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Maria Paoli

MITI E LEGGENDE
DELLETA CLASSICA

Copyright 1995 Casa Editrice Le Monnier S.p.A., Firenze

Presentazione

Qual lorigine dellUniverso? Chi ha creato luomo? Perch il sole sparisce


da una parte e ricompare dalla parte opposta? Qual lorigine del fuoco, delle
costellazioni, del fulmine, del vento e della pioggia?
Sono questi alcuni dei tanti interrogativi che i popoli antichi si ponevano di
fronte ai fenomeni della natura. Ma quali spiegazioni, quali risposte essi erano in
grado di dare a queste domande?
Privi di conoscenze e di strumenti scientifici, di fronte a ci che lintelligenza
umana era incapace di spiegare elaborarono racconti di fantasia, i miti appunto, che
se a noi lettori moderni sembrano storie inverosimili, anticamente, quando nacquero
e si diffusero, assunsero valore di verit.
Il mondo mitologico caratterizzato da creature prodigiose, avventure e
situazioni affascinanti, soprattutto un mondo popolato di uomini e di di che spesso
intrecciano le loro esistenze. La potenza divina sovrasta e governa ogni cosa;
limitata solo dal Fato, una forza misteriosa e imperscrutabile, al cui volere devono
sottostare tutti, anche il grande Zeus, padre degli di e degli uomini.
Molti dei racconti che state per leggere hanno come protagonisti divinit
proprie della cultura greca e romana. Questi di, che vivono nella serena sede
dellOlimpo o nelle profondit terrestri, marine e fluviali, se da un lato sono
immaginati come esseri immortali, dotati di poteri straordinari, dallaltro riflettono
gli ideali, i sentimenti e le passioni degli uomini. Come gli uomini, infatti, anche gli
di amano, soffrono, gioiscono, sperano, sono gelosi, vendicativi. Vi accorgerete,
inoltre, che per luomo antico estremamente importante essere pio e rispettoso nei
confronti della divinit per ottenerne aiuto e protezione attraverso feste, sacrifici, riti
sacri. Nei confronti di coloro che osano sfidarli o eguagliarli, gli di, infatti, si
dimostrano intolleranti e implacabili; non esitano a punirli con morti orribili,
supplizi atroci, metamorfosi crudeli.
Ma accanto agli di, il mito celebra anche gli uomini. Non si tratta, tuttavia, di
uomini comuni, bens di eroi, esseri eccezionali, generalmente nati da un mortale e
da una divinit: i semidei: Eracle, Teseo, Perseo, Giasone, Achille, Ulisse, Enea,
di cui leggerete le mirabili imprese e le incredibili avventure, sono forti, coraggiosi,
audaci, astuti, intraprendenti.
Amano lavventura, il rischio, combattono contro mostri, giganti, divinit ostili
e riescono a sconfiggerli grazie alla loro forza prodigiosa o allintervento di qualche
divinit. Lincantato mondo della mitologia ci trasporter in luoghi lontani e favolosi
nei quali uomini e di si incontrano e si scontrano, si parlano e collaborano.
Seguendo le peripezie dei singoli eroi vi avventurerete in viaggi straordinari, ricchi
di imprevisti, condividerete le loro paure e le loro ansie, le loro gioie e le loro
tristezze e di certo esulterete con loro nel momento della vittoria.
ROSETTA ZORDAN

Gli di

Origine dei miti

Il ciclo della vegetazione e lalternarsi delle stagioni, lincostanza


dellatmosfera, il mistero delloltretomba, costituiscono probabilmente lorigine delle
leggende che sono sorte sino dai tempi pi lontani presso tutti i popoli.
Fra i popoli antichi, il greco stato uno dei pi ricchi di immagine ed esso vide
nella vita della natura lespressione di esseri soprannaturali che popolavano la terra, il
mare, i fiumi, il mondo sotterraneo. Questi esseri furono chiamati di, e ogni dio ebbe
una sua storia, la quale, prima che scrittori e poeti ne facessero materia dei loro
racconti, fu trasmessa a voce, di padre in figlio, attraverso i secoli.
I Greci concepivano gli di come esseri simili agli uomini, ma a loro molto
superiori per potenza e qualit fisiche: bellissimi, di forza immensa,
straordinariamente grandi. Zeus, col solo muover degli ciglio 1 fa tremare tutto
lOlimpo,2, tutti gli di vedono e odono per estensioni illimitate, superano le distanze
in brevissimo tempo, hanno il dono dellinvisibilit e, se occorre, possono rendere
invisibili i loro protetti; ma, come i mortali, sono soggetti alle passioni e a volte
vengono rappresentati gelosi, vendicativi. Anchessi dormono e mangiano, il loro
cibo il nttare, la loro bevanda lambrosia; nascono come nascono gli uomini, ma
crescono rapidamente e subito mostrano la loro forza. Ermes, nato di mattina, a
mezzogiorno gi suona la lira, nel pomeriggio scappa dalla culla per andare a rubare e
a nascondere le giovenche 3 di Apollo, e mette in atto il suo piano con tanta furberia
che neanche Zeus riesce a scoprirlo.
A differenza degli uomini, gli di, quando hanno raggiunto il pieno sviluppo,
non cambiano pi; la vecchiaia loro ignota:4 sono immortali, bench pene varie
possano affliggere la loro anima; anche il loro corpo, sia pure in casi eccezionali, pu
essere ferito ed sensibile al dolore.
Gli di sanno penetrare ogni segreto, possono comandare alla natura, infliggere
malattie e guarirle, suscitare tempeste e placarle; ma, nellimmaginare il potere
immenso degli di non si era giunti ancora al concetto dellonnipotenza assoluta.
Zeus stesso, in Grecia, immaginato soggetto al volere di un essere indefinito, il
Fato, le cui decisioni, fisse da tempo immemorabile, si devono attuare anche contro la
volont del massimo degli di.
Intorno alle varie divinit si intrecciarono vari miti, che col tempo si
arricchirono di particolari e finirono col modificarsi tanto da divenire, qualche volta,
contraddittori fra di loro. Dal complesso di questi miti appare che, pi che una precisa
credenza, la religione greca imponeva il culto degli di, cio lobbligo di determinati
riti (sacrifici, preghiere, onore di templi), il cui scopo era di rendere propizia la
divinit. Ai sacerdoti era possibile entrare in contatto con gli di per mezzo di cose o
1

Ciglio: assume qui il significato di sopracciglio.


Olimpo: il monte pi alto della Grecia, tra la Tessaglia e la Macedonia, sulla cui cima coperta da nuvole perenni, gli
antichi immaginavano che vivessero gli di.
3
Giovenche: vacche giovani, che hanno appena oltrepassato il primo anno di et.
4
Ignota: sconosciuta.
2

di persone alle quali una divinit, in forma per lo pi oscura5 e confusa, comunicava
il proprio pensiero. I sacerdoti ricostruivano i vaticini6 interpretando parole spesso
vaghe e poi riferivano il responso del dio ai fedeli giunti anche da molto lontano per
avere una indicazione o un consiglio dalla divinit, alla quale avevano in precedenza
fatto larghi7 sacrifici. A Dodona8 i sacerdoti interpretavano la volont di Zeus dal
sussurro del bosco di querci che si trovava vicino al tempio; a Delfi9 i sacerdoti
avevano lufficio 10 di dare un senso alle parole sconnesse e mozze 11 pronunciate dalla
Pizia, sacerdotessa che diceva fosse ispirata direttamente da Apollo.
Le stirpi italiche, la cui civilt ebbe una evoluzione pi tarda e rispecchi una
immaginazione meno vivace, per venerare i loro di istituirono ordini sacerdotali e
solennit sacre, precisarono le cerimonie del culto e gli uffici dei sacerdoti, ma non
crearono fantasiose leggende. Quando le stirpi italiche vennero a contatto con le
popolazioni orientali, in particolare con quelle dellEllade, ne conobbero la vita e ne
adottarono gli usi, non trascurarono i loro miti, ma li trasportarono a Roma
adattandoli, secondo le affinit che essi vi scorgevano, al concetto che si erano fatti
delle proprie divinit. Padre di tutti gli di, presso i Greci, era Zeus; presso i Romani
Giove (Iuppiter). Figlia di Zeus era Atena, di Giove Minerva. I nomi differivano; ma
poich il loro ufficio era simile, il mito relativo ad essi pot essere lo stesso.
Solo poche divinit italiche non trovarono riscontro nelle greche: sono per la
maggior parte di protettori delle messi, dei campi, dei fiori, dei confini: i Romani,
pur non avendo creato con limmaginazione fantastici racconti, avevano divinizzato
qualsiasi elemento facesse parte della loro primitiva vita campestre. Basti dire che
accanto a Cerere, protettrice delle messi, erano poste altre sette divinit, e ciascuna di
essa aveva un ufficio particolare per la crescita delle messi. Seia protegge il seme
sotto la terra, Proserpina apre le prime gemme, Nodotus gonfia i nodi dei calami12,
Volutine snoda le pannocchie, Patalena libera i chicchi dalla pula, 13 Lacturnus li cura
quando sono ancora teneri, Matuta li porta a maturazione.

Oscura: poco chiara, ambigua, difficile da interpretare.


Vaticini: profezie.
7
Larghi: abbondanti.
8
Dodona: antica localit dellEpiro (regione della Grecia), centro religioso dei popoli pre-ellenici.
9
Delfi : antica citt della Focile (regione della Grecia), sede di un famoso oracolo dedicato ad Apollo.
10
Ufficio: incarico.
11
Sconnesse e mozze: sconclusionate, incompiute, prive di logica.
12
Calami: fusti sottili.
13
Pula: involucro o rivestimento dei chicchi di cereali; si stacca con la trebbiatura.
6

Si forma il mondo. Nascono gli di.

Nel tradizionale racconto mitologico il popolo greco immagina la creazione del


mondo contemporanea a quella degli di. La prima origine di tutte le cose secondo
alcuni miti fu il Caos, spazio immenso in cui era il seme di ogni cosa, secondo altri fu
la terra, Gea, madre di tutto il creato. Ogni divinit trasse origine dalluno o dallaltra,
e i primi della numerosissima schiera degli di furono il Giorno, la Notte, Urano (il
cielo stellato che aveva il dominio di ogni cosa creata), Ponto (il mare immenso),
Oceano (il grande fiume che, secondo i Greci, circondava tutta la terra).
Dal matrimonio fra Gea e Urano nacquero moltissimi di, fra questi: tre
Ciclopi, Bronte (il tuono), Strope (il lampo) e Arge (lo splendore): tre Centmani o
Ecatonchri, Cotto, Briareo e Gige, mostri dalle cinquanta teste e dalle cento braccia
che rappresentavano le forze sconvolgitrici della natura, e infine i dodici Titani.
Quando il mondo popolato di divinit, Urano stesso, che a ci ha contribuito,
per timore che i suoi figli gli tolgano la signoria delluniverso, li relega 14 nel Tartaro,
regione profondissima per raggiungere la quale si precipita attraverso i baratri della
terra per nove giorni consecutivi. Istigati15 dalla madre, essi vorrebbero ribellarsi; ma
solo il pi giovane, Crono, ne ha il coraggio: affronta il padre, lo offende e lo ferisce,
lobbliga a cedergli il dominio del mondo. Dal sangue del vinto nascono le Erinni,
furie vendicatrici dei delitti familiari.
Crono ora il signore delluniverso avendo vinto Urano; ma per non farne la
stessa fine, come il padre gli ha predetto prima di cedergli il dominio del mondo,
divora i figli man mano che gli nascono. Gi sono scomparsi Esta, Demetra, Era,
Ade, Poseidone; quando nasce Zeus, Rea, la grande madre, simbolo della pioggia
fecondatrice, per sottrarlo a quella fine orrenda, presenta a Crono un sasso avvolto in
fasce. Il sasso ingoiato senza sospetto e il piccolo Zeus affidato ad alcune Ninfe
perch lo allevino.
Divenuto adulto, Zeus si presenta al padre, lo costringe a rigettare i figli, i
quasi essendo immortali vivevano ancora, e tenta di sostituirsi a lui nella signoria
delluniverso. Si inizia una lunga lotta che durer dieci anni. Zeus libera dal Tartaro e
si fa alleati alcuni dei Titani figli di Urano. Altri Titani, fra i quali Giapeto e i suoi
figli, restano fedeli a Crono e lo aiutano a difendere la signoria. Gli di che
ubbidiscono a Zeus sono riuniti sul monte Olimpo, quelli agli ordini di Crono sul
monte Otri. La vittoria non arride16 n agli uni n agli altri sinch Zeus non chiama a
combattere al suo fianco anche i Centmani e i Ciclopi. La lotta allora diviene
furibonda: i Centmani con le loro cento braccia afferrano le enormi cime dei monti e
le scagliano contro i nemici; i Ciclopi ininterrottamente forniscono a Zeus tuoni,
fulmini e saette. Come se la terra sprofondasse e il cielo precipitasse dallalto, il
fragore immenso: giunge sino in fondo al Tartaro e rimbomba sul mare e sulla terra.
14

Li relega: li confina, li costringe a vivere in un determinato luogo.


Istigati: incitati, spronati.
16
Non arride: non favorevole.
15

Luniverso avvolto da una caligine17 di polvere che il riflesso degli incendi


provocati dai fulmini di Zeus rende rossastra e rovente, mentre un vento impetuoso
confonde in un unico, incessante boato18 i gridi dei combattenti immortali. Infine sul
monte Otri si lotta pi debolmente; quelli dellOlimpo hanno il sopravvento,
avvincono 19 con catene i Titani di Crono e li fanno precipitare in una regione molto
pi profonda del Tartaro, che pure profondissimo. Qui, circondati da una barriera di
bronzo, avvolti da un buio impenetrabile, sorvegliati dagli Ecatonchri fortissimi, i
Titani pagano il fio 20 della loro ribellione a Zeus.
Ma la signoria di Zeus non ancora sicura; Gea, volendo vendicare quelli dei
suoi figli che sono stati ridotti in schiavit, genera dodici Giganti che sorgono dal
suolo enormi e spaventosi, non solo per gli ispidi21 capelli che si confondono con la
lunghissima barba, ma soprattutto a causa di due serpenti viscidi e squamosi che
sostituiscono le gambe. Assalgono lOlimpo lanciando massi e interi alberi in
fiamme. Gli di accorrono tutti in aiuto a Zeus: lanciando contro i Giganti cime di
monti ed isole intere che schiacciano i mostri liberando dal pericolo il padre degli di
e tutto lOlimpo.
Gea non si arrende ancora: genera Tifone, ancora pi possente e pi mostruoso
dei Giganti. Pi grande e pi alto dei monti, tocca il cielo con la testa, lOccidente
con una mano, lOriente con laltra; dal corpo coperto di penne ispide come spine
guizzano cento teste di serpente: gli occhi lanciano fiamme, le cento bocche mostrano
altrettante lingue vibranti22, appuntite, livide di veleno e, quando si spalancano,
emettono voci pi diverse. Ora sono cupi muggiti di tori, ora ruggiti di leone
affamato, seguono guaiti di cucciolo subito superati da gridi cupi e minacciosi come
boati. Tutto luniverso trema di fronte a questo mostro e gi teme di divenirne preda,
quando Zeus, afferrato il rapido fulmine lo scaglia contro Tifone: una sola fiammata
gli brucia tutte e cento le teste, quindi il corpo, trasformato in un immenso rogo,
precipita nel profondo Tartaro mentre Gea, la terra, ne piange la sconfitta con lunghi
gemiti di dolore.
Un ultimo assalto allOlimpo, tentato da due figli di Poseidone, i giganti Oto ed
Efialte, non ha lo scopo di attentare al potere di Zeus, ma di rapire Era ed Artemide
che i due giganti vorrebbero sposare.

17

Caligine: nebbia fitta, fumo.


Boato: suono o rumore cupo e rimbombante.
19
Avvincono: legano strettamente.
20
Fio: pena, punizione.
21
Ispidi: irti, ruvidi, pungenti.
22
Vibranti: frementi, ci che ha un movimento continuo, ma non violento.
18

Zeus (Giove), padre degli di


Zeus, conquistata definitivamente la signoria delluniverso, divise il suo
impero con i fratelli Poseidone e Ade; a questo affid il regno degli Inferi, a quello il
regno del mare e della superficie terrestre, riservando per s il dominio del cielo che
fu da allora dominio incontrastato.23 Vicino a Zeus, nel grande palazzo dellOlimpo,
si raggruppavano tutte le divinit maggiori. Altre innumerevoli divinit minori
vivevano in terra, presso gli Inferi, nel mare, nei fiumi.
Per i Greci Zeus il padre degli uomini e degli di, il dio supremo che domina
il cielo e la terra, aduna 24 le nubi, comanda i tuoni e i fulmini e, quando scuote
lgida, d origine a grandi tempeste. Nei tempi pi antichi lgida era immaginata
come una coltre25 di nubi fittissime, impenetrabile allo stesso fulmine; in seguito fu
chiamato gida lo scudo fatto con la pelle della capra Amaltea, nutrice26 di Zeus.
Zeus distribuiva il bene e il male, scuoteva luniverso con un solo cenno del
ciglio ed era da solo il pi forte, il pi potente di tutti gli altri di uniti insieme. Gi
sappiamo con quale inganno la madre Rea lo sottraesse alla ferocia di Crono.
Affidato alle Ninfe, che lo portarono in una grotta dellisola di Creta, fu allevato dalla
ninfa Adrastea con il latte della capra Amaltea mentre alcune divinit al seguito di
Rea, i Curati, battevano in continuazione le spade sugli scudi per impedire con quel
rumore che Crono udisse i vagiti di Zeus.
Divenuto adulto e re delluniverso, Zeus don alle ninfe che avevano
concorso27 alla sua educazione uninesauribile fonte di ricchezza: la cornucopia, cio
un corno della capra Amaltea dal quale potevano uscire tutti i beni necessari alla vita.
Della stessa capra prese per s la pelle e si fece fare lo scudo, o gida, e infine cambi
in costellazione la benefica capra, sua prima nutrice.
Il mito attribuisce a Zeus una moglie legittima, Era, ma aggiunge che egli ebbe
figli da altre dee e che am anche molte mortali. Per sfuggire alla gelosa sorveglianza
di Era e raggiungere le donne amate, Zeus assumeva forme impensate. And da Leda
con laspetto di cigno, da Europa trasformato in bianco torello; Danae lo vide arrivare
sotto forma di pioggia doro e Io con laspetto di una nuvoletta bianca. Da queste
donne mortali Zeus ebbe dei figli, destinati, come ogni uomo nato da un mortale e da
una divinit, a divenire esseri eccezionali, cio eroi. Da Europa, nacquero Minasse e
Radamanto, da Danae, Perseo. Il pi famoso di tutti fu Eracle, figlio di Alcmena.
Leda depose due uova: in uno cerano la bellissima Elena, che fu la prima causa della
guerra troiana, e Clitemnestra, che divenne moglie di Agamennone: nellaltro i
Dioscri, Castore e Polluce.
Figli di Zeus e di Era furono Ares, Efesto ed Ebe, la coppiera 28; da Maia
nacque Ermes, da Demetra Persfone, da Temi, dea della giustizia, nacquero le Ore e
23

Incontrastato: indiscusso, innegabile, certo.


Aduna: raduna, riunisce.
25
Coltre: strato, massa uniforme.
26
Nutrice: in quanto aveva nutrito Zeus con il suo latte.
27
Avevano concorso: avevano contribuito.
28
Coppiera: durante i banchetti aveva la funzione di versare il nettare nella coppa degli di.
24

le Parche. Erano figli di Zeus anche Apollo e Artemide, nati da Latona, le Muse, nate
da Memnsine, le Criti, nate da Eurmone.
Anche le divinit minori nate da Zeus ebbero importanti mansioni29 nella vita
degli di e degli uomini. Ebe aveva lufficio di versare il nttare nelle coppe dorate
degli di; le Ore, Tallo (la fioritura della primavera), Auxo (lo sviluppo dellestate),
Carpo (i frutti dellautunno), aprivano e chiudevano le rosate porte del cielo da cui
passava lo splendente carro doro del Sole. Le Ore da tre divennero quattro quando in
esse si volle vedere il simbolo delle stagioni, e al loro influsso fu attribuito lo
svolgersi dellanno. Le Criti, che in Roma furono chiamate Grazie, avevano nomi
dolcissimi: Aglia (Splendore), Eufrsine (Gaiezza), Tala (Fioritura); erano il
simbolo di quanto di pi bello esistesse nel mondo e distribuivano agli di e ai
mortali la gioia di vivere.
Alle tre Moire, le Parche dei Romani, era affidato il filo a cui era legata la vita
degli uomini. Cloto lo filava, Lchesi lo aggomitolava, e Atropo lo tagliava quando il
Fato aveva stabilito che una vita finisse. Le Muse formavano un gruppo di nove belle
sorelle a cui era affidata la protezione delle arti pi nobili. rato proteggeva la poesia
lirica, Euterpe il canto, Callope la poesia epica, Clio la storia, Melpmene la
tragedia, Polmnia la poesia religiosa, Terscore la danza, Tala la commedia, Urania
lastronomia.
Prima di Era, Zeus aveva avuto unaltra moglie, Meti, lassennatezza30.
Sapeva pi cose lei, dice il poeta Esiodo,31 che tutti gli di messi assieme. Ma essa
era stata ingoiata dal dio, secondo le abitudini di famiglia, il giorno in cui gli era
venuto il dubbio che un figlio nato dalla dea gli potesse togliere la signoria
delluniverso. Precauzione, come poi si vide, inutile: un giorno Zeus fu assalito da un
fortissimo mal di testa, chiam il figlio Efesto e gli ordin di aprirgli la testa per
vedere che cosa ci fosse dentro. E qualche cosa cera, infatti: armata come un
guerriero, balz fuori una fanciulla dagli occhi azzurri cangianti32 in verde: Atena.
Essa, per, non tent mai di spodestare il padre, ma anzi ne fu la figlia prediletta e
devotissima.
Essendo considerato dai Greci il protettore dello Stato e della famiglia, Zeus
era venerato in tutte le regioni dellEllade, e in particolare nellEpiro, nella citt di
Dodona. Racconta lo storico Erodoto33 che un giorno una colomba nera si pos su di
una quercia nel bosco di Dodona e, parlando con voce umana, disse che in quel bosco
doveva esser fondato un tempio in onore di Zeus. Fu quello il primo tempio eretto al
potente dio, il quale nella vicina foresta di querci esprimeva il suo pensiero col
sussurro delle foglie scosse dal vento. Altra citt famosa, anzi la pi famosa per il
culto di Zeus, fu Olimpia. 34 In questo grande tempio nellet di Pericle, 35 (V secolo
29

Mansioni: incarichi, compiti.


lassennatezza: detta cos perch molto saggia, la saggezza.
31
Esiodo: poeta greco (VIII-VII sec. a.C.).
32
cangianti: di colore variabile, ora azzurri ora verdi.
33
Erodoto: storico greco (485-425 d.C. circa).
34
Olimpia: citt della Grecia, nellElide, sacra al culto di Zeus.
35
Pericle: uomo politico ateniese (495-429 a.C.). Capo di Atene per circa un trentennio, si sforz di estendere
legemonia ateniese su tutta la Grecia, reprimendo ribellioni dei membri della Lega delio-attica. Dopo aver tentato
inutilmente lespansione verso oriente, con linfelice spedizione contro la Persia (458-452), fece occupare lEubea,
30

a.C.), venne collocata una statua del dio, che misurava 13 metri daltezza e poggiava
su di una base quasi altrettanto alta. Laveva scolpita il pi famoso sculture greco,
Fidia. Il padre degli di vi era rappresentato coperto da un mantello doro e seduto su
di un trono in cui oro e bronzo, ebano36 e avorio si fondevano con arte mirabile.
Ogni quattro anni in Olimpia si svolgevano le pi solenni gare atletiche, le
olimpiadi, a cui partecipavano i Greci di tutte le regioni; le olimpiadi avevano tanta
importanza, che ad esse veniva subordinato qualsiasi avvenimento; anche se cera la
guerra, le operazioni belliche erano sospese per far modo a chiunque di partecipare a
quelle manifestazioni.
Zeus veniva sempre rappresentato con barba folta e chioma abbondante, spesso
ornata da una corona di quercia, albero a lui sacro quale simbolo di Dodona, e vicino
gli erano posti lgida, lo scettro, simbolo del potere, e il fulmine.
In Roma il pi grande degli di, Giove, ebbe gli stessi attributi di Zeus. Era il
signore delle tempeste; come datore di pioggia proteggeva lagricoltura ed era
invocato dagli agricoltori che allinizio della semina dedicavano a lui un frugale 37
banchetto. Da Giove partiva il fulmine, ma, poich egli era creduto anche il dio della
luce, solo il fulmine che cadeva di giorno; il fulmine notturno, secondo gli antichi
Romani, era scagliato da Sommano, dio del cielo notturno. Dal culto di Giove doveva
dunque essere escluso tutto ci che ricordasse il buio; ai suoi sacerdoti era fatto
divieto di prender parte a riti funebri, perch il regno doltretomba il regno delle
tenebre; i giorni sacri a lui erano le Idi38 le quali, secondo lantico calendario,
cadevano nel periodo del plenilunio,39quando cio la notte meno buia.
Egli fu venerato su tutti i colli di Roma; il pi antico tempo fu il tempo eretto
sul Quirinale, ma il pi frequentato sorgeva sul Campidoglio dove i Romani si
recavano nelle occasioni pi importanti: il giovane romano che prendeva la toga
virile, 40 il magistrato che sacrificava prima di entrare in carica, il generale vittorioso
quando celebrava il suo trionfo. Nel tempio Capitolino, dove Giove ebbe per la prima
volta il titolo di Ottimo Massimo, erano venerare anche Giunone e Minerva con le
quali Giove formava la Triade Capitolina. In loro onore si svolgevano i ludi magni:
divertimenti vari che duravano quindici giorni; le gare di pugilato e le corse erano i
giuochi pi apprezzati.

giungendo ai limiti di uno scontro con Sparta (446-445). La difficile situazione creatasi con la guerra del Peloponneso
port alla sua caduta nel 430; rieletto un anno dopo, mor di peste. Grande uomo politico, Pericle va ricordato anche per
lallargamento dei diritti democratici che si realizz in Atene durante il periodo del suo governo.
36
Ebano: legno pregiato nero e durissimo.
37
Frugale: semplice, sobrio.
38
Idi: era una data variabile del calendario romano: le Idi cadevano il giorno 15 dei mesi di marzo, maggio, luglio,
ottobre, il giorno 13 degli altri mesi.
39
Plenilunio: la fase in cui la luna, trovandosi in opposizione al sole, mostra completamente illuminato il suo disco
(luna piena).
40
Toga virile: mantello semicircolare in panno di lana, che i giovanetti dellantica Roma indossavano sopra la tunica
quando arrivavano ai sedici-diciassette anni.

Era (Giunone)
Era, la figlia di Rea e di Crono, fu considerata moglie di Zeus, nonostante i
comuni genitori, e venerata come la principale divinit femminile dellOlimpo: regina
del cielo, protettrice delle citt da lei predilette. Tutti gli di si alzavano per renderle
omaggio quando essa faceva il suo ingresso nellassemblea, e sedeva vicino a Zeus su
di un trono doro e davorio.
Il suo potere era grandissimo, e anchessa poteva comandare ai fenomeni
atmosferici e scatenare tempeste, paurose quasi come quelle volute da Zeus. Insieme
con Afrodite e con Atena veniva considerata una fra le pi belle dee dellOlimpo. La
dea della discordia, Eris, quando volle vendicarsi di non essere stata invitata alle
nozze di Peleo e di Teti, 41 seppe quel che fare, evidentemente conoscendo la latente 42
rivalit delle tre dee. Prese una bella mela doro, ci incise sopra tre sole parole alla
pi bella e la gett in mezzo al banchetto. Naturalmente le tre dee si contesero
accanitamente quella mela, ciascuna pretendendo di esserne la destinataria e non si
calmarono sinch Temi, dea della Giustizia, non stabil di chiedere il giudizio a un
mortale. Fu scelto Paride, figlio di Priamo.43 Prima che pronunziasse il giudizio, a
Paride furono fatte delle offerte di corruzione.
Di che il pomo era per me, e ti far re di quante terre vorrai, dice Era.
E Atena: Se preferirai me, avrai gloria in qualsiasi battaglia.
E Afrodite: Dai a me la mela, avrai per te la pi bella donna del mondo.
Paride, forse perch della gloria in guerra o del dominio su tante terre
glimportava poco, forse perch Afrodite era veramente la pi bella, assegn il pomo
ad Afrodite, la quale col mantenere la promessa dette origine a quella terribile
guerra 44 durata dieci anni che procur tanti lutti a tutti gli Achei, e ai Troiani distrusse
la loro citt.
Pur non avendo ottenuto col pomo il riconoscimento ufficiale della loro
bellezza, Era ed Atena continuarono ad essere considerate bellissime, tuttavia Era non
la perdon mai a Paride e non fu contenta sinch non vide rasa al suolo la sua citt,
Troia.
Intorno ad Era la fantasia dei Greci non poteva creare nessuna leggenda troppo
vivace. Come moglie di Zeus, Era doveva rappresentare la massima dignit e verso di
lei nessuno doveva osare unammirazione meno che rispettosa. Issione, re dei
Lpiti, 45 invitato alla tavola degli di, os desiderare per moglie Era. Per punirlo del
pensiero irriverente Zeus lo fece legare con delle serpi a una ruota incandescente che
girava per laria. Nonostante la non comoda posizione, Issione era anche condannato
ad ammonire senza tregua: Si onorino i benefattori!.
41

Peleo e di Teti: Peleo, re di Ftia, in Tessaglia, spos Teti, dea del mare e da essa ebbe un figlio: Achille. Alle nozze di
Peleo con Teti risale lepisodio che port alla guerra di Troia.
42
Latente: nascosta, segreta.
43
Priamo: re di Troia.
44
Guerra: la guerra tra Achei e Troiani che, fra alterne vicende, dur dieci anni.
45
Lpiti: abitanti della Tessaglia (regione della Grecia), di statura gigantesca, famosi per aver combattuto contro i
Centauri, esseri fortissimi, mezzo uomini e mezzo cavalli, che abitavano nei boschi della Tessaglia.

Si raccontava che nel giorno delle nozze fra Era e Zeus, Gea offr in dono una
melagrana. 46 Il dono piacque tanto che Era volle una piantagione di quei frutti rossodorati, divenuti col tempo simbolo del matrimonio, nel giardino degli di, presso il
monte Atlante, e ne affid la custodia alle Espridi e ad un serpente con tre teste. Per
avere uno di quei pomi Eracle comp una delle sue principali fatiche.
Di era il mito poneva in rilievo solo limmensa gelosia che a volte la rendeva
ridicola e a volte cattiva. Per sapere ci che fa Zeus non si perita47 di spiarlo e poi
offenderlo dinanzi a tutti gli di. Quando sa che a Zeus deve nascere un figlio da
Alcmena, una mortale, mette le cose in maniera che questo figlio, Eracle, lotti
accanitamente per tutta la vita sostenendo fatiche immense e mai superate da
nessuno. A Smele, altra sua rivale, consiglia di ammirare da vicino Zeus armato di
fulmine e di gida, ben sapendo che, come mortale, Smele non potr sostenere la
vicinanza del fulmine e ne morir bruciata. Zeus non sempre tollera questi atti di
gelosia. Una volta, irritato per le continue persecuzioni contro il figlio Eracle, prese
Era, le leg le mani, le attacc unincudine 48 a ciascun piede e la tenne poi sospesa
per un po di tempo fra il cielo e la terra. Non per questo Era cambi carattere.
Era fu venerata soprattutto nellisola di Samo, dove in suo onore si svolgevano
feste eccezionalmente splendide bench il suo culto avesse avuto origine in Argo;49
da questa citt si diffuse rapidamente in tutta la Grecia quando fra gli altri attributi si
riconobbe ad Era quello di protettrice del matrimonio.
Nei periodi di siccit, per chiedere la pioggia benefica alla dea che poteva
adunare le nubi e comandare alle tempeste, le si sacrificavano delle capre; queste,
oltre ad esserle sacre, erano considerate, insieme col cane e con la cornacchia, gli
animali pi adatti per richiamare la pioggia.
A Roma Era fu identificata con Giunone, dea protettrice del matrimonio e delle
donne, le quali, per propiziarsi la dea, le consacravano i sopraccigli. Con
lavvicinamento ad Era, la dea romana fu considerata anche moglie di Giove ed ebbe
cos accresciuta la sua dignit e la sua importanza. Fu venerata col nome di Iuno
Regina, e le fu affidata la protezione dello Stato romani; sullEsquilino 50 le fu
dedicato un magnifico tempio dove il primo di marzo si celebravano le pi importanti
cerimonie in suo onore, i Matronalia. Insieme con la dea erano festeggiate e
ricevevano doni dagli anche le madri di famiglia.
In una festa minore in onore di Giunone, a Faleri, 51 era di rito la caccia dei
fanciulli alla capra, lanimale che presso i Romani, come presso i Greci, si diceva
fosse molto amato dalla dea. Ma lanimale in particolare sacro a Giunone era il
pavone; per renderlo pi bello la dea pose sulle lunghe penne della coda i cento occhi
splendenti del cane Argo quando questo mostro fu ucciso da Ermes; da quel giorno
sulla coda del pavone si ammirano belle macchie variopinte e luminose.
46

Melagrana: frutto del melograno; ha un involucro esterno di colore giallo-rossastro pieno di semi succosi, rossi, che
costituiscono la parte mangiabile del frutto.
47
Non si perita: non esita, non si trattiene.
48
Incudine: blocco di acciaio sul quale viene battuto il metallo che deve essere lavorato e modellato.
49
Argo: citt peloponnesiaca che diede il nome alla regione circostante, lArgolide.
50
Esquilino: con lAventino, il Campidoglio, il Celio, il Palatino, il Quirinale e il Vicinale, uno dei sette colli di Roma.
51
Faleri: citt romana dellItalia centrale situata in territorio etrusco.

Atena (Minerva)

Quando Atena balz, splendidamente armata doro, dalla testa di Zeus lanci
un grido altissimo che sconvolse il mare, fece tremare il cielo e la terra, ferm il
corso del sole. Nata con le armi in pugno non poteva non essere divinit bellicosa, 52 e
la leggenda dice che guidava gli eserciti, eccitava tumulti, amava le guerre. Non
godeva, come Ares, dellassalto brutale dove la forza non era regolata
dallintelligenza, ma insegnava larte per conseguire la vittoria suggerendo sapienti
operazioni e ingegnosi stratagemmi. Privi del suo aiuto, Eracle, Giasone, Perseo non
avrebbero concluso vittoriosamente le loro imprese; senza la sua protezione Ulisse
non sarebbe forse tornato in patria.
Ma Atena era anche figlia di Meti, lassennatezza, ingoiata da Zeus, come si
ricorda, e dalla madre aveva ereditato la saggezza e la prudenza; personificava perci
anche la pace, la quiete, il lavoro, le arti, le scienze. La citt di Atene la venerava
come nume tutelare. 53
La bellissima figlia di Zeus dagli occhi verde-azzurri, consapevole dellonore
che i mortali dovevano tributarle, pun atrocemente due fanciulle, Aracne e Medusa,
che avevano osato uguagliarsi a lei.
Aracne, espertissima nel tessere, si vantava di superare la stessa Atena; ma la
dea, che nellabilit dei lavori femminili voleva essere ritenuta insuperabile, non
toller il sacrilego paragone e trasform in ragno la fanciulla troppo orgogliosa.
I bellissimi capelli di Medusa, che aveva paragonato la sua bellezza a quella di
Atena, furono cambiati in un groviglio orrendo di serpi sibilanti; il corpo si copr di
squame, e lo sguardo della fanciulla divenne cos freddo da rendere di pietra
chiunque ne fosse colpito.
Quando Medusa fu uccisa da Perseo, Atena ne prese la testa e la fisso in mezzo
al suo scudo, ammonimento e terrore per i suoi nemici. Non ancora contenta della sua
vendetta, Atena raccolse un osso di cervo e soffiandovi dentro volle imitare per
scherno54 gli ultimi lamenti di Medusa che cadeva sotto la spada di Perseo. I lamenti
sembravano proprio quelli; ma gli di risero di cuore vedendo il bel viso di Atena
sformato dallo sforzo di soffiare. Irritata nel vedersi oggetto di scherno, Atena gett
via il flauto e nellira maledisse lo strumento e colui che lavesse raccolto. Lo
raccolse il satiro 55 Marsia; vedremo in seguito come la maledizione della dea non
andasse perduta.
Sacra ad Atena fra gli animali era la civetta, fra le piante lulivo che lei stessa
aveva donato agli uomini. Essa, infatti, gareggi con Poseidone per la signoria di
tutta la regione dellAttica che era stata promessa da Zeus a quello degli di che

52

Bellicosa: battagliera, amante della guerra.


Nume tutelare: divinit protettrice.
54
Scherno: derisione, beffa.
55
Satiro: nella mitologia greco-romana, divinit dei boschi dalla figura umana, ma con piedi e orecchie caprini, coda di
cavallo o di capro.
53

avesse fatto il dono pi utile. Poseidone batt il suo tridente 56 sulla sabbia; subito
apparve un animale sconosciuto: era il cavallo la cui forza e resistenza sar di grande
utilit al lavoro degli uomini. Dono pi utile non poteva immaginarsi e gi il dio
pregustava la sua vittoria. Ma Atena tocc con la lancia le colline di quella regione, e
le colline subito si ricoprirono di alberi dalle foglie dargento. Senza esitare, Zeus
assegn ad Atena la regione a cui essa aveva donato lulivo, lalbero che avrebbe
fornito agli uomini luce e nutrimento.
Alla citt che era il centro di questa regione fu dato il nome della dea, Atene,
e nel magnifico tempio che dominava la citt, il Partendone, la dea ebbe sempre
grandissima venerazione. Una statua della dea, in oro e avorio, dominava linterno
del tempio con i suoi nove metri di altezza. Unaltra statua, forgiata57 dal pi celebre
scultore greco, Fidia, 58 col bronzo del bottino preso dagli Ateniesi a Maratona, 59 era
collocata nel punto pi alto dellAcropoli. La statua, scintillante, serviva da faro per i
naviganti che si dirigevano al Pireo, il grande porto di Atene.
Gli spettacoli che si svolgevano ogni quattro anni ad Atene durante le Grandi
Panatenee, feste in onore di Atena, erano per grandiosit simili a quelle che avevano
luogo ad Olimpia in onore di Zeus. Le Panatenee culminavano con una grande
processione di fanciulle che portavano in dono alla dea, al Partendone, un magnifico
peplo60 ricamato, al quale avevano lavorato per circa un anno tessitrici e ricamatrici
scelte fra le pi abili.
La dea romana corrispondente ad Atena era Minerva: proteggeva le scienze, i
lavori femminili, le arti. Per influsso della religione greca fu accentuato in Minerva il
carattere di protettrice della guerra che in origine presso i Romani aveva carattere
secondario: la dea fu chiamata anche custode della citt e protettrice delle libert
cittadine.
Nel quarto giorno dopo le Idi, si celebravano le feste in suo onore, chiamate
Quinquatrus dal giorno in cui cadevano, e ad esse partecipavano tutti coloro che
esercitavano professioni liberali. 61

56

Tridente: forcone a tre denti.


Forgiata: modellata lavorando a caldo il metallo con il martello.
58
Fidia: scultore ateniese della prima met del V sec. a.C. Bench siano rimaste pochissime notizie della sua vita
stimato il pi famoso dellantichit. Svolse la sua attivit ai tempi di Pericle e per le sue statue di dimensioni colossali
fece uso di diversi materiali; oro, avorio, marmo bianco.
59
Maratona: localit sulla costa nord orientale dellAttica dove gli Ateniesi, al comando di Milziade, riportarono la
prima vittoria sui Persiani (490 a.C.).
60
peplo: abito femminile dellantica Grecia formato da un rettangolo di stoffa di lana variamente drappeggiato sulla
persona e fissato con una fibbia metallica (fibula) sopra la spalla sinistra.
61
Professioni liberali: professioni esercitate da persone libere per condizione o per mentalit.
57

Apollo (Febo)

Figlio di Zeus e di Latona, Apollo, detto anche Febo, nacque insieme con
Artemide ai piedi del monte Cinto, nellisola di Delo. Era questa unisola rocciosa
senza radici che vagava per i mari: fu fermata da Poseidone subito dopo la nascita di
Apollo perch chiunque avesse voluto onorare il saettante dio, dotato da Zeus di virt
profetiche, vi si potesse recare facilmente. Dopo quattro soli giorni dalla nascita,
Apollo si mette in giro per trovare un luogo adatto a fondarvi il suo oracolo e
comunicare ai mortali le sue profezie. Arriva a Telfussa62 e vuol fermarvisi; ma in
quel luogo regna una ninfa la quale, per non essere scacciata dal dio e per non perdere
importanza, lo convince ad andare sino ai piedi del Parnaso63 dove trover Delfi,
localit bellissima e molto pi adatta di Telfussa a istituirvi un oracolo. Arrivato nel
magnifico bosco di Delfi, Apollo dapprima grato alla ninfa di avergli dato
unindicazione che gli sembra felicissima; ma poco dopo scopre che in una sorgente
l vicina vive un mostruoso serpente, Pitone, sacro agli di inferi. Pur sapendo di
offendere questi di, Febo uccide Pitone; per purificarsi delloffesa fatta alle divinit
infernali deve stare per otto anni nella valle di Tempe, in Tessaglia, a sorvegliare il
gregge del re Admeto. Certo, mentre era costretto a fare il pastore, non gli deve
essere stato di nessuna consolazione laver punito la perfida ninfa di Telfussa
trasformandola in pietra.
Terminata la sua espiazione, Febo lascia la Tessaglia e Tempe, e al re Admeto,
che durante il suo umile servizio lo ha trattato con la benevolenza degli uomini giusti,
lascia un dono singolare. Admeto potr vivere oltre il limite a lui fissato dalle Parche
purch trovi un essere umano disposto a morire in sua vece. Pi presto di quando non
creda giunge lora suprema per Admeto, il quale chiede prima al padre e poi alla
madre di cedere per lui ancor giovane la loro tarda et. Ma i genitori non lascoltano,
non desiderando essi morire prima che giunga il termine posto dalla Parca. Il dono di
Apollo sarebbe inutile se la dolce moglie di Admeto, Alcesti, non offrisse la sua
giovane vita, che sino ad allora stata felice, ma che diverrebbe priva di ogni
attrattiva con la morte di Admeto. Admeto non pu n fermare il Fato n gli
permesso di rinunciare al dono di Febo che pure si risolve in tanto dolore. Il Demone
della morte ha gi rapito Alcesti, quando giunge Eracle, il quale, volendo ricambiare
la liberalissima ospitalit con cui stato accolto dal buon re, insegue in Demone,
impegna con lui una lotta, riesce strappargli Alcesti e a restituirla allo sposo e ai suoi
piccoli figli.
Venerato per la sua virt profetica come dio infallibile nel rivelare i segreti del
futuro, Apollo veniva considerato come una delle divinit pi importanti, e i suoi
oracoli erano numerosissimi; il pi celebre, il pi frequentato era quello di Delfi, di
cui abbiamo raccontato lavventurosa scelta. Al centro del magnifico tempio di Delfi,
dove si ammassavano i numerosi e ricchi doni portati dai fedeli, si apriva un baratro
62
63

Telfussa: citt greca dellArcadia.


Parnaso: montagna della Focile, consacrata ad Apollo.

profondissimo da cui esalava64 un misterioso vapore; l vicino era un tripode,65 sul


quale si sedeva la sacerdotessa del dio, la Pizia, quandera interrogata; cadeva allora
in deliquio 66 e pronunziava parole smozzicate, di significato oscuro; solo i sacerdoti
riuscivano a ricostruirne il senso per rivelarlo ai fedeli.
Apollo era anche identificato col sole: come questo porta vita agli uomini,
Apollo d salute agli uomini e benefica la terra. Ma come il sole, quand troppo
ardente, danneggia le messi e nuoce agli animali, anche Febo, se irato, invia malattie
e morte agli uomini e ad ogni essere vivente. Terribile fu la pestilenza che egli
scaten nel campo dei Greci che assediavano Troia, quando Agamennone 67 respinse
le preghiere del suo sacerdote, Crise, che chiedeva con umilt di riscattare la figlia da
lui presa schiava.
Per vendicare loffesa recata a sua madre, Latona, da Niobe, una mortale che si
vantava superiore alla dea per avere non due, ma quattordici figli, il dio scese
dallOlimpo e con le infallibili frecce raggiunse uno dopo laltro i sette figli maschi di
Niobe. Rimasero le sole figlie e Niobe, nonostante il dolore, si vant nuovamente con
Latona per avere ancora non una sola figlia, ma sette. Vedremo come per opera di
Artemide quella sciagurata madre fu punita di nuovo e implacabilmente. Sempre per
difendere la madre, Apollo uccise il gigante Tizio e lo condann a giacere immobile
nellOrco68 dove per leternit due avvoltoi gli rodono il cuore.
Si diceva che Apollo con una lira 69 avuta in regalo da Ermes avesse diffuso la
musica fra gli uomini. Il dio suonava con tanta dolcezza che a quel suono il fulmine si
fermava e si spegneva, laquila che stava sullo scettro di Zeus si addormentava, Ares,
il dio della lotta furiosa, lasciava in disparte le armi e si avvicinava per sentire pi da
vicino larmonia di quel suono, tutti gli di erano presi da un incanto infinito. Quando
le Muse cantavano, il loro coro era guidato dal dio. Solo un satiro, Marsia, che aveva
trovato il flauto gettato via da Atena, ritenendosi abilissimo nel suonarlo, os sfidare
il dio ad una gara musicale. Il flauto di Marsia fu vinto dalla lira del dio il quale fece
scontare al satiro il suo grande orgoglio scorticandolo 70 vivo dalla testa ai piedi. Si
realizz cos anche la maledizione di Atena.
Unaltra volta, ritenendo di nuovo offesa la sua abilit di musicista, inflisse una
punizione, non dolorosa, ma piena di perfida ironia, a Mida, un re della Frigia, avido
e sciocco, che gi aveva avuto una brutta esperienza col dio Dioniso.
Un giorno Mida si imbatt in Apollo e in Pan, il grazioso satiro dai piedi di
capra, che discutevano sulle loro abilit musicali e ognuno si riteneva superiore
allaltro. Ne nacque una sfida e Mida fu nominato giudice della gara.
Dal suo flauto Pan trasse piacevoli note semplici e graziose. A sua volta Apollo
compose sulla cetra una lunga melodia armoniosissima, ricca di originali variazioni.
64

Esalava: usciva fuori diffondendosi nellaria (detto di sostante inconsistenti).


Tripode: sostegno a tre piedi, di materiale pi o meno prezioso, usato come supporto di un recipiente; spesso
costituiva il premio per il vincitore di gare sportive.
66
Deliquio: svenimento, perdita momentanea della coscienza.
67
Agamennone: figlio di Ateo, re di Micene, fu comandante supremo dellesercito greco contro Troia.
68
Orco: Oltretomba, o mondo sotterraneo chiamato anche Ade, Averno, Erebo, Tartaro.
69
Lira: strumento musicale a corde.
70
Scorticandolo: levandogli la pelle.
65

Pan stesso riconosce la superiorit della musica di Apollo, mentre Mida dissente71 e
afferma con presunzione di intenditore di preferire le liete note di Pan. Apollo, nel
suo orgoglio dalla prosopopea72 di Mida, sentenzia che il suo giudice ha orecchie
degne solo di un animale, e tali devono essere. Subito le orecchie di Mida cominciano
ad allungarsi, si ricoprono di una peluria grigia e la punta si muove in qua e in l;
sono le orecchie di un asino.
Per la seconda volta Mida vede punita la sua leggerezza, questa volta senza
rimedio. Per nascondere la vergogna della punizione divina, Mida non trova altro
modo che coprirsi con un cappello alto e imponente: una bella tiara73 doro
tempestata di pietre preziose che nasconda le lunghe orecchie a tutti. Non proprio a
tutti, per; il barbiere di Mida non pu non accorgersene e, chiacchierone come sono
generalmente i barbieri, divulgherebbe volentieri la notizia se non temesse severe
punizioni. La notizia, tuttavia, troppo eccezionale per essere tenuta segreta e il
barbiere non sta in s dal desiderio di parlarne. Un giorno, per scaricarsene, va in
aperta campagna, scava una bella buca profonda, vi appoggia la testa e, riparandosi a
paravento la bocca con le mani perch neanche laria senta, confida alla terra quali
orecchie abbia il suo signore. Crede di sotterrare il segreto riempiendo bene bene la
fossa. Si allontana poi in silenzio, contento di aver finalmente parlato senza offendere
il suo re.
Poco dopo, nel campo dove il segreto era stato sepolto, crebbe un ciuffo di esili
canne, alte e flessibili, che ad ogni soffio di vento sussurravano: Mida ha le orecchie
dasino Mida ha le orecchie dasino.
Il dio era rappresentato armato di arco e di frecce, oppure con la lira e coronato
di alloro, albero divenutogli sacro per questa leggenda. Al dio tanto venerato e tanto
temuto non ubbidisce una ninfa da lui amata, Dafne, anzi sempre lo sfugge, sinch un
giorno, quando il dio sta per raggiungerla, invoca spaventata laiuto del padre, il
fiume Peneo, che, per sottrarla al dio, la trasforma in un albero di alloro.
Le feste in onore di Apollo erano numerose e si svolgevano sempre durante
lestate, il periodo in cui domina il sole. A Delfi, ogni quattro anni, si celebravano i
giuochi Pizi, giuochi di tanta importanza che richiamavano partecipanti da ogni
regione della Grecia ed erano inferiori solo a quelli di Olimpia dedicati a Zeus.
Durante i giochi Pizi si svolgevano gare ginnastiche e musicali alternate alla lettura di
poemi che esaltavano le imprese di Apollo. In unaltra solenne festa, il Septerion,
celebrata ogni nove anni, una rappresentazione sacra ricordava la lotta del dio contro
il serpente Pitone, gli umili lavoro compiuti durante il suo esilio espiatorio e il ritorno
del dio a Delfi.
Attraverso le colonie della Magna Grecia il culto di Febo si diffuse in Italia. I
Romani non avevano nessuna divinit identificabile con questo dio della musica,
della divinazione e della salute; perci lo adorarono lasciandone immutati i caratteri e
i nomi. Il culto di Apollo si diffuse rapidamente e divenne di grandissima importanza

71

Dissente: non daccordo.


Prosopopea: atteggiamento presuntuoso, borioso.
73
Tiara: alto copricapo rigido, per lo pi a punta, proprio di re e sacerdoti dellantico oriente.
72

dopo la battaglia di Azio,74 quando, cio, Augusto attribu alla sua protezione la
vittoria riportata su Antonio ed eresse al dio un magnifico tempio sul Palatino.

74

Azio: antico porto della Grecia, nei pressi del quale si svolse, nel 31 a.C., la famosa battaglia navale in cui la flotta di
Ottaviano Augusto sconfisse quella di Antonio e Cleopatra.

Artemide (Diana)

Figlia di Zeus e di Latona dai bei capelli, Artemide nacque in Delo, alle pendici
del monte Cinto, lo stesso giorno in cui nacque il fratello Apollo. Ancora fanciulla
chiese a Zeus che le assegnasse il dominio dei monti dove poter cacciare senza limiti
e che non la costringesse a sposare n un dio n un mortale per non essere distolta
dalla sua vita libera. Zeus le accord quanto chiedeva, le assegn un numeroso
seguito di Ninfe, le Oreadi, e, in considerazione del suo continuo spostarsi da un
luogo allaltro, le dette lufficio di proteggere le strade e i porti. Artemide si fece
fabbricare da Egesto larco e le frecce e chiese a Pan di procurarle una muta di cani75
che insieme alle sue Ninfe laccompagnassero quando vagava per i boschi o saliva
sulle cime dei monti per uccidere col suo arco doro ogni specie di selvaggina.
Le sue frecce non fallivano mai: un abilissimo cacciatore, Orione, che os
paragonare la sua abilit a quella di Artemide, dalla dea irata e offesa fu trasformato
nella costellazione che anche oggi ne porta il nome. Era superba e tanto orgogliosa,
che disprezzava anche lammirazione dei mortali. Un giorno, circondata dalle sue
Ninfe, si bagnava in un ruscello per ristorarsi dalle fatiche di una battuta di caccia
quando si accorse di essere osservata da un cacciatore, Atteone. Subito la dea
trasform Atteone in cervo e gli aizz 76 contro la muta dei suoi cani, i quali, non
riconoscendo il padrone, lo sbranarono in maniera orribile.
Per vendicare la madre dellaffronto ripetuto dallorgogliosa Niobe che, dopo
luccisione dei figli si vantava ancora di avere sette figlie, Artemide, senza esitare,
uccise una dopo laltra le sette fanciulle, insensibile alle suppliche della madre
sventurata.
Niobe dopo aver assistito alluccisione anche della figlia pi piccola, bench
protetta disperatamente dalle sue braccia, dal dolore divenne di pietra. Ma neanche la
pietra riusc a contenere le lacrime che, cadendo senza sosta, formarono una sorgente
perenne.
La dea esigeva che le si facessero sacrifici secondo i suoi diritti; chi la
trascurava era punito gravemente. Eneo, re di Calidone, in Etolia, si dimentic di
offrirle le primizie dellannata. Pochi giorni dopo, un enorme cinghiale cominci a
devastare la fertile Etolia, n contro quella forza scatenata poterono far niente i
migliori eroi della Grecia, accorsi per abbatterlo, sinch non venne ucciso da
Meleagro, il figlio del re.
Anche Agamennone, figlio di Atreo, che aveva affermato di saper tirar larco
meglio di lei ebbe la sua punizione. Quando la flotta allestita dagli Atridi77 fu pronta
per salpare verso Troia, una bonaccia 78 insistente minacci di far fallire limpresa.
Loracolo rivel che ci avveniva per opera di Artemide la quale, per essere placata,
chiedeva il sacrificio della pi giovane figlia di Agamennone, Ifigenia.
75

Muta di cani: gruppo di cani usato per una battuta di caccia.


Aizz: incit, istig.
77
Atridi: il patronimico, cio il nome derivato dal nome paterno, di Agamennone e di Menelao, figli di Atreo.
78
Bonaccia: stato del mare in calma, non mosso dal vento.
76

Queste leggende dettero origine alla credenza che solo il sacrificio di vittime
umane placasse la dea, e a Sparta, dove Artemide era molto venerata, le si facevano
sacrifici umani. Pi tardi luso sanguinario fu sostituito dalluso quasi ugualmente
crudele di frustare a sangue alcuni bambini.
Pur essendo attribuiti ad Artemide istinti crudeli e primitivi, la giustizia della
citt era posta sotto la protezione di questa dea. Da lei erano protette anche le
fanciulle le quali, per propiziarsi la dea, le dedicavano o una ciocca di capelli o un
gioiello, o uno dei loro giocattoli. Anche Ifigenia la quale, come si detto, doveva
essere sacrificata alla dea nel tempio di Aulide ebbe, in certo modo, la protezione di
Artemide. La dea voleva essere onorata dalla giovanissima fanciulla, ma non con la
sua morte. Quando tutto fu pronto per il sacrificio ed Ifigenia era gi sullaria, la dea
discese rapidamente dallOlimpo, sostitu una cerva ad Ifigenia che fu trasportata
nella Taurine, sulle rive del Ponto,79 dove per molti anni ebbe cura del tempio.
In alcuni luoghi di culto e i templi di Artemide e di Apollo erano comuni
perch, diceva il mito, quando la dea era stanca si rifugiava presso il fratello,
partecipava ai cori delle Grazie e delle Muse e trovava riposo nel guidare le danze
delle Ninfe.
Spesso Artemide era identificata con Selene, la luna, e Apollo col sole, luno e
laltra venerati come protettori dellagricoltura. Il sole illumina, riscalda, fa crescere
rigogliose le messi; la luna con le sue fasi aiuta il lavoro della natura.
Alla bella dea cacciatrice era sacro il cervo e durante le feste in suo onore le
venivano offerte grosse focacce in forma di cervo. Quando si voleva onorare nella
dea il simbolo della benefica luce lunare, durante il plenilunio le si offrivano grosse
focacce tonde circondate da piccole candele accese.
Nel mondo romano Artemide fu identificata con Diada, dea della luce
diurna, 80, protettrice della natura selvaggia e della caccia, regina dei monti, delle
selve, dei torrenti. A Diana furono eretti il tempo sullAventino e quelli, divenuti
famosissimi, sul monte Algido e ad Aricia, presso il lago di Nemi. Nel tempo di
Aricia, costruito in mezzo ad un bosco, aveva funzioni di sacerdote uno schiavo
fuggiasco il quale si assumeva direttamente quel sacro ufficio uccidendo il sacerdote
precedente, anchegli schiavo fuggiasco. Si credeva, perci, che gli schiavi fuggiti
fossero protetti dalla dea; per essi fu costruito un asilo vicino al tempo romano della
dea e durante le Idi di agosto, quando si sacrificava solennemente a Diana, anche gli
schiavi festeggiavano la loro festa.

79
80

Ponto: Ponto Eusino: il Mar Nero.


Luce diurna: luce del giorno

Ares (Marte)
I Greci raccontavano che Ares, figlio di Zeus e di Era, fosse nato in Tracia 81
perch dotato di un carattere tempestoso e violento come il vento spira in quella
regione, rozzo e incivile come il carattere dei barbari82 che vi abitavano. Nei tempi
pi antichi era identificato addirittura con luragano, in seguito fu considerato il dio
della distruzione, della guerra cinica83 e devastante. Egli non partecipa per luno o per
laltro combattente: ama la strage per se stessa, ed insaziabile di sangue e di
scompiglio. Domina tutti con la sua figura gigantesca e si aggira furioso fra le
schiere, a piedi o su di un carro tirato da quattro cavalli: Ardente, Divampante,
Strepito, Orrore. Lo segue un corteo che incute paura: vi sono la Discordia, le Keres,
dee della morte violenta, i figli Terrore e Spavento, il Tumulto. La sua forza
puramente brutale incute 84 paura agli uomini, ma gli di non lo ammirano n lo
rispettano: Atena, intelligente e valorosa, gli nemica; Zeus stesso, che ne il padre,
non ama questo suo figlio irrequieto, violento, continuamente assetato di sangue.
Suoi figli mortali furono oltre alle Amazzoni, le donne guerriere che di Ares
ereditarono lenergia e il desiderio di combattere, Cicno, Diomede di Tragia e
Flegis, uomini violenti e crudeli come il padre. Cicno era un brigante che tendeva
insidie ai viaggiatori e, dopo averli derubati, per pura crudelt li decapitava 85
orribilmente. Diomede, re della Tracia, uccideva gli uomini per nutrire i suoi cavalli.
A Roma Ares fu identificato col dio Marte nonostante che fra le due divinit vi
fossero notevoli differenze. Marte, infatti, godeva di una venerazione grandissima,
solo inferiore a quella di Giove col quale aveva in comune il titolo di Pater perch la
leggenda, attribuendo a lui la paternit di Romolo e di Remo, figli della vestale 86
Rhea Silvia, lo indicava progenitore divino di tutti i Romani. Inizialmente si adorava
in Marte il dio che protegge la vegetazione primaverile, la fertilit dei campi, la
prosperit del bestiame e la guerra. Questa ultima attribuzione sembrerebbe
contrastare con le altre, se non si considerasse che gli antichi agricoltori, oltre alla
grandine, alle malattie, al sole troppo ardente, dovevano temere anche le aggressioni
di popolazioni venute da altre sedi alla ricerca di terre pi fertili; la protezione di
Marte non sarebbe stata completa se non avesse aiutato i contadini nella lotta per
difendere i loro territori. Nellantico calendario romano il primo messe dellanno era
dedicato a questo dio; nel marzo infatti avevano inizio i lavori agricoli e anche la
stagione delle guerre; nelle feste dette ambarvalia, che duravano quasi tutto il mese e
durante le quali si purificavano le campagne, si invocava la protezione di Marte.

81

Tracia: regione della penisola Balcanica sud-orientale.


Barbari: per i Greci dellantichit, e in seguito per i Romani, erano barbari coloro che non appartenevano alla loro
stirpe e civilt.
83
Cinica: spietata.
84
Incute: suscita.
85
Decapitava: li uccideva tagliando loro la testa.
86
Vestale: sacerdotessa votata per trenta anni al culto di Vesta. Fra gli altri, aveva il compito di mantenere acceso il
fuoco sacro nel tempio della dea.
82

Durante gli ambarvalia i contadini faceva fare per tre volte il giro dei loro
campi ai tre animali che essi offrivano al dio: un suino, un montone, un toro, e prima
del sacrificio (suovetaurilia) rivolgevano al dio lunghe preghiere per ricordargli tutto
quello che essi desideravano ottenere da lui.
Un rito istituito dal re Numa 87 dava grande solennit alla purificazione delle
armi. Secondo la leggenda, Marte aveva fatto cadere uno scudo di bronzo vicino a
Numa che pregava per la salvezza di Roma e aveva rivelato al pio re che la potenza
romana sarebbe durata sinch fosse stato conservato quello scudo. Perch non si
cercasse di sottrarlo o di sciuparlo, Numa fece fabbricare altri undici scudi in tutto
simili a quello caduto dal cielo e affid i dodici scudi a dodici dei pi ragguardevoli
cittadini romani, i sacerdoti Salii. Il primo di marzo, i Salii, portando gli scudi,
iniziavano una processione che durava quasi tutto il mese per avere la possibilit di
mostrarsi in tutte le strade della citt. Partendo dalla Regia, dove erano custoditi gli
scudi e le armi sacre al dio, i Salii percorrevano ogni giorno un itinerario prestabilito
e ogni tanto si fermavano, intrecciavano danze, cantavano inni di guerra
accompagnandosi con colpi di lancia sugli scudi. Quando la stagione della guerra era
finita, si purificavano le armi (armilustrium) e i Salii riponevano scudi e armi nella
Regia dove erano custoditi sino al marzo successivo.
I Romani immaginavano Marte accompagnato da altri di: Bellona, la dea della
guerra, la Paura, il Pallore, lOnore, il Valore, la Vittoria, la Pace; tutti erano oggetto
di venerazione per i Romani che a molti di essi avevano innalzato un tempio. Fra i
molti templi dedicati a Marte il pi noto il tempo di Mart Ultore fatto innalzare da
Augusto in uno dei Fori Imperiali in ricordo della vittoria riportata sui nemici e
uccisori di Cesare. Al dio guerriero, sulla sinistra del Tevere, era dedicata una piazza
(Campus Martius) destinata a manovre militari e ad esercizi ginnastici per la giovent
romana.

87

Numa: Numa Pompilio, secondo re di Roma (regn dal 715 al 672 a.C.).

Afrodite (Venere)

Chi conosce leccezionale fascino delle isole del mare Egeo pu intendere
meglio come sia sorto lantico mito che quelle isole siano cos belle perch riflettono
ancora il primo sorriso col quale Afrodite le illumin nascendo. La dea dal dolce
sorriso e dagli occhi sfolgoranti, che per Omero 88 figlia di Zeus e di Dione, secondo
un mito pi diffuso nacque dalla spuma del mare e, trasportata da una conchiglia,
approd a Citera (Cipro) dove fu accolta dalle Ore o dalle Criti89 che la vestirono di
fiori e di oro. Il mese di Aprile, simbolo della primavera, fu dedicato a lei che era
venerata in tutta la Grecia come dea della bellezza e dellamore.
Alcune leggende la dicevano moglie di Efesto, il dio deforme, ma abilissimo
nel forgiare il metallo, altre di Ares.
Da Ares le nacque il figlio Eros (Amore), fanciullo alato e bellissimo, sempre
armato di un piccolo e grazioso arco da cui partivano frecce infallibili che
suscitavano lamore in chiunque ne fosse colpito, mortale o dio; solo le tre grandi
dee, Atena, Artemide ed Estia ne rimasero immuni per concessione di Zeus.
Questo dio, rappresentato ora come nel fiore della giovinezza, ora come un
bambino, colp la fantasia di innumerevoli poeti che di lui cantarono storie bellissime,
la pi bella della quali la favola di Amore e Psiche.
Bellezza e immortalit non impedirono ad Afrodite di innamorarsi di uomini
mortali: del bellissimo Adone e del pastore Anchise. Da Anchise le nacque Enea;
come ogni nato da un essere mortale e da una divinit era destinato ad essere un
uomo eccezionale affrontando grandi imprese: infatti sopravvisse alla distruzione
della sua citt, Troia, e port a termine un avventuroso viaggio dallAsia Minore sino
in Italia dove avrebbe fissato la sua sede per dare origine alla stirpe che doveva
fondare Roma.
Lamore di Afrodite per Adone suscit lira e la gelosia di Ares, il quale,
durante una battuta di caccia, aizz contro quel mortale bellissimo un cinghiale
inferocito che lo abbatt in mezzo a un cespuglio di rose. La dea, piangendo, corse
subito per portargli aiuto: al povero Adone ferito mortalmente quelle cure non
giovarono, ma il primo dolore e le prime lacrime della dea dalleterno sorriso
lasciarono unimpronta nella natura. Nellaccorrere presso Adone, Afrodite non
aveva badato ai cespugli che le graffiavano i piedi, e le bianche roselline bagnate dal
sangue della dea presero da allora un colore rosso vivo, mentre dalla terra bagnata
dalle lacrime divine spuntavano delicati anemoni90 dalle vivacissime tinte.
In Roma Afrodite fu identificata con Venere, dea protettrice dei giardini, degli
orti e della fioritura primaverile. In seguito, per influsso della dea greca, a Venere
furono aggiunti gli attributi della dea dellamore e della bellezza. Il culto di Venere
acquist sempre maggiore importanza, e si diffuse negli ultimi tempi della repubblica
88

Omero: poeta greco (vissuto in epoca non certa, forse nel IX sec. a.C.), autore secondo una tradizione non
confermata, di due poemi epici: lIliade e lOdissea.
89
Ore Criti: le Ore dee delle stagioni; le Cariti dee della grazia e della gioia di vivere.
90
Anemoni: piante erbacee con fiori rossi, violacei o bianchi e foglie frastagliate, fioriscono in primavera.

essendosi consolidata la leggenda delle origini troiane di Roma. Giulio Cesare, che
vantava in Venere il capostipite della sua famiglia, la onor col nome di Venere
Genitrice, le dedic un tempio nel centro del Forum Iulium e per lei istitu un culto
simile, per importanza, a quello di Marte, considerato anchegli progenitore del
popolo romano.

La favola di Amore e Psiche

Afrodite, non potendo tollerare che Psiche, una fanciulla mortale dincantevole
bellezza, suscitasse lammirazione del popolo che la diceva bella come e pi di
Afrodite stessa, comanda al suo figliolo alato, Eros, di vendicare un tale oltraggio 91
ispirando nel cuore della fanciulla lamore per un uomo che sia il pi abominevole 92
essere del mondo. Eros si prepara ad ubbidire allordine della madre, ma appena vede
la fanciulla, talmente preso dalla sua bellezza che se ne innamora e la porta con s
in una lontana e magnifica dimora dove Psiche vive completamente sola, servita da
mani invisibili, rallegrata da bellissimi canti e da lieti racconti di voci senza corpo.
Per evitare che la madre sappia che il suo ordine stato trasgredito, Eros non fa
sapere chi egli sia, non si mostra mai di giorno: arriva da Psiche la sera, riparte
allalba, e sempre raccomanda alla sua sposa di non cercare di vederlo o di sapere chi
egli sia, se non vuol perderlo. Psiche ubbidisce; ma due sue malvagie sorelle,
invidiose della ricchezza e della felicit di lei, insinuano 93 che quello sposo
misterioso sia una bestia mostruosa, e convincono Psiche ad accertarsene accendendo
una lucerna mentre egli dorme. Larco, la faretra, 94 le frecce abbandonate ai piedi del
letto rivelano il nome dellessere incomparabilmente bello che la lanterna illumina.
Ma la punizione in agguato; Psiche dovr pentirsi di aver dimenticato i
suggerimenti dello sposo: una goccia dolio bollente cade dalla lucerna sulla spalla di
Eros. Per il dolore il dio si sveglia e, mentre raccoglie frecce e arco per volare via
come aveva minacciato, dice a Psiche della gelosia di Afrodite e dellordine non
eseguito e del suo amore per lei, corrisposto da sfiducia e inganno.
La disperazione di Psiche non trattiene Eros; egli ritorna sullOlimpo per
mantenere la minaccia per curarsi la scottatura dellolio bollente che gli fa un gran
male. La povera Psiche visita ogni pi riposto 95 angolo del mondo, ma non ritrova
Eros; chiede aiuto a Demetra e a Era, ma le due dee negano il loro aiuto per non
offendere Afrodite. La quale, intanto, stata informata della ferita di Eros, della sua
disubbidienza al comando materno e del suo amore per lodiata Psiche. Cieca96 dira
chiama Ermes, il messaggero degli di, e lo incarica di bandire97 per tutto luniverso
lordine che le sia condotta Psiche. Il bando giunge agli orecchi della fanciulla che
subito e spontaneamente si reca dalla dea, pronta a subirne i rimproveri, ma anche a
supplicarla di restituirle Eros. Ai rimproveri che sono pi crudeli di quanto Psiche
poteva immaginare, si aggiungono graffi e percosse, i bei capelli sono strappati, il
povero corpo battuto a sangue. Infine la dea, per non sentire pi suppliche e pianti, d
a Psiche un barlume di speranza chiedendole di fare un lavoro che appare
91

Oltraggio: offesa, ingiuria.


Abominevole: detes tabile, odioso.
93
Insinuano: fanno nascere in lei un sospetto, un dubbio.
94
Faretra: astuccio per portare le frecce.
95
Riposto: nascosto, segreto.
96
Cieca: folle, irragionevole.
97
Bandire: annunciare, rendere noto.
92

impossibile. Porta la fanciulla dinanzi a un ammasso di semi di ogni tipo e le ordina


di raggrupparli per qualit. Torner a vedere la sua opera il giorno dopo.
Una piccola, diligente formica vede la disperazione della fanciulla e corre a
chiamare tutte le formiche della terra: le organizza in squadre, le fa lavorare con s
tutta la notte. La mattina dopo, quando Afrodite torna, invece di godere della
umiliazione della fanciulla tanto odiata, trova allineati i vari mucchi dei diversi semi.
La dea capisce che quella non opera di mani mortali e impone subito una nuova
prova. Mostra a Psiche un gregge di pecore dal bellissimo vello 98 bianco dorato e le
chiede di portarle qualche fiocco di lana.
Psiche si avvia a compiere il nuovo incarico, ma il vento le rivela lagguato che
laspetta. Le pecore, se un mortale si avvicina, si infuriano e lo aggrediscono e fanno
strazio del suo corpo: se si vuole avere qualche fiocco di lana del loro vello pi
prudente ricercarlo sugli sterpi del bosco da dove esse sono passate. Psiche segue il
consiglio che il vento le ha sussurrato e torna da Afrodite con una gran quantit di
fiocchi di lana. Afrodite capisce che anche questa volta la fanciulla stata aiutata, e
subito propone la terza prova. Le d unampolla 99 di fragile cristallo perch vada a
riempirla su di un monte dove, fra due rocce ripide e scoscese, scorre lacqua che
alimenta la sacra palude Stigia. 100 Psiche sale fin lass, ma come raggiungere la
sorgente che circondata da tanti mostri sempre desti101 e pronti ad assalire chi si
avvicina? Psiche non vede chi possa aiutarla, quando dal cielo scende a grandi ruote
luccello sacro a Zeus: laquila; si fa consegnare lampolla, la riempie dellacqua
sacra e, difendendosi dai mostri che pretendono la restituzione di quellacqua, ritorna
da Psiche. Psiche porta lampolla piena dacqua ad Afrodite e trova la dea ancora pi
arrabbiata contro di lei che ha potuto superare anche la terza prova. Lunica
consolazione della dea sta nel poter dare il quarto ordine, il pi difficile di tutti.
Consegna a Psiche un barattolo ben chiuso con lordine di andare nellAde e chiedere
a Persfone102 di riempirlo con un po di bellezza, necessaria alla dea che, affaticata
dalle cure per il figlio Eros, ha perduto parte del suo fascino. Ancora una volta
qualcuno si muove a compassione della povera Psiche; di nuovo il vento che le
indica, nascosto nel fianco di una montagna, il passaggio per andare allAde e fra gli
altri consigli le suggerisce di mettersi in cammino con due monete in bocca e una
grande focaccia in ciascuna mano. Psiche si mette subito in cammino. Arriva ad un
fiume di acqua stagnante e un orrendo barcaiolo, Caronte, le offre di traghettarla, ma
vuol essere pagato; poich il vento le ha detto di non posare neanche un attimo le
focacce, ch103 le sarebbero subito rubate, Psiche fa prendere da Cartone stesso una
delle monete che ha in bocca. Giunta allaltra riva, si dirige verso la dimora di
Persfone senza mai dare ascolto ai tanti esseri che si lamentano e le chiedono aiuto;
98

Vello: manto di lana che copre pecore, montoni, capre.


Ampolla: piccolo recipiente, a base larga e pancia e a imboccatura stretta.
100
Palude Stigia: la palude prende il nome dallo Stige, uno dei quattro fiumi dellOltretomba nella mitologia greca e
romana.
101
Desti: svegli, attenti.
102
Persefone: regina dellOltretomba; per volere di Zeus, viveva in questo regno per sei mesi allanno a partire
dallinizio dellinverno. Trascorreva gli altri sei mesi sulla terra con la madre Demetra, dea della fertilit, quando la
natura ritornava a fiorire e a dare frutti.
103
Ch: perch, poich.
99

sa che sono tutti tranelli tesi da Afrodite per farle posare le focacce. E una di queste le
serve appena arriva alla porta dellAde per placare il cane Cerbero che le si slancia
incontro a fauci104 spalancate. Accolta gentilmente da dea degli Inferi, Psiche espone
a Persfone la ragione della sua visita; subito la dea si fa dare il barattolo e lo riempie
di quel prezioso unguento di bellezza che Afrodite desidera avere. Psiche riprende la
via del ritorno, placa di nuovo Cerbero con la seconda focaccia, paga Caronte con la
seconda moneta, rivede la luce del giorno e gi pu dire che anche la quarta e pi
difficile prova superata. Dopo tante prove, Psiche spera che le sia restituito Eros, e
per apparirgli pi bella non pensa di far male a prendere un po della bellezza che
deve portare ad Afrodite. Apre il barattolo: un sonno profondissimo avvolge la
fanciulla e immediatamente la fa cadere addormentata.
Tutte le pene, le lacrime, le prove affrontate e superate sarebbero state inutili se
Eros, ormai guarito della ferita e anche del risentimento per la disubbidienza di
Psiche, non fosse accorso da lei e con la sua arte divina non lavesse svegliata
rimettendo il sonno nel barattolo e chiudendolo bene. Subito dopo aver svegliato
Psiche, vola via; va da Zeus e chiede a lui, che il padre degli di e degli uomini, di
placare la madre Afrodite senza che egli debba rinunziare a Psiche. Il buon Zeus si
commuove, aduna tutti gli di, promette ad Afrodite che il figlio avr una sposa
divina e quindi ordina ad Ermes di portargli dinanzi la bella Psiche. Quando essa gli
dinanzi, le fa bere lambrosia, che la rende immortale, e subito dopo ordina che siano
celebrate le sue nozze con Eros.

104

Fauci: detto con significato peggiorativo della bocca spalancata degli animali feroci.

Efesto (Vulcano)

Gli antichi Greci apprezzavano tanto il fuoco che lo veneravano come simbolo
di un dio, Efesto, uno dei massimi dellOlimpo, figlio di Zeus ed Era, gli di pi
grandi.
Quando nacque, la madre, inorridita dalla bruttezza di quel suo figlio, deforme
e vacillante come la fiamma, lo gett dalla cima dellOlimpo. Il povero dio,
storpiandosi ancora di pi, cadde in mare, presso Lemno,105 dove fu raccolto e curato
dalle Oceanine. 106
Appena rimesso da quella brutta caduta, and ad abitare nellinterno di un
vulcano l vicino dove si mise a lavorare il metallo. Mentre forgiava bellissimi oggetti
darte pensava anche a punire la sua snaturata 107 madre. Dopo aver fatto un bel trono
tutto doro, lo mand in dono ad Era che subito vi si assise, 108 orgogliosa di essere
oggetto di tanto amore anche da parte del figlio disprezzato.
Ma quando fece per alzarsi si sent inchiodata al sedile; n gli sforzi suoi n
quelli di tutti gli di accorsi in aiuto riuscirono a strapparla da quella dorata trappola.
Solo Efesto avrebbe potuto toglierla da quella ridicola situazione. Zeus gli fece dire
di recarsi immediatamente sullOlimpo, ma il dio rispose che aveva da fare nelle sue
officine e che non poteva muoversi. Fu allora incaricato il pi violento degli di,
Ares, di portarlo con la forza; ma Ares era appena arrivato allimboccatura del
vulcano che fu fermato da una gragnola 109 di tizzoni ardenti. Intanto Era non poteva
muoversi dal suo seggio e gli di non sapevano pi che cosa fare, quando Dioniso110
si offr di andare lui a prendere Efesto. Ritorn dopo poco portando su di un asino
Efesto addormentato. Che cosera successo? Dioniso, alleato con la sua creatura, il
vino, era andato da Efesto e aveva cominciato ad offrirgli una coppa dietro laltra,
sinch non laveva ridotto in condizioni di essere trasportato, come un sacco,
sullOlimpo.
Appena sveglio, smaltita lubriacatura, Efesto, certo imbarazzato della non
bella figura che aveva fatto, non solo liber subito la madre, ma anche strinse con
tutti gli di una grande amicizia, e in s seguito la conferm lavorando per essi
bellissimi oggetti. Fece lgida111 e lo scettro di Zeus, il tridente di Poseidone, il carro
del Sole. Perfezion tanto la sua abilit che riusc anche a dare unanima agli oggetti
di metallo. Modell per s due statue doro e poi infuse loro la vita perch lo
sorreggessero nel suo procedere sempre zoppicante; per Alcinoo, re dei Feaci,
fabbric cani doro e dargento, abili e attenti custodi della reggia, le armi di Achille
furono fabbricate e cesellate da lui. Il re Eeta arava i suoi immensi campi con due tori
105

Lemno: isola del Mar Egeo.


Oceanine: nella mitologia classica, le ninfe del mare, figlie di Oceano e di Teti.
107
Snaturata: scellerata, crudele, malvagia.
108
Vi si assise: vi si sedette; il verbo d una sfumatura di solennit allatto del sedersi.
109
Gragnola: serie ininterrotta e rapida.
110
Dioniso: figlio di Zeus e di Smele; era il dio della natura, della vegetazione e soprattutto del vino in quanto la
leggenda diceva che avesse insegnato agli uomini la coltivazione della vite.
111
gida: scudo di Zeus fatto con la pelle della capra Amaltea, sua nutrice.
106

di bronzo dal respiro di fiamma:112 erano opera di Efesto. Si diceva anche che gli
uomini imparassero da lui, oltre alla lavorazione dei metalli, a costruire accoglienti
case in sostituzione dei primitivi rifugi nelle grotte.
Per questi suoi insegnamenti, nobili e utilissimi allumanit, era venerato in
Atene insieme con la dea Atea, anchessa protettrice di ogni operosit, 113 e in tutti i
luoghi in cui si pensava che egli lavorasse. Ma il centro principale del suo culto fu
lisola di Lemno, presso la quale era caduto. Ogni anno vi si svolgeva con grande
solennit un rito che durava nove giorni: il primo giorno si spegnevano tutti i fuochi
dellisola, e avevano inizio le lunghe cerimonie di espiazione 114 per propiziarsi il dio,
sino a che, nel nono giorno, giungeva da Delo una nave che portava un tizzone
acceso, preso dal sacro altare di Apollo, col quale si riaccendevano i fuochi di
Lemno. Concluso il rito, la vita ricominciava a scorrere normalmente.
In Roma Efesto fu identificato col dio Vulcano, detto anche Mulciber (=
fonditore di metalli), considerato divinit di grande potere in quanto, essendo dio del
fuoco, teneva lontano da chi lo venerava il fuoco che pu distruggere tutto. Romolo
istitu per il culto di questo dio un focolare pubblico, il Vulcanal o Area Vulcani; un
altro tempo fu innalzato presso il circo Flaminio; inoltre il dio era venerato anche in
piccole cappelle (sacella) che sorgevano in ogni quartiere della citt.
Durante lanno si svolgevano in suo onore due feste. La festa maggiore, i
Vulcanalia, si svolgeva, comprensibilmente, nel mese pi caldo, in agosto; si onorava
il dio con giuochi pubblici, e il popolo aveva labitudine di gettare nel fuoco pesci
vivi, simbolo, probabilmente, che il fuoco pu vincere lacqua. Durante la festa
minore, nel maggio, si lucidavano e si consacravano al dio le trombe e gli strumenti
usati per il suo culto.

112

Dal respiro di fiamma: che emettevano fiamme quando respiravano.


Operosit: laboriosit; lavoro svolto con impegno.
114
Espiazione: purificazione da una colpa mediante un sacrificio.
113

Esta (Vesta)

Esta, figlia di Crono e di Rea, era venerata come simbolo del focolare
domestico. Nei tempi pi antichi, in ogni casa il fuoco era mantenuto acceso con
grande attenzione a causa della difficolt di procurarselo. Il fuoco domestico,
considerato di natura diversa dal violento e devastante elemento che fiammeggia nei
vulcani e che fonde anche i metalli, simboleggi in tutti i tempi lunit della famiglia;
la dea Esta, che del focolare era limmagine, proteggeva la casa, la famiglia, ed era
oggetto di grandissima venerazione in tutta la Grecia. Nei templi eretti in onore di
Esta, caratterizzati dalla forma circolare, il fuoco ardeva in continuazione; i pi alti
magistrati avevano la cura dei sacrifici, e se un gruppo di cittadini partiva per fondare
una nuova citt, portava con s un po di quel fuoco a simboleggiare che nella nuova
terra continuava la vita della madre patria. Esta proteggeva ogni singola casa, e, di
conseguenza, lintera citt, ed era oggetto di grandissima venerazione in tutta la
Cregia, particolarmente in Delfi, perch in questa localit, che si credeva posta al
centro della terra, il tempio di Esta era considerato il focolare comune di tutti i Greci.
I Greci immaginava Esta dea di grande dignit, sempre sola e quieta nella
dimora degli di, estranea alle agitazioni delle altre divinit, completamente placata
dal sentirsi onorata da tutti e in ogni luogo. Essa aveva rinunziato al matrimonio con
Apollo e con Poseidone purch Zeus le concedesse il privilegio di esser venerata in
ogni casa e di avere le primizie 115 di ogni sacrificio.
I Romani veneravano in ogni casa i Lari e i Penati, 116 divinit essenzialmente
romane, e identificarono Esta con la loro dea Vesta, che aveva un culto pubblico di
grande importanza. A Vesta era sacro il focolare domestico: essa proteggeva la
famiglia che vi si riuniva intorno, i cibi che vi si cucinavano e anche ci che
indirettamente contribuiva alla fattura del cibo, come la mola che macinava il grano e
persino lasino che faceva girare la mola. Durante le feste in suo onore, i Vestalia,
erano festeggiati i mugnai, i fornai e anche gli asini, i quali venivano condotti in giro
inghirlandati di fuori e con pani appesi al collo.
Grandissima importanza aveva il culto pubblico di Vesta nellAedes Vestae, il
rotondo santuario fatto innalzare da Numa i piedi del Palatino. Da un anno allaltro,
in questo tempio ardeva un fuoco: alcune sacerdotesse, le Vestali, dovevano
alimentarlo in continuazione legna ricavate solo da alberi fruttiferi, e se una Vestale
lo faceva spegnere era fustigata quasi a morte dallo stesso Pontefice Massimo.117 Solo
le Vestali avevano accesso al tempio; eccezionalmente il primo di marzo, giorno in
cui si rinnovava il fuoco sacro, vi si potevano recare anche le madri di famiglia per
portarvi offerte propiziatrici.
Le Vestali erano poche sacerdotesse, mai pi di sei, che ricoprivano il pi
importante ufficio religioso di Roma. Lelezione di ciascuna di esse era curata dal
115

Primizie: i primi frutti o ortaggi della stagione e quindi considerati pi pregiati.


Lari Penati: presso gli antichi Romani, divinit protettrici della casa e della famiglia.
117
Pontefice Massimo: nellantica Roma presiedeva il collegio dei Sacerdoti incaricato di attendere al culto pubblico.
116

Pontefice Massimo il quale sceglieva venti fanciulle dai sei ai dieci anni, fra le pi
belle e le pi nobili di Roma, e fra queste venti il Senato ne sorteggiava una. La
fanciulla indicata dalla sorte era affidata alle Vestali pi anziane che per dieci anni la
iniziavano ai riti per il culto di Vesta. Dopo questo periodo la Vestale esercitava il
suo ufficio di sacerdotessa per dieci anni; i seguenti dieci anni li spendeva 118 ad
insegnare il rito alle nuove Vestali. Dopo questi trenta anni la fanciulla era libera di
tornare nella sua famiglia e, se voleva, di sposarsi. Prima di aver terminato il suo
ufficio le era vietato il matrimonio; se qualcuna avesse trasgredito lordine o veniva
sepolta viva o era fatta morire sotto la fustigazione.
Speciali privilegi compensavano questi rigidi doveri: quando uscivano in
pubblico le Vestali erano precedute da un littore 119 e se incontravano sulla loro strada
un condannato a morte, questo veniva subito graziato. Inoltre la Vestale pi anziana,
la Virgo Vestalis Maxima, aveva la stessa dignit e la stessa importanza del Pontefice
Massimo.

118

Spendeva: impiegava.
Littore: nellantica Roma, colui che, munito di fascio, aveva il compito di scortare autorit civili e militari. Il fascio
era un mazzo di verghe, tenute insieme da cinghie rosse, nelle quali era inserita una scure: simbolo del potere esecutivo
e quindi insegna prima dei re e in seguito dei consoli.
119

Ermes (Mercurio)

Il pi vivace, il pi allegro di tutti gli di certamente Ermes; la storia della


sua infanzia piena di episodi da fanciullo birichino. Nato a Cillene, in Arcadia, da
Zeus e da Maia, figlia di Atlante, ha da poche ore aperto gli occhi alla luce del giorno
che esce dalla culla e comincia a esplorare la caverna in cui si trova. Fra le altre cose
scorge una lenta e placida tartaruga. Lo strano involucro in cui chiusa la bestiolina
suggerisce unidea al dio neonato che prende la tartaruga, se la porta in un angolo
della caverna e, cominciando a svuotare il guscio, consola la povera vittima dicendole
che solo morendo potr effondere120 canti bellissimi. Con sette corde ricavate dagli
intestini di una pecora, con alcuni giunchi, 121 con un po di pelle di bue e,
naturalmente, col guscio della tartaruga Ermes forma una strumento mai visto prima
dallora, la lira, e comincia a suonare allegramente accompagnandosi un lieto canto.
Quand stanco di suonare e di cantare, per sgranchirsi un po va nella Pieria, 122 ai
piedi del monte Olimpo, dove gli di pascolano i loro giovenchi, ne prende cinquanta
che appartengono ad Apollo e se li porta via non senza aver preso alcune precauzioni
per non essere scoperto. Per sviare le ricerche, fa camminare allindietro quei poveri
giovenchi e fascia i suoi piedini di bambino appena nato con dei ramoscelli di
mirto:123 le impronte strane e confuse che lascia non potranno fornire alcun indizio.
Lo strano corteo, i bovi che camminano come i gamberi e Ermes con i piedi
impigliati nelle frasche, 124 arriva al fiume Alfeo. Nascosti i bovi nelle vicinanze,
Ermes ritorno nella sua spelonca125 e si adagia nella piccola culla con lespressione
pacifica del pi innocente neonato. Buono buono e un po insonnolito lo trova Apollo
quando, informato dellautore del furto da un vecchio che aveva incontrato per strada
il piccolo dio con tutti quei buoi, si reca a Cillene per riavere la sua mandria. Di tutta
quella storia Ermes fa finta di non saper niente, tanto che a Febo non resta da far altro
che prendere il piccolo Ermes e portarlo dinanzi al sommo degli di; anche di fronte
al padre quel birichino nega di aver commesso qualsiasi furto. Zeus, pur essendo
divertito dallabilit e dallastuzia del suo figlio pi piccolo, non pu negare giustizia
allaltro suo figlio, e con lautorit del suo alto potere ordina ad Ermes di guidare
Febo nella ricerca della mandria. Naturalmente i buoi sono subito ritrovati e riportati
nella Pieria. Febo ancora corrucciato per il tiro che gli ha fatto un bambino appena
nato, quando colpito da alcuni suoni melodiosissimi che gli accarezzano le orecchie
e che lo rasserenano. Ermes che, per riconciliarsi col dio, ha cominciato a suonare
la lira e ora, vedendolo interessato al suo strumento, glieloffre in segno di pace. E la
pace fatta, consolidata da uno scambio di doni: la lira diviene propriet di Febo e
per quella sar venerato come dio della musica, Febo cede un bastone doro, il
120

Effondere: diffondere, far uscire.


Giunchi: il giunco una pianta erbacea che cresce nei luoghi acquitrinosi. Il fusto di questa pianta, essiccato e
opportunamente trattato, viene impiegato nella fabbricazione di vari oggetti perch resistente e pieghevole.
122
Pieria: propriamente regione della Tracia. Luogo fantastico dove si pensava risiedessero le muse.
123
Mirto: arbusto sempreverde con foglie aguzze e lucide, fiori bianchi e frutti a bacca nera.
124
Frasche: ramoscelli frondosi (in questo caso del mirtillo).
125
Spelonca: caverna.
121

cadceo, che Ermes porter sempre con s come simbolo di guardiano dei greggi
celesti.
Col suo carattere sempre vivace e allegro si attira le simpatie di tutti gli di, i
quali si rivolgono a lui per qualsiasi cosa abbiano bisogno. Non ha un attimo di
riposo: di giorno porta i messaggi di Zeus e degli altri di, di notte porta i sogni agli
uomini o accompagna nellAde i morti e, qualche volta, i vivi, quando ricercano una
persona morta. Guid Orfeo 126 che aveva ottenuto dagli di, commossi dai suoi
dolcissimi canti, di recarsi nelle praterie dellOrco fiorite dasfodeli127 per riprendere
lamata sposa Euridice uccisa dal morso di una serpe velenosa. Ricondusse alla luce
del sole anche Pelope che era stato ucciso dal padre, Tantalo. Questi aveva voluto
mettere a prova la chiaroveggenza128 degli di in un modo terribilmente disumano;
ucciso il figlio Pelope e fattolo a pezzi, lo aveva cucinato come se fosse stato una
comune pietanza e poi aveva invitato a banchetto gli di per sapere se essi capivano
che carne fosse quella che mangiavano. Gli di vennero e si accinsero 129 a mangiare:
Demetra, in quel tempo distratta dal pensiero della figlia rapita, mangi una spalla e
non not niente di speciale; gli altri di, invece, scoprirono subito di che cosa si
trattava e, sdegnati per loltraggio di Tantalo, lo fecero precipitare nellOrco
condannandolo a un eterno e tremendo supplizio. Stabilita la punizione per Tantalo,
gli di mandarono subito Ermes a richiamare alla vita Pelope. Pelope torn, ma senza
una spalla, quella mangiata da Demetra; gli di rimediarono immediatamente
rifacendogliela, perfetta, in avorio.
naturale che il dio che ha ricevuto da Zeus lufficio di messaggero degli di,
protegga tutti coloro che, come lui, si spostano da un luogo allaltro. guidato e
protetto da Ermes chiunque per qualsiasi ragione percorre una via, sia di giorno per
andare da una citt allaltra, sia di notte con lintenzione di commettere furto o
rapina; in particolare sono protetti da Ermes i commercianti che sono sempre in giro
per affari, e il dio completa la sua protezione ispirando loro fluide130 parole per
convincere il prossimo, e magari, qualche volta, per ingannarlo.
Dio intrepido e coraggioso protegge anche chi mostra valore e ardimento: svela
a Ulisse il segreto per salvarsi dalle male131 di Circe, la bellissima maga che
trasformava i suoi ospiti in porcellini; suggerisce a Perseo con quali armi riuscir a
vincere e ad uccidere la Grgone Medusa; guida e aiuta Eracle nelle sue numerose
imprese. Bello, agile, velocissimo, era, naturalmente, il dio protettore delle palestre,
dei ginnasi, 132 degli stadi, di ogni ambiente, cio, dove si curavano lagilit e la
destrezza fisica.
Da Ermes e dalla ninfa Penelope nacque Pan, uno strano neonato barbuto, con i
piedi di capra e con la testa ornata di due piccoli corni; quando nacque, la madre,
126

Orfeo: personaggio mitico, originario della Tracia. Straordinario cantore, commuoveva uomini e animali; la sua
musica faceva muovere anche le pietre.
127
Asfodeli: piante erbacee simili ai gigli con lunghe foglie e fiori bianchi raccolti in grappoli; presso gli antichi Greci e
Romani erano piante sacre ai morti.
128
Chiaroveggenza: facolt di prevedere il futuro.
129
Accinsero: si prepararono, si disposero.
130
Fluide: sciolte, scorrevoli.
131
Male: incantesimi, malefici.
132
Ginnasi: nellantica Grecia erano i luoghi dove i giovani si addestravano e si formavano fisicamente.

impaurita dallaspetto selvaggio del figlio, fugg via; ma il padre, avvolto il fanciullo
in una pelle di lepre lo port sullOlimpo e lo present agli di. Questi si divertirono
moltissimo a vedere il buffo aspetto di quel fanciullo e lo resero immortale.
Pan, affatto imbarazzato dal suo fisico, vive sempre allaria aperta, vagando
qua e l, ora per i campi, ora per i boschi, ora sulle cime dei monti. Da uno zufolo,
suo inseparabile compagno, trae arie pi dolci del dolcissimo canto dellusignolo, e le
ninfe che cercano volentieri il chiassoso dio dalla folta capigliatura sempre in
disordine, fanno a gara per danzare, mentregli suona, sulle verdi praterie coperte di
fiori di croco133 e di giacinti.
In Roma Ermes fu identificato con Mercurio, dio abile e accorto, protettore del
commercio e del guadagno. I mercanti romani, chiamati anche Mercuriales, si
riunivano presso un tempietto dedicato a Mercurio, e unacqua che scaturiva non
lontana (aqua Mercurii) era ritenuta dotata di virt purificatrici. Nessun mercante
avrebbe mai trascurato di aspergere 134 con quellacqua le proprie mercanzie:
credevano che fosse il pi efficace rimedio per preservarle da malefici influssi e dal
deterioramento.
Dopo la sua identificazione con Ermes, Mercurio divenne anche protettore dei
viandanti, e ad ogni incrocio di maggior traffico gli fu innalzato e dedicato un piccolo
tempio. Col tempo, i Romani attribuirono a Mercurio tante doti di ingegno e di
abilit, che questo dio fu indicato col mobilissimo titolo di civilizzatore di popoli.

133

Croco: pianta erbacea, nota pi comunemente col nome di zafferano, da cui si estrae una polvere giallo-rossa usata
specialmente in farmacia e in cucina.
134
Aspergere: spruzzare, bagnare, cospargere.

Demetra (Cerere)

Figlia di Crono e di Rea, Demetra dai bei capelli la dea che protegge il lavoro dei
campi e che invia il clima pi adatto a far germogliare i semi, maturare le messi e la
frutta. Insieme con Demetra i Greci veneravano la sua carissima figlia Persfone o
Core, fanciulla bella come Artemide e Atena, e univano in ununica invocazione la
madre e la figlia chiamandole le grandi dee o anche, semplicemente, le Signore.
Un giorno Demetra ud Persfone che gridava disperatamente; a volo scese in
terra, cerc la figlia per nove giorni e per nove notti visitando tutti gli angoli pi
nascosti e lontani, senza mai fermarsi, senza mai prendere cibo per non perdere
tempo; ma non trov nessuna traccia di Persfone, scomparsa misteriosamente. Che
cosera successo? Il dio degli inferi, Plutone, preso135 dalla bellezza di Persfone
aveva chiesto e ottenuto da Zeus di averla per consorte. Un giorno in cui la fanciulla
si divertiva a correre su di un prato cogliendo fiori multicolori per adornarsene i
capelli e le vesti, vide la terra aprirsi improvvisamente e dalla voragine apparire un
carro doro tirato da cavalli nerissimi. Plutone, che sedeva sul carro, afferr la
fanciulla senza preoccuparsi della sue disperate preghiere daiuto a Zeus. Il padre
degli di, infatti, avendo permesso il ratto,136 non pot ascoltare quelle implorazioni, e
la bella Persfone fu portata nel regno dei morti.
Nessuno, per, sapeva dire a Demetra che cosa fosse successo a sua figlia o
dove fosse andata, sinch il Sole, che tutto vede, non le rifer che la sua dolce Core
era stata rapita da Plutone col consenso di Zeus, e aggiunse che essa non doveva
piangere, ma rallegrarsi di sapere la figlia regina deglInferi. Ma Demetra, sconvolta
dal dolore, triste e disperata, si allontan dallOlimpo, sede degli di, e si rifugi ad
Eleusi137 in un tempio consacrato a lei, chiusa nel pensiero della figlia rapita,
dimentica della terra che aspettava il suo aiuto per dare agli uomini il cibo pi
necessario. Quando arriv la stagione del raccolto, il grano non era ancora spuntato, i
semi marcivano sotto la terra e gli uomini non avevano di che sacrificare agli di. A
questo punto Zeus mand da Demetra Iride, la divina messaggera dalle ali dorate,
perch le portasse lordine di tornare subito fra gli di. Demetra rifiut. Allora Zeus
incaric tutti gli di, uno per uno, di andare a supplicarla offrendole magnifici doni.
Ma la dea respingeva i doni, non ascoltava le preghiere, e la sua risposta era sempre
uguale: Non ritorner sullOlimpo, non far germogliare i semi se prima non avr
riveduta Persfone. Quando Zeus seppe questo, mand agli Inferi Ermes perch
convincesse Plutone a rimandare dal fondo di quelle oscure tenebre la bella
Persfone. Era necessario per placare Demetra, la cui collera minacciava la vita degli
uomini e comprometteva le offerte per gli di.
Il re degli Inferi alla richiesta di Ermes acconsent sorridendo perch gi
meditava di non restituire definitivamente la sua bella moglie. Disse alla fanciulla che
135

Preso: conquistato.
Ratto: rapimento.
137
Eleusi: citt greca dellAttica.
136

la rimandava alla madre e, come commiato,138 le offr un dolce e rosso chicco di


melograno. Persfone laccett volentieri, ignorando che esso era simbolo di
matrimonio, e cos, pur non volendolo, si leg per sempre al regno sotterraneo.
Persfone ed Ermes salirono sul carro doro di Plutone e subito i cavalli immortali
volarono verso la luce e poi sopra il mare, la terra, le montagne, e si fermarono
dinanzi al tempio dove Demetra piangeva, immobile e velata di nero.
Appena vide la figlia scomparsa, Demetra si trasfigur,139 corse ad abbracciarla
e subito le chiese, per assicurarsi che non sarebbe pi andata via, se avesse mangiato
qualche cosa laggi. Persfone aveva gustato solo un chicco di melograno; ma tanto
bastava per impedirle di tornare a godere per sempre la dolce luce. Demetra ancora
chiedeva alla figlia del suo soggiorno fra gli Inferi e le raccontava la disperata ricerca
di lei scomparsa e la malinconia del suo soggiorno ad Eleusi. Il tempo passava, e
Zeus, accorgendosi che Demetra aveva dimenticato la promessa, mand di nuovo
Iride a sollecitare il ritorno della dea sullOlimpo e ad offrirle di scegliersi un dono.
Demetra torn allora fra gli di e come dono chiese di avere con s la figlia almeno
ogni volta che sui prati spuntassero i fiori e di lasciarla con lei sinch il gelo non li
avesse uccisi. Appena Zeus ebbe accordato il dono, Demetra vol sopra la terra e fece
germogliare i semi mentre dagli alberi cominciavano a spuntare le prime foglie.
I Greci onoravano le due Signore con le feste Tesmoforie e con le Eleusinie,
le grandi e le piccole. Le Tesmoforie si celebravano in novembre, cio nel periodo in
cui Persfone doveva lasciare la madre, ed avevano particolare solennit in Atene.
Durante il primo giorno una processione, alla quale potevano partecipare solo donne
sposate, si recava al tempio di Demetra dove veniva rappresentato il ratto di
Persfone. Nel giorno seguente si svolgevano altri riti sacri, fra i quali il sacrificio di
porcellini vivi che venivano gettati nelle voragini della terra come offerta alle potenze
infernali.
Le piccole Eleusinie si celebravano ogni anno allinizio della primavera per
festeggiare il ritorno di Core sulla terra. Le grandi invece avevano luogo ogni cinque
anni e duravano nove giorni. Chi voleva onorare la dea si recava ad Atene dove, il
quinto giorno, si formava una processione, che sul far della sera, al bagliore delle
torce che ognuno portava con s, si dirigeva ad Eleusi. La processione arrivava a
notte alta e si arrestava alla porta del tempio di Demetra, dove solo gli iniziati140
potevano entrare per assistere ai riti che vi si compivano. Quali? Gli iniziati non
dovevano farne parola ad alcuno, e nessuno trad il mistero; perci a noi non giusto
che qualche incerto particolare di queste manifestazioni, considerate i pi importanti
riti sacri della Grecia.
Inoltre ogni anno, durante una tregua sacra di cinquantacinque giorni, si
venerava Demetra con la celebrazione dei Misteri Eleusini. Sembra che vi si
rappresentassero vari episodi della vita di Demetra e della figlia: Core che danza
cogliendo i fiori; larrivo di Plutone e il ratto; Demetra che corre qua e l in cerca
della figlia.
138

Commiato: congedo, saluto prima di un distacco.


Si trasfigur: cambi nellaspetto e nel comportamento per la grande emozione.
140
Iniziati: persone ammesse alla conoscenza e alla pratica dei riti del tempio, dopo aver superato determinate prove.
139

A Roma il culto di Demetra e di Persfone fu conosciuto attraverso le colonie


della Magna Grecia, e Demetra fu identificata con Cerere, dea delle messi e
protettrice della plebe alla quale assicurava il pane. In onore di Cerere si celebravano
i Cerealia, feste che duravano otto giorni culminando, nei Ludi Ceriales, nel Circo.
Caratteristica di questi giuochi era la caccia ad alcune volpi che avevano degli sterpi
incendiati attaccati alla coda.
In Roma il mito di Persfone rapita da Plutone fu accolto integralmente;141 si
modific solamente il nome di Persfone in Prosrpina, si immagin che teatro del
ratto 142 fosse stata la Sicilia e durante le feste in onore di Cerere rappresentazioni
sceniche rievocavano le vicende della fanciulla rapita da Plutone.

141
142

Integralmente: interamente, totalmente.


Teatro del ratto: il luogo in cui era avvenuto il rapimento.

Dioniso (Bacco)

Una delle divinit maggiormente venerate dal popolo greco fu Dioniso, figlio
di Zeus e di Smele, dio della natura, della vegetazione e soprattutto della vite, la
pianta che egli aveva scoperto e fatto conoscere agli uomini insieme col segreto di
trarne un corroborante143 e dolce succo vermiglio.144
La nascita del dio Dioniso strana quasi come quella della dea Atena. Smele,
ascoltando un perfido consiglio della gelosissima Era, ottenne da Zeus di poterlo
ammirare nel suo aspetto pi solenne. Ma la donna, che era mortale, non sopport la
vicinanza del fulmine fiammeggiante che armava la mano del pi grande degli di, e
mor avvolta dalle fiamme mentre il figlio che le doveva nascere fu salvato da un fitto
cespuglio di edera che lo protesse facendogli da scudo. Zeus raccolte quel
piccolissimo bambino, Dioniso, e per mantenerlo in vita se lo fece cucire dentro una
gamba. Da qui lo tolse, avendogli trasmesso limmortalit, quando il fanciullino fu
abbastanza grande da poter vivere, e lo consegn ad Ermes che trov naturale
affidare Dioniso alla sorella di Smele, Ino. Questa lo avrebbe potuto allevare
insieme con gli altri suoi figli; ma la cieca145 gelosia di Era, non placata neanche dalla
morte di Smele, provoc unaltra tragedia. Fece impazzire Ino e Adamante, suo
marito, i quali fecero strage dei loro figli; avrebbero infierito 146 anche contro Dioniso,
se Zeus non avesse immediatamente provveduto a trasformarlo in un capretto e a
consegnarlo alle Ninfe che lo allevarono con grande cura.
Alleducazione del piccolo dio dalla vita tanto movimentata presero parte
anche le Muse, i Satiri, e le Mnadi, o Baccanti, ma pi di tutti lo cur il vecchio
satiro Sileno che non abbandon mai il suo protetto.
Divenuto adulto, Dioniso fece gustare il succo ricavato dai grappoli della vite
ai suoi primi compagni: Ninfe, Satiri, Geni della foresta, Centauri, Mnadi. Questi,
lieti e spensierati, intonando lieti canti, formarono il seguito di Dioniso che,
incoronato di edera e di alloro, andava di terra in terra portando dovunque la bevanda
che procura lallegria e la gioia delloblo.147 Visit tutte le regioni della Grecia e le
isole, pass il mare, and in Frigia, in Cappadocia, in Siria. 148
Arrivato al fiume Tigri149 non sapeva come passarlo, quando gli venne in aiuto
Zeus inviandogli una tigre che lo trasport dallaltra parte. Dietro di s Dioniso
lasciava dei tralci150 di edera che formavano un ponte per far traversare il seguito;
anche lEufrate 151 fu cos superato e quel lieto corteo arriv sin presso glIndi, al
fiume Gange.
143

Corroborante: rinforzante, fortificante, tonificante.


Vermiglio: di colore rosso intenso.
145
Cieca: folle, irragionevole.
146
Avrebbero infierito: avrebbero agito con violenza e ferocia.
147
Oblo: dimenticanza.
148
Frigia Cappadocia Siria: regioni dellAsia Minore.
149
Tigri: fiume dellAsia sud-occidentale.
150
Tralci: i primi rami flessibili della vite o di piante rampicanti alla ripresa della vegetazione.
151
Eufrate: fiume dellAsia sud-occidentale.
144

Numerose avventure rendono ancor pi vari i suoi viaggi. Una volta il dio
catturato da alcuni pirati che, non riconoscendo in lui una divinit, lo legano ben bene
e si dirigono verso lItalia per venderlo l come schiavo. Ma durante la traversata le
corde che stringono Dioniso si sciolgono, divengono tralci di vite e, intrecciandosi
alle sarte, 152 si stringono intorno agli alberi e alle vele; il dio si trasforma allora in
leone e si slancia contro i pirati i quasi, terrorizzati, non trovano altro scampo che
gettarsi in mare. Lallegro Dioniso non pu divenire improvvisamente crudele e farli
morire annegati; si contenta di trasformare i pirati in delfini e lascia che vivano cos.
Mentre in giro per le isole dellArcipelago greco, trova a Nasso153 una
fanciulla bellissima, Arianna, che si dispera perch, mentre dormiva, lingrato Teseo,
lha abbandonata, dimentico che essa laveva aiutato ad uscire dal Labirinto. Dioniso
sposa Arianna e la coppia inseparabile diviene simbolo di eterna giocondit, di
sfrenata allegria.
In Lidia 154 Dioniso incontra il re Mida; per questo la generosit del dio si
risolve in un brutto guaio. Dioniso promette a Mida di concedergli qualsiasi dono egli
chieda, per ricompensarlo di avergli ricondotto il vecchio maestro Sileno, il quale,
avendo bevuto un po troppo vino, non riusciva a ritrovare la compagnia. Mida, avido
e poco riflessivo, chiede si trasformi in oro tutto ci che egli tocca. Dioniso vede
subito a che cosa porter tale richiesta e si addolora per Mida; ma ha promesso e
mantiene la sua parola. Mida non crede ai propri occhi: tronca un ramo di un albero e
il ramo diviene tutto doro, gambo e foglie; raccoglie un sasso, il sasso da grigio
diventa giallo: oro. La terra su cui cammina, le spighe che sfiora, i frutti che coglie,
lacqua in cui immerge le mani, tutto ingiallisce e splende.
Mida non sta in s dalla gioia; nella sua stoltezza si immagina gi di vivere in
un mondo tutto lucido e splendente. Felice e contento si mette a tavola dove i servi gli
avevano imbandito 155 di ogni cosa un po; prende il pane e si trova fra le dita un
pezzetto doro; addenta un pezzo di carne e si trova in bocca qualcosa di duro che per
poco non gli rompe i denti: la carne si trasformata in oro; prova a bere, e vino e
acqua diventano oro fuso. Ora Mida ha capito lorrore di quel che sta avvenendo;
affamato e assetato maledice la sua avidit e la sua stoltezza e, con grande umilt,
prega di nuovo il generoso dio: Ho sbagliato, lo riconosco; ma tu abbi piet:
riprenditi il tuo magnifico e orrendo dono. Dioniso, bonario, gli suggerisce di
andarsi a bagnare alla sorgente del fiume Pattlo, vicino a Sardi. 156 Mida corre l,
sale fino in cima al monte Tmolo, da cui nasce il Pattlo, e si getta in quelle acque.
Mida ha perduto la sua virt di cambiar tutto in oro; ma le acque del fiume da quel
giorno furono giallognole, e a cercar bene nel suo fondo si trova una grande quantit
di polvere doro.
Durante questi viaggi la ricchezza e lo sfarzo dei paesi orientali avevano
modificato non poco le misurate 157 abitudini greche di Dioniso, e quando egli torn in
152

Sarte: cavi di canapa o di acciaio che tengono fermi gli alberi delle navi.
Nasso: isola del Mar Egeo.
154
Lidia: altra regione dellAsia Minore.
155
Imbandito: preparato, apparecchiato; il verbo ha una sfumatura di sollenit.
156
Sardi: antica citt dellAsia Minore e capitale della Lidia, presso la confluenza dei fiumi Pattolo ed Ermo.
157
Misurate: moderate, equilibrate, sobrie.
153

patria venne accolto dalle popolazioni con diffidenza 158 ed ostilit cos palesi159 da
provocare le pi crudeli reazioni nel dio che una volta era tanto bonario e allegro.
In Tracia, per vendicarsi del re Licurgo, che aveva fatto imprigionare le
Baccanti160 non tollerando la loro sfrenata allegria, Dioniso, prima, provoca una cieca
pazzia in Licurgo che uccide il figlio, poi, per colmo di vendetta, gli ridona il senno
perch inorridisca del suo misfatto.161 Ad Argo le donne che non avevano voluto
venerare il dio diventano pazze, squartano e divorano i propri figli. Ad Orcmeno, in
Beozia, tre fanciulle si rifiutano di prendere parte alle feste in suo onore; dapprima il
dio spera di modificarne latteggiamento terrorizzandole con le sue successive
metamorfosi in toro, in leone e in pantera; infine punisce la loro ostinazione
trasformando una fanciulla in topo, laltra in civetta e la terza in gufo.
LAttica invece fu funestata 162 da un tragico episodio contro il volere di
Dioniso che era stato accolto con grande benevolenza dal re Icario. Questo buon re
volle far gustare ad alcuni pastori la nuova bevanda di cui era entusiasta, ma quelli
bevvero un po troppo e sentendosi vacillare cedettero di essere stati avvelenati; resi
ciechi dal furore per il supposto tradimento, uccisero Icario. Passati i fumi163 del vino,
si accorsero dellerrore e cercarono di nascondere il loro delitto sotterrando il corpo
del re, la scomparsa del quale divenne un mistero che nessuno riusciva a chiarire; ma
la canina di Ergone, figlia di Icario, tanto cerc che scopr quale fine avesse fatto il
re. Dal dolore Ergone si uccise impiccandosi. Gli di, commossi, trasformarono il re,
la principessa e la canina fedele in costellazioni. Gli Ateniesi ogni anno ricordarono
questo episodio nella festa delle Antestrie, durante la quale le fanciulle si
dondolavano sullaltalena e appendevano ai rami degli alberi alcune piccole
immagini.
Lallegro dio del vino era chiamato, oltre a Dioniso e Bacco, Lieo, parola greca
che significa colui che libera dalle preoccupazioni, Evio, dal grido di gioia eunevo lanciato dalle Baccanti, e con vari altri nomi. Numerosissime le feste che lo
celebravano; le pi importanti erano le Grandi e le Piccole Dionisie.
In Atene le Grandi Dionisie duravano sei giorni e in esse avevano particolare
attrattiva le novit teatrali: commedie, tragedie, drammi satireschi venivano
rappresentati durante le feste. Le Piccole Dionisie si celebravano in campagna,
durante linverno. Per onorare Dioniso-Bacco si assaggiava per la prima volta il vino
nuovo, venivano organizzati balli burleschi nei quali ognuno mostrava la propria
abilit danzando con un solo piede su di un otre 164 gonfiato e unto di olio. anche le
piccole Dionisie campagnole erano rallegrate da rappresentazioni teatrali
improvvisate dallestro 165 dei partecipanti.
158

Diffidenza: poca fiducia, dubbio, sospetto.


Palesi: evidenti, chiare.
160
Baccanti: (o Mnadi), le donne che nellantica Grecia partecipavano ai riti sfrenati in onore di Dioniso ed erano
iniziate ai suoi misteri.
161
Misfatto: delitto, scelleratezza.
162
Funestata: afflitta, colpita duramente.
163
I fumi del vino: gli effetti di offuscamento della mente causati dal vino.
164
Otre: recipiente ricavato dalla pelle di capra o di altri animali, conciata e ricucita, usato per contenere e trasportare
liquidi.
165
Estro: fantasia, immaginazione.
159

Sempre in onore di Dioniso, ad Atene, nel mese Anthesterion (febbraio-marzo)


si celebravano le Antestrie, le feste fiorite, che duravano tre giorni. Nel primo, la
festa delle botti, si gustava il vino nuovo; nel secondo, festa dei boccali, si svolgeva
una cerimonia che rappresentava le nozze simboliche fra la moglie del re e Dioniso e
tutti bevevano in pubblico; nel terzo, festa delle pentole, si offrivano ai defunti delle
pentole piene di legumi cotti che Ermes avrebbe recapitato nel regno dei morti.
NellAttica le feste erano improntate 166 a spensierata allegria; nelle altre
regioni, invece, assumevano un carattere sguaiato di incontrollata ed eccessiva
libert.
A Roma, Dioniso fu identificato con Libero, dio di antichissima origine italica,
e fu adorato anche col nome greco di Bacco. In origine Libero proteggeva la
vegetazione ed era festeggiato allinizio della bella stagione con le feste dette
Liberalia. In questo giorno i ragazzi che avevano compiuto i diciassette anni
lasciavano la toga praetexta 167 e indossavano la toga virilis; ogni famiglia mangiava
per la strada dinanzi alla porta di casa e alcune vecchie donne passavano per le vie di
Roma portando un piccolo altare e una cesta colma di liba, focacce di farina, miele e
olio. staccavano un pezzettino da ogni focaccia venduta e lo mettevano sul piccolo
altare offrendolo a Libero in nome del compratore. A Bacco fu affidata la protezione
della vendemmia e del vino e gli fu consacrato il mese di ottobre.
Le feste in suo onore, chiamate Bacchanalia, con landar del tempo
acquistarono un carattere tanto sfrenato che un senato consulto 168 le proib,
minacciando pene gravissime a chi non avesse ubbidito.

166

Improntate: caratterizzate, contrassegnate.


Toga praetexta: la toga praetexta era la toga orlata di porpora indossata dai fanciulli dellantica Roma sino allet
virile (17 anni) in cui appunto indossavano la toga virilis.
168
Senato consulto: decreto del Senato.
167

Poseidone (Nettuno)

Sul mare e su tutte le divinit marine regnava Poseidone, dio di corporatura


immensa, sempre avvolto in un largo mantello, col volto spesso corrucciato,169 la
chioma scura e folta, gli occhi verdi. Figlio di Crono e di Rea, anchegli ingoiato dal
padre appena nato, aveva aiutato il fratello Zeus nella lotta contro i Titani, 170 e per
premio ne aveva ricevuto il dominio delle acque. Ma il dio, forte e violento, non
tollerava che Zeus gli fosse superiore nella sua qualit di padre degli di e complott
contro di lui. Scoperto, per punizione fu mandato a servire per un certo periodo dal re
Laomedonte171 che gli fece costruire le mura di Troia.
Gli antichi Greci immaginavano che Poseidone vivesse in fondo al mare in un
magnifico palazzo; ne usciva su di un carro doro tirato da cavalli neri dagli zoccoli
di bronzo e dalla criniera doro. Senza che lacqua lo bagnasse solcava velocemente i
flutti e li sconvolgeva o li placava a suo piacere agitando il tridente, simbolo del
potere. A lui erano attribuiti anche i terremoti, essendo la superficie della terra
soggetta, come le acque, alla sua signoria. Tutti i mostri marini rendevano omaggio al
loro signore seguendone il carro.
Poseidone aveva per moglie Anfitrte, una delle tremila figlie di Oceano. Si era
invaghito di lei vedendola danzare con le sorelle, ma allOceanina il fosco172 dio delle
acque non piaceva, e per non sposarlo fugg; fu per inseguita e raggiunta da un
delfino che la port a Poseidone, il quale, per compensare il fedele animale, lo
trasform in un astro.
Da Poseidone e da Anfitrte nacquero i Tritoni. Ogni Tritone, mezzo pesce e
mezzo uomo, aveva sempre con s una conchiglia soffiando nella quale provocava il
sussurro del mare. Il maggiore di essi si faceva portare sulle acque da un carro tirato
da cavalli le cui zampe terminavano a tenaglia come quelle dei gamberi. Poseidone
ebbe anche altri figli, esseri per lo pi dotati di strane caratteristiche: Arione, cavallo
dalla parola umana e con le zampe destre simili a gambe umane; Petaso, il magnifico
cavallo alato; il ciclope Poliremo, gigante di proporzioni enormi con un occhio solo
posto in mezzo alla fronte. Era figlio di Poseidone anche Anteo, lottatore gigantesco e
crudelissimo, il quale onorava il padre ornandone il tempio con la testa scarnificata
degli avversari vinti ed era ritenuto invincibile, perch, anche se ferito mortalmente,
riprendeva vigore e forza ogni volta che toccasse la terra, che era sua madre.
Anfitrte non si offese mai degli svariati amori di Poseidone; solo una volta fu
presa da una folle gelosia per una ninfa bellissima, Scilla. Gett allora alcune erbe
malefiche nella sorgente del fiume dove la ninfa aveva labitudine di bagnarsi, e la
ninfa fu trasformata in un mostro la cui bruttezza nessuno pot mai vedere del tutto.
Chiusa in una caverna vicina allo stretto di Sicilia, quando passava unimbarcazione
169

Corrucciato: adirato, sdegnato.


Titani: i Titani, figli di Urano (il Cielo) e di Gea (la Terra) erano dodici giganteschi esseri, personificazioni delle
forze della natura.
171
Laomedonte: figlio di Ilo e padre di Priamo, re di Troia. Fece ostruire da Poseidone e da Apollo le mura di Troia.
172
Fosco: cupo, minaccioso.
170

protendeva sei lunghissimi colli e sei orribili teste e con ciascuna bocca afferrava un
navigante; i malcapitati, prima di essere inghiottiti, faceva appena a tempo a vedere
che quella bocca era fornita di tre file di denti.
Poco dopo che Anfitrte, con tanta crudelt, aveva punito Scilla, Poseidone si
invagh di una fanciulla bellissima, Tefane, e per evitarle la vendetta di Anfitrte
trasform la fanciulla in una bella capretta, la capretta Tefane, che dette alla luce un
agnellino dal meraviglioso vello doro intorno al quale fiorirono la leggenda di Frisso
e di Elle 173 e delle innumerevoli avventure degli Argonauti. 174
A Poseidone erano sacri il cavallo, che egli don allAttica quando ne
disputava 175 il possesso con Atena, e il toro, la cui cieca violenza ricorda la violenza
indomabile delle onde.
Attraverso le colonie della Magna Grecia, a Roma furono conosciuti i miti
relativi a Poseidone, il quale venne identificato con Nettuno, dio del mare. A Nettuno
gli imperatori facevano un sacrificio prima di iniziare le battaglie navali. In suo onore
si celebravano i Neptunalia, feste di cui si conoscono pochissimi particolari. Si sa che
venivano celebrati nel cuore dellestate per ottenere dal dio delle acque che tenesse
lontano la siccit, tanto dannosa alle mssi. Compagna di Nettuno era considerata la
dea Salacia, identificata con la greca Anfitrte.

173

Frisso e di Elle: Frisso ed Elle sono due personaggi della mitologia greca. Elle, fuggita col fratello Frisso sul
montone dal vello doro per evitare la persecuzione della matrigna Ino, precipit nel mare che da lei prese il nome di
Ellesponto. Il fratello Frisso, invece, si salv e giunto nella Colchide spos Calcione, figlia de re Eeta.
174
Argonauti: sono i 55 mitici eroi che, guidati da Giasone, partirono sulla nave Argo alla conquista del vello doro. Tra
questi: Castore, Eracle, Meleagro, Peleo, Polluce.
175
Disputava: gareggiava, contendeva.

Le divinit del mare

Le acque del mare e dei fiumi erano abitate da numerose divinit sulle quali
dominava Poseidone, sebbene con un potere non assoluto come il potere attribuito a
Zeus sulle divinit dellOlimpo.
Da Gea e da Urano, generati dal Caos, era nato Oceano; gli antichi lo
immaginavano come un fiume immenso, privo di sorgente e di foce, che girava
intorno alle acque senza confondervisi e che segnava i confini della terra. A sua volta
Oceano era padre di tremila figli, i fiumi, e di tremila figlie, le Oceanine.
Altro figlio di Gea fu Ponto, il mare, il variabile elemento dal quale nacquero
Nereo, Forchi e Ceto.
Nereo era la personificazione del mare calmo, del mare che d agli uomini cibo
abbondante e saporito. Gli antichi immaginavano Nereo vecchio, buono e tranquillo:
usciva dalla sua bella casa in fondo al mare solo per dare aiuto o consiglio ai
naviganti. Stavano con lui la moglie Doride, una delle tremila Oceanine, e le
cinquanta figlie dai capelli verdi, le Nereidi, che i naviganti potevano ammirare nei
giorni di calma mentre scherzavano con i Tritoni o con altri mostri marini.
Zeus e Poseidone si erano invaghiti della pi bella delle Nereidi, di Teti, e la
desideravano come moglie. Ma essendo stato vaticinato 176 che un figlio di Teti
sarebbe stato pi forte del padre, nessun dio volle pi sposare Teti; anzi gli di stessi
la destinarono in moglie a Peleo, re della Tessaglia. A Teti non piacque sostituire alle
nozze con una delle maggiori divinit le nozze con un mortale e, per sottrarvisi, si
trasform in pesce, in cerbiatta, in acqua e in fuoco. Ci nonostante le nozze alla fine
si celebrarono, e furono nozze sontuosissime 177 anche se turbate dalla disputa178 tra
Era, Atena ed Afrodite per il possesso della mela destinata alla pi bella delle tre dee.
Dalle nozze di Peleo e di Teti nacque Achille al quale gli di donarono una vita piena
di gloria, ma molto breve. Per sottrarlo ad una morte immatura, 179 Teti, tenendo il
fanciullo per un tallone, limmerse nel fiume Stige le cui acque avevano il potere di
rendere invulnerabili. 180 Cos fu anche per il corpo di Achille; solo il tallone, stretto
dalla mano materna, non fu bagnato dalle acque, e quando il fato dov compiersi
seppe dove dirigere la freccia mortale.
Forchi e Ceto, che furono poi marito e moglie per quegli strani accoppiamenti
che si hanno negli antichi miti, personificavano il mare agitato, implacabile nemico
dei naviganti. Furono loro figlie le tre Graie. Secondo una tradizione esse erano
creature bellissime nonostante che sin dalla nascita avessero i capelli bianchi come la
candida spuma delle onde; secondo unaltra leggenda, invece, erano vecchie, sdentate
e cieche. Avevano un unico dente e un unico occhio che si scambiavano fra loro
quando volevano vedere qualche cosa o avevano bisogno di mangiare.
176

Vaticinato: predetto, profetizzato.


Sontuosissime: molto sfarzose, lussuose.
178
Disputa: lite, contesa.
179
Immatura: prematura, innanzi tempo.
180
Invulnerabili: che non possono essere feriti.
177

Queste erano le principali divinit marine; ma gli antichi Greci ne


immaginavano innumerevoli; credevano che ogni fiume avesse il suo dio, uno dei
tremila figli di Oceano, e che presso ogni sorgente vivesse una ninfa Naiade. La
Naiadi avevano il dono della profezia, proteggevano i malati e i fiori, erano
bellissime e non invecchiavano mai; ma non erano immortali, bench la loro vita
fosse resa lunghissima, di circa diecimila anni, dal succo di ambrosia che costituiva il
loro unico alimento.
Fra le ninfe, oltre le Naiadi, vi erano le Oreadi, abitatrici delle montagne, e le
Driadi che vivevano dentro gli alberi insieme coi quali nascevano. Vivevano dentro il
tronco, lo proteggevano dalle offese degli uomini e quando per la Driade si
avvicinava la fine, lalbero cominciava a seccare; lalbero moriva quando, alla fine
della lunga vita, moriva la sua ninfa.

Ade (Plutone) e le divinit infernali

Gli antichi immaginavano Ade, detto anche Plutone, figlio di Crono e di Rea,
come un dio cupo e triste, sempre chiuso nei suoi oscuri regni dai quali usc solo per
rapire Persfone, la bella figlia di Demetra. Si detto che Zeus concesse ad Ade il
dominio del regno sotterraneo e lo fece padrone e signore non solo delle ricchezze
che si celano 181 sotto terra, ma anche delle ombre dei morti.
Tutti i morti, fossero o non fossero stati in vita buoni onesti e generosi, si
rifugiavano nella casa di Ade giungendovi attraverso una qualsiasi voragine aperta
nel terreno. Vicino alla regione che li avrebbe ospitati scorrevano, lenti e minacciosi,
quattro grandi fiumi: il Cocito, fiume del pianto, il Piriflegetonte, fiume del fuoco,
lAcheronte, fiume del dolore, e lo Stige, fiume dellodio. Arrivati l, i morti si
affollavano sulle rive dellAcheronte, che era il pi grande ed esteso, porgendo a
Caronte, dio canuto 182 e dagli occhi di fuoco, lobolo 183 che la piet dei parenti aveva
loro posto in bocca prima degli onori funebri. Con quellobolo Caronte accettava di
traghettare i morti al di l del fiume, nel regno che sarebbe stato il loro; chi, non
avendo ricevuto gli onori funebri, vi giungeva senza lobolo, era condannato a vagare
per cento anni lungo le tristi sponde del fiume infernale.
Oltrepassato il fiume, i morti percorrevano un lungo viale, traversavano un
boschetto di pioppi e di salici ed infine arrivavano ad una grandissima porta da cui
tutti potevano passare. Custode degli Inferi era Cerbero, un cane che, secondo alcuni,
aveva due teste e un serpente per coda; secondo altri la coda era di cane, le teste tre e
circondate da tanti serpenti velenosi. Stava sulla porta per impedire che, una volta
entrati, i morti fuggissero via da quella triste dimora senza sole.
Alcune leggende narrano che i morti trascorrono nellAde leterna vita
doltretomba, che si svolge monotona, senza dolori, ma anche senza gioie, priva
dellattesa del futuro. Limmensa malinconia che grava 184 su quelle ombre riassunta
dalle parole che Achille, lardente e implacabile eroe della guerra contro Troia,
rivolge ad Ulisse che riuscito a giungere sino allentrata di quel regno e ad evocarne
le ombre.
Sono re qui dice Achille, sono venerato da tutti gli eroi pi grandi, ma
quanto preferirei essere un misero bifolco185 pur di godere della dolce luce Perch,
in quella regione immensa nelle tenebre, la mancanza del sole rappresenta
loppressione pi grande, la tristezza pi profonda.
Altre leggende precisano che le ombre, appena entrate nel regno dei morti,
sono esaminate dai tre giudici infernali, Eaco, Minosse, e Radamanto, e che a
ciascuna ombra assegnata uan regione dove trascorrere la vita doltretomba. I
181

Si celano: si nascondono.
Canuto: dai capelli e dalla barba bianchi.
183
Obolo: lobolo propriamente era unantica moneta greca di argento o di bronzo; passato a significare piccola
offerta in denaro.
184
Grava: pesa, incombe.
185
Bifolco: guardiano di buoi; anche aratore a giornata.
182

malvagi, relegati nel Tartaro, vengono perseguitati da mostri infernali che


rimproverano loro le colpe di cui si sono macchiati; i buoni sono invece mandati nei
Campi Elisi dove, secondo Omero, la vita scorre senza affanni; non vi neve,
inverno, pioggia, ma sempre spirano i soffi di Zefiro e dove, secondo Esiodo, dalla
terra e dagli alberi spuntano fiori dorati.
Nel Tartaro, triste e buio, le punizioni pi gravi sono riservate a coloro che
hanno offeso gli di. Disteso per unestensione di terreno, che una coppia di validi
buoi non potrebbe arare in meno di nove giorni, il gigantesco Tizio cerca inultimente
di allontanare due avvoltoi che gli straziano il cuore per punirlo di avere offeso
Latona.
Tantalo, che volle mettere a prova lintuito degli di con un atroce banchetto,
soffre per leternit la fame e la sete. Eppure immerso sino al mento nelle acque
limpide di un lago, e rami carichi di mele, pere, fichi, melagrane, gli sfiorano la
fronte. Se allunga le mani per afferrare un frutto che plachi la sua disperata fame, il
vento sconvolge i rami allontanandoli da lui; se si piega per bere, improvvisamente
lacqua assorbita dal fondo paludoso che diviene arido come un deserto.
Vicino a questi dannati, Ssifo sconta la sua colpa cercando di portare sulla
cima di un monte un immenso macigno; quando la mta sta per essere raggiunta, il
masso precipita e, prima ancora che si diradi il soffocante polverone che si alzato,
Ssifo deve ricominciare e spingere il masso verso la cima del monte; e cos per
leternit, secondo il volere di Zeus.
Nella casa di Ade vivono le Erinni, le dee nate dal sangue di Urano ferito da
Crono: Aletto linquieta, Megera lodiosa, e Tisfone la punitrice dellomicidio.
Spaventose per i serpenti che ne formano la chioma, coperte di tuniche nere trattenute
da una cintura macchiata di sangue, hanno lufficio di perseguitare in vita sino alla
morte chi ha mancato verso i santi e sacri doveri della famiglia, e la loro
persecuzione, implacabile, seguita a tormentare i colpevoli anche nella vita
doltretomba.
Due figli della Notte abitano in questo regno: Thanatos, il demone della morte,
e Hypnos, il sonno, simile nellaspetto al fratello, ma buono e gradito ai mortali
quanto laltro temuto e odiato. Figli di questi sono i Sogni: abitano al di l
dellOceano, in una grande casa, che ha due porte, una di avorio e una di corno. Da
questa, trasparente, escono i Sogni veri che preannunziano agli uomini eventi reali;
dallaltra, opaca, escono i Sogni ingannatori che portano immagini vane e fallaci. 186
Presso i Romani il regno di Plutone, lAde dei Greci, lOrco. Il dio della
Morte va in giro per il mondo, silenzioso, armato di una falce e miete la vita di coloro
che vuol portare con s nella regione da lui abitata e che da lui prende il nome.
Regina dellOrco, e sposa del dio degli Inferi, Prosrpina. Altre divinit infernali
sono le Furie, simili alle Erinni, e i Sogni, le cui leggende furono ricalcate dai
Romani sulle leggende greche.

186

Fallaci: false, ingannevoli.

Sisifo, luomo che beff la morte.


Il fondatore di Corinto,187 Ssifo, fu il pi furbo dei mortali. Anche Autlico,
quel gran ladro di greggi che cambiava colore al mantello delle bestie rubate per
renderne impossibile il riconoscimento, fu superato da Ssifo con unastuzia
accortissima, anche se semplice. Chiamato da Laerte 188 perch gli sapesse dire dove
andavano a finire le molte bestie che scomparivano dai suoi armenti, 189 Ssifo incise
una croce sotto gli zoccoli di ciascuna bestia. Quando altre bestie sparirono, Ssifo
pot rintracciarle per mezzo delle impronte lasciate sul terreno e poi riconoscerle,
nonostante che il manto fosse gi stato tinto di colore diverso.
Come si detto Ssifo fond Corinto; ma lassoluta mancanza dacqua nella
parte superiore della citt lo preoccupava e un giorno colse a volo loccasione per
ottenere il tanto desiderato elemento. Aveva veduto, lui che aveva gli occhi
dappertutto, Zeus che rapiva la ninfa Egina, figlia del fiume Asopo. And dal fiume e
gli promise di rivelargli il nome del rapitore della figlia se avesse fatto sgorgare una
sorgente in Acrocorinto, la parte alta della citt. Appena lacqua zampill anche l in
alto, Ssifo non ebbe timore di rivelare il nome del rapitore. E Zeus non gli perdon,
anche perch, inseguito dal fiume, fu costretto a cambiare in pietra se stesso
momentaneamente, e per sempre la bella ninfa Egina che ancor oggi, rimasta isola, 190
rallegra con le sue amene 191 rive il golfo Saronico. Quando fu scomparso ogni
pericolo da parte del fiume inseguitore, Zeus dette ordine a Thanatos, il demone della
morte, di andar a prendere Ssifo e portarlo nellAde. L avrebbe trovato la sua
punizione: spingere per leternit verso la cima di una montagna un sasso grosso
come quello in cui Zeus si era dovuto cambiare per sfuggire lira di Asopo.
Appena Ssifo scorge Thanatos che vuole afferrarlo, con incredibile rapidit gli
si slancia contro e lo incatena cos bene che il detestato visitatore non pu pi
muoversi. Con Thanatos completamente immobilizzato la gente non muore pi; si
vedono in giro certi secchioni che neanche si ricordano di essere mai stati giovani e
non tutti sono contenti: la loro vita piena di acciacchi, 192 senza la speranza di un
sereno riposo. Bench sorvegliato attentamente da Ssifo, Thanatos un giorno
liberato da Ares e appena pu allungare le braccia prende il suo astuto custode.
Quando si sente afferrare da quelle mani adunche, 193 Ssifo fa a tempo a sussurrare a
Mrope, la moglie, di non rendergli in alcun modo gli onori funebri e poi,
apparentemente rassegnato, segue il nero demone. Tutta la rassegnazione, per,
svanisce appena arriva nellAde. Plutone e Prosrpina non se lo levano pi di torno,
sempre l che inveisce194 contro la moglie dicendo che non gli ha neppure reso il
187

Corinto: citt greca dellArgolide.


Laerte: padre di Ulisse, re di Itaca.
189
Armenti: branchi di grossi animali domestici, specialmente cavalli, buoi, pecore; mandrie, greggi.
190
Isola: lisola greca di Egina, nel Mar Egeo.
191
Amene: piacevoli, attraenti, ridenti.
192
Acciacchi: disturbi fisici non gravi, ma fastidiosi.
193
Adunche: ricurve, uncinate.
194
Inveisce: impreca, insulta, scaglia parole ingiuriose.
188

minimo onore funebre, che l, sulla terra, nessuno pensa a punirla, che gli di non
devono permettere tanta negligenza, che lui solo saprebbe come trattare una donna
cattiva, crudele, insensibile come Mrope.
Tanto fa e tanto dice, che alla fine gli di inferi gli danno il permesso di tornare
per poche ore sulla terra per punire Mrope come meglio crede. Una volta a casa sua
Ssifo a tutto pensa fuorch a tornare nellAde, e Thanatos non pu andare a
prenderlo di nuovo perch pu afferrare i mortali una volta sola, non pi. Per riaverlo
gli di devono rivolgersi una seconda volta ad Ares perch usi tutta la sua forza
brutale per riportare a loro quellastuto mortale.
Da allora, nellAde, Ssifo, avvolto in un gran polverone, non fa che spingere
su per una montagna un grosso macigno che riprecipita appena vicino alla cima.

La creazione degli uomini

La leggenda pi ampia e pi precisa sulla creazione del genere umano narrato


da Esiodo, il poeta pi antico della Grecia, contemporaneo e forse anteriore a Omero.
Egli fa risalire lorigine dei suoi simili allopera del Titano Prometeo in un poema, la
Teogonia, che tratta della nascita del mondo e degli di.
Racconta Esiodo che Prometeo, impastando terra e acqua, form alcune figure
sulle quali Atena soffi lo spirito della vita. Questi esseri, rozzi e primitivi, iniziarono
sulla terra una vita semplice e tranquilla bench alla loro vita mancasse un elemento
importante a causa del risentimento di Zeus per una beffa che Prometeo una volta gli
aveva giocato. Ucciso un bove e fattene due parti, il Titano aveva nascosto sotto un
po di carne le ossa ben spolpate della bestia e avvolte invece nella pelle tutte le parti
migliori; aveva poi invitato Zeus a scegliere. Zeus, intuito linganno, smascher la
frode195 di Prometeo e lo pun della sua sfrontatezza e dellirriverenza verso il pi
grande degli di negando alle sue creature, gli uomini, il dono del fuoco.
Prometeo, disprezzando la volont di Zeus, con un ingegno port via un po di
fuoco ai celesti e don agli uomini quellelemento che doveva guidarli verso le
industrie 196 e le arti. Si inizi unera di maggior benessere; ma quando Zeus dallalto
Olimpo vide sulla terra il fuoco che ardeva un po dappertutto, quasi si ridesse del
suo divieto, sent il cuore riempirglisi dira per la nuova offesa alla sua dignit e
stabil una doppia punizione: una per Prometeo e una per gli esseri che egli amava
tanto. Fece legare ad una rupe il ribelle Prometeo e contro di lui ogni giorno mandava
unaquila che gli rodesse il fegato; la pena non poteva mai cessare, perch il fegato
mangiato di giorno ricresceva di notte, e il supplizio sarebbe durato in eterno se un
giorno Eracle non avesse ucciso il rapace uccello e liberato Prometeo.
Dopo avere stabilito quella tremenda punizione, Zerus ordin ad Efesto di
plasmare 197 con acqua e fango, come aveva fatto Prometeo, una fanciulla che avesse
labilit di Atena e la bellezza di Afrodite, ma nel cuore racchiudesse solo crudelt,
menzogna e inganno. Efesto esegu lordine di Zeus, e tutti gli di fecero a fare per
rendere pi attraente la fanciulla la quale, in ricordo di tutti i doni ricevuti, fu
chiamata Pandora. Ermes la port sulla terra, e da quel momento, dice il mito, fin la
pace fra gli uomini. Come se a guastare la serenit del monto non fossero bastati la
crudelt, la menzogna, linganno di quel cuore, difetti che sino ad allora sembra
fossero sconosciuti nel mondo, Pandora volle alzare il coperchio di un vaso affidatole
da Zeus, spinta dalla curiosit di vedere che cosa contenesse. Appena il coperchio fu
sollevato, i Mali, che erano l dentro, forzarono lapertura e si sparsero fra gli uomini
apportando loro, fra laltro vecchiaia, malattie e morte. Nel vedere che guaio aveva
combinato, Pandora fu svelta a richiudere il vaso; ma pi svelti di lei erano stati i
Mali: dentro non cera pi niente. Da quel momento i Mali circolano innumerevoli
195

Frode: inganno.
Industrie: attivit produttive.
197
Plasmare: modellare, formare.
196

nel mondo, non si fermano mai, n di giorno n di notte, e, poich Zeus prima di
chiuderli nel vaso li aveva resi muti, arrivano senza annunziarsi, recando il dolore.
Causa di tutto questo male fu la prima donna; alla sua comparsa sulla terra il
mito ricollega linizio delle sciagure umane e la fine della vita serena e tranquilla
degli uomini.
Se a qualcuno questo mito non fosse piaciuto troppo, legga anche questaltra
leggenda.
Si raccontava che quando ancora sul mondo regnava Crono, gli di avevano
creato degli esseri mortali, gli uomini, che vivevano sulla terra ed erano felici poich
non conoscevano n il dolore n la fatica del lavoro, n la vecchiaia o la paura della
guerra e delle armi. Tutti erano giusti e generosi, non avevano nessun desiderio e
spesso si riunivano a banchetto dove consumavano in allegria il buon cibo che la terra
produceva per tutti senza essere coltivata, solo per leffetto di uneterna primavera.
La morte giungeva come un sonno benefico, e lo spirito rimaneva vagante per
laere, 198 custode o protettore di chi viveva ancora, stirpe felice di unet che fu
chiamata delloro e che fin il giorno in cui a Crono fu tolto il governo del mondo.
Sotto Zeus ebbe inizio unet un po meno felice, ma tuttavia serena e
tranquilla: let dellargento. La primavera, che era eterna, divenne brevissima per
alternarsi col freddo e col caldo. La terra, non pi aiutata dal clima sempre mite,
produsse il cibo solo quando era coltivata, e gli uomini, oltre a questo lavoro, furono
costretti a costruirsi capanne di legno per ripararsi dal freddo eccessivo, che faceva
gelare lacqua, e dal caldo che incendiava laria. Giunti allet matura erano afflitti da
dolori e da preoccupazioni; divenivano ostili gli uni agli altri e spesso dimenticavano
di venerare le divinit. Zeus, non tollerando che i suoi di fossero spesso trascurati,
pun i mortali facendoli precipitare nel regno degli Inferi.
Successe a questa una stirpe che visse in unet di odio e di lotta: let del
bronzo. Gli uomini erano diventati crudeli, amavano solo le offese e le guerre. In
breve si uccisero combattendo gli uni con gli altri e precipitarono tutti nellAverno.
Quando la terra fu di nuovo deserta, Zeus volle creare una quarta stirpe che
per si rivel ancor peggiore delle precedenti. In questa et, detta del ferro, nel cuore
degli uomini vi era amore solo per il denaro e tanta ferocia che spesso anche il
fratello o il padre era considerato un nemico; lospite, dimenticando che Zeus vuole
sacra lospitalit, tradiva che veniva nella sua casa. La Verit, la Bont, la Giustizia,
lOnore, sentendosi oggetto di scherno da parte di questi uomini che stimavano solo
la Prepotenza, la Crudelt e lInganno, avevano abbandonato la terra rifugiandosi
sullOlimpo. LInvidia dominava dovunque; gli uomini, ormai completamente
dimentichi del culto dovuto agli di, erano contenti del male altrui e, per rendere pi
sanguinarie e micidiali le loro lotte, forgiavano col metallo armi che in continuazione
risuonavano minacciosamente. Dallalto dellOlimpo Zeus osservava gli uomini che
divenivano ogni giorno pi violenti e pi crudeli; quando gli sembr raggiunto il
limite di ogni empiet, 199 chiam a raccolta gli di. Appena li ebbe tutti riuniti nella
grande sala di marmo del suo palazzo sullOlimpo, scosse pi volte la testa, segno di
198
199

Aere: aria, atmosfera.


Empiet: crudelt, scelleratezza.

sdegno che fece tremare lUniverso, e solennemente comunic la volont di


disperdere definitivamente la stirpe degli uomini.
Dagli di dellOlimpo la notizia non accolta con entusiasmo: chi si addolora
che, per la scomparsa del genere umano, la terra rimanga disabitata e in preda alla
ferocia delle belve; chi si addolora pensando che con la fine degli uomini finir anche
la possibilit di ricevere onori e offerte. Ma Zeus li tranquillizza. Penser lui a
sistemare tutto perch nessuna divinit sia scontenta, ma prima lo lascino fare. E gi
sta per scagliare un fulmine dopo laltro per incendiare la terra quando viene assalito
da un dubbio. Se le fiamme arrivano fino al cielo e lo incendiano? Se il fuoco,
insieme col genere umano, distrugge tutto il creato? Meglio non scherzare col fuoco e
affidare allacqua il compito di distruzione. Posato il fulmine, Zeus chiama a raccolta
tutti i venti che cacciano le nubi e ordina loro di non muoversi. Lascia libero solo il
piovoso Noto con lordine di radunare tutte le nubi e spremerne acqua con le sue
mani di nebbia. Poseidone aiuta lopera di Zeus ordinando ai fiumi di uscire dai loro
letti e di allagare le pianure, sradicare gli alberi, trascinare nei flutti uomini e animali.
Poco dopo la terra irriconoscibile. Le case sono travolte o coperte dalle acque; chi
riuscito a salvarsi su di una imbarcazione qualsiasi vede campi arati, vigne, abitazioni
completamente sommerse dallacqua; i pesci guizzano fra i rami degli alberi e
qualche delfino, meno agile, batte la testa contro i tronchi. Gli uccelli non sanno dove
posarsi e, dopo lunghi voli, quando le ali non li reggono pi, cadono nelle acque e
vengono trascinati insieme con le pecore e con gli agili cervi ora non pi impauriti
dai leoni, dai lupi e dalle tigri che, accanto a loro, sono anchessi preda delle acque.
Quei pochi che, con una imbarcazione, erano riusciti a salvarsi dalle acque, muoiono
per mancanza di cibo. Solo una piccola barca porta due esseri ancora vivi. La barca
approda ad una terra che sembra unisola. invece la cima del Parnaso, il monte pi
alto di tutta la terra, che le acque non hanno completamente sommerso; qui sbarcano
Deucalione, uomo generoso e amatissimo della giustizia, e Pirra, donna saggia e
molto devota agli di. Tutto il resto del genere umano stato sommerso dalle acque.
Zeus vede quei due esseri ancora in vita, ma conoscendone la bont, la devozione per
gli di, lamore per la giustizia, vuole che siano salvi e ordina alle acque di ritirarsi.
Le acque decrescono200 rapidamente; allo sguardo attonito dei due si presenta
un mondo vuoto, silenzioso, privo di qualsiasi movimento, e lo sgomento 201 della
solitudine li afferra. Corono ad un tempietto vicino pregando gli di di non lasciarli
soli, di far risorgere un mondo di vivi. Come risposta alle loro preghiere Deucalione e
Pirra odono una voce che li riempie di terrore: Gettate dietro di voi le ossa della
vostra grande madre.
Pirra non capisce e, inorridita al pensiero di profanare la tomba della madre,
prega gli di di dare un consiglio meno empio. Ma Deucalione la rassicura: la madre
comune di tutti la terra e le sue ossa sono le pietre. Pur dubitando, Pirra fa ci che
gli di hanno consigliato, Deucalione fa lo stesso. Appena toccano terra, le pietre
divengono pi grandi, prendono una indecisa forma umana, si animano, sono esseri
viventi. Le pietre gettate da Pirra sono ora altrettante donne, quelle gettate da
200
201

Decrescono: calano, diminuiscono.


Sgomento: paura, angoscia.

Deucalione altrettanti uomini. Mentre il mondo si ripopola di una stirpe che per secoli
e secoli riveler la sua origine nel carattere rozzo e duro, dalla terra sorgono
spontaneamente animali di ogni specie che sostituiscono quelli inghiottiti dalla
grande pioggia.

Gli eroi

Eracle (Ercole)

La vita di Eracle, figlio di Zeus e di Alcmena, piena di imprese avventurose


ed eccezionali che si concludono degnamente con la divinizzazione delleroe. Le
principali fatiche a cui Eracle deve assoggettarsi sono la conseguenza di una vendetta
di Era. Un giorno Zeus annunzia a tutti gli di che sta per vedere la luce202 un suo
discendente, un eroe fortissimo che dominer su tutti gli altri della sua stirpe. Ma Era
ha gi saputo che il discendente atteso da Zeus addirittura un figlio di lui: Alcmena,
una delle tante mortali amate dal grande dio, sta per darlo alla luce. Zeus parlando di
discendente e non di figlio aveva creduto di non insospettire la sua gelosissima
moglie; ma quella approfitt proprio di una cos fine diplomazia 203 per buttargli
allaria tutti i progetti. Alle parole di Zeus essa non sembra turbarsi, fa anzi
consacrare al marito, con un giuramento sulla palude Stigia, ci che egli ha detto, e
quando sicura che in nessun modo Zeus potr ritirare la sua parola mette in atto un
astuto piano. Essa sa di unaltra imminente nascita: anche a Stnelo sta per nascere un
figlio, e Stnelo, attraverso Perseo,204 discende da Zeus.
Niente di pi facile, per una dea come Era, di affrettare o ritardare una nascita:
essa affretta la nascita di Euristeo, figlio di Stnelo; per lui si dovr compiere il
giuramento del padre degli di. Quando, poco dopo, nasce il figlio di Alcmena,
Eracle, egli non potr usufruire della promessa paterna, ormai valida per laltro. Ma
se lastuzia di Era ha tolto a Eracle il privilegio che il padre voleva accordargli, non
pu toglierli anche leccezionale forza che leroe rivela sin dai primi giorni di vita
strangolando due grossi serpenti che, inviati da Era, si erano nascosti nella sua culla.
Col passare degli anni Eracle diviene ancora pi forte, tanto che a diciotto anni
uccide da solo un grosso leone che stava terrorizzando la Tessaglia con le sue stragi.
Proprio tornando dalla Tessaglia, incontra lungo il cammino un araldo205 della citt di
Orcomeno diretto a Tebe206 per riscuotere il tributo 207 di cento bovi che annualmente
Tebe deve dare ad Orcomeno. Per Eracle, che nato a Tebe, questo tributo ha laria
di un sopruso,208e la sua indignazione si riversa immediatamente sullaraldo, solo
colpevole di eseguire un ordine: gli lega le mani, gli tagli anso e orecchi e, cos
sfregiato, lo rimanda al suo re. Da questo incidente non pu derivare che una guerra;
le due citt lottano furiosamente, e alla fine vince Tebe, in gran parte per laiuto di
Eracle che il re Creonte ricompensa dandogli in moglie la figlia Mgara. Dopo alcuni
anni Eracle, colto, per opera di Era, da un eccesso di pazzia, incendia la casa ed
uccide a colpi di freccia la moglie e i figli. Appena rinsavito, rendendosi conto del

202

Vedere la luce: nascere.


Diplomazia: abilit, accortezza nel parlare e nel comportarsi.
204
Perseo: figlio di Zeus e di Danae. Uccise Medusa con laiuto di Atena e di Ermes, liber da un mostro Andromeda,
figlia del re degli Etiopi, e la spos; fu re di Tirinto e di Micene.
205
Araldo: messaggero, banditore.
206
Orcomeno Tebe: citt greche della Beozia.
207
Tributo: contributo, pagamento obbligatorio.
208
Sopruso: prepotenza, sopraffazione.
203

suo orrendo delitto, va alloracolo di Delfi e chiede alla Pizia con quale espiazione
potr purificare la sua colpa.
Le parole di Zeus, nascer un mio discendente che dominer e comander
tutti gli altri della sua stirpe, stanno per avverarsi.
Se ne fa interprete la Pizia che ordina alleroe di recarsi a Tirinto 209 da
Euristeo, figlio di Stnelo, e di servirlo dodici anni per purificarsi della sua colpa.
Durante questi anni leroe ubbidir incondizionatamente 210 ad Euristeo, compiendo
con la sua prodigiosa abilit imprese eccezionali.
Appena arrivato a Tirinto, Eracle trova pronto un ordine. Deve liberare la
regione da un leone che, sfuggendo a tutti i tentativi di cattura, ne devasta il territorio
seminandovi terrore. Leroe, scovato il leone nella valle di Nemea, gli scocca211
contro alcune frecce; ma il leone invulnerabile: ogni freccia, appena raggiunto il
besarglio, si piega, scivola sulla pelle, cade a terra inoffensiva. Il leone intanto fugge
e si rintana in una grotta. Eracle linsegue e si accorge che la grotta ha due aperture;
ne chiude una e, appena il leone fa per uscire dallaltra, lo afferra alla gola e lo
strangola. Quando torna a Tirinto, coperto dalla pelle leonina a prova di quanto ha
compiuto, Euristeo, che non credeva che limpresa si potesse concludere felicemente
e con tanta rapidit, invece di ammirare la forza e labilit di Eracle, se ne spaventa
tanto che ordina alleroe di non oltrepassare pi le porte della citt, ma di attendere
oltre le mura gli ordini che gli avrebbe mandato per mezzo di un araldo. E subito gli
comanda di liberare la regione di Lerna, sul golfo di Argo, da un essere mostruoso
che appesta laria con il suo mortifero 212 respiro, e fa morire asfissiati tutti i greggi.
Eracle ubbidisce e presso una fonte trova il mostro: unidra213 fornita di ben nove
teste. Laffronta per decapitarla, ma appena riesce a tagliare la prima testa vede con
spavento che dal collo mozzato la testa rinasce immediatamente, mentre accanto ne
spunta unaltra. La lotta sembra non aver fine; si aggrava anzi per Eracle quando dal
mare esce un grosso granchio che comincia a morsicargli le gambe e non gli d
tregua. Leroe si sente in diritto di usufruire anche lui di un aiuto: chiama il suo
scudiero, Iolao, e gli ordina di bruciare ogni collo dellidra appena una testa taglia
per impedire che rinasca e si raddoppi. Cos Eracle porta a fine la sua impresa e dopo
poco lidra giace inoffensiva e morta, con tutte le sue teste sparse intorno. Prima di
tornare a Tirinto leroe vuole sfruttare limpresa, che gli costata tanta fatica: apre il
corpo dellidra, cerca il fiele 214 e, intingendovi le frecce che ha con s, le rende
avvelenate e senza rimedio per chi ne sar colpito.
appena tornato a Tirinto che Euristeo gli fa sapere di considerare nulla la sua
impresa contro lidra perch egli ha chiesto aiuto allo scudiero Iolao, e gli ordina di
ripartire subito per catturare e portargli viva la cerva dalle corna doro e dai piedi di
bronzo che si trova in Arcadia. Per questa impresa non gli saranno di nessun aiuto le
frecce avvelenate. Quando trova la cerva, per catturarla senza farle del male, Eracle
209

Tirinto: citt greca dellArgolide.


Incondizionatamente: in modo assoluto, totale; senza riserve.
211
Scocca: scaglia, tira con forza.
212
Mortifero: mortale, che porta la morte.
213
Idra: nellantica mitologia greco-romana, grosso serpente con molte teste che rinascevano appena tagliate.
214
Fiele: liquido vischioso di colore giallo verdastro e di sapore amarissimo, prodotto dal fegato.
210

deve inseguirla per giorni e mesi, sinch, dopo un anno, mentre la cerva stanca e
affaticata sta per varcare un fiume, riesce ad afferrarla. Se la pone sulle spalle e
finalmente la porta a Tirinto.
Come al solito, trova pronto subito un altro ordine. Questa volta dovr portare
viva non uninnocua bestiolina, ma il terribile cinghiale che vive sullErimanto
riempiendo di terrore tutta la regione. Anche questa bestia catturata e portata a
spalla sino a Tirinto. E ora come mostrare ad Euristeo che limpresa compiuta, se
nessuno ha il coraggio di prendere in consegna la terribile bestia? Eracle trasgredisce
lordine di non oltrepassare le mura e va alla reggia. Cerca Euristeo, ma, non
riuscendo a trovarlo e stanco di portare il peso di quel bestione, pensa di gettarlo in
uno dei grossi orci215 interrati che servono per conservare il grano, in attesa che
Euristeo ritorni. Sta per gettare il cinghiale in un orcio quando, proprio da quellorcio,
fa capolino, spaventatissimo, Euristeo. Il tirannico Euristeo, che con tanta
disinvoltura ordinava ad Eracle le imprese pi difficili, appena aveva saputo che
Eracle gli portata viva quella violenta e pericolosa bestia, non solo non aveva avuto il
coraggio di sopportarne la vista, ma, per timore di peggio, niente gli era sembrato pi
sicuro che rifugiarsi in quel grosso orcio interrato.
Rimessosi dalla paura e dalla brutta figura, Euristeo d subito un altro ordine.
In Arcadia, vicino alla citt di Stinfalo, in una palude in cui crescono numerosi alberi
altissimi, vivono alcuni uccelli che si cibano di carne umana: Eracle deve
distruggerli. Eracle arriva sino alla palude stinfalica, ma non scorge neanche un
uccello. Incerto sul da farsi sta per tornare indietro, quando si ricorda di aver avuto da
Atena un paio di nacchere216 di bronzo, opera di Efesto. Agitandole fa uno strepito
tale che immediatamente gli uccelli volano via a frotte dalle altissime chiome degli
alberi dove, ben nascosti, stavano in agguato. Eracle pu finalmente usare le frecce
avvelenate col sangue dellidra e abbattere sino allultimo tutti quegli uccellacci.
Nellordine successivo Euristeo aggiunge alla difficolt dellimpresa
lumiliazione pi avvilente per leroe. Deve recarsi in Elide e pulire in un sol giorno
le sporchissime stalle del re Augia. Prima di cominciare il lavoro Eracle ottiene che
Augia gli regali la decima parte dei tremila buoi che costituiscono le sue mandrie;
quindi, aperte alcune brecce217 nei muri delle stalle, devia il corso del fiume Alfeo in
modo che le attraversi. In poche ore le stalle sono ripulite perfettamente dalla violenta
corrente del fiume; ma quando Eracle reclama la ricompensa pattuita, Augia gliela
rifiuta con la scusa che quel lavoro stato fatto per ordine di Euristeo.
una scusa meschina, ma Eracle deve accettarla; come pure deve accettare, al
suo ritorno, la bassa218 prepotenza di Euristeo il quale dichiara di non considerare
valida quella impresa avendo Eracle pattuito una ricompensa. Peggio di cos, povero
Eracle, non poteva andare!
215

Orci: vasi di terracotta a bocca ristretta e corpo panciuto, generalmente a due manici.
Nacchere: due tavolette incavate come conchiglie che, tenute appaiate con un nodo lento di nastro in modo da
passarvi due o tre dita della mano, producono, urtandosi in cadenza, un rumore con cui si accompagnano i passi o
movimenti di alcune danze popolari.
217
Brecce: aperture.
218
Bassa: vile, meschina.
216

Poseidone, il grande dio dominatore del mare, aveva dato al re di Creta,


Minasse, un magnifico toro da sacrificarsi in suo onore. Ma il toro era tanto bello che
a Minasse era dispiaciuto farlo morire e lo aveva sostituito con un altro suscitando
lira implacabile del dio, il quale aveva sparso il terrore fra il popolo di Creta
rendendo furioso il toro. Eracle ha lordine di catturare vivo quel flagello e di
condurlo ad Euristeo; ma quando leroe torna, con le spalle gravate 219 dallimmenso
peso, Euristeo gli fa dire di lasciar libero di nuovo il toro perch dedicato ad una
divinit e quindi sacro. Appena libera, la bestia fugge verso Sparta, traversa
lArcadia, passa lIstmo; arrivata in Attica, si ferma presso Maratona dove comincia a
far strage di abitanti sinch un altro eroe, Teseo,220 catturandola non la render
inoffensiva.
Eracle ha gi compiuto tante imprese, ma non ancora trascorso il tempo che il
Fato gli ha fissato per servire Euristeo. Ed Euristeo incalza con i suoi ordini. In
Tracia, Diomede, re dei Bstoni e figlio di Ares, possiede alcune indomabili e
ferocissime cavalle che si cibano solo di carne umana. Per saziarne lorribile voracit
Diomede, violando il sacro dovere dellospitalit, non esita a gettar loro in pasto i
naufraghi che, risparmiati dalla furia delle acque, approdano sfiniti alla sua terra.
Euristeo vuole quelle cavalle. Eracle per catturarle deve sostenere una lotta furibonda
con i Bstoni che non vogliono rinunziare alle cavalle per le quali la loro terra nota
dovunque, sia pure tristemente. I Bstoni si arrendono solo quando il loro re,
abbattuto da Eracle e gettato in pasto alle cavalle, non pu pi incitarli al
combattimento. Le cavalle, da Eracle condotte ben legate a Tirinto, sono mandate sul
monte Olimpo dove vengono sbranate dalle numerose fiere221 che vi vivono.
Forse perch Euristeo non sa pi quale ordine impartire alleroe, la nona
impresa richiesta da Ad mete, sua figlia. Essa vuol avere la cintura donata da Marte
ad Ippolita, regina delle Amazzoni, le donne guerriere che vivono nella regione
orientale dellAsia minore, sul Ponto Eusino.
Il dover combattere con queste che sono espertissime nel tirar larco e nel
cavalcare, preoccupa Eracle pi che limpresa contro lidra o il cinghiale di Erimanto.
Per avere un eventuale aiuto leore porta con s vari compagni, ma insperabilmente,
non ne ha bisogno: Ippolita, accolto cordialmente lo straniero e udito lo scopo del suo
viaggio, gli cede volentieri la preziosa cintura, segno del suo grado reale. Nel
frattempo, per opera di Era sempre pronta a crear delle difficolt ad Eracle, si sparge
la voce che gli stranieri sono venuti per portar via la regina. Le Amazzoni cominciano
a gridare con ostilit e spronano i cavalli contro Eracle e i suoi compagni i quali,
credendo che Ippolita abbia loro teso un tranello, danno battaglia. Le Amazzoni sono

219

Gravate: oppresse, molto affaticate.


Teseo: mitico eroe greco, figlio di Egeo re di Atene e di Etra. Giovanissimo sconfisse i mostri che infestavano le
strade dellAttica, tra i quali Procuste; uccise il toro di Maratona e liber gli Ateniesi dal Minotauro, cui tutti gli anni era
dovuto un tributo in vite umane. Divenuto re di Atene, vinse insieme a Eracle le Amazzoni, conquistandone la regina
Ippolita e sposandola. Disceso poi nellAde insieme a Piritoo per rapire Persefone, fu imprigionato e incatenato fino a
quando non fu liberato da Eracle. Secondo unaltra leggenda mor per volont di Licomede che lo fece precipitare da
una rupe; secondo unaltra mor a Sciro, sconosciuto da tutti e sepolto come un comune mortale.
221
Fiere: belve, animali selvatici e feroci.
220

sbaragliate 222 e si salvano fuggendo; ma non Ippolita che, creduta colpevole di


tradimento, uccisa da Eracle senza piet.
Tornato con la cintura di Ippolita, Eracle riparte subito per compiere la nuova
impresa. Questa volta deve giungere ai limiti occidentali della terra (che in seguito
furon detti le colonne di Ercole) e poi attraversare tutto lOceano per catturare le
mucche di Gerione che pascolano nella rossa isola di Erizia, situata nellestremo
Occidente.
Il viaggio verso Occidente reso pi faticoso dal sole che batte a sfascio:223
laria soffocante, il terreno tanto ardente che Eracle, in uno scatto di insofferenza,
comincia a lanciare le sue frecce avvelenate contro il sole. Ma il sole, invece di
sdegnarsi, ammirando la forza e la pertinacia 224 di Eracle, vuol aiutarlo a raggiungere
la terra dove egli si rifugia ogni notte e, per facilitargli la traversata dellOceano, gli
presta la grande coppa doro che ogni sera lo accoglie a Occidente per ricondurlo,
avanti lalba, ad Oriente.
Arrivato con questo mezzo ad Erizia, Eracle deve difendersi dal bicipite225 cane
Ortro, che custodisce le mucche, e dallo stesso Gerione, uomo mostruoso il cui busto
termina con tre teste, sei braccia e sei gambe. Vince luno e laltro abbattendoli con la
clava che porta sempre con s insieme alle piccole e avvelenatissime frecce, quindi
carica nella coppa del sole le mucche, che sono del non comune color viola e,
riattraversato lOceano, torna verso lOriente.
Restituita la coppa al sole e consegnate le mucche a Euristeo, Eracle non pu
ancora riposarsi. Dopo aver superato difficolt immense e abbattuto mostri ritenuti
invincibili compiendo imprese che lo hanno costretto a superare la sua natura umana,
ora Eracle riceve lordine di forzare le porte delloltretomba, scendere agli Inferi e
ritornarne con Cerbero. Eracle riesce a scendere laggi e ottiene da Ade il permesso
di portarsi via per qualche giorno il cane Cerbero, purch non lo uccida, n lo ferisca.
Per non essere sopraffatto, Eracle afferra il cane per i colli e tenendoli stretti sin quasi
a soffocarlo trascina il mostro sino da Euristeo facendo un viaggio ancor pi
disagevole di quanto lui stesso poteva immaginare, perch il serpente della coda non
gli lascia requie 226 morsicandolo in continuazione.
Appena vede compiuta anche questa impresa, Euristeo si affretta a rimandare
nellAde il feroce cane la cui presenza nella reggia non andava troppo daccordo,
come possiamo immaginarci, col carattere pusillanime del re. Subito dopo Euristeo
ordina ad Eracle la nuova impresa che sar, finalmente, anche lultima.
In una regione che nessuno sa bene do ve sia, si stende un giardino
lussureggiante, 227 il giardino delle Esperidi, nel quale crescono meravigliosi pomi
doro donati da Gea ad Era nel giorno delle sue nozze con Zeus. La dea aveva tanto
gradito e ammirato quei frutti che aveva voluto farne una grande piantagione
affidandone la sorveglianza alle ninfe Esperidi e ad un drago con tre teste, che non
222

Sbaragliate: sconfitte.
A sfascio: fortemente, violentemente.
224
Pertinacia: ostinazione, tenacia.
225
Bicipite: con due teste.
226
Requie: pace, tregua.
227
Lussureggiante: rigoglioso.
223

dormiva mai. Per sapere dove sia questo giardino Eracle si rivolge a Nereo. Questo
vecchio dio m arino, molto resto228 a rivelare le infinite cose da lui conosciute, ma
anche incapace di mentire, sfugge ai suoi interlocutori assumendo rapidamente i pi
svariati e strani aspetti. Eracle sa che non bisogna impaurirsene e badar solo, una
volta afferrato Nereo, a non farselo sfuggire. Leroe sorprende nel sonno il vecchio
dio, lo lega ben bene e, imperterrito,229 assiste alle sue immediate, rapidissime
metamorfosi. Dopo essersi trasformato in leone inferocito e ruggente, in albero
frondosissimo, in fuoco, in acqua, Nereo riprende il suo aspetto normale e rivela a
Eracle dove sia lignota regione delle Esperidi. Arrivato l dopo un lunghissimo
viaggio, leroe forse preso da un po di pigrizia e, poich l vicino c Atlante che
sostiene la terra sulle spalle, Eracle prega il gigante di andargli a prendere i pomi
doro; per quei pochi minuti regger lui il mondo. Atlante accetta e, poco dopo,
riappare con i mano tre magnifici pomi splendenti; insperabilmente, per, ha gustato
il sollievo da quel peso continuo che la terra e non volendo perdere troppo presto
quel gran benessere si offre di portare lui ad Euristeo i bei pomi doro. Ma Eracle sa
che non prudente far abituare alla libert quel gigante; chi gli garantisce che Atlante
non voglia lasciare a lui, definitivamente, il peso del mondo? Non potrebbe essere
questa lultima e pi terribile vendetta di Era? Finge di accettare la proposta, e: Va
bene,; dice per prima di andare, riprendi un momento la terra. Le mie spalle non
sono abituate a tutto questo peso, e voglio metterci un cuscino. Atlante riprende la
terra; Eracle, pronto, afferra i pomi e, gridando i suoi ringraziamenti ad Atlante per
quanto ha fatto, lo lascia l, col suo mondo sulle spalle.
Ed ora, finalmente, Euristeo incarica Eracle di una missione non difficile: deve
portare sullOlimpo i divini pomi dorati. Quando ha consegnato ad Atena i pomi, che
dalla dea vengono restituiti al giardino lo destinato da Era, Eracle trattenuto
sullOlimpo. Esaurite la vendetta e le persecuzioni di Era, leroe pu rimanere fra gli
di, divenuto anchegli una divinit.
Un altro scrittore antico, Apollodoro,230 racconta in maniera diversa
lassunzione di Eracle nellOlimpo. Dopo aver compiuta lultima fatica, Eracle,
secondo Apollodoro, lasciato in libert da Euristeo e, dopo aver vagato qua e l,
giunge a Calidone 231 dove sposa la figlia del re, Deianira. Un giorno, sulla riva di un
fiume che essi devono traversare, trovano un Centauro, Nesso; sta l per trasportare a
spalla i viandanti che vogliono passare le tumultuose acque. Deianira si affida al
Centauro il quale, invaghitosi fulmineamente di lei, tenta di rapirla. Ma Eracle
pronto a scoccare una delle sue frecce e lo ferisce mortalmente. Sentendosi morire, ed
avendo perduto gi ogni energia per reagire e vendicarsi, il Centauro suggerisce alla
donna di raccogliere e di serbare un po del sangue che esce dalla ferita. In qualsiasi
momento, le dice, essa tema di perdere lamore di Eracle, dovr usare quel sangue
come un filtro magico, e le indica il modo. Deianira ascolta le parole del Centauro,
senza sospettare che un orrendo inganno nascosto in quel consiglio.
228

Resto: contrario, riluttante.


Imperterrito: impassibile, imperturbabile.
230
Apollodoro: scrittore ateniese del II secolo a.C.
231
Calidone: citt greca dellEtolia.
229

Di esso e del sangue raccolto si ricorda qualche tempo dopo, il giorno in cui
Eracle, sempre in giro per compiere qualche difficile impresa, le fa sapere che,
avendo conquistato la citt di Ecalia, 232 gli necessaria la tunica pi ricca che
possiede per compiere con degna veste il rendimento di grazie a Zeus. Deianira sa
che alcuni anni prima Eracle si era invaghito di Iole, figli del re di Ecalia e, temendo
che possa innamorarsene di nuovo, pensa di usare il filtro consigliato dal Centauro
morente. Bagna la tunica col sangue sgorgato dalla ferita di Nesso e la manda subito
ad Eracle, sicura che, indossando quella, lo sposo le sarebbe rimasto fedele. Ma
appena indossata e un po riscaldata dal calore del corpo, la tunica comincia a
trasudare, e col sangue si sparge sulla pelle di Eracle il mortale veleno di cui era
intrisa la freccia che aveva colpito Nesso. Eracle sente un bruciore sempre pi forte,
vede che il suo corpo si copre di piaghe e vuol strapparsi la tunica, ma essa gli
aderisce talmente che con la stoffa Eracle si strappa anche carne viva. Piagato e
delirante riportato a Trachis dove, prima di lui, arrivata la notizia della sua
sventura. Deianira, non sopportando il rimorso di essere stata lei, pur
involontariamente, la causa della tragedia si uccide ed Eracle, sbarcato, non trova pi
lamata sposa.
Con le carni bruciate e torturate, col cuore sconvolto dal dolore, Eracle si
trascina sino alla cima del monte Eta 233 meditando una tragica soluzione per far
cessare i due dolori che pur diversamente lo tormentano. Dopo aver ordinato ai suoi
che lo hanno seguito di innalzare una catasta di legna, vi sale pregando di appiccarvi
il fuoco per por fine alla sua difficile vita. I compagni non posso rifiutare; ma, appena
la catasta comincia ad ardere, laria scossa da terribili tuoni, il corpo di Eracle
avvolto e nascosto da una nuvola che si alza dal rogo e che, senza dissolversi, sale
verso gli infiniti e irraggiungibili spazi celesti.
Per questo prodigio ai mortali fu chiaro che il grande Eracle era stato chiamato
a far parte degli di immortali e beati.
Volendo concludere rapidamente il racconto delle numerose avventure di
Eracle ho tralasciato di accennare ad altre imprese minori, dette dai Greci parerga
fatiche accessorie, che leroe dovette superare mentre compiva i pesanti ordini
imposti da Euristeo. Le ricorder in breve.
Durante il viaggio verso il monte Erimanto, dove viveva il ferocissimo
cinghiale, assalito da una turba234 di Centauri armati di macigni e di grossi pali.
Eracle li disperde lanciando tizzoni accesi e numerose frecce; uno di essi, Nesso, col
perfido consiglio dato a Deianira, vendica anche lumiliazione di quello scontro.
Mentre Eracle torna a Tirinto col cinto 235 della regina Ippolida approda a Troia
e trova questa citt in gran lutto. Omini e donne muoiono per una tremenda pestilenza
che mal si combatte perch contemporaneamente la citt stata invasa dalle acque. E
come se questo non bastasse, nessuno pu avventurarsi fuori senza il pericolo di
essere afferrato e divorato da un mostro marino apparso con linondazione. Si
232

Ecalia: citt greca della Tessaglia.


Eta: catena montuosa greca tra il Pindo e il Parnaso, nella Tessaglia. Domina il Passo delle Termopili.
234
Turba: moltitudine, folla.
235
Cinto: cintura.
233

manifesta cos lira di Poseidone e di Febo i quali, presentatisi a Laomedonte 236 con
aspetto umano, avevano pattuito il prezzo per la costruzione delle massicce mura
della citt e poi a lavoro finito, se leran visto rifiutare. La punizione per lavarissimo
Laomedonte non finiva qui. Loracolo, subito interrogato, aveva risposto che ogni
flagello sarebbe scomparso se il mostro avesse potuto divorare Esione, la figlia di
Laomedonte. Il re per salvare i suoi sudditi non aveva esitato ad esporre in riva al
mare la bella Esione, ma, purch la citt fosse salva anche senza il sacrificio della
figlia, ancor meno esit nel promettere ad Eracle, arrivato proprio allora, i bei cavalli
che qualche tempo prima Zeus gli aveva regalato.
Eracle affront il mostro e lo uccise, liber Esione, ma non ebbe i cavalli di
Zeus. Lavarissimo, ingrato e spergiuro 237 Laomedonte, bench avesse gi
sperimentato le conseguenze delle promesse non mantenute, dileggiando238 Eracle per
la sua credulit, rifiut di consegnare i cavalli. Anche Eracle, in seguito, si vendicher
quando, tornato a Troia contribuir alla sua distruzione; ma l per l fu costretto a
sottostare alla prepotenza di Laomedonte.
Durante la ricerca del giardino delle Esperidi, passando per la Libia, Eracle si
trov a lottare contro il gigante Anteo, figlio di Poseidone e di Gea. Questo gigante
sfidava ogni passeggero essendo sicuro della vittoria perch aveva la capacit di
mantenere intatte le forze sinch era a contatto con la terra, Gea, che era a sua madre.
Dopo una lunga lotta Eracle riusc a sollevare da terra il gigante, e, tenendolo sospeso
con un braccio, con laltro riusc ad ucciderlo. Sempre durante la ricerca del giardino
dove si custodivano i pomi doro, Eracle pass dal Caucaso e pose fine al tormento di
Prometeo. Dopo aver uccisa laquila che gli rodeva il fegato, liber il Titano dalle
catene che lo immobilizzavano e gli ottenne da Zeus limmortalit.

236

Laomedonte: re di Troia, padre di Priamo.


Spergiuro: sleale, che viene meno a un giuramento o a una promessa.
238
Dileggiando: deridendo, schernendo.
237

Teseo

In Atene regnava Egeo al cui trono aspiravano ben cinquanta nipoti, figli del
fratello Pallante, i quali avevano tanto desiderio di regnare che volentieri avrebbero
affrettato la morte dello zio. Ma Egeo sperava di deludere la loro avidit e la loro
malvagia aspirazione. Molti anni indietro, passando da Trezene, 239 egli si era
innamorato di Etra, figlia del re. Dopo aver soggiornato con lei qualche tempo era
partito dicendole: Se ti nascer un figlio mandalo da me, ad Atene, appena sia
capace di alzare con le sue sole forze quel sasso l. ed Egeo aveva indicato un
macigno enorme spigandole che egli aveva nascosto l i suoi sandali e la sua spada.
Presentandosi ad Egeo, per farsi riconoscere, il giovane avrebbe dovuto mostrare
quegli oggetti.
Lattesa di Egeo non fu delusa. Ad Etra era nato un bambino, Teseo, il quale,
appena giovinetto, fu informato dalla madre di ci che il padre aveva disposto. Teseo,
cresciuto robustissimo, alz la pietra ed appena fu in possesso dei sandali e della
spada si avvi verso Atene, seguendo, invece della via di mare, la via di terra.
Pensava che questa gli avrebbe offerto maggiori opportunit per mettere alla prova il
suo coraggio permettendogli di giungere al padre nobilitato da imprese valorose.
Durante il viaggio sente raccontare una storia terrificante: presso lo stretto di Corinto
un certo Sinni uccide atrocemente i viandanti. Piega sino a terra la chioma di due
alberi vicini, lega una gamba del malcapitato alla cima di un albero, laltra gamba alla
cima dellaltro, e poi lascia andare gli alberi, i quali, tornando nella loro posizione
normale, dividono in due quel disgraziato. Teseo, aspirando ad imitare laudacia di
Eracle, di cui conosce e ammira le imprese, raggiunge lo stretto e, quando Sinni tenta
di fargli fare la fine di tanti altri infelici, inverte rapidamente le parti e fa a Sinni
quello che quel crudele voleva fare a lui.
Prosegue il suo cammino e verso Megara 240 informato di un altro mostro
umano: Scirone, un vecchio dallaspetto cadente, rannicchiato su di una roccia
sporgente sul mare, rivolge querule 241 preghiere ai forestieri diretti in citt. Si lamenta
di essere vecchio, di non avere pi nessuno che si occupi di lui, neanche chi gli lavi
almeno le estremit doloranti. I forestieri inconsapevoli, commossi da quel lamenti,
offrono il loro aiuto, e mentre, chini, gli lavano i piedi, quel malvagio con un calcio a
tradimento li fa precipitare in mare. Teseo vince anche Scirone e, precipitatolo in
mare, libera Megara da quellinsidioso ingresso.
Giunto poi in Arcadia riporta unaltra magnifica vittoria: su Procuste, uomo,
anche quello, perfido e ipocrita. 242 Viveva in Arcadia un certo Damaso,
soprannominato Procuste, il quale con grande cordialit invitava i forestieri di
passaggio a pernottare nel suo bel palazzo. Mostrando grande preoccupazione per il
loro riposo, li accompagnava sin nella camera e persino li invitata a distendersi su
239

Trezene: citt dellArgolide.


Megara: altra citt dellArgolide, sullistmo di Corinto.
241
Querule: lamentose, piagnucolose.
242
Ipocrita: falso, chi nasconde i propri pensieri, non sincero.
240

uno dei due letti, uno lungo e uno corto, che erano nella stanza. A questo punto gli
ospiti cominciavano a rendersi conto di essere caduti in cattive mani. Assurdamente
Procuste obbligava lospite, se era piccolo, a distendersi nel letto lungo e, se era alto,
ancor pi assurdamente lobbligava a distendersi nel letto corto. Quindi, straziando il
corpo del malcapitato, gli stirava le membra o gliele tagliava sinch non avessero
raggiunto la misura del letto. Questo orribile modo di esercitare lospitalit fin con
larrivo di Teseo, che fece provare allo stesso Procuste quanto fosse spiacevole
morire col corpo ridotto a misure che non erano le proprie.
Alla fine Teseo arriva ad Atene e si fa riconoscere da Egeo mostrando i sandali
e la spada. Il re lo accoglie con grande gioia e lo presenta come suo legittimo
successore al popolo che lo festeggia entusiasticamente perch gi si sparsa la fama
delle nobili imprese che aveva compiuto. Poco dopo che Teseo si stabilito in Atene,
giungono da Creta alcuni messi243 i quali vengono a prendere quattordici fanciulli:
il tributo dovuto dallAttica alla loro isola. Per quale ragione, sinforma Teseo,
lAttica tributaria 244 di pegni umani a Creta? Gli vien narrato che il figlio di
Minasse, re di quellisola, era stato ucciso mentre si trovava in Attica, non si sapeva
n da chi n perch, e Minasse, non potendo punire lassassino, aveva chiesto agli di
di far cadere la vendetta su tutta la regione. Immediatamente quella bella terra fertile
era stata avvelenata da una pestilenza e colpita da una tale siccit che neanche nei
fiumi scorreva pi una goccia dacqua. Loracolo aveva consigliato di rivolgersi a
Minasse, il quale per far cessare la vendetta da lui richiesta domand che ogni anno,
per nove anni, gli fossero consegnati sette fanciulli e sette fanciulle fra i pi belli
dellAttica. Gi da tre anni il tributo veniva pagato, reso ancor pi triste dal mistero
che avvolgeva la sorte di quei giovani. Alcuni dicevano che servissero come schiavi,
altri che, una volta in Creta, venissero dati in pasto a qualche mostro, altri ancora che
fossero lasciati soli nel labirinto, dove erravano sino alla pazzia e alla morte, nella
ricerca di unintrovabile uscita.
Quellanno il popolo, oltre alla tristezza, mostrava chiaramente il suo
malcontento. Perch il re nella lista dei giovani da sorteggiare non faceva iscrivere
anche Teseo? Anchegli doveva esporsi col suo popolo al dolore di veder andar via
un figlio senza speranza di ritorno. Teseo non solo giudicava giusto il rimprovero del
popolo, ma voleva far qualcosa per liberarlo dallincubo di quellannuale tributo.
Senza aspettare la sorte, dichiar che sarebbe andato anche lui a Creta con gli altri;
ma nessuno doveva piangere: questa volta limbarcazione dalle lugubri245 vele non
sarebbe tornata col solo nocchiero.
Col dolore ancora pi profondo delle volte precedenti Egeo segue i preparativi
della partenza, sebbene le imprese gi compiute felicemente dal figlio gli diano una
speranza che gli suggerisce di consegnare al nocchiero alcune vele bianche da
sostituire alle nere se la nave, tornando in patria, avesse ricondotto Teseo e gli altri
giovani.

243

Messi: messaggeri.
Tributaria: soggetta al pagamento di un tributo, di un contributo obbligatorio.
245
Lugubri: funebri, tristi.
244

Quando giunge a Creta, Teseo conosce qual la fine destinata a lui e ai suoi
compagni: saranno avviati per i tortuosi corridoi del Labirinto e lasciati avanzare
sinch non incontrano il mostruoso Minotauro, un uomo con testa e collo di bove, che
se ne ciber a piacere. Questo s tato rivelato a Teseo dalla figlia del re, Arianna, la
fanciulla che si innamorata dalleroe appena lo ha veduto e che gli indica anche la
via della salvezza. Appena entrato nel Labirinto dovr cominciare a sdipanare 246 un
gomitolo che la fanciulla stessa gli consegna; il filo gli indicher la via del ritorno, se,
giunto presso il Minotauro, Teseo avr la forza e il coraggio di ucciderlo.
Ucciso con facilit il Minotauro, Teseo esce dal Labirinto con i suoi compagni
e subito si rimbarca per tornare in patria; ma con s vuol portare la bella e generosa
Arianna alla quale deve la salvezza. Gli di, per, sono contrari alle loro nozze, e un
sogno avverte Teseo di abbandonare la fanciulla, mentre addormentata, nellisola di
Nasso. Qui Arianna si sveglier, stupita e piena di risentimento contro Teseo, e solo
larrivo di Dioniso e le nozze col dio placheranno il suo dolore.
Intanto la nave che riporta in patria Teseo e i compagni si avvicina allAttica;
ma nella emozione dellinsperato ritorno nessuno si ricorda di cambiare le vele. Egeo,
che da giorni scrutava il mare cercando un indizio 247 del ritorno del figlio, vede nelle
vele nere il segno dellimpresa fallita e, non reggendo al dolore, si getta in mare, il
quale da allora fu chiamato Mare Egeo.
Il governo di Atene preso da Teseo che vi porta notevoli innovazioni.
Stabilisce che la citt sia a capo delle altre borgate 248 dellAttica e riesce a placare
qualsiasi contesa esista fra i singoli borghi o le singole famiglie e riunisce gli abitanti
in un solo popolo concorde. Inoltre organizza democraticamente il governo
riconoscendo lutilit di ogni classe sociale.
La realizzazione di queste riforme utili e necessarie non lo distolgono 249 dal
partecipare ad imprese avventurose. Gli Argonauti250 lo hanno compagno nella loro
spedizione e i Lpiti ricevono da lui un validissimo aiuto nella lotta contro i
Centauri. 251
Lamicizia con i Lpiti risaliva ad un suo atto di coraggio. Pirtoo, capo dei
Lpiti, una volta aveva voluto mettere a prova la forza e il valore di Teseo, di cui
aveva sentito raccontare le imprese e, per provocarlo, gli aveva rubato apertamente
alcuni armenti. 252 Teseo non fu intimorito dal sapere che il rapitore era il gran re dei
Lpiti, lo insegu e lo raggiunse; quando per i due si trovarono di fronte,
lammirazione reciproca per la loro bellezza e per il loro coraggio fece abbassare le
armi, mentre le mani si stringevano calorosamente in segno di amicizia. Quando, poi,
Pirtoo celebr le sue nozze con Ippodamia invit anche Teseo alla festa nuziale che f
246

Sdipanare: disfare, detto di un gomitolo.


Indizio: segno, indicazione, traccia.
248
Borgate: piccoli centri abitati.
249
Non lo distolgono: non gli impediscono, non lo allontanano dal proposito di.
250
Argonauti: sono i 55 mitici eroi che, guidati da Giasone, partirono sulla nave Argo alla conquista del vello doro. Tra
questi: Castore, Eracle, Meleagro, Peleo, Polluce.
251
Lpiti Centauri: i Lpiti, abitanti della Tessaglia (regione della Grecia) dalla statura gigantesca, famosi per aver
combattuto contro i Centauri, esseri fortissimi, mezzi uomini e mezzi cavalli; anche questi abitavano nei boschi della
Tessaglia.
252
Armenti: mandrie, greggi.
247

splendida. Verso la fine, per, fu funestata 253 dallincontrollato comportamento dei


Centauri, anchessi invitati, i quali, in preda allubriachezza, cominciarono a
molestare i presenti. Nella sanguinosa zuffa che ne segu, i Lpiti, aiutati dal
fortissimo Teseo, vinsero i selvaggi Centauri.
Lamicizia con Pirtoo per causa della misera e non gloriosa fine di questo
grande eroe. Con Pirtoo, infatti, Teseo vuol forzare le porte dellAde e visitare i
regni doltretomba. Riescono ad entrarvi, ma, bench vivi, non riescono ad uscirne, e
rimangono un bel pezzo in quel mondo triste, sinch un giorno non sono liberati dal
grande Eracle. Teseo torna ad Atene dove trova che il suo trono, nel frattempo,
stato occupato da un usurpatore che non solo non vuol riconoscere lantico e valoroso
re, ma gli impone, come ad un nemico, di allontanarsi dalla citt. Dopo aver vagato di
terra in terra, Teseo arriva a Sciro 254 dove muore, sconosciuto da tutti, e viene sepolto
come un comune mortale.
Non passa molto tempo che gli di stessi ricordano leroe al popolo ateniese.
Durante una pestilenza, la Pizia ammonisce gli Ateniesi di riportare in patria le ossa
di Teseo e di onorare quel nome nel ricordo delle sue benemerenze. Delleroe, da
anni, non si sapeva pi niente, circolava solo una vaga voce che diceva fosse sepolto
nei pressi di Sciro. Nel ricercare l il sepolcro viene notata unaquila che,
ininterrottamente, raspa in un punto del terreno. Si scava, e l sono trovati i resti di un
immenso corpo, la punta di rame di una lancia e una spada che vien riconosciuta per
quella di Teseo. Le ossa sono riportate con grande pompa ad Atene e seppellite nel
centro della citt, dove poi fu eretto un edificio adibito ad asilo per chiunque cercasse
un rifugio contro i potenti.
Atene credette di non poter onorare meglio di cos la memoria delleroe locale
che nelle sue imprese aveva sempre difeso i pi deboli e al quale faceva risalire
lorganizzazione politica e sociale dellAttica.

253
254

Funestata: danneggiata, rattristata.


Sciro: isola greca del Mar Egeo, la maggiore delle Sporadi settentrionali.

Perseo

Acrisio, re di Argo, aveva una figlia, b ella come una dea, Danae, ma nessun
maschio. Per sapere se poteva sperare in un futuro figlio a cui lasciare il regno, si
rec un giorno a Delfi. Loracolo, purtroppo, gli dette una risposta che lo riemp di
angoscia. Un figlio nascer, ma a Danae, non a te; e quel fanciullo ti uccider.
Turbato dal minaccioso responso e non volendo riconoscere che contro il Fato
non si pu lottare, Acrisio fece costruire, sotto terra, una stanza con le pareti di
bronzo in cui racchiuse Danae, credendo di salvare la vita col segregare 255 la figlia.
Ma contro il Fato non si lotta. Zeus si innamor della bellissima Danae e, pi
per sfuggire alla sorveglianza gelosa di Era che per non avere altre possibilit di
raggiungere la bella prigioniera, si trasform in pioggia doro e scese nella buia
stanza sotterranea.
Quando, dopo alcuni anni, Acrisio si accorse, forse per un qualche rumore di
giuochi infantili, che con Danaro nella stanza di bronzo cera un bambino, certo nato
da lei, fu ripreso dal terrore di quel lontano responso e, nonostante che Danae
affermasse Perseo era figlio di Zeus, volle lottare ancora contro il Fato che gi si
veniva compiendo. Non ebbe per la forza di uccidere con le sue mani Danae e il suo
bambino, e dette lordine che i due fossero messi in una cesta e gettati in mare.
La cesta, andata alla deriva, fu tratta a riva presso lisola di Srifo 256 da Ditti,
fratello del re Polidette che l regnava. Danae e il bambino, salvati dalle acque, furono
accolti con affetto nella reggia dove vissero in serenit sino a quando Polidette,
innamoratosi di Danae e temendo lopposizione di Perseo, ormai divenuto un
giovinetto, credette opportuno allontanarlo con una scusa. Gli chiese, cio, di
portargli la testa della Medusa, 257 lunica delle tre Grgoni che fosse mortale.
Perseo ha la coscienza di non poter rifiutare niente al suo benefattore; ma
quellimpresa lo riempie di preoccupazione, perch sa che per portarla a buon fine
occorre ottenere dalle Ninfe i sandali alati, la bisaccia e lelmo di Ade che rende
invisibili. Mentre se ne sta pensieroso in un angolo dellisola, gli si presentano Atena
ed Ermes che gli offrono il loro aiuto promettendogli di accompagnarlo dalle Graie
per conoscere il soggiorno delle Ninfe; ma per far parlare queste mostruose vecchie,
figlie di Forchi, sar necessario giocar dastuzia. Le Graie, oltre che brutte, sono
sdentate e cieche, hanno per a disposizione, come si detto, un occhio e un dente
che si passano a turno.
Perseo svelto ad afferrare occhio e dente nel momento che luna lo passa
allaltra e ora, anche se quelle gridano e imprecano e minacciano, Perseo si sente il
pi forte: Volete il vostro dente? Volete il vostro occhio? Ditemi dove sono le Ninfe
che hanno i sandali alati, la bisaccia e lelmo di Ade che rende invisibili.
255

Segregare: isolare, impedire con violenza i contatti con lesterno.


Srifo: isola greca del Mar Egeo, nelle Cicladi.
257
Medusa: lunica mortale delle Gorgoni, le tre mostruose sorelle figlie di Forchi e di Cheto. Medusa era immaginata
con la testa circondata di serpenti e con lo sguardo pietrificante.
256

Per riavere il loro unico occhio e il loro unico dente le Graie devono indicare
con precisione dove sono quelle Ninfe.
Sempre accompagnato da Atena e da Ermes, Perseo va dalle Ninfe e ottiene i
tre oggetti: calza i sandali, getta la bisaccia sulle spalle, pone in testa lelmo di Ade
e nessuno lo vede pi. Solo i due di, che sanno quale percorso leroe debba
seguire, volano con lui sullampio Oceano e giungono in una regione vicina al
territorio delle Esperidi. Vedono le Grgoni che stanno dormendo, ben riconoscibili
dalla chioma di bronzo irta 258 di serpentelli. Atena ha il tempo di consegnare uno
specchio a Perseo e di avvertirlo di non guardare gli occhi di Medusa se non vuol
essere cambiato in pietra: segua i movimenti della Grgone nello specchio, faccia
presto a tagliarle la testa e a fuggire.
Tanto rapidamente Perseo decapita Medusa e ne mette la testa nella bisaccia
che le altre due Grgoni quasi non si rendono conto di che cosa sia avvenuto della
loro sorella mortale, anche perch l vicino non vedono nessuno, vedono solo che dal
sangue del corpo decapitato di Medusa sta nascendo un meraviglioso cavallo alato,
Pgaso.
Intanto Perseo, mentre vola di nuovo sullOceano per tornare in Srifo, scorge
una bellissima giovinetta legata ad una roccia in riva al mare. Incuriosito si ferma, si
informa, e viene a sapere una triste storia. La fanciulla, Andrmeda, sta per scontare,
innocente, lorgoglio della madre Cassiopea che si era vantata di esser pi bella delle
bellissime Ninfe. Offese, le Ninfe avevano chiesto vendetta a Poseidone, e il dio non
solo aveva fatto invadere dalle acque la regione, ma aveva mandato anche uno di quei
suoi terribili mostri che portano distruzione dovunque arrivino. La sciagura sarebbe
cessata, aveva detto loracolo, se Cassiopea avesse offerto al mostro la sua bella
figlia. Il popolo, per essere salvo, aveva chiesto il sacrificio di Andrmeda; ed ora la
fanciulla, legata ad una roccia in riva al mare, aspettava di divenir preda del mostro.
Perseo, incantato dalla bellezza della bellissima Andrmeda, promette che
lavrebe salvata purch, dopo, gli fosse data in moglie. Naturalmente il patto
accettato subito, ma appena il mostro ucciso, Andrmeda liberata e ogni pericolo
scomparso, il fratello del re, che pure non aveva fatto niente per tentar di salvare
Andrmeda, ricorda con prepotenza che la fanciulla era gi stata prima promessa a
lui. Per questo dichiara Perseo usurpatore259 dei diritti regali e ordisce260 un complotto
per ucciderlo. Quando Perseo si trova circondato dai congiurati261 che ne vogliono la
morte, non avendo la possibilit di difendersi in altra maniera, toglie dalla bisaccia la
testa della Medusa e, evitando di guardarla, la mostra ai suoi assalitori. Stupiti da quel
gesto che sembra non aver significato, i congiurati stringono, cio vorrebbero
stringere pi da vicino Perseo, ma non possono fare un passo o alzare una mano.
Sono immobili, fermi, trasformati in pietra dal potere invincibile dello sguardo della
Medusa.

258

Irta: ispida, pungente.


Usurpatore: chi fa propri, con linganno o con la violenza, i diritti di un altro.
260
Ordisce: trama, congiura.
261
Congiurati: persone che organizzano una congiura, un complotto contro qualcuno.
259

Insieme con Andrmeda Perseo torna in Srifo e, appena l, usa ancora il


potere pietrificante di quello sguardo. Infatti Perseo viene a sapere che durante la sua
assenza Polidette era divenuto cos crudele e violento che Danae, per sfuggirne la
prepotenza si era rifugiata in un tempio insieme col fratello del re, Ditti, lunica
persona, fra quanti vivevano nella reggia, che lavesse protetta. Entrato nella sala del
trono, dove col re erano tutti i pi fidi262 consiglieri, Perseo, senza dire una parola,
mostra la testa della Medusa, quasi volesse comunicare al re Polidette che la sua
richiesta era stata esaudita; tutti: re, consiglieri, amici, restano immobili nella pozione
in cui laveva colti lo sguardo morto, ma ancora agghiacciante, della Medusa.
Ed ora Perseo vuol tornare in patria con la madre e con la sposa. Consegna la
testa della Medusa ad Atena, che ne orner lo scudo, ad Ermes la bisaccia, i sandali
alati e lelmo di Ade perch restituisca tutto alle Ninfe, e, accomiatatosi263 da Ditti,
successo a Polidette sul trono di Srifo, simbarca per Argo. L vuol conoscere il
nonno e assicurarlo che non cova nessun odio per lui, neanche se ricorda lo spietato
modo con cui ha agito verso la figlia e il piccolo bambino di lei. Ma poich Acrisio
non conosce e neanche suppone questi sentimenti, appena viene a sapere che Perseo
naviga verso Argo, ripreso dallantico terrore, abbandona la sua citt e si rifugia in
Tessaglia, a Larissa. Perseo lo raggiunge e lo persuade a tornare ad Argo con lui,
nipote affettuoso, e con la figlia ritrovata i quali desiderano solo di vivere nella loro
patria e in pace con tutti.
In Larissa invece il Fato ineluttabile 264 si compir improvvisamente. morto
infatti il padre del re di Larissa, e il re, comera uso, ha indetto i giuochi funebri in
onore del defunto. Acrisio desidera assistervi, e anche Perseo vuol partecipare con gli
altri giovani venuti da tutte le parti della Grecia. Ma durante la prova del disco, quello
lanciato da Perseo devia dalla sua traiettoria, colpisce Acrisio e lo uccide.
Perseo, ora, non desidera pi di tornare in patria. Va allora a Tirinto 265 per
proporre lo scambio dei rispettivi regni a Megapente, nipote di Acrisio e signore di
questa citt. La proposta accettata e Perseo si stabilisce in Tirinto dove a lungo
regner lui e dopo di lui i suoi figli e i suoi nipoti. Fra questi, erede del regno, ma non
del valore e della generosit di Perseo, sar Euristeo, il quale in virt della lontana
discendenza da Zeus un giorno potr imporre il suo volere al fortissimo Eracle.

262

Fidi: fedeli.
Accomiatatosi: congedatosi, dopo essersene andato salutando.
264
Ineluttabile: inevitabile, che non si pu combattere.
265
Tirinto: citt dellArgolide.
263

Le grandi avventure

Gli Argonauti

Prima di iniziare il racconto delle numerose avventure che gli Argonauti


affrontarono durante quel loro viaggio intrapreso per impadronirsi di un vello 266 di
montone, un vello eccezionale perch era doro, necessario conoscere la leggende
che ne il precedente.
Un certo Atamante aveva sposato la figlia di Cadmo re di Tebe, Ino, la quale,
cattiva e gelosa, non riusciva a tollerare in casa due fanciulli, Elle e Frisso, figli di
Atamante e della dea Nfele, la nuvola. Lodio arriv a suggerire ad Ino di uccidere i
bambini col pretesto di sacrificarli a Zeus per far cessare la siccit da cui era funestata
la regione. Si preparava gi il sacrificio, quando Nfele mand ai suoi figlioletti un
montone coperto da un magnifico vello doro. Il montone, che oltre ad avere il vello
doro sapeva anche volare, fece salire in groppa Frisso ed Elle e, dirigendosi verso
lOriente, nella Colchide, 267 li sottrasse al sacrificio preparato dalla crudelissima Ino.
Mentre volava sul mare, Elle, distratta forse dalla bellezza del mare sottostante, cadde
e fu sommersa dalle acque. Di lei non rimase alcuna traccia se non nel nome che in
seguito ebbe quel mare: Ellesponto, il mare di Elle. Frisso prosegu il volo sino alla
citt di Ea; appena arrivato sacrific il montone a Zeus e don il prezioso vello al re
di quella regione, Eeta, chiedendo ospitalit e protezione.
Eeta accolse amichevolmente il giovane straniero e grad tanto il vello doro,
che lo appese alla pi bella quercia di un bosco dedicato ad Ares e, per assicurarsi
contro ogni tentativo di furto, vi pose a guardia un drago sempre sveglio.
Il viaggio degli Argonauti fu organizzato per conquistare questo meraviglioso
vello. Limpresa, ritenuta insuperabile, fu voluta dal re Pelia per liberarsi di Giasone.
Pelia regnava in Iolco, in Tessaglia, ma non viveva tranquillo. Aveva usurpato il
trono al fratello Esone, e un oracolo gli aveva predetto di stare in guardia da un uomo
calzato con una sola scarpa. Pelia sapeva che la profezia, sebbene oscura, 268
conteneva una minaccia che un giorno si sarebbe realizzata. Un giorno Pelia seppe
che in citt era arrivato uno straniero coperto da una pelle di leopardo, con biondi
capelli spioventi sulle spalle e col piede sinistro privo di calzatura. Il popolo guardava
incuriosito, ignorando che lo straniero aveva perduto la scarpa mentre aiutava Era 269 a
passare un fiume; quel particolare, quando fu riferito a Pelia, gli ricord il brutto
presagio. Luomo, che nellaspetto era simile a un dio, fu chiamato dal re e
interrogato su chi fosse e perch fosse venuto in quella citt.
Non sono uno straniero; dopo ventanni di esilio sono tornato nella terra che
mia. Figlio di tuo fratello Esone, fui sottratto alla morte che tu mi avevi decretato ed
educato dal Centauro Chitone. Zeus dette il potere ai miei padri, tu lo prendesti con la
violenza. Non credere, per, che sia tornato per vendicarmi. Ti lascio greggi e
mandrie e tutte le terre che hai preso a mio padre; ma tu devi restituire a me lo scettro
266

Vello: manto di lana che copre pecore, montoni, capre.


Colchide: antica regione sulla costa sud orientale del Ponto Eusino (Mar Nero).
268
Oscura: poco chiara, di difficile interpretazione.
269
Era: moglie di Zeus.
267

ed affidarmi il potere perch io possa riportare in questa citt la giustizia che mio
padre onorava e che tu hai violato. Accetta la mia proposta e non costringermi ad una
guerra.
Le parole di Giasone erano oneste e chiare; ma Pelia aveva gi fatto un suo
piano e a tanta lealt rispose tendendo un inganno.
Far quello che vuoi, ma prima ascoltami. Con i miei atteggiamenti prepotenti
ho offeso gli di e so che essi mi perdoneranno solo se avr in mio potere il vello
doro custodito nei boschi del re Eeta. Io sono vecchio, lo vedi, non posso affrontare
un viaggio tanto lungo, a te si schiude ora il fiore della vita270 e se prima di ritornare
sul tuo trono avrai allontanato da questo vecchio colpevole lira degli di, regnerai
con maggiore serenit.
Giasone, non vedendo linganno teso dal vecchio Pelia ben consapevole dei
pericoli insormontabili di quellimpresa, accetta di intraprendere il lungo viaggio per
la redenzione 271 dellusurpatore. Per mezzo di un bando diffuso in tutta la Grecia
cerca compagni per quel viaggio; in breve tempo da ogni parte accorrono molti
valorosi. Fra i tanti si notano: Castore e Polluce, figli di Zeus e di Leda; Orfeo, il
divino cantore figlio di Calliope, la cui musica arrestava il corso dei fiumi e
smuoveva gli alberi dalle loro secolari dimore; Linceo famoso per lacutezza degli
occhi capaci di vedere anche quello che accadeva sotto terra; Zete e Calai, dai lunghi
capelli azzurri, dotati da Borea, il loro padre, di scure ali dai riflessi dorati che li
portavano velocemente da un punto allaltro del mondo. Mentre tutti insieme
costruiscono una nave, Argo, la prima nave che solcher un mare, Atena, non vista,
pone fra le travi della prora272 un ramo di quercia preso dal sacro bosco di Dodona;
vedremo in seguito lutilit di questo sacro legno.
Mentre stanno per partire, giunge di corsa Eracle: proprio in quei giorni aveva
portato a termina la cattura del cinghiale di Erimanto e, avendo udito della spedizione
per la conquista del vello doro, era subito corso da Giasone.
Gli eroi, belli come le stelle quando brillano fra le nubi, acclamati dal popolo
che entusiasta grida il suo augurio per la conquista del vello, fanno sacrifici
propiziatori a Febo Imbarcatore, eleggono loro capo Giasone e partono. Quando la
nave si stacca dalla spiaggia, il canto dOrfeo accompagna il ritmo dei remi che
tagliano le onde azzurre crestate di bianca spuma. Chi rimasto a terra saluta la nave
che si allontana investita dal sole; sembra una fiamma che dietro di s lasci una scia
bianca, simile ad un chiaro sentiero che attraversi un campo di tenera erba.
Gli Argonauti navigano per giorni e giorni, sempre accompagnati da un seguito
di pesci, grandi e piccoli, attratti dal suono della cetra di Orgeo che non tace mai.
Dopo brevi soste nella Magnesia 273 e nellisola di Lemno, arrivano alla punta estrema
del Chersoneso,274 lasciano alle spalle lEgeo ed entrano nelle acque dellEllesponto.
270

Si schiude ora il fiore della vita: espressione metaforica che significa: inizia ora il momento migliore della vita, cio
la giovinezza.
271
Redenzione: liberazione dalle colpe.
272
Prora: o prua, la parte anteriore della nave, a forma di cuneo pi o meno acuto, per meglio fendere, solcare lacqua.
273
Magnesia: regione della Grecia nella zona orientale della Tessaglia.
274
Chersoneso: penisola della Tracia.

Approdano nella Misia 275 dove il Fato ha deciso di toglier loro laiuto di Eracle.
Durante la navigazione, ad Eracle si era spezzato un remo e, appena approdano nella
Misia, leroe va nella foresta per procurarsi il legno adatto per un remo nuovo; ma si
indugia 276 tanto che i compagni partono non accorgendosi della sua assenza se non
quando sono in alto mare. Stanno per tornare indietro per riprendere il compagno
dimenticato, quando dalle acque sorge Nereo; il dio marino, che ha il dono della
profezia, informa gli Argonauti che Zeus stesso ha favorito lo smarrimento di Eracle
perch torni da Euristeo, porti a termine al pi presto le imprese volute dal Fato e
possa infine entrare nellOlimpo a far parte delle divinit.
Gli Argonauti, pur dolendosi della perdita di Eracle, non posso opporsi al Fato
e proseguono il viaggio interrotto ogni tanto dal cattivo tempo o dal bisogno di un po
di riposo. Durante una sosta, essi vivono una delle avventure pi straordinarie.
Sbarcati in una regione vicina alla Bitinia, 277 mentre stanno per entrare nella
reggia e chiedere ospitabilit, vedono venirsi incontro un vecchio ridotto pelle e ossa
il quale, fatti pochi passi verso di loro, cade, come morto, non avendolo sorretto
neanche il bastone su cui si appoggiava. Gli Argonauti accorrono per dargli aiuto, e il
vecchio, Fineo, trova incredibilmente un filo di voce per supplicarli di liberarlo da un
supplizio che, tormentandolo da anni lo ha ridotto simile ad uno spettro, senza
tuttavia concedergli di morire. A questo lo ha condannato Apollo: il dio, dopo avergli
concesso il dono della profezia, non aveva tollerato che egli ne abusasse278 per
rivelare agli uomini pi di quanto avrebbe dovuto. Per punizione era stato condannato
ad una vecchiaia senza fine, alla cecit e ad una pena ripugnante. Appena avvicina
alla bocca un qualsiasi cibo, scende dal cielo uno stormo di Arpe. Questi brutti
uccelli, dai lunghi artigli e dal viso di donna, gli mangiano il cibo lasciando gli avanzi
insozzati in maniera nauseante. Fineo, tuttavia, li mangia, spunto dalla fame. Zeus gli
ha predetto che solo negli Argonauti sta il potere di liberarlo dalle Arpe ed egli, che
ne ha saputo larrivo in virt del suo dono profetico, venuto ad incontrarli per
sollecitarne laiuto.
Gli Argonauti, commossi dal triste racconto, subito fanno preparare la mensa
che per le Arpe dovr essere lultima, e la portano dinanzi a Fineo. Con rapidit
incredibile le Arpe piombano dal cielo, con altrettanta rapidit divorano il cibo e
risalgono verso il cielo lasciando nellaria un odore pestilenziale. Subito gli alati figli
di Borea, Zete e Calai, si lanciano dietro di loro, le raggiungono e stanno per
ucciderle, quando sono fermati da Iride279 la quale, giurando per la palude Stigia,
assicura che quei mostri non tormenteranno pi il vecchio Fineo. Questo, intanto,
gusta, e gli sembra di sognare, un succulento banchetto che gli Argonauti stessi gli
hanno preparato. Ma nella gioia della ricuperata indipendenza Fineo non trascura di
far conoscere ai suoi liberatori i pericoli che li aspettano e di suggerir loro il modo di
275

Misia: antica regione dellAsia Minore.


Si indugia: sattarda, si trattiene.
277
Bitinia: altra regione dellAsia Minore.
278
Ne abusasse: ne approfittasse, ne facesse eccessivo uso.
279
Iride: personificazione dellarcobaleno, ma anche messaggera degli di, specialmente di Zeus e di Era, della quale
ancella.
276

superarli. Fra le molte indicazioni, la pi importante riguarda le rupi Cianee, dette


cos per il loro colore azzurrognolo.
Queste rupi sono chiamate anche Simplgadi, cio cozzanti, perch, essendo
prive di base, vagano per il mare, si urtano fra loro, balzano indietro per scontrarsi
ancora minacciando di schiacciare la loro nave che dovr passare di l o di farla
inghiottire dal risucchio. Gli Argonauti dovranno procurarsi una colomba e lasciarla
libera quando sono vicini alle Cianee. Se la colomba passa attraverso gli scogli senza
essere catturata, anchessi potranno passare; se rimarr imprigionata, gli Argonauti
dovranno desistere 280 dallimpresa: la loro nave non resisterebbe alla morsa neanche
se fosse di ferro. Fineo non pu dire se passeranno, non volendo rivelare
completamente il futuro per non incorrere nuovamente nellira di Febo, ma aggiunge
altre notizie che saranno loro utili nel caso limpresa riesca. Costeggeranno molte
altre regioni e, dopo aver oltrepassata la grande e cupa voragine dal quale sgorga
impetuoso il fiume infernale Acheronte, troveranno la foce di un altro fiume e ne
dovranno risalire la corrente sinch non saranno in vista di alte e massicce mura
turrite: sono le mura che circondano la citt di Eeta. Qui essi dovranno arrestarsi e
prender terra per avviarsi alla conquista del vello.
Il giorno seguente, presa con loro una timida colomba, gli Argonauti si
allontanano dalla terra di Fineo,. Dopo una breve navigazione, il mare comincia ad
agitarsi: mugghia 281 come se bollisse, e laria rintrona come quando si prepara una
tempesta. Poich il cielo sereno, gli Argonauti capiscono che sono vicini alle rupi
Cianee. Dopo poco, infatti, scorgono due montagne che senza interruzione cozzano
fra loro, e subito, memori dei suggerimenti di Fineo, liberano la colomba seguendone
il volo con sguardi pieni di ansia. La colomba sta per passare; ma le rupi si
riaccostano sussultando, per un attimo la colomba non si vede pi. Ora le rupi si
riallontanano e le penne della colomba cadono in mare leggermente, sparpagliate qua
e l. Il Fato non vuol dunque che gli Argonauti passino oltre le rupi danzanti? Un
grido si leva dalla nave, ma un grido di gioia. In alto stata vista la colomba; le
mancano le penne della coda, vero, ma la colomba viva e, volando nel cielo
libero, invita gli Argonauti al difficile passo. Tutti si gettano ai remi, vogano con gran
lena, 282 tagliano i flutti agitati che rovesciano masse di acqua sulla nave impedendole
quasi di avanzare. Le rupi stanno riaccostandosi tanto rapidamente che gli uomini
sono presi dal terrore della fine imminente e paurosa, quando Atena, scesa
dallOlimpo, d una piccola spinta alla nave e riesce a farla passare un attimo prima
che le rupi cozzino ancora fra di loro. Solo lultima parte della nave rimane
incastrata, ma il danno non grave e la navigazione pu proseguire senza pericolo.
Voltandosi per osservare le insidiose rupi, gli Argonauti le scorgono immobili, non
cozzano pi. Si compiuto il Fato che aveva stabilito di dare ferme radici a quelle
rocce il giorno in cui anche un solo uomo fosse riuscito a passare, vivo, in mezzo ad
esse.

280

Desistere: ritirarsi, abbandonare unimpresa.


Mugghia: rumoreggia cupamente.
282
Lena: vigore, energia.
281

Superato il pericolo maggiore, gli Argonauti proseguono il loro viaggio con


animo pi tranquillo. Si fermano al capo Acherusio per ammirare, sebbene inorriditi,
il balzo del tumultuoso Acheronte, il fiume che portando con s la tempesta precipita
in un baratro in fondo al quale si apre, avvolto nella nebbia, loscuro e sassoso
ingresso di Dite. Attraversano poi la foce del fiume Partendo, dove usa bagnarsi
Diana, costeggiano la terra delle Amazzoni, il territorio del Celibi neri di fumo e di
fuliggine, perch sempre occupati a estrarre ferro, e infine scorgono le estreme
insenature del Ponto e le cime dei monti del Caucaso. Laria, ora, risuona di un
continuo lamento che non si affievolisce mai durante il giorno; cessa completamente
quando cala il sole. il lamento di Prometeo, il quale, legato da catene di ferro sulle
montagne del Caucaso, ogni giorno, dallalba al tramonto, sottoposto allo strazio
che il becco e gli artigli di unaquila fanno al suo fegato.
Il viaggio sta per terminare; allestremit orientale del Ponto scorgono la foce
del fiume Fasi, ne risalgono la corrente avendo a sinistra i monti del Caucaso e la
citt di Ea, a destra i boschi sacri ad Ares dove il vello doro custodito
dallimmortale e insonne drago che si diceva fosse nato dal sangue di Tifone ferito da
Zeus.
Approdato presso un canneto e, dopo aver libato 283 agli di e riposato tutta la
notte, si avviano alla reggia di Eeta per chiedergli di cedere loro, in amicizia, il vello
doro. Avanzano in mezzo ad una pianura coperta di tamarischi284 e di salici; ma il
cammino non piacevole quanto si crederebbe. Dagli alberi pendono cadaveri avvolti
in pelli di bue, panorama non piacevole soprattutto per gli stranieri che di quella
regione non conoscono labitudine di seppellire solo le donne e di appendere invece
agli alberi fuori della citt i corpi degli uomini, dopo averli avvolti in pelli di bove.
Ed ecco, finalmente, a distrarli dal triste spettacolo, la citt e la reggia imponente per
la sua magnificenza: circondata da un ampio porticato su cui si aprono grandi
portoni; sui muri si arrampicano viti rigogliose e, poco lontano dallingresso
principale, quattro fonti versano acqua, vino, latte, olio. E una delle magnifiche
opere di Vulcano che ha voluto rendere eccezionale anche lacqua della fontana
facendola sgorgare fredda nei mesi caldi e calda nei freddi.
Gli Argonauti entrano nella reggia guidati da Giasone, sono accolti con
cordialit e invitati a sedere alla mensa del re. Mentre tutti li festeggiano, il piccolo
figlio di Afrodite 285 attua certi piani di Era, che vuol proteggere Giasone, e con le sue
frecce infallibili colpisce la figlia di Eeta, Medea. Appena il banchetto terminato,
Giasone espone a Eeta lo scopo del suo viaggio e termina chiedendogli in dono il
vello, dono che egli ricambier con regali bellissimi. Eeta arde di sdegno e, con gli
occhi lampeggianti per la collera dice di non credere ad una sola delle parole di
Giasone che vuol nascondere la vera ragione del suo viaggio: togliere a lui lo scettro
e il potere. Aggiunge che se non fossero suoi ospiti, li rimanderebbe in patria mutilati
283

Libato: offerto delle bevande (vino o latteo) in onore degli di.


Tamarischi: alberi con foglie leggere, lunghe e molto frastagliate; danno fiori bianchi o rosei.
285
Il piccolo figlio di Afrodite: Eros, fanciullo alato e bellissimo, sempre armato di un piccolo arco da cui partivano
frecce che infallibilmente suscitavano lamore in chiunque ne fosse colpito, mortale o dio. Solo le tre grandi dee, Atena,
Artemide ed Estia ne rimasero immuni per concessione di Zeus.
284

delle mani e della lingua. Se ne vadano ora, e non insistano nella richiesta. Giasone
invece insiste e con tanto calore che Eeta promette di dargli il vello purch leroe
mostri di avere un cuore intrepido286 come il suo. Sa Giasone che cosa capace di
fare Eeta? Allalba aggioga due tori dal respiro di fuoco, e dagli zoccoli di bronzo,
che vivono nei campi vicini al bosco sacro ad Ares; ara quei campi, poi vi semina non
grano, ma i denti di un drago. Da questi nascono dei giganti, armati di tutto punto,
che Eeta uccide uno dopo laltro.
Sapr fare questo Giasone? E sapr farlo dallalba alla sera, come Eeta? Leroe
valuta la difficolt dellimpresa, ma non pu rifiutarsi di accettare; la prova fissata
per la mattina dopo. Tristissimo, perch persuaso che limpresa fallir, Giasone torna
fra i suoi, seguito dagli sguardi ardenti di Medea che gi in cuor suo piange, come
morto, quel coraggioso e bellissimo eroe. E il suo dolore aumentato dagli ordini che
suo padre impartisce al popolo dei Colchi: si raccolgano legni e rami secchi in grande
quantit; domani appena morto Giasone, si dovr dar fuoco alla nave e a tutti gli
Argonauti.
Medea passa tutta la notte piangendo, combattuta dallincertezza fra lessere
leale col padre e il portare aiuto a quellospite bello e intrepido. Dalla dea della notte,
Ecate, ha imparato a preparare farmaci per arrestare il corso dei fiumi, per attutire
lardore del fuoco, per fermare il corso della luna e delle stelle e sa come aiutare
Giasone. Quando lalba si avvicina, supera ogni incertezza. Indossa il suo peplo 287
pi bello, raccoglie in un unico nodo i biondi capelli, li copre con un velo scuro e
sceglie fra i suoi farmaci quello chiamato Prometeo, preparato da lei stessa. In una
notte senza luna aveva colto un fiore sbocciato su doppio stelo e nato da alcune gocce
del sangue di Prometeo sparse dallaquila sui monti del Caucaso. Unito il fiore al
succo estratto dalla sua radice, rossa come carne appena tagliata, aveva ottenuto un
unguento che poi aveva purificato bagnandolo per sette volte in acqua corrente
mentre invocava la regina deglInferi. Chiunque si fosse spalmato con questo
unguento, dopo aver fatto sacrifici a Persfone, non poteva essere n ferito n offeso
dal fuoco ardente.
Mentre prende quel farmaco, corre da Giasone, glielo consegna informandolo
sulluso che deve farne e aggiunge molti consigli sul come deve comportarsi durante
la prova che Eeta gli ha imposto. Giasone ringrazia Medea per s e principalmente
per tutte le madri e per tutte le spose che, grazie a lei, potranno rivedere i loro cari
ritornati salvi e vittoriosi dalla grande impresa.
Medea ascolta il ringraziamento silenziosa e triste. Forse Giasone non ha
espresso sufficientemente la sua riconoscenza? Leroe aggiunge che far conoscere il
nome di Medea in tutta la sua patria perch sia sempre venerato. Medea ancora
silenziosa, e dagli occhi pieni di tristezza cominciano a scendere delle lacrime.
Giasone ne commosso, ripete che non la dimenticher mai e infine, ignorando
quanto sia difficile e pericoloso vivere vicino ad una maga, le chiede di seguirlo nel

286

Intrepido: coraggioso, valoroso, audace.


Peplo: abito femminile dellantica Grecia; formato da un rettangolo di stoffa di lana variamente drappeggiato sulla
persona e fissato con una fibbia metallica (fibula) sopra la spalla sinistra.
287

viaggio di ritorno e di vivere sempre con lui. Medea non vuole altro e col cuore pieno
di gioia ritorna alla reggia.
Allora stabilita Giasone va da Eeta e ne riceve la strana semente:288 alcuni
denti di drago. Allalba dovr cominciare la prova. Durante la notte leroe compie i
sacrifici per propiziarsi gli di e lalba lo trova pronto, il corpo gi spalmato col
farmaco di Medea. Quando giunge nel campo sacro ad Ares, Eeta l ad aspettarlo,
circondato da una gran folla. Giasone avanza verso laratro, ma non vede i tori. Ed
ecco, lanciando lingue di fuoco, improvvisamente gli animali escono dalle loro stalle
sotterranee avvolte dal fumo. Senza perdersi danimo Giasone, insensibile alle
fiamme che lo avvolgono, afferra per le corna i terribili torni e li aggioga. Facendo
poi pungolo 289 con lasta, li costringe ad arare quella terra e, man mano che i solchi
sono tracciati, vi getta i denti di drago. Al tramonto, quando laratura finita e i tori,
liberati dal giogo, sono tornati nelle fumose stalle, Giasone, mentre aspetta la seconda
parte dellimpresa, ripensa ai consigli di Medea. Col sorgere della luna, sul campo
arato comincia un fermento come quando lacqua sta per staccare il bollore; 290 si
delineano forme sempre pi grandi dallaspetto umano sulle quali qualcosa luccica:
elmi, aste, scudi. Giasone, fra il silenzio pi cupo e la trepidazione generale, aspetta
che anche i piedi di quei giganti siano usciti dal terreno per scagliare un sasso che gi
tiene in mano, secondo quanto gli ha detto Medea.
Ecco: i piedi, immensi, posano sulla terra; il sasso lanciato. I guerrieri, quasi
fosse un raro tesoro, vi si gettano sopra e, per impossessarsene, si colpiscono a
vicenda con furia cieca e selvaggia. Giasone, profittando della confusione, si lancia
in mezzo a loro e con la grande asta li uccide tutti. Quando anche lultimo abbattuto
e giace con gli altri, simili ad immense balene, lesultanza degli Argonauti non ha
freno nellacclamare Giasone. Ma non esulta Eeta; furibonda torna alla reggia
pensando a che cosa pu fare per non consegnare il vello doro. Medea,
indovinandone i pensieri, trema per Giasone. Di nascosto lo raggiunge presso la nave,
dove con i compagni sta festeggiando la vittoria, lo informa dellira di Eeta, insiste
perch si impossessi del vello e parta subito dopo. I festeggiamenti sono interrotti per
iniziare i preparativi della partenza, mentre Giasone, guidato da Medea, sinoltra nel
bosco. A un alto faggio appeso, splendente, il vello; ma allavvicinarsi dei due il
drago che lo custodisce comincia a sibilare minacciosamente agitando il corpo
squamoso. Un dolcissimo canto intonato da Medea lo calma immediatamente; la
maga, che non ignora nessun incantesimo, sa come vincere il drago. Sempre cantando
quella sua melodia, e mentre gli si avvicina, tronca un rametto di ginepro,291 lo bagna
con un filtro che ha portato con s e, appena si trova alla distanza opportuna, spruzza
gli occhi del drago: il drago, che non si addormentava mai, si addormenta subito.
Giasone corre al faccio, ne stacca rapidamente il vello e, sempre di corsa, torna dai
compagni. Questi vorrebbero toccare o almeno vedere il vello tanto desiderato che le

288

Semente: seme destinato alla semina.


Pungolo: incitamento, sprone.
290
Staccare il bollore: cominciare a bollire.
291
Ginepro: arbusto con foglie aghiformi, produce bacche nero-blu.
289

prime luci dellalba accendono di barbagli292 rossi. Ma Medea tronca ogni indugio e,
temendo che Eeta abbia gi scoperto la sua fuga, li incita a partire al pi presto, prima
che il re blocchi luscita del fiume. Tutti approvano le parole della bella maga; subito
sono ai remi e la navigazione del ritorno incomincia.
Eeta, intanto, nella reggia ha scoperto la fuga della figlia e ne ha capito, tardi,
tutti gli inganni. Col suo cocchio dorato, dono del sole, veloce come il soffio del
vento, corre alla baia 293 del fiume dove erano scesi gli Argonauti, ma la trova deserta.
Ritorna allora in citt e, invocando la vendetta di Zeus su chi non lubbidir, ordina ai
Colchi di inseguire immediatamente gli Argonauti e la figlia traditrice. I Colchi,
numerosissimi, guidati dal figlio di Eeta, Absirto, in breve raggiungono e circondano
la nave degli Argonauti. Ogni speranza di salvezza sembra perduta per Giasone e per
i suoi. Ma ancora una volta Medea pronta ad aiutarli.
I Colchi sono molto pi numerosi di noi, dice, ma io so che non sanno
combattere se non hanno un capo che li guidi. Mandate doni a mio fratello Absirto e
fategli sapere che io voglio parlare con lui, che mi aspetti nellisola di Diana. Quando
arriver Absirto, io, con un pretesto far allontanare chiunque lo accompagni, e allora
tu, Giasone, che ti sarai nascosto in quellisola, uscirai dal tuo nascondiglio e lo
ucciderai. Senza di lui la vittoria sui Colchi sar facile.
La voce di Medea suona disumana nel formulare questo piano orrendo; tuttavia
Giasone accetta di uccidere a tradimento un uomo indifeso. Non sospetta che
ritrover lo stesso calcolo 294 freddo e orribile quando, finita lavventura per la
conquista del vello doro, la maga decider di colpire lui, senza arretrare di fronte ai
pi orribili delitti. Ma ora Giasone si accinge 295 a compiere un tradimento con animo
leggero: appena vede Absirto solo, dinanzi al tempio di Diana, lo colpisce
allimprovviso, proprio come avrebbe colpito un toro. Subito Medea accende una
face296 e la agita: segno, per gli Argonauti, che il capo dei Colchi morto e che la
battaglia pu essere affrontata senza pericolo.
DallOlimpo i massimi degli di seguono la lotta con sentimenti contrastanti:
Zeus, inorridito dalla mostruosa freddezza della maga Medea e della slealt di
Giasone, giura di porre infiniti ostacoli al loro ritorno in patria; Era pensa invece di
facilitare lesito dello scontro a favore del suo protetto Giasone, e suscita subito una
tempesta. Niente di meglio per confondere completamente i Colchi i quali, sconfitti,
fuggono disordinatamente. Una voce, allora, serpeggia 297 per la nave Argo. Chi
parla? E di dove? La trave del sacro bosco di Dodona che Atena, invisibile a tutti,
aveva messo nella prua della nave, ammonisce chiaramente: Giasone, macchiato di
omicidio e di tradimento, ha suscitato lira di Zeus. Per placarlo necessario navigare
sino allItalia, visitare la maga Circe e da lei essere purificato.
Le spiagge italiche sono dunque la prossima meta degli Argonauti. La nave
naviga per giorni e giorni e, dopo un lungo viaggio, si ferma in unaccogliente
292

Barbagli: bagliori, lampi di luce.


Baia: insenatura della costa con imboccatura relativamente stretta.
294
Calcolo: atteggiamento freddo, che non si lascia influenzare dai sentimenti.
295
Si accinge: si prepara, si appresta.
296
Face: fiaccola.
297
Serpeggia: si diffonde nascostamente.
293

insenatura. Circe l: sembra che li aspetti; appena vede Medea riconosce in lei una
maga dalla luminosit degli occhi i quali rivelano il delitto compiuto e chiedono,
senza bisogno di parole, un sacrificio espiatorio a Zeus.
Ma il delitto di Medea e Giasone troppo orribile; Zeus non si sente placato
dalla purificazione effettuata da Circe e pensa di realizzare la sua vendetta presso
lisola delle Sirene. Quando, per, la nave passa vicino a quellisola, Zeus non pu
far niente perch Orfeo sta suonando, e la dolcezza di quella musica vince il canto
delle de, ammaliatore e funesto 298 per chi si ferma ad ascoltarlo. Presso Scilla e
Cariddi sembra che gli Argonauti non possano evitare lira di Zeus. Per il fumo
densissimo che si sprigiona dalle funeste rocce la nave non vede la rotta e sta per
sfracellarsi, quando, pregata da Era, accorre Tetide con le sue Nereidi. Circondano la
nave, lafferrano e, simili a fanciulle che giochino abilmente con la palla,
laccompagnano negli abissi del mare, la sorreggono sulle creste dei flutti, tenendola
sempre lontana dagli scogli.
Passato anche questo pericolo, la nave corre e si avvicina alla patria; ma Zeus
non vuol ancora concedere il ritorno e suscita una tempesta che sembra non debba
finir mai e che respinge la nave al largo. Quando la furia del cielo e del mare si calma
la nave si trova arenata in una baia, impedita nei movimenti dalle acque bassissime.
Oltre la costa, nellinterno non vi che sabbia, sabbia allinfinito, e nessuna traccia di
vita; non una capanna, non un albero, non un ciuffo derba. Gli Argonauti scendono
dalla nave, errano 299 per la spiaggia in cerca di un segno di vita che dia loro una
speranza di salvezza, ma non vedono che deserto, a perdita docchio. Davanti a loro
si stendono le Sirti, immensa terra arida e inospitale, dove vivono, invisibili agli
occhi mortali, le dee figlie di Libia: da esse verr laiuto a Giasone. Si riuniscono e,
divenute per un attimo visibili, si presentano alleroe pronunciando parole di
significato oscuro, e subito dopo si dileguano 300 nellaria.
A chi vi ha dato hanno detto date ci che ha dato a voi. Giasone non
capisce, e inutilmente sta chiedendo consiglio ai compagni, quando dal mare emerge
un cavallo enorme, prende terra 301 e, correndo verso linterno pi veloce del vento,
scompare rapidamente alla loro vista. Con questo prodigio le parole delle dee sono
chiare a tutti: il cavallo, sacro a Poseidone, simbolo del mare, ed il mare che gli
Argonauti troveranno al termine di quel deserto; sin qui li ha portati la nave, saranno
essi, ora, che dovranno portare la nave verso il luogo in cui scomparso il cavallo.
Scendono in acqua, tirano a riva la nave, se la caricano sulle spalle e iniziano il
viaggio attraverso il deserto.
Ogni giorno par loro di aver raggiungo lultimo limite della sopportazione per
la fatica di quel gran peso e per la sete che li divora. Un giorno dopo laltro ne
passano dodici; al tredicesimo, finalmente, scorgono il luccichio di un lago. Certi che
lacqua sia vicina, cominciano a cercare una fonte per dissetarsi e simbattono nelle

298

Ammaliatore e funesto: incantatore e apportatore di lutti.


Errano: vagano, vanno qua e l senza meta.
300
Si dileguano: svaniscono, scompaiono.
301
Prende terra: giunge a terra.
299

Esperidi, furibonde perch da poco hanno subito il furto dei pomi302 e visto uccidere
il serpente che li custodiva. Appena le Esperidi si accorgono di essere osservate da
esseri mortali, subito scompaiono: diventano terra e polvere; una loro astuzia per
evitare di essere interrogate e di rispondere. Orfeo conosce linganno e sa che per
vincerlo bisogna promettere di far loro libagioni e sacrifici appena tornati in patria.
Persuase dalla promessa, e forse pi dalla voce dolcissima del cantore che chiede da
bere, le Esperidi riappaiono con laspetto di grandi alberi verdi. Col sussurrio delle
fronte raccontano che proprio il giorno precedente arrivato Eracle ed ha rubato i
pomi. Anchegli, come gli Argonauti, tormentato dalla sete, aveva intuito che un
grosso macigno, che nessuno era mai riuscito a smuovere, nascondeva una polla 303
dacqua. Con la sua forza non gli era stato difficile muoverlo e metterlo l dove ora
sembra faccia da custode allacqua zampillante in mezzo al deserto.
Ringraziando in cuor loro il compagno che, anche se lontano, li ha salvati dal
morire di sete, gli Argonauti corrono alla sorgente indicata dalle Esperidi-alberi, e l
placano larsione. Riprendono il cammino verso il lago scorto poco prima, vi varano
la nave e, dopo aver trovato facilmente lo sbocco al mare, si dirigono verso la patria.
Quando vedono delinearsi lisola di Creta, si dirigono esultanti verso questa terra
tanto vicina alla patria per rifornirsi ancora di acqua da bere. Ma improvvisamente
sono investiti da una ininterrotta pioggia di schegge di pietra che li costringerebbe a
cambiar subito rotta, se Medea, che sa tutto e che per tutto ha un rimedio, non li
dissuadesse. Spiega che un gigante di bronzo, Talo, custodisce lisola e la difende da
chiunque si avvicini con quella pioggia di pietre.
Talo immenso, seguita Medea, ed ha il corpo invulnerabile; io so, per,
che se un piede di bronzo e insensibile ad ogni offesa, come il resto del corpo,
laltro piede nasconde la debolezza del gigante. Una vena lunghissima, ma unica,
attraversa il corpo di Talo, gli d vita e finisce sotto un calcagno, riparata da una
sottile membrana. 304 Grandezza, forza e invulnerabilit non servirebbero a salvare
Talo se quella membrana si rompesse. Voi pensate a tenere la nave lontana dal rito
delle pietre, conclude la maga, al gigante penser io; e stringendosi nel suo manto
purpureo,305 se ne avvolge la testa e si copre anche il viso lasciando solo uno spiraglio
dal quale gli occhi possono dirigere il loro sguardo ammaliatore su Talo. Il gigante,
subito affascinato, non solo non pensa pi a lanciar sassi, ma addirittura scende dalla
collina per andare incontro alla maga che sta avvicinandosi e protende306 la testa,
come per dirgli qualche cosa. Medea ha proteso, s, la testa, ma non per parlargli;
quando Talo le vicino gli soffia in viso tutto lodio di cui una maga pu essere
capace.
Talo, pur essendo di bronzo, non pu resistere al potere di quel soffio: traballa
e cade pesantemente sulle rocce. Non solo si un po ammaccato, ma nel cadere gli

302

Il furto dei pomi: si allude alla dodicesima impresa di Ercole.


Polla: sorgente dacqua, fonte.
304
Membrana: sottile pellicola di rivestimento.
305
Purpureo: di color rosso vivo.
306
Protende: sporge, spinge in avanti.
303

si rotta la membrana che chiudeva la sua unica vena; da un calcagno scorre del
piombo fuso: il sangue del gigante che irrimediabilmente ne porta via la vita.
Gli Argonauti riprendono il viaggio; superate le ultime tappe senza ostacoli,
arrivano finalmente a Iolco. Qui Giasone potr sciogliere la promessa fatta al vecchio
Pelia che desiderava purificarsi delle tante ingiustizie di cui si era macchiato.
Giasone appena sbarcata, che il popolo lo informa di una nuova malvagit di
Pelia; quel tiranno, dato per morto Giasone, aveva fatto uccidere anche il resto della
sua famiglia: padre, madre e fratello, e ora seguita a opprimere il popolo.
Giasone sembra rimanere indifferente a questa notizia; va da Pelia, gli
consegna il vello doro come se fosse cosa dovuta, non chiede in cambio il trono,
secondo quanto era stato fissato, non domanda n dei genitori n del fratello. Ma
appena solo con Medea chiede che lei, col suo potere di magia, punisca Pelia e i suoi
meglio di quello che non saprebbe far lui. Medea, infatti, sa gi quale vendetta ci
vuole. Pelia ormai vecchissimo, e le figlie, che se ne addolorano, danno volentieri
ascolto alle parole di Medea, quando, dopo aver parlato a lungo del suo potere
straordinario, dice di esser capace anche di uccidere e poi far rivivere, ringiovanito,
ogni essere vivente. Ogni dubbio dissipato307 da un esperimento della maga con un
vecchio montone. Lo uccide, lo squarta e lo fa bollire in un grande paiolo 308 pieno
dacqua. Quando cotto ben bene, pronuncia alcune misteriose parole e subito dal
paiolo salta fuori un bellagnellino bianco e belante. Non ci vuol altro per convincere
le figlie di Pelia a fare a pezzi anche il vecchio padre e a buttarlo in una pentola
dacqua bollente; ma, dopo la cottura, la maga si rifiuta di ripetere le parole magiche,
e Pelia rimane l, morto, lessato e tagliato a pezzi.
Per evitare lira e la vendetta delle figlie di Pelia, Giasone e Medea devono
fuggire da Iolco. Trovano ospitale accoglienza a Cortinto dove vivono per dieci anni,
rallegrati dalla nascita di due figlioletti. Ma dieci anni passano presto, e nuove nubi309
si addensano su di loro. Creonte, re di Corinto, promette a Giasone il trono a
condizione che ripudi310 Medea e sposi Glauce, sua figlia. Il trono, il dominio sulla
bella e grande citt di Corinto attirano tanto lambizioso Giasone, che egli,
dimenticando quanto Medea aveva fatto per lui, non si sente imbarazzato a chiederle
di accettare il ripudio. Lo consideri lultimo dei tanti aiuti che gli ha dato: egli sar re
di Corinto e, in seguito, anche i loro figli regneranno. Medea, sola, lontana dalla
patria e dalla casa che ha tradito, non vuol perdere Giasone, ma soprattutto non vuol
separarsi dai figli. Prega, supplica, inveisce con atroci minacce, sinch Giasone non
promette di chiedere a Creonte che i figli possano accompagnarla nellesilio.
Che ambigua311 luce brilla ora negli occhi della maga? Dalle parole di Giasone
ha capito che egli ha accettato di essere signore di Corinto non per assicurare un trono
ai figli, ma solo per la sua ambizione. Apparentemente pacata e tranquilla, Medea
ringrazia Giasone e in segno di pace gli consegna due doni per Glauce: sono un peplo
307

Dissipato: dissolto, svanito.


Paiolo: recipiente di rame, ampio e fondo, con manico di ferro mobile ad arco per appenderlo al gancio della catena
del focolare, usato per la cottura di cibi vari e soprattutto della polenta.
309
Nubi: termine qui usato metaforicamente con il significato di: motivi di turbamento, di dolore.
310
Ripudi: rinneghi, rifiuti, dichiari di respingere, di non volere pi qualcuno o qualcosa.
311
Ambigua: equivoca, non chiara, subdola.
308

ricamato magnificamente e una corona doro, lavorata con arte raffinatissima.


Nessuno pu sospettare che nascondano la morte: una morte orribile infusa in quei
doni dalla maga implacabile, per compiere la prima parte della sua vendetta.
Giasone consegna a Glauce i due splendidi doni: il ricchissimo peplo e la
corona doro sono cos belli, che la figlia del re vuol adornarsene subito. Li ha appena
indossati, che una fiammata lavvolge tutta e una barriera di fuoco tiene lontano
chiunque voglia soccorrerla. Creonte solo si lancia verso la figlia e, mentre tenta di
strapparle la malefica veste, anchegli avvolto e divorato dalle fiamme. Tutto cos
rapido, che lo sbigottimento paralizza i presenti: il primo a riaversi Giasone. Una
volta ancora ha conosciuto larte di Medea. Che far ora il popolo? Linevitabile
vendetta colpir, oltre la maga, anche i suoi figli? Per proteggerli e sottrarli allira del
popolo, che non tarder a scatenarsi, Giasone corre verso la sua casa e forse si chiede
perch lira di Medea non abbia colpito anche lui, colpevole pi degli altri del ripudio
e dellesilio. Se ricordasse quanto essa implacabile, tremerebbe, pur non
immaginando che per colpire lui il pi duramente possibile Medea non ha risparmiato
se stessa. Che cosa ha fatto dunque la maga? Ha chiamato vicini a s i figli e, con una
freddezza che non ha niente di umano, li ha uccisi, vittime innocenti sacrificate per
dare la punizione pi tragica al tradimento di Giasone.

La guerra di Troia

Tutti i principi greci, se giovani, scapoli e belli, si minacciavano


reciprocamente di morte perch ognuno voleva rimanere senza rivali per conquistare
e sposare Elena, figlia di Tindaro e di Leda, la giovinetta pi bella di quante ve ne
fossero sulla terra. Ma il saggio Tindaro non volle n che si parlasse di morte per il
matrimonio di sua figlia, n che tante minacce inimicassero quei giovani. Li radun
tutti per informarli che Elena avrebbe scelto personalmente appena essi avessero
giurato solennemente che ognuno non solo avrebbe rispettato la scelta di Elena, ma
anche che avrebbero aiutato nella vendetta lo sposo se qualcuno, chiunque fosse, lo
avesse offeso.
La scelta di Elena cadde sul biondo re di Sparta, Menelao; i principi esclusi si
rassegnarono, e al solenne giuramento di difendere lonore di Menelao non pensarono
pi, neanche quando sulle fiorite rive dellEurota 312 giunse dalla lontana Troia un
principe bello come un fiore, vestito con abiti doro, che si chiamava Paride.
Se ne ricordarono invece quando furono di nuovo chiamati a raccolta dopo che
il bel principe era ripartito e con disprezzo delle sacre leggi dellospitalit e del
matrimonio aveva portato via con s la bellissima moglie di Menelao. Per vendicare
loffesa al fratello Menelao, Agamennone vuole allestire una flotta, raggiungere
quellaudace e mostrargli come la Grecia sappia punire loltraggio dei barbari. 313 Da
tutte le regioni arrivano i principi con i loro soldati: mancano solo i figli di Peleo e di
Laerte. 314 Il primo non si sa dove sia, del secondo si dice che non verr perch
improvvisamente impazzito. Del figlio di Laerte, Ulisse, si conosceva la grande
intelligenza e leccezionale astuzia; quella pazzia, scoppiata cos allimprovviso, non
convince nessuno, il meno convinto Palamede il quale vuole accertarsene
direttamente. Va nellisola di Itaca e chiede a Ulisse: gli viene indicato un campo
dove un bifolco va su e gi seminando. Palamede si avvicina, e nel bifolco riconosce
Ulisse che semina del sale gridando che di l a poco nasceranno dei bellissimi
pesci. Quando ha finito di seminare, Ulisse aggioga allaratro un cavallo ed un bove e
comincia ad arare un campo vicino. Latteggiamento e le parole assurde di Ulisse ne
confermano la pazzia, ma Palamede ne vuole ancora una prova. Prende in braccio
Telemaco, il bambino di Ulisse, e lo adagia nel campo, in un punto da dove Ulisse
deve passare con laratro per tracciare il solco. Palamede sta pronto per afferrare il
bambino se il carro con laratro si avvicinasse pericolosamente, ma di questa
precauzione non c bisogno. Con uno scarto improvviso il carro cambia direzione:
chi lo guida non dunque un pazzo con la mente sconvolta, ma un saggio che finge la
pazzia pur di non abbandonare la casa, la sua terra e la sua Penelope315 con quel
bambino tanto piccolo. Ulisse oltre allumiliazione di vedersi scoperto, deve anche
312

Eurota: fiume della Laconia (regione della Grecia).


Barbari: per i Greci dellantichit, e in seguito per i Romani, erano barbari coloro che non appartenevano alla loro
stirpe e civilt.
314
I figli di Peleo e di Laerte: rispettivamente Achille e Ulisse.
315
Penelope: moglie di Ulisse.
313

tollerare le parole di Palamede che lo rimprovera di volersi sottrarre al dovere di


quella guerra che dovr difendere lonore della Grecia. Si rassegna a partire, ma
vuole che con lui e con i Greci vada anche Achille, il forte eroe di Ftia. 316
Nessuno sa bene dove Achille sia andato; si dice che la madre, Tetide, sapendo
ce Achille sarebbe morto nella guerra di Troia, per sottrarlo al destino, lo abbia
mandato nellisola di Sciro, dal re Licomede. Si dice anche che il re lo abbia fatto
travestire da donna e lo allevi con le sue figlie, fra canti e ricami. Tutto questo si dice;
ma come fare a scoprire se vero? Se ne incarica Ulisse che subito, vestito da
mercante, va a Sciro. Arrivato alla reggia, mostra pettini, calzature, oggetti di
ornamento e dice di averne nella bisaccia tanti altri, bellissimi, da mostrare alle figlie
del re. Ed infatti, appena introdotto alla presenza delle principesse, tira fuori tutto
quello che ha: stoffe, scialli, gioielli, specchi. Fra tutti quegli oggetti vien fuori anche
una spada che il falso mercante mette l con noncuranza, ma appena vede che una
delle bionde e graziose fanciulle che gli sono dintorno allunga la mano verso la
spada, pronto a fermare il braccio e a far confessare linganno al biondo Achille,
certo molto impacciato di farsi vedere da Ulisse in quegli abiti femminili che la
madre gli ha imposto.
Finalmente, rintracciati i due eroi disertori, tutti i principi, forniti di navi e di
scudi, di cocchi e di cavalli, sono radunati in Aulide317 pronti per partire verso la
pianura troiana, attraversata dallo Scamandro e dal Simoenta dai vortici dargento
dominata dalle marmoree torri della citt dove si diceva che Cassandra, una fanciulla
con i capelli color di rame sempre ornati di pallido allora, gi predicesse ai suoi
concittadini la distruzione della patria. Si aspetta il vento favorevole, ma i giorni
passano e di vento non ne spira neanche un alito.318 Viene interrogato lindovino
Calcante e il suo responso preciso: dice che per avere la navigazione favorevole
necessario fare un sacrificio ad Artemide uccidendo la giovanissima Ifigenia, la figlia
di Agamennone. Agamennone inorridito e disperato vorrebbe rinunziare alla
spedizione; ma i principi ricordandogli il giuramento, lonore di Menelao e di tutti i
Greci offeso da un barbaro, arrivano a persuaderlo al sacrificio di quanto egli ha di
pi caro.
Pochi giorni dopo, da Clitennestra, moglie di Agamennone, arriva un araldo
fingendo di portare una lieta notizia. Lemulo dei turbini, 319 leroe Achille che
comanda ai Mirmidoni320 e ad una flotta di cinquanta navi ornate dalle dorate
immagini delle Nereidi, 321 non vuol partire dalla sinuosa 322 Eubea 323 se prima non ha
sposato la dolce, la bella Ifigenia.
316

Ftia: citt della Tessaglia.


Aulide: antico porto della Grecia, nella Beozia, sul Mar di Eubea.
318
Alito: soffio.
319
Lemulo dei turbini: Achille cos chiamato in quanto per forza e velocit in grado di eguagliare i turbini, cio i
venti vorticosi, i cicloni.
320
Mirmidoni: antico popolo della Tessaglia, originario dellisola di Egina. Partecip, sotto la guida di Achille, alla
guerra di Troia. Narra la leggenda che in tempi remoti fu decimato da una terribile pestilenza; Zeus, mosso a piet,
ripopol lisola trasformando delle formiche in uomini. Da questo episodio il nome di Mirmidoni (in greco murmex
significa formica).
321
Nereidi: ninfe del mare, figlie di Nereo.
322
Sinuosa: tortuosa, ricca di insenature.
317

Ifigenia parte per Aulide, ma lorgoglio che suscita in lei lamore del pi
famoso degli eroi si cambia in infinito smarrimento quando, mentre la vestono e
linghirlandano per la cerimonia, unancella le mormora linganno di cui vittima.
Vicino allaltare, dove tutto pronto per un sacrificio: lacqua lustrale, 324 i
grani dorzo da gettare nel fuoco, le vitelle da offrire alla dea, Agamennone, vedendo
arrivare la figlia, riesce a mormorare: E il sacrificio che precede le nozze, ma
Ifigenia gli si getta ai piedi: e vorrebbe avere non lacrime, ma il potere suasivo 325 di
Orfeo, che col suo canto smuoveva le pietre, mentre supplica di non essere tolta alla
dolce luce, di non essere costretta a vedere le eterne tenebre del mondo sotterraneo.
Perch le hanno promesso una vita lieta e serena vicino ad uno sposo famoso? forse
lei la colpevole del ratto 326 di Elena?
Achille, offeso che il suo nome si stato pretesto dinganno, vuol correre a
salvare Ifigenia, ma circondato e trattenuto. Agamennone, intanto, dando sfogo al
suo dolore, sta vicino alla figlia prediletta. A costo di essere spergiuro,327 egli le dice,
non vorrebbe il suo sacrificio che richiesto dalla Grecia, dalla bella e libera patria
tanto amata e offesa dalla prepotenza dei barbari, quasi fosse terra di schiavi.
Ora Achille riuscito a liberarsi da tutti ed corso a proteggere Ifigenia; ma
trova che ormai la fanciulla rassegnata a sacrificarsi per la grandezza della Grecia,
per la distruzione dei barbari, per evitare al padre la vergogna di un giuramento
mancato. Seguita da Achille, pronto a sottrarla al sacrificio anche allultimo
momento, se essa lo desideri, Ifigenia si avvia al tempio di Artemide e, traversando i
prati fioriti dalla primavera, mostra al popolo radunato un volto incredibilmente
sereno. Calcante le pone in testa una ghirlanda di fiori, prepara larma micidiale, e,
mentre innalza preghiere alla divinit, cerca sul collo delicato il punto dove colpire.
Tutti odono il colpo e un grido, il grido del sacerdote, pieno di meraviglia. Dove
Ifigenia? Ai piedi dellaltare giace una bellissima cerva con la gola squarciata.
Nessuno vede nel cielo luminoso Artemide che trasporta Ifigenia nella terra dei Tauri,
nel suo tempio dalle colonne doro; ma il prodigio ha rivelato che Ifigenia stata
sottratta al sacrificio e vive ancora, nella Taurine, nel tempio di Artemide, protetta
dalla dea.
Da terra, intanto, si leva un vento favorevole alla navigazione e la flotta pu
finalmente iniziare il viaggio per lOriente.
Lo sbarco facile nella grande pianura dominata dalla collina su cui si alza,
superba, la grande, bella e ben fortificata citt di Troia. I Greci si accampano vicini al
mare, i Troiani ne osservano i movimenti, protetti dalle loro solide mura di
costruzione divina.
Lassedio comincia; ogni tanto uno scontro, un duello, una sortita, 328 un
attacco: un po si avanza, un po si arretra; la vittoria, la sconfitta non sono mai di
qua, non sono mai di l. Gli anni passano: ne sono gi passati nove, e quasi niente
323

Eubea: isola greca del mar Egeo.


Acqua lustrale: acqua purificatrice, con la quale si purificavano le vittime destinate al sacrificio.
325
Suasivo: persuasivo, convincente.
326
Ratto: rapimento.
327
Di essere spergiuro: di mancare al giuramento, alla promessa fatta.
328
Sortita: assalto di sorpresa.
324

cambiato dal giorno dello sbarco, quando, improvvisamente, la sorte sembra volgere
a favore dei Troiani. Nel campo greco scoppiata una pestilenza che da nove giorni
falcia 329 senza distinzione uomini e animali. Lindovino Calcante, interrogato, rivela
la causa di quella strage improvvisa: le bestie, gli uomini, sono bersaglio delle
mortifere frecce di Febo, il dio dallarco dargento sceso invisibile dallOlimpo per
vendicare loffesa fatta al suo sacerdote Crise.
Alcuni giorni prima infatti, un vecchio sacerdote, Crise, era venuto al campo e,
umilmente, aveva offerto ad Agamennone magnifici doni supplicandolo di accettare
il prezzo del riscatto di Criseide, la figlia fatta schiava. Contro il parere di tutti i capi,
commossi dalle umili e appassionate preghiere di Crise, Agamennone non solo aveva
risposto con un altezzoso330 rifiuto, ma aveva anche minacciato di percosse di morte
il povero vecchio, se non se ne fosse andato subito. Ed ora Febo vendica loffesa.
Dopo il responso di Calcante, Agamennone, sebbene livido dira, non pu
rifiutarsi di restituire Criseide, ma vuole in cambio unaltra schiava, anzi proprio la
schiava di Achille il quale ha sempre insistito, e pi veementemente 331 degli altri,
perch Criseide fosse restituita. La pretesa di Agamennone unoffesa per Achille.
Egli, nonostante la profezia che la sua vita destinata ad essere breve si sarebbe
conclusa a Troia, aveva sentito come un dovere partecipare alla spedizione
organizzata dagli Atridi332 che volevano vendicare un torto fatto alla loro famiglia, un
dovere consegnare ai capi tutto il bottino di guerra perch scegliessero le cose
migliori, un dovere essere contento di quello che senza parzialit la sorte assegnava a
lui, che pur sapeva di essere il pi forte di tutti. Ma che dovere ha di subire un tal
sopruso? Egli non tollera che Agamennone, dovendo rinunziare ad una schiava per il
bene comune, voglia non solo esserne compensato, ma riprendere proprio a lui quello
che egli si conquistato e che gli stato riconfermato dalla sorte.
Accecato dallira deciso a por fine, una volta per tutte, alla prepotenza di
Agamennone, sguaina la spada: ma la mano che sta per colpire non pu muoversi.
Atena, scesa rapidamente dallOlimpo, tiene fermo il braccio delleroe e gli ordina di
placare lira omicida. Achille deve ubbidire, ma come pu calmare tutta
lindignazione che lo rode? Scaglia per terra lo scettro doro e rivolge ad
Agamennone epiteti infamanti:333 ubriaco, spudorato, uomo dal cuore vile come
quello di un cerbiatto. Aggiunge che mai pi combatter per lui e per i Greci, vili
anchessi, che senza ribellarsi tollerano ogni sopruso del loro vilissimo capo. Mai pi
combatter, ripete, neanche quando Ettore il grande eroe troiano avr intriso il campo
di sangue greco.
Il saggio e vecchio Nestore334 cerca di metter pace fra Agamennone ed Achille,
ma non ottiene che di far fermamente ribadire ad ognuno le proprie decisioni. Ed
infatti non ancora tramontato il sole che Agamennone consegna la dolce Criseide ad
329

Falcia: uccide, fa morire rapidamente e violentemente.


Altezzoso: superbo, arrogante.
331
Veementemente: intensamente, fortemente, violentemente.
332
Atridi: Agamennone e Menelao, figli di Atreo.
333
Epiteti infamanti: parole ingiuriose, insulti.
334
Nestore: figlio di Neleo, re di Pilo, nella Messenia, partecip, bench vecchio, alla guerra di Troia durante la quale si
rese molto utile con i suoi saggi e prudenti consigli.
330

alcuni araldi perch la riconducano al padre, e ad altri araldi affida lingrato compito
di andare nella tenda di Achille a prendere la gentile Briseide. Sembra che Achille
tolleri con indifferenza la prepotenza di Agamennone; ma non appena Briseide
scompare dalla sua vista scoppia in pianto e corre in riva al mare, in fondo al quale sa
che la madre Tetide ascolter il suo lamento: Sono le offese continue del superbo
Atride le grandi ricompense che Zeus mi ha promesso per consolarmi della breve vita
cui sono destinato?.
Come nebbia, dalle onde grigie sorge Teti, lieta, in fondo al cuore, perch spera
che il figlio, per loffesa di Agamennone, abbandoni armi e accampamento e, vivendo
una vita senza gloria, si sottragga alla volont del Fato. Il figlio, per, le fa una
richiesta che le toglie questa speranza: si rechi da Zeus e lo preghi per di favorire le
sorti dei Troiani tanto che i Greci siano respinti in rotta 335 sino alle navi. Teti non si
illude pi che Achille scelga la vita tranquilla; la guerra e le sue sorti sono ancora per
lui gli interessi pi vivi, anche se per ora al generoso e valorosissimo difensore dei
Greci non rimane che il triste gusto della vendetta. Teti va da Zeus, e Zeus accoglie la
preghiera con un cenno del capo che fa tremare il vasto Olimpo, segno di una volont
irremovibile e presagio di avvenimenti tragici.
Nella pianura, intanto, si svolge uno spettacolo incredibile: Paride, il vile
Paride, che per quasi dieci anni non aveva mai osato esporsi in battaglia, si avanza
verso i Greci e, baldanzosamente, scuotendo due lunghi giavellotto, sfida a singolar
tenzone 336 chiunque si voglia cimentare337 con lui. Menelao, che da anni aspetta il
momento della vendetta, gli corre incontro, pronto al combattimento. Quel ridicolo
bellimbusto,338 cui era piaciuto mettersi la maschera del leone, a vedersi venire
incontro, infuriatissimo, Menelao, ricade nella sua vera natura e, pallido, tremante, si
ripara dietro i compagni salvandosi cos dallira del rivale.
Meglio che tu non fossi mai nato, meglio che tu fossi morto, prima di coprirti
di questultima vergogna, vile, vile, sciagurato, gli grida il fratello Ettore, e ancora
aggiunge altre offese cariche di disprezzo. Ferito dalla veemenza di quelle
espressioni, Paride cerca di riabilitarsi con una proposta non sciocca: le sorti della
guerra siano decise da un duello fra lui e Menelao. Al vincitore andr Elena, il vinto
si rassegner e la guerra avr finalmente la sua conclusione. Tutti, Troiani e Greci,
accettano applaudendo; si stabilisce solennemente una tregua e i due contendenti
scendono in campo.
Il duello, rapidissimo, si risolve a favore di Menelao il quale, alla fine, afferra
Paride per lelmo e lo trascina, boccheggiante, 339 verso i Greci. Il soggolo 340 di cuoio
stringe alla gola di Paride, gli toglie il respiro, senza dubbio lo soffocherebbe se
Afrodite, memore del suo protetto, non corresse ad aiutarlo. Invisibile a tutti, taglia il
soggolo e trasporta Paride al sicuro, mentre Menelao non sa spiegarsi perch si trovi
335

In rotta: vinti, sbaragliati in seguito alla grave sconfitta.


A singolar tenzone: in duello a corpo a corpo.
337
Cimentare: battere, scontrare.
338
Bellimbusto: damerino; uomo ricercato nel vestire, frivolo e superficiale.
339
Boccheggiante: che respira affannosamente, a fatica.
340
Soggolo: striscia di cuoio dellelmo che passando sotto il mento ne impedisce leventuale caduta.
336

in mano nientaltro che un elmo ammaccato. Per sfogare il suo disappunto gli d un
gran calcio, mandando a finire in mezzo ai Greci.
Menelao il vincitore, ed Elena, secondo quanto stato stabilito, dovrebbe
essere restituita. Sarebbe la fine della guerra, ma Era e Atena, implacabili nemiche di
Troia, di cui vogliono ad ogni modo la distruzione, ricorrono ad un inganno: Atena
prende laspetto di un guerriero troiano e persuade il licio 341 Pandaro, alleato dei
Troiani, a rompere la tregua scagliando un dardo342 contro Menelao. Il combattimento
si riaccende improvviso e nel caos della lotta Era stessa e Atena, Apollo, Afrodite,
Ares incitano, aiutano, gridano, portano in salvo i protetti sinch, feriti essi stessi, un
po malconci, non risalgono sullOlimpo. NellOlimpo Zeus, ricordando loro che il
pi importante degli di lui, proibisce di partecipare di nuovo alla lotta se non
vogliono essere buttati gi nel remoto e tenebroso Tartaro dalle porte di ferro.
Nel frattempo, nella pianura, i Troiani incalzano i Greci terrorizzati i quali,
appena il buio porta tregua, si radunano e decidono di ricoprire di doni e di promesse
ladirato Achille purch torni ed opponga la sua alla forza invincibile di Ettore. Ma
gli ambasciatori, scelti fra i pi cari amici di Achille, tornano con un rifiuto; n
lofferta di magnifici oggetti doro, di cavalli velocissimi, di fanciulle bellissime, n
la promessa di Agamennone di restituire Briseide e di dargli in sposa, al ritorno, una
delle sue figlie, dotandola 343 di sette ricche citt poste in riva al mare, hanno scosso la
decisione di Achille.
Nel campo greco regna il disorientamento, ed il terrore aumenta col nuovo
giorno quando i Troiani tornano allassalto e costringono i Greci a ripararsi oltre il
muro che protegge le navi. I Troiani avanzano ancora, varcano il fossato, attaccano il
muro, gi stanno per farvi una breccia, quando Ettore scaglia un macigno immenso
contro una porta; i cardini si sgangherano, lassito 344 scricchiola, cede, c per laria
un gran volar di schegge. Il macigno ha sfondato la porta; Ettore si slancia attraverso
il varco seguito da Troiani che gridano, baldanzosi per la vittoria. Ai Greci, sempre
pi sgomenti, 345 lultimo rifugio offerto dalle navi tirate a secco sulla spiaggia. Ma i
Troiani arrivano anche l e la disperata resistenza dei Greci tenta di impedire che alle
navi si appicchi il fuoco distruttore. La lotta serrata, e i Greci perdono slancio; le
schiere non sono pi compatte come poco prima Ettore raggiunge una nave, le d
fuoco. I Troiani esultano, gridano, pregustano la vittoria ormai certa.
Ma perch fra i Troiani c ora questo sbandamento, questa fuga precipitosa?
Che cos avvenuto? Sulle navi greche, rosse per i riflessi dellincendio, hanno
brillato le temute armi di Achille. Achille tornato? Anche i pi coraggiosi sono
sconvolti, lassalto troiano si fa pi debole, i Greci riprendono il sopravvento,
spengono lincendio, respingono i nemici oltre le navi, oltre il muro, nella vasta
pianura dove lo scontro meno pauroso.

341

Licio: originario della Licia, antica regione dellAsia Minore.


Dardo: freccia; pu significare anche asta di legno con punta di ferro da scagliare a mano.
343
Dotandola: assegnandole in dote.
344
Assito: pavimento o parete divisoria formata da assi di legno.
345
Sgomenti: sfiduciati, senza speranza.
342

Ma come? Achille ha rinunziato al suo atteggiamento ostile ed tornato fra i


suoi? A combattere sono, s, tornati i Mirmidoni, ma non Achille. E le armi delleroe?
Un inganno per atterrire e allontanare i Troiani. Che cosa dunque successo?
Dopo la lite con Agamennone si erano allontanati dallesercito greco, con
Achille, tutti i Mirmidoni e lamico carissimo, Patroclo. Appartati sul lido,
sembravano tutti indifferenti alla sorte dei Greci; ma quando i Troiani sono arrivati a
minacciare da vicino le navi, Patroclo, sentendo risorgere il suo orgoglio di Greco,
prima aveva pregato Achille di portare aiuto ai compagni, poi, poich leroe era
irremovibile, di mandare almeno i Mirmidoni e di far vestire a lui le gloriose armi,
per trarre in inganno i nemici, riempirli di terrore e indebolirne la fiducia nella
vittoria. Alla fine Achille stato persuaso: ha mandato i Mirmidoni e ha ceduto le sue
armi a Patroclo facendosi promettere che avrebbe lasciato il campo appena i Troiani
fossero stati respinti dalle navi.
Il piano riuscito, i Troiani sono ormai lontani dalle navi e dalle mura; ma
Patroclo, nellimpeto di inseguire i nemici, di precludere 346 loro ogni scampo, di
ucciderli tutti, non ricorda la promessa fatta ad Achille.
quasi sera quando la Moira, 347 la nera Moira, raccoglie il filo della vita di
Patroclo e aspetta: sta per arrivare il momento di tagliarlo.
Invisibile a tutti, Apollo si avvicina a Patroclo e gli spezza la lancia, gli fa
saltare lelmo dal capo, gli toglie la corazza. Immoto,348 sbalordito da questi prodigi,
immobilizzato da una forza superiore ed avversa, Patroclo si sente colpire alle spalle:
il troiano Euforbo che lo ha ferito a tradimento. Patroclo non pu difendersi e
vorrebbe rifugiarsi presso i suoi, ma raggiunto da Ettore, colpito di nuovo e cade,
ormai senza vita. Le belle armi di Achille che avevano diffuso il terrore sono raccolte
da Ettore, e il corpo di Patroclo conteso tra Greci e Troiani mentre un ambasciatore
si avvia da Achille con una mesta notizia.
Leroe ascolta lannunzio che il cuore presago gi temeva: gli sembra che una
nuvola lo avvolga e lo sommerga; con un lamento di angoscia piomba a terra, si
rotola nella polvere, si strappa i capelli; grida che torner in battaglia, che far pagare
ad Ettore, con la vita, la morte dellamico. Dal fondo del mare Tetide ode quei
lamenti e quelle grida, accorre e, col cuore che trema, ascolta i propositi di vendetta
del figlio; sa che dopo il fato di Ettore si compir quello di lui, e tenta di trattenerlo.
Con le sue insistenti preghiere ottiene solo che non corra subito al campo, disarmato
com, ma aspetti almeno di avere nuove armi. Per procurargliele si reca
immediatamente nella magnifica abitazione di Vulcano, stellata e splendente.
Il traballante dio, seduto su di un trono doro e circondato da statue pronte a
sorreggerlo e a servirlo, perch animate da vita divina, riceve Tetide con la pompa349
dei grandi regnanti e ne ascolta la preghiera di fare nuove armi ad Achille. Ascolta e

346

Precludere: impedire.
Moira: alle tre Moire, le Parche dei Romani, era affidato il filo di ogni vita umana: Cloto lo filava, Lachesi lo
aggomitolava, e Atropo lo tagliava quando il Fato aveva stabilito che una vita finisse.
348
Immoto: immobile.
349
Pompa: sfarzo, lusso.
347

promette il suo aiuto: in una sola notte forger armi magnifiche, le pi belle che si
possano immaginare.
Il lamento di Achille, intanto, non cessa: per la promessa fatta alla madre non
pu muoversi, non pu correre al campo per sottrarre ai nemici il corpo di Patroclo
intorno al quale non si mai cessato di combattere. Commossa dal suo dolore,
dallOlimpo scende Iride, 350 avvolge leroe in una nube doro da cui si sprigiona una
fiamma altissima; gli suggerisce di avvicinarsi ai combattenti e di spaventarli con un
urlo della sua forte voce. Il grido di Achille risuona nellaria, un boato immenso e
pauroso a cui ne segue un altro e poi un altro ancora, e leco se ne spande351 nella
pianura e rimbomba senza fine. Fra i Teucri un panico, un disordine, una fuga
precipitosa. Il corpo di Patroclo ora in possesso dei Greci e vicino a questo, per tutta
la notte, Achille rinnova il disperato lamento, le minacce di vendetta e di strage.
Durante la stessa notte, entro la sua fucina nellinterno del monte, Vulcano
lavora senza interruzione. Sovrapponendo vari strati di metallo, forma, per prima
cosa, un immenso scudo e sulla parte esterna segna cinque gironi concentrici. Con un
finissimo lavoro di cesello incide nella parte centrale la terra, il mare, il cielo col sole,
la luna, le stelle pi splendenti, e a tutto d colore con smalti policromi. 352 Lo stesso
lavoro fa nel girone vicino, dove scolpisce due scene di pace e due di guerra. In una
met, cio, si ammira il popolo occupato in lieti conviti, 353 in balli campestri, in un
corteo nuziale; nella sezione vicina un gruppo di persone assiste ad una sentenza
giudiziaria. Lespressione di ciascun volto riesce ad indicare i sentimenti o lufficio
delle figure: i litiganti, i giudici, gli araldi che tengono lordine, i curiosi. Nellaltra
met del girone scene di guerra sono ugualmente vive. Due eserciti assediano una
citt, ma sono dissidenti:354 chi ne vuole la distruzione e chi vuole risparmiarla pur di
avere in pagamento una forte somma. Gli assediati, intanto, preparano una sortita; ma
vengono sorpresi e sostengono con gli eserciti nemici una lotta di cui la fantasia di
Vulcano racconta ampiamente le fasi con scene varie e vivissime.
Il cesello del terzo girone, in oro levigato e brunito,355 narra episodi di lieta e
operosa vita campestre: chi ara e chi semina, chi miete e chi vendemmia, e l, in
fondo, le massaie preparano la cena per i lavoratori. Nel quarto girone si succedono
scene di vita pastorale. Una mandria di giovenche, in oro e stagno, esce correndo
dalla stalla e si dirige al pascolo, sorvegliata da quattro pastori e da nove mastini356
bianchi. Piombano su di loro due leoni, in parte sbranano, in parte disperdono la
mandria, mentre i pastori aizzano i cani, i quali, terrorizzati, non hanno il coraggio di
assalire le belve. Chi guarda immagina facilmente di udire nella realt i latrati
minacciosi di quelle fauci spalancate. Accanto, unaltra scena rappresenta una quieta
valle ravvivata da piccole case sparse qua e l, e tutta biancheggiante di greggi che
350

Iride: personificazione dellarcobaleno, ma anche messaggera degli di, specialmente di Zeus e di Era, della quale
ancella.
351
Se ne spande: si diffonde, si sparge.
352
Smalti policromi: tinture vetrose di molti colori.
353
Conviti: banchetti.
354
Dissidenti: discordi, di parere opposto.
355
Brunito: lucidato e scurito.
356
Mastini: coraggiosi e robusti cani da guardia.

pascolano tranquilli. Un po oltre una folla festante assiste divertita alle danze che
bellissime fanciulle e bellissimi giovinetti intrecciano sui prati.
Nella zona pi esterna del meraviglioso scudo rappresentato lOceano, il
grande fiume azzurro che circonda e limita tutte le terre. Efesto rifinisce la parte
esterna della magnifica opera con una grossa fune doro, e subito dopo comincia il
lavoro intorno alla corazza, allelmo e agli schinieri. 357 Tutto magnifico, pi
splendente del sole, e la cresta dellelmo, formata da fili doro, una cascata di luce.
Prima ancora che sorga lalba, orgoglioso della sua opera, Vulcano depone le
armi ai piedi di Tetide; essa velocemente le trasporta sulla terra e le consegna ad
Achille proprio nel momento in cui sorge lAurora, coperta da rosei veli.
Achille si arma, chiama a raccolta i soldati e, raggiante come il sole, balza sul
cocchio a cui sono aggiogati i cavalli immortali Balio e Xanto. Il divino Xanto, dalla
criniera lunga sino a terra, ha avuto in dono da Era voce umana, e risponde con tono
triste allamato Achille che sprona i due cavalli gridando di guidarlo alla vendetta e
quindi di riportarlo sano e salvo fra i suoi per preparare nuovi attacchi ai nemici:
Noi sfidiamo Zefiro, il pi veloce dei venti, e lo vinciamo. Questa volta ti trarremo
in salvo; ma lultima ora ti sovrasta, 358 non per colpa nostra, per volont di Zeus e del
Fato immutabile. Lo so risponde Achille ma prima toglier la voglia di
combattere a questi cani Troiani, e si slancia verso il campo di battaglia.
Nellimminenza dello scontro, Zeus ha dato ai Celesti il permesso di scendere
fra i combattenti portando aiuto; gli eserciti, perci, marciano luno contro laltro in
una atmosfera di paura: Atena lancia gridi terribili, Ares urla rabbiosamente, simile a
un minaccioso temporale, Poseidone fa tremare la terra e le montagne, mentre,
dallalto, Zeus lancia tuoni e fulmini.
Achille non si occupa daltro che di scovare laborrito 359 Ettore per spargerne il
sangue, e quando finalmente lo vede, impaziente di trucidarlo, sicuro delle sue armi,
della sua forza, del suo odio, gli si slancia contro con un grido: Avvicinati, sei
arrivato alla tua ultima ora. Ma Achille non ha tenuto conto degli di e dei loro
mezzi sleali. Apollo, infatti, subito accorso, ha circondato Ettore con una grande
nuvola, e Achille si trova a trafiggere ridicolmente fumo inconsistente. Umiliato e
irritato dalla beffa grida: Cane troiano, sei sfuggito al destino che ti aspetta aiutato
da quel tuo Apollo. Ma ti raggiunger, ti finir. Intanto, guarda il macello che
semino.
Pazzo dora lancia il cocchio fra i Troiani e trafigge, mutila, non ha piet
neanche dei pi giovani, insegue chi fugge, incita i cavalli su chi caduto. La terra
rossa di sangue, e di sangue grondano il cocchio, i cavalli, lui stesso. E ancora non si
arresta. Incalzati dalla tragica biga, e con la speranza di sfuggire alla furia di Achille,
i Troiani fuggono in disordine verso lo spumeggiante Scamandro, il bel fiume che gli
di chiamano Xanto.
Anche Achille arriva al fiume, si getta nella corrente rapida e, roteando la
spada, colpisce quelli che nella fretta sono caduti in acqua: non perdona a nessuno,
357

Schinieri: elementi delle armature antiche che proteggevano la parte anteriore della gamba.
Lultima ora ti sovrasta: la fine della tua vita imminente, vicina.
359
Aborrito: odiato, detestato.
358

urlando che non si placher sinch non avr ucciso Ettore. Le acque diventano rosse,
sempre pi rosse; sono ora come sangue vivo e, sempre pi ingombre di cadaveri,
scorrono a fatica nel letto largo e spazioso. Dai gorghi sorge, irato, il dio del fiume e:
Sei protetto dagli di, Achille, e col loro favore comp gesta orribili; ma va a
combattere in campo aperto, e rispetta la mia bella corrente limpida ora ingombra di
armi e di cadaveri.
Come se non lavesse udito, Achille si slancia dalla riva in mezzo al fiume
urlando che vuol raggiungere Ettore, e che ne vuole la vita. Ma che cosa avviene nel
fiume? Le acque si increspano, si gonfiano, salgono oltre le sponde, traboccano, e,
mugghiando paurosamente, dilagano per la pianura ingombra di cadaveri e di armi.
Achille, investito dalla furia delle acque ruggenti, 360 sta per essere sommerso dalla
corrente, si aggrappa ad un olmo l vicino; ma lolmo si sradica, precipita e gli
offre la via della salvezza. Nellabbattersi, infatti, lalbero ha poggiato la chioma
sullaltra sponda, creando cos un ponte naturale che aiuta Achille ad uscire dalle
acque. Veloce come unaquila, leroe si allontana dalle acque tempestose; ma il fiume
offeso non si d per vinto, e linsegue, e lincalza con acque sempre pi gonfie, pi
cupe e mugghianti. Achille raggiunto, sente lacqua che gli ruba la terra sotto i
piedi, ha le gambe rotte dalla fatica di camminare in quella immensa palude che
diventata la pianura di Troia; ma tuttavia, aiutato da Atena, riesce ad avanzare e sta
per sfuggire alla violenza dello Xanto. Lo Xanto lo capisce ed invoca in aiuto il suo
affluente, il Simoenta: Corri, grida aiutami, apri tutte le tue sorgenti, gonfia le tue
acque, raduna tronchi e sassi e scagliali contro il petto di questo che vuole uguagliarsi
agli di. La sua bellezza, la sua forza, quel suo grande scudo non lo salveranno
dallessere trascinato in uno sporco gorgo, di essere affogato nel fango. Lo avvolger
nella mia sabbia nera, gli ammasser sopra tanta ghiaia e tanto fango che gli Achei
non ne potranno riavere neanche un pezzettino. Arriva unondata paurosamente
scura, si gonfia, ribolle alle spalle di Achille, sta per travolgerlo, quando Efesto,
esortato da Era, scaglia le sue fiamme in mezzo alle acque che si arrestano, si ritirano,
ritornano rapidamente nel loro letto. Ma il fuoco continua lopera sua: brucia i morti,
le erbe, gli alberi lungo la riva, lacqua stessa si riscalda e i pesci guizzano disperati.
Il fiume prega, supplica il dio Egesto perch ritiri il fuoco, promette di non occuparsi
pi di Achille. Ma sembra che il dio non lo senta; lacqua ormai bolle come se fosse
in una pentola sul fuoco, il gran calore lha consumata quasi tutta, quando Era ordina
a Efesto di far cessare lincendio. Lo Xanto pu allora riprendere a scorrere mentre il
Pelide, 361 rianimato dallaiuto divino, seguita a seminar strage sempre in cerca del suo
odiato Ettore.
Ora, tuttavia, vedendo Agnore, uno dei pi forti guerrieri troiani, vuole avere
il vanto di ucciderlo: comincia a inseguire leroe che, straordinariamente rapido,
fugge di qua, di l, sembra che lo rallenti e lo si possa afferrare, sfugge di nuovo
improvvisamente ad Achille che pi volte lha creduto in sua balia, 362 sinch, arrivati
vicini alle mura, Agnore si ferma e, con voce beffarda, chiede ad Achille perch
360

Ruggenti: minacciose; lespressione deriva dal ruggito del leone.


Pelide: patronimico di Achille, figlio di Peleo, re di Ftia, citt della Tessaglia.
362
In sua balia: in suo potere.
361

insegua con tanto accanimento un nume immortale. Solo ora che Apollo gli ha
rivelato il suo inganno, Achille si accorge che, mentre lui correva dietro il falso
Agnore, tutti i Troiani si sono rifugiati dentro le mura. Non tutti, per; vicino alle
porte Scee gli sembra di scorgere il suo grande nemico, Ettore, e, ancor pi furente
per la recente beffa di Apollo, gli si slancia contro scuotendo la lunga asta.
Dallalto delle grandi mura troiane il vecchio Priamo lo vede avvicinarsi,
splendente come un astro, nelle magnifiche armi di Efesto, e grida ad Ettore di
entrare in citt, di ripararsi dentro le mura, di evitare la furia del Pelide. Il povero
vecchio Priamo grida pi volte la sua preghiera, si strappa i capelli e si d pugni in
testa; ma Ettore non lo ascolta. Rimasto volontariamente fuori dalle mura aspetta
immobile il nemico; vuol combattere con lui ed ucciderlo o ricevere da lui una morte
che gli porter maggiore gloria che non la fuga. Ma quando lo vede vicino, magnifico
e terribile, Ettore preso da improvviso sgomento e, dimentico del proposito di
aspettarlo a pie fermo,363 spicca una corsa pazza rasentando le massicce mura di
Troia. Dietro gli Achille: nellinseguimento senza perdono porta limpeto
sanguinario dellavvoltoio che insegue la colomba.
Greci, Troiani, gli di stessi, riuniti sullOlimpo, osservano trepidanti: gi per
tre volte Ettore ed Achille hanno fatto il giro delle mura; ma nessuno dei due accenna
ad accelerare o a rallentare il ritmo della corsa. Zeus, allora, prende le bilance doro e
pone sopra i due piatti il sonno eterno delluno e dellaltro e le solleva; verso lOrco,
dimora dei morti, si abbassa senza incertezze il piatto con la sorte di Ettore. Al Fato
cos deciso Apollo non pu pi opporsi. Atena, invece, pu correre in aiuto del suo
protetto e, invisibile a tutti, sussurra ad Achille di fermarsi e di rip osarsi in attesa
della vittoria. Prende poi laspetto di Defobo, il pi giovane fratello di Ettore, e con
parole affettuose, quali solo un fratello pu dire ad un fratello in pericolo, lo consiglia
di cimentarsi senza timore col Pelide perch lui, Defobo, correr in aiuto appena ve
ne sar bisogno.
Comincia il duello: breve e drammatico. Due lunghe lance sono bilanciate,
vengono lanciate con estrema violenza; tutte e due, per poco, mancano il bersaglio.
Non vista, Atena riporta ad Achille la lancia, Ettore si volge a Defobo per averne una
nuova; ma Defobo non c. Per Ettore ormai chiaro che il fratello non c mai
stato, e che linganno di un dio lha fatto preda della nera Moira. Ma non cadr senza
combattere ancora: sguaina la spada e si slancia verso Achille il quale sta gi
bilanciando lasta e mira a un tratto di collo lasciato scoperto dallarmatura, un punto
vulnerabilissimo. La lancia scagliata, colpisce, abbatte leroe troiano; Achille gli
subito sopra: Quando uccidesti Patroclo gli dice ti credesti invincibile; non
pensasti che io sarei stato il suo vendicatore, io che ti lascer qui, preda di cani e di
corvi. A quel cieco furore Ettore risponde supplicando con voce ormai domata che il
suo corpo sia restituito al vecchio padre. Non pregarmi riprende furioso Achille
che se potessi sminuzzerei364 io stesso il tuo corpo, lo divorerei crudo. Ma i cani ti
lacereranno, le belve, pezzo per pezzo, ti divoreranno.
363
364

A pi fermo: a piede fermo, immobile.


Sminuzzerei: ridurrei in pezzettini.

Ed Ettore: Hai il cuore di ferro, ma anche tu morirai, non pu dir altro.


Lanima gli sfugge e precipita nellOrco piangendo il perduto fiore della sua forte
giovinezza.
Dallinterno di Troia, lurlo di Ecuba365 arriva alle stelle, gli fanno eco la
disperazione, i lamenti, i gemiti di Priamo, di Andromaca, 366 di tutti i cittadini che
piangono il loro forte difensore la prossima fine della citt. Nel campo, Achille,
circondato dagli Achei accorsi ed esultanti per la morte del pi temibile eroe troiano,
sta completando atrocemente la sua vendetta: fora le caviglie di Ettore, vi passa una
corda e la ferma al cocchio, poi, spronati i cavalli, corre verso laccampamento
trascinando il cadavere con la bella testa e la bruna chioma orrendamente imbrattate
di polvere e di sangue.
Lindomani, appena laurora dalle rosee dita apre loriente, 367 guerrieri greci,
armati di scuri e di funi salgono il mone Ida ricco di ruscelli, abbattono querci enormi
e ne portano i ciocchi368 sul lido per innalzare un rogo e rendere i dovuto onori
funebri a Patroclo. Dallaccampamento un imponente corteo di cocchi, di cavalieri di
pedoni segue i compagni che trasportano il corpo di Patroclo ricoperto dalle
ciocche369 dei capelli offerti in segno di dolore e di omaggio. Anche Achille sacrifica
i suoi capelli, non una ciocca, ma tutta la bionda capigliatura tagliata e offerta
allamico. Quando il corteo arriva al lido, i guerrieri sono allontanati, e vicino al
corpo di Patroclo rimangono solo i capi. Questi alzano una pira 370 larga centro metri
per lato, vi depongono Patroclo e, prima di alimentare il fuoco, fanno sacrific io di
innumerevoli agnelle e di innumerevoli giovenchi, di bei cavalli dalle superbe
criniere, di cani di razza. Il sacrificio di tante vittime, scelte fra le pi belle, non
calma lira sanguinaria di Achille, che completa i sacrifici tagliando la gola a dodici
bellissimi giovinetti, prigionieri troiani. Mentre le fiamme si innalzano e consumano,
tutto, Achille, sempre pi inferocito, sillude di rendere pi perfetta la vendetta
gridando: Tu amico carissimo, sei divorato dalle fiamme, ma Ettore lo sar dalle
belve e dai mastini, nessuno render a lui onori funebri.
Solo allalba le fiamme si estinguono; spente col rosso vino anche le braci
ardenti, le ceneri di Patroclo sono raccolte, chiuse in unurna sopra alla quale viene
innalzato un tumulo.371 Prima di allontanarsene, Achille chiede che in onore
dellamico si svolgano i giuochi funebri, e gli animosi Achei partecipano con
prontezza alla corsa sul cocchio, al pugilato, alla lotta, alla corsa a piedi, al
combattimento singolare. Con uguale baldanza si cimentano al lancio del disco, alla
gara dellarco, al lancio del giavellotto. Tutte le otto prove hanno in palio ricchissimi
e svariati premi da distribuire ai vincitori.
Conclusi con i giuochi funebri gli onori a Patroclo, Achille, non ancora
contento della vendetta, seguita ad infierir con tanto accanimento contro il cadavere
365

Ecuba: moglie del re Priamo e madre di Ettore.


Andromaca: moglie di Ettore.
367
Apre loriente: sorge.
368
Ciocchi: grossi pezzi di legno, ceppi da ardere.
369
Ciocche: ciuffi di capelli.
370
Pira: catasta di legno innalzata per bruciare il cadavere.
371
Tumulo: monticello di terra.
366

di Ettore che gli di ne sono indignati; Zeus incarica Tetide di dire al figlio che ormai
deve rispettare il corpo di Ettore e restituirlo al padre.
Il mesto e vecchio Priamo, intanto, che Iride ha esortato ad andare
nellaccampamento degli Achei a chiedere la restituzione del figlio, prepara un ricco
riscatto: dodici splendidi pepli e altrettante clmidi, 372 tuniche e tappeti, dieci
talenti373 doro, due tripodi ben lavorati, quattro lebti374 e infine una magnifica coppa
avuta in dono dai Traci, opera preziosa di cui Priamo si priva volentieri pur di riavere
il corpo del figlio. Quando tutto pronto e Priamo si avvia verso il campo dei Greci,
solamente un auriga 375 lo accompagna: Ermes ha preso laspetto di un giovane greco
e gli fa da guida sino alla tenda di Achille nascondendolo alla vista di tutti. Se anche
Tetide non avesse riferito ad Achille il volere degli di, laspetto di Priamo, che gli
ricorda il vecchio e lontano Peleo,376 avrebbe da solo placato il cuore di Achille, e
nelle parole che si scambiano il vecchio supplice e lorgoglioso, vendicativo e pur
generoso Achille non c traccia di odio; da esse traspare solo dolore: per la perdita
del figlio e per il pensiero del padre che non vedr pi il figlio.
Achille ordina che il corpo di Ettore sia profumato di balsami e avvolto nella
pi bella delle tuniche che Priamo gli ha portato in dono per il riscatto; quando il
mesto ufficio finito, il grande eroe, nel congedare Priamo, gli promette
spontaneamente una tregua di dieci giorni per evitare che le armi greche turbino gli
onori funebri che Troia tributer al suo forte difensore.
Nel cuore della notte il carro di Priamo, col corpo di Ettore, riattraversa
laccampamento greco e alle prime luci dellalba arriva sotto le mura di Troia. Lo
vede, per prima, la figlia di Priamo, Cassandra, che dalla cima dellalta torre scruta la
pianura e d lannunzio alla citt: Troiani, Troiane, accorrete! Torna Ettore, quello
che una volta riempiva di gioia il cuore di tutti. Una fiumana di popolo esce dalle
porte, corre incontro al triste convoglio,377 lo circonda, innalza intorno ad esso gemiti
e lamenti, lo segue sino alla reggia dove il corpo di Ettore trasportato in attesa degli
onori funebri.
Allalba del decimo giorno, dopo che per nove giorni il popolo ha tagliato
alberi e ne ha trasportato i tronchi in citt, appiccato il fuoco a un enorme rogo che
brucia per tutto il giorno e poi per tutta la notte: allalba le braci sono spente col vino,
e in unurna doro sono raccolte le bianche ossa del grande difensore di Troia, Ettore.
La morte di Ettore, linutile aiuto portato ai Troiani prima dalle Amazzoni, poi dagli
Etiopi, e infine, la morte di Achille, colpito a tradimento da Paride nellunico punto
vulnerabile del corpo, sono gli ultimi episodi di una guerra che sembrava non dovesse
finire mai: gli ultimi, prima dellepisodio che segna la tragica caduta della citt.
Stanchi di aver combattuto invano per tanti anni, e sfiniti dallassedio che non
accenna a concludersi, i Greci ricorrono ad un inganno. Ispirati dalla loro protettrice
Atena, costruiscono un cavallo di legno alto quasi quanto un monte, e dentro il buio
372

Clmidi: corti mantelli di lana, che specialmente i militari indossavano sopra la tunica.
Talenti: antiche monete greche (in uso anche in Palestina).
374
Lebti: grandi vasi, di bronzo o di terracotta, usati nellantichit per sacrifici o come premi per gare ginniche.
375
Auriga: nellantichit classica, guidatore di un carro da guerra o di un cocchio.
376
Peleo: padre di Achille.
377
Convoglio: gruppo formato da un mezzo di trasporto (qui il carro di Priamo) e da alcune persone.
373

ventre nascondono armi e guerrieri. Fanno poi un spargere la voce che il cavallo sia
un dono propiziatorio agli di perch li proteggano e favoriscano il viaggi odi ritorno
al quale si accingono, rinunziando allimpresa. Per dare maggior credito alla voce
abbandonano realmente le spiagge di Troia, ma per andare poco lontano. Girano,
infatti, dietro unisoletta, Tenedo, che si trova proprio di fronte a Troia, vi approdano
e l attendono i segnali di uno di loro, Sinone, lasciato a terra per facilitare un
diabolico inganno. I Troiani, quando non vedono pi i Greci, quasi non credendo ai
loro occhi, aprono le porte, si riversano nella pianura per vedere da vicino gli
accampamenti deserti e la spiaggia sgombra di navi, pieni di curiosit cercano di
riconoscere le tende dei capi, fanno circolo intorno al cavallo. Chi dice che il dono
votivo dei Greci si deve considerare sacro e chi no, chi consiglia di portarlo dentro le
mura e chi di precipitarlo in mare o di darlo alle fiamme. Altissime grida
interrompono ogni discorso. Dalla rocca di Pergamo scende di corsa il sacerdote di
Apollo, Laocoonte, e correndo grida e grida: Ciechi, pazzi, non crediate ai Greci.
Non crediate che siano partiti. Non conoscete Ulisse? I loro doni sono inganni.
Questo strumento di morte. E, arrivato vicino al cavallo, lancia contro il fianco una
grande asta: dallinterno proviene un suono metallico I Troiani rimangono
perplessi, incerti; ma subito sono distratti dalle grida di alcuni pastori che trascinano
un giovane con le mani legate. un prigioniero greco, Sinone. Tutti corrono a
vederlo, a schernirlo, a insultarlo mentre quello, con voce rotta,378 con tono umile e
triste, si lamenta e piagnucola perch reietto 379 dai Greci, che pure il suo popolo, e a
ragione odiato dai Troiani, dai quali non aspetta che offese e morte. I Troiani sono
commossi e, senza ostilit, gli chiedono per quale ragione non sia partito con i suoi.
Sinone non aspettava questa domanda. Vantandosi di essere uomo sincero, con
mezze frasi e allusioni appropriate accenna a dissensi avuti con alcuni Greci e al
sordo380 disaccordo nato fra lui e alcuni dei capi. Questo latente disaccordo si era
manifestato in pieno, dopo un responso di Calcante. I Greci, infatti, dice SInone
continuando il racconto, gi erano ostacolati dal tempo ostinatamente sfavorevole.
Quando chiesero allindovino Calcante che cosa si dovesse promettere agli di perch
rendessero favorevoli gli elementi, la risposta fece tremare tutti:
Col sangue e con la morte duna vergine
placaste i venti per condurvi a Ilio:
col sangue e con la morte ora dun giovane
convien placarli per ridurvi in Grecia.
Calcante, chiaramente daccordo con quei suoi nemici, a cui egli ha prima
accennato, completa la profezia designando381 come vittima predestinata proprio lui,
Sinone. Quando fu pronto il sacrificio, dopo il quale i Greci sarebbero subito partiti,
egli, terrorizzato dalla morte orribile che laspettava, era fuggito e si era nascosto fra
378

Con voce rotta: con parole spezzate, interrotte da sospiri o da lamenti.


Reietto: scacciato, ripudiato.
380
Sordo: nascosto, ma forte e tenace.
381
Designando: indicando.
379

le erbe di una palude dove, passata una notte di paura, era stato catturato dai pastori
troiani. E ora, termina Sinone rivolto al re, per quegli di eterni che di lass
vedono la mia sincerit, per quella pura e santa fiducia per la quale ti ho narrato tutto,
abbi piet di me.
I Troiani sono rattristati e commossi per le inesistenti disgrazie raccontate da
quel bugiardo; Priamo stesso ordina che Sinone sia liberato dalle catene e lo invita a
considerarsi ormai uno dei loro, perch ha trovato una nuova patria nella citt che
laccoglie. Gli chiede poi che cosa significhi quel cavallo lasciato l dai Greci.
Rinnovando giuramenti di verit e chiamando a testimone ogni cosa sacra, Sinone
intesse nuove menzogne alle quali era stato ben preparato.
Dallinizio della guerra i Greci ebbero grande fiducia in Atena, che sempre li
aiut e li protesse. Ma le cose cambiarono, quando, avendo saputo che un oracolo
aveva predetto impossibile la distruzione di Troia sinch il Palladio, una statuetta
eretta in onore di Atena, fosse stato dentro le mura della citt, due empi, 382 Ulisse e
Diomede, violarono il tempio troiano della dea e ne portarono via il simulacro.
Appena deposta nel campo greco, la statua cominci a sudare, a lanciare lampi e
fiamme dagli occhi, per tre volte imbracci lo scudo e brand383 lasta. Subito
Calcante grid che si doveva fuggire, che non avremmo preso Troia se non si fosse
placata la dea secondo i responsi che ci sarebbero stati dati ad Argo dove dovevamo
tornare subito. E questo cavallo conclude Sinone stato messo qui per consiglio di
Calcante, in ammenda384 delloffesa della dea, ed stato costruito cos grande per
impedire che sia portato dentro le mura per sostituire il Palladio protettore.
Gli di sanno che non possono pi opporsi al fato di Troia ormai prossimo a
compiersi, abbandonano la citt alla sua sorte e permettono che il racconto di Sinone
sia confermato da un incidente raccapricciante.
Laocoonte, dopo aver cercato di illuminare i Troiani sul vero scopo di quel
cavallo abbandonato dai Greci, era andato a compiere un sacrificio, senza dare
ascolto a quello che raccontava Sinone, quando, dalla vicina isoletta di Tenedo, si
vedono arrivare due serpenti marini, immensi e viscidi, resi ancor pi ripugnanti da
una cresta sanguigna che ne orna la testa, avanzano sferzando lacqua tranquilla che,
al loro passo, spumeggia e ribolle. Mentre si avvicinano, si sentono sempre pi forti i
sibili che escono da quelle orribili bocche, e pi distintamente si pu vedere la ferocia
di quegli occhi iniettati di sangue. Tutti i presenti, inorriditi, cercano scampo, chi qua
chi l; ma i serpenti, senza esitazione, si dirigono verso Laocoonte, avvinghiano e
stritolano i due figlioletti che lo aiutavano nel sacrificio. Assalgono poi Laocoonte, e
lo avvolgono nelle implacabili spire385 squamose. Quando i gridi disperati cessano, e i
tre corpi sono tre cose inanimate, i serpenti zufolando386 strisciano sino al tempio di
Atena e l, pigramente, si avvolgono su se stessi.

382

Empi: scellerati, sacrileghi.


Brand: impugn saldamente e minacciosamente.
384
Ammenda: riparazione.
385
Spire: anelli che un serpente forma avvolgendosi.
386
Zufolando: sibilando.
383

I Troiani non possono pensare che questo sia un nuovo aiuto della dea
protettrice dei Greci; senzombra di dubbio credono invece che con quella morte
atroce Atena abbia voluto punire Laocoonte delloffesa fatta al cavallo dedicato a lei.
Tutti cominciano a gridare che si porti il dono al tempio di Atena, che si abbattano le
mura per farlo passare. Tutti gridano, tutti corrono, tutti sono presi dal desiderio di
fare qualche cosa di gradito alla dea. Quando parte delle mura sono abbattute, il
cavallo, fatto avanzare su rulli, tirato con grosse funi verso la citt. Tutti i Troiani
gli sono dintorno a dare una mano; bambini e bambine, cantando in coro sacre lodi
alla dea, accompagnano il cavallo nella citt che sar la sua vittima, quando un grido
di paura, di orrore sovrasta i canti sacri, squarcia laria. Morte, morte! Non guidate
la vostra rovina. Ci sono uomini armati. Chi che grida? Una sola persona non
partecipa alla gioia generale: la pi bella figlia di Priamo, Cassandra.
Senza essere corrisposto, Apollo si era invaghito di lei e il dio, per vendicarsi
della umiliazione laveva condannata a predire con esattezza il futuro senza mai
essere creduta. Anche questa volta nessuno le d ascolto, e le feste per la fine della
guerra e per propiziarsi gli di seguitano splendide sino nel cuore della notte.
Quando nelle vie di Troia si spento lultimo canto di gioia e tutti si sono
abbandonati al loro primo sonno di pace, una luce brilla in mezzo al mare. Due occhi
in agguato, gli unici occhi aperti in quella notte, la vedono: Sinone striscia sino al
cavallo, ne apre il ventre e aiuta i Greci a calarsi lungo una fune. Nella citt
addormentata e senza sospetto facile aprire tutte le porte delle mura, organizzarsi
con le schiere che sopraggiungono dal mare, appiccare il fuoco, uccidere i primi che,
lambiti387 dalle fiamme, si svegliano e fuggono terrorizzati. Poi, nella citt tutto un
grido di orrore, un incessante cozzar di armi, ch i Troiani non vogliono ancora
arrendersi. La luce sinistra 388 dellincendio illumina i resti bruciacchiati delle case
diroccate, le strade in cui si accumulano corpi senza vita, la reggia devastata, il
tempio di Era, vicino al quale giacciono donne e bambini.
Quando la stella del mattino si leva dietro al selvoso monte Ida, dovunque
silenzio, solitudine, spavento; Troia un immenso rogo consunto e fumante; sulle
mura, sopra ogni porta, si innalzano le insegne greche.

387
388

Lambiti: sfiorati, toccati.


Sinistra: minacciosa, che non preannuncia niente di buono.

Le avventure di Ulisse, re di Itaca


Ulisse, figlio di Laerte 389 e di Euriclea, aveva un ingegno, una prontezza, una
furberia che nessuno poteva arrivare. 390 Invece che di Laerte, sembrava figlio di
Ssifo, il furbissimo che ingann persino la Morte. Il suo carattere, inoltre, era pieno
di contrarsi. Non aveva esitato a fingersi pazzo per evitare di partire per Troia, non
volendo lasciare la moglie e Telemaco, il bambino nato da pochi mesi; quando ne fu
lontano, non pensava che a loro e alla sua cara, petrosa391 Itaca, eppure, se gli si
presentava loccasione non resisteva al desiderio di vedere cose nuove, di conoscere
luoghi mai visti, di provare sensazioni non comuni. Per questo suo amore
allavventura, oltre che per la persecuzione di Poseidone,392 rimase tanti anni lontano
dalla patria anche dopo che fu finita la guerra di Troia.
Dopo la vittoria, Ulisse, come gli altri superstiti, carica il bottino sulle sue
dodici navi e con i compagni fa vela verso la serena Itaca, aspra di scogli e dominata
dal verde e selvoso monte Nrito; ma quasi subito incappa393 in una serie di avventure
che gli ritarderanno di dieci anni il ritorno.
Appena salpati il vento non si mostra favorevole e spinge le navi alla terra dei
Ciconi, 394 alleati dei Troiani durante la guerra, e lodio, non ancora estinto,395 provoca
uno scontro armato nel quale perdono la vita alcuni compagni di Ulisse. Appena
riprendono la navigazione, si leva una violentissima tempesta e pi di una volta
stanno per esserne travolti ma appena il mare si calma dimenticano ogni paura
vedendo profilarsi, oltre la tranquilla distesa delle acque, la nota linea 396 della loro
isola tanto amata. Improvvisamente, per, si leva un vento sfavorevole che li porta
fuori rotta; quando, dopo dieci giorni, possono toccare terra si trovano in unisola
verde, rallegrata da bellissimi fiori e cos tranquilla che sembra deserta. Per
accertarsene, Ulisse manda in esplorazione alcuni compagni, e quando vede che di
questi non ne torna neanche uno, preoccupato e incuriosito, ne va alla ricerca. Li
trova quasi subito: se ne stanno lieti e tranquilli in mezzo ad altri sconosciuti
mangiando fiori rossi e profumati: sono i fiori del dolce loto 397 che cancellano
dallanima ogni preoccupazione, ogni tristezza, ogni desiderio. Anche ad Ulisse
questi fiori sono offerti con cordialit, ma leroe riesce a rifiutarli intuendo che la
patria gli sfuggirebbe per sempre se si lasciasse allettare 398 da quellinvito. A forza
spinge sino alle navi i compagni recalcitranti399 e piagnucolosi, a forza li fa buttare
389

Laerte: re di Itaca, isola del Mar Ionio.


Che nessuno poteva arrivare: superiore a tutti, che nessuno poteva eguagliare.
391
Petrosa: sassosa e arida.
392
Per la persecuzione di Poseidone: Poseidone, il dio del mare, era padre di Polifemo, il Ciclope vinto e accecato da
Ulisse. Proprio per questa offesa al figlio, Poseidone perseguit Ulisse.
393
Incappa: simbatte, va incontro.
394
Ciconi: popolo della Tracia.
395
Estinto: spento, cessato, morto.
396
Linea: profilo, contorno.
397
Loto: mitica pianta i cui fiori, se mangiati, avevano leffetto di dare loblio, cio la dimenticanza.
398
Allettare: attrarre, lusingare.
399
Recalcitranti: che si opponevano con forza, che facevano resistenza.
390

dentro e legare sotto i banchi dei rematori che, subito, si allontanano veloci dalla terra
dei quieti, sognanti e ospitali Lotofagi, 400 dimentichi di ogni malinconia.
Mentre la notte si avvicina costeggiano unisoletta, che sembra fatta apposta
per offrire loro riposo e ospitalit, approdano e si riparano in una grotta circondata da
pioppi altissimi, presso una sorgente di acqua argentina. 401 Le uniche abitanti di
questisola selvosa sono le capre, e, appena sorge lalba, se ne vedono tante, sparse
qua e l a pascolare, che agli ospiti facile procurarsi un po di cibo. Mentre se le
mangiano ben arrostite, il loro interesse, e specialmente quello di Ulisse, attirato da
un filo di fumo che, quasi accompagnasse un belar di pecore e di capre, si alza da
unaltra isola, proprio di fronte alla loro. Forse durante la notte, in sogno, Ulisse ha
rivisto quei prati verdi ed ha riudito quel tenue belare ed ancor pi si incuriosito di
quel filo grigio di fumo se, la mattina, appena sveglio, dice ai compagni:
Aspettatemi; con gli uomini della mia nave vado a vedere che popolo quello l.
Il tratto di mare superato facilmente; Ulisse sbarca, lascia alcuni uomini a
guardia della nave, e, con gli altri compagni e qualche provvista, si dirige verso
limboccatura di una spelonca recinta di querci e di altissimi pini che domina la
marina. Appena dentro, gli occhi stupefatti dei Greci vedono un antro immenso e
innumerevoli ceste piene di grossi formaggi, vasi da pastori, secchie, catini con latte
rappreso.402 Chi sar il padrone di tutto questo? Eccolo che arriva, preceduto dal
gregge belante. Ma un uomo, quello, o la cima selvosa di un monte?, si chiedono
impauriti Ulisse e i compagni che si sono fatti piccini piccini, cercando di
nascondersi nel fondo della caverna, mentre quel gigante, appena entrato, solleva un
masso enorme e lo appoggia contro lapertura per chiuderne lingresso. Alla debole
luce che filtra, come un buon pastore, munge le capre e le agnelle, caglia 403 il
formaggio e, infine, accende un po di legna. Al primo guizzo del fuoco scorge gli
ospiti.
Chi siete? Mercanti o corsari?. Non le parole fanno tremare il cuore di tutti;
ma il cupo rimbombo della voce e la faccia del gigante, resa spaventosa e sinistra
dallo sguardo di un unico occhio piantato, per chi sa qual capriccio della capricciosa
natura, in mezzo alla fronte.
Ulisse si fa coraggio, e: Siamo guerrieri, di ritorno da Troia; vi abbiamo
combattuto con valore insieme al grande Agamennone di immensa fama. In nome di
Zeus ospitale, accoglici, e facci lieti di un tuo dono. O sei stupido risponde il
gigante o vieni da molto lontano. Non sai che noi Ciclopi siamo pi forti di tutti gli
di e che non temiamo nessuno? Perdoner a te e ai tuoi compagni se lo voglio, non
per timore di Zeus. E ora dimmi dove hai approdato.
Non c da fidarsi, pensa Ulisse, e ad arte 404 gli risponde che la nave si
sfasciata contro uno scoglio e che i rottami si sono dispersi. Per tutta risposta il
Ciclope allunga una mano, afferra, quasi fossero cucciolini, due compagni di Ulisse,
400

Lotofagi: mangiatori di loto; popolo favoloso, abitanti di una regione non identificata della Libia.
Argentina: dal colore chiaro e splendente e dal suono chiaro e limpido dellargento.
402
Rappreso: coagulato, condensato.
403
Caglia: fa rapprendere, coagulare.
404
Ad arte: con astuzia.
401

li sbatte per terra, se li mangia come polpette, ci beve sopra lunghi sorsi di latte, poi si
distende e si addormenta tranquillamente. I Greci lo guardano inorriditi; ma sanno
reprimere listinto di uccidere quel mostro perch ricordano quanto grande il masso
che chiude la spelonca. Non potrebbero smuoverlo e una morte altrettanto orrenda li
aspetterebbe.
Allalba, il Ciclope, senza dire una parola, ripete lo spaventoso pasto ed esce
col gregge fischiettando allegramente; appena uscito, richiude bene lapertura della
caverna.
Ulisse chiama a raccolta tutta la sua intelligenza, vuol fuggire e vendicarsi del
Ciclope, ma nessuno dei piani a cui pensa gli sembra buono, sinch non scorge in
fondo alla spelonca un tronco dalbero, diritto e affusolato; qualche volta, forse,
servito da bastone a quel mostro. Con questo accecher il gigante e poi Dopo aver
esposto ai compagni il suo progetto, si fa aiutare ad affilare ben bene una estremit di
quel tronco, lo nasconde sotto lo strame, 405 tira a sorte i compagni che dovranno
aiutarlo e aspetta la sera studiando i particolari di quanto ha pensato di fare.
Torna il Ciclope e si ripete il supplizio per due sventurati che ormai non
vedranno pi la cara patria; Ulisse sa dominare rabbia e dolore, e si avvicina al
Ciclope portando una tazza piena del vino che, con altre provviste, si portato dietro.
un vino prelibato, che conserva inalterato laroma anche se allungato con venti
parti di acqua, e Ulisse lo offre puro al gigante.
Hai mangiato carne, ora bevi, e senti che buona bevanda portava la nostra
nave.
Non sospettando il tranello, il gigante beve e subito ne vuole ancora: Unaltra
coppa, straniero, e dimmi il tuo nome, che ti voglio dare un lieto dono ospitale.
Mi chiamo Nessuno. E che dono mi dai?
Il dono dellospitalit? Manger per ultimo te, Nessuno. E, ubriaco, piomba
addormentato.
Senza perder tempo Ulisse tira fuori il tronco, lo mette sulle braci ardenti e,
quando vede che la punta arrossata sta per incendiarsi, con laiuto dei compagni lo
spinge rabbiosamente nellocchio del Ciclope che brucia, sfrigola, 406 fuma. Nella
caverna rimbomba un urlo, un urlo solo, ma cos tremendo, cos spaventoso che i
Greci si rifugiano in fondo alla caverna mentre il Ciclope estrae il palo dallocchio
sanguinante, e: Aiuto! Aiuto!, grida, chiamando gli altri Ciclopi che dormono nelle
caverne vicine. Fuori della caverna si forma un assembramento di gente che chiede:
Perch urli tanto, Polifemo? Ti hanno rubato i bei greggi? Qualcuno ti vuol
uccidere?.
Aiuto, amici, aiuto! Nessuno mi uccide, aiuto!
Se nessuno ti fa del male, Zeus che ti colpisce. Invoca tuo padre Poseidone,
non noi. E i Ciclopi tornano a dormire.
Ma non mi scapperete, pensa Polifemo, e la mattina, tolto il pietrone
dallapertura, con le braccia aperte e tese controlla chi esce. Escono le pecore, le
capre, i montoni, soli, a gruppi. Polifemo li accarezza tutti: il dolore tormentoso
405
406

Strame: paglia, fieno, usati come alimento e come giaciglio per il bestiame.
Sfrigola: scoppietta, crepita.

dellocchio lo fa essere pi affettuoso con le innocue bestie, compagne di ogni


giorno, ma anche vuole evitare che insieme con loro passino i Greci. Mormora infatti:
Se riesco ad afferrare quel Nessuno gli spezzo la testa gli faccio schizzare il
cervello per tutto lantro. Uomo da nulla, Nessuno.
Quando laccorta407 mente di Ulisse aveva architettato laccecamento del
Ciclope aveva anche messo a punto un perfetto piano di fuga, ed ora luomo da
nulla, aggrappato al lanoso ventre di un montone, gi uscito dalla caverna e, prima
di lui, sono usciti i compagni da Ulisse stesso legati sotto il ventre di alcuni montoni.
Appena fuori tutti corrono alla nave, sciolgono i remi, sono gi lontani da quella
funesta isola quando Ulisse, volendo gustare la vittoria, comincia a lanciare insulti
contro Polifemo e a sbeffeggiarlo per come caduto stupidamente nellequivoco del
nome. Porta la risposta a quegli insulti la cima di una montagna divelta408 e
scaraventata dal gigante l, da dove viene la voce beffarda. La nave sfiorata da un
turbinio dacqua e per poco non si capovolge, mentre si odono le grida del gigante
esasperato che invocano dal padre Poseidone la vendetta: Che non riveda pi la sua
patria, o, se il Fato non gli negher il ritorno, che la riveda tardi, a stento, e vi trovi la
sciagura!.
Appena ritornato nellisola delle capre, 409 lasciata la sera precedente, Ulisse
crede di placare Poseidone e gli di con un ricco sacrificio; ma loffesa fatta al figlio
di Poseidone non pu essere riparata da nessuna offerta, sia pure pingue, 410 e su
nellOlimpo si sta gi pensando a una lunga serie di sciagure per lo sventurato Ulisse
e per i suoi compagni. Presto ne avranno una prova; intanto hanno ripreso la
navigazione.
Verso sera un luccichio dorato, rossastro, attira la loro attenzione e, quando si
rendono conto che quei bagliori partono da unisola circondata da una muraglia di
rame e da alte e ben levigate rupi, decidono di approdare e di passarvi la notte.
Lisola lEolia, la dimora di Eolo re dei venti. Accolti cordialmente nella grande
reggia, i Greci vi si trattengono per circa un messe godendo di una larga ospitalit.
Quando annunziano di voler proseguire il viaggio, Eolo consegna ad Ulisse un grosso
sacco: il dono del commiato,411 un dono prezioso. Dentro il sacco sono racchiusi
tutti i venti sfavorevoli alla navigazione; solo Zefiro rimasto libero, e li aiuter a
raggiungere presto la patria.
Itaca gi in vista, quando Ulisse, stranchissimo per aver retto il timone per
tutto il tempo, preso dal sonno. Ne profittano i compagni per impossessarsi di quel
sacco di cui Ulisse si mostrato tanto geloso; vogliono vedere, solo vedere, quali
meravigliosi oggetti doro e dargento vi siano racchiusi.
Sciolgono largentea funicella. Una improvvisa ridda412 di venti li avvolge, e si
scatena una tempesta; sul mare sconvolto la nave non pu essere pi controllata, si
allontana da Itaca, ripercorre le vie gi solcate, riapprova in Eolia. Col cuore pieno di
407

Accorta: astuta, scaltra.


Divelta: sradicata.
409
Isola delle capre: poich in greco capra si dice aix, aigs, si pensato che si trattasse di unisola delle Egadi.
410
Pingue: ricca, abbondante.
411
Commiato: congedo, partenza.
412
Ridda: movimento tumultuoso e convulso, agitato.
408

amarezza, umiliato per la stoltezza dei compagni, Ulisse si ripresenta ad Eolo


chiedendo aiuto. Ma il generoso, lospitale Eolo ora si rifiuta di aiutare un uomo che
con tanta evidenza in odio agli di. Ulisse riprende la navigazione mentre la
speranza di un rapido ritorno comincia ad affievolirsi: ne ha subito la conferma
perch approdano alla terra dei Lestgoni, 413 giganti ghiotti della carne umana, dove
una nuova strage aspetta ai compagni di Ulisse. Quelli che riescono a salvarsi
navigano sino allisola di Eea dove possono riposarsi. Prima di ripartire, per, Ulisse
vuol esplorare il luogo; ma chi accetter di andare in esplorazione dopo lavventura
dei Ciclopi e quella dei Lestrgoni? Ulisse divide i suoi uomini in due squadre, si
pone a capo di una, nomina Euriloco capo dellaltra, e poi tira a sorte. estratto il
nome di Euriloco il quale, molto a malincuore, si avvia con i suoi uomini verso
linterno dellisola. Attraversano una foresta di vecchie querce ed arrivano ad
unampia valle al centro della quale si erge un magnifico palazzo di marmo.
Avanzano cauti, fatti prudenti dalle precedenti esperienze, e poco dopo si fermano
terrorizzati; paralizzati dalla paura non riescono a muoversi per sfuggire a un branco
di lupi e di leoni dalla rossa criniera che corrono incontro a loro, li circondano e
cominciano a scodinzolare quasi fossero grossi cani mansueti. Rimessi dallo
spavento, Euriloco e i suoi compagni si avvicinano al palazzo, da dove proviene un
dolce canto, e vedono una donna bellissima, ricciuta e bruna, intenta a tessere una tela
stupenda. Appena essa scorge gli ospiti, va loro incontro e con gentilezza li invita ad
entrare nelle grandi stanze piene di sole, arredate splendidamente. Euriloco diffida di
tanta cordialit, di tante bellezze, e rimane fuori; tutti gli altri, invece, colmi di
stupore, seguono lospite, accettano buon vino, formaggio, miele. Quando hanno
finito di gustare tanti buoni cibi, questa donna bellissima, certamente una dea che gli
ospiti non si stancano di ammirare, prende un bastoncino e con grazia tocca luno, poi
laltro. A ciascuno si allunga il viso, il corpo si appesantisce e si copre di setole, 414 si
accorciano le gambe: gli occhi diventano stretti, piccoli, inespressivi; tutti con
disperazione si accorgono di non riuscire a parlare per esprimere la loro incredulit
nel vedere riflesso negli altri quello che divenuto lui stesso: un porcellino.
Vorrebbero gridare e grugniscono; nessuno pu ribellarsi alla maga che li spinge in
una stalla, e ce li rinchiude.
Di fuori Euriloco ha visto tutto, e inorridito corre da Ulisse; con parole
mozze, 415 stentate, gli racconta a quale orribile metamorfosi ha assistito. Subito
Ulisse afferra arco e spada, e corre a salvare gli amici. O ad essere egli stesso vittima
delle arti della maga? Mentre attraversa il bosco di vecchie querci, gli si avvicina
Ermes 416 e gli dice che sta correndo alla sua rovina, a meno che non segua con
precisione i suoi consigli. Gli porge un fiore bianchissimo con una radice scura scura,
e: Non perderlo, gli dice, un farmaco. Prosegui pure sino a Circe, la maga che
ha cambiato in porci i tuoi compagni, accettane lospitalit e accettane i cibi, ma:
attento! Quando ti tocchera con la verga che stringe in mano, tu sguaina la spada e fai
413

Lestrgoni: leggendario popolo di cannibali di cui incerta la collocazione geografica.


Setole: peli grossi e duri.
415
Mozze: spezzate, incomplete per lorrore e lo stupore.
416
Ermes: messaggero degli di. Proteggeva le astuzie, i commerc i, i viandanti e guidava le anime nel regno dei morti.
414

latto di colpirla. Vedrai che Circe cambier subito tono, si ammansir 417 e ti offrir
di sposarla. Ma tu accetta il suo matrimonio solo quando ti avr giurato di non far del
male a te e di restituire ai tuoi compagni laspetto primitivo.
Ulisse prosegue il cammino; quando arriva al palazzo della maga, fa quello che
gli ha detto Ermes, e tutto va secondo le indicazioni del dio. Dopo che la maga ha
spruzzato i porcellini di un suo unguento miracoloso e quelli hanno ripreso laspetto
di uomini, forse pi belli e pi giovani di prima, Ulisse torna alla spiaggia e convince
i compagni rimasti l a seguirlo nella reggia, a godere dellospitalit ormai innocua di
Circe.
Un giorno segue rapidamente laltro; ogni giorno rallegrato da una festa, e
pi di un anno passa cos, sinch, nel cuore di ognuno, il desiderio della patria ancora
lontana diviene tanto forte che Ulisse decide di partire dal palazzo ospitale. Circe non
si oppone, consiglia per a Ulisse di aggiungere al viaggio una digressione418 a cui
leroe, sebbene pronto a tutto, non avrebbe mai potuto pensare, una visita al mondo
dei morti. L avrebbe interrogato lo spirito di Tiresia, ben conosciuto indovino
tebano, e ne avrebbe avuto utilissime indicazioni per il prossimo viaggio. Un primo
moto di stupore presto superato, ed Ulisse ascolta con grande attenzione i consigli e
le indicazioni di Circe.
Il giorno dopo, imbarcati i compagni e le vittime che dovr sacrificare, Ulisse
scioglie le vele ai venti, tutto il giorno naviga, a notte oltrepassa il grande fiume
Oceano, e infine approda alla tetra419 terra dei Cimmeri, 420 sempre avvolti dalla
nebbia e dal buio, ignoti al luminoso sole. A malapena scorge il bosco di pioppi e di
salici sacro a Persefone e il biancheggiare delle acque scroscianti del Cocito e del
Piriflegetonte che si gettano nellAcheronte dallalto di una roccia. questo il punto
indicato da Circe per il sacrificio. Ulisse comincia a scavare per terra senza laiuto di
nessuno, secondo le indicazioni della maga, e quando, dopo un lungo lavoro, la buca
ha raggiunto le proporzioni volute, un cubito 421 di larghezza e uno di lunghezza,
Ulisse vi versa miele e vino e, dopo un po, ancora altro vino e acqua, e su tutto
sparge bianchissima farina. Dopo una preghiera alle ombre dei trapassati e a Tiresia,
e la promessa di sacrificar loro, appena in patria, la pi bella mucca dellarmento e i
pi nero ariete, sgozza la pecora nera e il montone che ha portati con s. Ed ecco,
intorno alla fossa, ombre pallide sorte dal buio, si affollano: fanciulle e spose,
giovinetti nel fiore degli ani, vecchi cadenti, guerrieri con la corazza ancora
insanguinata. Le ombre sono sempre pi numerose; ognuna grida e si lamenta perch
vorrebbe avvicinarsi alla fossa e bere il sangue della pecora e del montone. Ulisse sa
che non deve permetterlo sinch non arrivi Tiresia; con la spada sguainata tiene
lontane quelle ombre bench il cuore gli si freddi dal terrore e, ora, tremi anche di
amore e di dolore. Fra le ombre ha scorto la cara immagine della madre, Anticlea, che
aveva lasciata viva quandera partito per Troia. Anche Anticlea lo guarda, ma sembra
417

Si ammansir: si placher, diventer mansueta, sottomessa.


Digressione: deviazione da qualche cosa; qui dal cammino stabilito.
419
Tetra: oscura, cupa, che fa paura.
420
Cimmeri: mitici abitanti di una terra sconosciuta, immaginata presso lestremo oceano occidentale, dove non brillava
mai il sole, perci sempre buia.
421
Cubito: antica unit di misura di lunghezza equivalente a 44,4 cm.
418

che non lo riconosca. Si avvicina finalmente Tiresia; a lui Ulisse, ricordando i


consigli di Circe, permette di bere il sangue delle vittime, e subito dopo ascolta dalla
voce dellindovino vaticini422 preoccupanti e consigli preziosi.
Poseidone, dice fra laltro Tiresia, ostacoler con ogni mezzo il ritorno ad Itaca
per vendicare il figlio accecato; ma Ulisse potr vincerne lavversione purch,
arrivato nella verde isola di Trinacria, 423 lasci pascolare indisturbati i montoni e i buoi
del Sole che tutto vede e tutto sente. Tiresia aggiunge che, se anche Ulisse riuscir a
superare tutti gli ostacoli, torner in patria su nave straniera, e ancora non potr
riposare. Trover la casa piena di prepotenti che gli mandano in rovina il patrimonio e
che vogliono sposare la bella Penelope. Per liberarsene dovr ucciderli, e quindi
riprendere la via dei viaggi portando con s un remo. Dovr camminare e camminare
con questo remo sulla spalla sinch non arrivi presso un popolo che non conosca n il
mare n il sale, e sia tanto ignaro di navi e di navigazione che scambi quel remo per
una pala da mulino. Solo allora saranno finite le peregrinazioni, ed Ulisse potr infine
vivere tranquilla, regnando sul suo popolo felice.
Ulisse ascolta con interesse la parole di Tiresia, ma in cuore pensa anche ad
altro; appena pu parlare chiede allindovino perch la madre sia l e lo guardi senza
riconoscerlo. Solo bevendo di quel sangue, risponde Tiresia, queste immagini
vane424 riacquistano la memoria di ci che ebbero nella dolce vita. Ora, infatti,
Anticlea, non pi tenuta lontana dalla spada di Ulisse, si avvicina alla fossa, beve,
riconosce il figlio.
Sono passati pi di dieci anni da quando Ulisse ha lasciato lamata famiglia, la
casa, Itaca. Il colloquio fra madre e figlio vorrebbe colmare la lacuna di tanti anni;
Anticlea vuol sapere del figlio, Ulisse vuol sapere di Anticlea, di Penelope, del figlio,
del padre. Le prime notizie, che Anticlea intuisce care al cuore di Ulisse, sono quelle
di Penelope, sempre fedele al marito lontano, e poi di Telemaco, che cresce degno di
suo padre, e di Laerte, sempre pi vecchio e sempre pi addolorato per la lontananza
del figlio. Parla, in ultimo, di se stessa, tolta alla dolce luce dal dolore di lui lontano.
Commosso e rattristato, Ulisse non riesce a parlare; corre dalla madre cercando nel
suo abbraccio lunica consolazione del dolore comune. Stringe una volta, due, tre;
ogni volta stringe una nebbia sottile, un lieve sogno. Perch ai mortali, quando non
sono pi in vita, lardente fuoco consuma carne e ossa, e nellaria rimane solo lo
spirito, puro e immortale.
Si affollano intanto intorno ad Ulisse altri spiriti che hanno bevuto il sangue
della fossa. Immagini di eroi caduti a Troia, o durante il ritorno in patria, lo
riconoscono, lo circondano, invano vogliono toccarlo con mani una volta vigorose nel
lancio delle armi, ora prive di consistenza. Sono tutti inconsolabili per aver perduta la
dolce vita: Agamennone, ucciso dalla moglie infedele 425 quando credeva di
ricominciare la cara vita familiare, Patroclo,426 Antiloco.427 Achille stesso, che
422

Vaticini: profezie, predizioni.


Trinacria: la Sicilia, cos detta perch a tre punti (treis akrai in greco).
424
Vane: prive di consistenza materiale, incorporee.
425
Agamennone infedele: Agamennone, capo supremo dei Greci nella guerra contro Troia, al suo ritorno in patria,
venne ucciso da Esisto, amante della moglie Clitennestra, e poi vendicato dal figlio Oreste.
426
Patroclo: amico di Achille, fu ucciso da Ettore durante la guerra di Troia e poi vendicato da Achille stesso.
423

domina sui morti come vivo dominava sui vivi, dice che pur di godere della bella luce
si cambierebbe con un servo bifolco sempre in lotta per il pane quotidiano. Appartato,
e volontariamente muto, Aiace428 ha riconosciuto lospite eccezionale; ma non lo
degna di una parola, se ne allontana anzi con sdegno quando Ulisse gli esprime il
rammarico di essere stato la causa indiretta della sua morte. Aiace non ha dimenticato
lumiliazione che lo spinse a cercare la morte quando, invece che a lui, le armi del
grande Achille vennero consegnate ad Ulisse.
Ma tempo di ripartire. Pensoso per quanto ha visto e sentito, Ulisse torna
allisola di Circe per fare sepoltura ad un compagno, Elpnore, morto per uno sciocco
e ridicolo incidente, immediatamente prima della loro partenza. Quel giorno Elpnore
aveva bevuto pi del solito il buon vino offerto da Circe e, per smaltirne i fumi, 429
non aveva trovato niente di meglio che andare a dormire sul tetto. Svegliato di
soprassalto dai preparativi della partenza, era balzato su ancora mezzo addormentato,
senza ricordarsi di dove fosse: aveva fatto qualche passo ed era precipitato nel vuoto.
La maga, che aspettava il loro ritorno, offre un ultimo banchetto e d a Ulisse
altri consigli sul prossimo viaggio: poco dopo aver lasciato lisola di Eea la nave
sfiorer lisola delle Sirene.
Questi strani esseri, uccelli con volto di donna, cantane con un tale fascino che
chiunque lascolti ne segue il richiamo. Una volta sceso su quei prati fioriti, per,
nessuno speri di veder pi la patria e la famiglia, perch quelle perfide lo
uccideranno, e il suo corpo andr ad aumentare un gran mucchio di ossa umane che
sinnalza poco lontano. Circe capisce che lo spirito avventuroso di Ulisse non vuol
rinunziare a udire il canto meraviglioso, e gli suggerisce di chiudere con cera ben
compatta gli orecchi dei suoi compagni, i quali, resi, cos, sordi, possano seguitare ad
occuparsi della navigazione. Solo Ulisse rimarr con gli orecchi liberi e, per non
cedere al richiamo di quel canto, dovr farsi legare ben bene allalbero maestro e
ordinare ai compagni di rafforzare i nodi, se lo vedranno agitarsi per essere slegato.
Alla tentazione delle Sirene seguir il pericolo di Scilla. La nave dovr passare da
uno stretto limitato da due scogli; da una parte uno, liscio e scosceso, si alza sino al
cielo e nasconde la cima fra le nuvole; in basso ha una grotta da cui escono continui
mugolii. Sembra il guaiolare 430 di un innocente cucciolo, , invece, il verso di Scilla,
un mostro con sei spaventose teste. Quando passa di l qualche nave, sporge dalla
grotta i sei colli, che sono lunghissimi, e, aperte le sei brutte bocche a tre file di denti,
afferra con ognuna un disgraziato navigante. Di fronte a questo scoglio se ne alza un
altro dove vive Cariddi, un mostro che per tre volte al giorno inghiotte le onde del
mare e altrettante le rigetta creando un risucchio mortale. Circe raccomanda a Ulisse
di tenersi lontano da quella voragine che li inghiottirebbe tutti e, piuttosto, di
rasentare Scilla. Pagheranno il tributo di alcuni compagni, 431 vero, ma, se riescono a
427

Antiloco: figlio di Nestore, re di Pilo, in Messenia. Tent di salvare il padre durante la guerra di Troia, ma fu ucciso.
Aiace: Aiace Telamonio, re di Salamina. Durante la guerra di Troia fu il pi valoroso dei Greci dopo Achille.
Disput con Ulisse il possesso delle armi di Achille e quando queste furono consegnate a Ulisse, si uccise non
sopportando lumiliazione.
429
Per smaltirne i fumi: per far passare gli effetti della sbornia.
430
Guaiolare: guaire, abbaiare debole, sommesso.
431
Pagheranno il tributo di alcuni compagni: saranno costretti a sacrificare alcuni compagni.
428

remare velocemente, usciranno presto dal pericolo. Circe conclude i suoi consigli
ripetendo lesortazione gi fatta da Tiresia di non molestare i buoi del Sole che
pascolano nellisola di Trinacria per poter proseguire il viaggio sino in patria senza
altre disavventure.
Di nuovo Ulisse lascia lisola di Circe, ancora una volta la maga fa spirare un
vento favorevole che in breve li porta in vista della verde isola delle Sirene. Ulisse,
che dopo aver istruito i compagni ha ben tappate le loro orecchie con la cera ed
fortemente legato allalbero maestro, comincia a udire quel soave canto ammaliatore:
O Ulisse, ferma la nave ed ascolta per intero il nostro canto dolcissimo che riempie
di gioia il cuore ed illumina la mente di ogni scienza 432. La lusinga del canto fa
dimenticare ogni prudenza ad Ulisse, che pure stato messo sullavviso da Circe, e
con gli occhi fa imperiosi cenni ai suoi compagni di fermarsi presso lisola;
scioglierebbe da s i nodi se i compagni, fedeli alle istruzioni, non lo legassero ancora
pi stretto, mentre i rematori tagliano pi rapidamente il mare che biancheggia con
spumeggianti onde dargento.
Ora lisola lontana, il pericolo superato e scomparso, ma appena sono sciolti i
lacci che legano Ulisse e tolta la cera che ha provvidenzialmente reso sordi i
compagni, un nuovo ostacolo si annunzia con fragore di flutti e fumo densissimo. Ai
compagni sbigottiti Ulisse comanda rapidamente: Evitate il gorgo, tenetevi verso la
rupe pi alta. Per timore che, a rivelare tutti i pericoli, i suoi siano presi dal
panico,433 non accenna a Scilla; non lha dimenticata, per, e armato di due lunghe
lance pronto a difendere i compagni appena essa si mostri, nonostante che Circe gli
abbia ricordato che con gli esseri divini la lotta inutile. Mentre sfiorano Cariddi
guardano terrorizzati le onde: ora spumeggianti e ribollenti con fragore di tuono, ora
inghiottite dal mostro sino a scoprire la sabbia verdastra del pi profondo abisso
marino. Con i visi terrei434 per la paura, completamente occupati ad evitare questo
gorgo pauroso non vedono che Scilla ha tirato fuori le sue ripugnanti teste. un
attimo: sei compagni di Ulisse sono presi, sollevati in alto, stritolati dal perfido,
invincibile mostro. Ulisse era pronto con le armi, ma tutto accaduto in un attimo e
Ulisse non riuscito a difendere i compagni: Circe aveva ragione. Lanimo di tutti
colmo di piet per i compagni perduti e nessuno riesce a rallegrarsi per aver superato
il terribile passo di Scilla e Cariddi; ma quando Ulisse propone di non sostare
nellisola del Sole che, secondo le predizioni di Tiresia e di Circe, pu costituire un
grosso pericoloso se si offendono i buoi che vi pascolano, i compagni respingono a
gran voce la proposta. Desiderano riposarsi, ristorarsi, evitare di passar la notte nel
mare pieno di insidie. Nessuno pensa di far del male ai buoi del Sole. Ma un dio
contrario trama contro di essi. Durante la notte si leva un vento tempestoso che per
giorni e giorni soffia ininterrotto impedendo di riprendere la navigazione. Durante la
sosta forzata sono consumati tutti i cibi forniti da Circe; il pericolo di dover morire di
fame preoccupa tanto i compagni di Ulisse, che il terrore di una tal fine suggerisce
loro di violare il divieto. Molto meglio morire rapidamente fra i flutti dicono che
432

Scienza: conoscenza.
Panico: terrore, sgomento.
434
Terrei: lividi, pallidi e spauriti.
433

esaurirsi poco a poco per la fame. Ad ogni buon conto credono di placare il Sole
Iperone promettendo di fargli lauti435 sacrifici, una volta in patria, e di innalzargli un
tempio ricco di preziosi doni.
Lacuta fragranza delle carni arrostite sveglia Ulisse, che si era addormentato
poco distante, rivelandogli la folle imprudenza dei compagni. Corre da loro e li
rimprovera con le parole pi aspre; ma ormai non c pi niente da fare. Gi
sullOlimpo il Sole Iperone, con lanimo acceso di sdegno, reclama da Zeus la
vendetta, e Zeus promette solennemente che lavr. A quegli infelici la punizione
annunciata da fenomeni sconcertanti: sul terreno le pelli appena scuoiate cominciano
a strisciare lentamente, e dai pezzi di carne non ancora cotta e da quelli che stanno
arrostendosi provengono muggiti cupi e minacciosi.
Quando il vento si calma, la navigazione pu riprendere; ma la nave ha appena
percorso un breve tratto di mare che una grande nuvola nera improvvisamente oscura
il cielo che si riflette nelle acque marine mentre un vento furioso le sconvolge. Le
vele delle navi sono strappate, lalbero schiantato. Un fulmine colpisce in pieno la
nave che si rovescia e si inabissa in mezzo ad un pauroso fragore di tuoni,
trascinando con s tutti quegli infelici. Solo Ulisse riesce ad aggrapparsi ad un
relitto 436 e a tenersi a galla, ma non riesce a vincere la corrente che lo trasporta
rapidamente in direzione di Cariddi.
Scorge gi il minaccioso mulinello delle acque e sta per esserne inghiottito
quando con un gran salto riesce ad aggrapparsi ad un fico selvatico, cresciuto
capricciosamente al di sopra della grotta. Vi rimane aggrappato con la testa in gi,
come un pipistrello, aspettando che dal mostro venga rigettato con le acque il relitto
della nave, suo unico mezzo di salvezza. Appena lo scorge, dopo una lunga, sfibrante
attesa, si lascia andare gi dal fico, riesce ad afferrare il relitto e, aggrappato a questo,
aiutandosi con le braccia e con le gambe, come se fossero remi, riesce ad allontanarsi
dallinsidia dei due mostri.
Sballottato dai flutti per nove giorni e per nove notti, finalmente tocca terra.
lisola di Ogigia, 437 e Ulisse vi accolto da una ninfa bellissima, dalla ricciuta
Calipso, che lo riceve festosamente offrendogli larga e ricca ospitalit nella sua
incantevole dimora. Non un palazzo ornato di marmi, come quello di Circe, ma una
spaziosa grotta naturale, quasi nascosta dai grappoli vermigli 438 di una giovane vite.
Davanti si stendono prati verdissimi coperti di violette, o traversati da argentei
ruscelli, e limitati da una folta foresta di pioppi, olmi e profumati cipressi.
Nellinterno della grotta, riscaldata e profumata da ciocchi ardenti di tiglio e di
cedro,439 la ninfa canta dolcemente e con lagile spola di biondo oro tesse tele
magnifiche. In questo luogo incantevole Ulisse circondato da ogni cura della bella

435

Lauti: abbondanti.
Relitto: rottame, avanzo di naufragio.
437
Ogigia: isola localizzata o nellarcipelago maltese o allimboccatura dello stretto di Gibilterra.
438
Vermigli: di color rosso vivo, intenso.
439
Tiglio cedro: il tiglio un albero dalto fusto, con foglie ovali dentate e fiori giallastri profumatissimi. Il cedro,
detto pi comunemente cedro del Libano, una pianta che raggiunge grandi altezze, con tronco grosso diritto e rami
con foglie aghiformi.
436

ninfa e riceve anche lofferta di giovinezza eterna e incorruttibile 440 purch sposi la
sua affascinante ospite. Privo di una qualsiasi imbarcazione, Ulisse non ha speranza
di potersi allontanare dallisola remota, ma non accetta lofferta. Ha sempre nel cuore
Itaca, la casa isola in cui vivono gli esseri pi amati. Ogni giorno, seduto in riva al
mare, passa ore ed ore a scrutare lontano, verso la patria, senza poter controllare
lacrime e sospiri.
Passano cos i giorni e gli anni, Ne sono passati sette, e Poseidone non accenna
ancora a perdonare a Ulisse loffesa fatta a Polifemo; tutti gli altri di, invece, ne
hanno piet, commossi dallunico, grandissimo desiderio delleroe: rivedere la sua
dolce Itaca, e poi chiuder pure, per sempre, gli occhi alla luce.
Un giorno in cui Poseidone si allontanato dallOlimpo per andare nella terra
degli Etiopi a ricevere una ricca ecatombe441 di grassi montoni e di ben pasciuti tori,
gli di si adunano e decidono di far tornare Ulisse in patria allinsaputa del dio
nemico. Incaricano Ermes di scendere in Ogigia e di riferire la decisione divina a
Calipso perch non trattenga leroe contro il volere dei Celesti, ma anzi lo aiuti a
preparare la partenza. Nonostante il dolore della improvvisa e inaspettata
separazione, la ninfa non pu opporsi al volere degli di. Veste una tunica bianca,
stretta alla vita da una cintura doro, copre i biondi capelli ricciuti con un leggero
velo ed esce dalla sua verde grotta profumata di tiglio e di abete per raggiungere
Ulisse in riva al mare. Non addolorarti pi gli dice. Puoi andare; io stessa ti
insegner a costruire una zattera ben robusta, ti fornir di cibi, ti mander il vento pi
favorevole.
Ulisse non vuol credere a quelle parole, e pensa ad un nuovo inganno degli di,
complice Calipso; solo dopo che la ninfa ha giurato col massimo giuramento di aver
detto la verit, leroe accetta di costruirsi la zattera. Dopo cinque giorni tutto
pronto: la zattera, i cibi per il viaggio, le vesti profumate. Appena Ulisse parte, si leva
un vento dolce e favorevole alla navigazione, di notte le stelle aiutano leroe ad
orientarsi durante il viaggio del tanto desiderato ritorno. Sono passati diciassette
giorni e Ulisse scorge gi lisola dei Feaci, 442 la pi vicina alla cara patria, quando
Poseidone, di ritorno dalla terra etiope, vede da lontano leroe odiato che sta per
arrivare allisola indicata dal Fato come ultima mta alle lunghe peregrinazioni.
Poseidone accecato dallira; contro gli di che hanno preso una decisione senza il
suo consenso, contro Ulisse che sfuggire alla sua vendetta appena avr toccato lisola
dei Feaci. Non mette tempo in mezzo. D di piglio 443 al tridente, raduna le nubi,
incita la furia dei venti e sconvolge le acque che sinnalzano in immensi flutti e si
inabissano in gorghi paurosi. Ulisse ha appena il tempo di pensare: Questa volta non
la scampo, che una grande onda investe la zattera, le fa fare un giro su se stessa e la
rovescia mentre un turbine di venti ne schianta lalbero. Ulisse, appesantito dalle
vesti, stordito dallimprovvisa bufera, sommerso dalle acque. Con gran fatica riesce
a sollevare la testa, vede la zattera sballottata dalle onde, la raggiunge, vi si aggrappa
440

Incorruttibile: inalterabile, non soggetta a alterazioni o mutamenti.


Ecatombe: sacrificio di cento buoi, in generale ha il significato di strage.
442
Feaci: popolo favoloso che abitava nellisola di Scheria nel mare Ionio (oggi Corcira o Corf).
443
D di piglio: afferra con prontezza e decisione.
441

e con essa segue il capriccio dei venti che sembrano giocare con quel relitto. Lo vede,
e ne ha piet, una bella abitatrice del mare, Ino Leuctea 444 dalle belle caviglie, che
subito emerge dalle onde e lo consiglia di abbandonare la zattera, di liberarsi
dallimpaccio delle vesti, di cingere 445 la cintura che essa gli porge e, poi, senza
timore, raggiungere a nuoto lisola vicina. Temendo un nuovo inganno degli di,
Ulisse non sa decidersi a seguire i consigli della dea, quando una montagna di acqua
si rovescia sulla zattera e la sfascia disperdendone le pesanti tavole come fuscelli di
paglia. Aggrappato ad una di queste, Ulisse non ha pi scelta: si toglie i vestiti, cinge
la cintura, e a nuoto inizia la lotta con la tempesta.
Nuota sin che vuoi, ora dice Poseidone a quel piccolo punto che Ulisse
nella grande distesa delle acque; e, contento della sua opera, sprona i cavalli e si fa
condurre nella magnifica reggia dorata costruita in fondo al mare.
Ancora per due giorni e per due notti Ulisse erra nel vasto mare in tempesta; al
terzo giorno scorge, s, la terra vicina, ma una terra inaccessibile. Non vede n un
porto, n una baia, n un angolo riparato, ma una ininterrotta scogliera di rupi contro
le quali si infrangono spumeggiando le onde infuriate e mentre sta domandandosi che
cosa fare investito da una gigantesca ondata e trasportato violentemente verso la
parete rocciosa; vi sbatterebbe senza scampo se non riuscisse ad aggrapparsi ad uno
scoglio un po sporgente. Londata che non ha potuto sbatterlo contro le rocce,
tornando indietro risucchia leroe e lo trasporta di nuovo in alto mare. Stanchissimo e
dolorante in ogni parte, leroe sta per perdere le ultime tenui speranze di salvezza,
quando, vedendo largentina foce di un fiume, ne prega lignota divinit perch abbia
piet di lui, infelice e ramingo 446 da tanto tempo. La preghiera certo gradita se
vicino alla foce le acque si calmano completamente dando a Ulisse la possibilit di
raggiungere la terra. Qui leroe si abbatte, sfinito dalla stanchezza. Non saprebbe dire
per quanto tempo sia rimasto l, senza forze, senza coscienza; appena pu pensare di
nuovo ricorda i consigli e le indicazioni di Leuctea e restituisce la preziosa cintura
gettandola in mare. Cade poi in ginocchio e bacia la terra che lo ha accolto dopo il
lungo e angoscioso vagabondaggio.
Si avvicina intanto la notte e Ulisse, raggiunto un boscoso poggio 447 poco
lontano, si prepara un comodo giaciglio di foglie in mezzo al quale si abbandona ad
un profondo sonno ristoratore.
Atena, intanto, che ha sempre seguito il suo protetto ispirandogli forza e
speranza nei momenti pi difficili, escogita qualche cosa per far ospitare degnamente
Ulisse dal popolo dei Feaci guidato da un re saggio e cordiale, Alcinoo, che vive in
quellisola, chiamata Scheria e anche Corcira (Corf). Nel profondo della notte la dea
va nella reggia portando alla figlia del re, Nausicaa, un sogno inconsueto. Appare a
Nausicaa con laspetto di una sua cara compagna e, annunziandone vicino il giorno
del matrimonio, la consiglia di mettere in ordine i suoi abiti trascurati e sporchi.
Atena ha ben calcolato che alla giovane e graziosa Nausicaa questo sogno non
444

Ino Leuctea: ninfa del mare.


Cingere: legarsi attorno alla vita.
446
Ramingo: esule, costretto a peregrinare, errare continuamente senza meta.
447
Poggio: piccola altura, collinetta.
445

passer di mente, ed infatti la mattina dopo una biga 448 carica di sorridenti fanciulle
arriva al fiume. In allegra gara con le ancelle Nausicaa batte, spreme, sciacqua nelle
limpide acque le belle vesti e dopo averle distese ad asciugare anche le fanciulle
fanno un bel bagno, consumano la buona merenda preparata dalla madre di Nausicaa,
e infine cominciano a giocare con la palla, al ritmo di un canto intonato dalla figlia
del re. Atena, appena lo giudica opportuno, fa deviare la palla che, accompagnata da
un grido di rammarico, cade e si sperde nei profondi vortici del fiume.
Ulisse, che dalla sera precedente dorme vicino al luogo dove stanno giocando
le giovinette, svegliato da quel grido ed esce dal suo giaciglio. Inaspettato e sporco
com di salsedine, semina lo scompiglio fra le ancelle di Nausicaa che fuggono
sparpagliandosi lungo le rive del fiume. Solo Nausicaa non si muove, resa ardita da
Atena che sta per concludere il suo piano, e ascolta commossa le parole di Ulisse che
racconta la sua ultima lotta col mare e la prega di dargli una veste e di ristorarlo. A
lui, misero e supplice, la fanciulla assicura larga ospitalit nella reggia del padre;
richiama intanto le ancelle e ordina di dare allospite un manto, cibo e bevande
appena si sar ripulito nelle acque fresche del fiume.
Al tramonto riprendono tutti la via della reggia; Nausicaa e le ancelle sulla
biga, Ulisse a piedi. Arrivati vicini alla citt, Ulisse si ferma, ubbidendo alle
indicazioni di Nausicaa che teme le indiscrete supposizioni dei Feaci nel vedere la
figlia del loro re accompagnata da un uomo sconosciuto e bello come un dio.
Quando Ulisse calcola che la fanciulla sia gi arrivata alla reggia vi si avvia
anchegli, non visto da nessuno perch avvolto in una nube da Atena che guida il suo
protetto attraverso la grande e bella citt sino allo splendente palazzo di Alcinoo.
Cani doro e dargento, mirabile fattura 449 di Efesto, che in essi ha infuso vita e
intelligenza e li ha resi immuni450 da vecchiaia e da morte, stanno a guardia della
porta dingresso, tutta doro, con gli stipiti e larchitrave 451 dargento. Questa aperta
su di un largo atrio le cui pareti, completamente di rame, sono ornate da un fregio 452
di acciaio dai riflessi azzurri. Lungo le pareti vi sono vari sedili ricoperti di stoffe
preziose, e molte statue di oro con laspetto di giovani portatori di torce che
rischiarano le tenebre. Di fianco alla reggia, una folta siepe limita lorto in cui
crescono piante di ogni tipo, tutte cariche di frutta. Perch nello straordinario orto le
stagioni non esistono: sia estate o inverno, pere, mele, uva, fichi spuntano, crescono e
maturano ininterrottamente. Lo stesso per i fiori nel giardino vicino, dove in aiuole
ben coltivale sbocciano in continuazione i fiori pi vari.
Quando si saziato di ammirare tanta bellezza e tanto splendore, Ulisse,
sempre avvolto dalla nube, attraversa la reggia e arriva nella sala del trono dove i
principi e i capi dei Feaci stanno libando in onore di Ermes. Liberato dalla nube,
Ulisse appare improvvisamente ai Feaci stupiti e subito si inginocchia ai piedi della
regina, Arete, e la supplica di aiutare lui ramingo a raggiungere la patria e la famiglia.
448

Biga: carro leggero a due ruote, tirato da due cavalli, nellantichit classica usato anche nelle corse.
Fattura: opera, esecuzione.
450
Immuni: esenti, privi.
451
Architrave: robusta trave collocata orizzontalmente per collegare tra loro i pilastri o le colonne sottostanti di una
porta e per sostenere a sua volta strutture sovrastanti.
452
Fregio: fascia ornamentale ad andamento orizzontale.
449

Accolto dalla regina e dal re coi massimi onori, Ulisse di nuovo ristorato con ricchi
cibi e vino abbondante; poi, quando gli chiedono notizie del suo arrivo allisola di
Scheria, leroe comincia a raccontare le incredibili avventure che ha superato dopo
aver lasciato Troia. Lo ascoltano, silenziosi e immobili, per buona parte della notte e
poi durante tutto il giorno seguente, completamente presi di ammirazione per
quelleroe eccezionale.
Quando il racconto concluso, si fanno i sacrifici a Zeus e si prepara un
magnifico banchetto in onore di Ulisse; il quale, bench grato agli ospiti, segue con
impazienza il corso del sole perch sa che al tramonto salper per Itaca
limbarcazione fatta preparare da Alcinoo per ricondurlo in patria.
Il sole tramonta, i Feaci partono con a bordo Ulisse. Lultimo tratto di mare che
lo separa da Itaca sta per essere superato; ma leroe non segue il progressivo,
emozionante avvicinarsi della sua terra mai dimenticata: vinto da un sonno
profondo, dorme durante tutto il tragitto, n si sveglia quando i Feaci approdano e lo
depongono sulla spiaggia mettendogli vicini tutti i ricchi doni che il munifico453
Alcinoo gli ha dato nellaccomiatarsi. Lo lasciano l e iniziano il viaggio di ritorno,
ignari del pericolo che li sovrasta. Poseidone, infatti, in quelluomo che dorme
allombre di un verde ulivo riconosce Ulisse; il Fato, che egli sperava di poter
ritardare ancora, si compiuto, e lo riempie dira. Inoltre Poseidone teme che
levento diminuisca la sua autorit presso gli di e vuol punire almeno i Feaci che
hanno osato aiutare il suo detestato Ulisse. Perch la punizione sia nota a tutti e
costituisca un esempio del suo potere, che cosa fa? Invisibile a tutti, raggiunge la
nave che sta per approdare a Scheria e la sfiora con la sua mano divina: la nave si
ferma allimprovviso e prende radici in fondo al mare, trasformata in un blocco di
pietra.
Mentre in Scheria i Feaci che a terra seguivano il ritorno della nave, stupefatti,
osservano il prodigio, ad Itaca Ulisse si sveglia e, guardandosi intorno, rimane
smarrito. Sono passati tanti anni che non riconosce pi la sua patria. Tutto gli sembra
diverso: le strade, i porti, le foreste, i monti: un paesaggio nuovo, bello, ma
sconosciuto, e leroe con tristezza si rammarica della slealt dei Feaci dai quali si
crede tradito, abbandonato in terra straniera e forse ostile.
Un giovane pastore dal luminoso sguardo azzurro gli si avvicina, gli d notizie
di quella terra e gliene dice il nome, che il nome della terra tanto sognata: Itaca. Il
pastorello cambia aspetto, solo gli occhi azzurri rimangono gli stessi, e Ulisse
riconosce Atena nella bella figura che gli sta di fronte e che, sorridendo, gli fa
riconoscere il porto, sorvegliato e protetto da un grande ulivo, la grotta sacra alle
Ninfe, il monte Nrito, coperto di boschi. Esultante, Ulisse bacia la sua terra ritrovata
e, alzando le braccia al cielo, prega le Ninfe che gli conservino la vita e che diano
giorni felici a Telemaco. Prima di lasciarlo Atena d alcuni consigli alleroe
prediletto: Nasconsi in questa grotta i doni dei Feaci e, prima di andare alla reggia,
chiedi ospitalit al vecchio e fedele pastore Eumeo. Da anni la tua casa occupata da
principi, i Proci, che vogliono sposare Penelope; spadroneggiano e dilapidano 454 il
453
454

Munifico: molto generoso.


Dilapidano: sperperano, scialacquano.

tuo patrimonio aspettando una decisione della tua saggia moglie che trova sempre
nuove scuse per ritardare la scelta, sperando nel tuo ritorno.
Dopo molti anni di attesa durante i quali sembrava ragionevole aspettare il tuo
ritorno informa Atena i pretendenti di Penelope non accetta pi i rifiuti della bella
regina, anzi ostentano di ritenerla responsabile del loro comportamento. A Telemaco
che li accusa di essersi insediati nella reggia di Itaca dilapidandone le ricchezze senza
scrupoli, Antinoo, il pi prepotente dei Proci, ha ricordato le molte astuzie escogitate
da Penelope per evitare un matrimonio che, a parere di lui riporterebbe ordine e
serenit in quellisola ora priva di un capo. Lultimo pretesto di Penelope per
giustificare la sua indecisione era molto abile, ma da poco ne stato scoperto
linganno. Tre anni or sono Penelope aveva assicurato di essere pronta a scegliere un
nuovo sposo, aggiungendo per di chiedere ai Proci di poter prima portare a termine
un pio dovere. Laerte, il padre di Ulisse, era vecchio e lei, Penelope, sentiva il dovere
di tessere un telo per coprirlo quando la Parca apportatrice di lunghi sonno avrebbe
tagliato il filo della sua vita. La richiesta era stata accolta; Penelope si era messa
allopera e ogni giorno il lavoro procedeva rapidamente, ma non finiva mai. Il telo
era sempre, su per gi, delle stesse dimensioni. Allinizio del quarto anno i Proci,
insospettiti, avevano corrotto unancella la quale non si era fatta scrupolo di far
scoprire il mistero. Se di giorno Penelope lavorava, non meno lavorava di notte; di
giorno stava al telaio e tesseva, di notte stava ancora al telaio e disfaceva. Come
poteva crescere il lavoro? Come poteva mai essere finito?
Scoperto linganno prosegue Atena Penelope stata costretta a finire il
grande telo, ma ancora non ha preso nessuna decisione e Antinoo con male parole ha
gridato a Telemaco che se la sua casa va in rovina non sono da incolpare i Proci,
prosegue Atena, non sono pi disposti ad aspettare una soluzione che permetterebbe
alla loro avidit di disporre al completo delle ricchezze di quella terra. Inoltre, anche
questo non lo dicono apertamente, temono che Telemaco ormai adulto ed erede
naturale, prenda presto lui stesso il comando di Itaca, deludendo definitivamente le
loro aspirazioni. Per limare anche questo ostacolo e perch Penelope rimanga pi sola
e pi indifesa hanno ordito una congiura per quando Telemaco torner da Sparta dove
andato per chiedere a Menelao ulteriori notizie di te.
Per liberarti da quei prepotenti ti ci vorr prontezza, astuzia e un piano ben
preparato in cui io ti dar un aiuto. Nel frattempo ti cambier in un vecchio cos
miserabile e cos cadente che nessuno ti potr riconoscere; andr poi in traccia 455 di
Telemaco che sta tornando da Sparta e non pensa che i Proci gli abbiano teso un
agguato. Non preoccupartene, so come sventarlo.456 Tu intanto vai da Eumeo e poi io,
tu e Telemaco prenderemo accordi per il ritorno alla reggia.
La dea, ora, tocca appena leroe: spariscono i folti capelli, la testa coperta di
radi ciuffi bianchi, la pelle si raggrinzisce, le palpebre appesantite nascondono gli
occhi intelligenti e vivaci di Ulisse, la bella veste donata dai Feaci diventa sporca,
lacera, stinta. Appoggiato ad un bastone, le spalle curve sotto una bisaccia logora e
untuosa, Ulisse si avvia su per il sentiero che porta ad Eumeo. Il pastore lo accoglie
455
456

In traccia: alla ricerca.


Sventarlo: renderlo vano, impedire che vada ad effetto.

con cordialit, si preoccupa della sua stanchezza e della sua vecchiaia, e subito
accenna con parole di rimpianto al caro suo re, di cui egli venera il ricordo, sicuro che
sia perito 457 nella guerra di Troia, n vuol credere alle parole dellospite che,
fingendosi ben informato (e chi ne sa pi di lui, infatti?) gli preannunzia il ritorno
dellamato padrone.
Dopo due giorni di generosa ospitalit arriva alla capanna, improvvisamente,
Telemaco. Guidato da Atena riuscito a sfuggire alle insidie dei Proci ed subito
venuto da Eumeo, come da un amico fedele e fidato, per sfuggire a eventuali nuove
insidie. Desidera anche avere notizie della madre, nel timore che in sua assenza sia
stata costretta a sposare qualcuno degli intrusi pretendenti. Rassicurato, incarica
Eumeo di andare alla reggia per avvertire Penelope del suo ritorno.
Eumeo si appena avviato verso la citt che anche il misero ospite si alza, ed
esce zoppicando nel cortile della casa. Telemaco non ha visto che la cara dea dallo
sguardo azzurro, palese458 solo ad Ulisse, ha chiamato il mendico e, compassionando
quella triste vecchiaia, ne segue i movimenti lenti e faticosi.
N vede che il mendico, appena sfiorato da una divina verga doro, cambia
completamente aspetto. Nel vederlo rientrare, coperto di belle vesti, alto, robusto,
bruno di capelli e di barba, lo scambia per un dio e lo prega di essere propizio a lui e
ad Itaca. Ulisse, che ne ha avuto il permesso da Atena, si rivela al figlio. Abbracciati,
commossi di essere ancora insieme ad Itaca, come a lungo avevano sperato, e poi non
avevano pi osato sperare, lasciano aperta la via al pianto per il dolore del passato,
per la gioia del presente. Poi si incalzano di domande:459 Quando sei arrivato?.
Chi ti ha portato sin qui?. Quanti sono i Proci?, e alle risposte seguono i progetti
per lavvenire. Abbiamo la protezione di Zeus, abbiamo quella di Atena, li
stermineremo tutti: loro e i servi infedeli. Tu torna alla reggia. Io, cambiato di
nuovo in mendicante, vi sar condotto da Eumeo. Non ti far prendere dallira e non
cercar di difendermi, se mi insultano. Nessuno, nemmeno Penelope, deve sapere del
mio ritorno. Trover poi il modo di comunicarti il mio piano.
La mattina seguente Telemaco, prima di andare alla reggia, d ordine ad
Eumeo di condurvi lospite.
Cos, inerme 460 e sconosciuto, dopo venti anni leroe rivede la sua casa e
risente la musica della cetra di Femio che sta intonando una nota canzone. Leroe
domina la commozione che sta per tradirlo, e si avvia per entrare. Vicino alla porta,
da un ammasso di pelo sporco si solleva appena una testa, una testa di cane; una coda
scodinzola. Quellammasso informe scosso da un brivido, come se volesse alzarsi.
Poi tutto si affloscia, la testa si abbassa, gli occhi, che hanno avuto un lampo di gioia
umana, si chiudono. Ulisse ha visto, e questa volta non pu trattenere una lacrima. Il
suo cane Argo, cucciolo quando leroe partito per Troia, lo ha riconosciuto, gli ha
fatto festa, gli sarebbe corso incontro come una volta, se avesse avuto un briciolo di
forza.
457

Perito: morto.
Palese: visibile.
459
Si incalzano di domande: si rivolgono domande reciprocamente e senza sosta.
460
Inerme: disarmato, indifeso.
458

E bello questo cane, perch abbandonato e cos sporco?


Era bello e bravissimo per la caccia questo cane allevato dal mio re. Le
ancelle pigre e tutti questi servi infedeli ormai non si curano pi di lui.
Eumeo entra nella reggia; ma Ulisse resta vicino al suo cane, a quel povero
essere fedele e dimenticato che ora, dopo aver visto e riconosciuto il suo padrone,
anche se vestito stracci, ha chiuso gli occhi nel sonno della morte.
I Proci, che stanno banchettando rallegrati dalla musica del cantore, vedono
entrare un vecchio accattone461 mai visto, misero e cadente; ognuno suo malgrado gli
butta un po di carne arrostita, qualche pezzo di pane; ma quello che sembra il capo di
tutti, Antinoo, non ha per il mendico che parole esose462 e, minacciandolo con uno
sgabello, grida: Questo il regalo che tengo in serbo per te, accattone di mala vita.
Spinte dallesempio di Antinoo, anche le ancelle scherniscono Ulisse, che
risponde a tutti con dignit e ai pi sfacciati profetizza vicino il ritorno di Ulisse e
una non lontana punizione della loro tracotanza. 463
A notte inoltrata termina il banchetto: Proci e servi si ritirano, e nella sala,
ormai silenziosa e illuminata dagli ultimi guizzi della legna che brucia nei bracieri,
Ulisse mormora a Telemaco di portar via le armi che coprono le pareti.
Se te ne domandano, dirai ai Proci che le hai tolte per evitare spargimento di
sangue, se il dolce vino eccitasse liti fra loro.
Nella sala spoglia Ulisse passa la notte, lultima che lo vede estraneo e
sconosciuto nella sua casa; ripensa al piano di vendetta contro i Proci a cui accomuna
le ancelle malvagie e sfacciate, che hanno maltrattato la sua miseria, schernito la sua
vecchiaia.
Al sorgere del giorno la reggia si anima di nuovo: arrivano i pastori portando
grassi capi dei greggi e delle mandrie di Ulisse destinati al banchetto dei Proci, e di
nuovo Ulisse deve sopportare gli sgarbi e gli insulti di alcuni pastori che non hanno
piet di quello che sembra un noioso mendicante venuto a sfruttare la benevolenza
dei principi.
Appena il banchetto pronto, i Proci, come ormai fanno da tanto tempo,
ricominciano a tracannare 464 vino ed a gustare carni per arrostite dei capretti e dei
montoni, dei suini e dei buoi; ma sono annoiati da quel mendicante che non si leva di
torno e, come la sera precedente, si divertono a maltrattarlo. Quando infine sono
invitati da Telemaco a rispettare il mendicante in nome della sacra ospitalit, uno di
essi, a nome di tutti, gli offre subito un regalo, un bellissimo regalo. Prende una
zampa di bove ben arrostita e gliela scaglia contro. Per lagilit con cui Ulisse si
scansa, il villano principe fallisce la mira e a Telemaco, che lo rimprovera, come
scusa della irritazione sua e di tutti i pretendenti, porta il desiderio di concludere le
nozze, da Penelope sempre rimandate con nuovi pretesti. Non poteva di niente di pi
opportuno per favorire il piano di Atena preparato per la distruzione di quei
prepotenti. La dea ispira Penelope a portare fra i Proci un grandissimo arco, che una
461

Accattone: mendicante.
Esose: odiose, insopportabili.
463
Tracotanza: arroganza, insolenza.
464
Tracannare: bere a grandi sorsate, ingordamente.
462

volta il solo Ulisse sapeva tenere, promettendo di sposare chi di loro avr saputo
scoccare la freccia e farla passare attraverso una serie di scuri con gli anelli di ferro
allineati, esercizio di destrezza una volta abituale di Ulisse.
Si traccia un solco, vi si allineano e rincalzano le scuri con il manico rivolto in
alto, in maniera che gli anelli con cui terminano si trovino in perfetta linea luno con
laltro e, infine, il superbo Antinoo regola il succedersi dei compagni alla prova,
lasciando lultimo tentativo ad Eurimaco e a se stesso, che sono i pi forti di tutti.
Uno dopo laltro tutti tentano di tirare larco; ma larco non si piega, sebbene sia stato
ingrassato 465 e ammorbidito. Mentre i pretendenti, a gara, tentano linutile prova,
Ulisse fa cenno a due pastori fedeli, Eumeo e Filezio, di seguirlo fuori dalla sala e,
appena fuori, semplicemente, brevemente, rivela loro di essere Ulisse e tronca gioia e
commozione con una rapida richiesta di aiuto per punire, finalmente, i prepotenti
Proci. D incarico a Filezio di chiudere a chiave la porta del cortile in modo che
nessuno possa uscire, e ad Eumeo dice di passargli, ad un suo cenno, larco e la
faretra e infine di avvertire le donne di chiudersi bene nelle loro stanze e di non
uscirne anche se sentono gridi, lamenti e confusione.
Quando Ulisse ritorna nella sala, dove nessuno dei Proci riuscito a piegare
larco, assiste al vano tentativo di Eurimaco. Ora il turno di Antinoo, e Antinoo non
volendo confessare che prevede anche la propria sconfitta, propone di rimandare la
prova allindomani, proponendosi di propiziarsi con adatti sacrifici Apollo che oggi si
mostra cos avverso. Tutti approvano, e anche Ulisse non disapprova; ma, umilmente,
chiede di poter provare anchegli a tendere larco, non per aspirare alle nozze della
regina, ma per misurare le sue forze che un giorno, egli dice, erano tanto vigorose.
Laspetto del miserabile non dovrebbe destare preoccupazione nei Proci,
eppure Antinoo ha un presentimento giusto se respinge la domanda di Ulisse, e con
tanta ostilit che solo il fermo 466 intervento di Telemaco riesce a vincere. Mentre i
Proci sghignazzano, facendo pronostici sulla prova del miserevole ospite, Ulisse
prende larco, losserva pacatamente, ne prova la corda che non oppone resistenza e
vibra, mandando un lungo suono acuto. Allo stupore e allo sgomento dei Proci fa eco
un tuono fragoroso. Zeus annunzia qualcosa di straordinario. Ulisse prende ora la
freccia, la incocca,467 tira larco: larco docilmente si piega. Sibilando la freccia passa
rapida attraverso gli anelli. Nel silenzio che ora regna nella sala la voce del presunto
mendico risuona cortese, eppure minacciosa: Telemaco, il tuo vagabondo ospite non
ti fa vergogna. Prepariamo una bella cena e poi la cetra accompagni i nostri pi lieti
canti. Con un balzo corre alla porta, si sbarazza del lurido mantello, getta ai piedi la
faretra colma di frecce e, imbracciato di nuovo larco, prende di mira Antinoo:
Finita la prova, avr un bersaglio che nessuno ha mai scelto.
Meravigliati, ma ancora incoscienti, accecati dalla superbia, dal disprezzo e
dalla stupidaggine, i Proci si preparano a un nuovo banchetto che coroni quella strana
giornata e gi alzano le coppe per brindare. Anche Antinoo fa per bere nella sua bella
coppa doro; ma vacilla, la coppa gli sfugge di mano, lui stesso piomba a terra. Gli
465

Ingrassato: unto o spalmato di grasso.


Fermo: deciso.
467
La incocca: la adatta alla corda dellarco.
466

altri Proci balzano in piedi gridando, inorriditi, non rendendosi ben conto del perch
di quella freccia che ha attraversato il collo di Antinoo, di tutto quel sangue che
arrossa la tavola, le vivande, che scorre sul pavimento. Credono in un colpo
involontario del mendico e mentre lo insultano per la sua poca destrezza sentono
parole che li fanno impallidire dalla paura: Credevate, cani, che da Ilio 468 non
tornassi pi? Avete invaso la mia casa, lavete profanata con la vostra prepotenza. Ma
per voi tutti venuta lultima sera.
Le paresti spogliate dalla sera precedente non offrono ai Proci le armi che essi
vorrebbero, stringono allora le corte spade che ognuno ha con s e si slanciano contro
Ulisse: Ulisse li abbatte, uno dopo laltro, con la sua mira infallibile. Ma i Proci sono
tanti e le frecce diminuiscono rapidamente. Telemaco, che sino ad ora ha aiutato il
padre, deve lasciarlo solo per correre di sopra a prendere corazze, elmi e lance;
quando ridiscende, carico di quattro armature complete, le frecce sono quasi finite.
Eumeo, Filezio, Ulisse e lui stesso si armano da capo a piedi; ma intanto anche ai
Proci qualcuno porta nella sala altre armi, altre corazze e le lunghe lance. Nella fretta
Telemaco ha lasciato aperta la porta della stanza dove erano le armi e ci non
sfuggito a Melanzio, un pastore infedele, che lo ha riferito ai Proci.
Contro i quattro, ben armati, anche i Proci sono ben armati e cos numerosi che
Ulisse teme di esserne sopraffatto. Lo scoraggiamento delleroe, per, dura poco
perch si vede vicino uno sconosciuto che lo aiuta, e che certamente una divinit
perch nessun essere umano sarebbe potuto entrare dalla porta ben chiusa da Filezio.
La lotta continua; i Proci sono sopraffatti, e quando tutti giacciono a terra,
ammucchiati e insozzati di sangue e di polvere, Ulisse fa chiamare la vecchia nutrice,
Euricla, e da lei vuol sapere il nome delle ancelle infedeli per raggiungerle con la
sua vendetta. Quelle che hanno disubbidito a Penelope e che sono arrivate anche a
insultarla sono dodici: Ulisse le chiama e ordina loro di portare via i cadaveri dei
Proci e di pulire dal sangue la stanza, le tavole, i sedili. Dopo questa spiacevole
incombenza469 le fa impiccare tutte nel cortile, dove rimangono penzoloni, simili a
una dozzina di uccellini presi nella rete.
Purificata la stanza con lo zolfo, anche Ulisse si purifica con acqua pura e,
finalmente, manda a chiamare Penelope, ancora alloscuro della strage dei Proci e del
ritorno del marito. Euricla, per la gioia di portare una notizia cos bella, non sente
pi neanche gli acciacchi degli anni: corre da Penelope, la sveglia, le comunica gli
straordinari avvenimenti di quelle ultime ore. Negli occhi di Penelope non brilla
nessuna gioia, ma alla tristezza abituale si aggiunge la compassione e il rimprovero.
Essa crede che la povera vecchia sia impazzita o che le voglia fare uno scherzo di
cattivo gusto: con voce pacata e dolce, col rispetto che dovuto a quei capelli
bianchi, comincia a rimproverarla sommessamente; ma alla insistenza di Euricla
deve convincersi che qualche cosa successo. Non crede per al ritorno di Ulisse,
crede solo che un dio vendicatore, preso laspetto di Ulisse, abbia liberato la reggia
da tutti quegli intrusi prepotenti. Per ringraziarlo scende nella sala; quando lo vede
non sa pi che cosa pensare: il mendico ora le sembra proprio Ulisse, ora non le
468
469

Ilio: la citt di Troia, cos chiamata da uno dei suoi fondatori, Ilo.
Incombenza: incarico.

sembra. N il dubbio svanisce quando Ulisse, indossati nuovi e ricchi abiti, ritorna
vicino a Penelope che seguita ad osservarlo incredula e diffidente, cercando, per
riconoscerlo, un segno infallibile. Inaspettatamente glielo offre Ulisse. Tanto a lungo
si protrae470 lincertezza di Penelope che leroe perde la calma e, dichiarando di
essere stanco, ordina alle ancelle di preparargli un letto. Pronta, Penelope aggiunge:
Prendete il letto di Ulisse, dalla mia stanza, e portatelo qui. Portar qui il letto? Ma
chi pu portarcelo? O non lo costruii io stesso sul tronco di un ulivo abbarbicato471 al
suolo?
Penelope si sente mancare le ginocchia e il cuore e, scoppiando in un pianto, si
getta fra le braccia di Ulisse con la gioia di un naufrago che dopo aver combattuto col
mar infuriato tocca finalmente la terra. Sventurata donna mormora Ulisse non
ancora finita la tua solitudine, n le mie peripezie. E le dice lordine di Tiresia.
Se gli di risponde la dolce Penelope ti hanno promesso che passerai
almeno la vecchiaia vicino a me e in mezzo al tuo popolo, non crucciarti472 pi a
lungo, e accettiamo ci che gli di ci concedono.
Ma prima di partire per quelle regioni dove non sono conosciute n le barche,
n il mare, Ulisse deve cimentarsi in unaltra lotta. La notizia della morte dei Proci si
sparsa per la citt; i parenti di questi, gridando vendetta hanno invaso il cortile della
reggia, hanno preso i corpi dei morti e dopo aver dato loro una onorata sepoltura,
hanno indossato le armi e si sono raccolti minacciosi. Nella lotta, che subito divampa,
Ulisse colpisce con incredibile precisione, e avrebbe ucciso anche tutti i parenti dei
Proci se, improvvisa e decisa, non si fosse udita la voce di Atena: Basta con la
guerra, cittadini di Itaca. Basta col sangue.
Le armi cadono di mano agli assalitori, e anche Ulisse, rallegrandosi nel cuore,
ormai avido solo di tranquillit, ubbidisce subito alle parole della sua grande
protettrice, di Atena, la gran dea di Atena. E in Itaca ritorna la pace.

470

Si protrae: si prolunga, dura.


Abbarbicato: attaccato con le radici.
472
Non crucciarti: non tormentarti, non addolorarti.
471

Enea cerca una patria

Troia caduta e sta bruciando. Alla luce degli incendi, per le strade ingombre
di corpi inanimati, Enea 473 combatte con accanimento, pur essendo convinto
dellinevitabile rovina della sua citt, quando, sullo sfondo rossastro degli edifici in
fiamme, gli appare Afrodite, la madre divina, e lo dissuade474 dal combattimento.
Non dai Greci dipende la rovina di Troia gli dice; Troia avrebbe resistito anche
agli inganni475 di pi forti nemici se gli di non ne avessero voluto la fine, e facendo
dileguare le nubi gli mostra gli di intenti alla distruzione della citt. Poseidone
sconquassa le mura col suo tridente, Era e Atena, una in mezzo ai combattenti, laltra
dalla cima della roccia, incitano i Greci alla strage. Lo vedi che la rovina parte dagli
di? prosegue Afrodite. Vai alla tua casa e porta in salvo Anchise, Iulo, Creusa.476
Vai; al tuo passaggio placher i combattimenti e il fuoco devastatore. Enea capisce
che lammonimento materno un comando da non trasgredire e torna a casa per
preparare la fuga e salvarsi da quella strage immensa, ma incontra lopposizione di
Anchise che, sentendosi vecchio ed inutile peso, vuol morire con la sua citt. Ora,
senza ascoltare i pianti, le grida, le preghiere di Creusa e di tutti i familiari che hanno
cercato o di trattenere lui o di persuadere Anchise, Enea vorrebbe disubbidire alla
madre e tornare allinutile combattimento sino alla fine, quando una fiammella
tremolante comincia a lambire i biondi riccioli di Iulo, accarezza le sue tempie rosate,
senza che il bambino senta dolore o noia. Nel vedere il portento tutti ammutoliscono;
solo Anchise ha unesclamazione di gioia, riconoscendo in quel segno un buon
augurio, e non si oppone pi alla partenza. Subito Enea gli consegna i sacri arredi477 e
le statuette dei numi tutelari478 e, per evitargli la faticosa traversata delle strade
ingombre di rovine e di morti, se lo prende sulle spalle, tenendo per mano Iulo si
accerta che Creusa lo segua e ai servi d le istruzioni su dove dovranno ritrovarsi.
Per sfuggire allattenzione dei Greci non dobbiamo formare un gruppo troppo
numeroso. Ci ritroveremo tutti sul colle dov il tempio di Demetra, vicino al
cipresso. Ed Enea, che poco prima andava a cercare le schiere degli armati per
ritardare la caduta di Troia, ora va cauto, cercando i vicoli pi bui e deserti,
trasalendo e fermandosi in ascolto ad ogni rumore, consapevole dellimpegno che si
preso. Vicini alla porta della citt sentono un calpestio e vedono un insidioso
luccicare di armi. Nel piccolo gruppo si crea un po di scompiglio; Enea prende per
viuzze ancora pi traverse e fa giri viziosi479 sinch non sicuro che nessun nemico
lo insegua; ma quando cerca Creusa non la vede pi. Torna indietro, rif pi volte le
strade percorse, chiama, scruta gli angoli pi bui. Di Creusa nessuna traccia, sinch
unimmagine di lei non appare alleroe disperato e gli dice di non affannarsi a
473

Enea: eroe troiano, figlio di Anchise e della dea Afrodite.


Dissuade: sconsiglia, convince a desistere.
475
Inganni: fa riferimento allinganno del cavallo di legno.
476
Anchise, Iulo, Creusa: rispettivamente il padre, il figlio, la moglie di Enea.
477
I sacri arredi: gli oggetti usati per il culto: calici, ampolle, argenti, paramenti sacerdotali.
478
Numi tutelari: di protettori della casa e della famiglia.
479
Viziosi: a vuoto, inutili.
474

cercarla, ma accetti quello che hanno voluto gli eterni e si occupi ormai solo del loro
Iulo. Pieno di dolore, Enea torna sul colle dov il tempio di Demetra; vede in
lontananza le rovine fumanti di Troia e vicino al cipresso trova, con Anchise, Iulo e i
suoi servi, una folla di persone di ogni ceto 480 e di ogni et che vogliono seguire il
loro eroe, Enea, dovunque sia diretto, attraverso la terra e attraverso il mare.
Accampato provvisoriamente ai piedi del monte Ida, Enea non sa ancora dove
andr. Costruisce varie imbarcazioni e, quando sono tante da poter ospitare tutti vi
sale, scioglie le vele e piangendo abbandona per il necessario esilio i campi dove una
volta era Troia. Raggiunge la terra dei bellicosi481 Traci, qui getta le fondamenta per
una citt che dal suo nome dovr chiamarsi Eneade; ma quasi subito ne fugge,
terrorizzato da un prodigio. Per chiedere la protezione sulla nuova citt prepara un
sacrificio e per renderlo pi solenne vuole ornare i sacri altari con qualche ramo di
verde, va su un monticello l vicino coperto di mirti e di cornioli482 e vi coglie un
ramoscello tenero e verde: dal ramo spezzato vede sgorgare del sangue; vincendo
lorrore coglie ancora un ramo e anche quello sanguina; ne coglie un terzo e questa
volta sente un lamento prolungato e poi un grido: Perch mi strazi cos? Perch
proprio tu, pio Enea, sei cos spietato con me?. La voce dolente seguita a parlare
alleroe, divenuto muto per il terrore, e gli racconta la sua storia.
Quando le sorti di Troia cominciarono ad essere incerte, Priamo aveva affidato
al re dei Traci il pi giovane dei suoi figli, Polidoro. Il crudele re dimentic la legge
sacra dellospitalit appena Troia cadde, e fece uccidere lospite colpendolo a
tradimento con un nuvolo 483 di frecce. Queste, confitte al suolo dovera caduto
Polidoro, si erano alimentate del suo sangue, avevano messo radici e creata la serva
in cui Enea si trova.
Agghiacciato dallorrore, Enea riferisce il racconto ai suoi e tutti sono
daccordo di trattenersi in quella terra empia e scellerata solo per celebrare le esequie
di Polidoro, ma fuggirne subito dopo per andare a Delo a chiedere alloracolo quale
sia lasilo 484 che il Fato riserva loro.
Lantica madre vi aspetta, la risposta; e Anchise interpreta che si debba
andare a Creta, da dove venne Teucro quando fond Troia. A Creta si pongono le
basi di Pergamena, e la nuova citt sorge rapidamente quando una pestilenza
paralizza i lavori, fa strage di uomini e di animali. Enea vuol tornare a Delo e fa
consultare di nuovo loracolo perch chiaro che gli di non approvano la fondazione
di quella citt; ma nella notte vede in sogno le immagini dei Penati485 che si dicono
inviati da Apollo per spiegare il suo vaticinio. Non Creta la terra che il dio ha
voluto indicare, ma lantica Enotria, ora chiamata Italia, dove era nato il progenitore
Dardano.

480

Ceto: classe sociale.


Bellicosi: aggressivi, amanti della guerra..
482
Mirti e di cornioli: i mirti sono arbusti sempreverdi con foglie lucide, aromatiche, fiori bianchi e frutti a bacca nera; i
cornioli sono arbusti con foglie ovali, legno durissimo, fiori piccoli e gialli, frutti rossi e commestibili a forma di olive.
483
Nuvolo: grande quantit, moltitudine, folla.
484
Asilo: luogo, territorio in cui si trova rifugio, ospitalit.
485
Penati: presso gli antichi Romani erano le divinit protettrici della casa, ma anche della citt e dello Stato.
481

Anche Creta abbandonata; i Troiani proseguono il viaggio e si fermano in


una terra ricchissima di selvaggina. Ne uccidono in quantit per prepararsi un bel
banchetto, ma, mentre stanno per gustare le carni ben arrostite, le mense sono
improvvisamente assalite da sporchi uccellacci col viso di donna che divorano tutto.
Navigando per il mare Ionio i Troiani sono infatti capitati nelle isole Strfadi dove le
Arpie hanno trovato rifugio quando gli Argonauti le hanno cacciate dalla reggia di
Fineo. Ogni volta che i Troiani preparano le mense, sia pure in grotte profonde e
nascoste e tutto pronto, quelle brutte bestie, che non hanno perduto le loro abitudini,
ricompaiono, mangiano, sporcano, se ne vanno. Affamato e irritato, Enea comanda ai
suoi uomini che si nascondano e, appena le Arpie si mostrino, le colpiscano senza
piet con le loro infallibili frecce. Le mense sono preparate di nuovo, e, puntuali,
riappaiono le Arpie che mangiano e sporcano come sempre, insensibili alle frecce che
scivolano sulla loro durissima pelle senza neanche scalfirla. Quando i cibi sono finiti,
se ne vanno; una sola, Celeno, rimane appollaiata in cima ad una rupe e strilla contro
i Troiani: Non vi bastato prendere dai nostri greggi quel che vi ha fatto comodo?
Anche ucciderci vorreste? Ma state a sentire quel che Zeus ha disposto per punire la
vostra offesa. Prima di fondare la citt in cui troverete quiete e asilo, sarete tormentati
da tanta fame che dovrete mangiare persino le tavole su cui sono posati i cibi.
Avviliti e preoccupati dalla profezia, i Troiani riprendono il viaggio attraverso
il mare Egeo, lasciano dietro di s Zacinto, Dulichio, Samo e la petrosa Itaca, 486
sfiorano Azio 487 e la terra dei Feaci, 488 costeggiano lEpiro ed approdano a Butrto 489
dove li aspetta una lieta sorpresa.
Sulla citt regna Eleno, uno dei figli di Priamo, il quale, accanto a Butrto ha
costruito una citt con caratteristiche simili a Troia, infatti dominata da una rocca,
circondata da mura e sorge in mezzo ad una pianura solcata da piccoli ruscelli che
sono stati chiamati Xanto e Simoenta. 490 Attraverso la porta chiamata anche questa
Scea, Enea coi suoi entra nella rinata citt; vi sono accolti festosamente da Eleno e da
Andromaca. 491 Durante la loro schiavit sono stati costretti a sposarsi e ora regnano
concordi si quella piccola citt che ricorda la patria perduta e il cui dominio stato
donato ad Eleno.
Nel commosso commiato dagli antichi compagni di sciagura Andromaca dona
bellissimi oggetti e ricche vesti ad Iulo, in cui rivede il perduto figlio Astianatte, ed
Eleno d a Enea vari consigli sulla rotta 492 per arrivare in Italia. Fra laltro gli dice di
circumnavigare la Sicilia per non imbattersi in Scilla, lorrendo implacabile mostro
che fa strazio di naviganti quando passano lo stretto, ma gli tace, lui che ha il dono di

486

Zacinto, Dulichio, Samo Itaca: Zacinto, Dulichio e Itaca sono isole del Mar Ionio; Samo unisola delle Sporadi
nel Mar Egeo, vicina alla costa dellAsia Minore.
487
Azio: antico porto della Grecia, nei pressi del quale si svolse, nel 31 a.C., la decisiva battaglia navale in cui la flotta
di Ottaviano Augusto sconfisse quella di Antonio e Cleopatra.
488
La terra dei Feaci: identificata con lisola di Corf.
489
Butrto: citt dellEpiro, regione della penisola greca che si affaccia sul Mar Ionio.
490
Xanto e Simoenta: come i due fiumi della Triade, regione dellAsia Minore con capitale Troia.
491
Andromaca: moglie di Ettore. Dopo la morte del marito, ucciso da Achille, era stata schiava di Pirro, re dellEpiro, e
ora moglie di Eleno, fratello di Ettore.
492
Rotta: direzione; detto di un percorso da seguire in mare o in aria.

conoscere il futuro, che in Sicilia, a Drpano (Trapani), il vecchio e caro Anchise lo


abbandoner per il regno dei morti.
Partiti da Butrto, i Troiani, seguendo i suggerimenti di Eleno, entrano nel
mare Tirreno dopo aver costeggiato la Sicilia e a Drpano avviene la fine di Anchise,
inaspettata e tristissima. Dopo avergli reso gli onori funebri, la flotta di Enea salpa di
nuovo. Vedendo che si dirige verso il Lazio, Era sente rinascere lantico odio, ora
raddoppiato perch sa che la citt che essi fonderanno diventer superiore a
Cartagine, la citt da lei protetta, e subito corre da Eolo a chiedergli di scatenare tutti
i suoi venti. Liberati da Eolo questi, accavallandosi e urlando, si precipitano sul mare,
lo sconvolgono, giocano con le navi troiane che cigolano e scricchiolano, alcune si
sfasciano non reggendo agli urti delle montagne dacqua, altre spariscono nei gorghi,
altre, pi fortunate, rimangono impigliate negli scogli. A tutto quel fragore Poseidone
leva la testa sopra le acque, capisce che Era, senza il suo permesso, ha provocato una
paurosa burrasca, e richiama i venti gridando che lui solo pu comandare le acque,
non Era, empia, prepotente, intrigante. Le acque si calmano, le navi sono
disincagliate 493 e poco dopo i Troiani sbarcano nella terra sconosciuta presso la quale
sono stati trasportati. Accendono i fuochi, uccidono un po di selvaggina per
ristorarsi; la mattina seguente Enea lascia i compagni e per rendersi conto se quella
terra sia abitata da esseri umani si inoltra verso linterno attraversando un bosco dove
incontra una bellissima giovinetta nella quale non riconosce la madre Afrodite, che lo
informa in quale paese sia capitato.
Gli dice, cio, che tutto il territorio si chiama Libia 494 dove regna una donna,
Didone. Essa era stata la moglie di Sicheo, uno dei pi ricchi abitanti di Tiro, citt
della Fenicia, e sorella di Pigmalione, signore di Tiro, uomo empio, crudele e tanto
avido di denaro che non aveva esitato ad uccidere Sicheo per impossessarsi delle sue
ricchezze. Didone era fuggita dal fratello e dalla sua citt seguita da un gruppo di
persone fedeli che volevano anche sottrarsi alla tirannide dellodiato Pigmalione.
Arrivata in questa terra, Didone era stata eletta regina dagli stessi Fenici fuggiaschi e
aveva faticosamente ottenuto da Iarba, re della regione, di esservi accolta con i suoi.
Lestensione di terreno da occuparsi, per, secondo quanto aveva stabilito quel re,
doveva essere compresa entro i limiti di una belle di bove. In un terreno cos limitato
non si poteva certo n vivere n, tanto meno, costruire una citt, come i Fenici
avrebbero voluto. Ma se Iarba aveva fatto quella concessione tanto per non dire
proprio di no, si era ingannato non tenendo conto dellintelligenza e dellastuzia di
Didone. Essa aveva fatto ridurre una pelle di bove in tante sottilissime strisce e con
queste aveva circondato il terreno su cui avrebbe vissuto con i suoi; la citt fu subito
fondata, Cartagine, non era ancora stata portata a termine. Vai pure l, conclude
Afrodite che ha il suo piano da attuare; troverai ospitalit per te e per i tuoi
compagni.
Enea prosegue il cammino e, poco dopo, gli si presenta un complesso
grandioso in via di costruzione. Si avvicina, e mentre osserva ammirato laltezza
delle colonne, la variet e la ricchezza dei marmi, leleganza degli edifici, scorge un
493
494

Disincagliate: liberate dagli scogli nei quali erano rimaste impigliate.


Libia: regione costiera dellAfrica settentrionale.

affresco che rappresenta vari episodi delleroica difesa di Troia. Enea subito
confortato dal pensiero di trovarsi in un luogo dove il suo popolo noto e fra gente
che, con lammirazione per leroismo dei Troiani e con il compianto per la loro sorte
infelice, rivela un animo pio e sensibile. Quando, dopo poco, scorge Didone, regale e
bella come la bellissima Artemide, e le chiede ospitalit per s e per i suoi compagni,
gi intuisce che sar accolto con benevolenza. La regina, infatti, mostra di conoscere
di fama leroico figlio di Afrodite e di ammirarne la vita; lo conduce nella reggia, che
in onore dellospite fa addobbare con le pi belle tappezzerie e ornare delle pi
preziose suppellettili, 495 indce496 sacrifici, preghiere, feste, n trascura i compagni di
Enea, rimasti sula spiaggia, ai quali manda tutto quanto pu rallegrarli e nutrirli. La
fastosa ospitalit di Didone non fa dimenticare ad Enea il piccolo Iulo, rimasto
anchegli presso le navi e, appena pu, ordina ad un suo compagno, Acate, di andarlo
a prendere e condurglielo insieme con gli ornamenti pi belli che hanno potuto
portare da Troia: un mantello trapunto doro, un velo ricamato a leggere foglie
dacanto,497 che aveva coperto i biondi capelli di Elena, ed alcuni gioielli doverano
incastonate perle e pietre di grande valore.
Appena Acate si avvia, Afrodite mette in atto il suo piano. Chiama Cupido il
suo alato figlio, e gli dice di prendere laspetto di Iulo, di sostituirsi a lui quando
Acate lo porter alla reggia e di colpire la regina con le sue invisibili e infallibili
frecce. Afrodite vuol proteggere Enea prevenendo con lamore di Didone le
persecuzioni di Era, protettrice di Cartagine ma sempre implacabile nemica del
popolo troiano. La sostituzione facile; Afrodite trasporta subito il vero Iulo, da
alcuni detto Ascanio, a Cipro, in un bosco dove lo lascer per un po di tempo a
dormire profondamente in mezzo ad un profumato cespuglio di fiori. Durante il
fastoso banchetto in onore di Enea, il falso Ascanio, mentre vezzeggiato e coccolato
dalla regina, scocca tante delle sue frecce che alla fine del banchetto, durante il quale
Enea ha raccontato le avventure che ha vissuto dopo la distruzione di Troia, nel cuore
di Didone il ricordo e limmagine di Sicheo sono impalliditi e quasi scomparsi: solo
Enea vi domina.
Quando Era si accorge che Didone non pi la saggia regina di un tempo e
che, con il pretesto di far conoscere la nuova citt allospite straniero, trascura di
sorvegliare i lavori di costruzione, cerca di venire a patti con Afrodite. Finge di
perdonarle linganno con cui ha carpito 498 per il figlio lincondizionata protezione di
Didone e propone di combinare fra quei due un matrimonio; sarebbe vantaggioso per
la regina, la quale non regnerebbe da sola, e per il ramingo Enea, che troverebbe in
Cartagine una nuova patria. Afrodite finge di accettare bench abbia capito che la
proposta di Era ha solo lo scopo di allontanare Enea dai lidi dItalia dove, secondo un
vaticinio, dovr fondare la citt che sar nemica e vincitrice di Cartagine. Subito la
Fama, divinit malefica che ha infinite bocche, lingue e orecchie, e pi cammina pi
495

Suppellettili: oggetti di arredamento.


Indce: ordina, stabilisce dautorit.
497
Acanto: pianta erbacea dalle foglie larghe e frastagliate. Le foglie di acanto costituirono il motivo di decorazione
architettonica tipico del capitello corinzio.
498
Carpito: preso oppure ottenuto con inganno e con astuzia.
496

cresce, sparge per tutta la Libia la notizia del matrimonio; anche Iarba, il re dei
Getuli, viene a risaperla. Egli, dopo aver ceduto a Didone, sia pur costretto da
unastuzia, il terreno per la costruzione della citt, aveva chiesto di sposarla e,
sebbene respinto, non aveva mai cessato di desiderarlo. Figlio di Zeus, si lamenta col
padre del disprezzo di Didone che ora, dimentica dei benefici ricevuti da lui, sembra
accettare il matrimonio con uno straniero senza patria. Subito Zeus incarica Ermes di
ricordare ad Enea quali dover glimpone il Fato. Ermes trova Enea occupato a dar
ordini e consigli per gli edifici che sorgono, e lo rimprovera a nome di Zeus di stare l
a curare glinteressi di un regno che non suo, trascurando quello che gli di hanno
affidato a lui e ai suoi discendenti.
Stupito e umiliato dal rimprovero degli di, Enea ordina ai suoi di preparare la
partenza e intanto cerca le parole da dire a Didone per addolcirle il dolore di una
separazione imprevista. Ma prima di Enea la Fama, con le sue mille bocche, informa
Didone che i Troiani stanno per partire. Con la speranza di dissuaderlo, la regina
corre da Enea; ma preghiere e suppliche non lo distolgono dallubbidire agli ordini di
Zeus. Didone deve capire, dice Enea; come lei, esule, si creata una nuova patria,
anchegli ha questo dovere, che, inoltre, un dovere imposto dagli di. Ma Didone
non capisce, come Enea vorrebbe; rinnova pianti e preghiere, inutilmente cerca di
ottenere almeno che egli parta in una stagione pi propizia.
Quando in Didone ogni speranza caduta, ed essa delusa e stanca anche della
bella luce del sole, accoglie con sollievo gli oscuri portenti499 che, mentre compie i
consueti sacrifici, le suggeriscono il pi triste rimedio al suo dolore: lacqua si
intorbida, il latte diventa scuro, il vino si cambia in sangue raggrumato e di notte
sente la voce sommessa di Sicheo che la chiama, mentre un gufo gli fa eco dai tetti
vicini. Didone allora va dalla cara e fedele sorella Anna e, con voce serena, per
dissimularle 500 la cupa verit che nasconde in cuore, le dice che una maga le ha
consigliato un incantesimo per dimenticare leroe e il suo tradimento. necessario
innalzare un rogo e provi sopra una immagine di Enea e tutto ci che ha lasciato nella
reggia, armi e vesti. Anna si affretta ad esaudire il desiderio della sorella che
vorrebbe rivedere serena e coraggiosa regina dei Fenici, comera prima dellarrivo di
quello straniero. Mentre vicino alla reggia si accumulano i ceppi secchi per il rogo,
sulla spiaggia Enea ha portato a termine i preparativi per la partenza. La mattina,
appena il bruno mantello della Notte sfuma in rosato-arancione e il mondo comincia a
essere appena visibile, Didone, che ha passato la notte insonne, vede il mare bianco di
vele e spumeggiante intorno a navi che si allontanano velocemente da Cartagine. Con
la certezza della partenza di Enea, la disperazione di Didone non ha limiti: impreca
contro gli di crudeli, contro Enea fedifrago,501 grida alla sua terra, alle sue spiagge,
al suo mare di esser nemici, sempre, delle terre, delle spiagge, dei mari su cui regner
la stirpe di Enea. Corre al rogo, afferra una spada, dono di Enea, vi si getta sopra e
cade fra le cose che erano appartenute alleroe.

499

Portenti: avvenimenti straordinari.


Dissimularle: nasconderle.
501
Fedifrago: spergiuro, traditore.
500

Tutto si svolto fulmineamente. Accorrono le ancelle, la sorella; il popolo


circonda il rogo, i pianti per la cara e infelice regina si diffondono per la citt, ma
nessuno pu darle aiuto, c solo da comporla sul rogo, celebrare le esequie e
raccoglierne le ceneri in unurna.
Dal mare alto dove gi arrivato, Enea, che pur obbedendo ai comandi divini
non ha dimenticato lospitalit e lamore di Didone, guarda con rimpianto verso la
terra che ha abbandonato e scorge un sinistro, vasto e lugubre chiarore. Non sa che
il fuoco del rogo su cui sta consumandosi il corpo di Didone, tuttavia quel chiarore
gli ispira tristezza e non gli sembra di buon augurio. Infatti, appena scomparsa la
vista della terra, il cielo si carica di nubi e comincia a soffiare un vento furioso che
spinge le navi in direzione opposta alla rotta. Il nocchiero 502 della nave di Enea,
Palinuro, consiglia di non opporsi al vento per non esserne preda, e di seguire la sua
direzione. I Troiani si allontanano dallItalia e, spinti sulle rive della Sicilia,
approdano a Drpano, proprio dove, un anno prima, il caro vecchio padre Anchise era
morto. In suo onore si compiono sacrifici e si organizzano giuochi durante i quali
Era, non ancora sazia di vendetta, prepara ai Troiani un nuovo ostacolo e d ad
Iride503 lincarico di attuarlo.
La dea, circondata dai suoi mille colori, scende a Drpano mentre tutti gli
uomini sono intenti alle gare e si avvicina al gruppo delle donne che alle preghiere
per Anchise uniscono i lamenti per la propria sorte. Guardando il mare ne
considerando la vastit sconfinata e si preoccupano dei pericoli che dovranno ancora
superare per attraversarlo, quando Iride, preso laspetto di una di loro, comincia a
compiangere s e le altre per non essere morte con la caduta di Troia, ch meglio
sarebbe stato finire allora ogni miseria piuttosto che seguitare a vivere raminghe,
come da sette anni stanno facendo, per raggiungere una terra che sempre sfugge e che
forse non raggiungeranno mai.
Non stiamo bene qui? continua Iride. Perch non fondiamo la nuova patria
in questa terra che ci propizia, presso lamico re Alceste che regna nella vicina citt
di Segesta? Proprio stanotte ho sognato Cassandra:504 teneva alta una face luminosa, e
mi esortava a ricostruire qui la nuova Troia. Bruciamo queste navi, che non ci portino
pi attraverso il mare burrascoso; ubbidiamo almeno una volta a quello che dice
Cassandra!. Per far decidere le donne che ascoltano stupite e incerte, Iride corre ad
un altare, ne prende un tizzone 505 acceso e si slancia verso le navi. Alcune donne
gridano: lo sguardo ardente di quella che hanno creduto una di loro rivela che chi ha
parlato una dea e la sua improvvisa scomparsa ne conferma lorigine divina.
Si ubbidisca alla dea, gridano, si ubbidisca!. Tutte corrono allaltare, si
impossessano di tizzoni ardenti, accendono le faci, corrono alle navi, vi danno fuoco.
Le colonne di fumo che s levano dalle navi richiamano lattenzione degli uomini
intenti alle gare. Per primo accorre Iulo, e le dure parole rivolte alle donne
502

Nocchiero: chi governa e guida una nave.


Iride: personificazione dellarcobaleno, ma anche messaggera degli di, specialmente di Zeus e di Era della quale
ancella.
504
Cassandra: figlia di Priamo, re di Troia. Ebbe da Apollo il dono della profezia, ma poi il dio la condann a non
essere creduta.
505
Tizzone: pezzo di legno che sta bruciando o che gi bruciato e annerito.
503

rimproverando quella loro pazzia per cui hanno bruciato i cari legni506 della patria,
dove era la speranza del loro futuro, riescono a convincerle dellerrore commesso.
Pentite e vergognose corrono via, vanno a nascondersi nelle caverne o dietro gli
scogli; ma intanto il fuoco divampa, serpeggia nellinterno delle navi, sfugge e resiste
allacqua con cui si tenta di spegnere lincendio sino a che Zeus, commosso dalle
preghiere di Enea che lo supplica di non far finire cos quelle sole cose della patria
che sono rimaste a loro ormai senza patria, non scatena un temporale cos violento
che lincendio si spegne subito e molte navi possono essere salvate. Ma lepisodio
rende pensoso Enea. Non avranno ragione le donne?, egli si chiese; non sarebbe
veramente meglio trascurare i vaticini e fondare in Sicilia la nuova patria? Si
consiglia col vecchio saggio Naute che propone una soluzione intermedia; suggerisce
infatti ad Enea di fondare una citt, s, ma per le donne, i bambini e tutti coloro che
sono ormai stanchi di viaggiare.
Durante la notte appare ad Enea lombra di Anchise; approva il consiglio di
Naute e dice al figlio di far presto vela verso lItalia e l di affidarsi alla Sibilla 507
perch lo guidi nei campi Elisi508 dove desidera vederlo ancora per dirgli molte cose
importanti: ora non pu, incalzato com, lui morto, dal sole che sta per sorgere. Enea
vorrebbe trattenere il padre, vederlo ancora, abbracciarlo; ma lombra di Anchise si
dileguata.
Con laiuto di Zeus, del re amico Aceste e di tutti i compagni, Enea getta le
fondamenta per la nuova citt vicino al sepolcro di Anchise, e dopo nove giorni parte
con i suoi pi giovani e gagliardi compagni; lo accompagnano i pianti delle donne
che ora vorrebbero seguire leroe su quel mare gi prima odiato e in quel tanto temuto
viaggio alla ricerca della patria.
In piedi a prora, col capo cinto di sacro ulivo, Enea verso in mare una coppa di
vino e sparge sulle acque le viscere509 delle vittime che ha sacrificato prima di
imbarcarsi. Dopo questi riti propiziatori ha inizio il viaggio su acque tranquille. Il
vento favorevole e, di notte, il chiaro cielo stellato, che mostra la rotta, aiutano il
Sonno a tendere un inganno al fedele nocchiero Palinuro. Da poco passata la
mezzanotte, e il lieve Sonno si avvicina a Palinuro con laspetto di Forbante, esperto
marinaro anche lui, e lo consiglia di riposare un po, approfittando del mare
calmissimo, del vento favorevole e di lui, che controller la rotta. Ma Palinuro
risponde di conoscere troppo bene il mare infido510 e i suoi improvvisi cambiamenti,
per affidare ad altri il timone della nave su cui viaggia il caro Enea. Fallita questa
prima insidia, il Sonno scuote su Palinuro un ramo bagnato con lacqua dello Stige, il
fiume della morte; subito gli occhi del fedele timoniere si chiudono pesantemente,
anche se le mani reggono ancora con forza il timone. Il malvagio Sonno, allora,
scardina il timone, lo fa precipitare in mare trascinando anche il fedele Palinuro. La
nave vacilla, sbanda paurosamente; Enea accorre per primo e, mentre tenta di
506

Legni: sineddoche (figura retorica) per navi.


Sibilla: si tratta della Sibilla Cumana, chiamata Deifobe. Era Sacerdotessa di Apollo e, ispirata dal dio, aveva il dono
della profezia.
508
Campi Elisi: regione degli Inferi riservata ai buoni.
509
Viscere: gli organi interni del corpo; qui interiora di animali uccisi.
510
Infido: ingannatore, traditore, inaffidabile.
507

reggerla e di guidarla alla meglio, scruta le acque cercando Palinuro. Dalle acque
affiorano solo scogli aspri, 511 coperti di bianche ossa umane. Sono gli unici resti di
quegli infelici naviganti che, quando un tempo qui vivevano le Sirene, avevano
ceduto al loro magnifico e insidioso canto. Di Palinuro nessun segno. Piangendo il
fedele nocchiero perduto, Enea guida la nave verso le coste italiche e approda a
Cuma, dove Anchise gli ha detto di cercare la Sibilla.
Impaziente di vederla, Enea, appena approdato, si dirige al tempio di Apollo,
splendente di marmi e di oro, compie i sacrifici propiziatori e si ferma presso
lapertura di unimmensa grotta che, con cento porte e per cento vie, si addentra nella
montagna guidato sino ad una caverna dalla voce della Sibilla. A questa Enea chiede
se, giunto in Italia, siano finiti i pericoli e possa trovare dove dare una stabile sede ai
Penati. La Sibilla, appena sente che il dio sta per comunicare la risposta per Enea,
impallidisce, si straccia gli abiti, le si sciolgono i capelli, si agita, sembra ingigantita e
va su e gi per la caverna mugolando512 parole prive di significato, sino a che non
erompe in un grido che rimbomba nella grotta in cento voci confuse: la risposta del
dio.
Finiti i pericoli del mare, non della terra. Arriverete al regno di Lavinio, e ve
ne pentirete. Guerre, guerre: il Tevere rosso di sangue. Nuovo Xanto. Nuovo
Simoenta. Nuovo Achille. Era sempre pi nemica. Mendicherai aiuti. Una donna, una
straniera provocher ancora tanto male. Non arretrare, 513 compi le fatiche, sopporta
glinfortuni. Queste le parole comprensibili, confuse con altre inafferrabili, sinch la
Sibilla, finita lispirazione del dio, si calma e tace.
Ed Enea: Sono pronto a tutto; ma prima di lasciarti ti chiedo di
accompagnarmi a vedere il mio vecchio padre. Mi hanno detto che tu lo puoi, e che
da questa grotta si pu andare sino agli Inferi.
E facile scendere l, risponde la Sibilla, ma difficile ritornare a rivedere
le stelle. concesso solo a quei pochi che sono cari agli di. Nella selva scura e triste,
qui vicina, che circonda il Cocto, il fiume del pianto, c un albero con un
ramoscello doro. Trovarlo difficile, ed impossibile troncare quellesile legno
contro la volont degli di. Se lo trovi e non puoi troncarlo, non insistere: gli di non
ti sono propizi; ma se lo cogli portalo con te per offrirlo alla bella regina degli Inferi,
Proserpina, che lo vuole in dono. Vai a cercarlo, ma prima rendi gli onori funebri ad
un tuo compagno che giace sul lido, insepolto.
Enea esce dalla grotta preoccupato per le parole della Sibilla e, triste per
loscuro accenno a quel suo compagno morto che egli non sa chi sia, si avvia al lido
dove vede radunata una gran folla. Durante la sua assenza Miseno, il trombettiere
capace di risvegliare in chiunque il pi ardito spirito guerriero, ha voluto gareggiare
con Tritone a chi suonasse con pi vigore, e il dio marino, forse per lo sdegno di
sentirsi superato da un mortale, forse per punirlo della sua presunzione, ha tirato
Miseno sottacqua dallo scoglio dovera seduto e subito dopo ha restituito un corpo
inanimato.
511

Aspri: ripidi, scoscesi.


Mugolando: mormorando, borbottando.
513
Non arretrare: non rinunciare, non ritirarti.
512

I lamenti e il pianto di Enea si uniscono al lamento e al pianto della folla sino a


quando, dominando il dolore, leroe ordina di preparare gli onori funebri e si unisce
agli altri per tagliare gli alberi necessari al rogo. Armato di scure, abbatte frassini e
olmi, e mentre ripensa alle parole della Sibilla gi in parte avverate e ogni tanto alza
gli occhi per cercare fra il verde delle foglie quel ramoscello doro, due colombe gli
si posano vicine. Enea riconosce le care messaggere di sua madre e le prega di
aiutarlo. A brevi voli, perch egli possa seguirle, le colombe guidano Enea nel folto
della foresta e si appollaiano su di un grande albero: l fra le foglie risplende un
ramoscello doro. Enea allunga la mano, fa per troncarlo: il ramo flessibile, ma
sembra non volersi rompere. Enea allora d un colpo secco e il ramo in mano sua.
In possesso del prezioso e indispensabile dono per Prosrpina, Enea non torna dalla
Sibilla sino a che non sono finiti gli onori a Miseno, le ceneri non sono state raccolte
in unurna e non alzato allamico un monumento funebre su di un promontorio che
da allora ha preso il nome dellintrepido antagonista di Tritone, Miseno.
Guidato e accompagnato dalla Sibilla, Enea arriva alla nera apertura del regno
degli Inferi invasa dal fumo dove compie sacrifici propiziatori alle divinit infernali.
Mentre la terra mugghia, i monti tremano, le selve sono scosse da un vento
impetuoso, le Furie infernali lanciano gridi striduli, Enea, sempre in compagnia della
Sibilla, avanza per i bui regni di Dite. Attraversano cento grotte oscure in cui si
intravedono il Pianto e il Dolore, le Preoccupazioni, le Malattie, la Paura, la Fame, il
Disagio, la Povert, la Morte col fratello Sonno, la Guerra, il Furore, la Discordia con
la chioma di serpenti. Sulle porte stanno i Centauri, met uomini e met cavalli,
Briareo dalle cento braccia, la Chimera, essere mostruoso con una testa di leone, una
di capra e la coda di serpente; il serpente di Lerna dalle sette teste, Gerione dai tre
corpi, le Gorgoni, le Arpe. Il cammino in mezzo a quelle immagini da incubo,
paurose anche per il coraggioso Enea, porta al fiume Acheronte che ribollendo getta
le sue acque fangose nel Cocto.
Sulla riva, una folla di persone di ogni et, ombre senza corpo, grida, piange,
tende le braccia implorando verso un essere infernale dagli occhi cattivi, iniettati di
sangue, sporco, la barba lunga e incolta. Caronte, il nocchiero che trasporta le
anime nelloltretomba al di l dellAcheronte; in piedi su di una barca ad alcuni fa
cenno di avanzare e di salire, altri ricaccia indietro. La Sibilla spiega a Enea che
Caronte chiama soltanto coloro che hanno avuto sepoltura, respinge quei disgraziati
che, insepolti, sono condannati a vagare per cento anni, implorando sempre
inutilmente il vecchio Caronte che li porti allultima dimora dove potranno trovare
quiete e riposo. Rattristato dalla piet Enea guarda commiserando quelle ombre,
quando fra esse scorge Palinuro.
Oh, Palinuro amato, gli dice, qual dio avverso ti fece preda delle onde?
Apollo sempre veritiero nei responsi, su di te mi ingann quando disse che avresti
raggiunto i lidi italici. E Palinuro: Venerato Enea, per la tua sorte, non per la mia,
ho tremato quando caddi in mare: temevo per te, temevo che senza guida la tua nave
fosse preda del mare pieno di insidie. Per me, sorretto dal timone, speravo la salvezza
nei tre giorni in cui fui trascinato dalla corrente. E al quarto giorno scorsi i lidi italici;
vi arrivai sfinito, riuscii ad aggrapparmi disperatamente alla terra, e gi mi sentivo in

salvo. Non immaginavo che il popolo lucano mi accogliesse come una preda e senza
piet facesse scempio di me. 514 Ora giaccio l, insepolto. Ricerca il mio corpo,
coprilo con un po di terra. Se mi stata tolta la dolce luce, mi sia data almeno
lultima pace.
Prima che tu non pensi avrai pace, risponde la Sibilla. Chiari prodigi,
accompagnati da pestilenza e da sciagure, avvertiranno presto quel popolo empio di
renderti solenni onori funebri e di dare il tuo nuovo al luogo in cui sei caduto, che da
te si chiamer per sempre Palinuro.
Intanto la Sibilla, seguita da Enea, ha raggiunto la sponda del fiume; Caronte
appena vede il ramoscello doro scaccia le ombre che gi si erano precipitate a
prender posto e fa salire Enea sulla barca che sotto il peso vivo di quel solo cigola,
scricchiola, pesantemente solca le onde e a fatica raggiunge laltra riva. L Enea
accolto dal triplice e furioso latrare di Cerbero 515 che gli si para davanti digrignando
con rabbia furiosa, protende i tre colli dal pelo arruffato dal quale spuntano, viscidi e
guizzanti, numerosi piccoli serpenti. Solo dopo che la maga ha gettato nelle tre fauci
fameliche e ingorde un miscuglio di miele e di grano, Cerbero si calma e si
addormenta. Enea pu ora avanzare nel regno da cui non si torna, arriva al bivio da
dove partono la strada per i campi Elisi e quella per il Tartaro.516 Dallalto Enea vede
una grande citt chiusa da tra cinte di mura a loro volta circondate dal nero
Flegetonte, il fiume del fuoco, che scorre tumultuoso trascinando sassi e fiamme.
Appollaiata su di una torre altissima, di ferro, la torva 517 Furia Tesfone, agitando una
frusta formata da lunghe serpi, incita le sorelle a inseguire e a tormentare i dannati.
Dalla citt si alza un confuso rumore di pianti e di lamenti mescolati a strido di
catene e di ferri che fanno spavento anche al prode Enea. Quello, informa la
Sibilla, il regno di Radamanto 518 dove sono puniti i fraudolenti, 519 gli avari, i
violenti, i traditori e tutti coloro che hanno violato le leggi civili, sacre come leggi
divine. Le porte di questa citt stridono ogni volta che si aprono per far passare i
dannati. Essi per prima cosa vedono un serpente mostruoso dalle cinquanta bocche,
ingorde e rabbiose protese verso di loro e poi precipitano nel profondo baratro del
Tartaro, pi profondo di quanto sia distante la terra dal cielo.
La Sibilla ed Enea avanzano ancora e presto giungono ai campi Elisi, lampia e
serena regione dimora dei beati. Tra questi Enea scorge lamata immagine del padre
e, piangendo di gioia di rinnovato dolore, gli corre incontro e per tre volte
labbraccia; ma per tre volte le braccia gli tornano al petto; non ha stretto che una
vana ombra.
Ho voluto che tu scendessi quaggi, dice Anchise, per rafforzare la tua fede
nel destino e per mostrarti quale grande stirpe avr origine da te. Perch le anime che
tu vedi stanno qui mille anni per purificarsi; poi, ottenuto dalle acque del fiume Lete
514

Facesse scempio di me: infierisse in modo crudele e violento su di me.


Cerbero: mostro infernale; cane con tre teste, che sorveglia lingresso del regno degli Inferi.
516
Tartaro: regione degli Inferi nella quale erano punite le anime dei malvagi.
517
Torva: minacciosa, bieca.
518
Radamanto: giudice infernale insieme a Eaco e Minasse. Regnava nella regione infernale del Tartaro, dove erano
punite le anime dei malvagi.
519
Fraudolenti: imbroglioni, truffatori.
515

loblio 520 completo della loro vita passata, ritornano sulla terra per reincarnarsi521 in
vite nuove e migliori delle precedenti. Solo poche anime, attraverso varie vite e
millenni di purificazione, sono divenute perfette e si sono confuse con il fluido che
lanima e il principio del mondo. Te ne mostrer ora alcune che si reincarneranno nei
tuoi discendenti quando avranno raggiunto la purificazione e loblio. Ed Anchise
gliene addita 522 varie preannunciando la gloria che ognuna di essere porter alla stirpe
di Enea, destinata a raggiungere la pi alta potenza irradiando523 nel mondo la civilt.
Dal padre, Enea apprende anche le lotte che dovr sostenere quando sar arrivato
nella terra indicata dal Fato; saranno lotte dure e sanguinose, compensate, tuttavia,
dallorgoglio per le future glorie dei suoi discendenti.
Con la visione dello splendido futuro suo e dei suoi Enea si allontana dal
mondo dei morti, fa ritorno alle navi, salpa e comincia a costeggiare la terra italica
alla ricerca del luogo destinato dal Fato.
Dopo alcuni giorni di navigazione, nel roseo chiarore dellAurora, appare ad
Enea la larga e rapida foce di un fiume che getta acque dorate nelle verdi acque del
mare, mentre canori uccelli palustri volano dintorno e si perdono nella foresta vicina.
A riva, a riva, grida Enea. Fa dirigere le navi verso la bella corrente,
lietamente ne fa risalire il corso, sinch, quasi subito, trova un luogo adatto dove
poter approdare. Discendono, preparano i cibi e, non sapendo dove appoggiarli, li
mettono sopra le grandi e larghe focacce di farro 524 di cui sono provvisti. I cibi sono
pochi, insufficienti per il loro appetito; quando sono finiti, non avendo altro,
addentano avidamente anche le semplici focacce.
Che fame, grida Iulo, mangiamo anche le mense!.
Enea ricorda la profezia di Celeno, che gli era sembrata terribile: dalla fame
mangerete anche le mense, e alle parole del figlio improvvisamente ha la certezza di
essere arrivato alla fine del suo viaggio; si inginocchia e bacia la terra a lungo cercata
che sar la sua nuova patria.
Ti venero, terra promessa, ringrazio voi santi Numi di Troia, fedeli protettori
dei miei viaggi. Qui la patria.
Allannunzio tutti libano agli di, venerano, anche se ancora ignoti, i Numi
protettori di quei luoghi e con letizia ascoltano tre fragorosi tuoni. Sono questi il
rassicurante annuncio di Zeus che tempo di fondare le mura desiderate. Il giorno
seguente Enea sceglie cento dei suoi uomini migliori, pone in testa ad ognuno una
corona di ulivo, simbolo di pace, consegna loro ricchi abiti tessuti dalle donne troiane
e le insegne regali di Priamo perch le offrano al re di quella regione, chiedendo
amicizia e pace. Gli ambasciatori salgono il colle, sulla cui sima si alza Laurento, la
citt dei Latini, e sono introdotti nel cortile dalle cento colonne della grande reggia.
Seduto sul trono, il re Latino accoglie con benevolenza i Troiani, i loro doni e le loro
richieste di pace e di amicizia. Larrivo degli uomini di un re straniero gli ricorda un
520

Oblio: dimenticanza.
Reincarnarsi: assumere un nuovo corpo, unaltra vita corporea.
522
Addita: indica, mostra.
523
Irradiando: diffondendo, estendendo.
524
Farro: variet di frumento molto diffusa nellantichit.
521

vaticinio che gli imponeva di dare la figlia Lavinia in moglie ad un re straniero


venuto di lontano. Dimenticato quel vaticinio, Lavinia era stata promessa in sposa a
Turno, giovane e valoroso re dei vicini Rutuli. 525 Il re, ora, per ubbidire ai precetti526
divini, viola la promessa fatta a Turno e incarica gli ambasciatori di tornare da Enea
con i suoi messaggi di pace e con lofferta di parentela.
Sulla spiaggia, intanto, Enea dirige i lavori della nuova citt, e qui lo vede Era.
Lodio per il popolo troiano non spento, e lempia moglie di Zeus soffre nel
constatare come rapidamente si compia il glorioso destino di Enea. Sa di non potersi
opporre al Fato, ma sa che pu ritardarlo; e subito chiama la nera Furia Aletto che
ama lira, il tradimento, la rovina, la discordia e la guerra, che sa seminare lodio e la
zizzania 527 anche fra coloro che pi amano. A questa perfida Era d lincarico di
ostacolare con ogni mezzo il matrimonio fra Enea e Lavinia. Aletto corre alla reggia,
insinua il suo veleno nel cuore della madre di Lavinia, Amata, che subito sente un
grande odio per Enea, per quello straniero venuto dal mare come un corsaro e si
lamenta con il marito, che, per ubbidire ad un lontano vaticinio, ha rotto la promessa
di dare Lavinia a Turno. Poich Latino resta fermo nel suo proposito, Aletto insinua
altro veleno: Amata, divenuta come pazza, corre senza ritegno per la citt, inveisce
contro Enea, grida che Lavinia deve essere di Turno.
Ben avviata qui la sua opera, Aletto corre da Turno: gli appare nel sonno con
laspetto di una sacerdotessa di Era e lo incita alla guerra contro il Troiano usurpatore
del suo diritto su Lavinia.
Aletto completa quindi il suo compito offrendo il pretesto per la guerra. Mentre
Iulo vaga fra i boschi in cerca di selvaggina, scorge un magnifico cervo. Era il cervo
pi bello di quanti ve ne fossero in quella regione: allevato nei greggi reali e orgoglio
di tutti i contadini dei dintorni che faceva a gara nel vezzeggiarlo e nel nutrirlo. Iulo
gli scocca contro una freccia, ed Aletto la dirige e laccompagna precisa fra le coste528
del cervo, il quale, lamentandosi, corre a rifugiarsi nel suo ovile. Lo vedono i
contadini, capiscono che loffesa al loro cervo pi bello non pu essere venuta che da
quegli stranieri sbarcati il giorno prima, si armano, corrono verso di loro.
Aletto, contenta della sua opera, d fiato alla tromba di guerra. Al cupo suono
tremano i boschi e le selve, fremono i laghi e i fiumi mentre i Troiani rispondono
prontamente allimprovviso e inspiegabile attacco. Mentre gi cadono le prime
vittime, nella citt Turno organizza un esercito, ed Amata corre ancora per la
campagna imprecando contro i Troiani. Il solo re Latino, muto e immobile come una
rupe, si sente vinto dagli intrighi di Era e guarda inorridito lestendersi della guerra a
cui accorrono da ogni parte i popoli vicini.
Nella tregua che porta la notte, Enea, triste e stanco, si addormenta in riva al
Tevere e durante il sonno gli appare il dio del fiume ammantato di azzurro. Enea,
stirpe divina, gli dice, io sono il dio Tiberino, e questa la tua patria. Non temere
525

Rutuli: costituivano il popolo pi compatto e battagliero del Lazio. Facevano razzie nei territori confinanti, avevano
mire espansionistiche e perci erano costantemente in guerra con gli altri popoli della regione.
526
Precetti: comandamenti, ordini.
527
Zizzania: discordia, contrasto.
528
Coste: costole.

la guerra, ma per uscirne vittorioso risali la mia corrente, vai, non lontano da qui, dal
re Evandro529 della stirpe di Pallante e a lui chiedi aiuto e alleanza.
Enea si sveglia, vede il sole che sta sorgendo, si purifica con le acque del fiume
amico, promette a quel dio onore e doni, fa preparare le sue due migliori navi e parte.
Naviga giorno e notte, sino a che non scorge le poche e semplici case su cui regna
Evandro. Approda, e ai cittadini che, con a capo Pallante, figlio di Evandro, gli si
fanno incontro, chiede di essere guidato sino dal re a cui vuol domandare amicizia e
alleanza. Evandro accoglie benevolmente lo straniero: ricorda, e glielo dice, di averne
conosciuto il padre, nei lontani tempi della giovinezza, e di aver scambiato con lui
doni ospitali. Promette laiuto richiesto consacrando la promessa con un sacrificio
agli di; tuttavia fa notare ad Enea che il suo regno piccolo, pochi gli uomini che
pu dargli e lo consiglia di allearsi con altri popoli pi numerosi del suo, che vivono
nellEtruria non lontana. Per il viaggio gli offre la scorta di uomini suoi e volentieri
affida ad Enea anche il caro figlio Pallante perch lo inizi530 al duro esercizio delle
armi.
Enea parte per la citt etrusca di Cere accompagnato dai recenti alleati, seguito
dagli sguardi delle madri pallide di timore e da quello del vecchio Evandro che con
tristezza, quasi presagio del futuro, vede partire lunico figlio. Mentre Enea lontano
dai suoi e raccoglie armi ed aiuti, i compagni rimasti presso le navi vedono aggravarsi
sempre di pi la situazione. Ubbidienti agli ordini di Enea, non attaccano gli
assalitori, ma si limitano a difendersi e, pur non avendo spiegato tutte le loro forze, 531
impediscono a Turno di entrare nellaccampamento; non riescono, per, ad
impedirgli di raggiungere le navi e di incendiarle. Fra le colonne di fumo, le scintille
e le fiamme che arrivano al cielo, si vede improvvisamente un immenso chiarore e si
sente una voce che riempie di spavento i combattenti delle due parti: Troiani, non
cercate di portare aiuto alle vostre navi, non mettetevi a nessun rischio. E voi, navi,
siate libere e dee del mare. Fra lo stupore generale le funi si sciolgono, le navi
affondano e, subito dopo, appaiono sulla superficie marina altrettante graziose ninfe.
Dal prodigio Turno trae lieti presagi per s, e incita i Rutuli a stringere ancor
pi lassedio intorno ai Troiani che stanno perdendo ogni speranza di poter resistere
sino al ritorno di Enea. Questo, nel frattempo, trovati in Etruria gli aiuti necessari, ha
mandato la cavalleria per via di terra, ha portato invece con s la fanteria e sta
navigando per raggiungere al pi presto il campo sul Tevere. Una notte in cui
intento a sorvegliare il timone e le vele, alla luce della luna vede avanzare un gruppo
di graziose ninfe. Una si aggrappa al suo legno e parlandogli con dolcezza gli dice
che le sue navi, ora trasformate in ninfe, sono venute incontro a lui per informarlo di
quanto avvenuto e avviene nel campo. La cavalleria degli alleati Etruschi,
prosegue la ninfa, ha gi raggiunto la localit fissata da te e ti aspetta, ignorando che
Turno sta preparandosi per attaccarla. Tu affrettati, arriva dai tuoi prima che sorga il
529

Evandro: figlio di Ermes e della ninfa Carmente, venne dallArcadia nel Lazio e vi fond, sul colle Palatino, una
citt che chiam Pallanteo, dal suo antenato Pallante. Vi diffuse la civilt, luso della scrittura, la musica e il culto di
alcune divinit.
530
Lo inizi: lo avvii.
531
Pur non avendo spiegato tutte le loro forze: pur non avendo disposto tutte le loro schiere in formazione da
combattimento.

sole, previeni lazione di Turno, semina strage fra i nemici, gli di ti saranno
favorevoli. Prima di rituffarsi in mare, la ninfa d una spinta alla nave, che comincia
a solcare le acque pi veloce di una freccia, mentre il pio Enea, invocati gli di, fa
armare i compagni perch siano pronti a combattere appena sbarcati. Allalba sono
alla foce del Tevere; Enea imbraccia il grande scudo doro, opera di Efesto, e,
agitandolo, investe di barbagli532 luminosi i due accampamenti. Lo vedono i Troiani,
esultano e si rianimano; lo vede Turno e incita i suoi contro quelli che stanno
arrivando per impedirne lo sbarco. La mischia immediata e sulle rive del fiume c
un solo groviglio di armi e di corpi. Cadono Troiani, Rutuli, Etruschi, cade anche, per
mano di Turno, il giovane Pallante: nello stesso giorno ha conosciuto lorrore della
guerra e la morte. Ne arriva subito la notizia ad Enea che, in un attimo, rivede il caro
vecchio Evandro, il dolce Pallante, la larga533 ospitalit, il generoso aiuto e, quasi
niente altro gli interessasse, corre alla ricerca di Turno per vendicare la morte del
giovane amico, unico amore del vecchio Evandro. Correndo per il campo, travolge
chiunque gli si faccia incontro, n la strage ne arresta limpeto con cui ricerca Turno.
Sullalto Olimpo, Era sconvolta per la vittoria che fra poco arrider 534 agli
odiati Troiani; vede il pericolo di Turno e, pur sapendo che il Fato di lui sta ormai per
compiersi inevitabilmente, vuol ritardarlo almeno di un giorno. Non vista scende nel
campo, e con limpalpabile nebbia d corpo a una figura simile ad Enea. Questa
inconsistente immagine si presenta a Turno e, con la voce e i gesti di Enea, lo sfida a
duello; ma al primo dardo che Turno gli scaglia, volge la schiena e si d alla fuga.
Superbo della vittoria, Turno linsegue, brandendo la spada e gridando ingiurie e
parole di scherno per la sua vilt, senza accorgersi che insegue unombra portata dal
vento. Il falso Enea raggiunge una nave ancorata e vi si rifugia, seguito da Turno
ormai certo della vittoria. Era, allora, scioglie le funi e manda la nave al largo, mentre
Turno, che sta per colpire, vede il nemico svanire verso lalto, trasformato in una
nuvola nera. Per Turno il disonore e il ridicolo di quella fuga involontaria sembrano
insopportabili, e si ucciderebbe se Era, sempre pietosa di lui, non lo trattenesse sino a
che la nave non lo ha ricondotto in Ardea, capitale del suo popolo.
Intanto i Troiani sono arrivati alle porte di Laurento, e gi per due volte hanno
respinto dentro la citt i Latini e i loro alleati Rutuli, quando Turno, anche per il
desiderio di riabilitarsi dopo quella involontaria, ma vergognosa e ridicola fuga,
chiede che la vittoria sia decisa da un duello fra lui ed Enea.
Mentre si fanno i preparativi per il duello, Era, pur avendo promesso a Zeus di
non dare pi nessun aiuto a Turno, incarica la ninfa Giuturna, sorella di Turno, di
differirne535 lei il Fato. Piangendo la sorte del fratello, la ninfa assume laspetto del
vecchio e stimato Camerte, passa tra i guerrieri che aspettano di assistere al duello, e
sparge la voce che quel duello impari e che, se la vittoria arrider ad Enea, tutti loro
saranno schiavi dei Troiani, di quei predoni venuti dal mare. Le parole ottengono
leffetto desiderato; gli animi si accendono a tal punto che uno dei Rutuli scaglia la
532

Investe di barbagli: colpisce di bagliori intensi.


Larga: generosa, abbondante.
534
Arrider: sar favorevole; conforter.
535
Differirne: rinviarne.
533

sua asta contro i Troiani e rompe il patto di tregua. La battaglia si riaccende


improvvisa e sanguinosa fra nuvoli di polvere, mentre i gridi dei combattenti sono
dominati dal grido di Enea in cerca di Turno per il duello stabilito.
Ma Giuturna, ora con laspetto dellauriga di Turno, trasporta il fratello qua e
l, sempre dalla parte opposta di Enea; ritarda la fine di Turno, ma accresce lira di
Enea e il suo desiderio di concludere questa guerra. Perci Enea, dopo aver cercato
invano di raggiungere Turno, fa cingere di assedio Laurento, getta oltre le mura
tizzoni incendiati e comincia lassalto. Nel vedere le fiamme alzarsi dalla citt, Turno
chiede allauriga, in cui ha riconosciuto la sorella, di non volerlo pi allontanare da
Enea e dalla mischia e, appena si trova sotto le mura di Laurento, chiede a gran voce
di cessare ogni combattimento perch vuole cimentarsi con Enea. I combattenti si
ritirano ai margini del campo mentre i due eroi avanzano uno contro laltro. I dardi
volano fischiando minacciosamente prima che i due arrivino al combattimento a
corpo a corpo. Gli scudi e gli elmi risuonano, la terra trema, laria sibila, tagliata dalle
spade. Nellalto Olimpo Zeus solleva le piccole bilance doro con la sorte dei due e
vede precipitare la sorte di Turno. Evoca allora le Furie: Aletto, Tesfone, Megera.
Dalloscuro mondo degli Inferi, con le chiome irte di serpenti salgono le tristi figlie
della notte, e il grande padre comanda a una di loro di volare nel campo presso
Laurento, messaggera di sventura per Turno.
Ubbidiente, la Furia va, trasformata in gufo; gracchiando svolazza intorno a
Turno e gli sbatte le ali nere sullo scudo e sullelmo, preannunziandogli
lugubremente536 qual fine avr il duello. Un colpo, vibrato di Enea, trapassa i sette
strati di cuoio dello scudo, spezza la corazza, fa cadere Turno. Enea gli sopra con la
spada alzata per finirlo; tuttavia esita: Turno, pur non supplicandolo apertamente di
concedergli la vita, gli chiede di non portare pi oltre lodio contro chi stato vinto e
umiliato dinanzi al nemico, al suo popolo, a Lavinia, la sposa che era stata promessa
a lui. Lesitazione di Enea dura un attimo; vede le armi di Pallante indossate da
Turno, in cuore lira gli si riaccende furiosa e il colpo mortale scende sullultimo
nemico dei Troiani.

536

Lugubremente: lugubre tutto ci che richiama immagini di dolore, di tristezza.

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