inclinazione a sentirsi a casa allinterno di una cornice europea come afferm un ufficiale coloniale, pensare e sentire non in olandese ma in malese o in giavanese. I domestici avrebbero potuto rubare qualcosa di pi che la semplice innocenza sessuale dei bambini europei. Essi avrebbero potuto
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Ivi, p. 290.

42 Ann Laura Stoler orientare diversamente i loro gusti culturali (cultural longings), i loro odori preferiti, i sapori che avrebbero ricercato, e infine i loro desideri sessuali. Judith Butler ha definito la Storia della sessualit una storia del desiderio occidentale, ma io non sono ancora convinta che sia proprio questo il caso. Certo, dal primo volume apprendiamo poco sul tipo di passioni che vengono prodotte e su che cosa la gente ha fatto con esse. E apprendiamo ancora meno sul modo in cui il piacere era distribuito, su come il desiderio era motivato e in quale maniera il potere veniva a mostrarsi. Ma chi tra noi studia la sessualit e limpero non fa, in fondo, molto di meglio. Potremmo essere tutti daccordo sul fatto che la carnalit (carnality) abbia sottoscritto credenze popolari europee sulla razza per diversi secoli. Ma negli studi coloniali la sfera carnale (the carnal) risulta sospesa come un istinto preculturale, assunto come dato e non ulteriormente esaminato. Tali analisi spesso procedono non dalla premessa foucaultiana secondo cui i desideri sessuali (sexual cravings) sono costrutti sociali e il sesso uninvenzione del diciannovesimo secolo, bens da una premessa implicitamente freudiana (e imperiale). Secondo questultima narrazione, il colonialismo ha espresso il sublimato sfogo sessuale (sublimated sexual outlet) di uomini virili e omoerotici. Inoltre, le donne bianche, nel loro complesso, mostrano di provare sofferenze e piaceri, ma mai di avere una qualche sessualit. Attraverso queste storie sulla sessualit, gli abitanti europei delle colonie e i loro osservatori metropolitani parlavano dei propri desideri, e ci che li distingueva dagli altri eccitava sensibilit che rivelavano una specificit di classe. Cos la suscettibilit sessuale dei bambini europei, a latitudini tropicali, richiedeva una vigilante educazione dei loro desideri e unattenzione affinch i contatti (con i) nativi fossero controllati. Le donne europee delle colonie le cui scelte coniugali erano reputate inadatte, come abbiamo visto nel quarto capitolo41, potevano essere private dalla loro comunit fatta di europei della protezione riservata alla loro condizione femminile, e vedere cos rinnegato il proprio status di vere europee. Analogamente, i discorsi coloniali sul desiderio contrapponevano gli uomini passionali dei ceti bassi a quelli borghesi dotati invece di carattere. Essi non passavano il sesso sotto silenzio, bens descrivevano volontariamente e minuziosamente i suoi etimi sociali. Questi discorsi attribuivano degli eccessi sessuali a chi era di origine creola, a chi veniva dai ceti bassi, e a chi era di sangue misto: cio a chi veniva considerato un europeo fittizio
[Ancora una volta un riferimento interno a Carnal Knowledge and Imperial Power, cit., il cui quarto capitolo porta come titolo: Sexual Affronts and Racial Frontiers. Cultural Compentence and the Dangers of Mtissage, pp. 79-111 (N.d.T.)]
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Una lettura coloniale di Foucault 43

e non un europeo borghese in tutto e per tutto. Tali rappresentazioni riposavano sulla presenza di altri attori, su una valutazione della loro sessualit intesa da un lato come verit del s e, dallaltro, come classificazione della categoria sociale cui essi realmente appartenevano. Le missioni moralizzatrici inglesi, francesi e olandesi producevano discorsi che contrapponevano il desiderio alla ragione, listinto del nativo allautodisciplina del bianco, una sessualit sovversiva e improduttiva al produttivo sesso patriottico. Tuttavia, queste linee non sarebbero potute mai essere tracciate n erano destinate ad essere tracciate secondo unevidenza razziale. Simili valutazioni sulla sessualit della masturbazione infantile, sulla promiscuit tra i domestici, sui bianchi degenerati e sugli estranei presenti nella casa borghese si condensavano attorno a ci che era considerato come una minaccia allinterno di questi momenti di trasgressione. Lintimit sessuale e la precocit erano certo messe in questione, ma non vi era solo questo. Levidenza di legami emozionali, il confondersi del sangue e del latte, limpudenza, la mancanza di rispetto o lindifferenza erano altrettanto pericolosi del sapere carnale (carnal knowledge) e del sangue impuro. Non vi era inoltre alcun riferimento a particolari sentimenti che non fosse un pretesto per parlare di ci che contava realmente: il sesso. Le sovversioni dellordine borghese erano ci che minacciava questo repertorio di sensibilit etichettato come carattere personale e che definiva chi poteva essere classificato come bianco. Queste situazioni di contagio culturale potevano distruggere la dicotomia governante/governato nella misura in cui chiarivano e nello stesso tempo confondevano quello che si supponeva significasse lessere rispettabile e lessere propriamente coloniale. Il desiderio pu certamente esser stato ricondotto alla sfera sessuale, ma i desideri in questione incarnavano altre potenti sensibilit. Lelaborazione di un s che fosse indipendente (self-reliant), senza pretese e moralmente puro era pensata con lobiettivo di definire il paesaggio interiore dei veri europei e le frontiere interne di quei sistemi politici superiori cui essi appartenevano legittimamente e cui dovevano costantemente ricordarsi di appartenere. Ragionare in modo pi ampio su leducazione del desiderio pu aiutare a evitare unaporia: riprodurre gli stessi termini dei pi importanti discorsi imperiali che riducevano e interpretavano ogni desiderio in chiave sessuale. Tale ragionamento offre invece una diversa opzione, che consiste nel fare attenzione a un pi vasto ambito di disposizioni affettive e di trasgressioni culturali che modellava ci di cui non si poteva parlare e ci che doveva essere detto.

44 Ann Laura Stoler Ulteriori riflessioni Per alcuni, Race and the Education of Desire si rivelato pi utile di quanto sperassi, per altri si invece rivelato scomodo. Studiosi appartenenti a diversi ambiti disciplinari sono stati colpiti o addirittura disturbati da Foucault. Alcuni hanno condiviso il mio interesse sul perch cos poche persone abbiano utilizzato le periodizzazioni di Foucault nel mondo delle colonie, unendosi entusiasticamente a me nel domandarsi perch ci non venisse fatto. Diversi altri studiosi del colonialismo si sono uniti a me nel mettere in discussione larticolazione tra il biopotere europeo e i razzismi coloniali, sia negli imperi contigui (contiguous empires) sia in quelli doltremare. Pochi altri hanno invece cercato di chiedersi se un linguaggio della razza si fosse formato a partire da un linguaggio inerente alla classe (come suggerisce il discorso razziale del diciannovesimo secolo) piuttosto che in altro modo. Ma, stranamente, linteresse portato su Foucault ha disturbato pi di quanto potessi immaginare. Per quanto molti studi sul colonialismo in Inghilterra e negli Stati Uniti avessero fatto ricorso a Foucault, gli storici olandesi si erano in linea di massima astenuti dal farlo. Per loro il mio libro non era sullimpero olandese, ma su Foucault. Per gli studiosi foucaultiani di formazione filosofica era invece sul colonialismo e sulla razza. Nessuno lo ha recensito. Un critico notava la mia eccessiva fiducia nelle forme di analisi empirica; un altro suggeriva che il libro fosse insufficientemente impregnato del mondo empirico e nativo. Si fatto riferimento ad esso come a un libro facilmente leggibile e pure allo stesso tempo eccessivamente denso (overcongested). Alcuni hanno abbracciato la mia rilettura della sessualit europea attraverso limpero; altri lhanno criticata perch appariva razzialmente deterministica. Molti hanno curiosamente suggerito che ero stata troppo generosa con Foucault. Leggendo il libro come unetnografia coloniale, alcuni hanno cominciato a domandarsi se Foucault non potesse essere omesso del tutto. Pi di recente, un collega mi ha chiesto, in modo benevolo, perch ancora unaltra donna interessata alla teoria cercasse di inquadrare il suo contributo attraverso un soggetto maschile. Il disincanto verso Foucault non certo nuovo, n mi interessa. Ma chiaramente qualcosa non era stato afferrato. Io sono piuttosto interessata a chiedermi perch, malgrado un ampio numero di lettori, quelli che ancora considero come alcuni dei punti di maggior interesse critico nel mio libro e ugualmente nei lavori di Foucault sembrino essere passati inosservati, se non addirittura ignorati.

Una lettura coloniale di Foucault 45

Non da ultimo, tra questi punti dinteresse ve n uno che ho gi menzionato: lo sforzo foucaultiano di ragionare attraverso una specifica genealogia dei discorsi sulla razza. Altrettanto importante lenfasi posta nel corso del 1976 sul razzismo moderno inteso come caratteristica inerente alle forme statali contemporanee. Lattenzione di Foucault era decisamente rivolta non a qualche generica nozione di razzismo, ma a ci che egli chiamava razzismo di Stato o razzismo nella sua forma statale, ovvero il razzismo come parte di un apparato di normalizzazione proprio dello Stato capitalista, fascista e socialista. Tale spostamento di attenzione comporta una duplice conseguenza: esso porta a riconsiderare il razzismo non come uno sviluppo aberrante e patologico dellautorit dello Stato allora in crisi, bens come una fondamentale e indispensabile tecnologia di governo come un meccanismo operativo del biopotere. Questo suscita una domanda ulteriore: come ha potuto il razzismo funzionare in questo modo? E come ha potuto, allo stesso tempo, soddisfare unampia gamma di agende politiche? Tali questioni sono fondamentali sotto diversi aspetti per la progressione delle lezioni del 1976. Poich, l dove Foucault cominci la sua esegesi, non vi era alcuna discussione sul razzismo, come ci si sarebbe potuto attendere, ma solo un insieme pi generale di osservazioni circa la natura del potere, della conoscenza erudita, delle formazioni discorsive. Come fece nel progetto metodologico de Larcheologia del sapere, ancora una volta Foucault confuta e rifiuta lidea secondo cui una formazione discorsiva pu essere identificata in virt della sua unit e della sua coerenza. Secondo Foucault, invece, essa deve essere identificata con le differenti possibilit che [tale formazione discorsiva] consente di ridare vita a temi gi esistenti, di suscitare delle strategie opposte, di far posto a interessi inconciliabili, di permettere di giocare partite differenti con un numero determinato di concetti42. Sono le differenti manifestazioni della mobilit polivalente che Foucault individua nel suo corso sulla razza. Sostenendo, allinizio delle sue due prime lezioni, che i discorsi si compongono sia della conoscenza erudita sia dei saperi assoggettati, egli si sofferma su un punto davvero degno di nota: i discorsi, soltanto in apparenza unificati, sono invece storicamente stratificati con una serie di contro-discorsi (oppositional discourses) permeM. Foucault, Larchologie du savoir, Gallimard, Paris 1969; trad. it. di G. Bogliolo, Larcheologia del sapere, Rizzoli, Milano 1971, p. 51. [La traduzione inglese cui lautrice fa riferimento a cura di A.M. Sheridan Smith, The Archaeology of Knowledge, Pantheon, New York 1972 (N.d.T.)]
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46 Ann Laura Stoler ati dal ritorno dei saperi assoggettati, i quali possono insorgere accanto ai discorsi ufficiali. In breve, il discorso sulla razza non sempre stato uno strumento dello Stato n stato sempre mobilitato contro di esso. I discorsi razziali si sono diffusi su un campo pi ampio. Le loro genealogie dovrebbero individuare i loro differenti spazi di dissenso e i loro specifici luoghi di dispersione43. Le prime due lezioni sono state canonizzate (anzi feticizzate) come la parte dellopera di Foucault che interpella pi direttamente gli studi storici sui subalterni. Ma ci avvenuto in una maniera molto particolare, ovvero partendo da una proposizione controintuitiva. I saperi squalificati possono essere di diversi tipi. Come il campo della frenologia, essi possono essere valorizzati in un certo momento storico, e pi tardi essere messi da parte, senza che vengano scalfiti i princpi che ne sono alla base; ovvero, una convergenza tra fisiologia e gli stati interni che determina la razza. Tuttavia, i saperi squalificati possono lavorare contro loro stessi ed essere al servizio della conoscenza erudita. Il discorso sulla razza, per esempio, accresce la propria forza non perch un discorso scientificamente validato, ma proprio per la ragione opposta. Esso saturo di sentimentalismi che ne accentuano il richiamo. I saperi squalificati possono fare qualcosa di diverso: usurpare lo spazio della conoscenza erudita e, attraverso la loro insurrezione, rovesciare il mondo da sotto in su. Cos, le prime due lezioni consacrate a questa insurrezione introducono un tipo particolare di storia, una genealogia della razza. Un secondo importante aspetto merita una maggiore attenzione: Foucault ricorre alla nozione di mobilit polivalente per spiegare perch il discorso razziale raramente consista soltanto nelle sue affiliazioni politiche o nelle sue rivendicazioni strategiche. Esso pu infatti soddisfare unagenda politica reazionaria o viceversa una riformista; pu essere mobilitato contro lo Stato in un certo momento storico ed essere da esso usurpato in un altro momento. Il riconoscimento di questa qualit pu aiutare a descrivere la sua plasticit (resilience) e la durevole importanza che ha rivestito nel tempo. Ho provato a sostenere, in altra sede, che questo stesso fatto che i discorsi razziali contengano, rispettino e coesistano con unampia gamma di agende politiche non una contraddizione, ma una fondamentale caratteristica storica delle loro genealogie politiche non lineari44. Questa attenzione analitica verso il modo in cui tali contro-narrazioni e tali saperi squalificati possono riaffiorare allinterno dei discorsi ufficiali
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Ivi, p. 202. Si veda il mio Racial Histories and Their Regimes of Truth, cit., nota 5.

Una lettura coloniale di Foucault 47

si lega a una terza tematica. Essa costituisce una critica alla comprensione foucaultiana della plasticit dei discorsi razziali e della forza delle formazioni discorsive: si tratta della tensione che Foucault individua tra processi di rottura e processi di recupero. Colpisce quanto il progetto storico e filosofico di Foucault continui ad essere caratterizzato dallinteresse per la discontinuit storica, le improvvise fratture, le dispersioni in tempi e spazi inattesi. Molti studiosi ritengono che questo sia il suo contributo pi caratterizzante, il vero e proprio marchio di fabbrica dei suoi lavori. Nondimeno, da queste lezioni si evince che le formazioni discorsive non sono mai costruite soltanto su una rottura epistemica. I discorsi sulla razza e su come la razza diventata oggetto di sapere ovvero le teorie popolari ed erudite che definiscono il sapere su di essa sono da declinare al plurale e non al singolare; sono inoltre di natura sedimentaria anzich lineare. allinterno di queste pieghe sedimentate che possono riemergere nuovi piani e nuove superfici. Queste possibilit cos preservate rendono conto del perch i discorsi razziali appaiano come nuovi e allo stesso tempo come rinnovati. Ma che cosa rende invece conto di quelle specifiche caratteristiche disponibili per un recupero? Cosa rende certe cose suscettibili di una ricodificazione? Cosa fa s che lattuale discorso dellestrema destra europea sulla cittadinanza, sugli stranieri, sulleducazione nazionale appaia cos simile al pi ampio discorso che su questi temi riscuote consenso e non dissimile da quello dei demagoghi della razza di un secolo fa? Nessuno sosterrebbe che il corso del 1976 offra unanalisi esaustiva tanto dei discorsi razziali quanto dei razzismi di Stato. Daltra parte, pochi si sono interrogati su tali sconcertanti questioni riguardanti la formazione degli Stati moderni, esplorando la possibile reversibilit dei discorsi razziali e i processi di inversione. Se Foucault insiste su alcune questioni piuttosto che su altre, sta a noi, ventanni pi tardi45, occuparci di quelle di cui egli non ha potuto trattare e non ha trattato. Sta a noi comprendere le condizioni di possibilit che conferiscono al pensiero razziale la sua continua e rinnovata attualit; sta ancora a noi esaminare minuziosamente le forme in cui le prospettive basate sulla razza si proclamano come momenti rilevanti del ventesimo secolo; sta infine a noi comprendere cosa carichi queste ultime di un richiamo populista e dopposizione. Lassunto foucaultiano secondo cui le politiche statali sono dirette alla difesa della societ contro se stessa produce agghiaccianti risonanze con i discorsi di estrema destra attualmente presenti in Europa. Comprendere in modo pi approfondito quel che lega razzismi, biopoliti45

[Cfr. supra, nota 15 (N.d.T.)]

48 Ann Laura Stoler ca e Stati moderni potrebbe essere un modo di partecipare allimpresa che Foucault stesso incoraggiava: scrivere storie in grado di alimentare al loro interno inversioni, recuperi, insurrezioni46.
Traduzione dallinglese di Orazio Irrera

Ann Laura Stoler The New School for Social Research StolerA@newschool.edu

.
A Colonial Reading of Foucault: Bourgeois Bodies and Racial Selves This paper focuses on the education of desire in the making of colonial governance. In it, I challenge Foucaults history of the carnal while drawing on his genealogy of race. In so doing, I both rehearse and move beyond the argument proposed in Race and the Education of Desire, asking not only how the history of empire affects a history of European sexuality, but also how its inclusion may alter our understanding of how racism figures in the making of modern states. Most important, this paper points to the methodological insights that Foucaults histories of racial discourse and biopower afford by underscoring both the polyvalent mobility of racial discourse and what might be gained by attending to racial discourses as historical processes of rupture and recuperation. It makes theoretically explicit a relevant theme: how and why microsites of familial and intimate space figure so prominently in the macropolitics of imperial rule. Keywords: Colonial history, History of sexuality, Racism, Empire, Bourgeois self, Intimacy.

[Abbiamo omesso lultima riga del testo originale (Il capitolo che segue uno sforzo in questa direzione), che costituisce un raccordo con il successivo capitolo (il settimo) di Carnal Knowledge and Imperial Power, cit., il cui titolo Memory-Work in Java. A Cautionary Tale, pp. 162-204 (N.d.T.)]
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La confessione (anti)coloniale.
Matthieu Renault

Razza e verit nelle colonie: Fanon dopo Foucault *

Introduzione. Decentrare la cultura della confessione

Nella lezione inaugurale del suo corso al Collge de France del 1984, Il

coraggio della verit, Foucault traccia il percorso che lo ha condotto a sollevare il problema della parrhesia (il parlar franco), a sostituire alla questione delle strutture epistemologiche quella delle forme aleturgiche, ovvero a interrogare non tanto la verit o i discorsi che si propongono e che vengono recepiti come discorsi veri, quanto la produzione della verit, latto attraverso il quale la verit si manifesta. Foucault evoca in questo frangente il passaggio dalle questioni sulle pratiche e sui discorsi di verit sul soggetto (folle, delinquente, che parla e che lavora), allo studio del discorso di verit su se stesso che il soggetto pu fare ed capace di fare, da cui deriva lattenzione portata su tutta una serie di pratiche come laveu, lesame di coscienza, la confessione1. Questo passaggio era gi presente in
* [Il titolo originale di questo articolo Laveu (anti)colonial. Race et vrit dans les colonies: Fanon aprs Foucault. Abbiamo deciso di tradurre il termine aveu con confessione, seguendo una scelta che va per la maggiore nelle traduzioni italiane dei testi di Foucault. Tuttavia, importante ricordare che in francese aveu e confession non sono sovrapponibili e che Foucault stesso, gi a partire da La volont di sapere, li distingue. Riportiamo a questo proposito una nota presente nellArchivio Foucault 3, curato da Alessandro Pandolfi: La confessione (confession) listituzione sacramentale della pastorale cristiana, codificata a partire dal Concilio Laterano (1215). Laveu il cuore della confessione: un rapporto obbligato verso se stessi nei termini di una comunicazione, concernente la verit di s, rivolta a un altro. Questo nucleo discorsivo della confessione viene assunto e continuamente trasformato dalle pratiche di potere e dalle forme del sapere della modernit: Levoluzione della parola aveu e della funzione giuridica che ha designato di per se stessa caratteristica: dallaveu (omaggio), garanzia di statuto, didentit e di valore accordata a qualcuno da un altro, si passati allaveu (confessione), riconoscimento da parte di qualcuno delle proprie azioni o pensieri []. La confessione della verit si iscritta nel seno delle procedure dindividualizzazione da parte del potere; M. Foucault, Histoire de la sexualit I. La volont de savoir, Gallimard, Paris 1976; trad. it. di P. Pasquino e G. Procacci, La volont di sapere. Storia della sessualit 1, Feltrinelli, Milano 1978, p. 54 (Archivio Foucault 3. Estetica dellesistenza, etica, politica, a cura di A. Pandolfi, Feltrinelli, Milano 1998, p. 113). Nel presente articolo viene
materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 49-68.

50 Matthieu Renault La volont di sapere: Almeno a partire dal Medio Evo, le societ occidentali hanno posto la confessione fra i riti pi importanti da cui si attende la produzione della verit; che sia spontanea, imposta o estorta, la confessione diventata, in Occidente, una delle tecniche pi altamente valorizzate per produrre la verit: Luomo, in Occidente, diventato una bestia da confessione2. In ognuna di queste asserzioni, Foucault localizza loggetto della sua indagine, situandolo con molta precisione in Occidente, come se l, piuttosto che altrove, egli avesse dovuto limitare la portata potenziale del proprio discorso, come se la pratica (e il concetto) della confessione rischiassero di rivelarsi singolarmente confinati allo spazio occidentale3. Lo stesso vale anche per le conferenze pronunciate nel 1981 allUniversit di Lovanio, recentemente pubblicate con il titolo Mal faire, dire vrai. Fonction de laveu en justice: se ci si attiene alle nostre societ alle societ occidentali cristiane mi sembra che si possa parlare, senza speculare eccessivamente, di unimponente crescita della confessione4.
fatto riferimento, tanto per Foucault quanto per Fanon, solo allaveu. Quando questa nozione compare con confession (intesa come istituzione sacramentale) abbiamo modificato la traduzione italiana, lasciando il termine in francese per evidenziare la compresenza delle due nozioni (N.d.T.)] 1 M. Foucault, Le courage de la vrit. Le gouvernement de soi et des autres II. Cours au Collge de France. 1984, a cura di F. Gros, Seuil/Gallimard, Paris 2009, pp. 4-5; trad. it. Il coraggio della verit. Il governo di s e degli altri II. Corso al Collge de France (1984), Feltrinelli, Milano 2011, pp. 14-15 (traduzione modificata). 2 M. Foucault, Histoire de la sexualit I, cit., pp. 78-80; trad. it. cit., pp. 54-55. 3 Sugli spazi di riferimento del pensiero foucaultiano e sul problema dei suoi limiti e delle sue frontiere, si veda lintervista che Foucault ha rilasciato alla rivista Hrodote nel 1976: M. Foucault, Questions Michel Foucault sur la gographie, in Hrodote, n. 1 (1976), pp. 71-85, ora in Dits et crits II, 1976-1988, a cura di D. Defert e F. Ewald, Gallimard, Paris 2001, pp. 31-32; trad. it. Domande a Michel Foucault sulla geografia, in M. Foucault, Microfisica del potere, a cura di A. Fontana e P. Pasquino, Einaudi, Torino 1977, pp. 151-152. 4 M. Foucault, Mal faire, dire vrai. Fonction de laveu en justice, a cura di F. Brion e B. Harcourt, Presses Universitaires de Louvain, Louvain-la-Neuve 2012, p. 7 [trad. it. nostra, come in tutti i successivi passaggi tratti da questo volume (N.d.T.)]. Nella conferenza inaugurale, Foucault consegna al suo pubblico la seguente definizione di questa tecnologia del soggetto che la confessione: La confessione un atto verbale attraverso il quale il soggetto, in unaffermazione relativa a ci che egli , si lega a questa verit, si pone in un rapporto di dipendenza nei confronti di un altro e modifica nello stesso tempo il rapporto che ha con se stesso (ibidem). Quel che interessa Foucault lo strano rapporto che lega la confessione alla verit: le differenti forme di veridizione, le differenti forme del dir-vero, i differenti giochi del vero e del falso (ivi, p.9); la considerevole crescita del ruolo della confessione in Occidente e le sue mutazioni a partire dallAntichit che Foucault si propone di esporre nelle successive conferenze (ivi, p. 12).

La confessione (anti)coloniale 51

Risulta legittimo interrogarsi se non proprio sullattualit di Foucault, quanto meno su una certa storia del presente che non poteva non costituire lo sfondo delle sue riflessioni sulla confessione. Come trascurare a questo riguardo la guerra dAlgeria5 che, attraverso lesercizio sistematico della tortura, aveva dato luogo a una crescita letteralmente mostruosa delle pratiche di estorsione di confessioni? Queste pratiche non erano del resto limitate al colonialismo algerino, come testimoniato per esempio dal processo ai parlamentari in Madagascar che aveva seguito linsurrezione del 29 marzo 1947, la cui sanguinaria repressione aveva in precedenza fatto decine di migliaia di morti6. Ma al di l, o piuttosto al di qua, di questa esperienza-limite che la tortura, si in diritto di chiedersi se lessere in cerca di confessioni da parte del colonizzato non si situi nel cuore stesso del funzionamento quotidiano dei meccanismi di assoggettamento coloniale. In altri termini, non si avuta una cultura coloniale della confessione? Sollevare tale questione non significa tanto impegnarsi a prendere delle culture altre (non occidentali) come oggetto, quanto piuttosto decentrare la cultura occidentale della confessione magistralmente descritta da Foucault, ovvero pensare a partire dai suoi margini, da questo fuori che sono gli spazi coloniali. Pensare la confessione coloniale significa, in questo senso, dare inizio alla scrittura di una storia della verit nelle colonie allinterno della questione foucaultiana della produzione storica della verit, aggiungendovi, mediante lo stesso gesto, anche quella della sua localizzazione geografica (e geopolitica): dov la verit?7. Pensare la confessione coloniale equivale cos a operare una decolonizzazione della verit, ovvero (in termini pi foucaultiani) uninterpretazione decoloniale delle forme aleturgiche. In questa sede non possiamo fare altro che limitarci a dare inizio a un simile compito. Da questo punto di vista, ci sembra particolarmente euristico mettere alla prova il pensiero di Foucault con gli scritti dello psichia5 Tralasciamo qui unaltra storia, quella del Processo di Mosca (1936-1938), che fu con ritardo e a seguito della pubblicazione di Laveu di Artur London sul Processo di Praga (A. London, Laveu. Dans lengrenage du procs de Prague, Gallimard, Paris 1968) fonte di unimportante letteratura che interrogava non tanto i fatti in s, ormai riconosciuti come tali, quanto invece le ragioni per cui gli accusati passavano alle false confessioni (si veda come esempio A. Kriegel, Les grands procs dans les systmes communistes, Gallimard, Paris 1972). 6 Cfr. P. Stibbe, Justice pour les Malgaches, Seuil, Paris 1954; J. Tronchon, Linsurrection malgache de 1947, Karthala, Paris 1986; P. Vidal-Naquet, La torture dans la Rpublique, ditions Maspro, Paris 1972, pp. 18-19. 7 Abbiamo tratto questa formula da uno scambio personale con Seloua Luste Boulbina.

52 Matthieu Renault tra e teorico delle decolonizzazioni Frantz Fanon, confrontando Foucault con le riflessioni relativamente sconosciute di Fanon sulla confessione (laveu-confession) in quanto posta in gioco fondamentale del conflitto coloniale e, inversamente, fare uso degli scritti di Foucault in quanto strumento per interpretare le riflessioni che Fanon dedica agli atti di produzione della verit in situazione (de)coloniale. In questo modo ci auspichiamo di contribuire, per quanto modestamente, alla gi prolifica impresa di interpretazioni, di appropriazioni e di traduzioni postcoloniali dellopera di Foucault8. I luoghi della confessione: la leturgia (anti)coloniale Per Fanon, la storia della verit nelle colonie in primo luogo una non-storia: la situazione coloniale si definisce precisamente come congeCom stato sottolineato da Sandro Mezzadra, la teoria foucaultiana diventata quello che Edward W. Said chiama una Travelling Theory: oggetto di appropriazioni entro spazi geografici e contesti sociopolitici molteplici, oggetto quindi di traduzioni e trasformazioni (S. Mezzadra, En voyage. Michel Foucault et la critique postcoloniale, in Michel Foucault, a cura di Ph. Artires, J.-F. Bert, F. Gros e J. Revel, LHerne, Paris 2011), la cui analisi sistematica costituirebbe di certo un contributo fondamentale a unepistemologia politica della circolazione internazionale delle idee. Questa tradizione di interpretazioni resta segnata dallopera di Ann Laura Stoler, Race and the Education of Desire, che testimonia un doppio registro di questioni sui limiti europei-coloniali del discorso di Foucault (le frontiere del sapere foucaultiano) e sui trasferimenti (transfert)/spostamenti dei suoi concetti al di l della loro terra dorigine (i viaggi del discorso foucaultiano). Quello che interessa di pi Stoler e che da allora non ha cessato di attirare lattenzione degli interpreti che si curavano di interrogare il silenzio di Foucault sul colonialismo la questione della nascita della biopolitica, intimamente legata allemergere di un razzismo di Stato, il quale, per essere concepito da Foucault come razzismo che si esercitava allinterno dellEuropa, era nondimeno venuto a svilupparsi, come egli afferma, in primo luogo con la colonizzazione, vale a dire con il genocidio colonizzatore. E Foucault fa allusione, come Aim Csaire prima di lui, ai numerosi effetti di ritorno che la colonizzazione ha potuto avere sui meccanismi di potere in Occidente (M. Foucault, Il faut dfendre la socit . Cours au Collge de France. 1975-1976, Seuil/Gallimard, Paris 1997, pp. 229, 89; trad. it. di M. Bertani e A. Fontana, Bisogna difendere la societ, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 222, 91. Tuttavia, sostiene Stoler, linizio e la fine della storia, poich Foucault non ha mai pi elaborato tali questioni (A.L. Stoler, Race and the Education of Desire. Foucaults History of Sexuality and the Colonial Order of Things, Duke University Press, Durham 1995, p. 75). Sulle relazioni di Foucault con la questione (post)coloniale, si vedano anche M. Foucault, Michel Foucault et le zen: un sjour dans un temple zen (1978) e Lthique du souci de soi comme pratique de la libert(1984), in Dits et crits II, cit., pp. 618 e 1529-1530.
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lamento del processo storico-dialettico, la fine (prematura) della storia. La verit non sfugge al manicheismo coloniale, allo schema antidialettico del doppio che governa il colonialismo. Le coscienze coloniali (colonizzatrice e colonizzata) sono, sostiene Fanon in Pelle nera, maschere bianche, delle false coscienze (razziali). Quanto alla verit che il civilizzatore consegna al selvaggio, si tratta di una verit tutta bianca9. Lerrore in s necessariamente tutto nero. Soggetto e predicato sono intercambiabili: lerrore nero = il Nero errore; la verit bianca = il Bianco verit. Si tratta di una verit razzializzata che non nientaltro che lattributo di una razza usato contro unaltra, comera stato illustrato da Sartre in La sgualdrina timorata10. Tuttavia, in opposizione alla ngritude, Fanon rifiuta gi di porsi il problema della verit nera11. Disfare lidentificazione della razza e della verit significher per lui mettere in questione le politiche della verit in situazione coloniale. Con un gesto quasi foucaultiano, Fanon comincia a svolgere questo compito passando dal problema della verit a quello delle condotte di verit (conduites de vrit). Gi prima di lui, lo scrittore afro-americano Richard Wright aveva affermato che, in situazione razziale, la regola per il Nero non pi quella di dire il vero, ma di prendersi gioco della verit e della menzogna per sottrarsi allira del padrone: determinavamo automaticamente se fosse attesa una risposta affermativa o negativa; e rispondevamo non in termini di verit oggettiva, ma a seconda di quello che luomo bianco avrebbe voluto sentire12. In relazione a tutto ci, in occasione del cinquantatreesimo Congrs de Psychiatrie et Neurologie de Langue Franaise, nel 1955, in una comunicazione intitolata Conduites daveu en Afrique du Nord, che Fanon si impegna a riflettere sulle condotte di verit in situazione coloniale, una riflessione che affonda le sue radici nella sua pratica della perizia psichiatrica. Il problema che egli solleva il seguente: se il medico incaricato della perizia deve sforzarsi per scoprire la verit dellatto che
9 F. Fanon, Peau noire, masques blancs, Seuil, Paris 1971, p. 120; trad. it. Pelle nera, maschere bianche. Il nero e laltro, a cura di M. Sears, Marco Tropea Editore, Milano 1996, p. 130. 10 J.-P. Sartre, La putain respectueuse, in Thtre complet, Gallimard, Paris 2005, p. 217, ma si vedano anche pp. 223-224, 230; trad. it. di G. Monicelli, La sgualdrina timorata, in La sgualdrina timorata, Nekrassov, Mondadori, Milano 1989, pp. 21-61. 11 F. Fanon, Peau noire, masques blancs., cit., p. 230; trad. it. cit., p. 201. 12 R. Wright, 12 Millions Black Voices, Thunders Mouth Press, New York 2002, p. 41 [trad. it. nostra (N.d.T.)]. Si veda anche S. de Beauvoir, Le deuxime sexe. I. Les faits et les mythes, Gallimard, Paris 2007, p. 403; trad. it. di R. Cantini e M. Andreose, Il secondo sesso, il Saggiatore, Milano 1961.

54 Matthieu Renault sar il fondamento della verit del suo autore13, egli si confronter, nellAlgeria coloniale, con un diniego sistematico da parte degli accusati indigeni, o ancora, con una ritrattazione (rtractation) nozione che deve essere intesa non solo in senso giudiziario, ma anche in senso psicologico/psicanalitico, in quanto meccanismo di difesa14. Non si dovrebbe allora concordare con gli psichiatri coloniali e riconoscere la verit di questa proposizione: Il Nordafricano un bugiardo? Cos si dir pure che la razza soffre di una propensione a mentire, a dissimulare volontariamente la verit, oppure che incapace di discernere il vero dal falso15. Lindigeno non saprebbe apprezzare la verit o perch incapace di distinguerla (errore), o perch non smette di dissimularla (menzogna). Ma questa argomentazione, dice Fanon, si sbarazza del problema senza risolverlo come largomentazione che pretende di render conto della criminalit indigena richiamandosi a unenigmatica impulsivit criminale dellArabo. Quello su cui piuttosto occorre interrogarsi il vissuto (vcu) dellatto, i fatti visti da colui che accusato, sostituendo allapproccio nosologico un approccio esistenziale approccio che, prima di essere del tutto rigettato da Foucault, sarebbe comunque stato adottato nella sua prima opera, Malattia mentale e personalit. Questo ci indica gi che non tanto dal punto di vista della postura teorica, quanto piuttosto da quello dellattenzione portata alla materialit delle pratiche, che possibile stabilire un dialogo tra Fanon e Foucault. Comprendere il diniego dellatto presuppone quindi per Fanon di analizzare lorchestrazione della menzogna, rompendo completamente con la divisione manichea del vero e del falso; ad ogni modo, il mentitore stesso un essere che si pone costantemente la questione della verit16. Il fatto che, in situazione coloniale, dire il vero non ha altro significato per il colonizzato se non quello di dar prova di fedelt e di sottomissione a colui che lo tiene [] in suo potere. La verit del colonizzatore non pu che apparire sospetta al colonizzato, alla stregua della sua oggettivit: Per il
13 F. Fanon e R. Lacaton, Conduites daveu en Afrique du Nord. Congrs de Psychiatrie et de Neurologie de langue franaise, LIIIe session, Nice 1955, pp. 657-660, ristampato in Linformation psychiatrique, vol. 51 (1975), n. 10, pp. 1115-1116 [trad. it. nostra, come in tutti i successivi passaggi tratti da questo testo (N.d.T.)]. 14 A. Freud, Le moi et les mcanismes de dfense, PUF, Paris 2001; trad. it. Lio e i meccanismi di difesa, a cura di L. Zeller Tolentino, Martinelli, Firenze 1967. 15 F. Fanon e R. Lacaton,Conduites daveu en Afrique du Nord, cit., p. 1116. 16 Ibidem. Si veda anche J. Lacan, Introduction thorique aux fonctions de la psychanalyse en criminologie, in crits 1, Seuil, Paris 1999, p. 124; trad. it. Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia, in Scritti, vol. I, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino 2002, pp. 119-144.

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colonizzato, lobiettivit sempre diretta contro di lui17. La confusione del vero e del falso non dunque la conseguenza di una qualsivoglia debolezza biologico-costituzionale; piuttosto un meccanismo di difesa contro le aggressioni coloniali. Se Fanon parla di denegazione dellatto, ancora una volta in un senso che pure psicanalitico: la difesa del colonizzato non una negazione logica. Essa rivela tanto quanto dissimula, si mostra nascondendosi: il colonizzato dice il vero nel falso. Queste pratiche di verit svolgono allora per Fanon il ruolo di analizzatore delle relazioni colonizzatore-colonizzato. Ritornando a Lanno V della rivoluzione algerina, nel suo articolo seminale sulla confessione, Fanon evoca la condotta globale del colonizzato, che non ha quasi mai atteggiamenti veritieri (conduites de vrit) verso il colonizzatore. Il colonizzato non si apre mai, non si confessa mai, non si rende mai trasparente in presenza del colonizzatore. Di fronte alloccupante, loccupato comincia a nascondersi, a barare (ruser); impara a diventare impermeabile al colonizzatore, ai suoi pensieri come ai suoi desideri; impara a costruire delle barriere di protezione, delle superfici deformanti che falsano ogni contatto. Impara insomma le tecniche della menzogna: Allo scandalo delloccupazione militare, oppone lo scandalo del contatto. Ogni incontro delloccupato con loccupante diventa menzogna18. Fanon invoca il tema della confessione unultima volta a proposito della tortura. Il trattamento dei patrioti algerini con il siero della verit (pentotal) volto a unestorsione di confessioni provoca, scrive Fanon in I dannati della terra, una confusione generalizzata del vero e del falso: C indistinzione fondamentale del vero e del falso. Tutto vero e tutto falso nello stesso tempo19. Gi in Lanno V della rivoluzione algerina, egli scriveva a proposito del siero della verit che la conseguenza pi importante ci parsa essere lincapacit di distinguere tra il vero e il falso20. Per quanto sia unesperienza-limite, la tortura rivela non meno perfettamente liscrizione coloniale della verit e della conoscenza, in questo caso medica, anche in seno alle pratiche di assoggettamento: la scienza spoliticizzata, la scienza posta al servizio delluomo, nelle colonie spesso un non senso21. Al conF. Fanon, Les damns de la terre, Gallimard, Paris 1991, p. 109; trad. it. I dannati della terra, a cura di C. Cignetti, Einaudi, Torino 1972, p. 39. 18 F. Fanon, Lan V de la rvolution algrienne, La Dcouverte & Syros, Paris 2001, pp. 114n. e 49; trad. it. di F. Del Lucchese, Scritti politici. Lanno V della rivoluzione algerina, vol. II, a cura di M. Mellino, DeriveApprodi, Roma 2007, p. 109n. e 63. 19 F. Fanon, Les damns de la terre, cit., p. 340; trad. it. cit., p. 217. 20 F. Fanon, Lan V de la rvolution algrienne, cit., p. 127; trad. it. cit., p. 118. 21 Ivi, p. 130; trad. it. cit., p. 120.
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56 Matthieu Renault trario, le pratiche decoloniali di emancipazione dovranno essere pratiche di liquidazione di tutte le false verit (non-vrits)22 coloniali. Le politiche decoloniali dovranno essere politiche di verit. In che misura questa dislocazione (translation), in situazione coloniale, dellinterpretazione delle pratiche di confessione fonte di spostamenti (dplacements) epistemici, di traduzioni (traductions) teoriche? Quello che Fanon svela si potrebbe chiamare a ragione una ricerca coloniale della confessione. Il colonialismo non cerca solo di imporre il proprio dominio, di sottomettere i corpi colonizzati; ma cerca anche di conquistarne le menti, di penetrarne le coscienze, di ottenere, anche estorcendolo, il consenso del colonizzato al suo stesso asservimento. In questo dispositivo la confessione un elemento essenziale. Quel che desidera il colonizzatore che, per il colonizzato, dire il vero su di s non significhi niente di pi che autenticare la verit coloniale. Si tratta di una verit che, per essere fondata, deve essere detta da colui che ne verr soggiogato e qui si ha gi un segno della precariet e delle insicurezze che affliggono il potere coloniale. Riassumendo, quel che la confessione coloniale cerca di produrre la perfetta identit di soggettivazione e assoggettamento del colonizzato. Tuttavia, non tanto questa ricerca coloniale della confessione che interessa Fanon, quanto le resistenze che il colonizzato viene immediatamente ad opporle: diniego, denegazione, dissimulazione, eccetera23. Fanon non problematizza tanto la confessione coloniale bens la sua negazione, il rifiuto della confessione, la sconfessione (ds-aveu). In altri termini, problematizzare il dir-vero del colonizzato, laleturgia coloniale, per lui significa soprattutto pensare il dir-falso, che potremmo chiamare sottraendo la a privativa di aleturgia la leturgia anticoloniale. Non si tratta in nessun caso di sostituire la seconda alla prima, bens di affermare che le politiche postcoloniali di verit non possono cominciare che come politiche del falso. Questo dir-falso, nella misura in cui rivela la menzogna coloniale, gi un atto di verit: in virt di un passaggio al limite, la dissimulazione diventa manifestazione di verit. Invertendo la formula foucaultiana, il leitmotiv di Fanon potrebbe essere il seguente: dire il falso, fare bene (dire faux, bien faire). Fanon si interessa non meno di Foucault alle profonde relazioni
F. Fanon, Les damns de la terre, cit., p. 367; trad. it. cit., p. 238. Le tesi di Fanon a questo riguardo non possono non evocare le analisi di James Scott. Si veda J.C. Scott, La domination et les arts de la rsistance. Fragments du discours subalterne, ditions Amsterdam, Paris 2009; trad. it. Il dominio e larte della resistenza. I verbali segreti dietro la storia ufficiale, a cura di R. Ambrosoli, Eleuthera, Milano 2006 [ed. or., Domination and the Arts of Resistance. Hidden Transcripts, Yale University Press, New Haven 1990].
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che legano verit e soggettivit. Dislocando questa storia al di l dellEuropa, egli dimostra che la soggettivazione anticoloniale non pu che avere inizio come contro-soggettivazione. Tuttavia, egli non arriva mai a postulare lesistenza di una qualunque verit nascosta del colonizzato che sopravvivrebbe dietro la maschera del falso. Sotto di essa non vi nulla, se non, forse, alla maniera di Nietzsche, una moltitudine di altre maschere. Nella fase di contro-confessione, o di sconfessione, fase di resistenza passiva o, dice Fanon, di contro-assimilazione, il colonizzato resta interamente in una situazione falsata (en porte--faux) dinnanzi a se stesso. Questo perch la questione della decolonizzazione non potr evitare di essere anche una questione relativa alle condizioni di emergenza di un discorso vero del (de) colonizzato su se stesso, di una soggettivazione postcoloniale. Dialettica della verit: laleturgia decoloniale Fanon svela la mutazione delle pratiche di produzione di verit durante le lotte di liberazione nazionale. Prima del combattimento, il colonizzato algerino aveva approntato delle resistenze, dei meccanismi di difesa che si traducevano in un ripiego sui valori autoctoni. Questa cultura della cultura ripeteva, invertendola, la scissione coloniale del vero e del falso: Il passato, ormai costellazione di valori, si identifica con la Verit24; la verit innanzitutto propriet indiscutibile degli anziani25. Questa controassimilazione, che Fanon qualifica ugualmente come negritudine, si offriva allora come rifiuto indifferenziato e globale di tutte le verit e dei valori delloccupante. Fanon non celebra mai questo rifiuto, questo disinteresse e [questa] diffidenza quasi meccanica che non sono altro che fonti di contrapposizioni nette, rigide, statiche; ma non si tira nemmeno cos indietro da non poter affermare che oggettivamente sarebbe meglio scegliere questi valori. Per questa ragione, talvolta, il colonizzato si vede costretto, in nome della verit e della ragione, ad accettare certe forme di presenza delloccupante. Linsolubile dilemma risiede nel fatto che la verit del colonizzatore si presenta sempre anche come verit della presenza francese nella sua forma coloniale in Algeria; il riconoscimento delle verit del colonizzatore da parte dellAltro/colonizzato immediatamente
F. Fanon, Racisme et culture, in Pour la rvolution africaine. crits politiques, La Dcouverte & Syros, Paris 2001, p. 48; trad. it. di F. Del Lucchese, Razzismo e cultura, in Scritti politici. Per la rivoluzione africana, vol. I, a cura di M. Mellino, DeriveApprodi, Roma 2006, p. 54. 25 F. Fanon, Lan V de la rvolution algrienne, cit., p. 85; trad. it. cit., p. 89.
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58 Matthieu Renault tradotto in legittimit del dominio: La verit espressa obiettivamente costantemente viziata dalla menzogna della situazione coloniale26. Con linizio della lotta di liberazione nazionale, la verit [] sfugge ai suoi depositari tradizionali e si mette alla portata di chiunque la cerchi27. Questo inizio dellemancipazione coloniale segna ugualmente il ritorno di Fanon a uno schema dialettico (anti-foucaultiano) che per di fatto si era rivelato inadeguato per pensare la situazione coloniale, nella misura in cui questultima si definiva mediante una pura dualit (senza alcuna unit soggiacente e quindi senza contraddizione), mediante il manicheismo (antidialettico). Nella lotta invece, afferma Fanon, si produce uninversione degli atteggiamenti nei confronti dei doni del colonizzatore: al no radicale si sostituisce un s non meno radicale. Viene a operarsi un superamento dialettico, testimoniato soprattutto dalla massiccia appropriazione (laddomesticamento, la digestione dice ancora Fanon) della radio da parte del colonizzato algerino, radio che precedentemente era rifiutata in quanto tecnica del nemico e quindi puro vettore del messaggio e dei costumi del colonizzatore. Da allora comincia una vera guerra di onde, dal momento che le forze coloniali si sforzavano senza sosta di far tacere le radiodiffusioni che celebravano la rivoluzione algerina. Ma precisamente questo sabotaggio nemico, questo desiderio di imbavagliare la parola del colonizzato che rivela, come il negativo di una fotografia, lintensit della lotta. Cercando di velare la voce del colonizzato, il colonizzatore ne manifesta lesistenza, la disvela. E Fanon conclude: Alla verit delloppressore, respinta un tempo come menzogna assoluta, opposta unaltra verit finalmente agita []. Sono le difese delloccupante, le sue reazioni, le sue resistenze a sottolineare lefficacia dellazione nazionale e a renderla partecipe di un mondo di verit28. Questa formula rivela gi tutta la complessit di un ipotetico dialogo tra Fanon e Foucault; poich il fatto che Fanon dica di questa verit che essa agita prova che egli la concepisce soprattutto in termini soggettivi ed etici, come performativa, in quanto condotta di verit; nondimeno, egli integra immediatamente questa condotta come momento di un processo dialettico. Quel che si scopre in questa pratica dialettica non nientaltro, per Fanon, che la pura e nuda verit, separata da ogni scoria come lo il metallo puro, per riprendere le parole di Hegel. Il disturbo della trasmissione delle onde radio ha importanti ripercussioni sullo stesso processo di ascolIvi, pp. 129, 46-47, 109, 115, corsivi miei; trad. it. cit., pp. 119, 60, 106, 110. Ivi, p. 86; trad. it. cit., p. 90. 28 Ivi, p. 59; trad. it. cit., p. 70.
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to e di interpretazione: la Voix29 radiodiffusa spezzata, discontinua, linterpretazione del messaggio che porta richiederebbe un lavoro collettivo di elaborazione, una creazione autonoma dellinformazione che unalterazione della verit in quanto scelta deliberata [] tra la menzogna congenita del nemico e quella propria del colonizzato, che assume a un tratto una dimensione di verit30. Quel che Fanon si propone qui di pensare una paradossale menzogna vera: si tratta di una verit ancora fantomatica, e in parte fantasmatica, che, nei termini di Merleau-Ponty, si nasconde mostrandosi e si mostra nascondendosi31. Per Fanon, una verit postcoloniale potr manifestarsi solo nei termini di unesigente pratica di decolonizzazione dei corpi e delle menti. Questa verit postcoloniale perverr ad affermarsi realmente e a disfarsi della menzogna? legittimo dubitarne quando si assiste alla radicalizzazione dellintento di Fanon ne I dannati della terra, ove egli scrive:
Il problema della verit deve pure fissare la nostra attenzione []. Alla menzogna della situazione coloniale, il colonizzato risponde con ugual menzogna []. Il vero ci che precipita lo smembramento (dislocation) del regime coloniale, ci che favorisce lemergere della nazione. Il vero quel che protegge gli indigeni e rovina gli stranieri. Nel contesto coloniale non ci sono comportamenti di verit (conduites de vrit). E il bene semplicemente quel che a loro fa del male32.

Leggendo queste righe ci si pu domandare se il desiderio di rottura radicale con lEuropa che Fanon esprime nella sua ultima opera non si accompagni a una ripetizione/inversione del manicheismo coloniale: al perfetto equilibrio della violenza (coloniale) e della contro-violenza (anticoloniale) risponderebbe la non meno esatta aritmetica della menzogna e della contro-menzogna, senza che possa pi aprirsi alcun orizzonte di verit. Non si dovrebbe comunque dimenticare che la contro-violenza, per Fanon, non mai altro che una fase della vera decolonizzazione. Se questa inizia con una conversione alla violenza, deve in seguito dare luogo
[Il riferimento alla Radio de la voix de lAlgrie combattante (Radio della voce dellAlgeria combattente), una radio locale mobile, nata il 16 dicembre del 1956 durante la guerra dAlgeria, la quale gioc un ruolo importante nella guerra delle onde contro Radio-Alger, la stazione radio gestita dalle autorit coloniali francesi (N.d.T.)] 30 Ivi, p. 71; trad. it. cit., pp. 78-79. 31 M. Merleau-Ponty, Les aventures de la dialectique, Gallimard, Paris 2000, p. 62; trad. it. Le avventure della dialettica, in Umanismo e terrore e le avventure della dialettica, a cura di A. Bonomi, Sugar Editore, Milano 1965, p. 250. 32 F. Fanon, Les damns de la terre, cit., p. 81; trad. it. cit., p. 16.
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60 Matthieu Renault a una conversione della violenza, ovvero trasformare linsurrezione quasi bestiale degli inizi in lotta politica di decolonizzazione. Nella conclusione de I dannati della terra, Fanon afferma che la decolonizzazione deve non soltanto essere in rottura con loccupante, ma anche nuovo inizio (recommencement); ovvero essa deve essere inseparabilmente abbandono (dprise) e ripresa dei doni del colonizzatore, doni che dovevano essere oggetto di quel che Fanon chiamava, gi in Lanno V della rivoluzione algerina, una quasi invenzione. Non pu essere diversamente per la verit: essa non data, non basta dis-velarla; secondo Fanon bisogna portarla a essere, farla. Si deve (re) inventarla. Sono proprio questi atti di produzione/invenzione di una verit che attirano linteresse di Fanon verso quel che si rivela adesso qualcosa che potremmo a giusto titolo chiamare una aleturgia decoloniale33. Ma da questo punto di vista, com possibile che per Fanon la storia della verit nelle colonie resti da concepire in termini essenzialmente dialettici? Fanon, seguendo Hegel, non invita a rompere la rigida opposizione del vero e del falso? E come Lukcs, non pensa che il falso al tempo stesso, come falso e non falso, un momento del vero34? E non si forse rivolto, con Merleau-Ponty, a problematizzare la mescolanza del falso e del vero35? Non afferma, come Kojve, che la verit si crea nel corso del tempo36 e non pu che presentarsi mediante lazione? Non concepisce forse, proprio come Trotskij, la menzogna come arma da guerra, come strumento necessario nella lotta per lavvento di una societ senza classi e senza razze e quindi senza menzogna37? Questo raQuesto concetto il frutto di lunghi scambi con Orazio Irrera nel quadro del seminario che dirigiamo a Parigi, tra lUniversit Paris-Est Crteil e la Fondation Maison des Sciences de lHomme, intitolato Dcolonisation et gopolitique de la connaissance (gi La dcolonisation des savoirs), cfr. http://decolonisationsavoirs.wordpress.com/. 34 G. Lukcs, Histoire et conscience de classe. Essais de dialectique marxiste, Les ditions de Minuit, Paris 1960, p. 15; trad. it. Storia e coscienza di classe, a cura di G. Piana, Mondadori, Milano 1973, p. lxx. 35 M. Merleau-Ponty, Les aventures de la dialectique, cit., p. 60; trad. it. cit., p. 249. Linfluenza di Le avventure della dialettica su questi ultimi scritti di Fanon richiederebbe di essere scrupolosamente esaminata, allo stesso titolo, del resto, di quella esercitata da Umanismo e terrore. 36 A. Kojve, Hegel, Marx et le christianisme, citato da M. Filoni, Le philosophe du dimanche, La vie et la pense dAlexandre Kojve, Gallimard, Paris 2010, p. 252; trad. it. Hegel, Marx e il Cristianesimo, in J. Hyppolite, A. Kojve, A. Koyr e J. Wahl, Interpretazioni hegeliane, a cura di R. Salvadori, La Nuova Italia, Firenze 1980, pp. 283-309, in part. pp. 285-286. 37 L. Trotskij, Leur morale et la ntre, J.-J. Pauvert, Paris 1966, pp. 69-71; trad. it. La loro morale e la nostra, De Donato, Bari 1967. Sul tema dialettico della falsa coscienza, bisogna
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dicamento dialettico non inscrive irrimediabilmente il pensiero di Fanon in una episteme con cui Foucault non avrebbe mai smesso di voler rompere? In una prospettiva foucaultiana, Fanon non rappresenta, proprio come Sartre, ci che passato e sorpassato, quel che in ultima analisi renderebbe il nostro tentativo di comparazione quantomeno fragile? sicuramente cos. Ma questa differenza puramente negativa? Non pu insegnarci qualcosaltro? Non bisogna continuare a stupirsi della singolare e improbabile combinazione di una dialettica della verit e di unanalisi delle forme aleturgiche in situazione coloniale? Questa congiunzione non suscettibile di mettere in questione delle rotture epistemiche che si potrebbero dare per scontate? Eppure, e per fare ancora riferimento ad opposizioni disegnate da Foucault, Fanon si cura poco di distinguere il progetto di una storia politica delle veridizioni (del dir-vero) dalla determinazione (dialettico-marxista) dei meccanismi delle illusioni o delle ideologie38. Alla stessa maniera, nella prospettiva di Fanon si mescolano inseparabilmente strutture epistemologiche e forme aleturgiche, nella misura in cui precisamente a partire da uninterrogazione sulle condotte di verit che egli solleva il problema delle condizioni di possibilit di un autentico discorso (postcoloniale) di verit. Infine, nei testi di Fanon si ibridano pratiche di liberazione e pratiche di libert, l dove Foucault, prendendo esplicitamente lesempio delle lotte anticoloniali, concepiva le prime come condizione politica e storica per una pratica della libert irriducibile ad esse, dovendosi essa definire e affermare successivamente39. Si potrebbe obiettare che non si tratta dopo tutto che di residui dialettici che oggi bisognerebbe espungere per liberare la forza critica del pensiero di Fanon, facendo di questultimo un nostro contemporaneo. a grandi linee quello che afferma Homi K. Bhabha, che ha sempre opposto un Fanon buono proto-poststrutturalista a un Fanon cattivo hegeloricordare che esso non per nulla messo da parte durante il passaggio alla confessione di Fanon. In effetti, in un manoscritto inedito sulle Conduites daveu, la condizione di possibilit della confessione un assenso soggettivo verso la sanzione. Ma, se la sanzione vuole indirizzarsi a una libert, a una coscienza, bisogna ancora una volta che questa coscienza sia vera; cfr. F. Fanon e R. Lacaton, Conduites daveu en Afrique du Nord. Rsum de communication la 53me session du Congrs des mdecins alinistes et neurologues de langue franaise, indit, Archives Frantz Fanon (IMEC). 38 M. Foucault, Mal faire, dire vrai, cit., p. 9. 39 M. Foucault, Lthique du souci de soi comme pratique de la libert, cit., pp. 1729-1730; trad. it. Letica della cura di s come pratica della libert, in Archivio Foucault 3, cit.., pp. 274-275.

62 Matthieu Renault esistenzialista40. Ma questo non significa escludere a priori ogni comprensione della peculiarit dellintervento teorico di Fanon? Poich, per restare sul caso di cui ci stiamo occupando, non contro Hegel e in maniera semplicemente negativa, ma invece a partire da lui e attraverso uno spostamento (trasformazione, traduzione) della dialettica hegeliana del servo-padrone ai margini dellEuropa, ed inoltre da un punto di vista anticoloniale secondo quello che potremmo chiamare una pratica di dis-eredit che Fanon viene ad adottare una prospettiva che prefigura, sotto certi aspetti, il pensiero foucaultiano. Bisogna quindi per cos dire lasciar essere e dispiegare al di l di quel che possiamo fare in questa sede questa tensione dialettico-aleturgica. Piuttosto che cercare di localizzare immediatamente Fanon nella storia intellettuale europea del ventesimo secolo, si rivela molto pi decisivo chiedersi come il suo sguardo da fuori, la sua prospettiva decentrata (dalle colonie), ci permetta di riconsiderare questa storia, di reinterrogare i conflitti epistemici che si sarebbero potuti pensare puramente interni al mondo intellettuale europeo. Questo compito non pu fare a meno di inscriversi allinterno del vasto progetto di formazione di una epistemologia decoloniale. Il soggetto della confessione: dal contratto sociale alla guerra delle razze La precoce apertura di Fanon alla questione del dir-vero non resta meno fortemente dipendente da una prospettiva psichiatrica che, lungi dallo sfuggire al sapere foucaultiano, ne costituisce invece uno degli oggetti fondamentali. Poich leggere Foucault significa anche comprendere, come dice Franoise Vergs, che la pratica psichiatrica di Fanon resta contenuta nellistituzione psichiatrica41, quali che siano queste rivoluzioni che hanno costituito, attraverso un Fanon erede della psicoterapia istituzionale, lintroduzione della socioterapia in Algeria successivamente a quella del ricovero giornaliero in Tunisia. Nella sua conferenza inaugurale allUniversit di Lovanio, Foucault, invitato dalla Facult de Droit, dice di voler pensare la confessione nella prospettiva delle relazioni tra dir vero
H.K. Bhabha, Interroger lidentit: Frantz Fanon et la prrogative postcoloniale, inLes lieux de la culture. Une thorie postcoloniale, Payot & Rivages, Paris 2007; trad. it. Interrogare lidentit. Frantz Fanon e la prerogativa postcoloniale, in I luoghi della cultura, a cura di A. Perri, Meltemi, Roma 2001, pp. 61-96 [ed. or., The location of culture, Routledge, London/New York 1994]. 41 F. Vergs, Dialogue,in A. Read (a cura di), The Fact of Blackness. Frantz Fanon and Visual Representation, Institute of International Visual Art/Bay Press, London/Seattle 1996, p. 140 [trad. it. nostra (N.d.T.)].
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e giudicare42. Il problema che egli solleva nelle successive conferenze quello del collegamento o della contaminazione reciproca tra il soggetto del diritto e il soggetto della confessione che fu in precedenza il soggetto della veridizione spirituale per come stato costituito attraverso [le] tecniche monastiche43. A questo riguardo, lidentificazione fatta da Fanon della verit dellatto con la verit del suo autore non si rivela essere nientaltro che la fine di una lunga storia che la stessa della progressiva giuridificazione delle condotte di confessione (conduites daveu): immensa mutazione che fa s che si passi da un giudizio penale su degli atti a una strana azione giudiziaria che ha per oggetto, per principio di razionalit e di misura, la verit manifestata dallindividuo nella sua interezza44. Concentrando la propria attenzione sullintroduzione della perizia psichiatrica nelle questioni penali45, Foucault afferma che in un sistema governato dalla fame di confessione la perizia psichiatrica ha precisamente la funzione di rimediare a quelle situazioni in cui la confessione non funziona. Sostituendosi allautoveridizione del soggetto, la perizia psichiatrica in quanto procedura di eteroveridizione mira allora a fare emergere questa verit del criminale che il criminale stesso non capace di formulare. Lente di ingrandimento, la perizia psichiatrica rivela, dice Foucault, lultima mutazione della funzione della confessione. Quello che attualmente si tratta di mettere in rilievo una soggettivit che intrattiene con il suo crimine una relazione significante: un soggetto criminale46. Quel che si tratta di ottenere, non tanto il riconoscimento del fatto costituito dal crimine, quanto piuttosto la conoscenza del senso che gli attribuisce il suo autore. Che cosa pertanto Foucault prende qui come oggetto se non proprio la posizione teorica di Fanon? Se gli scritti di Fanon hanno costituito finora un inestimabile strumento di decentramento dellinterpretazione foucaultiana della confessione, Foucault ci svela a sua volta laccentramento (centration) intellettuale e professionale di Fanon, il suo eurocentrismo47.
M. Foucault, Mal faire, dire vrai, cit., pp. 11 e 169. Ivi, p. 150. 44 Ivi, p. 12. Questa introduzione della confessione nelle pratiche giudiziarie, questo desiderio di produrre una felice coincidenza tra lautore del crimine e il soggetto che doveva risponderne stato, aggiunge Foucault, la fonte di una deregolamentazione del sistema penale, aprendovi una breccia irreparabile e provocando una crisi da cui sembra che non siamo ancora usciti (ivi, pp. 200-201). 45 Ivi, p. 11. 46 Ivi, p. 211. 47 Su questo argomento si veda R.J.C. Young, Postcolonialism. An Historical Introduction, Blackwell, Oxford/Malden2001, p. 276.
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64 Matthieu Renault Tuttavia, impegnandosi a trasferire la questione della confessione sul piano politico delle resistenze anticoloniali e delle lotte decoloniali, a tematizzare la s-confessione (ds-aveu) in quanto pratica di (contro-)soggettivazione collettiva, Fanon si sforza di disancorare la confessione delle strutture psichiatriche e giuridiche evidentemente non estranea agli apparati di dominazione coloniale dalle scorie in cui era invischiata. Questa traduzione politica trova la sua migliore testimonianza nelle stesse parole che Fanon pronuncia in occasione del corso tenuto allUniversit di Tunisi nel 1959: Confessare, confessare di far parte del proprio gruppo sociale48. Cosa dire se non che la confessione per definizione doppia: dir vero su di s e rivendicazione di appartenenza a una comunit? Fanon gi lo spiegava in Conduites daveu en Afrique du Nord: Vi un polo morale della confessione []. Ma c anche un polo civico e si sa che una tale posizione era cara a Hobbes e ai filosofi del contratto sociale49. Da qui la domanda seguente: Il mussulmano autoctono [] si sente vincolato da un contratto sociale? Si sente escluso dal suo errore? [] Che significato avr ormai il suo crimine, listruzione [del processo] e infine la sanzione50? La confessione del crimine, scrive Fanon seguendo Bergson, lui stesso lettore di Dostoevskij, per il criminale il prezzo del suo reinserimento nel gruppo51. Di questo momento della storia della confessione, Foucault non aveva, ancora una volta, mancato di parlare: La confessione [nel suo sistema moderno] un richiamo al patto sociale, ne costituisce la restaurazione []. Questa confessione va a porre le basi della reintegrazione [del colpevole], poich attraverso la confessione si riconosce che si rotto il patto fondamentale, ma riconoscendolo si effettua il primo passo o si fa il primo percorso verso questa reintegrazione52. Se la posizione di Fanon resta comunque originale perch egli mette le sue tesi alla prova di una situazione in cui le sue stesse premesse sono negate: come concepire la confessione dal momento che, egli afferma, non vi e non vi mai stato alcun patto sociale tra il colonizzatore e il colonizzato, dal momento che il colonizzato ha rigettato il contratto sociale che gli veniva proposto/imposto dal colonizzatore, contratto che di fatto non era altro che un contratto di schiavit? Quindi, dice Fanon, non pu esservi reinserimento se non vi
F. Fanon, Rencontre de la socit et de la psychiatrie (Notes de cours, Tunis, 1959-1960), CRIDSSH, realizzato con il concorso dellONRS e dellAPW dOran, p. 10, corsivi miei. 49 F. Fanon e R. Lacaton,Conduites daveu en Afrique du Nord. Rsum de communication, cit. 50 F. Fanon e R. Lacaton,Conduites daveu en Afrique du Nord, cit., p. 1116. 51 F. Fanon e R. Lacaton,Conduites daveu en Afrique du Nord. Rsum de communication, cit. 52 M. Foucault, Mal faire, dire vrai, cit., p. 207.
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inserimento53. La confessione si vede privata da allora di ogni funzione. Se, come afferma Foucault, ogni confessione implica un altro con cui il soggetto risulta inserito in una relazione di potere54, allora forse la sconfessione (dsaveu) anticoloniale non testimonia tanto una resistenza nel vero senso del termine, quanto piuttosto una volont che resta ancora confessione di impotenza, volont di situarsi al di fuori di ogni relazione di potere con il colonizzatore; volont dello schiavo di sottrarsi a ogni opposizione con il padrone bianco, di situarsi al di qua del conflitto (ripiegamento) invece che andare al di l di questo (lotta). Questa negazione coloniale del contratto sociale quel che, nel pensiero di Fanon, va a collegare il problema della verit con quello della razza, ad articolarli luno con laltro e a istituire cos le politiche razziali di verit come principale posta in gioco dei discorsi e delle pratiche di decolonizzazione. In effetti, testimoniare lassenza di ogni contratto sociale tra colonizzatore e colonizzato, per Fanon che qui si ispira allantropologia politica hobbesiana, significa affermare che il colonialismo [] la violenza allo stato di natura e non pu piegarsi se non davanti a violenza ancora maggiore55. Il colonialismo, secondo Fanon, la rovina di ogni comunit politica e il ritorno allo stato di natura di cui Hobbes non ignorava la possibilit in cui regna lo scontro dei desideri e degli appetiti, la violenza pura. Lo stato di natura non pi il passato immemorabile del potere e del diritto politico (unorigine); un puro effetto del potere coloniale (un divenire). Questa dislocazione dello schema hobbesiano della sovranit ne in parte la sua contestazione. In effetti, come sottolinea Foucault, a torto Hobbes considerato il teorico per eccellenza della guerra perpetua: Nella guerra primitiva di Hobbes non ci sono battaglie, non c sangue, non ci sono cadaveri56. Ora, quello che tematizza Fanon a tutti gli effetti una guerra (la Guerra dAlgeria) omicida e sanguinaria; e se per Hobbes, dice
F. Fanon e R. Lacaton,Conduites daveu en Afrique du Nord, cit., p. 1116. M. Foucault, Mal faire, dire vrai, cit., pp. 6-7. 55 F. Fanon, Les damns de la terre, cit., p. 92; trad. it. cit., p. 25. Quando Fanon afferma che il colonizzato scopre che la sua vita, il suo respiro, i battiti del suo cuore sono gli stessi che quelli del colono [], che una pelle di colono non vale di pi che una pelle di indigeno (ivi, p. 76; trad. it. cit., p. 12.), questa uguaglianza non in nulla unuguaglianza in termini di valore o di dignit; non nientaltro che luguaglianza che Hobbes scopriva in seno allo stato di natura, designandola come equivalente capacit che ciascuno ha di nuocere agli altri. 56 M. Foucault, Il faut dfendre la socit , cit., p. 79; trad. it. cit., p. 82. Il testo continua: Ci sono solo rappresentazioni, manifestazioni, segni, espressioni enfatiche, astute, menzognere (ibidem). Questi giochi di calcolata rappresentazione sono proprio quello che permette si sfuggire alla guerra.
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66 Matthieu Renault Foucault, la guerra non mai decisiva nella costituzione dello Stato, Fanon dal canto suo afferma che la decolonizzazione passa per una lotta a morte che dovr mettere fine, attraverso la violenza, al regno della violenza. Piuttosto che lo schema antropologico (Hobbes, Locke, Spinoza) secondo il quale le relazioni tra Stati sono analoghe alle relazioni tra individui nello stato di natura, il discorso di Fanon sulla divisione binaria, sulla separazione manichea o ancora sulla scissione interna del mondo coloniale, mettendo colonizzatore e colonizzato faccia a faccia in un rapporto di antagonismo perpetuo, riattiva per cos dire uno schema della guerra delle razze di cui Foucault aveva rivelato la profonda opposizione/comparazione con lo schema giuridico-politico di Hobbes. Il discorso di Fanon un discorso strutturato sullopposizione degli autoctoni e degli stranieri: il colono rimane sempre uno straniero [], non assomiglia agli autoctoni57. un discorso che assegna il ruolo di principio ai bruti fatti fisico-biologici (vigore fisico, forza, energia, ecc.) cos come agli elementi psicologici e morali (coraggio, paura, disprezzo, ecc.). infine un discorso che non cessa di richiamarsi a una rottura profetica58. Vi una funzione eminentemente strategica in quel che chiamiamo, in modo pi euristico che descrittivo, il ritorno di Fanon alla guerra delle razze. Rimettere in gioco lopposizione binaria delle razze non significa per Fanon opporre al razzismo coloniale un contro-razzismo, ma sovvertire il razzismo facendo leva sulle sue stesse origini, su un discorso (razziale) che non assegna ancora alla razza un senso biologico stabile59, un discorso che resta estraneo a ogni idea (razzista) di sdoppiamento di una sola e stessa razza in una sovra-razza e in una sotto-razza60. Fanon, che sa che la lotta delle classi in Europa implica la riproduzione della guerra delle razze nelle colonie, inverte, come dice Robert J.C. Young, il movimento iniziale che aveva fatto Marx stesso trasformando lanalisi razziale della storia francese [] in unanalisi di classe61. Per Fanon, i coloni non formano tanto una classe quanto una specie dirigente: ci che fraziona il mondo anzitutto il fatto di appartenere o meno a una data specie, a una data razza62. DeF. Fanon, Les damns de la terre, cit., pp. 70-71; trad. it. cit., p. 7. Tuttavia, non mai lo schema giuridico della cittadinanza in quanto tale che Fanon mette in questione, ma soltanto la decadenza delluomo-cittadino europeo e il ritorno (coloniale) al diritto del pi forte. Per Fanon, affermare che la situazione coloniale negazione di ogni contratto sociale, significa che la guerra delle razze il disastro del politico, in nessun caso la sua verit. 59 M. Foucault, Il faut dfendre la socit , cit., p. 57; trad. it. cit., p. 65. 60 Ivi, p. 52; trad. it. cit., p. 58. 61 R.J.C. Young, Postcolonialism, cit., p. 278. 62 F. Fanon, Les damns de la terre, cit., p. 70; trad. it. cit., p. 7.
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scrivere cos la lotta per lesistenza delle due specie coloniali, per Fanon, significa ancora una volta sovvertire le tesi dispirazione darwiniana che la psichiatria coloniale aveva ereditato della lotta biologico-razziale per la vita. E si tratta perci di rifiutare ogni concezione del corpo sociale come realt biologica63. Quello che fa Fanon, rubare al nemico le sue armi (teoriche), rivoltare il razzismo contro se stesso. Rimettere in gioco lopposizione binaria delle razze significa infine per Fanon appropriarsi di un discorso che, come il discorso della guerra delle razze analizzato da Foucault, impedisce ogni posizione che non implichi necessariamente lappartenenza dellenunciatore a uno dei due gruppi in lotta, e che non possa dunque tenersi se non da una decentrata posizione di combattimento. Problematizzare lopposizione delle razze sociali/coloniali significa dunque contestare il discorso del razzismo, in cui non vi pu essere che uno e un solo soggetto (centrato) di enunciazione, la sovra-razza che parla della sotto-razza. Il gesto di Fanon sortisce precisamente leffetto di far (ri)sorgere un protagonista, di (re)introdurre un altro soggetto della storia che anche il soggetto di una parola che dice questa (contro)storia64. Ma ancora una volta, Fanon si basava su fonti del tutto diverse da quelle di Foucault, in particolare sulla filosofia esistenziale. Come affermava Jaspers: Portare gli uomini verso la libert, significa spingerli a parlarsi65. Questo dire , secondo Fanon, inseparabile da un dirsi e, di conseguenza, da un rappresentarsi. Questo potere di rappresentazione cos caro ai teorici postcoloniali da Said a Spivak e la cui tematizzazione rinvia al 18 brumaio di Marx66 per Fanon la condizione di possibilit dellemergere di una parola di verit, di un discorso vero del (post)colonizzato su se stesso, di una confessione postcoloniale.
Traduzione dal francese di Orazio Irrera

Matthieu Renault The London School of Economics and Political Science matthieu.renault@gmail.com
A questo proposito, si veda M. Foucault, Mal faire, dire vrai, cit., p. 217. M. Foucault, Il faut dfendre la socit , cit., p. 116; trad. it. cit., pp. 116-117. 65 K. Jaspers, Origine et sens de lhistoire, Plon, Paris 1954, p. 195; trad. it. Origine e senso della storia, a cura di A. Guadagnin, Edizioni di Comunit, Milano 1965. 66 Marx scriveva allora a proposito dei contadini piccoli proprietari: Non possono rappresentare se stessi; devono essere rappresentati (K. Marx, Le 18 brumaire de Louis Bonaparte, Flammarion, Paris 2007, p. 191; trad. it. Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Ed. Riuniti, Roma 1964, p. 209).
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68 Matthieu Renault .
The (Anti)Colonial Confession. Race and Truth in the Colonies: Fanon after Foucault To decentre what Foucault names the (Western) culture of confession, to reveal, on its margins, the existence of a colonial culture of confession, this is the task that the writings of the psychiatrist and theorist of decolonization Frantz Fanon enjoin us to perform. Fanon scrutinizes the practices of confession in the colonial situation, and argues that the colonized cannot tell the truth without being subjected to the colonizer, without saying yes to him. Fanon demonstrates that the anticolonial subjectification has to start as a counter-subjectification (dsaveu) that depends on methods of telling the untruth to the colonizer, of producing a true lie. However, Fanon also unveils the mutations in the making of truth during the struggles for national liberation; in other words, he shows the (dialectical) invention of a postcolonial truth. Finally, he conceives colonialism as the negation of any social contract (as a return to the state of nature) and challenges the racial politics of truth by repeating-subverting the binary opposition of the social-colonial races, by refashioning the race war against colonial racism. Keywords: Foucault, Fanon, Confession, Postcolonial, Race, Truth, Alethurgy.

Protezione dislocata.
Glenda Garelli

Razzializzazioni e contro-condotte della vulnerabilit per i richiedenti asilo provenienti dalla Libia in guerra

Je ne pense pas quil soit ncessaire de savoir exactement qui je suis. Ce qui fait lintrt principal de la vie et du travail est quils vous permettent de devenir quelquun de diffrent de ce que vous tiez au dpart1.

Introduzione

Nel contesto dei Migration Studies , la nozione di vulnerabilit presenta


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un notevole peso specifico: in quanto operatore nella produzione dei profili dei migranti come richiedenti asilo, in quanto soggettivit giuridica che presiede alla legalizzazione dei migranti senza permesso di soggiorno per mezzo dello status di rifugiato e, infine, in quanto dispositivo di segmentazione tra soggetti da proteggere (i rifugiati) e soggetti da deportare (i migranti undocumented). Il regime umanitario si fa per torbido quando, nel governo dei rifugiati, essenzializza la vulnerabilit e si preclude cos la possibilit di coglierla definitivamente. A partire dalla situazione dei migranti provenienti dalla Libia in guerra e dal loro iter per la richiesta di asilo in Italia, in questo articolo identificher una serie di effetti di razzializzazione che attraversano il dispositivo giuridico della vulnerabilit. La cassetta degli attrezzi che metter al lavoro per dirimere i grovigli della vulnerabilit e del regime umanitario stata elaborata da Michel Foucault, in particolare nelle sue lezioni al Collge de France. In questo senso, quello che qui presento
M. Foucault, Vrit, pouvoir et soi, in Dits et crits II, 1976-1988, Gallimard, Paris 2001, p. 1596. 2 Sulla vulnerabilit e lumanitario come strumenti del migration managment, cfr. D. Fassin, La raison humanitaire. Histoire morale du temps prsent, Gallimard, Paris 2010; J. Hyndman, Managing Displacement. Refugees and the Politics of Displacement, Routledge, London 2000; V. Squire, The Exclusionary Politics of Asylum, Routledge, London 2009; P. Nyers, Rethinking Refugees. Beyond States of Emergency, Routledge, New York 2006.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 69-82.

70 Glenda Garelli non uno studio su Foucault3. Si tratta piuttosto di un articolo nel quale mobilito il pensiero di Foucault per studiare i dispositivi di dominio che lavorano allinterno del regime della protezione internazionale, e in particolare la linea del colore4 e i profili razzializzati attraverso cui la vulnerabilit viene prodotta e lo status di rifugiato riconosciuto o denegato. Durante la sua analisi della citt nel XVIII secolo, Foucault sostiene che la posta in gioco, in quella congiuntura storica, era lapertura spaziale, giuridica, amministrativa ed economica della citt: [] risituare la citt in uno spazio di circolazione5. Poco dopo, egli precisa come questo riposizionamento venisse operato: Si trattava [] di organizzare la circolazione, di eliminare i pericoli, di separare la buona circolazione da quella cattiva, potenziando la prima e riducendo la seconda6. questa nozione di regolamentazione della circolazione, questo operare una separazione tra la buona e la cattiva circolazione, che utilizzer come griglia per studiare il dispositivo della protezione internazionale e i meccanismi che presiedono al riconoscimento o al diniego dello status di rifugiato. Sul piano metodologico, questa operazione coincide con un approccio alla vulnerabilit molto simile allatteggiamento che Foucault descrive, nel 1980, parlando dei propri studi sulla follia e definendo la propria postura epistemologica come una anarcheologia. Pi precisamente, Foucault afferma che, per capire linternamento, occorre prendere la follia come una x, e impossessarsi della pratica, della pratica soltanto, come se non si sapesse nulla e facendo in modo di non sapere nulla sulla follia stessa7. Come mostrer nelle pagine che seguono,
Per una solida analisi della nozione foucaultiana di razzismo biopolitico, si veda il lavoro di Ann Laura Stoler, e in modo particolare: Toward a Genealogy of Racism. The 1976 Lectures at the Collge de France, in Race and the Education of Desire. Foucaults History of Sexuality and the Colonial Order of Things, Duke University Press, Durham 2000, pp. 5594, e il capitolo A Colonial Reading of Foucault. Bourgeois Bodies and Racial Selves, in Carnal Knowledge and Imperial Power. Race and the Intimate in Colonial Rule, University of California Press, Berkeley 2002, pp. 140-161, tradotto per la prima volta in italiano in questo numero di materiali foucaultiani (supra, pp. 19-48). 4 W.E.B. Du Bois. The Souls of Black Folk, A.C. McClurg & Co., Chicago 1903, ora disponibile allindirizzo http://www.bartleby.com/114/. 5 M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collge de France (1977-1978), a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Senellart, Feltrinelli, Milano 2005, p. 23. 6 Ivi, p. 27. 7 M. Foucault, Du gouvernement des vivants. Cours au Collge de France. 1979-1980, a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Senellart, Seuil/Gallimard, Paris 2012, p. 78. Riporto qui alcuni passaggi che chiariscono la posta in gioco nelluso del concetto di anarcheologia: Disons que si la grande dmarche philosophique consiste mettre en place un doute mthodique qui met en suspens toutes les certitudes, la petite dmarche latrale et contre-voie que je vous propose
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tale approccio anarcheologico alla vulnerabilit permette di focalizzare la razzializzazione iscritta nel dispositivo della protezione internazionale e nel governo della mobilit umana attraverso listituto dellasilo. Nel quadro di un simile approccio foucaultiano alla vulnerabilit come una x, adotter come punto di osservazione la spazialit, concentrandomi sugli operatori del governo della mobilit umana attraverso il dispositivo della vulnerabilit e sui suoi outcome spaziali. In linea con questo focus sulla spazialit, parler di razzializzazione8 pi che di razza o razzismo, e organizzer larticolo attorno a tre predicati spaziali: nel primo episodio, discuter le linee del colore lungo le quali la vulnerabilit viene profilata nella classificazione dei migranti provenienti dalla Libia in guerra e nellanalisi delle loro richieste di asilo; nel secondo episodio, rifletter su una serie di dislocamenti operati dal dispositivo della vulnerabilit nel contesto di questa Emergenza Nord Africa italiana9; nellultimo episodio, intercetter una linea di friabilit sul terreno di questa vulnerabilit razzializzata e suggerir un possibile uso tattico della vulnerabilit giuridica. La linea del colore della vulnerabilit Sulle spiagge di Lampedusa, dove arriva la maggior parte dei migranti provenienti dalla regione delle rivolte arabe, una folla scomposta lavora per, secondo un copione condiviso, alla produzione di partizioni. una folla fatta di forze di polizia, frontalieri, addetti delle organizconsiste essayer de faire jouer systmatiquement, non pas donc le suspens de toutes les certitudes, mais la non-ncessit de tout pouvoir quel quil soit. [] Il sagit [] de mettre le non-pouvoir ou la nonacceptabilit du pouvoir, non pas au terme de lentreprise, mais au dbut du travail, sous la forme dune mise en question de tous les modes selon lesquels effectivement on accepte le pouvoir (ivi, pp. 76-77). 8 Utilizzo questo termine non foucaultiano, razzializzazione, per indicare che la mia attenzione si rivolge alle componenti e agli outcome spaziali del processo attraverso il quale le persone vengono razzializzate. La razzializzaizone pu essere definita come il processo attraverso il quale qualsiasi diacritico di personalit sociale inclusi classe, etnia, generazione, kinship/affinit e posizioni occupate nella gerarchia del potere viene essenzializzato, naturalizzato e/o biologizzato. [] La razzializzazione, quindi, indicizza la trasformazione storica di categorie fluide di differenza a specie fisse di alterit; P.A. Silverstein, Immigrant Racialization and the New Savage Slot. Race, Migration, and Immigration in the New Europe, in Annual Review of Anthropology, vol, 34 (2005), pp. 363-384, p. 364 (traduzione mia). 9 Il pacchetto di decreti che il governo italiano ha emanato per fronteggiare larrivo di migranti provenienti dai paesi delle rivolte arabe raccolto sotto il titolo Emergenza Nord Africa. Aggiungo la specificazione italiana per sottolineare la fabbricazione nostrana di unemergenza a proposito di queste migrazioni.

72 Glenda Garelli zazioni internazionali, personale medico, volontari delle organizzazioni non governative, attivisti, avvocati La chiamo folla scomposta perch sembra procedere senza un coordinamento formalizzato; eppure, in questa mancanza di coordinamento, riproduce ossessivamente la stessa pratica governamentale di categorizzazione dei migranti in status, incanalando la complessit degli individui in movimento allinterno dei confini netti e angusti delle soggettivit giuridiche attraverso cui la mobilit umana viene governata. Quella che ho descritto qui la scena consolidata di migration management sulla linea italiana del confine dellUnione Europea, dove addetti delle forze dellordine e del terzo settore lavorano a segmentare transient communities di migranti, e dove operatori del governo delle migrazioni contano i migranti senza permesso di soggiorno, classificandoli dicotomicamente come migranti economici o richiedenti asilo e, in base a questa classificazione, assegnandoli a iter burocratici e luoghi fisici nettamente distinti: un ordine di espulsione o una domanda di asilo, un CIE oppure un CARA (un Centro di Identificazione ed Espulsione oppure un Centro di Assistenza per Richiedenti Asilo). Questa sbrigativa pratica di classificazione, partizione, demarcazione di linee, assegnazione di soggettivit giuridiche, allocazione in diversi centri, la scena comune di migration management sulle coste di una Lampedusa altamente securizzata. Tuttavia, nonostante questo script consolidato, i primi migranti approdati a Lampedusa sono stati ricevuti in una situazione di estrema confusione. Una confusione in cui la scena sopra descritta stata temporaneamente destabilizzata. Al di l delle componenti vernacolari, la confusione sul terreno stata anche il risultato di una reticenza rispetto ai popoli delle Primavere Arabe, non cos facilmente liquidabili in anonima folla di illegali, specialmente quando le loro rivoluzioni erano, proprio in quegli stessi giorni, convenientemente inquadrate come Risveglio dai media occidentali; e specialmente in un contesto ove il regime securitario del migration management, nelle diverse scale in cui si esprime, era esso stesso reticente nellindicare la linea ufficiale rispetto ai migranti arrivati a Lampedusa. Questo iniziale disorientamento stato velocemente riassorbito e il migration management ha ripreso il proprio business come sempre, con la sua razionalit ordinatrice e la segmentazione dei migranti in tipologie e status. Una delle prime partizioni ad essere operata stata quella tra migranti provenienti dalla Tunisia e migranti provenienti dalla Libia, una partizione cui era sottesa la distinzione morale e moralista tra tunisini furfanti e ribelli, da un lato, e libici vulnerabili e offesi, dallaltro. Questa razzializzazione moraleggiante sulla base della quale i due gruppi venivano separati coincisa

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con un outcome molto preciso, ovvero la produzione di due distinti profili: tunisini-clandestini, da un lato, e libici-richiedenti asilo, dallaltro. Lattitudine irriverente dei tunisini era del resto, in quei giorni, al centro del battage mediatico sui migranti, con commenti che insistevano sulla loro veemenza e sregolatezza, sulle loro pretese e sul fatto che fossero arrivati in Italia con ogni tipo di richiesta. Questa partizione allinterno dei migranti provenienti dalla regione delle rivolte arabe mostra come la deportabilit10 e la vulnerabilit definiscano soggettivit marcate dal moralismo. Descrivendo i processi di razzializzazione dei musulmani e degli arabi dopo l11 settembre, Falguni A. Sheth11 identifica uninversione di rotta nel regime del razzismo di Stato. Nella sua ricostruzione, infatti, il razzismo di Stato non lavora pi semplicemente producendo partizioni biopolitiche, ma anche mettendo in scena, in parallelo, quella che Sheth chiama onto-ethical politics (politica onto-etica), e che indica liscrizione di attributi culturali, morali, religiosi ed etici nel regime del management delle popolazioni. Lincapacit dei migranti tunisini di rispettare le regole, contrapposta alla vulnerabilit dei migranti provenienti dalla Libia in guerra, pu essere vista proprio come espressione di questa politica onto-etica uniscrizione razzializzante lungo linee moraleggianti piuttosto che lungo direttrici biologiche. Ma la vulnerabilit razzializzata anche lungo lasse della cittadinanza, e questo nel corso dellesame delle domande di asilo. Quando presentano domanda di asilo e quando compaiono di fronte alle commissioni territoriali12, i migranti devono rispondere alla seguente domanda: Perch hai lasciato il tuo paese di origine? Le domande sulla Libia e la guerra sono pochissime, spesso nessuna. Un elemento particolarmente problematico, se si tiene conto che la maggior parte delle persone che hanno lasciato o sono state obbligate a lasciare13 la Libia non era di nazionalit libica: si trattaSulla nozione di deportabilit, cfr. N. De Genova, Migrant illegality and deportability in everyday life, in Annual Review of Anthropology, vol. 31 (2002), pp. 419-447 e W. Walters, Deportation, Expulsion, and the International Police of Aliens, in N. De Genova e N. Peutz (a cura di), The Deportation Regime, Duke University Press, Durham 2010, pp. 69-100. 11 Cfr. F.A. Sheth, The War on Terror and Ontopolitics. Concerns with Foucaults Account of Race, Power Sovereignty, in Foucault Studies, n. 12 (2011), pp. 51-76. 12 Si tratta delle commissioni incaricate di decidere rispetto alla domanda di asilo. Nella versione originale (inglese) dellarticolo, uso il termine auditioning (presentarsi a unaudizione) per evocare lidea di una performance che i migranti sono chiamati a produrre, la performance di una storia che rientri nei parametri giuridici della vulnerabilit. 13 Per un resoconto di come la linea del colore abbia giocato sulla sponda sud del Mediterraneo, in Libia, si veda il seguente articolo sui migranti black come obiettivo dei raid delle milizie di Gheddafi e della violenza dei ribelli durante la guerra: http://fortresseurope.blogspot.it/2011/05/revolutionaries-and-racists-rebels.html.
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74 Glenda Garelli va piuttosto di migranti economici in Libia, provenienti principalmente dai paesi sub-sahariani, dal Pakistan o dallo Sri Lanka. Nel contesto della governamentalizzazione della vulnerabilit, la fissazione sul paese di nascita produce uninquietante conseguenza: la cancellazione, la rimozione della Libia e della guerra. Siamo quindi di fronte a un regime umanitario in cui la protezione viene eventualmente concessa attraverso omissioni: lomissione della specifica vulnerabilit dei migranti nel contesto della Libia in guerra e lomissione della responsabilit morale dellItalia, uno dei Volonterosi della Coalizione che intervenuto militarmente in Libia. In effetti, come mostra Foucault, gli apparati di sicurezza governano facendo leva esattamente sul materiale che si propongono di condurre. Ed esattamente attraverso questo engagement che gli apparati di sicurezza producono una regolamentazione che, al massimo della sua performance governamentale, finisce per cancellare il suo stesso obiettivo: la legge vieta, la disciplina prescrive e la sicurezza [] ha la funzione essenziale di rispondere a una realt in maniera tale da annullarla o limitarla o frenarla o regolarla14. Da un punto di vista strettamente biopolitico, questa cancellazione associata con il benessere della popolazione: assumere la materialit della realt da governare per cancellarla , in effetti, un modo di ottimizzare uno stato di vita15. Allinterno di questa politica onto-etica allargata, per, lannientamento della realt da governare accompagnato da un risultato utile (ottimizzato, direbbe Foucault), che consiste nel ridurre drasticamente il numero di rifugiati di cui lItalia dovr farsi carico e cancellare cos la geopolitica conflittuale della guerra umanitaria, giacch ai profughi viene negato lo status di rifugiati di guerra. Permutazioni razzializzate della vulnerabilit Il secondo episodio della mia analisi degli operatori spaziali di razzializzazione della vulnerabilit riguarda la territorialit, e in particolare il territorio del paese ricevente e la distribuzione spaziale dei rifugiati al suo interno, la loro territorializzazione. Dopo essermi occupata della spazialit geometrica cui fa capo il governo delle migrazioni, e delle sue linee di partizione, vorrei ora analizzare i luoghi della vulnerabilit e le permutazioni
M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., p. 47 (corsivo mio). M. Foucault, Bisogna difendere la societ. Corso al Collge de France (1975-1976), a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Bertani, Feltrinelli, Milano 2009, p. 212.
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che si producono al loro interno attraverso la prospettiva della geografia relazionale. Quel che vorrei tentare una sorta di stretching geografico dellanalisi foucaultiana del potere. Lo chiamo stretching perch, nonostante i frequenti commenti liquidatori di Foucault rispetto alla disciplina della geografia, lanalisi foucaultiana del potere mette in campo sensibilit geografiche16 che entrano in risonanza con le preoccupazioni della Critical Human Geography contemporanea. Per esempio, in una delle lezioni inaugurali di Bisogna difendere la societ, Foucault spiega di non essere interessato a guardare al potere dallinterno, ma di voler invece studiare il potere nella sua faccia esterna, l dove in relazione diretta ed immediata con quel che possiamo chiamare, del tutto provvisoriamente, il suo oggetto, il suo bersaglio, il suo campo di applicazione; in altri termini, l dove si impianta e produce i suoi effetti reali17. Uno dei campi di applicazione del potere in questa Emergenza Nord Africa italiana la terra stessa, il territorio della nazione ricevente. Nel febbraio del 2011, il Presidente del Consiglio italiano dichiara uno stato di emergenza umanitaria sul territorio nazionale, in relazione alleccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa18. Questa dichiarazione introduce surrettiziamente, via decreto ministeriale, un inquietante dispositivo di dominio nel vessillo apparentemente non conflittuale dellumanitario, operando un dislocamento della vulnerabilit dal corpo del migrante al corpo della nazione, e ritraendo lItalia come bisognosa di cura e protezione dinanzi a questo eccezionale afflusso. La razzializzazione che sottende tale permutazione della vulnerabilit individuale, trasformata in soggettivit territorializzata della nazione, viene esplicitata un paio di mesi pi tardi quando, nellaprile del 2011, sempre per decreto ministeriale, la Protezione Civile viene messa a capo della gestione dellEmergenza Nord Africa. Una decisione bizzarra, se si considera che loperativit della Protezione Civile ruota intorno a catastrofi naturali, senza competenza alcuna rispetto al tema dei rifugiati, e se si considera, inoltre, che il sistema nazionale per i richiedenti asilo e i rifugiati (SPRAR) viene deliberatamente escluso dalla gestione dellemergenza. La vulnerabilit viene quindi situata (emplaced) sul territorio della nazione che, come cominciano infatti a dire alcuni politici italiani, si trova a fare i conti con uno tsunami umano,
N. Ettlinger, Governmentality as Epistemology, in Annals of the Association of American Geographers, vol. 101 (2011), n. 3, pp. 537-560, p. 541. 17 M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 32. 18 Consiglio dei Ministri, Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (DCPM), 5/04/2011.
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76 Glenda Garelli con uninvasione umana tutte espressioni che danno corpo alla razzializzazione dei migranti come calamit naturale per il paese ricevente. Una calamit contro la quale il paese ricevente deve mobilitare un piano dattacco, contro la quale bisogna difendere la societ. Questo episodio probabilmente il pi vicino allanalisi di Foucault del razzismo come la ripresa di questo vecchio, secolare discorso, in termini socio-biologici, a fini essenzialmente di conservatorismo sociale e [...] di dominazione coloniale19. E infatti, il diacritico di razzializzazione non viene qui culturalizzato20 come carattere morale, cittadinanza, o paese di origine; piuttosto, ci che lavora in questo caso la designazione apertamente biologica della vulnerabilit come tsunami umano. A partire da questa riflessione sul meccanismo di trascrizione biologica dei migranti come minaccia ambientale per la popolazione nazionale, vorrei affrontare ora il tema della vita, attraverso il quale Foucault legge il razzismo. Il tema della vita, infatti, permette di evidenziare loriginalit dellanalisi foucaultiana del razzismo come tecnologia del biopotere: dopo aver presentato il biopotere come quel potere che mira a ottimizzare la vita della popolazione, Foucault introduce lo spettro del nazismo e di un biopotere che, diversamente dalla definizione letterale di un potere che fa vivere e lascia morire, si pone piuttosto come potere che fa morire: Se vero che il suo fine essenzialmente quello di potenziare la vita, di prolungarne la durata, di moltiplicarne le probabilit, di evitarne gli accidenti, di compensarne i deficit, come possibile, in tali condizioni, che un potere politico siffatto uccida []?21. La domanda quindi diventa: come pu un mandato di morte procedere da un potere che si costruisce e si fonda sul benessere della vita? Risposta: attraverso il razzismo. E si tratta di un razzismo inteso come tecnologia, come operatore, un razzismo che rappresenta il modo in cui, nellambito di quella vita che il potere ha preso in gestione, stato infine possibile introdurre una separazione, quella tra ci che deve vivere e ci che deve morire22. In questo quadro, il razzismo
M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 61. tienne Balibar e Immanuel Wallerstein spiegano come il dibattito sulla cultura produca una depoliticizzazione della razza, una depoliticizzazione della lettura di quei dispositivi razzializzanti iscritti nella figura del migrante: We see a general displacement of the problematic. We now move from the theory of races or the struggle between the races in human history [] to a theory of race relations within society, which naturalizes not racial belonging but racist conduct; . Balibar e I. Wallerstein, Race, Nation, Class. Ambiguous Identities, Verso, London 1999, pp. 21-22. 21 M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., pp. 219-220. 22 Ivi, p. 220.
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la tecnologia che classifica, crea partizioni, spezza il continuum della vita presa in carico dal potere; lelemento che riconfigura il biopotere come il potere di far vivere e di far morire. Uno studio del biopotere, ovvero del potere di far vivere e lasciar morire, localizzato nel territorio italiano dellEmergenza Nord Africa, porta alla luce unulteriore permutazione nel meccanismo che il razzismo introduce allinterno del biopotere: una sorta di potere di lasciar vivere e lasciar morire, una sorta di grado zero della cura che il potere dirige sui migranti quando accorda loro protezione in quanto richiedenti asilo e rifugiati, una sorta di protection-lite23 della funzione pastorale del governo. In un regime di spese personali stimate in 2,50 euro al giorno, di estenuanti attese per lespletamento delle domande di asilo, senza alcuna opportunit lavorativa o prospettiva di cambiamento di vita anche nel caso del riconoscimento dello status di rifugiato, la vita dei richiedenti asilo sospesa nei CARA dellEmergenza Nord Africa italiana. Le loro vite sono messe in stallo alla frontiera, la tremenda frontiera temporale dellattesa. Vulnerabilit e contro-condotta24: una linea di friabilit sul terreno della razzializzazione Fin qui ho svolto una diagnosi di come la vulnerabilit stata prodotta confezionata legalmente e gestita attraverso protocolli di governo in quel particolare episodio del governo della mobilit umana che riguarda i richiedenti asilo provenienti dalla guerra in Libia. Questanalisi si concentrata sul processo di razzializzazione attraverso il quale i forced migrants della guerra in Libia sono stati profilati come richiedenti asilo, unoperazione condotta lungo due linee del colore: la linea della nascita, in quanto stranieri che stavano invadendo lItalia e in quanto cittadini di un paese terzo diverso dalla Libia; e la linea della specie, in base alla quale i migranti sono stati profilati come uno tsunami umano dinanzi alla vulnerabilit del territorio italiano. Nel terzo episodio dellarticolo, vorrei invece esplorare quaT. Gammeltoft-Hansen, Outsourcing Asylum and the Advent of Protection Lite, in L. Bialasiewicz, Europe in the World. EU Geopolitics and the Making of the European Space, Ashgate, London 2011, pp. 129-152. 24 Foucault utilizza la nozione di contro-condotta per indicare pratiche agite da soggetti governati; cfr. M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., p. 151 e Illuminismo e critica, a cura di P. Napoli, Donzelli, Roma 1997. Applico questa nozione a una petizione al governo italiano che produce una contro-condotta della razzializzazione in gioco nel governo della mobilit umana.
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78 Glenda Garelli le forma di resistenza pu emergere dalla genealogia della vulnerabilit di cui ho tracciato la mappa, e mettere questa diagnosi al lavoro sulle tattiche attuali25, mobilitando cos laltro elemento della genealogia foucaultiana. Il nodo problematico su cui vorrei lavorare pu essere articolato in questi termini: possibile indirizzare questa vulnerabilit contro se stessa, dirigere i suoi dispositivi razzializzanti contro il loro stesso programma di razzializzazione? Si pu utilizzare questa tecnologia di condotta della mobilit umana contro la trappola razziale messa in atto proprio dal governo della mobilit umana? Su quali giunture possibile contro-agire le linee del colore e i predicati gerarchici di questa vulnerabilit razzializzata? O, pi semplicemente: pu la nozione giuridica di vulnerabilit essere mobilitata contro i suoi stessi effetti razzializzanti? possibile rovesciare (turn inside-out) questa vulnerabilit razzializzata? Prima di rispondere a tali domande, vorrei provare a situarle metodologicamente. La necessit di indirizzare la diagnosi del potere verso una tattica di resistenza parte della definizione che Foucault d di genealogia26 anche se la letteratura foucaultiana nelle scienze sociali tende a troncare il metodo genealogico e limitarlo al solo compito descrittivo. Nel 2009, criticando luniversalizzazione della nozione di biopolitica, Judith Revel ha descritto la resistenza nei termini seguenti: Foucault rifiuta lidea che vi possa essere un fuori del potere, dal momento che una resistenza pu avere luogo solo dallinterno di una rete complessa in cui potere, resistenza, soggettivazione e oggettivazione sono interrelati27. da questa stessa prospettiva che, in un recente contributo28, Revel lavora sui dispositivi di assujettissement, tra cui la razza, cercando di individuare la linea lungo la quale sia possibile invertirli, contro-agirli, resistere loro. Una linea che, utilizzando un lessico foucaultiano, Revel definisce linea di friabilit29.
M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 17. Cfr. ivi, pp. 20-22. 27 J. Revel, Identity, Nature, Life. Three Biopolitical Deconstructions, in Theory, Cutlure & Society, vol. 26 (2009), n. 6, pp. 45-55, p 49. 28 J. Revel, Per una friabilit generale dei suoli: il divenire politico delle differenze, intervento al seminario di Uninomade Composizione di classe e frammentazione nella crisi: per una lettura materialista di razza e genere, Napoli, 23-24 giugno 2012. Podcast disponibile allindirizzo http://www.uninomade.org/wp/wp-content/uploads/2012/06/judith2.mp3. 29 Nelledizione inglese, il termine friabilit tradotto con crumbling. Seguendo lutilizzo di Judith Revel nel suo intervento in italiano, tuttavia, anchio scelgo questa traduzione letterale, ovvero friabilit, per sottolineare che la friabilit una caratteristica costitutiva di tutti i terreni anche quando reggono, anche quando sono ben solidi, anche prima del loro sbriciolarsi (crumbling).
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questa friabilit dellEmergenza Nord Africa italiana, con la sua razzializzazione dellistituto della protezione, che vorrei intercettare qui, discutendo una petizione al governo italiano30 attraverso cui un gruppo di attivisti chiede il riconoscimento della protezione internazionale temporanea per tutti i migranti arrivati in Italia a causa della guerra in Libia. In un articolo di prossima pubblicazione31, con Martina Tazzioli analizziamo i sollevamenti spaziali che questa petizione introduce nellimmaginazione geografica di un sistema normativo che tende a una partizione dicotomica tra mobilit migrante e sedentariet dei cittadini. Ma la petizione lavora contro le razzializzazioni messe in gioco dallEmergenza Nord Africa italiana anche intervenendo sulla figura giuridica della vulnerabilit e usandola come veicolo per introdurre forzatamente, allinterno della procedura con la quale si chiede il diritto dasilo, la pluralit delle geografie e delle appartenenze migranti. La richiesta di concedere protezione alle circa 25.000 persone arrivate in Italia dalla Libia in guerra viene infatti espressa nei seguenti termini: Pur provenendo dalla Libia, sono nati in Somalia, in Eritrea, in Ghana, in Nigeria, nel Mali, nel Ciad, in Sudan, in Costa dAvorio, in Bangladesh o in Pakistan, per questo rischiano di vedere rigettata la loro domanda dasilo dalle commissioni territoriali che gi stanno procedendo al diniego nella stragrande maggioranza dei casi. [] Per questo, chiediamo limmediato rilascio di un titolo di soggiorno umanitario attraverso listituzione della protezione temporanea (art. 20 TU [Testo unico sullimmigrazione]) o le altre forme previste dallordinamento giuridico32. Chiarendo che le geografie multiple dei migranti costituiscono la base per il diniego della loro richiesta di asilo, questa petizione mette in luce unulteriore declinazione del concetto di vulnerabilit: la vulnerabilit dei migranti come soggetti presi in carico dal sistema giuridico, come soggetti governati, insomma la loro vulnerabilit nel contesto della protezione (vulnerability in protection). Chiedendo la concessione del permesso di soggiorno sulla base di queste geografie multiple, la petizione introduce una contro-condotta nel dispositivo di governo delle migrazioni della protezione internazionale, e produce cos unulteriore dislocazione del luogo della vulnerabilit. QueDiritto di scelta. Petizione per il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo provenienti dalla Libia, disponibile allindirizzo http://www.meltingpot.org/articolo17149.html. 31 G. Garelli e M. Tazzioli, Arab Uprisings Making Space. Territoriality and Moral Geographies for Asylum Seekers in Italy, in corso di pubblicazione. 32 Diritto di scelta, cit.
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80 Glenda Garelli sta terza dislocazione mostra che la vulnerabilit prodotta allinterno del meccanismo giuridico della richiesta di asilo, e su ci fonda la richiesta dellimmediato rilascio di un permesso di soggiorno per i migranti vulnerabilizzati dalla vulnerabilit giuridica, resi vulnerabili dai confini del loro paese di nascita confini iscritti in tale governamentalizzazione della vulnerabilit. E la residenza, il luogo di residenza, la seconda tattica di derazzializzazione che la petizione qui in esame mette in pratica contro lo status quo giuridico della protezione internazionale. infatti la presenza sul luogo (presence at locality), lessere situati in determinate coordinate spaziali lessere un residente, regolare o irregolare, con permesso di soggiorno o senza , che la petizione postula come perno del quadro normativo della protezione internazionale. E lo fa nel linguaggio geograficamente saturo e giuridicamente elusivo delle persone in movimento: lespressione [persone] provenienti dalla Libia, infatti, introduce forzatamente la concretezza di una pratica di movimento allinterno delle appartenenze astratte degli status giuridici (cittadino, residente legale, straniero, ecc.), status che non si adattano facilmente alle destinazioni plurali e spesso impreviste insite nelle pratiche diasporiche dei migranti. Inoltre, mettendo in scena il paese di residenza dei migranti, la Libia, come base per garantire la protezione internazionale a tutte le persone arrivate dalla Libia in Italia durante la guerra, la petizione introduce un altro fondamentale dispositivo di de-razzializzazione: la dislocazione della vulnerabilit dallItalia, in quanto paese ricevente invaso dalla folla anonima di uno tsunami umano, alla Libia come paese sconvolto dalla guerra. Cos, la petizione riporta il discorso sulla politica conflittuale della guerra in Libia. Allinterno di un dispositivo altamente moralizzato e moralizzante come quello della protezione, presentare la guerra in Libia come la ragione per la quale le persone arrivate in Italia devono ricevere protezione introduce la geografia morale della Coalizione dei Volenterosi nel discorso sul diritto dasilo. Osservazioni conclusive Foucault presenta il dislocamento (dplacement) come loperatore fondamentale del pensiero critico33, e usa spesso la figura del dislocamento
Il sagit [] dun trac de dplacement, cest--dire dun trac non pas ddifice thorique, mais du dplacement par lequel mes positions thoriques ne cessent de changer; M. Foucault, Le gouvernement des vivants, cit., p. 75.
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per parlare degli episodi in cui si articolato il suo lavoro34. Il concetto di dislocamento stato al centro di questo articolo, innanzitutto caratterizzandone il focus tematico: persone dislocate spazialmente dalla Libia in guerra allItalia. Ma sul dislocamento si anche costruita la mia analisi della razzializzazione della vulnerabilit, caratterizzata da: un dislocamento della localizzazione della vulnerabilit dei migranti, spostata sul loro paese di nascita, con la conseguente rimozione della scena conflittuale della guerra in Libia; un dislocamento del punto di applicazione della protezione, spostato dal corpo dei migranti al corpo della nazione; e infine un dislocamento dei criteri qualificanti per la vulnerabilit giuridica, con lo spostamento dalla cittadinanza alla presenza (residenza, con o senza permesso di soggiorno). Se i primi due dislocamenti sono il risultato del governo della mobilit umana, il terzo si contrappone invece a questa stessa condotta, mettendo fuori gioco liscrizione razzializzante della vulnerabilit nel paese di nascita. Ma c un ulteriore dislocamento che attraversa larticolo, un dislocamento che ho operato in rapporto alla cassetta degli attrezzi foucaultiana e che, in chiusura, vorrei esplicitare e sottoscrivere. Quando Foucault parla di popolazione, si riferisce alla popolazione dei nationals, alla popolazione cio dei cittadini degli Sati nazione35. Una lettura filologica di Sicurezza, territorio, popolazione obietterebbe, dunque, che non si pu applicare la nozione foucaultiana di popolazione al gruppo dei migranti transnazionali. E su questo non ho nulla da ridire. Eppure, questo dislocamento oltreconfine (cross-border displacement) produce due risultati fondamentali: da un lato, rende visibile la razzializzazione in opera allinterno del regime umanitario e, dallaltro, de-essenzializza le tecnologie della vulnerabilit e del razzismo. In altre parole, dislocare la nozione foucaultiana di popolazione oltreconfine permette di rendere visibile la distribuzione differenziale di quellinteresse principale della vita e del lavoro che consiste nel divenire una persona diversa da quella che si era allinizio36 e, cos, di rendere visibile come quello stesso interesse, che Foucault qualifica appassionatamente come suo nel 1982, sia differenzialmente distribuito. In questo articolo ho analizzato
Si veda, per esempio, la descrizione dei suoi tentativi di comprendere la relazione tra lesercizio del potere e la verit come una serie di dplacements: prima dalla nozione marxista di ideologia alla nozione di potere-sapere, e poi dalla nozione di potere-sapere a quella di governo attraverso la verit (ivi, pp. 12-13). 35 Cfr. M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, cit. 36 M. Foucault, Vrit, pouvoir et soi, cit., p. 1596.
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82 Glenda Garelli i dispositivi spaziali che, in nome della protezione umanitaria, fissano la popolazione dei migranti transnazionali a predicati essenzializzanti, sbarrando loro la possibilit di accesso proprio a quella libert di diventare quelquun de diffrent.
Glenda Garelli

University of Illinois at Chicago (UIC) glenda.garelli@gmail.com

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Protection Displaced: The Racialization and Counter-Conduct of Vulnerability for Libyan War Refugees in Italy In this paper I engage with the humanitarian regime, arguing that the dispositive of vulnerability works through a series of racializations. Looking at the processing of Libya war migrants as asylum seekers in Italy in the time of the Arab Uprisings, my analysis traces the colour lines along which vulnerability is profiled; points at the displacements that invest the dispositive of vulnerability during processing; and intercepts a line of friability for racializing operators. From the premises of this unstable line, the conclusion stages a counter-conduct within the government of human mobility. Keywords: Humanitarian regime, Asylum seekers, Racialization, Arab Uprisings, North Africa emergency, Displacement, Anarcheology, Foucauldian geography, Counter-conduct.

Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault


John Iliopoulos

Le forme di razionalit e letnologia della nostra cultura

Alla fine del XVIII secolo, follia e razza costituivano sia il limite che il

fondamento della razionalit occidentale. La follia era il termine escluso da cui la psichiatria dipendeva per costituirsi come disciplina razionale, mentre la razza rappresentava unesteriorit rispetto alla cultura occidentale, intorno alla quale il discorso storico occidentale si era organizzato come discorso di guerra. Lemergere di questi due concetti come effetti di potere un elemento ben noto dellanalisi foucaultiana. Tuttavia, quello che deve essere evidenziato che, per Foucault, il potere non altro che una serie di relazioni governamentali regolate da forme razionali, ed solo nel contesto di queste ultime che lemergere della follia e della razza come forme estranee e irrazionali di esperienza pu divenire intelligibile. Per dimostrare tale intelligibilit, necessaria unanalisi etnologica basata su conoscenze storiche, analisi che Foucault stesso ha strettamente connesso con la comprensione delle relazioni di potere. Foucault studia il potere in termini di pratiche governamentali, ovvero di modi di regolare la condotta delle persone, pratiche che sono sostenute da modi specifici di razionalizzazione. Le pratiche politiche assomigliano a quelle scientifiche: non la ragione in generale che viene applicata, ma sempre un tipo molto specifico di razionalit1. In Occidente, le forme di razionalit programmano il comportamento umano, dirigono il processo decisionale e sono legate a una serie di valori e princpi che guidano la condotta degli individui. Dietro al sapere, al potere, alle forme di dominio e persino alle azioni pi violente, c un certo modo di razionalit, cos come esso si trova dietro ai sistemi, alle istituzioni, alle pratiche di cui Foucault propone unanalisi storica. Una certa forma di razionalit, una serie di codici storicamente determinata, un programma che prescrive quali finalit perseguire, quali regole seguire, e cosa, allinterno di uno specifico modo di operare dellistituzione, vale come vero o falso.
M. Foucault, Omnes et singulatim. Verso una critica della ragion politica, in Biopolitica e liberalismo. Detti e scritti su potere ed etica 1975-1984, a cura di O. Marzocca, Medusa, Milano 2001, pp. 108-146, p. 130.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 83-106.

84 John Iliopoulos Tutto questo soggiace alloperare dei manicomi, delle prigioni, degli ospedali, delle modalit di comportamento sessuale:
Diciamo insomma che non si tratta di confrontare delle pratiche con lunit di misura di una razionalit, per poterle poi in questo modo considerare come forme pi o meno perfette di razionalit; piuttosto, si tratta di vedere in che modo delle forme di razionalizzazioni si inscrivano allinterno di certe pratiche, o allinterno di certi sistemi di pratiche, e di vedere quindi quale ruolo esse vi giochino. Perch s vero che non esistono delle pratiche al di fuori di un certo regime di razionalit. Ma [] quel che vorrei fare analizzare [un tale regime] secondo i due assi: da una parte la codificazione-prescrizione (in che cosa esso forma un insieme di regole, di ricette, di mezzi in vista di un fine, ecc.), e dallaltra di formulazione vera o falsa (in che cosa esso determina un campo di oggetti a proposito dei quali sia possibile articolare delle proposizioni vere o false)2.

Per il nostro studio, centrale il fatto che Foucault non analizzi le forme di razionalit solo nei termini delle loro caratteristiche istituzionali e che non consideri unicamente lambito della loro realizzazione e le forme di sapere che esse producono. Egli esamina anche le fratture, le rotture, i punti di rovesciamento e le pratiche di resistenza che emergono non appena una forma di razionalit giunge al limite della propria applicazione:
Sarebbe meglio considerare la razionalizzazione della societ o della cultura non come totalit, e analizzare un tale processo in diversi campi, in cui ciascuno rimanda a una esperienza fondamentale: la follia, la malattia, la morte, il crimine, la sessualit ecc.3

Il punto di ancoraggio della critica foucaultiana questo orizzonte etnologico fatto di relazioni di potere costituite, del limite esterno della loro realizzazione, e dellinterazione antagonistica tra razionalit su cui esse si basano e quel che esse escludono. Foucault impiega letnologia come un genere di discorso che ha a che fare con linstaurazione di divisioni razionali e con la demarcazione di limiti culturali4. Come genere di discorso
M. Foucault, Perch la prigione. Quattro risposte, in Poteri e strategie. Lassoggettamento dei corpi e lelemento sfuggente, a cura di P. Dalla Vigna, Milano, Mimesis 1994, p. 77. 3 M. Foucault, Il soggetto e il potere, in H.L. Dreyfus e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault. Analisi della verit e storia del presente, La Casa Usher, Firenze 2010, p. 281. 4 Come Foucault nota in unintervista, in cui discute la forma di critica da lui proposta, il sagirait de quelque chose comme dune ethnologie de la culture laquelle nous appartenons [si tratterebbe di una sorta di etnologia della cultura cui apparteniamo]; M. Foucault, Qui tes-vous, professeur Foucault ? , in Dits et crits I, 1954-1975, Gallimard, Paris 2001, p. 633.
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Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault 85

occidentale, letnologia era nata ai margini delle scienze umane, offrendo uno studio del modo in cui la razionalit occidentale governa le proprie pratiche e d luogo a relazioni storicamente specifiche con le altre societ. Letnologia non solo unanalisi sociologica, ma una forma di riflessione sulla storicit che studia modi storicamente costituiti di pensiero, che generano differenze strutturali tra culture. Foucault basa la sua riflessione etnologica soprattutto su Lvi-Strauss che, esplorando le regole prescritte e le norme funzionali che regolano la percezione in una societ, ha scoperto come tale razionalit renda possibile laccettabilit di tali regole e norme, e come condizioni anche il modo in cui gli uomini si pongono in relazione con tutto quello che a tale razionalit sfugge: follia, morte, crimine, sesso5. Ispirato da questo tipo di approccio etnologico, il lavoro storico-critico di Foucault mostra come e a quali condizioni culturali la finitudine umana riceva lo status di esclusione o inclusione, e in che forma di limite della ragione le esperienze siano confinate, espulse, integrate o marginalizzate in una data societ. proprio facendo uso di questo metodo che il destino delle esperienze-limite in Occidente pu essere studiato storicamente. possibile mostrare come sia stata la razionalit disciplinare della fine del XVIII secolo a rendere possibile la problematizzazione della follia e della razza come esperienze-limite. Quel che significativo, come mostreremo, che questa problematizzazione ha fatto sorgere listituzionalizzazione della follia e della razza, ha dato luogo al loro studio storico e scientifico e ha determinato la genesi della psichiatria e del discorso storico della guerra delle razze, ma non ha tuttavia generato il razzismo psichiatrico. Questa trasformazione ha avuto luogo solo alla fine del XIX secolo, nel quadro del biopotere in una nuova forma di razionalit quando sia la follia che la razza hanno smesso di essere esperienze-limite e sono state incorporate nella razionalit e nella scienza, divenendo completamente integrate nel sapere psichiatrico. stato quindi alla fine del XIX secolo che sono entrambe divenute oggetto di analisi per una pratica psichiatrica che, in quanto regina6 della biopolitica, emersa come forza razzista e globale, responsabile della protezione biologica della razza umana. Questo razzismo psichiatrico di nuovo conio ha assunto una forma parossistica nei regimi totalitari del XX secolo, in cui operava come forza biopolitica coercitiva, capace di discriminare, eliminare e sopprimere intere popolazioni. Foucault ci aiuta a capire, tuttavia, che nel XXI secolo
M. Foucault, La follia e la societ, in Follia e psichiatria. Detti e scritti 1957-1984, a cura di M. Bertani e P.A. Rovatti, Raffaello Cortina, Milano 2005, pp. 49-57. 6 Cfr. nota 18.
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86 John Iliopoulos questo stesso razzismo psichiatrico non possiede pi tale base ideologica: pur essendo oggi ancora operativo, le sue caratteristiche specifiche sono determinate dal sistema attuale e globalizzato di biopotere. Foucault evidenzia quindi come sia necessario giudicare lattuale razzismo psichiatrico alla luce di questo contesto contemporaneo, e non in un senso strettamente totalitario o ideologico. In netto contrasto con il suo passato totalitario, lattuale razzismo psichiatrico non identifica nemici e non esclude minoranze etniche, ma include individui, cancella differenze e subordina le singolarit alla nozione astratta di anormalit. quindi inutile mettere in questione il razzismo psichiatrico perch esso esclude od opprime. Al contrario, una critica efficace, oggi, deve prendere in considerazione lescludersi spontaneo di follia e razza, il loro rifiuto di essere incorporate allinterno dei meccanismi di biopotere, e il loro riemergere in quanto forze antagoniste, irrazionali, perfino violente. Follia e razza: due casi di alterit Follia e razza sono emerse come concetti intorno alla fine del XVIII secolo, allinterno di una specifica forma di razionalit e di un tipo di governamentalit: quella disciplinare. Nella disciplina, il sovrano dellet classica assente e si fa invece riferimento a una norma e a un modello7. la norma ad assegnare gli individui al sistema disciplinare. Per stabilirsi e definirsi, la norma ha bisogno della distribuzione e della classificazione; essa deve necessariamente far riferimento a ci che le sfugge e che deve esserle reintegrato con la correzione. Dato che i sistemi disciplinari si basano sul sapere clinico che classifica, gerarchizza e sorveglia, essi si scontrano con tutto quel che non pu essere classificato, che sfugge alla sorveglianza, che non entra nel sistema di distribuzione: in breve, con il residuo, lirriducibile, linclassificabile, linassimilabile. Il folle, il delinquente, il malato e il colonizzato appariranno solo ai limiti, ai margini del dispositivo disciplinare:
Occorre notare che, per Foucault, una razionalit non sostituisce laltra. La sovranit, la disciplina e la sicurezza si sovrappongono e lanalisi storica in grado di mostrare quale forma prevalga sulle altre in ogni societ. Cfr. M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collge de France (1977-1978), a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Senellart, Feltrinelli, Milano 2005, pp. 87-88. Come noter in seguito, la coesistenza di queste forme di razionalit apparir pi simmetrica ed equilibrata nei regimi totalitari.
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Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault 87 evidente in ogni caso che ormai si realizzata lassimilazione tra i delinquenti come residuo della societ, i popoli colonizzati come residuo della storia, i folli come residuo dellumanit in generale8.

Come concetti, follia e razza sono quindi emersi insieme intorno alla fine del XVIII secolo, in ragione della loro affinit nel designare esperienze che apparivano come limite rispetto a uno sfondo di universalit disciplinare. Si trovavano entrambi ai limiti di un sistema di classificazione, di un regime di verit che li isolava e studiava in termini scientifici, filosofici e antropologici. Per la prima volta dallet classica, essi sono quindi emersi come categorie del vero e come oggetti di percezione. Esaminiamo dapprima lemergere della follia. Nella razionalit disciplinare della fine del XVIII secolo, cera unampia tassonomia che delineava la norma e tentava di determinare la distinzione tra correzione e punizione. Si trattava del dilemma diagnostico centrale e pertinente ancora oggi con cui magistrati, medici e criminologi avevano a che fare: un individuo che vola la norma cattivo o folle? Deve andare in prigione o in ospedale? Dato che il criminale poteva ospitare un nucleo di follia e, viceversa, il comportamento irrazionale poteva comportare il rischio di crimine, si chiedeva alla psichiatria di rispondere in forma di sapere diagnostico dimostrativo e affidabile. La psichiatria era nata come risposta a questo dilemma, che culminava nel caso pi equivoco ed enigmatico: quello del mostro umano. Il mostro umano era il soggetto in cui la follia si manifestava esclusivamente nella forma del crimine. Nel mostro umano, il delirio dominava latto criminale, privando il soggetto della propria responsabilit e rendendolo adatto alla terapia. Nel mostro, quindi, la legge si trovava di fronte ai limiti della ragione e la perizia psichiatrica si rendeva necessaria per determinare la sragione e riferirsi ad essa per definire la responsabilit giuridica. La mostruosit divenne il punto di riferimento della psichiatria, il suo oggetto elusivo, una radicale alterit:
Il mostro paradossalmente malgrado la posizione limite che egli occupa, bench sia al contempo limpossibile e il proibito un principio di intelligibilit. Ci nonostante questo principio di intelligibilit un principio tautologico, perch la propriet del mostro quella di affermarsi come mostro e di spiegare in se stesso tutte le deviazioni che pu generare, ma anche quella di essere in se stesso inintelligibile9.
M. Foucault, Il potere psichiatrico. Corso al Collge de France (1973-1974), a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Bertani, Feltrinelli, Milano 2003, p. 110. 9 M. Foucault, Gli anormali. Corso al Collge de France (1974-1975), a cura di F. Ewald, A. Fontana, V. Marchetti e A. Salomoni, Feltrinelli, Milano 2000, p. 58.
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88 John Iliopoulos La psichiatria poteva formare i propri concetti e costruire i propri oggetti di sapere se messa a confronto con lirrazionalit del mostro. Il mostro era il limite e al tempo stesso la condizione di possibilit per la genesi della psichiatria come disciplina razionale e come discorso il cui riferimento era laltro inintelligibile. Da qui derivava il nome per questo discorso: alienismo. In questo stesso periodo, anche la razza era emersa come concetto che designava unesteriorit rispetto alla norma, grazie a un nuovo discorso storico-politico. Durante let classica, periodo di monarchie e imperi, prevalevano due discorsi storici opposti e complementari. Cera il discorso della sovranit, sopravvissuto dal tempo degli annalisti romani e rinnovato nel Medioevo, che narrava le avventure del potere, le sue conquiste, le sue guerre contro le monarchie straniere. Contro questo discorso, vi era poi una narrativa rivoluzionaria che spiegava la storia dal basso e parlava in nome del debole, del conquistato, del povero e del dominato. Era un discorso biblico e profetico che derivava dal Vecchio Testamento e che tentava di demolire il potere, di mostrare i suoi abusi e porre in primo piano i diritti naturali degli oppressi10. Alla fine del XVIII secolo venne sistematizzato un nuovo discorso storico-politico: il discorso della guerra delle razze. La lunga battaglia tra forze eterogenee in Europa che aveva avuto inizio nel XVI secolo, lesperienza della Rivoluzione francese come nuova richiesta giuridica e politica di definizione di diritti, e lespansione della colonizzazione che aveva portato la razionalit occidentale a contatto con culture estranee, condussero alla tematizzazione del concetto di guerra non pi come guerra tra eserciti o classi, ma come guerra tra razze. Prima di divenire unentit biologica o una categoria sociale, la razza era considerata una divisione antropologica, resa visibile dalle differenze tra razionalit opposte. La guerra era essenzialmente considerata come una lotta tra gruppi e nazioni, tra differenze etniche, differenze tra lingue e religioni e tra razze. La razza, come la follia, emerse per la prima volta come un concetto extra-legale, militare e amministrativo, come un caso di alterit e singolarit. Alla fine del XVIII secolo,
la parola razza non da subito fissata a un significato biologico stabile. Questo non significa per che si tratti di una parola incerta e indeterminata. Essa designa, in ultima analisi, una certa dissociazione storico-politica senza dubbio ampia, ma relativamente fissa. Si dir, e in questo discorso effettivamente si dice, che ci sono due razze quando si fa la storia di due gruppi che non hanno, almeno
Cfr. M. Foucault, Bisogna difendere la societ. Corso al Collge de France (1975-1976), a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Bertani, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 61-70.
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Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault 89 in origine, la stessa lingua e sovente neppure la stessa religione; di due gruppi hanno formato ununit e un insieme politico solo a prezzo di guerre, invasioni, conquiste, battaglie, vittorie e disfatte, violenze11.

La razza era contingente e arbitraria, ma era comunque trattata come una reale divisione umana, prodotto di relazioni di conflitto e guerra. Questo conflitto tra avversari, tra gruppi di diversa provenienza formati attraverso lotte sociali, era la preoccupazione di teorici della fine del XVIII secolo come Boulainvilliers, che aveva studiato la societ nei termini della sua costituzione in senso medico e militare, nei termini dellequilibrio delle sue forze. Non aveva adottato n la narrativa del potere n il discorso di contro-storia delle persone e dei loro diritti naturali. Aveva esaminato il concetto di rivoluzione, che per lui non era solo il rovesciamento del potere, ma costituiva la transizione da un punto pi basso a uno pi alto, da uno stato di disordine a un livello di equilibrio e simmetria, in un movimento ciclico che non raggiungeva mai un punto finale12. Per raggiungere questa stabilit, sostiene Boulainvilliers, occorre prendere in conto le forze esterne alla costituzione. Nessuna costituzione o forma di razionalit pu pretendere alluniversalit fintanto che sussistono razze, gruppi o individui che non condividono questa uniformit e che resistono attivamente o passivamente allintegrazione in essa. Questo vale in modo particolare per una razza che risalta tra le altre come la pi estranea alla razionalit occidentale: quella del barbaro. Il barbaro non il selvaggio, luomo di natura, ma laltro rispetto a una data civilt, colui che minaccia la coerenza della sua razionalit. Il barbaro luomo che vive al di fuori della civilt e ai margini della storia, che rappresenta la razza pericolosa cui la razionalit occidentale deve far riferimento per definire la norma e affermarsi come razionale. In Boulainvillers,
il problema diventer allora quello di sapere in che modo sia possibile stabilire il punto di giunzione ottimale tra lo scatenamento della barbarie da un lato e dallaltro lequilibrio di quella costituzione che si vuole ritrovare. Come mettere in gioco, insomma, entro una giusta regolazione delle forze, ci che il barbaro pu recare con s di violenza, di libert, ecc.? In altri termini, che cosa occorre conservare e che cosa bisogna eliminare del barbaro per far funzionare una costituzione giusta13?
Ivi, pp. 70-71. Ivi, pp. 165-168. 13 Ivi, pp. 170-171.
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90 John Iliopoulos Come il mostro in psichiatria, lirrazionalit del barbaro inestricabilmente legata alla minaccia che esso presenta per la civilt. Il barbaro irrazionale perch rispetto ai valori e alle norme della societ si trova in relazione di violenza, conquista e distruzione. Viceversa, minaccioso perch la sua razionalit non riconosce le norme condivise e le forme giuridiche stabilite. La societ non pu assimilarlo nel proprio quadro legale e nella propria costituzione. Al contrario, il contatto con il barbaro provoca reazioni extralegali, modifiche istituzionali o risposte scientifiche. per questi motivi che il barbaro, come il mostro in psichiatria, diverr il punto di riferimento, il limite e al tempo stesso la condizione di possibilit per la costruzione di questo nuovo discorso storico-politico della guerra delle razze. Il biopotere Chiaramente, con lalienismo e il discorso della guerra delle razze della fine del XVIII secolo, il problema del razzismo non veniva ancora sollevato nella sua forma attuale e familiare. Lalienismo e la guerra delle razze erano discorsi scientifici, storici e filosofici che mantenevano una relativa autonomia e problematizzavano, per la prima volta nella storia dellOccidente, le esperienze-limite come categorie di verit e come problemi epistemologici. Grazie alla loro autonomia, potevano inquadrare la follia e la razza come esperienze simili ma distinte, ed esterne al concetto di universale, quale era stato introdotto alla fine del XVIII secolo. Alla fine del XIX secolo, questa autonomia and perduta. Lalienismo e la storia della guerra delle razze divennero discorsi tanto interdipendenti da fondersi e produssero un discorso ibrido, fondato su princpi biologici. La biologia non si limit a trasformare la follia in malattia mentale, ma fiss anche la razza a una realt anatomo-fisiologica. Essa tentava di sostanziare ed ontologizzare entrambi i concetti, senza per questo dar luogo a una loro comprensione pi profonda, come essenze misurabili e oggettivabili. Al contrario, essa determin la genesi del razzismo psichiatrico, per come lo conosciamo oggi. Fondendo follia e razza nella nozione di anormalit della specie, la biologia rese la psichiatria sia una griglia storica che ununit di misura per ogni anormalit possibile, una forza politica globale e un nuovo principio razionale. Tuttavia, non era la biologia in s ad essere responsabile di questa trasformazione. Foucault non mette in causa la scientificit della biologia, la sua oggettivit o la sua verit dimostrativa, ma esplora il ruolo politico che le era stato affidato nel momento in cui era

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prevalso uno specifico tipo di governamentalit, una forma di razionalit che Foucault definisce biopotere. Uno degli aspetti principali del biopotere era la sicurezza. La preoccupazione per la sicurezza e il mantenimento della vita avevano generato la nozione diffusa di pericolosit, che divenne il bersaglio di questa nuova forma di razionalit. Follia e razza cessarono di essere categorie di verit che trasgredivano la norma, per divenire categorie di pericolo che minacciavano la popolazione14. Il mostro inizi ad essere considerato come il barbaro: un criminale potenziale che metteva in pericolo la sicurezza pubblica, mentre il barbaro cominci ad essere visto come pericolosa follia che turbava lordine razionale. La diagnosi, la prevenzione e la cura della pericolosit potenziale intrinseca a simili categorie richiedevano una conoscenza profonda dei processi naturali. La conoscenza dei processi biologici, dei gradi di degenerazione e degli istinti anormali permise agli psichiatri di acquisire il potere prognostico di individuare precocemente il disordine, di eliminare il rischio di mostruosit e, almeno in via ideale, di sbarazzarsi del problema della follia e dei pericoli che avrebbe comportato. Se era possibile studiare il corpo del mostro e del barbaro e la loro costituzione genetica e psicologica a livello biologico e statistico, sarebbe anche stato possibile correggerli e curarli. Questa correzione avrebbe potuto avvenire sempre in via ideale a livello preventivo, emendando le irregolarit genetiche e manipolando psicologicamente gli istinti anormali. Con questa trasformazione, il mostro e il barbaro persero la loro specificit e iniziarono ad essere considerati come parti della specie umana, come le sue manifestazioni genetiche patologiche. Conversero entrambi nella figura del malato mentale, dellindividuo malato che non solo possedeva un corpo patologico, ma costituiva anche unanomalia genetica delluomo in quanto specie15. Questa la genesi del razzismo psichiatrico. Con lereditariet e la patologia degli istinti, anormalit e alterit si erano incrociate e la follia era divenuta una devianza biologica e una sotto-razza inferiore; viceversa, la razza era divenuta una mutazione biologica che generava anormalit:
M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., pp. 49-69. Cfr. anche M. Foucault, Levoluzione della nozione di individuo pericoloso nella psichiatria legale del XIX secolo, in Archivio Foucault 3. Estetica dellesistenza, etica, politica, a cura di A. Pandolfi, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 43-63. 15 Sulla nascita della genetica e sulla genesi della meta-somatizzazione, cfr. M. Foucault, Gli anormali, cit., p. 280.
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Ecco dunque come la psichiatria ha potuto a partire dalla nozione di degenerazione e dalle sue analisi sullereditariet dare luogo a un razzismo. Si tratta di un razzismo molto diverso da quello tradizionale, storico. Cio da quello etnico16.

Sussumendo follia e razza, la psichiatria riusc ad abolire la loro posizione limite e a stabilire un meccanismo preventivo che avrebbe minimizzato il crimine ed eliminato il razzismo tradizionale occidentale, prevalentemente antisemita: il razzismo delle teorie nazional-socialiste del XIX secolo17. In quanto regina del biopotere18, la psichiatria aveva introdotto una forma specifica di razzismo, un razzismo scientifico il cui scopo non era quello di discriminare gruppi e individui ma, al contrario, quello di sostituire le nozioni di barbarie e follia, associate allautorit del sovrano e al legalismo della disciplina, con gli ideali dellutilitarismo, del liberalismo, della protezione dai rischi e del mantenimento dellordine. Dalla psichiatria biologica della genetica alla psicoanalisi, questo nuovo razzismo psichiatrico non aveva di mira avversari etnici o nemici di Stato, ma gli anormali, tutti quegli individui che avrebbero potuto trasmettere casualmente alla propria discendenza listinto patologico che portavano in s19. Questo razzismo funzionava meno come difesa di un gruppo contro un altro, che come individuazione di coloro che erano considerati un pericolo per gli altri membri dello stesso gruppo. Il razzismo psichiatrico nei regimi totalitari Dalla fine del XIX secolo, il razzismo divenne quindi intrinseco alla pratica psichiatrica. Era dunque inevitabile che questo razzismo psichiatrico fosse ripreso e usato politicamente dai regimi totalitari e razzisti del XX secolo. Non per chiaro il motivo per cui questi regimi avrebbero trasformato questo razzismo psichiatrico, la cui funzione principale era quella di raggiungere lo stato ideale di una societ orientata alla sicurezza, priva di rischio ed igienica, in una pratica politica intollerante, sanguinaria, violenta e omicida.
Ivi, p. 282. M. Foucault, Le jeu de Michel Foucault, in Dits et crits II, 1976-1988, Gallimard, Paris 2001, pp. 298-329. 18 Foucault chiama la medicina, e la psichiatria in generale, regina o scienza regina in diverse occasioni. Cfr., ad esempio, M. Foucault, Gli anormali, cit., pp. 113-114 e M. Foucault, Lestensione sociale della norma, in Follia e psichiatria, cit., p. 130. 19 M. Foucault, Gli anormali, cit., p. 123.
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Secondo Foucault, questo fenomeno non deve sorprenderci e apparirci come una discontinuit priva di senso. In primo luogo, infatti, la razionalit di questi regimi totalitari non solo era isomorfa alle forme di governo della fine del XIX secolo, ma costituiva il loro logico sviluppo portato allestremo20. In secondo luogo, era proprio questa razionalit che conferiva uno specifico contenuto politico e un orientamento alla prospettiva biomedica. Sia la medicina nazista che quella sovietica avevano ripreso le teorie mediche gi esistenti della degenerazione dellistinto, e le avevano combinate con un discorso di alterit che derivava dallideologia politica del nemico di Stato e con le teorie della razza non mediche e nazional-socialiste del XIX secolo. Questi regimi non inventarono quindi il razzismo psichiatrico, ma lo svilupparono grazie alla sovrapposizione di modelli ideologici e discorsi discriminanti. Nella Germania nazista, di conseguenza, tutte le forme di razionalit, quali erano apparse in Occidente dallet classica, funzionavano in piena armonia e simmetria. Cera una coesistenza equilibrata di sovranit, potere disciplinare e biopotere. Nel regime nazista, il discorso storico della sovranit, che era anche il discorso rivoluzionario e profetico che prometteva il dominio finale del terzo Reich, si associava con la storia della guerra delle razze nella forma di lotta darwinista, evoluzionista e biologica tra razze (differenziazione della specie, selezione naturale, sopravvivenza del pi forte)21. Lo Stato si era appropriato della sintesi di questi discorsi, generando il fenomeno del razzismo di Stato. Il regime nazista era uno Stato sovrano e omicida, che esponeva la propria popolazione al rischio di morte, e al tempo stesso era uno Stato biopolitico che mirava a preservare la vita della nazione tramite leliminazione di anormalit e malattie. Questa la ragione per cui, nella Germania nazista, il razzismo psichiatrico divenne la pietra angolare delle pratiche del nazionalismo e dellideologia della purezza razziale. Le anormalit erano considerate intrinseche alla popolazione e dovevano quindi essere corrette dal biopotere nazista, ma al tempo stesso esistevano portatori esterni di anormalit, specifiche categorie etniche che costituivano minacce barbariche alla sovranit nazista e alla purezza razziale e che andavano quindi eliminate. La psichiatria poteva offrire una legittimit scientifica sia per la difesa sociale che per quella nazionale. Da qui la sua appropriazione da parte dello Stato e la sua ritrascrizione nel razzismo etnico:
M. Foucault, Il soggetto e il potere, cit., p. 280. Cfr. anche M. Foucault, Crimes et chtiments en U.R.S.S. et ailleurs, in Dits et crits II, cit., pp. 63-74. 21 M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., pp. 57 e 74-75.
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Che la psichiatria tedesca abbia operato in modo spontaneo allinterno del nazismo, non deve risultare sorprendente. Il nuovo razzismo, il neo-razzismo, quello che specifico del XX secolo come mezzo di difesa interna di una societ contro i suoi anormali, nato dalla psichiatria. Il nazismo non ha fatto nientaltro che innestare il nuovo razzismo sul razzismo etnico, che era endemico nel XIX secolo22.

La psichiatria nazista era al tempo stesso lo strumento del biopotere e la giustificazione scientifica della pulizia etnica. Funzionava come istituzione scientifica sia per il mantenimento delligiene pubblica, sia per lindividuazione del nemico nazionale, che aveva caratteristiche biologiche. Era grazie alla psichiatria che lo Stato nazista poteva mantenere sia la sua perfezione razziale interna che identificare i suoi avversari esterni, cui avrebbe potuto ufficialmente dichiarare guerra. Allo stesso modo, nel regime sovietico troviamo un equilibrio di tecnologie politiche analogo a quello del regime nazista. Cerano un sistema di sovranit (il partito), una ferrea disciplina scientifica e il biopotere. Possiamo in questo caso osservare un fenomeno simmetrico e opposto: il discorso della sovranit si identifica con un discorso profetico e rivoluzionario, che promette la rivelazione della storia come verit del socialismo. Questo discorso, tuttavia, non ha promosso la lotta per lesistenza, ma una griglia di intelligibilit economica che ha trasformato la guerra delle razze in lotta di classe. Nello Stato sovietico, biopotere, disciplina e sovranit si incontravano nella lotta di classe. I nemici di classe veri o potenziali erano identificati come barbari che erano anche anormali, bisognosi di cure e di correzione.
Ci che il discorso rivoluzionario designava come nemico di classe, nel razzismo di Stato sovietico diventer una sorta di pericolo biologico. Chi ora il nemico di classe? Ebbene, il malato, il deviante, il folle. Di conseguenza, larma che un tempo doveva lottare contro il nemico di classe (arma che era quella della guerra, o eventualmente quella della dialettica e della persuasione) non pu pi essere altro, adesso, che una polizia medica che elimina, come un nemico di razza, il nemico di classe23.

NellUnione Sovietica, la forma di razionalit prevalente era diffusamente scientifica, ma si trattava comunque di una scienza al servizio di unideologia assolutamente razzista. Ogni agente della falsa coscienza o dellidealismo era visto come un altro, pericoloso per la societ, ed era soggetto ad incarcerazione. Era un nemico dello Stato, un nemico della
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M. Foucault, Gli anormali, cit., p. 283. M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., pp. 75-76.

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causa rivoluzionaria, una minaccia nazionale, e al tempo stesso era folle, anormale. Confinando i dissidenti, i manicomi funzionavano come strumento del controllo politico, pratica fortemente criticata da Foucault24. Inoltre, il regime di verit sovietico era profondamente impregnato della convinzione che lepistemologia marxista avrebbe potuto funzionare come tribunale per la distinzione tra scienza e ideologia, convinzione che squalificava alcuni metodi di diagnosi estranei al materialismo (ad esempio, lesistenzialismo o la psicoanalisi) come ideologici, idealisti o irrazionali. Anche gli psichiatri che avrebbero potuto sposare tali teorie erano quindi sospettati come nemici di classe e perseguiti come folli25. Il biopotere nellOccidente neoliberale Dopo la fine della seconda guerra mondiale e, pi tardi, con il collasso dellUnione Sovietica, le barriere dello statalismo e dellideologia di partito crollarono, permettendo alla psichiatria di funzionare nuovamente in un contesto liberale, in cui avrebbe potuto tornare a nuova vita ed espandere globalmente il proprio modello originario di razzismo, quale era stato concepito nel XIX secolo. Questo modello era libero di svilupparsi e di ottenere un consenso diffuso e, allalba del XXI secolo, divenuto sempre pi penetrante e influente. Se, da un lato, esso condivide alcune caratteristiche di fondo sia con le sue origini liberali che con la sua versione totalitaria teorie biomediche, forme comuni di razionalit la forma attuale di razzismo psichiatrico opera in un quadro razionale che presenta differenze lievi, ma centrali. Nella razionalit occidentale attuale, il biopotere non solo riuscito a prevalere su altre forme di tecnologia politica, ma aspira anche a unaccoglienza globale e a un consenso generale. Esistono ancora forme di sovranit, alcuni modi di disciplina e sorveglianza sono diffusi e gli obiettivi liberali sono allopera, ma la regola della prestazione, della sicurezza e della prevenzione ad essere particolarmente accentuata. Lattuale biopotere occidentale non quindi totalitario, ma totalizzante. Non c ideologia di partito, non c Stato onnipotente, bens una distribuzione di relazioni di potere pi diffusa, che ruota intorno alla sicuCfr. M. Foucault, Internamento, psichiatria, prigione, in Follia e psichiatria, cit., pp. 195-227. Sulla funzione del marxismo come tribunale della scienza, cfr. D. Trombadori, Colloqui con Foucault, Castelvecchi, Roma 2005, pp. 39-59. Sullincarcerazione dei medici negli ospedali psichiatrici, cfr. S. Bloch e P. Reddaway, Russias Political Hospitals, Victor Gollanz, London 1977. Si veda anche H. Fireside, Soviet Psychoprisons, Norton, New York 1979.
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96 John Iliopoulos rezza e alla profilassi26. Il ricorso a un discorso ufficiale di purezza razziale e di lotta di classe ridondante e obsoleto: queste nozioni sono in realt sussunte in un discorso pi generale e astratto di igiene sociale e di razionalizzazione. Anche quando, nel caso in cui si debba entrare in guerra, si evoca il tema della lotta tra razze, non si dichiara guerra contro un avversario politico, ma contro una minaccia biologica alla razza:
Siamo anche molto lontani da un razzismo inteso come una sorta di operazione ideologica attraverso cui gli Stati, o una classe, tenterebbero di volgere verso un avversario mitico le ostilit che altrimenti sarebbero rivolte verso di loro o che potrebbero attraversare e perturbare il corpo sociale. Credo che la specificit del razzismo moderno sia tuttaltra cosa. [] Ci che costituisce la specificit del razzismo moderno non infatti collegato a delle mentalit, a delle ideologie, a delle menzogne del potere, ma legato piuttosto alla tecnica del potere, alla tecnologia del potere27.

Il biopotere neoliberale differisce allo stesso modo anche dalle sue origini liberali del XIX secolo. Durante il XX secolo, ha incrementato il proprio livello di sofisticazione tecnica e il proprio sapere onnicomprensivo, ha massimizzato e globalizzato i propri modi di intervento e ha portato le capacit della sua precedente forma liberale al pi alto grado di astrazione e virtualit. Dalle vaccinazioni alla sicurezza sul lavoro, alleducazione scolastica, alligiene e al controllo delle nascite, dallestensione della ricerca biologica alle misurazioni statistiche di fenomeni su larga scala, lattuale biopolitica sussume lidentit e lalterit, la vita e la morte, la salute e la malattia, la virtualit e lattualit, ponendo queste alternative binarie nello stesso continuum, come equivalenti astratti, riducibili al livello pi elementare di processi micromolecolari. Il biopotere interviene dunque a questo livello, captando i fenomeni patologici al momento stesso della loro genesi, al fine di prevenire il crimine, gli infortuni, le catastrofi e la morte. Negli screening della popolazione, nelle polizze assicurative, negli stili di vita urbani e nel controllo della sessualit, il biopotere interviene anche quando non c alcuna malattia presente n domanda da parte di malati reali28, traendo dalla medicina biologica la propria autorit sulla salute pi che sulla malattia, generando
M. Foucault, La nascita della biopolitica. Corso al Collge de France (1978-1979), a cura di F. Ewald, A. Fontana, M. Bertani e V. Zini, Feltrinelli, Milano 2005, pp. 154-155. 27 M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 223. 28 M. Foucault, Crisi della medicina o crisi dellantimedicina?, in Archivio Foucault 2. Poteri, saperi, strategie, a cura di A. Dal Lago, Feltrinelli, Milano 1997, p. 210.
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un nuovo tipo di mercato, un nuovo ambito di consumatori laboratori farmaceutici, lavoratori sociali, medici, pazienti reali o potenziali cos come una nuova concezione della vita, intesa come una serie di formule, di equazioni matematiche e di connessioni astratte che, se efficacemente controllate, possono offrire protezione e sicurezza contro qualsiasi forma di negativit. Il potere neoliberale si impone quindi come forma universale della gestione biologica, biochimica e psico-sociale delle popolazioni, grazie alla quale ligiene e la sicurezza si fondono per produrre un modo di governo totalizzante29. Operando nei limiti di questa razionalit, lattuale razzismo psichiatrico mette pienamente in atto questo principio di sicurezza sanitaria, motivo per cui si trova intrappolato in un paradosso fondamentale: mentre la psichiatria si basa ancora sullopposizione tra normalit e anormalit, questa distinzione non ha validit per i nemici evidenti e identificabili. Nei regimi totalitari cera un altro ben definito, un nemico di classe o della nazione, che costituiva anche una realt biologica concreta. Nel liberalismo del XIX secolo, il mostro e il barbaro costituivano concetti pi vaghi, ma rappresentavano ancora una minaccia al contratto sociale, allo Stato e agli ideali dellideologia liberale, una minaccia proveniente dallesterno30. Nel complesso della sicurezza sanitaria, invece, la logica dellastrazione permea completamente questi gruppi. Non ci sono mostri o barbari, ma solo un campo ampio e non specificato di anormalit. Ci sono solo individui da correggere, minacce biologiche intrinseche alla matrice genetica delluomo in quanto specie. Il lessico della neurologia del XIX secolo istinto e degenerazione vale in modo indiscriminato per ogni aspetto del comportamento umano. Il sistema di tassonomia e di diagnosi differenziale patologizza ogni devianza possibile, senza fare necessariamente riferimento a un altro non intelligibile. Il sapere psichiatrico ha anche abbandonato la sua relazione originaria con il delirio e la cura, accentuando concetti equivoci e non clinici come quello di pericolosit, e affrontando questioni pi importanti per la difesa sociale rispetto a quella della cura. La negativit e lalterit si riducono a contraddizioni e a difetti biologici, e il dilemma del XVIII secolo prigione o ospedale? non preoccupa pi giuristi e medici. Un nuovo tipo di potere punitivo ha ora generato una continuit tra punizione e cura, conferendo sia ai criminologi che agli psichiatri il ruolo preventivo
Cfr. P. Virilio, The Administration of Fear, Semiotext(e), Los Angeles 2012, pp. 15 e 45. Cfr. M. Foucault, Levoluzione della nozione di individuo pericoloso nella psichiatria legale del XIX secolo, cit.
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98 John Iliopoulos di individuare e cancellare le anomalie genetiche allinterno di una rete di vigilanza biomedica, e trasformando la loro funzione terapeutica in una caccia ai degenerati31. Per questa ragione, la nozione di degenerazione sottintende oggi lesistenza di una razza singola e globale, e lo scopo della tecnologia psichiatrica quello di individuare i portatori di rischio nascosti nelle sotto-razze, elementi interni alla popolazione che mettono in pericolo ligiene pubblica. La follia diventa una di queste sotto-razze; non pi una singolarit, una categoria di verit che deve essere diagnosticata come unesteriorit alla ragione, o essere affrontata come una forza dispotica che minaccia i valori della societ liberale. una mutazione, un difetto biologico, che contiene uno specifico sostrato genetico identificato come unanormalit nel sequenziamento del DNA, e che pu essere testato per via sperimentale, modificato o manipolato nei laboratori dei genetisti. In via ideale, pu essere individuato al momento della nascita del soggetto, se non prima, contribuendo alla prevenzione del crimine tramite la rimozione chirurgica dei geni criminali associati alla malattia mentale32. In alternativa, possibile modificare tale sostrato genetico per via farmacologica, ora che la follia pu essere simulata e riprodotta nellambiente controllato del laboratorio, e pu essere colta nella sua alterit in modo diretto, al livello neurochimico e dei trasmettitori cellulari, senza bisogno di una semiotica diagnostica o della mediazione del corpo. La follia pu essere plasmata sul cervello e la sua essenza astratta, elementare e molecolare pu essere dimostrata tramite modelli animali o grazie allo studio degli effetti specifici delle droghe a livello neuroanatomico (come ad esempio gli allucinogeni), e attraverso la stimolazione digitale del cervello con tecniche di neuroimmagine che mirano a cogliere in vivo lattivit interiore della follia (scansioni fMRI, SPECT o PET)33. Questa priorit del cervello sul corpo, sia in genetica che in psicofarmacologia, ha creato un nuovo spazio governamentale34 nel quale il razzismo psichiatrico esercita il proprio potere sullindividuo, considerato come unentit astratta la cui follia non possiede marcatori clinici, ideologici o etnici di differenziazione,
M. Foucault, Gli anormali, cit., p. 283. Cfr. N. Rose, La politica della vita. Biomedicina, potere e soggettivit nel XXI secolo, Einaudi, Torino 2008. 33 Cfr. Kaplan & Sadocks Comprehensive Textbook of Psychiatry, Lippincott Williams & Wilkins, Philadelphia 2009, pp. 248 e 333. 34 Cfr. M.H. Nadesan, Governmentality, Biopower and Everyday Life, Routledge, New YorkLondon 2008, pp. 138-182.
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Biopotere e razzismo psichiatrico a partire da Michel Foucault 99

ma costituisce semplicemente una disfunzione neuronale e un errore nella costituzione genetica e istintuale, e presenta quindi una minaccia biologica universale, intrinseca alla societ. La resistenza dunque evidente che laccusa secondo cui la pratica psichiatrica attuale e le forme contemporanee di razzismo sono totalitarie, ideologiche e oppressive non coglie la razionalit complessa che vi alla base e che mantiene il razzismo psichiatrico come un meccanismo di difesa sociale. Questa razionalit opera a un livello astratto e onnicomprensivo, capace di integrare e neutralizzare le forme pi estreme di opposizione ideologica. Lopinione pi diffusa, condivisa da riformatori umanisti, rivoluzionari e antipsichiatri, per cui la psichiatria diagnosticherebbe false differenze, come quelle del barbaro o del mostro, per esercitare il proprio ruolo oppressivo, non possiede pi alcun credito. Sembra essere vero lopposto: la diagnosi psichiatrica razzista perch omogeneizza le differenze e le sottopone alla logica uniforme della sicurezza, dellintegrazione e dellinclusione. Ora, la barbarie e la mostruosit, le due forme di alterit della fine del XVIII secolo, tornano come forme di resistenza, introducendo la singolarit e la logica dellesclusione35. Come categorie sufficientemente astratte per evitare una definizione biologica, ma anche come esperienzelimite concrete e singolari che sfidano lastrazione biopolitica, la mostruosit e la barbarie pongono alla psichiatria problemi politici e, viceversa, rendono la psichiatria una forza politica di critica. quindi nel concetto biopolitico di pericolosit che la mostruosit si manifesta pi chiaramente, rovesciando i meccanismi del biopotere. Come abbiamo mostrato, con la dubbia categoria diagnostica di pericolosit, il biopotere sospende la legge e trasforma la psichiatria in una forza di polizia globale che isola gli individui in modo indefinito, tentando di prevenire il crimine prima ancora che venga commesso o di offrire unintelligibilit biologica per criminali che non mostrano alcun segno di malattia mentale nota. Tuttavia, questa pratica ha in s i propri limiti: la pericolosit implica necessariamente lassociazione della follia con linfra questa forma di resistenza, in atto in queste forme contemporanee di esclusione, ad interessare Foucault e che analizzeremo nel seguito del presente studio. Come Foucault nota in unintervista: Credo che ci sia il bisogno di una resistenza al fenomeno dellintegrazione; M. Foucault, Un sistema finito di fronte a una domanda infinita, in Archivio Foucault 3, cit., p. 187.
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100 John Iliopoulos zione della legge, e ripristina quindi il problema del mostro umano, quale psichiatri e criminologi come Esquirol e Lombroso lo avevano tematizzato36. Mentre si aspira ad associare la follia alla rete globale di normalizzazione, priva di elementi legali extra-psichiatrici che potrebbero falsare un intervento medico obiettivo, la detenzione forzata e indefinita rimane essenzialmente una pratica medico-legale e amministrativa che riconosce la follia e la esclude come una pericolosa alterit. Per questo motivo, la nozione di pericolosit, che Foucault esamina a lungo nei suoi corsi e in diverse interviste, ha fatto riemergere il problema dellalterit al cuore dellimpresa psichiatrica, fondendo i concetti di follia, morte e crimine nella figura dellindividuo pericoloso, del nemico sociale. La pericolosit reinserisce lalienismo al cuore del positivismo psichiatrico, riproblematizzando la follia come alterit radicale, nella forma della minaccia sociale e della paura collettiva del crimine, pi che come una realt biologica concreta. Con la nozione di pericolosit, la psichiatria forense reintroduce suo malgrado la mostruosit allinterno della pratica psichiatrica come un problema politico urgente:
Ponendo oggi al medico la domanda propriamente insensata: Questo individuo pericoloso? (domanda che contraddice un diritto penale fondato sullesclusiva condanna degli atti e postula unappartenenza di natura tra malattia e infrazione), i tribunali reintroducono, attraverso trasformazioni che andranno appunto analizzate, gli equivoci dei vecchi mostri secolari37.

Lincarcerazione indefinita e forzata di un individuo sulla base di una criminalit potenziale suggerisce lesistenza di soggetti che stanno al di fuori del patto sociale e per i quali la legge non vale. Con tale pratica, questi soggetti sono considerati altri, estranei alla societ, soggetti che violano la legge, lasciandola senza voce38. La loro razionalit al di l dellambito della punizione, ma anche al di fuori della possibilit immanente di trattamento medico. Gli individui pericolosi sono soggetti a sorveglianza preventiva proprio perch sfuggono alle categorie mediche; sono isolati e sottoposti a una sorveglianza e a unosservazione indefinite proprio perch danno luogo, o sono soggetti a dar luogo, ad atti di delirio, crimini immotivati, non riducibili alla codificazione medica della schizofrenia e ai criteri biologici, sociologici ed etici che le sono associati39.
M. Foucault, Gli anormali, cit., p. 58. Ivi, p. 288. 38 Ivi, p. 58. 39 Cfr. ivi, pp. 120-121.
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In tutti i criminali nati, negli anarchici, che respingono per lappunto il patto sociale, in tutti i criminali mostruosi, in tutti quei grandi nomadi che ruotano attorno al corpo sociale, ma che il corpo sociale non riconosce come facenti parte di se stesso40, c un nucleo nascosto di mostruosit, che sfugge alla legge e turba la medicina, trasformando lospedale in una prigione temporanea. Gli individui pericolosi costituiscono unalterit che il diritto penale non riconosce come punibile e che la medicina non considera come correggibile. Essi rappresentano un segmento marginalizzato della societ, un ambito inaccettabile, irrazionale e non riconoscibile, in cui tutte le categorie mediche o ideologiche sono sospese. La pericolosit fa rivivere non solo lalienismo, ma anche la guerra delle razze allinterno della pratica psichiatrica. Come abbiamo mostrato, il biopotere si basa su una razionalit onnicomprensiva che considera le provenienze culturali come sotto-categorie e aspetti astratti dellidea generale della specie umana. In quanto regime di verit coerente con questa logica dellequivalenza, la diagnosi psichiatrica pensata come scala universale in cui le differenze razziali divengono comparabili secondo il comune denominatore della biologia e della psicologia. La pericolosit, tuttavia, una categoria diagnostica non medica che introduce una cesura allinterno della classificazione psichiatrica, divenendo unistanza in cui la razza appare come mostruosa alterit allinterno dellistituzione psichiatrica, resistendo allintegrazione nella rete sociale delle politiche della salute mentale e della socializzazione41. In effetti, nellospedale, nelle manifestazioni pericolose di malattia mentale, che leterogeneit delle singolarit razziali pi visibile, come evidente per le minoranze etniche e per gli immigrati, la cui pericolosit, definita da un punto di vista medico, porta in primo piano differenze culturali che sarebbero altrimenti rimaste invisibili. Con la pericolosit, alcuni comportamenti mostruosi, espressi esclusivamente in forma di malattia mentale, comportamenti estranei alle norme e agli standard medici e morali attuali antropofagia, incesto, abuso di droghe, alcune pratiche religiose servono a smascherare lestraneit radicale delle razze42. nella mostruosit che la diagnosi psichiatrica costituisce unoccasione di lotta, un punto di rovesciamento in cui gruppi o individui di provenienze culturali diverse passano dallessere soggetti che devono essere governati con il biopotere, ad avversari strategici, oppositori tattici che la
Ivi, p. 92. Sulla pericolosit come nozione extra-clinica, cfr. ivi, p. 32. 42 Sullantropofagia e il cannibalismo, e sulle loro relazioni con lalterit, cfr. ivi, pp. 96-99.
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102 John Iliopoulos biopolitica si trova costretta ad affrontare43. Nella mostruosit, la diagnosi diventa il punto debole per il biopotere psichiatrico, la presa tattica attraverso cui pratiche specifiche, modi di spiritualit e particolari credenze appartenenti a comunit etniche si rivelano come pericolo sociale, come zone di interruzione nella libera circolazione degli scambi culturali, che la logica globalizzante della razionalit occidentale promuove44. In questi casi, la diagnosi psichiatrica non maschera le singolarit razziali medicalizzandole come direbbe lanti-psichiatria ma portandole involontariamente alla ribalta45. La barbarie Se la mostruosit un problema politico per la psichiatria, la barbarie un problema psichiatrico per la politica. Nello stato attuale di globalizzazione, controllo demografico, protezione delluomo come specie, e infiltrazione mondiale dei sistemi di sicurezza, la razza torna come barbarie e alterit. Il terrorismo ha portato alla ribalta singolarit in cui la razza non pu essere pi posta in termini di iscrizioni economiche, biologiche o evolutive, ma vista come un campo di differenze etniche e religiose, di differenze linguistiche e di differenze tra pratiche quotidiane e razionalit. Come nel caso del mostro, ritorna la problematica del barbaro della fine del XVIII secolo. Il barbaro solleva problemi di
Foucault discute anche dellemergere delle rivolte politiche nelle carceri scatenate dalla morte di George Jackson, importante membro del movimento delle Black Panther e delle rivolte nella prigione di Attica; cfr. M. Foucault, The Masked Assassination, in Warfare in the American Homeland. Policing and Prison in a Penal Democracy, a cura di J. James, Duke University Press, Durham 2007, pp. 140-160 e A proposito della prigione di Attica, in Archivio Foucault 2, cit., pp. 269-280. Foucault mette anche in luce gli elementi di guerra delle razze allinterno del movimento dei lavoratori, in cui le minoranze etniche costituiscono un sottoproletariato irriducibile alle analisi economiche astratte; cfr. M. Foucault, Rituals of Exclusion, in Foucault Live. Interviews, 1966-1984, Semiotext(e), Los Angeles 1989, pp. 68-73, p. 72. Sulle questioni politiche sollevate dalle minoranze etniche nel sistema globalizzato della salute mentale negli Stati Uniti, cfr. R. Castel et al., The Psychiatric Society, Columbia University Press, New York 1982. 44 Per prese tattiche, Foucault intende le occasioni politiche e tattiche in cui teorie, ideologie e atteggiamenti diversi entrano in opposizione. Cfr. M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., p. 164 nota. 45 Cfr. L. Roland e L. Maurice, Aliens and Alienists. Ethnic Minorities and Psychiatry, Routledge, New YorkLondon 1997.
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differenze etniche e culturali, di alterit e follia che, nel contesto della protezione globale, appaiono come pericolo e minaccia per la civilt. Il barbaro costringe la razionalit biopolitica attuale a riconsiderare le proprie categorie razziali, mediche e giuridiche, e a ridefinire cosa umano e dove sono i limiti della ragione46. Questa osservazione era gi stata fatta da Foucault nelle sue riflessioni sui comportamenti e sugli atteggiamenti derivanti da altre culture, rifiutati dalla razionalit occidentale come folli. Nel caso della Rivoluzione iraniana, Foucault aveva analizzato la barbarie e gli elementi arcaici e retrogradi di una civilt che, secondo gli standard della razionalit occidentale, conteneva un pericoloso spirito conservatore e un fondamentalismo religioso. Aveva per insistito nel contestare levidenza di questi standard, mettendo in dubbio gli schemi analitici politici, storici e giuridici che la razionalit occidentale impiegava per concettualizzare questo evento. Gli Iraniani erano infatti barbari folli e pericolosi, ma non nel senso che erano fanatici psicopatici e suicidi, o consumatori delloppio della religione, secondo uno schema medico-ideologico47. La strategia di questi rivoluzionari era del tutto estranea, completamente altra rispetto alla razionalit occidentale, in quanto consisteva in tattiche politiche scioperi, manifestazioni, propaganda decontestualizzate dal loro supporto ideologico convenzionale (assenza di leadership di partito o di agenda politica). E, soprattutto, queste strategie non erano dirette contro un particolare regime politico, ma costituivano una resistenza a una forma di razionalit globale e a un modo uniforme di pensare:
linsurrezione di uomini dalle mani nude che vogliono sollevare il peso formidabile che grava su ciascuno di noi, ma, pi particolarmente, su di loro, lavoratori del petrolio, contadini alle frontiere degli imperi: il peso dellordine del mondo intero. forse la prima grande insurrezione contro i sistemi planetari, la forma pi folle e pi moderna di rivolta48.

Dopo le osservazioni di Foucault, hanno avuto luogo altre rivolte folli simili a questa, azioni anti-globalizzazione violente, terroriste e barJudith Butler sostiene la necessit di ridefinire lumano e riconsiderare il giuridico di fronte alla barbarie dei sospetti terroristi che il biopotere imprigiona in modo indefinito, trattandoli come pericolosi folli. Cfr. J. Butler, Vite precarie. Contro luso della violenza in risposta al lutto collettivo, Meltemi, Roma 2004. 47 Cfr. M. Foucault, Lesprit dun monde sans esprit, in Dits et crits II, cit., pp. 743-755. 48 M. Foucault, Il mitico capo della rivolta iraniana, in Taccuino persiano, a cura di R. Guolo e P. Panza, Guerini e Associati, Milano 1998, p. 60.
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104 John Iliopoulos bare, e che esprimono il rifiuto di gruppi di individui di aderire a una mentalit globale49. Come nel caso della Rivoluzione iraniana, la critica, per come Foucault la concepisce, non appoggia n denuncia questi atti, ma li tratta come elementi della guerra delle razze, la quale pu essere valutata solo dal punto di intersezione tra lambito giuridico-politico, quello storico e quello psichiatrico. Il barbaro non inferiore n malato rispetto alla societ: lobiettivo non pu quindi essere la sua correzione medica, la sua umanizzazione o la sua eliminazione fisica, per restaurare la pace e lordine. Lincontro con il barbaro deve essere analizzato in termini storici e nei termini del suo impatto giuridico, politico e culturale sulla costituzione occidentale: in questo modo, alcuni aspetti della sua alterit saranno utili per riconsiderare le forme stabilite della razionalit e delle verit costituenti. Questo stesso effetto pu per essere considerato in termini psichiatrici. La psichiatria pu svolgere il ruolo di discriminante politico, ma non perch possiede i criteri per distinguere tra il malato e il rivoluzionario, tra il folle e luomo di fede autentica e progressista. Questa funzione era stata assunta da alcuni psichiatri e criminologi del XIX secolo, come Lombroso e certi psichiatri forensi francesi e italiani che applicavano i metodi anatomici, antropologici e psicologici per determinare la vera differenza tra malattia mentale e attivismo politico, tra anarchia sterile e patologica e azione politica progressista50. Foucault suggerisce invece che il ruolo politico e culturale della psichiatria possa consistere nellesaminare il modo in cui la follia problema clinico locale e specifico costituisca anche un problema generale, un punto di riferimento per le societ che si battono per definirsi culturalmente e politicamente razionali. Conclusione Follia e razza sono categorie di verit e, in quanto tali, presentano zone di alterit, di irriducibilit e anche di pericolo in un sistema globalizzato di razionalit uniforme e di sicurezza. Il biopotere attuale impone la regola universale di differenze astratte, la riduzione di tutte le singolarit alla biologia e a una possibilit di scambio generalizzata. Si tratta di un sistema di governo che sottomette la storia, gli eventi e la negativit al posi49 50

J. Baudrillard, Lo spirito del terrorismo, Raffaello Cortina, Milano 2002. M. Foucault, Gli anormali, cit., pp. 139-140.

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tivismo, alla socializzazione e alla razionalizzazione. Il potere promuove la vita ad ogni costo, elimina lalterit, usa la legge pi come tattica che come strumento di legittimazione, permeato pi dal successo e dal fallimento che dal vero e dal falso, e promuove pi il controllo dei processi naturali e biologici che il modello di lotte tra lingue, religioni e culture. Follia e razza, come concetti che sfuggono a questa crescente razionalit, introducono un modello di non riconciliabilit che serve da esempio di quel che Foucault concepisce come resistenza. La resistenza al biopotere non consiste nel rifiutare tout court il governo, apertamente e globalmente, n equivale ad attaccare il suo edificio in termini scientifici o ideologici. Consiste nellintrodurre la guerra, la follia e la negativit in un sistema preoccupato dalla regolazione, dal calcolo e dal controllo. Nella resistenza, i processi lineari e teleologici vengono rovesciati e i metodi razionali di governo perdono il proprio significato e il proprio fondamento. Il controllo totale sulla vita e sulla salute raggiunge il proprio limite esterno quando la morte e la follia divengono un problema politico, pi che un problema strettamente biologico. La critica di Foucault mette in luce queste rotture, questi punti di rovesciamento e le linee di divisione che emergono tra le interazioni continue degli scambi controllati e delle reciprocit, e trasformano le relazioni astratte di potere in istanze concrete di scontro tra avversari51. Tuttavia, gli avversari impegnati in questi scontri non portano chiari marcatori biologici, ideologici o antropologici di differenziazione, come sostiene la teoria razzista. Le loro lotte hanno luogo al livello della politica della verit52. I folli non sono solo quelli che costituiscono unentit clinica, una malattia mentale, ma quelli che compongono una razza separata priva di sostanza: la razza di coloro che sfuggono allegemonia razionale. Viceversa, la razza designa un caso di follia, una singolarit culturale, religiosa o etnica che resiste alla riduzione antropologica o biologica53. Come regina del biopotere, ma anche come disciplina storicamente radicata nellalienismo, la psichiatria possiede sia gli strumenti concettuali
M. Foucault, Il soggetto e il potere, cit., p. 293. M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, cit., p. 14. 53 Felix Guattari e Gilles Deleuze considerano razza e follia come categorie ontologiche. Individuano la razza in ogni delirio e per loro razza e follia sono entrambe minoranze che comunicano attraverso passaggi inconsci. Cfr. F. Guattari, Molecular Revolution in Brazil, Semiotext(e), Los Angeles 2008, p. 107 e G. Deleuze, Due regimi di folli, in Due regimi di folli e altri scritti. Testi e interviste 1975-1995, a cura di D. Broca e P.A. Rovatti, Einaudi, Torino 2010, pp. 3-7. Foucault le considera invece come esperienze ai confini dellepistemologia.
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106 John Iliopoulos sia quelli scientifici per criticare il proprio ruolo nel sostegno al razzismo, e per riflettere sulla propria relazione fondamentale e dimenticata con la follia e la razza, come limiti della razionalit occidentale.
Traduzione dallinglese di Laura Cremonesi

John Iliopoulos University College London johnelliot73@hotmail.com

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Foucault, Biopower and Psychiatric Racism In this paper I explore the emergence and development of psychiatric racism. Following Foucaults historical and ethnological approach, I shall show how madness and race constituted the limit of western rationality in the late eighteenth century. I shall then go on to illustrate how, a hundred years later, these two notions were inserted into psychiatric discourse by way of biology. Foucaults analysis demonstrates that this insertion was not a sign of scientific progress or the result of a deeper understanding of madness or race, but the effect of a specific type of governmentality, which he terms biopower. Within this new form of rationality, biological psychiatry emerged as an agent of social protection and as a scientific apparatus for the prevention and correction of abnormalities. Although totalizing, however, this form of psychiatric practice is not by definition totalitarian. Foucault highlights the subtle but important differences between the political and ideological role of psychiatric racism in the totalitarian regimes of the twentieth century and its normalizing function in the context of todays globalized system of security. These differences need to be taken into account as current psychiatric racism determines new forms of resistance, different strategies and modes of critique. Keywords: Foucault, Biopower, Ethnology, Race, Madness, Psychiatric racism, Barbarism, Monstrosity.

For Blacks Only. Farmaci, genetica e politica razziale della vita


Jonathan Xavier Inda

A met giugno del 2005, il Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee

della Food and Drugs Administration (FDA) statunitense tenne un meeting, che dur una giornata intera, per discutere una nuova applicazione della prescrizione di un farmaco per curare linsufficienza cardiaca negli afroamericani. Conosciuto come BiDil, questo farmaco ha rappresentato un caso piuttosto unico1. A differenza dei farmaci standard, che si rivolgono alla popolazione in generale, il BiDil stato proposto per un gruppo razziale specifico: solo i neri (blacks only). Oltre ai membri del Comitato, al meeting erano presenti dei consulenti della FDA, dei rappresentanti di NitroMed (il produttore del BiDil) e alcuni altri ospiti, dagli scienziati e ricercatori in medicina ai malati di cuore e ai portavoce di varie organizzazioni afroamericane, politiche, professionali e per i diritti civili delle minoranze. Significativamente, diversi partecipanti hanno preso la parola nel corso della discussione. Una di loro era Debra Lee, una donna afroamericana di quarantotto anni con problemi cardiaci che era al meeting per sostenere il BiDil. Nel 1999, ha asserito, ho avuto un arresto cardiaco. Il mio cuore si bloccato. Mi stato inserito uno stent. Allinizio del 2003 ho notato
Il BiDil una combinazione a dose fissa di due farmaci generici, lidralazina cloridrato e lisosorbide dinitrato. Entrambi i farmaci generici sono vasodilatatori, che rilassano la muscolatura liscia dei vasi sanguigni causandone la dilatazione. Il risultato finale che il sangue riesce a scorrere pi facilmente nelle vene e nelle arterie, e che quindi il cuore non deve sforzarsi. Il BiDil era stato sviluppato come terapia contro linsufficienza cardiaca congestizia, una malattia cronica e progressiva in cui il muscolo del cuore gradualmente perde la capacit di pompare sangue a sufficienza per rispondere ai bisogni del metabolismo. Questa malattia colpisce circa cinque milioni di americani, con una stima che va dai quattrocentomila ai settecentomila nuovi casi ogni anno. Cfr. Heart Failure Society of America, Quick Facts & Questions About Heart Failure, consultabile allindirizzo http://www.hfsa.org/heart_failure_facts.asp. Sul numero complessivo, la percentuale di donne e uomini circa la stessa, la maggioranza over-65 e intorno ai settecentocinquantamila sono afroamericani. Cfr. W. Rosamond et alii, Heart Disease and Stroke Statistics. 2007. Update, Report from the American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics Subcommittee, 2007, Circulation 115, e69e171; NitroMed, Heart Failure Backgrounder, NitroMed, Lexington.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 107-135.

108 Jonathan Xavier Inda un cambiamento nel mio stato di salute: tossivo continuamente; ero visibilmente a corto di fiato; camminare anche per brevi distanze mi stancava; mi svegliavo in piena notte; dormivo su una sedia perch se mi sdraiavo mi sentivo soffocare2. I dottori sottoposero Lee a varie analisi nellagosto del 2003, e le fu diagnosticata uninsufficienza cardiaca congestizia. Successivamente, quello stesso anno, le fu offerta la possibilit di partecipare allAfrican American Heart Failure Trial (A-HeFT), un esperimento co-sponsorizzato da NitroMed e dallAssociation of Black Cardiologists per testare il BiDil in pazienti di colore auto-identificati (self-identified black patients). Lei accett senza indugiare. Come stava Lee al momento della sua testimonianza? Stavo meravigliosamente, ha raccontato. Nessuna mancanza di fiato; sono in grado di camminare e di fare esercizio senza pausa; posso dormire nel mio letto la notte; lavoro di pi al museo darte di Indianapolis; ho pi energia3. E a cosa attribuiva questo cambiamento? Alla mia fede salda in Dio, rispose Lee, e a una piccola pillola che si chiama BiDil. Credo che questa pillola stia aiutando il mio cuore a pompare con maggiore energia. [] Per quanto mi riguarda, questa pillola ha cambiato tantissime cose per me, dandomi nuova fiducia nella vita. [] Credo di avere ancora quarantanni o quasi davanti a me, da vivere pienamente4. La storia raccontata da Debra Lee riguarda al contempo un corpo sofferente e un corpo di speranza. Riguarda il dolore che emerge in una condizione debilitante, cronica e fatale come linsufficienza cardiaca: lassenza di fiato, il tossire persistente, la fatica e il ritmo cardiaco accelerato e la lista prosegue. La sua storia riguarda anche la fiducia che il BiDil non solo prolunghi la durata della vita, ma migliori anche la qualit della propria esistenza. Questa mobilitazione di sofferenza e speranza non specifica della storia di Lee. Limmagine era emersa con frequenza in altre testimonianze rilasciate nel corso delludienza pubblica5. Per esempio, Donna Christensen, membro del Congresso, parlando da presidente del Congressional Black Caucus Health Braintrust, cominci la sua testimonianza dipingendo il quadro della sofferenza dei neri, sottolineando le disparit in fatto di salute che la popolazione di colore aveva subito. Ogni giorno,
D. Lee, Testimony, in U.S. Food and Drug Administration, Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, Center for Drug Evaluation and Research, U.S. Department of Health and Human Services, Washington 2005, vol. 2, pp. 218-221, p. 218. 3 Ivi, p. 219. 4 Ivi, pp. 219-220. 5 U.S. Food and Drug Administration, Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, cit., vol. 2.
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afferm, pi di duecento afroamericani muoiono di morte prematura. La causa principale di queste morti la cardiopatia di cui noi soffriamo in maniera molto pi sproporzionata rispetto ad altri gruppi etnici o razziali. Si prevede che linsufficienza cardiaca, tra gli afroamericani, aumenter da 725.000 a 900.000 casi nei prossimi cinque anni, e il 50% di questi pazienti si prevede che sopravvivr per meno di cinque anni dopo la diagnosi6. In questo contesto, Christensen vedeva nel BiDil unopportunit per ridurre le disuguaglianze relative alla salute. Mettendo in evidenza i dati dellAHeFT, sottoline come il farmaco riducesse la mortalit del campione di partecipanti del 43%, riducesse di un terzo il tasso di ospedalizzazione per cardiopatia e, in generale, migliorasse la qualit della vita. Secondo Christensen, il BiDil era interamente permeato di speranza e carico della prospettiva di salvare vite di neri (black lives). Come afferm lei stessa, il BiDil pu salvare migliaia di vite e ridurre le sofferenze taciute dei pazienti cardiopatici afroamericani e delle loro famiglie7. Tuttavia, non tutti i partecipanti al forum pubblico guardavano al BiDil con tanto ottimismo. Sebbene tutti i relatori concordassero sul fatto che il farmaco andasse approvato, alcuni sostennero che limitarne luso agli afroamericani senza renderlo disponibile a tutta la popolazione fosse altamente problematico. Tra i critici vi era il dottor Shomarka Keita, un antropologo affiliato alla Smithsonian Institution e al National Human Genome Center dellUniversit di Howard. Il suo argomento principale, condiviso da altri, era che il BiDil sembra basarsi sullidea che gli afroamericani possiedano un profilo biologico (e presumibilmente anche genetico) specifico che fa s che il farmaco sia pi efficace su di loro che non sugli americani di origine europea. Questo ragionamento implica che gli afroamericani costituiscano un gruppo biologico e genetico discreto il che semplicemente falso, secondo il dottor Keita. Come egli ha affermato, il gruppo degli afroamericani non costituito da individui uniformi che sono biologicamente identici, a causa di ununiformit genealogica o perfino di unoffesa ambientale (environmental insult)8. Piuttosto, a suo avviso, questa popolazione unentit puramente sociale. Le implicazioni di una simile prospettiva rispetto a come il BiDil avrebbe dovuto essere indicato erano significative. Come il dottor Keita fece notare, i farmaci lavorano al livello
D.M. Christensen, Testimony, in U.S. Food and Drug Administration, Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, cit., vol. 2, pp. 203-210, p. 204. 7 Ivi, p. 209. 8 S. Keita, Testimony, in U.S. Food and Drug Administration, Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, cit., vol. 2, pp. 221-224, p. 222.
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110 Jonathan Xavier Inda della fisiopatologia, dei fenotipi clinici e degli individui, e non su categorie socio-demografiche, gruppi o identit mistiche9. Dunque, se gli afroamericani sono un gruppo sociale e non genetico, non c motivo per credere che il BiDil funzioni su tutti i membri di questa popolazione e non su quelli di altri gruppi. Semplicemente, i farmaci non funzionano sulla base di categorie razziali o etniche socialmente designate; al contrario, la loro efficacia collegata a specifici genotipi che sono condivisi nelle popolazioni. In definitiva, il dottor Keita raccomand che il BiDil non fosse indicato esclusivamente per gli afroamericani, e sugger la necessit di identificare la specifica fisiopatologia e il fenotipo clinico sui quali le componenti del BiDil funzionano, e di trattare il fenotipo clinico suscettibile in tutti e in ciascun individuo che lo possieda, indipendentemente dalle sue origini10. Taciuta, ma certamente sottesa a questo intervento, vi era una grande preoccupazione per la biologizzazione della razza. Data lesperienza storica degli Stati Uniti in fatto di scienza razziale, con la classificazione di alcuni gruppi come biologicamente inferiori e di altri come biologicamente superiori, biologizzare gli afroamericani e designare il BiDil come un farmaco razziale significava aprire potenzialmente la porta agli stereotipi etnici, alla discriminazione e alla marginalizzazione. Alla fine, il Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, citando tra le altre cose lincidenza sproporzionata della cardiopatia nelle persone di colore e il bisogno di sviluppare un efficace trattamento in quella popolazione alla luce delle disparit in fatto di salute, raccomand lapprovazione del BiDil per gli afroamericani11. Salvare le vite degli afroamericani sembr vincere ogni preoccupazione legata ai problemi della biologizzazione della razza. Ben presto, la FDA, seguendo le raccomandazioni del Comitato, approv il farmaco per il trattamento della cardiopatia in pazienti di colore auto-identificati (self-identified black patients)12. Cos, il BiDil divenne il primo farmaco approvato dalla FDA per uno specifico gruppo razziale13.
Ibidem. Ivi, pp. 222-223. 11 S.E. Nissen, Report from the Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, U.S. Food and Drug Administration, Gaithersburg, July 15-16, 2005, Circulation 112, pp. 20432046, p. 2046. Il voto con il quale il BiDil venne approvato fu di nove a zero, con due persone che raccomandarono lapprovazione del BiDil per la popolazione in generale. 12 U.S. Food and Drug Administration, FDA Approves BiDil Heart Failure Drug for Black Patients, 2005, consultabile allindirizzo http://www.fda.gov/NewsEvents/ Newsroom/PressAnnouncements/2005/ucm108445.htm. 13 M. Meadows, FDA Approves Heart Drug for Black Patients, in FDA Consumer Magazine, vol. 39 (2005), n. 5, pp. 8-9.
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In questo saggio vorrei esaminare la politica contemporanea della razza e dei farmaci focalizzandomi sul BiDil. Facendo riferimento ai lavori di Michel Foucault sul biopotere, suggerir che farmaci come il BiDil sono implicati in quella che pu essere definita una politica razziale della vita. Si tratta di una politica che ha come oggetto la vitalit biologica (biological vitality) del corpo razziale. Negli Stati Uniti contemporanei, i temi relativi alla vita e alla salute sono diventati indubbiamente questioni politiche cruciali14. Infatti, potenziare la vitalit (vitality) del corpo vivente tramite pratiche che vanno dalle cure di base alla medicina e ai farmaci ad alta tecnologia diventato un obiettivo centrale delle autorit politiche e di altro genere. Ci che importante, in questa politica della vitalit (vitality), il desiderio di superare le disparit razziali in fatto di salute. Dalla cardiopatia e dal diabete fino al cancro e allasma, le popolazioni maggiormente affette da una variet di malattie sono le minoranze razzializzate (afroamericani, latinos, nativi americani e cos via). Le soluzioni generalmente proposte per combattere il problema delle disparit razziali in fatto di salute sono state di natura sociale e ambientale (per esempio, un accesso pi facile alle cure mediche e un miglioramento delle condizioni di vita), ma sulla scia della mappatura del genoma umano, il pensiero genetico ha cominciato ad avere una considerevole influenza sul modo in cui le disparit razziali vengono problematizzate. Vi una convinzione progressivamente sempre pi forte tra gli scienziati, i ricercatori in medicina e i politici: esistono differenze notevoli a livello genomico tra gruppi razziali e queste differenze sono significative dal punto di vista medico15. In tal modo viene sostenuto che la classificazione razziale necessaria al fine di isolare quei disturbi che colpiscono principalmente le minoranze razziali svantaggiate e di rimediare alla svalutazione di queste popolazioni nella ricerca medica, nello sviluppo dei farmaci e nellaccesso alle cure mediche. La speranza che una medicina fondata su base genetica giocher un ruolo fondamentale nel migliorare le disuguaglianze in fatto di salute basate sulla razza16. I farmaci indirizzati a gruppi razziali specifici sono la chiave di volta di questa politica della
A. Ong, Mutations in Citizenship, in Theory, Culture & Society, vol. 23 (2006), nn. 2-3, pp. 499-505; N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, Princeton University Press, Princeton 2007. 15 N. Risch et alii, Categories of Humans in Biomedical Research: Genes, Race, and Disease, in Genome Biology, vol. 3 (2002), n. 7, pp. 1-12. 16 Il BiDil, tecnicamente, non un farmaco fondato su base genetica, dal momento che i meccanismi genetici che sottendono il suo funzionamento non sono conosciuti. Tuttavia, la creazione del farmaco fu resa possibile dallidea che la razza conta quando ci si chiede come i farmaci funzionino sul corpo.
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112 Jonathan Xavier Inda vita. Essi promettono di apportare i benefici della medicina moderna alle popolazioni socialmente escluse. Tuttavia, suggerir anche che, sebbene i farmaci razzializzati funzionino apparentemente per potenziare le forze vitali del corpo biologico, la loro politica della vita fa emergere questioni spinose riguardo alla biologizzazione della razza. Molti studiosi, scienziati e laici hanno messo in discussione che la medicina possa legittimamente impiegare la nozione di razza, dal momento che la sua inconsistenza scientifica stata pi volte dimostrata17. Riferendosi alla ricerca genetica sulla salute della popolazione, essi concludono che non esistono razze distinte e che semplicemente non vi sono giustificazioni biologiche per i cosiddetti gruppi razziali. In gioco, per questi critici, la probabilit che combattere per unequit della salute trattando il corpo razziale come unentit genetica, porter alla naturalizzazione delle disparit in fatto di salute, consentendo alle spiegazioni biologiche di mettere in ombra una comprensione sociale, economica ed ecologica della malattia18. Un importante fulcro di questo saggio sar dunque costituito dai problemi associati al targeting dei farmaci su gruppi razziali particolari, fondato sulla convinzione che questi gruppi siano geneticamente differenti tra loro. Pensare attraverso il biopotere A livello teorico, questo saggio emerge da e intende contribuire al corpus crescente di letteratura interdisciplinare sviluppatosi intorno al tema della politica vitale o della politica della vita. Tale corpus emerso dai brevi ma significativi scritti e dalle lezioni che Michel Foucault ha dedicato al tema del biopotere19. In essi, il termine biopotere designa una forma di
S.S.-J. Lee et alii, The Meaning of Race in the New Genomics. Implications for Health Disparities Research, in Yale Journal of Health Policy, Law, and Ethics, vol. 1 (2001), n. 1, pp. 33-75; J.H. Fujimura et alii, Introduction. Race, Genetics, and Disease: Questions of Evidence, Matters of Consequence, in Social Studies of Science, vol. 38 (2008), n. 5, pp. 643-656; I. Whitmarsh e D.S. Jones (a cura di), Whats the Use of Race? Modern Governance and the Biology of Difference, MIT Press, Cambridge 2010. 18 D. Fullwiley, The Molecularization of Race. Institutionalizing Human Difference in Pharmacogenetics Practice, in Sciences as Culture, vol. 16 (2007), n. 1, pp. 1-30. 19 Cfr. M. Foucault, La volont di sapere. Storia della sessualit 1, Feltrinelli, Milano 1978; M. Foucault, Bisogna difendere la societ. Corso al Collge de France (1975-1976), a cura di F. Ewald, A. Fontana e M. Bertani, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 206-227; M. Foucault, Governmentality, in The Essential Works of Foucault, 1954-1984. Vol. 3: Power, a cura di J.D. Faubion, New Press, New York 2000, pp. 201-222.
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potere che fa del potenziamento della vita il proprio oggetto, e si riferisce a come le autorit politiche e di altra natura si siano attribuite il compito di amministrare i corpi e di gestire il benessere collettivo. Influenzati dalla nozione foucaultiana di biopotere, gli studiosi hanno mappato un vasto campo di indagine relativo al modo in cui i processi vitali dellesistenza umana contano quando si tratta di politica. A loro avviso, spesso ci che in gioco nel governo degli individui e delle popolazioni non altro che la vita stessa. Allinterno di questo vasto campo, i ricercatori hanno prodotto un certo numero di studi importanti su unampia gamma di temi, tra cui salute e malattia20, gravidanza e riproduzione21, umanitarismo22, rifugiati e immigrazione23, colonialismo24, politica della morte25, genetica e genomica26, cittadinanza27, guerra28. Di particolare importanza per il presente saggio sono i lavori di Paul Rabinow e Nikolas Rose, che hanno significativamente rielaborato la nozione di biopotere per prendere in considerazione gli sviluppi contemporanei nelle bioscienze, inclusa la genetica. Comincer esponendo la prospettiva di Foucault sul biopotere, e in seguito passer ad esaminare la riarticolazione di tale concetto in Rabinow e Rose. Foucault e il biopotere Nel capitolo finale de La volont di sapere, Foucault osserva che, per lungo tempo, una delle prerogative basilari del potere sovrano consistita nel diritto di decidere sulla vita e sulla morte. Ad esempio, se un nemico
J. Biehl, Will to Live. AIDS Therapies and the Politics of Survival, Princeton University Press, Princeton 2007. 21 L. Weir, Pregnancy, Risk, and Biopolitics. On the Threshold of the Living Subject, Routledge, New York 2006. 22 P. Redfield, Doctors, Borders, and Life in Crisis, in Cultural Anthropology, vol. 20 (2005), n. 3, pp. 328-361. 23 D. Fassin, The Biopolitics of Otherness. Undocumented Foreigners and Racial Discrimination in French Public Debate, in Anthropology Today, vol. 17 (2001), n. 1, pp. 3-7. 24 A.L. Stoler, Race and the Education of Desire. Foucaults History of Sexuality and the Colonial Order of Things, Duke University Press, Durham 1995. 25 G. Agamben, Homo Sacer. Sovereign Power and Bare Life, Stanford University Press, Stanford 1998. 26 P. Rabinow, French DNA. Trouble in Purgatory, University of Chicago Press, Chicago 1999; N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, cit. 27 A. Petryna, Life Exposed. Biological Citizens After Chernobyl, Princeton University Press, Princeton 2002; A. Ong, Mutations in Citizenship, cit. 28 J. Reid, Life Struggles. War, Discipline, and Biopolitics in the Thought of Michel Foucault, in Social Text, vol. 42 (2006), n. 1, pp. 127-152.
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114 Jonathan Xavier Inda esterno cercava di rovesciare il sovrano, questultimo poteva giustamente dichiarargli guerra, chiedendo ai propri sudditi di combattere per difendere lo Stato. Cos, senza causare direttamente la morte dei propri sudditi, il sovrano era autorizzato a mettere a rischio le loro vite, esercitando dunque un potere indiretto di vita e di morte su di loro. Tuttavia, se qualcuno si azzardava a ribellarsi contro il sovrano e a violare le sue leggi, egli aveva sempre la possibilit di esercitare un potere diretto sulla vita del trasgressore, condannandolo a morte. Il diritto di decidere della vita e della morte era quindi alquanto dissimmetrico, sbilanciato dal lato della morte. Come afferma Foucault, il sovrano non [] esercita il suo diritto sulla vita se non mettendo in atto il suo diritto di uccidere, o astenendosene; rende manifesto il suo potere sulla vita solo attraverso la morte che in grado di esigere. Il diritto che si formula come di vita e di morte nei fatti il diritto di far morire o di lasciar vivere29. In ultima analisi, il potere sovrano funzionava principalmente come un meccanismo di sottrazione un mezzo a disposizione del sovrano per appropriarsi di una porzione di ricchezza, lavoro, servizi e sangue dei propri sudditi. In quanto tale, si trattava fondamentalmente di un diritto di cattura che culminava in una presa sulla vita mirante a sottometterla. Questo potere di appropriazione o sottrazione, suggerisce Foucault, non pi la forma principale del potere politico in Occidente. A partire dal XVII secolo, i meccanismi di potere hanno subito una trasformazione radicale. Il potere, oggi, funziona in linea generale organizzando, controllando, rinforzando, monitorando, incitando e ottimizzando le energie degli individui e della vita collettiva. Non focalizzato a impedire o a distruggere la vita, ma a produrla, facendola crescere e ordinandola. Quindi, rispetto a un potere organizzato intorno al sovrano, il potere moderno non ha pi a che fare solo con soggetti di diritto sui quali la morte la presa estrema, ma con degli esseri viventi30. Foucault suggerisce, infatti, che la funzione suprema del potere non sia pi di uccidere, quanto piuttosto di investire interamente la vita. sulla vita che il potere politico moderno stabilisce la sua presa e cerca di avere uninfluenza positiva. Il nome che Foucault d a questo potere sulla vita , appunto, biopotere. Il biopotere designa essenzialmente quel che fa entrare la vita ed i suoi meccanismi nel campo dei calcoli espliciti e [che] fa del potere-sapere un agente di trasformazione della vita umana31.
M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 120. Ivi, p. 126. 31 Ibidem.
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Il biopotere, secondo Foucault, ha assunto due forme principali in Occidente. Una forma, che egli chiama biopolitica della popolazione (o semplicemente biopolitica), riguarda la popolazione al livello dei suoi effetti aggregati32. Qui il biopotere prende a bersaglio la popolazione considerata come corpo-specie, cio come corpo attraversato dalla meccanica del vivente e che serve da supporto ai processi biologici: la proliferazione, la nascita e la mortalit, il livello di salute, la durata di vita, la longevit con tutte le condizioni che possono farle variare33. Detto in altri termini, la biopolitica si occupa dei processi biologici del corpo sociale collettivo. Riguarda la regolazione dei fenomeni che tipizzano i gruppi degli esseri umani viventi: riproduzione e sessualit umana, dimensione e qualit della popolazione, salute e malattia, condizioni di lavoro e di vita, nascita e morte, ecc. Lobiettivo della biopolitica di ottimizzare la vita della popolazione nel suo insieme. La seconda forma, che Foucault definisce anatomo-politica del corpo umano (o semplicemente disciplina), implica la regolazione della popolazione in profondit e nel dettaglio34. Qui il biopotere si concentra non sulla popolazione in s, ma sui corpi individuali che la compongono. Loggetto della disciplina, infatti, non la massa collettiva, ma il corpo umano individuale il corpo preso come un oggetto da manipolare. La disciplina mira a produrre esseri umani i cui corpi siano sia utili che docili; essa mira a ottimizzare la vita del corpo incrementare le sue capacit, estorcere le sue forze, aumentare la sua utilit e la sua docilit. Il biopotere, dunque, consiste nientemeno che in una presa in carico della vita da parte del potere politico. Esso indica come le autorit politiche e altre autorit si siano attribuite il compito di amministrare i corpi e regolare la vita collettiva. Significativamente, sebbene Foucault sostenga che il governo dei corpi e la gestione calcolata della vita abbiano soppiantato lantico potere di morte che caratterizzava il potere sovrano, egli non intende affermare che il diritto di provocare la morte sia scomparso. Piuttosto, tale diritto ha subito una trasformazione, o almeno ha teso ad appoggiarsi sulle esigenze di un potere che gestisce la vita ed a finalizzarsi a ci che queste domandano35. In altri termini, il formidabile potere di morte si presenta ora come il completamento di un potere che si esercita positivamente sulla vita, che incomincia a gestirla, a potenziarla, a moltiplicarla, ad esercitare su di essa
M. Foucault, Governmentality, cit., p. 219. M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 123. 34 M. Foucault, Governmentality, cit., p. 219. 35 M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 120.
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116 Jonathan Xavier Inda controlli precisi e regolazioni dinsieme36. Eppure, come nota Foucault, le guerre moderne sono pi sanguinose che mai, e per la prima volta i regimi politici hanno costretto le proprie popolazioni a subire olocausti insensati (come quello nazista, ad esempio). Tuttavia, se il genocidio un effetto del potere moderno, ci non si deve al ritorno del diritto sovrano di uccidere, ma proprio al fatto che il potere ora collocato e praticato al livello della vita. Infatti, le guerre non sono pi condotte in nome del sovrano. Esse sono dichiarate in difesa dellesistenza collettiva. per alimentare la vita la vita della popolazione che la vita pu essere respinta. Come sostiene Foucault, si spingono intere popolazioni ad uccidersi reciprocamente in nome della loro necessit di vivere. [] Come gestori della vita e della sopravvivenza, dei corpi e della razza, tanti regimi hanno potuto condurre tante guerre, facendo uccidere tanti uomini37. Foucault ha ulteriormente esplorato questo rovescio della medaglia del biopotere nellultima lezione del corso Bisogna difendere la societ. Qui egli domanda: poich lobiettivo del biopotere essenzialmente quello di far vivere, come pu lasciar morire? In un sistema politico incentrato sul biopotere, in che modo possibile esercitare il potere della morte, come esercitare la funzione della morte?38. La sua risposta il razzismo. Allinterno di un regime di potere che mira a potenziare la vita, osserva Foucault, il razzismo la precondizione necessaria che rende accettabile luccisione. Esso introduce essenzialmente una separazione, quella tra ci che deve vivere e ci che deve morire39. Il razzismo lavora per introdurre tale separazione in due modi. Prima di tutto, esso prende il continuum biologico della specie umana e lo divide in razze, designandone alcune come buone e altre come inferiori. In secondo luogo, esso stabilisce una relazione tra la propria vita e la morte degli altri tale che pi uno uccide, o permette che gli altri muoiano, pi egli vivr. Questa relazione, secondo Foucault, una relazione di guerra, ma i nemici da eliminare non sono avversari in un senso politico. Sono piuttosto nemici biologici minacce interne ed esterne alla specie o alla popolazione. Lidea qui che la morte dellaltro, la morte della razza cattiva o inferiore, render in generale la vita pi pura e sana. Questa morte non deve necessariamente consistere in una morte diretta o nellatto letterale di condannare a morte. Si pu anche trattare di una morte indiretta: dellatto di esporre alla morte, di moltiplicare per alcuni il rischio di morte, o semplicemente di morte politica, di espulIvi, p. 121. Ibidem. 38 M. Foucault, Bisogna difendere la societ, cit., p. 220. 39 Ibidem.
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sione, rigetto o esclusione. In ogni caso, quando la vita diventa un valore politico supremo, sembra che la logica della guerra la logica secondo la quale bisogna essere in grado di uccidere al fine di sopravvivere si configuri come principio predominante del potere politico. Il rafforzamento della vita della popolazione diviene cos indistinguibile dalla lotta contro il nemico biologico e dalla necessit di eliminarlo. Sebbene la morte continui a funzionare nella tecnologia del biopotere, oggi non abbiamo pi a che fare con il vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere. A questo diritto si sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte40. Ci significa che, nonostante lequilibrio tra vita e morte continui a essere dissimmetrico, adesso sbilanciato dal lato della vita. alla vita che il potere presta attenzione, e la vita pu essere legittimamente investita soltanto in nome della vita stessa. Per Foucault, questa trasformazione storica nella tecnologia di potere, dal potere di sovranit al biopotere da un potere che opera in base al principio del diritto di uccidere a un potere che generalmente lavora per rafforzare la vita , rappresenta una rivoluzione fondamentale nellordine della politica. Essa significa nientemeno che lingresso della vita nella storia voglio dire lingresso dei fenomeni propri alla vita della specie umana nellordine del sapere e del potere , nel campo delle tecniche politiche41. Essa ci informa su come la vita biologica si sia riflessa nellesistenza politica. In definitiva, secondo Foucault, questo ingresso della vita allinterno dei meccanismi del potere segna lavvento del moderno: quel che si potrebbe chiamare la soglia di modernit biologica di una societ si colloca nel momento in cui la specie entra come posta in gioco nelle sue strategie politiche42. Cos, Foucault suggerisce che la concezione aristotelica delluomo come un animale vivente ed inoltre capace di unesistenza politica debba essere rettificata: luomo moderno un animale nella cui politica in questione la sua vita di essere vivente43. Il biopotere oggi Una delle revisioni pi influenti del concetto di biopotere si trova in Paul Rabinow e Nikolas Rose44 che, sia nei loro lavori individuali sia
M. Foucault, La volont di sapere, cit., p. 122. Ivi, p. 125. 42 Ivi, p. 127. 43 Ibidem. 44 P. Rabinow, French Enlightenment. Truth and Life, in Economy and Society, vol. 27 (1996), nn. 2-3, pp. 193-201; P. Rabinow, French DNA, cit.; P. Rabinow, Artificiality and Enlightenment. From Sociobiology to Biosociality, in J.X. Inda (a cura di), Anthropologies of
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118 Jonathan Xavier Inda in quelli collettivi, hanno cercato di ripensare il biopotere alla luce degli sviluppi nelle scienze genetiche e biologiche. Come Foucault, Rabinow e Rose sostengono che, nonostante leconomia del biopotere abbia senza dubbio i suoi circuiti di esclusione e possa sfociare in una tanatopolitica omicida, essa opera generalmente in base a una logica della vitalit (vitality)45. Cos, i due studiosi affermano che, se il biopotere sutura insieme la gestione della vita e la gestione della morte, oggi il sogno del potere si focalizza sul polo della vita46. Il loro lavoro riguarda dunque principalmente lesplorazione di progetti relativi alla produzione della vita ossia, di schemi che hanno la vita, piuttosto che la morte, come proprio fine. In particolare, Rabinow e Rose si concentrano su come la crescita delle bioscienze abbia dato forma a nuovi modi di conoscere e di intervenire nella vita individuale e collettiva. Centrale nella loro prospettiva lidea che il biopotere, oggi, si focalizzi principalmente sulle nostre capacit crescenti di controllare, gestire, progettare, rimodellare e modulare proprio le capacit degli esseri umani in quanto creature viventi47. Simile assunzione si basa su due importanti osservazioni. La prima che c stato un cambiamento generale nel modo di governare le societ occidentali. Secondo Rose, lideale del welfare State sociale, dominante per la maggior parte del ventesimo secolo, ha tendenzialmente ceduto il passo a quello dello Stato liberale (o neoliberale) avanzato. Questo nuovo ideale implica che il dispositivo politico non appare pi obbligato a salvaguardare il benessere della popolazione mantenendo una sfera di sicurezza collettiva. Lassicurazione sociale come insieme di meccanismi statali che cercano di garantire gli individui contro le insicurezze della vita sociale ha quindi abdicato in favore del governo privatizzato e individualizzato del rischio. Pragmaticamente, ci ha comportato lappalto (tendenzialmente al mercato) di molti doveri correlati allamministrazione della salute umana e del welfare che in precedenza erano sotto la responsabilit del dispositivo ufficiale di Stato. Tra gli attori che, come sotModernity. Foucault, Governmentality, and Life Politics, Wiley-Blackwell, Malden 2005, pp. 181193; N. Rose, The Politics of Life Itself, in Theory, Culture & Society, vol. 18 (2001), n. 6, pp. 1-30; N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, cit.; P. Rabinow e N. Rose, Introduction. Foucault Today, in P. Rabinow e N. Rose (a cura di), The Essential Foucault, New Press, New York 2003, pp. vii-xxxv; P. Rabinow e N. Rose, Biopower Today, in Biosocieties, vol. 1 (2006), n. 2, pp. 195-217. 45 P. Rabinow e N. Rose, Biopower Today, cit., p. 211. 46 P. Rabinow e N. Rose, Introduction. Foucault Today, cit., p. xxx. 47 N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, cit., p. 3.

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tolinea Rose, hanno oggi uninfluenza importante nella gestione della vita, ci sono imprese private (aziende farmaceutiche transnazionali e lindustria biotecnologica, per esempio), agenzie regolative quasi autonome (come le commissioni bioetiche) e organizzazioni professionali. La devolution dei poteri dello Stato ha significato anche che, adesso, agli individui viene chiesto di farsi carico in prima persona della responsabilit fondamentale nella gestione della loro stessa sicurezza e di quella delle loro famiglie. Ci si aspetta che gli individui adottino una disposizione imprenditoriale nei confronti della vita e che assicurino se stessi (usando i meccanismi di mercato) contro la cattiva salute, le perdite accidentali, la disoccupazione, e contro qualunque altra cosa che potrebbe potenzialmente minacciare la loro soddisfazione. Questa enfasi sulla responsabilit individuale, suggerisce Rose, particolarmente evidente nel campo della salute, dove ai pazienti viene sempre pi richiesto di diventare consumatori attivi e responsabili di servizi medici e di prodotti che vanno dai farmaci alle tecnologie riproduttive e ai test genetici48. La seconda osservazione centrale nella concezione di biopotere di Rabinow e Rose che, come risultato degli sviluppi nelle scienze della vita, c stato un cambiamento fondamentale nella capacit della societ di progettare e costruire la vitalit umana (human vitality). Tale cambiamento essenzialmente un cambiamento di scala, che comporta un movimento da una conoscenza molare a una conoscenza molecolare della vita. Il termine molare si riferisce al corpo considerato dal punto di vista degli ormoni, del sangue, del tessuto, degli organi, degli arti e cos via. su scala molare che la medicina clinica del XIX e del XX secolo ha cercato di conoscere il corpo e di agire su di esso. Il corpo molare, secondo Rose, era quello rivelato allo sguardo del medico nelle dissezioni post mortem, visualizzato negli atlanti anatomici, accessibile nel corso della vita attraverso un certo numero di strumenti, a partire dallo stetoscopio, che incrementa lo sguardo clinico e gli permette di scrutare negli organi e nei sistemi del corpo vivente49. Sebbene, oggi, il livello molare rivesta ancora un ruolo importante nella biomedicina, Rabinow e Rose suggeriscono che esso sia stato integrato, se non soppiantato, da una visione molecolare dellesistenza biologica. Rose afferma:
La vita ora compresa, e vi si agisce, a livello molecolare, in termini di propriet funzionali delle sequenze codificate delle basi nucleotidiche e delle loro variazioni, in termini di meccanismi molecolari che regolano lespressione e la
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Ivi, p. 4. Ivi, pp. 11-12.

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trascrizione, in termini di legame tra le propriet funzionali delle proteine e la loro topografia molecolare, in termini di formazione degli elementi intracellulari particolari canali ionici, attivit enzimatiche, geni trasportatori, potenziali di membrana con le loro specifiche propriet meccaniche e biologiche50.

A livello molecolare, la vita appare come un insieme di elementi vitali intelligibili che possono essere identificati, isolati, controllati, mobilitati e riassemblati. In tal modo, la vita non pi vista come un destino naturale o immutabile. Piuttosto, come osservano Rabinow e Rose51, la vita considerata artificiale in quanto costitutivamente manipolabile e riformabile, aperta a un intervento e a unamministrazione calcolati. il complesso formato da commercializzazione (attraverso il mercato), responsabilizzazione e molecolarizzazione che d alla contemporanea politica vitale occidentale il suo carattere particolare. Secondo Rabinow e Rose, il biopotere, oggi, con la sua enfasi sulla produzione della vita, chiaramente visibile in un certo numero di modi fondamentali. Prima di tutto, lo scopo della biomedicina contemporanea non pi semplicemente quello di curare la malattia e ristabilire la salute. Al contrario, scopo della biomedicina anche controllare e governare i processi biologici umani al fine di prevenire la malattia, migliorare la salute e ottimizzare la qualit dellesistenza. In secondo luogo, gli individui oggi si riferiscono sempre pi a se stessi in termini somatici, ossia come creature biologiche. In molti sono quindi giunti a definire la loro cittadinanza non come un insieme di diritti e di doveri legati a uno Stato-nazione, ma come un obbligo a perseguire attivamente la vita, la salute e la guarigione. In terzo luogo, vi stato un fiorire di nuovi tipi di competenza sulle questioni somatiche (somatic expertise) di vocazioni che rivendicano autorit su, e cercano di governare, alcuni aspetti particolari della vita biologica. Questi esperti vanno dai genetisti e dagli specialisti in medicina riproduttiva ai terapisti di cellule staminali e agli studiosi di bioetica. Infine, nel corso degli ultimi decenni, sono emersi nuovi circuiti di bioeconomia. Stiamo cos assistendo, come riscontrano Rabinow e Rose, a una capitalizzazione su larga scala della bioscienza e alla mobilitazione dei suoi elementi in nuove relazioni di scambio: il nuovo sapere molecolare della vita e della salute viene mappato, sviluppato e sfruttato da una serie di imprese commerciali, talvolta in alleanza con gli Stati, talvolta indipendenti, che stabiliscono connessioni costitutive tra vita, verit e valore52. Assumendo questa prospettiva, quindi, possiamo
Ivi, p. 12. P. Rabinow e N. Rose, Introduction. Foucault Today, cit., p. xxxi. 52 P. Rabinow e N. Rose, Biopower Today, cit., p. 203.
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concludere che il biopotere, oggi, riguarda essenzialmente lamministrazione e la massimizzazione della vita. Il biopotere riguarda il modo in cui gli individui insieme ai dottori, agli scienziati, agli imprenditori e agli altri attori che individuano la vita come oggetto primario del loro sapere e intervento hanno trasformato la promozione della vita biologica in una posta in gioco politica centrale. La politica razziale della vita Dove possiamo situare la politica della vita del BiDil e dei farmaci razzializzati? Come ho osservato, la questione attuale relativa alla razzializzazione dei farmaci parzialmente collegata ai modi in cui la razza stata storicamente biologizzata. Cercher quindi di descrivere questa storia e di discutere come la razza sia stata riconfigurata, oggi, a causa degli sviluppi nelle bioscienze. Sulla base di tale sfondo, tratter poi della politica della vita del BiDil. Dal molare al molecolare A partire dal XVIII secolo, come parte di una serie di sforzi pi generali per trovare un ordine nella natura, gli scienziati hanno cercato di usare caratteristiche fisiche come il colore della pelle, la conformazione del volto e del cranio, la forma dei capelli per costruire schemi classificatori dellumanit53. Sulla base della conformazione del cranio, ad esempio, il fisico tedesco Johann Blumenbach aveva classificato la specie umana in cinque variet o razze: caucasici, mongoli, etiopi, americani e malesi. Sebbene questi schemi classificatori fossero stati inizialmente concepiti come riferimenti a raggruppamenti biologici piuttosto fluidi, gi nel XIX secolo essi erano considerati come descrizioni di tipi umani fondamentalmente distinti. Inoltre, si cominci a pensare che i singoli gruppi razziali possedessero capacit naturali differenti: ragionare, formulare giudizi morali, acquisire un comportamento civilizzato, e cos via. In definitiva, tali gruppi venivano classificati in relazione luno con laltro, e alcuni erano considerati costitutivamente superiori, altri inferiori. Nello specifico, gli scienziati delle razze insistevano sulla superiorit essenziale degli europei bianchi,
N. Stepan, The Idea of Race in Science. Great Britain 1800-1960, Archon Books, Hamden 1982; M. Omi e H. Winant, Racial Formation in the United States. From the 1960s to the 1990s, Routledge, New York 19942; J.P. Jackson e N.M. Weidman, Race, Racism, and Science. Social Impact and Interaction, Rutgers University Press, New Brunswick 2006.
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122 Jonathan Xavier Inda distinguendoli dagli altri gruppi e stabilendo effettivamente una gerarchia in modo che le caratteristiche fisiche potessero designare il posto che ogni gruppo occupava nelle relazioni sociali. Questi sistemi scientifici di classificazione hanno acquisito rilevanza nel corso del XIX secolo, creando cos gerarchie apparentemente immutabili basate sulle differenze molari e fenomenali nellumanit ossia, sulla credenza che certi tratti fisici siano collegati ad attributi di comportamento, intelletto e moralit. La razza era fondamentalmente costruita come unessenza, un fenomeno biologico e naturale il cui significato precedeva ed era ben oltre la portata dellintervento umano. Per gli scienziati della razza, infatti, la razza era un destino. Questo modo biologicamente determinista di pensare alla razza, che penetrato nel XX secolo in diverse forme, costituiva il supporto di politiche razziali della vita differenti ma invariabilmente discriminatorie. Lesempio pi celebre senza dubbio il progetto eugenetico della Germania nazista. Lobiettivo fondamentale dello Stato nazista, come di altre imprese eugenetiche, era di creare un nuovo e migliore ordine sociale incrementando le qualit vitali del corpo-specie54. Infatti, il compito supremo delle autorit politiche, mediche e di altre autorit naziste era di assicurare la vita del popolo. Significativamente, questo progetto eugenetico era un progetto razzista. Esso era focalizzato sulla preservazione della salute razziale. Questo comportava, da un lato, la coltivazione delle vite di quegli individui reputati essere di ceppo razziale tedesco sano e, dallaltro, il contenimento o leliminazione di qualsiasi elemento difettoso. Si pensava che la propagazione dellidoneo (fit) potesse realmente avere luogo soltanto attraverso la sistematica selezione e leliminazione di ogni minaccia insalubre55. Tra gli individui destinati allesclusione e alleliminazione cerano gli ebrei. Questa popolazione era caratterizzata in modo tipico come una razza costitutivamente malata, come un cancro nel corpo della nazione tedesca. Gli scienziati tedeschi avevano efficacemente costruito una visione mondiale degli ebrei come razzialmente predisposti a commettere crimini e come portatori di una serie di altre disfunzioni, dalla malattia mentale al diabete56. In definitiva, tale sapere era usato per giustificare il brutale maltrattamento delle popolazioni ebree: la loro segregazione in ghetti sovraffollati, il loro
Z. Bauman, Modernity and the Holocaust, Cornell University Press, Ithaca 1989; R.N. Proctor, The Destruction of Lives Not Worth Living, in J. Terry e J. Urla, Deviant Bodies. Critical Perspectives on Difference in Science and Popular Culture, Indiana University Press, Bloomington 1995, pp. 170-196. 55 Z. Bauman, Modernity and the Holocaust, cit. 56 R.N. Proctor, The Destruction of Lives Not Worth Living, cit.
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imprigionamento nei campi di concentramento e il loro sterminio di massa. Quindi, ci che lo Stato nazista ha fatto, secondo Zygmunt Bauman, stato dividere la vita umana in meritevole e non meritevole; la prima doveva essere amabilmente coltivata e occorreva assicurarle uno spazio vitale (Lebensraum), laltra doveva essere messa a distanza o se distanziarla fosse risultato impossibile sterminata57. Al lavoro nella politica razziale nazista vi era dunque una miscela di governo della vita e amministrazione della morte58. stato in nome della preservazione e del potenziamento della vita che la Germania nazista ha massacrato milioni di ebrei. Negli Stati Uniti, la scienza razziale ha parimenti rafforzato le modalit di esclusione tipiche della politica vitale. Nel corso degli anni Venti, ad esempio, fu introdotta una legge restrittiva sullimmigrazione (lImmigration Act del 1924) che fren drasticamente il flusso degli europei del sud e dellest nel paese. A guidarne la logica era la convinzione che gruppi di immigrati come gli italiani, i greci e gli ebrei provenissero da un ceppo razziale inferiore e fossero ereditariamente predisposti ad essere portatori di deficienze che andavano dal crimine, dal pauperismo e dalla debolezza mentale allepilessia, alla tubercolosi e alla follia59. Si credeva che gli immigrati provenienti da questo ceppo inferiore potessero condurre soltanto al deterioramento biologico della popolazione statunitense e allindebolimento della vitalit (vitality) della nazione. Come sostenne il noto eugenista Lothrop Stoddard, le migrazioni dei tipi umani pi bassi che hanno prodotto un tale scompiglio negli Stati Uniti devono essere rigorosamente limitate. Tali migrazioni alterano gli standard, sterilizzano i ceppi migliori, favoriscono i tipi inferiori e compromettono il futuro nazionale pi delle guerre, delle rivoluzioni o dei deterioramenti nativi60. Un altro caso che si potrebbe citare la sperimentazione medica sugli afroamericani, e soprattutto il Tuskegee Syphilis Study61. Dal 1932 al 1972, lo U.S. Public Health Service
Z. Bauman, Modernity and the Holocaust, cit., pp. 67-68. G. Agamben, Homo Sacer, cit. 59 Sebbene la scienza razziale degli inizi del XX secolo abbia costruito gli europei come globalmente superiori agli altri gruppi razziali (gli africani, ad esempio), vi erano anche gerarchie tra gli europei stessi. In generale, si riteneva che gli europei del nord fossero di un ceppo razziale migliore rispetto agli europei del sud o dellest. Cfr. J.P. Jackson e N.M. Weidman, Race, Racism, and Science, cit. 60 L. Stoddard, The Rising Tide of Color Against White World-Supremacy, Scribner, New York 1921, p. 308. 61 A.M. Brandt, Racism and Research. The Case of the Tuskegee Syphilis Study, in Hastings Center Report, vol. 8 (1978), n. 6, pp. 21-29; P.A. Lombardo e G.M. Dorr, Eugenics, Medical Education, and the Public Health Service. Another Perspective on the Tuskegee Syphilis
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124 Jonathan Xavier Inda (PHS) speriment su circa quattrocento afroamericani poveri una sifilide latente non curata, al fine di determinare il decorso naturale della malattia. Uno degli obiettivi del PHS era mettere alla prova quelle teorie scientifiche che suggerivano che la malattia venerea si presentasse in maniera differente nei neri e nei bianchi. Come nota Harriet Washington, il PHS si aspettava di convalidare la propria convinzione in uno specifico dimorfismo razziale della sifilide: mentre si pensava che la malattia arrecasse i danni peggiori al sistema neurologico e al cervello dei bianchi, si credeva che agisse in modo distruttivo sul sistema cardiovascolare dei neri, risparmiando per il loro cervello relativamente primitivo e sottosviluppato62. Quando lo studio cominci, vi era scarsa conoscenza di cure efficaci per la sifilide. Gi negli anni Cinquanta, tuttavia, la penicillina era ampiamente accettata come cura efficace. Eppure, i soggetti dello studio furono lasciati senza cure e fu loro attivamente impedito di cercare cure al di fuori dello studio, con tragiche conseguenze. Alla fine non meno di ventotto uomini, e probabilmente pi di cento, morirono a causa delle lesioni sifilitiche avanzate. Gli uomini di Tuskegee furono dunque effettivamente privati di protezioni giuridiche, degradati a meri esseri biologici e resi disponibili. Sulla base di questa storia della politica vitale razziale di esclusione, si comprende come la biologizzazione contemporanea della razza possa e debba suscitare gravi preoccupazioni. chiaro, tuttavia, che la politica della vita dei farmaci razzializzati non equivale a un ritorno al razzismo scientifico. Infatti, non possiamo collocare questa politica semplicemente allinterno della biologia deterministica del passato. Piuttosto, come suggeriscono Rabinow e Rose63, dobbiamo situarla allinterno della pi complessa biologia contemporanea: una biologia genomica molecolare. Essenziale per comprendere la biologizzazione della razza, oggi, la mappatura del genoma umano. Nel 2000, lo Human Genome Project (HGP) uno sforzo coordinato dal Dipartimento statunitense per lenergia, dal National Institutes of Health e dalla Celera Genomics Corporation, una societ biotech privata riuscito a mettere in sequenza i tre miliardi di coppie di basi (base pairs) che costituiscono il genoma umano. Lincentivo primario sotteso a tale mappatura consisteva nella ricerca di modi per prevenire,
Experiment, in Bulletin of the History of Medicine, vol. 80 (2006), n. 2, pp. 291-316; H.A. Washington, Medical Apartheid. The Dark History of Medical Experimentation on Black Americans from Colonial Times to the Present, Harlem Moon, New York 2006. 62 H.A. Washington, Medical Apartheid, cit., p. 156. 63 P. Rabinow e N. Rose, Biopower Today, cit.

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diagnosticare e curare le malattie ossia, nel tentativo di migliorare la salute umana64. Lidea era che la decodificazione del genoma avrebbe permesso agli scienziati di identificare i geni umani e dunque di migliorare la nostra conoscenza dei processi biochimici fondamentali del corpo umano e delle cause genetiche della malattia. Rispetto al tema della razza, le dichiarazioni iniziali che hanno seguito la messa in sequenza del genoma umano si sono focalizzate sulla somiglianza dellumanit65. La sequenza mostrava che gli esseri umani condividono il 99,9% della loro composizione genetica, cos gli scienziati dellHGP proclamarono che gli esseri umani sono essenzialmente uguali dal punto di vista genetico e che le differenze razziali non hanno basi biologiche. Tuttavia, altri ricercatori del genoma hanno ben presto cominciato ad affermare che perfino una variazione dello 0,1% nella composizione genetica pu tradursi in differenze significative a livello biomedico, e che questa variazione pu venire mappata attraverso le tradizionali nozioni di razza66. La tendenza contemporanea della ricerca genomica quindi di focalizzarsi sempre pi su quel piccolo numero di variazioni genetiche che separa un essere umano dallaltro, con categorie razziali ed etniche che si presume stiano a indicare differenze biologiche in quanto variabili necessarie67. Significativamente, la giustificazione di questo tipo di ricerca genomica consiste ancora nel tentativo di migliorare la vitalit (vitality) e la salute umana. Il sapere relativo alla variazione del genoma umano, in particolare quello relativo alle differenze etniche e razziali nella suscettibilit alla malattia e nella risposta ai farmaci, considerato potenzialmente prezioso per eseguire diagnosi mediche e dispensare cure68. Questa inscrizione molecolare della razza69 ossia la comprensione della razza al livello dei geni e delle molecole in molti sensi fondamentalmente diversa dalla vecchia visione molare della differenza umana. Oggi, i modi scientifici di concepire la razza non si pongono generalmente
64 T. Duster, The Molecular Reinscription of Race. Unanticipated Issues in Biotechnology and Forensic Science, in Patterns of Prejudice, vol. 40 (2006), nn. 4-5, pp. 427-441. 65 S.S.-J. Lee, Biobanks of a Racial Kind. Mining for Difference in the New Genetics, in Patterns of Prejudice, vol. 40 (2006), nn. 4-5, pp. 443-460; I. Whitmarsh e D.S. Jones (a cura di), Whats the Use of Race?, cit. 66 J.H. Fujimura et alii, Introduction. Race, Genetics, and Disease, cit.; I. Whitmarsh e D.S. Jones (a cura di), Whats the Use of Race?, cit. 67 S.S.-J. Lee, Biobanks of a Racial Kind, cit. 68 J.H. Fujimura et alii, Introduction. Race, Genetics, and Disease, cit. 69 T. Duster, The Molecular Reinscription of Race, cit.; D. Fullwiley, The Molecularization of Race, cit.

126 Jonathan Xavier Inda come obiettivo la dominazione e la subordinazione, non mirano a fissare gerarchie immutabili di differenze, a scoprire essenziali verit razziali, a stigmatizzare individui e popolazioni, a legittimare disuguaglianze o a eliminare il nemico biologico. Il loro principio generale piuttosto la speranza: la speranza che la scoperta dei fattori genetici sottesi alla malattia umana possa condurre a interventi che miglioreranno la salute e il benessere delle popolazioni razzializzate. La politica della razza e del genoma dunque fondata non sul volto nascosto, razzista e omicida, del biopotere, ma sul suo polo che promuove la vita. Infatti, come afferma Nikolas Rose, la politica della medicina razzializzata
si basa saldamente sulla biopolitica trasformata del XXI secolo. Si tratta di una biopolitica organizzata intorno al principio di rafforzare la vita individuale, e non di eliminare coloro che minacciano la qualit delle popolazioni; una biopolitica che non opera nel segno dello Stato sovrano; una biopolitica che non cerca di legittimare la disuguaglianza, ma di intervenire sulle sue conseguenze. In modo cruciale, una biopolitica in cui i riferimenti al biologico non significano fatalismo, ma sono parte delleconomia della speranza che caratterizza la biomedicina contemporanea70.

Quella che potrebbe essere definita una politica vitale molecolare della razza, allora, consiste nel massimizzare la qualit della vita individuale e collettiva in tutta la sua differenza. Nella configurazione odierna del sapere e del potere, la vita razziale non vista come un destino, come una sorte biologica specifica cui gli individui sono consegnati, ma come potenzialmente malleabile e aperta a vari tipi di trasformazioni e interventi positivi. La politica vitale del BiDil In un certo senso, la politica vitale del BiDil ricade chiaramente allinterno della biopolitica di affermazione della vita propria del XXI secolo. In particolare, mi pare che la difesa del BiDil come un farmaco rivolto agli afroamericani vada compresa nei termini della cittadinanza biologica. Generalmente, lespressione cittadinanza biologica si riferisce al legame istituito tra i diritti e la cittadinanza, da un lato, e le questioni della salute, della malattia e dellinfermit, dallaltro71. Essa comprende dunque ogni progetto
N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, cit., p. 167. 71 N. Rose e C. Novas, Biological Citizenship, in A. Ong e S.J. Collier (a cura di), Global Assemblages. Technology, Politics, and Ethics as Anthropological Problems, Blackwell Publishing, Malden 2005, pp. 439-463.
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di cittadinanza nel quale le idee di cittadinanza siano legate alle credenze relative alla vita biologica e somatica degli esseri umani. Tali progetti di cittadinanza sono diventati una parte importante del panorama politico statunitense, con individui e comunit che sempre di pi si concepiscono in termini somatici e definiscono cosa significhi essere un cittadino usando lidioma dei diritti vitali diritto alla vita, alla salute, alla cura. La difesa del BiDil, specialmente da parte degli afroamericani, si incentra precisamente sui diritti vitali: diritto di accesso ai servizi sociali, miglioramento dellassistenza medica, speranza in una cura migliore. Tale difesa si fonda sulla convinzione che la comunit afroamericana, che storicamente stata esclusa dai benefici della biomedicina, meriti anchessa di beneficiare delle cure in grado di salvare la vita. Centrale qui lidea che gli afroamericani abbiano bisogni particolari in fatto di salute, bisogni che potrebbero essere fondati su base genetica, e che le cure mirate specificamente a questa popolazione siano essenziali per realizzare la speranza di trovare soluzioni efficaci e ottenere corpi sani. In quanto progetto di cittadinanza biologica, la promozione del BiDil ha fondamentalmente dato speranza a una popolazione sofferente e ipoassistita dallestablishment biomedico72. Questa materializzazione biochimica della speranza ha due importanti dimensioni. Prima di tutto, il BiDil viene pubblicizzato come prodotto che mira a salvare vite afroamericane e a migliorare la qualit dellesistenza collettiva e individuale. Il messaggio che si suppone questo farmaco trasmetta che le malattie degli afroamericani meritano di essere curate e le loro vite salvate. In secondo luogo, la promessa del BiDil consiste pi generalmente nel ridurre le disparit in fatto di salute. Essa ha a che fare con leliminazione delle disuguaglianze che esistono tra i neri e le altre popolazioni in fatto di salute cardiovascolare. La speranza della salute e della felicit, dunque, qui strettamente connessa con la possibilit di accedere ai farmaci. Cruciale nella promozione del BiDil come mediatore di speranza stato NitroMed. Il produttore del BiDil, infatti, stato molto attento a promuovere il farmaco come un rimedio ai problemi di insufficienza cardiaca della comunit afroamericana73. Secondo Michael Sabolinski, chief
Per una discussione che collega il BiDil e la cittadinanza biologica ai discorsi neoliberali, cfr. D. Roberts, Race and the New Biocitizen, in I. Whitmarsh e D.S. Jones (a cura di), Whats the Use of Race?, cit. pp. 259-276. 73 Nel dicembre del 2011, la Arbor Pharmaceuticals ha acquistato da NitroMed i diritti di commercializzazione del BiDil. La promozione del BiDil sembra tuttavia essere la stessa. Mi sono concentrato su NitroMed perch questa azienda stata il maggior promotore del farmaco.
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128 Jonathan Xavier Inda medical officer di NitroMed tra il 2006 e il 2007, una delle ragioni principali per cui lazienda ha focalizzato i propri sforzi di sviluppo del farmaco sugli afroamericani consisteva nelle disparit in fatto di salute. Egli nota che i neri tendono ad avere forme di insufficienza cardiaca pi gravi, e hanno una probabilit di morire a causa di questa condizione doppia rispetto ai bianchi. Nonostante questo, nessun farmaco contro linsufficienza cardiaca era mai stato studiato su una popolazione afroamericana74. In questo contesto, il BiDil viene presentato come una medicina della speranza. Come afferma Manuel Worcel, un altro chief medical officer di NitroMed (1997-2006), il BiDil dar nuova speranza ai pazienti di colore che soffrono di insufficienza cardiaca e che sono schiacciati dal peso sproporzionato di questa malattia75. Le fondamenta di questa speranza sono i risultati dellA-HeFT, che NitroMed ha pubblicizzato attraverso molteplici piattaforme: il BiDil un farmaco in grado di salvare e rafforzare la vita. Nel suo sito internet (ora discontinuo) Heart.Health.Heritage, ad esempio, lazienda promuoveva il BiDil come il primo trattamento riservato nello specifico agli afroamericani che soffrono di insufficienza cardiaca76. Pi importante ancora, NitroMed metteva in luce che questo trattamento si era dimostrato molto efficace:
Nel corso di una vasta ricerca clinica, denominata African American Heart Failure Trial (A-HeFT), un gruppo di afroamericani affetti da insufficienza cardiaca ha assunto il BiDil insieme alle proprie medicine usuali. Rispetto a un gruppo simile di pazienti che invece ha assunto soltanto le medicine usuali il 39% in meno dei pazienti che avevano assunto il BiDil stato ospedalizzato per insufficienza cardiaca. E il 43% in meno morto nel corso dello studio. I pazienti del gruppo che ha assunto il BiDil hanno anche manifestato un miglioramento significativo nel loro funzionamento quotidiano77.

Il BiDil stato quindi presentato come un farmaco in grado di aiutare una popolazione che ha un disperato bisogno di una terapia adatta
74 F. Johnmar, Conversations About Race-Based Medicine: NitroMeds Michael L. Sabolinski, M.D. Envisioning 2.0 Blog, 2006, consultabile allindirizzo http://trusted.md/feed/ items/blog_perspective/consultants/health_biz/2006/06/27/conversations_about_ race_based_medicine_nitromed_s_michael_l_sabol - axzz26AWL2v9a. 75 NitroMed, CFDA Advisory Committee Recommends Approval for NitroMeds BiDil to Treat Black Patients with Heart Failure, June 16, 2005, consultabile allindirizzo http://www. abcardio.org/article_jun17.html. 76 NitroMed, Advances in Heart Failure Treatment in African Americans, 2006, consultabile allindirizzo http://www.hearthealthheritage.com/risk.asp (sito discontinuo). 77 Ibidem.

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contro linsufficienza cardiaca. Questo farmaco promette di alleviare la sofferenza collettiva degli afroamericani e forse perfino di ridurre le disparit in fatto di salute. Significativamente, NitroMed non stato il solo a promuovere il BiDil. Gli afroamericani stessi avevano riposto nel farmaco una grande speranza. Durante il meeting del Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee della FDA per discutere del BiDil, un buon numero di rappresentanti delle organizzazioni afroamericane si pronunci in favore del farmaco. Tra tali organizzazioni vi erano il Congressional Black Caucus, la National Minority Health Foundation, lAssociation of Black Cardiologists, la National Association for the Advancement of Colored People, lInternational Society on Hypertension in Blacks e la National Medical Association. Un punto sottolineato da tutti furono i benefici del BiDil nel migliorare la vita. Gary Puckrein, ad esempio, parlando in nome della National Minority Health Foundation, afferm: Come evidenziato dai risultati di A-HeFT, lapprovazione del BiDil avr un impatto immediato e positivo sulla salute e sulla qualit della vita di molti pazienti affetti da insufficienza cardiaca [] Io supporto il BiDil perch prolungher la vita di molti americani affetti da insufficienza cardiaca. Lo supporto perch migliorer la qualit della vita di questi pazienti78. Un altro aspetto messo in evidenza era la possibilit, grazie al BiDil, di ridurre le disparit in fatto di salute. Nelle sue osservazioni, il membro del Congresso Donna Christensen afferm: Oggi, signore e signori, avete di fronte unopportunit senza precedenti di ridurre significativamente una delle maggiori disparit in fatto di salute nella comunit degli afroamericani e, nel farlo, di dare il via a un processo che porter una certa uguaglianza e giustizia allinterno del sistema sanitario americano79. Questo supporto al BiDil culmin infine in un energico appello affinch il comitato della FDA approvasse il farmaco. Come sostenne Lucille Perez, rappresentante della National Medical Association, dato limpatto sproporzionato della malattia cardiovascolare sugli afroamericani, nessuna mancanza di appoggio pu essere giustificata. [] La National Medical Association invita questo comitato a suggerire alla FDA lapprovazione del BiDil. [] Gli afroamericani continuano a morire [] a causa dellinsufficienza cardiaca con un tasso allarmante di settantottomila allanno. Questo numero potrebbe essere significativamente ridotto, mettendo il BiDil sul mercato il
G.A. Puckrein, Testimony, in U.S. Food and Drug Administration, Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, cit., vol. 2, pp. 210-214, pp. 211-212. 79 D.M. Christensen, Testimony, cit., pp. 203-204.
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130 Jonathan Xavier Inda prima possibile80. Questi portavoce, quindi, presentavano essenzialmente gli afroamericani come una comunit sofferente e domandavano che tale popolazione venisse riconosciuta sulla base della sua biologia difettosa. Vedevano inoltre nel BiDil un farmaco che offriva ai neri lopportunit di ottenere un miglioramento della salute, di prolungare le proprie vite e di ridurre le disuguaglianze in fatto di salute cardiovascolare. Affermare che la politica vitale del BiDil si situa dal lato della vita e non esplicitamente allineata con laspetto razzista e produttore di morte del biopotere, non significa tuttavia suggerire che il farmaco sia esente da problemi. Il BiDil in realt problematico dal punto di vista scientifico, politico ed economico81. Scientificamente, vi sono almeno tre problemi relativi allapprovazione del BiDil come farmaco destinato ai soli neri82. Innanzitutto, tale approvazione d limpressione, anche se non intenzionale, che il farmaco avr effetto su tutte le persone di colore, mentre non questo il caso. Data la diversit genetica della popolazione afroamericana, probabile che il farmaco funzioner solo su alcuni individui. Lapprovazione del BiDil sembra dunque ignorare le variazioni allinterno dei gruppi nel modo in cui si risponde ai farmaci83. In secondo luogo, anche se ci sono differenze nel modo in cui diverse popolazioni reagiscono ai farmaci, esse tendono tutte a coincidere, e in maniera significativa, nella loro risposta. Riassumendo un articolo che analizza i dati di quindici studi relativi a farmaci contro lipertensione84, Steven Epstein osserva che, anche se i bianchi in media rispondono meglio ai betabloccanti e agli ACEinibitori rispetto ai neri, e i neri in media rispondono meglio ai diuretici e ai calcio-antagonisti rispetto ai bianchi, complessivamente tra l80 e il 95% dei neri e dei bianchi rispondono a questi farmaci in maniera simile85. Da ci segue che vi una scarsa giustificazione scientifica nellapprovare un farmaco esclusivamente per una popolazione. In terzo luogo, nellAL.N. Perez, Testimony, in U.S. Food and Drug Administration, Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, cit., vol. 2, pp. 255-259, pp. 258-259. 81 Cfr. anche D. Roberts, Fatal Invention. How Science, Politics, and Big Business Re-create Race in the Twenty-First Century, New Press, New York 2011. 82 M. Root, The Use of Race in Medicine as a Proxy for Genetic Differences, in Philosophy of Science, vol. 70 (2003), n. 5, pp. 1173-1183; S. Epstein, Inclusion. The Politics of Difference in Medical Research, University of Chicago Press, Chicago 2007. 83 M. Root, The Use of Race in Medicine as a Proxy for Genetic Differences, cit., p. 1178. 84 A.R. Sehgal, Overlap Between Whites and Blacks in Response to Antihypertensive Drugs, in Hypertension. Journal of the American Heart Association, vol. 43 (2004), n. 3, pp. 566-572. 85 S. Epstein, Inclusion, cit., p. 220.
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HeFT, NitroMed ha usato persone di colore auto-identificate (self-identified blacks). Ma la nerezza auto-identificata (self-identified blackness) non necessariamente un buon indicatore per il carattere genetico. Secondo Rick Kittles e Kenneth Weiss, la diversit genetica pu essere meglio compresa in termini geografici:
La variazione genetica umana di fatto caratterizzata da cline (gradienti spaziali) della frequenza allelica piuttosto che da variazioni categoriche tra popolazioni, e lo schema varia tra i geni per ragioni storiche di tendenze, selezione e storia demografica. Anche definite nei modi usuali, le razze non corrispondono a tipi umani discreti o monomorfi. Invece, lo schema di variazione pu essere generalmente descritto come un isolamento in base alla distanza: le differenze genetiche tra le popolazioni sono pressappoco proporzionali alla distanza geografica che le separa86.

Dato che la nerezza auto-identificata (self-identified blackness), negli Stati Uniti, soprattutto una designazione sociale, culturale e politica, essa non corrisponde sempre alle origini geografiche. Ad esempio, alcune persone con pochi o nessun antenato di colore concepiscono se stesse e sono viste dagli altri come persone di colore. Queste persone sono state considerate nere (black) per gli obiettivi dellA-HeFT. Geneticamente, questo non ha molto senso. Lidea, qui, che lorigine geografica un indicatore genetico pi sicuro dellauto-identificazione. Politicamente, vi sono almeno due problemi chiave con il BiDil. Innanzitutto, c una questione relativa allutilit nel tentare di fronteggiare le disparit attraverso la lente della genetica. Sebbene il BiDil sia stato presentato come strumento capace di ridurre le disuguaglianze in fatto di salute, il farmaco potrebbe in realt contribuire alla riproduzione della disuguaglianza. Per esempio, se viene dato troppo peso alla genetica come fattore esplicativo della causa della malattia, leffetto potrebbe essere di minimizzare altre (verificate) spiegazioni delle disparit in fatto di salute, come quelle che prendono in considerazione lambiente fisico e sociale87. Sottostimare linfluenza dellambiente sociale come meccanismo esplicativo significherebbe rischiare di riprodurre le stesse disparit che si cercano di superare. Jonathan Khan, un importante critico del BiDil, articola tale preoccupazione nel modo seguente:
R.A. Kittles e K.M. Weiss, Race, Ancestry, and Genes. Implications for Defining Disease Risk, in Annual Review of Genomics and Human Genetics, n. 4 (2003), pp. 33-67, pp. 37-38. 87 S.S.-J. Lee et alii, The Meaning of Race in the New Genomics, cit.
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Nella misura in cui vi sono reali disparit in fatto di salute correlate a gruppi razziali, unenfasi eccessiva sulla genetica come spiegazione delle disparit pu portare a una cattiva distribuzione delle risorse intellettuali e materiali. Ad esempio, lipertensione (una delle cause principali dellinsufficienza cardiaca) causata da un ampio spettro di fattori, alcuni sociali e ambientali, altri genetici. Vi sono disparit nellincidenza dellipertensione tra neri e bianchi. Il tentativo di ridurre tali disparit razziali a una funzione di variazione genetica alimenta una logica che vorrebbe concentrare le risorse necessarie a porre rimedio alle disparit su interventi farmacologici che lavorano a livello molecolare, anzich rivolgersi a questioni pi ampie come la dieta, il comportamento, il razzismo, le disuguaglianze economiche, che giocano tutte un ruolo significativo nellipertensione88.

Il secondo problema politico consiste nel fatto che, se anche la medicina contemporanea razzializzata non cerca di stigmatizzare gli individui e le popolazioni, ci non significa che non possa farlo. Quando un gruppo razzialmente definito identificato tramite la sua pi alta suscettibilit genetica a una malattia particolare, c sempre la possibilit che tale gruppo venga stigmatizzato. Sforzi precoci di monitorare lanemia falciforme, per citare solo un caso, hanno condotto a una razzializzazione di questa malattia come malattia tipica delle persone di colore, nonostante essa presentasse alte incidenze anche in altri sottogruppi. Il risultato stato che gli afroamericani hanno subito discriminazioni sostanziali in campo lavorativo e assicurativo89. Che tale scenario possa ripresentarsi non escluso. Come osserva Sharona Hoffman, la percezione pubblica secondo la quale levidenza scientifica ha stabilito che una razza particolare pi vulnerabile alla minaccia delle malattie rispetto ad altre, o che non risponde ai medicinali che curano le altre, potrebbe rafforzare i luoghi comuni e gli stereotipi negativi basati sulla razza. Popolazioni particolari potrebbero essere viste come malate o incurabili, e questo potrebbe alimentare la convinzione secondo cui vi sono sottospecie umane inferiori ad altre90. In effetti, la pratica che consiste nel geneticizzare (geneticizing) gli afroamericani pu avere conseguenze piuttosto rilevanti e deleterie.
J. Kahn, Getting the Numbers Right. Statistical Mischief and Racial Profiling in Heart Failure Research, in Perspectives in Biology and Medicine, vol. 46 (2003), n. 4, pp. 473-483, p. 479. 89 K. Wailoo, Dying in the City of Blues. Sickle Cell Anemia and the Politics of Race and Health, University of North Carolina Press, Chapel Hill 2001. 90 S. Hoffman, Racially-Tailored Medicine Unraveled, Case Research Paper Series in Legal Studies, Working Paper 05-32, Case Western University School of Law, Cleveland 2005, p. 22.
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For Blacks Only. Farmaci, genetica e politica razziale della vita 133

Infine, economicamente, il problema con il BiDil riguarda la capitalizzazione della vita razziale. Nel complesso, la produzione della salute e della vitalit (vitality) negli Stati Uniti giunta a essere strettamente legata alla generazione del benessere91. Infatti, la biomedicina e le scienze della vita in generale sono oggi altamente soggette alle richieste di capitalizzazione, cosicch le considerazioni commerciali (ossia, le domande degli azionisti e lobbligo del profitto) modellano in profondit i problemi medici cui la biomedicina e le scienze della vita cercano di dare una risposta. Le aziende farmaceutiche hanno giocato un ruolo importante in questa capitalizzazione della vita. Attraverso la produzione di farmaci, esse mirano non solo ad accrescere la vitalit (vitality) del vivente, ma anche, e forse in modo pi significativo, a generare valore economico. In questo contesto, il corpo razziale emerso come una biomerce potenzialmente molto preziosa. Nel caso del BiDil, non vi dubbio che i fattori commerciali costituissero una forza trainante della razzializzazione del farmaco. Gli scienziati che avevano sviluppato il BiDil cercarono inizialmente di ottenere lapprovazione del farmaco per tutta la popolazione. Ma, quando la FDA respinse la richiesta, recuperarono i dati dei loro primi test clinici (i Veterans Affairs Vasodilator-Heart Failure Trials, V-HeFT I e II), li rianalizzarono secondo linee razziali, e conclusero che il BiDil sembrava funzionare meglio nei neri che nei bianchi92. Cos la razza fin per contare solo in seguito alla bocciatura della FDA. Gli scienziati del BiDil, sostanzialmente, si rivolsero alla razza per salvare il farmaco. E riuscirono a farlo in parte grazie al clima
N. Rose, The Politics of Life Itself. Biomedicine, Power, and Subjectivity in the Twenty-First Century, cit. 92 Secondo Jonathan Kahn (How a Drug Becomes Ethnic. Law, Commerce, and the Production of Racial Categories in Medicine, in Yale Journal of Health Policy, Law, and Ethics, vol. 4 (2004), n. 1, pp. 1-46), Jay Cohn, il creatore del BiDil, e gli altri ricercatori del V-HeFT, selezionarono i dati sulla base della razza sin dallinizio. Tuttavia, non considerarono inizialmente la razza tra i fattori rilevanti per lefficacia del BiDil come cura per linsufficienza cardiaca. Nel suo discorso dinanzi al Cardiovascular and Renal Drug Advisory Committee della FDA, nel febbraio del 1997, Cohn afferm: La maggior parte dei pazienti [dei V-HeFT I e II] erano caucasici (circa il 70% in entrambi gli esperimenti). Ma cera un numero piuttosto considerevole anche di afroamericani. Non lavoreremo in questa direzione, ma siamo in possesso di molti dati che ci permettono di comparare le risposte dei caucasici e degli afroamericani [al farmaco]; U.S. Food and Drug Administration, Eightieth Meeting of the Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee, Center for Drug Evaluation and Research, U.S. Department of Health and Human Services, Washington 1997, pp. 20-21. La razza divenne un fattore significativo solo dopo che ladvisory committee della FDA raccomand di non approvare il BiDil.
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134 Jonathan Xavier Inda politico propizio: la ri-analisi dei dati del BiDil avvenne infatti nel contesto di un crescente desiderio politico di affrontare i problemi legati alle disparit razziali e di genere nella politica della salute93. Da un certo punto di vista, dunque, la rinascita del BiDil come farmaco razziale ha avuto meno a che fare con la volont di salvare vite afroamericane che con il profitto economico che sarebbe derivato dal salvataggio del farmaco stesso. Conclusioni La tesi proposta in questo saggio che il BiDil e i farmaci razzializzati in generale debbano essere collocati nel contesto della biopolitica trasformata del XXI secolo. Questa una politica che assume chiaramente la vita, e non la morte, come proprio telos. Concentrandomi in maniera specifica sul BiDil, ho suggerito, da un lato, che i farmaci rivolti a particolari gruppi razzializzati mirano apparentemente al potenziamento della vitalit (vitality) del corpo razziale. In effetti, i promotori del BiDil, da un certo punto di vista, mirano chiaramente a salvare vite e a migliorare la qualit dellesistenza biologica delle persone. Per questo, il BiDil integralmente connesso alle questioni dei diritti e della cittadinanza94. I farmaci razzializzati riguardano il diritto delle popolazioni socialmente escluse ad avere accesso ai benefici della medicina moderna. Concernono il riconoscimento della sopravvivenza biologica come un valore supremo e lobbligo di salvaguardare lessere corporale della persona. Dallaltro lato, ho fatto anche notare che, sebbene farmaci come il BiDil possano aiutare a salvare vite afroamericane e portare un po di speranza a una comunit cui storicamente stato negato laccesso ai benefici della medicina moderna, necessario tenere presente la politica vitale di esclusione propria ai farmaci razzializzati. Nello specifico, necessario evitare di oscurare il significato sociale della razza e di ridurre le disparit in fatto di salute a differenze di salute basate semplicemente sulla biologia e sulla genetica95; occorre inoltre diffidare del potenziale stigmatizzante insito nella combinazione di razza e
J. Kahn, How a Drug Becomes Ethnic, cit. J.X. Inda, Materializing Hope. Racial Pharmaceuticals, Suffering Bodies, and Biological Citizenship, in M.J. Casper e P. Currah (a cura di), Corpus. An Interdisciplinary Reader on Bodies and Knowledge, Palgrave Macmillan, New York 2011, pp. 61-80. 95 J. Kahn, From Disparity to Difference. How Race-Specific Medicines May Undermine Policies to Address Inequalities in Health Care, in Southern California Interdisciplinary Law Journal, n. 15 (2005), pp. 105-129.
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For Blacks Only. Farmaci, genetica e politica razziale della vita 135

biologia. Se si dimentica il sociale e si biologizza la razza, si corre il rischio che le disuguaglianze sociali e mediche semplicemente si amplifichino con una medicina fondata su base razziale. Il punto, allora, che, sebbene il biopotere in unera post-genomica possa essere fondato sulla vita e non essere esplicitamente razzista (nel senso di un potere che cerca di produrre una divisione tra coloro che devono vivere e coloro che devono morire), esso ha tuttavia un volto nascosto. Dobbiamo quindi prestare attenzione sia agli aspetti affermativi della vita propri della medicina razzializzata, sia al suo aspetto meno evidente: una politica della vita potenzialmente discriminatoria.
Traduzione dallinglese di Martina Tazzioli e Daniele Lorenzini

Jonathan Xavier Inda University of Illinois at Urbana-Champaign jxinda@illinois.edu

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For Blacks Only: Pharmaceuticals, Genetics, and the Racial Politics of Life This essay examines the contemporary politics of race and pharmaceuticals, with a focus on BiDil, a heart failure medication approved by the Food and Drug Administration solely for blacks. Drawing on Michel Foucaults work on biopower, the essay suggests that pharmaceuticals such as BiDil are implicated in what could be called a racial politics of life. This is a politics that takes as its object the biological vitality of the racial body. The essay pays attention both to the lifeaffirming aspects of this racial politics of life and to its exclusionary underside. Keywords: Biopower, Genetics, Racialized pharmaceuticals, African Americans, BiDil.

Interviste

Il potere, i valori morali e lintellettuale.


Unintervista con Michel Foucault

Questa intervista fu rilasciata da Michel Foucault a Michael Bess, al tempo dottorando

al Dipartimento di Storia della University of California, Berkeley, il 3 novembre 1980. Foucault si trovava a Berkeley perch, qualche giorno prima (il 20 e il 21 ottobre), aveva pronunciato le Howison Lectures; un paio di settimane pi tardi (il 17 e 24 novembre), pronunci due conferenze molto simili anche al Dartmouth College1. Lintervista della quale presentiamo qui, per la prima volta, la traduzione italiana stata condotta originariamente in francese (la registrazione disponibile allIMEC, Fonds Foucault, FCL.20) e pubblicata, in lingua inglese, su History of the Present, n. 4 (1988), pp. 1-2, 11-13. Alcuni estratti erano gi apparsi in un articolo scritto da Bess e pubblicato il 10 novembre 1980 sul Daily Californian, il giornale degli studenti di Berkeley. Ci sia permesso ringraziare Michael Bess, ora Chancellors Professor of History alla Vanderbilt University, per la sua gentilezza, nonch la famiglia Foucault e Daniel Defert per la loro generosit.

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Michael Bess:Un attimo fa stava dicendo di essere un moralista Michel Foucault:In un certo senso, sono un moralista nella misura in cui credo che uno dei compiti, uno dei significati dellesistenza umana lorigine della libert umana sia di non accettare mai niente come definitivo, intoccabile, ovvio o immobile. Non dovremmo permettere a nessun aspetto della realt di divenire una legge definitiva e disumana. Dobbiamo sollevarci contro tutte le forme di potere e non solo contro il potere nel senso stretto del termine, che si riferisce al potere di un governo o di un particolare gruppo sociale su un altro: queste sono solo alcune istanze specifiche di potere. Potere tutto ci che tende a rendere immobili e intoccabili quelle cose che ci sono presentate come reali, vere e buone. Michael Bess: Ci nonostante, abbiamo bisogno di fissare le cose, anche se in modo provvisorio
Di queste conferenze ora disponibile la traduzione italiana: M. Foucault, Sullorigine dellermeneutica del s. Due conferenze al Dartmouth College, a cura di mf / materiali foucaultiani, Cronopio, Napoli 2012.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 137-144.

138 Michel Foucault Michel Foucault: Certo, certo. Questo non significa che si debba vivere in una discontinuit indefinita. Quello che voglio dire, che dobbiamo considerare tutti i punti di fissit, dimmobilizzazione, come elementi in una tattica, in una strategia come parte di uno sforzo teso a riportare le cose alla loro originaria mobilit, alla loro apertura al cambiamento. Poco fa le stavo parlando dei tre elementi della mia morale, che sono: 1) il rifiuto di accettare come auto-evidenti le cose che ci sono proposte; 2) la necessit di analizzare e conoscere, perch non possiamo realizzare nulla senza riflessione e comprensione dunque, il principio della curiosit; e 3) il principio dellinnovazione: individuare nella nostra riflessione quelle cose che non sono mai state concepite o immaginate. Quindi: rifiuto, curiosit, innovazione. Michael Bess: Mi sembra che il concetto filosofico moderno del soggetto implichi tutti e tre questi princpi. Intendo dire che la differenza tra il soggetto e loggetto sta precisamente nel fatto che il soggetto capace di rifiuto e dinnovazione. Il suo lavoro costituisce dunque un attacco alla tendenza a congelare questa nozione di soggetto? Michel Foucault: Ci che intendevo chiarire lambito di valori in cui situo il mio lavoro. Lei mi ha chiesto, poco fa, se non fossi un nichilista che ha rifiutato la moralit. A questo rispondo: no! In realt, mi stava anche domandando: Perch fa il lavoro che fa? Questi sono i valori che propongo. Ritengo che la teoria moderna del soggetto, la filosofia moderna del soggetto, possa ben accordare al soggetto una capacit dinnovazione, etc., ma che, di fatto, la filosofia moderna lo faccia solo a un livello teorico. In realt, non in grado di tradurre nella pratica questi diversi valori che sto cercando di elaborare nel mio lavoro. Michael Bess: Il potere pu essere qualcosa di aperto e fluido, oppure intrinsecamente repressivo? Michel Foucault: Il potere non dovrebbe essere concepito come un sistema oppressivo che grava sugli individui dallalto, colpendoli con divieti di ogni genere. Il potere un insieme di relazioni. Che cosa significa esercitare potere? Non vuol dire prendere questo registratore e gettarlo a terra. Ho la capacit di farlo materialmente, fisicamente, sportivamente. Ma se lo facessi, non starei esercitando potere. Tuttavia, se prendessi questo registratore e lo gettassi a terra per irritarla, o per impedirle di ripetere quel che ho detto, o per fare pressione su di lei e indurla a un certo comportamento, o per intimidirla beh, ci che avrei fatto, plasmando il suo comportamento tramite determinati mezzi, questo sarebbe potere.

Il potere, i valori morali e lintellettuale 139

Il che significa che il potere una relazione tra due persone, una relazione che non dello stesso ordine della comunicazione (anche se lei fosse obbligato a farmi da strumento di comunicazione). Non come dirle: Il tempo bello, oppure Sono nato questo o questaltro giorno. Bene. Io esercito il potere su di lei: influenzo il suo comportamento, o tento di farlo. Provo a guidare il suo comportamento, a condurre il suo comportamento. Il mezzo pi semplice per farlo , chiaramente, quello di prenderla per mano e forzarla ad andare in un certo luogo. Questo il caso limite, il grado zero del potere; ed proprio in questo momento che il potere cessa di essere potere per divenire mera forza fisica. Daltro canto, se sfrutto la mia et, la mia posizione sociale, la conoscenza che posso avere di questa o quellaltra cosa, per farla comportare in un modo particolare quindi, senza forzarla affatto e lasciandola completamente libera ecco che allora inizio ad esercitare potere. chiaro che il potere non dovrebbe essere definito come un atto costrittivo di violenza che reprime gli individui, forzandoli a fare qualcosa o impedendo loro di fare qualcosaltro. C potere quando c una relazione tra due soggetti liberi e questa relazione sbilanciata, cos che uno pu agire sullaltro e laltro ne influenzato, o acconsente ad esserne influenzato. Il potere, quindi, non sempre repressivo. Pu assumere varie forme ed possibile che ci siano relazioni aperte di potere. Michael Bess: Relazioni di uguaglianza? Michel Foucault:Mai di uguaglianza, perch la relazione di potere una disuguaglianza. Ma ci possono essere sistemi di potere reversibili. Consideriamo, ad esempio, quel che accade in una relazione erotica. Non parlo di una relazione amorosa, ma di una semplice relazione erotica. Sappiamo bene che si tratta di un gioco di potere, in cui la forza fisica non necessariamente lelemento pi importante. Ciascuno agisce sul comportamento dellaltro in un certo modo, plasmandolo e determinandolo. Uno dei due pu usare questa situazione in un certo modo, e poi mettere in atto lesatto contrario vis--vis dellaltro. Ecco, questa non altro che una forma puramente locale di potere reversibile. Le relazioni di potere non sono di per s forme di repressione. Ma accade che, nella societ, nella maggior parte delle societ, vengono create delle organizzazioni per congelare le relazioni di potere, mantenerle in uno stato di asimmetria, cos che un certo numero di persone ne traggano vantaggio socialmente, economicamente, politicamente, istituzionalmente, etc. Questo congela totalmente la situazione. quel che chiamiamo potere nel senso stretto del termine: un tipo specifico di relazione di po-

140 Michel Foucault tere che stato istituzionalizzato, congelato, immobilizzato a beneficio di alcuni e a discapito di altri. Michael Bess: Ma entrambe le parti della relazione ne sono vittime? Michel Foucault: No, affatto! Affermare che coloro che esercitano potere sono vittime, significherebbe spingersi un po troppo oltre. In un certo senso, vero che possono essere presi nella trappola del loro stesso esercizio del potere, ma non sono vittime quanto gli altri. Provi lei stesso e vedr. [Risate] Michael Bess:Lei quindi allineato alla posizione dei marxisti? Michel Foucault:Non saprei. Vede, non sono sicuro di sapere cosa sia realmente il marxismo e non credo che esista come qualcosa di astratto. La sfortuna, o la fortuna, di Marx che la sua dottrina stata regolarmente adottata da organizzazioni politiche, ed dopotutto lunica teoria la cui esistenza sia sempre stata legata ad organizzazioni socio-politiche che sono state straordinariamente forti, straordinariamente mutevoli fino al punto di divenire addirittura un apparato di Stato. Quindi, quando menziona il marxismo, le chiedo quale marxismo intenda quello insegnato nella Repubblica Democratica Tedesca (il marxismo-leninismo)? I concetti vaghi, disordinati, spuri [bastard] usati da qualcuno come Georges Marchais? O il corpo dottrinale che funge da punto di riferimento per certi storici inglesi? In altre parole, non so cosa sia il marxismo. Provo a lottare con gli oggetti della mia stessa analisi, e quando mi capita di far uso di un concetto impiegato anche da Marx, o dai marxisti un concetto utile, soddisfacente bene, per me lo stesso. Ho sempre rifiutato di considerare una presunta conformit o non conformit con il marxismo come un fattore decisivo per accettare o ripudiare quel che dico. Non potrebbe importarmene di meno. [] Michael Bess: Ha qualche idea di un sistema di potere capace di mettere ordine nella massa di esseri umani presenti sul pianeta un sistema di governo [governance] che non divenga una forma repressiva di potere? Michel Foucault: Un programma di potere pu assumere tre forme. Da un lato: come esercitare il potere nel modo pi efficace possibile (essenzialmente, come rafforzarlo)? O, dallaltro lato, la posizione inversa: come rovesciare il potere, quali sono i punti di attacco in grado di minare una data cristallizzazione di potere? Infine, la posizione intermedia: come giungere a limitare le relazioni di potere per come sono incarnate e sviluppate in una particolare societ?

Il potere, i valori morali e lintellettuale 141

Bene, la prima posizione non mi interessa: fare un programma di potere per esercitarlo ancora di pi. La seconda posizione interessante, ma mi colpisce il fatto che dovrebbe essere considerata essenzialmente con uno sguardo ai suoi obiettivi concreti, alle lotte che si vogliono intraprendere. E questo implica precisamente che non se ne debba fare una teoria a priori. Per quel che concerne la posizione intermedia quali sono le condizioni accettabili di potere sostengo che queste condizioni accettabili per lesercizio del potere non possano essere definite a priori. Non sono mai nientaltro che il risultato di relazioni di forza allinterno di una data societ. In tale situazione, succede che un certo disequilibrio nelle relazioni di potere sia in effetti tollerato dalle sue vittime, quelle che sono nella posizione pi sfavorevole in un determinato momento. Ma in nessun modo ci significa che tale situazione sia accettabile. Le vittime ne divengono subito consapevoli, e cos dopo qualche giorno, qualche anno, qualche secolo la gente finisce sempre per opporre resistenza, e il vecchio compromesso non funziona pi. tutto. Ma non si pu approntare una formula definitiva per un esercizio ottimale del potere. Michael Bess:Intende dire che, nelle relazioni tra le persone, c qualcosa che congela o che coagula, qualcosa che infine diventa, dopo un certo periodo di tempo, intollerabile? Michel Foucault:S, sebbene talvolta ci accada immediatamente. Le relazioni di potere, quali esistono in una data societ, non sono mai altro che la cristallizzazione di un rapporto di forza. E non c alcuna ragione per cui queste cristallizzazioni di relazioni di forza debbano essere formulate come una teoria ideale per le relazioni di potere. Per carit, non sono uno strutturalista, n un linguista, e nientaltro del genere, ma vede, un po come se un insegnante di grammatica dicesse: Bene, questo il modo in cui la lingua dovrebbe essere parlata, questo il modo in cui linglese o il francese dovrebbero essere parlati. Ma no! Si pu descrivere come una lingua sia parlata in un dato momento, si pu affermare cosa sia comprensibile e cosa inaccettabile, incomprensibile. Questo tutto ci che si pu dire. Ma ci non implica, daltro canto, che questo tipo di lavoro sulla lingua non consentir delle innovazioni. Michael Bess: una posizione che rifiuta di parlare in termini positivi, fatta eccezione per il momento presente Michel Foucault:A partire dal momento in cui si concepisce il potere come un insieme di rapporti di forza, non ci pu essere alcuna definizione programmatica di uno stato ottimale di forze a meno che, naturalmente,

142 Michel Foucault non si prenda posizione dicendo: Voglio che il bianco, lariano, la razza pura prenda il potere e lo eserciti, oppure: Voglio che il proletariato eserciti il potere e che lo faccia in modo totalizzante. E allora s che risulta dato un programma per la costruzione del potere. Michael Bess: intrinseco allesistenza degli esseri umani che la loro organizzazione finir per consistere in una forma repressiva di potere? Michel Foucault: Oh s, naturalmente. Non appena ci sono persone che si trovano in una posizione (allinterno del sistema delle relazioni di potere) tale da poter influenzare altre persone, e determinare la vita, il comportamento, di altre persone ebbene, la vita di quelle altre persone non sar molto libera. Di conseguenza, a seconda della soglia di tolleranza, a seconda di tutta una serie di variabili, la situazione potr essere pi o meno accettata, ma non sar mai totalmente accettata. Ci sar sempre chi si ribella, chi resiste. Michael Bess: Mi lasci fare un esempio diverso. Se un bambino volesse scarabocchiare i muri di una casa, sarebbe repressivo impedirglielo? A che punto si pu dire: Basta cos!? Michel Foucault: [] Se io accettassi limmagine del potere che frequentemente adottata ovvero che il potere qualcosa di orribile e repressivo per lindividuo chiaro che impedire a un bambino di scarabocchiare i muri sarebbe una tirannia insopportabile. Ma non questo: io dico che il potere una relazione. Una relazione in cui uno guida il comportamento di altri. E non c alcuna ragione per cui questa maniera di guidare il comportamento degli altri non debba alla fine avere risultati positivi, preziosi, interessanti e cos via. Se avessi un figlio, le assicuro che non scriverebbe sui muri o, nel caso in cui lo facesse, lo farebbe contro la mia volont. Ci mancherebbe altro! Michael Bess: problematico qualcosa che si deve continuamente mettere in discussione. Michel Foucault: S, s! esattamente cos! Un esercizio di potere non dovrebbe mai essere qualcosa di per s evidente. Non perch sei un padre che hai il diritto di dare un ceffone a tuo figlio. Spesso anche il non punirlo un modo di modellare il suo comportamento. Si tratta di un ambito di relazioni molto complesse, che richiede una riflessione infinita. Quando si pensa alla cura con cui i sistemi semiotici sono stati analizzati nella nostra societ, tanto da scoprire il loro valore significante [valeur signifiante], [non si

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pu non rilevare] che, invece, i sistemi che riguardano lesercizio del potere sono stati relativamente trascurati. Non si prestata abbastanza attenzione a questo complesso insieme di connessioni. Michael Bess: La sua posizione sfugge continuamente alla teorizzazione. qualcosa che deve essere rifatto sempre di nuovo. Michel Foucault:Se vuole, si tratta di una pratica teorica. Non una teoria, quanto piuttosto un modo di teorizzare la pratica. [] Talvolta, poich la mia posizione non stata resa in modo sufficientemente chiaro, la gente pensa che io sia una specie di anarchico radicale che nutre unavversione assoluta per il potere. No! Quello che sto cercando di fare di affrontare questo fenomeno estremamente importante e intricato presente nella nostra societ, ovvero lesercizio del potere, con il pi riflessivo, e direi pure il pi prudente degli atteggiamenti: essere prudente nella mia analisi, nei postulati morali e teorici che uso; cerco di capire quali siano le poste in gioco. Ma interrogare le relazioni di potere nel modo pi scrupoloso e attento possibile, badando a tutti gli ambiti dellesercizio del potere, non equivale a costruire una mitologia del potere come la bestia dellApocalisse. Michael Bess:Ci sono delle tematiche positive nella sua concezione di ci che buono? In pratica, quali sono gli elementi morali sui quali lei basa le sue azioni nei confronti degli altri? Michel Foucault: Glielho gi detto: rifiuto, curiosit, innovazione. Michael Bess:Ma non sono tutti piuttosto negativi nel loro contenuto? Michel Foucault: La sola etica che si pu avere, riguardo allesercizio del potere, la libert degli altri. Io non dico agli altri: Fai lamore in questo modo, fai dei figli, vai a lavorare. Michael Bess: Devo ammettere che sono un po smarrito, non mi oriento pi nel suo mondo forse perch troppo aperto. Michel Foucault:Senta, senta quanto difficile! Non sono un profeta; non sono un organizzatore; non voglio dire alla gente che cosa dovrebbe fare. Non dir loro: Questo per te un bene, questo per te un male! Provo ad analizzare una situazione reale nelle sue varie complessit, con lo scopo di permettere rifiuto, curiosit e innovazione. Michael Bess: E rispetto alla sua vita personale, diverso

144 Michel Foucault Michel Foucault: Ma questo non riguarda nessunaltro allinfuori di me! Credo che, al cuore di tutto ci, ci sia un fraintendimento della funzione della filosofia, dellintellettuale, e del sapere in generale: cio che spetti a loro dirci cos bene. Ebbene, no! No, no, no! Questo non il loro ruolo. In realt hanno gi fin troppo la tendenza a giocare questo ruolo. Per duemila anni ci hanno detto cos bene, con tutte le conseguenze catastrofiche che ci ha implicato. Siamo qui di fronte a un gioco terribile, un gioco che nasconde una trappola, per cui gli intellettuali tendono a dire cos bene, e la gente non chiede niente di meglio che le si dica cos bene e potrebbe essere ancora meglio se cominciassero a strillare: Quant male questo! Ebbene, cambiamo il gioco. Diciamo che gli intellettuali non avranno pi il ruolo di dire cos bene. Cos star alla gente stessa, che baser il proprio giudizio sulle differenti analisi della realt che le verranno offerte, lavorare o agire spontaneamente in modo tale da poter definire da s che cosa sia bene per s. Cos bene, qualcosa che sinnova. Il bene non esiste di per s, in un cielo senza tempo, con persone che sarebbero come gli Astrologi del Bene e il cui lavoro consisterebbe nel determinare quale sia la natura favorevole delle stelle. Il bene definito da noi, praticato, inventato. E si tratta di unopera collettiva. pi chiaro adesso?
Traduzione dallinglese a cura di mf / materiali foucaultiani: Laura Cremonesi, Orazio Irrera, Daniele Lorenzini, Martina Tazzioli, rivista da Michael Bess

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Power, Moral Values, and the Intellectual In this interview, Michel Foucault discusses several crucial topics of his work: his conception of power, his idea of the task of the intellectual, and the essential elements of his ethics. Keywords: Foucault, Power, Subject, Intellectual, Ethics, Refusal, Curiosity, Innovation.

Volont di verit e pratica militante in Michel Foucault.


Intervista a Daniel Defert

Questa intervista stata realizzata il 9 novembre 2011 da Orazio Irrera e Daniele Lorenzini. Ci sia permesso ringraziare Daniel Defert per la sua gentilezza e disponibilit.

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mf: Durante il corso al Collge de France del 1979-80, che sar presto pubblicato, Foucault inaugura uno studio aleturgico della soggettivit, una storia dei regimi di verit che proseguir poi fino al termine della propria vita. Ci sembra che parlare di regimi di verit per sottolineare la necessit di smascherare la pretesa di ogni verit di essere assoluta, e quindi di non dipendere da una forza esteriore per far valere la propria legge, sia in fondo un modo di riprendere e sviluppare unintuizione che Foucault aveva gi espresso ne Lordine del discorso: il discorso vero, aveva detto, non pu riconoscere la volont di verit che lo attraversa, poich questa volont sempre mascherata dalla verit stessa che vuole. Unintuizione il cui valore non soltanto epistemologico, ma anche etico e politico come la riflessione foucaultiana degli anni settanta e ottanta rende evidente. Signor Defert, potrebbe dirci se secondo lei corretto stabilire una sorta di continuit tra questa problematica della volont di verit (che Foucault sviluppa anche nel suo primo corso al Collge de France1, di cui lei lo scorso anno ha curato ledizione), e la storia dei regimi di verit abbozzata da Foucault negli ultimi corsi al Collge de France? Pi precisamente, qual , a suo avviso, limportanza concettuale e strategica della nozione di volont di verit, in Foucault? Daniel Defert: In realt, mi pare abbiate sollevato tre problemi diversi che, in un certo senso, sono indipendenti luno dallaltro. C il problema della verit, poi quello della volont di verit, e infine c il problema della continuit con i regimi di verit. Mi sembra si tratti di tre problematiche, o di tre temi, differenti, che certamente sono collegati in Foucault, ma che si presentano come degli approfondimenti di una posta in gioco che,
Cfr. M. Foucault, Leons sur la volont de savoir. Cours au Collge de France. 1970-1971, Seuil/Gallimard, Paris 2011.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 145-157.

146 Daniel Defert credo, costante in tutta la sua opera. Nel senso che, sin dallinizio nel suo primo grande libro Foucault si pone il problema della produzione di verit sulla follia. E questo stato comunque un tema ricorrente, che Foucault ha ripreso pi volte nel corso del proprio lavoro. Lospedale, il manicomio divenuto ospedale psichiatrico, ha preteso di essere un luogo di produzione di verit; ma alla fine non si mai arrivati a una verit sulla follia, ci sono sempre stati degli effetti di verit e delle decisioni, e cos, sin dallinizio, Foucault sostiene che il sapere sulla follia una forma di potere, una normalizzazione, la riduzione al silenzio Dunque, in un certo senso, a partire da simile posta in gioco, Foucault pone questo problema della verit, e della verit vera e della verit menzogna sin dallinizio. Si pu dire che non sia del tutto esplicitato, ma naturalmente gi su uno sfondo nietzscheano che Foucault pone il problema della verit, immediatamente, e della verit vera e della verit menzogna: la Storia della follia proprio questo. Poi c il corso del 1970-71, che un corso di filosofia, e in un certo senso linstaurazione di Foucault nel suo statuto di filosofo. In precedenza, Foucault aveva avuto una cattedra di psicologia e di filosofia, ma aveva insegnato soprattutto la psicologia, mentre al Collge de France ha una cattedra di filosofia. E quindi tiene un corso di filosofia, che un corso molto teorico, piuttosto complesso, nel quale non oppone tra loro due epoche, comera sua abitudine fare nei testi precedenti (nei quali analizzava differenze di epoca, differenze di periodo, di periodizzazione); qui, nel corso del 1970-71, Foucault contrappone invece due paradigmi di conoscenza il paradigma aristotelico e il paradigma nietzscheano e pone il problema della volont di verit, che un concetto abbastanza difficile. mf: E in che modo lintroduzione di questo concetto cambia, trasforma la posta in gioco dellanalisi? Daniel Defert: Foucault aveva gi utilizzato, come termine, lespressione volont di verit, credo nella Storia della follia, o nella Nascita della clinica, insomma c un luogo in cui la nozione era gi apparsa2. Foucault si era di nuovo immerso nella lettura di Nietzsche si era ricollegato molto alla lettura di Nietzsche a partire dal 1967-68 e la volont di verit, dice, ecco ci che mi interessa: in effetti non la volont di potenza che mi interessa, ma la volont di sapere. In fondo, tra volont di verit e volont di sapere c come uno slittamento continuo, e Foucault in difficolt dinanzi a tale nozione, perch in un certo senso si chiede: com possibile fare
Cfr. M. Foucault, Philosophie et vrit (1965), in Dits et crits I, 1954-1975, Gallimard, Paris 2001, p. 480.
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una filosofia che voglia sbarazzarsi del soggetto e introdurre la nozione di volont di verit? Foucault evoca il problema, ma non lo sviluppa. La sola cosa che dice, che la volont di verit un sistema di esclusione, cio a questa nozione di volont di verit attribuisce subito un contenuto che non un contenuto di soggettivit, ma un contenuto di sistema e di anonimato. molto curioso! Personalmente, questa nozione di volont di verit, o di volont di sapere, mi ha messo in difficolt Anche Foucault lo dice, anche lui in difficolt: quando si vuole fare unanalisi del sapere e della verit senza il soggetto, cosa significa utilizzare questa nozione di volont di verit? Allora, Foucault esce dallimpasse dicendo: un sistema di esclusione, un sistema di interdetto, e cos si ricolloca nel quadro delle analisi che aveva gi condotto a proposito della ragione. Lo dice rapidamente, ma ci ritorna pi volte; ed vero che con la nozione di regime di verit, pi tardiva, Foucault riprender una delle poste in gioco del corso del 1970-71, ma eliminer del tutto questa sorta di residuo di soggettivit che si trovava nella volont, ed entrer completamente in qualcosa che non stato colto da alcuna recensione di questo corso, se non da quella di Frdric Gros3. In questo corso, Foucault ci propone una storia della verit che pu essere letta in due modi. In un certo senso, ci mostra che la verit, praticamente a partire da Platone, possiede tutte le caratteristiche della verit come la definiamo noi oggi: oggettiva, universale, neutrale e cos, da un certo punto di vista, Foucault fa unarcheologia o una genealogia dei valori di verit. E poi ci mostra che questa verit menzogna: c tutto un discorso sulla filosofia, sul saggio, questo saggio la cui parola proviene da un luogo fuori dalla storia, e c una completa messa in questione delloggettivit, della neutralit e delluniversalit. La cosa che mi sorprende che le recensioni, le buone recensioni che abbiamo letto e che sono facili e piacevoli da leggere, abbiano effettivamente evidenziato la storia delle pratiche di istituzione della verit, ma non abbiano affatto dato conto di questa doppia lettura nietzscheana, che al contempo una genealogia della verit e una genealogia della critica della verit. Perch, in questo corso del 1970-71, Foucault mostra bene come la verit, attraverso il nomos, attraverso la purezza, attraverso la legge scritta, vestir queste categorie di neutralit, di universalit, di purezza, di valore morale; ma allo stesso tempo ci mostra che tutto ci menzogna. complesso, ecco perch questo corso cos difficile Nei corsi di cui abitualmente si realizza ledizione a partire da una registrazione, Foucault dice la stessa cosa tre volte, ma vi sarete accorti che non dice mai esattamente la stessa cosa
Apparsa sul numero 22 della rivista Agenda de la pense contemporaine (gennaio 2012).
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148 Daniel Defert tre volte: ogni volta aggiunge un accento, una precisazione Ogni volta che spiega qualcosa oralmente lo si comprende bene, ma per iscritto (e per ledizione del corso del 1970-71 era possibile basarsi solo su documenti scritti) resta spesso in sospeso. Ora, giustappunto, quasi sempre ci sono entrambe le vie: c la via genealogica della nostra concezione abituale della verit, e poi c la via genealogico-critica della verit come menzogna. Invece la nozione di regime di verit oggettiver senza volont, senza questo residuo di soggettivit e di metafisica; e questo mostra anche che, nel percorso di Foucault, si assiste a un cammino costante pi che a una svolta, a una problematizzazione approfondita di un certo numero di punti nodali. Non si tratta quindi n di una vera continuit, n di una vera discontinuit, quanto piuttosto di un approfondimento costante delle medesime poste in gioco; direi perfino che tutti i suoi libri sono dei teatri di verit. In Nascita della clinica, Foucault stesso dice che lospedale un teatro di verit, ma questo vale per lospedale psichiatrico, per la prigione, per la medicalizzazione della sessualit tutti questi teatri di verit moltiplicano i regimi di verit e desacralizzano totalmente lepistemologia, che considera teatro di verit soltanto la ricerca scientifica e la verit degli eruditi, mentre Foucault ha costantemente studiato delle verit nella loro complessit e nella loro eterogeneit. Si capisce, dunque, perch una posta in gioco importante per lui fosse quella di non conservare la distinzione scienza/ideologia, cara ad Althusser, ma non pertinente per Foucault, che gi in Philosophie et psychologie definiva la psicologia non come una scienza, ma come una forma culturale4. mf: Ci perfettamente chiaro in che senso lei sostenga che questa nozione di regimi di verit esclude la problematica del soggetto. Tuttavia, nei corsi e nella riflessione del Foucault degli anni ottanta, si trova comunque unattenzione straordinaria al rapporto che certi regimi di verit intrattengono con certe pratiche di soggettivazione Daniel Defert: S, ma non si tratta affatto del soggetto fondatore, bens del soggetto costituito dai regimi di verit. Il tema del ritorno del soggetto in Foucault una stupidaggine, non si tratta per nulla del ritorno del soggetto! Si tratta dellintroduzione di una soggettivit del tutto diversa dalla soggettivit trascendentale. questa la svolta. Ci non ha dunque niente a che fare [con il soggetto fondatore], e solo dei lettori davvero superficiali hanno potuto dire ah, ritorna alla soggettivit ma questa soggettivit non ha affatto lo stesso statuto. Foucault non ritrova la soggettivit
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Cfr. M. Foucault, Philosophie et psychologie (1965), in Dits et crits I, cit., p. 466.

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trascendentale di Husserl! Introduce una soggettivit costruita, plurale, a partire da un certo numero di pratiche, in particolare a partire dal cristianesimo. mf: Ci consenta di ritornare su un punto che ha evocato poco fa: lei ha detto che Foucault, quando si tratt di tenere il suo primo corso al Collge de France, volle in un certo senso instaurarsi nel suo ruolo di filosofo. Per farlo, decise di parlare di Aristotele, da una parte, e di Nietzsche, dallaltra: era un modo di presentarsi in quanto filosofo, dichiarando allo stesso tempo il proprio debito intellettuale nei confronti di Nietzsche. Ma nei due corsi seguenti, Thories et institutions pnales e La socit punitive, le cose cambiano, e non si pu pi dire che Foucault sia filosofo nel senso classico del termine Daniel Defert: Dunque, a questo proposito ci sono diverse cose da considerare anche se non ne so niente, sono solo delle ipotesi. Nel lavoro di edizione del primo corso, mi sono interessato alla fabbricazione del corso, questa nozione sulla quale Philippe Artires e Jean-Franois Bert hanno insistito non poco, per esempio nel loro ultimo libro Un succs philosophique. LHistoire de la folie lge classique de Michel Foucault5. In questo primo corso, a mio avviso, siccome ha una cattedra di filosofia, Foucault obbligato a porsi come filosofo; ma, al contempo, fa comunque una critica molto visibile di una certa filosofia, e ha di mira alcuni dibattiti contemporanei con Althusser e Derrida. Non so esattamente quando, ma dovrebbe essere stato intorno al 1968 che cominciarono a svilupparsi dei dibattiti sullo statuto del filosofo e dellinsegnamento della filosofia, nel contesto del Sessantotto, e mi sembra che Derrida vi sia intervenuto molto, e che Foucault avesse di mira un po questi dibattiti, sia dal lato di Althusser, sia dal lato di Derrida. E bisogna anche ricordare che la candidatura di Foucault al Collge de France fu presentata da Jules Vuillemin, titolare della cattedra Philosophie de la connaissance una circostanza da tenere in considerazione, dato che Vuillemin era un grande conoscitore di Nietzsche Bene, c questo da tenere presente. In secondo luogo, al Collge de France i corsi sono tenuti di solito da specialisti di un argomento, davanti a un pubblico non molto numeroso di specialisti. Foucault, al contrario, ha dovuto affrontare immediatamente un pubblico vasto e differenziato. Lo aveva previsto? mf: Gi nel 1970?
Ph. Artires e J.-F. Bert, Un succs philosophique. LHistoire de la folie lge classique de Michel Foucault, PUC, Caen 2011.
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150 Daniel Defert Daniel Defert: S, fin dallinizio era al completo! Dovete sapere che laura di Foucault stata riconosciuta molto presto: alla sua discussione di tesi, alla quale ho assistito nel 1961, cera una gran folla, lanfiteatro Louis Liard era pieno. La reputazione intellettuale di Foucault era quindi gi forte. E poi anche a Vincennes cera folla Al Collge de France, Foucault ha avuto immediatamente un pubblico che non era quello per il quale si era preparato, e allora a partire dal secondo anno si adattato meglio a questo pubblico e a un progetto preciso: il ruolo del diritto nella costruzione della verit. Si vede bene che il suo primo corso esitante, e insieme pieno di sottointesi: Foucault suppone che tutti quanti conoscano gli argomenti di cui parla, non sempre preciso, c comunque molta complicit, molto siamo tra noi In seguito, nei corsi successivi, sar pi didattico. In secondo luogo, c una cosa davvero curiosa da notare: nella Situation, affermo che a mio avviso il libro di Deleuze Differenza e ripetizione ha giocato un ruolo considerevole Differenza e ripetizione che comunque un libro difficile, uno dei grandi libri di Deleuze, e rappresenta un momento cruciale per lui (c uninversione nel metodo di Deleuze, che fino a quel momento era stato uno storico della filosofia, straordinario ed estremamente meticoloso, mentre in Differenza e ripetizione fa subire una sorta di torsione alla maniera di fare storia della filosofia). Foucault, nel corso del 1970-71, e Deleuze, in Differenza e ripetizione, discutono esattamente lo stesso brano di Aristotele. Deleuze ne d subito una lettura nietzscheana, mostrando che questo testo di Aristotele un testo interamente morale, e non fornisce un commento interno ad Aristotele completamente nietzscheano. Foucault, al contrario, fa un commento del tutto interno ad Aristotele, assume la postura dello storico della filosofia e mostra come da una prospettiva interna allopera di Aristotele si comprenda perfettamente tutto ci che dice in pratica, ricostruisce per noi la metafisica di Aristotele a partire da queste quattro righe della Metafisica6. Il chiasmo rispetto a Deleuze davvero sorprendente. Quindi, da un lato, Deleuze fa una specie di collage di storia della filosofia ( Foucault che utilizza il termine collage), mentre Foucault, al contrario, gioca allo storico della filosofia, quasi la Guroult, ricostruendo un meticoloso commento del testo, e tutto ci per giungere alla conclusione che il saggio comunque il pi grande mentitore, colui il saggio e il filosofo che si suppone parli da un luogo fuori dalla storia. Ma com possibile parlare da un luogo fuori dalla storia quando si vede il reale processo di costituzione di ogni discorso di verit, tutto lo sfondo di pratiche, di lotte sociali e di dominazione che
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Cfr. M. Foucault, Leons sur la volont de savoir, cit., pp. 7-14.

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gli sta dietro? Foucault si costituisce dunque come filosofo e, allo stesso tempo, distrugge la valorizzazione accademica tradizionale del filosofo. E il corso successivo, che avete citato, molto curioso, perch Foucault in pratica non vi fa che della storia: maneggia un sacco di testi di storici del Medioevo, ma di storici spesso molto marginali, mentre nel corso del 1970-71, il primo corso, utilizza soltanto gli storici up to date tutto ci che costituisce il corpus legittimo, accademico, il corpus rispettabile e affidabile degli storici che sono sempre presi in considerazione, che costituiscono un punto di riferimento per gli studi ellenistici. Nel corso del 1971-72, invece, a proposito del Medioevo, Foucault considera un campo molto pi vasto: ci sono comunque i grandi storici del Medioevo, c Georges Duby naturalmente si serve molto di Duby ma ho controllato tutte le fonti che utilizza e non hanno pi nulla a che vedere con le fonti recenti utilizzate nel corso del 1970-71. Foucault si pone un problema del tutto nuovo: seguire la costituzione di un apparato repressivo di Stato durante il Medioevo. Tema althusseriano, evidente. Foucault cerca, accanto allapparato di giustizia e allapparato fiscale, il modo in cui si costituito un apparato la cui funzione era puramente la repressione. Non ho mai visto nessuno fare la storia della nascita dellistanza repressiva allinterno dellapparato di Stato. questo il secondo corso. Tutto ci non ha dunque pi nulla a che fare con il corso del 1970-71, e qui davvero ci avviciniamo a Sorvegliare e punire c una rottura totale, una rottura in rapporto alle fonti storiche di Foucault e, contemporaneamente, una rottura in rapporto al progetto iniziale di istituirsi come filosofo. E quindi, per riassumere, in occasione di questo primo corso al Collge de France, credo che Foucault non conoscesse il proprio pubblico e che progressivamente lo abbia saggiato, lo abbia messo alla prova; daltronde, mi pare che alla fine si sentisse molto pi libero Ma utilizza un materiale da storico! molto strano il suo corso, perch estremamente filosofico ma al contempo si presenta come storia; un corso nel quale ci sono dei filosofi messi in primo piano, Aristotele e Nietzsche, e ce ne sono anche altri: Deleuze, Heidegger, Althusser, Derrida, la psicanalisi considerata come filosofia da Deleuze che messa in questione. Ci sono un sacco di sottoconversazioni, come direbbe Nathalie Sarraute, che non sono esplicitate. Ma ci sono sempre delle sottoconversazioni, in tutti i libri di Foucault, che qualcuno che cancella la polemica e che tuttavia sempre immerso nella discussione, nella contestazione. mf: Secondo lei, questa rottura tra il primo e il secondo corso pu essere spiegata anche pensando alla costituzione, in quegli anni, del G.I.P.?

152 Daniel Defert Daniel Defert: Nel corso del 1970-71 non lo si avverte C il tono, che in tutto e per tutto sessantottino, per se non si vissuto tutto questo, non so se lo si riesca a percepire. mf: C comunque un atteggiamento genealogico che sempre presente in Foucault, che parte sempre dallattualit, dai problemi politici del presente Daniel Defert: S, ma questi problemi non sono cos esplicitati, bisognerebbe fare davvero una doppia lettura, o un doppio ascolto, per capirlo: oggi tutto questo potrebbe tranquillamente rimanere nascosto. mf: Potrebbe far emergere per noi qualche traccia di questa esperienza? Daniel Defert: Beh, potremmo dire che nel corso del 1970-71 Foucault nietzscheo-marxista. Incredibilmente! quel che era da giovane: allora credeva che Nietzsche e Marx fossero un po luomo nuovo Ora, nel 1970-71, vero che analizza comunque tutti questi conflitti di dominazione come rapporti di classe: vediamo i contadini, gli aristocratici, gli opliti, insomma linfrastruttura modi di produzione e rapporti di produzione cari ad Althusser. Tutto questo molto presente. Nella Situation ho detto che, in fin dei conti, queste condizioni sociali sono molto vicine a quelle che evoca Marx, anche se i concetti di classe e tutto il resto non si trovano in Nietzsche. Ma Frdric Gros usa chiaramente lespressione nietzscheo-marxismo per questo corso, e credo che vada bene, perch c in effetti una presenza reale dei rapporti di produzione non soltanto i modi di produzione, ma i rapporti di produzione sono molto espliciti. E non si tratta solo di rapporti di pura dominazione: ci sono analisi di tipo economico, e poi analisi che non sono affatto economiste [conomistes], come in particolare quella della moneta. Questa analisi del simulacro e non del segno, che non proprio nuova (Foucault la trae da douard Will, che laveva ripresa a sua volta da Bernhard Laum), davvero interessante e mi sembra un elemento molto importante di questo corso. Foucault dice: non c una storia universale della moneta, questa solo una delle origini della moneta, ce ne possono essere state altre, forse ce ne sono altre che sono avvenute effettivamente nel puro ambito dello scambio; ma qui si tratta di un partage politico, di un atto politico di redistribuzione, e Foucault fa unanalisi politica [politicienne] e non economista dellorigine della moneta. comunque un momento esemplare della posta in gioco del corso: fare unanalisi politica e non economista. Questo, appunto, fa molto Sessantotto: ci si riconosceva in questo, si vibrava a unanalisi come questa.

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Bene. Invece limpurit [souillure]7 e la penalit erano temi molto distanti da quello che stavamo costituendo intorno alle prigioni. Ad ogni modo, Nietzsche che dice che possibile fare una storia della verit a partire dalla storia della giustizia greca; gran parte dello sfondo storico della Grecia arcaica, Foucault lo prende in prestito da Nietzsche. Solo, come sempre, Foucault non riprende la storia tale e quale Nietzsche la afferma, ma la mette alla prova degli storici, non dei filologi, e cerca di capire, grazie agli storici attuali, se quel che afferma Nietzsche verificabile. Daltra parte, Foucault criticava la Scuola di Francoforte per aver utilizzato spesso il lavoro degli storici senza prima verificare negli archivi se quel che questi storici dicevano fosse valido. Foucault fa invece un lavoro darchivio: tutto stato consultato, tutto stato letto. Quindi, se non possiamo dire che si sente il G.I.P., possiamo affermare che si sente comunque il politico che ha la meglio sulleconomico, e questo molto sessantottino. mf: Nel corso dellanno successivo, invece, si comincia forse a sentire pi esplicitamente limportanza dellesperienza del G.I.P. Daniel Defert: No, nemmeno Forse negli anni seguenti. Ma Foucault aveva comunque una preoccupazione, che era quella di fare analisi il pi possibile approfondite, e di non mettere in scena le proprie poste in gioco ideologiche. Si tratta di problemi teorici: la teoria politica. mf: Quindi, a suo parere, Foucault ha sempre tentato di tracciare una linea di separazione molto netta tra il proprio impegno militante nelle lotte concrete e la propria pratica genealogico-critica nellesercizio del pensiero? Daniel Defert: No, non come Weber. Foucault sviluppa un approccio molto teorico, che domina i propri oggetti dallalto, e il coinvolgimento concreto lo conforta, lo distende. Nonostante tutto, la questione della genealogia nietzscheana pu avere alcune consonanze con certi approcci marxisti, come pu anche non averne affatto dipende dalla lettura. Foucault laveva gi capito quando era pi giovane, quando ha lasciato il PCF; ma credo soprattutto che Foucault inizi, con questo corso del 1970-71, a studiare la produzione di verit al di fuori dellambito tradizionale dellepistemologia. Non lattivit scientifica. In Sur les faons dcrire lhistoire8, Foucault evoca appunto questa epistemologia che si fa a partire da individui che cercano la verit, essenzialmente gli esperti In questo corso, invece, Foucault svolge una ricerca della verit a partire da un teatro di verit che la giustizia,
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Cfr. ivi, pp. 161-182. Cf. M. Foucault, Sur les faons dcrire lhistoire (1967), in Dits et crits I, cit., pp. 613-628.

154 Daniel Defert cio lo scontro tra individui e potere di Stato che si sta costituendo, il puro scontro. Nietzsche che, dopo i Sofisti e Aristotele, tornato su questo e possiamo dire che, a partire dal 1970 fino a Sorvegliare e punire, gli apparati giudiziari saranno, per Foucault, luoghi di produzione di sapere. mf: Lei ha appena evocato lesperienza di Foucault nel Partito Comunista Francese. Nellintervista del 1978 con Duccio Trombadori, Foucault parla proprio di questa esperienza, tracciando un quadro della militanza nei termini di una dissoluzione dellio, di una conversione, dellascetismo e dellautoflagellazione. Tuttavia, nellultimo corso al Collge de France, quello del 1984, Foucault parla della militanza rivoluzionaria come di una delle piste pi interessanti da percorrere, nel caso in cui ci si voglia impegnare a lavorare sul cinismo trans-storico nei tre aspetti della societ segreta, dellorganizzazione istituita (come, ad esempio, il partito o il sindacato) e della testimonianza attraverso la vita. Nondimeno, Foucault sembra considerare anche la possibilit di sovrapposizioni, se non di una iscrizione della testimonianza della verit tramite la vita nelle forme di organizzazione di un movimento o di un partito, ivi compresa quella del gauchismo. Come legge, lei, i rapporti tra queste due modalit di riferirsi alla militanza? In che modo ritiene che lesperienza personale di Foucault si situi rispetto a queste due idee diverse di militanza? Daniel Defert: Nellultimo corso ci sono in effetti alcune cose che mi sembrano piuttosto interessanti a proposito della vita altra, e appunto della rivoluzione, della vita rivoluzionaria C una cosa che Foucault ha ben messo in luce: la costituzione della militanza come un modello sociale concepito nel XIX secolo. Il militante rivoluzionario qualcosa che si costruito, che esistito praticamente in tutti i paesi, che si trova in Russia come negli Stati Uniti, ed una delle forme dellascetismo, una delle forme del dire il vero e, per un certo verso, uno dei problemi complicati, sui quali non saprei pronunciarmi, dei rapporti che Foucault stabilisce tra la storia e la verit. Perch c, allo stesso tempo, una storicizzazione completa dei regimi di verit, e poi ci sono delle figure che attraversano il tempo qual il loro statuto? Ero rimasto colpito dal fatto che Foucault avesse detto: la storia della verit non forse la storia di unesclusione, dellesclusione della draison rispetto alla ragione? C questa storia di una follia precedente al partage, che riaffiorerebbe in Artaud, in Van Gogh, e poi infine si avrebbe una sorta di riaffiorare della sofistica in Brisset, in Roussel E poi, nel corso del 1984, di nuovo, questo personaggio del rivoluzionario che capace di dire il vero e di proporre una vita altra, e che anche un riaffio-

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rare del cinico. Allora, si tratta solo di modelli di vita, di idealtipi, come direbbe Weber, costruiti per comparare, o c una reale trans-storicit? Spesso le cose sono un po ambigue. Forse per Foucault non lo erano, ma su questo punto non sufficientemente esplicito e ci si pu chiedere se ci sono delle specie di figure trans-storiche che riaffiorano, delle forme, delle stilizzazioni dellesistenza al tempo stesso politiche ed etiche, e non semplicemente estetiche. Unanalisi pi attenta permetterebbe forse di capire se si tratta di idealtipi, di puri modelli di una metodologia comparativa o di tuttaltro, di una percezione trans-storica di percorsi etici e politici il cui numero finito. mf: Lesperienza personale della militanza di Foucault, quel che racconta a Duccio Trombadori a proposito del PCF, ha potuto influenzare la sua maniera di considerare la militanza? Daniel Defert: Non sono sicuro che sia nel PCF che Foucault ha avuto lesperienza militante pi intensa, n la pi evocatrice del cinismo antico (il cinismo stalinista davvero tuttaltra cosa) mf: Di certo la pi negativa! Daniel Defert: S, perch sapete come funziona lappartenenza a un partito: si va alle riunioni, si distribuiscono volantini Beh, Foucault scriveva anche articoli, che venivano spesso tagliati. Era certo unesperienza militante, perch era data come tale e Foucault la prendeva come tale; era comunque una rottura molto forte rispetto al suo ambiente di origine, provinciale e borghese. So che io, quasi ventanni dopo, mi sono posto la domanda: entro nel Partito oppure no? Grazie a Dio, il rapporto del PCF con la guerra dAlgeria, con lindipendenza dellAlgeria, mi ha evitato di entrarci! Nel 1960-61, entrare nel Partito era ancora di per s una rottura, anche se una volta dentro la pratica consisteva nel vendere lHumanit, nel distribuire volantini, nellandare alle riunioni Sicuramente nella Gauche proltarienne e nel G.I.P. abbiamo avuto una pratica molto pi militante, e proprio allinterno di questa pratica militante che avevamo nel G.I.P. Foucault era estremamente attento a non dare spazio alcuno allautocritica. Non sopportava questa abitudine religiosa e comunista dellautocritica! Al contrario, se qualcosa aveva successo bisognava festeggiare! Cio: Abbiamo fatto una buona manifestazione, ha avuto un buon impatto, si festeggia, ci si festeggia. Foucault era favorevole alla celebrazione tanto quanto vietava tutto quel che assomigliava a unautocritica e quindi le sedute di confessione,

156 Daniel Defert di colpevolizzazione, tutto questo lo trovava orribile! vero, quindi, che Foucault ha reinventato una militanza a partire dalla nostra pratica: non si ispirato a ci che aveva imparato prima. E so che, appunto, il G.I.P. ci ha permesso di avere una pratica politica molto diversa dalla pratica dei nostri compagni che lavoravano con gli operai: i nostri compagni erano a volte di origine borghese, ma vivevano in tutto e per tutto come operai, come operai militanti, ovvero: Come, hai figli? Guarda che stasera vieni comunque alla riunione, anche se sei una madre di famiglia e hai passato la giornata in fabbrica! In altri termini, i militanti che lavoravano con gli operai cancellavano i segni della loro origine per somigliare alle persone con cui militavano. Invece, quando ci siamo occupati dei detenuti, avevamo a che fare con persone che erano spesso anarchici, ma anche semplicemente ladri che non avevano necessariamente un ideale ascetico, e sono certo che alcuni di loro avessero nascosto refurtive che, anche quando sono usciti di prigione, la polizia non ha trovato! Ecco, queste persone tenevano piuttosto a vivere in modo confortevole, e non volevano che ci si vestisse male per andare da loro: preferivano venire a cena da noi o che si andasse da loro e si portassero fiori, dolci, etc., insomma che ci si ricevesse da borghesi. Ed erano molto contenti che non simulassimo una falsa vita proletaria. Al contrario, dato che si sentivano esclusi, erano felici di sentirsi accettati. Il G.I.P. a quel tempo condivideva un locale, prestatoci da Guattari, con lMLF (Mouvement de libration des femmes) e con il FHAR (Front homosexuel daction rvolutionnaire), ma una sera non abbiamo potuto usarlo. Avevamo una riunione con una banda di garons9 del quartiere della Bastiglia, che era ancora un quartiere popolare; cera quindi una banda della Bastiglia che conoscevamo piuttosto bene, e non avevamo il locale per accoglierli. Alla fine li abbiamo fatti venire a casa di Foucault. E un ragazzo esclama: Oh mio Dio, i borghesi ci aprono le loro porte, senza costringerci a scassinarle! Erano contenti. Era unaltra militanza mf: Era un modo molto diverso di stabilire rapporti personali nella pratica militante Daniel Defert: S! Dovete sapere che cerano gi parecchi giovani in prigione per droga, anche se non se ne parlava ancora, e molti di loro erano difesi da avvocati del PCF. Ora, il problema non era mai stato posto politicamente, era visto come una specie di disagio morale per le famiglie di questi raIl termine garons ha un senso elogiativo nellambiente penitenziario, dei duri si diceva loubards [nota di Daniel Defert].
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gazzi. Quando abbiamo cominciato a proporre a queste famiglie dei comportamenti di tipo politico (manifestare in strada con striscioni davanti al Ministero della Giustizia e cose cos), le famiglie dette di diritto comune hanno iniziato a politicizzare il proprio comportamento in un ambito che non aveva ancora uno statuto politico, e quando hanno cominciato a prendere i nostri volantini e a distribuirli alle porte delle prigioni, nei mercati, le cose hanno iniziato a cambiare! In quel momento, il nostro obiettivo politico era quello di reintrodurre le poste in gioco delle prigioni nelle lotte operaie, che erano ancora le lotte politiche dominanti dellepoca. Alla fine, tutto ci non si reinscritto nelle lotte operaie, anche se, quando si andava ai cancelli delle fabbriche con gli attori del Thtre du Soleil che mimavano scene sulle prigioni, eravamo ben accolti dagli operai: molti di loro avevano fatto un po di galera, come immigrati, o conoscevano qualcuno in prigione. Insomma, il mondo della prigione non era loro estraneo, non era pi il mondo morale del Lumpenproletariat, che era scomparso Ci confrontavamo invece con problemi di identit, con lotte nuove sui diritti identitari, perch le persone con cui avevamo a che fare non erano solo detenuti, ma anche immigrati, consumatori di droga, etc. Ci trovavamo con i travestiti e i problemi affrontati in prigione dagli omosessuali, ci trovavamo con le donne in prigione, la cui storia non la stessa di quella degli uomini in prigione (diversi i reati, diversi i maltrattamenti, diversa la solitudine), e quindi non ricomponevamo tutte queste poste in gioco allinterno delle grandi lotte proletarie, ma incitavamo nuove lotte della societ intorno alle questioni di identit, di genere, di sessualit, ed eravamo in tuttaltro registro di lotte quindi vero che ci siamo trovati, Foucault ed io, in un momento di inventivit di comportamenti militanti, in un momento cardine delle lotte, e che vi abbiamo contribuito!
Traduzione dal francese a cura di Laura Cremonesi e Daniele Lorenzini

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Will to Truth and Militant Practice in Michel Foucault In this interview, Daniel Defert discusses the first series of Michel Foucaults lectures at the Collge de France, Leons sur la volont de savoir, and describes the militant activity of Foucault in the G.I.P. (Groupe dinformation sur les prisons). Keywords: Foucault, Truth, Nietzsche, Deleuze, Critique, G.I.P., Militancy.

Saggi

Retenons donc nos larmes.


Silvia Chiletti

Riletture e polemiche intorno alla conferenza Che cos un autore? di Michel Foucault

Qualche anno fa, alla pagina culturale di un noto quotidiano italiano,

compariva un articolo dal titolo altamente drammatico: Noi scrittori uccisi da Foucault. Larticolo in questione porta la firma di un noto romanziere e giornalista irlandese, John Banville, il quale prende di mira, cos come si evince gi dal titolo, il nome e la figura di Michel Foucault in quanto principale responsabile della cosiddetta morte dellautore. Banville si interroga, non senza una certa ironia, sul fenomeno di sparizione delle figure autoriali allinterno del panorama dinteresse della critica letteraria e filosofica ispirata dalla cultura francese del ventesimo secolo; punta il dito contro il processo di annullamento dellindividualit, cos come dellautorit, degli scrittori, declassati da creatori delle proprie opere a strumenti di esse e, addirittura, di un linguaggio anonimo che li sovrasta, facendoli parlare. Fornendo una sorta di caricatura del pensiero di Foucault, il quale avrebbe reso ogni autore schiavo di un anonimato impersonale, le parole di Banville non lasciano spazio a eufemismi: egli definisce sinistra la campagna intellettuale di Foucault e di molti altri fanatici delle paludi accademiche di circa una generazione fa1. Banville non di certo il primo a scagliarsi contro Foucault a tal proposito: a partire dagli anni Ottanta una nutrita schiera di intellettuali, appartenenti per lo pi allambito accademico anglosassone, hanno rivolto lo stesso tipo di attacco al filosofo francese2. A dare adito al sollevarsi delle
J. Banville, Noi scrittori uccisi da Foucault, in La Repubblica, 23 giugno 2009, pp. 42-43. Per una panoramica generale sulle teorie dellautore nella critica letteraria contemporanea e sullinfluenza del pensiero francese allinterno di essa si vedano J.V. Harari (a cura di), Textual Strategies. Perspectives in Post-Structuralist Criticism, Cornell University Press, Ithaca 1979 e A. Brunn, Lauteur, Flammarion, Paris 2001. 2 Tra questi: H. Sluga, Foucault, the Author and the Discourse, in Inquiry. An Interdisciplinary Journal of Philosophy, vol. 28 (1985), pp. 403-415; P. Lamarque, The Death of the Author. An Analytical Autopsy, in British Journal of Aesthetics, vol. 30 (1990), pp. 319-331; S. Burke, The Death and the Return of the Author. Criticism and Subjectivity
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 159-178.

160 Silvia Chiletti polemiche sono state le parole pronunciate da Foucault nella conferenza dal titolo Quest-ce quun auteur ?, tenuta dal filosofo il 22 febbraio del 1969 al Collge de France davanti alla Socit franaise de philosophie e ripetuta lanno successivo alluniversit di Buffalo, negli Stati Uniti3. Oggetto particolare della polemica sarebbe la celebre frase, che Foucault pronuncia aprendo e chiudendo la conferenza, citando le parole di Samuel Beckett: Che importa chi parla?4. Tali parole propugnerebbero irrevocabilmente, secondo i critici, una filosofia dellindifferenza totale rispetto alla figura, allautorit e alla responsabilit del romanziere, del poeta o pi in generale dello scrittore, lirrilevanza del soggetto scrivente rispetto alla propria produzione e al circolare anonimo e indifferente dei discorsi. tuttavia abbastanza curioso, a mio avviso, che lobiettivo polemico principale di coloro che rivendicano uno statuto importante per la figura dellautore sia proprio Michel Foucault, dal momento che egli non stato di certo lunico, n tantomeno liniziatore di questo preteso rito funerario nei confronti dellautore. Nel 1968, ad esempio, un anno prima della conferenza Quest-ce que unauteur ?, compariva sulla rivista francese Tel Quel larticolo di Roland Barthes La mort de lauteur, destinato anchesso a suscitare un certo scalpore per aver per primo annunciato la destruction de toute voix, de toute origine5 nel linguaggio anonimo dellcriture contemporanea. Basterebbe considerare i titoli dei due interventi per supporre che il colpo di spada pi efferato, nei confronti della tradizione, sia stato inferto da Barthes piuttosto che da Foucault il quale, interrogandosi su Che
in Barthes, Foucault and Derrida, Edinburgh University Press, Edinburgh 1998; D.W. Foster, In the name of the Author, in New Literary History, vol. 33 (2002), n. 2, pp. 375-396; A. Wilson, Foucault on the Question of the Author. A critical Exegesis, in The Modern Language Review, vol. 99 (2004), n. 2, pp. 339-363. 3 M. Foucault, Quest-ce quun auteur ?, in Dits et crits I, 1954-1975, Gallimard, Paris 2001, pp. 817-849; trad. it. Che cos un autore?, in M. Foucault, Scritti letterari, a cura di C. Milanese, Feltrinelli, Milano 2004 (1971), pp. 1-22. Per ragioni di completezza, nel seguito dellarticolo utilizzer anche la versione originale francese, in quanto comprende anche le variazioni introdotte nella conferenza pronunciata da Foucault lanno successivo a Buffalo, cos come il dibattito successivo alla conferenza stessa. Per quanto riguarda ledizione inglese, essa contiene invece gi incorporata la variante di Buffalo, ma non riporta il dibattito. Cfr. M. Foucault, What is an Author?, in J.V. Harari (a cura di), Textual Strategies. Perspectives in Post-Structuralist Criticism, Cornell University Press, Ithaca 1979, pp. 141-160. 4 S. Beckett, Krapps Last Tape and Embers, Fabers, London 1959; trad. it. Lultimo nastro di Krapp, in Teatro completo, Einaudi/Gallimard, Torino 1994, pp.179-191. 5 R. Barthes, La mort de lauteur, in Le bruissement de la langue, Seuil, Paris 1984, p. 61; trad. it. La morte dellautore, in Il brusio della lingua, Einaudi, Torino 1988.

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cos un autore?, risulta, almeno apparentemente, meno provocatorio rispetto allaffermazione della morte dellautore proclamata dal suo collega. Eppure, per molto tempo, con intento polemico o meno, i due testi sono stati assimilati, entrambi considerati come il riferimento di una presunta cultura letteraria postmoderna in rottura radicale con la tradizione degli studi umanistici. Oltre a ci, a dispetto di colui che ha pronunciato il verdetto di morte gi nel proprio titolo, il nome di Barthes, soprattutto negli ultimi tempi, sembra aver suscitato un minor sdegno, e molto meno di Foucault stato identificato come principale responsabile del tracollo degli autori-scrittori; a tal proposito si pu far notare, infatti, che gli articoli e i saggi polemici intorno alla figura dellautore non citano quasi mai Barthes senza citare anche Foucault, mentre troviamo interventi come quello appena menzionato di Banville che hanno di mira solo ed esclusivamente Foucault, cos considerato come il pi accanito seppellitore della figura dellautore. Si potrebbero poi individuare precursori ancora pi remoti della presunta campagna foucaultiana: basti pensare ai formalisti russi, forse i veri iniziatori della teoria letteraria della morte dellautore6; eppure nessuno dagli anni Ottanta in poi ha preso di mira klovskij attribuendogli questa pesante responsabilit. Perch dunque Foucault viene tuttora additato come il principale responsabile della sorte tragica del ruolo dellautore nel pensiero contemporaneo? Cercare una risposta a tale domanda non significa semplicemente mettere Foucault al riparo dalle accuse, bens provare a cogliere, innanzitutto, gli aspetti per i quali il suo discorso si rivelato pi dirompente agli occhi dei suoi interlocutori, quei momenti in cui, pi o meno provocatoriamente, egli ha colpito i punti nevralgici allinterno di un campo di sapere come quello delimitato dagli studi umanistici, costantemente attraversato da movimenti di trasformazione che plasmano continuamente nuovi contorni e nuove regole. Come vedremo, molte delle critiche rivolte a Foucault poggiano su basi comuni, basi che toccano le stesse fondamenta della pratica dello scrivere, del ruolo e dello statuto di uno scrittore, e finanche, potremmo dire, dellintellettuale. Cercheremo quindi di capire in che modo Foucault, attraverso le parole pronunciate in una conferenza di ormai quarantanni fa, ha preparato il terreno per un dibattito ancora cos vivo.
V. klovskij, Lart comme procd (1917), in T. Todorov (a cura di), Thorie de la littrature, Seuil, Paris 1965; trad. it. Larte come procedimento, in T. Todorov (a cura di), I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico, Einaudi, Torino 1968.
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162 Silvia Chiletti Diagnosi e profezia della morte dellautore Come Foucault stesso anticipa in apertura della conferenza, lanalisi del concetto di autore volta a chiarire e rispondere alle obiezioni mossegli in occasione di Le parole e le cose, opera di tre anni precedente, in cui il filosofo mette in atto una lettura storica delle forme della nostra cultura, utilizzando i nomi di certi autori in modo da suscitare le critiche da parte di diversi lettori. Nellopera in questione, Foucault sposta deliberatamente lattenzione rispetto alle determinazioni apportate dalle figure individuali dei singoli autori e delle singole opere, tradizionalmente concepiti come i momenti focali delle rotture e dei passaggi da un sapere a un altro, per concentrarsi sullanalisi dei discorsi, forme di sapere che attraversano il pensiero e le pratiche della nostra cultura, dotandosi di proprie regole di formazione dei concetti. Se loperazione portata avanti ne Le parole e le cose stata considerata come fortemente arbitraria da parte dei suoi critici, Foucault cerca ora di rispondere alle accuse mossegli mettendo in luce una serie di problemi che si riscontrano nel momento in cui si associa spontaneamente unopera allespressione volontaria di un soggetto individuale parlante o scrivente, cos definito autore. Di fronte a questo problema egli propone di considerare lidea fondamentale di una funzione-autore che si sostituisce allautore come individuo, costituendo piuttosto un ruolo, una funzione classificatoria che permette di raggruppare un certo numero di testi e dare loro un determinato statuto, fornire un principio di unit e coerenza a certe forme discorsive attraverso lindividualit di chi le enuncia. Letta da questa prospettiva, la funzione-autore pu esser definita, secondo le parole stesse di Foucault, come un modo di esistenza, di circolazione e di funzionamento di certi discorsi allinterno della societ7 e quindi come parte del metodo, definito archeologico, di analisi delle condizioni formali di pratiche discorsive specifiche. Considerata generalmente come il punto forte dellindividualizzazione nella storia delle idee, delle conoscenze, delle letterature nonch nella storia della filosofia e in quella delle scienze8, la nozione di autore dunque in realt molto pi complessa e diversificata di quanto non appaia a prima vista. Una prima rapida considerazione basta infatti a far notare che i modi attraverso cui un testo si rapporta a colui che lo ha scritto possono essere diversi, a seconda sia delle epoche che delle forme discorsive di cui fa parte. A tal proposito, Foucault individua alcuni momenti fondamentali
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M. Foucault, Che cos un autore?, cit., p. 9. Ivi, p. 2.

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che hanno segnato dei mutamenti nella nozione dautore: lautore come individuo emerge, ad esempio, nel momento in cui si instaura un regime di propriet per i testi, nel momento cio in cui diventa necessario un referente giuridico cui la legge possa fare appello in caso di violazione di certe norme; contrariamente ai benefici che lautore potr in seguito trarre dalla propria produzione, nel momento della sua apparizione tale categoria indissociabile dai rischi che essa comporta9. Oltre a questo aspetto, Foucault fa presente che lo statuto dellautore varia storicamente a seconda delle tipologie discorsive: basti infatti considerare che, prima del XVIII secolo, il nome dellautore era considerato come fondamentale per la circolazione dei discorsi scientifici in quanto garante del valore di verit dei propri contenuti, laddove, al contrario, i testi letterari circolavano perlopi anonimamente. Dopo questa soglia temporale e sino pi o meno allepoca contemporanea, la situazione, spiega Foucault, si pressoch ribaltata: il valore di unopera letteraria ha cominciato a legarsi in maniera sempre pi salda alla fama gi consolidata del nome di colui che lha prodotta, mentre laffermazione di una scoperta, una teoria o unopera scientifica, viene giudicata valida e innovativa attraverso criteri che prescindono dalle caratteristiche individuali di chi lha portata a termine10. Un altro aspetto problematico della funzione-autore, continua Foucault, riguarda quei casi in cui al nome di un autore non si associa semplicemente la produzione dei testi da lui scritti ma anche una teoria, una tradizione o unintera disciplina. Foucault si riferisce qui a quelli che lui stesso definisce fondatori (o instauratori) di discorsivit, autori quali ad esempio Freud e Marx, ma anche Omero, Aristotele, Ippocrate, Cuvier o Saussure che si trovano in una posizione transdiscorsiva, a cavallo cio tra forme discorsive differenti. La loro opera inaugura infatti un campo aperto di nuove possibilit discorsive, un campo indefinito di differenze, pi che di analogie, di sviluppi successivi di un discorso non riducibili semplicemente al concetto di influenza teorica o intellettuale o di derivazione scientifica, al punto che lopera dei cosiddetti fondatori si rivela come un termine di confronto costante per chi si colloca allinterno del campo da essi inaugurato. Anche in questo caso la figura del fondatore di discorsivit, spiega Foucault, non coincide semplicemente con lorigine di un discorso: tale fondatore rappresenta piuttosto un nodo allinterno di una pratica discorsiva, la quale, a un
Cfr. M. Woodmansee e P. Jaszi, The construction of authorship. Textual appropriation in law and literature, Duke University Press, DurhamLondon 1994. 10 Cfr. M. Foucault, Che cos un autore?, cit., pp. 14-19. Cfr. anche F. Grossmann, Lauteur scientifique. Des rhtoriques aux pistmologies, in Revue danthropologie des connaissances, vol. 4 (2010), n. 3, pp. 410-426.
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164 Silvia Chiletti certo momento storico, muta nei propri presupposti al punto da confluire negli enunciati di una soggettivit cui convenzionalmente si riconosce un ruolo di rottura, di innovazione o di scoperta11. In questo senso, la figura del fondatore di discorsivit non altro che il luogo dapertura di una serie di sviluppi discorsivi che sopravanzano continuamente la presunta origine che si individua in un autore. Se dunque lobiettivo principale della conferenza consiste nel fare il punto su un aspetto del lavoro archeologico rispetto alla problematicit della nozione, ci non toglie che lintervento di Foucault, come egli stesso suggerisce, possa essere considerato sotto unaltra chiave di lettura. Le parole di Foucault suggeriscono infatti, in determinati momenti della conferenza, una sorta di diagnosi sul presente della letteratura, o pi in generale della scrittura, intesa come linsieme indefinito dei generi e delle discipline che hanno come principio della propria pratica latto puro di scrivere12. Qui Foucault incontra la tendenza critica propria della letteratura a lui contemporanea, in aperta rottura rispetto allOttocento: laddove si studiava unopera letteraria per scoprire il volto nascosto dellautore, la sua individualit concreta e psicologica, nella letteratura contemporanea si fatta spazio in maniera sempre pi prorompente lidea che unopera non coincida con la forma di espressione di una soggettivit particolare, bens consista nellapertura di uno spazio in cui il soggetto scrivente non cess[a] di sparire13. Di qui la parentela tra la scrittura e la morte, attraverso una pratica dello scrivere intesa come esperienza di pensiero che si costituisce nel suo rapporto con limpensato, un pensiero del fuori14 in cui lo scrittore si
In questa prospettiva, la nozione di fondatore di discorsivit particolarmente feconda per la storia delle scienze umane; si veda ad esempio la riflessione che Foucault svolge intorno alla figura di Cuvier in La situation de Cuvier dans lhistoire de la biologie, in Dits et crits I, cit., pp. 898-934. Per uno studio pi recente che affronta tale questione metodologica in modo interessante, si veda anche J. Carroy e N. Richard, La dcouverte et ses rcits en sciences humaines : Champollion, Freud et les autres, LHarmattan, Paris 1998. 12 Cfr. M. Foucault, Les mots et les choses. Une archologie des sciences humaines, Gallimard, Paris 1966; trad. it Le parole e le cose. Unarcheologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano 1998 (1967), p. 324. 13 M. Foucault, Che cos un autore, cit., p. 3. 14 questo il titolo dellarticolo di Foucault consacrato allopera di Blanchot, comparso sulla rivista Critique nel 1966. Cfr. La pense du dehors, in Dits et crits I, cit., pp. 546-567. Foucault tratta del tema della morte in relazione alla scrittura in unintervista del 1968, incentrata proprio sulla pratica dello scrivere. Cfr. M. Foucault, Le beau danger. Entretien avec Claude Bonnefoy, Editions EHESS, Paris 2012, pp. 36 e ss. Sul rapporto tra Foucault e Blanchot si veda J.F. Favreau, Vertige de lcriture. Michel Foucault et la littrature (1954-1970), ENS ditions, Paris 2012, pp. 201-251.
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fonde completamente con lessere denso del linguaggio, sino a scomparire in esso e nello spazio da esso aperto. Forte del riferimento costante a Maurice Blanchot, Foucault rileva cos come lo scrivere, inteso come il luogo trasgressivo in cui il parlare intransitivo pu essere sperimentato, comporti inevitabilmente la morte dellautore, il sacrificio dei caratteri individuali del soggetto scrivente di fronte al dispiegarsi anonimo dellessere selvaggio e imperioso delle parole15. Il tema, che resta sullo sfondo durante tutta la conferenza, riemerge vigorosamente in conclusione della stessa, quando Foucault esprime una sorta di profezia sul futuro della funzione-autore, supponendo che, in bala delle trasformazioni storiche che hanno avuto luogo, essa possa mutare nella propria forma, complessit e finanche nella propria esistenza, sino a scomparire lasciando spazio alla pura circolazione delle parole in tutta la loro densit. La conferenza si chiude cos con la stessa domanda inaugurale, Che importa chi parla?, la quale rivelerebbe la fine del privilegio della soggettivit come fondamento originario dellenunciazione discorsiva, a vantaggio di unanalisi che si interroga piuttosto sulle forme che la soggettivit pu assumere allinterno della variabile complessit dei discorsi. Un tale scenario rivelerebbe la materialit propria della parola discorsiva nella sua contingenza storica, le caratteristiche di un gesto evenemenziale che non pu essere esaurito n dalla lingua con cui si esprime, n dal senso espresso. Certamente, a facilitare il congedo dalla centralit imperante dellautore e dalle interpretazioni in termini di soggettivit come interiorit nascosta, interviene il discorso gi consolidato dello strutturalismo, rispetto cui Foucault non di certo estraneo. La critica letteraria di matrice strutturalista ruota infatti intorno allidea di intransitivit della letteratura, principio che postula lassenza di un senso originario di cui lintenzione dellautore sarebbe la fonte, per dare spazio al proliferare di un linguaggio infinito, del quale la letteratura rinnova eternamente il commento. Il tema della sparizione dellautore nella pratica della scrittura riecheggia dunque indubbiamente alcune delle riflessioni di Roland Barthes intorno a La mort de lauteur. Laccostamento tra i due pensatori non di certo illecito se si considera la vicinanza intellettuale che li accomuna, in particolar modo negli anni Sessanta, avendo entrambi, tra laltro, collaborato attivamente alla rivista letteraria Tel Quel16. Lattenzione al linguaggio e ai suoi poteri daltronde un aspetto che accomuna la riflessione di Foucault alla linguistica strutturalista, cui Barthes fa riferimento nel proprio saggio. Se
Cfr. M. Foucault, Le parole e le cose, cit., p. 324. Cfr. P. Maniglier (a cura di), Le moment philosophique des annes 1960 en France, PUF, Paris 2011.
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166 Silvia Chiletti dunque indubbio che vi sia un terreno comune al pensiero foucaultiano e barthesiano, altrettanto inevitabile istituire una parentela, per lo meno semantica, tra la morte dellautore annunciata da Barthes e la morte delluomo, segnalata due anni prima da Foucault ne Le parole e le cose, la cui eco risuona nelle parole pronunciate da Foucault nella riflessione sulla figura dellautore. Per Barthes, cos come per Foucault, soggetto e autore incontrano un destino comune nel pensiero contemporaneo: lannullamento della propria capacit costituente e significante, da cui deriva il rifiuto dellanalisi e della spiegazione di unopera a partire da colui che lha prodotta, dal riferimento alla sua psicologia, individualit o biografia. Larticolo di Barthes ha una portata storica indubbiamente importante, principalmente legata al contesto culturale degli anni Sessanta. Esso pu senza dubbio essere letto come una sorta di manifesto della Nouvelle critique facente eco agli eventi del 68 e allimponente affermazione delle teorie strutturaliste negli studi di linguistica e di letteratura17. Lannuncio della morte dellautore, secondo Barthes, costituisce infatti il gesto affermativo della costituzione della teoria letteraria come disciplina autonoma, in particolar modo autonoma dalla storia e dalla psicologia, provvista di un oggetto di studio singolare e specifico: il testo. Se la nascita dellautore, secondo Barthes, un fenomeno concomitante alla scoperta dellindividuo nellepoca moderna, let contemporanea, caratterizzata dalla messa in discussione della soggettivit e del carattere antropologico delle scienze, ha invece prodotto un discorso letterario di cui gli autori, in quanto individui, non sono i principali artefici. In particolare, la linguistica ha mostrato come la figura dellautore non sia altro che un punto vuoto che lascia trasparire il linguaggio:
Lnonciation dans son entier est un processus vide, qui fonctionne parfaitement sans quil soit ncessaire de le remplir par la personne des interlocuteurs : linguistiquement, lauteur nest jamais rien de plus que celui qui crit, tout comme je nest autre que celui qui dit je : le langage connait un sujet, non une personne18.

Lautore, secondo Barthes, viene dunque sostituito dallo scripteur, cio il copista, il cui solo potere quello di mler les critures, de les contrarier les unes par les autres, de faon ne jamais prendre appui sur lune delles19.
Per unanalisi pi approfondita del testo di Barthes, cfr. A. Brunn, Lauteur, Flammarion, Paris 2001, pp. 152-157. 18 R. Barthes, La mort de lauteur, cit., p. 63. 19 Ivi, p. 65.
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Lidea, molto forte in Barthes, della riduzione dellautore alla semplice figura di colui che scrive, sembra in effetti riproporsi nellimmagine tratteggiata da Foucault allinizio della conferenza, quando questi evoca lannullamento del soggetto allinterno della pratica della scrittura20. Diversamente dal testo di Barthes, tuttavia, la conferenza di Foucault non pu essere considerata n come un manifesto n come lannuncio di una nuova teoria o corrente di pensiero, capace di delimitare un campo di studi gi esistenti. Come egli stesso puntualizza a pi riprese, la riflessione sulla nozione dautore, lungi dal fondare una teoria interpretativa del testo, intende piuttosto suggerire delle direzioni di lavoro, aprire cio uno spazio per un nuovo ambito di riflessione critica, sondandone le condizioni di possibilit. In tal senso, molto probabilmente, si pu cominciare a comprendere come mai leco delle parole di Foucault risuoni soprattutto a distanza dal momento in cui vennero pronunciate. Il riferimento esplicito allanalisi delle pratiche discorsive, la quale non coincide semplicemente con lapplicazione della linguistica agli altri ambiti del sapere umano, impone inoltre unulteriore presa di distanza rispetto alla posizione di Barthes o dello strutturalismo. Lanno in cui la conferenza viene pronunciata, il 1969, ci rimanda infatti direttamente alle problematiche affrontate ampiamente ne Larcheologia del sapere, opera che, da un lato, mira a chiarire alcuni assunti metodologici de Le parole e le cose, e dallaltro mette a punto un arsenale di concetti che rompe nettamente con le ricerche portate avanti durante gli anni Sessanta e, nello specifico, con le riflessioni intorno al linguaggio e la letteratura. Non un caso, dunque, che il riferimento allautore appaia nel momento in cui linteresse per il linguaggio viene sostituito da quello per il discorso, ovvero per le pratiche di circolazione e di appropriazione del sapere; la scelta di tale nozione, ad ogni modo, segna se non altro un distacco esplicito dalla chiave di lettura strutturalista, cos come dal riferimento alla linguistica, centrale invece nelle considerazioni di Barthes21. Lo scopo della conferenza di Foucault, cos come lui stesso si preoccupa di sottolineare, non dunque tanto proclamare la morte dellautore, bens interrogarsi sul processo della sua scomparsa, o meglio ancora individuare le possibilit analitiche che si dispiegano attraverso le forme
Nellintervista con Claude Bonnefoy, Foucault riprende proprio la distinzione di Barthes tra crivain e scripteur (o crivant), per collocare se stesso allinterno della seconda categoria. Cfr. M. Foucault, Le beau danger, cit., pp. 59-60. 21 Les linguistes, je le sais bien, ont dcouvert que le langage, ctait trs important parce quil obissait des lois, mais ils ont surtout insist sur la structure de la langue, cest--dire sur la structure du discours possible. Mais ce sur quoi je minterroge, cest sur le mode dapparition et de fonctionnement du discours rel, sur les choses qui ont t effectivement dites; M. Foucault, Le beau danger, cit., pp. 34-35.
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168 Silvia Chiletti discorsive che rientrano nella categoria della funzione-autore, sostituendosi allautore-individuo:
Ma evidentemente non basta ripetere, come affermazione vuota, che lautore scomparso. Ugualmente non basta ripetere indefinitamente che Dio e luomo sono morti duna morte comune. Bisognerebbe invece individuare lo spazio lasciato vuoto dallautore scomparso, seguire con lo sguardo la ripartizione delle lacune e delle crepe e scrutare i luoghi e le funzioni liberi che tale scomparsa ha reso visibili22.

Molto diverso, infine, il ruolo svolto dalla storicit della nozione stessa di autore. Secondo Barthes, la storia della figura dellautore conoscerebbe infatti un percorso a parabola: lautore nascerebbe come fenomeno concomitante alla scoperta dellindividuo nellepoca moderna e conoscerebbe il proprio apogeo nellOttocento e in particolare nel positivismo, quale trionfo dellindividualismo del pensiero occidentale, in concomitanza con il quale, come per una sorta di declino della parabola, si collocherebbe la nascita della letteratura. Il momento finale della parabola consisterebbe poi, nella storia tratteggiata da Barthes, con la letteratura contemporanea, e in particolare con la nascita degli studi di linguistica, la quale avrebbe portato alla morte della soggettivit scrivente e dellindividuo autore. La morte dellautore dunque, secondo Barthes, una sorta di svelamento finale, levento che si compie al termine di un percorso lineare organizzato teleologicamente intorno al presente e alle recenti scoperte delle scienze del linguaggio, che costituiscono la struttura portante della critica letteraria contemporanea. La storia della nozione di autore, secondo Foucault, invece ben lontana dallessere una storia lineare. Innanzitutto essa tiene conto, come si visto, delle differenze che si riscontrano nelle diverse tipologie discorsive, ragion per cui la sparizione, o la morte, dellautore sarebbe propria solamente di una certa modalit contemporanea dello scrivere e non di un approccio totalizzante della critica letteraria. Foucault guarda al proprio presente leggendolo certamente come il prodotto delle condizioni poste dal passato; tuttavia, egli rifiuta di considerarlo come il termine finale di una successione evolutiva fatta di scoperte e declini23. Si tratta piuttosto
M. Foucault, Che cos un autore?, cit., p. 6. In questo senso, la storia della nozione di autore riflette la concezione generale della storia (e dellarcheologia) secondo Foucault. Si vedano M. Foucault, Nietzsche, la gnalogie, lhistoire, in Dits et crits I, cit., pp. 1004-1024 e M. Potte-Bonneville, Michel Foucault, linquitude de lhistoire, PUF, Paris 2004.
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di una storia, potremmo dire, materiale del concetto di autore, in opposizione a una storia intellettuale, come quella delineata da Barthes: pi che procedere in associazione quasi parallela al cammino intellettuale di una soggettivit ideale, il concetto di autore, secondo Foucault, determinato in modo variabile dalle condizioni e dalle regole impersonali di circolazione dei discorsi. Per Foucault, quindi, la sparizione dellautore non un evento finale, consolidato e totalizzante, ma una sorta di episodio frammentario posto entro condizioni di possibilit strettamente legate alla posizione di una certa pratica della scrittura allinterno del sapere contemporaneo; una scrittura intesa non tanto come il luogo di unespressione estetica, bens, secondo un tema caro al Foucault degli anni Sessanta, come spazio di trasgressione, esperienza di sovvertimento delle condizioni di enunciazione del pensiero, un gioco che oltrepassa infallibilmente le proprie regole, passando cos allesterno24. In questo senso Foucault immagina, e in un certo senso profetizza, lesistenza di una modalit discorsiva in cui la funzione-autore possa essere assente. Attraverso tale diagnosi sulla pratica dello scrivere, Foucault si pone come in sospeso tra lattualit che sta constatando e che lo ingloba e unaltra epoca di cui si preannunciano i tratti, facendo cos del presente non il momento statico di una teleologia giunta al suo capolinea, ma una sorta di processo in continuo cambiamento, un episodio sottoposto a uninterrogazione e una storicizzazione costanti. La provocazione del gesto foucaultiano potrebbe stare dunque innanzitutto nellaver aperto un nuovo campo di studio, nellessersi posto come fondatore di una discorsivit nuova, attraverso una sorta di mise en abyme del suo stesso discorso: un discorso costituito da indefinite possibilit di applicazione e, allo stesso tempo, da un numero indefinito di differenze, anche sotto forma della critica, rispetto alla propria parola iniziale. Lordine dellautore Sino ad ora abbiamo provato a fare ulteriore luce sul testo della conferenza foucaultiana Quest-ce quun auteur ?, cos come sul contesto da cui prende le mosse, ivi incluso larticolo La mort de lauteur di Roland Barthes, da cui ciononostante Foucault si discosta in maniera piuttosto netta sia nei propositi che nei contenuti. Proveremo ora a sviluppare la nostra riflessione entrando nel vivo delle diverse critiche suscitate dal testo, in parti24

M. Foucault, Che cos un autore?, cit., p. 3.

170 Silvia Chiletti colare concentrandoci sulla domanda Che importa chi parla?, che apre e chiude la conferenza, costituendo dunque uno dei principali leitmotiv della riflessione foucaultiana. Il gesto sotteso dalla domanda che Foucault riprende da Beckett si dichiara sin da subito provocatorio, lasciando supporre che la questione dellautore non sia neutrale dal punto di vista di una politica del sapere, ovvero del ruolo e dellautorit degli scrittori cos come dello statuto della pratica dello scrivere allinterno della societ contemporanea. Foucault stesso, sin dalle prime battute della conferenza, sembra infatti spostare i termini della discussione da un mero approccio teorico verso un ambito pratico, nel momento in cui puntualizza che proprio lindifferenza nei confronti di colui che sta parlando costituisce il principio etico, forse il pi fondamentale, della scrittura contemporanea25. proprio questo passaggio cruciale ad aver suscitato la reazione sdegnata di molti critici, tra cui lo stesso John Banville, che interpretano tali parole come laffermazione dellautonomia e della separazione totale dello scrittore rispetto alla propria produzione, con la conseguente negazione dellautorit e della responsabilit dellautore sui propri scritti. Foucault promuoverebbe, secondo questi lettori, unetica dellindifferenza nei confronti dellautore, con tutte le conseguenze e i connotati morali e politici che il termine indifferenza comporta. Una delle critiche pi severe connotate in questo senso viene mossa da Sen Burke, critico letterario britannico, nella sua fortunata opera The Death and the Return of the Author. Criticism and Subjectivity in Barthes, Foucault and Derrida, pubblicata per la prima volta nel 1992. Le accuse di Burke si rivolgono specialmente alla categoria foucaultiana di fondatore di discorsivit, quale esempio lampante della fallacia del tentativo di Foucault di eliminare la rilevanza della figura autoriale: essa mostrerebbe, infatti, come il progetto foucaultiano secondo cui lanonimato del discorso occuperebbe un posto primario rispetto alla singolarit dellindividuo autore sia destinato allo scacco, se posto di fronte a questi grandi nomi cui Foucault stesso allude. Inoltre, lavere indicato proprio due figure chiave del sapere contemporaneo quali Freud e Marx, come esempio della categoria foucaultiana dei fondatori di discorsivit, mostrerebbe come, per una sorta di cavallo di Troia, la singolarit dellautore riemerga in maniera ancor pi vigorosa allinsaputa del lettore, sotto la forma dellideologia mascherata dallapparente anonimato del discorso. La critica di Burke considera la riflessione foucaultiana come una visione metafisica che riarticola i termini
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Ibidem.

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e la posizione della soggettivit rappresentata dallindividuo scrivente e delluniversale identificato con il discorso; a partire da tale presupposto, Burke deduce che il principio della responsabilit dello scrittore, non pi metafisico bens pratico-morale, nei confronti dei propri testi, sarebbe brutalmente negato da Foucault nel momento in cui afferma la sovranit dellanonimato del discorso e lindifferenza verso colui che parla. La responsabilit dellindividuo autore deve invece, secondo Burke, essere posta nuovamente al centro dellattenzione della critica, dal momento che un testo comporta necessariamente unautorit di cui qualcuno deve farsi carico: ricostruire i tratti dellautore, della sua opera e della soggettivit diventa fondamentale proprio allinterno di una pratica di anti-autoritarismo, di smascheramento dellideologia che si cela dietro lapparente anonimato dei testi26. Molto simile la critica mossa pi recentemente da Adrien Wilson, storico della scienza e teorico della letteratura gi autore di una polemica antifoucaultiana a proposito di Nascita della clinica27 il quale riprende diversi punti del testo di Sen Burke al fine di dimostrare lincoerenza e lintenibilit della posizione che Foucault esprime nella conferenza. Contro quella che egli definisce la teoria foucaultiana dellautore, Wilson, in modo consonante alla critica di Burke, attacca principalmente il concetto foucaultiano di discorso, categoria trascendentale che ipostatizzerebbe arbitrariamente lannullamento dellindividualit dellautore e lanonimato che ne deriva28. Nellinterpretazione data da Wilson, Foucault, tramite la sua nozione di funzione-autore, avrebbe infatti reso la figura dellautore un puro costrutto interpretativo operato dal lettore, unentit costruita distinta dallindividuo storico-empirico che ha, effettivamente e materialmente, scritto unopera o un testo29. Cos facendo, egli avrebbe dunque cancellato lindividualit dellautore trasformandolo da un chi? verso cui il filosofo riserva la propria indifferenza a un che? il che? del titolo della stessa conferenza e dellimpersonalit del discorso incarnato dalla funzione-autore , dimenticando tuttavia che nellapproccio comune ai testi non possibile non fare i conti con gli autori in quanto individui, portatori di una singolarit e di un nome proprio, dal momento che it is precisely as a person that the authorS. Burke, The Death and Return of the Author, cit., pp. 78-89. Cfr. A. Wilson, Porter versus Foucault on the Birth of the Clinic , in R. Bivins e J. Pickstone (a cura di), Medicine, Madness and Social History. Essays in Honour of Roy Porter, Palgrave Macmillan, London 2007, pp. 25-35. 28 Si veda anche la critica di Burke in The Death and Return of the Author, cit., pp. 89 e ss. 29 A. Wilson, Foucault on the Question of the Author, cit., p. 350.
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172 Silvia Chiletti figure is constructed30. Daltronde, sostengono sia Wilson che Burke, la stessa conferenza foucaultiana densa di rimandi ai nomi di autori importanti, tra cui, oltre ai gi citati Freud e Marx, figura anche il nome di Beckett, senza il riferimento al quale la famigerata frase Che importa chi parla? non sortirebbe di certo lo stesso effetto. Se considerassimo la conferenza Quest-ce quun auteur ? come lesposizione di una teoria dellautore, fondata sul principio metafisico della sovranit del discorso anonimo rispetto alla soggettivit individuale, in effetti ci troveremmo di fronte allopposizione che vede, da un lato, una forma di analisi riservata a certe tipologie dautore, i fondatori di discorsivit come Freud e Marx, e dallaltro lato invece laffermazione ambigua e apparentemente contraddittoria dellindifferenza verso colui che scrive. Sarebbe tuttavia una forzatura interpretare la conferenza come lesposizione di una teoria, e a maggior ragione una teoria metafisica, di cui i diversi esempi citati non sarebbero altro che applicazioni dirette o corollari. Come si detto in precedenza, infatti, la conferenza costituita da un insieme di spunti e riflessioni metodologiche che si sviluppano intorno a due tematiche fondamentali che, per quanto legate fra loro, non rappresentano lenunciazione esaustiva di una vera e propria teoria, o di un sistema metafisico, quanto una serie di direzioni di lavoro, o percorsi danalisi, riferiti a diversi ambiti delle forme del sapere. Questo aspetto sicuramente la fonte principale dei fraintendimenti suscitati nei lettori della conferenza, dal momento che i due temi principali, da un lato la riflessione sul ruolo della scrittura come pratica, dallaltro lato il ruolo del soggetto individuale nellanalisi delle forme discorsive, non sono esattamente sovrapponibili. Tuttavia, pi che ricostruire la coerenza interna del discorso foucaultiano nel passaggio dallo studio del linguaggio e della scrittura a quello del discorso, utile cercare di tratteggiare qualche filo conduttore, alcune poste in gioco comuni ad entrambi gli ambiti31. Ritorniamo dunque al contenuto principale della critica, ovvero a quanto concerne la presunta indifferenza verso gli scrittori che Foucault difenderebbe. A tal proposito, bene ricordare che Foucault stesso, subito dopo aver affermato che lindifferenza il principio etico fondamentale
Ivi, pp. 358-360. La stessa critica viene mossa anche da Banville: Per Foucault, come per molti altri fanatici delle paludi accademiche di circa una generazione fa, la risposta alla domanda di Beckett non tanto un chi bens un cosa (Noi scrittori uccisi da Foucault, cit., p. 42). 31 In questo senso opera anche la lettura di Judith Revel, che individua una linea di continuit tra gli scritti foucaultiani degli anni Sessanta sulla letteratura e le riflessioni portate avanti negli anni Settanta intorno al binomio sapere/potere. Cfr. J. Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri, Roma 1996.
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della scrittura contemporanea, chiarisce il senso della parola etico da lui utilizzata. Tale termine designerebbe non tanto il tratto che caratterizza la maniera di parlare o scrivere, quanto piuttosto una sorta di regola immanente, sempre ripresa e mai applicata del tutto, ma che la domina come prassi32; non tanto quindi la relazione che lindividuo intrattiene con la propria opera, bens la modalit stessa con cui lo scrittore considera se stesso nel gesto e nella pratica dello scrivere. Dato questo primo chiarimento, possiamo provvisoriamente escludere che Foucault intenda affermare lirresponsabilit o la separazione totale dellautore rispetto al proprio testo: al contrario, egli indica qui, senza dubbio aderendovi, un principio pratico secondo il quale, in un frammento storico-culturale quale quello della scrittura contemporanea, in cui la circolazione dei libri e dei testi strettamente legata al nome dei loro autori, colui che scrive miri ad annullare la propria individualit nella materialit della parola scritta. Per comprendere meglio tale proposito, si consideri la breve variante introdotta lanno successivo a Buffalo, negli Stati Uniti, in cui Foucault affronta la questione dello statuto ideologico dellautore, vera e propria funzione votata a scongiurare la proliferazione infinita dei significati dei testi. Lautore, in questo senso, non sarebbe altro che un principio di rarefazione (secondo la terminologia gi usata da Foucault nei contributi pi o meno coevi) e di controllo nellenunciazione del discorso.
Lauteur rend possible une limitation de la prolifration cancrisante, dangreuse des significations dans le monde o lon est conome non seulement de ses ressources et richesses, mais de ses propres discours et de leurs significations. Lauteur est le principe dconomie dans la prolifration du sens33.

Si tratta di tematiche facilmente riagganciabili alle questioni poste allinterno de Larcheologia del sapere, opera coeva alla conferenza, in cui Foucault si interroga sui princpi di rarefazione discorsiva che fanno s che, allinterno di un campo aperto dalle possibilit enunciative di una lingua, solo alcuni enunciati abbiano avuto effettivamente luogo34. La questione
M. Foucault, Che cos un autore?, cit., p. 3. M. Foucault, Quest-ce quun auteur ?, cit., p. 839. 34 Si studiano gli enunciati nel limite che li separa da ci che non viene detto, nellistanza che li fa nascere ad esclusione di tutti gli altri (M. Foucault, Larchologie du savoir, Gallimard, Paris 1969; trad. it. Larcheologia del sapere, Rizzoli, Milano 1971, p. 160). Da notare che, nellopera qui in questione, Foucault individua come principio di rarefazione discorsiva proprio la modalit enunciativa espressa attraverso la soggettivit, ovvero la domanda, che riecheggia le questioni nietzscheane poste nella Genealogia della morale, sul
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174 Silvia Chiletti della soggettivit enunciante, ovvero della figura individuale dellautore, rivelerebbe proprio quel principio di economia che lega la parola a rapporti di potere e di controllo sulla circolazione discorsiva. In termini ancora pi espliciti, nella lezione inaugurale al Collge de France, Foucault arriva a paragonare la scrittura a una forma di assoggettamento, attivit la cui regola immanente di comportamento quella dellinterpretazione, del porre argine al senso, impedendo alla dimensione aleatoria del discorso di dispiegarsi. Proprio lautore, considerato, naturalmente, non come lindividuo parlante che ha pronunciato e scritto un testo, ma bens lautore come principio di raggruppamento dei discorsi, come unit e origine dei loro significati, fulcro della loro coerenza35, costituisce una delle forme pi comuni di tale assoggettamento del discorso. In questo senso, sempre nella variante della conferenza pronunciata a Buffalo, Foucault arriva a immaginare, in un modo che egli stesso definisce puramente romantico, una cultura in cui i discorsi possano circolare liberamente senza lattribuzione a una figura individuale che risulti in qualche modo vincolante36. Tale immagine, per quanto romantica, presente nei diversi momenti della variegata produzione foucaultiana in cui il filosofo esprime un interesse particolare nei confronti dellanonimato della scrittura. Basti pensare alla celebre frase che chiude lintroduzione allArcheologia del Sapere: pi duno, come faccio io senzaltro, scrive per non avere pi volto. Non domandatemi chi sono e non chiedetemi di restare lo stesso: una morale da stato civile; regna sui nostri documenti. Ci lasci almeno liberi quando si tratta di scrivere37. O ancora allesordio della lezione inaugurale al Collge de France, quando Foucault annuncia al proprio pubblico il desiderio di lasciarsi avvolgere dalla parola, piuttosto che di prendere la parola, lasciando parlare una voce senza nome [che] mi precedeva da tempo38. In maniera ancora pi esplicita, possiamo poi leggere unintervista comparsa su Le Monde nel 1979, la quale, sotto condizione posta da Foucault stesso, viene pubblicata anonima:
Chi parla?: Chi si chiede Foucault , nellinsieme di tutti gli individui che parlano, autorizzato a tenere questo tipo di linguaggio? Chi ne titolare? Chi riceve da esso la sua singolarit, il suo prestigio, e chi da esso a sua volta riceve in cambio se non la sua garanzia, per lo meno la sua presunzione di verit? (M. Foucault, Larcheologia del sapere, cit., p. 68). Per quanto riguarda la domanda nietzscheana, si veda altres M. Foucault, Nietzsche, Freud, Marx, in Dits et crits I, cit., pp. 592-607, in particolare pp. 601-602. 35 M. Foucault, Lordre du discours, Gallimard, Paris 1971; trad. it. Lordine del discorso, Einaudi, Torino 1972, p. 14. 36 M. Foucault, Quest-ce quun auteur ?, cit., p. 839. 37 M. Foucault, Larcheologia del sapere, cit., p. 25. 38 M. Foucault, Lordine del discorso, cit., p. 4.

Retenons donc nos larmes 175 Cest une manire de madresser plus directement au lecteur spiega Foucault le seul personnage ici qui mintresse : puisque tu ne sais pas qui je suis, tu nauras pas la tentation de chercher les raisons pour lesquelles je dis ce que tu lis ; laisse toi aller te dire tout simplement : cest vrai, cest faux. a me plat, a ne me plat pas. Un point, cest tout39.

Nella stessa intervista, Foucault propone poi come una sorta di gioco la possibilit che pendant un an, on diterait des livres sans nom dauteur, possibilit cui allude nuovamente in unaltra intervista del 1984, in cui esprime laugurio di vedere istituita una legge sulla stampa che sancisca la prohibition dutiliser deux fois le nom de lauteur, avec en plus le droit lanonymat et au pseudonyme, pour que chaque livre soit lu pour lui-mme40. dunque alla luce della concezione della scrittura come assoggettamento che possiamo meglio capire cosa intenda Foucault a proposito dellindifferenza nei confronti dellautore: essa rappresenterebbe un gesto di liberazione dalle leggi costrittive della parola normativa, dalle condizioni di enunciazione proprie della nostra episteme, nellottica di una libera circolazione dei significati dei testi, delle modalit di comprensione, interpretazione e azione. La pratica dellanonimato, o anche dello pseudonimo, che Foucault cita e utilizza in diversi momenti del suo prendere la parola, non costituisce quindi un rifiuto a identificarsi con il proprio testo, bens il rifiuto di identificare la propria opera al nome gi noto dellautore Michel Foucault, con tutte le conseguenze anche di risonanza mediatica e sociale che ne derivano, al fine di una trasmissione diretta delle idee e delle parole, che arriverebbero al lettore senza il filtro di potere rappresentato dallindividualit di chi scrive. In tal modo, inoltre, Foucault mette esplicitamente in discussione la pratica stessa della scrittura, mostrando come le caratteristiche di autonomia e trasgressivit che le sono riconosciute non siano altro che il prodotto di una contingenza storica e delle trasformazioni delle regole discorsive. Proprio questo aspetto, molto probabilmente, pu risultare particolarmente inviso agli scrittori, in quanto fa traballare la figura dellautore nella sua posizione stabilita nel presente del sistema del sapere, nel suo ruolo garantito, riconosciuto e giustificato rispetto al resto della societ intellettuale e non41.
M. Foucault, Le philosophe masqu, in Dits et crits II, 1976-1988, Gallimard, Paris 2001, pp. 923-929, p. 925. 40 M. Foucault, Une esthtique de lexistence, in Dits et crits II, cit., p. 1554. 41 Foucault affronta pi direttamente questo argomento rispetto alla letteratura in unintervista svoltasi a Tokyo nel 1970. Cfr. M. Foucault, Folie, littrature et socit, in Dits et crits I, cit., pp. 975 e ss.
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176 Silvia Chiletti La domanda provocatoria Che importa chi parla?, cos come lidea di un mondo senza autori, ovvero senza i vincoli del potere che ora delimitano la pratica della scrittura, non condurrebbe dunque ad affermare unetica dellindifferenza, bens ad immaginare costantemente una pratica di resistenza alla parola normativa, nel tentativo incessante di aggirare o resistere al potere associato alla presa di parola e alla scrittura. Foucault, quindi, non elimina la questione della soggettivit scrivente, ma propone di considerarla sotto una nuova angolazione, quella di un interrogativo costante dei rapporti tra il soggetto e le posizioni discorsive da cui questi prende la parola42. La questione del rapporto tra lindividuo e la propria opera non verrebbe eliminata bens riscritta: la pratica dellanonimato porterebbe lindividuo a coincidere con la propria opera e a far coincidere la stessa attivit dello scrivere con il gesto trasgressivo e dirompente dellirruzione dello spessore della parola allinterno della catena dei discorsi. Se dobbiamo quindi ora provare a rispondere alla domanda iniziale che ci siamo posti, intorno alle ragioni per cui alla figura di Michel Foucault sia stata attribuita, in modo particolare negli ultimi anni, la responsabilit principale nellaver contribuito alla morte degli autori, le ipotesi conclusive possono essere diverse, e non certo esaustive. In primo luogo, si pu riflettere su come la conferenza foucaultiana abbia fornito innumerevoli spunti per unampia serie di lavori pluridisciplinari che si collocano sotto il suo segno, studi effettuati soprattutto in ambito anglosassone laddove, non a caso, hanno origine anche le critiche pi efferate mosse a Foucault43. In questo senso, Foucault stato, per utilizzare una categoria da lui stesso coniata, il fondatore di una nuova discorsivit intorno alla figura dellautore e in tal senso il suo nome riverbera ben al di l dei semplici contenuti dei suoi testi, continuando ad essere al centro di riprese e polemiche. Si visto inoltre come le parole di Foucault, che apparentemente si limitano a un interrogativo intorno al ruolo e alla categoria dellautore,
Cfr. J. Oksala, From the Death of the Author to the Freedom of Language. Foucault on Literature, in Acta Philosophica Fennica, n. 79 (2006), pp. 191-201, pp. 198-199. 43 I lavori che si ispirano alla concezione foucaultiana dellautore sono moltissimi e attraversano diversi campi disciplinari. Ne cito dunque solo alcuni a titolo di esempio: J. Caughie, Theories of Authorship, Routledge, London 1981; M. Biriotti e N. Miller, What is an Author?, Manchester University Press, Manchester 1993; C. Benedetti, Lombra lunga dellautore. Indagine su una figura cancellata, Feltrinelli, Milano 1999; N. Jacques-Lefvre e F. Regard (a cura di), Une histoire de la fonction-auteur est-elle possible?, Publications de lUniversit de Saint-tienne, Saint-tienne 2001.
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abbiano in realt una portata alquanto dirompente. Il principale gesto provocatorio messo in atto da Foucault sta nellaver legato indissolubilmente la parola scritta, e in generale il sistema del sapere tradizionalmente concepito come separato e contrapposto alla sfera del potere , a meccanismi di controllo che le sono propri, meccanismi propri delle relazioni di potere che Foucault studier pi nel dettaglio negli anni successivi, ma che gi trovano una prima definizione nello studio delle formazioni discorsive. Di converso, e in modo altrettanto provocatorio, tale gesto non fa altro che porre al vaglio della critica lidea che la presa di parola da parte di un autore possa avere un valore, o un interesse, allinterno della nostra cultura, a prescindere da un interrogativo costante sulla stessa pratica dello scrivere. Il gesto di Foucault un gesto che egli stesso, in un altro momento, definir dissacrante: pur riconoscendo la scrittura come possibile ambito per unesperienza della trasgressione, egli ne contesta la dimensione di quasi sacralit che le viene attribuita dalla nostra cultura, dal momento che impone a tale pratica limperativo della riflessione costante e dellanalisi discorsiva del proprio presente44. In tal senso si pu leggere anche la personale diffidenza che Foucault ha sempre dimostrato nellidentificarsi con la figura dellintellettuale engag in voga negli anni Sessanta, proponendosi invece di ripensare i rapporti tra lo studioso, o il filosofo, e la presa di parola pubblica, anche attraverso la scrittura45. Retenons donc nos larmes: cos Foucault commenta, durante il dibattito che segue la conferenza, le proprie affermazioni sulla morte delluomo e dellautore, consapevole delle reazioni che hanno potuto e che possono suscitare. Pi che decretare la morte degli scrittori, Foucault lascia dunque loro un compito alquanto gravoso, proprio quel compito che sembrerebbe non appartenere al campo apparentemente autonomo e protetto della scrittura: il compito di interrogarsi costantemente sul presente delle proprie condizioni discorsive e sui rapporti che la pratica dello scrivere intrattiene con esso.
Silvia Chiletti Centre Alexandre Koyr - Histoire des sciences et des techniques, Paris s.chiletti@gmail.com

M. Foucault, Le beau danger, cit., p. 28. Su questo aspetto si veda lintroduzione di Philippe Artires, Faire lexprience de la parole, in M. Foucault, Le beau danger, cit., pp. 7-22.
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178 Silvia Chiletti

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Retenons donc nos larmes. Re-readings and Polemics around Michel Foucaults Lecture What is an Author? The paper focuses on the critical reception of Michel Foucaults lecture What is an Author? by academics and writers, especially in the Anglo-Saxon world. Specifically, it focuses on Samuel Becketts phrase What does it matter who is speaking?, quoted by Foucault at the beginning and at the end of his 1969 lecture. The paper shows what separates the Foucauldian concept of author from Roland Barthes theory of the death of the author, and thus identifies two distinct but not unconnected perspectives under which the lecture can be read. Firstly, the point of view of the Foucauldian archaeology, a concept that Foucault developed during the same years, distancing himself from structuralism. Secondly, the reflections on writing (criture) as a practice, a theme constantly present until Foucaults last works. The confusion of these two readings, even if they are not unconnected, could be at the origin of the contentious reactions. Keywords: Foucault, Author, John Banville, Roland Barthes, Writing, Anonimity.

Dissidenza e stile desistenza.


Caterina Croce

La prospettiva della cura tra Jan Patoka e Michel Foucault

Marc Richir, nella sua Prefazione alledizione francese di Quest-ce que la

phnomnologie ? di Jan Patoka, sostiene che la nozione di cura dellanima promossa dal filosofo cco nomini una pratica ben diversa da unegoistica cura di s1. Come ha sostenuto Arpad Szakolczai2, le parole di Richir sembrano alludere criticamente alle ricerche sulla cura di s svolte da Michel Foucault nella fase finale della sua riflessione. In queste pagine vorrei interrogarmi sulla distanza che corre tra la nozione patokiana di cura dellanima e le indagini foucaultiane sulla cura di s, poich ritengo che gli studi sviluppati dai due autori possano convergere in una prospettiva comune che consente a noi, oggi, di tornare a riflettere sul rapporto tra etica e politica. Le ricerche sulla cura, condotte da due autori tanto diversi per esperienze di vita e interessi teorici, potrebbero costituire delle direttrici utili per orientarci in unepoca, la nostra, che sembra aver smarrito lorizzonte dellazione comune. La prospettiva della cura potrebbe aiutarci a delineare i vettori lungo i quali le prassi etiche, che i singoli ingaggiano con se stessi, entrano in rapporto con la politica, giungendo a riformulare i termini della responsabilit collettiva. Lambivalenza di una pratica che insieme impegno e presa di distanza, partecipazione emotiva e interesse cognitivo, invito alla coerenza e consapevolezza dellopacit del reale, pu forse aiutarci ad articolare il rapporto tra ethos inteso come atteggiamento, presa di posizione, stile di vita e nomos, evitando che le disaffezioni dellantipolitica inducano a rifugiarsi nellintimit delloikos.
Il est toujours possible de penser malgr les pressions et les censures des Pouvoirs en place. Il y faut [] ce soin de lme dont Patoka a si bien parl propos de Platon, et qui est tout autre chose quun goste souci de soi; M. Richir, Prface, in J. Patoka, Quest-ce que la phnomnologie ?, Millon, Grenoble 1988, p. 14. 2 Though not mentioning Foucault by name, Marc Richirs Preface to a collection of essays by Patoka makes some evident hidden remarks against Foucault; A. Szakolczai, Thinking Beyond the East-West Divide. Foucault, Patoka, and the Care of the Self, in Social Research, vol. 61 (1994), n. 2, p. 318.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 179-204.

180 Caterina Croce Non sar qui possibile tematizzare in modo approfondito gli elementi di distanza e di criticit che separano la prospettiva di Patoka da quella di Foucault. Tuttavia, mi sembrano necessarie almeno due precisazioni. Innanzitutto, occorre tenere presente che la stessa appartenenza di Patoka al movimento fenomenologico introduce alcuni elementi di dissonanza nel nostro tentativo di avvicinare le ricerche dei due filosofi. Com noto, infatti, Foucault attraverso la lettura dei testi nietzscheani, linflusso dello strutturalismo e dellepistemologia di Canguilhem, lesperienza letteraria con Blanchot, Bataille e Roussel arriva a prendere le distanze dalla fenomenologia che aveva influenzato limpianto teorico della sua formazione, tanto da riconoscere in essa uno dei propri principali bersagli polemici. Per riassumere una questione assai ampia e complessa, potrebbe essere utile richiamare quanto afferma Remo Bodei nella sua Introduzione a Discorso e verit nella Grecia antica. Egli mostra, infatti, come Foucault si sia mosso in una direzione diversa da quella dellambiente filosofico della sua formazione: se lesistenzialismo riformulato su basi fenomenologiche di Sartre e di Merleau-Ponty poneva al centro della riflessione un soggetto circondato dalla distruzione ma ancora capace di edificare un senso a partire dai cumuli di macerie, Foucault non si affida pi alla centralit del soggetto: Sposta lasse delle sue indagini dalla filosofia del soggetto alla genealogia del soggetto moderno, dai drammi dellinteriorit alle tecniche di s. Passa dal conosci te stesso! al modifica te stesso! e, da ultimo, al governa te stesso3. Sulla scorta delle parole di Bodei, potremmo avviare la nostra indagine tenendo presente che Patoka, per quanto forzi la semantica della sogR. Bodei, Introduzione, in M. Foucault, Discorso e verit nella Grecia antica, Donzelli, Roma 1996, p. XI. Nel corso di unintervista con Duccio Trombadori, quando questi gli chiede perch riconduca lesistenzialismo sartriano alle filosofie tradizionali, Foucault risponde: Anche in una filosofia come quella di Sartre era in fondo il soggetto che restituiva un senso al mondo. Questo punto non veniva messo in discussione. Era il soggetto ad attribuire i significati; D. Trombadori, Colloqui con Michel Foucault, Castelvecchi, Roma 1999, p. 46. Nella conferenza Soggettivit e verit, tenuta al Dartmouth College nel novembre del 1980, Foucault spiega che il suo tentativo di superare la filosofia del soggetto di stampo fenomenologico va ricondotto alla ricerca genealogica: Ho provato ad esplorare unaltra pista [rispetto a quella dello strutturalismo]: ho provato a uscire dalla filosofia del soggetto tramite una genealogia di tale soggetto, studiando la costituzione del soggetto attraverso la storia che ci ha portato fino al concetto moderno del s. [] In breve, lo scopo del mio progetto di costruire una genealogia del soggetto; il metodo unarcheologia del sapere, e il dominio preciso dellanalisi ci che definirei tecnologie vale a dire, larticolazione di certe tecniche e di certi tipi di discorso sul soggetto; M. Foucault, Sullorigine dellermeneutica del s, Cronopio, Napoli 2012, pp. 35-37.
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Dissidenza e stile desistenza 181

gettivit fino a tentarne una declinazione asoggettiva, sembra cionondimeno rientrare nel novero di quegli eredi della tradizione fenomenologica che, pur confrontandosi con la distruzione, pongono ancora al centro della loro riflessione un soggetto capace di edificare un senso a partire dai cumuli di macerie. Inoltre, va ricordato come Foucault stesso abbia segnalato la differenza fra il proprio approccio alla questione antica dellepimeleia e quello promosso da Patoka. Infatti, nel suo ultimo corso al Collge de France, Il coraggio della verit, Foucault fa esplicito riferimento allopera di Patoka, riconoscendo al filosofo cco il merito di essere uno tra i pochi autori contemporanei ad essersi interessato alla questione antica della cura4. Tuttavia, secondo Foucault, la propria ricerca articolata intorno alla nozione di epimeleia heautou, alla cura come messa alla prova, problematizzazione e stilizzazione del s divergerebbe da quella di Patoka, orientata invece allo studio dellepimeleia tes psychs, ossia dellanima sotto il profilo ontologico e gnoseologico. In breve, Foucault crede che Patoka si sia impegnato in una riflessione ontologica sullanima, mentre con le proprie ricerche egli vorrebbe occuparsi della questione del bios: della vita come esistenza singolare e plurale da qualificare. La mia impressione, tuttavia, che fra i due autori sia possibile individuare numerose aree di convergenza, prima fra tutte quella legata al tema della cura come postura etica, come pratica riflessa della libert, per dirla con Foucault5. La tentazione dicotomica6 che percorre gli ultimi scritti foucaultiani dovrebbe forse cedere il passo a unanalisi pi cauta che permetta di riconoscere nellanima patokiana il movimento stesso dellesistenza nella sua apertura ek-statica e asoggettiva. Le nozioni di bios e di psych restano inassimilabili sotto un profilo ontologico: il bios in Foucault allude allorizzonte immanente della vita, ladCfr. M. Foucault, Le courage de la vrit. Le gouvernement de soi et des autres II. Cours au Collge de France. 1984, trad. it. di M. Galzigna, Il coraggio della verit, Feltrinelli, Milano 2011, p. 130. 5 Cfr. M. Foucault, Lthique du souci de soi comme pratique de la libert, in Dits et crits II, 1976-1988, Gallimard, Paris 2001, pp. 1527-1548. 6 Frdric Gros suggerisce di chiamare tentazione dicotomica la tendenza presente negli ultimi scritti di Foucault ad attraversare il pensiero occidentale ricorrendo alla struttura della biforcazione: soprattutto nei corsi al Collge de France degli anni 80, egli individua una serie di snodi attorno ai quali costruisce dei giochi di opposizione tra due diverse opzioni teoriche, tra due diverse matrici spirituali, tra due diversi modelli di soggettivazione e cos via. Cfr. F. Gros, Platon et les cyniques chez Foucault, in L. Bernini (a cura di), Michel Foucault, gli antichi e i moderni. Parrhesa, Aufklrung, ontologia dellattualit, ETS, Pisa 2011, p. 65.
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182 Caterina Croce dove lanima di Patoka, seppur reintrodotta nelle pieghe della Lebenswelt e nella trama corporea dellesistenza7, reca traccia di un movimento spirituale di trascendenza. Tuttavia, entrambe le nozioni sono utilizzate dai nostri due autori per alludere alla necessit di non arrestare la dynamis dis-obiettivante8 e dis-assoggettante9 che, affrancando sempre di nuovo la vita dalla presa del potere e del sapere, scopre e reinventa la dimensione del comune. Cura e dissenso La tesi secondo cui gli studi foucaultiani sullepimeleia heautou possono offrire un nuovo punto prospettico da cui interrogare la prassi politica si scontra con quanto ha sostenuto Charles Taylor, secondo cui Foucault sarebbe uno dei responsabili dello scollamento tra condotta soggettiva e vita politica pubblica10. Secondo Taylor, i principi della cura di s e dellestetica dellesistenza avrebbero favorito forme di ripiegamento individualistico e di allontanamento dalla dimensione comunitaria: una forma di disimpegno narcisistico e gaudente. Mathieu Potte-Bonneville11 replica alle parole di Taylor sostenendo che una simile lettura non coglie lo spirito della riflessione foucaultiana, la quale, invece, avrebbe il merito di tracciare due movimenti fondamentali. Da un lato, essa ci permette di comprendere come la cura di s non sia una
Come scrive Simona Forti nel suo ultimo libro, la nozione di anima di Patoka non ripropone affatto un dualismo metafisico, ma si fa piuttosto occasione per un ripensamento del soggetto etico dentro il quadro di una teoria fenomenologica che ha rotto il legame con il trascendentalismo husserliano e che viene definita dal suo stesso autore una fenomenologia asoggettiva; S. Forti, I nuovi demoni. Ripensare oggi male e potere, Feltrinelli, Milano 2012, p. 333. 8 Patoka, nel suo scritto sul Platonismo negativo, intende liberare lIdea platonica da qualsiasi contenuto rappresentativo facendone uneccedenza, unulteriorit, che d a vedere i limiti del contingente. Egli arriva a definire lidea come forza di disobiettivazione e di de-realizzazione da cui prendono origine tutte le nostre capacit di lotta contro la realt pura e semplice che tenderebbe a imporsi a noi come legge assoluta, irrevocabile e insormontabile; J. Patoka, Le platonisme ngatif, in Libert et sacrifice. crits politiques, Millon, Grenoble 1990, p. 89. 9 Cfr. S. Catucci, Introduzione a Foucault, Laterza, RomaBari 2000, p. 122. 10 Cfr. C. Taylor, The Malaise of Modernity, trad. it. di G. Ferrara degli Uberti, Il disagio della modernit, Laterza, RomaBari 1999, in particolare il capitolo Lo slittamento nel soggettivismo, pp. 65-81. 11 Cfr. M. Potte-Bonneville, thique, in Id. e P. Artires, Daprs Foucault. Gestes, luttes, programmes, Les Prairies Ordinaires, Paris 2007, pp. 280-310.
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Dissidenza e stile desistenza 183

forma di distanziamento dalla politica, ma al contrario una sua messa in causa; dallaltro, ci consente di capire come questa piega soggettiva, attraverso problematizzazioni apparentemente estranee allordine della politica, faccia ritorno allo spazio pubblico, interpretando la sessualit, la follia o la malattia come altrettante maniere di porre questioni politiche condivise. La tesi di Potte-Bonneville, dunque, che lemergenza della cura di s assuma un valore eminentemente politico nella misura in cui le norme della condotta individuale diventano un luogo decisivo del confronto politico. Infatti, nel momento in cui Foucault problematizza la nozione di governo, rientra in gioco una nozione che era rimasta sullo sfondo delle sue precedenti riflessioni, ossia la nozione di libert. Con lanalisi delle strategie governamentali, il rapporto tra potere e libert si ridefinisce chiamando in causa letica, perch la maniera in cui lindividuo d forma alla propria libera attivit diventa il punto di investimento delle tecnologie politiche.
Lespace des comportements individuels devient le lieu dun affrontement et dun dsquilibre, irrductible lopposition entre soumission un pouvoir extrieur et libre dtermination de soi par soi, entre htronomie politique et autonomie morale12.

La cura di s sembra operare su quellorlo ibrido in cui lesercizio della propria libert si configura insieme come il punto di radicamento del potere e loccasione della sua contestazione. Essa, in altri termini, riguadagna sempre di nuovo quel terreno che le strategie di occupazione della vita erodono progressivamente. bene precisare che Foucault parla di occupazione della vita negli scritti dedicati a Solidarnosc, il movimento di dissidenza polacco. Se possiamo ricondurre a un dato biografico linteresse di Foucault per la Polonia lanno trascorso a Varsavia, tra il 1958 e il 1959, durante il quale scrisse Folie et draison. Histoire de la folie lge classique occorre tener presente lattenzione generale e costante che il filosofo dedica agli avvenimenti dellaltra Europa. Sembra, infatti, che i sistemi di potere sovietici rendano pi urgente che mai ci che Foucault ritiene necessario anche per lEuropa occidentale, ossia unanalisi dei sistemi sociali, degli organismi statali e dei meccanismi di potere che superi le leggi e il dogmatismo del materialismo dialettico13; una critica politica che non faccia pi leva sulla tradizione del socialismo14. In questo senso, si pu dire che lo sguardo quello che
Ivi, p. 297. D. Trombadori, Colloqui con Foucault, cit., p. 67. 14 M. Foucault, La torture, cest la raison, in Dits et crits II, cit., pp. 390-398.
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184 Caterina Croce Foucault rivolge ai paesi dellEst fosse reciproco: lanalitica del potere elaborata dal filosofo francese fornisce agli storici, ai sociologi, ai filosofi est-europei delle piste significative e inedite per esaminare la questione del potere, dei rapporti tra la societ e lo Stato, tra i saperi e lideologia. In breve, i pochi volumi di Foucault che riuscirono a circolare nei paesi satellite dellURSS (Nascita della clinica, La volont di sapere, Sorvegliare e punire) rappresentarono
des fentres grandes ouvertes sur lexigence de penser la complexit. Face aux litanies dun marxisme en bout de course, rig en dogme acadmique, mais aussi face aux trop grandes facilits lies lemploi passe-partout de la notion de totalitarisme, en vogue dans les annes 1980 parmi les opposants et dissidents de lEst ainsi que dans la sovitologie occidentale15.

Ma non sono solo i meccanismi di potere ad attirare linteresse di Foucault, vi anche laltro versante, quello della sollevazione16, del gesto di ribellione che introduce una discontinuit nel regolare funzionamento del potere. per questo che Foucault guarda con attenzione alle esperienze di dissidenza che sorgono nei paesi dellEst. Mi sembra significativo, in questo senso, che un primo riferimento a Patoka si trovi gi nelle lezioni di Sicurezza, territorio, popolazione17. Foucault, affrontando il tema delle controcondotte, avanza lipotesi che, per descrivere una forma di ribellione che non si esaurisca in un semplice rifiuto ma inventi forme di esistenza alternative, possa rivelarsi adatto proprio il termine di dissidenza:
La dissidenza, per come ha trovato espressione nei paesi dellEst, non indica solo una forma di contestazione a un potere politico, ma anche il rifiuto di una societ in cui lautorit politica [] svolge anche il compito di condurre gli individui nella vita quotidiana attraverso un gioco di obbedienza generalizzata che assume la forma del terrore18.
15 A. Brossat, Prsentation, in Id. (a cura di), Michel Foucault, les jeux de la vrit et du pouvoir, Presses universitaires de Nancy, Nancy 1994, p. 10. 16 Lespressione sollevazione si rif al testo del 1979 Inutile de se soulever ? (trad. it. Sollevarsi inutile?, in M. Foucault, Archivio Foucault 3, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 132-136) che Foucault scrive in seguito alla rivoluzione iraniana. 17 Facendo riferimento allesperienza di Charta 77, Foucault annovera Patoka, insieme a Ji Hjek e Vclav Havel, tra le figure attorno alle quali si organizzata la dissidenza cecoslovacca. Cfr. M. Foucault, Scurit, territoire, population. Cours au Collge de France. 19771978, trad. it. di P. Napoli, Sicurezza, territorio, popolazione, Feltrinelli, Milano 2005, p. 332. 18 Ivi, p. 150.

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Sebbene Foucault scelga di non adottare il termine dissidenza per indicare le molteplici forme di contro-condotta19, mi pare importante considerare come limmagine del dissidente ricompaia in Foucault laddove egli vuole alludere alla pratica di contestazione e di dissenso di colui che non vuole conquistare il potere, ma esercitare il proprio diritto vivre, tre libre20, disattendendo la centratura giuridica e disertando limperativo del potere21. Loccupazione della vita e la non-evidenza della realt Come si diceva, nellarticolo dedicato alle vicende di Solidarnosc, Foucault mostra come la pratica del dissenso fosse rivolta, in primo luogo, contro loccupazione della vita che rendeva impossibile linvenzione di nuove relazioni sociali22. Sotto il regime polacco, la vita di ciascuno era assorbita occupata dalle preoccupazioni individuali, tanto che si era perduto il senso di una dimensione comune e condivisa. Cette occupation, cest aussi la solitude, la dislocation dune socit23. Foucault spiega che la moralizzazione invocata da Solidarnosc nasceva come risposta al tentativo di occupare e individualizzare le vite dei singoli rendendole insensibili alle sollecitazioni comunitarie. Il concetto di occupazione della vita si rivela particolarmente interessante per le nostre analisi perch esprime lidea di una saturazione che soffoca quel margine critico che rende possibile lesercizio della distanziazione etica. Distanziazione etica che ritroviamo al centro dellinteresse di Patoka, come dimostrano i numerosi scritti che il filosofo dedic alla
Secondo Foucault, il termine dissidenza troppo connotato dai fenomeni che si stanno svolgendo nei paesi dellEst per risultare adatto a un numero molto pi variegato di lotte e comportamenti. Inoltre, al filosofo pare poco adatta la sostanzializzazione (substantification) del termine dissidente, giacch esistono forme di contro-condotta esercitate da chi non sceglie di essere o non si definisce dissidente, come il pazzo o il criminale. 20 Nello scritto dedicato allaffare Croissant compare la figura del perptuel dissident, ovvero colui che non mira a diventare il futur gouvernant ma vuole esercitare il proprio diritto vivre, tre libre, partir, ntre pas perscut; M. Foucault, Va-t-on extrader Klaus Croissant?, in Dits et crits II, cit., p. 364. 21 Cfr. S. Chignola, Governare la vita. Un seminario sui Corsi di Michel Foucault al Collge de France (1977-1979), Ombre Corte, Verona 2006, p. 9. 22 M. Foucault, Lexprience morale et sociale des Polonais ne peut plus tre efface, in Dits et crits II, cit., p. 1165. 23 Ibidem.
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186 Caterina Croce necessit di fare un passo indietro rispetto al dominio assillante della realt oggettiva. Infatti, il senso dellepoch patokiana, lungi dallesaurirsi nella sospensione del giudizio della coscienza trascendentale, assume anche il valore di uno scuotimento esistenziale che mette tra parentesi le certezze che orientano le nostre prassi quotidiane24. Per Patoka, come per Heidegger25, lepoch non il gesto teorico di una soggettivit disinteressata, ma si configura come un indietreggiamento effettuato dallesserci dinnanzi alla datit immediata dellente. In questo senso, lepoch fenomenologica rinvia allesperienza della libert negativa che sar al centro dello scritto sul Platonismo negativo: lesperienza di un distanziamento di fronte alle cose reali, lesperienza di un senso indipendente dalloggettivo e dal sensibile, che si ottiene invertendo lorientazione primitiva, naturale, della vita26. Nella sua rilettura del platonismo, Patoka alla ricerca di un movimento di trascendenza che non conduca alla scissione (tra mondo vero e mondo apparente, nel caso platonico), ma alla trasformazione, un movimento che non sfoci nella contrapposizione, bens nellaffermazione della differenza: questo il senso della concezione patokiana del chorismos, una separazione senza un secondo regno doggetti27. Anche nellambito delle riflessioni che Patoka dedica allo scenario politico della sua attualit ritroviamo la stessa tonalit negativa che caratterizza le sue ricerche sullepoch e la sua concezione della libert. In questo caso, il non sembra svolgere la funzione di dissuadere il filosofo dal formulare programmi positivi28, di trattenerlo, cio, dal tradurre lesercizio
Si deve probabilmente a Fink la rilettura in chiave esistenziale dellepoch husserliana proposta da Patoka. Fink identifica infatti nello stupore la situazione emotiva fondamentale: esso viene descritto come lo spaesamento espropriante che sospende latteggiamento naturale nei confronti del mondo e pone di fronte alla natura enigmatica delle cose. Cfr. E. Fink, Studien zur Phnomenologie 1930-1939, trad. it. di N. Zippel, Studi di fenomenologia 1930-1939, Lithos, Roma 2010. 25 Come ricorda Guido Davide Neri, per quanto il termine non compaia mai esplicitamente, anche nel pensiero di Heidegger possiamo trovare qualcosa di analogo allepoch. Il passaggio dallatteggiamento naturale della quotidianit media allatteggiamento autentico, tuttavia, non avviene in virt della decisione liberamente assunta da parte del filosofo, ma si produce come conseguenza di un evento che sopraggiunge, o di una situazione in cui ci troviamo a cadere, al di fuori della nostra volont: si tratta, evidentemente, della disposizione emotiva dellangoscia. 26 J. Patoka, Le platonisme ngatif, cit., pp. 87-88. 27 Ibidem. 28 J. Patoka, Kacsk eseje o filofii djin, trad. it. di D. Stimilli, Saggi eretici sulla filosofia della storia, a cura di M. Carbone, Einaudi, Torino 2008, p. 151.
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della critica nellelaborazione di modelli dazione e paradigmi di attuazione29. Patoka, infatti, diffida di ogni progetto filosofico di compimento e ricomposizione30, e crede che il compito della filosofia consista, piuttosto, nel mettere la politica dinnanzi alla non-evidenza della realt. Queste tesi le troviamo espresse in un breve testo del 1975, finalizzato a distinguere luomo spirituale dal semplice intellettuale di professione31. Patoka spiega che luomo spirituale, pur non essendo un politico nel senso comune del termine, deve assumersi il compito politico di rendere consapevoli gli altri uomini della non-evidenza della realt, e cio dellirresolubile problematicit della vita. Il richiamo alla non-evidenza della realt anima tanto le ricerche che il filosofo conduce in ambito fenomenologico, dove espressione del modo in cui egli riformula la consegna fenomenologica ad assumere un diverso punto di vista32; quanto le sue considerazioni sulla filosofia della
Sembra farsi interprete di un simile pensiero anche Foucault, il quale, nello scritto sui Lumi, scrive: Si sa per esperienza che la pretesa di sfuggire al sistema dellattualit per dare dei programmi di insieme di unaltra societ, di un altro modo di pensare, di unaltra cultura, di unaltra visione del mondo non hanno fatto altro che riportare alle pi pericolose tradizioni; M. Foucault, Che cos lIlluminismo?, in Archivio Foucault 3, cit., p. 228. 30 Proprio per lattitudine a percorrere il rovescio taciuto e disconosciuto del politico, Roberto Esposito propone di ascrivere Patoka al filone dellimpolitico, ossia a quella disomogenea corrente di pensiero che pensa al politico fuori dalle visioni edulcoranti della teoria politica. Cfr. R. Esposito, Categorie dellimpolitico, Il Mulino, Bologna 1999 e Oltre la politica, Mondadori, Milano 1996. 31 Rifacendosi esplicitamente al Sofista platonico dove lobiettivo era quello di distinguere i veri filosofi dai sofisti Patoka intende distinguere luomo spirituale dallintellettuale di professione. Gli uomini spirituali non sono dei semplici lavoratori culturali, sono coloro che hanno sperimentato sulla propria pelle lo sconvolgimento del senso quotidiano: il lato notturno e negativo dellesistenza si spalancato dinnanzi a loro ed essi hanno fatto esperienza del vuoto. Lesperienza dello sradicamento e del negativo non getta luomo spirituale nello sconforto scettico o nel buio nichilista, ma gli fa comprendere che la vita interrogazione e ricerca, e che il senso possibile solo come cammino. Gli uomini spirituali sono dunque coloro che possono vivere senza le solide garanzie della terraferma e mettere in discussione lassolutezza dei valori diurni. Cfr. J. Patoka, Duchovn lovk a intelektul; trad. fr. a cura di E. Abrams, Lhomme spirituel et lintellectuel, in Libert et sacrifice, cit., pp. 243-257. 32 Come scrive Josep M. Esquirol, proponendo il cambiamento del punto di vista, Patoka resta fedele alla consegna fenomenologica: la cosa pi importante e anche la pi difficile il cambiamento di atteggiamento, che significa un accesso a unaltra prospettiva, a un altro modo di vedere ci che si mostra e ci che c dietro a ci che si mostra; J.M. Esquirol, Tecnica e sacrificio in Jan Patoka, in D. Jervolino (a cura di), Leredit filosofica di Jan Patoka, Atti del convegno internazionale tenutosi a Napoli il 6 e 7 giugno 1997, Cuen, Napoli 2000, p. 66.
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188 Caterina Croce storia, dove linizio della storia viene fatto coincidere con lo sconvolgimento del senso dato e la scoperta scioccante della problematicit. In generale, il richiamo alla non-evidenza della realt rimanda al gesto di colui che mette in dubbio la perentoriet del dato, la necessit dellimmediato, linevitabilit dellistituito33. In questo senso, lappello patokiano converge con quella tensione a mettere in discussione i limiti del necessario di cui Foucault parler nello scritto sui Lumi34. Se la questione di Kant riguardava limiti della conoscenza, scrive Foucault, oggi sarebbe pi utile interrogarsi sullapparente cogenza di ogni positivit35, cos da dar vita a unontologia critica di noi stessi in cui lanalisi storica dei limiti che ci sono posti insieme prova del loro superamento possibile36. Potremmo dire che lappello alla non-evidenza della realt procede in direzione di unontologia critica di noi stessi, laddove incoraggia un rapporto con lattualit che insieme di identificazione e di distanziazione, di sollecitudine e di insofferenza, di adesione e di dissenso. Patoka ripone negli uomini spirituali una fiducia dimessa e crepuscolare, che ha perso i toni enfatici con cui Husserl, nella Crisi delle scienze europee, definiva i veri filosofi come funzionari dellumanit. Cionondimeno, egli ritiene che gli uomini spirituali, pro-vocando la comunit alla non-evidenza della realt, svolgano unirrinunciabile funzione politica. Patoka crede infatti che, nella nostra contemporaneit, la non-evidenza della realt e cio la problematicit della vita e lenigmaticit del senso
A questo proposito, Karel Novotn scrive che per Patoka sempre uno slancio per raggiungere i limiti di ci che pu essere dato, pensato, creato, ad animare il rinnovamento della vita e darle senso; K. Novotn, Storicit e alterit, in D. Jervolino (a cura di), Leredit filosofica di Jan Patoka, cit., p. 128. 34 Cfr. M. Foucault, Che cos lIlluminismo?, cit., pp. 217-232. 35 A partire da Le parole e le cose e dallArcheologia del sapere, Foucault utilizza il termine positivit per alludere alla priori storico che costituisce le condizioni di emergenza di un certo campo epistemologico. Quando la prospettiva archeologica sincontra con quella genealogica, lattenzione di Foucault si concentra sulle positivit come nesso sapere-potere, indagando i fattori multipli e le relazioni differenziate che hanno prodotto certi effetti di conoscenza e linstaurarsi di certi meccanismi coercitivi. Nello scritto Illuminismo e critica assistiamo alla loro riformulazione in chiave critica: Queste positivit non sono degli insiemi autoevidenti []. Quel che per lappunto occorre far emergere per comprendere ci che le ha rese accettabili, il fatto che queste positivit non si giustificano di per s, non costituiscono un a priori, non sono contenute in alcuna anteriorit. Individuare le condizioni di accettabilit di un sistema e seguire le linee di rottura che caratterizzano il suo emergere: ecco due operazioni complementari; M. Foucault, Quest-ce que la critique ? Critique et Aufklrung, trad. it. a cura di P. Napoli, Illuminismo e critica, Donzelli, Roma 1997, p. 56. 36 M. Foucault, Che cos lIlluminismo?, cit., p. 231.
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abbia perso il proprio diritto di cittadinanza. Essa stata rimossa e bandita dagli imperativi performativi della tecnica, dagli slogan che promettono la pace organizzando la guerra, dallingiunzione al divertimento che sprofonda nella noia: in breve, dalle forze del Giorno. Come noto, Patoka, nei suoi Saggi eretici sulla filosofia della storia, individua due punti di vista che tra loro si implicano e si contrappongono: il punto di vista del Giorno, del senso meramente accettato e della vita vissuta in vista della nuda sopravvivenza, e il punto di vista della Notte, che inghiotte ogni certezza e precipita luomo nella problematicit. Patoka crede che, sebbene il Novecento sia stato il secolo della notte, della guerra e della morte, niente sia valso a mettere in discussione il punto di vista egemonico del Giorno, da lui identificato con i motivi diurni della crescita e del progresso, con gli ideali che eleggono la conservazione della vita a valore supremo incatenando luomo alla paura della morte, con le parole dordine della pace che hanno spedito al fronte migliaia di uomini, considerando la guerra una parentesi dolorosa ma necessaria alla stabilizzazione del mondo37. Le forze del Giorno, apparentemente luminose e rassicuranti, conducono, per estremo paradosso, alla notte pi nera, perch rimuovono dal loro orizzonte il pensiero della morte: essa viene concepita come un meccanico alternarsi di funzioni nel generale progetto di conservazione della vita, come un evento fisiologico calcolabile, quantificabile e controllabile nel rigore asettico delle statistiche. Non possibile liberarsi della guerra per colui che non si libera di questa forma di dominio della pace, del giorno e della vita, che rinnega la morte e chiude gli occhi davanti ad essa38. La coscienza della duplicit, cui gli uomini spirituali ci invitano, dunque la riscossa del punto di vista della Notte e la riscoperta della prospettiva tragica, quanto feconda, della morte. Pertanto, lappello al lato notturno, alla non-evidenza della realt, si rivela un impegno di valore politico, poich le potenze positive della realt non tollerano che la vita venga vissuta nella consapevolezza della sua complessit: il lato oscuro e problematico della vita , per queste potenze, lintollerabile39.
Come scrive Valrie Lwit, Patoka ci mostra che nella nostra pace regna la guerra, nel senso in cui la paura, la paura della morte, il rifiuto di rischiare la propria vita opponendosi alla logica terrorista e totalitaria fa vivere in una pace falsa; V. Lwit, LEuropa e le origini del totalitarismo in Arendt e Patoka, in D. Jervolino (a cura di), Leredit filosofica di Jan Patoka, cit., p. 141. 38 J. Patoka, Saggi eretici di filosofia della storia, Einaudi, Torino 2008, p. 144. 39 Cfr. J. Patoka, Lhomme spirituel et lintellectuel, cit., p. 256.
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190 Caterina Croce Ci che non rientra nei registri contabili delle forze del Giorno quella coscienza della duplicit che a Patoka sta a cuore sin dai suoi studi sulla filosofia antica. La duplicit data dallirresolubile compresenza di bene e male, di luci e ombre, di chiarezza e mistero che gi i miti antichi avevano saputo cogliere, e che nellironia socratica ha trovato uninsuperata forma di espressione40. Lironia socratica, per Patoka, non un artificio letterario ma lesercizio retorico, etico e politico di far convivere le due dimensioni: il dato e lignoto, le certezze e il mistero, il bisogno ingenuo di risposte e lirresolubilit aporetica della domanda. Con lironia ogni cosa mostra un doppio fondo, un lato nascosto su cui vale la pena riflettere. Socrate dunque maestro nel mostrare i due livelli su cui possibile condurre la vita: il livello rassicurante o ordinario del senso comune e il livello obliquo e perturbante del dubbio su cui si azzarda la sua ricerca. Mosso il primo passo su questo secondo livello, Socrate scopre la problematicit del reale. Lironia socratica allora il sorriso che gli adulti rivolgono ai bambini: Noi sappiamo che ci che il bambino prende tanto sul serio non ancora la vera seriet, noi conosciamo i cambiamenti del senso che ai bambini sono ancora ignoti. Lironia di Socrate lironia di un adulto pi adulto degli adulti41. Il problema che lironia non pu essere compresa da un mondo che ha dimenticato le sue ombre, i suoi doppi fondi, il suo senso evenemenziale e le sue manifestazioni paradossali. Dove non c coscienza della duplicit dove non ci sono doppi sensi non c ironia. E allora, scalzato dalla compostezza algida dellideologia del Giorno, lo scherzo non fa ridere. Il riso e la responsabilit Lo scherzo il titolo di un romanzo che Milan Kundera pubblica in Cecoslovacchia nel 1967 e cui Patoka fa esplicito riferimento nel corso di un breve scritto. Kundera racconta la storia di uno scherzo che non viene
40 In Platone e lEuropa, Patoka sostiene che gi i miti antichi il mito biblico dellalbero della conoscenza, lepopea di Gilgamesh, la tragedia di Edipo esprimevano la coscienza di questa dualit fondamentale: essi sapevano render conto in modo magistrale del lato oscuro di ogni motivo diurno. Nel mito si agitano una storia, che racconta della nostra vita diurna condotta nei pressi del bene, e una contro-storia, che ci parla di un mondo notturno, indecifrabile, malvagio. La coscienza mitica insegna che anche nella familiarit del radicamento pu fare irruzione lestraneo, ossia ci che Patoka, prendendo in prestito unespressione tedesca, definisce das Unheimliche. Cfr. J. Patoka, Platone e lEuropa, Vita e pensiero, Milano 1997, p. 77. 41 Ivi, p. 405.

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compreso, che non genera il riso, che trascina nel grottesco. Ludvk, il protagonista del romanzo, sinvaghisce di una ragazza particolarmente ligia agli impegni che il Partito comunista impone alla giovent cca. Quando Ludvk sul punto di conquistarla, la ragazza parte per un campo estivo di educazione al comunismo. Contrariato dalla sua lontananza e dalle lettere entusiastiche con cui lei celebra le attivit di partito, Ludvk decide di farle uno scherzo. Pur essendo un convinto sostenitore del regime, le invia una cartolina nella quale ridicolizza la lealt al Partito, dichiara la sua ammirazione per Trotsky e, con enfasi volutamente ironica, afferma che lottimismo loppio dei popoli e lo spirito sano puzza dimbecillit. La cartolina finisce nelle mani del responsabile locale della giovent comunista. Scatta uninchiesta e il giovane Ludvk non riesce a discolparsi: la commissione che lo giudica non comprende le ragioni dello scherzo. Lumorismo, dichiara la commissione, non un pensiero costruttivo, ma soltanto una forma di scetticismo distruttivo nei confronti dei saldi principi morali e politici del Partito. cos che lo scherzo si trasforma in un incubo lungo una vita: il giovane espulso dal Partito e dallUniversit, perde gli amici e viene mandato a prestare servizio militare in un battaglione di traditori della Patria. Nel corso degli anni, i suoi tentativi di vendicarsi contro le offese subite, attraverso nuovi e meschini scherzi, si riveleranno vani ed egli si sentir pervaso da un senso del ridicolo crudele e schiacciante. Come scrive Patoka, assistiamo progressivamente alla trasformazione in uno scherzo che non sono pi io a fare, ma che le cose fanno a me, dandomi cos laspetto mostruoso di colui che vuole vendicarsi mostruosamente e al quale si mostrano la vanit e linutilit della vendetta []: in tutto ci sta lincapacit di catarsi delleroe42. Il romanzo di Kundera ci parla dunque di un mondo che ha estenuato il senso della duplicit sotto il peso monolitico dellideologia. E, pi in generale, di un mondo che ha annientato lesultanza catartica del riso perch ha dimenticato labisso tragico. Se il senso del comico sgorga dalla coesistenza tragica dei contrasti, nel mondo del razionalismo apollineo non c spazio per lo scherzo, non c catarsi per leroe. Ne Larte del romanzo, Kundera scrive: Non c pace possibile fra il romanziere e lagelasta. Non avendo mai udito la risata di Dio, gli agelasti sono convinti che la verit evidente43. Ecco che torna il tema delleviJ. Patoka, Vakulk a Kundera, frammento conservato presso gli Archiv Jana Patoky di Praga, trad. it. di C. Rocca, Vakulk e Kundera, in M. Carbone et alii, LEuropa dopo lEuropa, lindividuazione anzich lindividuo, Mimesis, Milano 2009, p. 81. 43 M. Kundera, Lart du roman, trad. it. di E. Marchi e A. Ravano, Larte del romanzo, Adelphi, Milano 2005, p. 220.
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192 Caterina Croce denza, la fede cieca in una verit lucida e senza resti. Compito delluomo spirituale, per Patoka, proprio quello di mettere gli uomini dinnanzi alla non-evidenza della realt. Un compito non solo estetico far sorgere il romanzo e con esso il mondo della vita che la nostra ragione tecnica ha obliato44 ma anche politico: la non-evidenza coscienza della duplicit che a sua volta appello alla responsabilit. Perch? Perch Patoka convinto che la responsabilit sia quel movimento che addomestica, senza mai poterla sedare, la lotta tra i contrari: tra il dominio del razionale e lo sfogo orgiastico, tra la linea armonica dellautocontrollo e la riscossa sensuale degli istinti. Nella sua genealogia della storia europea come storia della responsabilit, Patoka spiega che il demonico la sfera dionisiaca delle pulsioni va messo in rapporto alla responsabilit senza pretendere, tuttavia, di liquidarlo e abolirlo. Un rapporto, dunque, non di rimozione, ma di reciproca tensione. Un rapporto che potremmo leggere servendoci della categoria patokiana di polemos: una contesa sapiente e veggente che al tempo stesso separa e congiunge. La responsabilit tratteggiata da Patoka dunque una responsabilit polemica che apre al rischio e allimprevedibile. La responsabilit airesis45: scelta, preferenza, decisione sullo sfondo di un indecidibile. La meccanica impersonale del potere Ma cosa vede Patoka attorno a s? Patoka, ricordiamolo, vive a Praga negli anni del regime sovietico, gli anni che Vclav Havel ha definito nei termini di una grande dbcle thique. Patoka, guardandosi attorno,
Mi sembra significativo segnalare il fatto che sia in Patoka sia in Kundera si trovi espressa la tesi secondo cui il romanzo europeo ha rappresentato la vera forma di esplorazione del mondo della vita: se la filosofia, nella sua tensione positivista e obiettivizzante, ha disertato la prospetticit finita e contingente del mondo, stato il romanzo a riconoscere in essa una nuova forma di saggezza. Com noto, questa tesi apre Larte del romanzo di Kundera. Meno noto il fatto che anche Patoka elabori una simile riflessione nel testo Il problema dello scrittore. lecito pensare, ma i rapporti tra i due autori meriterebbero di essere meglio indagati, che il giovane Kundera, prima di lasciare la Cecoslovacchia, abbia partecipato alle lezioni di Patoka. Cfr. J. Patoka, Il senso delloggi in Cecoslovacchia, Lampugnani Nigri, Milano 1970. 45 Leterogeneit che intravediamo qui tra lesercizio della responsabilit e la sua tematizzazione teorica, ovvero dottrinale, non anche ci che vota la responsabilit alleresia? Allairesis come scelta, elezione, preferenza, inclinazione, partito preso, cio decisione? Cfr. J. Derrida, Donner la mort, trad. it. di L. Berta, Donare la morte, Jaca Book, Milano 2003, p. 63.
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assiste allo sfibramento della responsabilit, alla perdita di s nella meccanica impersonale del potere, alla rinuncia alla propria autonomia nella sottomissione al rigore formale dellideologia. Vclav Blohradsk, nel testo Il mondo della vita: un problema politico, parla a questo proposito di una deriva nellimpersonalit46 che fa tuttuno con la tesi sullinnocenza del potere. A dispetto dei vizi e delle imperfezioni che affliggono i punti di vista personali, il potere obbedisce allintransigenza irreprensibile della ragione impersonale: il suo operato si rivela incolpevole giacch non fa che obbedire, per dirla con Arendt, alla logica coercitiva dellidea47. In questo senso, potremmo dire che Patoka si impegna in una genealogia della ragione impersonale, volta alla resurrezione dellesperienza vissuta, alla rivendicazione della parzialit e della finitezza di ogni nostra prospettiva, alla difesa dellirripetibilit di ogni sguardo sul mondo. Nel breve saggio Lideologia e la vita nellidea, Patoka rimprovera allideologia limpersonalit di una presa che manovra luomo solo dallesterno, laddove lidea, al contrario, deve essere incarnata, vissuta, iscritta nella propria storia personale. Non far propria lidea, ma farsi s in essa: questo
Il ragionamento di Blohradsk mi sembra convincente solo se cerchiamo di capire quale valore assuma il tema dellimpersonale nel quadro della riflessione patokiana. La mia impressione, infatti, che la critica di Patoka non sia rivolta al piano dellimpersonale quale trama della vita che eccede e precede le individuazioni identitarie, quanto alla spersonalizzazione che favorisce il livellamento e lomologazione del sentire comune. Un pensiero dellimpersonale, inteso come sforzo di pensare oltre e malgrado il lessico soggettivista che ancora influenza la nostra pratica di pensiero, non assente in Patoka, basti pensare al suo sforzo di costruire una fenomenologia asoggettiva che stabilisca la priorit dellorizzonte del mondo e della struttura anonima dellapparire rispetto ai diritti del soggetto trascendentale. Lobiettivo polemico di Patoka, a mio avviso, non tanto limpersonale inteso come piano che attraversa, fende e ricontratta le determinazioni identitarie, alimentando un processo di individuazione che spinge la persona fuori i suoi confini escludenti; quanto piuttosto lideologia che agisce come macro-soggettivit, come una macro-persona che mette al bando le differenze e appiattisce lalter sotto la legge uniformante dellipse. Cfr. V. Blohradsk, Il mondo della vita: un problema politico. Leredit europea nel dissenso e in Charta 77, Jaca Book, Milano 1981. 47 Unideologia letteralmente quello che il suo nome sta a indicare: la logica di unidea. La sua materia la storia, a cui lidea applicata; il risultato di tale applicazione non un complesso di affermazioni su qualcosa che , bens lo svolgimento di un processo che muta di continuo. Lideologia tratta il corso degli avvenimenti come se seguisse la stessa legge dellesposizione logica della sua idea. Essa pretende di conoscere i misteri dellintero processo storico i segreti del passato, lintrico del presente, le incertezze del futuro in virt della logica inerente alla sua idea; H. Arendt, The Origins of Totalitarianism, trad. it. di A. Guadagnin, Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino 2004, p. 642.
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194 Caterina Croce lesempio di Socrate e ci che Patoka identifica come uno dei portati pi preziosi della cura dellanima. Sempre in questo scritto, Patoka afferma che lidea delluomo lidea della libert. In tal senso, potremmo dire che la vita nellidea il modo in cui ciascuno incarna lidea di libert e in essa si fa s. Diversamente dal falso collettivismo48 dellideologia, che guarda al singolo come a un ingranaggio dellazione collettiva, la vita nellidea pensa alla vita comunitaria come a quellorizzonte in cui i diversi modi di divenire la propria libert si incontrano e si alimentano, determinando i termini del reciproco riconoscimento. questo il senso della riscoperta patokiana della cura dellanima e il punto in cui le riflessioni di Patoka entrano in risonanza con le ricerche foucaultiane sulla cura di s. Secondo Patoka, infatti, aver cura della propria anima significa aver cura del movimento dellesistenza che ci espone al mondo e ci costituisce come singolarit solo nel perpetuo scambio che intratteniamo con esso. La cura dellanima non la cura di un soggetto chiuso su stesso o di una qualche reliquia metafisica capace di farci accedere a una salvezza ultraterrena, ma di un co-movimento in cui ciascuno, oserei dire, diviene per laltro occasione di confrontarsi con la non-evidenza della realt. Lanima e il movimento dellesistenza Gi nelle lezioni su Socrate del 194749 emerge chiaramente laccento posto da Patoka sulla dimensione relazionale che connota la pratica epimeletica. Essa avviene nel dialogo, nel confronto, nel susseguirsi di domande e risposte che, spronando i due soggetti ad abbandonare il guscio protettivo delle proprie convinzioni, rende possibile una nuova conoscenza di s. La scoperta di s sembra possibile nella comunanza con laltro da s, nella condivisione della problematicit, nellimpegno reciproco a demistificare i falsi miti e a sostenersi lun laltro nella ricerca del senso. Va sottolineato, allora, che per Patoka la scoperta della propria interiorit avviene esponendo se stessi alla via critica del dialogo e della compartecipazione.
Patoka parla del faux collectivisme che regarde lindividu comme un simple organe de laction collective; J. Patoka, Lidologie et la vie dans lide, in Libert et sacrifice, cit., p. 44. 49 J. Patoka, Skrats. Pednky z antick filosofie, trad. it. di M. Cajthaml, Socrate. Lezioni di filosofia antica, Bompiani, Milano 2003.
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Patoka propone queste considerazioni in un ciclo di lezioni dedicato alla storia della filosofia antica: per problematizzarne il senso e intravederne loriginalit, qui solo abbozzata, tali considerazioni andrebbero reinterpretate alla luce degli studi che il filosofo conduce sul campo asoggettivo dellapparire e delle sue ricerche sui movimenti dellesistenza umana. Si rivela utile, dunque, accostare la nozione di psych al tema dellasoggettivit, cui il filosofo perviene per via fenomenologica. Infatti, le ricerche sul campo asoggettivo dellapparire, quale struttura universale dellapparizione non riducibile allapparente in quanto tale nella sua singolarit, contribuiscono a un recupero del concetto di anima in chiave non ancora psicologica ed egologica. Pertanto, quando si riflette sullappello patokiano alla cura dellanima, occorre tener presente la distinzione operata dal filosofo tra anima e soggetto, con la conseguente valorizzazione del concetto di anima, oltre e malgrado la centralit moderna e ancora husserliana del cogito. Lanima per Patoka il movimento originario di schiusura, la tensione primigenia a entrare in rapporto con il mondo come totalit. Essa apre alla totalit perch listanza del thaumazein, del perturbamento stupito che inaugura la ricerca del senso. La ricerca di senso che lanima intraprende non per riconducibile al progetto di conoscenza del soggetto contemporaneo, giacch la psych non fuori, ai margini o al di sopra del mondo,ma parte integrante di esso. Irrimediabilmente implicata nellapparire intramondano, lanima un movimento immanente al mondo: Lme comme les autres choses fait partie du monde, tandis que le sujet partir de Descartes est quelque chose qui se met part et soppose tout le reste50. La psych greca, secondo Patoka, si distingue dalla successiva caratterizzazione sostanzialistica e personalistica dellanima caratterizzazione che dar luogo alla nozione moderna di soggetto nella misura in cui le manca la soggettivit propria. Dal punto di vista greco e antico generale, la psych neutra rispetto ai pronomi personali51. Tali considerazioni appaiono pi chiare se le rapportiamo agli studi patokiani sul movimento dellesistenza. Per Patoka la questione dellesistenza, ereditata dalla svolta ontologica della filosofia di Heidegger, va pensata come correlazione tra uomo e mondo in una dimensione relazionale e prasseologica. Per dar conto della natura e-statica dellesistenza, occorre accennare alla nozione di movimento, nozione che si rivela centrale
J. Patoka, Sminaire sur lre de la technique, in Libert et sacrifice, p. 292. J. Patoka, Fenomenologia del corpo proprio, in Che cos la fenomenologia?, Centro Studi Canpostrini, Verona 2009, p. 156.
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196 Caterina Croce tanto per le riflessioni che Patoka dedica alla filosofia della storia, quanto per le sue ricerche di stampo fenomenologico52. Patoka alla ricerca di un movimento senza sostrato che dia conto della natura estatica dellesistenza. Egli muove dalla concezione aristotelica del movimento e ne radicalizza gli esiti53, salvaguardando lidea secondo cui lanima il principio dellauto-movimento. In quanto dotata di autokunesis, la psych listanza che presiede allesteriorizzazione del s come relazione dinamica al mondo: Lio [] lui stesso gi da sempre movimento. Forse il movimento originario non il cambiamento di luogo delle cose, ma piuttosto questo sforzo dinamico che porta lesistenza fuori da se stessa, che fa che essa sia gi sempre fuori di s, che sia superata in direzione delle cose54. Se seguiamo Patoka nel suo tentativo di pensare un movimento privo di ousia preliminare, arriviamo a concepire la soggettivit come un evento, un accadimento, un prodotto di un movimento mai definitivamente compiuto: di unatels energeia il cui processo di attualizzazione resta sempre irrisolto55. Patoka, dunque, nel tentativo di mettere in luce la potenza ontologica e fenomenologica del movimento, sembra affermare il primato del processo sul prodotto, della kunesis sullousia, dellindividuazione sullindiviCome suggerisce Paul Ricur, si pu considerare lopera patokiana come unellisse fra due punti focali, rappresentati dalla fenomenologia del mondo naturale da una parte, e dalla questione del senso della storia dallaltra. Questi due temi, scrive Ricur, per quanto apparentemente privi di legame, sono in un rapporto di intima reciprocit, che merita di essere indagato alla luce della nozione di movimento inteso come quel dinamismo sempre in bilico tra potenza ed atto, tra possibilit virtuale e azione compiuta, che caratterizza sia il rapporto corporeo delluomo con il mondo che il suo rapporto esistenziale con la storia. Cfr. P. Ricur, Dalla filosofia del mondo naturale alla filosofia della storia, in D. Jervolino (a cura di), Leredit filosofica di Jan Patoka, cit. 53 Secondo Patoka, in Aristotele vi qualcosa, nel movimento, che si mantiene, che resta immutato, dal momento che il cambiamento definito in rapporto a una costante la stessa foglia che appassisce, lo stesso vestito che si tinge, ecc. Se [] al posto di possibilit che sarebbero la propriet, lavere di una qualche cosa identica che in esse si realizza, noi supponiamo piuttosto che questa cosa sia la sua [del movimento] possibilit, che non vi in esso nulla prima delle possibilit e soggiacente ad esse, che esso vive integralmente attraverso la maniera in cui esso nelle sue possibilit noi avremo una radicalizzazione del concetto aristotelico di movimento; J. Patoka, Papiers Phnmnologiques, Millon, Grenoble 1995, p. 107. 54 Ivi, p. 72. In Che cos la fenomenologia?, Patoka scrive: Senza movimento non vi sarebbe nessuna esteriorizzazione del s. Senza movimento nessunopera, n poiesis n praxis; J. Patoka, Che cos la fenomenologia?, cit., p. 125. 55 [L]tre en tant que fin est indissolublement li au mouvement en tant quacte imparfait atels energeia; J. Patoka, Le monde naturel et le mouvement de lexistence humaine, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht 1988, p. 131.
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duato. Mettendo in risonanza le ricerche patokiane sulla filosofia greca e la sua radicalizzazione del concetto aristotelico di movimento, potremmo arrivare a dire che lanima tensione instabile, in-quieta, della vita nella sua potenza dinamica e nello slancio che Patoka, nelle pagine del Socrate, definisce sovraindividuale, ma che forse non sarebbe errato designare come transindividuale56. In questo senso, ritengo che tra il riconoscimento patokiano della priorit ontologica del movimento rispetto alla sostanza e lattenzione rivolta da Foucault ai processi di soggettivazione si possano cogliere interessanti risonanze. Sebbene Patoka rimanga pi interessato allanima come principio di apertura trascendente alla totalit, mentre Foucault si riveli pi attento al s come prodotto di una poiesis immanente, ci non toglie che entrambi gli autori concentrino la loro riflessione sulla dynamis nel duplice significato di movimento e di forza57 che governa la costituzione del soggetto. Potremmo dire che tanto per Foucault quanto per Patoka la prospettiva della cura un modo per alimentare il serbatoio energetico di tale dynamis, per far s che il potenziale relazionale che essa reca in s germogli e le individuazioni che produce non si irrigidiscano. Il s e la soggettivazione In Foucault, laccento dinamico che caratterizza i processi di costituzione del s emerge dal rapporto che si istituisce fra i tre assi fondamentali del potere, del sapere e delle soggettivazioni: lattenzione genealogica di
A questo proposito, sar interessante indagare il modo in cui Patoka rielabora le riflessioni platoniche sulla tripartizione dellanima. Il filosofo pone infatti laccento sullelemento dello thymos come vera forza motrice dellanima. In epoca platonica, lo thymos ancora lontano dal divenire un ingrediente dellanima personale: esso indica ogni aspetto energico ed e-motivamente connotato dellazione umana, forza cosmopoietica transindividuale che infonde forza, energia, movimento. 57 In diverse occasioni, Patoka descrive il soggetto nei termini di dynamis, di energeia, di forza veggente e agente. Questa concezione dinamica e per certi versi polemica della soggettivit avvicina Patoka agli studi foucaultiani sul principio dellenkrateia che orienta il processo di costituzione del soggetto greco. La nozione di enkrateia non rimanda solo alla sophrosune (alla temperanza), ma implica una tensione conflittuale assente nella virt della moderazione. Colui che enkrates, infatti, non ha messo a tacere i propri desideri: semplicemente ne conquista il controllo, intrattenendo una lotta perenne con se stesso. Lenkrateia non dunque una condizione di pacificazione raggiunta una volta per tutte, ma un equilibrio dinamico che possibile conservare a patto di un perpetuo confronto tra forze. Cfr. M. Foucault, Luso dei piaceri, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 68-82.
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198 Caterina Croce Foucault volta ad indagare la dinamica che, nei diversi tempi storici, si istituisce tra pratiche di assoggettamento e processi di soggettivazione. Nelle antiche tecnologie del s, Foucault scorge la possibilit di controbilanciare i propri precedenti studi sulla genealogia del soggetto, articolati maggiormente attorno ai dispositivi di assoggettamento:
Poco a poco mi sono reso conto che in tutte le societ esiste un altro tipo di tecniche: quelle che permettono agli individui di effettuare, autonomamente, alcune operazioni sui loro corpi, le loro anime, i loro pensieri, le loro condotte, e questo in modo da produrre una trasformazione di noi stessi []; chiamo queste tecniche le tecniche del s58.

La cura di s interessa a Foucault nella misura in cui si offre come lappiglio ermeneutico per indagare unepoca in cui la dinamica tra pratiche di assoggettamento e processi di soggettivazione appare sbilanciata a favore del vettore ethopoietico della soggettivazione. Come spiega la generosa lettura di Deleuze, Foucault si interessa ai Greci, perch essi
hanno piegato la forza, che tuttavia non cessa di essere forza. Lhanno rapportata a s. Lungi dallignorare linteriorit, lindividualit, la soggettivit, hanno inventato il soggetto, ma come una derivata, come il prodotto di una soggettivazione. Hanno scoperto lesistenza estetica, cio il ripiegamento, il rapporto a s, la regola facoltativa delluomo libero. [] Lidea fondamentale di Foucault una dimensione della soggettivit che deriva dal potere e dal sapere, ma non ne dipende59.

Lidea del soggetto come derivata, come prodotto di una soggettivazione, ci permette di spiegare le ragioni di quello che molti interpreti hanno definito un ritorno al soggetto60. Occupandosi del soi quale correM. Foucault, Sessualit e solitudine, in Archivio Foucault 3, cit., p. 157. G. Deleuze, Foucault, Cronopio, Napoli 2002, pp. 134-135. Lidea di una soggettivit che deriva dal potere e dal sapere ma non ne dipende sembra rimandare alla definizione che Foucault propone della critica come larte di non essere governati in questo modo e a questo prezzo; M. Foucault, Illuminismo e critica, cit., p. 38. 60 Quando, negli ultimi anni della sua vita, fu chiesto a Foucault come mai avesse cambiato rotta rispetto ai suoi precedenti studi sul potere per un ritorno al soggetto, egli rispose che la questione del soggetto era sempre stata al centro delle sue ricerche. Cfr. M. Foucault, Il soggetto e il potere, in H.L. Dreyfus e P. Rabinow, Michel Foucault. Beyond Structuralism and Hermeneutics, trad. it. di D. Belati, M. Bertani, F. Gori e I. Levrini, La ricerca di Michel Foucault, La casa Usher, Firenze 2010, pp. 208-226.
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lato dellarte epimeletica, Foucault non ritorna al soggetto: il suo obiettivo non quello di edificare una teoria del soggetto, quanto quello di lavorare a una genealogia della de-soggettivazione. Come spiega Rovatti, Foucault
continua infatti a parlare di un soggetto da svuotare, da liberare da se stesso, cio dalla moderna cattura nella gabbia dellindividualit, e, se c un messaggio che rivolge ai contemporanei, si tratta dellinvito a una lotta contro il nuovo soggetto-individuo nel quale veniamo identificati dal dispositivo biopolitico della societ attuale61.

In altri termini, Foucault arriva ad occuparsi della costruzione del s perch giunto a una riformulazione della problematica politica: le lotte e le resistenze attuali non possono pi essere lotte contro la dominazione politica, n possono limitarsi a essere lotte contro loppressione economica; esse devono essere, prima di tutto, lotte contro gli assoggettamenti identitari. Forme di resistenza, cio, a quei dispositivi politici, economici e culturali che danno forma a un certo tipo di soggetto e lo inchiodano alla sua identit. In questo senso, le souci de soi62 inteso come stilizzazione di s, come ricerca del proprio modo di vita, come estetica dellesistenza, si configura come capacit etica di prendere distanza dai processi di assoggettamento che mirano allidentificazione, allindividualizzazione, alla normalizzazione. Ma per prendere distanza dai processi di assoggettamento identitario occorre, prima di tutto, prendere distanza da s: ecco, infatti, che Foucault parla di se dprendre de soi-mme in quanto tentativo di coltivare quello scarto differenziale che, non schiacciandoci sulla nostra identit a noi stessi, ci rende disponibili a incontrare laltro. I rapporti che dobbiamo intrattenere con noi stessi non sono rapporti didentit; devono essere piuttosto
P.A. Rovatti, Il soggetto che non c, in M. Galzigna (a cura di), Foucault, oggi, Feltrinelli, Milano 2008, p. 219. Secondo Rovatti, cura di s e programma biopolitico andrebbero studiati come le due facce della stessa medaglia, come lo stesso scenario ma illuminato da due punti differenti, giacch Foucault inizia a indagare i meccanismi di assoggettamento a partire dalle stesse soggettivit. Si pu vedere, infatti, come il tema della resistenza sfumi per ripresentarsi nella forma delle pratiche di soggettivazione, che si rivelano essere il pendant dei dispositivi di potere. Secondo Rovatti, la domanda che con Foucault dovremmo porci : se partiamo dalla cura di s e degli altri, se prendiamo in esame le tecniche di stilizzazione del s, cosa diventano i soggetti, cosa possiamo dire di loro? 62 Le souci de soi (La cura di s), come noto, il titolo del terzo volume della Storia della sessualit. Cfr. M. Foucault, Le souci de soi, trad. it. di L. Guarino, La cura di s, Feltrinelli, Milano 1991.
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200 Caterina Croce rapporti di differenziazione, di creazione, di innovazione. molto noioso essere sempre gli stessi63. Il bios e la reinvenzione del comune Ritorniamo, allora, alla frase di Kundera secondo cui non c pace possibile fra il romanziere e lagelasta, poich non avendo mai udito la risata di Dio, gli agelasti sono convinti che la verit evidente64. Kundera scrive questa frase rammentandosi del proverbio ebraico secondo cui Luomo pensa, Dio ride. Dio ride, spiega Kundera, perch vede luomo affannarsi per una verit che gli sfugge. La saggezza del romanzo sboccia da questa consapevolezza: la verit ci sfugge, il consenso unanime un miraggio, la traiettoria luminosa delle cause una falsa pista. A Kundera piace pensare che, un giorno, Franois Rabelais abbia udito la risata di Dio e che dalleco di quella risata abbia dato vita al romanzo europeo. proprio Rabelais, infatti, a far riemergere dalloblio la parola aglaste, colui che non ride, che non ha sense of humor. Georges Minois, nel suo libro Storia del riso e della derisione, spiega per quali ragioni certe correnti del pensiero antico si dichiarassero agelaste e diffidassero del riso: Colui che ride si dissocia dalloggetto del suo riso, prende le distanze dallordine del mondo invece di integrar visi65. Il riso avrebbe dunque il potere della distanza: esso apre un varco, un margine di dubbio, una linea di fuga. Colui che ride fa un passo indietro rispetto allordine del mondo: Il politico, il magistrato, la guardia, linnamorato non riescono a ridere dei valori che difendono66. Potremmo dire, allora, che luomo spirituale colui che non smette di credere nel potere liberatorio del riso: richiamarsi alla non-evidenza della realt significa prendere le distanze dallordine del mondo e percepire la propria estraneit rispetto ai luoghi comuni. Rabelais, ci racconta Kundera, aveva paura degli agelasti, giacch essi sono convinti che tutti gli uomini debbano pensare la stessa cosa e che
M. Foucault, Michel Foucault, une interview: sexe, pouvoir et la politique de lidentit, in Dits et crits II, cit., p. 1555. 64 M. Kundera, Larte del romanzo, cit., p. 220. 65 G. Minois, Histoire du rire et de la drision, trad. it. di M. Carbone, Storia del riso e della derisione, Edizioni Dedalo, Bari 2004, p. 72. 66 Ibidem.
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loro stessi siano esattamente ci che pensano di essere67. per contestare questa certezza monolitica che Patoka si appella alla cura dellanima: essa la spinta dinamica che reintroduce una distanza, che immette una differenza, che illumina una prospettiva inattesa. Credo che vada compreso in questi termini il valore etico che Patoka accorda al concetto platonico di chorismos: tratteggiato come ininterrotta tensione oltre il dato e oltre il presente, il chorismos patokiano annuncia la possibilit delluomo di percorrere un margine critico rispetto al regime della semplice presenza. Lesperienza della separazione non segna solo la capacit di indietreggiamento del soggetto rispetto alloggetto, ma anche del singolo rispetto alle proprie pratiche di vita: unesperienza di libert che consiste nella capacit di distanziarsi da ci che si fa, da ci che si pensa e da ci che si dice per conquistare nuove prospettive. Ecco, allora, perch non credo che sia fuorviante riconoscere in Patoka un interesse per lorizzonte del bios come piano della vita da sperimentare, qualificare, reinventare. In questo senso, sebbene nel suo ultimo corso al Collge de France Foucault prenda le distanze da Patoka, rintracciando nel filosofo cco un interesse per la nozione di cura dellanima estraneo alla sua personale indagine rivolta piuttosto allepimeleia heautou (cura di s) come messa alla prova, problematizzazione e stilizzazione del bios credo che proprio lattenzione rivolta al s come piega della carne del mondo renda prossime le ricerche di Patoka e di Foucault. Quando Patoka connette la prospettiva della cura alla natura estatica e relazionale dellesistenza, non pensa allanima soggettivamente connotata, ma alla continua conquista di uno spazio liminare dove ricostruire, sempre di nuovo, il fronte silenzioso di coloro che si compenetrano solo nel comune sconvolgimento della quotidianit68. Il nesso che la riflessione foucaultiana istituisce con lorizzonte del bios sembra invece alludere al movimento della vita che, presa nel duplice processo di assoggettamento e soggettivazione, inventa nuove forme di (r)esistenza e sfugge alla legge di predicabilit dualistica che separa la persona dalla non persona, la vita degna di essere vissuta dalla vita sacrificabile, il malato dal sano di mente, luomo dallanimale. La cura di s tratteggiata da Foucault potrebbe essere intesa come cura di quelleccedenza della vita che si crea un varco nei dispositivi di potere ed escogita stili singolari di resistenza e spazi comuni di libert. Le souci de soi inteso come creazione di modi di vita segna anche lapertura
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M. Kundera, Larte del romanzo, cit., p. 220. J. Patoka, Saggi eretici sulla filosofia della storia, cit., p. 153.

202 Caterina Croce dello spazio comunitario come campo mai semplicemente presupposto n unicamente postposto: lorizzonte del comune continuamente ricreato dalla condivisione di stili di esistenza che tagliano in diagonale il piano delle relazioni istituzionalizzate. Lo spazio comune dischiuso dalla cura del bios non certo quello del noi inclusivo ed escludente di chi crede di essere esattamente ci che pensa di essere, ma quello che sorge dalla condivisione di un modo di vita, e cio dalla creazione di nuove forme di vita, di rapporti, di amicizie, nella societ, nellarte, nella cultura, cui Foucault allude parlando dellamicizia come modo di vita e delle pratiche sessuali come occasioni storiche per riaprire virtualit relazionali ed affettive rimaste bloccate. Un modo di vita, scrive Foucault, pu esser condiviso fra individui det, status e attivit sociale differenti. Pu dar luogo a relazioni intense che non somigliano a nessuna di quelle istituzionalizzate, e mi sembra che un modo di vita possa originare anche una cultura, e unetica69. A mio avviso, un simile pensiero non estraneo allorizzonte teorico di Patoka. O forse, non estraneo alla sua esperienza di vita, se pensiamo alla sua attivit nellambiente dissidente cecoslovacco, alla sua decisione di divenire portavoce di Charta 77, alla sua volont di aderire al proprio impegno fino alle estreme conseguenze. Abbiamo avviato le nostre riflessioni richiamandoci agli scritti che Foucault ha dedicato al processo di moralizzazione portato avanti dalla dissidenza polacca. Esso, scrive Foucault, permette di mettere in comune, di sperimentare come esperienza condivisa, ci che fino ad allora era rimasto un sentimento privato, ossia il disprezzo e lavversione per il regime. importante, a mio avviso, porre attenzione su questo rapporto tra uninteriorit assediata, bloccata, occupata (en chacun) e il moto espressivo che traduce in parole, testi, discorsi collettivi ci che fino ad allora non aveva superato la sfera dellintimit privata. Il processo di moralizzazione coincide dunque con questo movimento di estroflessione per cui si produce, si inventa, si riformula una dimensione del comune. in questo senso che si produce quel fenomeno duplice per cui
Il y a une certaine moralisation de la politique et une politisation de lexistence qui ne se font plus par la rfrence oblige une idologie ou lappartenance un parti, mais qui se font par un contact plus direct des gens avec les vnements et avec leurs propres choix dexistence70.
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M. Foucault, De lamiti comme mode de vie, in Dits et crits II, cit., p. 984. M. Foucault, Lexprience morale et sociale des Polonais ne peut plus tre efface, cit., p. 1168.

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Cura dellanima, cura del s, cura del bios. Le scelte di vita sono il punto di contatto tra letica e la politica: dare forma alla propria vita, uno stile alla propria esistenza significa costruirsi come singolarit in divenire, in un rapporto produttivo con gli avvenimenti71. Mi avvio, allora, alla conclusione citando le parole di un allievo di Patoka, Tom Halk che, in unintervista rilasciata in occasione del trentesimo anniversario di Charta 77, ricorda che il filosofo, poco prima di morire, in un pomeriggio di pioggia gli disse: Sa, la gente che pensa deve pur incontrarsi. Se riconduciamo questa frase al suo contesto il periodo di maggior pressione del regime sovietico su Charta 77, a pochi giorni dagli interrogatori che portarono Patoka alla morte essa d conto della valenza etica e politica che Patoka riconosceva al pensiero e alla pratica filosofica. La gente che pensa, la gente che non si lascia incantare dagli slogan accattivanti del Giorno e non si lascia intimidire dalle offese del potere, deve potersi incontrare: deve poter pensare insieme. Il pensiero, laddove sia condiviso e partecipato, rappresenta una minaccia per il potere: uneccedenza che crea uno scarto imprevisto, una linea di fuga possibile. Cos, la condivisione di un medesimo spazio di discussione diventa occasione per farsi e riconoscersi comunit. Credo che, se si dovessero portare degli esempi concreti al principio filosofico della solidariet degli scampati evocato da Patoka esempi capaci di dare espressione a questo ideale nel tempo ordinario della storia e non nella frattura sismica dellevento si potrebbero citare proprio i seminari clandestini, le riunioni private, le collaborazioni sotterranee che Patoka non rinunci mai a organizzare e alimentare. Lo stesso progetto di Charta 77 sembra nascere dalla volont di incontrarsi, malgrado posizioni e credi differenti, per ricominciare a pensare insieme. Il manifesto di Charta 77 potrebbe essere preso a modello di quelle comunit spontanee e senza patria che nascono dal senso di reciproca responsabilit: dalla messa in comune di una medesima preoccupazione. E se ricordiamo che la nozione di cura reca in s lidea di preoccupazione, potremmo dire che la cura in quanto turbamento, inquietudine, apprenChe il tentativo di dare forma alla propria vita e uno stile alla propria esistenza possa passare dal gesto di prendere la parola, quanto Foucault sembra suggerire affrontando il tema della parrhesia, soprattutto nella declinazione che tale nozione ha assunto nellambito del cinismo. Per un confronto tra Patoka e Foucault a partire dal movimento della verit (Patoka) e dalle pratiche parrhesiastiche di veridizione (Foucault), mi permetto di rimandare al mio scritto Filosofia e politica in Jan Patoka: unalleanza nel segno di Plemos, in Leussein. Rivista di studi umanistici, vol. 5 (2012), n. 1.
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204 Caterina Croce sione si rivela un agente comunitario. Un incentivo capace di creare dei nessi laddove il potere vorrebbe la dissociazione. Curarsi di s e della propria anima, provando a pensare insieme. Senza smettere di prestare ascolto, beninteso, alleco della risata di Dio.
Caterina Croce Universit degli Studi dellInsubria/Universit Jean Moulin Lyon 3 croce.caterina@gmail.com

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Dissidence and Style of Existence. The Perspective of Care between Jan Patoka and Michel Foucault In The Courage of Truth, Foucault refers to the research on the care of the soul led by the Czech phenomenologist Jan Patoka. Foucault marks a difference between his work, focused on the theme of the bios, and Patokas, focused on the theme of the psych. Nevertheless, it can be argued that the concepts of bios and psych, albeit different from an ontological point of view, both involve the need for a disobjectifying (Patoka) and a dis-enslaving (Foucault) movement that, freeing life from the seizure of power and knowledge, discovers and invents the dimension of the common. In fact, within Patokas a-subjective phenomenology, the psych does not coincide with the individual soul, but with the ek-static movement of existence. The outlook of care (of the self, the soul, the bios), never disjointed from the critical ethos of dissent and distance, outlines the ethical vectors along which it is possible to rediscover a sense of common action. Keywords: Care of the self, Care of the soul, A-subjective phenomenology, Critical ontology, Dissidence.

Michel Foucault e le immagini.


Marco Malandra

Tre contributi per unarcheologia del figurativo

Le immagini hanno ricoperto un ruolo molteplice e trasversale lungo

tutta la produzione intellettuale di Michel Foucault. In questo articolo intendo soffermarmi su una serie di scritti poco noti nel panorama italiano, dedicati agli artisti Paul Rebeyrolle, Grard Fromanger e Duane Michals, per mostrare quanto le immagini siano state uno strumento nel quale Foucault ha riposto la propria fiducia, dialogando con esse e utilizzandole a seconda delle diverse finalit di ricerca. Piuttosto che analizzare le immagini come qualcosa su cui Foucault ha rigorosamente riflettuto, si propone qui di considerarle dei fedeli interlocutori con i quali il filosofo francese ha pensato, senza mai smettere di interagirvi e di provare piacere nel farlo. Paul Rebeyrolle: il potere panoptico e la forza di fuggire Paul Rebeyrolle (1926-2005)1 un pittore francese la cui opera ha attirato lattenzione di diverse personalit di spicco della cultura doltralpe negli anni Settanta tra le quali Sartre e Foucault, che ne hanno recensito i dipinti sulla rivista Derrire le Miroir2. Nel 1973, lartista ha esposto una serie di dieci tele intitolandola semplicemente Chiens. Ciascuna tela mostra un cane rinchiuso in cattivit, raffigurato in diverse azioni di lotta, sofferenza e sconfitta. La sensazione di soffocante clausura che si prova dinanzi allanimale in gabbia acuita dallutilizzo di cavi in lattice o pezzi di legno attaccati sulla tela a costituire la gabbia entro la quale il cane rinchiuso; lunica possibilit di intravedere lesterno fornita da una minuscola finestra presente in ogni rappresentazione, ma essa assicura solamente una scarsa veduta di quel che accade al di fuori. Lutilizzo promiscuo di pittura e collage determina, nelle tele di Rebeyrolle, una forte
Il sito della fondazione che ne custodisce la memoria artistica e personale consultabile allindirizzo www.espace-rebeyrolle.com. 2 La rivista ha dedicato cinque numeri monografici allopera di Rebeyrolle; Jean-Paul Sartre ha scritto la presentazione al numero 187, intitolato Coexistences, mentre Foucault ha presentato le opere contenute nel numero 202, intitolato Les prisonniers.
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materiali foucaultiani, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2012, pp. 205-221.

206 Marco Malandra sensazione di impasto visivo, che appesantisce lo spessore e la ruvidit della tela enfatizzando la sensazione di sofferente fisicit dellanimale recluso. Ora, quando Foucault recensisce, con larticolo La force de fuir3, tale serie di cani mostrati in gabbia, sofferenti nei loro vani tentativi di fuga, suggerisce lidea di leggere in queste tele sia unallegoria del sistema e del potere carcerario del quale in quegli stessi anni si stava occupando , sia il riconoscimento di una forza intrinseca nella pittura di Rebeyrolle, capace di creare uno spazio politico nel quale lo spettatore indotto a porsi questioni che scuotono la sua coscienza. Gi dalle primissime righe dellarticolo, infatti, appare chiaro quanto il filosofo francese intenda connotare con forza la sensazione di clausura che vivono gli animali in gabbia, al fine di avvolgervi anche lo spettatore.
Siete entrati. Eccovi accerchiati da dieci quadri, che circondano una stanza di cui tutte le finestre sono state accuratamente richiuse. In prigione, anche voi, come i cani che vedete alzarsi e incespicare contro le grate4?

La sensazione di avviluppamento era accresciuta dallo spazio in cui i Chiens di Rebeyrolle erano esposti: in una stanza scura, attaccati ad anonime pareti senza la mediazione di alcuna cornice, essi determinavano unambientazione che acuiva la tetra e claustrofobica atmosfera gi mostrata dalle dieci tele. Lo spettatore era catturato da queste immagini di prigionia disposte in uno spazio esiguo e, sebbene le immagini che gli si presentavano dinanzi rappresentassero cani e non esseri umani, Foucault evidenzia quanto fosse difficile non immedesimarsi in tale condizione dimprigionamento, esulando dal particolare soggetto rappresentato e lanciandosi in una riflessione generale sulle carceri.
i Chiens non appartengono a un tempo determinato n a un luogo preciso. Non si tratta delle prigioni della Spagna, della Grecia, dellUnione Sovietica, del Brasile o di Saigon; si tratta della prigione. Ma la prigione [] oggi un luogo politico, cio un luogo in cui nascono e si manifestano delle forze, un luogo in cui si forma della storia, e da cui il tempo sorge5.

Foucault utilizza i cani di Rebeyrolle come spunto di riflessione sulla prigione, al di l di qualsiasi particolarismo che un simile argomento pu
M. Foucault, La force de fuir, in Derrire le miroir, n. 202 (1973), pp. 1-8; ora in Dits et crits I, 1954-1975, Gallimard, Paris 2001, pp. 1269-1273. 4 Ivi, p. 1269 (traduzione mia). 5 Ibidem (traduzione mia).
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presentare; la prigione come potere in grado di agire panopticamente sulla vita degli individui, ma anche come possibilit di interagire nel gioco delle forze al fine di non subirle in maniera totalmente passiva. A tal proposito, secondo Foucault, proprio la serie dei cani dipinti da Rebeyrolle manifesta una forza in grado di sollecitare un movimento di fuga, quasi a lasciare intravedere che a ogni potere per quanto oppressivo esso sia, come il potere carcerario corrisponde ontologicamente unoccasione di resistenza:
La serie dei quadri, piuttosto che raccontare quel che successo, trasmette una forza la cui storia pu essere raccontata come la scia della sua fuga e della sua libert. La pittura ha almeno questo in comune con il discorso: quando trasmette una forza che crea della storia, essa politica6.

Foucault analizza i quadri nel loro svolgersi seriale, vivificando le variazioni che uno stesso tema subisce nello scorrere delle diverse tele. Si realizza cos un climax: gli elementi dipinti, che dapprima sono espressione della massima oppressione, sono successivamente attraversati da una potenza narrativa che, di tela in tela, li carica di una forza di fuga liberatrice. Il primo elemento sul quale Foucault si sofferma la verticalit; egli ci suggerisce come essa sia da intendere non come una delle dimensioni dello spazio, [ma come] la dimensione del potere7. Infatti, sia nel mondo delle prigioni, sia nelle gabbie di Rebeyrolle, la verticalit soprattutto rappresentata da elementi di dominio, dai manganelli che minacciano gli animali, impedendo loro di accucciarsi il giorno o di alzarsi la notte, fino allimpiccagione che Foucault cita quasi come se volesse indicarla come soglia estrema di contro-potere, con la quale lindividuo si oppone alla rigida verticalit del potere scegliendo proprio lunica maniera in cui si pu morire in piedi8. La potenza dei bastoni, nei quadri di Rebeyrolle, inoltre acuita dalleffettiva materialit del legno, letteralmente incollato alla tela in modo tale che risulti impossibile staccarlo senza danneggiare questultima.
Ibidem (traduzione mia). Ivi, p. 1270 (traduzione mia). 8 La verticalit domina, sorge, minaccia, schiaccia; enorme piramide di edifici, al di sopra e al di sotto; ordini abbaiati dallalto e dal basso; divieto di coricarti il giorno, di alzarti la notte; in piedi davanti ai guardiani, sullattenti davanti al direttore; crollato sotto i colpi nelle segrete sotterranee, o legato al letto di contenzione per non aver voluto accucciarti davanti ai secondini; e, finalmente, limpiccagione leggera, sola uscita per fuggire alla prigionia in lungo e in largo, sola maniera di morire in piedi; ibidem (traduzione mia).
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208 Marco Malandra Un secondo elemento che fa coppia con loppressione determinata dalla verticalit dei manganelli costituito dalle finestre che, lungi dal rappresentare lunico mezzo che la pittura possiede per aprirsi al mondo, sono del tutto impotenti a designare qualsivoglia fessura di libert.
Guardate: le finestre sono bianche, finch la reclusione trionfa. N cielo, n luce: nulla dellinterno si lascia intravedere; niente nemmeno si azzarda a penetrare. Piuttosto che un esterno, si tratta di un puro fuori [dehors], neutro, inaccessibile, senza figura. Questi riquadri bianchi non indicano affatto un cielo e una terra che si potrebbero vedere da lontano, [ma] rimarcano che si qui e da nessunaltra parte. [] [Le finestre sono il] blasone dellimpotenza nuda9.

Questi, secondo Foucault, gli emblemi di forza oppressiva e potere ai quali i soggetti di Rebeyrolle si trovano soggiogati; tre emblemi la gabbia, il bastone e le finestre che spostano il centro focale dei dipinti dallapparenza estetica agli elementi politici del potere e della lotta tra le forze. I primi dipinti della serie sono tutti caratterizzati da tali elementi: ne La Gele, le guardie immobili sorreggono dritti i propri bastoni; quando i cani si sollevano contro i carcerieri, i bastoni divengono barre e grate di una gabbia, come in Cachot. A tale potere oppressivo, tuttavia, Foucault contrappone una forza di resistenza che, a suo avviso, si scorge nella serie che Rebeyrolle compone; una forza di fuga che costituisce il complementare rovescio della medaglia del potere carcerario. La prima forma di tale forza liberatrice si coglie nel dipinto intitolato Dedans: un fascio di colore blu illumina la superficie bianca della finestra fino a quel punto impenetrabile e asettica. Ma non dalla finestra che sgorga tale salvifica luce, bens da una crepa che fende il muro dallalto verso il basso, come se venisse squarciato da una grande spada blu. Questa luminosa forza di fuga risignifica gli elementi della rappresentazione: la verticalit, ad esempio, cessa di essere blasone di un potere oppressivo per incarnare, nella lunga crepa sul muro, la speranza della libert. In secondo luogo, i bastoni verticali attaccati alla tela per esasperare la materialit della gabbia non impediscono ai muri di sgretolarsi, permettendo ai cani di infilare una zampa o il muso attraverso le fessure, nel tentativo di aprirsi un varco. Tale impazienza di libert dei cani reclusi commentata da Foucault attraverso un profetico parallelo con gli esseri umani: Nella lotta degli uomini, nulla di grande mai passato attraverso le finestre, ma tutto, sempre, attraverso il crollo
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Ivi, p. 1269 (traduzione mia).

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trionfante dei muri10. Questo climax di ascesa verso la libert continua ad attraversare la serie delle tele, nelle quali si scorgono cani raggomitolati con i muscoli contratti, pronti a saltare attraverso le aperture verso una superficie blu e infinita: un salto, tanto basta al cane per rovesciare lo scenario e lasciare la parete carceraria dietro di s. La fuga determina una forza orizzontale che non pu essere rappresentata su una tela sola, ma che emerge considerando le tele nel loro insieme, le une accanto alle altre. Si assiste cos a una fuga dinamica che culmina nella tela finale, il quadro della totale trasversalit, una via di mezzo nella quale sono presenti sia la forza scura del passato, sia gli acquazzoni di colore futuri; e soprattutto, su tutta la lunghezza della tela, appaiono le tracce della fuga frenetica del cane, le tracce di unevasione. La pittura di Rebeyrolle riconosciuta da Foucault come straordinaria occasione di riflessione sui processi di liberazione degli individui in una societ di controllo e sorveglianza che presenta connotati panoptici11:
Rebeyrolle ha trovato il modo di far passare in un sol gesto la forza di dipingere nella vibrazione della pittura. La forma non pi incaricata nelle sue distorsioni di rappresentare la forza; e questultima non deve pi sfigurare la forma per manifestarsi. La stessa forza passa direttamente dal pittore alla tela, e da una tela a quella che segue; dallabbattimento tremante, poi dal dolore sopportato fino a un fremito di speranza, al balzo, alla fuga senza fine di quel cane che, girandovi attorno, vi ha lasciati soli nella prigione in cui siete ora rinchiusi, storditi dal passaggio di questa forza che ormai gi lontana da voi, e della quale non vedete altro che le tracce le tracce di chi si salva12.

La pittura ricorda incessantemente allo spettatore che lo spettacolo della rappresentazione lo riguarda e lo coinvolge. Per questa ragione,
Ivi, p. 1270 (traduzione mia). In un passo di Sorvegliare e punire, Foucault afferma che la nostra societ non quella dello spettacolo, ma della sorveglianza; sotto la superficie delle immagini, si investono i corpi in profondit; dietro la grande astrazione dello scambio, si persegue laddestramento minuzioso e concreto delle forze utili; i circuiti della comunicazione sono i supporti di un cumulo e di una centralizzazione del potere; la bella totalit dellindividuo non amputata, repressa, alterata dal nostro ordine sociale, ma lindividuo vi accuratamente fabbricato, secondo tutta una tattica di forze e di corpi. Noi siamo assai meno greci di quanto non crediamo. Noi non siamo n sulle gradinate n sulla scena, ma in una macchina panoptica, investiti dai suoi effetti di potere che noi stessi ritrasmettiamo perch ne siamo un ingranaggio. M. Foucault, Surveiller et punir, Gallimard, Paris 1975; trad. it. di A. Tarchetti, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1976, p. 236 (corsivo mio). 12 M. Foucault, La force de fuir, cit., pp. 1272-1273 (traduzione mia).
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210 Marco Malandra i Chiens di Rebeyrolle, secondo Foucault, non possono non indurre gli spettatori a immedesimarsi nella condizione di lotta contro le gabbie nelle quali i cani sono rinchiusi: lo spazio pittorico diviene cos politico, offrendo lopportunit agli individui di riflettere su un mondo di prigioni tanto artistiche quanto reali. Grard Fromanger: la frenesia dellimmagine Due anni dopo aver recensito i Chiens di Rebeyrolle, Foucault si occupa nuovamente darte e redige un breve articolo dedicato a un altro artista francese: il pittore Grard Fromanger. Si tratta di un artista contemporaneo poco noto al grande pubblico, le cui opere raramente sono state esposte al di fuori dei confini europei13. Nel 1975, in occasione della retrospettiva Le dsir est partout, interamente dedicata al pittore, Foucault arricchisce il catalogo della mostra con un saggio intitolato La peinture photognique14, nel quale presenta lopera di Fromanger. Lesame di questo scritto permette di sincronizzare le riflessioni sulle immagini e limpianto generale del pensiero foucaultiano. Larticolo risale al 1975 che, com noto, anche lanno di pubblicazione di Sorvegliare e punire. Ora, se le posizioni di Foucault sulle immagini furono influenzate dalle altre ricerche che egli stava compiendo, necessario collocare anche lo scritto su Fromanger cos come abbiamo fatto in precedenza con quello dedicato a Rebeyrolle nel contesto dellindagine sul potere che il filosofo francese condusse durante gli anni Settanta. Sulla scorta di queste considerazioni, si pu intendere La peinture photognique come la dichiarazione del punto di vista foucaultiano riguardo al ruolo che le immagini svolgono nella societ contemporanea. Questa chiave interpretativa, inoltre, suggerita e corroborata dallanalisi che Gary Shapiro ha dedicato agli scritti di Foucault sullarte e le immagini15. In particolare, lo studioso americano invita ad individuare, nellarticolo su Fromanger, il tentativo foucaultiano di presentare larte come la possibilit, per il singolo, di riacquisire unetica di approccio allimmagine in contrasto con un mondo in cui il proliferare pletorico di immagini pubGrard Fromanger un artista francese, nato il 6 settembre 1939 a JouarsPontchartrain. Attualmente vive e lavora tra Siena e Parigi. Lultima grande retrospettiva dedicata a Fromanger stata allestita nel 2005 in Francia, Belgio, Lussemburgo e Svizzera. 14 M. Foucault, La peinture photognique, in Le dsir est partout. Fromanger, Galerie Jeanne Bucher, Paris 1975, pp. 1-11; ora in Dits et crits I, cit., pp. 1575-1583. 15 Cfr. G. Shapiro, Archaeologies of Vision. Foucault and Nietzsche on Seeing and Saying, The University of Chicago Press, ChicagoLondon 2003.
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blicitarie e bombardanti messaggi visivi svolge una pressione continua sugli individui, spesso senza che questi ultimi abbiano gli strumenti culturali necessari per arginare tale passiva ricezione. Cerchiamo quindi di capire in che modo la riflessione foucaultiana sullopera di Fromanger si inscriva in questo contesto, e perch larte del pittore francese permetta allindividuo di acquisire unetica dellimmagine in grado di fornirgli elementi critici che lo tutelino dal potere frenetico che si manifesta nella convulsa diffusione delle immagini nella societ contemporanea. Uno dei principali caratteri della pittura di Fromanger che ha catturato lattenzione di Foucault la tecnica pittorica dellartista, che pu essere definita come un vero e proprio dispositivo. Se, infatti, con questo termine si intende deleuzianamente un groviglio che racchiude in s disparate ed eterogenee componenti, allora perfettamente adottabile anche per lopera di Fromanger, il quale produce immagini mediante unoriginale commistione di tecniche di proiezione, fotografia e pittura. Le opere sono realizzate proiettando fotografie in bianco e nero su una tela; i soggetti delle fotografie spesso sono scelti casualmente e immortalano le scene pi disparate da istantanee che ritraggono un banale frammento di una strada francese, fino a ritratti carichi di valenza politica come quelli delle rivolte carcerarie in Cina. In seguito, lartista dipinge sopra tali immagini proiettate, caricando la scena con colori brillanti. Ne risulta un dipinto dominato da un colore particolare ad esempio un rosso molto caldo, o un verde cangiante che trasforma limmagine in bianco e nero proiettata sulla tela in un vero e proprio acquazzone di colori. In alcune opere, la silhouette nera dellartista appare, come fosse unenigmatica ombra, sovrapposta alle immagini. Queste peculiarit della pittura di Fromanger, in particolare luso di fotografie proiettate come sfondo, mostrano le sue affinit con grandi esponenti della Pop Art come Andy Warhol, anche se, diversamente da questultimo, il pittore francese non si impegner nella produzione seriale delle proprie opere. Foucault inizia il proprio scritto, La peinture photognique, mettendo immediatamente in risalto il carattere misto della pittura di Fromanger e rigettando, di fatto, qualsiasi semplice e sicura divisione tra lambito della fotografia e quello della pittura. Tale distinzione si affermata, nellimmaginario comune, a partire dalla fine del XIX secolo, quando si caricata la fotografia di un valore epistemologico in quanto perfetta rappresentazione del reale, mentre la pittura continuava ad essere considerata come espressione della rappresentazione estetica per eccellenza. Lo stesso Ingres, citato da Foucault in apertura del saggio, interpretava la fotografia come una semplice e meccanica serie di operazioni manuali che, per quanto conducesse a un

212 Marco Malandra ottimo risultato, non si poteva ammettere fosse propriamente bella quasi a suggerire che questo genere di tecnica non trovasse posto nel dominio estetico dellarte16. Al contrario Foucault, rifiutando il netto iato tra fotografia e pittura, entra in dialogo con le citazioni di Ingres al fine di trovare nuove possibilit nel rapporto fra le due arti; in particolare, egli suggerisce di considerare sia la fotografia sia la pittura come una serie di operazioni manuali, tanto da poterle mettere in comunicazione tra loro, combinandole, alternandole, sovrapponendole, incrociandole o ancora facendo s che si cancellino ed esaltino luna con laltra. Di conseguenza, la pittura di Fromanger incarna alla perfezione queste sfide alla netta distinzione tra dominio fotografico e pittorico; anzi, a detta di Foucault, essa mostra quanto le pratiche fotografiche e pittoriche possano compenetrarsi a fondo, trasformandosi vicendevolmente. Il filosofo francese aggiunge che, fino al 1860-1880, tale capacit di mischiare i generi era totalmente presente nella cultura europea: era il tempo della frenetica circolazione di immagini sempre nuove che non potevano essere ingabbiate in ununica tecnica:
Le immagini, allora, correvano per il mondo sotto identit fallaci. Niente ripugnava loro maggiormente che restare prigioniere, identiche a se stesse, in un quadro, una fotografia, unincisione, sotto il segno di un autore. Nessun supporto, nessun linguaggio, nessuna sintassi stabile poteva trattenerle: dalla loro nascita, o dalla loro ultima fermata, esse sapevano sempre evadere attraverso nuove tecniche di trasposizione17.

Foucault cerca di mettere in evidenza quanto tale attivit creativa e poietica attorno e sulle immagini fosse una pratica comune durante un certo periodo del XIX secolo, tanto da dare origine a una tradizione di generi misti come la fotopittura, la fotominiatura, la fotoincisione e la ceramica fotografica: ci si divertiva molto con tutte queste piccole procedure che ridevano dellArte. Desiderio dellimmagine dappertutto, e in tutti i modi, piacere dellimmagine18. Un desiderio e un piacere dellimmagine che tuttavia, secondo Foucault, dimostravano anche quanto fosse diffusa la capacit degli individui di interagire con le immagini, di diventare a loro volta
Foucault inizia il proprio articolo citando due frasi di Ingres: Ingres: Considerando che la fotografia si riassume in una serie di operazioni manuali. [] Ingres ancora: La fotografia molto bella, ma non bisogna dirlo. M. Foucault, La peinture photognique, cit., p. 1575 (traduzione mia, corsivo mio). 17 Ivi, p. 1576 (traduzione mia). 18 Ivi, p. 1578 (traduzione mia).
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attori attivi nel vertiginoso e continuo vortice circolatorio delle immagini: unetica e pratica dellimmagine che Foucault giudica della massima importanza, poich denota quanto gli individui non subissero passivamente il linguaggio visivo. Di contro, con lavvento del XX secolo, si assiste a un aumento del tecnicismo nellarte, che cessa di essere una pratica quotidiana aperta alla libera azione di tutti, divenendo appannaggio esclusivo di professionisti dellimmagine, quali tecnici di laboratorio e commercianti: i primi sviluppano la fotografia, i secondi la consegnano. Nessuno quindi pi in grado di liberare limmagine dalle maglie professionali nelle quali imprigionata. Questa situazione, in cui gli individui non sono pi in grado di interagire con larte, in cui hanno perduto labitudine e la pratica attiva di modificare le immagini, inaugurando cos la possibilit di esserne semplicemente i fruitori passivi, talmente biasimata da Foucault che egli pronuncia un monito per la riappropriazione delletica e della pratica dellimmagine che si carica di una fortissima valenza politica:
privati della possibilit tecnica di fabbricare delle immagini, costretti allestetica di unarte senza immagine, piegati allobbligo teorico di squalificare le immagini, educati a non leggere le immagini se non come un linguaggio, potevamo essere consegnati, piedi e polsi legati, alla forza di altre immagini politiche, commerciali rispetto alle quali eravamo senza potere19.

Come visto in precedenza a proposito dellopera di Rebeyrolle, anche in questo caso lindagine e linteresse di Foucault per le immagini sono focalizzati su particolari dinamiche di potere; ancora una volta, le immagini sono portatrici di una carica politica in grado di agire sugli individui, sono espressione di un determinato potere; quindi necessario che gli individui siano in grado di adottare pratiche di contro-potere visuale che permettano loro di agire sulle immagini, piuttosto che subirle. Foucault, infatti, si chiede come sia possibile apprendere nuovamente che le immagini spesso devono essere decifrate, rigirate e, a volte, addirittura fabbricate:
Come ritrovare il gioco di un tempo? Come reimparare non solo a decifrare o rigirare le immagini che ci vengono imposte, ma a fabbricarne di tutti i tipi? Non solo a fare altri film o fotografie migliori, non solo a ritrovare il figurativo nella pittura, ma a mettere le immagini in circolazione, a farle transitare, a travestirle, a deformarle, a scaldarle con il rosso, a ghiacciarle, a moltiplicarle20?
19 20

Ibidem (traduzione mia). Ibidem (traduzione mia).

214 Marco Malandra La capacita di giocare liberamente con e sulle immagini, contribuendo alla loro circolazione frenetica, il contro-potere che Foucault riconosce nella pittura di Fromanger, la quale si determina come spazio politico in grado di coinvolgere lo spettatore facendolo riflettere sulle necessit di unetica e di uneducazione allimmagine. Secondo Foucault, infatti, Fromanger colpisce per la sua capacit di volatilizzare le immagini, decontestualizzandole e risignificandole. Ad esempio, nella serie in cui ritrae una rivolta nella prigione di Toul, che cos veramente rappresentato? Il gesto di gettare una serie di macchie multicolore sulla fotografia come se fossero coriandoli carnevaleschi carica la scena di tuttaltra emozione rispetto alla dura realt della rivolta carceraria. Come anche Shapiro ha osservato, sembra che Foucault, nel suo saggio, rintracci nellopera di Fromanger la capacit di risignificare immagini il cui contenuto abitualmente codificato in maniera univoca: nel mondo delle immagini istantanee, questi uomini sul tetto sono semplicemente soggetti pericolosi, criminali rinchiusi che si ribellano contro la loro condizione; la loro presenza sul tetto un atto di disperazione che suggerisce immediatamente lassenza di significato della loro impresa. Foucault, particolarmente sensibile alle rivolte carcerarie e personalmente impegnato, tra il 1971 e il 1972, nellesperienza del Groupe dinformation sur les prisons (G.I.P.), propone invece di considerare latto di protesta come una rivendicazione in grado di allargare la possibilit di azione politica, lo spazio politico dei detenuti. Possibilit che i coriandoli colorati della pittura di Fromanger adornano come fosse una vera e propria festa, rovesciando completamente il significato dellimmagine iniziale. Si crea quindi una tensione politica tra limmagine e lo spettatore, il quale non pu non interrogarsi sullapparenza festiva della ribellione, chiedendosi per quale ragione il pittore abbia effettuato tali operazioni sulla tela. Dunque, agire creativamente sulle immagini significa, per Foucault, aprire la possibilit che queste ultime non siano catturate in significati sempre uguali e codificati: riappropriarsi della capacit di modificare le immagini permette allindividuo di esercitare la propria libert. In questo contesto, la pittura di Fromanger lesempio di come le immagini non vengano catturate, ma fatte circolare liberamente:
I quadri di Fromanger non catturano le immagini; non le fissano; le fanno passare. Essi le conducono, le attirano, aprono loro dei passaggi, accorciano loro le strade, permettono loro di bruciare le tappe e le lanciano ai quattro venti. La serie fotografia-diapositiva-proiezione-pittura, presente in ciascun quadro, ha la funzione di assicurare il transito di unimmagine. Ogni quadro un passaggio; unistantanea che, invece di essere prelevata dalla fotografia sul movimento della

Michel Foucault e le immagini 215 cosa, anima, concentra e intensifica il movimento dellimmagine attraverso i suoi supporti successivi21.

Foucault chiama transumanza autonoma22 questa continua iterazione e circolazione delle immagini: come le mandrie da allevamento si muovono attraverso diversi pascoli nel corso delle stagioni, cos la migrazione autonoma delle immagini assume i caratteri di una ricerca nomade, nella quale gli individui che si avvicinano alla pittura di Fromanger sono chiamati a riscoprire il piacere di manipolare, modificare, interagire e variare le immagini. Una simile attivit permette loro di inaugurare uno spazio politico di reazione e resistenza contro le forme usuali di immagine che circolano nella societ contemporanea. Il soggetto diviene cos un saccheggiatore o un contrabbandiere in grado di produrre e trasformare in immagini rivoluzionarie persino gli anonimi e standardizzati cartelloni pubblicitari che invadono le strade. E proprio le strade dipinte ma forse sarebbe meglio dire create da Fromanger sono un ulteriore esempio di come la sua pittura sia in grado di risignificare un soggetto rappresentato: quel luogo che dabitudine pensato totalmente attraversato dai segni della convenzione e del potere pubblicitario, diviene nella pittura di Fromanger qualcosa di completamente altro. Non pi una strada in particolare, ma un universale cammino per i continenti in grado di portare fino al cuore della Cina o dellAfrica. Duane Michals e La cura di s Foucault scrive il proprio ultimo contributo sullarte e le immagini recensendo, in un denso articolo, alcune opere di Duane Michals, in occasione dellesposizione La pense, lmotion23. Lanalisi di questo articolo permette di rintracciare una linea di continuit con gli altri testi che Foucault stava redigendo in quel periodo. In particolare, lo scritto su Michals presenta una notevole consonanza con il progetto di unestetica dellesistenza che emerger dalle pagine del secondo e terzo volume della Storia della sessualit,
Ivi, p. 1581 (traduzione mia). Ivi, p. 1582. 23 M. Foucault, La pense, lmotion, in D. Michals, Photographies de 1958 1982, Muse dArt moderne de la ville de Paris, Paris 1982, pp. III-VII; ora in Dits et crits II, 1976-1988, Gallimard, Paris 2001, pp. 1062-1069. Duane Michals un fotografo statunitense, nato nel 1932 a McKessport (Pennsylvania).
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216 Marco Malandra pubblicati pochi mesi prima della morte di Foucault. Tuttavia, prima di analizzare quale legame possa esserci tra lo scritto La pense, lmotion e gli obiettivi dellultima grande impresa intellettuale foucaultiana, concentriamoci sulle caratteristiche che, nella fotografia di Michals, hanno suscitato linteresse del filosofo francese. Come nel saggio su Fromanger, anche lo scritto su Michals denota la curiosit foucaultiana per i risultati che le innovative forme di espressione artistica hanno raggiunto combinando fotografia e pittura. Ancora una volta, Foucault richiama il paradigma secondo il quale la fotografia ricoprirebbe il ruolo di fedele restitutrice della realt, mentre alla pittura sarebbe riservata la possibilit di estendersi fino ai limiti dellimmaginazione e dellastrazione. Per sottolineare la distanza che separa tale cristallizzazione archetipica del rapporto tra le due arti e la tecnica di Michals, Foucault cita in apertura del saggio una frase del fotografo che rende lidea della sua totale inversione di tendenza rispetto alla tradizione:
Le persone credono alla realt delle fotografie ma non alla realt dei dipinti. Questo un grande vantaggio per i fotografi. Il problema che anche i fotografi credono alla realt delle fotografie24.

Limmaginario comune, dove anche i fotografi credono ciecamente alla fotografia, inteso da Michals come qualcosa di vizioso e illusorio, e Foucault non manca di evidenziare come nellopera del fotografo sia possibile rintracciare una critica verso tale precisa etica dello sguardo che rende locchio fotografico qualcosa di assolutamente neutro e sicuro.
Afferrare il reale, cogliere sul fatto, catturare il movimento, far vedere, per Duane Michals, la trappola della fotografia: un falso dovere, un desiderio maldestro, unillusione su se stessa. I libri di fotografia hanno spesso dei titoli come: Locchio del fotografo, o Lo sguardo di Machin-Chose, o Far vedere, come se i fotografi non avessero che occhi, e nulla nella testa25.

Piuttosto che assoggettare la fotografia ai comandamenti di unidea di sguardo imperiosa e impeccabile, riducendo cos il fotografo a essere solo occhio26, in Michals presente un lungo lavoro finalizzato a distaccarsi da tale ristretta etica dello sguardo, per cercare di annullare la funzione esclusivamente oculare della fotografia. Di conseguenza, lopera di Michals roIvi, p. 1063 (traduzione mia). Ivi, p. 1065 (traduzione mia, corsivo mio). 26 Ibidem.
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Michel Foucault e le immagini 217

vescia il rapporto epistemologico tra pittura e fotografia, fornendo anche a questultima la possibilit di far entrare nel proprio campo rappresentativo elementi della vita umana convenzionalmente irrappresentabili. Non casuale, infatti, la citazione che Foucault riprende da Michals: Tutto materia per la fotografia, soprattutto le cose difficili della nostra vita: lansia, i grandi dolori dellinfanzia, il desiderio, gli incubi. Le cose che non si possono vedere sono le pi cariche di senso27. Per accentuare il gesto artistico di Michals, Foucault rimarca nel proprio articolo come la soglia tra pittura e fotografia sia pi volte oltrepassata dallartista; le sue fotografie, lungi dal rappresentare la realt nei suoi termini canonici, segnano unapertura verso la dimensione spirituale, evocando evanescenti e pressoch invisibili oggetti, quasi a lasciar intendere che la macchina fotografica sia riuscita ad immortalare uno spirito, unaura o un ectoplasma. In altri casi, lo spettatore non in grado di distinguere, nelle fotografie di Michals, quel che tradizionalmente reale da quello che non lo come, ad esempio, nel Ritratto di Roy Headwell che Foucault descrive mediante unabile kphrasis:
Un giovane uomo, Roy Headwell, seduto, tutto contro un tavolo; lentamente, ha piegato la testa; ha finito per posarla [sul tavolo]. Si appena addormentato, tenera scultura. Questa la fotografia. Un po pi lontano, sul medesimo tavolo, a met tra i capelli biondi delladdormentato e il nostro sguardo, ci sono dei biscotti accuratamente modellati: dei bordi, degli angoli, varie facce luminose []: ecco, in quelle figure insensatamente reali che si concentra tutta la parte dipinta della fotografia. Provate voi a capire se quei biscotti sono il messaggio del sognatore, o lindubitabile oggetto della nostra percezione28.

In questopera, dove pittura e fotografia si sovrappongono, Foucault riconosce una vera e propria risata indirizzata verso i canoni della fotografia iperrealista; una risata che allarga le possibilit della rappresentazione giocando sulla sottile linea che separa sogno e percezione. Come ha evidenziato Shapiro in Archaeologies of Vision, Michals ha qui realizzato qualcosa di simile a quanto avveniva nel pensiero epicureo, dove le visioni e i sogni non erano semplicemente collocati nella mente degli individui, ma avevano una vera e propria sostanzialit derivata dagli di e, pertanto, potevano essere perfettamente rappresentati. Il secondo carattere tipico della tecnica di Michals che Foucault pone in rilievo la capacit dellartista di decontestualizzare il soggetto rappresentato. In particolare, Foucault riconosce alcuni procedimenti magrittia27 28

Ivi, p. 1063 (traduzione mia). Ivi, pp. 1063-1064 (traduzione mia).

218 Marco Malandra ni29 con i quali lartista crea una forte tensione tra il titolo dellopera, o altre iscrizioni che sovente vi inserisce, e quanto effettivamente percepibile nella fotografia, come nel caso di This Photograph Is My Proof: la fotografia rappresenta una giovane donna che abbraccia un uomo di schiena, appoggiando teneramente la propria testa su una scapola del compagno. Tutto lascia presagire che si tratti di un placido ritratto di una coppia felice se non che, nella parte inferiore della fotografia, riportata a mano una scritta che recita: Questa fotografia la mia prova. Lei cera quel pomeriggio, quando le cose andavano ancora bene tra noi, e lei mi abbracciava, ed eravamo cos felici. successo, mi ha amato. Controlla, guarda tu stesso!30. Lo spettatore quindi indotto a riguardare la scena, scovando nellespressione enigmatica della donna i presagi di quello che succeder in futuro alla coppia e stravolgendo, di conseguenza, linterpretazione iniziale dellopera. Ci su cui si sofferma Foucault, tuttavia, non riguarda lermeneutica del significato suggerito da queste parole; il gesto artistico di Michals decisivo nella misura in cui problematizza quel che appare nella fotografia, in quanto le parole a margine sono state poste proprio per disorientare, evitando di lasciar intendere in maniera esplicita il legame con il soggetto rappresentato. Gli spettatori sono di conseguenza coinvolti in questo indeciso rimando tra testo e immagini che li costringe a svolgere unattivit costruttiva che, come gi visto in Rebeyrolle e Fromanger, li fa interrogare sullo statuto delle immagini, intese non come qualcosa di fisso da subire acriticamente, ma piuttosto come qualcosa di effimero esposto allinvisibile brezza del mutamento. Riassumendo, si pu affermare che, secondo Foucault, anche larte di Michals in grado di esercitare un potere che apre una breccia politica tale da coinvolgere lo spettatore-fruitore delle immagini: in particolare, nel mondo contemporaneo dove sempre pi energie sono consacrate alla scientifica documentazione fotografica e le immagini sono codificate secondo dettami convenzionali, lopera di Michals ricorda agli individui la necessit di unarte che sappia costruire immagini disorientanti e problematiche, talvolta persino abitate da ombre e fantasmi. Ora, dopo aver delineato i caratteri dellopera di Michals che maggiormente hanno attirato la curiosit foucaultiana, possiamo rivolgere latDuane Michals ha incontrato Magritte e lha adorato. Si trovano nella sua opera molti procedimenti magrittiani cio esattamente opposti a quelli di Bacon: consistono, in effetti, nel lucidare, nel rifinire una forma fino al suo pi alto punto di realizzazione, poi nello svuotarla di tutta la realt e nel sottrarla dal suo campo di visibilit familiare tramite degli effetti di contesto. Ivi, p. 1066 (traduzione mia). 30 Cfr. G. Shapiro, Archaeologies of Vision, cit., p. 381 (traduzione mia).
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tenzione sugli spunti che il saggio sul fotografo statunitense offre come possibili legami tra la produzione dellartista e le ultime speculazioni del filosofo francese, in particolare per ci che riguarda la nozione di estetica dellesistenza. Come preliminare punto dindagine in tale direzione, utile porre in risalto il fatto che Foucault lasci trasparire nellarticolo su Michals una sorta di attrazione per il carattere sperimentale della sua arte: le sue fotografie lo attirano come esperimenti ed esperienze fatte dallautore ma che, senza che se ne capisca chiaramente il motivo, scivolano verso lo spettatore suscitando in lui uneterogenea gamma sensoriale di piaceri, inquietudini, sensazioni che sono gi state vissute o che si presume possano esserlo in futuro, lasciando di conseguenza lo spettatore nella condizione liminare in cui non sa se quelle sensazioni sono propriamente sue o se le deve allesperienza e alla capacit artistica di Duane Michals31. Del resto, il fotografo stesso consapevole di questa peculiarit della propria produzione artistica, e definisce se stesso come il proprio regalo allo spettatore32, in grado cio di donare coscientemente, tramite la propria arte, qualcosa di s agli altri. Si pu cogliere, nellinteresse di Foucault per questa particolarit dellartista di essere uno sperimentatore, un legame con quanto il filosofo francese stava approfondendo in quegli stessi anni riguardo alla nozione di estetica dellesistenza. Come noto, una buona parte degli sforzi intellettuali dellultimo Foucault si sono concentrati sulle possibilit degli individui di costituirsi come interpreti liberi della propria soggettivit. Infatti, sebbene il tema della storia dei differenti modi di soggettivazione degli esseri umani sia stato da sempre il sostrato ultimo della ricerca foucaultiana come dichiarato da Foucault stesso nel saggio posto a conclusione della monografia di Dreyfus e Rabinow33 , nei corsi al Collge de France dei primi anni Ottanta lattenzione di Foucault si concentra soprattutto su come i singoli possano rifiutare una determi[Le foto di Duane Michals] mi attirano come esperienze. Esperienze fatte solo da lui; ma che, non saprei dire come mai, scivolano verso di me e, penso, verso chiunque le guardi , suscitando piaceri, inquietudini, maniere di vedere, sensazioni che ho gi avuto o che sento di dover provare un giorno, e di cui mi domando sempre se sue o mie, sapendo comunque che le devo a Duane Michals. M. Foucault, La pense, lmotion, cit., p. 1063 (traduzione mia, corsivo mio). 32 A tal proposito, Foucault cita una frase in cui Michals afferma: Je suis mon cadeau pour vous (ibidem). 33 Cfr. H.L. Dreyfus e P. Rabinow, Michel Foucault. Beyond Structuralism and Hermeneutics, The University of Chicago Press, Chicago, 1983; trad. it. di M. Bertani, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle Grazie, Firenze 1989; nuova edizione La casa Usher, Firenze 2010, pp. 279-287, qui p. 279.
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220 Marco Malandra nata tipologia di individuazione che loro imposta da poteri con i quali devono costantemente relazionarsi, a vantaggio di pratiche di libert volte alla creazione e modificazione autonoma della propria soggettivit. Di qui linteresse per le cosiddette pratiche del s, attraverso le quali lindividuo agisce su se stesso per smarcarsi dai processi di individuazione che generalmente lo determinano. Ora, senza esplicitare qui tutte le diverse tradizioni analizzate da Foucault nella sua ricerca di pratiche rivolte alla cura di s, riassumiamo il concetto citandolo direttamente:
La pratica di s deve permettere di disfarsi di tutte le cattive abitudini, di tutte le false opinioni che si possono ricevere dalla folla, o dai cattivi maestri, ma anche dai genitori o dallambiente circostante. Disapprendere (de-discere) uno dei compiti importanti della cultura di s34.

Disapprendere diviene la necessaria pratica decostruttiva per liberarsi dalle abitudini con le quali la cultura nel senso pi esteso del termine ha plasmato nel tempo gli individui. Le pratiche del s sono pertanto un esercizio meticoloso di s su s con il quale lindividuo si prende cura di se stesso, ricercando le regole finalizzate alledificazione della propria persona, esattamente come se stesse costituendo unopera darte. Ora, se trasliamo questo laborioso esercizio di s su s sul piano dellarte, ne deriva una definizione dellarte stessa come paziente lavoro di trasfigurazione dellartista su se medesimo; unarte, cio, in grado di testimoniare gli esperimenti dellartista finalizzati alla creazione del proprio s il che, di conseguenza, pu comportare listituzione di uno spazio di comunicabilit tra lartista e gli spettatori, i quali, nel momento in cui fruiscono di unopera darte, si trovano investiti e problematizzati dalle stesse esperienze che percepiscono. In questo senso, possibile comprendere linteresse che Foucault ha dimostrato per la produzione artistica di Michals: il fotografo, nelle sue opere, si manifesta agli spettatori proprio come un regalo, donato a testimonianza di quel preciso atteggiamento di sperimentazione sulla propria soggettivit che egli ha compito. In un denso e sentito passo di unintervista concessa a Duccio Trombadori nel 197835, Foucault aveva gi dimostrato di condividere e fare propria questa prospettiva sperimentale di ricerca, descrivendo il proprio lavoro intellettuale come azione speM. Foucault, Lhermneutique du sujet, in Annuaire du Collge de France, 82 anne, Histoire des systmes de pense, anne 1981-1982, Paris 1982, pp. 395-406; ora in Dits et crits II, cit., pp. 1172-1184, qui p. 1176; trad. it. di A. Pandolfi e A. Serra, Lermeneutica del soggetto, in M. Foucault, I corsi al Collge de France. I Resums, Feltrinelli, Milano 1999, p. 110. 35 Cfr. M. Foucault, Entretien avec Michel Foucault, in Dits et crits II, cit., pp. 860-914.
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rimentale e plasmatrice della soggettivit. Per questo motivo, e allo stesso modo, si pu stabilire un legame con lesperienza di Michals: lartista esprime il proprio cammino sperimentale allo spettatore mediante le proprie opere darte, permettendo di conseguenza che anche altri individui ne diventino partecipi, tanto da rendere loro impossibile discernere al primo istante di riflessione e con nettezza se lemozione suscitata dalle fotografie di Michals sia dovuta alla sua capacit artistica o provenga da loro stessi. In conclusione, si pu affermare che Foucault considera Duane Michals come lesempio di un artista che ha saputo fare, grazie alla propria arte, un meticoloso lavoro su di s e sui propri limiti, in contrasto con tutte le linee di condotta standardizzanti tipiche della societ moderna: una testimonianza di quellossimorico travaglio paziente che d forma allimpazienza della libert36 che si spera sar in grado di creare uno strappo nel cielo di carta della scenografia degli individui normalizzati, affinch imparino a divenire soggetti di se stessi.
Marco Malandra Universit degli Studi di Milano mallaxiv@gmail.com

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Michel Foucault and Images. Three contributions to an Archaeology of Figurative In this article I examine the role that images play in Foucaults works of the 70s and 80s, thus showing that such a theme does not come to an end in the 60s. I analyse in particular three essays devoted to the artists Paul Rebeyrolle, Grard Fromanger and Duane Michals, and I find in them several lines of continuity with Foucaults analyses of power relations and the corresponding possibilities to resist (Rebeyrolle, Fromanger), and with the concepts of care of the self and of aesthetic of existence (Michals). Keywords: Foucault, Images, Art, Power, Resistance, Aesthetic of existence, Care of the self.

M. Foucault, What is Enlightenment?, in Dits et crits II, cit., p. 1397; trad. it. di S. Loriga, Che cos lIlluminismo?, in Archivio Foucault 3. Estetica dellesistenza, etica, politica, Feltrinelli, Milano 1998, p. 232.
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