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Libri di scuola
e pratiche didattiche
DallAntichit al Rinascimento
Atti del Convegno Internazionale di Studi
Cassino, 7-10 maggio 2008
Con la collaborazione di:
CUSL - CONSULTA UNIVERSITARIA DI STUDI LATINI
CONSORZIO EUROPEO DI ALTA FORMAZIONE E RICERCA
(UNIVERSIT DI BUDAPEST, CASSINO, IOANNINA, EHESS PARIS, SALAMANCA)
a cura di
Lucio Del Corso e Oronzo Pecere
Tomo I
PAOLO DE PAOLIS
1. PREMESSA
Cercare di affrontare il problema dellinsegnamento ortografico
nella tradizione scolastica antica e medievale sicuramente un compito difficile (ma al tempo stesso stimolante), soprattutto perch nel
vasto ambito della ortografia antica si fondono e giustappongono
problematiche diverse e complesse, che si possono cos sintetizzare:
a. in primo luogo deve essere rilevata una sostanziale ambivalenza del termine ortografia nel mondo antico, che si traduce in
un suo duplice valore, presente gi nella dottrina greca e confermato da quella latina, come stato peraltro gi da tempo
messo in evidenza dai lavori generali sullortografia antica,
come quelli di Carl Wendel Ladislaus Strzelecki e Wilhelm
Brambach1. Da un lato, infatti, viene definita con questo termine nella tradizione grammaticale greca la correttezza grafica,
1
C. Wendel, s.v. Orthographie A. Griechisch, RE XXVIII.2, Stuttgart 1942, 14371456: 1437; W. Brambach, Die Neugestaltung der lateinischen Orthographie in ihrem
Verhltniss zur Schule, Leipzig 1868, 1-2. Sullortografia latina in generale vd. inoltre lampia voce di L. Strzelecki, s.v. Orthographie B. Lateinisch, RE XVIII.2, Stuttgart 1942,
1456-1484; E. Siebenborn, Die Lehre von der Sprachrichtigkeit und ihren Kriterien. Studien
zur antiken normativen Grammatik, Amsterdam 1976, 36-46; F. Desbordes, Ides romaines
sur lcriture, Lille 1990. Sulla nozione di ortografia nella tradizione grammaticale latina si
veda inoltre B. Walz, Der Begriff orthographia in der rmischen Antike, in P. Ewald K.-E.
Sommerfeldt [hrsg. von], Beitrge zur Schriftlinguistik: Festschrift zum 60. Geburtstag von
Professor Dr. phil. habil. Dieter Nerius, Frankfurt am Main 1995, 355-358.
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PAOLO DE PAOLIS
] [ ] [,
], [ ] [
] . Per ledizione dei frammenti di Trifone vd. ora nel sito internet
LGGA (Lessico dei grammatici greci antichi) la voce di A. Ippolito, Tryphon [1],
http://www.lgga.unige.it/schedePDF/200805161428480.Tryphon_1.pdf (29/04/2008).
Sullattribuzione ad Erodiano del testo tramandato dal palinsesto lipsiense, vd. la posizione
complessivamente scettica di J. Schneider, Les traits orthographiques grecs antiques et byzantins, Turnhout 1999 (Corpus Christianorum. Lingua Patrum, 3), 808-828, che finisce con
laccettare, in attesa di ulteriori studi sul palinsesto, la posizione prudente gi assunta da K.
Alpers, Bericht ber Stand und Methode der Ausgabe des Etymologicum Genuinum (mit einer
Ausgabe des Buchstabens ), Kbenhavn 1969 (Det Kongelige Danske Videnskabernes Selskab,
Historisk-filosofiske Meddelelser, 44/3), 14, per il quale il codice di Lipsia non tramanda lopera ortografica di Erodiano, ma un suo rimaneggiamento; Schneider (Les traits orthographiques cit., 826) riconosce comunque la vicinanza fra la definizione dellortografia data
nel codice di Lipsia con il passo parallelo di Carace (vd. nota seguente), e la relativa attribuzione a Trifone (vd. anche Les traits orthographiques cit., 857 e n. 27). Sulla duplice definizione dellortografia vd. anche Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 166.
3
Vd. nota precedente. Analoghe definizioni della ortografia anche negli estratti (da
Erodiano?) di Giovanni Carace:
, ,
(ediz. in P. Egenolff, Die orthoepischen Stcke der byzantinischen Litteratur,
Progr. Gymn. Mannheim, Leipzig 1887, 13 n. 12; vd. anche J. A. Cramer, Anecdota Graeca
e codd. manuscriptis bibliothecarum Oxoniensium, IV, Oxonii 1837 (rist. Amsterdam 1963),
331, 21-22; A. Lentz, Herodiani Technici Reliquaie, I, Lipsiae 1887 (GG III.1), C; cfr. P.
Egenolff, Die orthographischen Stcke der byzantinischen Literatur, Progr. Gymn. Mannheim,
Leipzig 1888, 4-6). Sullopera ortografica di Carace cfr. Schneider, Les traits orthographiques
(cit. n. 2), 72-109 (spec. 79-81 per la doppia definizione dellortografia), per il quale deve
essere escluso che essa sia una compilazione da unopera precedente (p. 109: rien nindique
230
explicitement que Charax ait pill un orthographe antrieur), come quella di Erodiano, contrariamente a quanto sostenuto da Egenolff, Die orthographischen Stcke cit., 4.
4
Sul capitolo ortografico dellInstitutio quintilianea si veda ancora utilmente il commento a cura di F. H. Colson, M. Fabii Quintiliani Institutionis Oratoriae Liber 1, edited
with introduction and commentary, Cambridge 1924, 91-103; solo edizione con brevi
note essenziali in M. Niedermann (ed.), Institutionis oratoriae libri primi capita de
Grammatica (I, 4-8), Neuchtel 1947 (Bibliotheca Neocomensis, 1). Utili osservazioni sui
capitoli grammaticali di Quintiliano si possono trovare anche in K. Barwick, Remmius
Palaemon und die rmische Ars grammatica, Leipzig 1922 (Philologus, Supplementbd., 15),
250-253 e 265-268, e in Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 53-55; commento glottologico di paragrafi scelti in V. Pisani, Manuale storico della lingua latina, III. Testi latini
arcaici e volgari con commento glottologico, Torino 1950, nr. A76, pp. 100-113.
5
Diomede sembra comunque nella linea della nota definizione generale di
Quintiliano, Inst. 1, 4, 2 Haec igitur professio, cum brevissime in duas partis dividatur, recte
loquendi scientiam et poetarum enarrationem; vd. anche Mar. Vict. GL VI 3, 15-4, 2 (= 1,
4-5 Mariotti) Grammatica autem ars quae est? Spectativa orationis et poematos. Haec quot
modis discernitur? Tribus. Quibus? Intellectu poetarum et recte loquendi scribendique ratione;
[Sergio], Expl. GL IV 486, 15-16 Ars grammatica praecipue consistit in intellectu poetarum
et in recte scribendi loquendive ratione; [Max. Vict.], Ars GL VI 188, 1-3 Grammatica quid
est? Scientia interpretandi poetas atque historicos et recte scribendi loquendique ratio. Dicta
autem , [id est ab his litteris]; Aud. GL VII 321, 5-9 De grammatica.
Grammatica quid est? scientia interpretandi poetas atque historicos et recte scribendi loquendique
ratio, , id est a litteris, cui nomen latinum a quibusdam litteratura vel lit-
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Cassiodoro (GL VII 209, 12-14), che nota la possibile sovrapposizione dei compiti dellortografia con quelli della grammatica vera e propria, osservando che gli artigrafi si occupano talvolta di ortografia e gli ortografi invece de partium declinatione:
a tal proposito Cassiodoro distingue i diversi compiti delle due
discipline, sostenendo che alla grammatica spetta lo studio
delle parti del discorso, mentre lortografia quem ad modum
scribi debeat designat 6. Sulla questione dellassenza dellortografia nelle artes latine torneremo fra breve, ma conviene fin dora
tenere presente losservazione di Cassiodoro sulla non pertinenza della ortografia alle trattazioni artigrafiche.
b. Una seconda questione di ordine generale e preliminare riguarda il rapporto fra pronunzia e grafia: gi la problematica ortografica arcaica, infatti, era strettamente legata a questo problema, che nasce dalle difficolt di adattamento di un alfabeto di
importazione straniera alla fonetica latina e dalle successive
evoluzioni della pronunzia stessa7, che devono essere recepite
dalla scrittura; non ovviamente un caso che numerose queteralitas datum est; vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 220, che riporta anche altre
analoghe definizioni della grammatica, fondate su questa bipartizione fra Exegese der
Autoren auf der einen und Theorie der Sprache auf der anderen Seite (ibid., 219).
6
Cassiod. GL VII 209, 13-14; il passo sembra presupporre una differenza significativa fra artigrafi e ortografi, o quanto meno fra le loro opere, che per non riesce ad
impedire gli sconfinamenti fra luna e laltra disciplina, che sono comunque impliciti nella
gi ricordata analoga definizione di grammatica e ortografia come recte scribendi scientia/ratio. Va comunque tenuta presente, per comprendere meglio la posizione di
Cassiodoro, la genesi del De orthographia come trattato destinato ai monaci impegnati con
la trascrizione dei testi sacri (vd. F. Bertini, Il De orthographia di Cassiodoro, in S. Leanza
[a cura di], Flavio Magno Aurelio Cassiodoro. Atti della settimana di studi [CosenzaSquillace 19-24 settembre 1983], Soveria Mannelli 1986, 92-104: 96-97; vd. inoltre infra,
265); da questo punto di vista non credo che esso possa essere interpretato come an
introd. to the ars grammatica (R. Petrilli, s.v. Cassiodorus, Flavius Magnus Aurelius Senator,
in Lexicon grammaticorum. Whos Who in the History of World Linguistics, Tbingen 1996,
164-165: 164), ma piuttosto come una integrazione tecnica, anticipando cos uno schema che godr di grande successo in epoca carolingia (vd. infra, 268-269).
7
La necessit di un (modesto) adattamento dellalfabeto greco alle esigenze fonetiche del latino compare gi in una delle prime testimonianze antiche sullorigine dellalfabeto latino, quella dellannalista Lucio Cincio Alimento (fr. 1 Peter = H. Funaioli,
Grammaticae Romanae Fragmenta, Lipsiae 1949 [dora in poi GRF], L. Cincius Alimentus,
p. 2), riportata da Mar. Vict. GL VI 23, 20-21 (= 4, 96 Mariotti) Cincius paucis inquit
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la quantit lunga dalla breve (vd. Funaioli, GRF, L. Accius fr. 24, pp. 30-31), insieme ad
altre proposte di innovazione grafica, anchesse di scarso successo (vd. Brambach, Die
Neugestaltung [cit. n. 1], 18-21; Strzelecki, Orthographie [cit. n. 1], 1459-1460; Suerbaum,
Die archaische Literatur [cit. n. 7], 122.B.c [E. Strk]). La reazione pi forte alle teorie
acciane venne da un altro letterato, Lucilio, che ne discute nel libro IX delle Satire (vd. frr.
338-382 Marx, cfr. Funaioli, GRF, C. Lucilius frr. 4-16, pp. 35-40); sulle concezioni ortografiche luciliane cfr. Brambach, Die Neugestaltung cit., 21-22; Strzelecki, Orthographie cit.
n. 1, 1460-1462; Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1], 68-70 e 170; vd. anche Ch.
Gramegna, Appunti intorno alle teorie grammaticali di Lucilio, in Studi offerti ad Anna Maria
Quartiroli e Domenico Magnino. Storia e filologia classica, Filologia e storia della letteratura
moderna, Storia dellarte, Scuola e societ, Bibliografia, Pavia 1987, 47-52; A. Lehmann,
Analyse linguistique et critique littraire dans les Satires de Lucilius, in G. Abbamonte F. Conti
Bizzarro L. Spina [a cura di], Lultima parola. Lanalisi dei testi: teorie e pratiche nellantichit
greca e latina. Atti del terzo Colloquio italo-francese coordinato da Luigi Spina e Laurent
Pernot [Napoli, 13-15 marzo 2003], Napoli 2004, 177-201; F. Biddau, I frammenti di
Lucilio in Terenzio Scauro, RFIC, 134 [2006], 150-158). Su tutta la problematica ortografica arcaica si vedano comunque soprattutto i due contributi di Bernardi Perini, Il sistema eterografico di Nigidio Figulo e Le riforme ortografiche, entrambi citati alla nota precedente.
9
La questione della definizione del rapporto fra ortografia e ortoepia stata sempre
al centro della riflessione sullortografia latina (vd. qualche esempio in Brambach, Die
Neugestaltung [cit. n. 1], 4-6, ma, fra gli ortografi latini, quello che ha dato pi spazio a
questo problema stato senza dubbio Velio Longo, che cerca di chiarirne i rapporti, distinguendone i diversi ambiti di indagine (GL VII 66, 12-21 Quae observatio orthographiae
mixta est <et> , quae etiam si habet instructionem suam, tamen huic quaestioni
familiariter implicata est. In enim quid decentius sit et quid lenius quaeritur, nec
laborat ille qui scribit circa id quod dicitur . In eo scrupulosior quaestio est, quod non numquam unus sonus est aut perexigua suspicione diversus. Interim quaeritur scriptio, ut cum dico eiecit, et alius per unam i litteram scribit, alius per duas, cuius iam
mentionem fecimus, cum de litterarum potestate loqueremur: quapropter supersedendum existimo) e affrontando quindi tutta una serie di quaestiones nelle quali devono essere tenute
distinte le due discipline (GL VII 71, 8-73, 11); vd. al riguardo Desbordes, Ides romaines
(cit. n. 1), 219-220.
234
c.
10
Cfr. Strzelecki, Ortographie (cit. n. 1), 1476, 36-40 (der Titel keineswegs den
Inhalt der Schrift wiedergibt, denn es ist darin auch von manchen anderen Sachen die
Rede, wie von Formen und Bedeutungen der Wrter, von den Praepositionen usw.) e
1477, 51-52 (Nur dem Namen nach gehrt in die Geschichte der orthographischen
Abhandlungen Agroecius).
11
La vicinanza fra alcuni materiali contenuti nello Ps.-Capro e in Agrecio e il genere delle differentiae verborum era gi stata notata da C. Codoer, Les plus anciennes compilations de differentiae: formation et volution dun genre littraire grammatical, RPh, 59
(1985), 201-219: 216; tale presenza potrebbe risalire, per il primo dei nostri testi, alla
genesi compilativa del De orthographia dello Ps.-Capro, che deriverebbe, secondo la tesi
sostenuta da L. Strzelecki, De Ps.-Capri Orthographia, Wratislaviae 1949 (Eus
Supplementa, 21), dalla fusione fra materiali provenienti dal De latinitate di Capro e un
anonimo trattato De orthographia et de proprietate ac differentia sermonum (composto in
forma forse metrica in un ambiente scolastico del tardo sec. II d.C.), avvenuta in epoca
imprecisata anteriore comunque al secondo quarto del sec. V, vista la datazione dellopera
di Agrecio agli anni che vanno dal 434 al 450. Sempre dallo Ps.-Capro, peraltro, dipendono varie raccolte di Differentiae, come, ad esempio, il De proprietate sermonum vel
rerum, su cui vd. M. L. Uhlfelder, De proprietate sermonum vel rerum. A Study and Critical
Edition of a Set of Verbal Distinctions, Roma 1954 (Paper and Monographs of the American
Academy in Rome, 15). Per il testo di Agrecio la natura di raccolta di differentiae ancora
pi evidente, tanto che esso viene spesso considerato come una delle testimonianze di
questo genere grammaticale. La presenza di differentiae nella tradizione latina piuttosto
antica e si pu trovare gi nella letteratura non specificamente grammaticale: vd. al riguardo J. Collart, Ne dites pas ... mais dites (Quelques remarques sur la grammaire des fautes
chez les Latins), REL, 50 (1972), 232-246: 232-237; Codoer, Les plus anciennes compilations cit., 205-206; F. Stok (ed.), Appendix Probi IV, Napoli 1997 (Universit degli
studi di Salerno. Quaderni del Dipartimento di Scienze dellAntichit, 18), 30-45; P.
Flobert, Les differentiae chez les grammairiens latins ou le refus de la synonymie, in C.
Moussy [d. par], Les problmes de la synonymie en latin. Colloque du Centre Alfred
Ernout (Universit de Paris IV, 3 et 4 juin 1992), Paris 1994 (Lingua Latina. Recherches
linguistiques du Centre Alfred Ernout, 2), 11-23: 13-15. Possiamo cos trovare differentiae in Catone nel fr. XXXVII 11 Jordan (= GRF fr. 14, p. 13) per falsarius/mendax, e
nel fr. 131 Malcovati (ex Gell. 16, 14, 1) per festinare/properare; ancora i frammenti 49 Ribbeck dei Myrmidones di Accio, citati da Nonio Marcello 432, 31-433, 8 Mercier
(697 Lindsay: Pervicacia et pertinacia hoc distant. Pervicacia est interdum bonarum rerum
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.
24
A questo tipo di manuali rivolta lattenzione maggiore di Barwick, Remmius
Palaemon (cit. n. 4), 229: Damit sind wir endlich bei der eigentliche
(ars grammatica) angelangt. Ihre Entstehung und geschichtlichen Entwicklung bei den
Rmern aufzuklren, habe ich mir in diesem Buche als Hauptaufgabe gestellt), che delinea in particolare la struttura delle artes pi antiche, purtroppo perdute e ricostruibili solo
dai materiali confluiti nella tradizione artigrafica e grammaticale, rappresentate in primo
luogo da Palemone, cui si possono anche aggiungere Terenzio Scauro e Arrunzio Celso.
25
Cfr. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 89-111 e 229-247, e De Nonno, Le
citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 629-633: fanno parte di questo gruppo i manuali di
240
Donato, Mario Vittorino, Scauro (da Vittorino/Audace), Aspro, Agostino Ars breviata,
Dositeo, Consenzio, Sacerdote I.
26
Cfr. Law, Late Latin Grammars (cit. n. 13), 192; a questo gruppo appartengono
Foca, Prisciano Inst. nom., Eutiche, le Regulae Palaemonis e le Regulae Augustini, Sacerdote
II/Catholica Probi.
27
I resti dellArs vittoriniana (GL VI 3-31, 16 = pp. 65-96 Mariotti) sono in pratica costituiti per oltre due terzi dal capitolo ortografico (GL VI 7, 33-26, 13 = cap. 4, pp.
70-90 Mariotti), preceduto da una rapida introduzione e da due brevi capitoli De voce e
De litteris e seguito da un capitolo De syllabis.
28
Anche per le opere appartenenti al filone de latinitate resta fondamentale
Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 227-229 e 167-203, con la ricostruzione delle
opere di Pansa e Capro, malgrado le riserve avanzate su vari punti di essa, come il rapporto con Char. I 15 e la natura stessa dellopera di Pansa, messi in dubbio con validi
argomenti da A. Mazzarino, Una nuova pagina di Plinio il Vecchio, I. Pansa o Plinio,
Maia, 1 (1948), 200-222; vd. anche D.M. Schenkeveld, Charisius, Ars grammatica
I.15: The Introduction (p. 61.16-63.20 B = 50.9-51.20 K), in P. Swiggers A. Wouters
[ed. by], Ancient Grammar: Content and Context, Leuven-Paris 1996 (Orbis,
Supplementa, 7), 16-35; oppure lesistenza di una vasta sezione metrica in Capro: vd. M.
De Nonno, Ruolo e funzione della metrica nei grammatici latini, in R. M. Danese F.
Gori C. Questa [a cura di], Metrica classica e linguistica. Atti del Colloquio (Urbino
3-6 ottobre 1988), Urbino 1990, 453-494: 458-459; per una essenziale e schematica
descrizione di questa tipologia di opere grammaticali si veda comunque utilmente anche
De Nonno, Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 637-639. Barwick riteneva che questioni ortografiche fossero presenti in Plinio e Capro, e che in Pansa, invece, fosse trattata la sola ortoepia (Remmius Palaemon cit., 229: So wissen wir, da Pansa nur das
Nomen und Verbum, Caper hingegen smtliche Redeteile behandelt hatte. Der erstere
bercksichtigte nur die Orthoepeie (Wortwahl und Flexion), im allgemeinen gehrten
aber Orthographie und Orthoepie zusammen. Bei Plinius und Caper wurden beide in
enger Verbindung miteinender errtert, bei Varro, wie es scheint, durch die Metrik voneinander getrennt).
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pur in assenza di una specifica trattazione ortografica, lassemblaggio di diversi testi grammaticali che ha dato luogo alle Artes grammaticae di Sacerdote, che uniscono un primo libro del tipo
Schulgrammatik, un secondo libro de catholicis del genere regulaetype, e infine un terzo libro de metris34.
Alla fine del sec. III, dunque, si viene sviluppando una tipologia
di manuali che cercano di integrare in una qualche misura al loro
interno anche lortografia e la metrica35: se dunque nella prima, pi
antica, fase della produzione grammaticale latina, le questioni ortografiche venivano trattate da opere esplicitamente ortografiche, come
quelle di Terenzio Scauro e Velio Longo, entrambi di epoca adrianea36,
varia natura: vd., per la ricostruzione dellopera di Carisio, Herzog, Restauration und
Erneuerung (cit. n. 13), 523.2.B [P. L. Schmidt].
34
Su Sacerdote in generale vd. soprattutto Kaster, Guardians of Language (cit. n. 13),
352-353 nr. 132; Herzog, Restauration und Erneuerung (cit. n. 13), 522.3 [P. L. Schmidt],
e P. L. Schmidt, s.v. Plotius (II 5), in Brills Encyclopaedia of the Ancient World New Pauly, XI,
Leiden-Boston 2007, 404-405.
35
Vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 247-248: es sind die Gebiete der latinitas (Orthographie und Orthoepie) und der Metrik (welch letztere vielfach mit der latinitas zusammen behandelt wurde), die seit dem Ende des 3. Jahrhunderts in die gro
angelegte ars grammatica eingefhrt werden; Barwick spiega questa novit soprattutto
con il motivo che latinitas e ars grammatica avevano comunque dei punti in comune,
come il fatto che nei manuali di grammatica venivano trattate questioni ortografiche nei
capitoli de litteris, e che questioni de latinitate trovavano spazio nelle sezioni sulle parti del
discorso, in particolare nei capitoli sulla flessione nominale e verbale. Vd. anche De
Nonno, Ruolo e funzione della metrica (cit. n. 28), 455-461.
36
Per la cronologia di Scauro le testimonianze principali sono fornite da Gell. 11, 15,
3 (Terentius autem Scaurus, divi Hadriani temporibus grammaticus vel nobilissimus), e Hist.
Aug., Ver. 2, 5 (Audivit Scaurinum grammaticum Latinum, Scauri filium, qui grammaticus
Hadriani fuit); cfr. Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 433.A [P. L. Schmidt]
e Q. Terentii Scauri De orthographia. Introduzione, testo critico, traduzione e commento, ed.
F. Biddau, Hildesheim 2008 (Biblioteca Weidmanniana, VI, Collectanea grammatica latina,
5), XXVII-XXVIII. Pi complesso stabilire una cronologia per Velio Longo, comunque sicuramente anteriore a Gellio, che lo ricorda in 18, 9, 4 (Alter autem ille eruditior nihil mendum, sed recte atque integre scriptum esse perseverabat et Velio Longo, non homini indocto,
fidem esse habendam, qui in commentario, quod fecisset de usu antiquate lectionis scripserit
non inseque apud Ennium legendum, sed insece); allepoca adrianea lo attribuisce, sulla base
di varie considerazioni, E. Neitzke, De Velio Longo grammatico, Diss. Gottingae 1927, 5 e
65-67. In generale Scauro e Velio Longo vengono ritenuti sostanzialmente coevi dalla critica moderna, soprattutto per le forti affinit fra le loro due opere: lorientamento prevalente
quello di ritenere che Velio Longo abbia utilizzato il trattatello scaurino (vd. da ultimo
Biddau, Q. Terentii Scauri cit., XXXIX-XL), ma le argomentazioni comunemente addotte non
sembrano decisive e lasciano comunque aperta la questione (vd. infra, 253 n. 67).
243
PAOLO DE PAOLIS
nonch, insieme alla ortoepia, anche nellambito delle opere de latinitate, come quella di Capro, in questa fase pi tarda, grazie anche
al confluire nella tradizione artigrafica del filone pi erudito delle
opere de latinitate37, lortografia trova spazio in artes pi strutturate, sia con trattazioni specifiche, come in Mario Vittorino o in
Probo/Palladio, che con discussioni di varie questioni ortografiche,
come avviene nelle artes di origine orientale di Carisio, Diomede e,
pi tardi, Prisciano. Resta per da capire quale fosse la funzione
didattica di queste trattazioni ortografiche, allinterno dei pi generali obiettivi pedagogici della scuola antica. Lassenza di trattazioni specificamente ortografiche nelle artes sembra escludere che nella scuola
del grammaticus venisse impartito un insegnamento generale di ortografia: possiamo semmai supporre che una prima, elementare formazione ortografica avvenisse gi nel primo livello scolastico38, il ludus
nel quale si imparava semplicemente a leggere e scrivere (presumibilmente con correttezza ortografica).
Le opere specificamente ortografiche, che come abbiamo visto
costituivano il terzo gruppo di manuali destinati allapprendimento
linguistico, si collocavano ad un livello pi avanzato e trattavano
argomenti di contenuto pi elevato e problematico, di cui possiamo farci unidea attraverso le trattazioni di Terenzio Scauro e Velio
37
Il fenomeno si avverte in particolare nelle artes del cosiddetto regulae-type (su cui
vd. supra, n. 26); cfr. De Nonno, Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 637-639.
38
Sulla struttura del sistema educativo romano ancora fondamentale H. I. Marrou,
Histoire de lducation dans lAntiquit, Paris 1948 (trad. ital., Storia delleducazione
nellAntichit, Roma 1966), 359-389; vd. inoltre M. L. Clarke, Higher Education in the
Ancient World, London 1971, 11-28; J. Bowen, A History of Western Education, I. The
Ancient World: Orient and Mediterranean 2000 B.C.-1054 A.D., London 1972 (trad. ital.,
Storia delleducazione occidentale, I. Il mondo antico: lOriente e il Mediterraneo dal 2000
a.C. al 1054 d.C., Milano 1979), 167-216; J. Christes, Bildung und Gesellschaft. Die
Einschtzung der Bilder und ihrer Vermittler in der griechisch-rmischen Antike, Darmstadt
1975, 130-245; S. F. Bonner, Education in ancient Rome. From the Elder Cato to the
Younger Pliny, London 1977 (trad. ital. Leducazione nellantica Roma. Da Catone il Censore
a Plinio il Giovane, Roma 1986), 165-276; A. D. Booth, Elementary and Secondary
Education in the Roman Empire, Florilegium, 1 (1979), 1-14; R. A. Kaster, Notes on
Primary and Secondary Schools in Late Antiquity, TAPhA, 113 (1983), 323-346; J.
Christes R. Klein Ch. Lth [hrsg. von], Handbuch der Erziehung und Bildung in der
Antike, Darmstadt 2006, 101-110 [D. Bormann], 111-123 [Ch. Krumeich], 136-145 [K.
Vssing], 146-155 [R. Klein].
244
Longo; non va tralasciato il fatto che anche esse sembrano comunque influenzate dalle opere del filone de latinitate, riflettendone
quindi la commistione fra ortografia e ortoepia. Lesistenza di
manuali specifici, per, sembra mostrare il fatto che proprio in questa fase si definisce con maggior chiarezza uno spazio autonomo per
lortografia, non pi riservato alle problematiche pi ampie della
trattatistica de latinitate; Scauro e Longo, con le loro trattazioni,
sembrano in qualche modo marcare il distacco dellortografia da
questo filone grammaticale, nellambito di un pi generale interesse per le questioni linguistiche e per un lessico colto e arcaizzante,
favorito anche dallatteggiamento culturale dellimperatore
Adriano39. Analogamente allortografia, anche la metrica definisce
sempre di pi uno spazio autonomo, favorito dalla sostanziale separazione fra i due campi riscontrabile gi nella trattatistica greca40.
Questa separazione si concretizza in una produzione specializzata
anche pi vasta di quella ortografica, che si sviluppa al di fuori delle
artes scolastiche41. Lautonomia delle opere di metrica e ortografia
avr poi delle conseguenze ben precise nellallestimento di libri scolastici in epoca carolingia, come avremo modo di osservare fra breve.
Lesame di questo blocco di trattazioni ortografiche ci consente di definirne meglio la fisionomia, inquadrandola nellambito
39
Cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 219:
Steht die Schulgrammatik in ihrer Tradition der (Sprach)Philosophie nahe, so der
Rhetorik zum Thema de Latinitate eine zweite Gruppe, die es seit Varros De sermone
Latino ber Verrius Flaccus (De orthographia) und Plinius Maior (Dubii sermonis libri) mit
Entscheidungen ber die rechte Orthographie und Flexion, Syntax und Semantik
(Synonyme) zu tun hat. Innerhalb dieses Rahmens spaltet sich seit Hadrian zunchst die
Orthographie (Scaurus, Velius Longus) ab, und die nunmehr auf Sprachrichtigkeit im
Wortgebrauch, d.h. im gebildeten Gesprch und der ffentlichen Rede bedachte
orthoepische Bemhung gewinnt zumal mit den Interessen eines Princeps an Gewicht.
40
La separazione fra dottrina grammaticale e dottrina metrica gi evidente nella tradizione scolastica greca e da l si trasmette alla Schulgrammatik latina, che nella sua canonica tripartizione fonetica/parti del discorso/vizi e virt del discorso (vd. supra, nn. 13 e 18
per il problema della derivazione di questo modello da una di ambito stoico) escludeva la metrica: vd. De Nonno, Ruolo e funzione della metrica (cit. n. 28), 453-459.
41
Cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 221:
Auch die Metrik stellt wie die Orthographie in unserem Zeitraum eine von der Ars grammatica strikt getrennte Textgruppe dar. Cfr., oltre al contributo gi citato nella nota precedente, anche De Nonno, Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 618-619.
245
PAOLO DE PAOLIS
246
fica allinterno di una ars46, pur se del tutto organica alle finalit
della scuola tardoantica, che fa di questo capitolo un caso particolare allinterno della tradizione artigrafica latina conservata, confermandone cos loriginalit, che fu ben compresa secoli pi tardi in
epoca umanistica, quando esso, estrapolato dal resto dellopera, god
di una vasta e interessante circolazione, per la sua novit che veniva
nati alla correzione dei manoscritti usati dagli allievi: GL VI 13, 24-25 (= 4, 37 Mariotti)
Quicquam et quicquid et quocquod, prima syllaba quotiens habuerit d, idem vos perducite et superponite c; GL VI 14, 14-15 (= 4, 40 Mariotti) Quatenus saepe cum sit recte scriptum, vos e perducitis et facitis quatinus, et saepe i litteram commutatis in e; GL VI 15, 1920 (= 4, 50 Mariotti) In fascia sine causa adiecistis apicem, quia fascia dicitur quod volvendo fit fascis; GL VI 16, 4-6 (= 4, 52 Mariotti) Has voces, nonnunquam, nunquam, nunquid,
quanquam, unquam, saepe recte scriptas relinquitis; aliquando n in m commutatis, numquam: pro n facitis m; GL VI 21, 20-21 (= 4, 84 Mariotti) Video vos saepe et orco et
Vulcano h litteram relinquere, sed credo vos antiquitatem sequi; GL VI 22, 14-16 (= 4, 89
Mariotti) Cum fuerit autem scriptum audiendus est et scribendus est et mutandus est et
similia generis masculini, primam vocem integram relinquetis, ex novissima autem e et s
detrahetis; GL VI 22, 17-18 (= 4, 90 Mariotti) At hicce et hocce pronominibus, si vox
sequens a vocali incipiat, e novissimam detrahetis, ut hicc alienus ovis custos bis mulget in
hora et manibusque meis Mezentius hicc est et hocc erat alma parens et hocc Ithacus velit;
GL VI 22, 25-23, 1 (= 4, 92 Mariotti) Quando distinguitis, cum erit perfecta oratio et sensus concludetur, inter novissimam verbi litteram et primam insequentis in superiore parte
versus punctum ponite aliud quam quod librarius inter duo verba posuit; GL VI 25, 13-15
(= 4, 107 Mariotti) Cum antiquitatem igitur posterior consuetudo vincat, vos utro modo scriptam vocem hanc inveneritis, ita relinquite, dum non ignoretis ab antiquis nominativo haec
contagio dictum; GL VI 25, 16-17 (= 4, 108 Mariotti) Non est, ut emendastis, porca praecidanea, sed praecidaria, quae frugum causa immolatur.
46
Cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 53: questa parte della grammatica era infatti affidata tradizionalmente a scritti speciali, come quelli citati di Scauro e
Velio Longo. In effetti nelle varie artes lortografia non compare affatto, fatta salva la
contiguit di questa disciplina con le questioni affrontate nei capitoli De littera, che, esaminando analiticamente le varie lettere dellalfabeto latino, sono il presupposto di ogni
dottrina ortografica (vd. al riguardo, in generale, Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1],
113-134) e toccano anzi in vari casi questioni di grafia, come, ad esempio, per il problema della resa grafica del suono gutturale con le lettere c, k e q (Char. GL I 8, 16-20
[= 5, 24-30 Barwick]; Diom. GL I 423, 10-15; Don. GL IV 368, 7-10), per le rese grafiche della z in parole di origine greca (Diom. GL I 422, 32-423, 1), per lalternanza di
grafie f/ph (Diom. GL I 423, 28-30). Analogamente nei trattati ortografici di Terenzio
Scauro (GL VII, 13, 1-18, 11 [= 11, 8-25, 12 Biddau]) e Velio Longo (GL VII 46, 153, 24) troviamo sezioni dedicate alle lettere dellalfabeto, che sono giudicate dai due
ortografi preliminari allesame delle vere e proprie quaestiones ortografiche con espressioni sostanzialmente analoghe (cfr. Scaur. GL VI 13, 2-4 [= 11, 10-12 Biddau] necessarium putamus ante cognationem explicare litterarurm, quondam huius quoque notitia haesitantibus saepe succurrat; Vel. GL VI 46, 1-2 Necessarium arbitror de orthographia sermonem instituenti a litterarum potestate initium facere).
247
PAOLO DE PAOLIS
incontro ai ben noti interessi ortografici di quel periodo47. Ma unaltra interessante considerazione pu essere formulata proprio a proposito delle vicende della tradizione di Vittorino, che ci mostra come
gi in epoca tardoantica si avvertisse lesigenza di predisporre strumenti didattici o di lavoro di pi ampio respiro: larchetipo tardoantico di Vittorino, infatti, databile al V-VI secolo, tramanda
anche il trattato metrico di Aftonio, che era stato unito allars vittoriniana, contenente invece la parte grammaticale e quella ortografica, in modo da ottenere cos un unico manuale completo48.
Si gi detto peraltro che anche per gli Instituta artium di
Probo/Palladio stato supposto che essi dovessero avere una forma
pi ampia di quella pervenutaci, e che in particolare sia andato perduto un secondo libro, nel quale dovevano trovare spazio anche le
trattazioni dellortografia e della metrica, cui lautore rinvia in pi
punti49. Materiali ortografici si trovano comunque anche allinterno
di quel che a noi pervenuto degli Instituta artium, come, ad esem47
Vd. soprattutto M. De Nonno, Tradizione e diffusione di Mario Vittorino grammatico. Con edizione degli Excerpta de orthographia, RIFC, 116 (1988), 5-59; sempre in
epoca umanistica pu essere riscontrata una ricca circolazione anche dei trattelli ortografici dello Ps.-Capro e Agrecio, su cui vd. P. De Paolis, Tradizioni carolinge e tradizioni umanistiche: il De orthographia attribuito a Flavio Capro, in O. Pecere M. D. Reeve [ed. by],
Formative Stages of Classical Traditions: Latin Texts from Antiquity to the Renaissance.
Proceedings of a Conference held at Erice, 16-22 October 1993, as the 6th Course of
International School for the Study of Written Records, Spoleto 1995, 263-297: 275-278
e 294-296, e larticolo di M. Sparagna, La tradizione manoscritta dei trattati ortografici dello
Ps.-Capro e di Agrecio in epoca umanistica, di prossima pubblicazione in Segno e testo.
La riscoperta di queste reliquie della tradizione ortografica antica si inserisce nel ben noto
interesse degli umanisti italiani per le questioni ortografiche, testimoniata dalla vivace attivit di personaggi come Guarino Veronese, Angelo Poliziano, Niccol Niccoli, Giovanni
Tortelli, Francesco Filelfo e Gasparino Barzizza.
48
Come ben noto, larchetipo tardoantico di Vittorino e Aftonio era gi danneggiato da una ampia lacuna, che ha causato la perdita di buona parte dellars vittoriniana e
dellinizio del manuale metrico di Aftonio: cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32),
47-50; De Nonno, Tradizione e diffusione (cit. n. 47), 5-6, con ampia bibliografia a p. 6
n. 1, di cui vd. soprattutto L. Jeep, Zur Geschichte der Lehre von den Redetheilen bei den
lateinischen Grammatikern, Leipzig 1893, 82-84, per la dimostrazione della natura meccanica del guasto.
49
Prob. GL IV 50, 38-51, 3 At vero litterarum Latinarum nomina cum sint omnia
monosyllaba, id est ut XX et unum sonum contineant, necesse est ut et in ratione metri vel
musicae plus facultatis ratio Graeca quam Latina obtineat. Sed hoc in metris vel musicis conpetenter tractabimus; 51, 15-16 Etiam de syllabis, quoniam non brevis ratio est, ideo alio loco
248
249
PAOLO DE PAOLIS
in praesentia potui. Siquid exemplis defecerit vel quaestionibus, subiungetur. Nam quod ad rem maxime pertinet, regulam vides54. Il destinatario del trattato doveva essere una persona specifica, come appare
chiaramente dallepilogo appena citato, che non ci lascia per capire molto sullidentit e sul ruolo della persona cui Scauro si rivolge55. Poco si pu ricavare, a questo fine, dallaffermazione di aver raccolto quanto era possibile (e comunque essenziale per stabilire una
regula generale) per il tempo disponibile, con la conseguente promessa di eventuali integrazioni successive, che, se da un canto sembrerebbe pi adatta ad una persona ancora in formazione, rientra dallaltro nel topos della risposta a sollecitazioni pressanti, utilizzato normalmente nelle dediche a personalit di alto rango56. In ogni caso, ci
troviamo sempre in presenza di unopera di utilizzazione scolastica, e
54
250
cato) dallo stesso imperatore Adriano, con il quale Scauro era in stretto rapporto, tanto
da apparire una sorta di grammatico di corte, come sembra potersi dedurre dai passi di
Gellio e della Historia Augusta citati sopra alla nota 36 (cfr. Biddau, Q. Terentii Scauri
[cit. n. 36], XXVII). Interessi linguistici e lessicali di Adriano sono peraltro ampiamente
attestati, spesso in forma di richieste scritte su questioni particolari e anche in relazione
a scambi di opinione con lo stesso Scauro; si veda Char. GL I 209, 12-15 (= 271, 1014 Barwick) Obiter divus Hadrianus sermonum libro I quaerit an Latinum sit: quamquam inquit apud Laberium haec vox esse dicatur, et cum Scaurus Latinum esse neget,
addit quia veteres eadem soliti sint dicere, non addentes via, con le osservazioni di G.
Pascucci, Lexicalia, Obiter, in MILLE. I dibattiti del Circolo Linguistico Fiorentino 19451970, Firenze 1970, 157-172: 158-159 (= G. Pascucci, Scritti scelti, Firenze 1983, 215230: 216-217); Prisc. GL II 547, 11-14 quamvis Scaurus in utroque [scil. in Ovidio et
Lucano] similem esse tenorem putavit. Sed Velius Celer respondens Hadriano imperatori per
epistulam de hoc interroganti, declinatione et tenore ambitus nomen a participio ostendit
discerni, quod usu quoque, ut ostendimus, confirmatur; Hist. Aug. Hadr. 15, 10-12 Et
quamvis esset oratione et versu promtissimus et in omnibus artibus peritissimus, tamen professores omnium artium semper ut doctior risit, comtempsit, obtrivit. Cum his ipsis professoribus et philosophis libris vel carminibus invicem editis saepe certavit. Et Favorinus quidem,
cum verbum eius quondam ab <H>adriano reprehensum esset atque ille cessisset, arguentibus amicis, quod male cederet Hadriano de verbo, quod idonei auctores usurpassent, risum
iocundissimum movit; Hist. Aug. Hadr. 16, 8 Sed quamvis esset in reprehendendis musicis,
tragicis, comicis, grammaticis, r<h>et[h]oribus, oratoribus facilis, tamen omnes professores et
honoravit et divites fecit, licet eos quaestionibus semper agitaverit.
57
Vd. P. L. Schmidt in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 224: Die
wohl als Supplement der Grammatik gedachte Orthographie des Scaurus.
58
LArs grammatica di Scauro, il cui titolo attestato da Carisio, GL I 136, 16 (= 173,
4-5 Barwick) Scaurus artis grammaticae libris, e GL I 133, 1 (= 169, 20-21 Barwick) Nam
ita Scaurus in arte grammatica disputavit, nota solo attraverso alcuni frammenti ed estratti, raccolti da H. Kummrow, Symbola critica ad grammaticos Latinos, Diss. Gryphiswaldiae
1880, 5-8; una redazione abbreviata stata segnalata da V. Law, An Unnoticed Late Latin
Grammar: The Ars Minor of Scaurus?, RhM, n.F., 130 (1987), 67-89. Sullars scaurina
vd. inoltre in generale Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 433.B.1 [P. L.
Schmidt]; Herzog, Restauration und Erneuerung (cit. n. 13), 522.1 [P. L. Schmidt];
Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXVIII-XXIX.
59
Cfr. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXVII-XXXVIII; tende invece a marcare una maggiore differenza fra le due opere, pi sul piano della struttura che della concezione generale dellortografia, Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 59.
251
PAOLO DE PAOLIS
ta. La prima parte del trattato (GL VII 46-53)60 dedicata a definire le lettere e le loro qualit, quindi nella seconda parte (quella
principale) vengono affrontate una serie di quaestiones ortografiche, discusse con attenzione specifica anche alla ortoepia61; anche
in questo caso le varie discussioni sono introdotte da espressioni
del tipo quaeritur 62, cos come lorganizzazione generale del trattato in sezioni destinate a specifici argomenti evidenziata dal frequente uso di brevi espressioni di raccordo del tipo transeamus63.
Lambito scolastico nel quale Velio Longo sicuramente operava
tradito da un vivace esempio, nel quale viene richiamato luso, evidentemente tipico delle classi romane, di invitare gli alunni a
rispondere facendo schioccare le dita (GL VII 47, 17 Nam et digitorum sono pueros ad respondendum ciemus)64: laver richiamato proprio questa consuetudine di scuola mostra, a mio avviso, non solo
che Velio Longo doveva esercitare la professione del grammaticus65,
ma anche che lopera doveva comunque muoversi in un ambito
scolastico, al quale erano del tutto familiari gli usi e le convenzioni del lavoro in classe66. Per quanto riguarda la cronologia relativa
60
Le due sezioni della prima parte dellopera sono introdotte entrambe da una definizione dellargomento trattato: GL VII 46, 1-2 Necessarium arbitror de orthographia sermonem instituenti a litterarum potestate initium facere; GL VII 47, 18-19 Incipiamus nunc
de litterarum potestate disserere.
61
Cfr. Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 228 [P. L. Schmidt]; si tratta delle quaestiones nelle quali Velio Longo avverte apud plerosque confusam tractationem
et , cum inter se distent (GL VII 71, 8-10). Si tratta di casi del tipo
forpices/forcipes, o arcesso/accerso, discussi nel seguito di questa sezione.
62
Vd. ad es. GL VII 55, 27-28 Hic quaeritur etiam an per e et i quaedam debeant
scribi secundum consuetudinem graecam; 57, 6-7 Quaeritur item, Iulii et Claudii et
Cornelii utrum per unum i productum an per duo debeant scribi; 72, 22-23 ubi quaeritur
faenoris an faeneris dicamus.
63
Vd. ad es. GL VII 58, 4 Transeamus nunc ad v litteram; 60, 6 Nunc ad praepositiones transeamus; 64, 5 Transeamus nunc ad aliam praepositionem.
64
Su questo e su altri esempi di prassi di aula nei grammatici latini, vd. adesso M. De
Nonno, Et interrogavit Filocalus: pratiche dellinsegnamento in aula del grammatico, in questo
stesso volume, pp. 169-205: 174 n. 17. Vd. anche Neitzke, De Velio Longo (cit. n. 36), 6.
65
Cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 228
Velius Longus steht als professioneller Grammatiklehrer.
66
La modalit didattica descritta, anche se incidentalmente, da Velio Longo, sembra
testimoniare luso, poi attestato da molte grammatiche tardoantiche e altomedievali, a par-
252
fra le due opere, lopinione pi diffusa fra gli studiosi moderni che
Scauro sia anteriore a Velio Longo, come sarebbe provato dal fatto
che in alcuni punti questultimo sembra confrontarsi con le posizioni del primo67. Le due opere, comunque, a parte la struttura
simile, sembrano anche accomunate dal tentativo di chiarire al lettore la connessione fra le varie parti della loro opera attraverso una
serie di richiami e frasi di raccordo68; una certa disorganicit si pu
talora notare nella discussione delle varie quaestiones ortografiche,
specie in Velio Longo, il cui ordinamento non sembra essere dettato da un criterio evidente e che sembra giustapporre blocchi argomentativi di diversa provenienza69, talora organizzati solo con un
tire da Donato, di una lezione in forma catechetica, in cui il maestro poneva la domanda e gli studenti, al cenno del maestro stesso, dovevano fornire la risposta corretta.
67
Vd. gli esempi raccolti da H. Keil, GL VII 44-45, seguito quindi da Neitzke, De
Velio Longo (cit. n. 36), 60-62, e Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXIX-XL: Scaur.
GL VII 25, 11-12 (= 43, 14-16 Biddau) Ergo vox scribenda, quo modo et sonat: nemo autem
umquam tam insulse per u artubus dixerit ~ Vel. GL VII 68, 7-9 Ita tamen existimo enuntiandum, ut nec nimis i littera exilis sit nec, u litteram <si> scripseris, enuntiationis sono
[cum] nimis plena; Scaur. GL VII 20, 15-17 (= 31, 12-14 Biddau) Verum sine dubio peccant qui paulum et paululum per unum l scribunt, cum alioqui prima positio eius duplici
hac littera enuntietur, ut pullum et pusillum ~ Vel. GL VII 80, 10-13 Rursus quia pullum
per duo l scribimus, observaverunt quidam ut paullum repetito eodem elemento scriberent.
Quod mihi non videtur, quondam enuntiari nullo modo potest, et non est necesse id scribere,
quod in verbo non sonet; Scaur. GL VII 19, 14-16 (= 29, 7-9 Biddau) [Similiter peccant ]
Item qui prensus cum aspiratione scribunt, cum eam prima persona non habeat, et similiter
vemens, cum a vi mentis dicatur ~ Vel. GL VII 68, 14-17 Et de h littera quaeritur, quae se
[cum his] aut inseruit vocalibus aut praeposuit: inseruit, ut in his, vehemens reprehendit, cum
elegantiores et vementem dicant et reprendit secundum primam positionem; prendo etiam
dicimus, non prehendo. Va detto che forse non tutti gli esempi sono cos convincenti nel
mostrare un atteggiamento polemico di Velio Longo nei confronti di Scauro e che probabilmente qualche risultato pi fondato potrebbe venire da unanalisi puntuale di tutti i
luoghi comuni ai due ortografi.
68
Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXIX, sostiene che entrambi gli autori, con
un medesimo atteggiamento nei confronti del lettore, tengono a giustificare landamento
della loro trattazione e sottolineare il rapporto fra le varie parti della loro opera, sulla base,
ad esempio, del modo analogo con cui entrambi motivano la necessit di affrontare le
caratteristiche delle litterae prima di affrontare le questioni ortografiche vere e proprie
(Scaur. GL VII 13, 1-3 [= 11, 9-11 Biddau] ~ Vel. GL VII 46, 1-2) o dalle espressioni simili con cui si passa dalla parte preliminare a quella centrale dei due trattati (Scaur. GL VII
18, 9-11 [= 25, 14-16 Biddau] ~ Vel. GL VII 53, 23-24).
69
Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXVII, sottolinea la superiorit della sistematica e compatta esposizione di Scauro rispetto a quella meno organizzata di Velio
Longo; la struttura apparentemente disorganica di questa seconda opera aveva anzi fatto
253
PAOLO DE PAOLIS
pensare che il testo a noi pervenuto non fosse altro che una tarda raccolta di excerpta: cfr.
F. Buecheler, De Ti. Claudio Caesare grammatico, Elberfeldae 1856, 33 n. 1; Mackensen,
De Verrii Flacci libris (cit. n. 22), 40, che peraltro pensa che anche lopera ortografica di
Scauro a noi pervenuta non sia altro che una raccolta di estratti (ibid., 39).
70
Si vedano per esempio le quaestiones comprese in GL VII 75, 21-80, 16.
71
Vd. Scaur. GL VII 11, 1-1 (= 5, 4-5 Biddau) Scribendi autem ratio quattuor modis
vitiatur, per adiectionem, detractionem, immutationem, annexionem. Le quaestiones ortografiche sono cos distinte in quattro grandi sezioni, la adiectio (GL VII 18, 12-22, 3 [= 25,
17-35, 4 Biddau]), la detractio (GL VII 22, 4-24, 8 [= 35, 5-41, 2 Biddau]), la mutatio o
immutatio (GL VII 24, 9-28, 12 [= 41, 3-51, 11 Biddau] e la conexio o annexio (GL VII
28, 13-16 [= 51, 12-17 Biddau]).
72
Si veda per esempio il caso della quaestio dedicata a mensores (GL VII 20, 9-10
[= 31, 4-6 Biddau, il cui testo preferisco, come altrove, seguire] In mensoribus tamen,
quanvis <n> litteram recuset ratio quia metior sine illa dicatur, vindicat tamen eam consuetudo, quod vox plenius sonet), inserita fra gli errori di aggiunta invece che fra quelli di
sottrazione probabilmente a causa della aderenza alla sequenza della sua fonte, forse
Varrone: cfr. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XLIV.
73
Per le fonti di Scauro vd. da ultimo Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XLIILIV, cui rinvio anche per la bibliografia sullargomento; le fonti dellopera di Scauro sono
riassunte in forma schematica alle pp. LIII-LIV e sono sostanzialmente Remmio Palemone,
Varrone, Cornuto. Sulle fonti di Velio Longo vd. W. Strzelecki, De Velii Longi auctoribus
quaestiones, Eos, 39 (1938), 11-27; Strzelecki, Orthographie (cit. n. 1), 1475-1476;
Mackensen, De Verrii Flacci libris (cit. n. 22), 31-32 e 47-49; Neitzke, De Velio Longo ( cit.
n. 36), 42-71. In generale Velio Longo sembra aver attinto, direttamente o indirettamente, a materiali provenienti da Varrone, Verrio Flacco, Cornuto, Niso (con il quale polemizza frequentemente), ma non chiaro se egli abbia avuto una fonte principale, comune anche a Cornuto, Quintiliano e Scauro, identificata da Mackensen in Verrio Flacco e
254
al rapporto con la lettura e linterpretazione degli auctores, alla definizione dei corretti usi latini, nella continua dialettica fra le forme
attestate dai veteres e quelle insinuatesi nella lingua per lusus quotidiano, alla concreta utilizzazione dei libri degli autori classici con le
esigenze che nascevano dalla necessit della loro distinctio ed emendatio. Il panorama muta radicalmente se iniziamo a considerare una
serie di testi che continuiamo a definire ortografici, ma che differiscono sensibilmente da quelli esaminati per struttura, contenuto e,
soprattutto, per esigenze didattiche che fanno ormai riferimento a
un contesto sociale e linguistico profondamente mutato.
Il primo testo di questa natura che possiamo citare la lista di
difficolt ortografiche presenti nellantibarbarus che costituisce una
delle sezioni della tarda Appendix Probi (GL IV 197, 19-199, 17),
un testo da sempre molto discusso, per la sua natura di testimonianza linguistica delle prime manifestazioni volgari e per limportanza del manoscritto altomedievale che tramanda lAppendix, il
codice di Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, lat.
1 (ex Vindobon. 17)74, e che recentemente stato oggetto di numerosi studi e interventi75. La lista di correzioni di usi linguistici e
ortografici scorretti della Appendix, con la sua attenzione anche alla
ortoepia, sembra per muoversi, come ha giustamente notato
da Neitzke in un perduto trattato ortografico del sec. I d.C., o se egli abbia utilizzato e
fuso una pluralit di fonti anche di epoche diverse; cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die
Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 435.2, che spiega proprio la disorganicit del trattato di Longo (vd. supra n. 69) con la giustapposizioni di blocchi tratti da fonti diverse: in
particolare lo studioso identifica Verrio Flacco come la fonte principale della parte iniziale, Varrone delle sezioni centrali e Niso della parte finale.
74
Su questo importante monumento della cultura grafica e grammaticale dellItalia
altomedievale, si vedano le descrizioni presenti in CLA III 388-390 e in M. Passalacqua [a
cura di], Tre testi grammaticali bobbiesi (GL V 555-566; 634-654; IV 207-216 Keil), Roma
1984 (Sussidi Eruditi, 38), XVII-XXIV; si veda inoltre De Nonno, LAppendix Probi (cit.
n. 31), 5-8, cui si deve anche la ricostruzione della suddivisione dellopera nel manoscritto napoletano in sezioni di contenuto diverso, segnalata da una complessa e raffinata mise
en page (pp. 13-21); numerosi contributi specifici sono reperibili, infine, in vari articoli del
medesimo volume (cit. n. 31).
75
Vd. ancora gli Atti del Seminario dedicato allAppendix Probi e svoltosi a Bergamo
nel 2004, pubblicati in Lo Monaco Molinelli [a cura di], LAppendix Probi (cit. n. 31),
con la ricca bibliografia comodamente raccolta in fondo al volume (pp. 154-172).
255
PAOLO DE PAOLIS
256
momento da un altro scritto, il De verbis dubiis, anchesso falsamente attribuito a Capro80. Queste opere sembrano muoversi in un
ambito ormai diverso da quello dei trattati ortografici adrianei e si
avvicinano sempre pi al genere delle Differentiae, affrontando quindi questioni non strettamente ortografiche, quanto lessicali e semantiche, secondo uno schema che abbiamo visto essere gi presente in
alcune sezioni della Appendix Probi. La gi ricordata disorganicit dei
trattati ortografici pi antichi si accentua ulteriormente in queste
opere, che si presentano come una sequenza di lemmi quasi sempre
scollegati uno dallaltro e che si prestano cos ad assumere lunico
ordine possibile in casi di questo genere, cio quello alfabetico: questo gi accade con il De verbis dubiis (GL VII 107, 4-5 In singularibus
verbis multa dubia habentur. Ea per ordinem <litterarum> exequemur),
mentre per le altre due, nelle quali difficile rintracciare una qualche
forma di ordinamento, a parte alcuni blocchi di lemmi omogenei81,
tentativi di riorganizzazione alfabetica vengono effettuati in qualche
80
P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 492.1, sembra credere che il De verbis dubiis sia stato unito con gli altri due testi del corpus prima
della realizzazione dellarchetipo, ma questa ipotesi mi pare urti contro la difficolt costituita dal fatto che loperetta tramandata solo da alcuni dei manoscritti altomedievali che
contengono il primo Ps.-Capro e Agrecio. Lintero trittico compare infatti solo nei mss.
Bern, Burgerbibliothek, 330; Bern, Burgerbibliothek, 338; Montpellier, Bibliothque
Interuniversitaire, Section de Medecine, H 160 (estratti); Montpellier, Bibliothque
Interuniversitaire, Section de Medecine, H 306; Napoli, Biblioteca Nazionale, Vittorio
Emanuele III, IV A 34, cui pu essere aggiunto il London, British Library, Harley 3969,
del sec. XIV, contenente una raccolta di estratti delle tre opere, allinterno di una silloge
ortografica redatta da Guglielmo di Malmesbury. Il De orthographia dello Ps.-Capro e
Agrecio sono invece contenuti anche nei mss. Bologna, Biblioteca Universitaria, 797;
Cambridge, Corpus Christi College, 221; Paris, Bibliothque nationale de France, lat.
7491; St. Gallen, Stiftsbibliothek, 249; Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Reg. lat. 2078. Il solo Agrecio, infine, compare nei codici altomedievali Bern,
Burgerbibliothek, 432, e Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 13025 (estratti). Il
resto della tradizione di questi testi, costituito da alcuni codici del sec. XII-XIII contenenti
per lo pi estratti e da una folta tradizione umanistica, non conosce il De verbis dubiis (con
la sola eccezione del gi ricordato codice Harley 3969). Non si pu quindi escludere che
al primo embrione del corpus, nato in occasione dellinvio da parte di Agrecio ad Eucherio
di un manoscritto contenente la sua opera e lo Ps.-Capro, si sia aggiunto successivamente
solo in una parte della tradizione altomedievale il De verbis dubiis.
81
Vd. ad esempio [Caper], Orth., GL VII 92, 4-10, con una sequenza di esempi relativi alluso di preposizioni per il moto o lo stato in luogo; GL VII 93, 7-94, 2, una lunga
sequenza di varie forme verbali, con qualche traccia di ordinamento alfabetico; GL VII 95,
257
PAOLO DE PAOLIS
258
no le discussioni di Scauro, Longo o Vittorino; ben lungi dallessere preoccupati dalla lettura e correzione dei manoscritti dei poeti o
dagli usi dei veteres, questi trattati ortografici sembrano pi pressati dallesigenza di elevare barriere contro usi linguistici impropri e
pronunzie scorrette che andavano sempre pi diffondendosi, specie
per il progressivo aumento di parlanti non latini85. Questo contesto
induce a postulare per tutti una datazione alquanto tarda, non anteriore comunque al sec. V. Il testo pi facilmente databile senza
dubbio quello di Agrecio, per la sua possibile identificazione con
lomonimo vescovo di Sens del 470 circa e per la dedica ad
Eucherio, vescovo di Lione fra il 434 e il 450, il che consente una
datazione del trattatello proprio agli anni dellepiscopato di
Eucherio86. Sicuramente anteriore ad Agrecio, anche se non di
niano cfr., fra gli altri, R. Wright, Late Latin and Early Romance: Alcuins De orthographia
and the Council of Tours (AD 813), in F. Cairns [ed. by], Papers of the Liverpool Latin
Seminar, III, Liverpool 1981 (ARCA, Classical and Medieval Texts, Papers and Monographs,
7), 343-361; G. Polara, Problemi di ortografia e di interpunzione nei testi latini di et carolina, in A. Maier [a cura di], Grafia e interpunzione del latino nel Medioevo. Seminario
internazionale, Roma, 27-29 settembre 1984, Roma 1986 (Lessico intellettuale europeo,
41), 31-51; G. Polara, Generi letterari e criteri ecdotici: a proposito di testi grammaticali e
pseudo-grammaticali, Schede medievali, 20-21 (1991), 101-115; L. J. Engels, Priscian in
Alcuins De orthographia, in L. A. J. R. Houwen A. A. MacDonald [ed. by], Alcuin of
York: Scholar at the Carolingian Court. Proceedings of the third Germania Latina conference held at the University of Groningen (May 1995), Groningen 1998, 113-142.
85
Vd. Bertini, Il De orthographia (cit. n. 6), 95; Law, Late Latin Grammars (cit. n.
13), 194-195, e M. Mancini, Appendix Probi: correzioni ortografiche o correzioni linguistiche?, in Lo Monaco Molinelli [a cura di], LAppendix Probi (cit. n. 31), 65-94: 75;
la tesi di Mancini, per cui App. Probi III pu inserirsi a pieno titolo nella tradizione ortografica latina, va precisata nel senso che questa affermazione valida per questa tipologia
pi tarda di opere ortografiche, non per quelle pi antiche (Scauro, Longo, Vittorino).
86
Problematica, ma comunque possibile, pare lidentificazione di Agrecio con lomonimo Agroecius, vescovo di Sens nel 470 circa, destinatario di una lettera di Sidonio
Apollinare (Epist. 7, 5 Senoniae caput et metropolitanus: vd. Agroecius. Ars de orthographia,
ed. M. Pugliarello, Milano 1978 [Collana di grammatici latini], 5-9; PLRE, II, Cambridge
1980, 39, s.v. Agroecius 3; Kaster, Guardians of Language [cit. n. 13], 381-382, nr. 181; P.
Gatti, s.v. Agroecius, in New Pauly (cit. n. 34), I, Leiden-Boston 2002, 396), mentre il
dominus Eucherius episcopus cui lArs dedicata senza dubbio lomonimo vescovo di
Lione, personaggio importante della vita culturale e religiosa della Gallia meridionale, vissuto fra la fine del sec. IV e la met del V, autore di varie opere di contenuto religioso e
punto di riferimento di unampia rete di relazioni culturali con diversi suoi corrispondenti: vd. K. F. Stroheker, Der senatorische Adel im sptantiken Gallien, Tbingen 1948, 168
nr. 120; PLRE, II cit., 405, s.v. Eucherius 3; S. Santelia, Le epistole di Salviano di Marsiglia,
259
PAOLO DE PAOLIS
260
late ipotesi che vanno dal III sino al VII secolo d.C.88. Ma anche se
questi testi sono connotati da necessit didattiche molto pi pratiche
raccolta; ne fa fede pi che altro la struttura complessiva dellopera, fortemente disorganica,
come si gi avuto modo di notare, e con la presenza di materiali non strettamente ortografici, come le varie differentiae in essa contenute, che anticipano lo schema che sar pi tardi
e pi nettamente seguito da Agrecio, come anche il tono rigidamente prescrittivo (dicendum,
scribendum), assente negli ortografi pi antichi, che rinvia ad una grammatica rigidamente
normativa, come stato opportunamente osservato da Mancini, Appendix Probi (cit. n. 85),
75. Da questo punto di vista credo che il testo dello Ps.-Capro si collochi in una posizione
intermedia e singolare, dovuta al fatto che il suo anonimo autore ha utilizzato in prevalenza
materiali provenienti da filoni dotti della tradizione ortografica e grammaticale per far per
fronte ad una situazione per molti versi analoga a quella testimoniata da Agrecio, che si riferisce, come ha notato giustamente Stok, ad un contesto scolastico in cui sono presenti difficolt fonetiche sempre pi gravi e competenze linguistiche sempre pi carenti. Sul testo dello
Ps.-Capro va per condotta unindagine specifica e accurata sulla scia di qualche piccolo
saggio gi avviato da Strzelecki, De Ps.-Capri Orthographia (cit. n. 11), 16-19 che cerchi
di recuperare e distinguere i numerosissimi materiali di provenienza dotta in esso presenti e
di comprenderne luso e la finalizzazione. Per fare solo un esempio mi chiedo infatti se lemmi
del tipo GL VII 95, 10-15 Nullum pronomen per t scribitur, sed per d, ut quid dicis? quid
agis? quid scribis? quid facis? Per t autem, verbum ubi erit, scribitur, ut inquio inquis inquit
eo is it, et adverbium numeri, ut quot, tot, et monoptoton, ut lact: licet quidam negent illud
nomen muta posse finiri, et ideo dicant lacte esse dicendum, non lac aut lact. Ad praepositio
per d, at coniunctio per t scribi debet non siano la spia di una preoccupazione per confusioni fonetiche ormai ampie e pericolose. Se vero che tutto il lemma trova ampi paralleli nella
letteratura ortografica classica per la questione della confusione t/d gi affrontata da Quint.
Inst. 1, 7, 5, Scaur. GL VII 11, 8-9 (= 7, 7-9 Biddau), Vel. GL VII 62, 15-16 e 69, 18-70,
14, Vict. GL VI 10, 10-16 (= 4, 15 Mariotti) (sul problema fonetico cfr. F. Cavazza, Questioni
di ortoepia e di ortografia latina: un caso di neutralizzazione fonematica in latino, Pisa 1999
[Progetti linguistici, 10], 22 n. 19), al cui interno viene per inserito, con una certa incoerenza, il complesso e classico problema delle grafie lac/lact/lacte (su cui vd. M. Pugliarello, Nota
morfologica, lac-lact-lacte, SRIC, 7 [1986], 169-180), va per notato che lesempio introdotto dallo Ps.Capro, inquit, assente nel dibattito sopra menzionato, in cui si fa riferimento a forme quasi omografe (at/ad, quit/quid, quot/quod; diverso il caso di sed/set che pone il
problema di due grafie di una stessa parola), che si distinguono per la terminazione diversa,
ma che potrebbero essere confuse per motivi fonetici, paventando invece la possibilit che
possa essere adottata una grafia scorretta inquid, che non corrisponde, come negli altri casi,
a una parola esistente in latino (ma molto frequente, invece, nei manoscritti medievali).
Lunico esempio analogo a me noto si trova nellestratto da Velio Longo in Cassiod. GL VII
155, 1, dove per lintero passo, piuttosto distante dal testo a noi giunto di Longo, stato
molto probabilmente rimaneggiato da Cassiodoro stesso (cfr. Neitzke, De Velio Longo [cit. n.
36], 13-15), con un procedimento analogo a quello che compare nello Ps.Capro, che testimonia la preoccupazione, tipica come si visto dei contesti scolastici tardoantichi, per il
diffondersi di grafie scorrette e la conseguente riduzione della dottrina ortografica une liste
de difficults, des qustions (quaestiones) (Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1], 58.
88
Una rassegna delle varie ipotesi di datazione e localizzazione in Stok, Appendix
Probi IV (cit. n. 11), 21-25; la proposta di una datazione al sec. V stata avanzata da P.
Flobert, La date de lAppendix Probi, in Filologia e forme letterarie. Studi offerti a Francesco
Della Corte, IV, Urbino 1987, 299-320; la collocazione della Appendix Probi III nella
261
PAOLO DE PAOLIS
di quelle che erano alle spalle delle pi antiche trattazioni ortografiche, sarebbe un grave errore considerarli solo dei testi elementari, in
quanto in essi confluiscono comunque materiali antichi e di derivazione dotta, come accade soprattutto per il trattato dello Ps.-Capro, in
cui vengono utilizzati sicuramente elementi provenienti dal De latinitate del pi famoso Capro89, che ha finito cos per dare il suo nome ad
unopera che in nessun modo gli pu essere attribuita: da questa fonte
erudita derivano ad esempio alcune delle citazioni di auctores classici,
come, ad esempio, quella da Lucano90. Ma pure per lAppendix Probi
la presenza di fonti compilative di varia origine, anche dotta, stata
recentemente dimostrata con solidi argomenti da Marco Mancini
Roma del sec. V stata di recente sostenuta su basi fonologiche da M. Loporcaro,
LAppendix Probi e la fonologia del latino tardo, in Lo Monaco Molinelli [a cura di],
LAppendix Probi (cit. n. 31), 95-124.
89
Vd. supra n. 87.
90
Cfr. [Caper] GL VII 94, 14-15 Non est sorbo, sed sorbeo, nec sorbsi, sed sorbui. Sic et
absorbui, non absorbsi, ut Lucanus; Il lemma contiene infatti una discussione relativa alla
forma corretta del verbo sorbo/sorbeo; fra le due varianti viene preferita la seconda e, conseguentemente, per il perfetto, viene preferito absorbui ad absorbsi; questultima forma per
usata anche da Lucano 4, 100 (absorpsit penitus rupes ac tecta ferarum). La citazione da
Lucano, in versione completa e con lindicazione del libro di provenienza si ritrova anche in
Prisciano, GL II 491, 13-16 (Excipiuntur haec: iubeo iussi, sorbeo vel etiam sorbo, ut Probo
placet, sorpsi vel sorbui - Lucanus in IIII: Absorpsit penitus rupes et tecta ferarum; discussione della questione, senza esempi, anche in Sacerd. GL VI 485, 24-25 sorbeo sorbui (nam sorbsi barbarismus est [cfr. 490, 11-12 = Cathol. Probi GL IV 38, 6-7]), nel medesimo contesto,
il che ci conferma che ci troviamo in presenza di una questione trattata da Capro nel De latinitate, visto il frequente uso che Prisciano fa del nostro autore. Lattribuzione a Capro del
contenuto di questo lemma ci porta poi a fare due interessanti considerazioni; la prima che
Capro, a differenza di quanto si spesso sostenuto, non utilizza solo esempi provenienti dai
veteres, ma anche, come in questo caso, dai poeti iuniores, come appunto Lucano, il cui usus
viene confrontato con lauctoritas dei veteres; il fenomeno stato gi osservato da De Nonno,
Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 638 n. 136, che ha fornito una lista di esempi di altri
auctores pi recenti cui pu essere aggiunto il nostro caso. In secondo luogo lattribuzione
della citazione di Lucano a Capro ci porta a rivedere la nota tesi di P. Wessner, Lucan, Statius
und Juvenal bei den rmischen Grammatikern, PhW, 49 (1929), 296-303 e 328-335,
secondo il quale citazioni di Lucano, Stazio e Giovenale apparirebbero solo da Servio in poi,
attestando cos il loro ingresso nel canone degli autori scolastici a partire dalla fine del IV sec.
d.C. In realt, a parte leccezione, gi ampiamente segnalata, di Sacerdote, grammatico del
III sec., che cita questi poeti iuniores, anche Capro doveva servirsene, come appare evidentemente da questo esempio. La questione delle forme (ab)sorbo/(ab)sorbeo e
(ab)sorbui/(ab)sorpsi comunque pi volte trattata nei grammatici latini; oltre ai passi gi
citati ricorre infatti ancora in Prisciano (GL II 492, 21-24), Carisio (GL I 244, 4 [= 317, 11
Barwick]), Diomede (GL I 366, 27-29), Anonymus Bobiensis (GL I 564, 28 [= 52, 3 De
262
263
PAOLO DE PAOLIS
264
(1967), 202-250; T. Klauser, War Cassiodors Vivarium ein Kloster oder eine Hochschule?, in
A. Lippold N. Himmelmann [hrsg. von], Bonner Festgabe Johannes Straub zum 65.
Geburtstag am 18. Oktober 1977 dargebracht von Kollegen und Schlern, Bonn 1977, 413420; A. Momigliano, s.v. Cassiodoro, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXI, Roma
1978, 494-504: 499-502; ODonnell, Cassiodorus (cit. n. 93), 177-222; L. Viscido,
Appunti sulla scuola di Vivarium, RPL, 16 (1993) (In memory of Sesto Prete, II), 93-100;
S. Pricoco, Spiritualit monastica e attivit culturale nel cenobio di Vivarium, in Leanza [a
cura di], Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (cit. n. 6), 357-377; B. Steinhauf, Der Umbruch
antiker Bildung in der ausgehenden Sptantike bei Cassiodor, in P. Bruns [hrsg. von], Von
Athen nach Bagdad. Zur Rezeption griechischer Philosophie von der Sptantike bis zum Islam,
Bonn 2003 (Hereditas, 22), 132-160; si veda inoltre, per una rapida messa a punto dellinflusso del modello cassiodoreo, L. Holtz, Arti liberali ed enciclopedismo da Cassiodoro a
Alcuino, in in F. Bertini [a cura di], Giornate filologiche Francesco Della Corte II, Genova
2001 (Pubblicazioni del D.AR.FI.CL.ET., n.s., 200), 213-230.
95
Cassiod. GL VII 143, 2-6 Cum inter nos talia gererentur et de complexionibus apostolorum non nulla nasceretur intentio, monachi mei subito clamare coeperunt quid prodest cognoscere nos vel quae antiqui fecerunt vel ea quae sagacitas vestra addenda curavit nosse diligenter, si
quem ad modum ea scribere debeamus omnimodis ignoremus? nec in voce nostra possumus reddere quod in scriptura comprehendere non valemus: cfr. Bertini, Il de orthographia (cit. n. 6), 92,
e G. Polara, Problemi di grafia del latino fra Tardo Antico e Alto Medioevo, in La cultura in Italia
fra Tardo Antico e Alto Medioevo. Atti del Convegno tenuto a Roma, Consiglio Nazionale delle
Ricerche, dal 12 al 16 Novembre 1979, Roma 1981, I, 475-489: 475-477.
96
La preoccupazione dei monaci (e di Cassiodoro) riguarda infatti le due principali
attivit cui essi si dedicavano, la lettura e la trascrizione dei testi sacri, per i quali sono indispensabili in primo luogo le conoscenze tecniche relative allortografia e allinterpunzione
(cfr. Holtz, Donat [cit. n. 13], 246-247), analogamente a quanto abbiamo gi visto per gli
265
PAOLO DE PAOLIS
266
267
PAOLO DE PAOLIS
zione di strumenti utili alla formazione dei monaci della sua comunit; nel secondo libro delle Institutiones, infatti, dopo aver rapidamente offerto essenziali definizioni della grammatica e un brevissimo sunto delle sue parti100, Cassiodoro rinvia ad un codex101, da lui
stesso allestito, in cui allArs di Donato, che a suo avviso lo stru100
Il secondo libro delle Institutiones si apre con la ben nota descrizione delle sette
artes liberali, che costituiranno il fulcro del programma educativo cassiodoreo (Inst. 2
praef. 4-5 [pp. 91, 1-93, 4 Mynors = GL VII 213, 7-214, 13]); segue quindi la vera e propria Institutio de arte grammatica, un breve capitolo strutturato sullo schema di Donato,
autore qui et pueris specialiter aptus et tyronibus probatur accommodus (Inst. 2, 1, 1 [p. 94,
10-11 Mynors = GL VII 214, 26-27]). Al termine di questa breve schematizzazione della
grammatica Cassiodoro aggiunge due discipline sussidiarie, letimologia e lortografia,
delle quali viene fornita una semplice definizione: Addendum est etiam de etymologiis et
orthographia, de quibus nonnullos scripsisse certissimum est. Etymologia vero est aut vera aut
verisimilis demonstratio, declarans ex qua origine verba descendant. Orthographia est rectitudo scribendi nullo errore vitiata, quae manum componit et linguam (Inst. 2, 1, 2 [p. 96, 1015 Mynors = GL VII 215, 30-33]).
101
Il contenuto del codice cassiodoreo fornito dai manoscritti della prima redazione interpolata del secondo libro delle Institutiones (red. II di Mynors) nella forma che
troviamo pubblicata da Keil (GL VII 216, 1-6 Haec breviter dicta sufficiant. Ceterum qui
ea voluerit latius pleniusque cognoscere, cum praefatione sua codicem legat, quem nostra
curiositate formavimus, id est artem Donati, cui de orthographia librum et alium de etymologiis inseruimus, quartum quoque de schematibus Sacerdotis adiunximus, quatenus diligens lector in uno codice reperire possit, quod arti grammaticae deputatum esse cognoscit),
mentre i manoscritti che tramandano la versione non interpolata e rivista da Cassiodoro
(red. I di Mynors), generalmente ritenuta genuina, offrono un testo alquanto diverso:
Inst. 2, 1, 3 (p. 96, 16-97, 1 Mynors) Haec breviter de definitionibus tantummodo dicta
sufficiant. Ceterum qui ea voluerit latius pleniusque cognoscere, cum praefatione sua codicem legat, quem de grammatica feci arte conscribi, quatenus diligens lector invenire possit
quod illi proposito deputatum esse cognoscit. Lo stesso Mynors (Cassiodori Senatoris
Institutiones, ed. R. A. B. Mynors, Oxford 1937, XXVIII) riconosceva comunque che the
reference to the codex de Grammatica formed by Cassiodorus (p. 96) is couched in
words which can only be his own, il che lascia pensare che alla base della redazione
interpolata ci sia comunque una versione cassiodorea delle Institutiones, che gi Mynors
riteneva fosse pi antica di quella genuina, da lui pubblicata come red. I. In effetti lopinione comunemente accettata in relazione alla tradizione delle Institutiones resta quella formulata da P. Courcelle, Histoire dun brouillon cassiodorien, REA, 44 (1942), 6586, che, sviluppando ulteriormente la ricostruzione gi abbozzata da Mynors, ipotizzava che Cassiodoro avesse realizzato, prima del 551, una sorta di brogliaccio dellopera,
che si sarebbe comunque tramandato nelle due redazioni interpolate, e (red. II e
red. III di Mynors), e successivamente unedizione ufficiale definitiva, nella quale sono
stati corretti errori come quello di considerare Prisciano un grammatico greco, cio la
red. I pubblicata da Mynors e tramandata da un gruppo di codici altomedievali, di cui
il pi importante il manoscritto beneventano Bamberg, Staatsbibliothek, Patr. 61. Per
la ricostruzione della tradizione delle Institutiones, oltre alla gi citata introduzione delledizione di Mynors e allarticolo di Courcelle, vd. anche A. van de Vyver, Les
268
mento grammaticale pi adatto per i principianti, seguono un trattato ortografico, unopera etimologica e quindi un De schematibus
di Sacerdote102: ci troviamo dunque in presenza dello schema di
una miscellanea grammaticale tardoantica, descritto dal suo stesso ideatore, che crea il modello che sar poi ben diffuso in epoca
altomedievale, centrato su una ars, che per deve essere affiancata
da strumenti integrativi per le parti da essa tralasciate103, fra le
quali la prima proprio lortografia. Un secondo esempio pu
269
PAOLO DE PAOLIS
e funzioni. Atti del Convegno internazionale, Cassino 14-17 maggio 2003 (= S&T, 2
[2004]), 183-211.
104
Vd. De Nonno, I codici grammaticali latini (cit. n. 99), 145-149, cui pare che
laspetto esteriore del codice palatino richiami alla memoria proprio limmagine di un
codice come il Probo Napoletano (p. 145); sul manoscritto vd. anche la descrizione
di E. Pellegrin et al., Les manuscrits classiques latins de la Bibliothque Vaticane, II 2, Paris
1982 (Documents, tudes et Rpertoires publis par lIRHT, 17/3), 400-404, e inoltre
Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 35-36, e De Nonno, Tradizione e diffusione
(cit. n. 47), 7-9.
105
Vd. J. Brown, Tradition, Imitation and Invention in Insular Handwriting of the
Seventh and Eighth Centuries, in J. Bately M. P. Brown J. Roberts [ed. by], A
Paleographers View. The Selected Writings of Julian Brown, with a Preface by A. C. de la
Mare, London 1993, 179-200: 187; J. Brown, The Oldest Irish Manuscripts and their Late
Antique Background, in P. N Chathin M. Richter [hrsg. von], Irland und Europa,
Stuttgart 1984, 311-327: 317 (= A Paleographers View cit., 221-241: 231); De Nonno, I
codici grammaticali latini (cit. n. 99), 145.
106
Vd. ancora De Nonno, I codici grammaticali latini (cit. n. 99), 137-139; in
semionciale corsiva sono scritti tre dei manoscritti tardoantichi studiati da De Nonno (vd.
supra), e cio il codex disiectus formato dai foll. 112-139r del Neap. lat. 2 + i frammenti
torinesi, ancora il Neap. lat. 2, foll. 76-111, 140-155, 156/159, e infine la scriptio intermedia del London, Add. 17212.
270
unico della Appendix Probi. Come abbiamo ricordato poco fa, lanalisi del manoscritto napoletano effettuata da De Nonno107 consente da un lato di ricostruire, su base codicologica, il contenuto e
la struttura delle sezioni in cui erano suddivisi i materiali di varia
provenienza che compongono lAppendix e dallaltro di riuscire a
intravedere come doveva essere organizzato un manoscritto scolastico, quale il modello tardoantico del Neap. lat. 1, che conteneva
prima unopera grammaticale pi ampia e strutturata, gli Instituta
artium, ai quali seguiva la raccolta pi disorganica di estratti grammaticali e ortografici che possiamo trovare nella Appendix, secondo
una modalit che possiamo trovare anche in un altro illustre codice
tardoantico di provenienza bobbiese, il Neap. lat. 2108. Sempre De
Nonno ha raccolto, nel suo gi citato contributo sulla Appendix,
una serie di altri esempi di manoscritti di provenienza bobbiese e
non109 che mostrano come la forma della appendice di estratti e
appunti di carattere eterogeneo, naturalmente collocata in coda a
107
271
PAOLO DE PAOLIS
testi maggiori e pi organici, pu dunque essere considerata, tipologicamente, una importante forma di conservazione e trasmissione
di preziosi materiali grammaticali dallantichit al medioevo110. A
questa preziosa considerazione di De Nonno vorrei aggiungere solo
un paio di osservazioni minori. In primo luogo, una delle domande
pi delicate e nodali che ci si posti da tempo a proposito dei codici bobbiesi riguarda la provenienza dei codici grammaticali tardoantichi che si sono conservati a Bobbio o che sono serviti da modello
per le copie realizzate a Bobbio (o a Pavia?) fra la fine del VII e la
met del sec. VIII111: credo che da tale punto di vista la struttura di
questi manoscritti, che giustappongono testi pi corposi con inteestratti raccolti nel De nomine di Valerio Probo (cfr. Passalacqua, Tre testi grammaticali
[cit. n. 74], XI-XXVII). Fuori dallambito bobbiese De Nonno individua ancora questa tipologia nel caso dei cosiddetti Excerpta Andecavensia, collocati allinterno di una vasta e articolata miscellanea grammaticale contenuta nel ms. Angers, Bibliothque municipale, 493:
cfr. M. De Nonno, Un esempio di dispersione della tradizione grammaticale latina: gli inediti Excerpta Andecavensia, in Munzi [a cura di], Problemi di edizione (cit. n. 55), 211-262;
e ancora la c.d. Appendix Palaemonis, posta in coda alle Regulae Palaemonis nel ms. Oxford,
Bodleian Library, Add. C 144: cfr. De Nonno, Un esempio di dispersione cit., 215 n. 11,
237 n. 56 e 256.
110
Vd. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 10.
111
Il gruppo dei manoscritti grammaticali bobbiesi in corsiva altomedievale
(Neap. lat. 1, Neap. lat. 2, foll. 42-75 e 157-158, Napoli, Biblioteca nazionale
Vittorio Emanuele III, IV A 8, foll. 1-39), datato con una certa larghezza agli anni
fra la fine del sec. VII e il pieno sec. VIII da Lowe (vd. CLA III 388: sec. VII-VIII; CLA
III 394: sec. VIII; CLA III 397b: sec. VIII; CLA III 400: sec. VIII), stato retrodatato, insieme alle altre sezioni non grammaticali dei medesimi manoscritti, verso lo scorcio del sec. VII da J. Brown, The Irish Element in the Insular System of Scripts to circa
A.D. 850, in H. Lwe [hrsg. von], Die Iren und Europa im frheren Mittelalter,
Stuttgart 1982, I, 101-119: 114 (= Bately Brown Roberts, A Paleographers View
[cit. n. 105], 201-220: 215) e Brown, The Oldest Irish Manuscripts (cit. n. 105), 314
(= Bately Brown Roberts, A Paleographers View [cit. n. 105], 225); pi recentemente P. Radiciotti, La scrittura del Liber Pontificalis nel codice bobbiese IV.A.8 della
Biblioteca Nazionale di Napoli, in G. Abbamonte L. Gualdo Rosa L. Munzi [a cura
di], Parrhasiana II. Atti del II Seminario di Studi su Manoscritti Medievali e
Umanistici della Biblioteca Nazionale di Napoli (Napoli, 20-21 ottobre 2000), Napoli
2002 (= AION(filol), 24 [2002]), 79-101, ha avanzato la proposta di una datazione
alquanto pi tarda, verso la met del sec. VIII, sulla base di raffronti fra la scrittura del
fascicolo indipendente in corsiva nuova del Neap. IV A 8, foll. 40-47 (CLA III 403),
contenente il Liber Pontificalis, e testimonianze di corsive nuove sia documentarie che
librarie di area settentrionale longobarda, databili appunto alla met del sec. VIII, che
possono essere estesi anche alle altre testimonianze di corsiva nuova ad uso librario rappresentate dal gi ricordato trittico di codici bobbiesi: questi ultimi sarebbero, secon-
272
273
PAOLO DE PAOLIS
Longobardi. LItalia e la costruzione dellEuropa di Carlo Magno. Saggi, Milano 2000, 85103: 88-89; E. Cau M. A. Casagrande Mazzoli, Cultura e scrittura a Pavia (secoli V-X),
in Storia di Pavia, II. Lalto Medioevo, Milano 1987, 177-217: 178-192 [E. Cau]; Lo
Monaco, Tra paleografia (cit. n. 111), 140-142.
113
Si veda lefficace definizione di Irvine, The Making of Textual Culture (cit. n. 103),
345: a compiled codex is simply the structure of a compiled ars writ large; vd. inoltre i
lavori citati a n. 103.
114
Cfr. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 12, che nota come nelle miscellanee pi tarde le appendici grammaticali, del tipo di Appendix Probi III, finiscano col
veder scomparire o affievolirsi la caratteristica materiale di testo di coda cos evidente
negli esempi bobbiesi.
115
Viene da chiedersi se questa struttura cos vicina a quella dei manuali tardoantichi
sia frutto di una semplice utilizzazione di quel modello, o se in qualche caso le miscellanee
grammaticali carolinge non abbiano ricalcato quanto meno nella selezione se non nella
sequenza analoghi manoscritti tardoantichi di uso scolastico; losservazione di De Nonno
riportata nella nota precedente costituisce senza dubbio una difficolt per la seconda ipotesi, ma in ogni caso andrebbero analizzati singolarmente i singoli casi al fine di valutare gli
indizi ricavabili dalla scelta e dalla successione dei testi grammaticali trascritti.
116
Per una essenziale bibliografia sul manoscritto vd. supra, n. 103.
117
Cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 36-37; De Nonno, Tradizione e diffusione (cit. n. 47), 10-11.
118
Cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 37-38; De Nonno, Tradizione e diffusione (cit. n. 47), 11-14; il manoscritto anche descritto nei cataloghi ottocenteschi della
biblioteca di Valenciennes: cfr. J. Mangeart, Catalogue descriptif et raisonn des manuscrits
de la Bibliothque de Valenciennes, Paris-Valenciennes 1860, 368-369; Catalogue gnral des
274
275
PAOLO DE PAOLIS
ti anchessi solo la stessa parte iniziale, Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 7521
(Francia nordorientale, primo terzo del sec. IX), e Paris, Bibliothque nationale de France,
nouv. acq. lat. 763 (Treviri, S. Massimino, sec. IX): vd. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n.
36), LVII e LIX-LX.
276
122
Cfr. De Paolis, I codici miscellanei (cit. n. 103), 203-210; sul codice di Berna vd.
anche, da ultimo, Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), LX-LXII, mentre su quello di
Montpellier vd. Bischoff, Katalog II (cit. n. 82), nrr. 2856-2857.
123
Il manoscritto di Berna viene datato al terzo quarto del secolo IX da B.
Bischoff, Katalog der festlndischen Handschriften des neunten Jahrhunderts (mit
Ausnahme der wisigothischen), I. Aachen-Lambach, Wiesbaden 1998, nrr. 577 e 579,
mentre per il codice di Monpellier lo stesso Bischoff, Katalog II (cit. n. 82), nr. 2857,
277
PAOLO DE PAOLIS
dello scriptorium di Auxerre124, quindi nel periodo in cui la scuola di St. Germain era dominata dalla figura di Heiric125.
Cerchiamo ora di ricostruirne la struttura della miscellanea cui
appartiene il codice bernese, seguendo lanalitica descrizione realizza-
propone per la seconda parte del codice una datazione al secondo quarto del sec. IX (i
primi due fascicoli del manoscritto, databili all831, costituiscono una sezione autonoma rispetto al resto del manoscritto: vd. De Paolis, Tradizioni carolinge [cit. n. 47], 268
n. 13). Vd. infra, n. 152.
124
Per il manoscritto di Montpellier lopinione prevalente, pur se non del tutto sicura, ne colloca lorigine ad Auxerre: vd. Bruni, Il De orthographia di Alcuino (cit. n. 12),
95; Bruni, Alcuino (cit. n. 12), XXXVI; Dionisotti, On Bede (cit. n. 83), 138; Bischoff,
Katalog II (cit. n. 82), nr. 2857; meno probabili le localizzazioni proposte dubitosamente
da A. C. Dionisotti, From Ausonius Schooldays? A Schoolbook and Its Relatives, JRS, 72
(1982), 83-125: 87 (Laon), e Y.-F. Riou, Quelques aspects de la tradition manuscrite des
Carmina dEugne de Tolde: du Liber Catonianus aux Auctores octo morales, RHT, 2
(1972), 11-44: 31 (Tours). Per il composito manoscritto di Berna, Parigi e Leida, molti indizi sembrano puntare verso il monastero di St. Germain di Auxerre (un rapido riassunto in
De Paolis, I codici miscellanei [cit. n. 103], 207), anche se Bischoff, Katalog I (cit. n. 123),
nr. 579 si mantiene pi cauto, proponendo genericamente un centro vicino a Ferrires. Ad
Auxerre pensano comunque anche B. C. Barker-Benfield, A Ninth-century Manuscript from
Fleury: Cato de senectute cum Macrobio, in J. J. G. Alexander M. T. Gibson [ed. by],
Medieval Learning and Literature. Essays presented to Richard William Hunt, Oxford 1976,
145-165: 161 n. 4, e G. Lobrichon, Latelier auxerrois au X e et XI e sicles, in D. Iogna-Prat
C. Jeudy G. Lobrichon [d. par], Lcole carolingienne dAuxerre de Murethac Remi 830908. Entretiens dAuxerre 1989, Paris 1991, 59-69: 68 n. 16, che lo ricollega a un gruppo
di codici di formato quadrato e impaginazione elegante originari di Auxerre. Un ulteriore
argomento a favore di Auxerre deriva dallattribuzione a quel centro di due brevi estratti di
computo, trascritti nel fol. 46v del Bern 330 (vd. infra, n. 141), e dalle tracce della presenza della mano di Heiric in vari punti della miscellanea, su cui vd. la nota successiva.
125
Sulla scuola di Auxerre nel sec. IX si venuta creando una bibliografia piuttosto
vasta, di cui mi limito a citare alcuni lavori pi specifici, accanto a titoli pi complessivi:
d. Jeauneau, Les coles de Laon et dAuxerre au IX e sicle, in La scuola nellOccidente latino
dellalto Medioevo (15-21 aprile 1971), Spoleto 1972 (Settimane di studio del Centro
Italiano di Studi sullAlto Medioevo, 19), 495-522; J. Marenbon, From the Circle of Alcuin
to the School of Auxerre. Logic, Theology and Philosophy in the Early Middle Ages, Cambridge
1981; P. Rich, Les coles dAuxerre au IX e sicle, in La chanson de geste et le mythe carolingien. Mlanges Ren Louis, I, Saint-Pre-sous-Vezelay 1982, 111-117; Iogna-Prat Jeudy
Lobrichon [d. par], Lcole carolingienne dAuxerre (cit. n. 124); Saint-Germain dAuxerre.
Intellectuels et artistes dans lEurope carolingienne IX e-XI e sicles. Auxerre (Yonne), Abbaye
Saint-Germain, juillet-octobre 1990, Auxerre 1990. Heiric, nato nell841, dopo la sua
ordinazione sacerdotale nell865 prese il posto di Aimone come maestro della scuola
monastica di St. Germain, fino alla morte avvenuta verso l876. La sua mano stata individuata con ragionevole certezza in numerosi manoscritti medievali, a partire dal codice di
Melk, Stiftsbibliothek, 412 (olim G 32, circa 840), con identificazione gi proposta da Th.
Sickel, Un manuscrit de Melk, venu de S. Germain dAuxerre, BECh, 23 (1862), 28-38:
37-38, e dal Liber glossarum (London, British Library, Harley 2735), su cui vd. D. Ganz,
278
ta da Bruce Barker-Benfield126, tenendo conto anche dei testi comuni al codice di Montpellier. Il grande codice disiectus (Bern,
Burgerbibliothek, 347 + Bern, Burgerbibliothek, 357 + Leiden,
Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. lat. Q. 30, foll. 58 e 57 +
Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 7665 + Bern 330) forHeiric dAuxerre glossateur du Liber glossarum, in Iogna-Prat Jeudy Lobrichon [d. par],
Lcole carolingienne dAuxerre cit., 297-312; per altri manoscritti in cui ipotizzabile la
presenza della mano di Heiric, vd. G. Billanovich, Ancora dalla antica Ravenna alle biblioteche umanistiche, IMU, 36 (1993), 107-174 (ultima versione di una prolusione gi pubblicata una prima volta, con il titolo Dalla antica Ravenna alle biblioteche umanistiche, in
Annuario dellUniv. Catt. del Sacro Cuore, Milano, a.a. 1955-1957, 71-107, e poi, in
forma ampliata, in Aevum, 30 [1956], 319-353): 131-137; V. von Bren, LAmbroise de
Loup de Ferrires et dHric dAuxerre: propos du De officiis dans les manuscrits Bern 277
et Laon 216, IMU, 36 (1993), 75-106: 81-83; B. Bischoff, Palaeography and the
Transmission of Classical Texts in the Early Middle Ages, in B. Bischoff, Manuscripts and
Libraries in the Age of Charlemagne, transl. and ed. by M. Gorman, Cambridge 1994, 115133 (orig. Palographie und frhmittelalterliche Klassikerberlieferung, in La cultura antica
nellOccidente latino [cit. n. 112], I, 59-86; rist. in B. Bischoff, Mittelalterliche Studien, III,
Stuttgart 1981, 55-72): 126-127. La presenza della mano di Heiric nella miscellanea bernese stata riconosciuta in alcune postille e correzioni marginali del Par. lat. 7665 (sezione noniana) da Billanovich, Ancora dalla antica Ravenna cit., 137, e successivamente interventi della mano di Heiric nel Bern 330 (sezione ortografica) sono stati segnalati da V. von
Bren, Livys Roman History in the Eleventh-Century Catalogue from Cluny: The
Transmission of the First and the Third Decades, in C. A. Chavannes-Mazel M. M. Smith
[ed. by], Medieval Manuscripts of the Latin Classics: Production and Use. Proceedings of a
Seminary in the History of the Book to 1500 (Leiden 1993), Los Altos Hills-London
1996, 57-73: 72, che pare comunque certa della pertinenza del Bern 330 allo scriptorium di
Auxerre; il formato piccolo e quadrato dei manoscritti che compongono la miscellanea (vd.
anche nota precedente) sembra inoltre rinviare ad una tipologia codicologica utilizzata per
manoscritti classici nella cerchia di Lupo di Ferrires e del suo dicepolo Heiric: cfr. M.
Palma, Classico, piccolo e quadrato. Dati per unindagine su una tipologia libraria nellEuropa
carolingia, in A. Ferrari [a cura di], Filologia classica e filologia romanza: esperienze ecdotiche
a confronto. Atti del Convegno (Roma 25-27 maggio 1995), Spoleto 1999 (Incontri di studio, 2), 399-408: 405. Per la possibilit di identificare con Heiric una delle mani distinte
allinterno della nostra miscellanea da Barker-Benfield, vd. anche nota successiva.
126
La descrizione, che rappresenta al momento la pi accurata ricostruzione disponibile di questo grande codex disiectus, non facilmente reperibile, in quanto contenuta in
una dissertazione inedita di B. Ch. Barker-Benfield, The Manuscripts of Macrobius
Commentary on the Somnium Scipionis, Diss. Ph.D. Oxford 1975, 337-368. Vd. anche H.
Usener, Eine Handschrift Peter Daniels, RhM, 22 (1867), 413-421, che per primo ricostruisce il manoscritto sulla base dei tre codici bernesi e dei fogli di Leida, gi peraltro
ricollegati al Bern 357 da Th. Mommsen in Petronii Saturae, ed. F. Bcheler, Berolini
1862, XVII-XIX. Lultima parte del manoscritto, Par. lat. 7665, fu invece identificata da H.
Meylan, Note sur le manuscrit de Nonius Marcellus n 347 de la Bibliothque de la Ville de
Berne, RPh, n.s. 8 (1884), 77-78. Una sommaria ma precisa ricostruzione del manoscritto originario anche in B. Munk Olsen, Ltude des auteurs classiques latins aux XI e et
279
PAOLO DE PAOLIS
280
XIV, XVII, XV, XVIII-XX (fasc. X-XIII = Par. lat. 7665, foll. 1r31v [perso lultimo foglio])128. Le due parti di Nonio Marcello sono
separate fra loro dagli excerpta vulgaria di Petronio (fascicoli VIII fol.
3v-IX fol. 5v = Bern 357 fol. 34v + Leid. Voss. lat. Q 30 foll. 58 e
57 + Bern 357 foll. 36r-41v) e quindi dal Carmen de ponderibus (la
parte restante del fascicolo IX). Segue unaltra ampia parte glossografica (fascicoli XIII-XVII) con due glossari greco-latini129, una
347), 8 (Bern 357) e 118 (Par. lat. 7665), e alla cui bibliografia (pp. 87-114) rinvio per i
numerosi studi sulla tradizione manoscritta noniana; ricordo che molti di questi sono
apparsi, in preparazione ad una nuova edizione critica di Nonio Marcello, nei cinque volumi di F. Bertini [a cura di], Prolegomena Noniana, I-V, Genova 2000-2005 (Pubblicazioni
del D.AR.FI.CL.ET., n.s. 189, 211, 219, 222, 224).
128
Nello spazio bianco disponibile alla fine di Nonio Marcello (Par. lat. 7665, foll.
31v-32r), la additional hand 2 aggiunge alcuni brevi testi (cfr. Barker-Benfield, The
Manuscripts [cit. n. 125], 353: un elenco di affinit di parentela (Pater Mater. Frater Soror.
Patruus Amita. Avunculus Matertera) e un estratto dalle Interpretationes nominum
Hebraicorum dello Ps.-Girolamo: Ex libro Ier(onymi) Interpret(atio) nom(inum)
ebraic(orum) que(m) Filo edidit. Ista sine aspiratione. Abraham. Arihel. Aegyptus. Areta ...
Thomas. Theoda. Tharsensis. Thiatira. Thessalonicenses. Thessalonica. Su questa lista di nomi
propri ebraici con le relative interpretazioni latine, ampiamente diffusa in varie forme e
redazioni nel Medioevo latino e attribuita ad autori vari, da s. Girolamo a Beda ad
Alcuino, vd. O. Szerwiniack, Les Interpretationes nominum Hebraicorum prognitorum Iesu
Christi (ALC 62): une uvre authentique dAlcuin, in Ph. Depreux B. Judic [ed. par],
Alcuin, de York Tours: criture, pouvoir et rseaux dans lEurope du haut Moyen ge, Rennes
2004 (Annales de Bretagne et des pays de louest [Anjou, Maine, Touraine], 2), 289-299.
129
Sui due glossari vd. Goetz, De glossariorum Latinorum origine (cit. n. 11), 184185, che li individua come due estratti dal Glossarium Ansileubi (ediz. in Glossaria
Latina iussu Academiae Britannicae edita, I. Glossarium Ansileubi sive Librum glossarum,
edd. W. M. Lindsay J. F. Mountford J. Whatmough, Paris 1926 [rist. Hildesheim
1965]), tramandati congiuntamente da numerosi manoscritti. Il primo glossario occupa 7 fogli (Bern 357, foll. 1-7): Haec sunt greca verba et aliqua eorum cum glosis suis.
Abdomen pinguedo carnium Zozia: signa (vd. Barker-Benfield, The Manuscripts [cit.
n. 125], 343-344). Alla fine di questo estratto lo scriba I aggiunge due brevi note glossografiche, trascritte da Barker-Benfield, The Manuscripts [cit. n. 125], 344: Zelotypia
dicitur furor cum rancore mentis accensus, e Aphetno tentorii sui interpretatur. In quo p littera quae apud hebreos non est in sono est tantum. Nam grecum scribitur et est sensus figet
tabernaculum tentorii sui vel throni sui in emaus quae nicopolis dicitur ubi incipiunt montana iudeae inter mare ab oriente mortuum et mare magnum et veniet ad montem inclitum oliveti quo indicitur antichristus occidendus. A queste due note ne segue unultima,
della additional hand 2 (per la trascrizione cfr. Barker-Benfield, ibid., 352):
Animadversio [in marg. sin.]. Omnium mortium genera animadversio nominant.
Animadversio enim est quando iudex reum punit et dicitur animadvertere id est animum
illuc advertere. Intendere utique ad puniendum reum quia iudex est. Il secondo estratto
pi lungo e occupa complessivamente 20 fogli (Bern 357, foll. 7v-24v + 26r-28r): Abba
pater Abi iulius mensis Zozia signa. Expliciunt nomina (vd. Barker-Benfield, The
281
PAOLO DE PAOLIS
282
utilizzati nelle aule scolastiche dellepoca. Lantologia tardoantica riemerse allinizio del sec.
IX, visto che essa menzionata nella famosissima lista di testi di autori antichi contenuta nel
ms. Berlin, Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz, Diez. B. Sant. 66 (p. 218, 7-9
Incipit Sallustii Crispi orationis ex Catilena. Sententia Catonis in senatu. Sententia ex Iugurtha
ex Historia V) e non manca chi ritiene che il Vat. lat. 3864 derivi proprio dal manoscritto
citato nella lista del Dieziano (vd. Reynolds, Sallust [cit. n. 131], 343). Gli estratti della
miscellanea bernese sembrano molto vicini al testo del codice vaticano, tanto da far ritenere
che ne siano copia, anche se il rapporto fra i due manoscritti stato oggetto di animato
dibattito (vd. Reynolds, ibid., e C. Sallusti Crispi [cit. n. 131], XVIII).
134
Bern 330, foll. 1r-17v; in calce al testo di Cassiodoro (fol. 17v) viene trascritto il
distico iniziale del De orthographia di Alcuino Me legat antiquas qui vult proferre loquelas /
me qui non sequitur vult sine lege loqui. Keil lo ha utilizzato con la sigla B per la sua edizione di Cassiodoro, ritenendolo il migliore dei manoscritti a lui noti e basando quindi su
di esso la costituzione del testo; cfr. Keil, GL VII 130: e quibus Bernensi (B) et propter
bonitatem scripturae et propter diligentiam librarii, qui eum scripsit, praecipuam auctoritatem ad constituendam lectionem tribui.
135
Bern 330, foll. 18r-34v (a parte la presenza del distico iniziale alla fine del fol.
17v, su cui vd. nota precedente); il manoscritto tramanda la redazione b del De orthographia di Alcuino, nella forma mista con estratti dal De orthographia di Beda: vd. Bruni,
Alcuino (cit. n. 12), XXXVI (sulle due redazioni del testo alcuiniano vd. supra, n. 12). Anche
il distico iniziale ricordato nella nota precedente segue la forma tramandata dai manoscritti della redazione b (vd. Bruni, ibid., XXIII).
136
Il De orthographia dello Ps.-Capro contenuto nei foll. 35r-37v del Bern 330,
mentre il De verbis dubiis segue ai foll. 37v-38v. Anche in questo caso il codice fu utilizzato con la sigla B da Keil, che, pur attenendosi alla recensione del Montpellier H 306, la corresse o la integr in vari punti sulla base soprattutto del codice bernese (cfr. Keil, GL VII
86-87). Sulla sua posizione nellambito della tradizione altomedievale dei due trattatelli vd.
De Paolis, Tradizioni carolinge (cit. n. 47), 291-293. Al termine del De verbis dubiis la stessa mano (scriba III di Barker-Benfield) aggiunge, senza soluzione di continuit, il seguente
testo: Metor metaris eligo. Metior metiris mensuro. Meto metis incido inseco. Clientulus nutritor. Alumnus dicitur ab alendo et qui nutrit et qui nutritur. Pedagogus nutritor parvulorum.
EXPLICIT. Il testo era evidentemente inteso come parte integrante del De verbis dubiis, come
appare dalla collocazione prima dellexplicit. Il restante spazio bianco alla fine del fol. 38v
(che era anche lultimo del fascicolo, il XXII del manoscritto originario) viene riempito
dallo scriba I con alcuni brevi testi, e cio una glossa (hecho imitatio vocis) e una serie di
esempi poetici raccolti per esemplificare gli usi del verbo dirimo: 1) Ausonius Paulino:
Innumeras possum celandae [sic] ostendere formas / et clandestinas veterum reservare loquelas
(Auson. 416, 28-29, p. 284 Peiper); Dirimit paulinus quartae / Fabula non terris absentia
nostra dirimit (Paul. Nol. Carm. 11, 45); 2) Lucanus tertiae protulit in IIII Qui mediis castris
tutam dirimebat ilerdam (Lucan. 4, 33); 3) virg(i)l(ius) praeteritum eius Caede deo dixit quae
et proelia voce diremit (Verg. Aen. 5, 467). Segue infine una breve nota con una esemplificazione poetica da Marziale (13, 72): Fasianus a Faside insula Greciae deportatus. Disticon de
ea: Argiva primo sum transportata carina ante mihi notum nil nisi Fasis erat.
283
PAOLO DE PAOLIS
Scauro137, Agrecio138, Orthographia Einsidlensis (Religio ideo dicitur)139, una versione abbreviata del De proprietate sermonum vel
rerum (in effetti una raccolta di differentiae, basata in larga parte su
fonti ortografiche)140, che termina alla prima colonna del fol. 46r
del Bern 330. Si tratta, come si vede, del pi consueto gruppo di
testi ortografici che erano alla base dellinsegnamento altomedievale, integrati per dal pi raro testo di Scauro (di cui, giova ripeter-
137
284
lo, questo manoscritto lunico testimone completo altomedievale), fatto che ben si inquadra nellambiente sicuramente dotto da
cui proviene la miscellanea bernese, e con laggiunta delle
Differentiae, evidentemente non sentite come estranee alla problematica ortografica. Nellultimo foglio sono stati aggiunti due testi
di computo141, e una nota grammaticale, non ben leggibile, conte141
Entrambi i testi, che occupano parte del fol. 46v, sono attribuiti a s. Agostino
e non sono stati identificati da Barker-Benfield, The Manuscripts (cit. n. 125), 349-350,
che ritiene si tratti di estratti derivati da opere di computo nelle quali era citato
Agostino. Il primo estratto pseudoagostiniano, De iure bis sexti S(an)c(ti) Aug(ustini).
Incipit primus annus ab occasu solis verbi gratia noctis diei ... usque ad occidentem solem
eiusdem diei, compare anche in altri due manoscritti, Paris, Bibliothque nationale de
France, lat. 7418A (sec. XII), fol. 36v (ricordato da Barker-Benfield, ibid.), e St. Gallen,
Stiftsbibliothek, 248 (sec. IX1), pp. 64-65 (con il titolo De ratione bis sexti secundum
Augustinum): vd. I. Machielsen, Clavis Patristica Pseudepigraphorum Medii Aevi, III A.
(Praefatio), Artes liberales, (Indices), Turnhout 2003 (CCSL), nr. 638, p. 220, e A.
Cordoliani, Les manuscrits de comput cclesiastique de lAbbaye de Saint Gall du VIIIe au
XIIe sicle, Zeitschr. f. schweiz. Kirchengesch. / Rev. dhist. eccls. suisse, 49 (1955),
161-200: 170; linsieme dei testi di computo del codice di San Gallo (pp. 59-69), in cui
compreso il nostro estratto, apparterrebbe, secondo A. Borst, Der karolingische
Reichskalendar und seine berlieferung bis ins 12. Jahrhundert, I, Hannover 2006 (MGH,
Quellen zur Geistesgeschichte des Mittelalters, 21), 231, a una Enciclopedia di computo,
realizzata ad Aachen nell809. Il secondo estratto, De signis XII: Item Aug(ustinus) de
signis xii. Intrat sol in arietem inchoante prima hora noctis quae praecedit diem ...et exit de
piscibus hora III noctis plena quae praecedit XV k(alendas). apr(i)l(is) appartiene a un
commento a Beda, De temporum ratione 16, attribuito a Byrhtferth di Ramsey (sec. XXI) e stampato da Migne in apparato alla sua edizione di Beda (PL 90, 297-518: 357D359A); in realt il commentario a Beda attribuito a Byrhtferth non altro che una compilazione di materiali raccolti fra il sec. IX e il sec. X ad Auxerre, come ha mostrato
Ch.W. Jones, The Byrhtferth Glosses, MAev, 7 (1938), 81-97 (rist. in Ch. W. Jones,
Bede, the Schools and the Computus, ed. by W. M. Stevens, Aldershot 1994), e Bedae
Pseudepigrapha: Scientific Writings Falsely Attributed to Bede, Ithaca 1939 (rist. in Jones,
Bede cit.), 21-38. Il breve testo del fol. 46v appartiene ad un piccolo trattato, De praeparatione bis sexti (inc. Primo igitur anno praeparationis bis sexti, prima hora noctis, quae
diem XV Kal. Aprilis praecedit, intrat sol in Arietem ; expl.: Arietem possit ingredi; ediz.
in Migne, PL 90, 357D-361A), di cui riporta, con qualche modifica, come si gi visto
dallincipit, la sezione relativa al primo anno del ciclo quadriennale bisestile. Questo
testo di computo, finito poi nelle glosse a Beda erroneamente attribuite a Byrhferth,
sarebbe stato composto, secondo Jones, The Byrhtferth Glosses cit., 92, ad Auxerre, in
quanto compare in numerosi manoscritti provenienti da quel centro: si trova infatti
nelle glosse a Beda tramandate dal ms. Melk 412 (databile all840 circa), un manoscritto che sarebbe appartenuto ad Heiric di Auxerre (vd. supra, n. 125); il testo compare
inoltre, sempre secondo Jones, anche in altri manoscritti come Mnchen, Bayerische
Staatsbibliothek, Clm 210 (Salisburgo, forse 818), foll. 74v-76v; Sankt Gallen,
Stiftsbibliothek, 397 (San Gallo, sec. IX), pp. 102-106; Berlin, Staatsbibliothek
Preussischer Kulturbesitz, 138 (Fleury, sec. X), foll. 21v-22v; Citt del Vaticano,
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Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 123 (Ripoll, 1056), foll. 42r-43v); Genve,
Bibliothque de lUniversit, 50 (Massay, sec. IX1/4, forse 805), foll. 166v-168r: vd.
Jones, Bedae Pseudepigrapha cit., 32. Per quel che mi consta, inoltre, il testo abbreviato
del codice di Berna compare anche nei seguenti manoscritti: Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 2796 (sec. XI), fol. 90v; Laon, Bibliothque municipale, 410 (sec.
XII-XIII), fol. 18r.
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La nota inizia alla fine del fol. 46r e prosegue sul margine sinistro e in fondo
alla seconda colonna di scrittura del fol. 46v; la mano quella della additional hand 2,
una mano elegante che per Barker-Benfield (vd. supra, n. 126), potrebbe ricordare quella di Heiric di Auxerre. Trascrivo lintera nota, purtroppo in alcuni punti ormai poco
leggibile, fornendo fra parentesi il rinvio a Prisciano e lidentificazione della citazione:
[fol. 46r, fine II colonna] Plautus . Non omnes possunt olere unguenta exotica (Prisc. GL
II 444, 19-20 [Plaut. Most. 42]) Sed fruticante pilo neglecta et squalida crura Iuvenalis
(Prisc. GL II 433, 13-14 [Iuv. 9, 15]) Antiquo antiquas i(d est) infirmo (Prisc. GL II 433,
21) [fol. 46v in marg. sin.] Statius in XI Alloquio scidit ipsa novo terrore cruenta (Prisc.
GL II 516, 22-23 [Stat. Theb. 11, 197]) Virgil(ius) Diffidit ac multa porrectum extendit
harena (Prisc. GL II 517, 14-16 [Verg. Aen. 9, 589]) Ovid(ius) Sacra lavaturas mane petebat aquas (Prisc. GL II 559, 5-7 [Ov. fast. 3, 12]) Iuvenalis / Cogitat heredem cariturus /
turture magno (Prisc. GL II 559, 16-19 [Iuv. 6, 39]) Horatius Iucundasque puer qui lamberat ore placentas (Prisc. GL II 506, 24-25 [Lucil. 585 Marx] Iuvencus gloria suppremum
comitatur debita patrem (Iuvenc. 1, 175) Sedulius funditus intremuit dubioque in fine
supremum (Sedul. carm. pasch. 5, 246) Iuvencus nec minor illorum convicia flamma sequetur (Iuvenc. 1, 502) Iuvencus Ast ubi sopitus furor et seva tyranni (Iuvenc. 1, 267)
[Vergilius] pressis manabunt ubera mammis (Verg. georg. 3, 310) Dracontius (lettura
incerta, seguono alcune lettere non ben leggibili che non consentono di ricostruire il
verso citato) Hausit aquas sterili quod latex de rupe manavit (Sedul. carm. pasch. 1, 156)
[fol. 46v in fondo alla colonna] Vir pius ergo sagax fideique athleta fidelis Fort(unatus)
(Ven. Fort. Mart. 1, 114) Et nova mercandi fit nundina frigus et aestus Fort(unatus) (Ven.
Fort. Mart. 1, 61) Eliquat ac tenero supplantat verba palato Luc(anus) (Prisc. GL II 398,
6-7 [Pers. 1, 35; lerrata attribuzione a Lucano deriva dal fatto che in Prisciano, dopo il
verso di Persio, segue immediatamente Lucanus con relativa citazione]) Limus ut hic
durescit et haec [ut cera liquescit Virg(ilius)] (Prisc. II 398, 8-9 [Verg. ecl. 8, 80]) Labat
ariete crebro ianua Virg(ilius) in II (Prisc. GL II 402, 29-31 [Verg. Aen. 2, 492-493])
Labitur infelix Dido Virg(ilius) III (Prisc. GL II 403, 1-2 [cfr. Verg. Aen. 4, 68 uritur
infelix Dido e Aen. 5, 328-329 Nisus / labitur infelix con contaminazione mnemonica di
due luoghi virgiliani da parte di Prisciano)]. Una trascrizione parziale della nota fornita da Usener, Eine Handschrift (cit. n. 125), 418; vd. inoltre H. Hagen, Catalogus codicum Bernensium (Bibliotheca Bongarsiana), Bern 1875, 331; Barker-Benfield, The
Manuscripts (cit. n. 125), 353.
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In fondo questo destino altomedievale dei testi ortografici sembra quasi chiudere il cerchio con le origini della dottrina ortografica romana, visto che il primo trattato ortografico di cui abbiamo
notizia153 si deve proprio a un lessicografo come Verrio Flacco.
153
Prima di Verrio Flacco non risulta che sia stata composta nessuna opera dedicata
esplicitamente allortografia (vd. Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1], 161), pur essendo
abbondanti le testimonianze su interessi e notazioni ortografiche in poeti ed eruditi, qualche volta anche raccolte in forma compatta, come nel gi ricordato caso del libro IX delle
Satire di Lucilio, che doveva contenere una ampia serie di osservazioni ortografiche (vd.
supra, n. 8). Anche Varrone, pur avendo affrontato in pi luoghi questioni ortografiche di
varia natura ed essendo quindi sicuramente uno dei punti di riferimento per tutta la successiva dottrina ortografica (vd. Strzelecki, Orthographie [cit. n. 1], 1465-1466) non risulta abbia mai dedicato a questo argomento unopera autonoma; nemmeno il trattato De s
littera di Messala Corvino (vd. Funaioli, GRF, 503-506; Strzelecki, ibid., 1467;
Desbordes, ibid., 60), pur essendo anteriore a quello di Verrio Flacco, pu essere considerato unopera generale sullortografia. La prima testimonianza in tal senso resta quindi
quella tramandataci da Svetonio, gramm. 19, a proposito di Verrio Flacco: Scribonius
Aphrodisius Orbilii servus atque discipulus, mox a Scribonia Libonis filia quae prior Augusti
uxor fuerat redemptus et manumissus docuit quo Verrius tempore, cuius etiam libris de orthographia rescripsit non sine insectatione studiorum morumque eius.
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