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MITI E LEGGENDE
DELLETA CLASSICA
Presentazione
Gli di
di persone alle quali una divinit, in forma per lo pi oscura5 e confusa, comunicava
il proprio pensiero. I sacerdoti ricostruivano i vaticini6 interpretando parole spesso
vaghe e poi riferivano il responso del dio ai fedeli giunti anche da molto lontano per
avere una indicazione o un consiglio dalla divinit, alla quale avevano in precedenza
fatto larghi7 sacrifici. A Dodona8 i sacerdoti interpretavano la volont di Zeus dal
sussurro del bosco di querci che si trovava vicino al tempio; a Delfi9 i sacerdoti
avevano lufficio 10 di dare un senso alle parole sconnesse e mozze 11 pronunciate dalla
Pizia, sacerdotessa che diceva fosse ispirata direttamente da Apollo.
Le stirpi italiche, la cui civilt ebbe una evoluzione pi tarda e rispecchi una
immaginazione meno vivace, per venerare i loro di istituirono ordini sacerdotali e
solennit sacre, precisarono le cerimonie del culto e gli uffici dei sacerdoti, ma non
crearono fantasiose leggende. Quando le stirpi italiche vennero a contatto con le
popolazioni orientali, in particolare con quelle dellEllade, ne conobbero la vita e ne
adottarono gli usi, non trascurarono i loro miti, ma li trasportarono a Roma
adattandoli, secondo le affinit che essi vi scorgevano, al concetto che si erano fatti
delle proprie divinit. Padre di tutti gli di, presso i Greci, era Zeus; presso i Romani
Giove (Iuppiter). Figlia di Zeus era Atena, di Giove Minerva. I nomi differivano; ma
poich il loro ufficio era simile, il mito relativo ad essi pot essere lo stesso.
Solo poche divinit italiche non trovarono riscontro nelle greche: sono per la
maggior parte di protettori delle messi, dei campi, dei fiori, dei confini: i Romani,
pur non avendo creato con limmaginazione fantastici racconti, avevano divinizzato
qualsiasi elemento facesse parte della loro primitiva vita campestre. Basti dire che
accanto a Cerere, protettrice delle messi, erano poste altre sette divinit, e ciascuna di
essa aveva un ufficio particolare per la crescita delle messi. Seia protegge il seme
sotto la terra, Proserpina apre le prime gemme, Nodotus gonfia i nodi dei calami12,
Volutine snoda le pannocchie, Patalena libera i chicchi dalla pula, 13 Lacturnus li cura
quando sono ancora teneri, Matuta li porta a maturazione.
17
le Parche. Erano figli di Zeus anche Apollo e Artemide, nati da Latona, le Muse, nate
da Memnsine, le Criti, nate da Eurmone.
Anche le divinit minori nate da Zeus ebbero importanti mansioni29 nella vita
degli di e degli uomini. Ebe aveva lufficio di versare il nttare nelle coppe dorate
degli di; le Ore, Tallo (la fioritura della primavera), Auxo (lo sviluppo dellestate),
Carpo (i frutti dellautunno), aprivano e chiudevano le rosate porte del cielo da cui
passava lo splendente carro doro del Sole. Le Ore da tre divennero quattro quando in
esse si volle vedere il simbolo delle stagioni, e al loro influsso fu attribuito lo
svolgersi dellanno. Le Criti, che in Roma furono chiamate Grazie, avevano nomi
dolcissimi: Aglia (Splendore), Eufrsine (Gaiezza), Tala (Fioritura); erano il
simbolo di quanto di pi bello esistesse nel mondo e distribuivano agli di e ai
mortali la gioia di vivere.
Alle tre Moire, le Parche dei Romani, era affidato il filo a cui era legata la vita
degli uomini. Cloto lo filava, Lchesi lo aggomitolava, e Atropo lo tagliava quando il
Fato aveva stabilito che una vita finisse. Le Muse formavano un gruppo di nove belle
sorelle a cui era affidata la protezione delle arti pi nobili. rato proteggeva la poesia
lirica, Euterpe il canto, Callope la poesia epica, Clio la storia, Melpmene la
tragedia, Polmnia la poesia religiosa, Terscore la danza, Tala la commedia, Urania
lastronomia.
Prima di Era, Zeus aveva avuto unaltra moglie, Meti, lassennatezza30.
Sapeva pi cose lei, dice il poeta Esiodo,31 che tutti gli di messi assieme. Ma essa
era stata ingoiata dal dio, secondo le abitudini di famiglia, il giorno in cui gli era
venuto il dubbio che un figlio nato dalla dea gli potesse togliere la signoria
delluniverso. Precauzione, come poi si vide, inutile: un giorno Zeus fu assalito da un
fortissimo mal di testa, chiam il figlio Efesto e gli ordin di aprirgli la testa per
vedere che cosa ci fosse dentro. E qualche cosa cera, infatti: armata come un
guerriero, balz fuori una fanciulla dagli occhi azzurri cangianti32 in verde: Atena.
Essa, per, non tent mai di spodestare il padre, ma anzi ne fu la figlia prediletta e
devotissima.
Essendo considerato dai Greci il protettore dello Stato e della famiglia, Zeus
era venerato in tutte le regioni dellEllade, e in particolare nellEpiro, nella citt di
Dodona. Racconta lo storico Erodoto33 che un giorno una colomba nera si pos su di
una quercia nel bosco di Dodona e, parlando con voce umana, disse che in quel bosco
doveva esser fondato un tempio in onore di Zeus. Fu quello il primo tempio eretto al
potente dio, il quale nella vicina foresta di querci esprimeva il suo pensiero col
sussurro delle foglie scosse dal vento. Altra citt famosa, anzi la pi famosa per il
culto di Zeus, fu Olimpia. 34 In questo grande tempio nellet di Pericle, 35 (V secolo
29
a.C.), venne collocata una statua del dio, che misurava 13 metri daltezza e poggiava
su di una base quasi altrettanto alta. Laveva scolpita il pi famoso sculture greco,
Fidia. Il padre degli di vi era rappresentato coperto da un mantello doro e seduto su
di un trono in cui oro e bronzo, ebano36 e avorio si fondevano con arte mirabile.
Ogni quattro anni in Olimpia si svolgevano le pi solenni gare atletiche, le
olimpiadi, a cui partecipavano i Greci di tutte le regioni; le olimpiadi avevano tanta
importanza, che ad esse veniva subordinato qualsiasi avvenimento; anche se cera la
guerra, le operazioni belliche erano sospese per far modo a chiunque di partecipare a
quelle manifestazioni.
Zeus veniva sempre rappresentato con barba folta e chioma abbondante, spesso
ornata da una corona di quercia, albero a lui sacro quale simbolo di Dodona, e vicino
gli erano posti lgida, lo scettro, simbolo del potere, e il fulmine.
In Roma il pi grande degli di, Giove, ebbe gli stessi attributi di Zeus. Era il
signore delle tempeste; come datore di pioggia proteggeva lagricoltura ed era
invocato dagli agricoltori che allinizio della semina dedicavano a lui un frugale 37
banchetto. Da Giove partiva il fulmine, ma, poich egli era creduto anche il dio della
luce, solo il fulmine che cadeva di giorno; il fulmine notturno, secondo gli antichi
Romani, era scagliato da Sommano, dio del cielo notturno. Dal culto di Giove doveva
dunque essere escluso tutto ci che ricordasse il buio; ai suoi sacerdoti era fatto
divieto di prender parte a riti funebri, perch il regno doltretomba il regno delle
tenebre; i giorni sacri a lui erano le Idi38 le quali, secondo lantico calendario,
cadevano nel periodo del plenilunio,39quando cio la notte meno buia.
Egli fu venerato su tutti i colli di Roma; il pi antico tempo fu il tempo eretto
sul Quirinale, ma il pi frequentato sorgeva sul Campidoglio dove i Romani si
recavano nelle occasioni pi importanti: il giovane romano che prendeva la toga
virile, 40 il magistrato che sacrificava prima di entrare in carica, il generale vittorioso
quando celebrava il suo trionfo. Nel tempio Capitolino, dove Giove ebbe per la prima
volta il titolo di Ottimo Massimo, erano venerare anche Giunone e Minerva con le
quali Giove formava la Triade Capitolina. In loro onore si svolgevano i ludi magni:
divertimenti vari che duravano quindici giorni; le gare di pugilato e le corse erano i
giuochi pi apprezzati.
giungendo ai limiti di uno scontro con Sparta (446-445). La difficile situazione creatasi con la guerra del Peloponneso
port alla sua caduta nel 430; rieletto un anno dopo, mor di peste. Grande uomo politico, Pericle va ricordato anche per
lallargamento dei diritti democratici che si realizz in Atene durante il periodo del suo governo.
36
Ebano: legno pregiato nero e durissimo.
37
Frugale: semplice, sobrio.
38
Idi: era una data variabile del calendario romano: le Idi cadevano il giorno 15 dei mesi di marzo, maggio, luglio,
ottobre, il giorno 13 degli altri mesi.
39
Plenilunio: la fase in cui la luna, trovandosi in opposizione al sole, mostra completamente illuminato il suo disco
(luna piena).
40
Toga virile: mantello semicircolare in panno di lana, che i giovanetti dellantica Roma indossavano sopra la tunica
quando arrivavano ai sedici-diciassette anni.
Era (Giunone)
Era, la figlia di Rea e di Crono, fu considerata moglie di Zeus, nonostante i
comuni genitori, e venerata come la principale divinit femminile dellOlimpo: regina
del cielo, protettrice delle citt da lei predilette. Tutti gli di si alzavano per renderle
omaggio quando essa faceva il suo ingresso nellassemblea, e sedeva vicino a Zeus su
di un trono doro e davorio.
Il suo potere era grandissimo, e anchessa poteva comandare ai fenomeni
atmosferici e scatenare tempeste, paurose quasi come quelle volute da Zeus. Insieme
con Afrodite e con Atena veniva considerata una fra le pi belle dee dellOlimpo. La
dea della discordia, Eris, quando volle vendicarsi di non essere stata invitata alle
nozze di Peleo e di Teti, 41 seppe quel che fare, evidentemente conoscendo la latente 42
rivalit delle tre dee. Prese una bella mela doro, ci incise sopra tre sole parole alla
pi bella e la gett in mezzo al banchetto. Naturalmente le tre dee si contesero
accanitamente quella mela, ciascuna pretendendo di esserne la destinataria e non si
calmarono sinch Temi, dea della Giustizia, non stabil di chiedere il giudizio a un
mortale. Fu scelto Paride, figlio di Priamo.43 Prima che pronunziasse il giudizio, a
Paride furono fatte delle offerte di corruzione.
Di che il pomo era per me, e ti far re di quante terre vorrai, dice Era.
E Atena: Se preferirai me, avrai gloria in qualsiasi battaglia.
E Afrodite: Dai a me la mela, avrai per te la pi bella donna del mondo.
Paride, forse perch della gloria in guerra o del dominio su tante terre
glimportava poco, forse perch Afrodite era veramente la pi bella, assegn il pomo
ad Afrodite, la quale col mantenere la promessa dette origine a quella terribile
guerra 44 durata dieci anni che procur tanti lutti a tutti gli Achei, e ai Troiani distrusse
la loro citt.
Pur non avendo ottenuto col pomo il riconoscimento ufficiale della loro
bellezza, Era ed Atena continuarono ad essere considerate bellissime, tuttavia Era non
la perdon mai a Paride e non fu contenta sinch non vide rasa al suolo la sua citt,
Troia.
Intorno ad Era la fantasia dei Greci non poteva creare nessuna leggenda troppo
vivace. Come moglie di Zeus, Era doveva rappresentare la massima dignit e verso di
lei nessuno doveva osare unammirazione meno che rispettosa. Issione, re dei
Lpiti, 45 invitato alla tavola degli di, os desiderare per moglie Era. Per punirlo del
pensiero irriverente Zeus lo fece legare con delle serpi a una ruota incandescente che
girava per laria. Nonostante la non comoda posizione, Issione era anche condannato
ad ammonire senza tregua: Si onorino i benefattori!.
41
Peleo e di Teti: Peleo, re di Ftia, in Tessaglia, spos Teti, dea del mare e da essa ebbe un figlio: Achille. Alle nozze di
Peleo con Teti risale lepisodio che port alla guerra di Troia.
42
Latente: nascosta, segreta.
43
Priamo: re di Troia.
44
Guerra: la guerra tra Achei e Troiani che, fra alterne vicende, dur dieci anni.
45
Lpiti: abitanti della Tessaglia (regione della Grecia), di statura gigantesca, famosi per aver combattuto contro i
Centauri, esseri fortissimi, mezzo uomini e mezzo cavalli, che abitavano nei boschi della Tessaglia.
Si raccontava che nel giorno delle nozze fra Era e Zeus, Gea offr in dono una
melagrana. 46 Il dono piacque tanto che Era volle una piantagione di quei frutti rossodorati, divenuti col tempo simbolo del matrimonio, nel giardino degli di, presso il
monte Atlante, e ne affid la custodia alle Espridi e ad un serpente con tre teste. Per
avere uno di quei pomi Eracle comp una delle sue principali fatiche.
Di era il mito poneva in rilievo solo limmensa gelosia che a volte la rendeva
ridicola e a volte cattiva. Per sapere ci che fa Zeus non si perita47 di spiarlo e poi
offenderlo dinanzi a tutti gli di. Quando sa che a Zeus deve nascere un figlio da
Alcmena, una mortale, mette le cose in maniera che questo figlio, Eracle, lotti
accanitamente per tutta la vita sostenendo fatiche immense e mai superate da
nessuno. A Smele, altra sua rivale, consiglia di ammirare da vicino Zeus armato di
fulmine e di gida, ben sapendo che, come mortale, Smele non potr sostenere la
vicinanza del fulmine e ne morir bruciata. Zeus non sempre tollera questi atti di
gelosia. Una volta, irritato per le continue persecuzioni contro il figlio Eracle, prese
Era, le leg le mani, le attacc unincudine 48 a ciascun piede e la tenne poi sospesa
per un po di tempo fra il cielo e la terra. Non per questo Era cambi carattere.
Era fu venerata soprattutto nellisola di Samo, dove in suo onore si svolgevano
feste eccezionalmente splendide bench il suo culto avesse avuto origine in Argo;49
da questa citt si diffuse rapidamente in tutta la Grecia quando fra gli altri attributi si
riconobbe ad Era quello di protettrice del matrimonio.
Nei periodi di siccit, per chiedere la pioggia benefica alla dea che poteva
adunare le nubi e comandare alle tempeste, le si sacrificavano delle capre; queste,
oltre ad esserle sacre, erano considerate, insieme col cane e con la cornacchia, gli
animali pi adatti per richiamare la pioggia.
A Roma Era fu identificata con Giunone, dea protettrice del matrimonio e delle
donne, le quali, per propiziarsi la dea, le consacravano i sopraccigli. Con
lavvicinamento ad Era, la dea romana fu considerata anche moglie di Giove ed ebbe
cos accresciuta la sua dignit e la sua importanza. Fu venerata col nome di Iuno
Regina, e le fu affidata la protezione dello Stato romani; sullEsquilino 50 le fu
dedicato un magnifico tempio dove il primo di marzo si celebravano le pi importanti
cerimonie in suo onore, i Matronalia. Insieme con la dea erano festeggiate e
ricevevano doni dagli anche le madri di famiglia.
In una festa minore in onore di Giunone, a Faleri, 51 era di rito la caccia dei
fanciulli alla capra, lanimale che presso i Romani, come presso i Greci, si diceva
fosse molto amato dalla dea. Ma lanimale in particolare sacro a Giunone era il
pavone; per renderlo pi bello la dea pose sulle lunghe penne della coda i cento occhi
splendenti del cane Argo quando questo mostro fu ucciso da Ermes; da quel giorno
sulla coda del pavone si ammirano belle macchie variopinte e luminose.
46
Melagrana: frutto del melograno; ha un involucro esterno di colore giallo-rossastro pieno di semi succosi, rossi, che
costituiscono la parte mangiabile del frutto.
47
Non si perita: non esita, non si trattiene.
48
Incudine: blocco di acciaio sul quale viene battuto il metallo che deve essere lavorato e modellato.
49
Argo: citt peloponnesiaca che diede il nome alla regione circostante, lArgolide.
50
Esquilino: con lAventino, il Campidoglio, il Celio, il Palatino, il Quirinale e il Vicinale, uno dei sette colli di Roma.
51
Faleri: citt romana dellItalia centrale situata in territorio etrusco.
Atena (Minerva)
Quando Atena balz, splendidamente armata doro, dalla testa di Zeus lanci
un grido altissimo che sconvolse il mare, fece tremare il cielo e la terra, ferm il
corso del sole. Nata con le armi in pugno non poteva non essere divinit bellicosa, 52 e
la leggenda dice che guidava gli eserciti, eccitava tumulti, amava le guerre. Non
godeva, come Ares, dellassalto brutale dove la forza non era regolata
dallintelligenza, ma insegnava larte per conseguire la vittoria suggerendo sapienti
operazioni e ingegnosi stratagemmi. Privi del suo aiuto, Eracle, Giasone, Perseo non
avrebbero concluso vittoriosamente le loro imprese; senza la sua protezione Ulisse
non sarebbe forse tornato in patria.
Ma Atena era anche figlia di Meti, lassennatezza, ingoiata da Zeus, come si
ricorda, e dalla madre aveva ereditato la saggezza e la prudenza; personificava perci
anche la pace, la quiete, il lavoro, le arti, le scienze. La citt di Atene la venerava
come nume tutelare. 53
La bellissima figlia di Zeus dagli occhi verde-azzurri, consapevole dellonore
che i mortali dovevano tributarle, pun atrocemente due fanciulle, Aracne e Medusa,
che avevano osato uguagliarsi a lei.
Aracne, espertissima nel tessere, si vantava di superare la stessa Atena; ma la
dea, che nellabilit dei lavori femminili voleva essere ritenuta insuperabile, non
toller il sacrilego paragone e trasform in ragno la fanciulla troppo orgogliosa.
I bellissimi capelli di Medusa, che aveva paragonato la sua bellezza a quella di
Atena, furono cambiati in un groviglio orrendo di serpi sibilanti; il corpo si copr di
squame, e lo sguardo della fanciulla divenne cos freddo da rendere di pietra
chiunque ne fosse colpito.
Quando Medusa fu uccisa da Perseo, Atena ne prese la testa e la fisso in mezzo
al suo scudo, ammonimento e terrore per i suoi nemici. Non ancora contenta della sua
vendetta, Atena raccolse un osso di cervo e soffiandovi dentro volle imitare per
scherno54 gli ultimi lamenti di Medusa che cadeva sotto la spada di Perseo. I lamenti
sembravano proprio quelli; ma gli di risero di cuore vedendo il bel viso di Atena
sformato dallo sforzo di soffiare. Irritata nel vedersi oggetto di scherno, Atena gett
via il flauto e nellira maledisse lo strumento e colui che lavesse raccolto. Lo
raccolse il satiro 55 Marsia; vedremo in seguito come la maledizione della dea non
andasse perduta.
Sacra ad Atena fra gli animali era la civetta, fra le piante lulivo che lei stessa
aveva donato agli uomini. Essa, infatti, gareggi con Poseidone per la signoria di
tutta la regione dellAttica che era stata promessa da Zeus a quello degli di che
52
avesse fatto il dono pi utile. Poseidone batt il suo tridente 56 sulla sabbia; subito
apparve un animale sconosciuto: era il cavallo la cui forza e resistenza sar di grande
utilit al lavoro degli uomini. Dono pi utile non poteva immaginarsi e gi il dio
pregustava la sua vittoria. Ma Atena tocc con la lancia le colline di quella regione, e
le colline subito si ricoprirono di alberi dalle foglie dargento. Senza esitare, Zeus
assegn ad Atena la regione a cui essa aveva donato lulivo, lalbero che avrebbe
fornito agli uomini luce e nutrimento.
Alla citt che era il centro di questa regione fu dato il nome della dea, Atene,
e nel magnifico tempio che dominava la citt, il Partendone, la dea ebbe sempre
grandissima venerazione. Una statua della dea, in oro e avorio, dominava linterno
del tempio con i suoi nove metri di altezza. Unaltra statua, forgiata57 dal pi celebre
scultore greco, Fidia, 58 col bronzo del bottino preso dagli Ateniesi a Maratona, 59 era
collocata nel punto pi alto dellAcropoli. La statua, scintillante, serviva da faro per i
naviganti che si dirigevano al Pireo, il grande porto di Atene.
Gli spettacoli che si svolgevano ogni quattro anni ad Atene durante le Grandi
Panatenee, feste in onore di Atena, erano per grandiosit simili a quelle che avevano
luogo ad Olimpia in onore di Zeus. Le Panatenee culminavano con una grande
processione di fanciulle che portavano in dono alla dea, al Partendone, un magnifico
peplo60 ricamato, al quale avevano lavorato per circa un anno tessitrici e ricamatrici
scelte fra le pi abili.
La dea romana corrispondente ad Atena era Minerva: proteggeva le scienze, i
lavori femminili, le arti. Per influsso della religione greca fu accentuato in Minerva il
carattere di protettrice della guerra che in origine presso i Romani aveva carattere
secondario: la dea fu chiamata anche custode della citt e protettrice delle libert
cittadine.
Nel quarto giorno dopo le Idi, si celebravano le feste in suo onore, chiamate
Quinquatrus dal giorno in cui cadevano, e ad esse partecipavano tutti coloro che
esercitavano professioni liberali. 61
56
Apollo (Febo)
Figlio di Zeus e di Latona, Apollo, detto anche Febo, nacque insieme con
Artemide ai piedi del monte Cinto, nellisola di Delo. Era questa unisola rocciosa
senza radici che vagava per i mari: fu fermata da Poseidone subito dopo la nascita di
Apollo perch chiunque avesse voluto onorare il saettante dio, dotato da Zeus di virt
profetiche, vi si potesse recare facilmente. Dopo quattro soli giorni dalla nascita,
Apollo si mette in giro per trovare un luogo adatto a fondarvi il suo oracolo e
comunicare ai mortali le sue profezie. Arriva a Telfussa62 e vuol fermarvisi; ma in
quel luogo regna una ninfa la quale, per non essere scacciata dal dio e per non perdere
importanza, lo convince ad andare sino ai piedi del Parnaso63 dove trover Delfi,
localit bellissima e molto pi adatta di Telfussa a istituirvi un oracolo. Arrivato nel
magnifico bosco di Delfi, Apollo dapprima grato alla ninfa di avergli dato
unindicazione che gli sembra felicissima; ma poco dopo scopre che in una sorgente
l vicina vive un mostruoso serpente, Pitone, sacro agli di inferi. Pur sapendo di
offendere questi di, Febo uccide Pitone; per purificarsi delloffesa fatta alle divinit
infernali deve stare per otto anni nella valle di Tempe, in Tessaglia, a sorvegliare il
gregge del re Admeto. Certo, mentre era costretto a fare il pastore, non gli deve
essere stato di nessuna consolazione laver punito la perfida ninfa di Telfussa
trasformandola in pietra.
Terminata la sua espiazione, Febo lascia la Tessaglia e Tempe, e al re Admeto,
che durante il suo umile servizio lo ha trattato con la benevolenza degli uomini giusti,
lascia un dono singolare. Admeto potr vivere oltre il limite a lui fissato dalle Parche
purch trovi un essere umano disposto a morire in sua vece. Pi presto di quando non
creda giunge lora suprema per Admeto, il quale chiede prima al padre e poi alla
madre di cedere per lui ancor giovane la loro tarda et. Ma i genitori non lascoltano,
non desiderando essi morire prima che giunga il termine posto dalla Parca. Il dono di
Apollo sarebbe inutile se la dolce moglie di Admeto, Alcesti, non offrisse la sua
giovane vita, che sino ad allora stata felice, ma che diverrebbe priva di ogni
attrattiva con la morte di Admeto. Admeto non pu n fermare il Fato n gli
permesso di rinunciare al dono di Febo che pure si risolve in tanto dolore. Il Demone
della morte ha gi rapito Alcesti, quando giunge Eracle, il quale, volendo ricambiare
la liberalissima ospitalit con cui stato accolto dal buon re, insegue in Demone,
impegna con lui una lotta, riesce strappargli Alcesti e a restituirla allo sposo e ai suoi
piccoli figli.
Venerato per la sua virt profetica come dio infallibile nel rivelare i segreti del
futuro, Apollo veniva considerato come una delle divinit pi importanti, e i suoi
oracoli erano numerosissimi; il pi celebre, il pi frequentato era quello di Delfi, di
cui abbiamo raccontato lavventurosa scelta. Al centro del magnifico tempio di Delfi,
dove si ammassavano i numerosi e ricchi doni portati dai fedeli, si apriva un baratro
62
63
Pan stesso riconosce la superiorit della musica di Apollo, mentre Mida dissente71 e
afferma con presunzione di intenditore di preferire le liete note di Pan. Apollo, nel
suo orgoglio dalla prosopopea72 di Mida, sentenzia che il suo giudice ha orecchie
degne solo di un animale, e tali devono essere. Subito le orecchie di Mida cominciano
ad allungarsi, si ricoprono di una peluria grigia e la punta si muove in qua e in l;
sono le orecchie di un asino.
Per la seconda volta Mida vede punita la sua leggerezza, questa volta senza
rimedio. Per nascondere la vergogna della punizione divina, Mida non trova altro
modo che coprirsi con un cappello alto e imponente: una bella tiara73 doro
tempestata di pietre preziose che nasconda le lunghe orecchie a tutti. Non proprio a
tutti, per; il barbiere di Mida non pu non accorgersene e, chiacchierone come sono
generalmente i barbieri, divulgherebbe volentieri la notizia se non temesse severe
punizioni. La notizia, tuttavia, troppo eccezionale per essere tenuta segreta e il
barbiere non sta in s dal desiderio di parlarne. Un giorno, per scaricarsene, va in
aperta campagna, scava una bella buca profonda, vi appoggia la testa e, riparandosi a
paravento la bocca con le mani perch neanche laria senta, confida alla terra quali
orecchie abbia il suo signore. Crede di sotterrare il segreto riempiendo bene bene la
fossa. Si allontana poi in silenzio, contento di aver finalmente parlato senza offendere
il suo re.
Poco dopo, nel campo dove il segreto era stato sepolto, crebbe un ciuffo di esili
canne, alte e flessibili, che ad ogni soffio di vento sussurravano: Mida ha le orecchie
dasino Mida ha le orecchie dasino.
Il dio era rappresentato armato di arco e di frecce, oppure con la lira e coronato
di alloro, albero divenutogli sacro per questa leggenda. Al dio tanto venerato e tanto
temuto non ubbidisce una ninfa da lui amata, Dafne, anzi sempre lo sfugge, sinch un
giorno, quando il dio sta per raggiungerla, invoca spaventata laiuto del padre, il
fiume Peneo, che, per sottrarla al dio, la trasforma in un albero di alloro.
Le feste in onore di Apollo erano numerose e si svolgevano sempre durante
lestate, il periodo in cui domina il sole. A Delfi, ogni quattro anni, si celebravano i
giuochi Pizi, giuochi di tanta importanza che richiamavano partecipanti da ogni
regione della Grecia ed erano inferiori solo a quelli di Olimpia dedicati a Zeus.
Durante i giochi Pizi si svolgevano gare ginnastiche e musicali alternate alla lettura di
poemi che esaltavano le imprese di Apollo. In unaltra solenne festa, il Septerion,
celebrata ogni nove anni, una rappresentazione sacra ricordava la lotta del dio contro
il serpente Pitone, gli umili lavoro compiuti durante il suo esilio espiatorio e il ritorno
del dio a Delfi.
Attraverso le colonie della Magna Grecia il culto di Febo si diffuse in Italia. I
Romani non avevano nessuna divinit identificabile con questo dio della musica,
della divinazione e della salute; perci lo adorarono lasciandone immutati i caratteri e
i nomi. Il culto di Apollo si diffuse rapidamente e divenne di grandissima importanza
71
dopo la battaglia di Azio,74 quando, cio, Augusto attribu alla sua protezione la
vittoria riportata su Antonio ed eresse al dio un magnifico tempio sul Palatino.
74
Azio: antico porto della Grecia, nei pressi del quale si svolse, nel 31 a.C., la famosa battaglia navale in cui la flotta di
Ottaviano Augusto sconfisse quella di Antonio e Cleopatra.
Artemide (Diana)
Figlia di Zeus e di Latona dai bei capelli, Artemide nacque in Delo, alle pendici
del monte Cinto, lo stesso giorno in cui nacque il fratello Apollo. Ancora fanciulla
chiese a Zeus che le assegnasse il dominio dei monti dove poter cacciare senza limiti
e che non la costringesse a sposare n un dio n un mortale per non essere distolta
dalla sua vita libera. Zeus le accord quanto chiedeva, le assegn un numeroso
seguito di Ninfe, le Oreadi, e, in considerazione del suo continuo spostarsi da un
luogo allaltro, le dette lufficio di proteggere le strade e i porti. Artemide si fece
fabbricare da Egesto larco e le frecce e chiese a Pan di procurarle una muta di cani75
che insieme alle sue Ninfe laccompagnassero quando vagava per i boschi o saliva
sulle cime dei monti per uccidere col suo arco doro ogni specie di selvaggina.
Le sue frecce non fallivano mai: un abilissimo cacciatore, Orione, che os
paragonare la sua abilit a quella di Artemide, dalla dea irata e offesa fu trasformato
nella costellazione che anche oggi ne porta il nome. Era superba e tanto orgogliosa,
che disprezzava anche lammirazione dei mortali. Un giorno, circondata dalle sue
Ninfe, si bagnava in un ruscello per ristorarsi dalle fatiche di una battuta di caccia
quando si accorse di essere osservata da un cacciatore, Atteone. Subito la dea
trasform Atteone in cervo e gli aizz 76 contro la muta dei suoi cani, i quali, non
riconoscendo il padrone, lo sbranarono in maniera orribile.
Per vendicare la madre dellaffronto ripetuto dallorgogliosa Niobe che, dopo
luccisione dei figli si vantava ancora di avere sette figlie, Artemide, senza esitare,
uccise una dopo laltra le sette fanciulle, insensibile alle suppliche della madre
sventurata.
Niobe dopo aver assistito alluccisione anche della figlia pi piccola, bench
protetta disperatamente dalle sue braccia, dal dolore divenne di pietra. Ma neanche la
pietra riusc a contenere le lacrime che, cadendo senza sosta, formarono una sorgente
perenne.
La dea esigeva che le si facessero sacrifici secondo i suoi diritti; chi la
trascurava era punito gravemente. Eneo, re di Calidone, in Etolia, si dimentic di
offrirle le primizie dellannata. Pochi giorni dopo, un enorme cinghiale cominci a
devastare la fertile Etolia, n contro quella forza scatenata poterono far niente i
migliori eroi della Grecia, accorsi per abbatterlo, sinch non venne ucciso da
Meleagro, il figlio del re.
Anche Agamennone, figlio di Atreo, che aveva affermato di saper tirar larco
meglio di lei ebbe la sua punizione. Quando la flotta allestita dagli Atridi77 fu pronta
per salpare verso Troia, una bonaccia 78 insistente minacci di far fallire limpresa.
Loracolo rivel che ci avveniva per opera di Artemide la quale, per essere placata,
chiedeva il sacrificio della pi giovane figlia di Agamennone, Ifigenia.
75
Queste leggende dettero origine alla credenza che solo il sacrificio di vittime
umane placasse la dea, e a Sparta, dove Artemide era molto venerata, le si facevano
sacrifici umani. Pi tardi luso sanguinario fu sostituito dalluso quasi ugualmente
crudele di frustare a sangue alcuni bambini.
Pur essendo attribuiti ad Artemide istinti crudeli e primitivi, la giustizia della
citt era posta sotto la protezione di questa dea. Da lei erano protette anche le
fanciulle le quali, per propiziarsi la dea, le dedicavano o una ciocca di capelli o un
gioiello, o uno dei loro giocattoli. Anche Ifigenia la quale, come si detto, doveva
essere sacrificata alla dea nel tempio di Aulide ebbe, in certo modo, la protezione di
Artemide. La dea voleva essere onorata dalla giovanissima fanciulla, ma non con la
sua morte. Quando tutto fu pronto per il sacrificio ed Ifigenia era gi sullaria, la dea
discese rapidamente dallOlimpo, sostitu una cerva ad Ifigenia che fu trasportata
nella Taurine, sulle rive del Ponto,79 dove per molti anni ebbe cura del tempio.
In alcuni luoghi di culto e i templi di Artemide e di Apollo erano comuni
perch, diceva il mito, quando la dea era stanca si rifugiava presso il fratello,
partecipava ai cori delle Grazie e delle Muse e trovava riposo nel guidare le danze
delle Ninfe.
Spesso Artemide era identificata con Selene, la luna, e Apollo col sole, luno e
laltra venerati come protettori dellagricoltura. Il sole illumina, riscalda, fa crescere
rigogliose le messi; la luna con le sue fasi aiuta il lavoro della natura.
Alla bella dea cacciatrice era sacro il cervo e durante le feste in suo onore le
venivano offerte grosse focacce in forma di cervo. Quando si voleva onorare nella
dea il simbolo della benefica luce lunare, durante il plenilunio le si offrivano grosse
focacce tonde circondate da piccole candele accese.
Nel mondo romano Artemide fu identificata con Diada, dea della luce
diurna, 80, protettrice della natura selvaggia e della caccia, regina dei monti, delle
selve, dei torrenti. A Diana furono eretti il tempo sullAventino e quelli, divenuti
famosissimi, sul monte Algido e ad Aricia, presso il lago di Nemi. Nel tempo di
Aricia, costruito in mezzo ad un bosco, aveva funzioni di sacerdote uno schiavo
fuggiasco il quale si assumeva direttamente quel sacro ufficio uccidendo il sacerdote
precedente, anchegli schiavo fuggiasco. Si credeva, perci, che gli schiavi fuggiti
fossero protetti dalla dea; per essi fu costruito un asilo vicino al tempo romano della
dea e durante le Idi di agosto, quando si sacrificava solennemente a Diana, anche gli
schiavi festeggiavano la loro festa.
79
80
Ares (Marte)
I Greci raccontavano che Ares, figlio di Zeus e di Era, fosse nato in Tracia 81
perch dotato di un carattere tempestoso e violento come il vento spira in quella
regione, rozzo e incivile come il carattere dei barbari82 che vi abitavano. Nei tempi
pi antichi era identificato addirittura con luragano, in seguito fu considerato il dio
della distruzione, della guerra cinica83 e devastante. Egli non partecipa per luno o per
laltro combattente: ama la strage per se stessa, ed insaziabile di sangue e di
scompiglio. Domina tutti con la sua figura gigantesca e si aggira furioso fra le
schiere, a piedi o su di un carro tirato da quattro cavalli: Ardente, Divampante,
Strepito, Orrore. Lo segue un corteo che incute paura: vi sono la Discordia, le Keres,
dee della morte violenta, i figli Terrore e Spavento, il Tumulto. La sua forza
puramente brutale incute 84 paura agli uomini, ma gli di non lo ammirano n lo
rispettano: Atena, intelligente e valorosa, gli nemica; Zeus stesso, che ne il padre,
non ama questo suo figlio irrequieto, violento, continuamente assetato di sangue.
Suoi figli mortali furono oltre alle Amazzoni, le donne guerriere che di Ares
ereditarono lenergia e il desiderio di combattere, Cicno, Diomede di Tragia e
Flegis, uomini violenti e crudeli come il padre. Cicno era un brigante che tendeva
insidie ai viaggiatori e, dopo averli derubati, per pura crudelt li decapitava 85
orribilmente. Diomede, re della Tracia, uccideva gli uomini per nutrire i suoi cavalli.
A Roma Ares fu identificato col dio Marte nonostante che fra le due divinit vi
fossero notevoli differenze. Marte, infatti, godeva di una venerazione grandissima,
solo inferiore a quella di Giove col quale aveva in comune il titolo di Pater perch la
leggenda, attribuendo a lui la paternit di Romolo e di Remo, figli della vestale 86
Rhea Silvia, lo indicava progenitore divino di tutti i Romani. Inizialmente si adorava
in Marte il dio che protegge la vegetazione primaverile, la fertilit dei campi, la
prosperit del bestiame e la guerra. Questa ultima attribuzione sembrerebbe
contrastare con le altre, se non si considerasse che gli antichi agricoltori, oltre alla
grandine, alle malattie, al sole troppo ardente, dovevano temere anche le aggressioni
di popolazioni venute da altre sedi alla ricerca di terre pi fertili; la protezione di
Marte non sarebbe stata completa se non avesse aiutato i contadini nella lotta per
difendere i loro territori. Nellantico calendario romano il primo messe dellanno era
dedicato a questo dio; nel marzo infatti avevano inizio i lavori agricoli e anche la
stagione delle guerre; nelle feste dette ambarvalia, che duravano quasi tutto il mese e
durante le quali si purificavano le campagne, si invocava la protezione di Marte.
81
Durante gli ambarvalia i contadini faceva fare per tre volte il giro dei loro
campi ai tre animali che essi offrivano al dio: un suino, un montone, un toro, e prima
del sacrificio (suovetaurilia) rivolgevano al dio lunghe preghiere per ricordargli tutto
quello che essi desideravano ottenere da lui.
Un rito istituito dal re Numa 87 dava grande solennit alla purificazione delle
armi. Secondo la leggenda, Marte aveva fatto cadere uno scudo di bronzo vicino a
Numa che pregava per la salvezza di Roma e aveva rivelato al pio re che la potenza
romana sarebbe durata sinch fosse stato conservato quello scudo. Perch non si
cercasse di sottrarlo o di sciuparlo, Numa fece fabbricare altri undici scudi in tutto
simili a quello caduto dal cielo e affid i dodici scudi a dodici dei pi ragguardevoli
cittadini romani, i sacerdoti Salii. Il primo di marzo, i Salii, portando gli scudi,
iniziavano una processione che durava quasi tutto il mese per avere la possibilit di
mostrarsi in tutte le strade della citt. Partendo dalla Regia, dove erano custoditi gli
scudi e le armi sacre al dio, i Salii percorrevano ogni giorno un itinerario prestabilito
e ogni tanto si fermavano, intrecciavano danze, cantavano inni di guerra
accompagnandosi con colpi di lancia sugli scudi. Quando la stagione della guerra era
finita, si purificavano le armi (armilustrium) e i Salii riponevano scudi e armi nella
Regia dove erano custoditi sino al marzo successivo.
I Romani immaginavano Marte accompagnato da altri di: Bellona, la dea della
guerra, la Paura, il Pallore, lOnore, il Valore, la Vittoria, la Pace; tutti erano oggetto
di venerazione per i Romani che a molti di essi avevano innalzato un tempio. Fra i
molti templi dedicati a Marte il pi noto il tempo di Mart Ultore fatto innalzare da
Augusto in uno dei Fori Imperiali in ricordo della vittoria riportata sui nemici e
uccisori di Cesare. Al dio guerriero, sulla sinistra del Tevere, era dedicata una piazza
(Campus Martius) destinata a manovre militari e ad esercizi ginnastici per la giovent
romana.
87
Numa: Numa Pompilio, secondo re di Roma (regn dal 715 al 672 a.C.).
Afrodite (Venere)
Chi conosce leccezionale fascino delle isole del mare Egeo pu intendere
meglio come sia sorto lantico mito che quelle isole siano cos belle perch riflettono
ancora il primo sorriso col quale Afrodite le illumin nascendo. La dea dal dolce
sorriso e dagli occhi sfolgoranti, che per Omero 88 figlia di Zeus e di Dione, secondo
un mito pi diffuso nacque dalla spuma del mare e, trasportata da una conchiglia,
approd a Citera (Cipro) dove fu accolta dalle Ore o dalle Criti89 che la vestirono di
fiori e di oro. Il mese di Aprile, simbolo della primavera, fu dedicato a lei che era
venerata in tutta la Grecia come dea della bellezza e dellamore.
Alcune leggende la dicevano moglie di Efesto, il dio deforme, ma abilissimo
nel forgiare il metallo, altre di Ares.
Da Ares le nacque il figlio Eros (Amore), fanciullo alato e bellissimo, sempre
armato di un piccolo e grazioso arco da cui partivano frecce infallibili che
suscitavano lamore in chiunque ne fosse colpito, mortale o dio; solo le tre grandi
dee, Atena, Artemide ed Estia ne rimasero immuni per concessione di Zeus.
Questo dio, rappresentato ora come nel fiore della giovinezza, ora come un
bambino, colp la fantasia di innumerevoli poeti che di lui cantarono storie bellissime,
la pi bella della quali la favola di Amore e Psiche.
Bellezza e immortalit non impedirono ad Afrodite di innamorarsi di uomini
mortali: del bellissimo Adone e del pastore Anchise. Da Anchise le nacque Enea;
come ogni nato da un essere mortale e da una divinit era destinato ad essere un
uomo eccezionale affrontando grandi imprese: infatti sopravvisse alla distruzione
della sua citt, Troia, e port a termine un avventuroso viaggio dallAsia Minore sino
in Italia dove avrebbe fissato la sua sede per dare origine alla stirpe che doveva
fondare Roma.
Lamore di Afrodite per Adone suscit lira e la gelosia di Ares, il quale,
durante una battuta di caccia, aizz contro quel mortale bellissimo un cinghiale
inferocito che lo abbatt in mezzo a un cespuglio di rose. La dea, piangendo, corse
subito per portargli aiuto: al povero Adone ferito mortalmente quelle cure non
giovarono, ma il primo dolore e le prime lacrime della dea dalleterno sorriso
lasciarono unimpronta nella natura. Nellaccorrere presso Adone, Afrodite non
aveva badato ai cespugli che le graffiavano i piedi, e le bianche roselline bagnate dal
sangue della dea presero da allora un colore rosso vivo, mentre dalla terra bagnata
dalle lacrime divine spuntavano delicati anemoni90 dalle vivacissime tinte.
In Roma Afrodite fu identificata con Venere, dea protettrice dei giardini, degli
orti e della fioritura primaverile. In seguito, per influsso della dea greca, a Venere
furono aggiunti gli attributi della dea dellamore e della bellezza. Il culto di Venere
acquist sempre maggiore importanza, e si diffuse negli ultimi tempi della repubblica
88
Omero: poeta greco (vissuto in epoca non certa, forse nel IX sec. a.C.), autore secondo una tradizione non
confermata, di due poemi epici: lIliade e lOdissea.
89
Ore Criti: le Ore dee delle stagioni; le Cariti dee della grazia e della gioia di vivere.
90
Anemoni: piante erbacee con fiori rossi, violacei o bianchi e foglie frastagliate, fioriscono in primavera.
essendosi consolidata la leggenda delle origini troiane di Roma. Giulio Cesare, che
vantava in Venere il capostipite della sua famiglia, la onor col nome di Venere
Genitrice, le dedic un tempio nel centro del Forum Iulium e per lei istitu un culto
simile, per importanza, a quello di Marte, considerato anchegli progenitore del
popolo romano.
Afrodite, non potendo tollerare che Psiche, una fanciulla mortale dincantevole
bellezza, suscitasse lammirazione del popolo che la diceva bella come e pi di
Afrodite stessa, comanda al suo figliolo alato, Eros, di vendicare un tale oltraggio 91
ispirando nel cuore della fanciulla lamore per un uomo che sia il pi abominevole 92
essere del mondo. Eros si prepara ad ubbidire allordine della madre, ma appena vede
la fanciulla, talmente preso dalla sua bellezza che se ne innamora e la porta con s
in una lontana e magnifica dimora dove Psiche vive completamente sola, servita da
mani invisibili, rallegrata da bellissimi canti e da lieti racconti di voci senza corpo.
Per evitare che la madre sappia che il suo ordine stato trasgredito, Eros non fa
sapere chi egli sia, non si mostra mai di giorno: arriva da Psiche la sera, riparte
allalba, e sempre raccomanda alla sua sposa di non cercare di vederlo o di sapere chi
egli sia, se non vuol perderlo. Psiche ubbidisce; ma due sue malvagie sorelle,
invidiose della ricchezza e della felicit di lei, insinuano 93 che quello sposo
misterioso sia una bestia mostruosa, e convincono Psiche ad accertarsene accendendo
una lucerna mentre egli dorme. Larco, la faretra, 94 le frecce abbandonate ai piedi del
letto rivelano il nome dellessere incomparabilmente bello che la lanterna illumina.
Ma la punizione in agguato; Psiche dovr pentirsi di aver dimenticato i
suggerimenti dello sposo: una goccia dolio bollente cade dalla lucerna sulla spalla di
Eros. Per il dolore il dio si sveglia e, mentre raccoglie frecce e arco per volare via
come aveva minacciato, dice a Psiche della gelosia di Afrodite e dellordine non
eseguito e del suo amore per lei, corrisposto da sfiducia e inganno.
La disperazione di Psiche non trattiene Eros; egli ritorna sullOlimpo per
mantenere la minaccia per curarsi la scottatura dellolio bollente che gli fa un gran
male. La povera Psiche visita ogni pi riposto 95 angolo del mondo, ma non ritrova
Eros; chiede aiuto a Demetra e a Era, ma le due dee negano il loro aiuto per non
offendere Afrodite. La quale, intanto, stata informata della ferita di Eros, della sua
disubbidienza al comando materno e del suo amore per lodiata Psiche. Cieca96 dira
chiama Ermes, il messaggero degli di, e lo incarica di bandire97 per tutto luniverso
lordine che le sia condotta Psiche. Il bando giunge agli orecchi della fanciulla che
subito e spontaneamente si reca dalla dea, pronta a subirne i rimproveri, ma anche a
supplicarla di restituirle Eros. Ai rimproveri che sono pi crudeli di quanto Psiche
poteva immaginare, si aggiungono graffi e percosse, i bei capelli sono strappati, il
povero corpo battuto a sangue. Infine la dea, per non sentire pi suppliche e pianti, d
a Psiche un barlume di speranza chiedendole di fare un lavoro che appare
91
sa che sono tutti tranelli tesi da Afrodite per farle posare le focacce. E una di queste le
serve appena arriva alla porta dellAde per placare il cane Cerbero che le si slancia
incontro a fauci104 spalancate. Accolta gentilmente da dea degli Inferi, Psiche espone
a Persfone la ragione della sua visita; subito la dea si fa dare il barattolo e lo riempie
di quel prezioso unguento di bellezza che Afrodite desidera avere. Psiche riprende la
via del ritorno, placa di nuovo Cerbero con la seconda focaccia, paga Caronte con la
seconda moneta, rivede la luce del giorno e gi pu dire che anche la quarta e pi
difficile prova superata. Dopo tante prove, Psiche spera che le sia restituito Eros, e
per apparirgli pi bella non pensa di far male a prendere un po della bellezza che
deve portare ad Afrodite. Apre il barattolo: un sonno profondissimo avvolge la
fanciulla e immediatamente la fa cadere addormentata.
Tutte le pene, le lacrime, le prove affrontate e superate sarebbero state inutili se
Eros, ormai guarito della ferita e anche del risentimento per la disubbidienza di
Psiche, non fosse accorso da lei e con la sua arte divina non lavesse svegliata
rimettendo il sonno nel barattolo e chiudendolo bene. Subito dopo aver svegliato
Psiche, vola via; va da Zeus e chiede a lui, che il padre degli di e degli uomini, di
placare la madre Afrodite senza che egli debba rinunziare a Psiche. Il buon Zeus si
commuove, aduna tutti gli di, promette ad Afrodite che il figlio avr una sposa
divina e quindi ordina ad Ermes di portargli dinanzi la bella Psiche. Quando essa gli
dinanzi, le fa bere lambrosia, che la rende immortale, e subito dopo ordina che siano
celebrate le sue nozze con Eros.
104
Fauci: detto con significato peggiorativo della bocca spalancata degli animali feroci.
Efesto (Vulcano)
Gli antichi Greci apprezzavano tanto il fuoco che lo veneravano come simbolo
di un dio, Efesto, uno dei massimi dellOlimpo, figlio di Zeus ed Era, gli di pi
grandi.
Quando nacque, la madre, inorridita dalla bruttezza di quel suo figlio, deforme
e vacillante come la fiamma, lo gett dalla cima dellOlimpo. Il povero dio,
storpiandosi ancora di pi, cadde in mare, presso Lemno,105 dove fu raccolto e curato
dalle Oceanine. 106
Appena rimesso da quella brutta caduta, and ad abitare nellinterno di un
vulcano l vicino dove si mise a lavorare il metallo. Mentre forgiava bellissimi oggetti
darte pensava anche a punire la sua snaturata 107 madre. Dopo aver fatto un bel trono
tutto doro, lo mand in dono ad Era che subito vi si assise, 108 orgogliosa di essere
oggetto di tanto amore anche da parte del figlio disprezzato.
Ma quando fece per alzarsi si sent inchiodata al sedile; n gli sforzi suoi n
quelli di tutti gli di accorsi in aiuto riuscirono a strapparla da quella dorata trappola.
Solo Efesto avrebbe potuto toglierla da quella ridicola situazione. Zeus gli fece dire
di recarsi immediatamente sullOlimpo, ma il dio rispose che aveva da fare nelle sue
officine e che non poteva muoversi. Fu allora incaricato il pi violento degli di,
Ares, di portarlo con la forza; ma Ares era appena arrivato allimboccatura del
vulcano che fu fermato da una gragnola 109 di tizzoni ardenti. Intanto Era non poteva
muoversi dal suo seggio e gli di non sapevano pi che cosa fare, quando Dioniso110
si offr di andare lui a prendere Efesto. Ritorn dopo poco portando su di un asino
Efesto addormentato. Che cosera successo? Dioniso, alleato con la sua creatura, il
vino, era andato da Efesto e aveva cominciato ad offrirgli una coppa dietro laltra,
sinch non laveva ridotto in condizioni di essere trasportato, come un sacco,
sullOlimpo.
Appena sveglio, smaltita lubriacatura, Efesto, certo imbarazzato della non
bella figura che aveva fatto, non solo liber subito la madre, ma anche strinse con
tutti gli di una grande amicizia, e in s seguito la conferm lavorando per essi
bellissimi oggetti. Fece lgida111 e lo scettro di Zeus, il tridente di Poseidone, il carro
del Sole. Perfezion tanto la sua abilit che riusc anche a dare unanima agli oggetti
di metallo. Modell per s due statue doro e poi infuse loro la vita perch lo
sorreggessero nel suo procedere sempre zoppicante; per Alcinoo, re dei Feaci,
fabbric cani doro e dargento, abili e attenti custodi della reggia, le armi di Achille
furono fabbricate e cesellate da lui. Il re Eeta arava i suoi immensi campi con due tori
105
di bronzo dal respiro di fiamma:112 erano opera di Efesto. Si diceva anche che gli
uomini imparassero da lui, oltre alla lavorazione dei metalli, a costruire accoglienti
case in sostituzione dei primitivi rifugi nelle grotte.
Per questi suoi insegnamenti, nobili e utilissimi allumanit, era venerato in
Atene insieme con la dea Atea, anchessa protettrice di ogni operosit, 113 e in tutti i
luoghi in cui si pensava che egli lavorasse. Ma il centro principale del suo culto fu
lisola di Lemno, presso la quale era caduto. Ogni anno vi si svolgeva con grande
solennit un rito che durava nove giorni: il primo giorno si spegnevano tutti i fuochi
dellisola, e avevano inizio le lunghe cerimonie di espiazione 114 per propiziarsi il dio,
sino a che, nel nono giorno, giungeva da Delo una nave che portava un tizzone
acceso, preso dal sacro altare di Apollo, col quale si riaccendevano i fuochi di
Lemno. Concluso il rito, la vita ricominciava a scorrere normalmente.
In Roma Efesto fu identificato col dio Vulcano, detto anche Mulciber (=
fonditore di metalli), considerato divinit di grande potere in quanto, essendo dio del
fuoco, teneva lontano da chi lo venerava il fuoco che pu distruggere tutto. Romolo
istitu per il culto di questo dio un focolare pubblico, il Vulcanal o Area Vulcani; un
altro tempo fu innalzato presso il circo Flaminio; inoltre il dio era venerato anche in
piccole cappelle (sacella) che sorgevano in ogni quartiere della citt.
Durante lanno si svolgevano in suo onore due feste. La festa maggiore, i
Vulcanalia, si svolgeva, comprensibilmente, nel mese pi caldo, in agosto; si onorava
il dio con giuochi pubblici, e il popolo aveva labitudine di gettare nel fuoco pesci
vivi, simbolo, probabilmente, che il fuoco pu vincere lacqua. Durante la festa
minore, nel maggio, si lucidavano e si consacravano al dio le trombe e gli strumenti
usati per il suo culto.
112
Esta (Vesta)
Esta, figlia di Crono e di Rea, era venerata come simbolo del focolare
domestico. Nei tempi pi antichi, in ogni casa il fuoco era mantenuto acceso con
grande attenzione a causa della difficolt di procurarselo. Il fuoco domestico,
considerato di natura diversa dal violento e devastante elemento che fiammeggia nei
vulcani e che fonde anche i metalli, simboleggi in tutti i tempi lunit della famiglia;
la dea Esta, che del focolare era limmagine, proteggeva la casa, la famiglia, ed era
oggetto di grandissima venerazione in tutta la Grecia. Nei templi eretti in onore di
Esta, caratterizzati dalla forma circolare, il fuoco ardeva in continuazione; i pi alti
magistrati avevano la cura dei sacrifici, e se un gruppo di cittadini partiva per fondare
una nuova citt, portava con s un po di quel fuoco a simboleggiare che nella nuova
terra continuava la vita della madre patria. Esta proteggeva ogni singola casa, e, di
conseguenza, lintera citt, ed era oggetto di grandissima venerazione in tutta la
Cregia, particolarmente in Delfi, perch in questa localit, che si credeva posta al
centro della terra, il tempio di Esta era considerato il focolare comune di tutti i Greci.
I Greci immaginava Esta dea di grande dignit, sempre sola e quieta nella
dimora degli di, estranea alle agitazioni delle altre divinit, completamente placata
dal sentirsi onorata da tutti e in ogni luogo. Essa aveva rinunziato al matrimonio con
Apollo e con Poseidone purch Zeus le concedesse il privilegio di esser venerata in
ogni casa e di avere le primizie 115 di ogni sacrificio.
I Romani veneravano in ogni casa i Lari e i Penati, 116 divinit essenzialmente
romane, e identificarono Esta con la loro dea Vesta, che aveva un culto pubblico di
grande importanza. A Vesta era sacro il focolare domestico: essa proteggeva la
famiglia che vi si riuniva intorno, i cibi che vi si cucinavano e anche ci che
indirettamente contribuiva alla fattura del cibo, come la mola che macinava il grano e
persino lasino che faceva girare la mola. Durante le feste in suo onore, i Vestalia,
erano festeggiati i mugnai, i fornai e anche gli asini, i quali venivano condotti in giro
inghirlandati di fuori e con pani appesi al collo.
Grandissima importanza aveva il culto pubblico di Vesta nellAedes Vestae, il
rotondo santuario fatto innalzare da Numa i piedi del Palatino. Da un anno allaltro,
in questo tempio ardeva un fuoco: alcune sacerdotesse, le Vestali, dovevano
alimentarlo in continuazione legna ricavate solo da alberi fruttiferi, e se una Vestale
lo faceva spegnere era fustigata quasi a morte dallo stesso Pontefice Massimo.117 Solo
le Vestali avevano accesso al tempio; eccezionalmente il primo di marzo, giorno in
cui si rinnovava il fuoco sacro, vi si potevano recare anche le madri di famiglia per
portarvi offerte propiziatrici.
Le Vestali erano poche sacerdotesse, mai pi di sei, che ricoprivano il pi
importante ufficio religioso di Roma. Lelezione di ciascuna di esse era curata dal
115
Pontefice Massimo il quale sceglieva venti fanciulle dai sei ai dieci anni, fra le pi
belle e le pi nobili di Roma, e fra queste venti il Senato ne sorteggiava una. La
fanciulla indicata dalla sorte era affidata alle Vestali pi anziane che per dieci anni la
iniziavano ai riti per il culto di Vesta. Dopo questo periodo la Vestale esercitava il
suo ufficio di sacerdotessa per dieci anni; i seguenti dieci anni li spendeva 118 ad
insegnare il rito alle nuove Vestali. Dopo questi trenta anni la fanciulla era libera di
tornare nella sua famiglia e, se voleva, di sposarsi. Prima di aver terminato il suo
ufficio le era vietato il matrimonio; se qualcuna avesse trasgredito lordine o veniva
sepolta viva o era fatta morire sotto la fustigazione.
Speciali privilegi compensavano questi rigidi doveri: quando uscivano in
pubblico le Vestali erano precedute da un littore 119 e se incontravano sulla loro strada
un condannato a morte, questo veniva subito graziato. Inoltre la Vestale pi anziana,
la Virgo Vestalis Maxima, aveva la stessa dignit e la stessa importanza del Pontefice
Massimo.
118
Spendeva: impiegava.
Littore: nellantica Roma, colui che, munito di fascio, aveva il compito di scortare autorit civili e militari. Il fascio
era un mazzo di verghe, tenute insieme da cinghie rosse, nelle quali era inserita una scure: simbolo del potere esecutivo
e quindi insegna prima dei re e in seguito dei consoli.
119
Ermes (Mercurio)
cadceo, che Ermes porter sempre con s come simbolo di guardiano dei greggi
celesti.
Col suo carattere sempre vivace e allegro si attira le simpatie di tutti gli di, i
quali si rivolgono a lui per qualsiasi cosa abbiano bisogno. Non ha un attimo di
riposo: di giorno porta i messaggi di Zeus e degli altri di, di notte porta i sogni agli
uomini o accompagna nellAde i morti e, qualche volta, i vivi, quando ricercano una
persona morta. Guid Orfeo 126 che aveva ottenuto dagli di, commossi dai suoi
dolcissimi canti, di recarsi nelle praterie dellOrco fiorite dasfodeli127 per riprendere
lamata sposa Euridice uccisa dal morso di una serpe velenosa. Ricondusse alla luce
del sole anche Pelope che era stato ucciso dal padre, Tantalo. Questi aveva voluto
mettere a prova la chiaroveggenza128 degli di in un modo terribilmente disumano;
ucciso il figlio Pelope e fattolo a pezzi, lo aveva cucinato come se fosse stato una
comune pietanza e poi aveva invitato a banchetto gli di per sapere se essi capivano
che carne fosse quella che mangiavano. Gli di vennero e si accinsero 129 a mangiare:
Demetra, in quel tempo distratta dal pensiero della figlia rapita, mangi una spalla e
non not niente di speciale; gli altri di, invece, scoprirono subito di che cosa si
trattava e, sdegnati per loltraggio di Tantalo, lo fecero precipitare nellOrco
condannandolo a un eterno e tremendo supplizio. Stabilita la punizione per Tantalo,
gli di mandarono subito Ermes a richiamare alla vita Pelope. Pelope torn, ma senza
una spalla, quella mangiata da Demetra; gli di rimediarono immediatamente
rifacendogliela, perfetta, in avorio.
naturale che il dio che ha ricevuto da Zeus lufficio di messaggero degli di,
protegga tutti coloro che, come lui, si spostano da un luogo allaltro. guidato e
protetto da Ermes chiunque per qualsiasi ragione percorre una via, sia di giorno per
andare da una citt allaltra, sia di notte con lintenzione di commettere furto o
rapina; in particolare sono protetti da Ermes i commercianti che sono sempre in giro
per affari, e il dio completa la sua protezione ispirando loro fluide130 parole per
convincere il prossimo, e magari, qualche volta, per ingannarlo.
Dio intrepido e coraggioso protegge anche chi mostra valore e ardimento: svela
a Ulisse il segreto per salvarsi dalle male131 di Circe, la bellissima maga che
trasformava i suoi ospiti in porcellini; suggerisce a Perseo con quali armi riuscir a
vincere e ad uccidere la Grgone Medusa; guida e aiuta Eracle nelle sue numerose
imprese. Bello, agile, velocissimo, era, naturalmente, il dio protettore delle palestre,
dei ginnasi, 132 degli stadi, di ogni ambiente, cio, dove si curavano lagilit e la
destrezza fisica.
Da Ermes e dalla ninfa Penelope nacque Pan, uno strano neonato barbuto, con i
piedi di capra e con la testa ornata di due piccoli corni; quando nacque, la madre,
126
Orfeo: personaggio mitico, originario della Tracia. Straordinario cantore, commuoveva uomini e animali; la sua
musica faceva muovere anche le pietre.
127
Asfodeli: piante erbacee simili ai gigli con lunghe foglie e fiori bianchi raccolti in grappoli; presso gli antichi Greci e
Romani erano piante sacre ai morti.
128
Chiaroveggenza: facolt di prevedere il futuro.
129
Accinsero: si prepararono, si disposero.
130
Fluide: sciolte, scorrevoli.
131
Male: incantesimi, malefici.
132
Ginnasi: nellantica Grecia erano i luoghi dove i giovani si addestravano e si formavano fisicamente.
impaurita dallaspetto selvaggio del figlio, fugg via; ma il padre, avvolto il fanciullo
in una pelle di lepre lo port sullOlimpo e lo present agli di. Questi si divertirono
moltissimo a vedere il buffo aspetto di quel fanciullo e lo resero immortale.
Pan, affatto imbarazzato dal suo fisico, vive sempre allaria aperta, vagando
qua e l, ora per i campi, ora per i boschi, ora sulle cime dei monti. Da uno zufolo,
suo inseparabile compagno, trae arie pi dolci del dolcissimo canto dellusignolo, e le
ninfe che cercano volentieri il chiassoso dio dalla folta capigliatura sempre in
disordine, fanno a gara per danzare, mentregli suona, sulle verdi praterie coperte di
fiori di croco133 e di giacinti.
In Roma Ermes fu identificato con Mercurio, dio abile e accorto, protettore del
commercio e del guadagno. I mercanti romani, chiamati anche Mercuriales, si
riunivano presso un tempietto dedicato a Mercurio, e unacqua che scaturiva non
lontana (aqua Mercurii) era ritenuta dotata di virt purificatrici. Nessun mercante
avrebbe mai trascurato di aspergere 134 con quellacqua le proprie mercanzie:
credevano che fosse il pi efficace rimedio per preservarle da malefici influssi e dal
deterioramento.
Dopo la sua identificazione con Ermes, Mercurio divenne anche protettore dei
viandanti, e ad ogni incrocio di maggior traffico gli fu innalzato e dedicato un piccolo
tempio. Col tempo, i Romani attribuirono a Mercurio tante doti di ingegno e di
abilit, che questo dio fu indicato col mobilissimo titolo di civilizzatore di popoli.
133
Croco: pianta erbacea, nota pi comunemente col nome di zafferano, da cui si estrae una polvere giallo-rossa usata
specialmente in farmacia e in cucina.
134
Aspergere: spruzzare, bagnare, cospargere.
Demetra (Cerere)
Figlia di Crono e di Rea, Demetra dai bei capelli la dea che protegge il lavoro dei
campi e che invia il clima pi adatto a far germogliare i semi, maturare le messi e la
frutta. Insieme con Demetra i Greci veneravano la sua carissima figlia Persfone o
Core, fanciulla bella come Artemide e Atena, e univano in ununica invocazione la
madre e la figlia chiamandole le grandi dee o anche, semplicemente, le Signore.
Un giorno Demetra ud Persfone che gridava disperatamente; a volo scese in
terra, cerc la figlia per nove giorni e per nove notti visitando tutti gli angoli pi
nascosti e lontani, senza mai fermarsi, senza mai prendere cibo per non perdere
tempo; ma non trov nessuna traccia di Persfone, scomparsa misteriosamente. Che
cosera successo? Il dio degli inferi, Plutone, preso135 dalla bellezza di Persfone
aveva chiesto e ottenuto da Zeus di averla per consorte. Un giorno in cui la fanciulla
si divertiva a correre su di un prato cogliendo fiori multicolori per adornarsene i
capelli e le vesti, vide la terra aprirsi improvvisamente e dalla voragine apparire un
carro doro tirato da cavalli nerissimi. Plutone, che sedeva sul carro, afferr la
fanciulla senza preoccuparsi della sue disperate preghiere daiuto a Zeus. Il padre
degli di, infatti, avendo permesso il ratto,136 non pot ascoltare quelle implorazioni, e
la bella Persfone fu portata nel regno dei morti.
Nessuno, per, sapeva dire a Demetra che cosa fosse successo a sua figlia o
dove fosse andata, sinch il Sole, che tutto vede, non le rifer che la sua dolce Core
era stata rapita da Plutone col consenso di Zeus, e aggiunse che essa non doveva
piangere, ma rallegrarsi di sapere la figlia regina deglInferi. Ma Demetra, sconvolta
dal dolore, triste e disperata, si allontan dallOlimpo, sede degli di, e si rifugi ad
Eleusi137 in un tempio consacrato a lei, chiusa nel pensiero della figlia rapita,
dimentica della terra che aspettava il suo aiuto per dare agli uomini il cibo pi
necessario. Quando arriv la stagione del raccolto, il grano non era ancora spuntato, i
semi marcivano sotto la terra e gli uomini non avevano di che sacrificare agli di. A
questo punto Zeus mand da Demetra Iride, la divina messaggera dalle ali dorate,
perch le portasse lordine di tornare subito fra gli di. Demetra rifiut. Allora Zeus
incaric tutti gli di, uno per uno, di andare a supplicarla offrendole magnifici doni.
Ma la dea respingeva i doni, non ascoltava le preghiere, e la sua risposta era sempre
uguale: Non ritorner sullOlimpo, non far germogliare i semi se prima non avr
riveduta Persfone. Quando Zeus seppe questo, mand agli Inferi Ermes perch
convincesse Plutone a rimandare dal fondo di quelle oscure tenebre la bella
Persfone. Era necessario per placare Demetra, la cui collera minacciava la vita degli
uomini e comprometteva le offerte per gli di.
Il re degli Inferi alla richiesta di Ermes acconsent sorridendo perch gi
meditava di non restituire definitivamente la sua bella moglie. Disse alla fanciulla che
135
Preso: conquistato.
Ratto: rapimento.
137
Eleusi: citt greca dellAttica.
136
141
142
Dioniso (Bacco)
Una delle divinit maggiormente venerate dal popolo greco fu Dioniso, figlio
di Zeus e di Smele, dio della natura, della vegetazione e soprattutto della vite, la
pianta che egli aveva scoperto e fatto conoscere agli uomini insieme col segreto di
trarne un corroborante143 e dolce succo vermiglio.144
La nascita del dio Dioniso strana quasi come quella della dea Atena. Smele,
ascoltando un perfido consiglio della gelosissima Era, ottenne da Zeus di poterlo
ammirare nel suo aspetto pi solenne. Ma la donna, che era mortale, non sopport la
vicinanza del fulmine fiammeggiante che armava la mano del pi grande degli di, e
mor avvolta dalle fiamme mentre il figlio che le doveva nascere fu salvato da un fitto
cespuglio di edera che lo protesse facendogli da scudo. Zeus raccolte quel
piccolissimo bambino, Dioniso, e per mantenerlo in vita se lo fece cucire dentro una
gamba. Da qui lo tolse, avendogli trasmesso limmortalit, quando il fanciullino fu
abbastanza grande da poter vivere, e lo consegn ad Ermes che trov naturale
affidare Dioniso alla sorella di Smele, Ino. Questa lo avrebbe potuto allevare
insieme con gli altri suoi figli; ma la cieca145 gelosia di Era, non placata neanche dalla
morte di Smele, provoc unaltra tragedia. Fece impazzire Ino e Adamante, suo
marito, i quali fecero strage dei loro figli; avrebbero infierito 146 anche contro Dioniso,
se Zeus non avesse immediatamente provveduto a trasformarlo in un capretto e a
consegnarlo alle Ninfe che lo allevarono con grande cura.
Alleducazione del piccolo dio dalla vita tanto movimentata presero parte
anche le Muse, i Satiri, e le Mnadi, o Baccanti, ma pi di tutti lo cur il vecchio
satiro Sileno che non abbandon mai il suo protetto.
Divenuto adulto, Dioniso fece gustare il succo ricavato dai grappoli della vite
ai suoi primi compagni: Ninfe, Satiri, Geni della foresta, Centauri, Mnadi. Questi,
lieti e spensierati, intonando lieti canti, formarono il seguito di Dioniso che,
incoronato di edera e di alloro, andava di terra in terra portando dovunque la bevanda
che procura lallegria e la gioia delloblo.147 Visit tutte le regioni della Grecia e le
isole, pass il mare, and in Frigia, in Cappadocia, in Siria. 148
Arrivato al fiume Tigri149 non sapeva come passarlo, quando gli venne in aiuto
Zeus inviandogli una tigre che lo trasport dallaltra parte. Dietro di s Dioniso
lasciava dei tralci150 di edera che formavano un ponte per far traversare il seguito;
anche lEufrate 151 fu cos superato e quel lieto corteo arriv sin presso glIndi, al
fiume Gange.
143
Numerose avventure rendono ancor pi vari i suoi viaggi. Una volta il dio
catturato da alcuni pirati che, non riconoscendo in lui una divinit, lo legano ben bene
e si dirigono verso lItalia per venderlo l come schiavo. Ma durante la traversata le
corde che stringono Dioniso si sciolgono, divengono tralci di vite e, intrecciandosi
alle sarte, 152 si stringono intorno agli alberi e alle vele; il dio si trasforma allora in
leone e si slancia contro i pirati i quasi, terrorizzati, non trovano altro scampo che
gettarsi in mare. Lallegro Dioniso non pu divenire improvvisamente crudele e farli
morire annegati; si contenta di trasformare i pirati in delfini e lascia che vivano cos.
Mentre in giro per le isole dellArcipelago greco, trova a Nasso153 una
fanciulla bellissima, Arianna, che si dispera perch, mentre dormiva, lingrato Teseo,
lha abbandonata, dimentico che essa laveva aiutato ad uscire dal Labirinto. Dioniso
sposa Arianna e la coppia inseparabile diviene simbolo di eterna giocondit, di
sfrenata allegria.
In Lidia 154 Dioniso incontra il re Mida; per questo la generosit del dio si
risolve in un brutto guaio. Dioniso promette a Mida di concedergli qualsiasi dono egli
chieda, per ricompensarlo di avergli ricondotto il vecchio maestro Sileno, il quale,
avendo bevuto un po troppo vino, non riusciva a ritrovare la compagnia. Mida, avido
e poco riflessivo, chiede si trasformi in oro tutto ci che egli tocca. Dioniso vede
subito a che cosa porter tale richiesta e si addolora per Mida; ma ha promesso e
mantiene la sua parola. Mida non crede ai propri occhi: tronca un ramo di un albero e
il ramo diviene tutto doro, gambo e foglie; raccoglie un sasso, il sasso da grigio
diventa giallo: oro. La terra su cui cammina, le spighe che sfiora, i frutti che coglie,
lacqua in cui immerge le mani, tutto ingiallisce e splende.
Mida non sta in s dalla gioia; nella sua stoltezza si immagina gi di vivere in
un mondo tutto lucido e splendente. Felice e contento si mette a tavola dove i servi gli
avevano imbandito 155 di ogni cosa un po; prende il pane e si trova fra le dita un
pezzetto doro; addenta un pezzo di carne e si trova in bocca qualcosa di duro che per
poco non gli rompe i denti: la carne si trasformata in oro; prova a bere, e vino e
acqua diventano oro fuso. Ora Mida ha capito lorrore di quel che sta avvenendo;
affamato e assetato maledice la sua avidit e la sua stoltezza e, con grande umilt,
prega di nuovo il generoso dio: Ho sbagliato, lo riconosco; ma tu abbi piet:
riprenditi il tuo magnifico e orrendo dono. Dioniso, bonario, gli suggerisce di
andarsi a bagnare alla sorgente del fiume Pattlo, vicino a Sardi. 156 Mida corre l,
sale fino in cima al monte Tmolo, da cui nasce il Pattlo, e si getta in quelle acque.
Mida ha perduto la sua virt di cambiar tutto in oro; ma le acque del fiume da quel
giorno furono giallognole, e a cercar bene nel suo fondo si trova una grande quantit
di polvere doro.
Durante questi viaggi la ricchezza e lo sfarzo dei paesi orientali avevano
modificato non poco le misurate 157 abitudini greche di Dioniso, e quando egli torn in
152
Sarte: cavi di canapa o di acciaio che tengono fermi gli alberi delle navi.
Nasso: isola del Mar Egeo.
154
Lidia: altra regione dellAsia Minore.
155
Imbandito: preparato, apparecchiato; il verbo ha una sfumatura di sollenit.
156
Sardi: antica citt dellAsia Minore e capitale della Lidia, presso la confluenza dei fiumi Pattolo ed Ermo.
157
Misurate: moderate, equilibrate, sobrie.
153
patria venne accolto dalle popolazioni con diffidenza 158 ed ostilit cos palesi159 da
provocare le pi crudeli reazioni nel dio che una volta era tanto bonario e allegro.
In Tracia, per vendicarsi del re Licurgo, che aveva fatto imprigionare le
Baccanti160 non tollerando la loro sfrenata allegria, Dioniso, prima, provoca una cieca
pazzia in Licurgo che uccide il figlio, poi, per colmo di vendetta, gli ridona il senno
perch inorridisca del suo misfatto.161 Ad Argo le donne che non avevano voluto
venerare il dio diventano pazze, squartano e divorano i propri figli. Ad Orcmeno, in
Beozia, tre fanciulle si rifiutano di prendere parte alle feste in suo onore; dapprima il
dio spera di modificarne latteggiamento terrorizzandole con le sue successive
metamorfosi in toro, in leone e in pantera; infine punisce la loro ostinazione
trasformando una fanciulla in topo, laltra in civetta e la terza in gufo.
LAttica invece fu funestata 162 da un tragico episodio contro il volere di
Dioniso che era stato accolto con grande benevolenza dal re Icario. Questo buon re
volle far gustare ad alcuni pastori la nuova bevanda di cui era entusiasta, ma quelli
bevvero un po troppo e sentendosi vacillare cedettero di essere stati avvelenati; resi
ciechi dal furore per il supposto tradimento, uccisero Icario. Passati i fumi163 del vino,
si accorsero dellerrore e cercarono di nascondere il loro delitto sotterrando il corpo
del re, la scomparsa del quale divenne un mistero che nessuno riusciva a chiarire; ma
la canina di Ergone, figlia di Icario, tanto cerc che scopr quale fine avesse fatto il
re. Dal dolore Ergone si uccise impiccandosi. Gli di, commossi, trasformarono il re,
la principessa e la canina fedele in costellazioni. Gli Ateniesi ogni anno ricordarono
questo episodio nella festa delle Antestrie, durante la quale le fanciulle si
dondolavano sullaltalena e appendevano ai rami degli alberi alcune piccole
immagini.
Lallegro dio del vino era chiamato, oltre a Dioniso e Bacco, Lieo, parola greca
che significa colui che libera dalle preoccupazioni, Evio, dal grido di gioia eunevo lanciato dalle Baccanti, e con vari altri nomi. Numerosissime le feste che lo
celebravano; le pi importanti erano le Grandi e le Piccole Dionisie.
In Atene le Grandi Dionisie duravano sei giorni e in esse avevano particolare
attrattiva le novit teatrali: commedie, tragedie, drammi satireschi venivano
rappresentati durante le feste. Le Piccole Dionisie si celebravano in campagna,
durante linverno. Per onorare Dioniso-Bacco si assaggiava per la prima volta il vino
nuovo, venivano organizzati balli burleschi nei quali ognuno mostrava la propria
abilit danzando con un solo piede su di un otre 164 gonfiato e unto di olio. anche le
piccole Dionisie campagnole erano rallegrate da rappresentazioni teatrali
improvvisate dallestro 165 dei partecipanti.
158
166
Poseidone (Nettuno)
protendeva sei lunghissimi colli e sei orribili teste e con ciascuna bocca afferrava un
navigante; i malcapitati, prima di essere inghiottiti, faceva appena a tempo a vedere
che quella bocca era fornita di tre file di denti.
Poco dopo che Anfitrte, con tanta crudelt, aveva punito Scilla, Poseidone si
invagh di una fanciulla bellissima, Tefane, e per evitarle la vendetta di Anfitrte
trasform la fanciulla in una bella capretta, la capretta Tefane, che dette alla luce un
agnellino dal meraviglioso vello doro intorno al quale fiorirono la leggenda di Frisso
e di Elle 173 e delle innumerevoli avventure degli Argonauti. 174
A Poseidone erano sacri il cavallo, che egli don allAttica quando ne
disputava 175 il possesso con Atena, e il toro, la cui cieca violenza ricorda la violenza
indomabile delle onde.
Attraverso le colonie della Magna Grecia, a Roma furono conosciuti i miti
relativi a Poseidone, il quale venne identificato con Nettuno, dio del mare. A Nettuno
gli imperatori facevano un sacrificio prima di iniziare le battaglie navali. In suo onore
si celebravano i Neptunalia, feste di cui si conoscono pochissimi particolari. Si sa che
venivano celebrati nel cuore dellestate per ottenere dal dio delle acque che tenesse
lontano la siccit, tanto dannosa alle mssi. Compagna di Nettuno era considerata la
dea Salacia, identificata con la greca Anfitrte.
173
Frisso e di Elle: Frisso ed Elle sono due personaggi della mitologia greca. Elle, fuggita col fratello Frisso sul
montone dal vello doro per evitare la persecuzione della matrigna Ino, precipit nel mare che da lei prese il nome di
Ellesponto. Il fratello Frisso, invece, si salv e giunto nella Colchide spos Calcione, figlia de re Eeta.
174
Argonauti: sono i 55 mitici eroi che, guidati da Giasone, partirono sulla nave Argo alla conquista del vello doro. Tra
questi: Castore, Eracle, Meleagro, Peleo, Polluce.
175
Disputava: gareggiava, contendeva.
Le acque del mare e dei fiumi erano abitate da numerose divinit sulle quali
dominava Poseidone, sebbene con un potere non assoluto come il potere attribuito a
Zeus sulle divinit dellOlimpo.
Da Gea e da Urano, generati dal Caos, era nato Oceano; gli antichi lo
immaginavano come un fiume immenso, privo di sorgente e di foce, che girava
intorno alle acque senza confondervisi e che segnava i confini della terra. A sua volta
Oceano era padre di tremila figli, i fiumi, e di tremila figlie, le Oceanine.
Altro figlio di Gea fu Ponto, il mare, il variabile elemento dal quale nacquero
Nereo, Forchi e Ceto.
Nereo era la personificazione del mare calmo, del mare che d agli uomini cibo
abbondante e saporito. Gli antichi immaginavano Nereo vecchio, buono e tranquillo:
usciva dalla sua bella casa in fondo al mare solo per dare aiuto o consiglio ai
naviganti. Stavano con lui la moglie Doride, una delle tremila Oceanine, e le
cinquanta figlie dai capelli verdi, le Nereidi, che i naviganti potevano ammirare nei
giorni di calma mentre scherzavano con i Tritoni o con altri mostri marini.
Zeus e Poseidone si erano invaghiti della pi bella delle Nereidi, di Teti, e la
desideravano come moglie. Ma essendo stato vaticinato 176 che un figlio di Teti
sarebbe stato pi forte del padre, nessun dio volle pi sposare Teti; anzi gli di stessi
la destinarono in moglie a Peleo, re della Tessaglia. A Teti non piacque sostituire alle
nozze con una delle maggiori divinit le nozze con un mortale e, per sottrarvisi, si
trasform in pesce, in cerbiatta, in acqua e in fuoco. Ci nonostante le nozze alla fine
si celebrarono, e furono nozze sontuosissime 177 anche se turbate dalla disputa178 tra
Era, Atena ed Afrodite per il possesso della mela destinata alla pi bella delle tre dee.
Dalle nozze di Peleo e di Teti nacque Achille al quale gli di donarono una vita piena
di gloria, ma molto breve. Per sottrarlo ad una morte immatura, 179 Teti, tenendo il
fanciullo per un tallone, limmerse nel fiume Stige le cui acque avevano il potere di
rendere invulnerabili. 180 Cos fu anche per il corpo di Achille; solo il tallone, stretto
dalla mano materna, non fu bagnato dalle acque, e quando il fato dov compiersi
seppe dove dirigere la freccia mortale.
Forchi e Ceto, che furono poi marito e moglie per quegli strani accoppiamenti
che si hanno negli antichi miti, personificavano il mare agitato, implacabile nemico
dei naviganti. Furono loro figlie le tre Graie. Secondo una tradizione esse erano
creature bellissime nonostante che sin dalla nascita avessero i capelli bianchi come la
candida spuma delle onde; secondo unaltra leggenda, invece, erano vecchie, sdentate
e cieche. Avevano un unico dente e un unico occhio che si scambiavano fra loro
quando volevano vedere qualche cosa o avevano bisogno di mangiare.
176
Gli antichi immaginavano Ade, detto anche Plutone, figlio di Crono e di Rea,
come un dio cupo e triste, sempre chiuso nei suoi oscuri regni dai quali usc solo per
rapire Persfone, la bella figlia di Demetra. Si detto che Zeus concesse ad Ade il
dominio del regno sotterraneo e lo fece padrone e signore non solo delle ricchezze
che si celano 181 sotto terra, ma anche delle ombre dei morti.
Tutti i morti, fossero o non fossero stati in vita buoni onesti e generosi, si
rifugiavano nella casa di Ade giungendovi attraverso una qualsiasi voragine aperta
nel terreno. Vicino alla regione che li avrebbe ospitati scorrevano, lenti e minacciosi,
quattro grandi fiumi: il Cocito, fiume del pianto, il Piriflegetonte, fiume del fuoco,
lAcheronte, fiume del dolore, e lo Stige, fiume dellodio. Arrivati l, i morti si
affollavano sulle rive dellAcheronte, che era il pi grande ed esteso, porgendo a
Caronte, dio canuto 182 e dagli occhi di fuoco, lobolo 183 che la piet dei parenti aveva
loro posto in bocca prima degli onori funebri. Con quellobolo Caronte accettava di
traghettare i morti al di l del fiume, nel regno che sarebbe stato il loro; chi, non
avendo ricevuto gli onori funebri, vi giungeva senza lobolo, era condannato a vagare
per cento anni lungo le tristi sponde del fiume infernale.
Oltrepassato il fiume, i morti percorrevano un lungo viale, traversavano un
boschetto di pioppi e di salici ed infine arrivavano ad una grandissima porta da cui
tutti potevano passare. Custode degli Inferi era Cerbero, un cane che, secondo alcuni,
aveva due teste e un serpente per coda; secondo altri la coda era di cane, le teste tre e
circondate da tanti serpenti velenosi. Stava sulla porta per impedire che, una volta
entrati, i morti fuggissero via da quella triste dimora senza sole.
Alcune leggende narrano che i morti trascorrono nellAde leterna vita
doltretomba, che si svolge monotona, senza dolori, ma anche senza gioie, priva
dellattesa del futuro. Limmensa malinconia che grava 184 su quelle ombre riassunta
dalle parole che Achille, lardente e implacabile eroe della guerra contro Troia,
rivolge ad Ulisse che riuscito a giungere sino allentrata di quel regno e ad evocarne
le ombre.
Sono re qui dice Achille, sono venerato da tutti gli eroi pi grandi, ma
quanto preferirei essere un misero bifolco185 pur di godere della dolce luce Perch,
in quella regione immensa nelle tenebre, la mancanza del sole rappresenta
loppressione pi grande, la tristezza pi profonda.
Altre leggende precisano che le ombre, appena entrate nel regno dei morti,
sono esaminate dai tre giudici infernali, Eaco, Minosse, e Radamanto, e che a
ciascuna ombra assegnata uan regione dove trascorrere la vita doltretomba. I
181
Si celano: si nascondono.
Canuto: dai capelli e dalla barba bianchi.
183
Obolo: lobolo propriamente era unantica moneta greca di argento o di bronzo; passato a significare piccola
offerta in denaro.
184
Grava: pesa, incombe.
185
Bifolco: guardiano di buoi; anche aratore a giornata.
182
186
minimo onore funebre, che l, sulla terra, nessuno pensa a punirla, che gli di non
devono permettere tanta negligenza, che lui solo saprebbe come trattare una donna
cattiva, crudele, insensibile come Mrope.
Tanto fa e tanto dice, che alla fine gli di inferi gli danno il permesso di tornare
per poche ore sulla terra per punire Mrope come meglio crede. Una volta a casa sua
Ssifo a tutto pensa fuorch a tornare nellAde, e Thanatos non pu andare a
prenderlo di nuovo perch pu afferrare i mortali una volta sola, non pi. Per riaverlo
gli di devono rivolgersi una seconda volta ad Ares perch usi tutta la sua forza
brutale per riportare a loro quellastuto mortale.
Da allora, nellAde, Ssifo, avvolto in un gran polverone, non fa che spingere
su per una montagna un grosso macigno che riprecipita appena vicino alla cima.
Frode: inganno.
Industrie: attivit produttive.
197
Plasmare: modellare, formare.
196
nel mondo, non si fermano mai, n di giorno n di notte, e, poich Zeus prima di
chiuderli nel vaso li aveva resi muti, arrivano senza annunziarsi, recando il dolore.
Causa di tutto questo male fu la prima donna; alla sua comparsa sulla terra il
mito ricollega linizio delle sciagure umane e la fine della vita serena e tranquilla
degli uomini.
Se a qualcuno questo mito non fosse piaciuto troppo, legga anche questaltra
leggenda.
Si raccontava che quando ancora sul mondo regnava Crono, gli di avevano
creato degli esseri mortali, gli uomini, che vivevano sulla terra ed erano felici poich
non conoscevano n il dolore n la fatica del lavoro, n la vecchiaia o la paura della
guerra e delle armi. Tutti erano giusti e generosi, non avevano nessun desiderio e
spesso si riunivano a banchetto dove consumavano in allegria il buon cibo che la terra
produceva per tutti senza essere coltivata, solo per leffetto di uneterna primavera.
La morte giungeva come un sonno benefico, e lo spirito rimaneva vagante per
laere, 198 custode o protettore di chi viveva ancora, stirpe felice di unet che fu
chiamata delloro e che fin il giorno in cui a Crono fu tolto il governo del mondo.
Sotto Zeus ebbe inizio unet un po meno felice, ma tuttavia serena e
tranquilla: let dellargento. La primavera, che era eterna, divenne brevissima per
alternarsi col freddo e col caldo. La terra, non pi aiutata dal clima sempre mite,
produsse il cibo solo quando era coltivata, e gli uomini, oltre a questo lavoro, furono
costretti a costruirsi capanne di legno per ripararsi dal freddo eccessivo, che faceva
gelare lacqua, e dal caldo che incendiava laria. Giunti allet matura erano afflitti da
dolori e da preoccupazioni; divenivano ostili gli uni agli altri e spesso dimenticavano
di venerare le divinit. Zeus, non tollerando che i suoi di fossero spesso trascurati,
pun i mortali facendoli precipitare nel regno degli Inferi.
Successe a questa una stirpe che visse in unet di odio e di lotta: let del
bronzo. Gli uomini erano diventati crudeli, amavano solo le offese e le guerre. In
breve si uccisero combattendo gli uni con gli altri e precipitarono tutti nellAverno.
Quando la terra fu di nuovo deserta, Zeus volle creare una quarta stirpe che
per si rivel ancor peggiore delle precedenti. In questa et, detta del ferro, nel cuore
degli uomini vi era amore solo per il denaro e tanta ferocia che spesso anche il
fratello o il padre era considerato un nemico; lospite, dimenticando che Zeus vuole
sacra lospitalit, tradiva che veniva nella sua casa. La Verit, la Bont, la Giustizia,
lOnore, sentendosi oggetto di scherno da parte di questi uomini che stimavano solo
la Prepotenza, la Crudelt e lInganno, avevano abbandonato la terra rifugiandosi
sullOlimpo. LInvidia dominava dovunque; gli uomini, ormai completamente
dimentichi del culto dovuto agli di, erano contenti del male altrui e, per rendere pi
sanguinarie e micidiali le loro lotte, forgiavano col metallo armi che in continuazione
risuonavano minacciosamente. Dallalto dellOlimpo Zeus osservava gli uomini che
divenivano ogni giorno pi violenti e pi crudeli; quando gli sembr raggiunto il
limite di ogni empiet, 199 chiam a raccolta gli di. Appena li ebbe tutti riuniti nella
grande sala di marmo del suo palazzo sullOlimpo, scosse pi volte la testa, segno di
198
199
Deucalione altrettanti uomini. Mentre il mondo si ripopola di una stirpe che per secoli
e secoli riveler la sua origine nel carattere rozzo e duro, dalla terra sorgono
spontaneamente animali di ogni specie che sostituiscono quelli inghiottiti dalla
grande pioggia.
Gli eroi
Eracle (Ercole)
202
suo orrendo delitto, va alloracolo di Delfi e chiede alla Pizia con quale espiazione
potr purificare la sua colpa.
Le parole di Zeus, nascer un mio discendente che dominer e comander
tutti gli altri della sua stirpe, stanno per avverarsi.
Se ne fa interprete la Pizia che ordina alleroe di recarsi a Tirinto 209 da
Euristeo, figlio di Stnelo, e di servirlo dodici anni per purificarsi della sua colpa.
Durante questi anni leroe ubbidir incondizionatamente 210 ad Euristeo, compiendo
con la sua prodigiosa abilit imprese eccezionali.
Appena arrivato a Tirinto, Eracle trova pronto un ordine. Deve liberare la
regione da un leone che, sfuggendo a tutti i tentativi di cattura, ne devasta il territorio
seminandovi terrore. Leroe, scovato il leone nella valle di Nemea, gli scocca211
contro alcune frecce; ma il leone invulnerabile: ogni freccia, appena raggiunto il
besarglio, si piega, scivola sulla pelle, cade a terra inoffensiva. Il leone intanto fugge
e si rintana in una grotta. Eracle linsegue e si accorge che la grotta ha due aperture;
ne chiude una e, appena il leone fa per uscire dallaltra, lo afferra alla gola e lo
strangola. Quando torna a Tirinto, coperto dalla pelle leonina a prova di quanto ha
compiuto, Euristeo, che non credeva che limpresa si potesse concludere felicemente
e con tanta rapidit, invece di ammirare la forza e labilit di Eracle, se ne spaventa
tanto che ordina alleroe di non oltrepassare pi le porte della citt, ma di attendere
oltre le mura gli ordini che gli avrebbe mandato per mezzo di un araldo. E subito gli
comanda di liberare la regione di Lerna, sul golfo di Argo, da un essere mostruoso
che appesta laria con il suo mortifero 212 respiro, e fa morire asfissiati tutti i greggi.
Eracle ubbidisce e presso una fonte trova il mostro: unidra213 fornita di ben nove
teste. Laffronta per decapitarla, ma appena riesce a tagliare la prima testa vede con
spavento che dal collo mozzato la testa rinasce immediatamente, mentre accanto ne
spunta unaltra. La lotta sembra non aver fine; si aggrava anzi per Eracle quando dal
mare esce un grosso granchio che comincia a morsicargli le gambe e non gli d
tregua. Leroe si sente in diritto di usufruire anche lui di un aiuto: chiama il suo
scudiero, Iolao, e gli ordina di bruciare ogni collo dellidra appena una testa taglia
per impedire che rinasca e si raddoppi. Cos Eracle porta a fine la sua impresa e dopo
poco lidra giace inoffensiva e morta, con tutte le sue teste sparse intorno. Prima di
tornare a Tirinto leroe vuole sfruttare limpresa, che gli costata tanta fatica: apre il
corpo dellidra, cerca il fiele 214 e, intingendovi le frecce che ha con s, le rende
avvelenate e senza rimedio per chi ne sar colpito.
appena tornato a Tirinto che Euristeo gli fa sapere di considerare nulla la sua
impresa contro lidra perch egli ha chiesto aiuto allo scudiero Iolao, e gli ordina di
ripartire subito per catturare e portargli viva la cerva dalle corna doro e dai piedi di
bronzo che si trova in Arcadia. Per questa impresa non gli saranno di nessun aiuto le
frecce avvelenate. Quando trova la cerva, per catturarla senza farle del male, Eracle
209
deve inseguirla per giorni e mesi, sinch, dopo un anno, mentre la cerva stanca e
affaticata sta per varcare un fiume, riesce ad afferrarla. Se la pone sulle spalle e
finalmente la porta a Tirinto.
Come al solito, trova pronto subito un altro ordine. Questa volta dovr portare
viva non uninnocua bestiolina, ma il terribile cinghiale che vive sullErimanto
riempiendo di terrore tutta la regione. Anche questa bestia catturata e portata a
spalla sino a Tirinto. E ora come mostrare ad Euristeo che limpresa compiuta, se
nessuno ha il coraggio di prendere in consegna la terribile bestia? Eracle trasgredisce
lordine di non oltrepassare le mura e va alla reggia. Cerca Euristeo, ma, non
riuscendo a trovarlo e stanco di portare il peso di quel bestione, pensa di gettarlo in
uno dei grossi orci215 interrati che servono per conservare il grano, in attesa che
Euristeo ritorni. Sta per gettare il cinghiale in un orcio quando, proprio da quellorcio,
fa capolino, spaventatissimo, Euristeo. Il tirannico Euristeo, che con tanta
disinvoltura ordinava ad Eracle le imprese pi difficili, appena aveva saputo che
Eracle gli portata viva quella violenta e pericolosa bestia, non solo non aveva avuto il
coraggio di sopportarne la vista, ma, per timore di peggio, niente gli era sembrato pi
sicuro che rifugiarsi in quel grosso orcio interrato.
Rimessosi dalla paura e dalla brutta figura, Euristeo d subito un altro ordine.
In Arcadia, vicino alla citt di Stinfalo, in una palude in cui crescono numerosi alberi
altissimi, vivono alcuni uccelli che si cibano di carne umana: Eracle deve
distruggerli. Eracle arriva sino alla palude stinfalica, ma non scorge neanche un
uccello. Incerto sul da farsi sta per tornare indietro, quando si ricorda di aver avuto da
Atena un paio di nacchere216 di bronzo, opera di Efesto. Agitandole fa uno strepito
tale che immediatamente gli uccelli volano via a frotte dalle altissime chiome degli
alberi dove, ben nascosti, stavano in agguato. Eracle pu finalmente usare le frecce
avvelenate col sangue dellidra e abbattere sino allultimo tutti quegli uccellacci.
Nellordine successivo Euristeo aggiunge alla difficolt dellimpresa
lumiliazione pi avvilente per leroe. Deve recarsi in Elide e pulire in un sol giorno
le sporchissime stalle del re Augia. Prima di cominciare il lavoro Eracle ottiene che
Augia gli regali la decima parte dei tremila buoi che costituiscono le sue mandrie;
quindi, aperte alcune brecce217 nei muri delle stalle, devia il corso del fiume Alfeo in
modo che le attraversi. In poche ore le stalle sono ripulite perfettamente dalla violenta
corrente del fiume; ma quando Eracle reclama la ricompensa pattuita, Augia gliela
rifiuta con la scusa che quel lavoro stato fatto per ordine di Euristeo.
una scusa meschina, ma Eracle deve accettarla; come pure deve accettare, al
suo ritorno, la bassa218 prepotenza di Euristeo il quale dichiara di non considerare
valida quella impresa avendo Eracle pattuito una ricompensa. Peggio di cos, povero
Eracle, non poteva andare!
215
Orci: vasi di terracotta a bocca ristretta e corpo panciuto, generalmente a due manici.
Nacchere: due tavolette incavate come conchiglie che, tenute appaiate con un nodo lento di nastro in modo da
passarvi due o tre dita della mano, producono, urtandosi in cadenza, un rumore con cui si accompagnano i passi o
movimenti di alcune danze popolari.
217
Brecce: aperture.
218
Bassa: vile, meschina.
216
219
Sbaragliate: sconfitte.
A sfascio: fortemente, violentemente.
224
Pertinacia: ostinazione, tenacia.
225
Bicipite: con due teste.
226
Requie: pace, tregua.
227
Lussureggiante: rigoglioso.
223
dormiva mai. Per sapere dove sia questo giardino Eracle si rivolge a Nereo. Questo
vecchio dio m arino, molto resto228 a rivelare le infinite cose da lui conosciute, ma
anche incapace di mentire, sfugge ai suoi interlocutori assumendo rapidamente i pi
svariati e strani aspetti. Eracle sa che non bisogna impaurirsene e badar solo, una
volta afferrato Nereo, a non farselo sfuggire. Leroe sorprende nel sonno il vecchio
dio, lo lega ben bene e, imperterrito,229 assiste alle sue immediate, rapidissime
metamorfosi. Dopo essersi trasformato in leone inferocito e ruggente, in albero
frondosissimo, in fuoco, in acqua, Nereo riprende il suo aspetto normale e rivela a
Eracle dove sia lignota regione delle Esperidi. Arrivato l dopo un lunghissimo
viaggio, leroe forse preso da un po di pigrizia e, poich l vicino c Atlante che
sostiene la terra sulle spalle, Eracle prega il gigante di andargli a prendere i pomi
doro; per quei pochi minuti regger lui il mondo. Atlante accetta e, poco dopo,
riappare con i mano tre magnifici pomi splendenti; insperabilmente, per, ha gustato
il sollievo da quel peso continuo che la terra e non volendo perdere troppo presto
quel gran benessere si offre di portare lui ad Euristeo i bei pomi doro. Ma Eracle sa
che non prudente far abituare alla libert quel gigante; chi gli garantisce che Atlante
non voglia lasciare a lui, definitivamente, il peso del mondo? Non potrebbe essere
questa lultima e pi terribile vendetta di Era? Finge di accettare la proposta, e: Va
bene,; dice per prima di andare, riprendi un momento la terra. Le mie spalle non
sono abituate a tutto questo peso, e voglio metterci un cuscino. Atlante riprende la
terra; Eracle, pronto, afferra i pomi e, gridando i suoi ringraziamenti ad Atlante per
quanto ha fatto, lo lascia l, col suo mondo sulle spalle.
Ed ora, finalmente, Euristeo incarica Eracle di una missione non difficile: deve
portare sullOlimpo i divini pomi dorati. Quando ha consegnato ad Atena i pomi, che
dalla dea vengono restituiti al giardino lo destinato da Era, Eracle trattenuto
sullOlimpo. Esaurite la vendetta e le persecuzioni di Era, leroe pu rimanere fra gli
di, divenuto anchegli una divinit.
Un altro scrittore antico, Apollodoro,230 racconta in maniera diversa
lassunzione di Eracle nellOlimpo. Dopo aver compiuta lultima fatica, Eracle,
secondo Apollodoro, lasciato in libert da Euristeo e, dopo aver vagato qua e l,
giunge a Calidone 231 dove sposa la figlia del re, Deianira. Un giorno, sulla riva di un
fiume che essi devono traversare, trovano un Centauro, Nesso; sta l per trasportare a
spalla i viandanti che vogliono passare le tumultuose acque. Deianira si affida al
Centauro il quale, invaghitosi fulmineamente di lei, tenta di rapirla. Ma Eracle
pronto a scoccare una delle sue frecce e lo ferisce mortalmente. Sentendosi morire, ed
avendo perduto gi ogni energia per reagire e vendicarsi, il Centauro suggerisce alla
donna di raccogliere e di serbare un po del sangue che esce dalla ferita. In qualsiasi
momento, le dice, essa tema di perdere lamore di Eracle, dovr usare quel sangue
come un filtro magico, e le indica il modo. Deianira ascolta le parole del Centauro,
senza sospettare che un orrendo inganno nascosto in quel consiglio.
228
Di esso e del sangue raccolto si ricorda qualche tempo dopo, il giorno in cui
Eracle, sempre in giro per compiere qualche difficile impresa, le fa sapere che,
avendo conquistato la citt di Ecalia, 232 gli necessaria la tunica pi ricca che
possiede per compiere con degna veste il rendimento di grazie a Zeus. Deianira sa
che alcuni anni prima Eracle si era invaghito di Iole, figli del re di Ecalia e, temendo
che possa innamorarsene di nuovo, pensa di usare il filtro consigliato dal Centauro
morente. Bagna la tunica col sangue sgorgato dalla ferita di Nesso e la manda subito
ad Eracle, sicura che, indossando quella, lo sposo le sarebbe rimasto fedele. Ma
appena indossata e un po riscaldata dal calore del corpo, la tunica comincia a
trasudare, e col sangue si sparge sulla pelle di Eracle il mortale veleno di cui era
intrisa la freccia che aveva colpito Nesso. Eracle sente un bruciore sempre pi forte,
vede che il suo corpo si copre di piaghe e vuol strapparsi la tunica, ma essa gli
aderisce talmente che con la stoffa Eracle si strappa anche carne viva. Piagato e
delirante riportato a Trachis dove, prima di lui, arrivata la notizia della sua
sventura. Deianira, non sopportando il rimorso di essere stata lei, pur
involontariamente, la causa della tragedia si uccide ed Eracle, sbarcato, non trova pi
lamata sposa.
Con le carni bruciate e torturate, col cuore sconvolto dal dolore, Eracle si
trascina sino alla cima del monte Eta 233 meditando una tragica soluzione per far
cessare i due dolori che pur diversamente lo tormentano. Dopo aver ordinato ai suoi
che lo hanno seguito di innalzare una catasta di legna, vi sale pregando di appiccarvi
il fuoco per por fine alla sua difficile vita. I compagni non posso rifiutare; ma, appena
la catasta comincia ad ardere, laria scossa da terribili tuoni, il corpo di Eracle
avvolto e nascosto da una nuvola che si alza dal rogo e che, senza dissolversi, sale
verso gli infiniti e irraggiungibili spazi celesti.
Per questo prodigio ai mortali fu chiaro che il grande Eracle era stato chiamato
a far parte degli di immortali e beati.
Volendo concludere rapidamente il racconto delle numerose avventure di
Eracle ho tralasciato di accennare ad altre imprese minori, dette dai Greci parerga
fatiche accessorie, che leroe dovette superare mentre compiva i pesanti ordini
imposti da Euristeo. Le ricorder in breve.
Durante il viaggio verso il monte Erimanto, dove viveva il ferocissimo
cinghiale, assalito da una turba234 di Centauri armati di macigni e di grossi pali.
Eracle li disperde lanciando tizzoni accesi e numerose frecce; uno di essi, Nesso, col
perfido consiglio dato a Deianira, vendica anche lumiliazione di quello scontro.
Mentre Eracle torna a Tirinto col cinto 235 della regina Ippolida approda a Troia
e trova questa citt in gran lutto. Omini e donne muoiono per una tremenda pestilenza
che mal si combatte perch contemporaneamente la citt stata invasa dalle acque. E
come se questo non bastasse, nessuno pu avventurarsi fuori senza il pericolo di
essere afferrato e divorato da un mostro marino apparso con linondazione. Si
232
manifesta cos lira di Poseidone e di Febo i quali, presentatisi a Laomedonte 236 con
aspetto umano, avevano pattuito il prezzo per la costruzione delle massicce mura
della citt e poi a lavoro finito, se leran visto rifiutare. La punizione per lavarissimo
Laomedonte non finiva qui. Loracolo, subito interrogato, aveva risposto che ogni
flagello sarebbe scomparso se il mostro avesse potuto divorare Esione, la figlia di
Laomedonte. Il re per salvare i suoi sudditi non aveva esitato ad esporre in riva al
mare la bella Esione, ma, purch la citt fosse salva anche senza il sacrificio della
figlia, ancor meno esit nel promettere ad Eracle, arrivato proprio allora, i bei cavalli
che qualche tempo prima Zeus gli aveva regalato.
Eracle affront il mostro e lo uccise, liber Esione, ma non ebbe i cavalli di
Zeus. Lavarissimo, ingrato e spergiuro 237 Laomedonte, bench avesse gi
sperimentato le conseguenze delle promesse non mantenute, dileggiando238 Eracle per
la sua credulit, rifiut di consegnare i cavalli. Anche Eracle, in seguito, si vendicher
quando, tornato a Troia contribuir alla sua distruzione; ma l per l fu costretto a
sottostare alla prepotenza di Laomedonte.
Durante la ricerca del giardino delle Esperidi, passando per la Libia, Eracle si
trov a lottare contro il gigante Anteo, figlio di Poseidone e di Gea. Questo gigante
sfidava ogni passeggero essendo sicuro della vittoria perch aveva la capacit di
mantenere intatte le forze sinch era a contatto con la terra, Gea, che era a sua madre.
Dopo una lunga lotta Eracle riusc a sollevare da terra il gigante, e, tenendolo sospeso
con un braccio, con laltro riusc ad ucciderlo. Sempre durante la ricerca del giardino
dove si custodivano i pomi doro, Eracle pass dal Caucaso e pose fine al tormento di
Prometeo. Dopo aver uccisa laquila che gli rodeva il fegato, liber il Titano dalle
catene che lo immobilizzavano e gli ottenne da Zeus limmortalit.
236
Teseo
In Atene regnava Egeo al cui trono aspiravano ben cinquanta nipoti, figli del
fratello Pallante, i quali avevano tanto desiderio di regnare che volentieri avrebbero
affrettato la morte dello zio. Ma Egeo sperava di deludere la loro avidit e la loro
malvagia aspirazione. Molti anni indietro, passando da Trezene, 239 egli si era
innamorato di Etra, figlia del re. Dopo aver soggiornato con lei qualche tempo era
partito dicendole: Se ti nascer un figlio mandalo da me, ad Atene, appena sia
capace di alzare con le sue sole forze quel sasso l. ed Egeo aveva indicato un
macigno enorme spigandole che egli aveva nascosto l i suoi sandali e la sua spada.
Presentandosi ad Egeo, per farsi riconoscere, il giovane avrebbe dovuto mostrare
quegli oggetti.
Lattesa di Egeo non fu delusa. Ad Etra era nato un bambino, Teseo, il quale,
appena giovinetto, fu informato dalla madre di ci che il padre aveva disposto. Teseo,
cresciuto robustissimo, alz la pietra ed appena fu in possesso dei sandali e della
spada si avvi verso Atene, seguendo, invece della via di mare, la via di terra.
Pensava che questa gli avrebbe offerto maggiori opportunit per mettere alla prova il
suo coraggio permettendogli di giungere al padre nobilitato da imprese valorose.
Durante il viaggio sente raccontare una storia terrificante: presso lo stretto di Corinto
un certo Sinni uccide atrocemente i viandanti. Piega sino a terra la chioma di due
alberi vicini, lega una gamba del malcapitato alla cima di un albero, laltra gamba alla
cima dellaltro, e poi lascia andare gli alberi, i quali, tornando nella loro posizione
normale, dividono in due quel disgraziato. Teseo, aspirando ad imitare laudacia di
Eracle, di cui conosce e ammira le imprese, raggiunge lo stretto e, quando Sinni tenta
di fargli fare la fine di tanti altri infelici, inverte rapidamente le parti e fa a Sinni
quello che quel crudele voleva fare a lui.
Prosegue il suo cammino e verso Megara 240 informato di un altro mostro
umano: Scirone, un vecchio dallaspetto cadente, rannicchiato su di una roccia
sporgente sul mare, rivolge querule 241 preghiere ai forestieri diretti in citt. Si lamenta
di essere vecchio, di non avere pi nessuno che si occupi di lui, neanche chi gli lavi
almeno le estremit doloranti. I forestieri inconsapevoli, commossi da quel lamenti,
offrono il loro aiuto, e mentre, chini, gli lavano i piedi, quel malvagio con un calcio a
tradimento li fa precipitare in mare. Teseo vince anche Scirone e, precipitatolo in
mare, libera Megara da quellinsidioso ingresso.
Giunto poi in Arcadia riporta unaltra magnifica vittoria: su Procuste, uomo,
anche quello, perfido e ipocrita. 242 Viveva in Arcadia un certo Damaso,
soprannominato Procuste, il quale con grande cordialit invitava i forestieri di
passaggio a pernottare nel suo bel palazzo. Mostrando grande preoccupazione per il
loro riposo, li accompagnava sin nella camera e persino li invitata a distendersi su
239
uno dei due letti, uno lungo e uno corto, che erano nella stanza. A questo punto gli
ospiti cominciavano a rendersi conto di essere caduti in cattive mani. Assurdamente
Procuste obbligava lospite, se era piccolo, a distendersi nel letto lungo e, se era alto,
ancor pi assurdamente lobbligava a distendersi nel letto corto. Quindi, straziando il
corpo del malcapitato, gli stirava le membra o gliele tagliava sinch non avessero
raggiunto la misura del letto. Questo orribile modo di esercitare lospitalit fin con
larrivo di Teseo, che fece provare allo stesso Procuste quanto fosse spiacevole
morire col corpo ridotto a misure che non erano le proprie.
Alla fine Teseo arriva ad Atene e si fa riconoscere da Egeo mostrando i sandali
e la spada. Il re lo accoglie con grande gioia e lo presenta come suo legittimo
successore al popolo che lo festeggia entusiasticamente perch gi si sparsa la fama
delle nobili imprese che aveva compiuto. Poco dopo che Teseo si stabilito in Atene,
giungono da Creta alcuni messi243 i quali vengono a prendere quattordici fanciulli:
il tributo dovuto dallAttica alla loro isola. Per quale ragione, sinforma Teseo,
lAttica tributaria 244 di pegni umani a Creta? Gli vien narrato che il figlio di
Minasse, re di quellisola, era stato ucciso mentre si trovava in Attica, non si sapeva
n da chi n perch, e Minasse, non potendo punire lassassino, aveva chiesto agli di
di far cadere la vendetta su tutta la regione. Immediatamente quella bella terra fertile
era stata avvelenata da una pestilenza e colpita da una tale siccit che neanche nei
fiumi scorreva pi una goccia dacqua. Loracolo aveva consigliato di rivolgersi a
Minasse, il quale per far cessare la vendetta da lui richiesta domand che ogni anno,
per nove anni, gli fossero consegnati sette fanciulli e sette fanciulle fra i pi belli
dellAttica. Gi da tre anni il tributo veniva pagato, reso ancor pi triste dal mistero
che avvolgeva la sorte di quei giovani. Alcuni dicevano che servissero come schiavi,
altri che, una volta in Creta, venissero dati in pasto a qualche mostro, altri ancora che
fossero lasciati soli nel labirinto, dove erravano sino alla pazzia e alla morte, nella
ricerca di unintrovabile uscita.
Quellanno il popolo, oltre alla tristezza, mostrava chiaramente il suo
malcontento. Perch il re nella lista dei giovani da sorteggiare non faceva iscrivere
anche Teseo? Anchegli doveva esporsi col suo popolo al dolore di veder andar via
un figlio senza speranza di ritorno. Teseo non solo giudicava giusto il rimprovero del
popolo, ma voleva far qualcosa per liberarlo dallincubo di quellannuale tributo.
Senza aspettare la sorte, dichiar che sarebbe andato anche lui a Creta con gli altri;
ma nessuno doveva piangere: questa volta limbarcazione dalle lugubri245 vele non
sarebbe tornata col solo nocchiero.
Col dolore ancora pi profondo delle volte precedenti Egeo segue i preparativi
della partenza, sebbene le imprese gi compiute felicemente dal figlio gli diano una
speranza che gli suggerisce di consegnare al nocchiero alcune vele bianche da
sostituire alle nere se la nave, tornando in patria, avesse ricondotto Teseo e gli altri
giovani.
243
Messi: messaggeri.
Tributaria: soggetta al pagamento di un tributo, di un contributo obbligatorio.
245
Lugubri: funebri, tristi.
244
Quando giunge a Creta, Teseo conosce qual la fine destinata a lui e ai suoi
compagni: saranno avviati per i tortuosi corridoi del Labirinto e lasciati avanzare
sinch non incontrano il mostruoso Minotauro, un uomo con testa e collo di bove, che
se ne ciber a piacere. Questo s tato rivelato a Teseo dalla figlia del re, Arianna, la
fanciulla che si innamorata dalleroe appena lo ha veduto e che gli indica anche la
via della salvezza. Appena entrato nel Labirinto dovr cominciare a sdipanare 246 un
gomitolo che la fanciulla stessa gli consegna; il filo gli indicher la via del ritorno, se,
giunto presso il Minotauro, Teseo avr la forza e il coraggio di ucciderlo.
Ucciso con facilit il Minotauro, Teseo esce dal Labirinto con i suoi compagni
e subito si rimbarca per tornare in patria; ma con s vuol portare la bella e generosa
Arianna alla quale deve la salvezza. Gli di, per, sono contrari alle loro nozze, e un
sogno avverte Teseo di abbandonare la fanciulla, mentre addormentata, nellisola di
Nasso. Qui Arianna si sveglier, stupita e piena di risentimento contro Teseo, e solo
larrivo di Dioniso e le nozze col dio placheranno il suo dolore.
Intanto la nave che riporta in patria Teseo e i compagni si avvicina allAttica;
ma nella emozione dellinsperato ritorno nessuno si ricorda di cambiare le vele. Egeo,
che da giorni scrutava il mare cercando un indizio 247 del ritorno del figlio, vede nelle
vele nere il segno dellimpresa fallita e, non reggendo al dolore, si getta in mare, il
quale da allora fu chiamato Mare Egeo.
Il governo di Atene preso da Teseo che vi porta notevoli innovazioni.
Stabilisce che la citt sia a capo delle altre borgate 248 dellAttica e riesce a placare
qualsiasi contesa esista fra i singoli borghi o le singole famiglie e riunisce gli abitanti
in un solo popolo concorde. Inoltre organizza democraticamente il governo
riconoscendo lutilit di ogni classe sociale.
La realizzazione di queste riforme utili e necessarie non lo distolgono 249 dal
partecipare ad imprese avventurose. Gli Argonauti250 lo hanno compagno nella loro
spedizione e i Lpiti ricevono da lui un validissimo aiuto nella lotta contro i
Centauri. 251
Lamicizia con i Lpiti risaliva ad un suo atto di coraggio. Pirtoo, capo dei
Lpiti, una volta aveva voluto mettere a prova la forza e il valore di Teseo, di cui
aveva sentito raccontare le imprese e, per provocarlo, gli aveva rubato apertamente
alcuni armenti. 252 Teseo non fu intimorito dal sapere che il rapitore era il gran re dei
Lpiti, lo insegu e lo raggiunse; quando per i due si trovarono di fronte,
lammirazione reciproca per la loro bellezza e per il loro coraggio fece abbassare le
armi, mentre le mani si stringevano calorosamente in segno di amicizia. Quando, poi,
Pirtoo celebr le sue nozze con Ippodamia invit anche Teseo alla festa nuziale che f
246
253
254
Perseo
Acrisio, re di Argo, aveva una figlia, b ella come una dea, Danae, ma nessun
maschio. Per sapere se poteva sperare in un futuro figlio a cui lasciare il regno, si
rec un giorno a Delfi. Loracolo, purtroppo, gli dette una risposta che lo riemp di
angoscia. Un figlio nascer, ma a Danae, non a te; e quel fanciullo ti uccider.
Turbato dal minaccioso responso e non volendo riconoscere che contro il Fato
non si pu lottare, Acrisio fece costruire, sotto terra, una stanza con le pareti di
bronzo in cui racchiuse Danae, credendo di salvare la vita col segregare 255 la figlia.
Ma contro il Fato non si lotta. Zeus si innamor della bellissima Danae e, pi
per sfuggire alla sorveglianza gelosa di Era che per non avere altre possibilit di
raggiungere la bella prigioniera, si trasform in pioggia doro e scese nella buia
stanza sotterranea.
Quando, dopo alcuni anni, Acrisio si accorse, forse per un qualche rumore di
giuochi infantili, che con Danaro nella stanza di bronzo cera un bambino, certo nato
da lei, fu ripreso dal terrore di quel lontano responso e, nonostante che Danae
affermasse Perseo era figlio di Zeus, volle lottare ancora contro il Fato che gi si
veniva compiendo. Non ebbe per la forza di uccidere con le sue mani Danae e il suo
bambino, e dette lordine che i due fossero messi in una cesta e gettati in mare.
La cesta, andata alla deriva, fu tratta a riva presso lisola di Srifo 256 da Ditti,
fratello del re Polidette che l regnava. Danae e il bambino, salvati dalle acque, furono
accolti con affetto nella reggia dove vissero in serenit sino a quando Polidette,
innamoratosi di Danae e temendo lopposizione di Perseo, ormai divenuto un
giovinetto, credette opportuno allontanarlo con una scusa. Gli chiese, cio, di
portargli la testa della Medusa, 257 lunica delle tre Grgoni che fosse mortale.
Perseo ha la coscienza di non poter rifiutare niente al suo benefattore; ma
quellimpresa lo riempie di preoccupazione, perch sa che per portarla a buon fine
occorre ottenere dalle Ninfe i sandali alati, la bisaccia e lelmo di Ade che rende
invisibili. Mentre se ne sta pensieroso in un angolo dellisola, gli si presentano Atena
ed Ermes che gli offrono il loro aiuto promettendogli di accompagnarlo dalle Graie
per conoscere il soggiorno delle Ninfe; ma per far parlare queste mostruose vecchie,
figlie di Forchi, sar necessario giocar dastuzia. Le Graie, oltre che brutte, sono
sdentate e cieche, hanno per a disposizione, come si detto, un occhio e un dente
che si passano a turno.
Perseo svelto ad afferrare occhio e dente nel momento che luna lo passa
allaltra e ora, anche se quelle gridano e imprecano e minacciano, Perseo si sente il
pi forte: Volete il vostro dente? Volete il vostro occhio? Ditemi dove sono le Ninfe
che hanno i sandali alati, la bisaccia e lelmo di Ade che rende invisibili.
255
Per riavere il loro unico occhio e il loro unico dente le Graie devono indicare
con precisione dove sono quelle Ninfe.
Sempre accompagnato da Atena e da Ermes, Perseo va dalle Ninfe e ottiene i
tre oggetti: calza i sandali, getta la bisaccia sulle spalle, pone in testa lelmo di Ade
e nessuno lo vede pi. Solo i due di, che sanno quale percorso leroe debba
seguire, volano con lui sullampio Oceano e giungono in una regione vicina al
territorio delle Esperidi. Vedono le Grgoni che stanno dormendo, ben riconoscibili
dalla chioma di bronzo irta 258 di serpentelli. Atena ha il tempo di consegnare uno
specchio a Perseo e di avvertirlo di non guardare gli occhi di Medusa se non vuol
essere cambiato in pietra: segua i movimenti della Grgone nello specchio, faccia
presto a tagliarle la testa e a fuggire.
Tanto rapidamente Perseo decapita Medusa e ne mette la testa nella bisaccia
che le altre due Grgoni quasi non si rendono conto di che cosa sia avvenuto della
loro sorella mortale, anche perch l vicino non vedono nessuno, vedono solo che dal
sangue del corpo decapitato di Medusa sta nascendo un meraviglioso cavallo alato,
Pgaso.
Intanto Perseo, mentre vola di nuovo sullOceano per tornare in Srifo, scorge
una bellissima giovinetta legata ad una roccia in riva al mare. Incuriosito si ferma, si
informa, e viene a sapere una triste storia. La fanciulla, Andrmeda, sta per scontare,
innocente, lorgoglio della madre Cassiopea che si era vantata di esser pi bella delle
bellissime Ninfe. Offese, le Ninfe avevano chiesto vendetta a Poseidone, e il dio non
solo aveva fatto invadere dalle acque la regione, ma aveva mandato anche uno di quei
suoi terribili mostri che portano distruzione dovunque arrivino. La sciagura sarebbe
cessata, aveva detto loracolo, se Cassiopea avesse offerto al mostro la sua bella
figlia. Il popolo, per essere salvo, aveva chiesto il sacrificio di Andrmeda; ed ora la
fanciulla, legata ad una roccia in riva al mare, aspettava di divenir preda del mostro.
Perseo, incantato dalla bellezza della bellissima Andrmeda, promette che
lavrebe salvata purch, dopo, gli fosse data in moglie. Naturalmente il patto
accettato subito, ma appena il mostro ucciso, Andrmeda liberata e ogni pericolo
scomparso, il fratello del re, che pure non aveva fatto niente per tentar di salvare
Andrmeda, ricorda con prepotenza che la fanciulla era gi stata prima promessa a
lui. Per questo dichiara Perseo usurpatore259 dei diritti regali e ordisce260 un complotto
per ucciderlo. Quando Perseo si trova circondato dai congiurati261 che ne vogliono la
morte, non avendo la possibilit di difendersi in altra maniera, toglie dalla bisaccia la
testa della Medusa e, evitando di guardarla, la mostra ai suoi assalitori. Stupiti da quel
gesto che sembra non aver significato, i congiurati stringono, cio vorrebbero
stringere pi da vicino Perseo, ma non possono fare un passo o alzare una mano.
Sono immobili, fermi, trasformati in pietra dal potere invincibile dello sguardo della
Medusa.
258
262
Fidi: fedeli.
Accomiatatosi: congedatosi, dopo essersene andato salutando.
264
Ineluttabile: inevitabile, che non si pu combattere.
265
Tirinto: citt dellArgolide.
263
Le grandi avventure
Gli Argonauti
ed affidarmi il potere perch io possa riportare in questa citt la giustizia che mio
padre onorava e che tu hai violato. Accetta la mia proposta e non costringermi ad una
guerra.
Le parole di Giasone erano oneste e chiare; ma Pelia aveva gi fatto un suo
piano e a tanta lealt rispose tendendo un inganno.
Far quello che vuoi, ma prima ascoltami. Con i miei atteggiamenti prepotenti
ho offeso gli di e so che essi mi perdoneranno solo se avr in mio potere il vello
doro custodito nei boschi del re Eeta. Io sono vecchio, lo vedi, non posso affrontare
un viaggio tanto lungo, a te si schiude ora il fiore della vita270 e se prima di ritornare
sul tuo trono avrai allontanato da questo vecchio colpevole lira degli di, regnerai
con maggiore serenit.
Giasone, non vedendo linganno teso dal vecchio Pelia ben consapevole dei
pericoli insormontabili di quellimpresa, accetta di intraprendere il lungo viaggio per
la redenzione 271 dellusurpatore. Per mezzo di un bando diffuso in tutta la Grecia
cerca compagni per quel viaggio; in breve tempo da ogni parte accorrono molti
valorosi. Fra i tanti si notano: Castore e Polluce, figli di Zeus e di Leda; Orfeo, il
divino cantore figlio di Calliope, la cui musica arrestava il corso dei fiumi e
smuoveva gli alberi dalle loro secolari dimore; Linceo famoso per lacutezza degli
occhi capaci di vedere anche quello che accadeva sotto terra; Zete e Calai, dai lunghi
capelli azzurri, dotati da Borea, il loro padre, di scure ali dai riflessi dorati che li
portavano velocemente da un punto allaltro del mondo. Mentre tutti insieme
costruiscono una nave, Argo, la prima nave che solcher un mare, Atena, non vista,
pone fra le travi della prora272 un ramo di quercia preso dal sacro bosco di Dodona;
vedremo in seguito lutilit di questo sacro legno.
Mentre stanno per partire, giunge di corsa Eracle: proprio in quei giorni aveva
portato a termina la cattura del cinghiale di Erimanto e, avendo udito della spedizione
per la conquista del vello doro, era subito corso da Giasone.
Gli eroi, belli come le stelle quando brillano fra le nubi, acclamati dal popolo
che entusiasta grida il suo augurio per la conquista del vello, fanno sacrifici
propiziatori a Febo Imbarcatore, eleggono loro capo Giasone e partono. Quando la
nave si stacca dalla spiaggia, il canto dOrfeo accompagna il ritmo dei remi che
tagliano le onde azzurre crestate di bianca spuma. Chi rimasto a terra saluta la nave
che si allontana investita dal sole; sembra una fiamma che dietro di s lasci una scia
bianca, simile ad un chiaro sentiero che attraversi un campo di tenera erba.
Gli Argonauti navigano per giorni e giorni, sempre accompagnati da un seguito
di pesci, grandi e piccoli, attratti dal suono della cetra di Orgeo che non tace mai.
Dopo brevi soste nella Magnesia 273 e nellisola di Lemno, arrivano alla punta estrema
del Chersoneso,274 lasciano alle spalle lEgeo ed entrano nelle acque dellEllesponto.
270
Si schiude ora il fiore della vita: espressione metaforica che significa: inizia ora il momento migliore della vita, cio
la giovinezza.
271
Redenzione: liberazione dalle colpe.
272
Prora: o prua, la parte anteriore della nave, a forma di cuneo pi o meno acuto, per meglio fendere, solcare lacqua.
273
Magnesia: regione della Grecia nella zona orientale della Tessaglia.
274
Chersoneso: penisola della Tracia.
Approdano nella Misia 275 dove il Fato ha deciso di toglier loro laiuto di Eracle.
Durante la navigazione, ad Eracle si era spezzato un remo e, appena approdano nella
Misia, leroe va nella foresta per procurarsi il legno adatto per un remo nuovo; ma si
indugia 276 tanto che i compagni partono non accorgendosi della sua assenza se non
quando sono in alto mare. Stanno per tornare indietro per riprendere il compagno
dimenticato, quando dalle acque sorge Nereo; il dio marino, che ha il dono della
profezia, informa gli Argonauti che Zeus stesso ha favorito lo smarrimento di Eracle
perch torni da Euristeo, porti a termine al pi presto le imprese volute dal Fato e
possa infine entrare nellOlimpo a far parte delle divinit.
Gli Argonauti, pur dolendosi della perdita di Eracle, non posso opporsi al Fato
e proseguono il viaggio interrotto ogni tanto dal cattivo tempo o dal bisogno di un po
di riposo. Durante una sosta, essi vivono una delle avventure pi straordinarie.
Sbarcati in una regione vicina alla Bitinia, 277 mentre stanno per entrare nella
reggia e chiedere ospitabilit, vedono venirsi incontro un vecchio ridotto pelle e ossa
il quale, fatti pochi passi verso di loro, cade, come morto, non avendolo sorretto
neanche il bastone su cui si appoggiava. Gli Argonauti accorrono per dargli aiuto, e il
vecchio, Fineo, trova incredibilmente un filo di voce per supplicarli di liberarlo da un
supplizio che, tormentandolo da anni lo ha ridotto simile ad uno spettro, senza
tuttavia concedergli di morire. A questo lo ha condannato Apollo: il dio, dopo avergli
concesso il dono della profezia, non aveva tollerato che egli ne abusasse278 per
rivelare agli uomini pi di quanto avrebbe dovuto. Per punizione era stato condannato
ad una vecchiaia senza fine, alla cecit e ad una pena ripugnante. Appena avvicina
alla bocca un qualsiasi cibo, scende dal cielo uno stormo di Arpe. Questi brutti
uccelli, dai lunghi artigli e dal viso di donna, gli mangiano il cibo lasciando gli avanzi
insozzati in maniera nauseante. Fineo, tuttavia, li mangia, spunto dalla fame. Zeus gli
ha predetto che solo negli Argonauti sta il potere di liberarlo dalle Arpe ed egli, che
ne ha saputo larrivo in virt del suo dono profetico, venuto ad incontrarli per
sollecitarne laiuto.
Gli Argonauti, commossi dal triste racconto, subito fanno preparare la mensa
che per le Arpe dovr essere lultima, e la portano dinanzi a Fineo. Con rapidit
incredibile le Arpe piombano dal cielo, con altrettanta rapidit divorano il cibo e
risalgono verso il cielo lasciando nellaria un odore pestilenziale. Subito gli alati figli
di Borea, Zete e Calai, si lanciano dietro di loro, le raggiungono e stanno per
ucciderle, quando sono fermati da Iride279 la quale, giurando per la palude Stigia,
assicura che quei mostri non tormenteranno pi il vecchio Fineo. Questo, intanto,
gusta, e gli sembra di sognare, un succulento banchetto che gli Argonauti stessi gli
hanno preparato. Ma nella gioia della ricuperata indipendenza Fineo non trascura di
far conoscere ai suoi liberatori i pericoli che li aspettano e di suggerir loro il modo di
275
280
delle mani e della lingua. Se ne vadano ora, e non insistano nella richiesta. Giasone
invece insiste e con tanto calore che Eeta promette di dargli il vello purch leroe
mostri di avere un cuore intrepido286 come il suo. Sa Giasone che cosa capace di
fare Eeta? Allalba aggioga due tori dal respiro di fuoco, e dagli zoccoli di bronzo,
che vivono nei campi vicini al bosco sacro ad Ares; ara quei campi, poi vi semina non
grano, ma i denti di un drago. Da questi nascono dei giganti, armati di tutto punto,
che Eeta uccide uno dopo laltro.
Sapr fare questo Giasone? E sapr farlo dallalba alla sera, come Eeta? Leroe
valuta la difficolt dellimpresa, ma non pu rifiutarsi di accettare; la prova fissata
per la mattina dopo. Tristissimo, perch persuaso che limpresa fallir, Giasone torna
fra i suoi, seguito dagli sguardi ardenti di Medea che gi in cuor suo piange, come
morto, quel coraggioso e bellissimo eroe. E il suo dolore aumentato dagli ordini che
suo padre impartisce al popolo dei Colchi: si raccolgano legni e rami secchi in grande
quantit; domani appena morto Giasone, si dovr dar fuoco alla nave e a tutti gli
Argonauti.
Medea passa tutta la notte piangendo, combattuta dallincertezza fra lessere
leale col padre e il portare aiuto a quellospite bello e intrepido. Dalla dea della notte,
Ecate, ha imparato a preparare farmaci per arrestare il corso dei fiumi, per attutire
lardore del fuoco, per fermare il corso della luna e delle stelle e sa come aiutare
Giasone. Quando lalba si avvicina, supera ogni incertezza. Indossa il suo peplo 287
pi bello, raccoglie in un unico nodo i biondi capelli, li copre con un velo scuro e
sceglie fra i suoi farmaci quello chiamato Prometeo, preparato da lei stessa. In una
notte senza luna aveva colto un fiore sbocciato su doppio stelo e nato da alcune gocce
del sangue di Prometeo sparse dallaquila sui monti del Caucaso. Unito il fiore al
succo estratto dalla sua radice, rossa come carne appena tagliata, aveva ottenuto un
unguento che poi aveva purificato bagnandolo per sette volte in acqua corrente
mentre invocava la regina deglInferi. Chiunque si fosse spalmato con questo
unguento, dopo aver fatto sacrifici a Persfone, non poteva essere n ferito n offeso
dal fuoco ardente.
Mentre prende quel farmaco, corre da Giasone, glielo consegna informandolo
sulluso che deve farne e aggiunge molti consigli sul come deve comportarsi durante
la prova che Eeta gli ha imposto. Giasone ringrazia Medea per s e principalmente
per tutte le madri e per tutte le spose che, grazie a lei, potranno rivedere i loro cari
ritornati salvi e vittoriosi dalla grande impresa.
Medea ascolta il ringraziamento silenziosa e triste. Forse Giasone non ha
espresso sufficientemente la sua riconoscenza? Leroe aggiunge che far conoscere il
nome di Medea in tutta la sua patria perch sia sempre venerato. Medea ancora
silenziosa, e dagli occhi pieni di tristezza cominciano a scendere delle lacrime.
Giasone ne commosso, ripete che non la dimenticher mai e infine, ignorando
quanto sia difficile e pericoloso vivere vicino ad una maga, le chiede di seguirlo nel
286
viaggio di ritorno e di vivere sempre con lui. Medea non vuole altro e col cuore pieno
di gioia ritorna alla reggia.
Allora stabilita Giasone va da Eeta e ne riceve la strana semente:288 alcuni
denti di drago. Allalba dovr cominciare la prova. Durante la notte leroe compie i
sacrifici per propiziarsi gli di e lalba lo trova pronto, il corpo gi spalmato col
farmaco di Medea. Quando giunge nel campo sacro ad Ares, Eeta l ad aspettarlo,
circondato da una gran folla. Giasone avanza verso laratro, ma non vede i tori. Ed
ecco, lanciando lingue di fuoco, improvvisamente gli animali escono dalle loro stalle
sotterranee avvolte dal fumo. Senza perdersi danimo Giasone, insensibile alle
fiamme che lo avvolgono, afferra per le corna i terribili torni e li aggioga. Facendo
poi pungolo 289 con lasta, li costringe ad arare quella terra e, man mano che i solchi
sono tracciati, vi getta i denti di drago. Al tramonto, quando laratura finita e i tori,
liberati dal giogo, sono tornati nelle fumose stalle, Giasone, mentre aspetta la seconda
parte dellimpresa, ripensa ai consigli di Medea. Col sorgere della luna, sul campo
arato comincia un fermento come quando lacqua sta per staccare il bollore; 290 si
delineano forme sempre pi grandi dallaspetto umano sulle quali qualcosa luccica:
elmi, aste, scudi. Giasone, fra il silenzio pi cupo e la trepidazione generale, aspetta
che anche i piedi di quei giganti siano usciti dal terreno per scagliare un sasso che gi
tiene in mano, secondo quanto gli ha detto Medea.
Ecco: i piedi, immensi, posano sulla terra; il sasso lanciato. I guerrieri, quasi
fosse un raro tesoro, vi si gettano sopra e, per impossessarsene, si colpiscono a
vicenda con furia cieca e selvaggia. Giasone, profittando della confusione, si lancia
in mezzo a loro e con la grande asta li uccide tutti. Quando anche lultimo abbattuto
e giace con gli altri, simili ad immense balene, lesultanza degli Argonauti non ha
freno nellacclamare Giasone. Ma non esulta Eeta; furibonda torna alla reggia
pensando a che cosa pu fare per non consegnare il vello doro. Medea,
indovinandone i pensieri, trema per Giasone. Di nascosto lo raggiunge presso la nave,
dove con i compagni sta festeggiando la vittoria, lo informa dellira di Eeta, insiste
perch si impossessi del vello e parta subito dopo. I festeggiamenti sono interrotti per
iniziare i preparativi della partenza, mentre Giasone, guidato da Medea, sinoltra nel
bosco. A un alto faggio appeso, splendente, il vello; ma allavvicinarsi dei due il
drago che lo custodisce comincia a sibilare minacciosamente agitando il corpo
squamoso. Un dolcissimo canto intonato da Medea lo calma immediatamente; la
maga, che non ignora nessun incantesimo, sa come vincere il drago. Sempre cantando
quella sua melodia, e mentre gli si avvicina, tronca un rametto di ginepro,291 lo bagna
con un filtro che ha portato con s e, appena si trova alla distanza opportuna, spruzza
gli occhi del drago: il drago, che non si addormentava mai, si addormenta subito.
Giasone corre al faccio, ne stacca rapidamente il vello e, sempre di corsa, torna dai
compagni. Questi vorrebbero toccare o almeno vedere il vello tanto desiderato che le
288
prime luci dellalba accendono di barbagli292 rossi. Ma Medea tronca ogni indugio e,
temendo che Eeta abbia gi scoperto la sua fuga, li incita a partire al pi presto, prima
che il re blocchi luscita del fiume. Tutti approvano le parole della bella maga; subito
sono ai remi e la navigazione del ritorno incomincia.
Eeta, intanto, nella reggia ha scoperto la fuga della figlia e ne ha capito, tardi,
tutti gli inganni. Col suo cocchio dorato, dono del sole, veloce come il soffio del
vento, corre alla baia 293 del fiume dove erano scesi gli Argonauti, ma la trova deserta.
Ritorna allora in citt e, invocando la vendetta di Zeus su chi non lubbidir, ordina ai
Colchi di inseguire immediatamente gli Argonauti e la figlia traditrice. I Colchi,
numerosissimi, guidati dal figlio di Eeta, Absirto, in breve raggiungono e circondano
la nave degli Argonauti. Ogni speranza di salvezza sembra perduta per Giasone e per
i suoi. Ma ancora una volta Medea pronta ad aiutarli.
I Colchi sono molto pi numerosi di noi, dice, ma io so che non sanno
combattere se non hanno un capo che li guidi. Mandate doni a mio fratello Absirto e
fategli sapere che io voglio parlare con lui, che mi aspetti nellisola di Diana. Quando
arriver Absirto, io, con un pretesto far allontanare chiunque lo accompagni, e allora
tu, Giasone, che ti sarai nascosto in quellisola, uscirai dal tuo nascondiglio e lo
ucciderai. Senza di lui la vittoria sui Colchi sar facile.
La voce di Medea suona disumana nel formulare questo piano orrendo; tuttavia
Giasone accetta di uccidere a tradimento un uomo indifeso. Non sospetta che
ritrover lo stesso calcolo 294 freddo e orribile quando, finita lavventura per la
conquista del vello doro, la maga decider di colpire lui, senza arretrare di fronte ai
pi orribili delitti. Ma ora Giasone si accinge 295 a compiere un tradimento con animo
leggero: appena vede Absirto solo, dinanzi al tempio di Diana, lo colpisce
allimprovviso, proprio come avrebbe colpito un toro. Subito Medea accende una
face296 e la agita: segno, per gli Argonauti, che il capo dei Colchi morto e che la
battaglia pu essere affrontata senza pericolo.
DallOlimpo i massimi degli di seguono la lotta con sentimenti contrastanti:
Zeus, inorridito dalla mostruosa freddezza della maga Medea e della slealt di
Giasone, giura di porre infiniti ostacoli al loro ritorno in patria; Era pensa invece di
facilitare lesito dello scontro a favore del suo protetto Giasone, e suscita subito una
tempesta. Niente di meglio per confondere completamente i Colchi i quali, sconfitti,
fuggono disordinatamente. Una voce, allora, serpeggia 297 per la nave Argo. Chi
parla? E di dove? La trave del sacro bosco di Dodona che Atena, invisibile a tutti,
aveva messo nella prua della nave, ammonisce chiaramente: Giasone, macchiato di
omicidio e di tradimento, ha suscitato lira di Zeus. Per placarlo necessario navigare
sino allItalia, visitare la maga Circe e da lei essere purificato.
Le spiagge italiche sono dunque la prossima meta degli Argonauti. La nave
naviga per giorni e giorni e, dopo un lungo viaggio, si ferma in unaccogliente
292
insenatura. Circe l: sembra che li aspetti; appena vede Medea riconosce in lei una
maga dalla luminosit degli occhi i quali rivelano il delitto compiuto e chiedono,
senza bisogno di parole, un sacrificio espiatorio a Zeus.
Ma il delitto di Medea e Giasone troppo orribile; Zeus non si sente placato
dalla purificazione effettuata da Circe e pensa di realizzare la sua vendetta presso
lisola delle Sirene. Quando, per, la nave passa vicino a quellisola, Zeus non pu
far niente perch Orfeo sta suonando, e la dolcezza di quella musica vince il canto
delle de, ammaliatore e funesto 298 per chi si ferma ad ascoltarlo. Presso Scilla e
Cariddi sembra che gli Argonauti non possano evitare lira di Zeus. Per il fumo
densissimo che si sprigiona dalle funeste rocce la nave non vede la rotta e sta per
sfracellarsi, quando, pregata da Era, accorre Tetide con le sue Nereidi. Circondano la
nave, lafferrano e, simili a fanciulle che giochino abilmente con la palla,
laccompagnano negli abissi del mare, la sorreggono sulle creste dei flutti, tenendola
sempre lontana dagli scogli.
Passato anche questo pericolo, la nave corre e si avvicina alla patria; ma Zeus
non vuol ancora concedere il ritorno e suscita una tempesta che sembra non debba
finir mai e che respinge la nave al largo. Quando la furia del cielo e del mare si calma
la nave si trova arenata in una baia, impedita nei movimenti dalle acque bassissime.
Oltre la costa, nellinterno non vi che sabbia, sabbia allinfinito, e nessuna traccia di
vita; non una capanna, non un albero, non un ciuffo derba. Gli Argonauti scendono
dalla nave, errano 299 per la spiaggia in cerca di un segno di vita che dia loro una
speranza di salvezza, ma non vedono che deserto, a perdita docchio. Davanti a loro
si stendono le Sirti, immensa terra arida e inospitale, dove vivono, invisibili agli
occhi mortali, le dee figlie di Libia: da esse verr laiuto a Giasone. Si riuniscono e,
divenute per un attimo visibili, si presentano alleroe pronunciando parole di
significato oscuro, e subito dopo si dileguano 300 nellaria.
A chi vi ha dato hanno detto date ci che ha dato a voi. Giasone non
capisce, e inutilmente sta chiedendo consiglio ai compagni, quando dal mare emerge
un cavallo enorme, prende terra 301 e, correndo verso linterno pi veloce del vento,
scompare rapidamente alla loro vista. Con questo prodigio le parole delle dee sono
chiare a tutti: il cavallo, sacro a Poseidone, simbolo del mare, ed il mare che gli
Argonauti troveranno al termine di quel deserto; sin qui li ha portati la nave, saranno
essi, ora, che dovranno portare la nave verso il luogo in cui scomparso il cavallo.
Scendono in acqua, tirano a riva la nave, se la caricano sulle spalle e iniziano il
viaggio attraverso il deserto.
Ogni giorno par loro di aver raggiungo lultimo limite della sopportazione per
la fatica di quel gran peso e per la sete che li divora. Un giorno dopo laltro ne
passano dodici; al tredicesimo, finalmente, scorgono il luccichio di un lago. Certi che
lacqua sia vicina, cominciano a cercare una fonte per dissetarsi e simbattono nelle
298
Esperidi, furibonde perch da poco hanno subito il furto dei pomi302 e visto uccidere
il serpente che li custodiva. Appena le Esperidi si accorgono di essere osservate da
esseri mortali, subito scompaiono: diventano terra e polvere; una loro astuzia per
evitare di essere interrogate e di rispondere. Orfeo conosce linganno e sa che per
vincerlo bisogna promettere di far loro libagioni e sacrifici appena tornati in patria.
Persuase dalla promessa, e forse pi dalla voce dolcissima del cantore che chiede da
bere, le Esperidi riappaiono con laspetto di grandi alberi verdi. Col sussurrio delle
fronte raccontano che proprio il giorno precedente arrivato Eracle ed ha rubato i
pomi. Anchegli, come gli Argonauti, tormentato dalla sete, aveva intuito che un
grosso macigno, che nessuno era mai riuscito a smuovere, nascondeva una polla 303
dacqua. Con la sua forza non gli era stato difficile muoverlo e metterlo l dove ora
sembra faccia da custode allacqua zampillante in mezzo al deserto.
Ringraziando in cuor loro il compagno che, anche se lontano, li ha salvati dal
morire di sete, gli Argonauti corrono alla sorgente indicata dalle Esperidi-alberi, e l
placano larsione. Riprendono il cammino verso il lago scorto poco prima, vi varano
la nave e, dopo aver trovato facilmente lo sbocco al mare, si dirigono verso la patria.
Quando vedono delinearsi lisola di Creta, si dirigono esultanti verso questa terra
tanto vicina alla patria per rifornirsi ancora di acqua da bere. Ma improvvisamente
sono investiti da una ininterrotta pioggia di schegge di pietra che li costringerebbe a
cambiar subito rotta, se Medea, che sa tutto e che per tutto ha un rimedio, non li
dissuadesse. Spiega che un gigante di bronzo, Talo, custodisce lisola e la difende da
chiunque si avvicini con quella pioggia di pietre.
Talo immenso, seguita Medea, ed ha il corpo invulnerabile; io so, per,
che se un piede di bronzo e insensibile ad ogni offesa, come il resto del corpo,
laltro piede nasconde la debolezza del gigante. Una vena lunghissima, ma unica,
attraversa il corpo di Talo, gli d vita e finisce sotto un calcagno, riparata da una
sottile membrana. 304 Grandezza, forza e invulnerabilit non servirebbero a salvare
Talo se quella membrana si rompesse. Voi pensate a tenere la nave lontana dal rito
delle pietre, conclude la maga, al gigante penser io; e stringendosi nel suo manto
purpureo,305 se ne avvolge la testa e si copre anche il viso lasciando solo uno spiraglio
dal quale gli occhi possono dirigere il loro sguardo ammaliatore su Talo. Il gigante,
subito affascinato, non solo non pensa pi a lanciar sassi, ma addirittura scende dalla
collina per andare incontro alla maga che sta avvicinandosi e protende306 la testa,
come per dirgli qualche cosa. Medea ha proteso, s, la testa, ma non per parlargli;
quando Talo le vicino gli soffia in viso tutto lodio di cui una maga pu essere
capace.
Talo, pur essendo di bronzo, non pu resistere al potere di quel soffio: traballa
e cade pesantemente sulle rocce. Non solo si un po ammaccato, ma nel cadere gli
302
si rotta la membrana che chiudeva la sua unica vena; da un calcagno scorre del
piombo fuso: il sangue del gigante che irrimediabilmente ne porta via la vita.
Gli Argonauti riprendono il viaggio; superate le ultime tappe senza ostacoli,
arrivano finalmente a Iolco. Qui Giasone potr sciogliere la promessa fatta al vecchio
Pelia che desiderava purificarsi delle tante ingiustizie di cui si era macchiato.
Giasone appena sbarcata, che il popolo lo informa di una nuova malvagit di
Pelia; quel tiranno, dato per morto Giasone, aveva fatto uccidere anche il resto della
sua famiglia: padre, madre e fratello, e ora seguita a opprimere il popolo.
Giasone sembra rimanere indifferente a questa notizia; va da Pelia, gli
consegna il vello doro come se fosse cosa dovuta, non chiede in cambio il trono,
secondo quanto era stato fissato, non domanda n dei genitori n del fratello. Ma
appena solo con Medea chiede che lei, col suo potere di magia, punisca Pelia e i suoi
meglio di quello che non saprebbe far lui. Medea, infatti, sa gi quale vendetta ci
vuole. Pelia ormai vecchissimo, e le figlie, che se ne addolorano, danno volentieri
ascolto alle parole di Medea, quando, dopo aver parlato a lungo del suo potere
straordinario, dice di esser capace anche di uccidere e poi far rivivere, ringiovanito,
ogni essere vivente. Ogni dubbio dissipato307 da un esperimento della maga con un
vecchio montone. Lo uccide, lo squarta e lo fa bollire in un grande paiolo 308 pieno
dacqua. Quando cotto ben bene, pronuncia alcune misteriose parole e subito dal
paiolo salta fuori un bellagnellino bianco e belante. Non ci vuol altro per convincere
le figlie di Pelia a fare a pezzi anche il vecchio padre e a buttarlo in una pentola
dacqua bollente; ma, dopo la cottura, la maga si rifiuta di ripetere le parole magiche,
e Pelia rimane l, morto, lessato e tagliato a pezzi.
Per evitare lira e la vendetta delle figlie di Pelia, Giasone e Medea devono
fuggire da Iolco. Trovano ospitale accoglienza a Cortinto dove vivono per dieci anni,
rallegrati dalla nascita di due figlioletti. Ma dieci anni passano presto, e nuove nubi309
si addensano su di loro. Creonte, re di Corinto, promette a Giasone il trono a
condizione che ripudi310 Medea e sposi Glauce, sua figlia. Il trono, il dominio sulla
bella e grande citt di Corinto attirano tanto lambizioso Giasone, che egli,
dimenticando quanto Medea aveva fatto per lui, non si sente imbarazzato a chiederle
di accettare il ripudio. Lo consideri lultimo dei tanti aiuti che gli ha dato: egli sar re
di Corinto e, in seguito, anche i loro figli regneranno. Medea, sola, lontana dalla
patria e dalla casa che ha tradito, non vuol perdere Giasone, ma soprattutto non vuol
separarsi dai figli. Prega, supplica, inveisce con atroci minacce, sinch Giasone non
promette di chiedere a Creonte che i figli possano accompagnarla nellesilio.
Che ambigua311 luce brilla ora negli occhi della maga? Dalle parole di Giasone
ha capito che egli ha accettato di essere signore di Corinto non per assicurare un trono
ai figli, ma solo per la sua ambizione. Apparentemente pacata e tranquilla, Medea
ringrazia Giasone e in segno di pace gli consegna due doni per Glauce: sono un peplo
307
La guerra di Troia
Ifigenia parte per Aulide, ma lorgoglio che suscita in lei lamore del pi
famoso degli eroi si cambia in infinito smarrimento quando, mentre la vestono e
linghirlandano per la cerimonia, unancella le mormora linganno di cui vittima.
Vicino allaltare, dove tutto pronto per un sacrificio: lacqua lustrale, 324 i
grani dorzo da gettare nel fuoco, le vitelle da offrire alla dea, Agamennone, vedendo
arrivare la figlia, riesce a mormorare: E il sacrificio che precede le nozze, ma
Ifigenia gli si getta ai piedi: e vorrebbe avere non lacrime, ma il potere suasivo 325 di
Orfeo, che col suo canto smuoveva le pietre, mentre supplica di non essere tolta alla
dolce luce, di non essere costretta a vedere le eterne tenebre del mondo sotterraneo.
Perch le hanno promesso una vita lieta e serena vicino ad uno sposo famoso? forse
lei la colpevole del ratto 326 di Elena?
Achille, offeso che il suo nome si stato pretesto dinganno, vuol correre a
salvare Ifigenia, ma circondato e trattenuto. Agamennone, intanto, dando sfogo al
suo dolore, sta vicino alla figlia prediletta. A costo di essere spergiuro,327 egli le dice,
non vorrebbe il suo sacrificio che richiesto dalla Grecia, dalla bella e libera patria
tanto amata e offesa dalla prepotenza dei barbari, quasi fosse terra di schiavi.
Ora Achille riuscito a liberarsi da tutti ed corso a proteggere Ifigenia; ma
trova che ormai la fanciulla rassegnata a sacrificarsi per la grandezza della Grecia,
per la distruzione dei barbari, per evitare al padre la vergogna di un giuramento
mancato. Seguita da Achille, pronto a sottrarla al sacrificio anche allultimo
momento, se essa lo desideri, Ifigenia si avvia al tempio di Artemide e, traversando i
prati fioriti dalla primavera, mostra al popolo radunato un volto incredibilmente
sereno. Calcante le pone in testa una ghirlanda di fiori, prepara larma micidiale, e,
mentre innalza preghiere alla divinit, cerca sul collo delicato il punto dove colpire.
Tutti odono il colpo e un grido, il grido del sacerdote, pieno di meraviglia. Dove
Ifigenia? Ai piedi dellaltare giace una bellissima cerva con la gola squarciata.
Nessuno vede nel cielo luminoso Artemide che trasporta Ifigenia nella terra dei Tauri,
nel suo tempio dalle colonne doro; ma il prodigio ha rivelato che Ifigenia stata
sottratta al sacrificio e vive ancora, nella Taurine, nel tempio di Artemide, protetta
dalla dea.
Da terra, intanto, si leva un vento favorevole alla navigazione e la flotta pu
finalmente iniziare il viaggio per lOriente.
Lo sbarco facile nella grande pianura dominata dalla collina su cui si alza,
superba, la grande, bella e ben fortificata citt di Troia. I Greci si accampano vicini al
mare, i Troiani ne osservano i movimenti, protetti dalle loro solide mura di
costruzione divina.
Lassedio comincia; ogni tanto uno scontro, un duello, una sortita, 328 un
attacco: un po si avanza, un po si arretra; la vittoria, la sconfitta non sono mai di
qua, non sono mai di l. Gli anni passano: ne sono gi passati nove, e quasi niente
323
cambiato dal giorno dello sbarco, quando, improvvisamente, la sorte sembra volgere
a favore dei Troiani. Nel campo greco scoppiata una pestilenza che da nove giorni
falcia 329 senza distinzione uomini e animali. Lindovino Calcante, interrogato, rivela
la causa di quella strage improvvisa: le bestie, gli uomini, sono bersaglio delle
mortifere frecce di Febo, il dio dallarco dargento sceso invisibile dallOlimpo per
vendicare loffesa fatta al suo sacerdote Crise.
Alcuni giorni prima infatti, un vecchio sacerdote, Crise, era venuto al campo e,
umilmente, aveva offerto ad Agamennone magnifici doni supplicandolo di accettare
il prezzo del riscatto di Criseide, la figlia fatta schiava. Contro il parere di tutti i capi,
commossi dalle umili e appassionate preghiere di Crise, Agamennone non solo aveva
risposto con un altezzoso330 rifiuto, ma aveva anche minacciato di percosse di morte
il povero vecchio, se non se ne fosse andato subito. Ed ora Febo vendica loffesa.
Dopo il responso di Calcante, Agamennone, sebbene livido dira, non pu
rifiutarsi di restituire Criseide, ma vuole in cambio unaltra schiava, anzi proprio la
schiava di Achille il quale ha sempre insistito, e pi veementemente 331 degli altri,
perch Criseide fosse restituita. La pretesa di Agamennone unoffesa per Achille.
Egli, nonostante la profezia che la sua vita destinata ad essere breve si sarebbe
conclusa a Troia, aveva sentito come un dovere partecipare alla spedizione
organizzata dagli Atridi332 che volevano vendicare un torto fatto alla loro famiglia, un
dovere consegnare ai capi tutto il bottino di guerra perch scegliessero le cose
migliori, un dovere essere contento di quello che senza parzialit la sorte assegnava a
lui, che pur sapeva di essere il pi forte di tutti. Ma che dovere ha di subire un tal
sopruso? Egli non tollera che Agamennone, dovendo rinunziare ad una schiava per il
bene comune, voglia non solo esserne compensato, ma riprendere proprio a lui quello
che egli si conquistato e che gli stato riconfermato dalla sorte.
Accecato dallira deciso a por fine, una volta per tutte, alla prepotenza di
Agamennone, sguaina la spada: ma la mano che sta per colpire non pu muoversi.
Atena, scesa rapidamente dallOlimpo, tiene fermo il braccio delleroe e gli ordina di
placare lira omicida. Achille deve ubbidire, ma come pu calmare tutta
lindignazione che lo rode? Scaglia per terra lo scettro doro e rivolge ad
Agamennone epiteti infamanti:333 ubriaco, spudorato, uomo dal cuore vile come
quello di un cerbiatto. Aggiunge che mai pi combatter per lui e per i Greci, vili
anchessi, che senza ribellarsi tollerano ogni sopruso del loro vilissimo capo. Mai pi
combatter, ripete, neanche quando Ettore il grande eroe troiano avr intriso il campo
di sangue greco.
Il saggio e vecchio Nestore334 cerca di metter pace fra Agamennone ed Achille,
ma non ottiene che di far fermamente ribadire ad ognuno le proprie decisioni. Ed
infatti non ancora tramontato il sole che Agamennone consegna la dolce Criseide ad
329
alcuni araldi perch la riconducano al padre, e ad altri araldi affida lingrato compito
di andare nella tenda di Achille a prendere la gentile Briseide. Sembra che Achille
tolleri con indifferenza la prepotenza di Agamennone; ma non appena Briseide
scompare dalla sua vista scoppia in pianto e corre in riva al mare, in fondo al quale sa
che la madre Tetide ascolter il suo lamento: Sono le offese continue del superbo
Atride le grandi ricompense che Zeus mi ha promesso per consolarmi della breve vita
cui sono destinato?.
Come nebbia, dalle onde grigie sorge Teti, lieta, in fondo al cuore, perch spera
che il figlio, per loffesa di Agamennone, abbandoni armi e accampamento e, vivendo
una vita senza gloria, si sottragga alla volont del Fato. Il figlio, per, le fa una
richiesta che le toglie questa speranza: si rechi da Zeus e lo preghi per di favorire le
sorti dei Troiani tanto che i Greci siano respinti in rotta 335 sino alle navi. Teti non si
illude pi che Achille scelga la vita tranquilla; la guerra e le sue sorti sono ancora per
lui gli interessi pi vivi, anche se per ora al generoso e valorosissimo difensore dei
Greci non rimane che il triste gusto della vendetta. Teti va da Zeus, e Zeus accoglie la
preghiera con un cenno del capo che fa tremare il vasto Olimpo, segno di una volont
irremovibile e presagio di avvenimenti tragici.
Nella pianura, intanto, si svolge uno spettacolo incredibile: Paride, il vile
Paride, che per quasi dieci anni non aveva mai osato esporsi in battaglia, si avanza
verso i Greci e, baldanzosamente, scuotendo due lunghi giavellotto, sfida a singolar
tenzone 336 chiunque si voglia cimentare337 con lui. Menelao, che da anni aspetta il
momento della vendetta, gli corre incontro, pronto al combattimento. Quel ridicolo
bellimbusto,338 cui era piaciuto mettersi la maschera del leone, a vedersi venire
incontro, infuriatissimo, Menelao, ricade nella sua vera natura e, pallido, tremante, si
ripara dietro i compagni salvandosi cos dallira del rivale.
Meglio che tu non fossi mai nato, meglio che tu fossi morto, prima di coprirti
di questultima vergogna, vile, vile, sciagurato, gli grida il fratello Ettore, e ancora
aggiunge altre offese cariche di disprezzo. Ferito dalla veemenza di quelle
espressioni, Paride cerca di riabilitarsi con una proposta non sciocca: le sorti della
guerra siano decise da un duello fra lui e Menelao. Al vincitore andr Elena, il vinto
si rassegner e la guerra avr finalmente la sua conclusione. Tutti, Troiani e Greci,
accettano applaudendo; si stabilisce solennemente una tregua e i due contendenti
scendono in campo.
Il duello, rapidissimo, si risolve a favore di Menelao il quale, alla fine, afferra
Paride per lelmo e lo trascina, boccheggiante, 339 verso i Greci. Il soggolo 340 di cuoio
stringe alla gola di Paride, gli toglie il respiro, senza dubbio lo soffocherebbe se
Afrodite, memore del suo protetto, non corresse ad aiutarlo. Invisibile a tutti, taglia il
soggolo e trasporta Paride al sicuro, mentre Menelao non sa spiegarsi perch si trovi
335
in mano nientaltro che un elmo ammaccato. Per sfogare il suo disappunto gli d un
gran calcio, mandando a finire in mezzo ai Greci.
Menelao il vincitore, ed Elena, secondo quanto stato stabilito, dovrebbe
essere restituita. Sarebbe la fine della guerra, ma Era e Atena, implacabili nemiche di
Troia, di cui vogliono ad ogni modo la distruzione, ricorrono ad un inganno: Atena
prende laspetto di un guerriero troiano e persuade il licio 341 Pandaro, alleato dei
Troiani, a rompere la tregua scagliando un dardo342 contro Menelao. Il combattimento
si riaccende improvviso e nel caos della lotta Era stessa e Atena, Apollo, Afrodite,
Ares incitano, aiutano, gridano, portano in salvo i protetti sinch, feriti essi stessi, un
po malconci, non risalgono sullOlimpo. NellOlimpo Zeus, ricordando loro che il
pi importante degli di lui, proibisce di partecipare di nuovo alla lotta se non
vogliono essere buttati gi nel remoto e tenebroso Tartaro dalle porte di ferro.
Nel frattempo, nella pianura, i Troiani incalzano i Greci terrorizzati i quali,
appena il buio porta tregua, si radunano e decidono di ricoprire di doni e di promesse
ladirato Achille purch torni ed opponga la sua alla forza invincibile di Ettore. Ma
gli ambasciatori, scelti fra i pi cari amici di Achille, tornano con un rifiuto; n
lofferta di magnifici oggetti doro, di cavalli velocissimi, di fanciulle bellissime, n
la promessa di Agamennone di restituire Briseide e di dargli in sposa, al ritorno, una
delle sue figlie, dotandola 343 di sette ricche citt poste in riva al mare, hanno scosso la
decisione di Achille.
Nel campo greco regna il disorientamento, ed il terrore aumenta col nuovo
giorno quando i Troiani tornano allassalto e costringono i Greci a ripararsi oltre il
muro che protegge le navi. I Troiani avanzano ancora, varcano il fossato, attaccano il
muro, gi stanno per farvi una breccia, quando Ettore scaglia un macigno immenso
contro una porta; i cardini si sgangherano, lassito 344 scricchiola, cede, c per laria
un gran volar di schegge. Il macigno ha sfondato la porta; Ettore si slancia attraverso
il varco seguito da Troiani che gridano, baldanzosi per la vittoria. Ai Greci, sempre
pi sgomenti, 345 lultimo rifugio offerto dalle navi tirate a secco sulla spiaggia. Ma i
Troiani arrivano anche l e la disperata resistenza dei Greci tenta di impedire che alle
navi si appicchi il fuoco distruttore. La lotta serrata, e i Greci perdono slancio; le
schiere non sono pi compatte come poco prima Ettore raggiunge una nave, le d
fuoco. I Troiani esultano, gridano, pregustano la vittoria ormai certa.
Ma perch fra i Troiani c ora questo sbandamento, questa fuga precipitosa?
Che cos avvenuto? Sulle navi greche, rosse per i riflessi dellincendio, hanno
brillato le temute armi di Achille. Achille tornato? Anche i pi coraggiosi sono
sconvolti, lassalto troiano si fa pi debole, i Greci riprendono il sopravvento,
spengono lincendio, respingono i nemici oltre le navi, oltre il muro, nella vasta
pianura dove lo scontro meno pauroso.
341
346
Precludere: impedire.
Moira: alle tre Moire, le Parche dei Romani, era affidato il filo di ogni vita umana: Cloto lo filava, Lachesi lo
aggomitolava, e Atropo lo tagliava quando il Fato aveva stabilito che una vita finisse.
348
Immoto: immobile.
349
Pompa: sfarzo, lusso.
347
promette il suo aiuto: in una sola notte forger armi magnifiche, le pi belle che si
possano immaginare.
Il lamento di Achille, intanto, non cessa: per la promessa fatta alla madre non
pu muoversi, non pu correre al campo per sottrarre ai nemici il corpo di Patroclo
intorno al quale non si mai cessato di combattere. Commossa dal suo dolore,
dallOlimpo scende Iride, 350 avvolge leroe in una nube doro da cui si sprigiona una
fiamma altissima; gli suggerisce di avvicinarsi ai combattenti e di spaventarli con un
urlo della sua forte voce. Il grido di Achille risuona nellaria, un boato immenso e
pauroso a cui ne segue un altro e poi un altro ancora, e leco se ne spande351 nella
pianura e rimbomba senza fine. Fra i Teucri un panico, un disordine, una fuga
precipitosa. Il corpo di Patroclo ora in possesso dei Greci e vicino a questo, per tutta
la notte, Achille rinnova il disperato lamento, le minacce di vendetta e di strage.
Durante la stessa notte, entro la sua fucina nellinterno del monte, Vulcano
lavora senza interruzione. Sovrapponendo vari strati di metallo, forma, per prima
cosa, un immenso scudo e sulla parte esterna segna cinque gironi concentrici. Con un
finissimo lavoro di cesello incide nella parte centrale la terra, il mare, il cielo col sole,
la luna, le stelle pi splendenti, e a tutto d colore con smalti policromi. 352 Lo stesso
lavoro fa nel girone vicino, dove scolpisce due scene di pace e due di guerra. In una
met, cio, si ammira il popolo occupato in lieti conviti, 353 in balli campestri, in un
corteo nuziale; nella sezione vicina un gruppo di persone assiste ad una sentenza
giudiziaria. Lespressione di ciascun volto riesce ad indicare i sentimenti o lufficio
delle figure: i litiganti, i giudici, gli araldi che tengono lordine, i curiosi. Nellaltra
met del girone scene di guerra sono ugualmente vive. Due eserciti assediano una
citt, ma sono dissidenti:354 chi ne vuole la distruzione e chi vuole risparmiarla pur di
avere in pagamento una forte somma. Gli assediati, intanto, preparano una sortita; ma
vengono sorpresi e sostengono con gli eserciti nemici una lotta di cui la fantasia di
Vulcano racconta ampiamente le fasi con scene varie e vivissime.
Il cesello del terzo girone, in oro levigato e brunito,355 narra episodi di lieta e
operosa vita campestre: chi ara e chi semina, chi miete e chi vendemmia, e l, in
fondo, le massaie preparano la cena per i lavoratori. Nel quarto girone si succedono
scene di vita pastorale. Una mandria di giovenche, in oro e stagno, esce correndo
dalla stalla e si dirige al pascolo, sorvegliata da quattro pastori e da nove mastini356
bianchi. Piombano su di loro due leoni, in parte sbranano, in parte disperdono la
mandria, mentre i pastori aizzano i cani, i quali, terrorizzati, non hanno il coraggio di
assalire le belve. Chi guarda immagina facilmente di udire nella realt i latrati
minacciosi di quelle fauci spalancate. Accanto, unaltra scena rappresenta una quieta
valle ravvivata da piccole case sparse qua e l, e tutta biancheggiante di greggi che
350
Iride: personificazione dellarcobaleno, ma anche messaggera degli di, specialmente di Zeus e di Era, della quale
ancella.
351
Se ne spande: si diffonde, si sparge.
352
Smalti policromi: tinture vetrose di molti colori.
353
Conviti: banchetti.
354
Dissidenti: discordi, di parere opposto.
355
Brunito: lucidato e scurito.
356
Mastini: coraggiosi e robusti cani da guardia.
pascolano tranquilli. Un po oltre una folla festante assiste divertita alle danze che
bellissime fanciulle e bellissimi giovinetti intrecciano sui prati.
Nella zona pi esterna del meraviglioso scudo rappresentato lOceano, il
grande fiume azzurro che circonda e limita tutte le terre. Efesto rifinisce la parte
esterna della magnifica opera con una grossa fune doro, e subito dopo comincia il
lavoro intorno alla corazza, allelmo e agli schinieri. 357 Tutto magnifico, pi
splendente del sole, e la cresta dellelmo, formata da fili doro, una cascata di luce.
Prima ancora che sorga lalba, orgoglioso della sua opera, Vulcano depone le
armi ai piedi di Tetide; essa velocemente le trasporta sulla terra e le consegna ad
Achille proprio nel momento in cui sorge lAurora, coperta da rosei veli.
Achille si arma, chiama a raccolta i soldati e, raggiante come il sole, balza sul
cocchio a cui sono aggiogati i cavalli immortali Balio e Xanto. Il divino Xanto, dalla
criniera lunga sino a terra, ha avuto in dono da Era voce umana, e risponde con tono
triste allamato Achille che sprona i due cavalli gridando di guidarlo alla vendetta e
quindi di riportarlo sano e salvo fra i suoi per preparare nuovi attacchi ai nemici:
Noi sfidiamo Zefiro, il pi veloce dei venti, e lo vinciamo. Questa volta ti trarremo
in salvo; ma lultima ora ti sovrasta, 358 non per colpa nostra, per volont di Zeus e del
Fato immutabile. Lo so risponde Achille ma prima toglier la voglia di
combattere a questi cani Troiani, e si slancia verso il campo di battaglia.
Nellimminenza dello scontro, Zeus ha dato ai Celesti il permesso di scendere
fra i combattenti portando aiuto; gli eserciti, perci, marciano luno contro laltro in
una atmosfera di paura: Atena lancia gridi terribili, Ares urla rabbiosamente, simile a
un minaccioso temporale, Poseidone fa tremare la terra e le montagne, mentre,
dallalto, Zeus lancia tuoni e fulmini.
Achille non si occupa daltro che di scovare laborrito 359 Ettore per spargerne il
sangue, e quando finalmente lo vede, impaziente di trucidarlo, sicuro delle sue armi,
della sua forza, del suo odio, gli si slancia contro con un grido: Avvicinati, sei
arrivato alla tua ultima ora. Ma Achille non ha tenuto conto degli di e dei loro
mezzi sleali. Apollo, infatti, subito accorso, ha circondato Ettore con una grande
nuvola, e Achille si trova a trafiggere ridicolmente fumo inconsistente. Umiliato e
irritato dalla beffa grida: Cane troiano, sei sfuggito al destino che ti aspetta aiutato
da quel tuo Apollo. Ma ti raggiunger, ti finir. Intanto, guarda il macello che
semino.
Pazzo dora lancia il cocchio fra i Troiani e trafigge, mutila, non ha piet
neanche dei pi giovani, insegue chi fugge, incita i cavalli su chi caduto. La terra
rossa di sangue, e di sangue grondano il cocchio, i cavalli, lui stesso. E ancora non si
arresta. Incalzati dalla tragica biga, e con la speranza di sfuggire alla furia di Achille,
i Troiani fuggono in disordine verso lo spumeggiante Scamandro, il bel fiume che gli
di chiamano Xanto.
Anche Achille arriva al fiume, si getta nella corrente rapida e, roteando la
spada, colpisce quelli che nella fretta sono caduti in acqua: non perdona a nessuno,
357
Schinieri: elementi delle armature antiche che proteggevano la parte anteriore della gamba.
Lultima ora ti sovrasta: la fine della tua vita imminente, vicina.
359
Aborrito: odiato, detestato.
358
urlando che non si placher sinch non avr ucciso Ettore. Le acque diventano rosse,
sempre pi rosse; sono ora come sangue vivo e, sempre pi ingombre di cadaveri,
scorrono a fatica nel letto largo e spazioso. Dai gorghi sorge, irato, il dio del fiume e:
Sei protetto dagli di, Achille, e col loro favore comp gesta orribili; ma va a
combattere in campo aperto, e rispetta la mia bella corrente limpida ora ingombra di
armi e di cadaveri.
Come se non lavesse udito, Achille si slancia dalla riva in mezzo al fiume
urlando che vuol raggiungere Ettore, e che ne vuole la vita. Ma che cosa avviene nel
fiume? Le acque si increspano, si gonfiano, salgono oltre le sponde, traboccano, e,
mugghiando paurosamente, dilagano per la pianura ingombra di cadaveri e di armi.
Achille, investito dalla furia delle acque ruggenti, 360 sta per essere sommerso dalla
corrente, si aggrappa ad un olmo l vicino; ma lolmo si sradica, precipita e gli
offre la via della salvezza. Nellabbattersi, infatti, lalbero ha poggiato la chioma
sullaltra sponda, creando cos un ponte naturale che aiuta Achille ad uscire dalle
acque. Veloce come unaquila, leroe si allontana dalle acque tempestose; ma il fiume
offeso non si d per vinto, e linsegue, e lincalza con acque sempre pi gonfie, pi
cupe e mugghianti. Achille raggiunto, sente lacqua che gli ruba la terra sotto i
piedi, ha le gambe rotte dalla fatica di camminare in quella immensa palude che
diventata la pianura di Troia; ma tuttavia, aiutato da Atena, riesce ad avanzare e sta
per sfuggire alla violenza dello Xanto. Lo Xanto lo capisce ed invoca in aiuto il suo
affluente, il Simoenta: Corri, grida aiutami, apri tutte le tue sorgenti, gonfia le tue
acque, raduna tronchi e sassi e scagliali contro il petto di questo che vuole uguagliarsi
agli di. La sua bellezza, la sua forza, quel suo grande scudo non lo salveranno
dallessere trascinato in uno sporco gorgo, di essere affogato nel fango. Lo avvolger
nella mia sabbia nera, gli ammasser sopra tanta ghiaia e tanto fango che gli Achei
non ne potranno riavere neanche un pezzettino. Arriva unondata paurosamente
scura, si gonfia, ribolle alle spalle di Achille, sta per travolgerlo, quando Efesto,
esortato da Era, scaglia le sue fiamme in mezzo alle acque che si arrestano, si ritirano,
ritornano rapidamente nel loro letto. Ma il fuoco continua lopera sua: brucia i morti,
le erbe, gli alberi lungo la riva, lacqua stessa si riscalda e i pesci guizzano disperati.
Il fiume prega, supplica il dio Egesto perch ritiri il fuoco, promette di non occuparsi
pi di Achille. Ma sembra che il dio non lo senta; lacqua ormai bolle come se fosse
in una pentola sul fuoco, il gran calore lha consumata quasi tutta, quando Era ordina
a Efesto di far cessare lincendio. Lo Xanto pu allora riprendere a scorrere mentre il
Pelide, 361 rianimato dallaiuto divino, seguita a seminar strage sempre in cerca del suo
odiato Ettore.
Ora, tuttavia, vedendo Agnore, uno dei pi forti guerrieri troiani, vuole avere
il vanto di ucciderlo: comincia a inseguire leroe che, straordinariamente rapido,
fugge di qua, di l, sembra che lo rallenti e lo si possa afferrare, sfugge di nuovo
improvvisamente ad Achille che pi volte lha creduto in sua balia, 362 sinch, arrivati
vicini alle mura, Agnore si ferma e, con voce beffarda, chiede ad Achille perch
360
insegua con tanto accanimento un nume immortale. Solo ora che Apollo gli ha
rivelato il suo inganno, Achille si accorge che, mentre lui correva dietro il falso
Agnore, tutti i Troiani si sono rifugiati dentro le mura. Non tutti, per; vicino alle
porte Scee gli sembra di scorgere il suo grande nemico, Ettore, e, ancor pi furente
per la recente beffa di Apollo, gli si slancia contro scuotendo la lunga asta.
Dallalto delle grandi mura troiane il vecchio Priamo lo vede avvicinarsi,
splendente come un astro, nelle magnifiche armi di Efesto, e grida ad Ettore di
entrare in citt, di ripararsi dentro le mura, di evitare la furia del Pelide. Il povero
vecchio Priamo grida pi volte la sua preghiera, si strappa i capelli e si d pugni in
testa; ma Ettore non lo ascolta. Rimasto volontariamente fuori dalle mura aspetta
immobile il nemico; vuol combattere con lui ed ucciderlo o ricevere da lui una morte
che gli porter maggiore gloria che non la fuga. Ma quando lo vede vicino, magnifico
e terribile, Ettore preso da improvviso sgomento e, dimentico del proposito di
aspettarlo a pie fermo,363 spicca una corsa pazza rasentando le massicce mura di
Troia. Dietro gli Achille: nellinseguimento senza perdono porta limpeto
sanguinario dellavvoltoio che insegue la colomba.
Greci, Troiani, gli di stessi, riuniti sullOlimpo, osservano trepidanti: gi per
tre volte Ettore ed Achille hanno fatto il giro delle mura; ma nessuno dei due accenna
ad accelerare o a rallentare il ritmo della corsa. Zeus, allora, prende le bilance doro e
pone sopra i due piatti il sonno eterno delluno e dellaltro e le solleva; verso lOrco,
dimora dei morti, si abbassa senza incertezze il piatto con la sorte di Ettore. Al Fato
cos deciso Apollo non pu pi opporsi. Atena, invece, pu correre in aiuto del suo
protetto e, invisibile a tutti, sussurra ad Achille di fermarsi e di rip osarsi in attesa
della vittoria. Prende poi laspetto di Defobo, il pi giovane fratello di Ettore, e con
parole affettuose, quali solo un fratello pu dire ad un fratello in pericolo, lo consiglia
di cimentarsi senza timore col Pelide perch lui, Defobo, correr in aiuto appena ve
ne sar bisogno.
Comincia il duello: breve e drammatico. Due lunghe lance sono bilanciate,
vengono lanciate con estrema violenza; tutte e due, per poco, mancano il bersaglio.
Non vista, Atena riporta ad Achille la lancia, Ettore si volge a Defobo per averne una
nuova; ma Defobo non c. Per Ettore ormai chiaro che il fratello non c mai
stato, e che linganno di un dio lha fatto preda della nera Moira. Ma non cadr senza
combattere ancora: sguaina la spada e si slancia verso Achille il quale sta gi
bilanciando lasta e mira a un tratto di collo lasciato scoperto dallarmatura, un punto
vulnerabilissimo. La lancia scagliata, colpisce, abbatte leroe troiano; Achille gli
subito sopra: Quando uccidesti Patroclo gli dice ti credesti invincibile; non
pensasti che io sarei stato il suo vendicatore, io che ti lascer qui, preda di cani e di
corvi. A quel cieco furore Ettore risponde supplicando con voce ormai domata che il
suo corpo sia restituito al vecchio padre. Non pregarmi riprende furioso Achille
che se potessi sminuzzerei364 io stesso il tuo corpo, lo divorerei crudo. Ma i cani ti
lacereranno, le belve, pezzo per pezzo, ti divoreranno.
363
364
di Ettore che gli di ne sono indignati; Zeus incarica Tetide di dire al figlio che ormai
deve rispettare il corpo di Ettore e restituirlo al padre.
Il mesto e vecchio Priamo, intanto, che Iride ha esortato ad andare
nellaccampamento degli Achei a chiedere la restituzione del figlio, prepara un ricco
riscatto: dodici splendidi pepli e altrettante clmidi, 372 tuniche e tappeti, dieci
talenti373 doro, due tripodi ben lavorati, quattro lebti374 e infine una magnifica coppa
avuta in dono dai Traci, opera preziosa di cui Priamo si priva volentieri pur di riavere
il corpo del figlio. Quando tutto pronto e Priamo si avvia verso il campo dei Greci,
solamente un auriga 375 lo accompagna: Ermes ha preso laspetto di un giovane greco
e gli fa da guida sino alla tenda di Achille nascondendolo alla vista di tutti. Se anche
Tetide non avesse riferito ad Achille il volere degli di, laspetto di Priamo, che gli
ricorda il vecchio e lontano Peleo,376 avrebbe da solo placato il cuore di Achille, e
nelle parole che si scambiano il vecchio supplice e lorgoglioso, vendicativo e pur
generoso Achille non c traccia di odio; da esse traspare solo dolore: per la perdita
del figlio e per il pensiero del padre che non vedr pi il figlio.
Achille ordina che il corpo di Ettore sia profumato di balsami e avvolto nella
pi bella delle tuniche che Priamo gli ha portato in dono per il riscatto; quando il
mesto ufficio finito, il grande eroe, nel congedare Priamo, gli promette
spontaneamente una tregua di dieci giorni per evitare che le armi greche turbino gli
onori funebri che Troia tributer al suo forte difensore.
Nel cuore della notte il carro di Priamo, col corpo di Ettore, riattraversa
laccampamento greco e alle prime luci dellalba arriva sotto le mura di Troia. Lo
vede, per prima, la figlia di Priamo, Cassandra, che dalla cima dellalta torre scruta la
pianura e d lannunzio alla citt: Troiani, Troiane, accorrete! Torna Ettore, quello
che una volta riempiva di gioia il cuore di tutti. Una fiumana di popolo esce dalle
porte, corre incontro al triste convoglio,377 lo circonda, innalza intorno ad esso gemiti
e lamenti, lo segue sino alla reggia dove il corpo di Ettore trasportato in attesa degli
onori funebri.
Allalba del decimo giorno, dopo che per nove giorni il popolo ha tagliato
alberi e ne ha trasportato i tronchi in citt, appiccato il fuoco a un enorme rogo che
brucia per tutto il giorno e poi per tutta la notte: allalba le braci sono spente col vino,
e in unurna doro sono raccolte le bianche ossa del grande difensore di Troia, Ettore.
La morte di Ettore, linutile aiuto portato ai Troiani prima dalle Amazzoni, poi dagli
Etiopi, e infine, la morte di Achille, colpito a tradimento da Paride nellunico punto
vulnerabile del corpo, sono gli ultimi episodi di una guerra che sembrava non dovesse
finire mai: gli ultimi, prima dellepisodio che segna la tragica caduta della citt.
Stanchi di aver combattuto invano per tanti anni, e sfiniti dallassedio che non
accenna a concludersi, i Greci ricorrono ad un inganno. Ispirati dalla loro protettrice
Atena, costruiscono un cavallo di legno alto quasi quanto un monte, e dentro il buio
372
Clmidi: corti mantelli di lana, che specialmente i militari indossavano sopra la tunica.
Talenti: antiche monete greche (in uso anche in Palestina).
374
Lebti: grandi vasi, di bronzo o di terracotta, usati nellantichit per sacrifici o come premi per gare ginniche.
375
Auriga: nellantichit classica, guidatore di un carro da guerra o di un cocchio.
376
Peleo: padre di Achille.
377
Convoglio: gruppo formato da un mezzo di trasporto (qui il carro di Priamo) e da alcune persone.
373
ventre nascondono armi e guerrieri. Fanno poi un spargere la voce che il cavallo sia
un dono propiziatorio agli di perch li proteggano e favoriscano il viaggi odi ritorno
al quale si accingono, rinunziando allimpresa. Per dare maggior credito alla voce
abbandonano realmente le spiagge di Troia, ma per andare poco lontano. Girano,
infatti, dietro unisoletta, Tenedo, che si trova proprio di fronte a Troia, vi approdano
e l attendono i segnali di uno di loro, Sinone, lasciato a terra per facilitare un
diabolico inganno. I Troiani, quando non vedono pi i Greci, quasi non credendo ai
loro occhi, aprono le porte, si riversano nella pianura per vedere da vicino gli
accampamenti deserti e la spiaggia sgombra di navi, pieni di curiosit cercano di
riconoscere le tende dei capi, fanno circolo intorno al cavallo. Chi dice che il dono
votivo dei Greci si deve considerare sacro e chi no, chi consiglia di portarlo dentro le
mura e chi di precipitarlo in mare o di darlo alle fiamme. Altissime grida
interrompono ogni discorso. Dalla rocca di Pergamo scende di corsa il sacerdote di
Apollo, Laocoonte, e correndo grida e grida: Ciechi, pazzi, non crediate ai Greci.
Non crediate che siano partiti. Non conoscete Ulisse? I loro doni sono inganni.
Questo strumento di morte. E, arrivato vicino al cavallo, lancia contro il fianco una
grande asta: dallinterno proviene un suono metallico I Troiani rimangono
perplessi, incerti; ma subito sono distratti dalle grida di alcuni pastori che trascinano
un giovane con le mani legate. un prigioniero greco, Sinone. Tutti corrono a
vederlo, a schernirlo, a insultarlo mentre quello, con voce rotta,378 con tono umile e
triste, si lamenta e piagnucola perch reietto 379 dai Greci, che pure il suo popolo, e a
ragione odiato dai Troiani, dai quali non aspetta che offese e morte. I Troiani sono
commossi e, senza ostilit, gli chiedono per quale ragione non sia partito con i suoi.
Sinone non aspettava questa domanda. Vantandosi di essere uomo sincero, con
mezze frasi e allusioni appropriate accenna a dissensi avuti con alcuni Greci e al
sordo380 disaccordo nato fra lui e alcuni dei capi. Questo latente disaccordo si era
manifestato in pieno, dopo un responso di Calcante. I Greci, infatti, dice SInone
continuando il racconto, gi erano ostacolati dal tempo ostinatamente sfavorevole.
Quando chiesero allindovino Calcante che cosa si dovesse promettere agli di perch
rendessero favorevoli gli elementi, la risposta fece tremare tutti:
Col sangue e con la morte duna vergine
placaste i venti per condurvi a Ilio:
col sangue e con la morte ora dun giovane
convien placarli per ridurvi in Grecia.
Calcante, chiaramente daccordo con quei suoi nemici, a cui egli ha prima
accennato, completa la profezia designando381 come vittima predestinata proprio lui,
Sinone. Quando fu pronto il sacrificio, dopo il quale i Greci sarebbero subito partiti,
egli, terrorizzato dalla morte orribile che laspettava, era fuggito e si era nascosto fra
378
le erbe di una palude dove, passata una notte di paura, era stato catturato dai pastori
troiani. E ora, termina Sinone rivolto al re, per quegli di eterni che di lass
vedono la mia sincerit, per quella pura e santa fiducia per la quale ti ho narrato tutto,
abbi piet di me.
I Troiani sono rattristati e commossi per le inesistenti disgrazie raccontate da
quel bugiardo; Priamo stesso ordina che Sinone sia liberato dalle catene e lo invita a
considerarsi ormai uno dei loro, perch ha trovato una nuova patria nella citt che
laccoglie. Gli chiede poi che cosa significhi quel cavallo lasciato l dai Greci.
Rinnovando giuramenti di verit e chiamando a testimone ogni cosa sacra, Sinone
intesse nuove menzogne alle quali era stato ben preparato.
Dallinizio della guerra i Greci ebbero grande fiducia in Atena, che sempre li
aiut e li protesse. Ma le cose cambiarono, quando, avendo saputo che un oracolo
aveva predetto impossibile la distruzione di Troia sinch il Palladio, una statuetta
eretta in onore di Atena, fosse stato dentro le mura della citt, due empi, 382 Ulisse e
Diomede, violarono il tempio troiano della dea e ne portarono via il simulacro.
Appena deposta nel campo greco, la statua cominci a sudare, a lanciare lampi e
fiamme dagli occhi, per tre volte imbracci lo scudo e brand383 lasta. Subito
Calcante grid che si doveva fuggire, che non avremmo preso Troia se non si fosse
placata la dea secondo i responsi che ci sarebbero stati dati ad Argo dove dovevamo
tornare subito. E questo cavallo conclude Sinone stato messo qui per consiglio di
Calcante, in ammenda384 delloffesa della dea, ed stato costruito cos grande per
impedire che sia portato dentro le mura per sostituire il Palladio protettore.
Gli di sanno che non possono pi opporsi al fato di Troia ormai prossimo a
compiersi, abbandonano la citt alla sua sorte e permettono che il racconto di Sinone
sia confermato da un incidente raccapricciante.
Laocoonte, dopo aver cercato di illuminare i Troiani sul vero scopo di quel
cavallo abbandonato dai Greci, era andato a compiere un sacrificio, senza dare
ascolto a quello che raccontava Sinone, quando, dalla vicina isoletta di Tenedo, si
vedono arrivare due serpenti marini, immensi e viscidi, resi ancor pi ripugnanti da
una cresta sanguigna che ne orna la testa, avanzano sferzando lacqua tranquilla che,
al loro passo, spumeggia e ribolle. Mentre si avvicinano, si sentono sempre pi forti i
sibili che escono da quelle orribili bocche, e pi distintamente si pu vedere la ferocia
di quegli occhi iniettati di sangue. Tutti i presenti, inorriditi, cercano scampo, chi qua
chi l; ma i serpenti, senza esitazione, si dirigono verso Laocoonte, avvinghiano e
stritolano i due figlioletti che lo aiutavano nel sacrificio. Assalgono poi Laocoonte, e
lo avvolgono nelle implacabili spire385 squamose. Quando i gridi disperati cessano, e i
tre corpi sono tre cose inanimate, i serpenti zufolando386 strisciano sino al tempio di
Atena e l, pigramente, si avvolgono su se stessi.
382
I Troiani non possono pensare che questo sia un nuovo aiuto della dea
protettrice dei Greci; senzombra di dubbio credono invece che con quella morte
atroce Atena abbia voluto punire Laocoonte delloffesa fatta al cavallo dedicato a lei.
Tutti cominciano a gridare che si porti il dono al tempio di Atena, che si abbattano le
mura per farlo passare. Tutti gridano, tutti corrono, tutti sono presi dal desiderio di
fare qualche cosa di gradito alla dea. Quando parte delle mura sono abbattute, il
cavallo, fatto avanzare su rulli, tirato con grosse funi verso la citt. Tutti i Troiani
gli sono dintorno a dare una mano; bambini e bambine, cantando in coro sacre lodi
alla dea, accompagnano il cavallo nella citt che sar la sua vittima, quando un grido
di paura, di orrore sovrasta i canti sacri, squarcia laria. Morte, morte! Non guidate
la vostra rovina. Ci sono uomini armati. Chi che grida? Una sola persona non
partecipa alla gioia generale: la pi bella figlia di Priamo, Cassandra.
Senza essere corrisposto, Apollo si era invaghito di lei e il dio, per vendicarsi
della umiliazione laveva condannata a predire con esattezza il futuro senza mai
essere creduta. Anche questa volta nessuno le d ascolto, e le feste per la fine della
guerra e per propiziarsi gli di seguitano splendide sino nel cuore della notte.
Quando nelle vie di Troia si spento lultimo canto di gioia e tutti si sono
abbandonati al loro primo sonno di pace, una luce brilla in mezzo al mare. Due occhi
in agguato, gli unici occhi aperti in quella notte, la vedono: Sinone striscia sino al
cavallo, ne apre il ventre e aiuta i Greci a calarsi lungo una fune. Nella citt
addormentata e senza sospetto facile aprire tutte le porte delle mura, organizzarsi
con le schiere che sopraggiungono dal mare, appiccare il fuoco, uccidere i primi che,
lambiti387 dalle fiamme, si svegliano e fuggono terrorizzati. Poi, nella citt tutto un
grido di orrore, un incessante cozzar di armi, ch i Troiani non vogliono ancora
arrendersi. La luce sinistra 388 dellincendio illumina i resti bruciacchiati delle case
diroccate, le strade in cui si accumulano corpi senza vita, la reggia devastata, il
tempio di Era, vicino al quale giacciono donne e bambini.
Quando la stella del mattino si leva dietro al selvoso monte Ida, dovunque
silenzio, solitudine, spavento; Troia un immenso rogo consunto e fumante; sulle
mura, sopra ogni porta, si innalzano le insegne greche.
387
388
dentro e legare sotto i banchi dei rematori che, subito, si allontanano veloci dalla terra
dei quieti, sognanti e ospitali Lotofagi, 400 dimentichi di ogni malinconia.
Mentre la notte si avvicina costeggiano unisoletta, che sembra fatta apposta
per offrire loro riposo e ospitalit, approdano e si riparano in una grotta circondata da
pioppi altissimi, presso una sorgente di acqua argentina. 401 Le uniche abitanti di
questisola selvosa sono le capre, e, appena sorge lalba, se ne vedono tante, sparse
qua e l a pascolare, che agli ospiti facile procurarsi un po di cibo. Mentre se le
mangiano ben arrostite, il loro interesse, e specialmente quello di Ulisse, attirato da
un filo di fumo che, quasi accompagnasse un belar di pecore e di capre, si alza da
unaltra isola, proprio di fronte alla loro. Forse durante la notte, in sogno, Ulisse ha
rivisto quei prati verdi ed ha riudito quel tenue belare ed ancor pi si incuriosito di
quel filo grigio di fumo se, la mattina, appena sveglio, dice ai compagni:
Aspettatemi; con gli uomini della mia nave vado a vedere che popolo quello l.
Il tratto di mare superato facilmente; Ulisse sbarca, lascia alcuni uomini a
guardia della nave, e, con gli altri compagni e qualche provvista, si dirige verso
limboccatura di una spelonca recinta di querci e di altissimi pini che domina la
marina. Appena dentro, gli occhi stupefatti dei Greci vedono un antro immenso e
innumerevoli ceste piene di grossi formaggi, vasi da pastori, secchie, catini con latte
rappreso.402 Chi sar il padrone di tutto questo? Eccolo che arriva, preceduto dal
gregge belante. Ma un uomo, quello, o la cima selvosa di un monte?, si chiedono
impauriti Ulisse e i compagni che si sono fatti piccini piccini, cercando di
nascondersi nel fondo della caverna, mentre quel gigante, appena entrato, solleva un
masso enorme e lo appoggia contro lapertura per chiuderne lingresso. Alla debole
luce che filtra, come un buon pastore, munge le capre e le agnelle, caglia 403 il
formaggio e, infine, accende un po di legna. Al primo guizzo del fuoco scorge gli
ospiti.
Chi siete? Mercanti o corsari?. Non le parole fanno tremare il cuore di tutti;
ma il cupo rimbombo della voce e la faccia del gigante, resa spaventosa e sinistra
dallo sguardo di un unico occhio piantato, per chi sa qual capriccio della capricciosa
natura, in mezzo alla fronte.
Ulisse si fa coraggio, e: Siamo guerrieri, di ritorno da Troia; vi abbiamo
combattuto con valore insieme al grande Agamennone di immensa fama. In nome di
Zeus ospitale, accoglici, e facci lieti di un tuo dono. O sei stupido risponde il
gigante o vieni da molto lontano. Non sai che noi Ciclopi siamo pi forti di tutti gli
di e che non temiamo nessuno? Perdoner a te e ai tuoi compagni se lo voglio, non
per timore di Zeus. E ora dimmi dove hai approdato.
Non c da fidarsi, pensa Ulisse, e ad arte 404 gli risponde che la nave si
sfasciata contro uno scoglio e che i rottami si sono dispersi. Per tutta risposta il
Ciclope allunga una mano, afferra, quasi fossero cucciolini, due compagni di Ulisse,
400
Lotofagi: mangiatori di loto; popolo favoloso, abitanti di una regione non identificata della Libia.
Argentina: dal colore chiaro e splendente e dal suono chiaro e limpido dellargento.
402
Rappreso: coagulato, condensato.
403
Caglia: fa rapprendere, coagulare.
404
Ad arte: con astuzia.
401
li sbatte per terra, se li mangia come polpette, ci beve sopra lunghi sorsi di latte, poi si
distende e si addormenta tranquillamente. I Greci lo guardano inorriditi; ma sanno
reprimere listinto di uccidere quel mostro perch ricordano quanto grande il masso
che chiude la spelonca. Non potrebbero smuoverlo e una morte altrettanto orrenda li
aspetterebbe.
Allalba, il Ciclope, senza dire una parola, ripete lo spaventoso pasto ed esce
col gregge fischiettando allegramente; appena uscito, richiude bene lapertura della
caverna.
Ulisse chiama a raccolta tutta la sua intelligenza, vuol fuggire e vendicarsi del
Ciclope, ma nessuno dei piani a cui pensa gli sembra buono, sinch non scorge in
fondo alla spelonca un tronco dalbero, diritto e affusolato; qualche volta, forse,
servito da bastone a quel mostro. Con questo accecher il gigante e poi Dopo aver
esposto ai compagni il suo progetto, si fa aiutare ad affilare ben bene una estremit di
quel tronco, lo nasconde sotto lo strame, 405 tira a sorte i compagni che dovranno
aiutarlo e aspetta la sera studiando i particolari di quanto ha pensato di fare.
Torna il Ciclope e si ripete il supplizio per due sventurati che ormai non
vedranno pi la cara patria; Ulisse sa dominare rabbia e dolore, e si avvicina al
Ciclope portando una tazza piena del vino che, con altre provviste, si portato dietro.
un vino prelibato, che conserva inalterato laroma anche se allungato con venti
parti di acqua, e Ulisse lo offre puro al gigante.
Hai mangiato carne, ora bevi, e senti che buona bevanda portava la nostra
nave.
Non sospettando il tranello, il gigante beve e subito ne vuole ancora: Unaltra
coppa, straniero, e dimmi il tuo nome, che ti voglio dare un lieto dono ospitale.
Mi chiamo Nessuno. E che dono mi dai?
Il dono dellospitalit? Manger per ultimo te, Nessuno. E, ubriaco, piomba
addormentato.
Senza perder tempo Ulisse tira fuori il tronco, lo mette sulle braci ardenti e,
quando vede che la punta arrossata sta per incendiarsi, con laiuto dei compagni lo
spinge rabbiosamente nellocchio del Ciclope che brucia, sfrigola, 406 fuma. Nella
caverna rimbomba un urlo, un urlo solo, ma cos tremendo, cos spaventoso che i
Greci si rifugiano in fondo alla caverna mentre il Ciclope estrae il palo dallocchio
sanguinante, e: Aiuto! Aiuto!, grida, chiamando gli altri Ciclopi che dormono nelle
caverne vicine. Fuori della caverna si forma un assembramento di gente che chiede:
Perch urli tanto, Polifemo? Ti hanno rubato i bei greggi? Qualcuno ti vuol
uccidere?.
Aiuto, amici, aiuto! Nessuno mi uccide, aiuto!
Se nessuno ti fa del male, Zeus che ti colpisce. Invoca tuo padre Poseidone,
non noi. E i Ciclopi tornano a dormire.
Ma non mi scapperete, pensa Polifemo, e la mattina, tolto il pietrone
dallapertura, con le braccia aperte e tese controlla chi esce. Escono le pecore, le
capre, i montoni, soli, a gruppi. Polifemo li accarezza tutti: il dolore tormentoso
405
406
Strame: paglia, fieno, usati come alimento e come giaciglio per il bestiame.
Sfrigola: scoppietta, crepita.
latto di colpirla. Vedrai che Circe cambier subito tono, si ammansir 417 e ti offrir
di sposarla. Ma tu accetta il suo matrimonio solo quando ti avr giurato di non far del
male a te e di restituire ai tuoi compagni laspetto primitivo.
Ulisse prosegue il cammino; quando arriva al palazzo della maga, fa quello che
gli ha detto Ermes, e tutto va secondo le indicazioni del dio. Dopo che la maga ha
spruzzato i porcellini di un suo unguento miracoloso e quelli hanno ripreso laspetto
di uomini, forse pi belli e pi giovani di prima, Ulisse torna alla spiaggia e convince
i compagni rimasti l a seguirlo nella reggia, a godere dellospitalit ormai innocua di
Circe.
Un giorno segue rapidamente laltro; ogni giorno rallegrato da una festa, e
pi di un anno passa cos, sinch, nel cuore di ognuno, il desiderio della patria ancora
lontana diviene tanto forte che Ulisse decide di partire dal palazzo ospitale. Circe non
si oppone, consiglia per a Ulisse di aggiungere al viaggio una digressione418 a cui
leroe, sebbene pronto a tutto, non avrebbe mai potuto pensare, una visita al mondo
dei morti. L avrebbe interrogato lo spirito di Tiresia, ben conosciuto indovino
tebano, e ne avrebbe avuto utilissime indicazioni per il prossimo viaggio. Un primo
moto di stupore presto superato, ed Ulisse ascolta con grande attenzione i consigli e
le indicazioni di Circe.
Il giorno dopo, imbarcati i compagni e le vittime che dovr sacrificare, Ulisse
scioglie le vele ai venti, tutto il giorno naviga, a notte oltrepassa il grande fiume
Oceano, e infine approda alla tetra419 terra dei Cimmeri, 420 sempre avvolti dalla
nebbia e dal buio, ignoti al luminoso sole. A malapena scorge il bosco di pioppi e di
salici sacro a Persefone e il biancheggiare delle acque scroscianti del Cocito e del
Piriflegetonte che si gettano nellAcheronte dallalto di una roccia. questo il punto
indicato da Circe per il sacrificio. Ulisse comincia a scavare per terra senza laiuto di
nessuno, secondo le indicazioni della maga, e quando, dopo un lungo lavoro, la buca
ha raggiunto le proporzioni volute, un cubito 421 di larghezza e uno di lunghezza,
Ulisse vi versa miele e vino e, dopo un po, ancora altro vino e acqua, e su tutto
sparge bianchissima farina. Dopo una preghiera alle ombre dei trapassati e a Tiresia,
e la promessa di sacrificar loro, appena in patria, la pi bella mucca dellarmento e i
pi nero ariete, sgozza la pecora nera e il montone che ha portati con s. Ed ecco,
intorno alla fossa, ombre pallide sorte dal buio, si affollano: fanciulle e spose,
giovinetti nel fiore degli ani, vecchi cadenti, guerrieri con la corazza ancora
insanguinata. Le ombre sono sempre pi numerose; ognuna grida e si lamenta perch
vorrebbe avvicinarsi alla fossa e bere il sangue della pecora e del montone. Ulisse sa
che non deve permetterlo sinch non arrivi Tiresia; con la spada sguainata tiene
lontane quelle ombre bench il cuore gli si freddi dal terrore e, ora, tremi anche di
amore e di dolore. Fra le ombre ha scorto la cara immagine della madre, Anticlea, che
aveva lasciata viva quandera partito per Troia. Anche Anticlea lo guarda, ma sembra
417
domina sui morti come vivo dominava sui vivi, dice che pur di godere della bella luce
si cambierebbe con un servo bifolco sempre in lotta per il pane quotidiano. Appartato,
e volontariamente muto, Aiace428 ha riconosciuto lospite eccezionale; ma non lo
degna di una parola, se ne allontana anzi con sdegno quando Ulisse gli esprime il
rammarico di essere stato la causa indiretta della sua morte. Aiace non ha dimenticato
lumiliazione che lo spinse a cercare la morte quando, invece che a lui, le armi del
grande Achille vennero consegnate ad Ulisse.
Ma tempo di ripartire. Pensoso per quanto ha visto e sentito, Ulisse torna
allisola di Circe per fare sepoltura ad un compagno, Elpnore, morto per uno sciocco
e ridicolo incidente, immediatamente prima della loro partenza. Quel giorno Elpnore
aveva bevuto pi del solito il buon vino offerto da Circe e, per smaltirne i fumi, 429
non aveva trovato niente di meglio che andare a dormire sul tetto. Svegliato di
soprassalto dai preparativi della partenza, era balzato su ancora mezzo addormentato,
senza ricordarsi di dove fosse: aveva fatto qualche passo ed era precipitato nel vuoto.
La maga, che aspettava il loro ritorno, offre un ultimo banchetto e d a Ulisse
altri consigli sul prossimo viaggio: poco dopo aver lasciato lisola di Eea la nave
sfiorer lisola delle Sirene.
Questi strani esseri, uccelli con volto di donna, cantane con un tale fascino che
chiunque lascolti ne segue il richiamo. Una volta sceso su quei prati fioriti, per,
nessuno speri di veder pi la patria e la famiglia, perch quelle perfide lo
uccideranno, e il suo corpo andr ad aumentare un gran mucchio di ossa umane che
sinnalza poco lontano. Circe capisce che lo spirito avventuroso di Ulisse non vuol
rinunziare a udire il canto meraviglioso, e gli suggerisce di chiudere con cera ben
compatta gli orecchi dei suoi compagni, i quali, resi, cos, sordi, possano seguitare ad
occuparsi della navigazione. Solo Ulisse rimarr con gli orecchi liberi e, per non
cedere al richiamo di quel canto, dovr farsi legare ben bene allalbero maestro e
ordinare ai compagni di rafforzare i nodi, se lo vedranno agitarsi per essere slegato.
Alla tentazione delle Sirene seguir il pericolo di Scilla. La nave dovr passare da
uno stretto limitato da due scogli; da una parte uno, liscio e scosceso, si alza sino al
cielo e nasconde la cima fra le nuvole; in basso ha una grotta da cui escono continui
mugolii. Sembra il guaiolare 430 di un innocente cucciolo, , invece, il verso di Scilla,
un mostro con sei spaventose teste. Quando passa di l qualche nave, sporge dalla
grotta i sei colli, che sono lunghissimi, e, aperte le sei brutte bocche a tre file di denti,
afferra con ognuna un disgraziato navigante. Di fronte a questo scoglio se ne alza un
altro dove vive Cariddi, un mostro che per tre volte al giorno inghiotte le onde del
mare e altrettante le rigetta creando un risucchio mortale. Circe raccomanda a Ulisse
di tenersi lontano da quella voragine che li inghiottirebbe tutti e, piuttosto, di
rasentare Scilla. Pagheranno il tributo di alcuni compagni, 431 vero, ma, se riescono a
427
Antiloco: figlio di Nestore, re di Pilo, in Messenia. Tent di salvare il padre durante la guerra di Troia, ma fu ucciso.
Aiace: Aiace Telamonio, re di Salamina. Durante la guerra di Troia fu il pi valoroso dei Greci dopo Achille.
Disput con Ulisse il possesso delle armi di Achille e quando queste furono consegnate a Ulisse, si uccise non
sopportando lumiliazione.
429
Per smaltirne i fumi: per far passare gli effetti della sbornia.
430
Guaiolare: guaire, abbaiare debole, sommesso.
431
Pagheranno il tributo di alcuni compagni: saranno costretti a sacrificare alcuni compagni.
428
remare velocemente, usciranno presto dal pericolo. Circe conclude i suoi consigli
ripetendo lesortazione gi fatta da Tiresia di non molestare i buoi del Sole che
pascolano nellisola di Trinacria per poter proseguire il viaggio sino in patria senza
altre disavventure.
Di nuovo Ulisse lascia lisola di Circe, ancora una volta la maga fa spirare un
vento favorevole che in breve li porta in vista della verde isola delle Sirene. Ulisse,
che dopo aver istruito i compagni ha ben tappate le loro orecchie con la cera ed
fortemente legato allalbero maestro, comincia a udire quel soave canto ammaliatore:
O Ulisse, ferma la nave ed ascolta per intero il nostro canto dolcissimo che riempie
di gioia il cuore ed illumina la mente di ogni scienza 432. La lusinga del canto fa
dimenticare ogni prudenza ad Ulisse, che pure stato messo sullavviso da Circe, e
con gli occhi fa imperiosi cenni ai suoi compagni di fermarsi presso lisola;
scioglierebbe da s i nodi se i compagni, fedeli alle istruzioni, non lo legassero ancora
pi stretto, mentre i rematori tagliano pi rapidamente il mare che biancheggia con
spumeggianti onde dargento.
Ora lisola lontana, il pericolo superato e scomparso, ma appena sono sciolti i
lacci che legano Ulisse e tolta la cera che ha provvidenzialmente reso sordi i
compagni, un nuovo ostacolo si annunzia con fragore di flutti e fumo densissimo. Ai
compagni sbigottiti Ulisse comanda rapidamente: Evitate il gorgo, tenetevi verso la
rupe pi alta. Per timore che, a rivelare tutti i pericoli, i suoi siano presi dal
panico,433 non accenna a Scilla; non lha dimenticata, per, e armato di due lunghe
lance pronto a difendere i compagni appena essa si mostri, nonostante che Circe gli
abbia ricordato che con gli esseri divini la lotta inutile. Mentre sfiorano Cariddi
guardano terrorizzati le onde: ora spumeggianti e ribollenti con fragore di tuono, ora
inghiottite dal mostro sino a scoprire la sabbia verdastra del pi profondo abisso
marino. Con i visi terrei434 per la paura, completamente occupati ad evitare questo
gorgo pauroso non vedono che Scilla ha tirato fuori le sue ripugnanti teste. un
attimo: sei compagni di Ulisse sono presi, sollevati in alto, stritolati dal perfido,
invincibile mostro. Ulisse era pronto con le armi, ma tutto accaduto in un attimo e
Ulisse non riuscito a difendere i compagni: Circe aveva ragione. Lanimo di tutti
colmo di piet per i compagni perduti e nessuno riesce a rallegrarsi per aver superato
il terribile passo di Scilla e Cariddi; ma quando Ulisse propone di non sostare
nellisola del Sole che, secondo le predizioni di Tiresia e di Circe, pu costituire un
grosso pericoloso se si offendono i buoi che vi pascolano, i compagni respingono a
gran voce la proposta. Desiderano riposarsi, ristorarsi, evitare di passar la notte nel
mare pieno di insidie. Nessuno pensa di far del male ai buoi del Sole. Ma un dio
contrario trama contro di essi. Durante la notte si leva un vento tempestoso che per
giorni e giorni soffia ininterrotto impedendo di riprendere la navigazione. Durante la
sosta forzata sono consumati tutti i cibi forniti da Circe; il pericolo di dover morire di
fame preoccupa tanto i compagni di Ulisse, che il terrore di una tal fine suggerisce
loro di violare il divieto. Molto meglio morire rapidamente fra i flutti dicono che
432
Scienza: conoscenza.
Panico: terrore, sgomento.
434
Terrei: lividi, pallidi e spauriti.
433
esaurirsi poco a poco per la fame. Ad ogni buon conto credono di placare il Sole
Iperone promettendo di fargli lauti435 sacrifici, una volta in patria, e di innalzargli un
tempio ricco di preziosi doni.
Lacuta fragranza delle carni arrostite sveglia Ulisse, che si era addormentato
poco distante, rivelandogli la folle imprudenza dei compagni. Corre da loro e li
rimprovera con le parole pi aspre; ma ormai non c pi niente da fare. Gi
sullOlimpo il Sole Iperone, con lanimo acceso di sdegno, reclama da Zeus la
vendetta, e Zeus promette solennemente che lavr. A quegli infelici la punizione
annunciata da fenomeni sconcertanti: sul terreno le pelli appena scuoiate cominciano
a strisciare lentamente, e dai pezzi di carne non ancora cotta e da quelli che stanno
arrostendosi provengono muggiti cupi e minacciosi.
Quando il vento si calma, la navigazione pu riprendere; ma la nave ha appena
percorso un breve tratto di mare che una grande nuvola nera improvvisamente oscura
il cielo che si riflette nelle acque marine mentre un vento furioso le sconvolge. Le
vele delle navi sono strappate, lalbero schiantato. Un fulmine colpisce in pieno la
nave che si rovescia e si inabissa in mezzo ad un pauroso fragore di tuoni,
trascinando con s tutti quegli infelici. Solo Ulisse riesce ad aggrapparsi ad un
relitto 436 e a tenersi a galla, ma non riesce a vincere la corrente che lo trasporta
rapidamente in direzione di Cariddi.
Scorge gi il minaccioso mulinello delle acque e sta per esserne inghiottito
quando con un gran salto riesce ad aggrapparsi ad un fico selvatico, cresciuto
capricciosamente al di sopra della grotta. Vi rimane aggrappato con la testa in gi,
come un pipistrello, aspettando che dal mostro venga rigettato con le acque il relitto
della nave, suo unico mezzo di salvezza. Appena lo scorge, dopo una lunga, sfibrante
attesa, si lascia andare gi dal fico, riesce ad afferrare il relitto e, aggrappato a questo,
aiutandosi con le braccia e con le gambe, come se fossero remi, riesce ad allontanarsi
dallinsidia dei due mostri.
Sballottato dai flutti per nove giorni e per nove notti, finalmente tocca terra.
lisola di Ogigia, 437 e Ulisse vi accolto da una ninfa bellissima, dalla ricciuta
Calipso, che lo riceve festosamente offrendogli larga e ricca ospitalit nella sua
incantevole dimora. Non un palazzo ornato di marmi, come quello di Circe, ma una
spaziosa grotta naturale, quasi nascosta dai grappoli vermigli 438 di una giovane vite.
Davanti si stendono prati verdissimi coperti di violette, o traversati da argentei
ruscelli, e limitati da una folta foresta di pioppi, olmi e profumati cipressi.
Nellinterno della grotta, riscaldata e profumata da ciocchi ardenti di tiglio e di
cedro,439 la ninfa canta dolcemente e con lagile spola di biondo oro tesse tele
magnifiche. In questo luogo incantevole Ulisse circondato da ogni cura della bella
435
Lauti: abbondanti.
Relitto: rottame, avanzo di naufragio.
437
Ogigia: isola localizzata o nellarcipelago maltese o allimboccatura dello stretto di Gibilterra.
438
Vermigli: di color rosso vivo, intenso.
439
Tiglio cedro: il tiglio un albero dalto fusto, con foglie ovali dentate e fiori giallastri profumatissimi. Il cedro,
detto pi comunemente cedro del Libano, una pianta che raggiunge grandi altezze, con tronco grosso diritto e rami
con foglie aghiformi.
436
ninfa e riceve anche lofferta di giovinezza eterna e incorruttibile 440 purch sposi la
sua affascinante ospite. Privo di una qualsiasi imbarcazione, Ulisse non ha speranza
di potersi allontanare dallisola remota, ma non accetta lofferta. Ha sempre nel cuore
Itaca, la casa isola in cui vivono gli esseri pi amati. Ogni giorno, seduto in riva al
mare, passa ore ed ore a scrutare lontano, verso la patria, senza poter controllare
lacrime e sospiri.
Passano cos i giorni e gli anni, Ne sono passati sette, e Poseidone non accenna
ancora a perdonare a Ulisse loffesa fatta a Polifemo; tutti gli altri di, invece, ne
hanno piet, commossi dallunico, grandissimo desiderio delleroe: rivedere la sua
dolce Itaca, e poi chiuder pure, per sempre, gli occhi alla luce.
Un giorno in cui Poseidone si allontanato dallOlimpo per andare nella terra
degli Etiopi a ricevere una ricca ecatombe441 di grassi montoni e di ben pasciuti tori,
gli di si adunano e decidono di far tornare Ulisse in patria allinsaputa del dio
nemico. Incaricano Ermes di scendere in Ogigia e di riferire la decisione divina a
Calipso perch non trattenga leroe contro il volere dei Celesti, ma anzi lo aiuti a
preparare la partenza. Nonostante il dolore della improvvisa e inaspettata
separazione, la ninfa non pu opporsi al volere degli di. Veste una tunica bianca,
stretta alla vita da una cintura doro, copre i biondi capelli ricciuti con un leggero
velo ed esce dalla sua verde grotta profumata di tiglio e di abete per raggiungere
Ulisse in riva al mare. Non addolorarti pi gli dice. Puoi andare; io stessa ti
insegner a costruire una zattera ben robusta, ti fornir di cibi, ti mander il vento pi
favorevole.
Ulisse non vuol credere a quelle parole, e pensa ad un nuovo inganno degli di,
complice Calipso; solo dopo che la ninfa ha giurato col massimo giuramento di aver
detto la verit, leroe accetta di costruirsi la zattera. Dopo cinque giorni tutto
pronto: la zattera, i cibi per il viaggio, le vesti profumate. Appena Ulisse parte, si leva
un vento dolce e favorevole alla navigazione, di notte le stelle aiutano leroe ad
orientarsi durante il viaggio del tanto desiderato ritorno. Sono passati diciassette
giorni e Ulisse scorge gi lisola dei Feaci, 442 la pi vicina alla cara patria, quando
Poseidone, di ritorno dalla terra etiope, vede da lontano leroe odiato che sta per
arrivare allisola indicata dal Fato come ultima mta alle lunghe peregrinazioni.
Poseidone accecato dallira; contro gli di che hanno preso una decisione senza il
suo consenso, contro Ulisse che sfuggire alla sua vendetta appena avr toccato lisola
dei Feaci. Non mette tempo in mezzo. D di piglio 443 al tridente, raduna le nubi,
incita la furia dei venti e sconvolge le acque che sinnalzano in immensi flutti e si
inabissano in gorghi paurosi. Ulisse ha appena il tempo di pensare: Questa volta non
la scampo, che una grande onda investe la zattera, le fa fare un giro su se stessa e la
rovescia mentre un turbine di venti ne schianta lalbero. Ulisse, appesantito dalle
vesti, stordito dallimprovvisa bufera, sommerso dalle acque. Con gran fatica riesce
a sollevare la testa, vede la zattera sballottata dalle onde, la raggiunge, vi si aggrappa
440
e con essa segue il capriccio dei venti che sembrano giocare con quel relitto. Lo vede,
e ne ha piet, una bella abitatrice del mare, Ino Leuctea 444 dalle belle caviglie, che
subito emerge dalle onde e lo consiglia di abbandonare la zattera, di liberarsi
dallimpaccio delle vesti, di cingere 445 la cintura che essa gli porge e, poi, senza
timore, raggiungere a nuoto lisola vicina. Temendo un nuovo inganno degli di,
Ulisse non sa decidersi a seguire i consigli della dea, quando una montagna di acqua
si rovescia sulla zattera e la sfascia disperdendone le pesanti tavole come fuscelli di
paglia. Aggrappato ad una di queste, Ulisse non ha pi scelta: si toglie i vestiti, cinge
la cintura, e a nuoto inizia la lotta con la tempesta.
Nuota sin che vuoi, ora dice Poseidone a quel piccolo punto che Ulisse
nella grande distesa delle acque; e, contento della sua opera, sprona i cavalli e si fa
condurre nella magnifica reggia dorata costruita in fondo al mare.
Ancora per due giorni e per due notti Ulisse erra nel vasto mare in tempesta; al
terzo giorno scorge, s, la terra vicina, ma una terra inaccessibile. Non vede n un
porto, n una baia, n un angolo riparato, ma una ininterrotta scogliera di rupi contro
le quali si infrangono spumeggiando le onde infuriate e mentre sta domandandosi che
cosa fare investito da una gigantesca ondata e trasportato violentemente verso la
parete rocciosa; vi sbatterebbe senza scampo se non riuscisse ad aggrapparsi ad uno
scoglio un po sporgente. Londata che non ha potuto sbatterlo contro le rocce,
tornando indietro risucchia leroe e lo trasporta di nuovo in alto mare. Stanchissimo e
dolorante in ogni parte, leroe sta per perdere le ultime tenui speranze di salvezza,
quando, vedendo largentina foce di un fiume, ne prega lignota divinit perch abbia
piet di lui, infelice e ramingo 446 da tanto tempo. La preghiera certo gradita se
vicino alla foce le acque si calmano completamente dando a Ulisse la possibilit di
raggiungere la terra. Qui leroe si abbatte, sfinito dalla stanchezza. Non saprebbe dire
per quanto tempo sia rimasto l, senza forze, senza coscienza; appena pu pensare di
nuovo ricorda i consigli e le indicazioni di Leuctea e restituisce la preziosa cintura
gettandola in mare. Cade poi in ginocchio e bacia la terra che lo ha accolto dopo il
lungo e angoscioso vagabondaggio.
Si avvicina intanto la notte e Ulisse, raggiunto un boscoso poggio 447 poco
lontano, si prepara un comodo giaciglio di foglie in mezzo al quale si abbandona ad
un profondo sonno ristoratore.
Atena, intanto, che ha sempre seguito il suo protetto ispirandogli forza e
speranza nei momenti pi difficili, escogita qualche cosa per far ospitare degnamente
Ulisse dal popolo dei Feaci guidato da un re saggio e cordiale, Alcinoo, che vive in
quellisola, chiamata Scheria e anche Corcira (Corf). Nel profondo della notte la dea
va nella reggia portando alla figlia del re, Nausicaa, un sogno inconsueto. Appare a
Nausicaa con laspetto di una sua cara compagna e, annunziandone vicino il giorno
del matrimonio, la consiglia di mettere in ordine i suoi abiti trascurati e sporchi.
Atena ha ben calcolato che alla giovane e graziosa Nausicaa questo sogno non
444
passer di mente, ed infatti la mattina dopo una biga 448 carica di sorridenti fanciulle
arriva al fiume. In allegra gara con le ancelle Nausicaa batte, spreme, sciacqua nelle
limpide acque le belle vesti e dopo averle distese ad asciugare anche le fanciulle
fanno un bel bagno, consumano la buona merenda preparata dalla madre di Nausicaa,
e infine cominciano a giocare con la palla, al ritmo di un canto intonato dalla figlia
del re. Atena, appena lo giudica opportuno, fa deviare la palla che, accompagnata da
un grido di rammarico, cade e si sperde nei profondi vortici del fiume.
Ulisse, che dalla sera precedente dorme vicino al luogo dove stanno giocando
le giovinette, svegliato da quel grido ed esce dal suo giaciglio. Inaspettato e sporco
com di salsedine, semina lo scompiglio fra le ancelle di Nausicaa che fuggono
sparpagliandosi lungo le rive del fiume. Solo Nausicaa non si muove, resa ardita da
Atena che sta per concludere il suo piano, e ascolta commossa le parole di Ulisse che
racconta la sua ultima lotta col mare e la prega di dargli una veste e di ristorarlo. A
lui, misero e supplice, la fanciulla assicura larga ospitalit nella reggia del padre;
richiama intanto le ancelle e ordina di dare allospite un manto, cibo e bevande
appena si sar ripulito nelle acque fresche del fiume.
Al tramonto riprendono tutti la via della reggia; Nausicaa e le ancelle sulla
biga, Ulisse a piedi. Arrivati vicini alla citt, Ulisse si ferma, ubbidendo alle
indicazioni di Nausicaa che teme le indiscrete supposizioni dei Feaci nel vedere la
figlia del loro re accompagnata da un uomo sconosciuto e bello come un dio.
Quando Ulisse calcola che la fanciulla sia gi arrivata alla reggia vi si avvia
anchegli, non visto da nessuno perch avvolto in una nube da Atena che guida il suo
protetto attraverso la grande e bella citt sino allo splendente palazzo di Alcinoo.
Cani doro e dargento, mirabile fattura 449 di Efesto, che in essi ha infuso vita e
intelligenza e li ha resi immuni450 da vecchiaia e da morte, stanno a guardia della
porta dingresso, tutta doro, con gli stipiti e larchitrave 451 dargento. Questa aperta
su di un largo atrio le cui pareti, completamente di rame, sono ornate da un fregio 452
di acciaio dai riflessi azzurri. Lungo le pareti vi sono vari sedili ricoperti di stoffe
preziose, e molte statue di oro con laspetto di giovani portatori di torce che
rischiarano le tenebre. Di fianco alla reggia, una folta siepe limita lorto in cui
crescono piante di ogni tipo, tutte cariche di frutta. Perch nello straordinario orto le
stagioni non esistono: sia estate o inverno, pere, mele, uva, fichi spuntano, crescono e
maturano ininterrottamente. Lo stesso per i fiori nel giardino vicino, dove in aiuole
ben coltivale sbocciano in continuazione i fiori pi vari.
Quando si saziato di ammirare tanta bellezza e tanto splendore, Ulisse,
sempre avvolto dalla nube, attraversa la reggia e arriva nella sala del trono dove i
principi e i capi dei Feaci stanno libando in onore di Ermes. Liberato dalla nube,
Ulisse appare improvvisamente ai Feaci stupiti e subito si inginocchia ai piedi della
regina, Arete, e la supplica di aiutare lui ramingo a raggiungere la patria e la famiglia.
448
Biga: carro leggero a due ruote, tirato da due cavalli, nellantichit classica usato anche nelle corse.
Fattura: opera, esecuzione.
450
Immuni: esenti, privi.
451
Architrave: robusta trave collocata orizzontalmente per collegare tra loro i pilastri o le colonne sottostanti di una
porta e per sostenere a sua volta strutture sovrastanti.
452
Fregio: fascia ornamentale ad andamento orizzontale.
449
Accolto dalla regina e dal re coi massimi onori, Ulisse di nuovo ristorato con ricchi
cibi e vino abbondante; poi, quando gli chiedono notizie del suo arrivo allisola di
Scheria, leroe comincia a raccontare le incredibili avventure che ha superato dopo
aver lasciato Troia. Lo ascoltano, silenziosi e immobili, per buona parte della notte e
poi durante tutto il giorno seguente, completamente presi di ammirazione per
quelleroe eccezionale.
Quando il racconto concluso, si fanno i sacrifici a Zeus e si prepara un
magnifico banchetto in onore di Ulisse; il quale, bench grato agli ospiti, segue con
impazienza il corso del sole perch sa che al tramonto salper per Itaca
limbarcazione fatta preparare da Alcinoo per ricondurlo in patria.
Il sole tramonta, i Feaci partono con a bordo Ulisse. Lultimo tratto di mare che
lo separa da Itaca sta per essere superato; ma leroe non segue il progressivo,
emozionante avvicinarsi della sua terra mai dimenticata: vinto da un sonno
profondo, dorme durante tutto il tragitto, n si sveglia quando i Feaci approdano e lo
depongono sulla spiaggia mettendogli vicini tutti i ricchi doni che il munifico453
Alcinoo gli ha dato nellaccomiatarsi. Lo lasciano l e iniziano il viaggio di ritorno,
ignari del pericolo che li sovrasta. Poseidone, infatti, in quelluomo che dorme
allombre di un verde ulivo riconosce Ulisse; il Fato, che egli sperava di poter
ritardare ancora, si compiuto, e lo riempie dira. Inoltre Poseidone teme che
levento diminuisca la sua autorit presso gli di e vuol punire almeno i Feaci che
hanno osato aiutare il suo detestato Ulisse. Perch la punizione sia nota a tutti e
costituisca un esempio del suo potere, che cosa fa? Invisibile a tutti, raggiunge la
nave che sta per approdare a Scheria e la sfiora con la sua mano divina: la nave si
ferma allimprovviso e prende radici in fondo al mare, trasformata in un blocco di
pietra.
Mentre in Scheria i Feaci che a terra seguivano il ritorno della nave, stupefatti,
osservano il prodigio, ad Itaca Ulisse si sveglia e, guardandosi intorno, rimane
smarrito. Sono passati tanti anni che non riconosce pi la sua patria. Tutto gli sembra
diverso: le strade, i porti, le foreste, i monti: un paesaggio nuovo, bello, ma
sconosciuto, e leroe con tristezza si rammarica della slealt dei Feaci dai quali si
crede tradito, abbandonato in terra straniera e forse ostile.
Un giovane pastore dal luminoso sguardo azzurro gli si avvicina, gli d notizie
di quella terra e gliene dice il nome, che il nome della terra tanto sognata: Itaca. Il
pastorello cambia aspetto, solo gli occhi azzurri rimangono gli stessi, e Ulisse
riconosce Atena nella bella figura che gli sta di fronte e che, sorridendo, gli fa
riconoscere il porto, sorvegliato e protetto da un grande ulivo, la grotta sacra alle
Ninfe, il monte Nrito, coperto di boschi. Esultante, Ulisse bacia la sua terra ritrovata
e, alzando le braccia al cielo, prega le Ninfe che gli conservino la vita e che diano
giorni felici a Telemaco. Prima di lasciarlo Atena d alcuni consigli alleroe
prediletto: Nasconsi in questa grotta i doni dei Feaci e, prima di andare alla reggia,
chiedi ospitalit al vecchio e fedele pastore Eumeo. Da anni la tua casa occupata da
principi, i Proci, che vogliono sposare Penelope; spadroneggiano e dilapidano 454 il
453
454
tuo patrimonio aspettando una decisione della tua saggia moglie che trova sempre
nuove scuse per ritardare la scelta, sperando nel tuo ritorno.
Dopo molti anni di attesa durante i quali sembrava ragionevole aspettare il tuo
ritorno informa Atena i pretendenti di Penelope non accetta pi i rifiuti della bella
regina, anzi ostentano di ritenerla responsabile del loro comportamento. A Telemaco
che li accusa di essersi insediati nella reggia di Itaca dilapidandone le ricchezze senza
scrupoli, Antinoo, il pi prepotente dei Proci, ha ricordato le molte astuzie escogitate
da Penelope per evitare un matrimonio che, a parere di lui riporterebbe ordine e
serenit in quellisola ora priva di un capo. Lultimo pretesto di Penelope per
giustificare la sua indecisione era molto abile, ma da poco ne stato scoperto
linganno. Tre anni or sono Penelope aveva assicurato di essere pronta a scegliere un
nuovo sposo, aggiungendo per di chiedere ai Proci di poter prima portare a termine
un pio dovere. Laerte, il padre di Ulisse, era vecchio e lei, Penelope, sentiva il dovere
di tessere un telo per coprirlo quando la Parca apportatrice di lunghi sonno avrebbe
tagliato il filo della sua vita. La richiesta era stata accolta; Penelope si era messa
allopera e ogni giorno il lavoro procedeva rapidamente, ma non finiva mai. Il telo
era sempre, su per gi, delle stesse dimensioni. Allinizio del quarto anno i Proci,
insospettiti, avevano corrotto unancella la quale non si era fatta scrupolo di far
scoprire il mistero. Se di giorno Penelope lavorava, non meno lavorava di notte; di
giorno stava al telaio e tesseva, di notte stava ancora al telaio e disfaceva. Come
poteva crescere il lavoro? Come poteva mai essere finito?
Scoperto linganno prosegue Atena Penelope stata costretta a finire il
grande telo, ma ancora non ha preso nessuna decisione e Antinoo con male parole ha
gridato a Telemaco che se la sua casa va in rovina non sono da incolpare i Proci,
prosegue Atena, non sono pi disposti ad aspettare una soluzione che permetterebbe
alla loro avidit di disporre al completo delle ricchezze di quella terra. Inoltre, anche
questo non lo dicono apertamente, temono che Telemaco ormai adulto ed erede
naturale, prenda presto lui stesso il comando di Itaca, deludendo definitivamente le
loro aspirazioni. Per limare anche questo ostacolo e perch Penelope rimanga pi sola
e pi indifesa hanno ordito una congiura per quando Telemaco torner da Sparta dove
andato per chiedere a Menelao ulteriori notizie di te.
Per liberarti da quei prepotenti ti ci vorr prontezza, astuzia e un piano ben
preparato in cui io ti dar un aiuto. Nel frattempo ti cambier in un vecchio cos
miserabile e cos cadente che nessuno ti potr riconoscere; andr poi in traccia 455 di
Telemaco che sta tornando da Sparta e non pensa che i Proci gli abbiano teso un
agguato. Non preoccupartene, so come sventarlo.456 Tu intanto vai da Eumeo e poi io,
tu e Telemaco prenderemo accordi per il ritorno alla reggia.
La dea, ora, tocca appena leroe: spariscono i folti capelli, la testa coperta di
radi ciuffi bianchi, la pelle si raggrinzisce, le palpebre appesantite nascondono gli
occhi intelligenti e vivaci di Ulisse, la bella veste donata dai Feaci diventa sporca,
lacera, stinta. Appoggiato ad un bastone, le spalle curve sotto una bisaccia logora e
untuosa, Ulisse si avvia su per il sentiero che porta ad Eumeo. Il pastore lo accoglie
455
456
con cordialit, si preoccupa della sua stanchezza e della sua vecchiaia, e subito
accenna con parole di rimpianto al caro suo re, di cui egli venera il ricordo, sicuro che
sia perito 457 nella guerra di Troia, n vuol credere alle parole dellospite che,
fingendosi ben informato (e chi ne sa pi di lui, infatti?) gli preannunzia il ritorno
dellamato padrone.
Dopo due giorni di generosa ospitalit arriva alla capanna, improvvisamente,
Telemaco. Guidato da Atena riuscito a sfuggire alle insidie dei Proci ed subito
venuto da Eumeo, come da un amico fedele e fidato, per sfuggire a eventuali nuove
insidie. Desidera anche avere notizie della madre, nel timore che in sua assenza sia
stata costretta a sposare qualcuno degli intrusi pretendenti. Rassicurato, incarica
Eumeo di andare alla reggia per avvertire Penelope del suo ritorno.
Eumeo si appena avviato verso la citt che anche il misero ospite si alza, ed
esce zoppicando nel cortile della casa. Telemaco non ha visto che la cara dea dallo
sguardo azzurro, palese458 solo ad Ulisse, ha chiamato il mendico e, compassionando
quella triste vecchiaia, ne segue i movimenti lenti e faticosi.
N vede che il mendico, appena sfiorato da una divina verga doro, cambia
completamente aspetto. Nel vederlo rientrare, coperto di belle vesti, alto, robusto,
bruno di capelli e di barba, lo scambia per un dio e lo prega di essere propizio a lui e
ad Itaca. Ulisse, che ne ha avuto il permesso da Atena, si rivela al figlio. Abbracciati,
commossi di essere ancora insieme ad Itaca, come a lungo avevano sperato, e poi non
avevano pi osato sperare, lasciano aperta la via al pianto per il dolore del passato,
per la gioia del presente. Poi si incalzano di domande:459 Quando sei arrivato?.
Chi ti ha portato sin qui?. Quanti sono i Proci?, e alle risposte seguono i progetti
per lavvenire. Abbiamo la protezione di Zeus, abbiamo quella di Atena, li
stermineremo tutti: loro e i servi infedeli. Tu torna alla reggia. Io, cambiato di
nuovo in mendicante, vi sar condotto da Eumeo. Non ti far prendere dallira e non
cercar di difendermi, se mi insultano. Nessuno, nemmeno Penelope, deve sapere del
mio ritorno. Trover poi il modo di comunicarti il mio piano.
La mattina seguente Telemaco, prima di andare alla reggia, d ordine ad
Eumeo di condurvi lospite.
Cos, inerme 460 e sconosciuto, dopo venti anni leroe rivede la sua casa e
risente la musica della cetra di Femio che sta intonando una nota canzone. Leroe
domina la commozione che sta per tradirlo, e si avvia per entrare. Vicino alla porta,
da un ammasso di pelo sporco si solleva appena una testa, una testa di cane; una coda
scodinzola. Quellammasso informe scosso da un brivido, come se volesse alzarsi.
Poi tutto si affloscia, la testa si abbassa, gli occhi, che hanno avuto un lampo di gioia
umana, si chiudono. Ulisse ha visto, e questa volta non pu trattenere una lacrima. Il
suo cane Argo, cucciolo quando leroe partito per Troia, lo ha riconosciuto, gli ha
fatto festa, gli sarebbe corso incontro come una volta, se avesse avuto un briciolo di
forza.
457
Perito: morto.
Palese: visibile.
459
Si incalzano di domande: si rivolgono domande reciprocamente e senza sosta.
460
Inerme: disarmato, indifeso.
458
Accattone: mendicante.
Esose: odiose, insopportabili.
463
Tracotanza: arroganza, insolenza.
464
Tracannare: bere a grandi sorsate, ingordamente.
462
volta il solo Ulisse sapeva tenere, promettendo di sposare chi di loro avr saputo
scoccare la freccia e farla passare attraverso una serie di scuri con gli anelli di ferro
allineati, esercizio di destrezza una volta abituale di Ulisse.
Si traccia un solco, vi si allineano e rincalzano le scuri con il manico rivolto in
alto, in maniera che gli anelli con cui terminano si trovino in perfetta linea luno con
laltro e, infine, il superbo Antinoo regola il succedersi dei compagni alla prova,
lasciando lultimo tentativo ad Eurimaco e a se stesso, che sono i pi forti di tutti.
Uno dopo laltro tutti tentano di tirare larco; ma larco non si piega, sebbene sia stato
ingrassato 465 e ammorbidito. Mentre i pretendenti, a gara, tentano linutile prova,
Ulisse fa cenno a due pastori fedeli, Eumeo e Filezio, di seguirlo fuori dalla sala e,
appena fuori, semplicemente, brevemente, rivela loro di essere Ulisse e tronca gioia e
commozione con una rapida richiesta di aiuto per punire, finalmente, i prepotenti
Proci. D incarico a Filezio di chiudere a chiave la porta del cortile in modo che
nessuno possa uscire, e ad Eumeo dice di passargli, ad un suo cenno, larco e la
faretra e infine di avvertire le donne di chiudersi bene nelle loro stanze e di non
uscirne anche se sentono gridi, lamenti e confusione.
Quando Ulisse ritorna nella sala, dove nessuno dei Proci riuscito a piegare
larco, assiste al vano tentativo di Eurimaco. Ora il turno di Antinoo, e Antinoo non
volendo confessare che prevede anche la propria sconfitta, propone di rimandare la
prova allindomani, proponendosi di propiziarsi con adatti sacrifici Apollo che oggi si
mostra cos avverso. Tutti approvano, e anche Ulisse non disapprova; ma, umilmente,
chiede di poter provare anchegli a tendere larco, non per aspirare alle nozze della
regina, ma per misurare le sue forze che un giorno, egli dice, erano tanto vigorose.
Laspetto del miserabile non dovrebbe destare preoccupazione nei Proci,
eppure Antinoo ha un presentimento giusto se respinge la domanda di Ulisse, e con
tanta ostilit che solo il fermo 466 intervento di Telemaco riesce a vincere. Mentre i
Proci sghignazzano, facendo pronostici sulla prova del miserevole ospite, Ulisse
prende larco, losserva pacatamente, ne prova la corda che non oppone resistenza e
vibra, mandando un lungo suono acuto. Allo stupore e allo sgomento dei Proci fa eco
un tuono fragoroso. Zeus annunzia qualcosa di straordinario. Ulisse prende ora la
freccia, la incocca,467 tira larco: larco docilmente si piega. Sibilando la freccia passa
rapida attraverso gli anelli. Nel silenzio che ora regna nella sala la voce del presunto
mendico risuona cortese, eppure minacciosa: Telemaco, il tuo vagabondo ospite non
ti fa vergogna. Prepariamo una bella cena e poi la cetra accompagni i nostri pi lieti
canti. Con un balzo corre alla porta, si sbarazza del lurido mantello, getta ai piedi la
faretra colma di frecce e, imbracciato di nuovo larco, prende di mira Antinoo:
Finita la prova, avr un bersaglio che nessuno ha mai scelto.
Meravigliati, ma ancora incoscienti, accecati dalla superbia, dal disprezzo e
dalla stupidaggine, i Proci si preparano a un nuovo banchetto che coroni quella strana
giornata e gi alzano le coppe per brindare. Anche Antinoo fa per bere nella sua bella
coppa doro; ma vacilla, la coppa gli sfugge di mano, lui stesso piomba a terra. Gli
465
altri Proci balzano in piedi gridando, inorriditi, non rendendosi ben conto del perch
di quella freccia che ha attraversato il collo di Antinoo, di tutto quel sangue che
arrossa la tavola, le vivande, che scorre sul pavimento. Credono in un colpo
involontario del mendico e mentre lo insultano per la sua poca destrezza sentono
parole che li fanno impallidire dalla paura: Credevate, cani, che da Ilio 468 non
tornassi pi? Avete invaso la mia casa, lavete profanata con la vostra prepotenza. Ma
per voi tutti venuta lultima sera.
Le paresti spogliate dalla sera precedente non offrono ai Proci le armi che essi
vorrebbero, stringono allora le corte spade che ognuno ha con s e si slanciano contro
Ulisse: Ulisse li abbatte, uno dopo laltro, con la sua mira infallibile. Ma i Proci sono
tanti e le frecce diminuiscono rapidamente. Telemaco, che sino ad ora ha aiutato il
padre, deve lasciarlo solo per correre di sopra a prendere corazze, elmi e lance;
quando ridiscende, carico di quattro armature complete, le frecce sono quasi finite.
Eumeo, Filezio, Ulisse e lui stesso si armano da capo a piedi; ma intanto anche ai
Proci qualcuno porta nella sala altre armi, altre corazze e le lunghe lance. Nella fretta
Telemaco ha lasciato aperta la porta della stanza dove erano le armi e ci non
sfuggito a Melanzio, un pastore infedele, che lo ha riferito ai Proci.
Contro i quattro, ben armati, anche i Proci sono ben armati e cos numerosi che
Ulisse teme di esserne sopraffatto. Lo scoraggiamento delleroe, per, dura poco
perch si vede vicino uno sconosciuto che lo aiuta, e che certamente una divinit
perch nessun essere umano sarebbe potuto entrare dalla porta ben chiusa da Filezio.
La lotta continua; i Proci sono sopraffatti, e quando tutti giacciono a terra,
ammucchiati e insozzati di sangue e di polvere, Ulisse fa chiamare la vecchia nutrice,
Euricla, e da lei vuol sapere il nome delle ancelle infedeli per raggiungerle con la
sua vendetta. Quelle che hanno disubbidito a Penelope e che sono arrivate anche a
insultarla sono dodici: Ulisse le chiama e ordina loro di portare via i cadaveri dei
Proci e di pulire dal sangue la stanza, le tavole, i sedili. Dopo questa spiacevole
incombenza469 le fa impiccare tutte nel cortile, dove rimangono penzoloni, simili a
una dozzina di uccellini presi nella rete.
Purificata la stanza con lo zolfo, anche Ulisse si purifica con acqua pura e,
finalmente, manda a chiamare Penelope, ancora alloscuro della strage dei Proci e del
ritorno del marito. Euricla, per la gioia di portare una notizia cos bella, non sente
pi neanche gli acciacchi degli anni: corre da Penelope, la sveglia, le comunica gli
straordinari avvenimenti di quelle ultime ore. Negli occhi di Penelope non brilla
nessuna gioia, ma alla tristezza abituale si aggiunge la compassione e il rimprovero.
Essa crede che la povera vecchia sia impazzita o che le voglia fare uno scherzo di
cattivo gusto: con voce pacata e dolce, col rispetto che dovuto a quei capelli
bianchi, comincia a rimproverarla sommessamente; ma alla insistenza di Euricla
deve convincersi che qualche cosa successo. Non crede per al ritorno di Ulisse,
crede solo che un dio vendicatore, preso laspetto di Ulisse, abbia liberato la reggia
da tutti quegli intrusi prepotenti. Per ringraziarlo scende nella sala; quando lo vede
non sa pi che cosa pensare: il mendico ora le sembra proprio Ulisse, ora non le
468
469
Ilio: la citt di Troia, cos chiamata da uno dei suoi fondatori, Ilo.
Incombenza: incarico.
sembra. N il dubbio svanisce quando Ulisse, indossati nuovi e ricchi abiti, ritorna
vicino a Penelope che seguita ad osservarlo incredula e diffidente, cercando, per
riconoscerlo, un segno infallibile. Inaspettatamente glielo offre Ulisse. Tanto a lungo
si protrae470 lincertezza di Penelope che leroe perde la calma e, dichiarando di
essere stanco, ordina alle ancelle di preparargli un letto. Pronta, Penelope aggiunge:
Prendete il letto di Ulisse, dalla mia stanza, e portatelo qui. Portar qui il letto? Ma
chi pu portarcelo? O non lo costruii io stesso sul tronco di un ulivo abbarbicato471 al
suolo?
Penelope si sente mancare le ginocchia e il cuore e, scoppiando in un pianto, si
getta fra le braccia di Ulisse con la gioia di un naufrago che dopo aver combattuto col
mar infuriato tocca finalmente la terra. Sventurata donna mormora Ulisse non
ancora finita la tua solitudine, n le mie peripezie. E le dice lordine di Tiresia.
Se gli di risponde la dolce Penelope ti hanno promesso che passerai
almeno la vecchiaia vicino a me e in mezzo al tuo popolo, non crucciarti472 pi a
lungo, e accettiamo ci che gli di ci concedono.
Ma prima di partire per quelle regioni dove non sono conosciute n le barche,
n il mare, Ulisse deve cimentarsi in unaltra lotta. La notizia della morte dei Proci si
sparsa per la citt; i parenti di questi, gridando vendetta hanno invaso il cortile della
reggia, hanno preso i corpi dei morti e dopo aver dato loro una onorata sepoltura,
hanno indossato le armi e si sono raccolti minacciosi. Nella lotta, che subito divampa,
Ulisse colpisce con incredibile precisione, e avrebbe ucciso anche tutti i parenti dei
Proci se, improvvisa e decisa, non si fosse udita la voce di Atena: Basta con la
guerra, cittadini di Itaca. Basta col sangue.
Le armi cadono di mano agli assalitori, e anche Ulisse, rallegrandosi nel cuore,
ormai avido solo di tranquillit, ubbidisce subito alle parole della sua grande
protettrice, di Atena, la gran dea di Atena. E in Itaca ritorna la pace.
470
Troia caduta e sta bruciando. Alla luce degli incendi, per le strade ingombre
di corpi inanimati, Enea 473 combatte con accanimento, pur essendo convinto
dellinevitabile rovina della sua citt, quando, sullo sfondo rossastro degli edifici in
fiamme, gli appare Afrodite, la madre divina, e lo dissuade474 dal combattimento.
Non dai Greci dipende la rovina di Troia gli dice; Troia avrebbe resistito anche
agli inganni475 di pi forti nemici se gli di non ne avessero voluto la fine, e facendo
dileguare le nubi gli mostra gli di intenti alla distruzione della citt. Poseidone
sconquassa le mura col suo tridente, Era e Atena, una in mezzo ai combattenti, laltra
dalla cima della roccia, incitano i Greci alla strage. Lo vedi che la rovina parte dagli
di? prosegue Afrodite. Vai alla tua casa e porta in salvo Anchise, Iulo, Creusa.476
Vai; al tuo passaggio placher i combattimenti e il fuoco devastatore. Enea capisce
che lammonimento materno un comando da non trasgredire e torna a casa per
preparare la fuga e salvarsi da quella strage immensa, ma incontra lopposizione di
Anchise che, sentendosi vecchio ed inutile peso, vuol morire con la sua citt. Ora,
senza ascoltare i pianti, le grida, le preghiere di Creusa e di tutti i familiari che hanno
cercato o di trattenere lui o di persuadere Anchise, Enea vorrebbe disubbidire alla
madre e tornare allinutile combattimento sino alla fine, quando una fiammella
tremolante comincia a lambire i biondi riccioli di Iulo, accarezza le sue tempie rosate,
senza che il bambino senta dolore o noia. Nel vedere il portento tutti ammutoliscono;
solo Anchise ha unesclamazione di gioia, riconoscendo in quel segno un buon
augurio, e non si oppone pi alla partenza. Subito Enea gli consegna i sacri arredi477 e
le statuette dei numi tutelari478 e, per evitargli la faticosa traversata delle strade
ingombre di rovine e di morti, se lo prende sulle spalle, tenendo per mano Iulo si
accerta che Creusa lo segua e ai servi d le istruzioni su dove dovranno ritrovarsi.
Per sfuggire allattenzione dei Greci non dobbiamo formare un gruppo troppo
numeroso. Ci ritroveremo tutti sul colle dov il tempio di Demetra, vicino al
cipresso. Ed Enea, che poco prima andava a cercare le schiere degli armati per
ritardare la caduta di Troia, ora va cauto, cercando i vicoli pi bui e deserti,
trasalendo e fermandosi in ascolto ad ogni rumore, consapevole dellimpegno che si
preso. Vicini alla porta della citt sentono un calpestio e vedono un insidioso
luccicare di armi. Nel piccolo gruppo si crea un po di scompiglio; Enea prende per
viuzze ancora pi traverse e fa giri viziosi479 sinch non sicuro che nessun nemico
lo insegua; ma quando cerca Creusa non la vede pi. Torna indietro, rif pi volte le
strade percorse, chiama, scruta gli angoli pi bui. Di Creusa nessuna traccia, sinch
unimmagine di lei non appare alleroe disperato e gli dice di non affannarsi a
473
cercarla, ma accetti quello che hanno voluto gli eterni e si occupi ormai solo del loro
Iulo. Pieno di dolore, Enea torna sul colle dov il tempio di Demetra; vede in
lontananza le rovine fumanti di Troia e vicino al cipresso trova, con Anchise, Iulo e i
suoi servi, una folla di persone di ogni ceto 480 e di ogni et che vogliono seguire il
loro eroe, Enea, dovunque sia diretto, attraverso la terra e attraverso il mare.
Accampato provvisoriamente ai piedi del monte Ida, Enea non sa ancora dove
andr. Costruisce varie imbarcazioni e, quando sono tante da poter ospitare tutti vi
sale, scioglie le vele e piangendo abbandona per il necessario esilio i campi dove una
volta era Troia. Raggiunge la terra dei bellicosi481 Traci, qui getta le fondamenta per
una citt che dal suo nome dovr chiamarsi Eneade; ma quasi subito ne fugge,
terrorizzato da un prodigio. Per chiedere la protezione sulla nuova citt prepara un
sacrificio e per renderlo pi solenne vuole ornare i sacri altari con qualche ramo di
verde, va su un monticello l vicino coperto di mirti e di cornioli482 e vi coglie un
ramoscello tenero e verde: dal ramo spezzato vede sgorgare del sangue; vincendo
lorrore coglie ancora un ramo e anche quello sanguina; ne coglie un terzo e questa
volta sente un lamento prolungato e poi un grido: Perch mi strazi cos? Perch
proprio tu, pio Enea, sei cos spietato con me?. La voce dolente seguita a parlare
alleroe, divenuto muto per il terrore, e gli racconta la sua storia.
Quando le sorti di Troia cominciarono ad essere incerte, Priamo aveva affidato
al re dei Traci il pi giovane dei suoi figli, Polidoro. Il crudele re dimentic la legge
sacra dellospitalit appena Troia cadde, e fece uccidere lospite colpendolo a
tradimento con un nuvolo 483 di frecce. Queste, confitte al suolo dovera caduto
Polidoro, si erano alimentate del suo sangue, avevano messo radici e creata la serva
in cui Enea si trova.
Agghiacciato dallorrore, Enea riferisce il racconto ai suoi e tutti sono
daccordo di trattenersi in quella terra empia e scellerata solo per celebrare le esequie
di Polidoro, ma fuggirne subito dopo per andare a Delo a chiedere alloracolo quale
sia lasilo 484 che il Fato riserva loro.
Lantica madre vi aspetta, la risposta; e Anchise interpreta che si debba
andare a Creta, da dove venne Teucro quando fond Troia. A Creta si pongono le
basi di Pergamena, e la nuova citt sorge rapidamente quando una pestilenza
paralizza i lavori, fa strage di uomini e di animali. Enea vuol tornare a Delo e fa
consultare di nuovo loracolo perch chiaro che gli di non approvano la fondazione
di quella citt; ma nella notte vede in sogno le immagini dei Penati485 che si dicono
inviati da Apollo per spiegare il suo vaticinio. Non Creta la terra che il dio ha
voluto indicare, ma lantica Enotria, ora chiamata Italia, dove era nato il progenitore
Dardano.
480
486
Zacinto, Dulichio, Samo Itaca: Zacinto, Dulichio e Itaca sono isole del Mar Ionio; Samo unisola delle Sporadi
nel Mar Egeo, vicina alla costa dellAsia Minore.
487
Azio: antico porto della Grecia, nei pressi del quale si svolse, nel 31 a.C., la decisiva battaglia navale in cui la flotta
di Ottaviano Augusto sconfisse quella di Antonio e Cleopatra.
488
La terra dei Feaci: identificata con lisola di Corf.
489
Butrto: citt dellEpiro, regione della penisola greca che si affaccia sul Mar Ionio.
490
Xanto e Simoenta: come i due fiumi della Triade, regione dellAsia Minore con capitale Troia.
491
Andromaca: moglie di Ettore. Dopo la morte del marito, ucciso da Achille, era stata schiava di Pirro, re dellEpiro, e
ora moglie di Eleno, fratello di Ettore.
492
Rotta: direzione; detto di un percorso da seguire in mare o in aria.
affresco che rappresenta vari episodi delleroica difesa di Troia. Enea subito
confortato dal pensiero di trovarsi in un luogo dove il suo popolo noto e fra gente
che, con lammirazione per leroismo dei Troiani e con il compianto per la loro sorte
infelice, rivela un animo pio e sensibile. Quando, dopo poco, scorge Didone, regale e
bella come la bellissima Artemide, e le chiede ospitalit per s e per i suoi compagni,
gi intuisce che sar accolto con benevolenza. La regina, infatti, mostra di conoscere
di fama leroico figlio di Afrodite e di ammirarne la vita; lo conduce nella reggia, che
in onore dellospite fa addobbare con le pi belle tappezzerie e ornare delle pi
preziose suppellettili, 495 indce496 sacrifici, preghiere, feste, n trascura i compagni di
Enea, rimasti sula spiaggia, ai quali manda tutto quanto pu rallegrarli e nutrirli. La
fastosa ospitalit di Didone non fa dimenticare ad Enea il piccolo Iulo, rimasto
anchegli presso le navi e, appena pu, ordina ad un suo compagno, Acate, di andarlo
a prendere e condurglielo insieme con gli ornamenti pi belli che hanno potuto
portare da Troia: un mantello trapunto doro, un velo ricamato a leggere foglie
dacanto,497 che aveva coperto i biondi capelli di Elena, ed alcuni gioielli doverano
incastonate perle e pietre di grande valore.
Appena Acate si avvia, Afrodite mette in atto il suo piano. Chiama Cupido il
suo alato figlio, e gli dice di prendere laspetto di Iulo, di sostituirsi a lui quando
Acate lo porter alla reggia e di colpire la regina con le sue invisibili e infallibili
frecce. Afrodite vuol proteggere Enea prevenendo con lamore di Didone le
persecuzioni di Era, protettrice di Cartagine ma sempre implacabile nemica del
popolo troiano. La sostituzione facile; Afrodite trasporta subito il vero Iulo, da
alcuni detto Ascanio, a Cipro, in un bosco dove lo lascer per un po di tempo a
dormire profondamente in mezzo ad un profumato cespuglio di fiori. Durante il
fastoso banchetto in onore di Enea, il falso Ascanio, mentre vezzeggiato e coccolato
dalla regina, scocca tante delle sue frecce che alla fine del banchetto, durante il quale
Enea ha raccontato le avventure che ha vissuto dopo la distruzione di Troia, nel cuore
di Didone il ricordo e limmagine di Sicheo sono impalliditi e quasi scomparsi: solo
Enea vi domina.
Quando Era si accorge che Didone non pi la saggia regina di un tempo e
che, con il pretesto di far conoscere la nuova citt allospite straniero, trascura di
sorvegliare i lavori di costruzione, cerca di venire a patti con Afrodite. Finge di
perdonarle linganno con cui ha carpito 498 per il figlio lincondizionata protezione di
Didone e propone di combinare fra quei due un matrimonio; sarebbe vantaggioso per
la regina, la quale non regnerebbe da sola, e per il ramingo Enea, che troverebbe in
Cartagine una nuova patria. Afrodite finge di accettare bench abbia capito che la
proposta di Era ha solo lo scopo di allontanare Enea dai lidi dItalia dove, secondo un
vaticinio, dovr fondare la citt che sar nemica e vincitrice di Cartagine. Subito la
Fama, divinit malefica che ha infinite bocche, lingue e orecchie, e pi cammina pi
495
cresce, sparge per tutta la Libia la notizia del matrimonio; anche Iarba, il re dei
Getuli, viene a risaperla. Egli, dopo aver ceduto a Didone, sia pur costretto da
unastuzia, il terreno per la costruzione della citt, aveva chiesto di sposarla e,
sebbene respinto, non aveva mai cessato di desiderarlo. Figlio di Zeus, si lamenta col
padre del disprezzo di Didone che ora, dimentica dei benefici ricevuti da lui, sembra
accettare il matrimonio con uno straniero senza patria. Subito Zeus incarica Ermes di
ricordare ad Enea quali dover glimpone il Fato. Ermes trova Enea occupato a dar
ordini e consigli per gli edifici che sorgono, e lo rimprovera a nome di Zeus di stare l
a curare glinteressi di un regno che non suo, trascurando quello che gli di hanno
affidato a lui e ai suoi discendenti.
Stupito e umiliato dal rimprovero degli di, Enea ordina ai suoi di preparare la
partenza e intanto cerca le parole da dire a Didone per addolcirle il dolore di una
separazione imprevista. Ma prima di Enea la Fama, con le sue mille bocche, informa
Didone che i Troiani stanno per partire. Con la speranza di dissuaderlo, la regina
corre da Enea; ma preghiere e suppliche non lo distolgono dallubbidire agli ordini di
Zeus. Didone deve capire, dice Enea; come lei, esule, si creata una nuova patria,
anchegli ha questo dovere, che, inoltre, un dovere imposto dagli di. Ma Didone
non capisce, come Enea vorrebbe; rinnova pianti e preghiere, inutilmente cerca di
ottenere almeno che egli parta in una stagione pi propizia.
Quando in Didone ogni speranza caduta, ed essa delusa e stanca anche della
bella luce del sole, accoglie con sollievo gli oscuri portenti499 che, mentre compie i
consueti sacrifici, le suggeriscono il pi triste rimedio al suo dolore: lacqua si
intorbida, il latte diventa scuro, il vino si cambia in sangue raggrumato e di notte
sente la voce sommessa di Sicheo che la chiama, mentre un gufo gli fa eco dai tetti
vicini. Didone allora va dalla cara e fedele sorella Anna e, con voce serena, per
dissimularle 500 la cupa verit che nasconde in cuore, le dice che una maga le ha
consigliato un incantesimo per dimenticare leroe e il suo tradimento. necessario
innalzare un rogo e provi sopra una immagine di Enea e tutto ci che ha lasciato nella
reggia, armi e vesti. Anna si affretta ad esaudire il desiderio della sorella che
vorrebbe rivedere serena e coraggiosa regina dei Fenici, comera prima dellarrivo di
quello straniero. Mentre vicino alla reggia si accumulano i ceppi secchi per il rogo,
sulla spiaggia Enea ha portato a termine i preparativi per la partenza. La mattina,
appena il bruno mantello della Notte sfuma in rosato-arancione e il mondo comincia a
essere appena visibile, Didone, che ha passato la notte insonne, vede il mare bianco di
vele e spumeggiante intorno a navi che si allontanano velocemente da Cartagine. Con
la certezza della partenza di Enea, la disperazione di Didone non ha limiti: impreca
contro gli di crudeli, contro Enea fedifrago,501 grida alla sua terra, alle sue spiagge,
al suo mare di esser nemici, sempre, delle terre, delle spiagge, dei mari su cui regner
la stirpe di Enea. Corre al rogo, afferra una spada, dono di Enea, vi si getta sopra e
cade fra le cose che erano appartenute alleroe.
499
rimproverando quella loro pazzia per cui hanno bruciato i cari legni506 della patria,
dove era la speranza del loro futuro, riescono a convincerle dellerrore commesso.
Pentite e vergognose corrono via, vanno a nascondersi nelle caverne o dietro gli
scogli; ma intanto il fuoco divampa, serpeggia nellinterno delle navi, sfugge e resiste
allacqua con cui si tenta di spegnere lincendio sino a che Zeus, commosso dalle
preghiere di Enea che lo supplica di non far finire cos quelle sole cose della patria
che sono rimaste a loro ormai senza patria, non scatena un temporale cos violento
che lincendio si spegne subito e molte navi possono essere salvate. Ma lepisodio
rende pensoso Enea. Non avranno ragione le donne?, egli si chiese; non sarebbe
veramente meglio trascurare i vaticini e fondare in Sicilia la nuova patria? Si
consiglia col vecchio saggio Naute che propone una soluzione intermedia; suggerisce
infatti ad Enea di fondare una citt, s, ma per le donne, i bambini e tutti coloro che
sono ormai stanchi di viaggiare.
Durante la notte appare ad Enea lombra di Anchise; approva il consiglio di
Naute e dice al figlio di far presto vela verso lItalia e l di affidarsi alla Sibilla 507
perch lo guidi nei campi Elisi508 dove desidera vederlo ancora per dirgli molte cose
importanti: ora non pu, incalzato com, lui morto, dal sole che sta per sorgere. Enea
vorrebbe trattenere il padre, vederlo ancora, abbracciarlo; ma lombra di Anchise si
dileguata.
Con laiuto di Zeus, del re amico Aceste e di tutti i compagni, Enea getta le
fondamenta per la nuova citt vicino al sepolcro di Anchise, e dopo nove giorni parte
con i suoi pi giovani e gagliardi compagni; lo accompagnano i pianti delle donne
che ora vorrebbero seguire leroe su quel mare gi prima odiato e in quel tanto temuto
viaggio alla ricerca della patria.
In piedi a prora, col capo cinto di sacro ulivo, Enea verso in mare una coppa di
vino e sparge sulle acque le viscere509 delle vittime che ha sacrificato prima di
imbarcarsi. Dopo questi riti propiziatori ha inizio il viaggio su acque tranquille. Il
vento favorevole e, di notte, il chiaro cielo stellato, che mostra la rotta, aiutano il
Sonno a tendere un inganno al fedele nocchiero Palinuro. Da poco passata la
mezzanotte, e il lieve Sonno si avvicina a Palinuro con laspetto di Forbante, esperto
marinaro anche lui, e lo consiglia di riposare un po, approfittando del mare
calmissimo, del vento favorevole e di lui, che controller la rotta. Ma Palinuro
risponde di conoscere troppo bene il mare infido510 e i suoi improvvisi cambiamenti,
per affidare ad altri il timone della nave su cui viaggia il caro Enea. Fallita questa
prima insidia, il Sonno scuote su Palinuro un ramo bagnato con lacqua dello Stige, il
fiume della morte; subito gli occhi del fedele timoniere si chiudono pesantemente,
anche se le mani reggono ancora con forza il timone. Il malvagio Sonno, allora,
scardina il timone, lo fa precipitare in mare trascinando anche il fedele Palinuro. La
nave vacilla, sbanda paurosamente; Enea accorre per primo e, mentre tenta di
506
reggerla e di guidarla alla meglio, scruta le acque cercando Palinuro. Dalle acque
affiorano solo scogli aspri, 511 coperti di bianche ossa umane. Sono gli unici resti di
quegli infelici naviganti che, quando un tempo qui vivevano le Sirene, avevano
ceduto al loro magnifico e insidioso canto. Di Palinuro nessun segno. Piangendo il
fedele nocchiero perduto, Enea guida la nave verso le coste italiche e approda a
Cuma, dove Anchise gli ha detto di cercare la Sibilla.
Impaziente di vederla, Enea, appena approdato, si dirige al tempio di Apollo,
splendente di marmi e di oro, compie i sacrifici propiziatori e si ferma presso
lapertura di unimmensa grotta che, con cento porte e per cento vie, si addentra nella
montagna guidato sino ad una caverna dalla voce della Sibilla. A questa Enea chiede
se, giunto in Italia, siano finiti i pericoli e possa trovare dove dare una stabile sede ai
Penati. La Sibilla, appena sente che il dio sta per comunicare la risposta per Enea,
impallidisce, si straccia gli abiti, le si sciolgono i capelli, si agita, sembra ingigantita e
va su e gi per la caverna mugolando512 parole prive di significato, sino a che non
erompe in un grido che rimbomba nella grotta in cento voci confuse: la risposta del
dio.
Finiti i pericoli del mare, non della terra. Arriverete al regno di Lavinio, e ve
ne pentirete. Guerre, guerre: il Tevere rosso di sangue. Nuovo Xanto. Nuovo
Simoenta. Nuovo Achille. Era sempre pi nemica. Mendicherai aiuti. Una donna, una
straniera provocher ancora tanto male. Non arretrare, 513 compi le fatiche, sopporta
glinfortuni. Queste le parole comprensibili, confuse con altre inafferrabili, sinch la
Sibilla, finita lispirazione del dio, si calma e tace.
Ed Enea: Sono pronto a tutto; ma prima di lasciarti ti chiedo di
accompagnarmi a vedere il mio vecchio padre. Mi hanno detto che tu lo puoi, e che
da questa grotta si pu andare sino agli Inferi.
E facile scendere l, risponde la Sibilla, ma difficile ritornare a rivedere
le stelle. concesso solo a quei pochi che sono cari agli di. Nella selva scura e triste,
qui vicina, che circonda il Cocto, il fiume del pianto, c un albero con un
ramoscello doro. Trovarlo difficile, ed impossibile troncare quellesile legno
contro la volont degli di. Se lo trovi e non puoi troncarlo, non insistere: gli di non
ti sono propizi; ma se lo cogli portalo con te per offrirlo alla bella regina degli Inferi,
Proserpina, che lo vuole in dono. Vai a cercarlo, ma prima rendi gli onori funebri ad
un tuo compagno che giace sul lido, insepolto.
Enea esce dalla grotta preoccupato per le parole della Sibilla e, triste per
loscuro accenno a quel suo compagno morto che egli non sa chi sia, si avvia al lido
dove vede radunata una gran folla. Durante la sua assenza Miseno, il trombettiere
capace di risvegliare in chiunque il pi ardito spirito guerriero, ha voluto gareggiare
con Tritone a chi suonasse con pi vigore, e il dio marino, forse per lo sdegno di
sentirsi superato da un mortale, forse per punirlo della sua presunzione, ha tirato
Miseno sottacqua dallo scoglio dovera seduto e subito dopo ha restituito un corpo
inanimato.
511
salvo. Non immaginavo che il popolo lucano mi accogliesse come una preda e senza
piet facesse scempio di me. 514 Ora giaccio l, insepolto. Ricerca il mio corpo,
coprilo con un po di terra. Se mi stata tolta la dolce luce, mi sia data almeno
lultima pace.
Prima che tu non pensi avrai pace, risponde la Sibilla. Chiari prodigi,
accompagnati da pestilenza e da sciagure, avvertiranno presto quel popolo empio di
renderti solenni onori funebri e di dare il tuo nuovo al luogo in cui sei caduto, che da
te si chiamer per sempre Palinuro.
Intanto la Sibilla, seguita da Enea, ha raggiunto la sponda del fiume; Caronte
appena vede il ramoscello doro scaccia le ombre che gi si erano precipitate a
prender posto e fa salire Enea sulla barca che sotto il peso vivo di quel solo cigola,
scricchiola, pesantemente solca le onde e a fatica raggiunge laltra riva. L Enea
accolto dal triplice e furioso latrare di Cerbero 515 che gli si para davanti digrignando
con rabbia furiosa, protende i tre colli dal pelo arruffato dal quale spuntano, viscidi e
guizzanti, numerosi piccoli serpenti. Solo dopo che la maga ha gettato nelle tre fauci
fameliche e ingorde un miscuglio di miele e di grano, Cerbero si calma e si
addormenta. Enea pu ora avanzare nel regno da cui non si torna, arriva al bivio da
dove partono la strada per i campi Elisi e quella per il Tartaro.516 Dallalto Enea vede
una grande citt chiusa da tra cinte di mura a loro volta circondate dal nero
Flegetonte, il fiume del fuoco, che scorre tumultuoso trascinando sassi e fiamme.
Appollaiata su di una torre altissima, di ferro, la torva 517 Furia Tesfone, agitando una
frusta formata da lunghe serpi, incita le sorelle a inseguire e a tormentare i dannati.
Dalla citt si alza un confuso rumore di pianti e di lamenti mescolati a strido di
catene e di ferri che fanno spavento anche al prode Enea. Quello, informa la
Sibilla, il regno di Radamanto 518 dove sono puniti i fraudolenti, 519 gli avari, i
violenti, i traditori e tutti coloro che hanno violato le leggi civili, sacre come leggi
divine. Le porte di questa citt stridono ogni volta che si aprono per far passare i
dannati. Essi per prima cosa vedono un serpente mostruoso dalle cinquanta bocche,
ingorde e rabbiose protese verso di loro e poi precipitano nel profondo baratro del
Tartaro, pi profondo di quanto sia distante la terra dal cielo.
La Sibilla ed Enea avanzano ancora e presto giungono ai campi Elisi, lampia e
serena regione dimora dei beati. Tra questi Enea scorge lamata immagine del padre
e, piangendo di gioia di rinnovato dolore, gli corre incontro e per tre volte
labbraccia; ma per tre volte le braccia gli tornano al petto; non ha stretto che una
vana ombra.
Ho voluto che tu scendessi quaggi, dice Anchise, per rafforzare la tua fede
nel destino e per mostrarti quale grande stirpe avr origine da te. Perch le anime che
tu vedi stanno qui mille anni per purificarsi; poi, ottenuto dalle acque del fiume Lete
514
loblio 520 completo della loro vita passata, ritornano sulla terra per reincarnarsi521 in
vite nuove e migliori delle precedenti. Solo poche anime, attraverso varie vite e
millenni di purificazione, sono divenute perfette e si sono confuse con il fluido che
lanima e il principio del mondo. Te ne mostrer ora alcune che si reincarneranno nei
tuoi discendenti quando avranno raggiunto la purificazione e loblio. Ed Anchise
gliene addita 522 varie preannunciando la gloria che ognuna di essere porter alla stirpe
di Enea, destinata a raggiungere la pi alta potenza irradiando523 nel mondo la civilt.
Dal padre, Enea apprende anche le lotte che dovr sostenere quando sar arrivato
nella terra indicata dal Fato; saranno lotte dure e sanguinose, compensate, tuttavia,
dallorgoglio per le future glorie dei suoi discendenti.
Con la visione dello splendido futuro suo e dei suoi Enea si allontana dal
mondo dei morti, fa ritorno alle navi, salpa e comincia a costeggiare la terra italica
alla ricerca del luogo destinato dal Fato.
Dopo alcuni giorni di navigazione, nel roseo chiarore dellAurora, appare ad
Enea la larga e rapida foce di un fiume che getta acque dorate nelle verdi acque del
mare, mentre canori uccelli palustri volano dintorno e si perdono nella foresta vicina.
A riva, a riva, grida Enea. Fa dirigere le navi verso la bella corrente,
lietamente ne fa risalire il corso, sinch, quasi subito, trova un luogo adatto dove
poter approdare. Discendono, preparano i cibi e, non sapendo dove appoggiarli, li
mettono sopra le grandi e larghe focacce di farro 524 di cui sono provvisti. I cibi sono
pochi, insufficienti per il loro appetito; quando sono finiti, non avendo altro,
addentano avidamente anche le semplici focacce.
Che fame, grida Iulo, mangiamo anche le mense!.
Enea ricorda la profezia di Celeno, che gli era sembrata terribile: dalla fame
mangerete anche le mense, e alle parole del figlio improvvisamente ha la certezza di
essere arrivato alla fine del suo viaggio; si inginocchia e bacia la terra a lungo cercata
che sar la sua nuova patria.
Ti venero, terra promessa, ringrazio voi santi Numi di Troia, fedeli protettori
dei miei viaggi. Qui la patria.
Allannunzio tutti libano agli di, venerano, anche se ancora ignoti, i Numi
protettori di quei luoghi e con letizia ascoltano tre fragorosi tuoni. Sono questi il
rassicurante annuncio di Zeus che tempo di fondare le mura desiderate. Il giorno
seguente Enea sceglie cento dei suoi uomini migliori, pone in testa ad ognuno una
corona di ulivo, simbolo di pace, consegna loro ricchi abiti tessuti dalle donne troiane
e le insegne regali di Priamo perch le offrano al re di quella regione, chiedendo
amicizia e pace. Gli ambasciatori salgono il colle, sulla cui sima si alza Laurento, la
citt dei Latini, e sono introdotti nel cortile dalle cento colonne della grande reggia.
Seduto sul trono, il re Latino accoglie con benevolenza i Troiani, i loro doni e le loro
richieste di pace e di amicizia. Larrivo degli uomini di un re straniero gli ricorda un
520
Oblio: dimenticanza.
Reincarnarsi: assumere un nuovo corpo, unaltra vita corporea.
522
Addita: indica, mostra.
523
Irradiando: diffondendo, estendendo.
524
Farro: variet di frumento molto diffusa nellantichit.
521
Rutuli: costituivano il popolo pi compatto e battagliero del Lazio. Facevano razzie nei territori confinanti, avevano
mire espansionistiche e perci erano costantemente in guerra con gli altri popoli della regione.
526
Precetti: comandamenti, ordini.
527
Zizzania: discordia, contrasto.
528
Coste: costole.
la guerra, ma per uscirne vittorioso risali la mia corrente, vai, non lontano da qui, dal
re Evandro529 della stirpe di Pallante e a lui chiedi aiuto e alleanza.
Enea si sveglia, vede il sole che sta sorgendo, si purifica con le acque del fiume
amico, promette a quel dio onore e doni, fa preparare le sue due migliori navi e parte.
Naviga giorno e notte, sino a che non scorge le poche e semplici case su cui regna
Evandro. Approda, e ai cittadini che, con a capo Pallante, figlio di Evandro, gli si
fanno incontro, chiede di essere guidato sino dal re a cui vuol domandare amicizia e
alleanza. Evandro accoglie benevolmente lo straniero: ricorda, e glielo dice, di averne
conosciuto il padre, nei lontani tempi della giovinezza, e di aver scambiato con lui
doni ospitali. Promette laiuto richiesto consacrando la promessa con un sacrificio
agli di; tuttavia fa notare ad Enea che il suo regno piccolo, pochi gli uomini che
pu dargli e lo consiglia di allearsi con altri popoli pi numerosi del suo, che vivono
nellEtruria non lontana. Per il viaggio gli offre la scorta di uomini suoi e volentieri
affida ad Enea anche il caro figlio Pallante perch lo inizi530 al duro esercizio delle
armi.
Enea parte per la citt etrusca di Cere accompagnato dai recenti alleati, seguito
dagli sguardi delle madri pallide di timore e da quello del vecchio Evandro che con
tristezza, quasi presagio del futuro, vede partire lunico figlio. Mentre Enea lontano
dai suoi e raccoglie armi ed aiuti, i compagni rimasti presso le navi vedono aggravarsi
sempre di pi la situazione. Ubbidienti agli ordini di Enea, non attaccano gli
assalitori, ma si limitano a difendersi e, pur non avendo spiegato tutte le loro forze, 531
impediscono a Turno di entrare nellaccampamento; non riescono, per, ad
impedirgli di raggiungere le navi e di incendiarle. Fra le colonne di fumo, le scintille
e le fiamme che arrivano al cielo, si vede improvvisamente un immenso chiarore e si
sente una voce che riempie di spavento i combattenti delle due parti: Troiani, non
cercate di portare aiuto alle vostre navi, non mettetevi a nessun rischio. E voi, navi,
siate libere e dee del mare. Fra lo stupore generale le funi si sciolgono, le navi
affondano e, subito dopo, appaiono sulla superficie marina altrettante graziose ninfe.
Dal prodigio Turno trae lieti presagi per s, e incita i Rutuli a stringere ancor
pi lassedio intorno ai Troiani che stanno perdendo ogni speranza di poter resistere
sino al ritorno di Enea. Questo, nel frattempo, trovati in Etruria gli aiuti necessari, ha
mandato la cavalleria per via di terra, ha portato invece con s la fanteria e sta
navigando per raggiungere al pi presto il campo sul Tevere. Una notte in cui
intento a sorvegliare il timone e le vele, alla luce della luna vede avanzare un gruppo
di graziose ninfe. Una si aggrappa al suo legno e parlandogli con dolcezza gli dice
che le sue navi, ora trasformate in ninfe, sono venute incontro a lui per informarlo di
quanto avvenuto e avviene nel campo. La cavalleria degli alleati Etruschi,
prosegue la ninfa, ha gi raggiunto la localit fissata da te e ti aspetta, ignorando che
Turno sta preparandosi per attaccarla. Tu affrettati, arriva dai tuoi prima che sorga il
529
Evandro: figlio di Ermes e della ninfa Carmente, venne dallArcadia nel Lazio e vi fond, sul colle Palatino, una
citt che chiam Pallanteo, dal suo antenato Pallante. Vi diffuse la civilt, luso della scrittura, la musica e il culto di
alcune divinit.
530
Lo inizi: lo avvii.
531
Pur non avendo spiegato tutte le loro forze: pur non avendo disposto tutte le loro schiere in formazione da
combattimento.
sole, previeni lazione di Turno, semina strage fra i nemici, gli di ti saranno
favorevoli. Prima di rituffarsi in mare, la ninfa d una spinta alla nave, che comincia
a solcare le acque pi veloce di una freccia, mentre il pio Enea, invocati gli di, fa
armare i compagni perch siano pronti a combattere appena sbarcati. Allalba sono
alla foce del Tevere; Enea imbraccia il grande scudo doro, opera di Efesto, e,
agitandolo, investe di barbagli532 luminosi i due accampamenti. Lo vedono i Troiani,
esultano e si rianimano; lo vede Turno e incita i suoi contro quelli che stanno
arrivando per impedirne lo sbarco. La mischia immediata e sulle rive del fiume c
un solo groviglio di armi e di corpi. Cadono Troiani, Rutuli, Etruschi, cade anche, per
mano di Turno, il giovane Pallante: nello stesso giorno ha conosciuto lorrore della
guerra e la morte. Ne arriva subito la notizia ad Enea che, in un attimo, rivede il caro
vecchio Evandro, il dolce Pallante, la larga533 ospitalit, il generoso aiuto e, quasi
niente altro gli interessasse, corre alla ricerca di Turno per vendicare la morte del
giovane amico, unico amore del vecchio Evandro. Correndo per il campo, travolge
chiunque gli si faccia incontro, n la strage ne arresta limpeto con cui ricerca Turno.
Sullalto Olimpo, Era sconvolta per la vittoria che fra poco arrider 534 agli
odiati Troiani; vede il pericolo di Turno e, pur sapendo che il Fato di lui sta ormai per
compiersi inevitabilmente, vuol ritardarlo almeno di un giorno. Non vista scende nel
campo, e con limpalpabile nebbia d corpo a una figura simile ad Enea. Questa
inconsistente immagine si presenta a Turno e, con la voce e i gesti di Enea, lo sfida a
duello; ma al primo dardo che Turno gli scaglia, volge la schiena e si d alla fuga.
Superbo della vittoria, Turno linsegue, brandendo la spada e gridando ingiurie e
parole di scherno per la sua vilt, senza accorgersi che insegue unombra portata dal
vento. Il falso Enea raggiunge una nave ancorata e vi si rifugia, seguito da Turno
ormai certo della vittoria. Era, allora, scioglie le funi e manda la nave al largo, mentre
Turno, che sta per colpire, vede il nemico svanire verso lalto, trasformato in una
nuvola nera. Per Turno il disonore e il ridicolo di quella fuga involontaria sembrano
insopportabili, e si ucciderebbe se Era, sempre pietosa di lui, non lo trattenesse sino a
che la nave non lo ha ricondotto in Ardea, capitale del suo popolo.
Intanto i Troiani sono arrivati alle porte di Laurento, e gi per due volte hanno
respinto dentro la citt i Latini e i loro alleati Rutuli, quando Turno, anche per il
desiderio di riabilitarsi dopo quella involontaria, ma vergognosa e ridicola fuga,
chiede che la vittoria sia decisa da un duello fra lui ed Enea.
Mentre si fanno i preparativi per il duello, Era, pur avendo promesso a Zeus di
non dare pi nessun aiuto a Turno, incarica la ninfa Giuturna, sorella di Turno, di
differirne535 lei il Fato. Piangendo la sorte del fratello, la ninfa assume laspetto del
vecchio e stimato Camerte, passa tra i guerrieri che aspettano di assistere al duello, e
sparge la voce che quel duello impari e che, se la vittoria arrider ad Enea, tutti loro
saranno schiavi dei Troiani, di quei predoni venuti dal mare. Le parole ottengono
leffetto desiderato; gli animi si accendono a tal punto che uno dei Rutuli scaglia la
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