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HABERMAS TRA POLITICA, ETICA E RELIGIONE

nota lattenzione nei confronti di Habermas da parte della teologia di area


tedesca e anglosassone, in particolare da quella che viene chiamata nuova
teologia politica(1); attenzione che data perlomeno dal momento in cui il
filosofo di Francoforte ha portato consistenti contributi al volume che raccoglie
gli interventi suscitati dal Methodenstreit sulla Logica delle scienze sociali,
aperto dal confronto tra Karl Popper e Theodor Adorno al Congresso della
societ tedesca di sociologia(2). La teologia non ha eluso il confronto con
Habermas messa in questione dalla sua teoria della razionalizzazione sociale e
dalla connessa critica della religione, dalla teoria del sistema e del mondo vitale,
della modernit e del livello di complessit organizzativa in essa raggiunta,
presentando differenziati atteggiamenti: dalla critica serrata, al confronto
dialettico, allutilizzazione dellampia concettualizzazione habermasiana sino
alla sottolineatura delle aporie via via emergenti(3).

1 - Agire comunicativo e tradizioni


Preme qui ricordare che tra gli interventi seguiti al dibattito tra Popper e
Adorno, gli scritti di Habermas avevano suscitato una polemica aspra con Hans
Albert(4). Questi, schierato a fianco di Popper nella difesa delle scienze sociali a
orientamento empirico-analitico, sosteneva linfondatezza di una giustificazione

oggettiva dellagire pratico in base ad un supposto senso della storia o alla sua
dinamica immanente. La conoscenza scientifica (secondo la lezione di Max
Weber) non offre istruzioni normative, offre soltanto momenti di critica e di
chiarificazione dal momento che dagli asserti attuali non possono essere tratti
giudizi di valore che sono demandati alla decisione del soggetto; essa pu al
massimo segnalarne la contraddittoriet e linconciliabilit con determinate
circostanze di fatto, scientificamente accertate.
Per Habermas, invece, le scienze sociali di stampo empirico-analitico
producono conoscenza valida solo nel campo di un determinato interesse conoscitivo (di carattere tecnico) e non esauriscono lambito della razionalit. Esiste
infatti un uso della ragione che formula problemi relativi al vivere sociale e alle
concezioni che i gruppi hanno di se stessi: questioni non prive di senso e che
non si sottraggono alla discussione vincolante Essi derivano dal fatto che la
riproduzione della vita sociale non pone solo problemi tecnicamente risolvibili,
ma comprende qualcosa di pi dei processi di adattamento conformi al modello
dellimpiego razionale dei mezzi relativi ad un fine dato(5). Comprende, ad
esempio, anche la questione dellidentit che, a differenza delle societ animali, deve essere continuamente costruita, distrutta e formata(6). Nellevoluzione
della coscienza il problema dellidentit si pone come problema insieme della
sopravvivenza e della riflessione. da esso che la filosofia dialettica prese anticamente le mosse(7).
Tale razionalit si manifestata (e continua a manifestarsi) nella stessa impresa
cooperativa della ricerca scientifica: la comunit dei ricer-catori discute i
principi della ricerca scientifica metodicamente regolata e giunge allintesa su di
essi, tramite forme di razionalit ermeneutica (discorsiva) distinte da quelle che
vigono nellattivit sperimentale. Gli scienziati non elaborano

solo teorie esplicative di fenomeni, ma discutono e si accordano su criteri che le


rendono accettabili. Non formulano teorie sul comportamento dei loro colleghi,
ma cercano convergere con loro in vista di un accordo. Negli interventi di
Habermas sulla Methodenstreit erano gi presenti in nuce le tesi sviluppate poi
in Conoscenza e interesse(8), critiche anche nei confronti della posizione
marxiana classica, secondo cui le dinamiche del lavoro sociale determinano il
processo dellautoproduzione storica.
A dare rilievo alle tesi di Habermas presso i teologi aveva contribuito lavallo
venuto dallo stesso Adorno che, nella lunga e densa introduzione a Dialettica e
positivismo logico, laveva difeso, tra laltro, dallaccusa lanciata da Albert di
sostenere unidea totalizzante della ragione, con tutte le colpe della filosofia
dellidentit. E Adorno, con Horkheimer e Benjamin, era allora centro dellattenzione di molti teologi tedeschi per le indagini sullIlluminismo, per la consapevolezza che elementi importanti della tradizione ebraica avevano accompagnato la storia della teoria critica, di modo che il divieto veterotestamentario di
farsi delle immagini di Dio si era fuso con la critica di ogni metafisica oggettivante. A questo si accompagnava il motivo del materialismo storico e la tendenza ad osservare il procedere della storia nella prospettiva delle sue vittime, spesso innocenti. In Benjamin soprattutto la volont di combinare insieme pensiero
teologico e materialismo storico era parsa pi che mai esplicita. Basti pensare
alla prima delle quattordici tesi di Angelus novus dove fissata la linea centrale
della sua filosofia nella storia con la metafora dellautoma (il materialismo storico) e del nano brutto (la teologia) che nascostamente lo abita, comunica con lui
e lo guida(9).

Habermas, al momento in cui uscivano gli Atti del dibattito Adorno-Popper,


era gi impegnato ad elaborare un quadro concettuale che riconoscesse, a integrazione di Marx, come momenti costitutivi, sia lagire strumentale sia lagire
comunicativo. Puntava ad una epistemologia differenziata che tenesse conto
dellesistenza di interessi conoscitivi specifici: linteresse per la disposizione
tecnica dei processi oggettivati, linteresse pratico per una comprensione intersoggettiva finalizzata ad unintesa capace di orientare lazione e infine un interesse della conoscenza emancipativi da contenuti di senso, dogmaticamente
bloccati. Stava dando forma ad una teoria della competenza comunicativa e
successivamente ad una teoria dellagire comunicativo dagli esiti inizialmente
agli antipodi dalle attese dei teologi(10).
Utilizzando soprattutto i contributi di Austin, di Chomski e di Searle,
Habermas sosteneva la tesi secondo cui la condizione del parlare una lingua il
potersi intendere intorno a pretese criticabili di validit e che il linguaggio il
fondamentale connettivo dellagire sociale. Si tratta, a ben guardare, di configurare un tipo di razionalit, la razionalit argomentativa che si alimenta di discorsi fattuali, di discorsi possibili solo quando vi un ampio sfondo di sapere condiviso, non problematico e non tematizzato, che a base dellintesa in quanto
non viene messo in discussione. Si ha a che fare qui - con espressione husserliana - del mondo della vita (Lebenswelt). Perch si dispieghi tale razionalit sociale va distinto, nel mondo vitale, lambito dellagire orientato al successo da
quello orientato allintesa comunicativa, al cui interno va sviluppato un processo
di progressiva differenziazione, nonch di crescente riflessivit e permeabilit
della critica. Lagire comunicativo mira a coordinare fini allocutivi(11) per raggiungere un accordo che costituisce la base indispensabile in vista di un coordinamento unanime di progetti dazione perseguiti di volta in volta in modo indi-

viduale.
Lobiettivo conseguire unintesa razionale su una interpretazione della
situazione, su norme valide, su autorappresentazioni veridiche. Razionalizzazione della Lebenswelt significa allora che in essa vengono dispiegati i potenziali
della razionalit comunicativa e pertanto la si pu interpretare nel senso di una
crescita della differenziazione e del dialogo intersoggettivo. in tal modo che si
realizza la riproduzione simbolica della societ, generatrice a sua volta di
integrazione sociale. Per la riproduzione della vita sociale nel suo complesso la
sfera simbolica non meno decisiva di quella della riproduzione materiale, della
integrazione funzionale o sistemica(12).
Habermas ha analizzato i vari aspetti della razionalit dellazione in vista di
una teoria della razionalizzazione sociale che stabilisca la relazione

tra

razionalit e modernizzazione, attraverso un confronto con la tradizione


sociologica e con quella dei suoi maestri francofortesi. Ne derivato il tentativo
di unire due paradigmi separati dellindagine sociale, quello della teoria
dellazione e quello della teoria sistemica. Le societ sono costituite sia da
mondi vitali socioculturali, sia da sistemi autoregolativi che devono mantenersi
entro i propri confini.

Questi due aspetti si sono per progressivamente

divaricati e nello stesso tempo si sono intersecati tra la crescita della complessit
sistemica e la razionalizzazione del mondo della vita. Nella modernit infatti
sono sorte due decisive innovazioni produttrici di trasformazioni profonde:
limpresa capitalistica e lo Stato centralizzato e burocratico. Entrambi
costituiscono spazi sociali dove le azioni degli individui non vengono coordinate
per mezzo dellintesa comunicativa, ma grazie a due media di regolazione (il
danaro e il potere burocratico amministrativo). Due sottosistemi che consentono
un coordinamento di media istituzionali di regolazione e di controllo, ancorati
per al mondo della vita e rispetto a questi legittimati tramite il diritto(13).

Ma la modernit che si pensata come progetto di differenziazione tra ambiti


sistemici e ambiti di mondo vitale (entrambi al loro interno differenziati e razionalizzati, ma secondo tipi diversi di razionalit) rimasta pericolosamente
incompiuta. Tra gli ambiti si instaurato infatti un rapporto sbilanciato; in altre
parole, lo sviluppo della razionalit sistemica prevalso su quello della razionalit comunicativa. Di qui il rischio permanente della colonizzazione del mondo
della vita, dove le logiche del controllo mediatizzato (le logiche monetarie e
burocratiche) irrompono negli ambiti vitali dazione (cultura, societ, personalit), la cui riproduzione non patologica pu essere assicurata con i mezzi dellagire comunicativo. Solo se la sostanza comunicativa dei mondi vitali viene preservata dalla colonizzazione sistemica dai sottosistemi resi autonomi dalle loro
logiche autoreferenziali questi possono essere socialmente arginati e controllati.
Nella Teoria dellagire comunicativo emerge, come conclusione, la proposta
di sostituire la religione con unetica comunicativa: unetica del dialogo argomentativo, sulla base di un principio procedurale, di una regola chiave, coerente
con quanto Habermas aveva gi sostenuto in Per la ricostruzione del materialismo storico, dove aveva delineato uno sviluppo delle immagini del mondo, secondo i diversi livelli di evoluzione sociale: da quelle mitiche della societ arcaica a quelle cosmologiche delle culture antiche e pi evolute sino alle religioni
pi elevate ed universalistiche, per sfociare infine nella modernit. In questultima stagione delle religioni universali - osserva Habermas - non rimane molto
pi che il nocciolo di una morale universalistica(14). Il monoteismo, quello
cristiano, lultima formazione concettuale capace di una interpretazione
unificante, condivisa da tutti i membri della societ senza che poi sia stato in
grado di conservarla.

Esaurito il proprio potenziale di razionalit, la religione cristiana non svolge


pi una simile funzione unificante. Nelle societ industrializzate dOccidente, il
fatto religioso ha perso progressivamente di potere sociale e ideologico e della
capacit di consolidarlo, per cedere il posto allateismo di massa. Un esito carico
di rischi - nota ancora Habermas - perch la sua diffusione pervasiva pu comportare la perdita dei contenuti utopici della tradizione. La coscienza religiosa,
dopo aver smarrito la presa sulla realt, non pi in grado di essere la suprema
legittimazione del potere e il vincolo sociale per eccellenza. Tale pretesa inutilmente evocata da forme da fondamentalismi variamente connotati o da pi
raffinate forme di neoconservatorismo religioso che vorrebbero rendere funzionale la religione, per dirla con Weber, al dominio e allintegrazione della contingenza nel tessuto sociale. Un Illuminismo radicale, quale intende essere la teoria
dellagire comunicativo, pu sostituirsi alla religione, andando oltre i limiti dellAufklaerung settecentesco, con il cercare di riproporre la domanda cruciale,
che pure si era posta anche in quella stagione (senza trovare per una risposta
ade-guata): se cio sia possibile assumere qualcosa delle verit religiose (a
ragion veduta e secondo intellezione), qualcosa che non sia soltanto un insieme
di principi profani di unetica universalistica di responsabilit(15).

2 - Ricezione critica
Le tesi contenute in Teoria dellagire comunicativo hanno suscitato tipi di
reazioni polarizzate attorno alle figure di teologi come Johann Baptist Metz

(16)

che alle origini della nuova teologia politica e di Helmut Peukert. Il primo
attore di momenti di critica serrata che, nella fase iniziale del suo pensiero,
colloca Habermas tra coloro che si oppongono allapologia cristiana della
speranza. Annovera in primo luogo i tentativi del materialismo storico-dialetti-

co di ricondurre i contenuti religiosi a sovrastruttura, avendone ereditato per


le mire evoluzionistiche nella forma secolarizzata dellutopia e colloca
Habermas tra i debitori di una logica evoluzionistica senza soggetto se e nella
misura in cui finisce con il non sapere basare i propri interessi libertari e le mire
di liberazione universale su nientaltro che una teologia della libert, pretesa e
ricavata dalla materia o natura che dir si voglia(17).
Si tratta della disgregazione evoluzionistica di unautentica dialettica della
liberazione, quale si manifesta anche nel tentativo di ricostruire il materialismo
storico sul terreno della logica dellevoluzione. Ad esso Metz contrappone una
prospettiva che intende se stessa, tornando ai soggetti e alla loro prassi, come
teologia fondamentale pratica. In quanto tale essa evoca e descrive una prassi
che contrasta i tentativi logico-evoluzionistici di ricostruzione oppure i tentativi
di assorbire il soggetto e la prassi religiosa intesi come autonomi nel processo di
una logica materialistica della storia. Metz, tuttavia, non chiude la strada ad un
fronte comune, qualora si diffonda la consapevolezza piena di avere un comune
nemico, in quella coscienza di impronta evoluzionistica che finisce con
limmobilizzare sempre pi, privandole del loro carattere di realt autentiche,
storia, soggetto, liberazione(18).
Pi tardi, di fronte alla ragione orientata in senso razional-discorsivo e razional-procedurale, Metz sottolinea il primato della ragione dotata di memoria da
lui chiamata ragione anamnestica, in mancanza della quale cadrebbe nel vuoto
non solo lautentica coscienza religiosa. Si deve riconoscere - nota pi volte che lIlluminismo europeo non riuscito a superare, nella forma della ragione da
esso sviluppata (ed ancor dominante) il pregiudizio contro la memoria. Mentre
promuove il discorso e il consenso, svaluta la forza intelligibile e critica della
memoria che trova la sua legittimit universale nel fatto che memoria della

sofferenza (memoria passionis), nella forma del ricordo della sofferenza altrui;
ricordo pubblico che si imprime nelluso pubblico della ragione. Metz si serve
dellespressione adorniana lesigenza che il dolore venga fatto oggetto di
discussione condizione di ogni verit(19) - per denunciare severamente le
pretese universali di validit poste al disopra o al di fuori della storia umana di
sofferenza come incapaci di verit - per contestare un universalismo puramente
procedurale, che in maniera astratto-idealistica propone unantropologia in cui
un nucleo dellessere uomo destituito di storia e di cultura decontestualizzabile. In questo caso luomo non porta addosso che se stesso e rimane
sempre il medesimo attraverso tutti i pericoli della storia, come se non si desse
alcuna potenza intelligibile del ricordare a cui sia indirizzata lautocomprensione
di s medesimo(20).
Da un altro versante (si tratta di autori che appartengono alla seconda generazione di tale corrente di pensiero) si afferma che ineliminabile caratteristica
della nuova teologia politica lessere comunicativa e che non pu costituirsi in
dialogo con il discorso dellagire comunicativo. Si tratta infatti di una teologia
che serve la comunicazione del Vangelo e lo sviluppo della sua forza creativoliberante, profetico-critica, anamnestico-solidale, tendente a stabilire intesa e
riconciliazione; [] mira ad una prassi comunicativa della fede fatta di testimonianza, di confezione, di celebrazione e di partecipazione, in cui radicata, con
cui sta in relazione, a cui tende, su cui riflette e cerca di stimolare(21). Prassi
della solidariet, della giustizia e dellintesa reciproca, che prende a modello la
prassi comunicativa di Ges e cerca di attualizzarla in modo solidale e critico
nel proprio tempo. Tale attualizzazione cristopratica avviene attraverso la
sequela personale e comunitaria.

Helmut Peukert(22) ha messo a confronto questo progetto con quello dellIlluminismo, prolungato dalla teoria critica dei Francofortesi e dalla ricostruzione di
questa prospettiva nellopera di Habermas, sottolineando lincompiutezza di
entrambi, sia in quanto partecipi della fallibilit e della conoscenza umana (di
qui il loro essere in-finiti e in-terminabili), sia in quanto segnati dal sospetto di
aver contribuito, per la loro parte, al costituirsi di una situazione in cui il potere
si enormemente accresciuto nelle diverse sfere della societ (potere politico,
militare, economico, culturale), senza che fosse adeguatamente controllato nelle
sue tante derive che possono condurre allautodistruzione dellumanit. Nei confronti della teologia, il sospetto e la diffidenza hanno origini pi antiche, perch
avrebbe occultato i meccanismi dellaccumulazione e della scorretta ripartizione
del potere, legittimandoli e creando una coscienza illusoria, ostacolo inaggirabile alla reale percezione della condizione umana.
La presa di coscienza dellinadempienza ha comportato la ripresa del progetto dellIlluminismo da parte di Habermas, mentre la teologia, nella versione
politica e in quella della liberazione, si impegnata a ritessere la trama di pensiero della grande tradizione che ha mirato a sviluppare il potenziale critico della
religione. Per Peukert i due progetti devono ora svilupparsi in vicendevole rapporto e in pubblico dialogo. Anche la teologia pretende di parlare in modo chiaro e comprensibile a tutti, confidando in un discorso di natura argomentativa.
LIlluminismo poi amputerebbe se stesso nel caso di mancata risposta alle provocazioni che gli derivano dalle tradizioni religiose dellumanit, che trovano la
loro formulazione riflessa in quelle teologie che approfondiscono in termini
radicali la situazione delluomo, affermando la propria pretesa di verit in una
societ pluralistica attraverso una modalit mediabile e comprensibile intersog-

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gettivamente, senza eludere le aporie e le contraddizioni delle tradizioni storiche. Il luogo del discorrere rimane, nella solidariet di tutti gli esseri finiti il
luogo dellagire storico, individuale e collettivo nella protesta contro lannientamento, affrontando seriamente il problema della teodicea e usando la dialettica che insita, senza rinunciare alla negativit storica, in quella radicalizzazione che arriva fino al suo nucleo teologico incandescente(23). Senza accontentarsi di concepire il discorso della riconciliazione, dellemancipazione liberatrice e della forza trascendente, proprio dellagire comunicativo, ma rendendosi
comprensibile come agire che si libera dai meccanismi dellautoaffermazione e
di accrescimento del potere nella concorrenza e si appella nel ricordo e nellanticipazione per se stessa e per ogni altro ad un Dio che nel suo agire qui e ora
lamore assoluto che si d per primo.
A differenza di quanto ritiene Habermas - di fronte allintensificazione accelerata del potere organizzato in modo sistemico generatore di ingiustizie senza
fine - nella storia dello sviluppo delle grandi civilt, le grandi religioni si sono
spesso presentate come movimenti di protesta e come tentativi di motivare altre
forme di rapporto tra gli esseri umani e con la realt. Lo si pu documentare a
partire dalla storia di Israele, il cui significato sta nellacquisizione della tensione messianica che rende consapevoli della possibilit di vivere insieme unesistenza non dominata dai meccanismi di accrescimento del potere. Nellesperienza di Ges di Nazaret la concezione apocalittica della storia si trasforma: nella
sua persona, sin da ora, spezzato il nesso di perdizione originato dal male (Ho
visto Satana cadere dal cielo come una folgore), la bont proveniente da Dio si
realizza nella prassi come accettazione incondizionata dellaltro, che in certi casi
pu essere il nemico.

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Lintersoggettivit assume una nuova qualificazione: signoria di Dio significa


abbattimento del dominio degli uomini sugli uomini(24). Anche se non va mai
nascosto il dato storico che ha visto cristianesimo, chiamato a condividere il
potere, non rispettare sempre questa istanza su cui si fonda il proprio esistere.
Una teologia che si confronta con le scienze delluomo, con quelle della natura, con la filosofia postmetafisica, impegnata a fondare unetica del libero riconoscimento dellaltro (a partire dal linguaggio) nella sua libert; aspira a far s
che sia favorita la libert possibile affinch diventi libert reale, capace di modificare il concetto di agire intersoggettivo. Parlare significa sviluppare creativamente uninterpretazione della realt soggettiva, sociale ed oggettiva nei confronti di un altro cui si cerca di dischiudere una comprensione(25); in tal modo
viene invitato a comunicare la propria interpretazione, cos come ad inserirsi nel
comune processo del possibile reperimento del consenso. Questa etica della
creativit intersoggettiva rende pi chiaro il carattere tragico antinomico dellagire etico: la libert, proprio per il suo interesse incondizionato alla realizzazione della libert e della conciliazione corre inevitabilmente il rischio di venir
distrutta dal potere. Nel cuore della tradizione giudeo cristiana abbiamo il
ricordo dei giusti sofferenti annientati, la memoria passionis et mortis, riproposta nel secolo breve dalla shoah, esperienza indicibile dello sterminio(26).
Allagire comunicativo si pone quindi il problema della salvezza di coloro
che sono stati annientati, il problema di una libert assoluta che salva dalla
morte. Per Peukert lanalitica e la dialettica dellagire comunicativo conducono
oltre, suscitano cio il problema della fondazione della teologia. Il concetto di
Dio - lo ripeto - sviluppato nellagire intersoggettivo temporale, finito, auto-trascendente pu essere il concetto di una libert assoluta che si presenti (in spe)
quale essa veramente , vale a dire come Amore assoluto che libera e sal-

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va, salva anche nella morte e nellannientamento(27). Un pensiero postmetafisico non deve essere necessariamente anche un pensiero post-teologico(28).

3 - Lenigma della religione


Il confronto di Habermas con i teologi si fatto pi frequente a partire dagli
anni Novanta del secolo scorso, quando viene portata a termine la svolta linguistica, mostrandone le implicazioni sul piano etico-politico. Le norme morali e
giuridiche sono giustificate in modo discorsivo, in base ad un confronto intersoggettivo di argomenti e del criterio pragmatico-trascendentale (le prime) e del
principio democratico (le seconde)(29). Le norme risultano dallesercizio del
potere comunicativo da parte dei cittadini in vista del formarsi e dello
stabilizzarsi di unopinione pubblica informata, autonoma e pluralista.
Acquistano rilievo, in questa stagione, i dibattiti con Johann-Baptist Metz, con
Michael Theunissen, con il filosofo-teologo della liberazione Mendieta che
spingono Haberemas a definire con maggiore precisione la sua posizione di
fronte al fenomeno religioso, sino allacquisizione di un punto di vista lontano
dai risultati della Teoria dellagire comunicativo(30).
Le questioni e le intuizioni morali e quelle etico-politiche che possono essere
condivise rappresentano il campo su cui Habermas ritiene possibile il confronto,
disponibile a mettersi in discussione sulla base della critica argomentata razionalmente e della volont di comprensione delle esperienze religiose e delle
elaborazioni presentate dai teologi, non pi avvertite come estranee anche se non
assimilabili da chi fa professione di filosofo postmetafisico in una societ postsecolare(31). Laggettivo postsecolare sta ad indicare societ in cui la coscienza
comune si trasformata attraverso la conoscenza diffusa di una situazione, su

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scala mondiale, in cui si affermata la consapevolezza di vivere in una societ


laica (quella occidentale) e in cui si insinuato il dubbio riguardo alla progressiva perdita di rilevanza pubblica della religione. Le comunit religiose, su certi
temi, hanno assunto il ruolo di comunit dellinterpretazione, influenzando
costantemente lopinione pubblica. Inoltre, massicce immigrazioni hanno messo
a contatto le societ occidentali con culture tradizionalmente premoderne dai
forti connotati religiosi. Fattori che accentuano il venire meno della certezza
laicistica che vede la religione sparire dal mondo per effetto modernizzazione,
mentre le societ europee sono provocate a risolvere un problema che per
Habermas si pone in questi termini. Come dobbiamo vedere noi stessi in quanto membri di una societ postsecolare. E cosa possiamo attenderci luno dallaltro affinch allinterno di nazioni in cui cresce il pluralismo ideologico e culturale, possa essere salvaguardato un reciproco civile rispetto? (32)
Habermas insiste sulla necessit di appropriarsi criticamente dei contenuti di
verit dellesperienza e del discorso religioso, riconoscendo che decisive catetorie morali derivano da quella tradizione e che il discorso religioso ha una forza
persuasiva ineguagliabile nelle Grenz-Situationen (situazioni-limite).Il filosofo
deve pertanto riconoscere la legittimit dei discorsi religiosi e teologici, dei
dialoghi interreligiosi e interculturali, ma anche degli insuperabili limiti della
teoria discorsiva della morale, della teoria procedurale della ragione.
Svolto da una posizione di ateismo metodologico, il dialogo con Metz
vede sottolineato, in prima battuta, il parallelismo delle risposte su questioni simili, ma anche le inevitabili differenze

. Metz lamenta il fatto che un cristia-

(33)

nesimo ellenizzato (penetrato dal platonismo, che avrebbe permeato tutta la filosofia occidentale) si sia progressivamente allontanato dal retaggio di Israele, al
punto che la teologia ha perduto di sensibilit nei confronti della sofferenza

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(persino di ci che accaduto ad Auschwitz) e dellistanza di una giustizia
universale. Va perci riacquisita, della tradizione di Israele, la forza della
memoria come componente della ragione (ragione anamnestica): la teologia si
libera dalla sua alienazione ricorrendo al nesso indissolubile tra ratio e
memoria (in termini tardo-moderni: alla fondazione di una ragione comunicativa
per entro a quella anamnestica)(34).
Per Habermas, al contrario, la vicenda della filosofia occidentale non pu
essere interamente risolta nel platonismo; essa attraversata anche da una storia
della protesta contro il platonismo; anzi segnata dal tentativo di recuperare il
potenziale semantico sotteso alla storia della salvezza e di immetterlo nelluniverso del discorso fondante (tensione tra lo spirito di Atene e leredit di Israele). La lenta sedimentazione nella metafisica greca di elementi di genuina origine ebraica e cristiana, ha permesso la costituzione di una rete di concetti specificamente moderni che si possono raccogliere (non formare) in quello di ragione
comunicativa e nel contempo storicamente situata (si pensi a termini come
quello di libert soggettiva, di rispetto per ciascuno, di soggetto socializzato, di
liberazione, di fattibilit dello spirito umano, di contingenza delle condizioni alle
quali questo spirito rivendica incondizionate pretese).
Per questi motivi, la ragione anamnestica non deve essere lasciata unicamente nelle mani dei teologi: la cosa, considerata sotto il profilo della teodicea,
costituisce indubbiamente per Metz il centro della questione su Dio, la questione
della salvezza di quanti hanno sofferto e soffrono ingiustamente; per Habermas
ha a che fare con lindifferenza di molti nei confronti di un mondo divenuto
empiristicamente livellato e refrattarioa quella dimensione normativa che
permette di identificare i tratti di una esistenza non riuscita o ferita nella sua
dignit e di esperirli come deprivazione in generale. Anche la filosofia (la
ragione argomentante) pu allora mobilitare la forza dellanamnesi, mettendo in

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evidenza a partire dagli strati profondi dei suoi presupposti pragmatici le condizioni per un ricorso ad un senso incondizionato lasciando aperta la dimensione
delle rivendicazioni di validit che trascendono spazi sociali e tempi storici(35).
Ci si muove per esclusivamente nel segno di una trascendenza dallinterno e
ci si deve accontentare di incoraggiare fondatamente ad una scettica, ma non
disfattistica resistenza contro gli idoli e i demoni di un mondo che tiene in
dispregio luomo(36).
Se il dialogo con Metz permette ad Habermas di valorizzare il contributo
della tradizione ebraico-cristiana allo sviluppo della filosofia, in quello con il
teologo Michael Theunissen (37) - che ha sviluppato una filosofia del dialogo misurandosi tra laltro con la teoria dellintersoggettivit trascendentale da Husserl
a Sartre - emerge tutta la perplessit nei confronti di una forzata conciliazione
tra le due sfere, quasi che la filosofia debba radicarsi nel discorso teologico, con
il rischio dello sfinimento della tensione dialogica in un reciproco snaturamento.
Ch se filosofia e teologia sono entrambe alle prese con laffrancamento delluomo dallimpotenza del non agire, dal dominio del passato sul futuro, s da arginare la tristezza indicibile che provoca la vista della storia irrigidita a natura,
va per chiaramente distinta la spes fidei dalla docta spes: la fiducia in una svolta escatologica, non pu essere confusa con lattesa profana che loperare delluomo nel tempo possa promuovere, nonostante tutto, un cambiamento verso il
meglio(38). Theunissen si muove sulla linea di Moltmann e di Metz nel contestare la simbiosi instaurata dal cristianesimo con le tradizioni metafisiche di origine
platonica, per riconquistare il contenuto escatologico del cristianesimo delle origini assieme al suo nucleo radicalmente storico, ma si differenzia da Moltmann
e da Metz perch intende realizzare lobiettivo con mezzi non teologici (cio

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filosofici), colmando cos il fossato esistente tra la realt esperita nella fede e la
forza di persuasione dei motivi filosofici. E se non negata la differenza tra la
spes fidei che per lui si nutre di una kierkegaardiana dialettica della disperazione
ed una speranza fallibile, illuminata da una ragione scettica ma non disfattista,
tiene per fermo il compito di radicare la speranza profana, con motivi filosofici,
nella speranza escatologica. Si spiega cos il suo adoprarsi per avviare una fondazione post metafisica della libert comunicativa, riallacciandosi alle tesi di
Malattia mortale di Kierkegaard, volendo con ci dimostrare che luomo per
poter essere se stesso deve presupporre per la sua libert comunicativa una
autorizzazione conferitagli dallassoluta libert di Dio(39).
Habermas affronta ancora una volta e precisa questi temi nellintervista rilasciata al teologo-filosofo della liberazione Eduardo Mendieta (40). Il dialogo in
qualche modo propedeutico al discorso che Habermas andr sviluppando con
lelaborare le tesi presenti nel suo discorso su Fede e sapere (41), pronunciato nel
2001 in occasione del conferimento del Friedenspreis des Deutschen Buchandels, alla Pauluskirche di Francoforte. Dichiara esplicitamente a Mendieta
che nulla avrebbe da obiettare se si affermasse che la concezione del linguaggio
e dellagire comunicativo orientato allintesa, si sviluppato da uneredit cristiana: il telos della intesa pu trarre alimento da un logos cristianamente inteso
che si materializza nella prassi comunicativa degli appartenenti(42), purch
rimanga netta la differenza metodologica. Il discorso filosofico deve mantenersi
coerente con la logica interna tipica di una argomentazione giustificativa e
fondativi. Una prospettiva di pensiero che vada oltre i limiti dellateismo metodologico destinata a perdere la sua seriet filosofica. Resta per ben ferma
lacquisizione che lesperienza e la riflessione religiose custodiscono in s potenziali semantici irrinunciabili, non ancora pienamente utilizzati dalla filo-

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sofia, non ancora tradotti nel linguaggio di ragioni pubbliche, presuntivamente capaci di persuadere chiunque. La mia sensazione - osserva Habermas -
che i concetti fondamentali delletica filosofica non abbiano ancora catturato
tutte le intuizioni che nel discorso biblico sono gi esposte in maniera assai
differenziata e che noi, da parte nostra, apprendiamo solo attraverso processi
semireligiosi di socializzazione(43).
Consapevole di questa carenza, letica del discorso cerca di tradurre limperativo categorico kantiano in un linguaggio pi adeguato a certe intuizioni (per
esempio al senso di solidariet che lega tra loro gli appartenenti alla comunit)
. Con una precisazione: rimane aperto linterrogativo se alla capacit della

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filosofia di tradurre, elaborare e superare tutti i contenuti custoditi dalla religione


o al contrario resti un quid di inassimilabile e inaccessibile. Habermas, al momento del colloquio con Mendieta, sostiene che la questione sar risolta in un
futuro (indeterminato) solo dopo che la filosofia avr preso sul serio e in maniera sistematica il compito di lavorare sulleredit religiosa (senza per questo identificarsi con il progetto neopagano di chi vuole lavorare sul mito come ha fatto
Hans Blumenberg)(45).
Il passo ulteriore di Habermas consistito nella richiesta di una partecipazione cooperante delle religioni al dibattito politico pubblico, anche per il riconoscimento di insormontabili limiti della razionalit procedurale, che rischia di non
reggere allerosione della sostanza etica del suo patrimonio normativo e di
deragliare sotto la pressione di molteplici fattori: la globalizzazione economica,
la regressione internazionale, lirrazionalismo postmodernistico e il naturalismo
scientista. Ne potrebbe derivare lo sfaldarsi delle ragioni che tengono insieme le
persone nello Stato democratico-costituzionale. Nel tentativo di delineare i tratti
di una cooperazione non conflittuale (mai per garantita) tra credenti e non, la
distinzione gi introdotta tra approccio religioso e approccio filosofico, viene

18
ulteriormente chiarita come necessit di una divisione del lavoro tra filosofia e
teologia, lasciando alle religioni positive il compito di gestire il proprio ambito,
senza contrapposizioni frontali, permettendo ad esse di contribuire allautocomprensione etica di singoli, delle comunit politiche particolari, dellumanit intera. La religione ora considerata una figura contemporanea dello spirito, anche se non appartiene al campo della ragione, ma a quello della fides quae, del
credere in un complesso di verit attinte dalla rivelazione. Pu venire in aiuto
per lauto-comprensione etica delluomo, in quanto esclusivamente come etica
appropriabile dalla ragione, ma daltro canto pu offrire un surplus di senso, in
modo esistentivamente credibile, non solo per le obbligazioni, ma anche per le
contingenze e le dipendenze; non solo per lagire, ma anche per il patire(46).
Sotto questo profilo sono frequenti i riferimenti a Kant, considerato come colui che ha inaugurato il pensiero postmetafisico per aver nettamente demarcato il
sapere dalla fede e per aver mostrato disponibilit a riconoscere il surplus di motivazioni che pu venire dalle religioni positive. Si tratta di una lettura selettiva
del filosofo di Knigsberg, poco preoccupata della esatta ricostruzione del suo
pensiero sullalla religione (non tutto il pensiero di Kant - per Habermas -
fruibile da parte del pensiero post-metafisico)(47), interessata invece al modello,
da lui esibito, di unappropriazione critica di contenuti e modi della
realizzazione

religiosa

storica:

un

atteggiamento

caratterizzato

dalla

disponibilit ad apprendere e nel contempo da agnosticismo, tipico di chi si


astiene dal giudizio sulle verit religiose e rinuncia ad enunciazioni ontologiche
sulla costituzione dellessente nella sua totalit. Con Kierkegaard (a differenza
di Kant), Habermas dichiara linfinita differenza qualitativa, tra fede e
ragione(48). La fede religiosa resta al di fuori del campo della razionalit: la
razionalit dipende da una procedura che non pregiudica i contenuti della
religione, da interpretare e tradurre in enun-

19

ciati di significato analogo, dotati di validit legittimabile razionalmente,


almeno nel senso pi ampio di un enunciato etico, se non rigorosamente
morale(49). Il senso implicito pertanto diverso da quello religioso. La
filosofia gira attorno al nucleo della fede, mantenuto rigorosamente nella sua
alterit e impenetrabilit ( un nucleo opaco). E altro non le resta da fare.
Esorbiterebbe dai suoi compiti e dalle sue funzioni se elaborasse un punto di
vista teso a interrogarsi sullessenza della religione, sul metodo del suo riconoscimento, sui modi della sua realizzazione; se volesse, in definitiva, farsi
filosofia della religione affrontando le questioni che tale disciplina ha posto
insistentemente a tema per tutto il Novecento(50).

Piergiorgio Grassi

20

N O T E

1 - E. Arens (ed.), Habermas e la teologia (1989); tr.it., Queriniana, Brescia 1992, con
unilluminante editoriale di R. Mancini. Cfr. dello stesso Arens, Nuovi sviluppi della teologia politica.
La forza critica del discorso pubblico su Dio, in R.Gibellini (ed.), Prospettive teologiche per il XXI
secolo, Queriniana, Brescia 2003, pp. 73-92.
2 - Th.W. Adorno, K.R. Popper, R. Dahrendorf, J. Habermas, H. Albert, H. Pilot, Dialettica e
positivismo in sociologia (1969); tr.it. Anna Marietti Solmi, Einaudi, Torino 1972.
3 - E. Arens, La teologia secondo Habermas, in Id. (ed.), Habermas e la teologia, cit., pp. 15-52.
4 - Cfr. di J. Habermas i saggi, Epistemologia analitica e dialettica e Contro il razionalismo
dimezzato dei positivisti e di H. Albert, Il mito della ragione totale e Alle spalle del positivismo, in
Th.W. Adorno, K.R. Popper, R. Dahrendorf, J. Habermas, H. Albert, H. Pilot, Dialettica e positivismo
in sociologia, cit., tr.it. di Anna Marietti Solmi, rispettivamente alle pp. 153-188 e 2229-260; 229-260
e 261-296.
5 - J. Habermas, Sul razionalismo dimezzato dei positivisti, cit., p. 256.
6 - Ivi.
7 - Ivi, p. 257. Sullinsieme di queste problematiche cfr. P.A. Komesaroff, Habermas and the
Positivism Dispute. Science and Interest, in Id., Obiectivity, Science and Society. Interpreting Nature
and Society in the Age of the Crisis of Science, Routledge and P. Kegan, London-New York 1986, pp.
75-92; S. Vogel, Habermas and Science, in Praxis International, 3(1988), pp.329-49.
8 - J. Habermas, Conoscenza e interesse (1968); tr.it., a cura di G.E. Rusconi, Laterza, Bari 1970.
Cfr., su questo contributo di Habermas, G.E. Rusconi, Conoscenza e interesse in Habermas, in
Quaderni di sociologia, 3, (1974), pp.436-453 e K.-O. Apel, Types of Social Science in the Light of
Human Interest of Knowledge, in Social Research, 3 (1977), pp.425-70.
9 - W. Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, a cura di R. Solmi, Einaudi,Torino 1962. Su
questo testo cfr., G. Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978.

10 - J.Habermas, Teoria dellagire comunicativo (1981), a cura di G.E. Rusconi, 2 voll., Il Mulino,
Bologna 1986. Cfr. le pagine molto chiare e incisive sono - dedicate a questopera complessa - da S.
Petrucciani, Introduzione a Habermas, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 95-132-

21

11 Come nota S. Petrucciani (Introduzione a Habermas, cit., p.83), ogni atto linguistico
contenuto da una parte locutiva (contenuto proposizionale) e da una parte illocutiva, con la quale il
parlante solleva una pretesa nei confronti dellascoltatore. Ma soprattutto [ ] contrae un impegno,
per esempio a rinunciare ad una affermazione di cui venga dimostrata da altri la falsit o a ritirare un
ordine in cui venga dimostrata lillegittimit. Per dirla ancora con Habermas, la forza illocutiva di
un atto linguistico accettabile sta pertanto in ci, che esso pu muovere lascoltatore a fare
affidamento sulle obbligazioni che il parlante contrae quando compie un certo atto linguistico
(Vrstudien und Ergnzungen zur Theorie des Kommunikativen Handelns, Suhrkamp, Frankfurt a.M.
1984, p.451).
12 -

S. Petrucciani, Introduzione a Habermas, cit., p.

13 -

Ivi.

14 J. Habermas, Per la ricostruzione del materialismo storico (1976); tr.it. a cura di F. Cerutti,
Etas Libri, Milano 1979, p.82.
15 -

Cfr. E. Arens (ed.), Habermas e la teologia, cit., pp.17-28.

16 Sul pensiero di Metz nel suo sviluppo e in rapporto alla filosofia contemporanea, si veda G.
Coccolini, Johann Baptist Metz, Morcelliana, Brescia 2007. Per i temi qui proposti cfr. D. Tebald,
Anamnestysche Vernunft. Untersuchungen zu einen Begriff der neuen Politischen Theologie, LIT.,
Mnster 2011.
17 J.B. Metz, La fede, nella storia e nella societ (1977); tr.it. a cura di L. Tosti, Queriniana,
Brescia 1978, p.15.
18 -

Ivi, p.57.

19 p.17.

Th. Adorno, Dialettica negativa (1966); tr.it., a cura di C.A. Donolo, Einaudi, Torino 1970,

20 -

Ivi, p.199.

21 -

E. Arens, Nuovi sviluppi della teologia politica, cit., p.91.

22 H. Peukert, Agire comunicativo, sistemi di accrescimento del potere, Illuminismo e teologia


come progetti incompiuti, in E. Arens (ed.), Habermas e la teologia, cit., pp.53-86.
23 -

Ivi, p.78.

24 -

Ivi, p.79.

25 -

Ivi, p.80.

26 -

Ivi, p.81.

27 -

Ivi, p.82.

22

28 -

Ivi, p.83.

29 Cfr. di Habermas, su queste tematiche, Moralit, diritto, politica (1992), a cura di L. Ceppa,
Einaudi, Torino 1992; Fatti e norme. Contributi ad una teoria discorsiva del diritto e della
democrazia (1992); tr.it., a cura di L. Ceppa, Guerini e Associati, Milano 1996; Solidariet tra
estranei. Interventi su fatti e norme (1992); tr.it., a cura di L. Ceppa, Guerini e Associati, Milano
1997. Si vedano i saggi critici di S. Petrucciani, Sulla giustificazione razionale della norma etica, in
Fenomenologia e societ, 1(1994), pp.133-153; A. De Simone, Intersoggettivit e norma. La societ
postdeontica e i suoi critici, Liguori, Napoli 2008 e A. De Simone-L. Alfieri (edd.), Per Habermas,
Morlacchi Editore, Perugia 2009.
30 Per il senso di questi dibattiti cfr. H.Dringer, Universale Vernunft und particularer Glaube.
Eine theologische Auswertung des Werkes von Jrgen Habermas, Peeters, Leuwen 1999; A. Ferrara
(ed.), Religione e politica nella societ postsecolare, Meltemi, Milano 2009; R. Mancini,
Comunicazione come ecumne. Il significato antropologico e teologico delletica comunicativa,
Queriniana, Brescia 1999; G. Cunico, Lettera di Habermas. Filosofia e religione nella societ
postsecolare, Queriniana, Brescia 2009.
31 Il pensatore postmetafisico per Habermas agnostico: si astiene dal giudizio su verit
religiose rinunciando a pronunciare enunciazioni ontologiche sulla costituzione dellessente nella
sua totalit. (Tra Scienza e fede (2005); tr.it., di N. Carpitella, Laterza, Bari-Roma 2006, p.43).
32 -

Ivi, p.48.

33 J. Habermas, Israele o Atene? A chi appartiene la ragione anamnestica (1997), tr.it. di L.


Ceppa, Feltrinelli, Milano 2004.
34 J.B. Metz, Anamnestysche Vernunft, in A. Honneth (ed.), Zwischenbetrachtungen, Frankfurt
a.Main 1989, p.733.
35 -

J. Habermas, Israele o Atene? A chi appartiene la ragione anamnestica, cit., pp.152-153.

36 -

Ivi, p.155.

37 J. Habermas, Libert comunicativa e teologia negativa. Domande a Michael Theunissen, in


Id., Dallimpressione sensibile allespressione simbolica (1997), tr.it. di L. Mainoldi, Laterza, RomaBari 2009, pp.80-97.
38 -

Ivi, p.93.

39 Ivi, p.90. Il testo di Theunissen, cui fa costante riferimento Habermas, Negative Theologie
der Zeit, Frankfurt a.M., 1991.
40 J. Habermas, Dialogo su Dio e il mondo (1999); tr.it. a cura di L. Ceppa, in Id., Tempo di
passaggi, cit., pp.127-147.

23

41 J. Habermas, Fede e sapere (2001), tr.it. a cura di L. Ceppa, in Id., Il futuro della natura
umana, i rischi di una genetica liberale, Einaudi, Torino 2009, pp.11-12. Cfr. anche limpegnata
postfazione di L. Ceppa, Ivi, pp. 115-125. Sulle tesi espresse in questo saggio da Habermas, cfr. Hans
Joas, Abbiamo bisogno della religione? (2010); tr.it. di A.M. Maccarini, Rubbettino, Soveria Mannelli
2010. Fede e sapere andrebbe letto in relazione con il testo di Habermas in dialogo con J. Ratzinger,
letto allAccademia cattolica di Baviera il 19 gennaio 2004 che porta il titolo I fondamenti morali
prepolitici dello stato liberale (2004); tr.it., a cura di M.Nicoletti, in J. Ratzinger-J. Habermas, Etica,
religione e stato liberale, Morcelliana, Brescia 2005, pp.21-40.
42 J. Habermas, Dialogo su Dio e il mondo, cit., pp.139-141. In precedenza aveva dichiarato
che il primo comandamento della religione ebraica esprime un avanzamento cognitivo, tipico di quella
che chiama epoca assiale. Si tratta di una stagione in cui le religioni monoteistiche (e quelle
acosmiche), hanno infranto la piatta superficie della contingenza fenomenica e narrativa. Tra struttura
profonda e struttura superficiale, sostanza e fenomeno, esse aprirono un varco che regal agli uomini
la libert della riflessione, la forza per staccarsi dalla vacillante immediatezza. (Ivi, p.138).
43 -

Ivi, p. 142.

44 -

Ivi, p.143.

45 Ivi. Habermas fa riferimento al volume di Hans Blumenberg, Elaborazione del mito (1979),
tr.it., Il Mulino, Bologna 1991. Com noto per Blumenberg il significato del mito sta nella sua
ricezione, un modo attraverso il quale lattuale presente rioccupa il passato e lintera storia. Ne
consegue che mythos e logos rappresentano due diverse risposte che lumanit storica ha dato alla
stessa domanda che caratterizza lessere estraneo al mondo da parte delluomo. Luomo non sa cosa
sia il mondo effettivamente.
46 G.Cunico,Lettura di Habermas, cit., p.19.
47 Cfr. il lungo saggio Il confine tra scienza e fede. Storia dellinflusso e attuale importanza
della filosofia della religione di Kant in J. Habermas, Tra scienza e fede, Laterza, Bari-Roma 2006,
pp.111-150 e le critiche che gli rivolgono R.Langtahler e altri in R. Langtahler, H. Nagl-Docekal
(edd.), Glauben und Wissen. Ein Symposium mit Jrgen Habermas, Oldemburg, Wien-AkademieVerlag, Berlin 2007. Habermas ha riconosciuto che linterpretazione corretta quella formulata dal
critico, ma respinge il tentativo di avvalorare il genuino pensiero di Kant sulla religione come via
percorribile oggi per il pensiero post-metafisico. (G. Cunico, Lettura di Habermas, cit., pp.128129).
48 Kierkegaard - scrive Habermas - il primo a porre il pensiero post-metafisico di fronte
allincolmabile eterogeneit di una fede che nega senza compromessi la visione antropocentrica del
pensiero filosofico con i suoi approcci intramondani. Solo grazie a questa sfida, la filosofia entra in un
rapporto dialettico serio con lambito dellesperienza religiosa. Habermas rileva anche lincidenza di
Kierkegaard su Barth e su Bultmann nel rivendicare la caparbiet normativa della fede nella
rivelazione contro il rischio della sua riduzione da parte del pensiero storico e contro il rischio della
sua privatizzazione. Un confronto aspro, fondato su un pensiero postmetafisico che preserva la
critica della modernit [] da un reazionario antimodernismo. (Ivi, p.138).

24

49 -

Ivi.

50 Rinvio, per la discussione delle aporie presenti nel discorso di Habermas sulla religione, al
documentato saggio di G. Cunico, Lettura di Habermas, cit. Si veda anche R. Gatti, Il problema
teologico-politico e il ritorno della religione nella sfera pubblica, in Annuario di filosofia 2009,
pp.139-163. Per una sintetica presentazione delle principali forme di filosofia della religione del
Novecento rimando alla voce che ho scritto per lEnciclopedia filosofica Bompiani, vol.X, Milano
2006, pp.9605- 9624.

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