Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La condizione femminile Le norme della Repubblica
La condizione femminile Le norme della Repubblica
La condizione femminile Le norme della Repubblica
Ebook985 pages13 hours

La condizione femminile Le norme della Repubblica

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

In quest'opera vengono raccolte le normative emanate in Italia dalla nascita della Repubblica fino ai tempi recenti.
Per cominciare vengono riportati estratti della Costituzione, ove si introduce il principio della parità tra i generi, poi si riportano i testi delle norme che progressivamente hanno implementato concretamente tale principio partendo dal settore lavorativo professionale, passando per le politiche di welfare (comprese le politiche a favore della maternità) per giungere alla formazione di appositi enti dedicati alla promozione attiva delle pari opportunità e la lotta contro ogni forma di discriminazione.
In generale vengono anche riportate norme (nella versione integrale o solo alcuni estratti significativi per l'ambito trattato) non legate strettamente alla condizione giuridica in senso stretto ma che influenzano la possibilità concreta di azione della donna e le sue possibilità nella società.
Le norme sono riportate in ordine cronologico fornendo gli estremi di riferimento (tipologia, numero, data di emissione, Gazzetta Ufficiale in cui sono state pubblicate).
LanguageItaliano
Release dateMar 6, 2021
ISBN9791220273831
La condizione femminile Le norme della Repubblica

Read more from Mirko Riazzoli

Related to La condizione femminile Le norme della Repubblica

Titles in the series (10)

View More

Related ebooks

History For You

View More

Related articles

Reviews for La condizione femminile Le norme della Repubblica

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La condizione femminile Le norme della Repubblica - Mirko Riazzoli

    Riazzoli

    La condizione femminile

    Le norme della Repubblica

    Introduzione

    In quest'opera vengono raccolte le normative emanate in Italia dalla nascita della Repubblica fino ai tempi recenti.

    Per cominciare vengono riportati estratti della Costituzione, ove si introduce il principio della parità tra i generi, poi si riportano i testi delle norme che progressivamente hanno implementato concretamente tale principio partendo dal settore lavorativo professionale, passando per le politiche di welfare (comprese le politiche a favore della maternità) per giungere alla formazione di appositi enti dedicati alla promozione attiva delle pari opportunità e la lotta contro ogni forma di discriminazione.

    In generale vengono anche riportate norme (nella versione integrale o solo alcuni estratti significativi per l'ambito trattato) non legate strettamente alla condizione giuridica in senso stretto ma che influenzano la possibilità concreta di azione della donna e le sue possibilità nella società.

    Le norme sono riportate in ordine cronologico fornendo gli estremi di riferimento (tipologia, numero, data di emissione, Gazzetta Ufficiale in cui sono state pubblicate).

    Costituzione della Repubblica Italiana del 1° gennaio 1948. Estratto.

    Art. 29.

    La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

    Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

    Art. 30.

    È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

    Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

    La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

    La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

    Art. 31.

    La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

    Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

    Art. 37.

    La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

    La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.

    La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

    Art. 48.

    Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.

    Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

    Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

    Legge 26 agosto 1950, n. 860. Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri.

    (GU n.253, 3 novembre 1950)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    TITOLO I. Norme protettive.

    Art. 1.

    Le disposizioni del presente titolo si applicano alle lavoratrici gestanti e puerpere che prestano la loro opera alle dipendenze di privati datori di lavoro, comprese le lavoratrici dell'agricoltura (salariate, braccianti e compartecipanti), nonché a quelle dipendenti dagli uffici e dalle aziende dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti pubblici e Società cooperativistiche, anche se socie di queste ultime, quando da disposizioni legislative e regolamentari sia prescritto un trattamento inferiore a quello stabilito per esse dalla presente legge.

    Art. 2.

    Con successiva legge sarà provveduto a dettare norme per la tutela fisica ed economica delle lavoratrici addette ai servizi familiari e delle lavoratrici a domicilio che prestano lavoro retribuito alle dipendenze di altri.

     Alle lavoratrici di cui al precedente comma si applicano, intanto, le disposizioni di cui al titolo III della presente legge.

    Art. 3.

    Le lavoratrici di cui all'art. 1 non possono essere licenziate durante il periodo di gestazione, accertato da regolare certificato medico, fino al termine del periodo di interdizione del lavoro previsto dall'art. 5, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.

    Tale divieto non si applica nel caso:

    a) di colpa da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;

    b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;

    c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine per il quale è stato stipulato.

    In caso di malattia prodotta dallo stato di gravidanza nei mesi precedenti il periodo di divieto di licenziamento, il datore di lavoro è obbligato a conservare il posto alle lavoratrici alle quali è applicabile il divieto stesso.

    Art. 4.

    È vietato adibire al trasporto ed al sollevamento di pesi e ai lavori pericolosi, faticosi od insalubri, previsti dalle disposizioni vigenti, sino alla pubblicazione del regolamento di esecuzione della presente legge, le lavoratrici di cui all'art. 1 durante la gestazione, a partire dalla presentazione del certificato di gravidanza, di cui agli articoli 3 e 31 della presente legge, e per tre mesi dopo il parto, e fino a sette mesi ove provvedano direttamente all'allattamento del proprio bambino.

    Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni nel periodo per il quale è previsto il divieto di cui al precedente comma.

    Art. 5.

    È vietato adibire al lavoro le donne:

    a) durante i tre mesi precedenti la data presunta del parto indicata nel certificato medico di gravidanza se addette all'industria, e durante le otto settimane precedenti il parto se addette ai lavori agricoli; per tutte le altre categorie il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro viene fissato in sei settimane precedenti la data presunta del parto;

    b) ove il parto avvenga oltre quella data, per tutto il periodo successivo che precede il parto;

    c) durante otto settimane dopo il parto.

    Art. 6.

    L'Ispettorato del lavoro può disporre il prolungamento di ciascuno dei periodi di assenza dal lavoro di cui alle lettere a) e c) dell'articolo precedente, per un ulteriore periodo di assenza obbligatoria fino a sei settimane, quando ritiene, sulla base di accertamento medico, che le condizioni di lavoro o ambientali possano essere pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino.

    Art. 7.

    Le lavoratrici, alle quali è applicabile il divieto di cui all'art. 5, nel caso di gravi complicanze della gestazione o per preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, hanno facoltà di assentarsi dal lavoro dal giorno della presentazione del certificato medico di certa gravidanza, previo controllo dell'Ispettorato del lavoro.

    Art. 8.

    Alle lavoratrici di cui all'art. 1 spetta l'assistenza di parto dell'Istituto presso il quale sono assicurate per il trattamento di malattia, anche quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.

    Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie periodiche gratuite a cura dell'Istituto presso il quale sono assicurate. L'Ispettorato del lavoro ha facoltà di controllo.

    Art. 9.

    Il datore di lavoro deve dare alle lavoratrici madri soggette al divieto previsto dall'art. 5 e che allattano direttamente i propri bambini, per un anno dalla nascita di questi, due periodi di riposo durante la giornata per provvedere all'allattamento.

    Detti riposi sono indipendenti da quelli previsti dagli articoli 18 e 19 della legge 16 aprile 1934, n. 653, per la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli. Essi hanno la durata di un'ora ciascuno e comportano il diritto per la donna di uscire dall'azienda quando il datore di lavoro non abbia messo a disposizione la camera di allattamento e l'asilo nido di cui all'art. 11, oppure gli stessi siano ubicati fuori dell'azienda, oppure quando l'orario di inizio e di cessazione del lavoro non consenta di trasportare il bambino nella camera di allattamento o nell'asilo nido.

    Quando invece il datore di lavoro abbia messo a disposizione la camera di allattamento e l'asilo nido, i periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno, ed in tal caso la donna non ha diritto ad uscire dall'azienda.

    Art. 10.

    I periodi di riposo per l'allattamento si reputano ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro.

    Art. 11.

    È fatto obbligo al datore di lavoro di istituire una camera di allattamento nelle dipendenze dei locali di lavoro per tutti i figli delle lavoratrici dipendenti, quando nell'azienda siano occupate almeno trenta donne coniugate di età non superiore ai 50 anni.

    L'Ispettorato del lavoro può disporre, in sostituzione della camera di allattamento, che il datore di lavoro provveda ad istituire nelle adiacenze dei locali di lavoro un asilo nido per l'allattamento, l'alimentazione e la custodia dei bambini, di età non superiore ai tre anni, delle lavoratrici dipendenti e può inoltre promuovere l'istituzione di asili nido interaziendali convenientemente ubicati.

    L'Ispettorato del lavoro può esonerare il datore di lavoro dall'obbligo dell'istituzione della camera di allattamento e dell'asilo nido quando lo stesso datore partecipi alla istituzione o al finanziamento di asili nido interaziendali in luoghi convenienti per le lavoratrici dipendenti. L'esonero suddetto può concedersi anche quando le lavoratrici possono usufruire di asili gestiti e diretti da Enti di assistenza, a condizione che il datore di lavoro contribuisca al finanziamento degli stessi.

    Per il lavoro agricolo nelle zone ove esso si svolge con mano d'opera di braccianti, salariate e compartecipanti, l'Ispettorato del lavoro promuove l'istituzione della camera di allattamento e di asili nido al cui finanziamento hanno l'obbligo di contribuire i datori di lavoro della zona. L'istituzione degli stessi potrà avvenire o nei capoluoghi dei comuni, o nelle frazioni in cui si svolge prevalentemente il lavoro.

    Art. 12.

    La camera di allattamento deve rispondere alle norme igieniche, essere convenientemente arredata e tenuta in stato di scrupolosa pulizia e provvista di acqua.

    Alla camera di allattamento deve essere adibito personale idoneo per la custodia dei bambini durante le ore di lavoro delle madri.

    Art. 13.

    Gli asili nido, oltre a rispondere alle norme relative alla tutela della infanzia, devono essere tecnicamente attrezzati per assicurare la custodia dei bambini durante l'orario di lavoro delle madri,

    secondo le disposizioni che saranno impartite dall'Ispettorato del lavoro. Agli asili nido deve essere adibito personale in possesso dei requisiti didattici per l'assistenza e l'educazione della prima infanzia.

    TITOLO II. Trattamento economico.

    Art. 14.

    Il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro, ai sensi degli articoli 5 e 6 della presente legge, deve essere computato nell'anzianità di servizio e ai fini della tredicesima mensilità e delle ferie.

    Art. 15.

    In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma del precedente art. 3, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.

    Art. 16.

    La ripresa del lavoro, da parte della donna che sia stata assente in virtù delle disposizioni della presente legge, determina di diritto lo scioglimento, senza eventuale preavviso ed indennità, del

    rapporto di lavoro della persona assunta in sua sostituzione, purché a questa sia stata data notizia, all'atto dell'assunzione, del carattere provvisorio del suo servizio.

    Art. 17.

    Le lavoratrici delle imprese industriali, commerciali, del credito e delle assicurazioni private, nonché le impiegate delle aziende agricole hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di assenza obbligatoria, dal lavoro stabilita dagli articoli 5 e 6 della presente legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.

    Le indennità, di cui al precedente comma, sono corrisposte:

    a) dalle competenti gestioni dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, per le lavoratrici per le quali in caso di malattia è dovuta l'indennità relativa dall'Istituto medesimo;

    b) direttamente ed a proprio carico, dal datore di lavoro per le lavoratrici che non hanno diritto, in caso di malattia, al trattamento economico da parte dell'Istituto suddetto.

    L'indennità giornaliera è corrisposta con gli stessi criteri con cui vengono corrisposte le prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.

    I periodi di malattia determinata da gravidanza o puerperio non sono computabili agli effetti della durata prevista da leggi, da regolamenti o da contratti per il trattamento normale di malattia.

    Nulla è innovato per il trattamento economico delle dipendenti dagli uffici e dalle aziende dello Stato, Regioni, Province, Comuni o da altri Enti pubblici.

    Art. 18.

    Agli effetti della determinazione della misura delle indennità previste dall'articolo precedente si intende per retribuzione:

    a) per quanto riguarda le operaie, la retribuzione media globale giornaliera per otto ore, percepita nei due periodi di paga immediatamente precedenti a quello nel corso del quale ha avuto

    inizio l'assenza;

    b) per quanto riguarda le impiegate, l'importo totale della retribuzione nel mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l'assenza.

    Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.

    Art. 19.

    Le indennità di cui all'art. 17 sono corrisposte anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'art. 3, lettere b) e c), che si verifichino durante i periodi di interdizione del lavoro

    previsti dagli articoli 5 e 6 della presente legge.

    Art. 20.

    Alle lavoratrici che si avvalgono della facoltà di cui all'art. 7 della presente legge è dovuto il trattamento economico normale stabilito in caso di malattia per il periodo non rientrante in quello di interdizione del lavoro precedente il parto.

    Art. 21.

    L'aborto spontaneo o terapeutico, escluso quello procurato, è considerato a tutti gli effetti come malattia prodotta dallo stato di gravidanza o di puerperio.

    Art. 22.

    Fino a quando non sarà provveduto al riordinamento del sistema in atto per i contributi unificati in agricoltura è dovuta alle lavoratrici agricole di cui all'art. 1 della presente legge, non aventi qualifica impiegatizia, oltre l'assistenza completa di parto, ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 9 aprile 1946, n. 212, e successive modificazioni, una indennità una tantum nella misura sotto indicata a fianco di ciascuna categoria:

    1) salariate fisse, assimilate, obbligate e braccianti o compartecipanti permanenti, lire 25.000;

    2) braccianti o compartecipanti abituali, lire 25.000;

    3) braccianti o compartecipanti occasionali, lire 15.000;

    4) braccianti o compartecipanti eccezionali, lire 12.000.

    L'indennità di cui sopra sarà corrisposta, in due rate uguali, delle quali la prima all'inizio del periodo di interdizione obbligatoria del lavoro e la seconda successivamente al parto.

    Art. 23.

    Per la copertura degli oneri derivanti dall'applicazione degli articoli 17, lettera a), e 22 della presente legge, è dovuto dai datori di lavoro all'Istituto nazionale assicurazione malattie, in aggiunta ai contributi previsti dalla tabella allegata ai decreti legislativi 9 aprile 1946, n. 212 e 19 aprile 1946, n. 213 e successive modificazioni, e 31 ottobre 1947, n. 1304, e con l'osservanza delle norme vigenti per il calcolo dei contributi stessi, un contributo supplementare nella seguente misura:

    a) per il settore dell'industria, dello 0,53 per cento sulla retribuzione;

    b) per il settore del commercio, dello 0,31 per cento sulla retribuzione;

    c) per il settore del credito e dell'assicurazione, dello 0,20 per cento sulla retribuzione;

    d) per il settore dell'agricoltura, dello 0,45 per cento sulla retribuzione media, da trasformarsi in contributo fisso a giornata per ettaro-coltura, secondo le norme in vigore per l'accertamento e la riscossione dei contributi nel settore agricolo.

    Il contributo supplementare di cui al comma precedente può essere modificato con la procedura stabilita per la variazione delle tabelle predette, fermo restando quanto disposto dall'art. 2 della legge 22 novembre 1949, n. 861.

    Analogo contributo dovrà essere versato agli altri Istituti assicuratori presso cui i datori di lavoro versano i contributi per l'assicurazione di malattia.

    Riguardo ai versamenti del contributo, alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo medesimo, si applicano le norme relative ai contributi per l'assicurazione obbligatoria contro le malattie.

    Art. 24.

    L'assicurazione per la nuzialità e la natalità, istituita con regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito in legge 6 luglio 1939, n. 1272, è soppressa a decorrere dal 1 gennaio 1951.

    A partire dalla stessa data il relativo contributo previsto dalle tabelle A, B, C e D, allegate al regio decreto-legge citato, è dovuto a favore dell'Ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani.

    L'Istituto nazionale della previdenza sociale continuerà ad effettuare la riscossione del contributo predetto con i sistemi di accertamento e di riscossione attualmente in vigore e ne verserà l'importo, senza carico di spesa, all'Ente nazionale assistenza orfani lavoratori italiani, secondo modalità da convenirsi fra i due Istituti.

    TITOLO III. Disposizioni particolari per le lavoratrici a domicilio e per le addette ai servizi familiari.

    Art. 25.

    In attesa del provvedimento di cui all'art. 2 alle lavoratrici a domicilio che prestano lavoro retribuito alle dipendenze di altri e alle addette ai servizi familiari è dovuto, in caso di parto, un assegno di maternità di lire 12.000.

    In caso di aborto spontaneo o terapeutico, l'assegno è dovuto nella misura di lire 7000.

    Gli assegni di cui ai precedenti commi sono corrisposti dall'Istituto nazionale della previdenza sociale.

    Art. 26.

    Per aver diritto agli assegni di cui all'articolo precedente debbono risultare dovuti dal datore di lavoro, anche se non versati, almeno 52 contributi settimanali nel biennio precedente la data del parto.

    Per gli eventi che si verificano entro il 30 giugno 1951, il diritto all'assegno sussiste qualora risultino dovuti dal datore di lavoro, anche se non versati, almeno 26 contributi settimanali.

    Gli assegni di cui all'articolo precedente non sono dovuti qualora la lavoratrice abbia diritto alle prestazioni previste dai precedenti articoli 17 e 22.

    La prima versione in vigore dell'articolo, oggetto di modifica da parte della L. 12 dicembre 1950, n. 987, è visualizzabile nell'aggiornamento successivo dello stesso.

    Art. 27.

    Per la copertura dell'onere relativo agli assegni di cui all'art. 25, i datori di lavoro sono tenuti a versare all'I.N.P.S. i contributi nella misura appresso indicata:

    lavoratori a domicilio, lire 10 per settimana,;

    addetti ai servizi familiari:

    A) comuni con oltre 100.000 abitanti:

    uomini a servizio intero, lire 10,50 per settimana;

    uomini a mezzo servizio, lire 8 per settimana;

    donne a servizio intero, lire 5,50 per settimana;

    donne a mezzo servizio, lire 3 per settimana.

    B) comuni con non oltre 100.000 abitanti:

    uomini a servizio intero, lire 8 per settimana;

    uomini a mezzo servizio, lire 8 per settimana;

    donne a servizio intero, lire 3 per settimana;

    donne a mezzo servizio, lire 3 per settimana.

    La riscossione del contributo è effettuata con le modalità stabilite per i contributi dovuti per gli stessi lavoratori ai sensi dell'art. 6 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636.

    Art. 28.

    Il fondo costituito dai proventi dei contributi di cui all'articolo precedente è amministrato, mediante gestione separata, dagli organi dell'Istituto nazionale della previdenza sociale con le norme del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827.

    Art. 29.

    Per le prestazioni e i contributi previsti dagli articoli 25 e 27 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, sul perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale, comprese quelle sui benefici, i privilegi e le esenzioni fiscali.

    TITOLO IV. Disposizioni varie e penalità.

    Art. 30.

    I benefici previsti dalla presente legge assorbono fino alla concorrenza il trattamento stabilito per il caso di gravidanza, di puerperio e di allattamento da contratti collettivi di lavoro, salvo restando, in caso di condizioni più favorevoli, il maggiore beneficio rispetto ai benefici predetti.

    Art. 31.

    Il certificato medico di gravidanza indica la data presunta del parto e fa stato a tale riguardo, nonostante qualsiasi errore di previsione.

    Le norme occorrenti per la regolamentazione del certificato predetto e dei certificati medici necessari per l'applicazione della presente legge saranno emanate dal regolamento.

    Art. 32.

    Tutti i documenti occorrenti per l'applicazione della presente legge sono esenti da tassa di bollo e registro e devono essere rilasciati senza alcuna spesa.

    Art. 33.

    I datori di lavoro che contravvengono alle disposizioni della presente legge sono puniti:

    a) con l'ammenda, da lire 5000 a lire 50.000 per ciascuna delle donne addette al lavoro e alle quali si riferisce la contravvenzione per le violazioni agli articoli 4, 5 e 6 e nel caso di rifiuto, opposizione od ostacolo all'esercizio del diritto di assenza dal lavoro previsto dall'art. 7;

     b) con l'ammenda da lire 10.000 a lire 100.000 per le contravvenzioni agli articoli 3, 9, 10 e 11;

    c) con l'ammenda da lire 5000 a lire 30.000 per le contravvenzioni agli articoli 12 e 13.

    Art. 34.

    Dall'entrata in vigore della presente legge è abrogato il regio decreto-legge 22 marzo 1934, n. 654, sulla tutela della maternità' delle lavoratrici.

    Art. 35.

    Col regolamento che sarà approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito il Consiglio di Stato, saranno emanate le norme occorrenti per l'applicazione della presente legge, entro due mesi dalla data di pubblicazione della legge stessa.

    Per le contravvenzioni alle norme del regolamento può essere stabilita nel regolamento stesso la pena dell'ammenda fino a lire 30.000.

    Art. 36.

    La presente legge entra in vigore due mesi dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ad eccezione dell'art. 23, che entra in vigore dall'inizio del primo periodo di paga successivo alla data predetta.

    La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

    Data a By di Ollomont, addì 26 agosto 1950

    EINAUDI

    Legge 12 dicembre 1950, n. 986. Divieto di licenziamento delle lavoratrici madri, gestanti e puerpere.

    (GU n. 291, 20 dicembre 1950)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    Articolo unico.

    L'art. 3 della legge 26 agosto 1950, n. 860, entra in vigore, a modifica di quanto disposto dal successivo art. 36,contemporaneamente alla presente legge, il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La presente legge, munita del sigillo, dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addì 12 dicembre 1950

    EINAUDI

    Legge 22 maggio 1956, n. 741. Ratifica ed esecuzione delle Convenzioni numeri 100, 101 e 102 adottate a Ginevra dalla 34ª e dalla 35ª sessione della Conferenza generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro.

    (GU n.186, 27 luglio 1956 - Suppl. Ordinario)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    Art. 1.

    Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare le seguenti Convenzioni adottate a Ginevra dalla Conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro:

    1) Convenzione n. 100 concernente l'uguaglianza di remunerazione tra la mano d'opera maschile e la mano d'opera femminile per un lavoro di valore uguale - Ginevra, 29 giugno 1951;

    2) Convenzione n. 101 riguardante le ferie pagate in agricoltura - Ginevra, 26 giugno 1952;

    3) Convenzione n. 102 concernente la norma minima della sicurezza sociale limitatamente alle parti I, V, VII, VIII ed alle disposizioni corrispondenti delle parti XI, XII, XIII nonché alla parte XIV.

    Art. 2.

    Piena ed intera esecuzione è data alle Convenzioni suddette a decorrere dalla loro entrata in vigore, con le limitazioni stabilite con l'articolo precedente.

    La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addì 22 maggio 1956

    GRONCHI

    Convention n. 100 concernant l'egalité de remuneration entre la main-d'oeuvre masculine et la main-d'oeuvre feminine pour un travail de valeur egale.

    Legge 27 dicembre 1956, n. 1441. Partecipazione delle donne all'amministrazione della giustizia nelle Corti di assise e nei Tribunali per i minorenni.

    (GU n. 2, 3 gennaio 1957)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    CAPO I. MODIFICAZIONI ALLE LEGGI SULLA CORTE DI ASSISE

    Art. 1.

    Gli articoli 3, 4, 22, 23, 24, 25, 26, 27 e 30 della legge 10 aprile 1951, n. 287, modificata dalla legge 5 maggio 1952, n. 405, sono sostituiti dai seguenti:

    Art. 3. (Composizione delle Corti di assise). - La Corte di assise è composta:

    a) di un magistrato di appello che la presiede;

    b) di un magistrato di tribunale;

    c) di sei giudici popolari dei quali almeno tre devono essere uomini.

    Art. 4. (Composizione delle Corti di assise di appello). - La Corte di assise di appello è composta:

    a) di un magistrato di Cassazione che la presiede;

    b) di un magistrato di appello;

    c) di sei giudici popolari dei quali almeno tre devono essere uomini.

    Art. 22. (Liste dei giudici popolari). - Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione degli albi definitivi, il presidente del Tribunale del capoluogo del distretto di Corte di appello forma le liste generali dei giudici popolari ordinari e le liste dei giudici popolari supplenti per le Corti di assise di appello e comunica immediatamente le liste generali dei giudici popolari ordinari ai presidenti del Tribunale dei luoghi ove hanno sede le Corti di assise. La stessa operazione, nei quindici giorni successivi, compie il presidente del Tribunale del luogo ove ha sede la Corte di assise relativamente ai giudici popolari della Corte stessa, escludendo dalle liste generali dei giudici popolari ordinari di Corte di assise i giudici compresi in quelle per le Corti di assise di appello.

    Qualora la Corte di assise e la Corte di assise di appello siano normalmente convocate anche fuori delle loro sedi, il presidente del Tribunale del luogo ove ha sede la Corte di assise e il presidente del Tribunale del capoluogo del distretto di Corte di appello formano rispettivamente altre liste di giudici popolari supplenti per quanti sono i Comuni di normale convocazione delle assise.

    Per ogni Corte di assise e per ogni Corte di assise di appello sono formate, sia per i giudici popolari ordinari, sia per i giudici popolari supplenti, due liste, una per gli uomini ed una per le donne.

    Art. 23. (Procedimento per la formazione delle liste generali dei giudici popolari). - Le liste generali dei giudici popolari per le Corti di assise e per le Corti di assise di appello sono formate con l'intervento del pubblico ministero e del presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati o di un suo delegato, e l'assistenza del cancelliere, imbussolando, in pubblica udienza, in un'urna tanti numeri quanti sono i numeri corrispondenti ai nominativi compresi nei rispettivi albi definitivi dei giudici popolari assegnati a ciascuna Corte di assise o a ciascuna Corte di assise di appello, e procedendo all'estrazione fino a raggiungere il numero dei giudici popolari prescritto. Il nominativo corrispondente al numero sorteggiato va a formare la lista generale, rispettivamente degli uomini e delle donne. Tutti gli iscritti nelle liste generali dei giudici popolari sono destinati a prestare servizio nel biennio successivo.

    Per la formazione delle liste dei giudici popolari supplenti vengono imbussolati i numeri corrispondenti agli iscritti negli albi definitivi aventi la residenza nel Comune per cui occorre formare la lista e poi si procede alla estrazione fino a raggiungere il numero dei giudici popolari ordinari prescritto tenendo separate le liste degli uomini e quelle delle donne.

    Ai fini della formazione delle liste separate dei giudici popolari, uomini e donne, di cui ai due precedenti comma, allorché una delle due liste viene completata, le estrazioni proseguono fino al completamento dell'altra, senza tener conto dei nominativi di coloro che vengono sorteggiati in eccedenza alla lista già formata.

    Art. 24. (Imbussolamento delle schede). - Il presidente del Tribunale del luogo ove ha sede la Corte di assise o un giudice da lui delegato, in pubblica udienza, alla presenza del pubblico ministero e di un rappresentante del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, e con l'assistenza del cancelliere pone in un'urna portante la indicazione giudici popolari ordinari il numero di schede corrispondenti al numero dei giudici, uomini e donne, delle liste generali residenti nei comuni del circolo.

    In ciascuna scheda è scritto nome, cognome, paternità e residenza di un giudice.

    In una seconda urna portante l'indicazione giudici popolari supplenti lo stesso presidente pone le schede dei giudici, uomini e donne, residenti nel Comune dove ha sede la Corte di assise, osservate le norme del precedente comma. Per il Comune non capoluogo del circolo l'imbussolamento delle schede è fatto dal presidente del Tribunale locale.

    Il presidente della Corte d'appello o un consigliere da lui delegato, in pubblica udienza alla presenza del pubblico ministero e di un rappresentante del Consiglio dell'Ordine degli avvocati e con l'assistenza del cancelliere, pone in tante urne quante sono le Corti di assise di appello del distretto portanti l'indicazione giudici popolari ordinari, il numero di schede corrispondente al numero dei giudici popolari uomini e donne di Corte di assise di appello delle liste generali residenti nei comuni dei circoli dipendenti dalla Corte di assise di appello presso la quale i giudici popolari sono destinati a prestare servizio. Si osservano le disposizioni dei due commi precedenti.

    Le urne dei giudici popolari ordinari suggellate sono custodite rispettivamente dal presidente della Corte di appello e dal presidente del Tribunale del luogo ove ha sede la Corte di assise, mentre quelle dei giudici popolari supplenti destinati a prestare servizio in Comune diverso da quello ove ha sede la Corte di assise, sono custodite dai presidenti dei Tribunali locali.

    Di tutte le operazioni è redatto processo verbale sottoscritto dal presidente, dal pubblico ministero e dal cancelliere.

    Art. 25. (Giudici popolari della sessione). - Quindici giorni prima dell'inizio della sessione della Corte di assise, il presidente in seduta pubblica, da tenersi nella sede in cui si svolgerà la sessione, assistito dal cancelliere, alla presenza del pubblico ministero, estrae dieci schede dall'urna dei giudici popolari ordinari.

    Qualora fra tali dieci schede quelle relative agli uomini siano in numero inferiore a cinque, il presidente continua la estrazione, fino a raggiungere il numero di cinque schede contenenti nominativi di uomini.

    Dell'ordine di estrazione, è compilato processo verbale sottoscritto dal presidente e dal cancelliere.

    I difensori delle parti nelle cause da trattare nella sessione devono essere avvisati almeno dieci giorni prima di quello stabilito per la estrazione affinché, volendo, possano assistere alle operazioni.

    Almeno otto giorni prima dell'inizio della sessione, l'avviso del giorno e dell'ora nei quali essa avrà principio è notificato, a cura del presidente, ai giudici popolari sorteggiati.

    I giudici ai quali è notificato l'avviso debbono trovarsi presenti all'inizio della sessione, salvo che ne siano stati dispensati dal presidente della Corte di assise su richiesta motivata per legittimo impedimento.

    Nei confronti dei giudici popolari donne costituiscono, in ogni caso, motivi di legittimo impedimento per ottenere la dispensa di cui al precedente comma la necessità che la donna debba provvedere alle esigenze della sua famiglia o il fatto che la donna si trovi nel corso della gestazione o dell'allattamento.

    Le stesse disposizioni si osservano per le Corti di assise di appello, aumentato a dodici il numero dei giudici popolari, dei quali almeno sei uomini, da sorteggiare dall'urna dei giudici popolari ordinari.

    Art. 26. (Formazione del Collegio). - Nel giorno stabilito per la trattazione della prima causa della sessione, il presidente della Corte di assise o della Corte di assise di appello, in pubblica udienza, e alla presenza del pubblico ministero, dell'imputato, se è comparso, e dei difensori, fa l'appello nominale dei giudici popolari estratti a sorte e chiama a prestare servizio, nell'ordine di estrazione, tanti dei presenti quanti ne occorrono per formare il Collegio.

    Qualora però fra i primi sei giudici popolari estratti siano compresi meno di tre uomini, il presidente forma il Collegio chiamando a prestare servizio i primi tre uomini e le prime tre donne tenendo conto dell'ordine in cui uomini e donne sono rispettivamente iscritti nell'elenco degli estratti.

    Per le cause rispetto alle quali si verifica impedimento o si accertano motivi di astensione o di ricusazione, il numero dei giudici popolari è completato col chiamare, nei modi indicati nei precedenti commi già estratti, e, quando occorra, con l'estrarre altre schede dall'urna dei supplenti.

    Nei dibattimenti che si prevedono di lunga durata, il presidente ha facoltà di disporre che prestino servizio altri giudici popolari in qualità di aggiunti, in numero non superiore a cinque, dei quali tre uomini e due donne, affinché assistano al dibattimento e sostituiscano i giudici effettivi nel caso di eventuali assenze o impedimenti. Tale sostituzione non è più ammessa dopo la chiusura del dibattimento.

    Art. 27. (Giudici popolari supplenti). - Se, per l'assenza dei giudici popolari estratti a sorte, o per un'altra causa, non è possibile costituire la Corte di assise o la Corte di assise di appello, il presidente estrae dall'urna dei giudici popolari supplenti, due schede, non comprese quelle eventualmente estratte dalla prima urna, per ogni giudice mancante, e dispone che i giudici ai quali le schede si riferiscono vengano citati senza ritardo anche oralmente a mezzo di agenti della forza pubblica, per lo stesso giorno o per l'udienza successiva.

    Il presidente, qualora occorra, può procedere a successive estrazioni dall'urna dei supplenti fino a che sia possibile costituire il Collegio.

    I giudici popolari supplenti sono anch'essi chiamati a prestare servizio, nei modi indicati nel primo e secondo comma dell'art. 26.

    Qualora l'assise sia convocata in un Comune per il quale non esistono le liste dei giudici popolari supplenti, il presidente imbussola in un'urna i numeri corrispondenti ai nominativi dei giudici popolari residenti nel Comune iscritti nell'albo definitivo e, per i giudici di appello, aventi il titolo di studio prescritto dall'articolo 10; quindi procede alla estrazione nei modi indicati nei precedenti commi.

    Art. 30. (Giuramento). - Nell'assumere l'ufficio per la sessione alla quale sono stati chiamati a partecipare, i giudici popolari, invitati dal presidente nell'aula delle pubbliche udienze ed alla presenza del pubblico ministero, prestano giuramento con la seguente formula:

    "Con la ferma volontà di compiere da persona di onore tutto il mio dovere, cosciente della suprema importanza morale e civile dell'ufficio che la legge mi affida, giuro di ascoltare con diligenza e di esaminare con serenità prove e ragioni dell'accusa e della difesa, di formare il mio intimo convincimento giudicando con rettitudine ed imparzialità, e di tenere lontano dall'animo mio ogni sentimento di avversione e di favore, affinché la sentenza riesca quale la società l'attende affermazione di verità e di giustizia.

    Giuro altresì di conservare il segreto".

    Dell'avvenuta prestazione del giuramento è compilato processo verbale, e deve farsene menzione, a pena di nullità, nel verbale di dibattimento di ciascuna causa della sessione.

    Art. 2.

    Non oltre il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge saranno iniziate le operazioni previste dal capo secondo della legge 10 aprile 1951, n. 287, modificata dalla legge 5 maggio 1952, n. 405, per la formazione dei primi albi separati delle donne che possono assumere l'ufficio di giudice popolare e delle relative liste generali.

    Detti albi saranno unificati ed aggiornati con quelli dei giudici popolari uomini all'atto del primo aggiornamento di tali ultimi albi, che, ai sensi dell'art. 21 della legge 10 aprile 1951, n. 287, modificato dall'art. 3 della legge 5 maggio 1952, n. 405, sarà effettuato nel mese di aprile del secondo anno del biennio successivo alla data in cui saranno completate le operazioni indicate nel precedente comma.

    Fino a quando non saranno state completate le operazioni per la inclusione delle donne ai sensi del primo comma, continueranno ad applicarsi le norme delle leggi sopra citate.

    Art. 3.

    Il Governo è delegato a, stabilire, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, il numero dei giudici popolari delle liste delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello, distinte per gli uomini e per le donne, in sostituzione delle liste determinate con la tabella N allegata al decreto presidenziale 30

    agosto 1951, n. 757, avuto riguardo al numero dei giudizi, alla, popolazione ed allo sviluppo dei mezzi di comunicazione.

    CAPO II. MODIFICAZIONI ALLE NORME RIGUARDANTI LA COMPOSIZIONE DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI E DELLA SEZIONE DI CORTE DI APPELLO PER I MINORENNI.

    Art. 4.

    Gli articoli 2 e 5 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito con modificazioni nella legge 27 maggio 1935, n. 835, sono sostituiti dai seguenti:

    Art. 2. (Istituzione e composizione dei Tribunali per i minorenni).

    - In ogni sede di Corte di appello, o di sezione di Corte d'appello, è istituito il Tribunale per i minorenni composto da un magistrato di Corte d'appello, che lo presiede, da un magistrato di tribunale e da due cittadini, un uomo ed una donna, benemeriti dell'assistenza sociale, scelti fra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia, che abbiano compiuto il trentesimo anno di età.

    Art. 5. (Istituzione e composizione della Corte di appello per i minorenni). - Sull'appello alle decisioni del Tribunale per i minorenni, nei casi in cui è ammesso dalle leggi, giudica una sezione della Corte d'appello che è indicata all'inizio dell'anno giudiziario con il decreto del Capo dello Stato di approvazione delle tabelle giudiziarie.

    La sezione funziona con l'intervento di due privati cittadini, un uomo ed una donna, aventi i requisiti prescritti dall'art. 2, che sostituiscono due dei magistrati della sezione.

    Alla presidenza e alla composizione della sezione sono destinati, consentendolo le esigenze di servizio, magistrati che già esercitano funzioni nei tribunali per i minorenni.

    Art. 5.

    Gli articoli 50 e 58 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sono sostituiti dai seguenti:

    Art. 50. (Composizione del Tribunale per i minorenni). - Il Tribunale per i minorenni è composto da un magistrato di Corte d'appello, che lo presiede, da un magistrato di tribunale e da due esperti, un uomo ed una donna, aventi i requisiti richiesti dalla legge, ai quali è conferito il titolo di giudice onorario del Tribunale per i minorenni. Possono anche essere nominati due o più supplenti.

    Gli esperti del Tribunale per i minorenni sono nominati con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, per un triennio, e possono essere confermati.

    Art. 58. (Sezione per i minorenni). - Una sezione della Corte giudica sulle impugnazioni dei provvedimenti del tribunale per i minorenni. Essa funziona altresì come sezione istruttoria nei casi indicati dalla legge.

    La sezione giudica con l'intervento di due esperti, un uomo ed una donna, aventi i requisiti prescritti dalla legge, i quali sostituiscono due dei magistrati della sezione Agli esperti della sezione per i minorenni è conferito il titolo di consigliere onorario della sezione della Corte di appello per i minorenni; ad essi è applicabile il disposto dell'ultimo comma dell'art. 50 Le funzioni di consigliere delegato per la sorveglianza sono, per i minorenni, esercitate da uno dei magistrati della sezione di Corte di appello per i minorenni.

    Art. 6.

    La nuova composizione del Tribunale e della sezione per i minorenni della Corte di appello dovrà essere attuata entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

    Art. 7.

    Alla maggiore spesa derivante dall'aumento del numero dei componenti, privati nei Tribunali e nelle sezioni di Corte di appello per i minorenni, per effetto dell'ammissione delle donne, prevista in annue lire 1.200.000, si provvederà, per l'esercizio finanziario 1956-57, a carico del capitolo n. 495 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'esercizio medesimo.

    Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

    La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addì 27 dicembre 1956

    GRONCHI

    Legge 20 febbraio 1958, n. 75. Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui.

    (GU n. 55, 4 marzo 1958)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    CAPO I Chiusura delle case di prostituzione.

    Art. 1.

    È vietato l'esercizio di case di prostituzione nel territorio dello Stato e nei territori sottoposti all'amministrazione di autorità italiane.

    Art. 2.

    Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio a sensi dell'art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e delle successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

    Art. 3.

    Le disposizioni contenute negli articoli 531 a 536 del Codice penale sono sostituite dalle seguenti:

    "È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 100.000 a lire 4.000.000, salvo in ogni caso l'applicazione dell'art. 210 del Codice penale:

    1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art. 2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;

    2) chiunque, avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;

    3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze, o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione;

    4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;

    5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

    6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza al fine di esercitarvi la prostituzione, ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;

    7) chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinate alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;

    8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.

    In tutti i casi previsti nel numero 3) del presente articolo, alle pene in essi comminate sarà aggiunta la perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.

    I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano".

    Art. 4.

    La pena è raddoppiata:

    1) se il fatto è commesso con violenza, minaccia, inganno;

    2) se il fatto è commesso ai danni di persona minore degli anni 21 o di persona in stato di infermità o minorazione psichica,

    naturale o provocata;

    3) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello, o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore;

    4) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia;

    5) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego;

    6) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni;

    7) se il fatto è commesso ai danni di più persone.

    Art. 5.

    Sono punite con l'arresto fino a giorni otto e con la ammenda da lire 500 a lire 2000 le persone dell'uno e dell'altro sesso:

    1) che in luogo pubblico od aperto al pubblico, invitano al libertinaggio in modo scandaloso o molesto;

    2) che seguono per via le persone, invitandole con atti o parole al libertinaggio.

    Le persone colte in contravvenzione alle disposizioni di cui ai numeri 1) e 2), qualora siano in possesso di regolari documenti di identificazione, non possono essere accompagnate all'Ufficio di pubblica sicurezza.

    Le persone accompagnate all'Ufficio di pubblica sicurezza per infrazioni alle disposizioni della presente legge non possono essere sottoposte a visita sanitaria.

    I verbali di contravvenzione saranno rimessi alla competente autorità, giudiziaria.

    Art. 6.

    I colpevoli di uno dei delitti previsti dagli articoli precedenti, siano essi consumati o soltanto tentati, per un periodo variante da un minimo di due anni ad un massimo di venti, a partire dal giorno in cui avranno espiato la pena, subiranno altresì l'interdizione dai pubblici uffici, prevista dall'art. 28 del Codice penale e dall'esercizio della tutela e della curatela.

    Art. 7.

    Le autorità di pubblica sicurezza, le autorità sanitarie e qualsiasi altra autorità amministrativa non possono procedere ad alcuna forma diretta od indiretta di registrazione, neanche mediante rilascio di tessere sanitarie, di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare la prostituzione, ne' obbligarle a presentarsi periodicamente ai loro uffici. È del pari vietato di munire dette donne di documenti speciali.

    CAPO II Dei patronati ed istituti di rieducazione.

    Art. 8.

    Il Ministro per l'interno provvederà, promovendo la fondazione di speciali istituti di patronato, nonché assistendo e sussidiando quelli esistenti, che efficacemente corrispondano ai fini della presente legge, alla tutela, all'assistenza ed alla rieducazione delle donne uscenti, per effetto della presente legge, dalle case di prostituzione.

    Negli istituti di patronato, come sopra previsti, potranno trovare ricovero ed assistenza, oltre alle donne uscite dalle case di prostituzione abolite nella presente legge, anche quelle altre che, pure avviate già alla prostituzione, intendano di ritornare ad onestà di vita.

    Art. 9.

    Con determinazione del Ministro per l'interno sarà provveduto all'assegnazione dei mezzi necessari per l'esercizio dell'attività degli istituti di cui nell'articolo precedente, da prelevarsi dal fondo stanziato nel bilancio dello Stato a norma della presente legge.

    Alla fine di ogni anno e non oltre il 15 gennaio successivo gli istituti di patronato fondati a norma della presente legge, come gli altri istituti previsti dal precedente articolo e che godano della sovvenzione dello Stato, dovranno trasmettere un rendiconto esatto della loro attività omettendo il nome delle persone da essi accolte.

    Tali istituti sono sottoposti a vigilanza e a controllo dello Stato.

    Art. 10.

    Le persone minori di anni 21 che abitualmente e totalmente traggono i loro mezzi di sussistenza dalla prostituzione saranno rimpatriate e riconsegnate alle loro famiglie, previo accertamento che queste siano disposte ad accoglierle.

    Se però esse non hanno congiunti disposti ad accoglierle e che offrano sicura garanzia di moralità, saranno per ordine del presidente del tribunale affidate agli istituti di patronato di cui nel precedente articolo.

    A questo potrà addivenirsi anche per loro libera elezione.

    Art. 11.

    All'onere derivante al bilancio dello Stato verrà fatto fronte, per un importo di 100 milioni di lire, con le maggiori entrate previste dalla legge 9 aprile 1953, n. 248.

    CAPO III Disposizioni finali e transitorie.

    Art. 12.

    È costituito un Corpo speciale femminile che gradualmente ed entro i limiti consentiti sostituirà la polizia nelle funzioni inerenti ai servizi del buon costume e della prevenzione della delinquenza minorile e della prostituzione.

    Con decreto Presidenziale, su proposta del Ministro per l'interno, ne saranno determinati l'organizzazione ed il funzionamento.

    Art. 13.

    Per effetto della chiusura delle case di prostituzione presentemente autorizzata entro il termine previsto dall'art. 2, si intendono risolti di pieno diritto, senza indennità e con decorrenza immediata, i contratti di locazione relativi alle case medesime.

    È vietato ai proprietari di immobili di concludere un nuovo contratto di locazione colle persone sopra indicate.

    Art. 14.

    Tutte le obbligazioni pecuniarie contratte verso i tenutari dalle donne delle case di prostituzione si presumono determinate da causa illecita.

    È ammessa la prova contraria.

    Art. 15.

    Tutte le disposizioni contrarie alla presente legge, o comunque con essa incompatibili, sono abrogate.

    La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addì 20 febbraio 1958

    GRONCHI

    Legge 13 marzo 1958, n. 264. Tutela del lavoro a domicilio.

    (GU n. 85, 9 aprile 1958)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    Art. 1.

     Sono considerati lavoratori a domicilio agli effetti della presente legge, le persone di ambo i sessi che eseguono nel proprio domicilio o in locali di cui abbiano la disponibilità - anche con l'aiuto dei familiari, ma con esclusione di mano d'opera salariata - lavoro subordinato comunque retribuito, per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie ed attrezzature proprie o fornite dall'imprenditore.

    I lavoratori a domicilio dovranno risultare iscritti in apposito registro tenuto da ciascun Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, a norma dell'art. 8 della presente legge.

    Non sono considerati lavoratori a domicilio le persone di ambo i sessi che eseguono, nelle condizioni di cui al primo comma, lavori in locali di pertinenza dell'imprenditore stesso, anche se per l'uso di tali locali o dei mezzi di lavoro in essi esistenti, corrispondono all'imprenditore un compenso.

    Gli artigiani iscritti negli albi di cui alla legge 25 luglio 1956, n. 860, non possono essere considerati a nessun effetto lavoranti a domicilio, anche se eseguono il lavoro loro affidato nella propria abitazione o presso il committente.

    Art. 2.

     Gli imprenditori che intendano commettere lavoro ai sensi dell'art. 1 della presente legge sono obbligati a iscriversi in apposito Registro dei committenti istituito presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

    A cura dell'ufficio gli imprenditori saranno classificati in apposito schedario, suddivisi per i vari tipi di lavoro a domicilio.

    Qualora l'imprenditore distribuisca o faccia eseguire lavoro a domicilio in più Province dovrà ottenere la iscrizione nel Registro di ciascuna Provincia.

    È fatto divieto ai committenti di lavoro a domicilio di valersi dell'opera di mediatori o di intermediari comunque denominati.

    Art. 3.

     Presso ogni Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituita una Commissione per l'iscrizione sul Registro dei committenti lavoro a domicilio.

    La Commissione ha inoltre il compito di accertare e studiare le condizioni generali e particolari in cui si svolge il lavoro a domicilio e proporre all'Ufficio o all'Ispettorato del lavoro competente gli opportuni provvedimenti.

    Detta Commissione sarà presieduta dal direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, e composta:

    a) dal capo circolo dell'Ispettorato del lavoro competente per territorio o da un suo delegato;

    b) da tre a sette rappresentanti per ciascuna parte delle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, nominati dal prefetto su designazione delle organizzazioni sindacali stesse.

    I membri della Commissione durano in carica due anni.

    Le domande d'iscrizione al Registro di cui all'art. 2 dovranno essere respinte quando:

    1) risulti che la richiesta di lavoro da eseguirsi a domicilio viene fatta a seguito di cessione - a qualsiasi titolo - di macchinari e attrezzature trasferite fuori dall'azienda richiedente e che questa intenda in tal modo proseguire lavorazioni per le quali aveva organizzato propri reparti con lavoratori da essa dipendenti;

    2) trattasi di lavoro per la cui natura l'esecuzione a domicilio appaia tecnicamente ingiustificata o risulti nociva, antigienica oppure priva di cautele sanitarie.

    Art. 4.

     I committenti, la cui domanda di iscrizione al Registro previsto dall'art. 2 sia stata respinta dalla Commissione provinciale, possono presentare ricorso alla Commissione centrale per il controllo sul lavoro a domicilio, di cui all'articolo successivo, entro il termine di quindici giorni dalla notifica della decisione.

    Quando si tratti di lavorazioni in corso all'atto dell'entrata in vigore della presente legge, il ricorso contro la reiezione della domanda di iscrizione sospende l'applicazione della decisione della Commissione provinciale.

    Le decisioni della Commissione centrale dovranno essere notificate agli interessati entro il termine massimo di due mesi dalla data del ricorso.

    Art. 5.

     Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è

    istituita una Commissione centrale per il controllo sul lavoro a domicilio.

    La Commissione ha il compito di esaminare e decidere sui ricorsi presentati dai committenti.

    Essa ha, inoltre, il compito di coordinare l'attività delle Commissioni provinciali in ordine agli accertamenti ed agli studi sulle condizioni in cui si svolge il lavoro a domicilio ed in merito ai provvedimenti da adottarsi per l'applicazione della presente legge.

    La Commissione centrale sarà presieduta dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale o da un suo rappresentante e composta:

    1) dal direttore generale della occupazione;

    2) dal direttore generale dei rapporti di lavoro;

    3) dal direttore generale della previdenza sociale;

    4) da sette rappresentanti sindacali per ciascuna parte dei lavoratori e dei datori di lavoro, nominati dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali stesse.

    I membri della Commissione durano in carica tre anni.

    Art. 6.

    I lavoratori che eseguono lavoro a domicilio dovranno essere retribuiti con tariffe di cottimo pieno risultanti da contratti collettivi di categoria o, in mancanza di questi, da pattuizioni preventive fra le parti, approvate dalla Commissione provinciale di cui all'art. 3.

    Dette tariffe debbono essere esposte, a cura dei committenti, nei locali di consegna del lavoro a domicilio e depositate, sempre a cura del datore di lavoro, presso l'Ispettorato del lavoro competente e presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

    Art. 7.

     Quando per ragioni di urgenza il lavoro a domicilio deve essere svolto in ore notturne o festive, il lavoratore ha diritto alle percentuali di maggiorazione stabilite dai contratti collettivi.

    Art. 8.

     Presso ciascun Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione è istituito un Registro dei lavoratori a domicilio, nel quale saranno iscritti tutti i lavoratori che ne facciano richiesta attraverso gli Uffici di collocamento competenti per

    territorio.

    L'impiego dei lavoratori a domicilio avviene esclusivamente tramite gli Uffici di collocamento competenti per territorio, coll'osservanza delle disposizioni della legge 29 aprile 1949, n. 264. È ammessa la richiesta nominativa.

    Art. 9.

     Ogni committente dovrà tenere, oltre ai libri obbligatori previsti dalle vigenti leggi sul lavoro, un apposito libro matricola per i lavoratori a domicilio, vistato e numerato in ogni foglio dall'Ispettorato del lavoro, nel quale dovranno essere iscritti nell'ordine cronologico della loro assunzione i lavoratori a domicilio.

    In tale libro matricola saranno segnate tutte le caratteristiche del rapporto di lavoro e la sua cessazione.

    Art. 10.

     Il lavoratore a domicilio, oltre al libretto di lavoro di cui alla legge 1 gennaio 1935, n. 112, deve essere munito, a cura dell'imprenditore, di uno speciale libretto di controllo che deve contenere la data e l'ora di consegna del lavoro affidato dall'imprenditore, la descrizione del lavoro da eseguire, la specificazione della quantità e della qualità del lavoro da eseguire, la specificazione della quantità e della qualità dei materiali consegnati; la indicazione della misura della retribuzione, dell'ammontare delle eventuali anticipazioni nonché la data e l'ora della riconsegna del lavoro eseguito, la specificazione della qualità e quantità di esso, degli altri materiali eventualmente restituiti e l'indicazione della retribuzione corrisposta, dei singoli elementi di cui questa si compone e delle singole trattenute.

    Il libretto personale di controllo, sia all'atto della consegna del lavoro affidato che all'atto della riconsegna sul lavoro eseguito, deve essere firmato dall'imprenditore o da chi ne fa veci e dal lavoratore a domicilio.

    Il libretto personale di controllo sostituisce a tutti gli effetti il prospetto di paga di cui alla legge 5 gennaio 1953, n. 4.

    Il libretto personale di controllo sarà conforme al modello che sarà approvato con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.

    Art. 11.

     Il lavoratore a domicilio ha diritto alla corresponsione di una percentuale sull'ammontare complessivo della retribuzione da valere a titolo di indennità per le festività, le ferie e per la gratifica natalizia.

    I contratti collettivi di lavoro di categoria stabiliranno la misura della percentuale predetta e le modalità di corresponsione.

    Gli stessi contratti collettivi regoleranno il preavviso e l'indennità di licenziamento.

    Art. 12.

     Il lavoratore a domicilio deve prestare la sua attività con diligenza, custodire il segreto sui modelli del lavoro affidatogli e attenersi alle istruzioni ricevute dall'imprenditore nell'esecuzione del lavoro.

    Il lavoratore a domicilio non può eseguire lavoro per conto proprio o di terzi in concorrenza con l'imprenditore, quando questi gli affida una quantità di lavoro atto a procurargli una prestazione continuativa corrispondente all'orario normale di lavoro secondo le disposizioni vigenti o quelle stabilite dal contratto collettivo di lavoro di categoria.

    Art. 13.

     Tutte le assicurazioni sociali in atto, delle quali per legge o per

    contratto collettivo usufruiscono i lavoratori interni della stessa industria, dovranno essere estese ai lavoratori a domicilio.

    Ai lavoratori addetti a lavorazioni che in precedenza normalmente venivano fatte a domicilio, ovvero quando l'occupazione a domicilio abbia carattere complementare ed accessorio rispetto alla normale attività esercitata dal lavoratore, saranno applicate le assicurazioni obbligatorie per l'invalidità, la vecchiaia, la tubercolosi, la maternità e l'assicurazione contro le malattie limitatamente all'assistenza sanitaria, come disposto dalle vigenti leggi e dai contratti collettivi di lavoro e con l'osservanza delle modalità ivi previste.

    Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto col Ministro per il tesoro e col Ministro per l'industria e commercio, sentita la Commissione di cui all'art. 16, determinerà con proprio decreto le lavorazioni di cui al presente articolo.

    Art. 14.

     La vigilanza sull'esecuzione della presente legge è affidata all'Ispettorato del lavoro, secondo le norme delle vigenti leggi.

    Art. 15.

     Il committente di lavoro a domicilio, il quale contravvenga alle disposizioni della presente legge sarà punito con l'ammenda da lire 2000 a 5000 per ogni lavorante a domicilio assunto e per ogni giornata di lavoro prestato, pena raddoppiata in caso di recidiva.

    Nei casi più gravi l'imprenditore potrà essere cancellato dal Registro di cui all'art. 2 della presente legge. Rientra fra questi casi l'impiego di mediatori o intermediari.

    Restano, in ogni caso, salve le penalità comminate per le infrazioni alle norme delle leggi e dei regolamenti sulle assicurazioni, sulla tutela delle lavoratrici madri, sul collocamento e ad ogni altra norma legale di tutela dei lavoratori se ed in quanto applicabile.

    Art. 16.

     Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita una Commissione parlamentare composta di sette senatori e di sette deputati, saranno emanate le norme di attuazione della legge stessa.

     La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

    Data a Roma, addì 13 marzo 1958

    GRONCHI

    Legge 7 dicembre 1959, n. 1083. Costituzione di un Corpo di polizia femminile.

    (GU n. 309, 22 dicembre 1959)

    La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

    IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

    PROMULGA

    la seguente legge:

    Art. 1.

    Sono istituiti i ruoli delle Ispettrici di polizia - carriera direttiva - e delle Assistenti di polizia - carriera di concetto - presso l'Amministrazione della pubblica sicurezza.

    Gli organici relativi sono stabiliti nelle allegate tabelle.

    Art. 2.

    Al personale femminile di polizia di cui all'articolo 1 sono affidate le seguenti attribuzioni:

    a) prevenzione e accertamenti dei reati contro la moralità pubblica ed il buon costume, la famiglia e l'integrità e sanità della stirpe nonché dei reati in materia di tutela del lavoro delle donne e dei minori;

    b) indagini ed atti di polizia giudiziaria relativi a reati commessi da donne o da minori degli anni 18 o in loro danno;

    c) vigilanza ed assistenza di donne e di minori nei cui confronti siano stati adottati provvedimenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o che siano stati, comunque, convocati presso gli Uffici di pubblica sicurezza;

    d) eventuali compiti di assistenza nei confronti di donne nonché di minori in stato di abbandono morale e sociale mediante opportuni collegamenti con Autorità ed Enti che tali specifici compiti perseguono.

    Art. 3.

    Alle ispettrici ed alle assistenti di polizia si applicano, salvo quanto diversamente disposto nella presente legge, le disposizioni previste per gli impiegati civili dello Stato.

    Art. 4.

    Le qualifiche delle ispettrici di polizia sono stabilite come segue:

    ispettrice capo;

    ispettrice di 1ª classe;

    ispettrice di 2ª classe;

    ispettrice di 3ª classe;

    vice ispettrice.

    Le qualifiche delle assistenti di polizia sono stabilite come segue:

    assistente superiore di 1ª classe;

    assistente superiore di 2ª classe;

    assistente di polizia di 1ª classe;

    assistente di polizia di 2ª classe;

    assistente di polizia

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1