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Sommario
INTRODUZIONE.................................................................................................................................................. 4
La ricchezza linguistica italiana ...................................................................................................................... 4
Italiano e italo-romanzo ................................................................................................................................ 4
Lanomalia dellItalia...................................................................................................................................... 5
CHAP. I ALCUNI CONCETTI DI BASE ................................................................................................................ 6
1.1 Lingua, Codice, Segno .............................................................................................................................. 6
1.2 Lingua, Cultura, Comunit linguistica ...................................................................................................... 7
1.3 Lingua, Dialetto, Volgare ......................................................................................................................... 7
1.4 Variazione e Variabilit ............................................................................................................................ 7
1.5 La Dialettologia e le discipline affini ........................................................................................................ 8
CHAP. II I SISTEMI DIALETTALI ITALO-ROMANZI........................................................................................... 10
2.1 Le classificazioni principali ..................................................................................................................... 10
2.1.1 L Italia dialettale di Ascoli ........................................................................................................... 10
2.1.2 L Italia dialettale di Merlo .......................................................................................................... 10
2.1.3 La ripartizione di Rohlfs .................................................................................................................. 10
2.1.4 I sistemi di Pellegrini.................................................................................................................... 11
2.1.5 Altri tentativi di classificazione ....................................................................................................... 11
2.2 Due carte a confronto ........................................................................................................................... 11
2.3 Il sistema settentrionale ........................................................................................................................ 11
2.3.1 Qualche dettaglio ulteriore ............................................................................................................ 12
2.4 Il sistema centrale.................................................................................................................................. 12
2.4.1 Qualche dettaglio ulteriore ............................................................................................................ 13
2.5 Il sistema centro-meridionale................................................................................................................ 13
2.5.1 Qualche dettaglio ulteriore ............................................................................................................ 15
2.6 Il sistema sardo ...................................................................................................................................... 15
2.6.1 Qualche dettaglio ulteriore ............................................................................................................ 16
2.7 Il sistema friulano .................................................................................................................................. 16
2.7.1 Qualche dettaglio ulteriore ............................................................................................................ 16
CHAP. III TRA LINGUA E DIALETTO ................................................................................................................ 17
3.1 Il repertorio e le sue variet .................................................................................................................. 17
3.1.1 Una prima classificazione ............................................................................................................... 17
Riassunto del testo Lingue e Dialetti dItalia, di Francesco Avolio. Ed. Carrocci, collana Le Bussole. A cura di Enzo Santilli, per info e
opinioni: enzo.santilli@live.it
Opera trattata per soli fini didattici. Tutti i diritti appartengono ai rispettivi proprietari.
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Opera trattata per soli fini didattici. Tutti i diritti appartengono ai rispettivi proprietari.
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Riassunto del testo Lingue e Dialetti dItalia, di Francesco Avolio. Ed. Carrocci, collana Le Bussole. A cura di Enzo Santilli, per info e
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INTRODUZIONE
La ricchezza linguistica italiana
LItalia il paese europeo che vanta la presenza del maggior numero di dialetti, ma oltre alla quantit delle
minoranze linguistiche parlate si pu riscontrare anche una importante distanza strutturale fra queste: i
dialetti non solo sono tanti ma alcuni sono anche molto diversi fra loro, anche se parlati in localit
geograficamente vicine. In alcuni casi questi sono addirittura pi simili ad altre lingue che allitaliano stesso.
Il dialetto quindi uno dei tanti patrimoni culturali italiani, non solo (come sostiene qualcuno) un relitto del
passato in via di estinzione, e come tale va preservato e studiato in quanto un insieme di conoscenze,
esperienze e competenze che di solito va sotto il nome di tradizione, o tradizione popolare o tradizione
culturale. Il dialetto, o la lingua pi in generale, il primo segno di diversit, e quindi identit, fonte di
identificazione sociale e di autoidentificazione sul piano psicologico e fornisce dunque un primo discrimine
fra noi e gli altri.
Vero che ci sono alcune zone dellItalia che hanno subito una forte contaminazione da parte dellItaliano e
dove quindi la prominenza delle forme dialettali va pian piano svanendo: un esempio potrebbe essere il
romanesco puro del Belli oggi quasi inesistente a Roma, del tutto involgarito, tanto da essere chiamato
romanaccio. Oppure Milano, che essendo diventato probabilmente il centro pi culturalmente variegato
dItalia, non pu esprimersi se non utilizzando un linguaggio quanto pi vicino allItaliano standard. In altri
casi, invece, il dialetto rimane vivo e presente, tanto che anche i giovani ne fanno un uso pressoch
quotidiano non solo da un punto di vista verbale ma anche su internet (blog, social networks). I dialetti
sono dunque vari ma non immobili, nel senso che questi posso cambiare o addirittura estinguersi col
passare del tempo a causa di influenze di tipo sociale e culturale che permeano una determinata zona
piuttosto che unaltra. Sono dunque beni immateriali, o per meglio dire inoggettuali o volatili perch
appunto hanno solo una breve durata e dunque non si possono documentare se non riproducendoli e
registrandoli.
Italiano e italo-romanzo
LItalia fa parte della Romnia e cio dellinsieme dei territori in cui si parlano le lingue neolatine o romanze
le quali sono una diretta continuazione del latino parlato allepoca dellImpero romano e nelle sue
provincie. Le lingue neolatine sono ripartite in quattro grandi gruppi:
I dialetti dItalia non derivano dallItaliano, ma bens dal latino, ed pi proprio definirli dialetti dItalia o
dialetti italo-romanzi anzich dialetti italiani. Questi vanno considerati come variet linguistiche al pari
di lingue maggiori come il Francese, lo Spagnolo o il Portoghese perch lItaliano standard fa si parte del
gruppo italo-romanzo, ma non si identifica con esso.
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Lanomalia dellItalia
Se si accetta, dunque, che ogni dialetto abbia la valenza di una lingua a se componendo dunque nella nostra
penisola una variet linguistica composta da una maggioranza di minoranze, risulta pi facile capire
come, paradossalmente, questa variet linguistica sia stata uno degli elementi fondamentali per arrivare
allunit del Paese. Fu infatti grazie allidioma toscano accettato come lingua tetto che si superarono
dapprima gli intricati confini politici che dividevano la penisola prima dellunificazione. quindi quello
dellItalia un caso anomalo di unificazione nazionale in quanto fu la lingua a determinare uno dei primi
fattori di unit (seppur con tanta variet interna!) e a gettare le basi per fare la Nazione, e non il contrario
come avvenne nella maggior parte degli altri casi in cui una volta ottenuta lidentit politica si procedeva
allunificazione di tipo linguistico.
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Al livello di suoni lunit minima viene chiamata fonema: la parola vedo composta dai fonemi /v/,
/e/, /d/, ed /o/. I fonemi dellitaliano sono 45 e vengono rappresentati da 21 segni detti grafemi;
Al livello grammaticale lunit minima il morfema: /-o/ il morfema che indica la persona, il modo
e il tempo delle azioni, cio ha una funzione grammaticale
Al livello lessicale lunit minima composta dal lessema: ved- lunit minima lessicale che indica
il tipo di azione compiuta.
Fonetica, morfologia e lessico sono tutti livelli di analisi di una data lingua.
Essendo poi questi segni interdipendenti fra loro, essi possono legarsi e comporre parti strutturali maggiori.
I fonemi, rappresentati da grafemi, si legano e formano le parole (morfemi e lessemi), pi parole formano
un sintagma, pi sintagmi una frase, pi frasi un periodo e pi periodi un testo (con rare ma significative
eccezioni di testi formati anche da una sola frase o addirittura da una sola parola). In questo modo una
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cio la propriet delle lingue di presentare oscillazioni e fluttuazioni, propriet messa in risalto dalla loro
naturale variabilit, mentre per variet si intende il prodotto di questa trasformazione, cio laspetto
statico della variazione stessa. Detto ci si pu affermare che i dialetti siano sottoposti a variazioni pi o
meno sistematiche presentando quindi aspetti di variabilit cos definiti:
-
Variazione o variabilit diacronica: quella variazione che un dialetto o una lingua subisce col
naturale trascorrere del tempo per cause sociali, politiche e culturali (es. il latino che diventa
italiano). A questo termine Saussure associ quello della sincronia, ad indicare una precisa fase
della vita delle lingue.
Variazione o variabilit diatopica: indica quelle variazioni che si hanno in base al contesto
geografico in cui una lingua o un dialetto vengono parlati. legata quindi allo spazio, o per meglio
dire alla dimensione territoriale.
Variazione o variabilit diastratica: detta anche verticale, quella legata alle differenze di strato
sociale.
Variazione o variabilit diafasica: quella osservabile nelle conversazioni concrete in cui si trova il
parlante, dipende cio dagli interlocutori e dalle relazioni che intercorrono fra loro. E in questo
caso che pi spesso si riscontrano cambiamenti di registro (ogni particolare livello a cui la lingua
viene espressa).
Variazione o variabilit diamesica: riguarda infine il mezzo che viene utilizzato per comunicare. Se
fino a qualche decennio fa ci si limitava ad esprimersi quasi esclusivamente in maniera orale o
scritta, oggi con lavvento di internet e dei telefoni cellulari sono comparsi nuovi metodi di
comunicare con annessi registri, limitazioni e innovazioni. Basti pensare al linguaggio, a met fra lo
scritto e il parlato, utilizzato nei social network o via SMS.
Questi sono dunque gli assi attorno ai quali ruota una lingua e pi nello specifico ogni dialetto, strumenti
indispensabili per riuscire a differenziarne i tipi e scorgere allo stesso tempo le relazioni che li uniscono.
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prima che il termine venisse coniato (USA, 1952). Allo stesso modo la dialettologia collabora strettamente
con la filologia per poter ricorrere con sicurezza ai dati contenuti nei testi e documenti del passato e per
dare a questi una pi precisa posizione storica. In fonetica la dialettologia utile per studiare lintonazione
(o prosodia) ad esempio, in quanto la contaminazione o linterferenza di un dialetto su un altro influiscono
o possono influire nel modo in cui le parole vengono pronunciate.
Quando, originariamente come allegato allAIS poi come pubblicazione autonoma, Paul Sheuermeier
present il suo Il lavoro dei contadini la dialettologia entr a contatto con ancor pi campi di studio. Si
trattava di due poderosi volumi che descrivevano attrezzi, oggetti, luoghi e tecniche del lavoro agricolo in
Italia a cavallo fra le due guerre e fecero avvicinare di molto la dialettologia alletnografia, alla geografia
umana, alla storia dellagricoltura, storia della scienza e della tecnica e alla sociologia rurale e del lavoro. In
maniera non altrettanto evidente, ma sicuramente valida, la dialettologia si lega e collabora con la
paremiologia (studio dei proverbi), letnoscienza e pi precisamente etnolinguistica (studio dei rapporti fra
linguaggio ed esperienza), semantica (studio del significato delle parole), onomastica con le sue branche
toponomastica (studio scientifico dei nomi dei luoghi) e antroponima (studio scientifico dei nomi, cognomi
e soprannomi).
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dialetti appartenenti a sistemi neolatini non peculiari allItalia perch al difuori dei suoi confini
(dialetti franco-provenzali, ladini e friulani)
dialetti che si distaccano dal sistema italiano vero e proprio ma che allo stesso tempo non fanno
parte di alcun sistema neolatino estraneo allItalia (dialetti gallo-italici come il ligure, piemontese,
lombardo ed emiliano, e dialetti sardi)
dialetti che si scostano dal tipo toscano ma che posso entrare a far parte col toscano di uno
speciale sistema di dialetti neo-latini (veneziano, corso, siciliano, napoletano, dialetto umbro e
marchigiano)
il toscano e il linguaggio letterario degli Italiani
I dialetti sardi, corsici e friulani (o ladini) farebbero gruppo a se. Questo metodo, considerando limportante
influenza che il sostrato avrebbe avuto sulla formazione dei dialetti, da a questi un importante aspetto di
continuit, pur differenziandoli.
2.1.3 La ripartizione di Rohlfs
Il grande linguista svizzero Gerhard Rohlfs si concentr invece sui dati provenienti dallAIS grazie ai quali
riusc ad effettuare un ultima, importantissima differenziazione fra le svariate variet linguistiche della
penisola. Egli si avvalse delle cosiddette isoglosse, linee che si ottengono unendo su una carta geografica i
punti che delimitano lespansione di un dialetto, e scopr che due importanti fasci insiemi di isoglosse pi
o meno sovrapposte percorrevano la linea La Spezia Rimini e la linea Roma Ancona. La prima linea
delimitava il confine fra il Romanzo occidentale (gallo-romanzo, ibero-romanzo, sardo dove ad esempio
veniva fortemente pronunciata la s finale) da quello orientale (italo-romanzo, daco-romanzo o rumeno)
differenziando quindi i dialetti settentrionali da quello toscano, romano, umbro e da tutte le altre aree
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toscanizzate mentre la seconda poneva un confine fra questi e quelli centro meridionali. Va specificato,
comunque, che queste linee non hanno solo una valenza linguistica, ma giustificano le differenze fra i vari
dialetti anche da un punto di vista geografico (linfluenza della catena appenninica) che ha a sua volta
determinato cambiamenti pi o meno netti anche dal punto di vista politico e sociale, quindi storico.
2.1.4 I sistemi di Pellegrini
Nel 1975 infine Gian Battista Pellegrini ha fatto riferimento allitaliano come lingua-tetto quale unico mezzo
di distinzione da considerare indiscriminabile per un confronto fra i sistemi linguistici neo latini sviluppatisi
in Italia e grazie al lavoro dei tre precedenti studiosi giunto alla conclusione ancor oggi abbastanza
accreditata che le principali divisioni possono identificarsi in cinque categorie: il sistema linguistico italiano
settentrionale, quello friulano o ladino-friulano, quello toscano o centrale, quello centro-meridionale e il
sardo.
2.1.5 Altri tentativi di classificazione
Altri metodi, pi sistematici, sono stati tentati per stabilire quanto due o pi dialetti potessero essere
differenti dal latino o fra di loro. Uno di questi fu proposto da Giacomo Devoto nel 1970. Il metodo
consisteva nell attribuire ad ogni dialetto un valore numerico di 1 o 0 a seconda di quanto questo differisse
dal latino (pi alta era la somiglianza, maggiore era il punteggio); ne risult che a parte il toscano i pi vicini
alla lingua madre fossero il sardo e il lucano mentre i dialetti centrali scivolavano addirittura dietro al
friulano. Quasi contemporaneamente (1975) Pellegrini utilizz un metodo simile aggiungendo maggiori
termini di paragone e confrontando i dialetti reciprocamente, due a due, attribuendo punteggi che
prevedessero per non solo uguaglianza (2) e diversit (0) ma anche similitudine (1). Anche in questo caso i
risultati furono singolari: il lucano risultava pi simile al sardo e al portoghese che non allitaliano, il friulano
era pi simile al provenzale che non al contiguo cadorino.
Per quanto suggestive queste indicazioni vanno prese con le molle in quanto non considerano il
fondamentale fattore che la scelta di una determinata parola, pronuncia o formulazione delle frasi per ogni
dialetto di origine prima di tutto arbitraria, quindi non sottost a nessuna legge numerica o statistica. Qui
viene di nuovo fuori la potenza della lingua.
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gallico che comprendono Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Occidentale, Emilia e Romagna) e i dialetti
del Nord Est veneti e istriani (Veneto, Trentino Orientale, Venezia Giulia e Istria).
I tratti pi tipici di queste parlate sono i seguenti:
La sonorizzazione delle consonanti sorde intervocaliche. -t-, -p- e -k- diventano rispettivamente -d-,
-v- e -g-. Ad esempio: fratello fradl, marito mardo, capelli cavli, nipote nvda,
ortica urtga, fico fgo. In alcune variet i sonorizzati d e g possono anche cadere (es.
maro)
La riduzione o scempiamento delle consonanti doppie o intense. Abbiamo fiama, madna, spala,
anzich fiamma, madonna e spalla
Il cosiddetto avanzamento dei suoni e che diventano z e o s e . Cena sna na
Avviene il fenomeno della palatizzazione in cui i nessi latini CL- e GL- diventano e . Chiave
ciaf ciav ciave, ghianda gianda
Luso dei pronomi personali soggetto a cui si aggiungono spesso pronomi rafforzativi clitici. Ti te
guardet (tu guardi), mi g dito (ho detto)
Le maggiori differenze fra le variet occidentali e orientali risiedono, ad esempio, nel fatto che gran parte
dei primi conosce vocali di tipo misto tipicamente francofone come e , ignote ai secondi; nei primi
cadono spesso le vocali finali non accentate mentre nei veneti esistono in larga misura. Alcuni esempi di
questi due casi sono la parola fuoco che diventa fk in milanese ma fgo in veneziano e domenica che
mentre in romagnolo dmnga, viene pronunciato come domnega in veneziano. Ulteriori differenziazioni
vengono fatte dalla palatizzazione della a tonica evidente in Piemonte ed Emilia (la a diventa quasi una
netta ) ma sconosciuta in Veneto e infine dal trattamento del nesso latino CT- che in Piemonte si sviluppa
in it come nellantico franceste (FACTUM fatto fit), in Lombardia diventa - come nello spagnolo
(fa) mentre nel veneto si limita a ridurre le consonanti (fato).
2.3.1 Qualche dettaglio ulteriore
Una caratteristica morfologica molto interessante del Piemontese risiede nel trasformare la prima persona
plurale in -uma (partiamo partuma) che in Lobardia e Trentino diventa -um. In Lombardia un dialetto
differente intercorre fra le due sponde dellAdda dove, in particolare nel Bergamasco la s iniziale diventa h.
In Veneto il suffisso latino ARIUS diventa r o ar a seconda del luogo di pronuncia (carbonario
carbonr -> carbonaro). In Istria, infine, come per tutte le zone di confine in cui gli assetti politici sono stati
drasticamente mutati nel corso della storia, si ha senza alcuna particolare sistematicit unalternanza di
influenze romanze e non romanze.
Il dittongamento di -- accentata in -j- sillaba libera (terminante per vocale) noto appunto come
dittongamento toscano e di -- in -w- : pide, vini, buno, vuto. Paradossalmente pur
rimanendo nella lingua ufficiale questultimo scomparso dalloriginale fiorentino (abbiamo vto,
bno)
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Accanto a questi tratti ce ne sono altri che non sono tipicamente italiani:
La cosiddetta gorgia cio la pronuncia spirante di -k-, -t- e -p- tra le vocali: la casa la hasa,
andato andatho, il lupo i llupho, che a volte pu arrivare anche al dileguo: asino ciuho
cio. In diversi casi la gorgia non sembra esclusiva della posizione intervocalica, tanto che
diventa quasi pi correttamente una spirantizzazione postvocalica come nei casi di la classe la
hlasse, aprile aphrile e vetro vethro
La sostituzione della prima persona plurale del presente indicativo con il costrutto si + terza
persona singolare: noi si va a Rroma
Le interrogative introdotte da o: o cche ttu ffai?
Il dialetto romanesco moderno frutto di un processo che ha visto influenze toscane e meridionali
portandolo ad assumere caratteri del tutto estranei al fiorentino come la mancata chiusura di e prima
dellaccento (de Roma), lo sviluppo di -RJ- a -r- (macellaio macellaro), le assimilazioni consonantiche
progressive (andare ann), la distinzione fra le coniugazioni della prima persona plurale dellindicativo
presente (cantmo, vedmo, sentmo).
2.4.1 Qualche dettaglio ulteriore
La parte nord-occidentale dellUmbria si pu considerare senza grosse fratture come una continuazione
della Toscana meridionale mentre in area viterbese si riscontrano gi presenze di dittonghi metafonetici,
assimilazioni consonantiche progressive e il possessivo enclitico, pi tipiche delle cosiddette aree mediane
quelle cio a sud della linea Roma Ancona ma estremamente a nord rispetto alla variet dei dialetti
meridionali.
Larea mediana che include il Lazio a sud del Tevere, lUmbria sud-orientale, le Marche centromeridionali e la parte settentrionale dellAbruzzo (LAquila e Avezzano);
Larea meridionale, detta anche alto meridionale che include per intero Molise, Campania e
Basilicata, poi le Marche meridionali, tutto lAbruzzo ad esclusione dellarea mediana, il Lazio
meridionale un tempo campano, la Puglia centro-settentrionale fino alla linea Taranto Brindisi e
la Calabria settentrionale fino alla linea Diamante Cassano (queste due linee sono entrambe
descritte nella Carta dei dialetti dItalia del Pellegrini);
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Larea meridionale estrema che prosegue dalle due linee pugliesi e calabresi fino alla Sicilia
La metafonesi, cio linnalzamento del timbro delle vocali accentate -- e -o- che diventano
rispettivamente -i- e -u- per influsso delle vocali finali latine originali -I e -U: aceto acit,
mondo munn, mentre -- e -- dittongano dando luogo al cosiddetto dittongamento
napoletano o metafonesi napoletana: petto pitt, osso uoss oppure chiudersi in -- e
-o- (allAquila pttu e focu)
Il betacismo, cio quando v- muta in b- in posizione iniziale e tra vocali, e b- raddoppia nel caso in
cui si ha un raddoppiamento sintattico: una volta na vot ma tre volte tre bbot, battere
vattr ma sbattere battut
Le assimilazioni consonantiche progressive dei nessi originari -ND-, -MB-, -LD- : in Molise abbiamo
tutti e tre i casi con tondo tunn, gamba hamm, caldo call
La cosiddetta lenizione postnasale cio la transizione quasi totale, dopo -n-, dei suoni -k-, -t-, -p- a
-g-, -b-, -d- : banco bbangh, monte mond, campo camb
Gli sviluppi di -L- + consonante che possono essere rotacismo (trasformazione di un fonema in -r
nap. curtill per coltello), velarizzazione, cio il passaggio a -w- o -v- (in provincia di LAquila
fvc per falce, a Campobasso, cauzon per calzone) e il dileguo (sempre a LAquila una volta
diventa na t)
Luso del possessivo enclitico, cio postposto e privo daccento, nei nomi di parentela (mia figlia
fijjima)
La conservazione del neutro latino per nomi che non ammettono una forma plurale e con aggettivi
e verbi sostantivati: in napoletano il ferro o ffirr e il comprendere o ccap. A volte per
esprimere la stessa funzione vengono utilizzati pronomi dimostrativi come nellaquilano sso quissu
per ecco qui questaltro
Luso di tenere per avere quando non utilizzato come ausiliare (tngo tre fijji)
Le principali differenze fra i dialetti fra area mediana e meridionale possono essere riassunte come segue:
-
Nella maggior parte dei dialetti meridionali le vocali finali non accentate passano alla e muta,
altrimenti nota come schwa, ma nellarea alto mediana in una linea che va dal Tirreno, attraverso la
Ciociaria, laquilano e la Marsica fino allAdriatico in prossimit di Ascoli Piceno, questa
caratteristica sembra scomparire. A Foligno abbiamo ad esempio capllu per capello e a Rieti
saccio per so
Gli sviluppi dei nessi latini PL- e FL-. Mentre in area mediana diventano, come per litaliano, pj- e fj-,
nei dialetti meridionali questi diventano chj-, - e - : a Castel di Sangro piano chjan, mentre in
catanese un fiore diventa n uri.
Numerose sono invece le differenze fra i dialetti meridionali estremi e quelli centro-meridionali , fra cui:
-
I sistemi meridionali estremi hanno un sistema vocalico tonico di soli cinque elementi nel quale
mancano le vocali chiuse -- e -o- : filo filu, neve nivi
Quasi consequenzialmente le vocali finali della maggior parte delle parole sono tre: i, u, a
La pronuncia cacuminale o retroflessa, cio con la lingua che punta il palato, di -dd- derivante da LL- e di nessi consonantici come -tr- e -str- che diventano quasi -- e --. Abbiamo bella bdda,
padre paci, strano scianu
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Il mantenimento delle vocali latine: FILU filo filu, GULA gola gula
La conservazione di -k- e -g- nelle parole in cui sono seguite da -i- e -e-, pronuncia ancora tipica del
latino classico: cento chntu, genero ghneru
Lo sviluppo di consonante + L a consonante + r: fiamma framma, piano pranu
La conservazione delle consonanti finali, soprattutto -S, soprattutto nel neutro e nei plurali: corpo
corpus, donne fminas
Il passaggio dei nessi QU- e GU- a (b)b- : acqua abba, lingua limba, noti anche al rumeno
Lassimilazione del nesso latino -GN- in -nn- : LIGNA legna linna, MAGNU(M) grande
mannu
Gli articoli determinativi non derivanti, come per la maggioranza delle lingue neolatine, da ILLU(M)
e ILLA(M) ma bens da IPSU(M) e IPSA(M): il tetto sa cobertra, i tempi sos tmpos
Il futuro semplice disposto diversamente dallitaliano col verbo avere che precede linfinito:
vender app a vnde, andremo amus andare
Limperativo negativo costruito sul tipo non cantes anzich sul modello italiano noli cantare
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Alterazione dei nessi ca- e ga- che come nel francese antico diventano cia- e gia- : caro ciar,
gallo gial
Mantenimento della -S nella formazione dei plurali: cani cianis
Mantenimento di consonante + L a volte semplificato il -l- : bianco blanc, orecchio orla
La sopravvivenza della distinzione quantitativa fra vocali lunghe e brevi che produce un certo
numero di coppie minime: lat per andato e latte, e pas per pace e passo
La complessa dittongazione di vocali accentate, principalmente e con esiti vari: bello bil,
corpo curp
I diminutivi in -ut: alberello abrult
Il passato prossimo bicomposto: ho visto o aj vut viodt, lett. io ho avuto visto
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italiano popolare e italiano regionale anche vero che mette in giusto risalto le differenze fra italianodialetto e dialetto-italiano evidenziando come queste due forme oltre ad essere ben distinte riescano a
incontrarsi e contaminarsi.
10)
11)
Lui, lei, loro come pronome soggetto al posto di egli, ella, essa, essi, esse;
Gli con valore di a lei, a loro;
Frequenza delle forme dimostrative sto e sta;
Uso di ridondanze come a me mi;
Costrutti non il partitivo, simili a quelli francesi (ho preso del vino);
Ci attualizzante, al posto del verbo avere (che chai?);
Dislocazioni a sinistra e a destra con ripresa o anticipazione pronominale obbligatoria (i giornali li
hai presi?);
Anacoluti, cio frasi interrotte da altre con diversa struttura sintattica (Maria, non le ho detto
niente);
Il cosiddetto che polivalente, usato al posto di verbi o altri relativi (sono arrivato alla stazione che
[quando] il treno era gi partito o, a livelli pi bassi, Londra una citt che [in cui o dove] ci piove
sempre);
Cosa interrogativo al posto di che o di che cosa;
Il periodo ipotetico dellirrealt formato con il doppio imperfetto indicativo (se lo sapevo non
venivo);
Mentre i tratti 1, 5, 7, 9, 10 e 11 oggi sono ampiamente usati e ammessi nella prosa giornalistica e nella
narrativa, gli altri restano censurati o censurabili e considerati errori.
Riassunto del testo Lingue e Dialetti dItalia, di Francesco Avolio. Ed. Carrocci, collana Le Bussole. A cura di Enzo Santilli, per info e
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La pronuncia di e pu essere diversa da quella standard, ad esempio chiusa nelle parole sdrucciole
(mdico) e prima di un suono palatale (mglio) o nasale (vnto), aperta nei monosillabi e nelle
parole tronche (m, perch) soprattutto in Lombardia ed Emilia
Le consonanti intense nellitaliano standard dei suoni palatali , e l vengono scempiate in sj, nj e
lj, (bagno banio, figlio filio) e il raddoppiamento fonosintattico evitato (a ltto anzich a
lltto)
Soprattutto in Emilia-Romagna la s sonora viene palatizzata in e la z ridotta a s (ma sai mo ai,
abbastanza bastansa)
frequente luso dellarticolo determinativo con i nomi propri
Sono frequenti le forme verbali con laggiunta di su e gi (salire venir su, poggiare metter
gi)
Sono diffuse fino alla Toscana le forme apocopate dellindicativo terza persona plurale dei verbi (ci
vediam domani, non ce lhan detto)
Il mica viene spesso sostituito al non nelle negazioni (vngo mica anzich non vngo)
Soprattutto in Veneto il che pu essere aggiunto ad altre congiunzioni (mentre che lavora, quando
che va).
La pronuncia spirante della g intervocalica, estesa fino alle Marche e allUmbria (la gente la
ente, pagina paina)
La passaggio di intervocalica a , comune anche allarea romana (facile faile, luce lue)
Luso di punto al posto di per niente
Luso di codesto, cost e cost
La preferenza di te come pronome soggetto o come rafforzativo di tu (te ttu sta zzitto!)
Le forme pronominali la lei e gli esso usate come soggetto delle frasi di terza persona (la mha
risolto un problema, gli che non si vede)
La sostituzione della prima persona plurale con il si impersonale
Lo anteposto a nomi propri o inserito in apertura delle frasi interrogative.
Una diversa distribuzione delle vocali medie , , , o rispetto alla pronuncia fiorentina (dvo,
bbstia, colnna, dpo)
La realizzazione intensa di b e g palatale tra vocali (bbito, viggile)
Il passaggio di s a z dopo l, n, r detto affricazione
Il troncamento (apocope) degli allocutivi (Franc) e degli infiniti
Lassenza, a differenza dellitaliano toscano, del raddoppiamento sintattico dopo da, dove e come
Il te, stavolta analogamente al toscano, utilizzato come pronome soggetto
Laggettivo possessivo che di solito segue il nome (il quartiere mio)
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Tra i tratti pi tipici del meridione e in particolare dellarea napoletana si segnalano invece:
La pronuncia aperta di -- accentata in alcune parole (bijjtto, vro) e negli avverbi in -mente, e a
volte quella di una -- aperta non standard sia dove compare nel dialetto (nme, lro, pnte) sia
dove questo dimostra dittonghi metafonetici (girno, snno)
Alcuni dittonghi italiani vengono pronunciati con cadenza dialettale (veni, loghi, celo, sufficente)
La palatizzazione della sibilante anteconsonantica, soprattutto in Abruzzo e Molise (carpa, tlla)
La pronuncia di + -TJ- latino come in naione, valutaione
Luso del voi come forma allocutiva di rispetto o cortesia
starci e tenere al posto di esserci e avere
Il cosiddetto accusativo preposizionale introdotto da a (hai visto a Mmaria?).
Leliminazione delle differenze fra vocali aperte e vocali chiuse con una pronuncia generalmente
media
La cancellazione delle differenze fra consonanti scempie e intense la vocale tonica (tappeti diventa
quasi tappetti)
Il rafforzamento della r senza che per diventi retroflessa come in Sicilia (la rranocchia)
La frase con il verbo in fondo (cos mi hanno detto).
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barriere rappresentate dai dialetti e di acquisire una lingua comune e poi come il tipo di italiano
imperfettamente acquisito da chi ha per madrelingua il dialetto. infatti fortemente riscontrabile in
persone poco colte (principalmente anziani), in documenti scritti da chi ancora in una fase di
apprendimento della lingua (temi scolastici) e, prima dellavvento del telefono, nella maggior parte delle
comunicazioni quasi tutte di tipo epistolare che avvenivano fra la bassa plebe. A differenza dellitaliano
regionale, questo non pu convivere con litaliano standard perch una forma esclude laltra e inoltre viene
considerato maggiormente scorretto o censurabile rispetto alla variet regionale. Oggi considerato
principalmente un interlingua, una variet facente parte cio del processo di apprendimento di quella
standard che sparisce, presumibilmente, del tutto o quasi con la crescita.
I tratti caratteristici, scritti e parlati, di questa variet sono:
Scarso rispetto delle regole ortografiche, delle univerbazioni (telo do), le incertezze nelluso delle
doppie e di alcuni grafemi (fato per fatto e i pi noti squola e cuadro)
Riproduzione, per iscritto, di pronunce regionali (itagliano, eccezzione)
Ipercaratterizzazione del genere (al Sud possiamo avere ponto per ponte e moglia per moglie)
Forme verbali errate (ho andato, se ce lavrei)
Rafforzamento analitico dei superlativi (pi migliore, molto bellissimo)
Uso improprio del clitico ce, ci come dativo (ce lo do)
I cosiddetti malapropismi, cio parole assimilate ad altre pi trasparenti e familiari (celebre per
celibe)
Tipi lessicali popolari (beccare per prendere, botta per colpo)
Vocaboli o sintagmi di particolare forza espressiva (malato o scemo nel cervello per pazzo).
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parlato-parlato. la normale conversazione faccia a faccia con tutti i tratti tipici delloralit
spontanea come gli scambi di ruolo, le interruzioni, le sovrapposizioni e luso della gestualit. Gran
parte del significato dei messaggi dipende dalla situazione.
parlato-recitato. quello non spontaneo, rappresentato ad esempio da un monologo o da una
lezione in classe. Presenta una coerenza tematica che non permette al discorso di spaziare troppo e
pu essere basato (ma non obbligatoriamente) su appunti scritti che per non lo condizionano in
modo vincolante.
parlato-recitando. quella forma che trasporta fisicamente il parlato allo scritto in quanto ci che
viene detto preso da un testo scritto che deve essere detto come se non fosse scritto. il caso dei
copioni teatrali e delle sceneggiature cinematografiche che danno al discorso una dipendenza dal
testo scritto molto forte ma non ancora totale perch pu essere affiancata da gestualit e
improvvisazione.
parlato-scritto. quello che pu essere definito uno scritto per essere letto. Lesempio pi
tipico un annuncio al telegiornale o il discorso di una conferenza: qui la dipendenza con la parte
scritta assoluta ma proprio la parte scritta che deve, assieme allabilit del lettore, essere in
grado di assicurare una corretta ricezione del messaggio da parte di chi ascolta, pena una caduta
dellattenzione.
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Nel parlato-parlato com presumibile le influenze dialettali sono molto pi forti che negli altri casi, ma
anche vero che la storia letteraria dellItalia ci propone molti testi dialettali che possono degnamente
essere enunciati anche nelle altre forme (poesie, sceneggiature teatrali ecc..).
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limportanza dei dialetti e la loro perseverazione affiancata da un rimpianto nostalgico del folklore che il
dialetto stesso in parte rappresenta, che per troppo facilmente si trasforma in semplice diffidenza o
scontrosa chiusura nei confronti di chiunque non si identifichi con una particolare immagine del passato.
Cos facendo si crea spesso anzich una dovuta attenzione al problema e alla valorizzazione della lingua
una sorta di dialettofobia tuttaltro che utile alla coesione e al progresso nazionale.
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la loro breve storia allinterno della penisola stanno man mano insediandosi in maniera radicata e
assumendo importanza a livello di numero di parlanti.
I walser, stanziati in Piemonte e Val DAosta e originari della Baviera, giunti in zona nel XIII secolo
come boscaioli, costruttori e allevatori dalta quota. interessante la situazione linguistica di Issime
(AO) dove comunit franco-provenzali e germaniche condividono la quotidianit cittadina e si
mescolano anche creando gruppi familiari misti, riuscendo tuttavia a tutelare entrambe le
minoranze.
I mcheni del Trentino, limitrofi al Sud Tirolo ma mai direttamente a contatto con questo,
discendenti minatori di lingua (alto)tedesca stanziatisi nel Medioevo a Pal del Fersina (TN). Il loro
nome deriva da mchen fare (tedesco standard machen).
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I cimbri, stanziati in due zone del Veneto: la prima in provincia di Verona in un altopiano noto
anche col nome di Altopiano dei Tredici comuni per via dei comuni che tempo fa parlavano la
minoranza germanica, oggi ridotti a uno (Giazza). Cimbra anche una comunit dellAltopiano di
Asiago (VI) chiamato per la stessa ragione del precedente Altopiano dei Sette comuni, oggi ridotti al
solo Roana.
Ci sono poi tre paesi di origine austriaca (carinziana) fra il Veneto e il Friuli e sono: Sappada/Plodn
(BL), Sauris/Zahre (UD) e Carnia. Timau, frazione del comune di Paluzza (UD) considerata invece
una vera e propria propaggine vista anche la sua vicinanza fisica con la frontiera austriaca.
Nel Friuli infine ci sono alcuni gruppi germanofoni in provincia di Udine che condividono tedesco e
sloveno, riuscendo a padroneggiare anche la variet cranica del friulano e litaliano.
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delle colonie della Magna Grecia, ipotesi resa ancor pi probabile dal fatto che nel medioevo larea
grecofona includeva pressoch tutta la Calabria meridionale.
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