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Libro VI

Il punto fondamentale rimane il capitolo 6 del libro I, in cui Aristotele aveva individuato la soluzione della
funzione propria. Quella delluomo la sua razionalit: qui troveremo il suo bene e quindi una risposta al
problema della felicit. La razionalit pu essere intesa in due modi:
1. Ci che obbedisce alla ragione (desiderio) virt etiche
2. Ci che puramente razionale virt dianoetiche
Quali di queste? La pi perfetta. Ma quella che tiene insieme le diverse modalit, o una di queste pi
perfetta in assoluto??

Nei libri dal II al V, Aristotele ha analizzato il primo tipo di razionalit, quella legata alla sensazione e al
desiderio, con le virt etiche, che si trovano nella disposizione mediana. Chiarite queste, nel VI libro si
comincia a discutere delle virt puramente razionali: LE VIRTU DIANOETICHE, che riguardano propriamente
la ragione: sono le virt del pensiero: pensare bene, non pensare in modo morale, ma in modo efficace
cogliendo la realt.
Nella parte razionale pura vi unulteriore distinzione: vi sono due facolt/parti:
Una calcolativa-deliberativa-opinativa: la PHRONESIS
Una scientifica: la SOPHIA.
Nei libri precedenti Aristotele insiste sul desiderio e sullimportanza dellabitudine necessaria a diventare
virtuosi, labitudine che dipende da una disposizione interiore. Tutto ci sembra aver bisogno della ragione
che ci deve dare le indicazioni concrete: della ragione si parler ora. Per ora Aristotele si limitato a dire:
devi fare come fa il saggio. Ma cosa fa il saggio? Deve chiarirlo nel VI libro.
Nei libri sulle virt etiche sa delineando la polis perfetta dove tutti i cittadini si comportano bene. Ma nel
libro I emerge un problema: la comunit sta delineando le virt utili alla comunit medesima; ma perch
queste e non altre? Chi lo stabilisce? Sulla base di quale criterio? Fino ad ora Aristotele ha detto che tutto
nellabitudine, nella tradizione: nel caso di Aristotele che considera la polis come il completamento
delluomo, un fatto naturale che alcune vadano scartate e atre no: dipende da quale fanno prosperare la
citt e quali no. Ma cos facendo Aristotele sta assolutizzando il mondo della polis greca! un modello
conservatore che Aristotele sembra sostenere nella prima parte dellopera. Ma ha anche detto che
interviene la ragione corretta. Allora forse la posizione di Aristotele unaltra. La trattazione della ragione
risponder ai problemi fino ad ora lasciati aperti, sia nel caso del singolo sia in generale: la ragione che
PSYCHE
RAZIONALE
calcolativa-deliberativa-
opinativa: PHRONESIS
scientifica: SOPHIA
IRRAZIONALE
sensitiva
(irrazionale/razionale):
sensazione e desiderio
vegetativa: totalmete
arazionale
fonda i valori: non pi una visione conservatrice, grazie alla FUNZIONE CRITICA DELLA RAGIONE. Il
discorso allora diventa valido per tutti,non pi solo per i cittadini della polis greca.

Capitolo 1
Riprende ci che aveva detto nel libro II.
Ora deve trattare il problema della ragione. C un obiettivo, che la mediet, che chi ha ragione punta e
coglie, allentando o tendendo di volta in volta. Qual il criterio per stabilire qual la giusta misura. Che il
fine a cui tendiamo? La RAGIONE.
Quello che ci aspetteremmo sarebbe che ora Aristotele chiarisse concretamente cosa determina la ragione,
altrimenti laffermazione virt etica mediet ragione sarebbe vuota e inutile.
Aristotele dice che va precisato qual la retta ragione:ma noi importa sapere cosa dice la retta ragione, non
cosa fa! Aristotele non chiarisce quello che ci aspettavamo facesse (per guarire non mi importa sapere chi
il medico, bens cosa egli dice).
Abbiamo allora un problema, e qui gli studiosi si dividono:
Un primo gruppo dice che qui manca qualcosa: Aristotele non dice quello che doveva
Un altro gruppo, pi coerente, risponde che Aristotele non pu dare la norma concreta, come ha
precisato molte volte: la norma sempre nelle circostanze, non esiste la norma generale. Il giusto
mezzo sempre per noi! Allora quello che dobbiamo capire come funziona un ragionamento, un
pensiero corretto.
Aristotele qui si preoccupa di una mappatura, di classificare le varie attivit del pensiero.
Pi di tutto in questo libro gli interessa la PHRONESIS: la ragione che sovrasta lazione; la praxis (lattivit
senza fine altro) ci che caratterizza luomo. Ecco allora limportanza della phronesis.
*questa la lettura di Heidegger che vede nella phronesis lessenza deluomo, e quindi lazione come
determinante: in Essere e tempo la parte che descrive luomo una ripresa di Aristotele:tutto si gioca
nella hronesis. Per Heidegger taglia fuori la sophia, che il libro X mostrer essere la cosa pi importante in
assoluto]

Capitolo 2
Qui Aristotele riprende il capitolo 13 del libro I, quando aveva distinto le virt dellanima: ha gi trattato le
virt etiche e ora deve trattare quelle dianoetiche.
Aristotele fa una prima distinzione fondamentale, dicendo che la parte razionale divisa in due
sottoinsiemi:
1. Una che usiamo in riferimento alle cose necessarie che non possono essere diversamente da come
sono (2+2=4)
2. Una che usiamo in riferimento alle cose che possono andare diversamente da come stanno
andando: le cose contingenti
Essendo due gli oggetti di conoscenza, due saranno le facolt di conoscenza. Aristotele riprende il
principio del simile che conosce il simile. La conoscenza consiste in unidentificazione con loggetto:
la corrispondenza fra un soggetto e un oggetto: quando i due entrano in contatto, e il pensiero
del soggetto corrisponde con la realt (quindi con loggetto) vi la conoscenza. Se ci sono due tipi
di oggetti di conoscenza, ci saranno due tipi di facolt di conoscenza.
Chiamiamo queste due parti:
1. SCIENTIFICA il sapere vero e proprio che per non ha importanza per la vita pratica
2. CALCLOLATRICE decisioni calcoli opinioni: non ci sono saperi forti in questa facolt.
Si tratta ora di comprendere leccellenza di entrambe le parti.
Per ora interessa la phronesis, che quella che serve per vivere. Laltra serve per sapere e ora non ci
interessa. Bisogna stabilire il genere della virt dianoetica e la differenza specifica, per darne una
definizione completa:
Quanto al GENERE una disposizione (come nel caso delle virt etiche)
Quanto alla DIFFERENZA SPECIFICA, essa si realizza rispetto agli oggetti di conoscenza (laddove la
virt etica era rispetto alle passioni), e leccellenza la verit (come per laltra era la giusta misura).
Aristotele sta cercando di circoscrivere una razionalit particolare: la novit fondamentale del VI libro:
circoscrivere la ragione pratica (nozione molto complicata), ovvero la phronesis. Quella teoretica diventer
fondamentale nel libro X.
La razionalit pratica una forma di razionalit autonoma che ha a che fare con la vita pratica, con lazione,
con la praxis (che ci che caratterizza luomo).
Allora:

Qui il sistema del simile che conosce il simile non
funziona (Platone qui parlava di opinioni, Parmenide addirittura di non essere). Aristotele qui come se
invertisse il rapporto: loggetto che si identifica con il soggetto: la mia ragione produce la realt, e pu
farlo in due modi: (1) producendo un oggetto (la poiesis), (2) producendo azioni, che ci che caratterizza
lessere umano propriamente! Linsistenza di sottolinea che noi siamo enti che agiscono in un rapporto
aperto con la realt (a differenza degli altri animali). Luomo praxis!!

Tornando al testo:
Aristotele dice che noi cerchiamo le virt della parte dellanima razionale, e che pensare bene vuol dire
pensare la verit. Tre sono le facolt che hanno a che fare con la verit:
1. La sensazione non importa in questo contesto
2. Lintelletto Aristotele riduce i candidati
3. Il desiderio a questi due
Il pensiero affermazione e negazione: la conoscenza consiste nella corrispondenza a un certo stato di
cose.
Il desiderio invece ricerca o repulsione (tendere verso-fuggire da).
La praxis risulta dallinterazione fra desiderio e ragione. Quando il ragionamento e il desiderio si orientano
nella stessa direzione giusta, si produce unazione vera.

RAGIONAMENTO CORRETTO + DESIDERIO CORRETTO = AZIONE VERA
giusto rimanere in battaglia + voglio continuare a combattere = resto in battaglia azione virtuosa
azione eccellente
calcolo vero desiderio retto scelta buona

La lettura che ci aspetteremmo avendo letto il libro II questa: la ragione stabilisce il fine:
INTERPRETAZIONE 1
Ma Aristotele sta dicendo il contrario, molto probabilmente: INTERPRETAZIONE 2: lazione risulta da un
impulso della passione, la ragione determina come fare lazione (interpretazione 2) non se farla
CONOSCENZA
teoretica
facolt scientifica:
identificazione fra
soggetto e oggetto
pratica
facolt calcolativa: qui
necessario un altro
procedimento perhc io
non mi posso identificare
con ci che sitrasforma
(interpretazione 1): la ragione difende i valori che vengono dallabitudine, non li legittima; deriva dalle
passioni. Allora la ragione studia solo i mezzi, non i fini!
C questa doppia interpretazione:

Non potendo prescindere dai desideri la phronesis pu solo
determinare i mezzi: il desiderio ineliminabile

Lazione pu risultare sbagliata tanto se c un errore dalla parte della ragione, quanto se lerrore nel
desiderio. Pi avanti dovr dire concretamente dove sta la correttezza, e l saranno i problemi.
Dice che il pensiero non muove nulla: la cosa che conta lazione.
Conclude il capitolo dicendo che la scelta o un intelletto desiderante, o un desiderio ragionante, e tale
principio luomo: il rapporto fra ragione e desiderio.

Capitolo 3
LA SCIENZA: EPISTEME
Una volta chiarite le due diverse facolt razionali, si tratta di individuarne leccellenza. Aristotele nel
capitolo 2 ha gi detto qualcosa: in entrambi i casi leccellenza ha a che fare con la verit: pensare bene
pensare nel modo veritiero; vero se coincide con la realt.
Ma invece che introdurre due eccellenze (una per ogni sottoparte) Aristotele ne introduce cinque:
1. Episteme scienza
2. Nous intelletto
3. Sophia sapienza
4. Techne tecinca-arte
5. Phronesis saggezza (una delle traduzioni possibili)
Aristotele riprende le cinque modalit del vero individuate dallAccademia e le riconduce alle due modalit
dellanima razionale:
ragione calcolativa: phronesis
ragione scientifica: sophia = intelletto + scienza
Phronesis in Platone il sapere certo, la scienza. Ma Aristotele vuole rompere questo pensiero: un conto
la teoria, un conto lazione.
Ci che veramente importante in questo libro appunto la phronesis: una razionalit pratica: questo ci
che ci caratterizza, ma comunque non la cosa pi importante in assoluto, che la sophia.
Nel capitolo 3 Aristotele analizza la SCIENZA.
PHRONESIS
SAGGEZZA:
interpretazione 1
ragione regolatrice:
controlla il desiderio
e stabilisce i fini
PRUDENZA:
interpretazine 2
ragione che decide
solo i mezzi, il come.
EPISTEME = la conoscenza = la scienza.


Conoscenza stabile, che sta, eterna e necessaria: la conoscenza degli oggetti ingenerati e incorruttibili.
Dunque si riduce di molto quello che pu essere conoscenza scientifica: ci deve essere la NECESSITA
ASSOLUTA (la necessit ipotetica condizionata dal suo fine: se si vuole arrivare a quel fine, ci deve essere
una certa circostanza: se si vuole che una sega tagli, deve essere fatta di ferro, ma ci non necessario in
s): la necessit assoluta c quando una cosa non pu essere altrimenti, cos sempre (Dio).
Gli oggetti della conoscenza scientifica sono:
o Dio
o I pianeti
o Le costanti del mondo fisico
o La matematica
o La fisica
Premesse stabili danno un sapere stabile (discute di questo sapere nella Metafisica e negli
Analitici).
Conoscere vuol dire essere in grado di render conto delle cause che mostrano perch una cosa cos e non
in un altro modo. una conoscenza di carattere deduttivo: parte da premesse e arriva a una conclusione
necessaria: il sillogismo: da premesse vere si arriva a una conclusione vera. Questa la conoscenza
scientifica, che prosegue per sillogismi.
Lepisteme dunque sempre un sapere mediato, causalmente fondato. Il problema allora : come conosco
le premesse ultime da cui parte il tutto? A un certo punto ci devono essere questi principi ultimi, perch
altrimenti si va avanti allinfinito.
X perch y, y perch z, z perch w.. ma ci devono essere dei principi ultimi da cui partire
Aristotele non risponde qui. Dice solo che se non si conoscono i principi, si avr la scienza solo per
accidente. La scienza allora una virt dianoetica incompleta, da sola (senza la conoscenza dei principi
primi) non pu essere considerata una virt: ha conoscenza delle conclusioni, ma non delle premesse
ultime.

Il problema della sensazione che non ci d gli universali: questa la tesi di Platone quanto di Aristotele.

Capitolo 5
LA SAGGEZZA: LA PHRONESIS
Il capitolo dimostra che la saggezza la virt della parte calcolativa o opinativa, e la dimostrazione si
scandisce nei seguenti momenti:
Attraverso la discussione degli endoxa si accerta che saggio chi capace di deliberare su ci che
riguarda la vita morale
Quindi si dimostra che la saggezza si distingue dalla scienza e dallarte.
A) Dalla scienza perch questa un sapere dimostrativo, che ha per oggetto le realt che non
possono essere diversamente da quello che sono, mentre la saggezza un sapere deliberativo,
che ha per oggetto ci che pu essere diverso da ci che .
B) Dallarte, perch la produzione finalizzata ad altro da s, mentre lazione morale autotelica.
Ne consegue che la saggezza una disposizione vera (cio della parte razionale dellanima),
accompagnata da ragionamento e concernente ci che per luomo moralmente buono o cattivo.
Si conferma questa definizione della saggezza (1) riscontrando che tali sono gli uomini politici, (2)
riscontrando che la stessa temperanza (la quale ha per oggetto i piaceri) chiamata cos perch
salvaguarda la saggezza
Quindi dimostra attraverso il confronto con larte che la saggezza una virt
Ma si visto che la saggezza una disposizione della parte razionale dellanima e , avendo per
oggetto la realt contingente, la realt che oggetto di deliberazione, una disposizione della
parteopinativa e calcolativa. Se dunque una virt, sar virt di questa parte
Si mostra infine che essa non soltanto una disposizione accompagnata da ragionamento (quali
sono le scienze e larte), ma ha altre prerogative (pur senza che sia detto, si allude al suo essere
connessa alla perfezione del desiderio).
La quel modo di essere in vero concerne alle azioni della nostra vita in vista del bene e del male.
Lesempio Pericle, il politico: lui saggio perch capace di vedere cosa buono per lui e per la
collettivit.
= politica: saper scegliere il bene nelle cose concrete anche per la collettivit.
Se la praxis lattivit che caratterizza il bene umano, la politica la realizzazione pi alta.
Capitolo 6
LINTELLETTO: NOUS

dunque la conoscenza dei principi primi on pu essere di carattere scientifico. Non pu essere neanche
della tecnica o della conoscenza pratica, che essendo realt calcolabili, mutevoli, non sono stabili.
Anche la sophia essendo un sapere mediato, non pu conoscerli.
Quindi rimane lINTELLETTO. Infatti la conoscenza dei principi primi non pu avvenire in modo mediato. Ma
non dice esplicitamente qui come pu avvenire. Lo spiega in altra sede (Metafisica/Analatici):la
conoscenza parte da SENSAZIONI; noi a differenza degli altri animali siamo in grado di avere RICORDI di
queste sensazioni. Una serie di ricordi produce lESPERIENZA. Si passa poi dallesperienza alla SCIENZA. Il
nous serve a cogliere luniversale nel particolare: questa facolt ha questo compito, e ci distingue dagli altri
animali. Coglie ci che c in tutti i fatti empirici che mi si pongono davanti. unintuizione, un sapere
immediato.

Capitolo 7
LA SAPIENENZA: SOPHIA

La linsieme della scienza e dellintelletto, che cos si completano. leccellenza della ragione
scientifica dellanima razionale.
un possesso. il sapere migliore in assoluto, complessivo, non in un caso particolare.
Si tratta di:
SCIENZA DELLE REALTA PIU VERE + LINTELLIGENZA DEI SUPREMI PRINCIPI (non in particolare della logica
universale: il campo circoscritto ai supremi principi e alle realt pi vere).
Dunque non solo si circoscritta quale sia la virt per eccellenza dianoetica, ma si anche circoscritto un
contenuto: i principi pi alti. La phronesis non pu essere paragonata alla sophia, perch ha per oggetto
luomo, che non perfetto e non la cosa pi importante in assoluto. Inoltre la phronesis non pu
prescindere dal particolare e dal contingente.
Il mondo della contingenza umana deve essere retto dalla saggezza pratica, non dalla sapienza teorica
assoluta, quindi dalla phronesis, non dalla sophia. Questultima non ha impatto sulle decisioni umane. Il
modello del sapiente una figura come Anassagora e Talete: ma essi si sono occupati del sapere teoretico,
inutile da un punto di vista pratico. Sono dunque sapienti ma non saggi.

*come Aristotele dimostra lesistenza di Dio:
parte da due presupposti: (1) il movimento e (2) ci sono cause prime e compito della filosofia indagare
questi principi. Noi cerchiamo una causa prima per tutto; una delle cause quella motrice. Il movimento il
passaggio dalla potenza allatto: tutto ci che si muove messo da altro, ma se tutto si muovesse si
andrebbe allinfinito: necessario un motore immobile, Dio, che eviti il regresso allinfinito. Dio non ha
potenza, solo atto, non ha movimento ed altro da noi. intelletto, pensiero che pensa se stesso:
pensiero di pensiero. dunque oggetto della sapienza. Essendo immobile, muove il primo cielo (da cui
parte il movimento di tutto) come oggetto amato. Non muove con una atto volontario: muove tutto perch
tutto mosso ad imitarlo, a imitare la sua perfezione. Il movimento un tendere a desiderando dio. Gli
ultimi due versi della Divina Commedia richiamano questo concetto: lamore che muove il sole e le altre
stelle+.
Aristotele ha offerto il contenuto dei principi pi ampi degni di attenzione, analizzando SOPHIA e
PHRONESIS. La sophia un sapere certo mentre il compito della phronesis nellazione.

Capitolo 8
La parte iniziale del capitolo richiama gli elementi che concorrono alla definizione di saggezza. Essa (1)
concerne le cose umane ed (2) capacit di deliberare (3) intorno a quello che il migliore dei beni
realizzabili dalluomo.
Quindi Aristotele chiarisce che la saggezza, oltre che la conoscenza degli universali, esige anche la
conoscenza dei particolari; anzi, proprio questa seconda specifica in modo peculiare il sapere della
saggezza, essendo essa disposizione che dirige lazione ed avendo lazione ad oggetto i particolari.
Saggezza e politica costituiscono una sola e unica disposizione (anche se le loro definizioni sono diverse) e
la politica stessa saggezza. Come saggezza universale essa legislazione, determinazione, cio, della
norma morale e istituzionale delle leggi della polis. Come saggezza particolare concerne luomo, sia come
individuo singolo (ed ha il nome di saggezza sempliciter), sia nella sua dimensione familiare (ed ha il nome
di economia), sia infine nei suoi rapporti con gli altri membri della citt (ed ha il nome di politica). In questa
ultima forma essa comprende una forma deliberativa e una giudiziaria.
Politica e saggezza: hanno la medesima disposizione ma non la medesima essenza; il politico e il saggio
hanno un certo rapporto pratico, un certo modo di essere nella parte calcolativa. Ma la saggezza e la
politica sono comunque due cose diverse: la saggezza riguarda il singolo laddove la politica guarda invece
alla polis. Saggio e politico decidono entrambi bene ma hanno scopi diversi.
Pericle sia politico sia saggio. Aristotele dice che c una forma di saggezza ARCHITETTONICA a cui
seguono altre forme di saggezza: c la phronesis politica che ha a che fare con le leggi, che fondano le
regole di comportamento; la phronesis dellorganizzazione della casa; la phronesis individuale per le scelte
individuali.

In Platone e Socrate la sophia distingue il filosofo: cos come la phronesis, lo rende superiore agli altri. Nel
linguaggio comune le due rappresentano lintelligenza concreta del vero eroe che riesce a risolvere la vita
umana. Aristotele si colloca in mezzo alle due posizioni: per lui c una saggezza pratica e una teoretica (
torna alla tradizione mostrandone limportanza). Questo spiega limportanza della phronesis nel libro VI:
Aristotele rid spessore a questa facolt pratica. In pi, essendo legata alla praxis, essenza delluomo,
fondamentale per letica che ha al centro la specificit umana.
Poi Aristotele introduce una serie di concetti legati allintelligenza e mostrando come essi sono
unapplicazione particolare della phronesis (dal capitolo 9 in poi).

Capitolo 9
Riprende il rapporto fra phronesis e politica, e poi il fatto che i giovani non possono imparare la phronesis,
perch unesperienza che si matura, non apprendibile con la teoria.
Nella parte finale spiega che il (uno dei due elementi che formano la saggezza) riferito anche alla
sapienza pratica: questo un problema molto complicato.

Capitoli 11-12
Riconduce, dopo averli definiti, alla phronesis (eccellenza della parte calcolativa) lintendimento, il buon
senso e lintelligenza pratica.



Capitolo 13
Aristotele ha mostrato che ci sono due tipi di razionalit, e dunque due modi di essere eccellente riguardo
ad essa: uno in relazione alla razionalit pratica e uno a quella teoretica.
In questo capitolo Aristotele pone quattro problemi e ne d una risposta: il grande problema di fondo il
rapporto fra phronesis e sophia; phronesis sophia e virt etiche mirano tutte alla felciit, sono funzionali ad
essa.
1. La sophia stata definita da Aristotele come la cosa pi importante. Ha una funzione imminente
ma occupandosi delle realt necessarie non ha rapporto con la felicit come labbiamo intesa fino
ad ora. Allora che ruolo ha con la felicit?
2. La saggezza non si pu dire che inutile. Ma anche lei sembra non avere nessuna funzione reale nei
confronti dei desideri e della passione. La phronesis come la medicina: se o sto bene la
conoscenza della medicina non serve a nulla. Ugualmente, la phronesis non serve se siamo gi
virtuosi.
3. La phronesis non serve neanche per diventare virtuosi. Se voglio diventare giusto non studio la
giustizia, ma imito i giusti. Quindi a cosa serve la phronesis??
4. Detto ci, sarebbe assurdo che la phronesis fosse superiore alla sophia. La sophia la cosa pi
importante, ma nella vita la phronesis comanda la sophia???

Aristotele dice che su queste obiezioni bisogna esprimersi: sono obiezioni che un eventuale
interlocutore potrebbe porgli (lui non la pensa cos!)

RISPOSTE:
1. Sullutilit per la felicit di saggezza e sapienza:
nei capitolo I,6 e II,6 Aristotele ha precisato che lesercizio della funzione propria di per s
desiderabile. E dunque saggezza e sapienza sono desiderabili, poich realizzano la parte razionale in
quanto virt di essa, e solo per questo conducono alla felicit, anche se non producessero nulla.
I,6: la funzione propria delluomo esercitare la propria razionalit
II,6: felicit = far funzionare bene la propria parte razionale
Dunque phronesis e sophia sono POSITIVE, anche se non producessero nulla: sono il funzionamento
corretto della ragione. Sono desiderabili a prescindere dalle conseguenze. E comunque non vero
che non producono nulla, perch producono felicit.
La sapienza non fa passare un corpo malato da malato a sano, ma come salute che produce
salute: una mente che pensa bene produce bei pensieri; produce felicit l dove produce pensieri
corretti.
2. A cosa serve la phronesis?
3. A realizzare i desideri.
Anche la phronesis allora concerne il raggiungimento della felicit: aiuta la virt etica a trovare
il suo fine , ovvero il giusto mezzo. In che modo lo fa?
a) Aristotele riconduce la phronesis alla consapevolezza di quello che stiamo facendo: rende
lazione etica consapevole
b) La virt etica il giusto mezzo per noi, nelle circostanze: la phronesis nelle varie circostanze
precisa cosa devi fare una scienza dei mezzi, non dei fini.
Non esiste virt etica senza phronesis, e non esiste phronesis senza virt etica:
Posso essere per natura tendenzialmente coraggioso, ma questa non pu essere una virt di per s;
la virt deve essere diretta dalla saggezza pratica.
La phronesis la capacit di trovare la soluzione nella contingenza. Aristotele carica ci di coloritura
morale. Se le capacit di uno sono ricolte al fine della virt etica, egli sar saggio. Se invece pur
sapendo affrontare i problemi concreti non ha a che fare con la virt, sar un furfante, un
malfattore. Non basta il comportamento, bisogna saper usare labilit per il fine saggio: la saggezza
pone i mezzi, la virt etica il fine.




Virt etica e saggezza si devono completare:
DESIDERIO DI RAGGIUNGERE I FINE BUONO + CAPACITA DI RAGGIUNGERLO E REALIZZARLO

Aristotele fa una distinzione curiosa fra predisposizione naturale e disposizione etica: potenzialmente
abbiamo predisposizioni, ma non possono essere dette propriamente virt etiche se non sono mediate
dalla phronesis: non bastano le intenzioni, ci vogliono i risultati.
La virt umana lunione efficace fra virt etica e phronesis: compresenza delle due.
Per natura in qualche modo siamo inclinati ad avere virt, ma senza phronesis queste inclinazioni si
rivelano dannose.

Il problema che in un contesto aristotelico come quello del libro II, non ha senso che tutte le virt sono
uniche: vi sono tante virt, ma in questo modo possono crearsi tensioni fra di esse. In Socrate questo
problema non si pone: la virt dipende dalla conoscenza, quindi chi conosce sa cos il bene sempre.
Aristotele si trova in una situazione intermedia: abbiamo (1) una pluralit di virt e (2) la phronesis sempre
presente in ognuna di esse. Si avvicina in qualche modo alla posizione di Socrate. Ma allora siamo tornati
nellintellettualismo socratico?? Aristotele risponde di no, e spiega la loro differenza: Socrate ha detto che
la virt conoscenza e ha escluso i desideri, ponendosi in una posizione troppo radicale; la virt etica,per
Aristotele, ha a che fare con il desiderio. Ma egli va avanti: dice che unazione virtuosa non sol obbedire,
anche capire: unazione consapevole. Quindi le virt sono molteplici perch hanno a che fare con desideri
diversi, ma la saggezza che ti dice come fare e quando: Aristotele si posiziona in un punto intermedio fra
Socrate e la morale tradizionale.
Ragionamento di Aristotele:
Se hai una virt etica, devi avere anche la phronesis
Ma se ho la phronesis so valutare bene le situazioni di tutte le virt
Allora possiedo tutte le virt
A cosa serve la saggezza? importante per la felicit:
la realizzazione di una potenzialit quindi un bene
E comunque non vero che non serve a nulla: fondamentale per produrre la virt etica
Ma chi controlla la legittimit dei fini? Non la sophia, non la phronesis. Sembra che non ci sia un controllo
pienamente razionale sulla determinazione di questi fini. ma quando dice che ci deve essere
consapevolezza e che bisogna seguire il saggio, sembra dire che comunque la scelta non irrazionale. Con il
libro VI chiarisce il ruolo della ragione, essenziale per le virt etiche: la saggezza la determinazione dei
mezzi. Ma i fini chi li stabilisce? Questo un aspetto problematico, soprattutto dal punto di vista politico.
ABILITA'
saggezza: forma di
intelligenza ai fini
etici
obiettivi giusti +
mezzi giusti
furbizia, furfanteria
non si perseguono
i fini buoni della
virt etica
Se quello che conta labitudine, essa cambia da societ a societ a seconda della tradizione. Questa una
lettura possibilie di Aristotele che trova riscontro nel testo: non ci sono criteri universali. La domanda :
concretamente coerente la lettura che dice che la phronesis solo sapere dei mezzi, o ha a che fare anche
con i fini??
Una lettura preponderante di studiosi degli ultimi anni dice che solo sapere dei mezzi.
In realt, anche stando a questa lettura, Aristotele un criteri odi riferimento ce lavrebbe per la
determinazione dei fini: la natura; per natura ci sono alcune predisposizioni. Questo si riconnette al
finalismo aristotelico. Il fine delluomo la polis, in quanto luomo lanimale politico per eccellenza.
Ma comunque, non cos vero che nel libro sesto la phronesis sia solo propria dei mezzi: c di pi. Per
alcuni studiosi essa determina anche i fini: rileggendo i capitolo 2 e 13, Aristotele dice che c una
componente razionale essenziale nella virt. E questo non pu essere dettato solo dal desiderio. Esso da
solo non nulla. Nel libro secondo Aristotele insiste anche sul fatto che non si propriamente virtuosi
finch non si CONSAPEVOLI.
Bisogna tenere una posizione intermedia fra le due ipotesi: la phronesis principalmente
determinante dei mezzi, ma a posteriori deve dare la sua conferma ai desideri;: non li precede ma
ne d una valutazione razionale.
Sta delineando forse fra le righe qual il compito del filosofo. La societ determina i suoi valori, ma
ci vuole la consapevolezza: c dunque spazio per una valutazione che per viene dopo, non prima
come volevano Socrate e Platone. Compito della phronesis allora anche quello di comprendere
linsieme.
Il phronimos Pericle.
Non bisogna solo fare quello che fa il saggio: necessaria una riflessione. Non bisogna copiarlo
passivamente.
Questo in unottica in cui dio c ma non si occupa pi di noi (si vedr nel libro X).

Concezione teleologica. Il naturalismo aristotelico.
Il riferimento alla NATURA importantissimo. Se uno non pensa alla natura, sembra che Aristotele sia
qualcuno che dice che avendo perso il sapere certo ci rimane solo la ragione debole, unico punto di
riferimento rimasto per discutere (dialogo aperto in cui nessuno pu basarsi su qualcosa di certo e
inconfutabile).
Questimmagine fuorviante; egli un riferimento ce lha: la natura. *altrimenti avremmo Protagora non
Aristotele]. La natura fonte attendibile e oggettiva.
Secondo la sua concezione teleologica, tutto tende a un fine proprio, e questo fine la realizzazione della
natura. La comunit della polis non un fatto casuale: la sua realizzazione la realizzazione di una
essenziale potenzialit umana. Aristotele spiega tutto ci nella Politica. Allorigine della societ ci sono le
famiglie: isolatamente ciascuno di noi non pu vivere. Poi le famiglie si uniscono in villaggi e questi in polis,
che costituisce il completamento delluomo. La polis esiste per natura; chi vive fuori dalle citt o un dio o
una bestia: luomo per natura animale politico.
Tutto ci offre ad Aristotele un fondamento e un criterio in base al quale si pu giudicare: ecco il suo
naturalismo etico e politico.
Il problema fino a dove spingere questo naturalismo: si pu arrivare a degli estremi non condivisibili. Fino
a dove la natura indica la strada? Cosa si pu dire veramente essere per natura?

Qui emerge questa interpretazione intermedia riscontrabile in studiosi come Aubenque e Berti.
Questultimo ha distinto un doppio livello della phronesis, la quale interviene sui mezzi ma poi c
un secondo livello che porta la scienza pratica a giudicare e riguardare anche i fini, avendo un ruolo
anche su questi (egli non parla comunque propriamente di phronesis per questo secondo livello):
riflette sui valori e sulle virt; non si tratta di una riflessione generale, ma una riflessione pi
universale sul bene delluomo, che la felicit: una vita felice. Torna fuori la parola felicit, scopo di
questanalisi delle virt etiche dianoetiche.


4. Aristotele deve ancora risolvere il problema (4): la sophia comandata dalla phronesis? Come
possibile, se la sophia la cosa pi importante?
Per risolvere questo problema bisogna capire in che senso si deve intendere COMANDARE. vero
che la phronesis comanda, ma non comanda SU bens IN VISTA DI. La phronesis il sapere dei
mezzi, in vista di un fine. Questo fine la felicit, la felicit della sophia. La felicit vera quella
della sapienza: la phronesis come la medicina che comanda in vista della salute, che la sophia.
Allora la phronesis resta subordinata alla sophia.

EMERGONO RPOBLEMI:
Problema esegetico: dunque quando si parlava di virt pi perfetta Aristotele allora intendeva una
sola: la sapienza. Ma questo non ci che ci si aspettava: per ora Aristotele aveva lasciato
intendere che la pi perfetta fosse quella che le comprendeva tutte, dunque una composta da parti
(una parte per le virt etiche, una per la phronesis e una per la sophia). Sembra ora negare tutto
ci: la felicit della sola sophia.
Allora bisogna tener conto della lettura inclusiva o dominante? Nel capitolo 13 allinizio predomina
il senso inclusivo, ma lesempio che fa alla fine subordina tutto alla sophia. Allora in ultimo la
lettura dominante ad essere la pi coerente, nonostante per tutta letica appaia il contrario.
Gli studiosi si dividono.
Problema filosofico: se teniamo buona la versione dominante, Aristotele sta dicendo che le virt
etiche devono essere subordinate alla sophia. Intuiamo (anche se non lo dice)che la sophia la
contemplazione della verit. Ma perch il campo dei desideri deve essere subordinato alla
contemplazione, se ha detto negli altri libri che sono due cose separate?? Che senso ha? I desideri,
le virt etiche e il sapere pratico, hanno a che fare con la socialit, con gli altri; la contemplazione
individuale, personale.
Tornano allora fuori i problemi che Aristotele voleva risolvere proprio con la trattazione delletica.

Libri VII- VIII- IX
Aristotele non va dritto al punto: prima di trattare il problema della sophia, introduce nei libri VII-VIII-IX e
met del X varie trattazioni specifiche:

Libro VII temperanza e intemperanza: psicologia morale: cosa succede quando faccio qualcosa
anche se so che sbagliato? Vuol dire che prevalgono i desideri sulla ragione.

Libro VII e capitoli 1-5del X trattazione specifica del PIACERE, tema importante in relazione alla
felicit. Il piacere va bene in quanto esprime un funzionamento naturale, ma bisogna evitare
lerrore del piacere eccessivo e soprattutto capire che non il fine ultimo.

Libri VIII-IX trattazione dellAMICIZIA: fondamentale in quanto luomo animale sociale. un
bene fondamentale in vista della felicit (tratta anche lamore).

Poi riprende il percorso con il capitolo 6 del libro X.

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