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EDIZIONI UNIVERSIT DI CASSINO


COLLANA SCIENTIFICA
26
STUDI ARCHEOLOGICI, ARTISTICI, FILOLOGICI,
FILOSOFICI, LETTERARI E STORICI

00_Frontespizio_Del Corso-Pecere_1:1_Frontespizio 24/02/10 15:49 Pagina 4

Copyright 2010 Edizioni Universit di Cassino


Via G. Marconi 10 Cassino
ISBN 978-88-8317-052-2
Il presente volume stato stampato con un contributo
della Provincia di Frosinone.
vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,
compresa la fotocopia, se non autorizzata.
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l'Egypt Exploration Society, l'Imaging Papyri Project (University of Oxford).

Elaborazione: Centro Editoriale di Ateneo


Distribuzione:
Universit degli Studi di Cassino
Centro Editoriale di Ateneo
Campus Folcara
Via SantAngelo in Theodice
I 03043 Cassino (FR)
Acquisto online: http://www.unicas.it/cea
E-mail: editoria@unicas.it
Tel. +39 07762993225 Fax: +39 07762994806
Finito di stampare nel mese di marzo 2010
presso Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali Srl
Viale Rosario Rubbettino, 8
I - 88049 Soveria Mannelli (CZ)

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Libri di scuola
e pratiche didattiche
DallAntichit al Rinascimento
Atti del Convegno Internazionale di Studi
Cassino, 7-10 maggio 2008
Con la collaborazione di:
CUSL - CONSULTA UNIVERSITARIA DI STUDI LATINI
CONSORZIO EUROPEO DI ALTA FORMAZIONE E RICERCA
(UNIVERSIT DI BUDAPEST, CASSINO, IOANNINA, EHESS PARIS, SALAMANCA)

a cura di
Lucio Del Corso e Oronzo Pecere

Tomo I

EDIZIONI UNIVERSIT DI CASSINO


2010

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PAOLO DE PAOLIS

Linsegnamento dellortografia latina


fra Tardoantico e alto Medioevo: teorie e manuali

1. PREMESSA
Cercare di affrontare il problema dellinsegnamento ortografico
nella tradizione scolastica antica e medievale sicuramente un compito difficile (ma al tempo stesso stimolante), soprattutto perch nel
vasto ambito della ortografia antica si fondono e giustappongono
problematiche diverse e complesse, che si possono cos sintetizzare:
a. in primo luogo deve essere rilevata una sostanziale ambivalenza del termine ortografia nel mondo antico, che si traduce in
un suo duplice valore, presente gi nella dottrina greca e confermato da quella latina, come stato peraltro gi da tempo
messo in evidenza dai lavori generali sullortografia antica,
come quelli di Carl Wendel Ladislaus Strzelecki e Wilhelm
Brambach1. Da un lato, infatti, viene definita con questo termine nella tradizione grammaticale greca la correttezza grafica,
1
C. Wendel, s.v. Orthographie A. Griechisch, RE XXVIII.2, Stuttgart 1942, 14371456: 1437; W. Brambach, Die Neugestaltung der lateinischen Orthographie in ihrem
Verhltniss zur Schule, Leipzig 1868, 1-2. Sullortografia latina in generale vd. inoltre lampia voce di L. Strzelecki, s.v. Orthographie B. Lateinisch, RE XVIII.2, Stuttgart 1942,
1456-1484; E. Siebenborn, Die Lehre von der Sprachrichtigkeit und ihren Kriterien. Studien
zur antiken normativen Grammatik, Amsterdam 1976, 36-46; F. Desbordes, Ides romaines
sur lcriture, Lille 1990. Sulla nozione di ortografia nella tradizione grammaticale latina si
veda inoltre B. Walz, Der Begriff orthographia in der rmischen Antike, in P. Ewald K.-E.
Sommerfeldt [hrsg. von], Beitrge zur Schriftlinguistik: Festschrift zum 60. Geburtstag von
Professor Dr. phil. habil. Dieter Nerius, Frankfurt am Main 1995, 355-358.

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PAOLO DE PAOLIS

come ad esempio in Trifone ( )2;


analoghe definizioni si trovano nella tradizione latina, come
ad esempio in Cassiodoro, GL VII 215, 32-33 Orthographia
est rectitudo scribendi nullo errore vitiata, o in Isidoro, Orig. 1,
27, 1 Orthographia Graece, Latine recta scriptura interpretatur.
Accanto a questa prima accezione con la stessa parola veniva
anche definita la dottrina della correttezza grafica, come troviamo sempre in Trifone (
) 3 e poi, in ambito latino, anche in
Quintiliano (Inst. 1, 7, 1 dicendum quae scribentibus custodienda, quod Graeci orthographian vocant, nos recte scribendi
2
Vd. Hdn. De orth. I, dal ms. Leipzig, Universittsbibliothek, Tischendorf 2, fol.
22r (ediz. in R. Reitzenstein, Geschichte der griechischen Etymologika. Ein Beitrag zur
Geschichte der Philologie in Alexandria und Byzanz, Leipzig 1897 [rist. Amsterdam
1964], 303, 15-22) [ ] [,

] [ ] [,
], [ ] [
] . Per ledizione dei frammenti di Trifone vd. ora nel sito internet

LGGA (Lessico dei grammatici greci antichi) la voce di A. Ippolito, Tryphon [1],
http://www.lgga.unige.it/schedePDF/200805161428480.Tryphon_1.pdf (29/04/2008).
Sullattribuzione ad Erodiano del testo tramandato dal palinsesto lipsiense, vd. la posizione
complessivamente scettica di J. Schneider, Les traits orthographiques grecs antiques et byzantins, Turnhout 1999 (Corpus Christianorum. Lingua Patrum, 3), 808-828, che finisce con
laccettare, in attesa di ulteriori studi sul palinsesto, la posizione prudente gi assunta da K.
Alpers, Bericht ber Stand und Methode der Ausgabe des Etymologicum Genuinum (mit einer
Ausgabe des Buchstabens ), Kbenhavn 1969 (Det Kongelige Danske Videnskabernes Selskab,
Historisk-filosofiske Meddelelser, 44/3), 14, per il quale il codice di Lipsia non tramanda lopera ortografica di Erodiano, ma un suo rimaneggiamento; Schneider (Les traits orthographiques cit., 826) riconosce comunque la vicinanza fra la definizione dellortografia data
nel codice di Lipsia con il passo parallelo di Carace (vd. nota seguente), e la relativa attribuzione a Trifone (vd. anche Les traits orthographiques cit., 857 e n. 27). Sulla duplice definizione dellortografia vd. anche Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 166.
3
Vd. nota precedente. Analoghe definizioni della ortografia anche negli estratti (da
Erodiano?) di Giovanni Carace:
, ,
(ediz. in P. Egenolff, Die orthoepischen Stcke der byzantinischen Litteratur,

Progr. Gymn. Mannheim, Leipzig 1887, 13 n. 12; vd. anche J. A. Cramer, Anecdota Graeca
e codd. manuscriptis bibliothecarum Oxoniensium, IV, Oxonii 1837 (rist. Amsterdam 1963),
331, 21-22; A. Lentz, Herodiani Technici Reliquaie, I, Lipsiae 1887 (GG III.1), C; cfr. P.
Egenolff, Die orthographischen Stcke der byzantinischen Literatur, Progr. Gymn. Mannheim,
Leipzig 1888, 4-6). Sullopera ortografica di Carace cfr. Schneider, Les traits orthographiques
(cit. n. 2), 72-109 (spec. 79-81 per la doppia definizione dellortografia), per il quale deve
essere escluso che essa sia una compilazione da unopera precedente (p. 109: rien nindique

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

scientiam nominemus)4, Svetonio (Aug. 88 Orthographiam, id


est formulam rationemque scribendi a grammaticis institutam),
Cassiodoro (GL VII 209, 10-14 Meminisse autem debemus frequenter artigraphos de orthographia tractasse et iterum orthographos de partium declinatione disseruisse, cum tamen res sibi
repugnare videantur. Ars enim tractat de partium declinatione,
orthographia vero quem ad modum scribi debeat designat, quod
partium declinatio decora repperit), Isidoro (Orig. 1, 27, 1 Haec
disciplina docet quemadmodum scribere debeamus). Se teniamo
presente questa seconda accezione del termine, possiamo notare che, in ambito latino, la definizione della orthographia come
recte scribendi scientia finisce con lessere molto vicina ad alcune definizioni della ars grammatica vera e propria, come quella
di Diomede, GL I 426,18-20 Tota autem grammatica consistit
praecipue intellectu poetarum et scriptorum et historiarum prompta expositione et in recte loquendi scribendique ratione5; da questo punto di vista conviene richiamare il gi ricordato passo di

explicitement que Charax ait pill un orthographe antrieur), come quella di Erodiano, contrariamente a quanto sostenuto da Egenolff, Die orthographischen Stcke cit., 4.
4
Sul capitolo ortografico dellInstitutio quintilianea si veda ancora utilmente il commento a cura di F. H. Colson, M. Fabii Quintiliani Institutionis Oratoriae Liber 1, edited
with introduction and commentary, Cambridge 1924, 91-103; solo edizione con brevi
note essenziali in M. Niedermann (ed.), Institutionis oratoriae libri primi capita de
Grammatica (I, 4-8), Neuchtel 1947 (Bibliotheca Neocomensis, 1). Utili osservazioni sui
capitoli grammaticali di Quintiliano si possono trovare anche in K. Barwick, Remmius
Palaemon und die rmische Ars grammatica, Leipzig 1922 (Philologus, Supplementbd., 15),
250-253 e 265-268, e in Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 53-55; commento glottologico di paragrafi scelti in V. Pisani, Manuale storico della lingua latina, III. Testi latini
arcaici e volgari con commento glottologico, Torino 1950, nr. A76, pp. 100-113.
5
Diomede sembra comunque nella linea della nota definizione generale di
Quintiliano, Inst. 1, 4, 2 Haec igitur professio, cum brevissime in duas partis dividatur, recte
loquendi scientiam et poetarum enarrationem; vd. anche Mar. Vict. GL VI 3, 15-4, 2 (= 1,
4-5 Mariotti) Grammatica autem ars quae est? Spectativa orationis et poematos. Haec quot
modis discernitur? Tribus. Quibus? Intellectu poetarum et recte loquendi scribendique ratione;
[Sergio], Expl. GL IV 486, 15-16 Ars grammatica praecipue consistit in intellectu poetarum
et in recte scribendi loquendive ratione; [Max. Vict.], Ars GL VI 188, 1-3 Grammatica quid
est? Scientia interpretandi poetas atque historicos et recte scribendi loquendique ratio. Dicta
autem , [id est ab his litteris]; Aud. GL VII 321, 5-9 De grammatica.
Grammatica quid est? scientia interpretandi poetas atque historicos et recte scribendi loquendique
ratio, , id est a litteris, cui nomen latinum a quibusdam litteratura vel lit-

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PAOLO DE PAOLIS

Cassiodoro (GL VII 209, 12-14), che nota la possibile sovrapposizione dei compiti dellortografia con quelli della grammatica vera e propria, osservando che gli artigrafi si occupano talvolta di ortografia e gli ortografi invece de partium declinatione:
a tal proposito Cassiodoro distingue i diversi compiti delle due
discipline, sostenendo che alla grammatica spetta lo studio
delle parti del discorso, mentre lortografia quem ad modum
scribi debeat designat 6. Sulla questione dellassenza dellortografia nelle artes latine torneremo fra breve, ma conviene fin dora
tenere presente losservazione di Cassiodoro sulla non pertinenza della ortografia alle trattazioni artigrafiche.
b. Una seconda questione di ordine generale e preliminare riguarda il rapporto fra pronunzia e grafia: gi la problematica ortografica arcaica, infatti, era strettamente legata a questo problema, che nasce dalle difficolt di adattamento di un alfabeto di
importazione straniera alla fonetica latina e dalle successive
evoluzioni della pronunzia stessa7, che devono essere recepite
dalla scrittura; non ovviamente un caso che numerose queteralitas datum est; vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 220, che riporta anche altre
analoghe definizioni della grammatica, fondate su questa bipartizione fra Exegese der
Autoren auf der einen und Theorie der Sprache auf der anderen Seite (ibid., 219).
6
Cassiod. GL VII 209, 13-14; il passo sembra presupporre una differenza significativa fra artigrafi e ortografi, o quanto meno fra le loro opere, che per non riesce ad
impedire gli sconfinamenti fra luna e laltra disciplina, che sono comunque impliciti nella
gi ricordata analoga definizione di grammatica e ortografia come recte scribendi scientia/ratio. Va comunque tenuta presente, per comprendere meglio la posizione di
Cassiodoro, la genesi del De orthographia come trattato destinato ai monaci impegnati con
la trascrizione dei testi sacri (vd. F. Bertini, Il De orthographia di Cassiodoro, in S. Leanza
[a cura di], Flavio Magno Aurelio Cassiodoro. Atti della settimana di studi [CosenzaSquillace 19-24 settembre 1983], Soveria Mannelli 1986, 92-104: 96-97; vd. inoltre infra,
265); da questo punto di vista non credo che esso possa essere interpretato come an
introd. to the ars grammatica (R. Petrilli, s.v. Cassiodorus, Flavius Magnus Aurelius Senator,
in Lexicon grammaticorum. Whos Who in the History of World Linguistics, Tbingen 1996,
164-165: 164), ma piuttosto come una integrazione tecnica, anticipando cos uno schema che godr di grande successo in epoca carolingia (vd. infra, 268-269).
7
La necessit di un (modesto) adattamento dellalfabeto greco alle esigenze fonetiche del latino compare gi in una delle prime testimonianze antiche sullorigine dellalfabeto latino, quella dellannalista Lucio Cincio Alimento (fr. 1 Peter = H. Funaioli,
Grammaticae Romanae Fragmenta, Lipsiae 1949 [dora in poi GRF], L. Cincius Alimentus,
p. 2), riportata da Mar. Vict. GL VI 23, 20-21 (= 4, 96 Mariotti) Cincius paucis inquit

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

stioni ortografiche siano state affrontate da poeti arcaici come


Ennio, Accio e Lucilio, che si dovevano misurare con il problema della scrittura dei loro testi8. Successivamente, se ci volgiamo ad epoche anche molto pi tarde, possiamo facilmente
commutatis, ut ad linguam nostram pervenirent. Lalfabeto latino , secondo lopinione pi
diffusa negli studi dellultimo secolo, di origine greca, giunto per ai Romani per il tramite etrusco (cfr. A. Traina, Lalfabeto e la pronunzia del latino, Bologna 1957, 20025, 1127, con bibliografia sullargomento) anche se esistita (e in parte ancora esiste) una ben
radicata corrente di studiosi che pensa a influsso diretto greco, senza intermediazioni etrusche, seguendo cos lopinione che era prevalente presso i Latini stessi (cfr. Desbordes, Ides
romaines [cit. n. 1], 138-146). Sulle vicende dellevoluzione della scrittura alfabetica a
Roma e per le varie opinioni sulla sua origine (compresa la questione dellorigine dei nomi
delle lettere latine) si vedano in generale W. Schulze, Die lateinischen Buchstabennamen,
SPAW (1904), 760-785 (= W. Schulze, Kleine Schriften, Gttingen 1933, 444-467); M.
Hammarstrm, Beitrge zur Geschichte des etruskischen, lateinischen und griechischen
Alphabets, Helsingfors 1920 (Acta Societatis Scientiarum Fennicae, 49/2); B. L. Ullmann,
The Etruscan Origin of the Roman Alphabet and the Names of the Letters, CPh, 22 (1927),
372-377; L. Strzelecki, De litterarum Romanarum nominibus, Diss. Vratislaviae 1948; W.
Strzelecki, Die lateinischen Buchstabennamen und ihre Geschichte, Altertum, 4 (1958),
24-32; A. E. Gordon, On the Origins of the Latin Alphabet: Modern Views, CSCA, 2
(1969), 157-170 (con ampia rassegna bibliografica sullargomento); A. E. Gordon, The
Letter Names of the Latin Alphabet, Berkeley 1973 (University of California Pubblications,
Classical Studies, 9); E. Peruzzi, Origini di Roma, II. Le lettere, Bologna 1973, 9-53; R.
Wallace, The Origins and Development of the Latin Alphabet, in W. M. Senner [ed. by], The
Origins of Writing, Lincoln-London 1989, 121-135; Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1),
25-27 e 135-160; E. Peruzzi, Civilt greca nel Lazio preromano, Firenze 1998 (Accademia
Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria, Studi, 65), 165-177; P. Poccetti D. Poli
C. Santini, Una storia della lingua latina. Formazione, usi, comunicazione, Roma 1999
(Universit, 99), 173-185; W. Suerbaum [hrsg. von], Die archaische Literatur von den
Anfngen bis Sullas Tod, Mnchen 2002 (Handbuch der Altertumswissenschaft, VIII 1.
Handbuch der lateinischen Literatur der Antike, I, hrsg. von R. Herzog P. L. Schmidt),
103.3 [G. Radke]; H. Blanck, Il libro nel mondo antico, ediz. rivista e aggiornata a cura di R.
Otranto, Bari 2008 (Paradosis, 15) [ediz. orig. Das Buch in der Antike, Mnchen 1992], 2327. Sugli ulteriori problemi connessi al rapporto fra la scrittura alfabetica e levoluzione e la
definizione di un sistema ortografico coerente vd. Brambach, Die Neugestaltung (cit. n. 1),
17-22; J. Schmidt, s.v. Alphabet, RE I.2, Stuttgart 1894, 1612-1629: 1621-1626; Strzelecki,
Orthographie (cit. n. 1), 1456-1462; G. Bernardi Perini, Il sistema eterografico di Nigidio
Figulo (frr. 35-38 Swoboda), Orpheus, n.s., 3 (1982), 1-33; G. Bernardi Perini, Le riforme ortografiche latine di et repubblicana, AION(ling), 5 (1983) (= I problemi della scrittura e delle normative alfabetiche nel mondo mediterraneo antico. Atti del Convegno [Napoli,
16-17 febbraio 1983]), 141-169; Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 161-171; N. Horsfall,
La coerenza ortografica del latino, SCI, 24 (2005), 225-228.
8
La grande preoccupazione dei letterati romani per una corretta rappresentazione
grafica dei suoni veniva gi sottolineata da Brambach, Die Neugestaltung (cit. n. 1), 17-18;
cos ad Ennio si dovrebbe, secondo la testimonianza di Verrio Flacco, lintroduzione della
geminatio delle consonanti (vd. Funaioli, GRF, Q. Ennius test. nr. 2, p. 4), mentre Accio
avrebbe inutilmente cercato di estendere questo procedimento alle vocali per distinguere

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PAOLO DE PAOLIS

osservare come i mutamenti della pronunzia abbiano causato


problemi molto seri nella scrittura delle parole latine, che si
riverberano nelle grafie spesso incoerenti e variate dei manoscritti medievali. Si pu quindi cos capire come mai nella tradizione ortografica latina si trovino questioni che possiamo
definire maggiormente legate alla ortoepia, in quanto fin dallinizio i problemi della retta pronunzia e della retta scrittura delle
parole furono indissolubilmente collegati, specialmente nel
filone pi dotto delle trattazioni grammaticali latine, cio
quello legato alla problematica de latinitate, come avremo
modo di vedere fra breve9.

la quantit lunga dalla breve (vd. Funaioli, GRF, L. Accius fr. 24, pp. 30-31), insieme ad
altre proposte di innovazione grafica, anchesse di scarso successo (vd. Brambach, Die
Neugestaltung [cit. n. 1], 18-21; Strzelecki, Orthographie [cit. n. 1], 1459-1460; Suerbaum,
Die archaische Literatur [cit. n. 7], 122.B.c [E. Strk]). La reazione pi forte alle teorie
acciane venne da un altro letterato, Lucilio, che ne discute nel libro IX delle Satire (vd. frr.
338-382 Marx, cfr. Funaioli, GRF, C. Lucilius frr. 4-16, pp. 35-40); sulle concezioni ortografiche luciliane cfr. Brambach, Die Neugestaltung cit., 21-22; Strzelecki, Orthographie cit.
n. 1, 1460-1462; Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1], 68-70 e 170; vd. anche Ch.
Gramegna, Appunti intorno alle teorie grammaticali di Lucilio, in Studi offerti ad Anna Maria
Quartiroli e Domenico Magnino. Storia e filologia classica, Filologia e storia della letteratura
moderna, Storia dellarte, Scuola e societ, Bibliografia, Pavia 1987, 47-52; A. Lehmann,
Analyse linguistique et critique littraire dans les Satires de Lucilius, in G. Abbamonte F. Conti
Bizzarro L. Spina [a cura di], Lultima parola. Lanalisi dei testi: teorie e pratiche nellantichit
greca e latina. Atti del terzo Colloquio italo-francese coordinato da Luigi Spina e Laurent
Pernot [Napoli, 13-15 marzo 2003], Napoli 2004, 177-201; F. Biddau, I frammenti di
Lucilio in Terenzio Scauro, RFIC, 134 [2006], 150-158). Su tutta la problematica ortografica arcaica si vedano comunque soprattutto i due contributi di Bernardi Perini, Il sistema eterografico di Nigidio Figulo e Le riforme ortografiche, entrambi citati alla nota precedente.
9
La questione della definizione del rapporto fra ortografia e ortoepia stata sempre
al centro della riflessione sullortografia latina (vd. qualche esempio in Brambach, Die
Neugestaltung [cit. n. 1], 4-6, ma, fra gli ortografi latini, quello che ha dato pi spazio a
questo problema stato senza dubbio Velio Longo, che cerca di chiarirne i rapporti, distinguendone i diversi ambiti di indagine (GL VII 66, 12-21 Quae observatio orthographiae
mixta est <et> , quae etiam si habet instructionem suam, tamen huic quaestioni
familiariter implicata est. In enim quid decentius sit et quid lenius quaeritur, nec
laborat ille qui scribit circa id quod dicitur . In eo scrupulosior quaestio est, quod non numquam unus sonus est aut perexigua suspicione diversus. Interim quaeritur scriptio, ut cum dico eiecit, et alius per unam i litteram scribit, alius per duas, cuius iam
mentionem fecimus, cum de litterarum potestate loqueremur: quapropter supersedendum existimo) e affrontando quindi tutta una serie di quaestiones nelle quali devono essere tenute
distinte le due discipline (GL VII 71, 8-73, 11); vd. al riguardo Desbordes, Ides romaines
(cit. n. 1), 219-220.

234

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

c.

Infine una terza questione riguarda specificamente la natura di


alcune opere ortografiche latine pi tarde, come i due trattatelli de orthographia dello Ps.-Capro e di Agrecio: entrambi, infatti, a dispetto del titolo, hanno un contenuto che non pu essere definito ortografico10, ma che tratta questioni grammaticali
di varia natura, raccolte in forma lemmatizzata, con modalit
che, soprattutto nel caso di Agrecio, rientrano piuttosto nel
genere delle differentiae verborum11; ci troviamo in presenza di
uno sviluppo tardo e ormai lontano dalla tradizione grammati-

10
Cfr. Strzelecki, Ortographie (cit. n. 1), 1476, 36-40 (der Titel keineswegs den
Inhalt der Schrift wiedergibt, denn es ist darin auch von manchen anderen Sachen die
Rede, wie von Formen und Bedeutungen der Wrter, von den Praepositionen usw.) e
1477, 51-52 (Nur dem Namen nach gehrt in die Geschichte der orthographischen
Abhandlungen Agroecius).
11
La vicinanza fra alcuni materiali contenuti nello Ps.-Capro e in Agrecio e il genere delle differentiae verborum era gi stata notata da C. Codoer, Les plus anciennes compilations de differentiae: formation et volution dun genre littraire grammatical, RPh, 59
(1985), 201-219: 216; tale presenza potrebbe risalire, per il primo dei nostri testi, alla
genesi compilativa del De orthographia dello Ps.-Capro, che deriverebbe, secondo la tesi
sostenuta da L. Strzelecki, De Ps.-Capri Orthographia, Wratislaviae 1949 (Eus
Supplementa, 21), dalla fusione fra materiali provenienti dal De latinitate di Capro e un
anonimo trattato De orthographia et de proprietate ac differentia sermonum (composto in
forma forse metrica in un ambiente scolastico del tardo sec. II d.C.), avvenuta in epoca
imprecisata anteriore comunque al secondo quarto del sec. V, vista la datazione dellopera
di Agrecio agli anni che vanno dal 434 al 450. Sempre dallo Ps.-Capro, peraltro, dipendono varie raccolte di Differentiae, come, ad esempio, il De proprietate sermonum vel
rerum, su cui vd. M. L. Uhlfelder, De proprietate sermonum vel rerum. A Study and Critical
Edition of a Set of Verbal Distinctions, Roma 1954 (Paper and Monographs of the American
Academy in Rome, 15). Per il testo di Agrecio la natura di raccolta di differentiae ancora
pi evidente, tanto che esso viene spesso considerato come una delle testimonianze di
questo genere grammaticale. La presenza di differentiae nella tradizione latina piuttosto
antica e si pu trovare gi nella letteratura non specificamente grammaticale: vd. al riguardo J. Collart, Ne dites pas ... mais dites (Quelques remarques sur la grammaire des fautes
chez les Latins), REL, 50 (1972), 232-246: 232-237; Codoer, Les plus anciennes compilations cit., 205-206; F. Stok (ed.), Appendix Probi IV, Napoli 1997 (Universit degli
studi di Salerno. Quaderni del Dipartimento di Scienze dellAntichit, 18), 30-45; P.
Flobert, Les differentiae chez les grammairiens latins ou le refus de la synonymie, in C.
Moussy [d. par], Les problmes de la synonymie en latin. Colloque du Centre Alfred
Ernout (Universit de Paris IV, 3 et 4 juin 1992), Paris 1994 (Lingua Latina. Recherches
linguistiques du Centre Alfred Ernout, 2), 11-23: 13-15. Possiamo cos trovare differentiae in Catone nel fr. XXXVII 11 Jordan (= GRF fr. 14, p. 13) per falsarius/mendax, e
nel fr. 131 Malcovati (ex Gell. 16, 14, 1) per festinare/properare; ancora i frammenti 49 Ribbeck dei Myrmidones di Accio, citati da Nonio Marcello 432, 31-433, 8 Mercier
(697 Lindsay: Pervicacia et pertinacia hoc distant. Pervicacia est interdum bonarum rerum

235

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PAOLO DE PAOLIS

cale antica (a parte la possibilit che nella Orthographia Capri


siano effettivamente confluiti materiali provenienti dal De latinitate di Flavio Capro), che per eserciter un influsso significativo sulle trattazioni ortografiche altomedievali, come quelle
di Beda e Alcuino, ampiamente dipendenti dai due trattatelli
tardoantichi12, nonch sulle sillogi di Differentiarum libri, che
in vari casi utilizzeranno lemmi provenienti dallo Ps.-Capro e
da Agrecio allinterno delle raccolte, ormai organizzate in ordine alfabetico. Si tratta quindi di una tipologia che scivola pi
verso la glossografia e che finisce in qualche modo per esulare
dallambito grammaticale, ma di cui si deve comunque tener
conto per la sua origine strettamente connessa ai filoni dotti
della grammatica latina.

perseverantia, pertinacia semper malarum. Accius Myrmidonibus: tu pertinaciam esse,


Antiloche, hanc praedicas, / ego pervicaciam aio et a me uti volo. / Nam pervicacem dici me
esse et vincere, / perfacile patior, pertinacem nihil moror. / Haec fortis sequitur, illam indocti
possident; / tu addis quod vitio est, demis quod laudi datur) contengono una articolata differentia fra pervicacia e pertinacia, ed altri analoghi esempi si trovano anche in Lucilio, come
i frr. 341-347 Marx (= GRF fr. 5, p. 35) per poesis/poema; 357 Marx (= GFR fr. 9a, p. 36)
per fervit/fervet; 806-807 Marx (= GRF fr. 30, p. 43) per cupiditas/cupido; 1215-1217
Marx (= GRF fr. 39, p. 46) per intro/intus. Ma il genere si diffonde ovviamente pi nella
riflessione e nella trattatistica grammaticale gi a partire dallepoca repubblicana (Elio
Stilone, Nigidio Figulo, Varrone e, pi tardi, Verrio Flacco) per conoscere una vasta diffusione in epoca pi tarda e finendo per ricollegarsi alla redazione dei glossari medievali, ai quali fornir abbondanti materiali: per la storia delle differentiae si vedano fra gli
altri, oltre ai gi citati articoli di Collart e Codoer, J. W. Beck, De Differentiarum
Scriptoribus Latinis, Groningae 1883, 1-27; G. Goetz, s.v. Differentiarum scriptores, in
RE V.1, Stuttgart 1903, 481-484; G. Goetz, De glossariorum Latinorum origine et fatis,
Lipsiae 1923 (CGL I) [rist. Amsterdam 1965], 87-93; Uhlfelder, De proprietate sermonum vel rerum cit., 1-33; G. Brugnoli, Studi sulle differentiae verborum, Roma 1955
(Studi e Saggi, 7), spec. 7-20.
12
Il De orthographia di Beda (ediz. in H. Keil, GL VII 261-294) utilizza ampiamente
sia lo Ps.-Capro che Agrecio (questultimo viene praticamente riportato per intero, in ordine alfabetico), come notava gi H. Keil, GL VII 223-224; da Beda alcuni lemmi sono poi
transitati nel De orthographia di Alcuino (ediz. della red. a in H. Keil, GL VII 295-312 e
S. Bruni, Alcuino. De orthographia, Firenze 1997 [Millennio Medievale, 2]; la red. b
disponibile nella sola edizione di F. Forster in PL 101, 901-920; le due redazioni sono state
distinte solo in epoca relativamente recente, cfr. S. Bruni, Il De orthographia di Alcuino:
il codex Vindobonensis 795 e ledizione Forster, StudMed, s. III, 32/1 [1991], 93-127 e S.
Bruni, Le due versioni del De orthographia di Alcuino e il Codex Vindobonensis 795, in C.
Leonardi [a cura di], La critica del testo mediolatino. Atti del Convegno [Firenze 6-8 dicembre 1990], Spoleto 1994 [Biblioteca di Medioevo Latino, 5], 313-321).

236

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

2. IL PROBLEMA DELLINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA


NELLA SCUOLA ANTICA

Dopo questa sommaria, ma indispensabile, premessa, possiamo


passare allesame delle modalit dellinsegnamento dellortografia
nella tradizione scolastica latina; lanalisi che cercheremo di sviluppare non pu che muoversi nel contesto generale della ricostruzione della dottrina grammaticale latina, le cui linee generali sono state
da tempo chiarite dal fondamentale lavoro di Karl Barwick (malgrado le molte revisioni e messe a punto effettuate su numerosi
aspetti della sua ricostruzione, anche non del tutto marginali)13, a
partire dalla definizione dei suoi obiettivi formativi e didattici, nel
complesso gi ben strutturati nel I sec. d.C., fino agli sviluppi di
epoca pi tarda, fortemente condizionati dallesigenza di apprendimento del latino da parte di non latini e dalle evoluzioni linguistiche e fonetiche del latino tardo.
13
Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4); il capitolo III del volume, Die antike
Auffassung vom Wesen und der Gliederung der Grammatik. Geschichte der rmischen (und
griechischen) Ars grammatica (pp. 215-268) resta tuttora il punto di partenza imprescindibile per ogni ricostruzione della storia delle grammatiche scolastiche latine ed comunque alla base dei molti lavori pi recenti, che pure hanno rivisto e integrato vari punti della
sua ricostruzione; cfr. soprattutto L. Holtz, Donat et la tradition de lenseignement grammatical. tude sur lArs Donati et sa diffusion (IV e-IX e sicle) et dition critique, Paris 1981
(Documents, tudes et Rpertoires publis par lIRHT, 21), 49-96 e 136-216; V. Law, Late
Latin Grammars in the Early Middle Ages: A Typological History, in D. J. Taylor [ed. by],
The History of Linguistics in the Classical Period, Amsterdam-Philadelphia 1987
(Amsterdam Studies in the Theory and History of Linguistic Science, Ser. III, Studies in the
History of the Language Sciences, 46), 191-206 (= Historiographia Linguistica, 13
[1986], 365-380; rist. in V. Law, Grammar and Grammarians in the Early Middle Ages,
London-New York 1997, 54-69); R. A. Kaster, Guardians of Language: The Grammarian
and Society in Late Antiquity, Berkeley-Los Angeles-London 1988 (The Transformation of
the Classical Heritage, 11); R. Herzog [hrsg. von], Restauration und Erneuerung. Die lateinische Literatur von 284 bis 374 n. Chr., Mnchen 1989 (Handbuch der
Altertumswissenschaft, VIII 5. Handbuch der lateinischen Literatur der Antike, V, hrsg. von
R. Herzog P. L. Schmidt), 521 [P. L. Schmidt]; M. De Nonno, Le citazioni dei grammatici, in G. Cavallo P. Fedeli A. Giardina [a cura di], Lo spazio letterario di Roma antica, III. La ricezione del testo, Roma 1990, 597-646: 626-646; K. Sallmann [hrsg. von], Die
Literatur des Umbruchs. Von der rmischen zur christlichen Literatur 117 bis 284 n. Chr.,
Mnchen 1997 (Handbuch der Altertumswissenschaft, VIII 4. Handbuch der lateinischen
Literatur der Antike, IV, hrsg. von R. Herzog P. L. Schmidt), 432 [P. L. Schmidt]; V.
Law, The History of Linguistics in Europe. From Plato to 1600, Cambridge 2003, 58-93.
Non vanno per trascurate le forti critiche alla ricostruzione di Barwick da parte di stu-

237

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PAOLO DE PAOLIS

Per seguire questa vicenda, in modo da analizzare in maniera


pi dettagliata la dottrina ortografica in relazione con la questione
pi generale della funzione dellinsegnamento dellortografia a
Roma, converr prendere le mosse dai capitoli iniziali della Institutio
oratoria di Quintiliano (1, 4-8), in cui viene tratteggiato il sistema
educativo linguistico-retorico necessario per la formazione di un
buon oratore14, affidato principalmente allinsegnamento dei grammatici15: il modello quintilianeo ben noto e prevede due compiti
principali, la correttezza linguistica (recte loquendi scientia) e lesegesi dei testi letterari (poetarum enarratio)16, che vengono rispettivamente trattati nei paragrafi 4-7 e 8. A sua volta lo schema di apprendimento della correttezza linguistica consta sostanzialmente di tre
parti17: 1) lars grammatica vera e propria (Inst. 1, 4-5)18; 2) la latidiosi interessati agli sviluppi storici della linguistica greca e latina, come M. Baratin F.
Desbordes, La troisime partie de lArs grammatica, in Taylor [ed. by], The History of Linguistics
cit., 41-66 (= Historiographia linguistica, 13 [1986], 215-240; rist. in F. Desbordes, Ides
grecques et romaines sur le langage. Travaux dhistoire et dpistmologie, Lyon 2007 [Collection
Langages], 65-90), che negano lesistenza di una stoica e di conseguenza
anche di una Schulgrammatik romana, riflessa nelle Artes pi tarde come quella di Donato; vd.
anche Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 48 n. 4; S. Auroux E. F. K. Koener H. J.
Niederehe K. Versteegh [ed. by], History of the Language Sciences. Geschichte der
Sprachwissenschaft. Histoire des Sciences du langage, Berlin-New York 2000 (Handbuch zur
Sprach- und Kommunikationswissenschaft, 18), 67 [M. Baratin] e 68 [F. Desbordes].
14
Quint. inst. 1, 3, 18 Nunc quibus instituendus sit artibus qui sic formabitur ut fieri
possit orator, et quae in quaeque aetate inchoanda, dicere ingrediar.
15
Quint. inst. 1, 4, 1 Primus in eo qui scribendi legendique adeptus erit facultatem
grammaticis est locus.
16
Quint. inst. 1, 4, 2 Haec igitur professio, cum brevissime in duas partis dividatur,
recte loquendi scientiam et poetarum enarrationem, plus habet in recessu quam fronte promittit; vd. anche, con terminologia leggermente differente, ibid. 1, 9, 1 Et finitae quidem sunt
partes duae quas haec professio pollicetur, id est ratio loquendi et enarratio auctorum, quorum
illam methodicen, hanc historicen vocant.
17
Cfr. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 266.
18
Analisi della struttura di questi due paragrafi in rapporto allo schema delle grammatiche scolastiche romane in Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 266; vd. anche F.
H. Colson, The Grammatical Chapters in Quintilian I. 4-8, CQ, 8 (1914), 33-47;
Colson, M. Fabii Quintiliani (cit. n. 4), 37 sgg.; Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 5355; in particolare il par. 4 contiene, dopo alcune osservazioni generali sul contenuto e la
struttura della grammatica, lanalisi degli elementi della lingua e quindi delle partes orationis, seguendo cos lo schema tradizionale inaugurato da Dionisio Trace (cfr. A. Traglia,
Le parti del discorso nei capitoli grammaticali di Quintiliano, in Studia Florentina

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

nitas (Inst. 1, 6)19; 3) lortografia (Inst. 1, 7)20. Le fonti usate da


Quintiliano per queste tre parti sono diverse: i capitoli 4-5 si rifanno sostanzialmente alla letteratura artigrafica21, mentre per la latinitas sarebbe stato usato Plinio, e per lortografia la fonte sarebbe
invece Verrio Flacco22. Nel modello di apprendimento linguisticogrammaticale del I sec. d.C., dunque, ciascuno di questi tre ambiti
Alexandro Ronconi sexagenario oblata, Roma 1970, 483-495), mentre il par. 5 dedicato
ai vitia et virtutes orationis, una sezione di norma presente nella tradizione artigrafica latina, ma assente in Dionisio Trace e nelle grammatiche greche. Sulle modalit di formazione di questa terza parte dellars grammatica latina, in polemica con la teoria, comunemente
accolta, di Barwick (Remmius Palaemon [cit. n. 4], 89-111; vd. anche M. Pohlenz, Die
Begrndung der abendlndischen Sprachlehre durch die Stoa, NGG, n.F., Fachgr. 1/3
[1938-1939], 151-198 [= Kleine Schriften, I, Hildesheim 1965, 39-78]; K. Barwick,
Probleme der stoischen Sprachlehre und Rhetorik, Berlin 1957 [Abhandlungen der schsischen
Akademie der Wissenschaften zu Leipzig, Philol.-hist. Klasse, 49/3], 88-111; Holtz, Donat
[cit. n. 13], 61-74 e 136-216) di una derivazione da una perduta stoica elaborata a
Pergamo e con specifico riferimento ai capitoli grammaticali quintilianei, vd. Baratin
Desbordes, La troisime partie (cit. n. 13).
19
Cfr. Quint. Inst. 1, 6, 1 Est etiam sua loquentibus observatio, sua scribentibus. Sermo
constat ratione vetustate auctoritate consuetudine; sui quattro criteri quintilianei del sermo
Latinus cfr. soprattutto S. Grebe, Kriterien fr die Latinitas bei Varro und Quintilian, in A.
Haltenhoff F. H. Mutschler [hrsg. von], Hortus litterarum antiquarum. Festschrift fr
Hans Armin Grtner zum 70. Geburtstag, Heidelberg 2000 (Bibliothek der klassischen
Altertumswissenschaften, n.F. 2, Reihe 109), 191-210, e R. Coleman, Quintilian I.6 and the
Definition of Latinitas, in C. Moussy et al. [d. par], De lingua Latina novae quaestiones.
Actes du Xe Colloque International de Linguistique Latine, Paris-Svres, 19-23 avril 1999,
Louvain-Paris-Sterling, Virginia 2001 (Bibliothque dtudes classiques, 22), 917-930.
Allanalisi dei criteri dell e della latinitas dedicato il volume di Siebenborn,
Die Lehre von der Sprachrichtigkeit (cit. n. 1).
20
Quint. Inst. 1, 7, 1 Nunc, quoniam diximus quae sit loquendi regula, dicendum
quae scribentibus custodienda, quod Greci orthographian vocant, nos recte scribendi scientiam nominemus.
21
Vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 266 sg., che ipotizza anche una derivazione varroniana per i paragrafi 1-5 del cap. 4 (vd. anche ibid.. 225 e 231); una giustapposizione di estratti provenienti dallArs di Remmio Palemone (Quint. Inst. 1, 4, 1-1,
5, 54) con altri provenienti dal De dubio sermone di Plinio (Quint. Inst. 1, 5, 55-1, 6, 27)
viene invece ipotizzata da H. Nettleship, The Study of Latin Grammar among the Romans
in the First Century A.D., JPh, 15 (1886), 189-214: 211 (= H. Nettleship, Lectures and
Essays, II, Oxford 1895, 145-171: 169); vd. per le osservazioni critiche di Colson, The
Grammatical Chapters (cit. n. 18), 36-41, e anche K. von Fritz, Ancient Instruction in
Grammar according to Quintilian, AJPh, 70 (1949), 337-366: 338-344.
22
Cfr. L. Mackensen, De Verrii Flacci libris orthographicis, Comment. Philol.
Ienen., 6/2 (1896), 1-62: 41-47; Nettleship, The Study (cit. n. 21), 211 (= Lectures and
Essays [cit. n. 21], 169). Per la parte relativa alla esegesi dei poeti Varrone sarebbe, sempre
secondo Barwick, indipendente.

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PAOLO DE PAOLIS

doveva disporre di strumenti propri ed evidentemente lortografia


era considerata in questo schema come una disciplina a s stante
che aveva bisogno di trattazioni specifiche e che non doveva, quindi, trovare spazio nei manuali di grammatica. La distinzione quintilianea sostanzialmente alla base della ben nota ricostruzione
della storia della grammatica latina effettuata da Barwick, che, nellesaminare lultimo degli della grammatica, il , individuava al suo interno tre tipologie di manuali grammaticali, quelli
dedicati allars grammatica vera e propria, gli scritti de latinitate e
quelli de orthographia 23. Di questi tre ambiti, solo il primo, quello
delle artes 24, sembra escludere trattazioni di tipo ortografico, almeno per la sua fase pi antica e per i manuali di provenienza occidentale, malgrado la loro struttura ampia e articolata, suddivisa
nella tripartizione canonica, e cio elementi della lingua, partes orationis e vitia et virtutes orationis, con trattazione anche di questioni
morfologiche e sintattiche. Se infatti esaminiamo in primo luogo le
artes di provenienza occidentale, cio i manuali di grammatica adoperati nella prassi scolastica delle aree occidentali dellImpero, nelle
quali il latino era la lingua madre dei giovani studenti, possiamo
osservare una sostanziale assenza di trattazione di questioni ortografiche: questo vale sia per le cosiddette artes brevi, che si rifanno
in ultima analisi alla Schulgrammatik palemoniana25, che per le artes
23
Vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 227 Unter der groen Masse dieser
Schriften mssen aber drei Typen grammatischer Lehrbcher eine hervorragende Stellung
eingenommen haben; das ist der Typ der (ars grammatica), der Schriften
(de latinitate = de latino sermone) und (de orthographia). Si veda al riguardo la definizione di Sesto Empirico, Adv. math. 1, 92


.
24
A questo tipo di manuali rivolta lattenzione maggiore di Barwick, Remmius
Palaemon (cit. n. 4), 229: Damit sind wir endlich bei der eigentliche
(ars grammatica) angelangt. Ihre Entstehung und geschichtlichen Entwicklung bei den
Rmern aufzuklren, habe ich mir in diesem Buche als Hauptaufgabe gestellt), che delinea in particolare la struttura delle artes pi antiche, purtroppo perdute e ricostruibili solo
dai materiali confluiti nella tradizione artigrafica e grammaticale, rappresentate in primo
luogo da Palemone, cui si possono anche aggiungere Terenzio Scauro e Arrunzio Celso.
25
Cfr. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 89-111 e 229-247, e De Nonno, Le
citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 629-633: fanno parte di questo gruppo i manuali di

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

del cosiddetto regulae-type 26, con la sola vistosa eccezione dellArs di


Mario Vittorino, contenente unampia trattazione ortografica, che,
tra laltro, occupa buona parte di quanto si salvato di quel manuale27, anche se esso, come vedremo fra un attimo, risente dei cambiamenti intervenuti a partire dal sec. III nella struttura delle grammatiche scolastiche.
Attenzione allortografia, invece, doveva essere presente nellambito delle opere de latinitate, allinterno delle quali sembra
fossero presenti trattazioni di ortografia e ortoepia28, come emerge soprattutto da quel che si pu ricostruire dal De latinitate di
Flavio Capro. Questa struttura si modifica per a partire dalla
fine del sec. III e nel corso del sec. IV, quando compaiono

Donato, Mario Vittorino, Scauro (da Vittorino/Audace), Aspro, Agostino Ars breviata,
Dositeo, Consenzio, Sacerdote I.
26
Cfr. Law, Late Latin Grammars (cit. n. 13), 192; a questo gruppo appartengono
Foca, Prisciano Inst. nom., Eutiche, le Regulae Palaemonis e le Regulae Augustini, Sacerdote
II/Catholica Probi.
27
I resti dellArs vittoriniana (GL VI 3-31, 16 = pp. 65-96 Mariotti) sono in pratica costituiti per oltre due terzi dal capitolo ortografico (GL VI 7, 33-26, 13 = cap. 4, pp.
70-90 Mariotti), preceduto da una rapida introduzione e da due brevi capitoli De voce e
De litteris e seguito da un capitolo De syllabis.
28
Anche per le opere appartenenti al filone de latinitate resta fondamentale
Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 227-229 e 167-203, con la ricostruzione delle
opere di Pansa e Capro, malgrado le riserve avanzate su vari punti di essa, come il rapporto con Char. I 15 e la natura stessa dellopera di Pansa, messi in dubbio con validi
argomenti da A. Mazzarino, Una nuova pagina di Plinio il Vecchio, I. Pansa o Plinio,
Maia, 1 (1948), 200-222; vd. anche D.M. Schenkeveld, Charisius, Ars grammatica
I.15: The Introduction (p. 61.16-63.20 B = 50.9-51.20 K), in P. Swiggers A. Wouters
[ed. by], Ancient Grammar: Content and Context, Leuven-Paris 1996 (Orbis,
Supplementa, 7), 16-35; oppure lesistenza di una vasta sezione metrica in Capro: vd. M.
De Nonno, Ruolo e funzione della metrica nei grammatici latini, in R. M. Danese F.
Gori C. Questa [a cura di], Metrica classica e linguistica. Atti del Colloquio (Urbino
3-6 ottobre 1988), Urbino 1990, 453-494: 458-459; per una essenziale e schematica
descrizione di questa tipologia di opere grammaticali si veda comunque utilmente anche
De Nonno, Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 637-639. Barwick riteneva che questioni ortografiche fossero presenti in Plinio e Capro, e che in Pansa, invece, fosse trattata la sola ortoepia (Remmius Palaemon cit., 229: So wissen wir, da Pansa nur das
Nomen und Verbum, Caper hingegen smtliche Redeteile behandelt hatte. Der erstere
bercksichtigte nur die Orthoepeie (Wortwahl und Flexion), im allgemeinen gehrten
aber Orthographie und Orthoepie zusammen. Bei Plinius und Caper wurden beide in
enger Verbindung miteinender errtert, bei Varro, wie es scheint, durch die Metrik voneinander getrennt).

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PAOLO DE PAOLIS

manuali pi estesi29, come gli Instituta artium di Probo iunior (o


Palladio?30), la gi ricordata Ars di Mario Vittorino, e le Artes che
fanno capo alla Charisiusgruppe (Gewhrsmann der Chariusiusgruppe,
Carisio e Diomede). In queste nuove trattazioni grammaticali doveva comparire lortografia: gli Instituta artium, infatti, sarebbero
secondo Barwick solo la prima parte di unopera pi vasta, che
doveva contenere anche ortografia e ortoepia31. Anche i resti
dellArs di Mario Vittorino32 contengono un capitolo de orthographia (GL VI 7, 33-26, 13 = cap. 4 Mariotti) e una struttura analoga doveva forse avere anche lars del cosiddetto Gewhrsmann der
Charisiusgruppe33. In questo stesso ambito, in fondo, si inserisce,
29
Cfr. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 245: Am ende des 3. und im Laufe
des 4. Jahrhunderts begegnet nun ein neuer Typ der ausfhrlichen Grammatik, in dem die
Anlage der lteren ars grammatica mehr oder minder gesprengt ist und vor allem Dinge
behandelt werden, die der frheren ars fremd gewesen sind.
30
Cfr. Herzog, Restauration und Erneuerung (cit. n. 13), 522.4 [P. L. Schmidt].
31
Cfr. K. Barwick, Die sogennante Appendix Probi, Hermes, 54 (1919), 409-422:
414-418, e Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 174 e 245, secondo il quale proprio
nellAppendix Probi andrebbero visti i resti della seconda parte dellopera grammaticale
probiana. Su questultimo punto della ricostruzione di Barwick, per, sono emerse
recentemente forti perplessit, come quelle di P. L. Schmidt (in Herzog, Restauration
und Erneuerung [cit. n. 13], 118), che attribuisce allipotetico secondo libro probiano
il titolo De ratione metrorum vel structurarum e tenta di ricostruirne lassetto generale; le
perplessit di Schmidt sono confermate e rafforzate anche da M. De Nonno,
LAppendix Probi e il suo manoscritto: contributi tipologici e codicologici allinquadramento del testo, in F. Lo Monaco P. Molinelli [a cura di], LAppendix Probi. Nuove
ricerche, Firenze 2007 (Traditio et Renovatio, 2), 3-39: 23-25, che anzi, osservando come
nel primo libro degli Instituta i continui riferimenti alla seconda parte dellopera vengano fatti sempre al futuro, sembra avanzare qualche dubbio sulla possibilit che questa
seconda parte sia stata effettivamente composta. Senza entrare nel merito della questione, mi sembra che allo stato attuale non vi sia alcuna possibilit di identificare con sicurezza resti della seconda parte degli Instituta, anche se, al di l della ricostruzione e dellesistenza stessa di un secondo libro di questopera, resta il fatto, pi importante per i
nostri fini, che dai rinvii a successive trattazioni fatti da Probo/Palladio appare comunque chiara quanto meno lintenzione di costruire un manuale che affrontasse anche questioni prosodico-metriche e ortografiche.
32
H. Keil, GL VI 3-31, 16 = I. Mariotti [a cura di], Marii Victorini Ars grammatica.
Introduzione, testo critico e commento, Firenze 1967 (Biblioteca Nazionale, Serie dei classici greci e latini, Testi con commento filologico, 6), 65-96.
33
Vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 246. Una trattazione specificamente
ortografica manca per in Carisio, che pure aggiungeva alla fine del libro IV una sezione
metrica, quasi completamente perduta, e nel libro V una ampia serie di liste lessicali di

242

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

pur in assenza di una specifica trattazione ortografica, lassemblaggio di diversi testi grammaticali che ha dato luogo alle Artes grammaticae di Sacerdote, che uniscono un primo libro del tipo
Schulgrammatik, un secondo libro de catholicis del genere regulaetype, e infine un terzo libro de metris34.
Alla fine del sec. III, dunque, si viene sviluppando una tipologia
di manuali che cercano di integrare in una qualche misura al loro
interno anche lortografia e la metrica35: se dunque nella prima, pi
antica, fase della produzione grammaticale latina, le questioni ortografiche venivano trattate da opere esplicitamente ortografiche, come
quelle di Terenzio Scauro e Velio Longo, entrambi di epoca adrianea36,
varia natura: vd., per la ricostruzione dellopera di Carisio, Herzog, Restauration und
Erneuerung (cit. n. 13), 523.2.B [P. L. Schmidt].
34
Su Sacerdote in generale vd. soprattutto Kaster, Guardians of Language (cit. n. 13),
352-353 nr. 132; Herzog, Restauration und Erneuerung (cit. n. 13), 522.3 [P. L. Schmidt],
e P. L. Schmidt, s.v. Plotius (II 5), in Brills Encyclopaedia of the Ancient World New Pauly, XI,
Leiden-Boston 2007, 404-405.
35
Vd. Barwick, Remmius Palaemon (cit. n. 4), 247-248: es sind die Gebiete der latinitas (Orthographie und Orthoepie) und der Metrik (welch letztere vielfach mit der latinitas zusammen behandelt wurde), die seit dem Ende des 3. Jahrhunderts in die gro
angelegte ars grammatica eingefhrt werden; Barwick spiega questa novit soprattutto
con il motivo che latinitas e ars grammatica avevano comunque dei punti in comune,
come il fatto che nei manuali di grammatica venivano trattate questioni ortografiche nei
capitoli de litteris, e che questioni de latinitate trovavano spazio nelle sezioni sulle parti del
discorso, in particolare nei capitoli sulla flessione nominale e verbale. Vd. anche De
Nonno, Ruolo e funzione della metrica (cit. n. 28), 455-461.
36
Per la cronologia di Scauro le testimonianze principali sono fornite da Gell. 11, 15,
3 (Terentius autem Scaurus, divi Hadriani temporibus grammaticus vel nobilissimus), e Hist.
Aug., Ver. 2, 5 (Audivit Scaurinum grammaticum Latinum, Scauri filium, qui grammaticus
Hadriani fuit); cfr. Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 433.A [P. L. Schmidt]
e Q. Terentii Scauri De orthographia. Introduzione, testo critico, traduzione e commento, ed.
F. Biddau, Hildesheim 2008 (Biblioteca Weidmanniana, VI, Collectanea grammatica latina,
5), XXVII-XXVIII. Pi complesso stabilire una cronologia per Velio Longo, comunque sicuramente anteriore a Gellio, che lo ricorda in 18, 9, 4 (Alter autem ille eruditior nihil mendum, sed recte atque integre scriptum esse perseverabat et Velio Longo, non homini indocto,
fidem esse habendam, qui in commentario, quod fecisset de usu antiquate lectionis scripserit
non inseque apud Ennium legendum, sed insece); allepoca adrianea lo attribuisce, sulla base
di varie considerazioni, E. Neitzke, De Velio Longo grammatico, Diss. Gottingae 1927, 5 e
65-67. In generale Scauro e Velio Longo vengono ritenuti sostanzialmente coevi dalla critica moderna, soprattutto per le forti affinit fra le loro due opere: lorientamento prevalente
quello di ritenere che Velio Longo abbia utilizzato il trattatello scaurino (vd. da ultimo
Biddau, Q. Terentii Scauri cit., XXXIX-XL), ma le argomentazioni comunemente addotte non
sembrano decisive e lasciano comunque aperta la questione (vd. infra, 253 n. 67).

243

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PAOLO DE PAOLIS

nonch, insieme alla ortoepia, anche nellambito delle opere de latinitate, come quella di Capro, in questa fase pi tarda, grazie anche
al confluire nella tradizione artigrafica del filone pi erudito delle
opere de latinitate37, lortografia trova spazio in artes pi strutturate, sia con trattazioni specifiche, come in Mario Vittorino o in
Probo/Palladio, che con discussioni di varie questioni ortografiche,
come avviene nelle artes di origine orientale di Carisio, Diomede e,
pi tardi, Prisciano. Resta per da capire quale fosse la funzione
didattica di queste trattazioni ortografiche, allinterno dei pi generali obiettivi pedagogici della scuola antica. Lassenza di trattazioni specificamente ortografiche nelle artes sembra escludere che nella scuola
del grammaticus venisse impartito un insegnamento generale di ortografia: possiamo semmai supporre che una prima, elementare formazione ortografica avvenisse gi nel primo livello scolastico38, il ludus
nel quale si imparava semplicemente a leggere e scrivere (presumibilmente con correttezza ortografica).
Le opere specificamente ortografiche, che come abbiamo visto
costituivano il terzo gruppo di manuali destinati allapprendimento
linguistico, si collocavano ad un livello pi avanzato e trattavano
argomenti di contenuto pi elevato e problematico, di cui possiamo farci unidea attraverso le trattazioni di Terenzio Scauro e Velio
37
Il fenomeno si avverte in particolare nelle artes del cosiddetto regulae-type (su cui
vd. supra, n. 26); cfr. De Nonno, Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 637-639.
38
Sulla struttura del sistema educativo romano ancora fondamentale H. I. Marrou,
Histoire de lducation dans lAntiquit, Paris 1948 (trad. ital., Storia delleducazione
nellAntichit, Roma 1966), 359-389; vd. inoltre M. L. Clarke, Higher Education in the
Ancient World, London 1971, 11-28; J. Bowen, A History of Western Education, I. The
Ancient World: Orient and Mediterranean 2000 B.C.-1054 A.D., London 1972 (trad. ital.,
Storia delleducazione occidentale, I. Il mondo antico: lOriente e il Mediterraneo dal 2000
a.C. al 1054 d.C., Milano 1979), 167-216; J. Christes, Bildung und Gesellschaft. Die
Einschtzung der Bilder und ihrer Vermittler in der griechisch-rmischen Antike, Darmstadt
1975, 130-245; S. F. Bonner, Education in ancient Rome. From the Elder Cato to the
Younger Pliny, London 1977 (trad. ital. Leducazione nellantica Roma. Da Catone il Censore
a Plinio il Giovane, Roma 1986), 165-276; A. D. Booth, Elementary and Secondary
Education in the Roman Empire, Florilegium, 1 (1979), 1-14; R. A. Kaster, Notes on
Primary and Secondary Schools in Late Antiquity, TAPhA, 113 (1983), 323-346; J.
Christes R. Klein Ch. Lth [hrsg. von], Handbuch der Erziehung und Bildung in der
Antike, Darmstadt 2006, 101-110 [D. Bormann], 111-123 [Ch. Krumeich], 136-145 [K.
Vssing], 146-155 [R. Klein].

244

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

Longo; non va tralasciato il fatto che anche esse sembrano comunque influenzate dalle opere del filone de latinitate, riflettendone
quindi la commistione fra ortografia e ortoepia. Lesistenza di
manuali specifici, per, sembra mostrare il fatto che proprio in questa fase si definisce con maggior chiarezza uno spazio autonomo per
lortografia, non pi riservato alle problematiche pi ampie della
trattatistica de latinitate; Scauro e Longo, con le loro trattazioni,
sembrano in qualche modo marcare il distacco dellortografia da
questo filone grammaticale, nellambito di un pi generale interesse per le questioni linguistiche e per un lessico colto e arcaizzante,
favorito anche dallatteggiamento culturale dellimperatore
Adriano39. Analogamente allortografia, anche la metrica definisce
sempre di pi uno spazio autonomo, favorito dalla sostanziale separazione fra i due campi riscontrabile gi nella trattatistica greca40.
Questa separazione si concretizza in una produzione specializzata
anche pi vasta di quella ortografica, che si sviluppa al di fuori delle
artes scolastiche41. Lautonomia delle opere di metrica e ortografia
avr poi delle conseguenze ben precise nellallestimento di libri scolastici in epoca carolingia, come avremo modo di osservare fra breve.
Lesame di questo blocco di trattazioni ortografiche ci consente di definirne meglio la fisionomia, inquadrandola nellambito
39
Cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 219:
Steht die Schulgrammatik in ihrer Tradition der (Sprach)Philosophie nahe, so der
Rhetorik zum Thema de Latinitate eine zweite Gruppe, die es seit Varros De sermone
Latino ber Verrius Flaccus (De orthographia) und Plinius Maior (Dubii sermonis libri) mit
Entscheidungen ber die rechte Orthographie und Flexion, Syntax und Semantik
(Synonyme) zu tun hat. Innerhalb dieses Rahmens spaltet sich seit Hadrian zunchst die
Orthographie (Scaurus, Velius Longus) ab, und die nunmehr auf Sprachrichtigkeit im
Wortgebrauch, d.h. im gebildeten Gesprch und der ffentlichen Rede bedachte
orthoepische Bemhung gewinnt zumal mit den Interessen eines Princeps an Gewicht.
40
La separazione fra dottrina grammaticale e dottrina metrica gi evidente nella tradizione scolastica greca e da l si trasmette alla Schulgrammatik latina, che nella sua canonica tripartizione fonetica/parti del discorso/vizi e virt del discorso (vd. supra, nn. 13 e 18
per il problema della derivazione di questo modello da una di ambito stoico) escludeva la metrica: vd. De Nonno, Ruolo e funzione della metrica (cit. n. 28), 453-459.
41
Cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 221:
Auch die Metrik stellt wie die Orthographie in unserem Zeitraum eine von der Ars grammatica strikt getrennte Textgruppe dar. Cfr., oltre al contributo gi citato nella nota precedente, anche De Nonno, Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 618-619.

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PAOLO DE PAOLIS

della loro destinazione didattica, alla luce di quel che conosciamo


della scuola tardoantica. La natura scolastica di tutta questa serie di
trattati emerge talora con grande chiarezza, come nel caso di Mario
Vittorino, per il quale gli indizi di un uso in aula sono stati gi da
tempo segnalati e studiati42. I molti passi in cui Vittorino sembra
rivolgersi ai suoi studenti mostrano chiaramente che linsegnamento ortografico attestato dallars vittoriniana mira a definire una serie
di casi dubbi e complessi, che nascevano soprattutto, come stato
ben notato da Italo Mariotti43, dalla necessit di distinguere ed
emendare i manoscritti degli autori classici44, e ci consentono cos di
vedere la concreta prassi della emendatio scolastica dei libri degli
auctores45. Resta la singolarit della presenza di una sezione ortogra42

Vd. Th. Bergk, Kritische analekten, Philologus, 16 (1860), 577-647: 646;


Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 52. In particolare Vittorino si rivolge spesso ai
suoi interlocutori come a studenti di una classe: GL VI 21, 18 (= 4, 83 Mariotti) Credo
quod vos ignoratis nomen privilegium quod dicitur; GL VI 21, 20-23 (= 4, 84 Mariotti)
Video vos saepe et orco et Vulcano h litteram relinquere, sed credo vos antiquitatem sequi.
Sed, cum asperitas vetus illa paulatim ad elegantioris vitae sermonisque limam perpolita sit,
vos quoque has voces sine h secundum consuetudinem nostri saeculi scribite; GL VI 22, 1-2
(= 4, 85 Mariotti) Sed ea quatenus debetis observare, ignoratis, inducti fortasse eo quod legistis praeceptum antiquorum; GL VI 22, 3-6 (= 4, 86 Mariotti); In quo, ut idem saepius
dicam, bis peccatis, quod aliud scribitis, et aliud legitis quam scriptum est. Quid enim facietis
in his quae, velitis nolitis, et scribenda sunt et legenda ut scripta sunt; GL VI 25, 9 (= 4, 105
Mariotti) Non est cloaca, ut putatis, sed cluaca, quasi conluaca; GL VI 25, 13-15 (= 4, 107
Mariotti) vos utro modo scriptam vocem hanc inveneritis, ita relinquite, dum non ignoretis ab
antiquis nominativo haec contagio dictum; GL VI 25, 16 (= 4, 108 Mariotti) Non est, ut
emendastis, porca praecidanea, sed praecidaria. Vd. anche gli altri luoghi citati da Mariotti,
ibid., che trova unulteriore conferma delluso didattico della sezione ortografica nel fatto
che i rimandi interni sono introdotti da locuzioni quali dico o loquor, che sembrano rinviare pi ad una esposizione orale; su questo aspetto di corso orale dellars vittoriniana,
vd. anche Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 57.
43
Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 53-54.
44
Vd. H. I. Marrou, St. Augustin et la fin de la culture antique, Paris 1938
(Bibliothque des coles franaises dAthnes et de Rome, 145), 21-23 (trad. it., S. Agostino e
la fine della cultura antica, Milano 1987 [Di fronte e attraverso, 185], 39-40); Marrou,
Histoire de lducation (cit. n. 38), 230-231. Sulle prassi relative alla grafia e allinterpunzione nelle scritture e nei manoscritti antichi e medievali vd. ora linquadramento generale di M. Geymonat, Grafia e interpunzione nellantichit greca e latina, nella cultura bizantina e nella latinit medievale, in B. Mortara Garavelli [a cura di], Storia della punteggiatura in Europa, Roma-Bari 2008, 25-62.
45
Si vedano soprattutto i passi citati da Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 54,
dai quali appare chiaramente come i precetti ortografici impartiti da Vittorino siano desti-

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

fica allinterno di una ars46, pur se del tutto organica alle finalit
della scuola tardoantica, che fa di questo capitolo un caso particolare allinterno della tradizione artigrafica latina conservata, confermandone cos loriginalit, che fu ben compresa secoli pi tardi in
epoca umanistica, quando esso, estrapolato dal resto dellopera, god
di una vasta e interessante circolazione, per la sua novit che veniva

nati alla correzione dei manoscritti usati dagli allievi: GL VI 13, 24-25 (= 4, 37 Mariotti)
Quicquam et quicquid et quocquod, prima syllaba quotiens habuerit d, idem vos perducite et superponite c; GL VI 14, 14-15 (= 4, 40 Mariotti) Quatenus saepe cum sit recte scriptum, vos e perducitis et facitis quatinus, et saepe i litteram commutatis in e; GL VI 15, 1920 (= 4, 50 Mariotti) In fascia sine causa adiecistis apicem, quia fascia dicitur quod volvendo fit fascis; GL VI 16, 4-6 (= 4, 52 Mariotti) Has voces, nonnunquam, nunquam, nunquid,
quanquam, unquam, saepe recte scriptas relinquitis; aliquando n in m commutatis, numquam: pro n facitis m; GL VI 21, 20-21 (= 4, 84 Mariotti) Video vos saepe et orco et
Vulcano h litteram relinquere, sed credo vos antiquitatem sequi; GL VI 22, 14-16 (= 4, 89
Mariotti) Cum fuerit autem scriptum audiendus est et scribendus est et mutandus est et
similia generis masculini, primam vocem integram relinquetis, ex novissima autem e et s
detrahetis; GL VI 22, 17-18 (= 4, 90 Mariotti) At hicce et hocce pronominibus, si vox
sequens a vocali incipiat, e novissimam detrahetis, ut hicc alienus ovis custos bis mulget in
hora et manibusque meis Mezentius hicc est et hocc erat alma parens et hocc Ithacus velit;
GL VI 22, 25-23, 1 (= 4, 92 Mariotti) Quando distinguitis, cum erit perfecta oratio et sensus concludetur, inter novissimam verbi litteram et primam insequentis in superiore parte
versus punctum ponite aliud quam quod librarius inter duo verba posuit; GL VI 25, 13-15
(= 4, 107 Mariotti) Cum antiquitatem igitur posterior consuetudo vincat, vos utro modo scriptam vocem hanc inveneritis, ita relinquite, dum non ignoretis ab antiquis nominativo haec
contagio dictum; GL VI 25, 16-17 (= 4, 108 Mariotti) Non est, ut emendastis, porca praecidanea, sed praecidaria, quae frugum causa immolatur.
46
Cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 53: questa parte della grammatica era infatti affidata tradizionalmente a scritti speciali, come quelli citati di Scauro e
Velio Longo. In effetti nelle varie artes lortografia non compare affatto, fatta salva la
contiguit di questa disciplina con le questioni affrontate nei capitoli De littera, che, esaminando analiticamente le varie lettere dellalfabeto latino, sono il presupposto di ogni
dottrina ortografica (vd. al riguardo, in generale, Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1],
113-134) e toccano anzi in vari casi questioni di grafia, come, ad esempio, per il problema della resa grafica del suono gutturale con le lettere c, k e q (Char. GL I 8, 16-20
[= 5, 24-30 Barwick]; Diom. GL I 423, 10-15; Don. GL IV 368, 7-10), per le rese grafiche della z in parole di origine greca (Diom. GL I 422, 32-423, 1), per lalternanza di
grafie f/ph (Diom. GL I 423, 28-30). Analogamente nei trattati ortografici di Terenzio
Scauro (GL VII, 13, 1-18, 11 [= 11, 8-25, 12 Biddau]) e Velio Longo (GL VII 46, 153, 24) troviamo sezioni dedicate alle lettere dellalfabeto, che sono giudicate dai due
ortografi preliminari allesame delle vere e proprie quaestiones ortografiche con espressioni sostanzialmente analoghe (cfr. Scaur. GL VI 13, 2-4 [= 11, 10-12 Biddau] necessarium putamus ante cognationem explicare litterarurm, quondam huius quoque notitia haesitantibus saepe succurrat; Vel. GL VI 46, 1-2 Necessarium arbitror de orthographia sermonem instituenti a litterarum potestate initium facere).

247

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PAOLO DE PAOLIS

incontro ai ben noti interessi ortografici di quel periodo47. Ma unaltra interessante considerazione pu essere formulata proprio a proposito delle vicende della tradizione di Vittorino, che ci mostra come
gi in epoca tardoantica si avvertisse lesigenza di predisporre strumenti didattici o di lavoro di pi ampio respiro: larchetipo tardoantico di Vittorino, infatti, databile al V-VI secolo, tramanda
anche il trattato metrico di Aftonio, che era stato unito allars vittoriniana, contenente invece la parte grammaticale e quella ortografica, in modo da ottenere cos un unico manuale completo48.
Si gi detto peraltro che anche per gli Instituta artium di
Probo/Palladio stato supposto che essi dovessero avere una forma
pi ampia di quella pervenutaci, e che in particolare sia andato perduto un secondo libro, nel quale dovevano trovare spazio anche le
trattazioni dellortografia e della metrica, cui lautore rinvia in pi
punti49. Materiali ortografici si trovano comunque anche allinterno
di quel che a noi pervenuto degli Instituta artium, come, ad esem47

Vd. soprattutto M. De Nonno, Tradizione e diffusione di Mario Vittorino grammatico. Con edizione degli Excerpta de orthographia, RIFC, 116 (1988), 5-59; sempre in
epoca umanistica pu essere riscontrata una ricca circolazione anche dei trattelli ortografici dello Ps.-Capro e Agrecio, su cui vd. P. De Paolis, Tradizioni carolinge e tradizioni umanistiche: il De orthographia attribuito a Flavio Capro, in O. Pecere M. D. Reeve [ed. by],
Formative Stages of Classical Traditions: Latin Texts from Antiquity to the Renaissance.
Proceedings of a Conference held at Erice, 16-22 October 1993, as the 6th Course of
International School for the Study of Written Records, Spoleto 1995, 263-297: 275-278
e 294-296, e larticolo di M. Sparagna, La tradizione manoscritta dei trattati ortografici dello
Ps.-Capro e di Agrecio in epoca umanistica, di prossima pubblicazione in Segno e testo.
La riscoperta di queste reliquie della tradizione ortografica antica si inserisce nel ben noto
interesse degli umanisti italiani per le questioni ortografiche, testimoniata dalla vivace attivit di personaggi come Guarino Veronese, Angelo Poliziano, Niccol Niccoli, Giovanni
Tortelli, Francesco Filelfo e Gasparino Barzizza.
48
Come ben noto, larchetipo tardoantico di Vittorino e Aftonio era gi danneggiato da una ampia lacuna, che ha causato la perdita di buona parte dellars vittoriniana e
dellinizio del manuale metrico di Aftonio: cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32),
47-50; De Nonno, Tradizione e diffusione (cit. n. 47), 5-6, con ampia bibliografia a p. 6
n. 1, di cui vd. soprattutto L. Jeep, Zur Geschichte der Lehre von den Redetheilen bei den
lateinischen Grammatikern, Leipzig 1893, 82-84, per la dimostrazione della natura meccanica del guasto.
49
Prob. GL IV 50, 38-51, 3 At vero litterarum Latinarum nomina cum sint omnia
monosyllaba, id est ut XX et unum sonum contineant, necesse est ut et in ratione metri vel
musicae plus facultatis ratio Graeca quam Latina obtineat. Sed hoc in metris vel musicis conpetenter tractabimus; 51, 15-16 Etiam de syllabis, quoniam non brevis ratio est, ideo alio loco

248

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

pio, una lista di differenze ortografiche (GL IV 118, 25-119, 13), la


cui pertinenza al dibattito sulle varianti grafiche attestate dalla tradizione letteraria, tipico dellimpostazione didattica della scuola antica,
stata recentemente messa in evidenza da Mario De Nonno50.
Il trattato di Scauro, invece, non appare cos chiaramente connotato da prassi di utilizzazione di aula, come si appena visto per
i capitoli ortografici di Mario Vittorino; esso costituito in sostanza da due parti, la prima dedicata a una serie di questioni generali
(i vizi ortografici e le modalit di correzione, i rapporti fra le lettere e le combinazioni tautosillabiche di vocali e consonanti)51, la
seconda comprendente una serie di quaestiones ortografiche52, che
costituiscono il nucleo pi significativo dellopera (capitoli VI-IX,
pp. 25-51 Biddau) e che mirano sia a correggere una serie di usi
erronei sia ad affrontare al tempo stesso questioni complesse lungamente dibattute dai grammatici precedenti53, con un interesse prevalentemente metodologico, come sembra di capire proprio dallepilogo del trattatello: Haec sunt quae urgenti tempore complecti tibi
conpetenter cum metris tractabimus; 119, 13-17 Nunc quoniam, quae litterae subducantur
vel quae adiciantur, nec non et in quas litteras convertantur, demonstravimus, et ideo hoc
monemus, ut quae vel quot sint nomina, quae haec facere possint, hoc in orthographia conpetenter tractare debeamus. Sulla difficolt di identificare questo secondo libro probiano con
lAppendix Probi, secondo lipotesi formulata da Barwick, vd. supra, n. 31.
50
Cfr. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 24-25.
51
Vd. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXIV-XXXV.
52
Linizio di questa seconda parte chiaramente marcato al cap. VI.1, segnalando
lesaurimento delle problematiche affrontate nella prima parte: GL VII 18, 9-11 (= 25,
14-16 Biddau) Et quatenus huic parti satisfactum est, hinc iam quaestiones quae in rationem scribendi cadunt secundum praepositae divisionis ordinem explicare temptabimus.
Frequentemente i vari problemi vengono introdotti da formule del tipo Quaeritur o
Quaesitum est; vd., ad es., GL VII 24, 3-4 (= 39, 15-16 Biddau) Quaesitum est, extrinsecus et intrinsecus utrum <cum n> littera an sine ea scribendum esset; GL VII 24, 13-14
(= 41,9-10 Biddau) In vocalibus ergo quaeritur, maximus an maxumus, id est per u an per
i, debeat scribi; GL VII 25, 17-18 (= 45, 3-5 Biddau) Quaesitum est et de mutatione novissimae litterae praepositionum quotiens in compositionem venirent, quam quidam imperite
semper custodiunt; GL VII 27, 3-4 (= 47, 12-13 Biddau) Quaesitum est, hiems utrum per
ps an per ms deberet scribi, cum alioqui dubium non sit quin per ms scribenda sit.
53
Elenco schematico delle questioni trattate in Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n.
36), XXXV-XXXVI, divise secondo le quattro categorie di errori ortografici individuate da
Scauro allinizio del trattato (GL VII 11, 1-2 [= 5, 4-5 Biddau] Scribendi autem ratio quattuor modis vitiatur: per adiectionem, detractionem, immutationem, annexionem).

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PAOLO DE PAOLIS

in praesentia potui. Siquid exemplis defecerit vel quaestionibus, subiungetur. Nam quod ad rem maxime pertinet, regulam vides54. Il destinatario del trattato doveva essere una persona specifica, come appare
chiaramente dallepilogo appena citato, che non ci lascia per capire molto sullidentit e sul ruolo della persona cui Scauro si rivolge55. Poco si pu ricavare, a questo fine, dallaffermazione di aver raccolto quanto era possibile (e comunque essenziale per stabilire una
regula generale) per il tempo disponibile, con la conseguente promessa di eventuali integrazioni successive, che, se da un canto sembrerebbe pi adatta ad una persona ancora in formazione, rientra dallaltro nel topos della risposta a sollecitazioni pressanti, utilizzato normalmente nelle dediche a personalit di alto rango56. In ogni caso, ci
troviamo sempre in presenza di unopera di utilizzazione scolastica, e
54

GL VII 28, 1-29, 2 (= 53, 1-4 Biddau).


La presenza della dedica ad un Theseus (Q. Terentii Scauri De orthographia ad
Theseum) nelledizione di Basilea del 1527 curata da Iohannes Sickhart (Sicardo) per i tipi
di Adam Peter e nel ms. Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 1491
(foll. 116v-118r; il testo di Scauto stato aggiunto da una mano del sec. XVI ed quasi
certamente copia delledizione, cfr. H. Keil, GL VII 5 e Biddau, Q. Terentii Scauri [cit. n.
36], LXXVIII e 2) deriva da un intervento congetturale del Sicardo nellultimo capitolo del
De orthographia, che, basandosi su una lezione simile a quella tramandata dal ms. Citt del
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 1741, tibi in praesentia potuit he si quid,
congettur tibi in praesentia potui Theseu quod, ricostruendo in questo modo il nome del
dedicatario dellopera: vd. Keil, ibid., e Biddau, ibid., 225. Pur senza poter accettare la
proposta del Sicardo, comunque chiaro dal tenore dellepilogo che vi doveva essere una
dedica allinizio del trattato ortografico, perduta a causa del guasto materiale che lo danneggia e probabilmente composta nelle modalit topiche delle dediche di opere grammaticali, su cui vd. L. Munzi, Il ruolo della prefazione nei testi grammaticali latini, in L. Munzi
[a cura di], Problemi di edizione e di interpretazione nei testi grammaticali latini. Atti del
Colloquio internazionale (Napoli, 10-11 dicembre 1991), Napoli 1994 (= AION(filol),
14 [1992]), 103-126.
56
Lepilogo mostra in effetti in filigrana alcune delle caratteristiche ricorrenti nelle
prefazioni: Haec sunt quae urgenti tempore complecti tibi in praesentia potui sembra infatti richiamare sia il motivo della richiesta impaziente e pressante da parte del dedicatario/committente, sia la tradizionale professio modestiae di norma collegata alla committenza (vd. Munzi, Il ruolo della prefazione [cit. n. 55], 110). Ma se la dichiarazione della
propria insufficienza si pu trovare in dediche rivolte sia a giovani studenti (figli o discepoli dellautore, vd. Munzi, ibid., 112) che a personaggi di rango elevato, il collegamento di questa espressione di modestia (quae potui) con lindicazione dello scarso
tempo disponibile (urgenti tempore) farebbe pensare pi ad un committente di alto livello, alle cui autorevoli sollecitazioni difficile sottrarsi. In questultimo caso non facile evitare almeno la suggestione che il trattato possa essere stato richiesto (e quindi dedi55

250

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

in questo senso si muove anche lipotesi cautamente avanzata da


Schmidt57, secondo il quale Scauro avrebbe concepito il De orthographia come integrazione della sua Ars grammatica58.
Molto simile per struttura e contenuto a Scauro59 lopera dellaltro ortografo di epoca adrianea, Velio Longo, che per priva
di prefazione e dedica, per una scelta deliberata dellautore e non,
come nel caso di Scauro, per un guasto della tradizione manoscrit-

cato) dallo stesso imperatore Adriano, con il quale Scauro era in stretto rapporto, tanto
da apparire una sorta di grammatico di corte, come sembra potersi dedurre dai passi di
Gellio e della Historia Augusta citati sopra alla nota 36 (cfr. Biddau, Q. Terentii Scauri
[cit. n. 36], XXVII). Interessi linguistici e lessicali di Adriano sono peraltro ampiamente
attestati, spesso in forma di richieste scritte su questioni particolari e anche in relazione
a scambi di opinione con lo stesso Scauro; si veda Char. GL I 209, 12-15 (= 271, 1014 Barwick) Obiter divus Hadrianus sermonum libro I quaerit an Latinum sit: quamquam inquit apud Laberium haec vox esse dicatur, et cum Scaurus Latinum esse neget,
addit quia veteres eadem soliti sint dicere, non addentes via, con le osservazioni di G.
Pascucci, Lexicalia, Obiter, in MILLE. I dibattiti del Circolo Linguistico Fiorentino 19451970, Firenze 1970, 157-172: 158-159 (= G. Pascucci, Scritti scelti, Firenze 1983, 215230: 216-217); Prisc. GL II 547, 11-14 quamvis Scaurus in utroque [scil. in Ovidio et
Lucano] similem esse tenorem putavit. Sed Velius Celer respondens Hadriano imperatori per
epistulam de hoc interroganti, declinatione et tenore ambitus nomen a participio ostendit
discerni, quod usu quoque, ut ostendimus, confirmatur; Hist. Aug. Hadr. 15, 10-12 Et
quamvis esset oratione et versu promtissimus et in omnibus artibus peritissimus, tamen professores omnium artium semper ut doctior risit, comtempsit, obtrivit. Cum his ipsis professoribus et philosophis libris vel carminibus invicem editis saepe certavit. Et Favorinus quidem,
cum verbum eius quondam ab <H>adriano reprehensum esset atque ille cessisset, arguentibus amicis, quod male cederet Hadriano de verbo, quod idonei auctores usurpassent, risum
iocundissimum movit; Hist. Aug. Hadr. 16, 8 Sed quamvis esset in reprehendendis musicis,
tragicis, comicis, grammaticis, r<h>et[h]oribus, oratoribus facilis, tamen omnes professores et
honoravit et divites fecit, licet eos quaestionibus semper agitaverit.
57
Vd. P. L. Schmidt in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 224: Die
wohl als Supplement der Grammatik gedachte Orthographie des Scaurus.
58
LArs grammatica di Scauro, il cui titolo attestato da Carisio, GL I 136, 16 (= 173,
4-5 Barwick) Scaurus artis grammaticae libris, e GL I 133, 1 (= 169, 20-21 Barwick) Nam
ita Scaurus in arte grammatica disputavit, nota solo attraverso alcuni frammenti ed estratti, raccolti da H. Kummrow, Symbola critica ad grammaticos Latinos, Diss. Gryphiswaldiae
1880, 5-8; una redazione abbreviata stata segnalata da V. Law, An Unnoticed Late Latin
Grammar: The Ars Minor of Scaurus?, RhM, n.F., 130 (1987), 67-89. Sullars scaurina
vd. inoltre in generale Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 433.B.1 [P. L.
Schmidt]; Herzog, Restauration und Erneuerung (cit. n. 13), 522.1 [P. L. Schmidt];
Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXVIII-XXIX.
59
Cfr. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXVII-XXXVIII; tende invece a marcare una maggiore differenza fra le due opere, pi sul piano della struttura che della concezione generale dellortografia, Desbordes, Ides romaines (cit. n. 1), 59.

251

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PAOLO DE PAOLIS

ta. La prima parte del trattato (GL VII 46-53)60 dedicata a definire le lettere e le loro qualit, quindi nella seconda parte (quella
principale) vengono affrontate una serie di quaestiones ortografiche, discusse con attenzione specifica anche alla ortoepia61; anche
in questo caso le varie discussioni sono introdotte da espressioni
del tipo quaeritur 62, cos come lorganizzazione generale del trattato in sezioni destinate a specifici argomenti evidenziata dal frequente uso di brevi espressioni di raccordo del tipo transeamus63.
Lambito scolastico nel quale Velio Longo sicuramente operava
tradito da un vivace esempio, nel quale viene richiamato luso, evidentemente tipico delle classi romane, di invitare gli alunni a
rispondere facendo schioccare le dita (GL VII 47, 17 Nam et digitorum sono pueros ad respondendum ciemus)64: laver richiamato proprio questa consuetudine di scuola mostra, a mio avviso, non solo
che Velio Longo doveva esercitare la professione del grammaticus65,
ma anche che lopera doveva comunque muoversi in un ambito
scolastico, al quale erano del tutto familiari gli usi e le convenzioni del lavoro in classe66. Per quanto riguarda la cronologia relativa
60
Le due sezioni della prima parte dellopera sono introdotte entrambe da una definizione dellargomento trattato: GL VII 46, 1-2 Necessarium arbitror de orthographia sermonem instituenti a litterarum potestate initium facere; GL VII 47, 18-19 Incipiamus nunc
de litterarum potestate disserere.
61
Cfr. Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 228 [P. L. Schmidt]; si tratta delle quaestiones nelle quali Velio Longo avverte apud plerosque confusam tractationem
et , cum inter se distent (GL VII 71, 8-10). Si tratta di casi del tipo
forpices/forcipes, o arcesso/accerso, discussi nel seguito di questa sezione.
62
Vd. ad es. GL VII 55, 27-28 Hic quaeritur etiam an per e et i quaedam debeant
scribi secundum consuetudinem graecam; 57, 6-7 Quaeritur item, Iulii et Claudii et
Cornelii utrum per unum i productum an per duo debeant scribi; 72, 22-23 ubi quaeritur
faenoris an faeneris dicamus.
63
Vd. ad es. GL VII 58, 4 Transeamus nunc ad v litteram; 60, 6 Nunc ad praepositiones transeamus; 64, 5 Transeamus nunc ad aliam praepositionem.
64
Su questo e su altri esempi di prassi di aula nei grammatici latini, vd. adesso M. De
Nonno, Et interrogavit Filocalus: pratiche dellinsegnamento in aula del grammatico, in questo
stesso volume, pp. 169-205: 174 n. 17. Vd. anche Neitzke, De Velio Longo (cit. n. 36), 6.
65
Cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 228
Velius Longus steht als professioneller Grammatiklehrer.
66
La modalit didattica descritta, anche se incidentalmente, da Velio Longo, sembra
testimoniare luso, poi attestato da molte grammatiche tardoantiche e altomedievali, a par-

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

fra le due opere, lopinione pi diffusa fra gli studiosi moderni che
Scauro sia anteriore a Velio Longo, come sarebbe provato dal fatto
che in alcuni punti questultimo sembra confrontarsi con le posizioni del primo67. Le due opere, comunque, a parte la struttura
simile, sembrano anche accomunate dal tentativo di chiarire al lettore la connessione fra le varie parti della loro opera attraverso una
serie di richiami e frasi di raccordo68; una certa disorganicit si pu
talora notare nella discussione delle varie quaestiones ortografiche,
specie in Velio Longo, il cui ordinamento non sembra essere dettato da un criterio evidente e che sembra giustapporre blocchi argomentativi di diversa provenienza69, talora organizzati solo con un
tire da Donato, di una lezione in forma catechetica, in cui il maestro poneva la domanda e gli studenti, al cenno del maestro stesso, dovevano fornire la risposta corretta.
67
Vd. gli esempi raccolti da H. Keil, GL VII 44-45, seguito quindi da Neitzke, De
Velio Longo (cit. n. 36), 60-62, e Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXIX-XL: Scaur.
GL VII 25, 11-12 (= 43, 14-16 Biddau) Ergo vox scribenda, quo modo et sonat: nemo autem
umquam tam insulse per u artubus dixerit ~ Vel. GL VII 68, 7-9 Ita tamen existimo enuntiandum, ut nec nimis i littera exilis sit nec, u litteram <si> scripseris, enuntiationis sono
[cum] nimis plena; Scaur. GL VII 20, 15-17 (= 31, 12-14 Biddau) Verum sine dubio peccant qui paulum et paululum per unum l scribunt, cum alioqui prima positio eius duplici
hac littera enuntietur, ut pullum et pusillum ~ Vel. GL VII 80, 10-13 Rursus quia pullum
per duo l scribimus, observaverunt quidam ut paullum repetito eodem elemento scriberent.
Quod mihi non videtur, quondam enuntiari nullo modo potest, et non est necesse id scribere,
quod in verbo non sonet; Scaur. GL VII 19, 14-16 (= 29, 7-9 Biddau) [Similiter peccant ]
Item qui prensus cum aspiratione scribunt, cum eam prima persona non habeat, et similiter
vemens, cum a vi mentis dicatur ~ Vel. GL VII 68, 14-17 Et de h littera quaeritur, quae se
[cum his] aut inseruit vocalibus aut praeposuit: inseruit, ut in his, vehemens reprehendit, cum
elegantiores et vementem dicant et reprendit secundum primam positionem; prendo etiam
dicimus, non prehendo. Va detto che forse non tutti gli esempi sono cos convincenti nel
mostrare un atteggiamento polemico di Velio Longo nei confronti di Scauro e che probabilmente qualche risultato pi fondato potrebbe venire da unanalisi puntuale di tutti i
luoghi comuni ai due ortografi.
68
Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXIX, sostiene che entrambi gli autori, con
un medesimo atteggiamento nei confronti del lettore, tengono a giustificare landamento
della loro trattazione e sottolineare il rapporto fra le varie parti della loro opera, sulla base,
ad esempio, del modo analogo con cui entrambi motivano la necessit di affrontare le
caratteristiche delle litterae prima di affrontare le questioni ortografiche vere e proprie
(Scaur. GL VII 13, 1-3 [= 11, 9-11 Biddau] ~ Vel. GL VII 46, 1-2) o dalle espressioni simili con cui si passa dalla parte preliminare a quella centrale dei due trattati (Scaur. GL VII
18, 9-11 [= 25, 14-16 Biddau] ~ Vel. GL VII 53, 23-24).
69
Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XXXVII, sottolinea la superiorit della sistematica e compatta esposizione di Scauro rispetto a quella meno organizzata di Velio
Longo; la struttura apparentemente disorganica di questa seconda opera aveva anzi fatto

253

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PAOLO DE PAOLIS

ordine complessivamente alfabetico70, mentre Scauro si sforza


comunque di inserire le varie questioni allinterno delle quattro
categorie generali dei vitia ortografici71, pur con qualche anomalia
derivante dalluso delle sue fonti72. Proprio lampiezza e la pluralit
delle fonti da essi utilizzati costituiscono un altro degli elementi
comuni a entrambe le opere, che, pur essendo in pratica le pi antiche fra quelle a noi pervenute esplicitamente dedicate a questo
argomento come abbiamo gi avuto modo di notare si inseriscono comunque in una ricca tradizione che rimonta ai principali
eruditi di et tardorepubblicana e imperiale, da Varrone, a Verrio
Flacco, a Remmio Palemone, a Cornuto73.
Tutti i lavori ortografici che abbiamo fin qui esaminato si misurano con questioni complesse e avanzate, che fanno riferimento alle
prassi scolastiche delle scuole grammaticali antiche e in particolare

pensare che il testo a noi pervenuto non fosse altro che una tarda raccolta di excerpta: cfr.
F. Buecheler, De Ti. Claudio Caesare grammatico, Elberfeldae 1856, 33 n. 1; Mackensen,
De Verrii Flacci libris (cit. n. 22), 40, che peraltro pensa che anche lopera ortografica di
Scauro a noi pervenuta non sia altro che una raccolta di estratti (ibid., 39).
70
Si vedano per esempio le quaestiones comprese in GL VII 75, 21-80, 16.
71
Vd. Scaur. GL VII 11, 1-1 (= 5, 4-5 Biddau) Scribendi autem ratio quattuor modis
vitiatur, per adiectionem, detractionem, immutationem, annexionem. Le quaestiones ortografiche sono cos distinte in quattro grandi sezioni, la adiectio (GL VII 18, 12-22, 3 [= 25,
17-35, 4 Biddau]), la detractio (GL VII 22, 4-24, 8 [= 35, 5-41, 2 Biddau]), la mutatio o
immutatio (GL VII 24, 9-28, 12 [= 41, 3-51, 11 Biddau] e la conexio o annexio (GL VII
28, 13-16 [= 51, 12-17 Biddau]).
72
Si veda per esempio il caso della quaestio dedicata a mensores (GL VII 20, 9-10
[= 31, 4-6 Biddau, il cui testo preferisco, come altrove, seguire] In mensoribus tamen,
quanvis <n> litteram recuset ratio quia metior sine illa dicatur, vindicat tamen eam consuetudo, quod vox plenius sonet), inserita fra gli errori di aggiunta invece che fra quelli di
sottrazione probabilmente a causa della aderenza alla sequenza della sua fonte, forse
Varrone: cfr. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XLIV.
73
Per le fonti di Scauro vd. da ultimo Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), XLIILIV, cui rinvio anche per la bibliografia sullargomento; le fonti dellopera di Scauro sono
riassunte in forma schematica alle pp. LIII-LIV e sono sostanzialmente Remmio Palemone,
Varrone, Cornuto. Sulle fonti di Velio Longo vd. W. Strzelecki, De Velii Longi auctoribus
quaestiones, Eos, 39 (1938), 11-27; Strzelecki, Orthographie (cit. n. 1), 1475-1476;
Mackensen, De Verrii Flacci libris (cit. n. 22), 31-32 e 47-49; Neitzke, De Velio Longo ( cit.
n. 36), 42-71. In generale Velio Longo sembra aver attinto, direttamente o indirettamente, a materiali provenienti da Varrone, Verrio Flacco, Cornuto, Niso (con il quale polemizza frequentemente), ma non chiaro se egli abbia avuto una fonte principale, comune anche a Cornuto, Quintiliano e Scauro, identificata da Mackensen in Verrio Flacco e

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

al rapporto con la lettura e linterpretazione degli auctores, alla definizione dei corretti usi latini, nella continua dialettica fra le forme
attestate dai veteres e quelle insinuatesi nella lingua per lusus quotidiano, alla concreta utilizzazione dei libri degli autori classici con le
esigenze che nascevano dalla necessit della loro distinctio ed emendatio. Il panorama muta radicalmente se iniziamo a considerare una
serie di testi che continuiamo a definire ortografici, ma che differiscono sensibilmente da quelli esaminati per struttura, contenuto e,
soprattutto, per esigenze didattiche che fanno ormai riferimento a
un contesto sociale e linguistico profondamente mutato.
Il primo testo di questa natura che possiamo citare la lista di
difficolt ortografiche presenti nellantibarbarus che costituisce una
delle sezioni della tarda Appendix Probi (GL IV 197, 19-199, 17),
un testo da sempre molto discusso, per la sua natura di testimonianza linguistica delle prime manifestazioni volgari e per limportanza del manoscritto altomedievale che tramanda lAppendix, il
codice di Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, lat.
1 (ex Vindobon. 17)74, e che recentemente stato oggetto di numerosi studi e interventi75. La lista di correzioni di usi linguistici e
ortografici scorretti della Appendix, con la sua attenzione anche alla
ortoepia, sembra per muoversi, come ha giustamente notato

da Neitzke in un perduto trattato ortografico del sec. I d.C., o se egli abbia utilizzato e
fuso una pluralit di fonti anche di epoche diverse; cfr. P. L. Schmidt, in Sallmann, Die
Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 435.2, che spiega proprio la disorganicit del trattato di Longo (vd. supra n. 69) con la giustapposizioni di blocchi tratti da fonti diverse: in
particolare lo studioso identifica Verrio Flacco come la fonte principale della parte iniziale, Varrone delle sezioni centrali e Niso della parte finale.
74
Su questo importante monumento della cultura grafica e grammaticale dellItalia
altomedievale, si vedano le descrizioni presenti in CLA III 388-390 e in M. Passalacqua [a
cura di], Tre testi grammaticali bobbiesi (GL V 555-566; 634-654; IV 207-216 Keil), Roma
1984 (Sussidi Eruditi, 38), XVII-XXIV; si veda inoltre De Nonno, LAppendix Probi (cit.
n. 31), 5-8, cui si deve anche la ricostruzione della suddivisione dellopera nel manoscritto napoletano in sezioni di contenuto diverso, segnalata da una complessa e raffinata mise
en page (pp. 13-21); numerosi contributi specifici sono reperibili, infine, in vari articoli del
medesimo volume (cit. n. 31).
75
Vd. ancora gli Atti del Seminario dedicato allAppendix Probi e svoltosi a Bergamo
nel 2004, pubblicati in Lo Monaco Molinelli [a cura di], LAppendix Probi (cit. n. 31),
con la ricca bibliografia comodamente raccolta in fondo al volume (pp. 154-172).

255

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PAOLO DE PAOLIS

Mario De Nonno76, nellottica della correzione di errori della lingua


parlata e scritta e quindi in un ambito sicuramente pi tardo e pi
preoccupato dalle tendenze per cos dire volgari dellevoluzione
linguistica del latino. Non un caso che subito dopo questa lista di
grafie o pronunzie da correggere si trovi, senza soluzione di continuit, una lista di Differentiae (GL IV 199, 18-203, 34), che testimoniano anchesse una serie di difficolt non solo di ortografia, ma
anche di pronunzia, di morfologia e di attribuzione di significato a
vocaboli omografi, omofoni o semplicemente simili, che sembra
inquadrarsi nella medesima problematica linguistica77. In questo
senso lAppendix mostra, almeno in queste sezioni, una singolare
vicinanza ai probabilmente quasi coevi trattati dello Ps.-Capro e di
Agrecio, che chiudono lepoca tardoantica e che sembrano avere
poco di ortografico, dal punto di vista moderno78. Essi hanno costituito una sorta di piccolo corpus ortografico fin dalla loro precoce
unione nella tradizione manoscritta, dovuta al fatto che uno, quello di Agrecio, si presenta come una sorta di complemento ed integrazione del primo79, come appare chiaramente dallepistola prefatoria ad Eucherio; il corpus fu poi completato in un secondo
76
Cfr. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 24, che ne sottolinea il suo tipico
orizzonte fortemente volgare, e il suo deciso orientamento su ben pi gravi e macroscopiche deformazioni del parlato (o anche della scrittura o trascrizione di testi, ma nella misura in cui in essa si riflette, per mancanza di adeguato controllo linguistico, il parlato).
77
Si veda la pi recente edizione di Stok, Appendix Probi IV (cit. n. 11), e in particolare il ricco commento alla lista di differentiae.
78
Vd. supra, n. 10.
79
Sulla tradizione manoscritta di entrambi devo rinviare a due miei lavori: De Paolis,
Tradizioni carolinge (cit. n. 47), con particolare riferimento alla tradizione dello Ps.-Capro,
e P. De Paolis, Problemi di riedizione della silloge di Keil: gli scritti ortografici, in G. Hinojo
Andrs J. C. Fernndez Corte [ed. por], Munus quaesitum meritis. Homenaje a Carmen
Codoer, Salamanca 2007, 695-701: 697-698. In sostanza molto probabile che intorno
alla met del sec. V si sia formato in Gallia un corpus con il primo trattato dello Ps.-Capro
e quello di Agrecio, che appare, dalla lettera prefatoria indirizzata dallautore ad Eucherio,
vescovo di Lione fra il 434 e il 450, come un integrazione del primo, ritenuto gi allora
autentica opera del pi famoso Capro. Sullambiente culturale in cui nasce lo scambio di
libelli fra Eucherio e Agrecio vd. in particolare S. Santelia, Storie di libri nella Gallia del V
secolo: testimonianze a confronto, RomBarb, 18 (2003-2005), 1-29: 25-29, che nota
come linvio del libro ad un amico si configuri, nel caso di Agrecio come in altri, come la
vera e propria ecdosis del testo.

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

momento da un altro scritto, il De verbis dubiis, anchesso falsamente attribuito a Capro80. Queste opere sembrano muoversi in un
ambito ormai diverso da quello dei trattati ortografici adrianei e si
avvicinano sempre pi al genere delle Differentiae, affrontando quindi questioni non strettamente ortografiche, quanto lessicali e semantiche, secondo uno schema che abbiamo visto essere gi presente in
alcune sezioni della Appendix Probi. La gi ricordata disorganicit dei
trattati ortografici pi antichi si accentua ulteriormente in queste
opere, che si presentano come una sequenza di lemmi quasi sempre
scollegati uno dallaltro e che si prestano cos ad assumere lunico
ordine possibile in casi di questo genere, cio quello alfabetico: questo gi accade con il De verbis dubiis (GL VII 107, 4-5 In singularibus
verbis multa dubia habentur. Ea per ordinem <litterarum> exequemur),
mentre per le altre due, nelle quali difficile rintracciare una qualche
forma di ordinamento, a parte alcuni blocchi di lemmi omogenei81,
tentativi di riorganizzazione alfabetica vengono effettuati in qualche
80
P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n. 13), 492.1, sembra credere che il De verbis dubiis sia stato unito con gli altri due testi del corpus prima
della realizzazione dellarchetipo, ma questa ipotesi mi pare urti contro la difficolt costituita dal fatto che loperetta tramandata solo da alcuni dei manoscritti altomedievali che
contengono il primo Ps.-Capro e Agrecio. Lintero trittico compare infatti solo nei mss.
Bern, Burgerbibliothek, 330; Bern, Burgerbibliothek, 338; Montpellier, Bibliothque
Interuniversitaire, Section de Medecine, H 160 (estratti); Montpellier, Bibliothque
Interuniversitaire, Section de Medecine, H 306; Napoli, Biblioteca Nazionale, Vittorio
Emanuele III, IV A 34, cui pu essere aggiunto il London, British Library, Harley 3969,
del sec. XIV, contenente una raccolta di estratti delle tre opere, allinterno di una silloge
ortografica redatta da Guglielmo di Malmesbury. Il De orthographia dello Ps.-Capro e
Agrecio sono invece contenuti anche nei mss. Bologna, Biblioteca Universitaria, 797;
Cambridge, Corpus Christi College, 221; Paris, Bibliothque nationale de France, lat.
7491; St. Gallen, Stiftsbibliothek, 249; Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Reg. lat. 2078. Il solo Agrecio, infine, compare nei codici altomedievali Bern,
Burgerbibliothek, 432, e Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 13025 (estratti). Il
resto della tradizione di questi testi, costituito da alcuni codici del sec. XII-XIII contenenti
per lo pi estratti e da una folta tradizione umanistica, non conosce il De verbis dubiis (con
la sola eccezione del gi ricordato codice Harley 3969). Non si pu quindi escludere che
al primo embrione del corpus, nato in occasione dellinvio da parte di Agrecio ad Eucherio
di un manoscritto contenente la sua opera e lo Ps.-Capro, si sia aggiunto successivamente
solo in una parte della tradizione altomedievale il De verbis dubiis.
81
Vd. ad esempio [Caper], Orth., GL VII 92, 4-10, con una sequenza di esempi relativi alluso di preposizioni per il moto o lo stato in luogo; GL VII 93, 7-94, 2, una lunga
sequenza di varie forme verbali, con qualche traccia di ordinamento alfabetico; GL VII 95,

257

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PAOLO DE PAOLIS

caso da manoscritti che li tramandano82. Successivamente le due pi


importanti trattazioni ortografiche altomedievali, quelle di Beda83 e
Alcuino/Albino84, che utilizzano ampiamente proprio i materiali provenienti dai trattatelli dello Ps.-Capro e di Agrecio, adotteranno decisamente lordinamento alfabetico, che ne garantisce unutilizzazione
molto pi pratica ed efficace.
Per questo gruppo pi tardo di opere ortografiche va postulata,
come dicevamo prima, una situazione non solo linguistica ma
soprattutto scolastica alquanto diversa da quella in cui si muoveva4-96, 5, un lungo elenco di singole questioni ortografiche relative sia ad alternanze di grafemi omofoni o simili (t/d; c/q) che a lettere superflue (n ed s); GL VII 100, 15-22, un
breve elenco di differentiae.
82
Un caso significativo quello del manoscritto Montpellier H 160, databile al terzo
quarto del sec. IX e prodotto in uno scriptorium della Francia nordorientale (cfr. B.
Bischoff, Katalog der festlndischen Handschriften des neuenten Jahrhunderts (mit Ausnahme
der wisigotischen), II. Laon-Paderborn, aus dem Nachla herausgegeben von B.
Egersperger, Wiesbaden 2004, nrr. 2841-2842; il manoscritto composito ma le sue due
sezioni sono molto vicine per datazione, localizzazione e contenuto), che contiene materiali lessicali di varia provenienza, alcuni comuni anche al Montpellier H 306, sempre
organizzati in forma alfabetica, in modo da consentirne una rapida ed efficace consultazione. Nei foll. 1-3 il manoscritto riorganizza in forma alfabetica alcuni lemmi provenienti
da tutte e tre le operette ortografiche (anche se il titulus omette il nome di Agrecio, Incipit
Libri capri de ortografia seu et de verbis dubiis), mantenendo per sempre in blocchi omogenei i lemmi provenienti dalla medesima fonte ed alterando comunque in maniera anche
significativa il testo dei lemmi stessi. Unanaloga riorganizzazione alfabetica di lemmi provenienti dal De orthographia dello Ps.-Capro e da Agrecio si pu inoltre trovare in una
breve sequenza di estratti tramandata da due codici gemelli, prodotti entrambi in
Inghilterra allinizio del sec. XIII: Cambridge, Sydney Sussex College, 75 e Oxford,
Bodleian Library, Bodley 186, sui quali vd. V. Law J. P. Carley, Grammar and Arithmetic
in Two Thirteenth-Century English Monastic Collections: Cambridge, Sidney Sussex College,
MS 75 and Oxford, Bodleian Library, MS Bodley 186 (S.C. 2088), JML, 1 (1991), 140164: 149-150. La sequenza, che si riferisce alla sola lettera c e contiene vari lemmi dello
Ps.-Capro ed uno solo tratto da Agrecio, doveva provenire da una raccolta analoga a quella del codice di Montpellier in which the entries have been rearranged in A-order, still
keeping to the sequence in which they occurred in the text (Law Carley, ibid., 150).
83
Edizioni in H. Keil, GL VII 261-294, e Ch. W. Jones, Bedae Venerabilis Opera,
pars VI 1. Opera didascalica, Turnholti 1975 (CC SL 123A), 1-57; sullopera vd. E.
Zaffagno, La dottrina ortografica di Beda, RomBarb, 1 (1976), 325-339, e A. C.
Dionisotti, On Bede, Grammars, and Greek, RBen, 92 (1982), 111-141.
84
Il De orthographia di Alcuino tramandato in due redazioni, la prima (red. a) pubblicata da H. Keil, GL VII 295-312, e, pi recentemente, da Bruni, Alcuino (cit. n. 12),
la seconda (red. b) da Froben Forster in PL 101 (B. Flacci Albini seu Alcuini...Opera omnia,
VII. Opp. didascalica, II), 902-920; sulle due redazioni delloperetta alcuiniana, gi ipotizzate da Dionisotti, On Bede (cit. n. 83), 129-136, vd. supra, n. 12. Sul trattatello alcui-

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

no le discussioni di Scauro, Longo o Vittorino; ben lungi dallessere preoccupati dalla lettura e correzione dei manoscritti dei poeti o
dagli usi dei veteres, questi trattati ortografici sembrano pi pressati dallesigenza di elevare barriere contro usi linguistici impropri e
pronunzie scorrette che andavano sempre pi diffondendosi, specie
per il progressivo aumento di parlanti non latini85. Questo contesto
induce a postulare per tutti una datazione alquanto tarda, non anteriore comunque al sec. V. Il testo pi facilmente databile senza
dubbio quello di Agrecio, per la sua possibile identificazione con
lomonimo vescovo di Sens del 470 circa e per la dedica ad
Eucherio, vescovo di Lione fra il 434 e il 450, il che consente una
datazione del trattatello proprio agli anni dellepiscopato di
Eucherio86. Sicuramente anteriore ad Agrecio, anche se non di

niano cfr., fra gli altri, R. Wright, Late Latin and Early Romance: Alcuins De orthographia
and the Council of Tours (AD 813), in F. Cairns [ed. by], Papers of the Liverpool Latin
Seminar, III, Liverpool 1981 (ARCA, Classical and Medieval Texts, Papers and Monographs,
7), 343-361; G. Polara, Problemi di ortografia e di interpunzione nei testi latini di et carolina, in A. Maier [a cura di], Grafia e interpunzione del latino nel Medioevo. Seminario
internazionale, Roma, 27-29 settembre 1984, Roma 1986 (Lessico intellettuale europeo,
41), 31-51; G. Polara, Generi letterari e criteri ecdotici: a proposito di testi grammaticali e
pseudo-grammaticali, Schede medievali, 20-21 (1991), 101-115; L. J. Engels, Priscian in
Alcuins De orthographia, in L. A. J. R. Houwen A. A. MacDonald [ed. by], Alcuin of
York: Scholar at the Carolingian Court. Proceedings of the third Germania Latina conference held at the University of Groningen (May 1995), Groningen 1998, 113-142.
85
Vd. Bertini, Il De orthographia (cit. n. 6), 95; Law, Late Latin Grammars (cit. n.
13), 194-195, e M. Mancini, Appendix Probi: correzioni ortografiche o correzioni linguistiche?, in Lo Monaco Molinelli [a cura di], LAppendix Probi (cit. n. 31), 65-94: 75;
la tesi di Mancini, per cui App. Probi III pu inserirsi a pieno titolo nella tradizione ortografica latina, va precisata nel senso che questa affermazione valida per questa tipologia
pi tarda di opere ortografiche, non per quelle pi antiche (Scauro, Longo, Vittorino).
86
Problematica, ma comunque possibile, pare lidentificazione di Agrecio con lomonimo Agroecius, vescovo di Sens nel 470 circa, destinatario di una lettera di Sidonio
Apollinare (Epist. 7, 5 Senoniae caput et metropolitanus: vd. Agroecius. Ars de orthographia,
ed. M. Pugliarello, Milano 1978 [Collana di grammatici latini], 5-9; PLRE, II, Cambridge
1980, 39, s.v. Agroecius 3; Kaster, Guardians of Language [cit. n. 13], 381-382, nr. 181; P.
Gatti, s.v. Agroecius, in New Pauly (cit. n. 34), I, Leiden-Boston 2002, 396), mentre il
dominus Eucherius episcopus cui lArs dedicata senza dubbio lomonimo vescovo di
Lione, personaggio importante della vita culturale e religiosa della Gallia meridionale, vissuto fra la fine del sec. IV e la met del V, autore di varie opere di contenuto religioso e
punto di riferimento di unampia rete di relazioni culturali con diversi suoi corrispondenti: vd. K. F. Stroheker, Der senatorische Adel im sptantiken Gallien, Tbingen 1948, 168
nr. 120; PLRE, II cit., 405, s.v. Eucherius 3; S. Santelia, Le epistole di Salviano di Marsiglia,

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PAOLO DE PAOLIS

molto, loperetta dello Ps.-Capro87, mentre per lAppendix Probi la


datazione pi comunemente accolta sembra essere ora quella che la
colloca intorno alla met del sec. V, dopo che per sono state formuIlario di Arles e Rustico (di Bordeaux?) ad Eucherio di Lione, InvLuc, 25 (2003), 235-249;
C. Mandolfo, Le Regole di Ticonio e le Quaestiones et responsiones di Eucherio di Lione,
in Studi sulla letteratura esegetica cristiana e giudaica antica. Atti dellVIII Seminario nazionale di ricerca (Trani, 10-12 ottobre 1990), Bologna 1990 (= AnnSE, 8 [1991]), 535546; F. Prvot, Recherches prosopographiques autour dEucher de Lyon, in O. Wermelinger
Ph. Bruggisser B. Nf J.-M. Roessli [hrsg. von], Mauritius und die thebische Legion /
Saint Maurice et la lgion thbaine. Akten des internationalen Kolloquiums (Freiburg,
Saint-Maurice, Martigny, 17-20 September 2003) / Actes du colloque international
(Fribourg, Saint-Maurice, Martigny, 17-20 Septembre 2003), Fribourg 2005 (Paradosis:
tudes de littrature et de thologie anciennes, 49), 119-138. Ad ogni modo, come notava gi
Kaster, ibid., 382, se lidentificazione con il vescovo di Sens accettabile, bisogna comunque pensare che il trattato sia stato composto in et giovanile e comunque prima della sua
elevazione allepiscopato, vista la data della lettera di Sidonio e il tono rispettoso con cui
Agrecio si rivolge a Eucherio, sottolineato dalla oraziana che chiude lepistola
dedicatoria (GL VII 114, 5-6 vale memor nostri, decus et praesidium meum). La giovane et
(e quindi una certa imprudente baldanza) dellautore potrebbe anche conciliarsi con la
sfumatura ironica che M. De Nonno, Grammatici, eruditi, scoliasti: testi, contesti, tradizioni, in F. Gasti [a cura di], Grammatica e grammatici latini. Teoria ed esegesi, Atti della I
Giornata ghisleriana di Filologia classica (Pavia, 5-6 aprile 2001), Pavia 2003 (Studia
Ghisleriana), 13-28: 17 n. 21, crede di ravvisare in alcuni passaggi della prefazione.
87
Gli estremi cronologici fra cui datare la compilazione ortografica attribuita a Capro
sono il 200 d.C. circa, epoca alla quale viene comunemente ascritto Flavio Capro (cfr.
Sallmann, Die Literatur des Umbruchs [cit. n. 13], 438.A [P. L. Schmidt]) e il secondo quarto del sec. V, vista la datazione dellArs di Agrecio agli anni fra il 434 e il 450 (vd. nota precedente). Strzelecki, De Ps.-Capri Orthographia (cit. n. 11), 45-49, pensava ad una fusione
fra excerpta dal De latinitate di Capro e materiali provenienti da un trattato anonimo in versi,
De orthographia et de proprietate ac differentia sermonum, composto anchesso verso la fine del
II sec. d.C.; quanto allepoca di questa compilazione, P. L. Schmidt, in Sallmann, Die
Literatur des Umbruchs [cit. n. 13], 492.1, pensa dubitosamente al sec. V. Tenderei anchio
ad una datazione di questo genere e mi domando anzi se la composizione della compilazione a noi pervenuta non possa proprio essere posta a ridosso dello scambio di trattati ortografici fra Eucherio e Agrecio, ipotizzando che lopera inviata ad Agrecio (GL VII 113, 1
Libellum Capri de orthographia misisti mihi) sia una sorta di novit che circolava in ambienti scolastici gallo-romani, favorita dalla probabile falsa attribuzione a Capro del De orthographia et de proprietate ac differentia sermonum e realizzata in forma di antologia di osservazioni ortografiche tratte da opere diverse attribuite a Capro. Pi propenso ad accentuare la
distanza cronologica fra Ps.-Capro e Agrecio pare invece Stok, Appendix Probi IV (cit. n. 11),
43-44, che pensa pi al secolo IV (comunque come estremo terminus post quem) e che intravvede dietro ai due testi dello Ps.Capro e di Agrecio contesti scolastici ed esigenze didattiche
differenti, sottolineando soprattutto per Agrecio la necessit di rivolgersi a una utenza scolastica con insufficienti cognizioni linguistiche, per ragioni che potrebbero essere specifiche
dellarea gallica. Credo per che anche per lo Ps.-Capro si debba pensare ad una situazione
scolastica in cui iniziano ad emergere problematiche sempre pi rilevanti, anche se la massiccia presenza di materiali di provenienza dotta condiziona fortemente la fisionomia della sua

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

late ipotesi che vanno dal III sino al VII secolo d.C.88. Ma anche se
questi testi sono connotati da necessit didattiche molto pi pratiche
raccolta; ne fa fede pi che altro la struttura complessiva dellopera, fortemente disorganica,
come si gi avuto modo di notare, e con la presenza di materiali non strettamente ortografici, come le varie differentiae in essa contenute, che anticipano lo schema che sar pi tardi
e pi nettamente seguito da Agrecio, come anche il tono rigidamente prescrittivo (dicendum,
scribendum), assente negli ortografi pi antichi, che rinvia ad una grammatica rigidamente
normativa, come stato opportunamente osservato da Mancini, Appendix Probi (cit. n. 85),
75. Da questo punto di vista credo che il testo dello Ps.-Capro si collochi in una posizione
intermedia e singolare, dovuta al fatto che il suo anonimo autore ha utilizzato in prevalenza
materiali provenienti da filoni dotti della tradizione ortografica e grammaticale per far per
fronte ad una situazione per molti versi analoga a quella testimoniata da Agrecio, che si riferisce, come ha notato giustamente Stok, ad un contesto scolastico in cui sono presenti difficolt fonetiche sempre pi gravi e competenze linguistiche sempre pi carenti. Sul testo dello
Ps.-Capro va per condotta unindagine specifica e accurata sulla scia di qualche piccolo
saggio gi avviato da Strzelecki, De Ps.-Capri Orthographia (cit. n. 11), 16-19 che cerchi
di recuperare e distinguere i numerosissimi materiali di provenienza dotta in esso presenti e
di comprenderne luso e la finalizzazione. Per fare solo un esempio mi chiedo infatti se lemmi
del tipo GL VII 95, 10-15 Nullum pronomen per t scribitur, sed per d, ut quid dicis? quid
agis? quid scribis? quid facis? Per t autem, verbum ubi erit, scribitur, ut inquio inquis inquit
eo is it, et adverbium numeri, ut quot, tot, et monoptoton, ut lact: licet quidam negent illud
nomen muta posse finiri, et ideo dicant lacte esse dicendum, non lac aut lact. Ad praepositio
per d, at coniunctio per t scribi debet non siano la spia di una preoccupazione per confusioni fonetiche ormai ampie e pericolose. Se vero che tutto il lemma trova ampi paralleli nella
letteratura ortografica classica per la questione della confusione t/d gi affrontata da Quint.
Inst. 1, 7, 5, Scaur. GL VII 11, 8-9 (= 7, 7-9 Biddau), Vel. GL VII 62, 15-16 e 69, 18-70,
14, Vict. GL VI 10, 10-16 (= 4, 15 Mariotti) (sul problema fonetico cfr. F. Cavazza, Questioni
di ortoepia e di ortografia latina: un caso di neutralizzazione fonematica in latino, Pisa 1999
[Progetti linguistici, 10], 22 n. 19), al cui interno viene per inserito, con una certa incoerenza, il complesso e classico problema delle grafie lac/lact/lacte (su cui vd. M. Pugliarello, Nota
morfologica, lac-lact-lacte, SRIC, 7 [1986], 169-180), va per notato che lesempio introdotto dallo Ps.Capro, inquit, assente nel dibattito sopra menzionato, in cui si fa riferimento a forme quasi omografe (at/ad, quit/quid, quot/quod; diverso il caso di sed/set che pone il
problema di due grafie di una stessa parola), che si distinguono per la terminazione diversa,
ma che potrebbero essere confuse per motivi fonetici, paventando invece la possibilit che
possa essere adottata una grafia scorretta inquid, che non corrisponde, come negli altri casi,
a una parola esistente in latino (ma molto frequente, invece, nei manoscritti medievali).
Lunico esempio analogo a me noto si trova nellestratto da Velio Longo in Cassiod. GL VII
155, 1, dove per lintero passo, piuttosto distante dal testo a noi giunto di Longo, stato
molto probabilmente rimaneggiato da Cassiodoro stesso (cfr. Neitzke, De Velio Longo [cit. n.
36], 13-15), con un procedimento analogo a quello che compare nello Ps.Capro, che testimonia la preoccupazione, tipica come si visto dei contesti scolastici tardoantichi, per il
diffondersi di grafie scorrette e la conseguente riduzione della dottrina ortografica une liste
de difficults, des qustions (quaestiones) (Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1], 58.
88
Una rassegna delle varie ipotesi di datazione e localizzazione in Stok, Appendix
Probi IV (cit. n. 11), 21-25; la proposta di una datazione al sec. V stata avanzata da P.
Flobert, La date de lAppendix Probi, in Filologia e forme letterarie. Studi offerti a Francesco
Della Corte, IV, Urbino 1987, 299-320; la collocazione della Appendix Probi III nella

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PAOLO DE PAOLIS

di quelle che erano alle spalle delle pi antiche trattazioni ortografiche, sarebbe un grave errore considerarli solo dei testi elementari, in
quanto in essi confluiscono comunque materiali antichi e di derivazione dotta, come accade soprattutto per il trattato dello Ps.-Capro, in
cui vengono utilizzati sicuramente elementi provenienti dal De latinitate del pi famoso Capro89, che ha finito cos per dare il suo nome ad
unopera che in nessun modo gli pu essere attribuita: da questa fonte
erudita derivano ad esempio alcune delle citazioni di auctores classici,
come, ad esempio, quella da Lucano90. Ma pure per lAppendix Probi
la presenza di fonti compilative di varia origine, anche dotta, stata
recentemente dimostrata con solidi argomenti da Marco Mancini
Roma del sec. V stata di recente sostenuta su basi fonologiche da M. Loporcaro,
LAppendix Probi e la fonologia del latino tardo, in Lo Monaco Molinelli [a cura di],
LAppendix Probi (cit. n. 31), 95-124.
89
Vd. supra n. 87.
90
Cfr. [Caper] GL VII 94, 14-15 Non est sorbo, sed sorbeo, nec sorbsi, sed sorbui. Sic et
absorbui, non absorbsi, ut Lucanus; Il lemma contiene infatti una discussione relativa alla
forma corretta del verbo sorbo/sorbeo; fra le due varianti viene preferita la seconda e, conseguentemente, per il perfetto, viene preferito absorbui ad absorbsi; questultima forma per
usata anche da Lucano 4, 100 (absorpsit penitus rupes ac tecta ferarum). La citazione da
Lucano, in versione completa e con lindicazione del libro di provenienza si ritrova anche in
Prisciano, GL II 491, 13-16 (Excipiuntur haec: iubeo iussi, sorbeo vel etiam sorbo, ut Probo
placet, sorpsi vel sorbui - Lucanus in IIII: Absorpsit penitus rupes et tecta ferarum; discussione della questione, senza esempi, anche in Sacerd. GL VI 485, 24-25 sorbeo sorbui (nam sorbsi barbarismus est [cfr. 490, 11-12 = Cathol. Probi GL IV 38, 6-7]), nel medesimo contesto,
il che ci conferma che ci troviamo in presenza di una questione trattata da Capro nel De latinitate, visto il frequente uso che Prisciano fa del nostro autore. Lattribuzione a Capro del
contenuto di questo lemma ci porta poi a fare due interessanti considerazioni; la prima che
Capro, a differenza di quanto si spesso sostenuto, non utilizza solo esempi provenienti dai
veteres, ma anche, come in questo caso, dai poeti iuniores, come appunto Lucano, il cui usus
viene confrontato con lauctoritas dei veteres; il fenomeno stato gi osservato da De Nonno,
Le citazioni dei grammatici (cit. n. 13), 638 n. 136, che ha fornito una lista di esempi di altri
auctores pi recenti cui pu essere aggiunto il nostro caso. In secondo luogo lattribuzione
della citazione di Lucano a Capro ci porta a rivedere la nota tesi di P. Wessner, Lucan, Statius
und Juvenal bei den rmischen Grammatikern, PhW, 49 (1929), 296-303 e 328-335,
secondo il quale citazioni di Lucano, Stazio e Giovenale apparirebbero solo da Servio in poi,
attestando cos il loro ingresso nel canone degli autori scolastici a partire dalla fine del IV sec.
d.C. In realt, a parte leccezione, gi ampiamente segnalata, di Sacerdote, grammatico del
III sec., che cita questi poeti iuniores, anche Capro doveva servirsene, come appare evidentemente da questo esempio. La questione delle forme (ab)sorbo/(ab)sorbeo e
(ab)sorbui/(ab)sorpsi comunque pi volte trattata nei grammatici latini; oltre ai passi gi
citati ricorre infatti ancora in Prisciano (GL II 492, 21-24), Carisio (GL I 244, 4 [= 317, 11
Barwick]), Diomede (GL I 366, 27-29), Anonymus Bobiensis (GL I 564, 28 [= 52, 3 De

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

che, dal confronto con alcune sequenze ortografiche degli Instituta


artium ha individuato in alcune sezioni di Appendix Probi III la derivazione da una compilazione di materiali anteriori contenuti nel corpus pseudo-probiano e trasmessici dagli Instituta artium91. In ultima
analisi, quindi, in questo gruppo di scritti ortografici di natura certamente meno dotta e con esigenze didattiche pi elementari e prescrittive92 rispetto alla tradizione ortografica antiquior, confluiscono
materiali di origine disparata e comunque anche erudita, giunti fino
ad essi attraverso schedature e compilazioni intermedie che hanno
finito con lalterarne irrimediabilmente la fisionomia originaria e con
il rendere pi difficile il riconoscimento delle fonti dotte primarie.
Non rientra esattamente in questo ambito, invece, la trattazione
dichiaratamente compendiaria ad opera di Cassiodoro93, che di
Nonno]), e in due interessantissimi luoghi di Velio Longo (GL VII 73, 12-15 Hinc nascuntur etiam quaestiones interdum, quae consuetudinem novam a vetere discernunt, utrum absorbui an absorpsi <dicamus>, cum ad hanc disputationem pertinere non debeat, nisi quod proprium est , utrum per b <absorbsi> an per p absorpsi scribi debeat; GL VII 74,
1-5 Mihi vero placet ut in latino sermone antiquitatis religio servetur, ut potius sorbui [ut]
secundum auctoritatem eruditissimorum et eloquentium virorum dicamus, quam sorpsi, cum
recens haec declinatio a sordidi sermonis viris coeperit). Su tutta la questione conto di tornare
a breve con un contributo specifico.
91
Vd. Mancini, Appendix Probi (cit. n. 85), 87, per il quale la stessa derivazione
va anche postulata per tutti quei materiali che, direttamente o indirettamente, abbiamo dimostrato risalire a scritti di ortografia e a regulae tardo-latine e riflettersi nelle
opere dei vari Carisio, Velio Longo, Pseudo-Capro, Albino, Cassiodoro, Prisciano,
Beda. Vorrei a questo punto solo ricordare un altro testo di probabile produzione tarda,
il De nomine di Valerio Probo (GL IV 207-216 = 61-75 Passalacqua), in cui sono presenti alcune delle caratteristiche che abbiamo notato in questa tipologia di testi tardi, e
in particolare la prescrittivit, che fa riferimento a quelle necessit di definire usi linguistici e ortografici corretti (come avviene tanto nella Appendix Probi III quanto nei
trattati ortografici dello Ps.-Capro e di Agrecio), e lutilizzazione di fonti erudite, dal
momento che nel De nomine confluiscono materiali dotti che fanno principalmente
capo al De latinitate di Flavio Capro (vd. A. C. Dionisotti, Latin Grammar for Greeks
and Goths, JRS, 74 [1984], 202-208: 206, e P. L. Schmidt, in Sallmann, Die Literatur
des Umbruchs [cit. n. 13], 234; da tenere comunque presente J. Steup, De Probis grammaticis, Ienae 1871, 175-177).
92
Sulle esigenze didattiche da cui scaturisce questa tipologia di testi vd. supra n. 85;
con esse ben si accorda il tono fortemente prescrittivo dei testi che stiamo esaminando, su
cui vd. le osservazioni di Law e Mancini nei contributi citati nella suddetta nota ed inoltre De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 24.
93
Edizione in GL VII 143-210; unanalogia fra la disorganicit delle varie sezioni di
Appendix Probi III, causata dalla utilizzazione e giustapposizione di fonti di diverse, e il

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PAOLO DE PAOLIS

grande importanza per noi, sia perch ci consente di avere estratti di


autori ortografici antichi dei quali ci resterebbe altrimenti solo il
nome, sia perch ci fornisce utili indicazioni sul metodo utilizzato
dal suo autore e sulla sua destinazione e utilizzazione. La raccolta di
estratti ortografici realizzata da Cassiodoro si inserisce infatti nella
definizione da lui operata di un modello di canone e di metodologia
formativa, diretti per non pi a gruppi di studenti laici, destinati ad
una carriera civile, come era accaduto per secoli nel mondo romano,
ma ad una comunit monastica che fosse in grado di affrontare lo
studio degli scritti biblici con lausilio e il fondamento degli strumenti linguistici e filologici forniti dalla cultura classica94. Sono particolarmente significative, al riguardo, la prefazione e la Conclusio
della sua opera, che ci informano sulle necessit dalle quali ha tratto
origine la sua raccolta di estratti ortografici (cos importante per noi
non tanto per la riflessione autonoma cassiodorea, quanto per il gi
ricordato ruolo di testimonianza di numerosi e significativi ortogra-

metodo di Cassiodoro, che raccoglie estratti da autori diversi, anche se dichiaratamente


esplicitati, viene comunque notata da Mancini, Appendix Probi (cit. n. 85), 86. Sul trattatello ortografico di Cassiodoro vd. in generale J. J. ODonnell, Cassiodorus, Berkeley-Los
Angeles-London 1979, 223-237; P. Rich, Educazione e cultura nellOccidente barbarico
dal sesto allottavo secolo, Roma 1966 (ediz. orig. ducation et culture dans lOccident
Barbare, VI e-VIII e sicles, Paris 1962), 138; Bertini, Il de orthographia (cit. n. 6). Una raccolta ortografica ad uso degli scribi di Vivarium era gi stata composta da Cassiodoro vari
anni prima, come testimonia lui stesso in Inst. 1, 30, 2 (p. 76, 18-22 Mynors) magno studio laboris incubui, ut in libro sequestrato atque composito, qui inscribitur de Orthographia,
ad vos defloratae regulae pervenirent, et dubietate sublata liberior animus viam emendationis
incederet; tale raccolta deve essere stata ripresa e riorganizzata pi tardi da Cassiodoro come
risposta alle esigenze dei monaci e, probabilmente, anche in considerazione del loro pi
basso livello intellettuale: cfr. Bertini, Il de orthographia (cit. n. 6), 92 e 98.
94
Il programma tracciato dalle Institutiones cassiodoree prevedeva infatti che listruzione dei monaci di Vivarium comprendesse un corso di studi basato in maniera
omogenea sia sulla formazione religiosa che su quella classica; la bibliografia sullargomento ovviamente piuttosto vasta ed oscilla fra una svalutazione del modello cassiodoreo e un giudizio sostanzialmente negativo sul livello culturale dei suoi monaci, vista
anche la scarsa fortuna che lesperienza di Vivarium ha avuto nella tradizione monastica
occidentale, e la rivendicazione di un alto ruolo formativo rivestito dal cenobio calabrese. Su tutta la questione mi limito a citare qualche studio classico ed altri pi specifici: P.
Courcelle, Les lettres grecques en Occident de Macrobe Cassiodore, Paris 1948, 313-388; A.
Momigliano, Cassiodorus and Italian Culture of His Time, London 1955 (Proceedings of the
British Academy, 41); Rich, Educazione e cultura (cit. n. 93) 136-140; F. Weissengruber,
Cassiodors Stellung innerhalb der monastischen Profanbildung des Abendlandes, WS, 80

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

fi precedenti). Cassiodoro infatti presenta la sua raccolta come la


risposta ad unesigenza avanzata dai monaci della sua comunit, che
si chiedono come sia possibile comprendere i testi antichi senza sapere quem ad modum ea scribere debeamus 95. La risposta di Cassiodoro
chiara e pragmatica (GL VII 143, 6-8) Quibus respondi haec quae
dicerem designata esse quem ad modum et intellegi debeant et proferri,
ma ritiene comunque opportuno fornire gli estratti di dodici autori
ortografici antichi, ne nos auctores earum rerum mentiamur, quorum
seguaces esse cognoscimur (GL VII 143, 8-9). La problematica segnalata dai monaci a Cassiodoro si muove comunque, pur se con lattenzione rivolta prevalentemente alle Scritture, sempre nellambito
dellimpostazione scolastica antica, basata sulla lettura e la correzione degli auctores, e sembra cos sostanzialmente coerente con quanto abbiamo poco fa osservato a proposito della finalit dellortografia in autori come Mario Vittorino96.

(1967), 202-250; T. Klauser, War Cassiodors Vivarium ein Kloster oder eine Hochschule?, in
A. Lippold N. Himmelmann [hrsg. von], Bonner Festgabe Johannes Straub zum 65.
Geburtstag am 18. Oktober 1977 dargebracht von Kollegen und Schlern, Bonn 1977, 413420; A. Momigliano, s.v. Cassiodoro, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXI, Roma
1978, 494-504: 499-502; ODonnell, Cassiodorus (cit. n. 93), 177-222; L. Viscido,
Appunti sulla scuola di Vivarium, RPL, 16 (1993) (In memory of Sesto Prete, II), 93-100;
S. Pricoco, Spiritualit monastica e attivit culturale nel cenobio di Vivarium, in Leanza [a
cura di], Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (cit. n. 6), 357-377; B. Steinhauf, Der Umbruch
antiker Bildung in der ausgehenden Sptantike bei Cassiodor, in P. Bruns [hrsg. von], Von
Athen nach Bagdad. Zur Rezeption griechischer Philosophie von der Sptantike bis zum Islam,
Bonn 2003 (Hereditas, 22), 132-160; si veda inoltre, per una rapida messa a punto dellinflusso del modello cassiodoreo, L. Holtz, Arti liberali ed enciclopedismo da Cassiodoro a
Alcuino, in in F. Bertini [a cura di], Giornate filologiche Francesco Della Corte II, Genova
2001 (Pubblicazioni del D.AR.FI.CL.ET., n.s., 200), 213-230.
95
Cassiod. GL VII 143, 2-6 Cum inter nos talia gererentur et de complexionibus apostolorum non nulla nasceretur intentio, monachi mei subito clamare coeperunt quid prodest cognoscere nos vel quae antiqui fecerunt vel ea quae sagacitas vestra addenda curavit nosse diligenter, si
quem ad modum ea scribere debeamus omnimodis ignoremus? nec in voce nostra possumus reddere quod in scriptura comprehendere non valemus: cfr. Bertini, Il de orthographia (cit. n. 6), 92,
e G. Polara, Problemi di grafia del latino fra Tardo Antico e Alto Medioevo, in La cultura in Italia
fra Tardo Antico e Alto Medioevo. Atti del Convegno tenuto a Roma, Consiglio Nazionale delle
Ricerche, dal 12 al 16 Novembre 1979, Roma 1981, I, 475-489: 475-477.
96
La preoccupazione dei monaci (e di Cassiodoro) riguarda infatti le due principali
attivit cui essi si dedicavano, la lettura e la trascrizione dei testi sacri, per i quali sono indispensabili in primo luogo le conoscenze tecniche relative allortografia e allinterpunzione
(cfr. Holtz, Donat [cit. n. 13], 246-247), analogamente a quanto abbiamo gi visto per gli

265

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PAOLO DE PAOLIS

Se nella prefazione luso dei manuali ortografici viene giustificato


da Cassiodoro con la necessit di riconoscere la dottrina degli antichi
autori e, soprattutto, di basare sulla loro auctoritas il complesso di
regole ortografiche che governano la scrittura latina (GL VII 143, 1214 quatenus et vobis plenissime satisfacere videamur et auctoritate firma
sit relatio, quam duodecim auctorum textus insinuat), nella conclusione
finale Cassiodoro distingue meglio i compiti e le funzioni della dottrina ortografica in confronto con la trattatistica artigrafica97, riprendendo la ripartizione di cui abbiamo gi parlato allinizio, secondo la quale
il compito della grammatica trattare la declinatio partium, mentre
allortografia spetta insegnare quem ad modum scribi debeat, seguendo
cos laccezione pi larga dellambito della ortografia.
3. MANOSCRITTI ORTOGRAFICI FRA TARDOANTICO
E ALTO MEDIOEVO
Dopo aver cercato di fissare qualche punto relativo alla vicenda dellinsegnamento ortografico nella scuola romana98 attraverso lanaliobiettivi dei precetti ortografici in Mario Vittorino (vd. supra, 238), finalizzati alla distinctio
ed emendatio dei classici; su questa natura ancora nettamente tardoantica dellapproccio
seguito a Vivarium vd. P. Radiciotti, A proposito dei manoscritti di Cassiodoro, RFIC, 127
(1999), 363-377: 375. Il contesto in cui Cassiodoro impartisce i suoi precetti per radicalmente mutato e vede lanziano senatore romano costretto a fornire dei punti di riferimento essenziali a monaci di limitate capacit linguistiche e filologiche: cfr. ODonnell,
Cassiodorus (cit. n. 93), 229-233; G. Polara, Lenciclopedismo di Cassiodoro dai Chronica al De
orthographia, in Bertini [a cura di], Giornate filologiche (cit. n. 94), 187-205: 190-194 e 197198; F. Troncarelli, Vivarium. I libri, il destino, Steenbrugis-Turnhout 1998 (Instrumenta
patristica, 33), 81-82. Un abbassamento di livello nei monaci cassiodorei negli ultimi anni
di vita del fondatore di Vivarium anche a livello di cultura grafica notato da F. Troncarelli,
I codici di Cassiodoro: le testimonianze pi antiche, S&C, 12 [1988], 47-97: 87-91 e 97.
97
GL VII 209, 10-14 Meminisse autem debemus frequenter artigraphos de orthographia
tractasse et iterum orthographos de partium declinatione disseruisse, cum tamen res sibi repugnare videantur. Ars enim tractat de partium declinatione, orthographia vero quem ad modum scribi debeat designat, quod partium declinatio decora repperit; vd. al riguardo Bertini, Il de orthographia (cit. n. 6), 100, che trae da questo passo la conferma teorica della distanza, verificabile in pratica, che separa questopera cassiodorea dalle precedenti dello pseudo-Capro e di
Agrecio, collocandola cos a met strada fra lapproccio teorico-scientifico degli ortografi
classici e quello pratico-didattico, rappresentato dalle opere ortografiche tardoantiche.
98
Ho volutamente evitato di toccare le grammatiche orientali di Carisio, Diomede
e Prisciano, che non sono prive di interessi e materiali ortografici, limitandomi alla tradi-

266

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

si di testi dedicati allo studio di questa materia, resta per aperta


laltra questione centrale, relativa agli strumenti concreti, cio ai
libri utilizzati nella prassi scolastica, sia tardoantica che altomedievale. Partendo proprio dal periodo tardoantico, dobbiamo preliminarmente notare che non ci sono rimasti molti manoscritti grammaticali attribuibili a quel periodo99 e che di questi nessuno contiene testi strettamente ortografici, non potendo ovviamente trarre
nessuna considerazione sulla base della presenza fra di essi dellUrb.
lat. 1154, testimone degli Instituta artium, che contengono solo
una breve lista ortografica e che quindi non possono essere considerati un testo ortografico. Restano per tracce di manoscritti tardoantichi che potrebbero avere per noi un interesse maggiore per
quanto attiene ai testi ortografici. Da questo punto di vista credo
che si possano fare alcuni esempi, che si riferiscono peraltro a testi
e manoscritti cui abbiamo gi avuto modo di fare cenno.
In primo luogo un codice di questo tipo ricordato proprio da
Cassiodoro, di cui abbiamo gi ricordato limpegno per la realizzazione scolastica occidentale e alle sue peculiarit, che non sempre coincidono con le esigenze didattiche delle scuole della pars Orientis dellImpero; daltro canto una specifica
trattatistica ortografica sembra caratteristica solo della dottrina grammaticale occidentale.
99
Cfr. soprattutto M. De Nonno, I codici grammaticali latini det tardoantica:
osservazioni e considerazioni, in M. De Nonno P. De Paolis L. Holtz [ed. by],
Manuscripts and Tradition of Grammatical Texts from Antiquity to the Renaissance.
Proceedings of a Conference held at Erice, 16-23 October 1997, as the 11th Course of
International School for the Study of Written Records, Cassino 2000, I, 133-172, che
include nella sua lista i seguenti codici: Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele
III, lat. 2, foll. 112-139r + Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, G.V.4, foglio di
guardia + Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, F.IV.25, fol. 21bis + Torino,
Biblioteca Reale, Varia 186 bis (CLA III 398 + IV 462, databile al sec. V2), codex disiectus che contiene i primi due libri delle Artes di Sacerdote; Neap. lat. 2, foll. 76-111, 140155, 156/159, contenente varie opere grammaticali, come lAnonymus ad Caelestinum, i
Catholica Probi, lAnonymus Bobiensis e il Fragmentum Bobiense de nomine (CLA III 397a,
databile al sec. V2); la scriptio intermedia del palinsesto ter scriptus London, British
Library, Add. 17212, contenente frammenti delle Explanationes in Donatum (CLA II
166, databile al sec. VI2); Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat.
1154, contenente gli Instituta artium di Probo/Palladio (CLA I 117, databile al sec. V2);
Paris, Bibliothque Nationale de France, lat. 12161, scriptio inferior delle pp. 99/100,
113/114, 119/120; 127/128, contenente il c.d. Vergilius Aspri (CLA V 627, databile al
sec. V2); il P.g. 7332, contenente liste di paradigmi nominali (Pack2 2997; CLA V 697,
databile al sec. V-VI); Bern, Burgerbibliothek, 380, contenente Cledonio (CLA VII 864,
databile al sec. VI ex.).

267

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PAOLO DE PAOLIS

zione di strumenti utili alla formazione dei monaci della sua comunit; nel secondo libro delle Institutiones, infatti, dopo aver rapidamente offerto essenziali definizioni della grammatica e un brevissimo sunto delle sue parti100, Cassiodoro rinvia ad un codex101, da lui
stesso allestito, in cui allArs di Donato, che a suo avviso lo stru100
Il secondo libro delle Institutiones si apre con la ben nota descrizione delle sette
artes liberali, che costituiranno il fulcro del programma educativo cassiodoreo (Inst. 2
praef. 4-5 [pp. 91, 1-93, 4 Mynors = GL VII 213, 7-214, 13]); segue quindi la vera e propria Institutio de arte grammatica, un breve capitolo strutturato sullo schema di Donato,
autore qui et pueris specialiter aptus et tyronibus probatur accommodus (Inst. 2, 1, 1 [p. 94,
10-11 Mynors = GL VII 214, 26-27]). Al termine di questa breve schematizzazione della
grammatica Cassiodoro aggiunge due discipline sussidiarie, letimologia e lortografia,
delle quali viene fornita una semplice definizione: Addendum est etiam de etymologiis et
orthographia, de quibus nonnullos scripsisse certissimum est. Etymologia vero est aut vera aut
verisimilis demonstratio, declarans ex qua origine verba descendant. Orthographia est rectitudo scribendi nullo errore vitiata, quae manum componit et linguam (Inst. 2, 1, 2 [p. 96, 1015 Mynors = GL VII 215, 30-33]).
101
Il contenuto del codice cassiodoreo fornito dai manoscritti della prima redazione interpolata del secondo libro delle Institutiones (red. II di Mynors) nella forma che
troviamo pubblicata da Keil (GL VII 216, 1-6 Haec breviter dicta sufficiant. Ceterum qui
ea voluerit latius pleniusque cognoscere, cum praefatione sua codicem legat, quem nostra
curiositate formavimus, id est artem Donati, cui de orthographia librum et alium de etymologiis inseruimus, quartum quoque de schematibus Sacerdotis adiunximus, quatenus diligens lector in uno codice reperire possit, quod arti grammaticae deputatum esse cognoscit),
mentre i manoscritti che tramandano la versione non interpolata e rivista da Cassiodoro
(red. I di Mynors), generalmente ritenuta genuina, offrono un testo alquanto diverso:
Inst. 2, 1, 3 (p. 96, 16-97, 1 Mynors) Haec breviter de definitionibus tantummodo dicta
sufficiant. Ceterum qui ea voluerit latius pleniusque cognoscere, cum praefatione sua codicem legat, quem de grammatica feci arte conscribi, quatenus diligens lector invenire possit
quod illi proposito deputatum esse cognoscit. Lo stesso Mynors (Cassiodori Senatoris
Institutiones, ed. R. A. B. Mynors, Oxford 1937, XXVIII) riconosceva comunque che the
reference to the codex de Grammatica formed by Cassiodorus (p. 96) is couched in
words which can only be his own, il che lascia pensare che alla base della redazione
interpolata ci sia comunque una versione cassiodorea delle Institutiones, che gi Mynors
riteneva fosse pi antica di quella genuina, da lui pubblicata come red. I. In effetti lopinione comunemente accettata in relazione alla tradizione delle Institutiones resta quella formulata da P. Courcelle, Histoire dun brouillon cassiodorien, REA, 44 (1942), 6586, che, sviluppando ulteriormente la ricostruzione gi abbozzata da Mynors, ipotizzava che Cassiodoro avesse realizzato, prima del 551, una sorta di brogliaccio dellopera,
che si sarebbe comunque tramandato nelle due redazioni interpolate, e (red. II e
red. III di Mynors), e successivamente unedizione ufficiale definitiva, nella quale sono
stati corretti errori come quello di considerare Prisciano un grammatico greco, cio la
red. I pubblicata da Mynors e tramandata da un gruppo di codici altomedievali, di cui
il pi importante il manoscritto beneventano Bamberg, Staatsbibliothek, Patr. 61. Per
la ricostruzione della tradizione delle Institutiones, oltre alla gi citata introduzione delledizione di Mynors e allarticolo di Courcelle, vd. anche A. van de Vyver, Les

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

mento grammaticale pi adatto per i principianti, seguono un trattato ortografico, unopera etimologica e quindi un De schematibus
di Sacerdote102: ci troviamo dunque in presenza dello schema di
una miscellanea grammaticale tardoantica, descritto dal suo stesso ideatore, che crea il modello che sar poi ben diffuso in epoca
altomedievale, centrato su una ars, che per deve essere affiancata
da strumenti integrativi per le parti da essa tralasciate103, fra le
quali la prima proprio lortografia. Un secondo esempio pu

Institutiones de Cassiodore et sa fondation Vivarium, RBen, 53 (1941), 59-88; L.


Holtz, Quelques aspects de la tradition et de la diffusion des Institutions, in Leanza [a cura
di], Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (cit. n. 6), 281-312, che ipotizza lesistenza di
unulteriore redazione, intermedia fra il brogliaccio e ledizione definitiva; Troncarelli,
Vivarium (cit. n. 96), 12-21, che invece pensa che la redazione pi antica non sia un
brogliaccio ma unedizione vera e propria, composta prima della fondazione di
Vivarium e destinata quindi a un pubblico romano, rimaneggiata successivamente a
Vivarium nelle redazioni e . Sul codice grammaticale cassiodoreo vd. in particolare
A. van de Vyver, Cassiodore et son oeuvre, Speculum, 6 (1931), 244-292: 276-277, per
il quale Cassiodoro predispose un codice grammaticale contenente solo Donato con
commento (forse Servio), cui aggiunse successivamente gli estratti etimologici e ortografici e il De schematibus, introducendone la descrizione del contenuto nella prima
redazione delle Institutiones, dalla quale discenderebbe la pi antica versione interpolata. Successivamente gli estratti ortografici vennero ricollocati in unopera autonoma, il
De orthographia, nella cui prefazione il codice grammaticale compare quindi privo della
parte ortografica (GL VII 144, 7-9 IIII post codicem, in quo artes Donati cum commentis
suis et librum de etymologiis et alium librum Sacerdotis de schematibus domino praestante
collegi). Al di l della maggiore o minore verosimiglianza dei singoli dettagli dellipotesi
di van de Vyver, credo comunque che la descrizione del codice grammaticale offerta
dalla redazione interpolata non possa che risalire a Cassiodoro stesso, in quanto se essa
derivasse da unaggiunta costruita successivamente sulla base della prefazione del De
orthographia non si comprenderebbero le due differenze significative, cio lassenza dei
commenti a Donato e laggiunta di un libro ortografico: pare invece pi probabile che,
nella stessa linea dellipotesi di van de Vyver, le due testimonianze riportino fasi diverse
dellallestimento del codice grammaticale, che, per la sua natura di strumento di lavoro,
andava soggetto a modifiche anche rilevanti, causate dallevoluzione degli strumenti
didattici approntati e dalle mutate esigenze cui esso era chiamato a far fronte.
102
Si tratta di uno degli ultimi capitoli del I libro delle Artes grammaticae di Mario
Plozio Sacerdote, collocato fra le trattazioni dei vitia orationis e dei tropi (GL VI 455, 3460, 19); vd. Herzog, Restauration und Erneuerung (cit. n. 13), 116 [P. L. Schmidt].
103
Su struttura e organizzazione delle miscellanee altomedievali di contenuto
grammaticale vd. M. Irvine, The Making of Textual Culture. Grammatica and Literary
Theory, 350-1100, Cambridge 1994, 344-364 e 393-404; P. De Paolis, Miscellanee
grammaticali altomedievali, in Gasti [a cura di], Grammatica e grammatici latini (cit. n.
86), 29-74; P. De Paolis, I codici miscellanei grammaticali altomedievali. Caratteristiche,
funzione, destinazione, in E. Crisci O. Pecere [a cura di], Il codice miscellaneo. Tipologie

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PAOLO DE PAOLIS

venire dal codice tardoantico di Vittorino-Aftonio dal quale


stato tratto il ms. Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Pal. lat. 1753, che sembra richiamare nel suo assetto
codicologico e nella sua mise en page la struttura dei manoscritti
tardoantichi104; pi specificamente, malgrado la diffusa opinione
che ritiene che il modello del Palatino sia stato un codice in onciale, pi di recente si preferito pensare che esso sia piuttosto un
manoscritto in corsiva105, scrittura che sembra essere stata alquanto
diffusa fra i codici grammaticali tardoantichi prodotti in ambito
scolastico106. Lunione in questo manoscritto dellArs di Vittorino,
peraltro gi completa della parte ortografica, con il trattato metrico
di Aftonio cercava di realizzare uno strumento didattico unico, che
consentisse agli studenti di disporre di materiali di diversi ambiti,
necessari per la loro formazione. Ma questa finalit testimoniata
dallantigrafo del codice Palatino risulta in maniera ancora pi chiara in un altro caso che abbiamo gi avuto modo di discutere in precedenza, e cio il codice Neap. lat. 1, che, oltre a tramandare
anchesso gli Instituta artium di Probo/Palladio, pure testimone

e funzioni. Atti del Convegno internazionale, Cassino 14-17 maggio 2003 (= S&T, 2
[2004]), 183-211.
104
Vd. De Nonno, I codici grammaticali latini (cit. n. 99), 145-149, cui pare che
laspetto esteriore del codice palatino richiami alla memoria proprio limmagine di un
codice come il Probo Napoletano (p. 145); sul manoscritto vd. anche la descrizione
di E. Pellegrin et al., Les manuscrits classiques latins de la Bibliothque Vaticane, II 2, Paris
1982 (Documents, tudes et Rpertoires publis par lIRHT, 17/3), 400-404, e inoltre
Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 35-36, e De Nonno, Tradizione e diffusione
(cit. n. 47), 7-9.
105
Vd. J. Brown, Tradition, Imitation and Invention in Insular Handwriting of the
Seventh and Eighth Centuries, in J. Bately M. P. Brown J. Roberts [ed. by], A
Paleographers View. The Selected Writings of Julian Brown, with a Preface by A. C. de la
Mare, London 1993, 179-200: 187; J. Brown, The Oldest Irish Manuscripts and their Late
Antique Background, in P. N Chathin M. Richter [hrsg. von], Irland und Europa,
Stuttgart 1984, 311-327: 317 (= A Paleographers View cit., 221-241: 231); De Nonno, I
codici grammaticali latini (cit. n. 99), 145.
106
Vd. ancora De Nonno, I codici grammaticali latini (cit. n. 99), 137-139; in
semionciale corsiva sono scritti tre dei manoscritti tardoantichi studiati da De Nonno (vd.
supra), e cio il codex disiectus formato dai foll. 112-139r del Neap. lat. 2 + i frammenti
torinesi, ancora il Neap. lat. 2, foll. 76-111, 140-155, 156/159, e infine la scriptio intermedia del London, Add. 17212.

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

unico della Appendix Probi. Come abbiamo ricordato poco fa, lanalisi del manoscritto napoletano effettuata da De Nonno107 consente da un lato di ricostruire, su base codicologica, il contenuto e
la struttura delle sezioni in cui erano suddivisi i materiali di varia
provenienza che compongono lAppendix e dallaltro di riuscire a
intravedere come doveva essere organizzato un manoscritto scolastico, quale il modello tardoantico del Neap. lat. 1, che conteneva
prima unopera grammaticale pi ampia e strutturata, gli Instituta
artium, ai quali seguiva la raccolta pi disorganica di estratti grammaticali e ortografici che possiamo trovare nella Appendix, secondo
una modalit che possiamo trovare anche in un altro illustre codice
tardoantico di provenienza bobbiese, il Neap. lat. 2108. Sempre De
Nonno ha raccolto, nel suo gi citato contributo sulla Appendix,
una serie di altri esempi di manoscritti di provenienza bobbiese e
non109 che mostrano come la forma della appendice di estratti e
appunti di carattere eterogeneo, naturalmente collocata in coda a

107

Vd. supra, n. 74.


Si tratta della gi ricordata (vd. supra nn. 99 e 106) sezione costituita dai foll. 76111, 140-155, 156/159 del Neap. lat. 2, su cui si sofferma De Nonno, LAppendix Probi
(cit. n. 31), 8-9, notando come alle tre unit codicologiche originali (foll. 76-111 + foll.
112-139 + foll. 140-155), contenenti rispettivamente lAnonymus ad Caelestinum +
Catholica Probi, Sacerdote, Artes grammaticae I-II, e lAnonymus Bobiensis, si sia aggregato
fin da principio il bifolio 156/159, contenente il Fragmentum Bobiense de nomine, con una
modalit quindi analoga a quella rappresentata nel Neap. lat. 1 dalla successione Probo,
Instituta artium (foll. 17-49r) + Appendix Probi (foll. 49r-52r). Descrizioni del Neap. lat.
2 e delle sue sezioni altomedievali e tardoantiche, con bibliografia, in M. De Nonno [a
cura di], La grammatica dellAnonymus Bobiensis (GL I 533-565 Keil), Roma 1982 (Sussidi
Eruditi, 36), XVIII-XXVII, e P. De Paolis, 1. Miscellanea grammaticale, in M. DellOmo [a
cura di], Virgilio e il chiostro. Manoscritti di autori classici e civilt monastica. Catalogo della
mostra (Abbazia di Montecassino, 8 luglio-8 dicembre 1996), 105-107.
109
Vd. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 9-13, che segnala una analoga
struttura riscontrabile in quel che si pu ricostruire del danneggiato esemplare tardoantico contenente Cesio Basso e Atilio Fortunaziano, integrato da testi metricologici minori,
scoperto anchesso a Bobbio nel 1493 ma poi perduto e ricostrubile solo dagli apografi
contenuti nel ms. Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, lat. 11: vd. G.
Morelli, Metricologi latini di tradizione bobbiese, in De Nonno De Paolis Holtz [ed.
by], Manuscripts and Tradition (cit. n. 99), II, 533-559; sempre in questa tipologia rientra
anche la prima unit codicologica del Neap. lat. 1 (foll. 1-16, attualmente in successione
alterata e con lacuna di due bifoli), nel quale, in origine, i primi due testi, Fragmentum de
nomine et pronomine e De verbo ad Severum, erano seguiti e conclusi dalla costellazione di
108

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PAOLO DE PAOLIS

testi maggiori e pi organici, pu dunque essere considerata, tipologicamente, una importante forma di conservazione e trasmissione
di preziosi materiali grammaticali dallantichit al medioevo110. A
questa preziosa considerazione di De Nonno vorrei aggiungere solo
un paio di osservazioni minori. In primo luogo, una delle domande
pi delicate e nodali che ci si posti da tempo a proposito dei codici bobbiesi riguarda la provenienza dei codici grammaticali tardoantichi che si sono conservati a Bobbio o che sono serviti da modello
per le copie realizzate a Bobbio (o a Pavia?) fra la fine del VII e la
met del sec. VIII111: credo che da tale punto di vista la struttura di
questi manoscritti, che giustappongono testi pi corposi con inteestratti raccolti nel De nomine di Valerio Probo (cfr. Passalacqua, Tre testi grammaticali
[cit. n. 74], XI-XXVII). Fuori dallambito bobbiese De Nonno individua ancora questa tipologia nel caso dei cosiddetti Excerpta Andecavensia, collocati allinterno di una vasta e articolata miscellanea grammaticale contenuta nel ms. Angers, Bibliothque municipale, 493:
cfr. M. De Nonno, Un esempio di dispersione della tradizione grammaticale latina: gli inediti Excerpta Andecavensia, in Munzi [a cura di], Problemi di edizione (cit. n. 55), 211-262;
e ancora la c.d. Appendix Palaemonis, posta in coda alle Regulae Palaemonis nel ms. Oxford,
Bodleian Library, Add. C 144: cfr. De Nonno, Un esempio di dispersione cit., 215 n. 11,
237 n. 56 e 256.
110
Vd. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 10.
111
Il gruppo dei manoscritti grammaticali bobbiesi in corsiva altomedievale
(Neap. lat. 1, Neap. lat. 2, foll. 42-75 e 157-158, Napoli, Biblioteca nazionale
Vittorio Emanuele III, IV A 8, foll. 1-39), datato con una certa larghezza agli anni
fra la fine del sec. VII e il pieno sec. VIII da Lowe (vd. CLA III 388: sec. VII-VIII; CLA
III 394: sec. VIII; CLA III 397b: sec. VIII; CLA III 400: sec. VIII), stato retrodatato, insieme alle altre sezioni non grammaticali dei medesimi manoscritti, verso lo scorcio del sec. VII da J. Brown, The Irish Element in the Insular System of Scripts to circa
A.D. 850, in H. Lwe [hrsg. von], Die Iren und Europa im frheren Mittelalter,
Stuttgart 1982, I, 101-119: 114 (= Bately Brown Roberts, A Paleographers View
[cit. n. 105], 201-220: 215) e Brown, The Oldest Irish Manuscripts (cit. n. 105), 314
(= Bately Brown Roberts, A Paleographers View [cit. n. 105], 225); pi recentemente P. Radiciotti, La scrittura del Liber Pontificalis nel codice bobbiese IV.A.8 della
Biblioteca Nazionale di Napoli, in G. Abbamonte L. Gualdo Rosa L. Munzi [a cura
di], Parrhasiana II. Atti del II Seminario di Studi su Manoscritti Medievali e
Umanistici della Biblioteca Nazionale di Napoli (Napoli, 20-21 ottobre 2000), Napoli
2002 (= AION(filol), 24 [2002]), 79-101, ha avanzato la proposta di una datazione
alquanto pi tarda, verso la met del sec. VIII, sulla base di raffronti fra la scrittura del
fascicolo indipendente in corsiva nuova del Neap. IV A 8, foll. 40-47 (CLA III 403),
contenente il Liber Pontificalis, e testimonianze di corsive nuove sia documentarie che
librarie di area settentrionale longobarda, databili appunto alla met del sec. VIII, che
possono essere estesi anche alle altre testimonianze di corsiva nuova ad uso librario rappresentate dal gi ricordato trittico di codici bobbiesi: questi ultimi sarebbero, secon-

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

grazioni varie, magari legate ad ambiti, come quello ortografico,


meno trattati nei pi ampi manuali, ne tradisca chiaramente la destinazione scolastica, e ci restituisca cos alcuni esempi di come doveva
essere organizzato un manuale destinato agli studenti di una scuola
grammaticale tardoantica, che con tutta probabilit dovr essere cercata in Italia e pi precisamente in Italia settentrionale112. La seconda considerazione ci rinvia invece pi verso quelli che saranno gli
strumenti della scuola altomedievale e pi particolarmente carolingia: la struttura di un manuale che tenti di coprire i vari aspetti della
dottrina grammaticale, anche con testi disomogenei per natura e
valore, verr infatti recuperata dalle miscellanee grammaticali altomedievali, che cercheranno di costruire una sorta di grande ars destido Radiciotti, il frutto del lavoro di vari scribi di documenti che avrebbero prestato la
loro opera al monastero di Bobbio in virt degli stretti legami fra questo e la corte longobarda di Pavia. Quanto allorigine di questi codici, la tradizionale localizzazione bobbiese stata pi recentemente messa in dubbio in favore di una possibile produzione
in ambito pavese allepoca di Cunicperto (quindi nuovamente verso la fine del sec.
VII): vd. da ultimo F. Lo Monaco, Tra paleografia e storia della cultura. Alcune considerazioni su problemi di datazione e localizzazione nella produzione manoscritta dellItalia
settentrionale longobarda, in Lo Monaco Molinelli [a cura di], LAppendix Probi (cit.
n. 31), 125-150.
112
La provenienza da ambiente scolastico tardoantico ipotizzata ad es. per tutte le
sezioni tardoantiche del Neap. lat. 2 da De Nonno, I codici grammaticali latini (cit. n. 99),
142, che giudica favorevolemente lipotesi di una origine ravennate avanzata da O. Pecere,
La cultura greco-romana in et gota tra adattamento e trasformazione, in Teoderico il grande
e i Goti dItalia. Atti del XIII Congresso internazionale di studi sullAlto Medioevo
(Milano, 2-6 novembre 1992), Spoleto 1993, 355-394: 385-386, che riconduce appunto
a Ravenna anche i manualetti grammaticali tramandati dal Neap. lat. 1. A Milano pensa,
molto cautamente, Mirella Ferrari, G. Billanovich M. Ferrari, La trasmissione dei testi
nellItalia nord-occidentale, I, Centri di trasmissione: Monza, Pavia, Milano, Bobbio, in La
cultura antica nellOccidente latino dal VII allXI secolo (Spoleto, 18-24 aprile 1974),
Spoleto 1975 (Settimane di studio del Centro Italiano di Studi sullAlto Medioevo, 22), I,
303-320: 319-320, mentre la ricorrente suggestione di Vivarium (vd. da ultimo
Troncarelli, I codici di Cassiodoro [cit. n. 96], 50 n. 6) sembra la meno plausibile. In generale la serie di testi, letterari e grammaticali, proveniente da Bobbio ha tutta laria di essere larmarium-armamentarium di unottima scuola della fine dellantichit, per usare lefficace espressione di G. Cavallo, Libri e continuit della cultura antica in et barbarica, in
Magistra Barbaritas. I Barbari in Italia, Milano 1984 (Antica Madre, 7), 603-662: 635.
Viene anche spontaneo chiedersi se e quale ruolo, in questo complesso e non facilmente
ricostruibile intreccio di manuali grammaticali tardoantichi, possa aver giocato la tradizione culturale pavese, che sembra seguire un filo non interrotto dallepoca tardoantica ad
Ennodio fino alla scuola retorica di Felice e Flaviano: cfr., in generale, G. Cavallo, Libri e
cultura nelle due Italie longobarde, in C. Bertelli G. P. Brogiolo [a cura di], Il futuro dei

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PAOLO DE PAOLIS

nata alluso degli studenti113, con una modalit di allestimento che,


pur discostandosi dal modello tardoantico114, ne replicher la ricerca
di una completezza di argomenti, finalizzata ad un uso di classe115.
Da questo punto di vista pu essere pi utile, ai nostri fini, cercare di sviluppare qualche considerazione relativa ai manoscritti che
ci hanno conservato soprattutto le opere ortografiche pi tarde, che
hanno goduto di una circolazione altomedievale molto pi larga di
quella dei trattati ortografici pi antichi. Questi ultimi, infatti,
compaiono in un numero assai limitato di manoscritti altomedievali. Di Mario Vittorino si gi ricordato il Vat. Pal. lat. 1753, scritto a Lorsch alla fine del sec. VIII116, cui devono essere aggiunti altri
due codici altomedievali, il Paris, Bibliothque nationale de France,
lat. 7539 (Corbie, sec. IX3/4)117 e Valenciennes, Bibliotque municipale, 395 (St. Amand, sec. IXin.)118. Velio Longo stato tramandato
solo grazie al codice bobbiese ritrovato nel 1493 da Giorgio

Longobardi. LItalia e la costruzione dellEuropa di Carlo Magno. Saggi, Milano 2000, 85103: 88-89; E. Cau M. A. Casagrande Mazzoli, Cultura e scrittura a Pavia (secoli V-X),
in Storia di Pavia, II. Lalto Medioevo, Milano 1987, 177-217: 178-192 [E. Cau]; Lo
Monaco, Tra paleografia (cit. n. 111), 140-142.
113
Si veda lefficace definizione di Irvine, The Making of Textual Culture (cit. n. 103),
345: a compiled codex is simply the structure of a compiled ars writ large; vd. inoltre i
lavori citati a n. 103.
114
Cfr. De Nonno, LAppendix Probi (cit. n. 31), 12, che nota come nelle miscellanee pi tarde le appendici grammaticali, del tipo di Appendix Probi III, finiscano col
veder scomparire o affievolirsi la caratteristica materiale di testo di coda cos evidente
negli esempi bobbiesi.
115
Viene da chiedersi se questa struttura cos vicina a quella dei manuali tardoantichi
sia frutto di una semplice utilizzazione di quel modello, o se in qualche caso le miscellanee
grammaticali carolinge non abbiano ricalcato quanto meno nella selezione se non nella
sequenza analoghi manoscritti tardoantichi di uso scolastico; losservazione di De Nonno
riportata nella nota precedente costituisce senza dubbio una difficolt per la seconda ipotesi, ma in ogni caso andrebbero analizzati singolarmente i singoli casi al fine di valutare gli
indizi ricavabili dalla scelta e dalla successione dei testi grammaticali trascritti.
116
Per una essenziale bibliografia sul manoscritto vd. supra, n. 103.
117
Cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 36-37; De Nonno, Tradizione e diffusione (cit. n. 47), 10-11.
118
Cfr. Mariotti, Marii Victorini Ars (cit. n. 32), 37-38; De Nonno, Tradizione e diffusione (cit. n. 47), 11-14; il manoscritto anche descritto nei cataloghi ottocenteschi della
biblioteca di Valenciennes: cfr. J. Mangeart, Catalogue descriptif et raisonn des manuscrits
de la Bibliothque de Valenciennes, Paris-Valenciennes 1860, 368-369; Catalogue gnral des

274

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

Galbiate, successivamente perduto119, e ricostruibile essenzialmente


attraverso il suo apografo umanistico, cod. Neap. IV A 11. Terenzio
Scauro infine tramandato sostanzialmente per intero da due edizioni a stampa e da tre manoscritti120, uno solo dei quali di epoca
altomedievale, il codice Bern 330, parte di una impressionante
miscellanea ora smembrata fra varie biblioteche, su cui avremo
modo di tornare fra breve; altri sei manoscritti del sec. IX, alcuni gi
noti a Keil, altri segnalati nella recente edizione di Federico Biddau,
conservano solo linizio del testo121, attestando cos la circolazione
di una reliquia del testo scaurino nelle scuole carolinge.
Molto pi ampia e variegata la circolazione delle raccolte dello
Ps.-Capro e di Agrecio, che diventano il fulcro di una serie di
manuali di ortografia per luso delle scuole altomedievali, che si
costituiscono sia accorpando ad essi i trattati ortografici di Beda a
Alcuino (pi rara la presenza di Cassiodoro), sia inserendoli allinterno di manoscritti di contenuto glossografico. Questultima trasformazione non deve stupirci pi di tanto: abbiamo gi visto,
infatti, che levoluzione del genere ortografico osservata nelle opere
pi tarde andava verso una sostanziale lemmatizzazione delle quaestiones ortografiche, che, in assenza di modalit organizzative accetmanuscrits des bibliothques publiques de France. Dpartements, XXV, Poitiers, Valenciennes,
Paris 1894, 362.
119
Sulla ben nota vicenda del ritrovamento dei codici bobbiesi e sul codice napoletano, in cui confluiscono testi derivanti da vari manoscritti bobbiesi, mi limito a citare M.
Ferrari, Le scoperte a Bobbio nel 1493: vicende di codici e fortuna di testi, IMU, 13 (1970),
139-180: 144-150, e Morelli, Metricologi latini (cit. n. 109), 533-535 e 551-555.
120
Oltre al Bern 330 conservano praticamente per intero il De orthographia di
Scauro anche due codici umanistici, Vat. Pal. lat. 1741 (Heidelberg, tra il 1464 e il 1471),
e Vat. lat. 1491 (incompleto alla fine, Roma ultimo terzo del sec. XV), e due edizioni a
stampa, la prima curata da Alessandro Gaboardo e pubblicata a Pesaro nel 1511 da
Girolamo Soncino e la gi ricordata (vd. supra, n. 55) edizione di Basilea curata dal
Sicardo: vd. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), LX-LXVII.
121
Keil (cfr. GL VII, 3-4) conosceva, oltre ai manoscritti citati nella nota precedente e alledizione del Sicardo, altri 4 codici contenenti solo linizio dellopera: (GL VII 11,112,2/3 = 5,1-7,12 Biddau): Par. lat. 13025 (Corbie, sec. IX in.), Mnchen, Bayerische
Staatsbibliothek, Clm 14252 (Ratisbona, St. Emmeram, secondo decennio del sec. IX),
St. Gallen 249 (nella seconda parte del codice scritta a San Gallo intorno all820), Leiden,
Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. lat. Q. 33 (terza sezione del manoscritto, Francia
occidentale, terzo quarto del sec. IX). A questi vanno aggiunti altri due codici, contenen-

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PAOLO DE PAOLIS

tabili (come, ad esempio, quella suddivisa per vitia come in


Scauro), finiva inevitabilmente per essere disposta in ordine alfabetico, come abbiamo gi notato per il De verbis dubiis e per i trattati ortografici di Alcuino e Beda. Inoltre lallargamento delle questioni ortografiche ad aspetti morfologici, lessicali, semantici, alla
distinzione fra forme simili fra cui bisogna evitare le confusioni,
come nella letteratura de differentiis, fa s che i lemmi ortografici
trovino proprio in codici e in raccolte glossografiche la loro destinazione finale. Se comunque vogliamo preliminarmente osservare
nel loro complesso i manoscritti contenenti testi ortografici, possiamo distinguere alcune tipologie di manuali di epoca carolingia:
a. raccolte grammaticali che tramandano le artes tardoantiche,
integrandole con testi ortografici e metrici, cio le due discipline che in ambito occidentale, come avevamo osservato allinizio, definiscono un proprio spazio autonomo affidato di norma
ad opere dedicate e non a sezioni delle trattazioni artigrafiche.
Rientrano in questo ambito manoscritti come Bern 432; Paris,
Bibliothque nationale de France, lat. 18520; Par. lat. 13025;
Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 7530; Par. lat.
7491; Bonon. 797; Neap. IV A 34, St. Gallen, Stiftsbibliothek,
877 (che contiene scritti ortografici anonimi);
b. raccolte esclusivamente ortografiche o metrico-ortografiche,
che formano quindi uno strumento specifico di apprendimento integrativo. Troviamo in questa tipologia Bern 338 (quasi del
tutto ortografico, a parte un estratto da Metrorio); St. Gallen
249; Cambridge, Corpus Christi College, 221; Citt del
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 1587, che
unisce testi metrici e ortografici;
c. i codici con glossari, come Montpellier H 306 e Montpellier H
160; questultimo contiene in particolare un glossario allinter-

ti anchessi solo la stessa parte iniziale, Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 7521
(Francia nordorientale, primo terzo del sec. IX), e Paris, Bibliothque nationale de France,
nouv. acq. lat. 763 (Treviri, S. Massimino, sec. IX): vd. Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n.
36), LVII e LIX-LX.

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

no del quale hanno trovato posto, in ordine alfabetico, vari


lemmi provenienti dal De orthographia dello Ps.-Capro, a conferma di quanto abbiamo gi osservato al riguardo.
Tutti questi manoscritti, che provengono da centri importanti della cultura altomedievale, come Corbie, Fleury, Luxeuil, San
Gallo, Montecassino, potrebbero fornire utili esemplificazioni
sulle modalit di insegnamento e apprendimento dellortografia.
A conclusione di questo intervento posso per soffermarmi su un
solo manoscritto che rappresenta forse lesempio pi completo e
interessante di presenza di testi ortografici in manuali destinati
alla scuola, il gi citato ms. Bern 330, e aggiungere qualche rapida osservazione anche sul Montpellier H 306, che invece, come
abbiamo appena detto, un importante manoscritto con glossari.
Ho gi avuto modo di occuparmi brevemente di questi due manoscritti proprio in occasione del Convegno sui codici miscellanei
tenutosi qui a Cassino quattro anni or sono e a quel contributo
rinvio per una analisi di entrambi i codici122. In questa sede voglio
solo aggiungere qualche considerazione pi specifica. In primo
luogo, non pu non essere notata la singolarit che due manoscritti di tale importanza il primo parte di una sorta di enciclopedia comprendente testi di astronomia, glossografia e computo
disposti intorno al De compendiosa doctrina di Nonio Marcello,
con laggiunta di testi letterari come gli excerpta vulgaria di
Petronio e lantologia sallustiana di epistole e discorsi, il secondo
una grande raccolta di carattere glossografico, contenente una
ampia e variegata raccolta di glossari, trattati ortografici e differentiae verborum , siano forse stati prodotti a breve distanza luno
dallaltro (fra la met e il terzo quarto del sec. IX)123, allinterno

122
Cfr. De Paolis, I codici miscellanei (cit. n. 103), 203-210; sul codice di Berna vd.
anche, da ultimo, Biddau, Q. Terentii Scauri (cit. n. 36), LX-LXII, mentre su quello di
Montpellier vd. Bischoff, Katalog II (cit. n. 82), nrr. 2856-2857.
123
Il manoscritto di Berna viene datato al terzo quarto del secolo IX da B.
Bischoff, Katalog der festlndischen Handschriften des neunten Jahrhunderts (mit
Ausnahme der wisigothischen), I. Aachen-Lambach, Wiesbaden 1998, nrr. 577 e 579,
mentre per il codice di Monpellier lo stesso Bischoff, Katalog II (cit. n. 82), nr. 2857,

277

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PAOLO DE PAOLIS

dello scriptorium di Auxerre124, quindi nel periodo in cui la scuola di St. Germain era dominata dalla figura di Heiric125.
Cerchiamo ora di ricostruirne la struttura della miscellanea cui
appartiene il codice bernese, seguendo lanalitica descrizione realizza-

propone per la seconda parte del codice una datazione al secondo quarto del sec. IX (i
primi due fascicoli del manoscritto, databili all831, costituiscono una sezione autonoma rispetto al resto del manoscritto: vd. De Paolis, Tradizioni carolinge [cit. n. 47], 268
n. 13). Vd. infra, n. 152.
124
Per il manoscritto di Montpellier lopinione prevalente, pur se non del tutto sicura, ne colloca lorigine ad Auxerre: vd. Bruni, Il De orthographia di Alcuino (cit. n. 12),
95; Bruni, Alcuino (cit. n. 12), XXXVI; Dionisotti, On Bede (cit. n. 83), 138; Bischoff,
Katalog II (cit. n. 82), nr. 2857; meno probabili le localizzazioni proposte dubitosamente
da A. C. Dionisotti, From Ausonius Schooldays? A Schoolbook and Its Relatives, JRS, 72
(1982), 83-125: 87 (Laon), e Y.-F. Riou, Quelques aspects de la tradition manuscrite des
Carmina dEugne de Tolde: du Liber Catonianus aux Auctores octo morales, RHT, 2
(1972), 11-44: 31 (Tours). Per il composito manoscritto di Berna, Parigi e Leida, molti indizi sembrano puntare verso il monastero di St. Germain di Auxerre (un rapido riassunto in
De Paolis, I codici miscellanei [cit. n. 103], 207), anche se Bischoff, Katalog I (cit. n. 123),
nr. 579 si mantiene pi cauto, proponendo genericamente un centro vicino a Ferrires. Ad
Auxerre pensano comunque anche B. C. Barker-Benfield, A Ninth-century Manuscript from
Fleury: Cato de senectute cum Macrobio, in J. J. G. Alexander M. T. Gibson [ed. by],
Medieval Learning and Literature. Essays presented to Richard William Hunt, Oxford 1976,
145-165: 161 n. 4, e G. Lobrichon, Latelier auxerrois au X e et XI e sicles, in D. Iogna-Prat
C. Jeudy G. Lobrichon [d. par], Lcole carolingienne dAuxerre de Murethac Remi 830908. Entretiens dAuxerre 1989, Paris 1991, 59-69: 68 n. 16, che lo ricollega a un gruppo
di codici di formato quadrato e impaginazione elegante originari di Auxerre. Un ulteriore
argomento a favore di Auxerre deriva dallattribuzione a quel centro di due brevi estratti di
computo, trascritti nel fol. 46v del Bern 330 (vd. infra, n. 141), e dalle tracce della presenza della mano di Heiric in vari punti della miscellanea, su cui vd. la nota successiva.
125
Sulla scuola di Auxerre nel sec. IX si venuta creando una bibliografia piuttosto
vasta, di cui mi limito a citare alcuni lavori pi specifici, accanto a titoli pi complessivi:
d. Jeauneau, Les coles de Laon et dAuxerre au IX e sicle, in La scuola nellOccidente latino
dellalto Medioevo (15-21 aprile 1971), Spoleto 1972 (Settimane di studio del Centro
Italiano di Studi sullAlto Medioevo, 19), 495-522; J. Marenbon, From the Circle of Alcuin
to the School of Auxerre. Logic, Theology and Philosophy in the Early Middle Ages, Cambridge
1981; P. Rich, Les coles dAuxerre au IX e sicle, in La chanson de geste et le mythe carolingien. Mlanges Ren Louis, I, Saint-Pre-sous-Vezelay 1982, 111-117; Iogna-Prat Jeudy
Lobrichon [d. par], Lcole carolingienne dAuxerre (cit. n. 124); Saint-Germain dAuxerre.
Intellectuels et artistes dans lEurope carolingienne IX e-XI e sicles. Auxerre (Yonne), Abbaye
Saint-Germain, juillet-octobre 1990, Auxerre 1990. Heiric, nato nell841, dopo la sua
ordinazione sacerdotale nell865 prese il posto di Aimone come maestro della scuola
monastica di St. Germain, fino alla morte avvenuta verso l876. La sua mano stata individuata con ragionevole certezza in numerosi manoscritti medievali, a partire dal codice di
Melk, Stiftsbibliothek, 412 (olim G 32, circa 840), con identificazione gi proposta da Th.
Sickel, Un manuscrit de Melk, venu de S. Germain dAuxerre, BECh, 23 (1862), 28-38:
37-38, e dal Liber glossarum (London, British Library, Harley 2735), su cui vd. D. Ganz,

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

ta da Bruce Barker-Benfield126, tenendo conto anche dei testi comuni al codice di Montpellier. Il grande codice disiectus (Bern,
Burgerbibliothek, 347 + Bern, Burgerbibliothek, 357 + Leiden,
Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. lat. Q. 30, foll. 58 e 57 +
Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 7665 + Bern 330) forHeiric dAuxerre glossateur du Liber glossarum, in Iogna-Prat Jeudy Lobrichon [d. par],
Lcole carolingienne dAuxerre cit., 297-312; per altri manoscritti in cui ipotizzabile la
presenza della mano di Heiric, vd. G. Billanovich, Ancora dalla antica Ravenna alle biblioteche umanistiche, IMU, 36 (1993), 107-174 (ultima versione di una prolusione gi pubblicata una prima volta, con il titolo Dalla antica Ravenna alle biblioteche umanistiche, in
Annuario dellUniv. Catt. del Sacro Cuore, Milano, a.a. 1955-1957, 71-107, e poi, in
forma ampliata, in Aevum, 30 [1956], 319-353): 131-137; V. von Bren, LAmbroise de
Loup de Ferrires et dHric dAuxerre: propos du De officiis dans les manuscrits Bern 277
et Laon 216, IMU, 36 (1993), 75-106: 81-83; B. Bischoff, Palaeography and the
Transmission of Classical Texts in the Early Middle Ages, in B. Bischoff, Manuscripts and
Libraries in the Age of Charlemagne, transl. and ed. by M. Gorman, Cambridge 1994, 115133 (orig. Palographie und frhmittelalterliche Klassikerberlieferung, in La cultura antica
nellOccidente latino [cit. n. 112], I, 59-86; rist. in B. Bischoff, Mittelalterliche Studien, III,
Stuttgart 1981, 55-72): 126-127. La presenza della mano di Heiric nella miscellanea bernese stata riconosciuta in alcune postille e correzioni marginali del Par. lat. 7665 (sezione noniana) da Billanovich, Ancora dalla antica Ravenna cit., 137, e successivamente interventi della mano di Heiric nel Bern 330 (sezione ortografica) sono stati segnalati da V. von
Bren, Livys Roman History in the Eleventh-Century Catalogue from Cluny: The
Transmission of the First and the Third Decades, in C. A. Chavannes-Mazel M. M. Smith
[ed. by], Medieval Manuscripts of the Latin Classics: Production and Use. Proceedings of a
Seminary in the History of the Book to 1500 (Leiden 1993), Los Altos Hills-London
1996, 57-73: 72, che pare comunque certa della pertinenza del Bern 330 allo scriptorium di
Auxerre; il formato piccolo e quadrato dei manoscritti che compongono la miscellanea (vd.
anche nota precedente) sembra inoltre rinviare ad una tipologia codicologica utilizzata per
manoscritti classici nella cerchia di Lupo di Ferrires e del suo dicepolo Heiric: cfr. M.
Palma, Classico, piccolo e quadrato. Dati per unindagine su una tipologia libraria nellEuropa
carolingia, in A. Ferrari [a cura di], Filologia classica e filologia romanza: esperienze ecdotiche
a confronto. Atti del Convegno (Roma 25-27 maggio 1995), Spoleto 1999 (Incontri di studio, 2), 399-408: 405. Per la possibilit di identificare con Heiric una delle mani distinte
allinterno della nostra miscellanea da Barker-Benfield, vd. anche nota successiva.
126
La descrizione, che rappresenta al momento la pi accurata ricostruzione disponibile di questo grande codex disiectus, non facilmente reperibile, in quanto contenuta in
una dissertazione inedita di B. Ch. Barker-Benfield, The Manuscripts of Macrobius
Commentary on the Somnium Scipionis, Diss. Ph.D. Oxford 1975, 337-368. Vd. anche H.
Usener, Eine Handschrift Peter Daniels, RhM, 22 (1867), 413-421, che per primo ricostruisce il manoscritto sulla base dei tre codici bernesi e dei fogli di Leida, gi peraltro
ricollegati al Bern 357 da Th. Mommsen in Petronii Saturae, ed. F. Bcheler, Berolini
1862, XVII-XIX. Lultima parte del manoscritto, Par. lat. 7665, fu invece identificata da H.
Meylan, Note sur le manuscrit de Nonius Marcellus n 347 de la Bibliothque de la Ville de
Berne, RPh, n.s. 8 (1884), 77-78. Una sommaria ma precisa ricostruzione del manoscritto originario anche in B. Munk Olsen, Ltude des auteurs classiques latins aux XI e et

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PAOLO DE PAOLIS

mato, da un punto di vista contenutistico, da tre macrosezioni, la cui


parte pi cospicua (sezioni B e C) appare piuttosto omogenea, mentre la prima sembra pi eterogenea. Essa, infatti, di contenuto astronomico e comprende attualmente 3 fascicoli (fascicoli II-IV = Bern
347, foll. 1-22r), anche se in origine cerano altri due fascicoli, allinizio e alla fine, e contiene estratti da Macrobio e Plinio.
La seconda sezione, che di gran lunga la pi ampia del manoscritto (fascicoli VI-XVII) pu essere definita in senso lato glossografica, ma con alcune singolari inserzioni. Essa infatti si apre con
una prima parte noniana, che per presenta prima il quarto libro
(fascicoli VI-VIII [3 fogli] = Bern 347, foll. 26r-41v + Bern 357,
foll. 33r-34r), come accade in parte della tradizione manoscritta del
De compendiosa doctrina127, e successivamente i libri I-II, V-VIII, XXII e sicles, II. Catalogue des manuscrits classiques latins copis du IX e au XII e sicle. Livius
Vitruvius, Florilges Essais de plume, Paris 1985 (Documents, tudes et Repertoires Publis
par lIRHT, 23/2), 223, che lo data al sec. IX 2 e propone come origine il monastero di St.
Germain di Auxerre. Si devono comunque a Barker-Benfield unaccurata descrizione materiale, una precisa individuazione dei testi contenuti nel manoscritto originario, la trascrizione e identificazione delle molte note e glosse in esso presenti, e infine anche la distinzione della varie mani che si sono alternate in esso: nel manoscritto infatti si possono individuare quattro mani (scriba I, II, III, IV) e di esse la pi significativa la prima, che sembra appartenere a chi ha diretto lintero progetto editoriale, intervenendo anche in pi
punti con aggiunte e correzioni; le numerose aggiunte presenti nel manoscritto si devono,
secondo Barker-Benfield, a cinque additional hands (additional hand 1, 2, 3, 4, 5), delle
quali solo la prima pu essere identificata con lo scriba I e appartiene quindi al copista pi
importante dellintero codice. Nella additional hand 2, invece, Barker-Benfield, The
Manuscripts cit., 351 (A small, contemporary glossing hand, nervous and elegant) intravedeva alcune caratteristiche grafiche che potevano ricordare la scrittura di Heiric, ma preferiva seguire lopininione di Billanovich, Dallantica Ravenna (cit. n. 125), 336 n. 3, che
non ne riconosceva la mano nel codice bernese (questa osservazione stata peraltro soppressa da Billanovich nellultima versione dellarticolo, Ancora dalla antica Ravenna [cit. n.
125] e sostituita con la gi ricordata individuazione della mano di Heiric nel Par. lat. 7665).
Ma ormai, a pi di trentanni di distanza dal lavoro (peraltro inedito) di Barker-Benfield,
con le molte maggiori informazioni di cui disponiamo sulla mano di Heiric e sui manoscritti in cui essa compare, ivi compresa questa miscellanea (vd. supra, n. 125), credo sia
ormai indispensabile un nuovo studio analitico di questo monumento della cultura carolingia, sia dal punto di vista materiale che da quello storico-testuale e culturale.
127
Sulla tradizione di Nonio Marcello vd. L. D. Reynolds, Nonius Marcellus, in L.
D. Reynolds et al. [ed. by], Texts and Transmission. A Survey of the Latin Classics, Oxford
1983, 248-252; un catalogo sommario dei manoscritti di Nonio apparso recentemente
a cura di G. Milanese, Censimento dei manoscritti noniani, Genova 2005 (Pubblicazioni del
D.AR.FI.CL.ET., n.s., 225), nel quale i nostri manoscritti sono schedati ai nrr. 7 (Bern

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

XIV, XVII, XV, XVIII-XX (fasc. X-XIII = Par. lat. 7665, foll. 1r31v [perso lultimo foglio])128. Le due parti di Nonio Marcello sono
separate fra loro dagli excerpta vulgaria di Petronio (fascicoli VIII fol.
3v-IX fol. 5v = Bern 357 fol. 34v + Leid. Voss. lat. Q 30 foll. 58 e
57 + Bern 357 foll. 36r-41v) e quindi dal Carmen de ponderibus (la
parte restante del fascicolo IX). Segue unaltra ampia parte glossografica (fascicoli XIII-XVII) con due glossari greco-latini129, una
347), 8 (Bern 357) e 118 (Par. lat. 7665), e alla cui bibliografia (pp. 87-114) rinvio per i
numerosi studi sulla tradizione manoscritta noniana; ricordo che molti di questi sono
apparsi, in preparazione ad una nuova edizione critica di Nonio Marcello, nei cinque volumi di F. Bertini [a cura di], Prolegomena Noniana, I-V, Genova 2000-2005 (Pubblicazioni
del D.AR.FI.CL.ET., n.s. 189, 211, 219, 222, 224).
128
Nello spazio bianco disponibile alla fine di Nonio Marcello (Par. lat. 7665, foll.
31v-32r), la additional hand 2 aggiunge alcuni brevi testi (cfr. Barker-Benfield, The
Manuscripts [cit. n. 125], 353: un elenco di affinit di parentela (Pater Mater. Frater Soror.
Patruus Amita. Avunculus Matertera) e un estratto dalle Interpretationes nominum
Hebraicorum dello Ps.-Girolamo: Ex libro Ier(onymi) Interpret(atio) nom(inum)
ebraic(orum) que(m) Filo edidit. Ista sine aspiratione. Abraham. Arihel. Aegyptus. Areta ...
Thomas. Theoda. Tharsensis. Thiatira. Thessalonicenses. Thessalonica. Su questa lista di nomi
propri ebraici con le relative interpretazioni latine, ampiamente diffusa in varie forme e
redazioni nel Medioevo latino e attribuita ad autori vari, da s. Girolamo a Beda ad
Alcuino, vd. O. Szerwiniack, Les Interpretationes nominum Hebraicorum prognitorum Iesu
Christi (ALC 62): une uvre authentique dAlcuin, in Ph. Depreux B. Judic [ed. par],
Alcuin, de York Tours: criture, pouvoir et rseaux dans lEurope du haut Moyen ge, Rennes
2004 (Annales de Bretagne et des pays de louest [Anjou, Maine, Touraine], 2), 289-299.
129
Sui due glossari vd. Goetz, De glossariorum Latinorum origine (cit. n. 11), 184185, che li individua come due estratti dal Glossarium Ansileubi (ediz. in Glossaria
Latina iussu Academiae Britannicae edita, I. Glossarium Ansileubi sive Librum glossarum,
edd. W. M. Lindsay J. F. Mountford J. Whatmough, Paris 1926 [rist. Hildesheim
1965]), tramandati congiuntamente da numerosi manoscritti. Il primo glossario occupa 7 fogli (Bern 357, foll. 1-7): Haec sunt greca verba et aliqua eorum cum glosis suis.
Abdomen pinguedo carnium Zozia: signa (vd. Barker-Benfield, The Manuscripts [cit.
n. 125], 343-344). Alla fine di questo estratto lo scriba I aggiunge due brevi note glossografiche, trascritte da Barker-Benfield, The Manuscripts [cit. n. 125], 344: Zelotypia
dicitur furor cum rancore mentis accensus, e Aphetno tentorii sui interpretatur. In quo p littera quae apud hebreos non est in sono est tantum. Nam grecum scribitur et est sensus figet
tabernaculum tentorii sui vel throni sui in emaus quae nicopolis dicitur ubi incipiunt montana iudeae inter mare ab oriente mortuum et mare magnum et veniet ad montem inclitum oliveti quo indicitur antichristus occidendus. A queste due note ne segue unultima,
della additional hand 2 (per la trascrizione cfr. Barker-Benfield, ibid., 352):
Animadversio [in marg. sin.]. Omnium mortium genera animadversio nominant.
Animadversio enim est quando iudex reum punit et dicitur animadvertere id est animum
illuc advertere. Intendere utique ad puniendum reum quia iudex est. Il secondo estratto
pi lungo e occupa complessivamente 20 fogli (Bern 357, foll. 7v-24v + 26r-28r): Abba
pater Abi iulius mensis Zozia signa. Expliciunt nomina (vd. Barker-Benfield, The

281

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PAOLO DE PAOLIS

Interpretatio nominum hebraicorum130, pi varie altre glosse131. Gli


ultimi fogli del fascicolo XVII (foll. 3v-7v = Bern 357, foll. 28v-32v)
riservano un altro testo letterario, anche se meno sorprendente degli
excerpta petroniani, e cio lantologia di lettere e discorsi sallustiani
realizzata in epoca tardoantica132, limitata per ad estratti da Bellum
Iugurthinum e Coniuratio Catilinae, in una versione piuttosto vicina
a quella tramandata dal Vat. lat. 3864, tanto da aver fatto supporre
di essere stata copiata dal codice Vaticano133.
Manuscripts [cit. n. 125], 344). Allinterno del glossario, in uno spazio vuoto lasciato fra
la fine della lettera F e linizio della lettera G (fol. 13v), lo scriba I aggiunge una breve
nota, non trascritta da Barker-Benfield: F S I. Sciendum quoque quod cherubim et seraphim
per m litteram prolata iuxta proprietatem linguae hebreae masculini sunt generis et pluralis
numeri tantum. Sin autem per n litteram dicantur sicut in psalmis et hymnis et in praesenti gratiarum actione ponitur greca declinatione in neutrale genus mutantur. Velut cum dicimus lucida sidera speciosa nemora iucunda littora sic et beata seraphyn neutrali genere et plurali numero accipiamus.
130
Bern 357, fol. 28r: Interpretatio nominum Hebraicorum. Interpretationes alfebetum
Hebreorum. Aleph mille vel doctrina. Bet domus ... tau signum vel subter. Si tratta sempre di
una delle varie liste di parole ebraiche con interpretazioni latine dello Ps.-Girolamo (vd.
n. 128), su cui cfr. E. Dekkers Ae. Garr, Clavis Patrum Latinorum, Steenbrugis 19952
(CCSL), nr. 623a; edizione di questa lista in PL 23, 1365-1366, e vd. Barker-Benfield, The
Manuscripts (cit. n. 125), 345.
131
Trascrizione delle glosse in Barker-Benfield, The Manuscripts [cit. n. 125], 345 e
352; la prima glossa aggiunta alla fine della Interpretatio dallo scriba III: Crismata dona concede. Doene prope. Livore vulnere. Consulere percontare. Usurpat usu inlicito habet. La additional hand 2 aggiunge quindi: N(o)T(a) Deficio quando significat relinquo habet passivum quando pro defeciscor neutrale est [neutraliter Barker-Benfield, ibid. 352], aggiungendo sul margine
la fonte della nota Pris(cianus) in I lib(ro) de verb(o) [= Prisc. GL II 399, 7-9] Deficio, quando pro relinquo accipitur, habet passivum, quando vero pro defetiscor, neutrum est).
132
Sulla tradizione sallustiana in epoca tardoantica vd. in generale E. Hhne, Die
Geschichte der Sallusttext im Altertum, Diss. Mnchen 1927; R. Zimmermann, Der
Sallusttext im Altertum, Mnchen 1929; L. Canfora, Per la storia del testo di Sallustio, in
Filologia e forme letterarie. Studi offerti a Francesco della Corte, Urbino 1987, II, 377-398;
sullantologia sallustiana realizzata in quel periodo e tramandata essenzialmente dal codice
Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3864, scritto probabilmente a
Corbie nel terzo quarto del sec. IX, vd. L. D. Reynolds, Sallust, in Reynolds et al. [ed. by],
Texts and Transmission (cit. n. 127), 341-349: 343; L. Canfora, Per una storia del canone
degli storici: il caso del Corpus sallustiano, in A. Giardina [a cura di], Societ romana e
impero tardoantico, IV. Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura, Roma-Bari
1986, 3-18; C. Sallusti Crispi Catilina Iugurtha, Historiarum fragmenta selecta, Appendix
Sallustiana, ed. L. D. Reynolds, Oxford 1991, XIV e XVII-XVIII.
133
La raccolta di epistole e discorsi sallustiani fu realizzata in epoca tardoantica, con
evidenti finalit scolastiche, visto che comprendeva proprio le parti pi retoricamente significative e funzionali come modello di buona scrittura, estratte da uno dei principali auctores

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

La terza e ultima sezione (fascicoli XVIII-XXIII) costituita


quasi interamente da testi ortografici, con i trattati di Cassiodoro134,
Alcuino135, Ps.-Capro (Orthographia e De verbis dubiis)136,

utilizzati nelle aule scolastiche dellepoca. Lantologia tardoantica riemerse allinizio del sec.
IX, visto che essa menzionata nella famosissima lista di testi di autori antichi contenuta nel
ms. Berlin, Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz, Diez. B. Sant. 66 (p. 218, 7-9
Incipit Sallustii Crispi orationis ex Catilena. Sententia Catonis in senatu. Sententia ex Iugurtha
ex Historia V) e non manca chi ritiene che il Vat. lat. 3864 derivi proprio dal manoscritto
citato nella lista del Dieziano (vd. Reynolds, Sallust [cit. n. 131], 343). Gli estratti della
miscellanea bernese sembrano molto vicini al testo del codice vaticano, tanto da far ritenere
che ne siano copia, anche se il rapporto fra i due manoscritti stato oggetto di animato
dibattito (vd. Reynolds, ibid., e C. Sallusti Crispi [cit. n. 131], XVIII).
134
Bern 330, foll. 1r-17v; in calce al testo di Cassiodoro (fol. 17v) viene trascritto il
distico iniziale del De orthographia di Alcuino Me legat antiquas qui vult proferre loquelas /
me qui non sequitur vult sine lege loqui. Keil lo ha utilizzato con la sigla B per la sua edizione di Cassiodoro, ritenendolo il migliore dei manoscritti a lui noti e basando quindi su
di esso la costituzione del testo; cfr. Keil, GL VII 130: e quibus Bernensi (B) et propter
bonitatem scripturae et propter diligentiam librarii, qui eum scripsit, praecipuam auctoritatem ad constituendam lectionem tribui.
135
Bern 330, foll. 18r-34v (a parte la presenza del distico iniziale alla fine del fol.
17v, su cui vd. nota precedente); il manoscritto tramanda la redazione b del De orthographia di Alcuino, nella forma mista con estratti dal De orthographia di Beda: vd. Bruni,
Alcuino (cit. n. 12), XXXVI (sulle due redazioni del testo alcuiniano vd. supra, n. 12). Anche
il distico iniziale ricordato nella nota precedente segue la forma tramandata dai manoscritti della redazione b (vd. Bruni, ibid., XXIII).
136
Il De orthographia dello Ps.-Capro contenuto nei foll. 35r-37v del Bern 330,
mentre il De verbis dubiis segue ai foll. 37v-38v. Anche in questo caso il codice fu utilizzato con la sigla B da Keil, che, pur attenendosi alla recensione del Montpellier H 306, la corresse o la integr in vari punti sulla base soprattutto del codice bernese (cfr. Keil, GL VII
86-87). Sulla sua posizione nellambito della tradizione altomedievale dei due trattatelli vd.
De Paolis, Tradizioni carolinge (cit. n. 47), 291-293. Al termine del De verbis dubiis la stessa mano (scriba III di Barker-Benfield) aggiunge, senza soluzione di continuit, il seguente
testo: Metor metaris eligo. Metior metiris mensuro. Meto metis incido inseco. Clientulus nutritor. Alumnus dicitur ab alendo et qui nutrit et qui nutritur. Pedagogus nutritor parvulorum.
EXPLICIT. Il testo era evidentemente inteso come parte integrante del De verbis dubiis, come
appare dalla collocazione prima dellexplicit. Il restante spazio bianco alla fine del fol. 38v
(che era anche lultimo del fascicolo, il XXII del manoscritto originario) viene riempito
dallo scriba I con alcuni brevi testi, e cio una glossa (hecho imitatio vocis) e una serie di
esempi poetici raccolti per esemplificare gli usi del verbo dirimo: 1) Ausonius Paulino:
Innumeras possum celandae [sic] ostendere formas / et clandestinas veterum reservare loquelas
(Auson. 416, 28-29, p. 284 Peiper); Dirimit paulinus quartae / Fabula non terris absentia
nostra dirimit (Paul. Nol. Carm. 11, 45); 2) Lucanus tertiae protulit in IIII Qui mediis castris
tutam dirimebat ilerdam (Lucan. 4, 33); 3) virg(i)l(ius) praeteritum eius Caede deo dixit quae
et proelia voce diremit (Verg. Aen. 5, 467). Segue infine una breve nota con una esemplificazione poetica da Marziale (13, 72): Fasianus a Faside insula Greciae deportatus. Disticon de
ea: Argiva primo sum transportata carina ante mihi notum nil nisi Fasis erat.

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PAOLO DE PAOLIS

Scauro137, Agrecio138, Orthographia Einsidlensis (Religio ideo dicitur)139, una versione abbreviata del De proprietate sermonum vel
rerum (in effetti una raccolta di differentiae, basata in larga parte su
fonti ortografiche)140, che termina alla prima colonna del fol. 46r
del Bern 330. Si tratta, come si vede, del pi consueto gruppo di
testi ortografici che erano alla base dellinsegnamento altomedievale, integrati per dal pi raro testo di Scauro (di cui, giova ripeter-

137

Bern 330, foll. 39r-43v. Si tratta dellunico manoscritto altomedievale completo di


Scauro, utilizzato sia da Keil che dallultimo editore, Federico Biddau: vd. supra, 275 n. 120.
138
Bern 330, foll. 43v-44v. Il testo di Agrecio largamente incompleto e danneggiato da varie alterazioni, tanto che Keil prefer non adoperarlo nella sua edizione; il manoscritto invece utilizzato nella pi recente edizione di Agrecio a cura di Pugliarello,
Agroecius (cit. n. 86), 18.
139
Si tratta di un breve testo ortografico, tramandato in diverse redazioni da alcuni manoscritti altomedievali e pubblicato quindi in forme diverse a seconda del manoscritto utilizzato; una prima edizione si deve a Usener, Eine Handschrift (cit. n. 125),
417-418; una seconda a H. Hagen, che la pubblic con il titolo di Orthographia
Einsidlensis in GL Suppl. 297, 6-299, 27, sulla base del manoscritto di Einsiedeln,
Stiftsbibliothek, 281 (CLA VII 875, area retica, sec. VIII-IX); molto vicina al nostro
testo, infine, sembra anche la cosiddetta Orthographia Bernensis III, pubblicata sempre
da Hagen, GL Suppl. 299, 28-301, 15, sulla base del ms. Bern, Burgerbibliothek, 178
(Francia, regione della Loira, ultimo trentennio del sec. IX) e consistente in una redazione abbreviata, priva di vari lemmi (fra cui anche il lemma iniziale, Religio ideo dicitur, da cui stato ricavato il nome convenzionale della raccolta). Varie redazioni del
testo sono contenute inoltre, per quanto mi consta attualmente, in un discreto numero
di manoscritti altomedievali, quasi tutti dei primi decenni del secolo IX: Mnchen, Clm
14252 (Germania, Ratisbona, St. Emmeram, circa 810-820); Par. lat. 13025 (Francia,
Corbie, inizio del sec. IX); St. Gallen 249, sez. B (Svizzera, San Gallo, circa 820); St.
Gallen 877, sez. A (Svizzera, inizio del sec. IX); Montpellier H 306 (Francia, Auxerre,
secondo quarto del sec. IX); Montecassino, Archivio dellAbbazia, 439 (Italia centromeridionale, met del sec. X).
140
Edizione in Uhlfelder, De proprietate sermonum vel rerum (cit. n. 11), con studio
introduttivo ed elenco dei manoscritti; su questa silloge, nota anche come Inter polliceri et
promittere e attribuita a Isidoro, vd. Brugnoli, Studi (cit. n. 11), 41-57, e, per un orientamento bibliografico generale su tali raccolte, Sallmann, Die Literatur des Umbruchs (cit. n.
13), 43 [P. L. Schmidt]. Si veda inoltre ledizione di H. Hagen, GL Suppl. 275-290, che
per questa serie di differentiae utilizza principalmente il cod. Bern 178, insieme al Bern,
Burgerbibliothek, A 92 fragm. 34 e al Bern 330. Insieme al Bern A 92/34 il nostro codice presenta, con il titolo De dissonantia sermonis (fol. 45r : In nomine Salvatoris incipit De
dissonantia sermonis. Inter auxilium et praesidium et subsidium), una delle due versioni
minori, comunemente indicata come Inter auxilium et praesidium e corrispondente a GL
Suppl. 275, 12-282, 2. Il testo finisce a fol. 46v, con una differentia corrispondente alla nr.
64 Uhlfelder: Inter redibivum per b litteram et redivivum per v hoc interest redibivum quod
nascitur redivivum quod reviviscit.

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

lo, questo manoscritto lunico testimone completo altomedievale), fatto che ben si inquadra nellambiente sicuramente dotto da
cui proviene la miscellanea bernese, e con laggiunta delle
Differentiae, evidentemente non sentite come estranee alla problematica ortografica. Nellultimo foglio sono stati aggiunti due testi
di computo141, e una nota grammaticale, non ben leggibile, conte141

Entrambi i testi, che occupano parte del fol. 46v, sono attribuiti a s. Agostino
e non sono stati identificati da Barker-Benfield, The Manuscripts (cit. n. 125), 349-350,
che ritiene si tratti di estratti derivati da opere di computo nelle quali era citato
Agostino. Il primo estratto pseudoagostiniano, De iure bis sexti S(an)c(ti) Aug(ustini).
Incipit primus annus ab occasu solis verbi gratia noctis diei ... usque ad occidentem solem
eiusdem diei, compare anche in altri due manoscritti, Paris, Bibliothque nationale de
France, lat. 7418A (sec. XII), fol. 36v (ricordato da Barker-Benfield, ibid.), e St. Gallen,
Stiftsbibliothek, 248 (sec. IX1), pp. 64-65 (con il titolo De ratione bis sexti secundum
Augustinum): vd. I. Machielsen, Clavis Patristica Pseudepigraphorum Medii Aevi, III A.
(Praefatio), Artes liberales, (Indices), Turnhout 2003 (CCSL), nr. 638, p. 220, e A.
Cordoliani, Les manuscrits de comput cclesiastique de lAbbaye de Saint Gall du VIIIe au
XIIe sicle, Zeitschr. f. schweiz. Kirchengesch. / Rev. dhist. eccls. suisse, 49 (1955),
161-200: 170; linsieme dei testi di computo del codice di San Gallo (pp. 59-69), in cui
compreso il nostro estratto, apparterrebbe, secondo A. Borst, Der karolingische
Reichskalendar und seine berlieferung bis ins 12. Jahrhundert, I, Hannover 2006 (MGH,
Quellen zur Geistesgeschichte des Mittelalters, 21), 231, a una Enciclopedia di computo,
realizzata ad Aachen nell809. Il secondo estratto, De signis XII: Item Aug(ustinus) de
signis xii. Intrat sol in arietem inchoante prima hora noctis quae praecedit diem ...et exit de
piscibus hora III noctis plena quae praecedit XV k(alendas). apr(i)l(is) appartiene a un
commento a Beda, De temporum ratione 16, attribuito a Byrhtferth di Ramsey (sec. XXI) e stampato da Migne in apparato alla sua edizione di Beda (PL 90, 297-518: 357D359A); in realt il commentario a Beda attribuito a Byrhtferth non altro che una compilazione di materiali raccolti fra il sec. IX e il sec. X ad Auxerre, come ha mostrato
Ch.W. Jones, The Byrhtferth Glosses, MAev, 7 (1938), 81-97 (rist. in Ch. W. Jones,
Bede, the Schools and the Computus, ed. by W. M. Stevens, Aldershot 1994), e Bedae
Pseudepigrapha: Scientific Writings Falsely Attributed to Bede, Ithaca 1939 (rist. in Jones,
Bede cit.), 21-38. Il breve testo del fol. 46v appartiene ad un piccolo trattato, De praeparatione bis sexti (inc. Primo igitur anno praeparationis bis sexti, prima hora noctis, quae
diem XV Kal. Aprilis praecedit, intrat sol in Arietem ; expl.: Arietem possit ingredi; ediz.
in Migne, PL 90, 357D-361A), di cui riporta, con qualche modifica, come si gi visto
dallincipit, la sezione relativa al primo anno del ciclo quadriennale bisestile. Questo
testo di computo, finito poi nelle glosse a Beda erroneamente attribuite a Byrhferth,
sarebbe stato composto, secondo Jones, The Byrhtferth Glosses cit., 92, ad Auxerre, in
quanto compare in numerosi manoscritti provenienti da quel centro: si trova infatti
nelle glosse a Beda tramandate dal ms. Melk 412 (databile all840 circa), un manoscritto che sarebbe appartenuto ad Heiric di Auxerre (vd. supra, n. 125); il testo compare
inoltre, sempre secondo Jones, anche in altri manoscritti come Mnchen, Bayerische
Staatsbibliothek, Clm 210 (Salisburgo, forse 818), foll. 74v-76v; Sankt Gallen,
Stiftsbibliothek, 397 (San Gallo, sec. IX), pp. 102-106; Berlin, Staatsbibliothek
Preussischer Kulturbesitz, 138 (Fleury, sec. X), foll. 21v-22v; Citt del Vaticano,

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PAOLO DE PAOLIS

nente numerose citazioni da autori classici, tratte da Prisciano, cui


se ne aggiungono altre di poeti cristiani142.
Il manoscritto era sicuramente unitario, come appare da una
serie di elementi codicologici e paleografici, dalla stretta somiglianza fra le mani che si alternano nella sua realizzazione, alla
numerazione continua dei fascicoli, alle dimensioni omogenee

Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. lat. 123 (Ripoll, 1056), foll. 42r-43v); Genve,
Bibliothque de lUniversit, 50 (Massay, sec. IX1/4, forse 805), foll. 166v-168r: vd.
Jones, Bedae Pseudepigrapha cit., 32. Per quel che mi consta, inoltre, il testo abbreviato
del codice di Berna compare anche nei seguenti manoscritti: Paris, Bibliothque nationale de France, lat. 2796 (sec. XI), fol. 90v; Laon, Bibliothque municipale, 410 (sec.
XII-XIII), fol. 18r.
142
La nota inizia alla fine del fol. 46r e prosegue sul margine sinistro e in fondo
alla seconda colonna di scrittura del fol. 46v; la mano quella della additional hand 2,
una mano elegante che per Barker-Benfield (vd. supra, n. 126), potrebbe ricordare quella di Heiric di Auxerre. Trascrivo lintera nota, purtroppo in alcuni punti ormai poco
leggibile, fornendo fra parentesi il rinvio a Prisciano e lidentificazione della citazione:
[fol. 46r, fine II colonna] Plautus . Non omnes possunt olere unguenta exotica (Prisc. GL
II 444, 19-20 [Plaut. Most. 42]) Sed fruticante pilo neglecta et squalida crura Iuvenalis
(Prisc. GL II 433, 13-14 [Iuv. 9, 15]) Antiquo antiquas i(d est) infirmo (Prisc. GL II 433,
21) [fol. 46v in marg. sin.] Statius in XI Alloquio scidit ipsa novo terrore cruenta (Prisc.
GL II 516, 22-23 [Stat. Theb. 11, 197]) Virgil(ius) Diffidit ac multa porrectum extendit
harena (Prisc. GL II 517, 14-16 [Verg. Aen. 9, 589]) Ovid(ius) Sacra lavaturas mane petebat aquas (Prisc. GL II 559, 5-7 [Ov. fast. 3, 12]) Iuvenalis / Cogitat heredem cariturus /
turture magno (Prisc. GL II 559, 16-19 [Iuv. 6, 39]) Horatius Iucundasque puer qui lamberat ore placentas (Prisc. GL II 506, 24-25 [Lucil. 585 Marx] Iuvencus gloria suppremum
comitatur debita patrem (Iuvenc. 1, 175) Sedulius funditus intremuit dubioque in fine
supremum (Sedul. carm. pasch. 5, 246) Iuvencus nec minor illorum convicia flamma sequetur (Iuvenc. 1, 502) Iuvencus Ast ubi sopitus furor et seva tyranni (Iuvenc. 1, 267)
[Vergilius] pressis manabunt ubera mammis (Verg. georg. 3, 310) Dracontius (lettura
incerta, seguono alcune lettere non ben leggibili che non consentono di ricostruire il
verso citato) Hausit aquas sterili quod latex de rupe manavit (Sedul. carm. pasch. 1, 156)
[fol. 46v in fondo alla colonna] Vir pius ergo sagax fideique athleta fidelis Fort(unatus)
(Ven. Fort. Mart. 1, 114) Et nova mercandi fit nundina frigus et aestus Fort(unatus) (Ven.
Fort. Mart. 1, 61) Eliquat ac tenero supplantat verba palato Luc(anus) (Prisc. GL II 398,
6-7 [Pers. 1, 35; lerrata attribuzione a Lucano deriva dal fatto che in Prisciano, dopo il
verso di Persio, segue immediatamente Lucanus con relativa citazione]) Limus ut hic
durescit et haec [ut cera liquescit Virg(ilius)] (Prisc. II 398, 8-9 [Verg. ecl. 8, 80]) Labat
ariete crebro ianua Virg(ilius) in II (Prisc. GL II 402, 29-31 [Verg. Aen. 2, 492-493])
Labitur infelix Dido Virg(ilius) III (Prisc. GL II 403, 1-2 [cfr. Verg. Aen. 4, 68 uritur
infelix Dido e Aen. 5, 328-329 Nisus / labitur infelix con contaminazione mnemonica di
due luoghi virgiliani da parte di Prisciano)]. Una trascrizione parziale della nota fornita da Usener, Eine Handschrift (cit. n. 125), 418; vd. inoltre H. Hagen, Catalogus codicum Bernensium (Bibliotheca Bongarsiana), Bern 1875, 331; Barker-Benfield, The
Manuscripts (cit. n. 125), 353.

286

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

delle varie parti143. Le mani individuate da Barker-Benfield sono


quattro144; di esse la pi importante , secondo lo studioso inglese, la prima, che esercita inoltre un ruolo di supervisore generale e
correttore anche filologico del manoscritto e che, oltre a trascrivere numerosi testi (buona parte da Macrobio e Plinio, Nonio lib.
IV, Petronio, il Carmen de ponderibus, linizio del glossario grecolatino e i testi di computo), aggiunge frequentemente negli spazi
liberi note e glosse di contenuto per lo pi erudito145. Delle altre
mani, la seconda copia solo una parte di Macrobio, la terza il grosso dei glossari e parte dei testi ortografici, la quarta parte dei
restanti testi ortografici146, mentre le cinque mani integrative
intervengono per lo pi con note marginali e aggiunte147.
143
Vd. Barker-Benfield, The Manuscripts (cit. n. 125), 337-338, che mostra anche
come la suddivisione originaria in sezioni distinte abbia successivamente facilitato lo smembramento del codice. Il codice rimase unito almeno sino al sec. XIV (anche se gi mutilo del
primo fascicolo), visto che sul fol. 1r del Bern 347 troviamo una tabula del contenuto, vergata da una mano attribuibile a quellepoca, che segnala testi attualmente contenuti nei vari
membra disiecta. Di questa tabula hanno fornito una trascrizione Usener, Eine Handschrift
(cit. n. 125), 419, e Barker-Benfield, ibid., 363-364. Riproduco qui la mia lettura della tabula, segnalando le divergenze con quelle di Usener e Barker-Benfield: Liber macrobii de astronomia Item liber nonii (le due ultime parole sono coperte da un timbro, per cui la lettura
fortemente incerta; Barker-Benfield preferisce non fornirne la trascrizione, Usener legge solo
nonii) macelli de compendiosa doctrina per litteras / item eiusdem de proprietate sermonum item
de diferencia similium significationum / item greca verba cum glosis suis et al[febe]tum hibreorum ([alfebe]tum hebreorum Barker-Benfield, [alfe]betum hebreorum Usener) item quaedam
historia salustii crispi / item ortographia cassiodori collecta ab ipso ex antiquis item ortographia
quae est peritia (pericia Barker-Benfield) scribendi / item ortographia capri et ortographia terencii. Il codice sarebbe poi rimasto unito ancora sino al suo arrivo nelle mani di Pierre Daniel,
il cui ex-libris riconoscibile sul fol. 1r del Bern 347 e sul fol. 1r del Par. lat. 7665: vd.
Barker-Benfield, The Manuscripts (cit. n. 125), 364. Il codice dovette giungere gi smembrato nelle mani di Jacques Bongars, visti i vari suoi ex-libris rintracciabili nei codici Bernesi
347, 357 e 330 (vd. Barker-Benfield, ibid., 365): la presenza di due ex-libris nel Bern 357,
pi quelli del 347 e del 330, fa anzi pensare che alla sua epoca questa sezione del manoscritto
fosse smembrata in quattro parti.
144
Vd. supra, n. 125.
145
Per le correzioni e le aggiunte dello scriba I vd. Barker-Benfield, The Manuscripts
(cit. n. 125), 350-351, che lo identifica come additional hand 1: in questa funzione ha
sia inserito varie glosse e aggiunte nelle parti del manoscritto da lui stesso vergate, sia operato un lavoro di correzione e di aggiunta nelle parti che sono state invece prodotte dagli
altri tre scribi.
146
Cfr. Barker-Benfield, The Manuscripts (cit. n. 125), 357.
147
Vd. supra, n. 125.

287

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PAOLO DE PAOLIS

Il nucleo vero e proprio del manoscritto costituito dalle


parti glossografica e ortografica, mentre la parte astronomica
sembra avere una sua autonomia, anche se la perdita di due fascicoli, esattamente allinizio e alla fine di questa sezione, non consente di valutare completamente come essa dovesse iniziare e finire148. Il primo fascicolo doveva comunque contenere altri testi
astronomici, visto linizio ex abrupto degli estratti macrobiani;
quelli pliniani, invece, sembrano completi e in effetti lultimo
foglio ha il verso bianco (stranamente non riempito), per cui
difficile ipotizzare cosa ci potesse essere nel V fascicolo, ormai
perso. La sezione seguente, per, doveva iniziare certamente con
Nonio Marcello, come appare dalla rubrica che precede il titulus
148
Come si gi detto, la sezione astronomica comprende i primi 4 fascicoli del
Bern 347 (foll. 1r-25r); il primo fascicolo reca il numero II sul foglio 6v, il secondo il
numero III sul foglio 19v, il terzo mutilo degli ultimi due fogli; doveva quindi esserci
un fascicolo iniziale successivamente perso, cos come andato perduto un ulteriore
fascicolo dopo il fol. 25r (il quinto fascicolo del manoscritto originario, visto che il successivo quaternione reca il numero VI al fol. 33v. Dal fol. 1r al fol. 22r troviamo alcuni estratti da Macrobio, Commentarii in Somnium Scipionis, comprendenti le sezioni
atronomica e geografica del commento: Ex Libris Macrobii Ambr(osii) de differentia stellarum et siderum. Nunc videamus quae sint haec duo nomina quorum pariter meminit ...
ut parvi pendendum ambitum famae vir fortis intellegat quae in tam parvo magna esse non
poterit (Macr. somn. 1, 14, 21-2, 9, 9); seguono quindi una frase isolata Ut contentus
potius conscientiae praemio gloriam non requirat, tratta sempre da Macr. somn. 2, 10, 2,
e un breve estratto dal capitolo sui sogni del I libro dei Commentarii macrobiani: Si quis
forte quaerere vult cur porta ex ebore falsis ex cornu veris sit deputata ... ut ad quamvis extremitatem tenuitatis erasum nullo visu ad ulteriora penetretur (Macr. somn. 1, 3, 17-20). Al
fol. 25v iniziano invece alcuni estratti dal II libro della Naturalis Historia di Plinio: a)
fol. 22v Inter caelum et terram certis discreta spatiis septem sidera pendunt ... De inmorata
in coitu solis biduo cum tardissime a tricesima luce ad easdem vices exit (Plin. nat. 2, 1244), seguito dai diagrammi dei sette pianeti (compreso il sole); b) foll. 22v-23r
Intervalla eorum a terra multi indagare temptarunt ... Ita septem tonis effici quam diapasson armoniam vocant (Plin. nat. 2, 83-84), cui fa seguito un grafico degli intervalli; c)
fol. 23r-v De absidibus earum. Tres autem quas supra solem diximus sitas occultantur
meantes cum eo ... ad centrum necesse est sicut in rotis radios ut subiecta figura demonstrat
(Plin. nat. 2, 59-64) cui segue un diagramma circolare delle orbite dei pianeti con segni
zodiacali; d) foll. 24-25r Cur autem magnitudines suas et colores mutent et eaedem ad septentriones accedant ... sed inter omnia haec sidera martis maxime inobservabilis est cursus
(Plin. nat. 2, 62-77): lestratto illustrato da vari disegni, sul fondo di fol. 24v diagramma lineare delle orbite dei pianeti, sul fondo di fol. 25r diagramma circolare delle
orbite (riproduzione in O. Homburger, Die illustrierten Handschriften der
Burgerbibliothek der Bern: Die vorkarolingischen und karolingischen Handschriften, Bern
1962, tav. LIX fig. 131), sul fol. 25v un doppio circolo disposto a piena pagina.

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

di Nonio, Index earum rerum quae hoc codice continentur Nonius


Marcellus etc., che sembra far riferimento, come ho gi avuto
modo di notare in altra sede149 ad una tabula del contenuto che
prevedeva in origine una collocazione iniziale del IV libro di
Nonio, prima ancora degli estratti astronomici. La sezione glossografica terminava a met circa del fascicolo XVII e cos i fogli
bianchi sono stati riempiti, nello stesso momento, con lantologia sallustiana. Pi complesso invece capire come mai gli estratti petroniani e il Carmen de ponderibus, che occupano met del
fascicolo VIII e il fascicolo IX, si siano incuneati fra i due blocchi noniani. Gli excerpta vulgaria, infatti, eccedono lVIII fascicolo ed occupano anche buona parte del IX (e a questo punto il
Carmen de ponderibus sembra un riempimento degli ultimi fogli):
ma tutta la questione degli estratti petroniani ben lungi dallessere chiarita e necessita di ulteriori ricerche, che potrebbero trarre vantaggio da unanalisi autonoma della serie di estratti tramandatici, grazie alla quale sarebbe forse possibile chiarire
meglio le modalit e le finalit di questa operazione di selezione
dal testo petroniano150.
La sezione ortografica ancora pi compatta e omogenea e i
due brevi estratti di computo aggiunti nellultimo foglio sono un
semplice riempitivo degli spazi bianchi. Il grande manoscritto di
Auxerre appare quindi come uno strumento di natura fondamentalmente lessicale, in cui glossari e testi ortografici sono finalizzati a fornire una sorta di vasto thesaurus della lingua latina, su
149

Vd. De Paolis, I codici miscellanei (cit. n. 103), 205.


Finora gli studi sulla trasmissione di Petronio hanno cercato soprattutto di districarsi fra le diverse testimonianze del romanzo petroniano rappresentate dalle due differenti
tipologie di excerpta, i vulgaria e i longa, e dalla Cena Trimalchionis, senza che per venisse approfondita realmente la modalit di selezione e realizzazione degli excerpta; credo
invece che unanalisi autonoma dei due gruppi di excerpta, svincolata dallossessiva preoccupazione del confronto con gli altri testimoni ai fini della ricostruzione di Petronio,
potrebbe dare esiti interessanti, soprattutto in relazione allambiente e agli obiettivi culturali (e didattici?) in cui maturata lexcerptio da Petronio, secondo una prospettiva che
avevo gi cercato di individuare, con altre finalit, nel mio Ledizione di testi tramandati in
excerpta: una questione di metodo, in J. Hamesse [d. par], Les problmes poss par ldition
critique des textes anciens et mdivaux, Louvain-la-Neuve 1992, 57-71: 57-59.
150

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PAOLO DE PAOLIS

cui lavoravano i maestri della scuola e dello scriptorium che lo


utilizzavano in continuazione, come appare dai frequenti interventi e dalle aggiunte operate dalle due mani dotte, lo scriba I e
la additional hand 2.
La definizione di thesaurus fu gi usata da Georg Goetz151,
proprio a proposito dellaltro manoscritto di probabile origine da
Auxerre, il Montpellier H 306, che tramanda un cospicuo numero di opere in comune con il codice di Berna Parigi e Leida, in
particolare il glossario greco-latino, il glossario Abba pater,
Alcuino, le due opere dello Ps.-Capro, Agrecio, lanonima ortografia Religio ideo dicitur, e il De proprietate sermonum vel rerum.
Il codice di Montpellier contiene anche numerosi altri testi, sempre di natura glossografica (ivi comprese le differentiae verborum)
e ortografica, che ne fanno un compatto strumento di lavoro lessicale152, ancor pi ricco del codice che abbiamo poco fa esaminato. La loro forte somiglianza e la struttura analoga mostrano,
credo con molta verosimiglianza, che ci troviamo in presenza di
due manuali provenienti dal medesimo ambiente di studio (che
sia Auxerre o un altro centro carolingio) in cui ormai i testi ortografici erano assimilati agli strumenti pi propriamente lessicali
come i glossari e con essi erano utilizzati come strumenti essenziali per un corretto apprendimento del lessico latino.
151
Vd. G. Goetz, s.v. Differentiarum scriptores, in RE V.1, Stuttgart 1903, 481-484:
483: ein wahrer Thesaurus fr die Differentienlitteratur.
152
Il manoscritto chiaramente diviso in due parti: la prima, composta da due fascicoli (foll. 2-5 + 6-13, il fol. 1 stato aggiunto successivamente), presenta una piegatura
centrale verso linterno del recto, che ne testimonia una conservazione autonoma rispetto
al resto del manoscritto, confermata dal fatto che il fol. 13v molto scurito e rovinato e
dalla natura del tutto eterogenea (testi liturgici nel primo fascicolo e un Chronicon nel
secondo): vd. De Paolis, Tradizioni carolinge (cit. n. 47), 266 n. 9 (con bibliografia sul
manoscritto) e 268 n. 13. La seconda parte contiene invece la grande raccolta di glossari,
differentiae, hermeneumata e testi ortografici (foll. 14-222) ed comunque omogenea, pur
essendo anchessa suddivisibile da un punto di vista codicologico in tre blocchi predisposti con modalit di impaginazione diversa in vista della natura dei testi che dovevano contenere. Distingue chiaramente le due parti Bischoff, Katalog II (cit. n. 82), nrr. 2856 e
2857, che assegna la prima (circoscritta ai soli foll. 6-13, contenenti il Chronicon) allanno 831, con localizzazione nella Francia settentrionale, mentre dubitosamente propone
per la seconda Auxerre, con datazione al secondo quarto del sec. IX circa.

290

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LINSEGNAMENTO DELLORTOGRAFIA FRA TARDOANTICO E ALTO MEDIOEVO

In fondo questo destino altomedievale dei testi ortografici sembra quasi chiudere il cerchio con le origini della dottrina ortografica romana, visto che il primo trattato ortografico di cui abbiamo
notizia153 si deve proprio a un lessicografo come Verrio Flacco.

153
Prima di Verrio Flacco non risulta che sia stata composta nessuna opera dedicata
esplicitamente allortografia (vd. Desbordes, Ides romaines [cit. n. 1], 161), pur essendo
abbondanti le testimonianze su interessi e notazioni ortografiche in poeti ed eruditi, qualche volta anche raccolte in forma compatta, come nel gi ricordato caso del libro IX delle
Satire di Lucilio, che doveva contenere una ampia serie di osservazioni ortografiche (vd.
supra, n. 8). Anche Varrone, pur avendo affrontato in pi luoghi questioni ortografiche di
varia natura ed essendo quindi sicuramente uno dei punti di riferimento per tutta la successiva dottrina ortografica (vd. Strzelecki, Orthographie [cit. n. 1], 1465-1466) non risulta abbia mai dedicato a questo argomento unopera autonoma; nemmeno il trattato De s
littera di Messala Corvino (vd. Funaioli, GRF, 503-506; Strzelecki, ibid., 1467;
Desbordes, ibid., 60), pur essendo anteriore a quello di Verrio Flacco, pu essere considerato unopera generale sullortografia. La prima testimonianza in tal senso resta quindi
quella tramandataci da Svetonio, gramm. 19, a proposito di Verrio Flacco: Scribonius
Aphrodisius Orbilii servus atque discipulus, mox a Scribonia Libonis filia quae prior Augusti
uxor fuerat redemptus et manumissus docuit quo Verrius tempore, cuius etiam libris de orthographia rescripsit non sine insectatione studiorum morumque eius.

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PAOLO DE PAOLIS

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