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oggettiva dellagire pratico in base ad un supposto senso della storia o alla sua
dinamica immanente. La conoscenza scientifica (secondo la lezione di Max
Weber) non offre istruzioni normative, offre soltanto momenti di critica e di
chiarificazione dal momento che dagli asserti attuali non possono essere tratti
giudizi di valore che sono demandati alla decisione del soggetto; essa pu al
massimo segnalarne la contraddittoriet e linconciliabilit con determinate
circostanze di fatto, scientificamente accertate.
Per Habermas, invece, le scienze sociali di stampo empirico-analitico
producono conoscenza valida solo nel campo di un determinato interesse conoscitivo (di carattere tecnico) e non esauriscono lambito della razionalit. Esiste
infatti un uso della ragione che formula problemi relativi al vivere sociale e alle
concezioni che i gruppi hanno di se stessi: questioni non prive di senso e che
non si sottraggono alla discussione vincolante Essi derivano dal fatto che la
riproduzione della vita sociale non pone solo problemi tecnicamente risolvibili,
ma comprende qualcosa di pi dei processi di adattamento conformi al modello
dellimpiego razionale dei mezzi relativi ad un fine dato(5). Comprende, ad
esempio, anche la questione dellidentit che, a differenza delle societ animali, deve essere continuamente costruita, distrutta e formata(6). Nellevoluzione
della coscienza il problema dellidentit si pone come problema insieme della
sopravvivenza e della riflessione. da esso che la filosofia dialettica prese anticamente le mosse(7).
Tale razionalit si manifestata (e continua a manifestarsi) nella stessa impresa
cooperativa della ricerca scientifica: la comunit dei ricer-catori discute i
principi della ricerca scientifica metodicamente regolata e giunge allintesa su di
essi, tramite forme di razionalit ermeneutica (discorsiva) distinte da quelle che
vigono nellattivit sperimentale. Gli scienziati non elaborano
viduale.
Lobiettivo conseguire unintesa razionale su una interpretazione della
situazione, su norme valide, su autorappresentazioni veridiche. Razionalizzazione della Lebenswelt significa allora che in essa vengono dispiegati i potenziali
della razionalit comunicativa e pertanto la si pu interpretare nel senso di una
crescita della differenziazione e del dialogo intersoggettivo. in tal modo che si
realizza la riproduzione simbolica della societ, generatrice a sua volta di
integrazione sociale. Per la riproduzione della vita sociale nel suo complesso la
sfera simbolica non meno decisiva di quella della riproduzione materiale, della
integrazione funzionale o sistemica(12).
Habermas ha analizzato i vari aspetti della razionalit dellazione in vista di
una teoria della razionalizzazione sociale che stabilisca la relazione
tra
divaricati e nello stesso tempo si sono intersecati tra la crescita della complessit
sistemica e la razionalizzazione del mondo della vita. Nella modernit infatti
sono sorte due decisive innovazioni produttrici di trasformazioni profonde:
limpresa capitalistica e lo Stato centralizzato e burocratico. Entrambi
costituiscono spazi sociali dove le azioni degli individui non vengono coordinate
per mezzo dellintesa comunicativa, ma grazie a due media di regolazione (il
danaro e il potere burocratico amministrativo). Due sottosistemi che consentono
un coordinamento di media istituzionali di regolazione e di controllo, ancorati
per al mondo della vita e rispetto a questi legittimati tramite il diritto(13).
2 - Ricezione critica
Le tesi contenute in Teoria dellagire comunicativo hanno suscitato tipi di
reazioni polarizzate attorno alle figure di teologi come Johann Baptist Metz
(16)
che alle origini della nuova teologia politica e di Helmut Peukert. Il primo
attore di momenti di critica serrata che, nella fase iniziale del suo pensiero,
colloca Habermas tra coloro che si oppongono allapologia cristiana della
speranza. Annovera in primo luogo i tentativi del materialismo storico-dialetti-
sofferenza (memoria passionis), nella forma del ricordo della sofferenza altrui;
ricordo pubblico che si imprime nelluso pubblico della ragione. Metz si serve
dellespressione adorniana lesigenza che il dolore venga fatto oggetto di
discussione condizione di ogni verit(19) - per denunciare severamente le
pretese universali di validit poste al disopra o al di fuori della storia umana di
sofferenza come incapaci di verit - per contestare un universalismo puramente
procedurale, che in maniera astratto-idealistica propone unantropologia in cui
un nucleo dellessere uomo destituito di storia e di cultura decontestualizzabile. In questo caso luomo non porta addosso che se stesso e rimane
sempre il medesimo attraverso tutti i pericoli della storia, come se non si desse
alcuna potenza intelligibile del ricordare a cui sia indirizzata lautocomprensione
di s medesimo(20).
Da un altro versante (si tratta di autori che appartengono alla seconda generazione di tale corrente di pensiero) si afferma che ineliminabile caratteristica
della nuova teologia politica lessere comunicativa e che non pu costituirsi in
dialogo con il discorso dellagire comunicativo. Si tratta infatti di una teologia
che serve la comunicazione del Vangelo e lo sviluppo della sua forza creativoliberante, profetico-critica, anamnestico-solidale, tendente a stabilire intesa e
riconciliazione; [] mira ad una prassi comunicativa della fede fatta di testimonianza, di confezione, di celebrazione e di partecipazione, in cui radicata, con
cui sta in relazione, a cui tende, su cui riflette e cerca di stimolare(21). Prassi
della solidariet, della giustizia e dellintesa reciproca, che prende a modello la
prassi comunicativa di Ges e cerca di attualizzarla in modo solidale e critico
nel proprio tempo. Tale attualizzazione cristopratica avviene attraverso la
sequela personale e comunitaria.
Helmut Peukert(22) ha messo a confronto questo progetto con quello dellIlluminismo, prolungato dalla teoria critica dei Francofortesi e dalla ricostruzione di
questa prospettiva nellopera di Habermas, sottolineando lincompiutezza di
entrambi, sia in quanto partecipi della fallibilit e della conoscenza umana (di
qui il loro essere in-finiti e in-terminabili), sia in quanto segnati dal sospetto di
aver contribuito, per la loro parte, al costituirsi di una situazione in cui il potere
si enormemente accresciuto nelle diverse sfere della societ (potere politico,
militare, economico, culturale), senza che fosse adeguatamente controllato nelle
sue tante derive che possono condurre allautodistruzione dellumanit. Nei confronti della teologia, il sospetto e la diffidenza hanno origini pi antiche, perch
avrebbe occultato i meccanismi dellaccumulazione e della scorretta ripartizione
del potere, legittimandoli e creando una coscienza illusoria, ostacolo inaggirabile alla reale percezione della condizione umana.
La presa di coscienza dellinadempienza ha comportato la ripresa del progetto dellIlluminismo da parte di Habermas, mentre la teologia, nella versione
politica e in quella della liberazione, si impegnata a ritessere la trama di pensiero della grande tradizione che ha mirato a sviluppare il potenziale critico della
religione. Per Peukert i due progetti devono ora svilupparsi in vicendevole rapporto e in pubblico dialogo. Anche la teologia pretende di parlare in modo chiaro e comprensibile a tutti, confidando in un discorso di natura argomentativa.
LIlluminismo poi amputerebbe se stesso nel caso di mancata risposta alle provocazioni che gli derivano dalle tradizioni religiose dellumanit, che trovano la
loro formulazione riflessa in quelle teologie che approfondiscono in termini
radicali la situazione delluomo, affermando la propria pretesa di verit in una
societ pluralistica attraverso una modalit mediabile e comprensibile intersog-
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gettivamente, senza eludere le aporie e le contraddizioni delle tradizioni storiche. Il luogo del discorrere rimane, nella solidariet di tutti gli esseri finiti il
luogo dellagire storico, individuale e collettivo nella protesta contro lannientamento, affrontando seriamente il problema della teodicea e usando la dialettica che insita, senza rinunciare alla negativit storica, in quella radicalizzazione che arriva fino al suo nucleo teologico incandescente(23). Senza accontentarsi di concepire il discorso della riconciliazione, dellemancipazione liberatrice e della forza trascendente, proprio dellagire comunicativo, ma rendendosi
comprensibile come agire che si libera dai meccanismi dellautoaffermazione e
di accrescimento del potere nella concorrenza e si appella nel ricordo e nellanticipazione per se stessa e per ogni altro ad un Dio che nel suo agire qui e ora
lamore assoluto che si d per primo.
A differenza di quanto ritiene Habermas - di fronte allintensificazione accelerata del potere organizzato in modo sistemico generatore di ingiustizie senza
fine - nella storia dello sviluppo delle grandi civilt, le grandi religioni si sono
spesso presentate come movimenti di protesta e come tentativi di motivare altre
forme di rapporto tra gli esseri umani e con la realt. Lo si pu documentare a
partire dalla storia di Israele, il cui significato sta nellacquisizione della tensione messianica che rende consapevoli della possibilit di vivere insieme unesistenza non dominata dai meccanismi di accrescimento del potere. Nellesperienza di Ges di Nazaret la concezione apocalittica della storia si trasforma: nella
sua persona, sin da ora, spezzato il nesso di perdizione originato dal male (Ho
visto Satana cadere dal cielo come una folgore), la bont proveniente da Dio si
realizza nella prassi come accettazione incondizionata dellaltro, che in certi casi
pu essere il nemico.
11
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va, salva anche nella morte e nellannientamento(27). Un pensiero postmetafisico non deve essere necessariamente anche un pensiero post-teologico(28).
13
(33)
nesimo ellenizzato (penetrato dal platonismo, che avrebbe permeato tutta la filosofia occidentale) si sia progressivamente allontanato dal retaggio di Israele, al
punto che la teologia ha perduto di sensibilit nei confronti della sofferenza
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(persino di ci che accaduto ad Auschwitz) e dellistanza di una giustizia
universale. Va perci riacquisita, della tradizione di Israele, la forza della
memoria come componente della ragione (ragione anamnestica): la teologia si
libera dalla sua alienazione ricorrendo al nesso indissolubile tra ratio e
memoria (in termini tardo-moderni: alla fondazione di una ragione comunicativa
per entro a quella anamnestica)(34).
Per Habermas, al contrario, la vicenda della filosofia occidentale non pu
essere interamente risolta nel platonismo; essa attraversata anche da una storia
della protesta contro il platonismo; anzi segnata dal tentativo di recuperare il
potenziale semantico sotteso alla storia della salvezza e di immetterlo nelluniverso del discorso fondante (tensione tra lo spirito di Atene e leredit di Israele). La lenta sedimentazione nella metafisica greca di elementi di genuina origine ebraica e cristiana, ha permesso la costituzione di una rete di concetti specificamente moderni che si possono raccogliere (non formare) in quello di ragione
comunicativa e nel contempo storicamente situata (si pensi a termini come
quello di libert soggettiva, di rispetto per ciascuno, di soggetto socializzato, di
liberazione, di fattibilit dello spirito umano, di contingenza delle condizioni alle
quali questo spirito rivendica incondizionate pretese).
Per questi motivi, la ragione anamnestica non deve essere lasciata unicamente nelle mani dei teologi: la cosa, considerata sotto il profilo della teodicea,
costituisce indubbiamente per Metz il centro della questione su Dio, la questione
della salvezza di quanti hanno sofferto e soffrono ingiustamente; per Habermas
ha a che fare con lindifferenza di molti nei confronti di un mondo divenuto
empiristicamente livellato e refrattarioa quella dimensione normativa che
permette di identificare i tratti di una esistenza non riuscita o ferita nella sua
dignit e di esperirli come deprivazione in generale. Anche la filosofia (la
ragione argomentante) pu allora mobilitare la forza dellanamnesi, mettendo in
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evidenza a partire dagli strati profondi dei suoi presupposti pragmatici le condizioni per un ricorso ad un senso incondizionato lasciando aperta la dimensione
delle rivendicazioni di validit che trascendono spazi sociali e tempi storici(35).
Ci si muove per esclusivamente nel segno di una trascendenza dallinterno e
ci si deve accontentare di incoraggiare fondatamente ad una scettica, ma non
disfattistica resistenza contro gli idoli e i demoni di un mondo che tiene in
dispregio luomo(36).
Se il dialogo con Metz permette ad Habermas di valorizzare il contributo
della tradizione ebraico-cristiana allo sviluppo della filosofia, in quello con il
teologo Michael Theunissen (37) - che ha sviluppato una filosofia del dialogo misurandosi tra laltro con la teoria dellintersoggettivit trascendentale da Husserl
a Sartre - emerge tutta la perplessit nei confronti di una forzata conciliazione
tra le due sfere, quasi che la filosofia debba radicarsi nel discorso teologico, con
il rischio dello sfinimento della tensione dialogica in un reciproco snaturamento.
Ch se filosofia e teologia sono entrambe alle prese con laffrancamento delluomo dallimpotenza del non agire, dal dominio del passato sul futuro, s da arginare la tristezza indicibile che provoca la vista della storia irrigidita a natura,
va per chiaramente distinta la spes fidei dalla docta spes: la fiducia in una svolta escatologica, non pu essere confusa con lattesa profana che loperare delluomo nel tempo possa promuovere, nonostante tutto, un cambiamento verso il
meglio(38). Theunissen si muove sulla linea di Moltmann e di Metz nel contestare la simbiosi instaurata dal cristianesimo con le tradizioni metafisiche di origine
platonica, per riconquistare il contenuto escatologico del cristianesimo delle origini assieme al suo nucleo radicalmente storico, ma si differenzia da Moltmann
e da Metz perch intende realizzare lobiettivo con mezzi non teologici (cio
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filosofici), colmando cos il fossato esistente tra la realt esperita nella fede e la
forza di persuasione dei motivi filosofici. E se non negata la differenza tra la
spes fidei che per lui si nutre di una kierkegaardiana dialettica della disperazione
ed una speranza fallibile, illuminata da una ragione scettica ma non disfattista,
tiene per fermo il compito di radicare la speranza profana, con motivi filosofici,
nella speranza escatologica. Si spiega cos il suo adoprarsi per avviare una fondazione post metafisica della libert comunicativa, riallacciandosi alle tesi di
Malattia mortale di Kierkegaard, volendo con ci dimostrare che luomo per
poter essere se stesso deve presupporre per la sua libert comunicativa una
autorizzazione conferitagli dallassoluta libert di Dio(39).
Habermas affronta ancora una volta e precisa questi temi nellintervista rilasciata al teologo-filosofo della liberazione Eduardo Mendieta (40). Il dialogo in
qualche modo propedeutico al discorso che Habermas andr sviluppando con
lelaborare le tesi presenti nel suo discorso su Fede e sapere (41), pronunciato nel
2001 in occasione del conferimento del Friedenspreis des Deutschen Buchandels, alla Pauluskirche di Francoforte. Dichiara esplicitamente a Mendieta
che nulla avrebbe da obiettare se si affermasse che la concezione del linguaggio
e dellagire comunicativo orientato allintesa, si sviluppato da uneredit cristiana: il telos della intesa pu trarre alimento da un logos cristianamente inteso
che si materializza nella prassi comunicativa degli appartenenti(42), purch
rimanga netta la differenza metodologica. Il discorso filosofico deve mantenersi
coerente con la logica interna tipica di una argomentazione giustificativa e
fondativi. Una prospettiva di pensiero che vada oltre i limiti dellateismo metodologico destinata a perdere la sua seriet filosofica. Resta per ben ferma
lacquisizione che lesperienza e la riflessione religiose custodiscono in s potenziali semantici irrinunciabili, non ancora pienamente utilizzati dalla filo-
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sofia, non ancora tradotti nel linguaggio di ragioni pubbliche, presuntivamente capaci di persuadere chiunque. La mia sensazione - osserva Habermas -
che i concetti fondamentali delletica filosofica non abbiano ancora catturato
tutte le intuizioni che nel discorso biblico sono gi esposte in maniera assai
differenziata e che noi, da parte nostra, apprendiamo solo attraverso processi
semireligiosi di socializzazione(43).
Consapevole di questa carenza, letica del discorso cerca di tradurre limperativo categorico kantiano in un linguaggio pi adeguato a certe intuizioni (per
esempio al senso di solidariet che lega tra loro gli appartenenti alla comunit)
. Con una precisazione: rimane aperto linterrogativo se alla capacit della
(44)
18
ulteriormente chiarita come necessit di una divisione del lavoro tra filosofia e
teologia, lasciando alle religioni positive il compito di gestire il proprio ambito,
senza contrapposizioni frontali, permettendo ad esse di contribuire allautocomprensione etica di singoli, delle comunit politiche particolari, dellumanit intera. La religione ora considerata una figura contemporanea dello spirito, anche se non appartiene al campo della ragione, ma a quello della fides quae, del
credere in un complesso di verit attinte dalla rivelazione. Pu venire in aiuto
per lauto-comprensione etica delluomo, in quanto esclusivamente come etica
appropriabile dalla ragione, ma daltro canto pu offrire un surplus di senso, in
modo esistentivamente credibile, non solo per le obbligazioni, ma anche per le
contingenze e le dipendenze; non solo per lagire, ma anche per il patire(46).
Sotto questo profilo sono frequenti i riferimenti a Kant, considerato come colui che ha inaugurato il pensiero postmetafisico per aver nettamente demarcato il
sapere dalla fede e per aver mostrato disponibilit a riconoscere il surplus di motivazioni che pu venire dalle religioni positive. Si tratta di una lettura selettiva
del filosofo di Knigsberg, poco preoccupata della esatta ricostruzione del suo
pensiero sullalla religione (non tutto il pensiero di Kant - per Habermas -
fruibile da parte del pensiero post-metafisico)(47), interessata invece al modello,
da lui esibito, di unappropriazione critica di contenuti e modi della
realizzazione
religiosa
storica:
un
atteggiamento
caratterizzato
dalla
19
Piergiorgio Grassi
20
N O T E
1 - E. Arens (ed.), Habermas e la teologia (1989); tr.it., Queriniana, Brescia 1992, con
unilluminante editoriale di R. Mancini. Cfr. dello stesso Arens, Nuovi sviluppi della teologia politica.
La forza critica del discorso pubblico su Dio, in R.Gibellini (ed.), Prospettive teologiche per il XXI
secolo, Queriniana, Brescia 2003, pp. 73-92.
2 - Th.W. Adorno, K.R. Popper, R. Dahrendorf, J. Habermas, H. Albert, H. Pilot, Dialettica e
positivismo in sociologia (1969); tr.it. Anna Marietti Solmi, Einaudi, Torino 1972.
3 - E. Arens, La teologia secondo Habermas, in Id. (ed.), Habermas e la teologia, cit., pp. 15-52.
4 - Cfr. di J. Habermas i saggi, Epistemologia analitica e dialettica e Contro il razionalismo
dimezzato dei positivisti e di H. Albert, Il mito della ragione totale e Alle spalle del positivismo, in
Th.W. Adorno, K.R. Popper, R. Dahrendorf, J. Habermas, H. Albert, H. Pilot, Dialettica e positivismo
in sociologia, cit., tr.it. di Anna Marietti Solmi, rispettivamente alle pp. 153-188 e 2229-260; 229-260
e 261-296.
5 - J. Habermas, Sul razionalismo dimezzato dei positivisti, cit., p. 256.
6 - Ivi.
7 - Ivi, p. 257. Sullinsieme di queste problematiche cfr. P.A. Komesaroff, Habermas and the
Positivism Dispute. Science and Interest, in Id., Obiectivity, Science and Society. Interpreting Nature
and Society in the Age of the Crisis of Science, Routledge and P. Kegan, London-New York 1986, pp.
75-92; S. Vogel, Habermas and Science, in Praxis International, 3(1988), pp.329-49.
8 - J. Habermas, Conoscenza e interesse (1968); tr.it., a cura di G.E. Rusconi, Laterza, Bari 1970.
Cfr., su questo contributo di Habermas, G.E. Rusconi, Conoscenza e interesse in Habermas, in
Quaderni di sociologia, 3, (1974), pp.436-453 e K.-O. Apel, Types of Social Science in the Light of
Human Interest of Knowledge, in Social Research, 3 (1977), pp.425-70.
9 - W. Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, a cura di R. Solmi, Einaudi,Torino 1962. Su
questo testo cfr., G. Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978.
10 - J.Habermas, Teoria dellagire comunicativo (1981), a cura di G.E. Rusconi, 2 voll., Il Mulino,
Bologna 1986. Cfr. le pagine molto chiare e incisive sono - dedicate a questopera complessa - da S.
Petrucciani, Introduzione a Habermas, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 95-132-
21
11 Come nota S. Petrucciani (Introduzione a Habermas, cit., p.83), ogni atto linguistico
contenuto da una parte locutiva (contenuto proposizionale) e da una parte illocutiva, con la quale il
parlante solleva una pretesa nei confronti dellascoltatore. Ma soprattutto [ ] contrae un impegno,
per esempio a rinunciare ad una affermazione di cui venga dimostrata da altri la falsit o a ritirare un
ordine in cui venga dimostrata lillegittimit. Per dirla ancora con Habermas, la forza illocutiva di
un atto linguistico accettabile sta pertanto in ci, che esso pu muovere lascoltatore a fare
affidamento sulle obbligazioni che il parlante contrae quando compie un certo atto linguistico
(Vrstudien und Ergnzungen zur Theorie des Kommunikativen Handelns, Suhrkamp, Frankfurt a.M.
1984, p.451).
12 -
13 -
Ivi.
14 J. Habermas, Per la ricostruzione del materialismo storico (1976); tr.it. a cura di F. Cerutti,
Etas Libri, Milano 1979, p.82.
15 -
16 Sul pensiero di Metz nel suo sviluppo e in rapporto alla filosofia contemporanea, si veda G.
Coccolini, Johann Baptist Metz, Morcelliana, Brescia 2007. Per i temi qui proposti cfr. D. Tebald,
Anamnestysche Vernunft. Untersuchungen zu einen Begriff der neuen Politischen Theologie, LIT.,
Mnster 2011.
17 J.B. Metz, La fede, nella storia e nella societ (1977); tr.it. a cura di L. Tosti, Queriniana,
Brescia 1978, p.15.
18 -
Ivi, p.57.
19 p.17.
Th. Adorno, Dialettica negativa (1966); tr.it., a cura di C.A. Donolo, Einaudi, Torino 1970,
20 -
Ivi, p.199.
21 -
Ivi, p.78.
24 -
Ivi, p.79.
25 -
Ivi, p.80.
26 -
Ivi, p.81.
27 -
Ivi, p.82.
22
28 -
Ivi, p.83.
29 Cfr. di Habermas, su queste tematiche, Moralit, diritto, politica (1992), a cura di L. Ceppa,
Einaudi, Torino 1992; Fatti e norme. Contributi ad una teoria discorsiva del diritto e della
democrazia (1992); tr.it., a cura di L. Ceppa, Guerini e Associati, Milano 1996; Solidariet tra
estranei. Interventi su fatti e norme (1992); tr.it., a cura di L. Ceppa, Guerini e Associati, Milano
1997. Si vedano i saggi critici di S. Petrucciani, Sulla giustificazione razionale della norma etica, in
Fenomenologia e societ, 1(1994), pp.133-153; A. De Simone, Intersoggettivit e norma. La societ
postdeontica e i suoi critici, Liguori, Napoli 2008 e A. De Simone-L. Alfieri (edd.), Per Habermas,
Morlacchi Editore, Perugia 2009.
30 Per il senso di questi dibattiti cfr. H.Dringer, Universale Vernunft und particularer Glaube.
Eine theologische Auswertung des Werkes von Jrgen Habermas, Peeters, Leuwen 1999; A. Ferrara
(ed.), Religione e politica nella societ postsecolare, Meltemi, Milano 2009; R. Mancini,
Comunicazione come ecumne. Il significato antropologico e teologico delletica comunicativa,
Queriniana, Brescia 1999; G. Cunico, Lettera di Habermas. Filosofia e religione nella societ
postsecolare, Queriniana, Brescia 2009.
31 Il pensatore postmetafisico per Habermas agnostico: si astiene dal giudizio su verit
religiose rinunciando a pronunciare enunciazioni ontologiche sulla costituzione dellessente nella
sua totalit. (Tra Scienza e fede (2005); tr.it., di N. Carpitella, Laterza, Bari-Roma 2006, p.43).
32 -
Ivi, p.48.
36 -
Ivi, p.155.
Ivi, p.93.
39 Ivi, p.90. Il testo di Theunissen, cui fa costante riferimento Habermas, Negative Theologie
der Zeit, Frankfurt a.M., 1991.
40 J. Habermas, Dialogo su Dio e il mondo (1999); tr.it. a cura di L. Ceppa, in Id., Tempo di
passaggi, cit., pp.127-147.
23
41 J. Habermas, Fede e sapere (2001), tr.it. a cura di L. Ceppa, in Id., Il futuro della natura
umana, i rischi di una genetica liberale, Einaudi, Torino 2009, pp.11-12. Cfr. anche limpegnata
postfazione di L. Ceppa, Ivi, pp. 115-125. Sulle tesi espresse in questo saggio da Habermas, cfr. Hans
Joas, Abbiamo bisogno della religione? (2010); tr.it. di A.M. Maccarini, Rubbettino, Soveria Mannelli
2010. Fede e sapere andrebbe letto in relazione con il testo di Habermas in dialogo con J. Ratzinger,
letto allAccademia cattolica di Baviera il 19 gennaio 2004 che porta il titolo I fondamenti morali
prepolitici dello stato liberale (2004); tr.it., a cura di M.Nicoletti, in J. Ratzinger-J. Habermas, Etica,
religione e stato liberale, Morcelliana, Brescia 2005, pp.21-40.
42 J. Habermas, Dialogo su Dio e il mondo, cit., pp.139-141. In precedenza aveva dichiarato
che il primo comandamento della religione ebraica esprime un avanzamento cognitivo, tipico di quella
che chiama epoca assiale. Si tratta di una stagione in cui le religioni monoteistiche (e quelle
acosmiche), hanno infranto la piatta superficie della contingenza fenomenica e narrativa. Tra struttura
profonda e struttura superficiale, sostanza e fenomeno, esse aprirono un varco che regal agli uomini
la libert della riflessione, la forza per staccarsi dalla vacillante immediatezza. (Ivi, p.138).
43 -
Ivi, p. 142.
44 -
Ivi, p.143.
45 Ivi. Habermas fa riferimento al volume di Hans Blumenberg, Elaborazione del mito (1979),
tr.it., Il Mulino, Bologna 1991. Com noto per Blumenberg il significato del mito sta nella sua
ricezione, un modo attraverso il quale lattuale presente rioccupa il passato e lintera storia. Ne
consegue che mythos e logos rappresentano due diverse risposte che lumanit storica ha dato alla
stessa domanda che caratterizza lessere estraneo al mondo da parte delluomo. Luomo non sa cosa
sia il mondo effettivamente.
46 G.Cunico,Lettura di Habermas, cit., p.19.
47 Cfr. il lungo saggio Il confine tra scienza e fede. Storia dellinflusso e attuale importanza
della filosofia della religione di Kant in J. Habermas, Tra scienza e fede, Laterza, Bari-Roma 2006,
pp.111-150 e le critiche che gli rivolgono R.Langtahler e altri in R. Langtahler, H. Nagl-Docekal
(edd.), Glauben und Wissen. Ein Symposium mit Jrgen Habermas, Oldemburg, Wien-AkademieVerlag, Berlin 2007. Habermas ha riconosciuto che linterpretazione corretta quella formulata dal
critico, ma respinge il tentativo di avvalorare il genuino pensiero di Kant sulla religione come via
percorribile oggi per il pensiero post-metafisico. (G. Cunico, Lettura di Habermas, cit., pp.128129).
48 Kierkegaard - scrive Habermas - il primo a porre il pensiero post-metafisico di fronte
allincolmabile eterogeneit di una fede che nega senza compromessi la visione antropocentrica del
pensiero filosofico con i suoi approcci intramondani. Solo grazie a questa sfida, la filosofia entra in un
rapporto dialettico serio con lambito dellesperienza religiosa. Habermas rileva anche lincidenza di
Kierkegaard su Barth e su Bultmann nel rivendicare la caparbiet normativa della fede nella
rivelazione contro il rischio della sua riduzione da parte del pensiero storico e contro il rischio della
sua privatizzazione. Un confronto aspro, fondato su un pensiero postmetafisico che preserva la
critica della modernit [] da un reazionario antimodernismo. (Ivi, p.138).
24
49 -
Ivi.
50 Rinvio, per la discussione delle aporie presenti nel discorso di Habermas sulla religione, al
documentato saggio di G. Cunico, Lettura di Habermas, cit. Si veda anche R. Gatti, Il problema
teologico-politico e il ritorno della religione nella sfera pubblica, in Annuario di filosofia 2009,
pp.139-163. Per una sintetica presentazione delle principali forme di filosofia della religione del
Novecento rimando alla voce che ho scritto per lEnciclopedia filosofica Bompiani, vol.X, Milano
2006, pp.9605- 9624.
25