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CAPITOLO PRIMO

IL PROCESSO CAUTELARE UNIFORME


di Piero Leanza



SOMMARIO: 1. I provvedimenti cautelari e il processo cautelare uniforme. 2.
Svolgimento del procedimento. 3. Introduzione del procedimento. 3.1. Se-
gue. Competenza in corso di causa. 4. La clausola arbitrale nel procedimen-
to cautelare. 4.1. Competenza. 4.2. Levoluzione giurisprudenziale, linter-
vento della Corte costituzionale e la recente modifica legislativa. 4.3. La tute-
la cautelare e larbitrato irrituale nel rito societario. 5. Difetto di competenza e
di giurisdizione. 6. La trattazione e la fase istruttoria. 7. Il provvedimento di
rigetto. 8. Il provvedimento di accoglimento. 8.1. La stabilit del provve-
dimento cautelare. 9. Inefficacia del provvedimento cautelare. 10. Revoca e
modifica del provvedimento cautelare. 11. Il reclamo. 11.1. Natura del re-
clamo e poteri del collegio. 11.2. Il reclamo avverso il provvedimento di riget-
to e nei confronti del decreto inaudita altera parte. 11.3. Svolgimento del pro-
cedimento. 11.4. Il reclamo incidentale. 11.5. Rapporti tra il reclamo avver-
so il provvedimento di rigetto e la riproposizione della domanda cautelare.
11.6. Il rapporto tra il reclamo e la revoca o la modifica del provvedimento.
12. Lattuazione del provvedimento. 13. Il procedimento cautelare nel pro-
cesso societario. Cenni.



1.
I provvedimenti cautelari e il processo cautelare
uniforme.



La disciplina dei procedimenti cautelari contenuta nel Libro IV,
Titolo I, del codice di procedura civile, che si occupa dei procedimen-
ti sommari in genere, dai quali i procedimenti cautelari si distinguono
in ragione della loro strumentalit rispetto al giudizio di merito, che
PROCEDIMENTI POSSESSORI E CAUTELARI
2
consiste nellanticipare o conservare gli effetti giuridici che scaturiran-
no dalla sentenza conclusiva del giudizio
1
.
Un carattere essenziale del provvedimento cautelare infatti, secon-
do la concezione tradizionalmente accolta, la sua strumentalit e, di
conseguenza, la sua provvisoriet, ovvero linidoneit a produrre ef-
fetti definitivi e linevitabile perdita di ogni effetto in seguito alla pro-
nuncia della sentenza di merito, essendo lo stesso sempre destinato ad
essere assorbito da questa
2
.

Tale concezione, fatta propria anche dalla giurisprudenza, attribuisce ai provvedi-
menti cautelari in genere (e, in particolare, ai provvedimenti durgenza ex art. 700 c.p.c.)
natura strumentale e provvisoria, sul presupposto che gli stessi sono privi dei requi-
siti propri della sentenza, o, comunque, di un provvedimento decisorio atto a produr-
re effetti di diritto sostanziale o processuale con autorit di giudicato, con lulteriore
conseguenza che il relativo procedimento non provoca preclusioni o decadenze, e nel
successivo giudizio di merito possono essere fatte valere tutte le eccezioni e decaden-
ze anche non opposte nel giudizio cautelare o sulle quali il giudice adito non abbia as-
sunto alcuna decisione (Cass. 2 ottobre 2001, n. 12193, in Giust. civ. mass., 2001, p.
1708).

Tali caratteri, tuttavia, sono stati alquanto ridimensionati per effetto


1
Per una disamina degli aspetti generali dei procedimenti cautelari si segnalano, tra
i tanti, E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel diritto processuale civile
e nel diritto del lavoro, Giuffr, Milano, 1997; E. MERLIN, voce Procedimenti cautelari
ed urgenti in generale, in Dig. civ., XIV, Utet, Torino, 1996, p. 427; C. CONSOLO, Il nuovo
procedimento cautelare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1994, p. 309; C. CONSOLO, Il pro-
cesso cautelare: profili generali, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1996, p. 345; A. PROTO PI-
SANI, La nuova disciplina dei procedimenti cautelari in generale, in Foro it., 1991, V, c.
94; F. AULETTA, sub art. 669 quaterdecies, in R. VACCARELLA-G. VERDE (a cura di), Codi-
ce di procedura civile commentato, Utet, Torino, 1997; G. OBERTO, Il nuovo processo
cautelare, Giuffr, Milano, 1992; A. ATTARDI, Le nuove disposizioni sul processo civile,
Cedam, Padova, 1991; C. CECCHELLA, Il processo cautelare, Einaudi, Torino, 1997; R.
VACCARELLA, B. CAPPONI, C. CECCHELLA, Il processo civile dopo le riforme, Giappichelli,
Torino, 1992.
2
In dottrina si sottolinea la natura provvisoria e strumentale dei procedimenti cau-
telari, la cui stessa ragion dessere quella di evitare il pregiudizio grave ed irreparabile
derivante dal tempo necessario ad ottenere una sentenza esecutiva nel giudizio a cogni-
zione piena (F. TOMMASEO, I provvedimenti durgenza; struttura e limiti della tutela an-
ticipatoria, Cedam, Padova, 1983; A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile,
Jovene, Napoli, 1996, p. 651; A. CARRATTA, Profili sistematici della tutela anticipatoria,
Giappichelli, Torino, 1997.
IL PROCESSOCAUTELARE UNIFORME

3
della riforma attuata con le recenti leggi n. 80/2005 e n. 263/2005
3
, le
quali, per quanto riguarda i procedimenti durgenza ex art. 700 c.p.c.,
quelli di nuova opera e danno temuto e, in genere, quelli con finalit an-
ticipatorie, anche se previsti da leggi speciali, hanno introdotto il prin-
cipio della stabilit del provvedimento, consistente nella sua attitudi-
ne a divenire definitivo e regolare i rapporti tra le parti del procedimen-
to anche in mancanza dellinstaurazione del giudizio di merito
4
.
Il carattere provvisorio dellordinanza cautelare, pacifico in dottrina
5

e in giurisprudenza, non quindi pi la regola.

La giurisprudenza invero costante nel ritenere la natura essenzialmente provviso-
ria e strumentale dei provvedimenti cautelari, volti ad assicurare in via meramente in-
terinale gli effetti di una futura pronuncia di merito (Cass., Sez. Un., 17 febbraio 1995,
n. 1713).
Pi in particolare, la Corte di Cassazione ha concordemente affermato che i prov-


3
Le specifiche novit apportate dalle leggi n. 80/2005 e n. 263/2005 attengono ai
rapporti con larbitrato (art. 669 quinquies), allefficacia del provvedimento cautelare in
rapporto al giudizio di merito (art. 669 octies), alla modifica e revoca del provvedimen-
to cautelare (art. 669 decies), al reclamo (art. 669 terdecies), agli accertamenti tecnici
preventivi (art. 696) ed allintroduzione del nuovo istituto della consulenza tecnica
preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696 bis).
4
Tale innovazione era gi stata introdotta nel rito societario dagli artt. 23 e 24, d.lgs.
17 gennaio 2003, n. 5. Va tuttavia osservato che la recente riforma attuata nel 2005 in-
teressa, nel suo complesso, anche tale rito, dal momento che lart. 23, d.lgs. n. 5/2003, sta-
bilisce che ai procedimenti cautelari ante causam si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni del codice di procedura civile relative al processo cautelare uniforme (e,
quindi, gli artt. 669 bis e 669 ter c.p.c., relativo al deposito del ricorso, alla formazione
del fascicolo dufficio e alla designazione del giudice che tratter listanza cautelare,
lart. 669 sexies c.p.c. relativo allo svolgimento del procedimento, nonch lart. 669 sep-
ties c.p.c., relativo allordinanza di rigetto (D.E. CUTUGNO-V. DE GIOIA, Il nuovo pro-
cesso cautelare, in DeG, 6, 2006).
5
Si osservava, in maniera incisiva, che il provvedimento cautelare infatti rappre-
senta il braccio avanzato della decisione normale, cosicch, una volta intervenuta que-
sta, la ragion dessere della tutela mediata viene meno essendo stato conseguito lo sco-
po ultimo al quale si tendeva (E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel
diritto processuale civile e nel diritto del lavoro, cit., p. 55) e che tali procedimenti, quin-
di, pur essendo caratterizzati da una cognizione sommaria, non possono mai concludersi
con una decisione definitiva, suscettibile di passare in giudicato, ma si limitano unica-
mente alla concessione di un provvedimento provvisorio, destinato a perdere efficacia
con lavvento della sentenza di merito (P. LEANZA-E. PARATORE, I provvedimenti dur-
genza nel processo del lavoro, Giuffr, Milano, 2000, pp. 29-30).
PROCEDIMENTI POSSESSORI E CAUTELARI
4
vedimenti cautelari, anche quelli emessi in sede di reclamo, sono privi dei caratteri di
decisoriet e definitivit, avendo natura strumentale rispetto al diretto sostanziale sot-
teso ed essendo modificabili e revocabili secondo le circostanze processuali e di fat-
to, ritenendo inammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso i medesimi
(Cass. n. 2479/2003; Cass. n. 9808/2000; Cass. n. 10740/1998; Cass. n. 3402/1998;
Cass. n. 11582/1997; Cass. n. 1726/1995).

Il processo cautelare uniforme stato introdotto con la novella le-
gislativa del 1990 (legge n. 353/1990)
6
, che ha inserito nel codice di
procedura civile tredici nuove disposizioni (artt. 669 bis 669 terde-
cies), destinate alla disciplina di tutti i procedimenti specificamente ri-
chiamati dallart. 669 quaterdecies c.p.c.

Le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti previsti nelle
sezioni II, III e V di questo capo, nonch, in quanto compatibili, agli altri provvedimenti
cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali. Larticolo 669-septies si applica
altres ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla sezione IV di questo ca-
po (art. 669 quaterdecies c.p.c.).

Il procedimento in esame caratterizzato da uno svolgimento parti-
colarmente celere e privo di tutti quei formalismi, propri del giudizio di
cognizione ordinaria, che ne rallenterebbero lo svolgimento, con una co-
gnizione sommaria, accompagnata da una limitata attivit istruttoria.
La cognizione ulteriormente ridotta nel caso di emissione di de-
creto inaudita altera parte, nel qual caso il principio del contradditto-
rio assicurato dallonere, posto a carico del ricorrente, di notificare il
ricorso e il decreto alla controparte e dal necessario svolgimento del-
la successiva udienza di comparizione, nella quale il giudice provvede
alla conferma, modifica o revoca del provvedimento (art. 669 sexies
c.p.c.).






6
La nuova disciplina trova applicazione per i procedimenti introdotti a decorrere
dal 1 gennaio 1993, ai sensi dellart. 92, legge n. 353/1990, cos come modificato dalla
legge n. 477/1992 (cfr., ex plurimis, Trib. Trento 25 settembre 1993, in Giur. it., 1994,
I, p. 433).
IL PROCESSO CAUTELARE UNIFORME

5
2. Svolgimento del procedimento.


La principale innovazione introdotta dalla legge n. 353/1990 stata
quella di disciplinare in maniera uniforme i procedimenti cautelari, sia
quelli previsti dal codice di procedura civile che quelli contemplati da
leggi speciali.
La struttura delineata dalla novella del 1990 rimasta per lo pi la
stessa, pur dopo le modifiche apportate nel 2005, le quali ne hanno tut-
tavia modificato taluni rilevanti aspetti
7
.


3. Introduzione del procedimento.


Il procedimento pu essere introdotto con ricorso ante causam, pri-
ma dellinizio della causa di merito, al giudice che sarebbe competente
secondo le disposizioni generali, ovvero in corso di causa, con ricorso
depositato in cancelleria (art. 669 bis c.p.c.).
Dopo la proposizione del ricorso ante causam, il cancelliere forma il
fascicolo dufficio e lo presenta al Presidente del tribunale, il quale de-
signa il magistrato competente (art. 669 ter c.p.c.).
Il ricorso deve essere contenere tutti gli elementi richiesti dallart.
125 disp. att. c.p.c., nonch lallegazione dei presupposti per laccogli-
mento del singolo provvedimento cautelare richiesto (si pensi, in parti-
colare, al fumus boni iuris e al periculum in mora, presupposti indefetti-


7
Sulla riforma di cui alla legge n. 80/2005 in genere, si vedano, tra i primi commen-
tatori, B. CAPPONI, Provvedimenti cautelari e azioni possessorie, in Foro it., 2005, V, c.
137; A. PROTO PISANI, Le modifiche al codice di procedura civile previste dalla L. n. 80
del 2005, in Foro it., 2005, V, c. 7 ss., il quale ritiene che il legislatore ha perso una
buona occasione per introdurre un nuovo processo sommario generale, tale da de-
flazionare in misura rilevante il carico di lavoro giudiziario; E. BRUSCHETTA, La riforma
del processo civile (prima lettura sistematica alle novit introdotte dalla riforma), Ipsoa,
Milano, 2005; P. LEANZA-A. BATTISTUZZI, Il nuovo processo civile, Giappichelli, Torino,
2006. Con specifico riferimento alle modifiche apportate al processo cautelare unifor-
me, S. DE MATTEIS, La riforma del processo cautelare: analisi sistematica e profili opera-
tivi del nuovo rito cautelare, Giuffr, Milano, 2006; G. IOFRIDA-A. SCARPA, I nuovi pro-
cedimenti cautelari: dopo la legge n. 80 del 2005, il d.l. n. 271 del 2005 e la legge n. 51
del 2006, Giuffr, Milano, 2006.
PROCEDIMENTI POSSESSORI E CAUTELARI
6
bili per la concessione dei provvedimenti durgenza e del sequestro con-
servativo)
8
.
La presentazione dellistanza in corso di causa specificamente di-
sciplinata dallart. 669 quater, il quale dispone che quando vi causa
pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della
stessa, precisando che se la causa pende davanti al tribunale la do-
manda si propone allistruttore oppure, se questi non ancora designa-
to o il giudizio sospeso o interrotto, al presidente, il quale provvede ai
sensi dellultimo comma dellarticolo 669 ter.
Parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene inammissibile la
proposizione del ricorso cautelare nello stesso atto di citazione (o ricor-
so, ove previsto), sul presupposto che il procedimento cautelare sia au-
tonomo e distinto rispetto al giudizio di merito
9
.
La tesi non appare condivisibile, non essendovi alcuna disposizione
nellordinamento che consenta di ritenere vietata una siffatta prassi, in-
vero molto frequente nella quotidiana attivit giudiziaria
10
; il procedi-
mento cautelare, da considerarsi a tutti gli effetti proposto in corso di
causa, sar quindi assegnato allo stesso giudice titolare del giudizio di
merito, il quale fisser ludienza per la trattazione dellistanza proceden-
do secondo le disposizione di cui agli artt. 669 bis ss. c.p.c. (in tali ipo-
tesi, di norma, la Cancelleria provvede a formare un sotto-fascicolo
relativo al procedimento cautelare, inserito materialmente nel fascicolo
relativo al giudizio di merito).

In senso positivo si espressa la Corte di Cassazione nella seguente pronuncia,
relativa al rito del lavoro: del tutto valida, pur non essendo espressamente prevista
dalla legge, la contestuale proposizione, nellatto di ricorso al pretore per ottenere un
provvedimento durgenza a norma dellart. 700 c.p.c., della domanda di merito con-
cernente una controversia di lavoro rientrante nella competenza dello stesso pretore,
dando luogo ad una situazione analoga a quella determinata da una richiesta di prov-


8
In caso di insufficiente o incompleta redazione del ricorso, il giudice pu chiedere
chiarimenti alle parti, sia ai sensi dellart. 669 sexies c.p.c., sia in virt dei poteri allo
stesso riconosciuti per il rito ordinario dagli artt. 182 e 183 c.p.c. (E.A. DINI-G. MAM-
MONE, I provvedimenti durgenza nel diritto processuale civile e nel diritto del lavoro,
cit., pp. 545-546).
9
Trib. Roma 17 gennaio 1996, in Giust. civ., 1996, I, p. 1425.
10
Si veda, in questo senso, Trib. Lecce 22 novembre 2000, in Inf. prev., 2001, p.
1338.
IL PROCESSOCAUTELARE UNIFORME

7
vedimento di urgenza proposta nel corso del giudizio di merito a norma dellart. 701
c.p.c. Il fatto, poi, che il pretore non abbia dato priorit agli adempimenti previsti dal-
lart. 415 c.p.c. (fissazione, con decreto, delludienza di discussione, entro 5 giorni dal
deposito del ricorso, avente duplice petitum) e che nella fissazione della udienza per
la trattazione del merito, corrispondente a quella prevista dallindicato art. 415, non
abbia rispettato il termine dilatorio di cui al comma 5 dello stesso, determina una nulli-
t che sanata, a norma dellart. 164 c.p.c., per effetto della comparizione del conve-
nuto e della sua accettazione del contraddittorio anche nel merito (Cass. 12 giugno
1982, n. 3589, in Giust. civ. mass., 1982, fasc. 6).

Altre decisioni subordinano la validit del provvedimento durgenza, eventualmen-
te emesso, alla effettiva pendenza della causa di merito, ovvero allavvenuta rituale
notifica al resistente del ricorso introduttivo: La proposizione con unico atto del ricor-
so per la concessione di un provvedimento durgenza e del ricorso per linstaurazione
della controversia di lavoro, attribuisce al giudice di merito la competenza a concedere
la tutela urgente solo nellipotesi in cui al momento dellemanazione del provvedimen-
to durgenza sussista la pendenza della causa di merito per effetto dellavvenuta noti-
ficazione del ricorso introduttivo (Cass. 4 dicembre 1980, n. 6327, in Giur. it., 1981, I,
1, c. 1456)
11
.

Se la causa pende davanti al Giudice di pace, la domanda si propone
al Tribunale.
In pendenza dei termini per proporre impugnazione la domanda va
proposta al giudice che ha pronunziato la sentenza.
Se la causa pende davanti al giudice straniero, e il giudice italiano
non competente a conoscere la causa di merito, si applica il 3 comma
dellart. 669 ter, cos come nel caso in cui lazione civile sia stata eserci-
tata o trasferita nel processo penale.
Va considerata pendente, ai fini della competenza per il provvedi-
mento cautelare richiesto, la causa che abbia in comune con il procedi-
mento cautelare, petitum e di causa petendi
12
.
Unopinione dottrinale, avallata da parte della giurisprudenza di me-
rito, nel senso dellammissibilit della proposizione del ricorso in cor-
so di causa anche oralmente, mediante inserimento a verbale dellistan-
za, dal momento che nelle disposizioni del codice di rito non esiste una


11
In senso contrario si veda E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel
diritto processuale civile e nel diritto del lavoro, cit., p. 550.
12
Trib. Roma 2 novembre 1994, in Foro it., 1995, I, c. 1651.
PROCEDIMENTI POSSESSORI E CAUTELARI
8
norma che imponga espressamente la forma scritta
13
.
Altri autori sono orientati in senso contrario, in quanto lart. 669 bis
c.p.c. fa espresso riferimento alla proposizione della domanda mediante
il deposito in cancelleria di un ricorso, il quale ovviamente non pu
che rivestire la forma dellatto scritto
14
.

Si riporta, sul punto, la seguente massima di merito, la quale si esprime in senso
negativo: Allorch penda causa per il merito, la domanda di misure cautelari non pu
essere presentata oralmente in udienza dal difensore munito di procura (Trib. Agri-
gento 24 novembre 1994, in Giur. it., 1995, I, 2, c. 570; nello stesso senso, cfr. Trib.
Trani 28 luglio 1993, in Foro it., 1994, I, c. 2884).

In caso di proposizione di ricorso ante causam richiesta, a pena di
inammissibilit, la puntuale indicazione del petitum e della causa peten-
di e, quindi, sia del provvedimento materialmente richiesto al giudice,
sia del diritto fatto valere e dellazione oggetto del futuro giudizio di
merito.

La mancata indicazione della causa di merito comporta, secondo parte della giuri-
sprudenza, la nullit insanabile del ricorso, alla quale il giudice non pu porre rimedio
applicando la disposizione generale di cui allart. 164, 5 comma, c.p.c. (Trib. Milano
25 marzo 1996, in Corriere giur., 1997, p. 216) e che non sarebbe sanabile neanche
dal giudice del reclamo, pur in caso di integrazione della domanda da parte del ricor-
rente (Trib. Modena 16 giugno 1999, in Giur. merito, 1999, I, p. 964).
Altre pronunce seguendo un orientamento meno restrittivo propendono per
linammissibilit del ricorso e solo nel caso in cui da un esame complessivo dellatto
non si possa comunque evincere loggetto del futuro giudizio di merito (cfr., in tal sen-
so, Trib. Aquila 23 ottobre 2003, in Foro it., 2004, I, c. 1262, nonch Trib. Torino 23 a-


13
Alcuni autori ritengono invero che linserimento nel verbale dudienza dellistan-
za orale integri un vero e proprio ricorso, incorporato nel verbale medesimo, valido
in ossequio al principio di libert di forma degli atti processuali (cfr. P. LEANZA-E. PA-
RATORE, I provvedimenti durgenza nel processo del lavoro, cit., p. 369 ss.). In giurispru-
denza, per laccoglimento di tale tesi, si veda Trib. Bologna 2 luglio 1996, in Giur. me-
rito, 1997, I, p. 13.
14
E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel diritto processuale civile
e nel diritto del lavoro, cit., pp. 544-550 e, in giurisprudenza, Trib. Agrigento 24 no-
vembre 1994, in Giur. it., 1995, I, 2, c. 570; Trib. Trani 28 luglio 1993, in Foro it.,
1994, I, c. 2884; Trib. Roma 21 gennaio 1997, in Giur. rom., 1997, p. 98, che dichia-
rano espressamente inammissibile listanza cautelare proposta oralmente e raccolta a
verbale.
IL PROCESSOCAUTELARE UNIFORME

9
gosto 2002, in Giur. it., 2003, p. 1834, secondo cui la mancata indicazione nel ricorso
cautelare delle conclusioni di merito comporta la sua inammissibilit, sempre che dal
tenore dello stesso non sia possibile dedurre chiaramente il contenuto della futura
causa).
Tale tesi appare maggiormente condivisibile e rispondente a criteri di economia
processuale nonch al principio di libert delle forme e a quello di conservazione degli
effetti degli atti giuridici, proprio del nostro ordinamento, in quanto spesso nel ricorso
cautelare il riferimento allazione di merito contenuto nelle premesse in fatto e in di-
ritto e, pur se non esplicitamente ripetuto in sede di formulazione delle conclusioni,
lo stesso agevolmente desumibile da una lettura dellatto introduttivo (Trib. Trieste
24 luglio 1999, in Giust. civ., 2000, I, p. 1851).
Pertanto, ai fini di una corretta indicazione, nel ricorso cautelare, dellazione e
delle domande che il ricorrente intende promuovere nel successivo giudizio di meri-
to, non deve ritenersi necessario luso di formule sacramentali (Trib. Bari 28 dicem-
bre 2004).

Con riferimento allindicazione dellazione oggetto della causa di me-
rito, concordemente ritenuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza neces-
saria ai fini di una valida proposizione del ricorso (sia essa considerata
causa di nullit o causa di inammissibilit), va osservato che nulla mu-
tato in seguito alla recente riforma.
Invero, sebbene oggi linstaurazione del giudizio di merito sia, per
la stragrande maggioranza dei procedimenti cautelari, meramente e-
ventuale, deve ritenersi che costituisca pur sempre requisito di validi-
t del ricorso lindicazione dellazione di merito, sia perch v sem-
pre la possibilit che la causa di merito sia iniziata da una delle due
parti, sia perch devono essere consentiti al giudice, da un lato, la va-
lutazione delloggetto della domanda ed il tipo di attivit istruttoria da
svolgere, e alla controparte, dallaltro, un adeguato esercizio del dirit-
to di difesa.


3.1. Segue. Competenza in corso di causa.


Si detto che ai sensi dellart. 669 quater c.p.c., la domanda deve es-
sere proposta al giudice della causa di merito, individuata con riferi-
mento allidentit di parti, petitum e causa petendi.
Se il giudizio di merito interrotto o sospeso, listanza deve essere
PROCEDIMENTI POSSESSORI E CAUTELARI
10
proposta al Presidente del Tribunale, il quale provveder a norma del-
lart. 669 ter, ultimo comma, c.p.c.
Nel caso in cui, invece, il procedimento sia stato cancellato, parte
della dottrina ritiene applicabile in via analogica la disciplina prevista
per la sospensione e linterruzione; altri autori, al contrario, sul presup-
posto che la causa resti pendente fino alla dichiarazione di estinzione
del procedimento o alla pronuncia della sentenza, ritengono che il ri-
corso vada comunque proposto al giudice istruttore
15
.
Ai sensi dellart. 669 quater, 4 comma, c.p.c., in pendenza dei termi-
ni per proporre impugnazione la domanda va proposta, come si detto,
al giudice che ha pronunziato la sentenza.
Listanza per lemissione di un provvedimento cautelare pu anche
essere proposta in pendenza del giudizio di appello, il che pone qualche
problema di coordinamento tra la disciplina generale di cui allart. 669
quater c.p.c. e la trattazione collegiale della causa davanti alla Corte dAp-
pello (art. 350 c.p.c.).
Lart. 669 quater, 2 comma, c.p.c., prevede infatti che la domanda
in corso di causa sia proposta al giudice istruttore e, nel caso in cui que-
sti non sia stato ancora designato, al Presidente, il quale provveder alla
designazione del giudice.
In assenza di specifiche indicazioni normative, la dottrina ritiene che
in appello la trattazione dellistanza cautelare debba essere collegiale, in
osservanza alla disposizione generale di cui allart. 350 c.p.c.
16
.

Nello stesso senso si espressa la giurisprudenza di merito, secondo cui nel cor-
so del giudizio di appello innanzi alla corte dappello spetta al collegio la competenza
al rilascio del provvedimento cautelare (App. Milano 19 gennaio 1995, in Foro it., 1995,
I, c. 2254).

Non deve invece ritenersi ammissibile la proposizione di un ricorso
cautelare davanti alla Corte di Cassazione, dal momento che la decisio-
ne sullistanza cautelare comporta lesercizio di poteri istruttori e di va-
lutazioni in fatto, inammissibili nel giudizio di legittimit.


15
E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel diritto processuale civile e
nel diritto del lavoro, cit.
16
C. CONSOLO, La girandola della riforme, in Corr. giuridico, 1995; C. CONSOLO-F.P.
LUISO-B. SASSANI, Commentario alla riforma del processo civile, Giuffr, Milano, 1996.
IL PROCESSOCAUTELARE UNIFORME

11
Non v invece concordia di vedute sulla questione della proponibili-
t del ricorso cautelare in pendenza del termine per riassumere il giudi-
zio dinanzi al giudice di rinvio, essendo dubbio, in particolare, se in tale
ipotesi il ricorso vada considerato ante causam, ovvero se possa conside-
rarsi proposto in corso di causa.
Nella prima ipotesi troverebbe applicazione lart. 669 ter c.p.c. e si
porrebbe nuovamente un problema di coordinamento tra la disciplina
che prevede la trattazione da parte del giudice singolo e la circostanza
che il giudizio di merito, nel caso in cui il rinvio venga disposto dinanzi
alla Corte dAppello, va invece trattato collegialmente
17
.

Parte della giurisprudenza orientata nel senso che debba trovare in ogni caso
applicazione lart. 669 ter c.p.c., con conseguente affidamento della trattazione del ri-
corso al giudice singolo.
Si segnala, tra le tante, la seguente decisione della Corte di Appello di Venezia:
Durante la pendenza del termine per riassumere il giudizio davanti al giudice del
rinvio dalla cassazione, non c una causa attualmente pendente per il merito n
certo che in futuro ci sar. In questo periodo la competenza cautelare si individua
pertanto secondo le regole dettate per i procedimenti cautelari ante causam. Nei pro-
cedimenti cautelari ante causam deve designarsi un giudice singolo a cui affidata
la trattazione anche quando il rito dellinstaurando giudizio di merito preveda la trat-
tazione collegiale era quello dellappello (App. Venezia 17 ottobre 1998, in Giust.
civ., I, 1999, p. 2153).

La dottrina maggioritaria ritiene, al contrario, che il giudizio di rin-
vio costituisca una prosecuzione del giudizio originariamente instaurato
e che, pertanto, la lite vada considerata pendente, con conseguente ap-
plicazione della disciplina di cui allart. 669 quater c.p.c.
18
.








17
E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel diritto processuale civile e
nel diritto del lavoro, cit., pp. 541-542.
18
E.A. DINI-G. MAMMONE, I provvedimenti durgenza nel diritto processuale civile e
nel diritto del lavoro, cit., p. 542.

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