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Le fortificazioni e la rioccupazione del territorio:

lesempio di Populonia
Gilda Bartoloni

Antonella Romualdi e Rosalba Settesoldi nel recente lavoro sulla cinta muraria inferiore di Populonia (Romualdi, Settesoldi 2008) sembrano dare credito ad una ipotesi da me pi volte espressa (Bartoloni 1991, Bartoloni 2004, Bartoloni 20042005; cfr. anche Zifferero 2006) di considerare linsieme dei bronzi di Falda della
Guardiola come testimonianza di un rito di fondazione di una pi antica fortificazione, ascrivibile perci non dopo la seconda met dellVIII secolo a.C.1
Ad ovest, in corrispondenza dellangolo a monte del torrione, stata individuata una fossa riempita, almeno per quanto stato possibile scavare per non compromettere la
struttura del torrione medesimo, interamente dallhumus. Tale fossa pu verosimilmente
essere identificata, a giudicare dalla sua posizione, proprio con quella del ripostiglio della Falda della Guardiola, scavata dal Minto nel 1926 (Minto 1926, pp. 362-378)
(fig. 1). II dato appare di importanza non secondaria e tale da spingere a considerare nuovamente il problema e la natura del ripostiglio stesso soprattutto in relazione allimpianto

1
Il mio interesse per Populonia nato grazie alla liberalit di Antonella Romualdi, che in qualit di
funzionario preposto alla tutela della zona, mi invit negli anni 80 a studiare i materiali della prima et
del ferro conservati al Museo Archeologico di Firenze, con i corredi tombali in gran parte confusi a causa dellalluvione del 1966 (Bartoloni 1989; Bartoloni 1991; Bartoloni 2000; Bartoloni 2002), e
pi tardi nel 2001 mi incoraggi a chiedere una concessione di scavo (2001-2005) per la necropoli di Poggio delle Granate. La necropoli di Poggio delle Granate, ubicata nella zona settentrionale del Golfo di Baratti, fu indagine di scavo da parte della Soprintendenza archeologica sotto la guida di A. Minto dal 1922
al 1934 circa (Minto 1914; Minto 1917; Minto 1921; Minto 1922; Minto 1925; Minto 1934 cc.
289-420; Minto 1943) e successivamente nel 1980-1981 da Antonella Romualdi (Rosi 1994-1995): purtroppo degli scavi pi antichi rimangono solo scarni giornali di scavo dellassistente Cesare Barlozzetti, ripresi integralmente da Antonio Minto per le sue pubblicazioni, un pianta sommaria di parte della necropoli sudoccidentale, e pochi rilievi delle tombe. Obiettivo prioritario, condiviso da Antonella Romualdi,
apparve quindi quello di riportare alla luce le tombe anche gi scavate da Minto o depredate da clandestini , per poter conoscere le diverse tipologie tombali, lo sviluppo delle varie tecniche di copertura e, indispensabile per chiarire il processo di formazione urbana di Populonia ancora oscuro per le fasi pi antiche, la stratigraa orizzontale della grande necropoli settentrionale. I risultati delle cinque campagne di
scavo sono stati preliminarmente presentati in Bartoloni et alii 2001; Bartoloni 2004-2005; ten Kortenaar 2004-2005; ten Kortenaar et alii, 2004-2005; Bartoloni et alii 2005; ten Kortenaar,
Neri, Nizzo 2006).

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ATTENZIONE
eseguire fotoritocco
(eliminare riga in alto)

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Fig. 1. Carta archeologica di Populonia (da Romualdi, Settesoldi 2008).

Fig. 2. Populonia, Falda della Guardiola: rilievo del tratto di mura con avancorpo a torrione quadrangolare. La lettera a indica il luogo di rinvenimento del ripostiglio Mi.
ATTENZIONE
eseguire fotoritocco (eliminare riga
in alto e in basso; bruciare fondo o
ampliare e uniformare grigio)

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delle mura di cinta. La localizzazione del ripostiglio esattamente sullangolo a monte del
torrione (fig. 2), gi evidenziata dal Minto ma da questo non correlata in alcun modo
alla costruzione della cortina difensiva, non sembra essere casuale. verosimile che il ripostiglio possa essere stato occultato al momento stesso della costruzione delle mura per
motivi legati ai riti di fondazione trattandosi di un punto strategico per la difesa e laccesso al centro abitato sul Poggio della Guardiola e sullacropoli, forse gi fino dallet
del Ferro. Il ripostiglio stato interpretato come una serie coerente di oggetti tutti riferibili allVIII secolo, pi precisamente, sulla base della presenza di una fibula a cuscinetto
romboidale, alla seconda met del secolo2.

Antonella Romualdi e Rosalba Settesoldi concludono tali osservazioni sostenendo


che lipotesi pur essendo suggestiva non appare per dimostrabile. Pur non potendo dimostrare con certezza questa ipotesi, mi soffermer su alcuni indizi relativi alla composizione e allubicazione del rinvenimento, che la potrebbero rendere plausibile3.

Il contesto
Il tipo di contesto indubbiamente eccezionale4 costituito (fig. 3) come noto da
due oggetti prestigiosi, quali la spada e la navicella sicuramente importati e verosimilmente attribuibili a produzioni della fase finale dellet del Bronzo e di quella pi antica dellet del Ferro5, e da asce di produzione peninsulare databili in un momento
avanzato della prima et del ferro, probabilmente dopo la met dellVIII secolo a.C.
La fibula a cuscinetto romboidale, purtroppo non documentata da Minto insieme
al resto del complesso (Minto 1943, tav. XI, figg. 1-7) e quindi difficile da individuare
tra i materiali adespoti in seguito allalluvione del 1966,6 elemento forse leggermente
pi recente rispetto agli altri bronzi, potrebbe essere stata utilizzata come chiusura di
un eventuale panno contenente questa serie di oggetti di indubbio prestigio. Come
noto panni di lino nellVIII e VII secolo sono frequenti in contesti funerari per avvolgere le ceneri (ad esempio Esposito 1999, pp. 41, 44-49) o gli ossuari (Martelli
2005). Una simile ricostruzione avvalora lipotesi di deposizione rituale.
Romualdi, Settesoldi 2008, p. 311.
Dedico perci volentieri queste pagine ad Antonella Romualdi.
4
Su cui si soermeranno in questa sede Fulvia Lo Schiavo e Matteo Milletti.
5
Il recente rinvenimento (Nava 2008-2009, p. 100, g. 5) di una navicella sarda in un contesto cronologicamente coevo a quello di Falda della Guardiola, nella ricca tomba 74 a incinerazione della necropoli di Monte Vetrano nellAgro Picentino (terzo quarto VIII secolo a.C.), sinora le pi antiche testimonianze di navicelle sarde nella penisola italiana ripropone lannosa questione sulla cronologia dei bronzetti
sardi, la cui importazione in Italia tra ne IX e prima met di VIII secolo, data a cui si avvicinano le due
navicelle, testimonia la prosecuzione della produzione di bronzi nuragici almeno sino alla prima met dellVIII secolo a.C.
6
Non corrispondente alla descrizione di Minto appare la bula associata al ripostiglio in Parisi Presicce 1985, n. 11, p. 47: bula a navicella con arco a losanga e staa lunga. Larco ingrossato a cuscinetto
romboidale a mio avviso meglio si addice ad un arco pieno.
2
3

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Fig. 3. Populonia, ripostiglio di Falda della Guardiola.

Depositi collegati alle mura non sono in effetti sconosciuti7: almeno 7 depositi di
bronzo e una sepoltura umana sono stati rinvenuti in Baviera sotto la fortificazione del
periodo dei Campi dUrne (Berger 1994) e riferiti a rituali collegati alle fortificazioni8.
Nella pianta generale degli scavi accanto al luogo di rinvenimento del ripostiglio viene indicata una delle porte della cinta bassa (fig. 1). Sullimportanza religiosa delle porte sufficiente riportare quanto ribadito da Eliade: La soglia e la porta rivelano immediatamente, concretamente, la soluzione di continuit dello spazio; di qui la loro
importanza religiosa, essendo i simboli e insieme i mezzi del transito []. Sulla soglia
vengono offerti sacrifici alle divinit custodi [], dei e spiriti che ostacolano lentrata

Sui depositi di fondazione connessi alla linea esterna delle mura: Carafa 2010.
Desidero ringraziare Caroline von Nicolai, che sta svolgendo la sua tesi di dottorato sui Conni urbani nel mondo celtico, per la segnalazione.
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8

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alla malafede degli uomini e alle potenze demoniache e pestilenziali (Eliade 2006).
In Etruria depositi in connessione con porte o ingressi pi o meno coevi possono
riconoscersi a Tarquinia. Allingresso del cosiddetto complesso sacro-istituzionale venne seppellito un deposito inaugurale, costituito da due fosse scavate nel terreno ed evidentemente allineate con lingresso e con la struttura allinterno del recinto, in cui furono deposti esemplificativi oggetti in bronzo: una tromba-lituo accuratamente ornata,
uno scudo decorato a fasce in stile alto-orientalizzante, unascia con ornati in stile villanoviano, abbondante vasellame rituale con vasi per versare e per bere, per il pasto e
per le offerte, volutamente spezzati (da ultimo Bonghi Jovino 2007).
A Populonia, come a Tarquinia, il tipo dei bronzi offerti, e soprattutto le armi evidentemente defunzionalizzate, fanno attribuire questa offerta ad una figura al vertice
delle comunit di riferimento. Gli scavi a Poggio del Telegrafo stanno evidenziando
strutture palaziali, attribuibili a figure regali (Bartoloni, Acconcia 2007). Le case
del re appaiono veri centri politici e istituzionali della comunit dove si svolgevano
azioni comunitarie, con rituali spesso collegati a banchetti (Bartoloni 2010).

Le pi antiche fortificazioni nelle citt etrusche


La presenza di una fortificazione gi nellVIII secolo a.C. nelle citt etrusche trova
ora una coincidenza negli scavi condotti da Francesca Boitani a Veio, e di Anna Sgubini Moretti a Vulci, dove sono stati riconosciuti strutture difensive ad aggere.
A Veio ad un arco di tempo che al momento stato circoscritto nella prima met
dellVIII secolo, poco oltre, si assegna la realizzazione del sistema difensivo pi antico,
costituito da un muro a terrapieno visibile, allo stato attuale, per circa m 1,20 e compromesso solo in parte, sul fronte a valle, dalla costruzione della successiva cinta muraria (Boitani 2008). Esso risulta preservato comunque per uno spessore considerevole
di m 3 ed unaltezza di circa un metro rispetto al piano di calpestio antico. La struttura, realizzata da strati alternati di terra e pietrame, presenta sul fronte interno unarticolazione a gradoni con blocchetti di tufo parzialmente squadrati e allineati con funzione di controscarpa, mentre il nucleo formato da grosse pietre compattate da terra
argillosa. I confronti pi stringenti rimandano ai sistemi di difesa di epoca protostorica del Latium vetus, in particolare alle mura a terrapieno, in scheggioni di cappellaccio
sbozzati, rinvenute sia a Castel di Decima (Monte Cicoriaro), che documenta la pi antica attestazione nota databile agli inizi dellVIII secolo, che a Ficana, probabilmente pi
tarde, o a Ardea e Lavinio, dove le prime mura risalgono alla seconda met del VII secolo (Quilici 1994).
A Vulci gli scavi di Anna Moretti hanno evidenziato una fortificazione che si sovrappone a strutture dellinizio dellet del ferro, costituita da sistematici riporti di terreno. La creazione del terrapieno, nella seconda met dellVIII secolo, cio in una fase
avanzata del villanoviano evoluto, in corrispondenza del punto di pi facile accesso al
pianoro della Citt viene a costituire unintenzionale cesura con la porzione dellinse-

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diamento che occupa la Pozzatella che, pur manifestando una continuit di frequentazione sino almeno allet ellenistica, parrebbe da questo momento relegata a un ruolo di sobborgo periferico, forse deputato alle attivit produttive (Moretti Sgubini
2006, pp. 332-333).
La costruzione del terrapieno stata messa in relazione con lavvio di quella politica espansionistica che porter Vulci al progressivo dominio del territorio (Moretti
Sgubini 2008), che ad esempio per quanto riguarda la media valle del Fiora (Pitigliano) si pu datare agli anni centrali dellVIII secolo a.C. (Bartoloni 1995).
Anche a Bologna, negli scavi di piazza Azzarita, una doppia palizzata che racchiudeva una sorta di camminamento largo m 4,50, nel quale si conservavano i resti di un
battuto pu a ragione essere considerata una fortificazione lignea lineare, probabilmente
intervallata da torri e dotata di un camminamento interno (Ortalli 2008). La deposizione di un grande vaso biansato decorato a pettine rinvenuto in corrispondenza di
una rientranza della palizzata, considerata una torre, in giacitura verosimilmente riferibile ad un rituale di fondazione, data la struttura agli anni centrali dellVIII secolo
a.C. (Ortalli 2008, p. 501).

La rioccupazione del territorio


indubbio si debba riconoscere in questo periodo un gradino importante nella storia dellinsediamento che accomuna tutti i centri dellEtruria e che corrisponde nelle necropoli allemergere dellaristocrazia (Bartoloni 2003). Alcune ricche tombe rinvenute
fuori delle necropoli consuete, in campagna, denunciano la volont di esibire le avvenute appropriazioni agrarie da parte dellaristocrazia e preannunciano il sorgere di numerosi insediamenti sparsi nel territorio, fenomeno che inizia nel corso dellVIII secolo
ma si afferma non prima della fine del secolo e soprattutto nei primi decenni del VII
secolo: probabile che si tratti di una sorta di occupazione dellagro da parte di grandi centri. Certo non si deve parlare di fenomeno spontaneo ma piuttosto di un popolamento organizzato. Dallanalisi dellideologia funeraria e dalla tipologia dei manufatti
ceramici e metallici si possono enucleare diversi comprensori corrispondenti generalmente ai territori delle principali citt.
Il costituirsi di una gerarchia insediativa stabile e articolata dalla met/fine dellVIII
secolo a.C. rappresenta unevidente cambiamento nella storia del paesaggio di queste
aree. Con la nascita di nuovi insediamenti in localit, spesso occupate in un passato remoto (et del Bronzo finale), si assiste a uninversione di tendenza nelle modalit di occupazione del territorio rispetto alla situazione che si era venuta a creare con la nascita dei grandi agglomerati protourbani9. Limpulso decisivo verso unoccupazione

Per Populonia cfr. Bartoloni 2004-2005.

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sempre pi sistematica delle aree rurali deve attribuirsi ad organizzazioni politicamente centralizzate, quali dobbiamo immaginare i grandi centri villanoviani. Questo fenomeno stato collegato alla nascita di veri e propri agri gentilizi.
Recenti indagini pongono il confine territoriale a sud con Vetulonia nel corso del
Pecora10 e a nord con Volterra probabilmente anchesso segnato da un corso dacqua
a sud del Cecina tra Bibbona e Bolgheri (Cateni, Maggiani 1997); a oriente si potrebbe tracciare una linea tra le isole di Capraia e Pianosa.
Loccupazione del territorio di Populonia, sia allinterno che sulla costa, come ha in
pi parti evidenziato Antonella Romualdi, risulta riferibile gi alla fase avanzata della
prima et del ferro e ad epoca orientalizzante, come dimostrerebbero i reperti di Villa
Salus a S. Vincenzo (Fedeli 1993, p. 89), uno o due insediamenti a carattere rurale riconosciuti in localit S. Antonio e Franciana preso il torrente Acquaviva (Fedeli
1983, pp. 418-419), una serie di siti produttivi sul tombolo che divideva la laguna dal
mare del golfo di Follonica (Paribeni 1998; Aranguren 2002, pp. 111-117), il ripostiglio di Bambolo presso Castagneto Carducci (Fedeli 1993, pp. 88-89), le deposizioni del riparo Biserno (Fedeli, Galiberti, Pacciani, Di Lernia 1989), la necropoli di Monte Pitti nel bacino del Cornia (Bruni, Fedeli, Galiberti 1994) altri
tumuli alle pendici di Monte Valerio (Romualdi 1993, p. 97). La zona intermedia alle
spalle del golfo di Follonica appare vuota a causa verosimilmente delle grandi paludi che
occupavano larea.

La metallurgia del ferro


La scelta dei nuovi siti oltre che ad interessi di utilizzazione agricola sembra legato
allo sfruttamento delle miniere. Mauro Cristofani gi nel 1969 aveva sostenuto che la
scoperta del valore delle miniere aveva trasformato gli Etruschi da popolazioni guerriere
di terra (periodo villanoviano) in popolazione di commercianti (orientalizzante), la cui
economia legata essenzialmente allo scambio (Cristofani 1969). Come stato anche di recente ribadito da A.J. Dominguez, lo scambio in quanto tale parte dellessenza dellaristocratico (Dominguez 2007, p. 143). La circolazione dei beni non sarebbe altro che il ricordo materiale del vincolo spirituale, quale lamicizia, che la ricerca
del profitto svaluta (Mele 1979). A famiglie egemoni della Populonia villanoviana stata da molti attribuito il primo sfruttamento e la gestione delle risorse delle Colline metallifere (ad es. Bartoloni 2000).
Analisi recenti condotte dal Dipartimento di Scienze della Terra dellUniversit di
Firenze (Chiarantini, Benvenuti 2010) hanno ricavato una datazione al pieno VIII

10
Non riferibile sicuramente alla tarda fase villanoviana o al periodo orientalizzante lipotesi di conne tra i due territori di Vetulonia e Populonia proposto da Franco Cambi per let arcaica (Cambi 2002).
Insediamenti come Scarlino devono essere riferiti a Vetulonia (Cucini 1983; Cucini 1985, pp. 198-199).

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secolo a.C. per un nucleo di scorie di rame e carboni, campionato alla base dei depositi stratigrafici del quartiere industriale e portuale conservati a ridosso della spiaggia.
possibile ipotizzare una fase iniziale della metallurgia populoniese, proiettata verso lo
sfruttamento dei solfuri misti, il cui luogo di approvvigionamento va identificato nelle Colline Metallifere, dove le ricerche degli ultimi decenni hanno evidenziato lo sviluppo, fin dallavanzata et del Ferro, di un sistema insediativo aggregato intorno alle
mineralizzazioni cuprifere, individuando anche chiare tracce di estrazione e lavorazione (Zifferero 2002, pp. 182-199, 202). In questo senso, Populonia funge da centro
catalizzatore delle potenzialit del Campigliese, aperto al contatto e allo scambio di saperi tecnologici con le grandi isole del Tirreno (Acconcia, Milletti 2010).
Non da escludere che tale ruolo sia stato favorito dalla presenza di artigiani metallurgici provenienti dalla Sardegna (una sorta di Gastarbeiter), disturbati dal contatto massiccio con i fenici, non sempre favorevole per le genti nuragiche, e quindi alla ricerca di nuovi committenti e spazi, La presenza di artigiani provenienti dalla Sardegna
attivi nelle citt dellEtruria mineraria del resto da tempo stata rilevata (ad esempio
Bartoloni 1989; Bartoloni 1991; Maggiani 2002; Milletti 2008) e provata oltre che da la produzione di bronzi dimitazione anche dalla quantit di oggetti importati (Bartoloni 1997)11.

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Pur non potendo escluderlo, mi sembra che in studi recenti si tenda a sopravvalutare il ruolo euboico
nei traci della fase precoloniale tra Sardegna e coste tirreniche (ad esempio Rendeli 2005, Drago Troccoli 2009).

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Gilda Bartoloni

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