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Giacomo di Molay, il Gran Maestro dei Templari, lanciava, nel 1314, dallalto

del suo rogo, il suo anatema. Conosceva forse, attraverso le scienze divinatorie
di cui i Templari erano a parte, lavvenire al quale erano destinati Filippo il
Bello e la sua discendenza? O le fiamme nelle quali egli si spegneva avevano
aperto al suo spirito una visione profetica?
Queste sono le domande che gli storici si sono poste pi volte e che si sar
senza dubbio poste anche il lettore del ciclo de I RE MALEDETTI.
La tragica vicenda si conclude con questo sesto volume della suddetta collana
nel quale ancora una volta fa spicco la profonda erudizione storica e la fervida
vena narrativa del Druon. Egli affresca in esso, con perizia di miniaturista, gli
avvenimenti nei quali si concretizza la catastrofe della casa regnante di Francia
ed il tragico destino del popolo francese che avrebbe dovuto soffrire ancora a
lungo, prima che si dissipasse, nel fumo di altri roghi, la maledizione del Gran
Maestro.

MAURICE DRUON
de lAcadmie franaise

I RE MALEDETTI
(LIBRO VI)

IL GIGLIO
E IL LEONE
(1328 1343)

P RO P R I E T L E T T E R A R I A R I S E RVA TA
PRIMA EDIZIONE APRILE 1962

Titolo originale dellopera


LE LYS ET LE LION

Scan e Rielaborazione
di Purroso

STAMPATO IN ITALIA - PRINTED IN ITALY 1962


ROTOCALCO CAPROTTI & C. s.a.s. - TORINO - VIA VILLAR, 2

QUESTO ROMANZO DI
M AU R I C E D RU O N
stato realizzato con la collaborazione di
GEORGES KESSEL
PIERRE DE LACRETELLE
MADELEINE MARIGNAC

Traduzione di ETTORE CAPRIOLO

Lautore desidera esprimere alla direzione della Biblioteca Nazionale e ai servizi degli
Archivi Nazionali di Parigi i propri ringraziamenti per gli aiuti preziosi dati al suo
lavoro.

PRINCIPALI PERSONAGGI DI QUESTO VOLUME

CASA DI FRANCIA
Il re
FILIPPO VI DI VALOIS, pronipote di San Luigi, nipote di Filippo il Bello, figlio
primogenito del conte Carlo di Valois e della di lui prima moglie Margherita
dAnjou-Sicilia, 35 anni 1.

La regina
GIOVANNA DI BORGOGNA, detta la Zoppa, nipote di San Luigi, sorella del duca
Eudes IV e della defunta regina Margherita di Borgogna, 33 anni.

Il loro primogenito
GIOVANNI, duca di Normandia, futuro re Giovanni II il Buono, 9 anni.

Le ex-regine
GIOVANNA DEVREUX, figlia di Luigi di Francia, conte dEvreux, nipote di
Filippo il Bello, terza moglie e vedova di re Carlo IV il Bello, 25 anni.
GIOVANNA DI BORGOGNA, detta la Vedova, figlia di Mahaut dArtois, sposa
dellex re Filippo V il Lungo.

CASA DINGHILTERRA
Il re
EDOARDO III PLANTAGENETO, figlio di Edoardo II e di Isabella di Francia, 16
anni.

La regina
FILIPPA DI HAINAUT, secondogenita del conte Guglielmo di Hainaut e di
Giovanna di Valois, 14 anni.

La regina madre
ISABELLA

DI

FRANCIA, vedova di Edoardo II, figlia di Filippo il Bello, 36 anni.

I parenti del re
ENRICO

DETTO

COLLOTORTO, conte di Leicester e di LANCASTER, 47 anni.

Edmondo, conte di KENT, zio di re Edoardo III, 27 anni.

CASA DI NAVARRA
La regina
GIOVANNA DI NAVARRA, figlia di Luigi X il Testardo e di Margherita di
Borgogna, nipote di Filippo il Bello, erede al trono di Navarra, 17 anni.

Il re
FILIPPO DI FRANCIA, conte dEvreux, figlio di Luigi di Francia e marito della
precedente, 21 anni circa.

CASA DI HAINAUT
GUGLIELMO, detto il Buono, conte sovrano di Hainaut, dOlanda e di Zelanda,
padre della regina Filippa dInghilterra.
GIOVANNA DI VALOIS, contessa di Hainaut, moglie del precedente e sorella di
re Filippo VI di Francia.
GIOVANNI

DI

HAINAUT, fratello minore del conte Guglielmo.

CASA DI BORGOGNA
(ducato)
EUDES IV, duca-pari di Borgogna, fratello della defunta regina Margherita di
Borgogna e dellattuale regina Giovanna la Zoppa, 46 anni circa.
GIOVANNA DI BORGOGNA , sua sposa, figlia di re Filippo V il Lungo, nipote di
Mahaut dArtois, 19 anni.

CASA DARTOIS
MAHAUT, contessa-pari dArtois, vedova del conte Ottone IV di Borgogna,
madre dellex-regina Giovanna la Vedova e nonna della duchessa Giovanna di
Borgogna, 59 anni.
ROBERTO DARTOIS, conte-pari di Beaumont-le-Roger, signore di Conches,
nipote della precedente, cugino e cognato di re Filippo VI, 41 anni.
GIOVANNA DI VALOIS-COURTENAY, sorellastra di re Filippo VI, sposa di
Roberto dArtois e sempre indicata col titolo di contessa di BEAUMONT, 24
anni.

PARI, PRELATI E DIGNITARI DELLA CORTE DI FRANCIA


LUIGI I, duca-pari di BORBONE, grande intendente alla camera del Re,
nipote di San Luigi, figlio di Roberto di Clermont.
LUIGI

DI

NEVERS, conte-pari di Fiandra.

GUGLIELMO

DI

TRYE, duca-arcivescovo di Reims, pari ecclesiastico.

GAUCHER DI CHTILLON, conte di Porcien e sire di Crvecoeur, conestabile di


Francia dal 1302 al 1329.
RAOUL

DI

BRIENNE, conte di Eu, conestabile dalla morte del precedente.

GIOVANNI DI MARIGNY, conte-vescovo di Beauvais, fratello minore di


Enguerrand di Marigny, pari ecclesiastico.

UGO, conte di BOUVILLE, ex-ciambellano di Filippo il Bello.


GIOVANNI

DI

GUGLIELMO

CHERCHEMONT, cancelliere nel 1328.


DI

SAINTE-MAURE, cancelliere a partire dal 1329.

MILLE DI NOYERS, ex-maresciallo di Francia, presidente della Camera dei conti,


presidente del Parlamento.
ROBERTO BERTRAND, detto il Cavaliere del Verde Leone e MATTEO
marescialli di Francia.

DI

TRYE,

BEHUCHET, ammiraglio.
GIOVANNI

IL

MATTO, nano.

LORD, PRELATI E DIGNITARI DELLA CORTE DI INGHILTERRA


RUGGERO MORTIMER, ottavo barone di Wigmore, primo conte delle Marches,
ex Gran giudice dIrlanda, amante della regina madre Isabella, 42 anni.
GUGLIELMO
ENRICO

DI

DI

MELTON, arcivescovo di York, primate dInghilterra.

BURGHERSH, vescovo di Lincoln, cancelliere e ambasciatore.

ADAMO ORLETON, gi vescovo di Hereford, ora di Worcester, e poi di


Winchester, tesoriere e ambasciatore.
GIOVANNI, barone MALTRAVERS, siniscalco dInghilterra, 38 anni circa.
GIOVANNI, barone MONTAGU, primo conte di SALISBURY, consigliere e
ambasciatore, poi lord-guardiano dei Cinque porti e maresciallo dInghilterra,
27 anni.
GUALTIERO

DI

MAUNY, scudiero della regina Filippa.

GIOVANNI DAVERILL, governatore del castello di Corfe.


GUGLIELMO ELAND, governatore del castello di Nottingham.

MAGISTRATI E TESTIMONI PRINCIPALI AL PROCESSO DARTOIS

PIETRO DI VILLEBRESME, commissario.


PIETRO TESSON, notaio.
GIOVANNA DI DIVION, ex-amante del defunto vescovo Thierry dHirson.
BEATRICE DHIRSON, nipote del vescovo Thierry, damigella di compagnia della
contessa Mahaut di Artois.
GILLET DI NELLE, servitore di Roberto dArtois.
MARIA LA BIANCA, MARIA LA NERA e GIANNINA SESQUENES, domestiche di
Giovanna di Divion.
PIETRO DI MACHAUT, testimone.
ROBERTO ROSSIGNOL, falsario.
MACIOT IL TEDESCO, armigero.
SIMONE DI BRUCY, procuratore del re.

Limperatore di Germania : LUIGI V DI BAVIERA.


Il re di Boemia : GIOVANNI DI LUSSEMBURGO, figlio dellimperatore Enrico VII
di Germania.
Il re di Napoli : ROBERTO DANJOU-SICILIA , detto lAstrologo, zio di re Filippo
VI di Francia.
Il re dAragona : ALFONSO IV.
Il re dUngheria : LUIGI I, il Grande.
I papi : GIOVANNI XXII, gi cardinale Giacomo DUZE fino al 1334; poi
BENEDETTO XII, gi cardinale Giacomo FOURNIER, detto il Cardinale
Bianco.
JAKOB VAN ARTELVELDE, capo della lega fiamminga.
COLA DI RIENZO, tribuno di Roma.
SPINELLO TOLOMEI, banchiere senese.
GIOVANNI I IL POSTUMO, detto GIANNINO, figlio di Luigi X il Testardo e di
Clemenza dUngheria, pretendente al trono di Francia.

La politica consiste di volont di conquista


e conservazione del potere:
esige perci unazione di contrasto,
o illusoria, sugli spiriti
Lo spirito politico finisce sempre
per essere costretto a falsificare .

(Paul Valry)

PARTE PRIMA

I NUOVI RE

I IL MATRIMONIO DI GENNAIO

a tutte le parrocchie della citt, al di qua come al di l del fiume, da San

Dionigi, da SantUberto, da San Martin-cum-Gregory, da Santa Mary-Senior, da


Santa Mary-Junior, da Shambles, da Tanner Row, da ogni punto, il popolo di
York saliva da due ore in file interrotte verso il Minster, verso la gigantesca
cattedrale, ancora incompiuta, la cui massa imponente dominava la citt.
In Stonegate e Deangate, le due strade tortuose che conducevano allo Yard, la
folla era bloccata. Gli adolescenti, a cavalcioni sui paracarri, non scorgevano che
teste, soltanto teste, un brulicare di teste che copriva interamente lo spiazzo.
Borghesi, mercanti, matrone dalle numerose nidiate, infermi sulle loro grucce,
domestiche, commessi dartigiani, chierici incappucciati, soldati in cotta darme e
mendicanti cenciosi si confondevano come le pagliuzze in un fastello di fieno. Era
il giorno in cui i ladri dalle dita agili facevano affari per un intero anno. Dalle
finestre a strapiombo apparivano grappoli di visi.
Ma era luce di mezzogiorno quella penombra umida e fumosa, quella fredda
bruma, quella nube lanuginosa che avvolgeva lenorme edificio e la moltitudine
scalpicciante nel fango? La folla si comprimeva per conservare il proprio calore.
24 gennaio 1328. Davanti a monsignor Guglielmo di Melton, arcivescovo di
York e primate dInghilterra, re Edoardo III, che non aveva ancora sedici anni,
sposava la signora Filippa di Hainaut, sua cugina, che ne aveva poco pi di
quattordici.
Non restava nemmeno un posto libero nella cattedrale riservata ai dignitari del
regno, allalto clero, ai membri del parlamento, ai cinquecento cavalieri invitati e ai
cento nobili scozzesi in kilt, venuti per ratificare, in questa stessa occasione, il
trattato di pace. Fra poco sarebbe stata celebrata una messa solenne, cantata da
centoventi cantori.
Ma per il momento la prima parte della cerimonia, il matrimonio vero e
proprio, si svolgeva davanti al portale sud, fuori della chiesa e davanti al popolo,

secondo il rito antico e le usanze particolari dellarchidiocesi di York, per ricordare


che il matrimonio un sacramento che gli sposi si somministrano a vicenda con
promesse e consensi pubblici, e al quale il prete assiste soltanto come testimone.
La bruma lasciava le sue umide tracce sui rossi velluti del baldacchino
appoggiato al portico, si condensava sulle mitre dei vescovi, incollava le pellicce
alle spalle dei membri della famiglia reale radunati attorno alla giovane coppia.
Here I take thee, Philippa, to my wedded wife, to have and to hold, at bed
and at board1. Qui ti prendo, Filippa, come mia moglie sposata, per averti e
conservarti nel mio letto e nella mia casa
Emessa da quelle labbra tenere, da quel viso imberbe, la voce del re sorprese
per la sua forza, la sua chiarezza e lintensit della sua vibrazione. La regina madre
Isabella ne rimase sorpresa, e cos messer Giovanni di Hainaut, zio della sposa, e
tutti gli aristocratici presenti, fra i quali il conte Edmondo di Kent e il conte di
Lancaster detto Collotorto, capo del Consiglio di reggenza e tutore del re.
Soltanto una volta i baroni avevano sentito il loro nuovo sovrano parlare con
quellinattesa potenza: in un giorno di battaglia nellultima campagna di Scozia.
For fairer, for fouler, for better, for worse, in sickness and in health . Per il
bello e per il brutto, per il meglio e per il peggio, nella malattia e nella salute
Il bisbigliare della folla si andava man mano spegnendo. Il silenzio si allargava
come un cerchio nellacqua, e leco della giovane voce regale si propagava al di l
delle migliaia di teste, udibile quasi sino allaltro capo della piazza. Il re
pronunciava con lentezza la lunga formula appresa il giorno prima: ma si sarebbe
detto che la stesse inventando, tanto ne distaccava i termini, tanto li pensava per
attribuire loro il significato pi profondo e pi grave possibile. Sembravano le
parole di una preghiera destinata ad essere detta una volta sola, e per tutta la vita.
In quel corpo dadolescente si esprimeva un anima di adulto, un uomo sicuro
del suo impegno davanti al cielo, un principe cosciente della sua funzione di
intermediario fra il proprio popolo e Dio. Il nuovo re chiamava a testimoni la
madre, i parenti, i suoi grandi ufficiali, i suoi baroni, i suoi prelati, la popolazione
di York e lInghilterra tutta, dellamore che stava giurando alla signora Filippa.
I profeti ardenti di zelo divino, i condottieri sostenuti da una convinzione
incrollabile, sanno diffondere nelle folle il contagio della loro fede. E anche
lamore affermato in pubblico possiede questa potenza, provoca questa adesione
di tutti alla emozione di un solo uomo.
Non cera donna fra il pubblico, qualunque fosse la sua et, non una sposa
novella, non una moglie ingannata, non una vedova, non una vergine, non una
vecchia, che non si sentisse in quel momento al posto della nuova regina; non un

uomo che non si identificasse nel giovane re. Edoardo III si univa a tutte le
femmine del suo popolo. Ed era il suo regno tutto intero che sceglieva Filippa
come compagna. Tutti i sogni della giovent, tutte le delusioni dellet matura,
tutti i rimpianti della vecchiaia si volgevano verso di loro come altrettante offerte
sgorgate da ogni cuore. Quella sera, nelle strade buie, gli occhi dei fidanzati
avrebbero illuminato la notte, e anche le vecchie coppie indifferenti si sarebbero
riprese per mano dopo cena.
Se da tempi remoti i popoli saffollano ai matrimoni dei prncipi perch
vogliono vivere, per interposta persona, una felicit che, per il fatto di essere loro
mostrata da cos grandi altezze, sembra perfetta.
till death us do part fin quando la morte non ci separi
Ognuno si sent un groppo alla gola; lintera piazza parve emettere un
immenso sospiro di dolorosa sorpresa, quasi di riprovazione. No, non bisognava
parlare di morte in quel momento; non era possibile che quei due giovani
dovessero subire la sorte comune, non era ammissibile che fossero mortali.
and thereto I plight thee my troth e per tutto questo impegno la mia
fede.
Il giovane re sentiva respirare la folla, ma non la guardava.
I suoi occhi celesti, quasi grigi, dalle lunghe ciglia che solo in quel momento si
erano sollevate, non abbandonavano la fanciulla tonda e rubizza, imbacuccata nei
suoi velluti e nei suoi veli, alla quale rivolgeva la sua promessa.
Eppure Filippa non assomigliava affatto a una principessa da fiabe, e non era
nemmeno molto graziosa. Aveva i tratti grassocci degli Hainaut, il naso corto, il
viso coperto di macchie rosse. Il suo corpo mancava di grazie particolari, ma era
per lo meno una ragazza semplice che non cercava di simulare un atteggiamento
maestoso che non le sarebbe molto convenuto. Privata degli ornamenti regali, la si
sarebbe confusa con qualunque ragazza dai capelli rossi della sua et; come lei, se
ne incontravano a centinaia in tutte le nazioni del Nord. Ed era appunto questo
ad accentuare la simpatia della folla. Era stata eletta dalla sorte e da Dio, ma non
era molto diversa, fondamentalmente, dalle donne sulle quali avrebbe regnato.
Tutte le rosse un po grasse si sentivano promosse e onorate.
Commossa anche lei fin quasi a tremare, sbatteva le palpebre quasi non potesse
sostenere lo sguardo intenso del suo sposo. Tutto ci che le stava accadendo era
troppo bello. Tante corone intorno, tante mitre, e quei cavalieri e quelle dame che
scorgeva allinterno della cattedrale, schierati dietro i ceri come le anime nel
paradiso, e tutto quel popolo intorno Regina; fra poco sarebbe stata regina e
scelta per amore!

Ah! Come lo avrebbe coccolato, servito, adorato, quel bel principe biondo dalle
lunghe ciglia e dalle mani delicate, miracolosamente arrivato venti mesi prima a
Valenciennes, per accompagnare una madre in esilio che veniva a chiedere aiuto e
rifugio! I genitori li avevano mandati a giocare in giardino, con gli altri bambini; e
lui si era invaghito di lei, e lei di lui. Adesso, divenuto re, non laveva dimenticata.
Con quale gioia Filippa gli consacrava la propria vita! Temeva soltanto di non
essere abbastanza bella per piacergli sempre, n abbastanza istruita per poterlo
davvero aiutare.
Datemi, signora, la vostra mano destra le disse larcivescovo-primate.
E subito Filippa protese dalla manica di velluto una manina grassoccia che
present con fermezza, col palmo in avanti e le dita aperte.
Edoardo contempl con meraviglia quella stella rosa che gli si offriva.
Da un vassoio consegnatogli da un altro prelato, larcivescovo prese lanello
doro tempestato di rubini, lo benedisse e lo consegn al re. Lanello era umido
come tutto ci che veniva toccato da quella bruma. Poi larcivescovo, lentamente,
avvicin le mani dei due sposi.
In nome del Padre pronunci Edoardo posando lanello senza infilarlo
sullestremit del pollice di Filippa. In nome del Figlio dello Spirito
Santo disse, ripetendo il gesto sullindice e poi sul medio.
Infine fece scivolare lanello sul quarto dito dicendo:
Amen!
Era ormai sua moglie.
Come ogni madre che assiste al matrimonio del figlio, la regina Isabella aveva
le lacrime agli occhi. Si sforzava di pregare Dio perch concedesse al suo
bambino ogni felicit, ma pensava soprattutto a se stessa e soffriva. Questi ultimi
giorni lavevano condotta a un punto in cui cessava di essere la prima nel cuore di
suo figlio e nella sua casa. No, non che avesse molto da temere da quella piccola
piramide di velluti e di ricami che diventava in quellattimo sua nuora, n
nellautorit sulla corte, n in un raffronto di bellezza. Diritta, sottile e dorata, con
le belle trecce sollevate ai due lati di un viso chiarissimo, Isabella a trentasei anni
ne dimostrava appena trenta. Glielo aveva confermato il suo specchio, consultato a
lungo quella stessa mattina mentre si infilava la corona per la cerimonia. Eppure, a
partire da quel giorno, non era pi regina, ma soltanto regina-madre. Come
poteva essere avvenuto cos rapidamente? Come potevano ventanni di vita, per
altro attraversati da tante tempeste, essere svaniti in quel modo?
Pensava al suo matrimonio, celebrato esattamente ventanni prima, anchesso a
fine gennaio e anchesso nella bruma, ma a Boulogne, in Francia. Anche lei si era

sposata credendo alla felicit, anche lei aveva pronunciato le promesse nuziali con
tutto il cuore. Poteva sapere allora a chi la univano per favorire gli interessi dei
regni? Poteva sapere che il suo amore e la sua devozione sarebbero stati ricambiati
con odio, umiliazioni e disprezzo, che si sarebbe vista soppiantata dal letto del suo
sposo, e non da concubine, ma da uomini avidi e corrotti, che la sua dote sarebbe
stata usurpata e i suoi beni confiscati, che avrebbe dovuto fuggire in esilio per
salvare la propria vita in pericolo, raccogliere un esercito per riconquistare il
potere, e giungere infine ad ordinare lassassinio di Edoardo II, delluomo che le
aveva infilato al dito lanello nuziale?
S, era davvero fortunata la giovane Filippa, ad essere non solo sposata ma
amata!
Soltanto una prima unione pu essere totalmente pura e totalmente felice. Nulla
pu sostituirla, se fallisce: un secondo amore non raggiunge questa perfezione
cristallina: anche se solido come il marmo lo attraversano vene di colore diverso
che sono come il sangue disseccato del passato.
La regina Isabella volse lo sguardo verso Ruggero Mortimer barone di
Wigmore, il suo amante, luomo che grazie a lei quanto a se stesso governava da
padrone lInghilterra in nome del giovane re. Egli la stava fissando con le
sopracciglia corrugate, il viso severo e le braccia incrociate sul sontuoso mantello,
senza alcuna bont.
Intuisce ci che penso, si disse Isabella. Ma che uomo per darmi la
sensazione di essere in colpa appena cesso per un attimo di pensare soltanto a
lui?.
E, conoscendo la sua natura diffidente, gli sorrise sperando di placarlo. Che
poteva volere di pi? Viveva con lei come se fossero stati marito e moglie, bench
ella fosse regina e lui sposato; e Isabella aveva costretto il regno ad accettare i loro
pubblici amori. Aveva agito in modo che lui esercitasse un completo controllo sul
potere. Ora egli nominava uomini di sua fiducia a tutte le alte cariche; si era fatto
assegnare tutti i feudi degli ex-favoriti di Edoardo II; il Consiglio di reggenza
obbediva ai suoi ordini e interveniva soltanto per ratificare le sue volont. Aveva
persino convinto Isabella a rendersi vedova di propria iniziativa. Era colpa sua se
la chiamavano la Lupa di Francia! Come poteva impedire che ella vi pensasse in
un giorno di nozze, soprattutto essendo presente anche lesecutore, Giovanni
Maltravers, recentemente promosso siniscalco dInghilterra, il cui lungo viso
sinistro sbucava, dietro la spalla di Mortimer, come a ricordare il delitto?
Non era soltanto Isabella che si sentiva imbarazzata da quella presenza.
Giovanni Maltravers era stato il custode del defunto re, e la sua brusca

promozione alla carica di siniscalco lasciava intendere sin troppo chiaramente quali
servigi erano stati cos compensati. Tutti coloro per i quali lassassinio di Edoardo
II rappresentava ora una quasi assoluta certezza, lo fissavano impacciati e
pensavano che luccisore del padre avrebbe fatto meglio a non essere presente alle
nozze del figlio.
Il conte di Kent, fratello del morto, si chin verso il cugino Enrico Collotorto e
gli sussurr:
Sembra che adesso il regicidio dia il diritto di far parte della famiglia.
Edmondo di Kent batteva i denti per il freddo. Secondo lui la cerimonia era
troppo lunga, il rituale di York troppo complicato. Perch non celebrare il
matrimonio nella cappella della Torre di Londra o di qualche castello reale, invece
di fame pretesto per una festa popolare? La folla lo faceva star male. E per di pi
laver di fronte Maltravers
Collotorto, con il capo appoggiato alla spalla destra, uninfermit alla quale
doveva il suo soprannome, sussurr:
certo il peccato la pi facile via daccesso alla nostra casata. Il nostro
amico il primo a darcene una prova Ma, zitto! Ci sta guardando.
Con lespressione nostro amico egli alludeva a Mortimer, indicando cos
quanto fossero cambiati i sentimenti da quando egli era sbarcato, diciotto mesi
prima, alla testa dellesercito della regina, accolto come un liberatore.
In fondo, pensava Collotorto, la mano che esegue non pi spregevole
della testa che comanda. E Mortimer, e con lui Isabella, certo pi colpevole di
Maltravers. Ma anche noi siamo tutti un po colpevoli; abbiamo tutti calcato un
po troppo la mano quando si trattato di destituire Edoardo II. Non poteva
finire altrimenti.
Intanto larcivescovo stava porgendo al giovane re tre monete doro, su un verso
delle quali erano incisi gli stemmi dInghilterra e di Hainaut, e sullaltro una
pianticella di rose, il fiore emblematico della felicit coniugale. Queste monete
erano i denari per sposare, simbolo del doario, in redditi, terre e castelli, che lo
sposo costituiva per la propria consorte. Queste donazioni erano state gi precisate
per iscritto, il che rassicurava un po messer Giovanni di Hainaut, lo zio, il quale
vantava sempre un credito di quindici mila lire, per il soldo dei suoi cavalieri
durante la campagna di Scozia.
Prosternatevi, signora, ai piedi del vostro sposo, per ricevere i denari
disse larcivescovo alla sposa.
Tutti gli abitanti di York attendevano questo istante, curiosi di sapere se il loro
rituale sarebbe stato rispettato fino alla fine, e se era impegnativo per una regina

quanto per una suddita.


Ma nessuno poteva prevedere che Filippa non soltanto si sarebbe inginocchiata
ma, in uno slancio di amore e di gratitudine, avrebbe stretto fra le braccia le
gambe del marito, e baciato le ginocchia di colui che la faceva regina. Quella
paffuta fiamminga era dunque capace dinventare qualcosa sotto limpulso del
cuore.
La folla accolse il suo gesto con unimmensa ovazione.
Credo che saranno molto felici disse Collotorto a Giovanni di Hainaut.
Il popolo le vorr bene disse Isabella a Mortimer che le si era avvicinato.
La regina-madre si sentiva un poco ferita; quellovazione non era per lei.
Filippa la regina adesso, pensava. Il mio momento finito. Ma ora, forse, potr
avere la Francia.
Un messaggero con il fiordaliso era infatti arrivato una settimana prima a York
per comunicarle che il suo ultimo fratello di Francia, re Carlo IV, stava morendo.

II MANEGGI PER UNA CORONA

arlo IV il Bello si era ammalato il giorno di Natale. AllEpifania i medici

che lo curavano non nascondevano pi lirrimediabilit della sua situazione. Quale


la causa di questa febbre che lo consumava, di questa tosse straziante che scuoteva
il suo petto scarno, di quegli sputi sanguinolenti? I medici alzavano le spalle in un
gesto impotente. La maledizione, diamine! La maledizione che si era abbattuta sui
discendenti di Filippo il Bello. Nulla possono i rimedi contro una maledizione. Sia
la corte che il popolo erano assolutamente convinti che non si dovesse cercare
altrove la causa.
Luigi il Testardo era morto a ventisette anni, e morto ammazzato, nessuno ne
dubitava, anche se la contessa Mahaut dArtois si era fatta assolvere in un pubblico
processo. Filippo il Lungo era trapassato a ventinove anni, per aver bevuto nel
Poitou unacqua di pozzo avvelenata dai lebbrosi. Carlo IV aveva resistito fino ai
trentatr anni. Era il limite. ben noto che i maledetti non possono superare let
di Cristo!
Tocca a noi, fratello, impadronirci fin dora del governo del regno, e tenerlo
saldamente in mano, aveva detto il conte di Beaumont, Roberto dArtois, a suo
cugino e cognato Filippo di Valois. E questa volta, aveva aggiunto, non ci
lasceremo battere in velocit da mia zia Mahaut. Anche perch non ha pi generi
da mandare avanti.
Quei due parevano davvero il ritratto della salute. Roberto dArtois, quarantun
anni, era sempre lo stesso colosso che doveva chinarsi per passare da una porta e
poteva piegare un bue prendendolo per le corna. Espertissimo in procedure, in
cavilli, in intrighi, gi da ventanni stava dimostrando ci che sapeva fare, nel
processo dArtois, nella guerra di Guienna e in mille altre occasioni. Per opera sua
era scoppiato lo scandalo della Torre di Nesle. E grazie a lui, in parte, lord
Mortimer prima e la regina Isabella poi, avevano potuto rifugiarsi in Francia e,
divenuti amanti, raccogliere un esercito nello Hainaut, suscitare una rivolta in

Inghilterra e rovesciare Edoardo II. E certo non si sentiva imbarazzato, quando si


metteva a tavola, per il fatto di avere sulle mani il sangue di Margherita di
Borgogna. Negli ultimi anni, alle sedute del Consiglio del debole Carlo IV, la sua
voce si era fatta sentire pi spesso di quella del sovrano.
Filippo di Valois, di sei anni pi giovane, non possedeva tante qualit. Ma alto
e forte, con il petto ampio, il nobile incedere e una corporatura che, quando
Roberto non gli era accanto, poteva quasi apparire gigantesca, aveva una bella
prestanza di cavaliere che predisponeva in suo favore. E soprattutto si giovava del
ricordo lasciato da suo padre, il famoso Carlo di Valois, il principe pi turbolento
e pi avventuroso della sua epoca, cacciatore di troni fantasmi e di crociate
abortite, ma grande uomo di guerra, del quale si sforzava di imitare la prodigalit
e la magnificenza.
Se fino allora Filippo di Valois non aveva ancora sbalordito lEuropa con le sue
imprese, tutti per gli facevano credito. Brillava soprattutto nei tornei, che erano la
sua passione; e il coraggio che vi mostrava non era certo da trascurare.
Filippo, ti far reggente diceva Roberto dArtois, lo voglio, ne prendo
limpegno. Reggente, e forse re, se Dio lo vuole cio se fra due mesi la
regina, mia nipote, che gi gravida fino ai denti, non mette al mondo un
maschio. Povero cugino Carlo! Non lo vedr quel bambino che tanto sognava.
Ma anche se fosse un maschio, tu eserciteresti comunque la reggenza per
almeno ventanni. E in ventanni
Aveva concluso la frase con un grande gesto del braccio che pareva accennare a
tutte le possibili eventualit, alla mortalit infantile, agli incidenti di caccia, ai
disegni impenetrabili della Provvidenza.
E tu, con la lealt che ti conosco continuava il gigante, mi farai
finalmente restituire quella contea dArtois che Mahaut, Mahaut la Ladra,
lavvelenatrice, ingiustamente usurpa da quando spirato il mio nobile avo,
nonch la dignit di pari che ad essa si collega. Pensa che non sono nemmeno
pari! Non ridicolo? Me ne vergogno per tua sorella, la mia sposa.
Filippo aveva abbassato due volte il suo grande naso polputo e chiuso le
palpebre come a dichiararsi daccordo.
Roberto, ti render giustizia se sar in grado di farlo. Puoi contare sul mio
appoggio.
Le migliori amicizie sono quelle che si fondano su interessi comuni e sui
progetti di un comune avvenire.
Roberto dArtois, che non arretrava davanti a nulla, si assunse lincarico di
andare a Viennese per fare intendere a Carlo il Bello che i suoi giorni erano

contati e che doveva prendere qualche disposizione, come ad esempio convocare


urgentemente i pari e raccomandare loro Filippo di Valois quale futuro reggente.
Anzi, per meglio dirigere la loro scelta, perch non affidare sin dora a Filippo
lamministrazione del regno, delegandogli tutti i poteri2?
Siamo tutti mortali, tutti, mio buon cugino diceva Roberto che scoppiava
di salute, e faceva tremare con il suo passo possente il letto dellagonizzante.
Carlo IV non era in condizioni di rifiutare, e provava anzi un certo sollievo al
pensiero di essere liberato da ogni preoccupazione. La sua sola aspirazione era di
conservare il pi possibile una vita che gli stava sfuggendo dalle mani.
Cos Filippo di Valois ricevette la delega regale e eman lordine di
convocazione dei pari.
Subito Roberto dArtois si mosse. And da prima dal nipote dEvreux, un
ragazzo ancora giovane, ventun anni, bello da vedere, ma certo non molto
intraprendente. Aveva sposato la figlia di Margherita di Borgogna, Giovanna la
Piccola come si continuava a chiamarla bench avesse ormai diciassette anni
che era stata esclusa dalla successione del trono di Francia dopo la morte del
Testardo.
La legge salica era stata infatti escogitata a suo danno, e tanto pi agevolmente
in quanto la cattiva condotta di sua madre aveva posto seri dubbi sulla legittimit
della sua nascita. In compenso, per placare la casa di Borgogna, avevano
riconosciuto i suoi diritti al trono di Navarra. Ma limpegno non era ancora stato
mantenuto, e i due ultimi re di Francia si erano fregiati anche della corona
navarrina.
Se Filippo dEvreux fosse stato anche lontanamente simile allo zio Roberto
dArtois, questa sarebbe stata loccasione ideale per aprire unenorme polemica,
contestare la legge di successione e reclamare, in nome della moglie, entrambe le
corone.
Ma Roberto dArtois, usando dellinfluenza che esercitava su di lui, non ci mise
molto a far su come pesce in padella questo possibile concorrente.
Lavrai, questa Navarra che ti dovuta, mio buon nipote, non appena mio
cognato Valois diventer reggente. Ne faccio una questione di famiglia, e lho
posta come condizione a Filippo prima di assicurargli il mio appoggio. Re di
Navarra, sarai! una corona da non trascurare, e ti consiglio, da parte mia, di
mettertela in testa appena potrai, prima che qualcuno venga a contestartela.
Perch, detto fra noi, la piccola Giovanna, tua moglie, sarebbe un po pi
sicura dei suoi diritti se sua madre avesse avuto cosce meno facilmente
accoglienti! In questo grande trambusto che sta per iniziare, devi assicurarti

qualche appoggio; hai gi il nostro. E non dar retta a tuo zio di Borgogna; per
fare i propri interessi, cercher di convincerti a commettere delle sciocchezze.
Filippo reggente per te la soluzione migliore!
Cos, rinunciando definitivamente alla Navarra, Filippo di Valois disponeva gi
di due voti.
Luigi di Borbone era stato nominato duca qualche settimana prima e aveva
ricevuto in appannaggio la contea della Marche 3. Era il pi anziano della famiglia.
In caso di troppi inconciliabili dissidi sulla questione della reggenza, la sua qualit
di nipote di san Luigi poteva procurargli parecchi suffragi. E in ogni caso la sua
decisione avrebbe pesato sul Consiglio dei pari. Ma questo zoppo era anche un
vile. Mettersi in contrasto con il potente partito Valois sarebbe stata impresa per
un uomo pi coraggioso. Senza contare che suo figlio aveva sposato una sorella
di Filippo di Valois.
Roberto fece capire a Luigi di Borbone che prima si fosse schierato Con loro,
prima gli sarebbero stati confermati tutti i guadagni in terre e titoli che aveva
accumulato a forza di chinare la schiena nel corso dei regni precedenti. Tre voti.
Il duca di Bretagna, appena arrivato da Vannes, ancor prima di disfare i bagagli
vide apparire Roberto dArtois nel suo palazzo.
Filippo, vero? Sei daccordo Con Filippo, cosi pio, cos leale, si pu
essere certi di avere un buon re voglio dire un buon reggente.
Giovanni di Bretagna non poteva non essere con Filippo di Valois. Non aveva
forse sposato una sua sorella, Isabella, che adesso era morta, vero, ma di cui
non poteva non venerare la memoria? Roberto, per dare maggior forza al suo
passo, si era portato assai appresso la madre, Bianca di Bretagna, sorella maggiore
del duca, vecchia, piccola piccola, piena di rughe, rimasta ormai senza neppure
una briciola di senno, ma pronta ad acconsentire a tutti i desideri del suo
gigantesco figliolo. Giovanni di Bretagna si occupava pi degli affari del proprio
ducato che di quelli di Francia. Ebbene, s, Filippo perch no, giacch tutti
sembravano cos impazienti di eleggerlo!
Stava diventando la campagna dei cognati. Si chiamarono a rinforzo Guido di
Chtillon, conte di Blois, che non era nemmeno pari, e il conte Guglielmo di
Hainaut, che era addirittura estraneo al regno, in quanto entrambi avevano sposato
altre sorelle di Filippo. La grande parentela Valois incominciava gi ad apparire
come lautentica famiglia di Francia.
Erano i giorni in cui Guglielmo di Hainaut stava dando in moglie la figlia al
giovane re dInghilterra; daccordo, non cera nulla da obiettare. E anzi
alloccasione poteva essere una buona cosa. Ma era stata unidea eccellente quella

di farsi rappresentare alle nozze dal fratello Giovanni piuttosto che recarvisi di
persona, perch era qui, a Parigi, che si preparavano gli avvenimenti pi
importanti. Guglielmo il Buono non desiderava forse da un pezzo che la terra di
Blaton, patrimonio della corona di Francia, ma incuneata fra i suoi stati, gli fosse
ceduta? Ora, se Filippo fosse divenuto reggente, gli avrebbero dato Blaton, quasi
per nulla, un riscatto simbolico.
In quanto a Guido di Blois, era uno degli ultimi baroni che ancora conservasse
il diritto di battere moneta. Purtroppo, nonostante questo diritto, non aveva
denaro, ed era oberato di debiti.
Guido, mio amato parente, la reggenza riscatter il tuo diritto di batter
moneta. Sar la nostra prima preoccupazione.
In pochi giorni, Roberto aveva insomma compiuto un formidabile lavoro.
Vedi, Filippo, vedi diceva al suo candidato, quanto ci aiutano ora i
matrimoni combinati da tuo padre. Si dice che aver troppe figlie per le
famiglie una sventura; ma quel saggio uomo, che Dio lo abbia in gloria, ha
saputo servirsi bene di tutte le tue sorelle.
S, ma bisogner anche versare il saldo delle doti rispondeva Filippo.
Molte delle mie sorelle ne hanno finora portato soltanto un quarto
A cominciare dalla cara Giovanna, mia sposa ricord Roberto dArtois,
ma appena avremo ogni potere sul Tesoro
Fu pi difficile assicurarsi lappoggio del conte di Fiandra, Luigi di Nevers.
Egli infatti non era un cognato e non si accontentava di una terra o di un po di
denaro. Desiderava la riconquista della propria contea da cui i suoi sudditi lo
avevano scacciato. Per convincerlo, bisogn promettergli una guerra.
Luigi, cugino mio, la Fiandra vi sar resa; e con le armi, ve lo giuriamo!
Dopo di che, Roberto, che pensava a tutto, si precipit di nuovo a Vincennes
per convincere Carlo IV a completare il suo testamento.
Carlo era ormai ridotto a unombra di re, e stava sputando quei pochi
frammenti di polmoni che ancora gli rimanevano.
Ma, per quanto moribondo, si ricord proprio in quel momento di quel
progetto di crociata che suo zio Carlo di Valois gli aveva a suo tempo messo in
testa E poi si era rinunciato alla crociata e poi Carlo di Valois era morto.
Questa malattia e le sofferenze che doveva sopportare erano forse un castigo per
non aver mantenuto la promessa, e quel sangue rosso che stava versando sulle
lenzuola gli ricordava che egli non aveva preso la croce per liberare i luoghi dove
Nostro Signore Ges Cristo aveva subito la Sua Santissima Passione.
Pertanto, al fine di guadagnarsi la misericordia divina, Carlo IV volle inserire

nel suo testamento le proprie preoccupazioni concernenti la Terra Santa


Perch mia intenzione, dett, andarci da vivo, e se da vivo non posso, che
cinquanta mila lire siano date a chi primo tenter limpresa.
Nessuno gli aveva chiesto tanto, n ancor meno di gravare di una simile ipoteca
il tesoro reale, cos necessario a scopi pi urgenti. Roberto era furibondo. Fino
alla fine, quello sciocco di Carlo si sarebbe dunque dimostrato cos stupidamente
testardo!
Gli si chiedeva soltanto di lasciare tre mila lire al cancelliere Giovanni di
Cherchemont, al maresciallo di Trye e a messer Mille di Noyers, presidente della
Camera dei Conti, per i leali servigi da loro resi alla corona e perch per le loro
funzioni avevano diritto di partecipare alle sedute del Consiglio dei pari.
E il conestabile? aveva mormorato il re.
Roberto alz le spalle. Il conestabile Gaucher di Chtillon aveva settantotto
anni, era sordo come una campana, e aveva tante propriet da non sapere che
farsene. Non era certo a quellet che poteva venire un gran desiderio di oro! Cos
il conestabile venne cancellato.
In compenso Roberto aiut Carlo IV con tutta la sua attenzione, a compilare la
lista degli esecutori testamentari, perch essa costituiva una specie di ordine di
precedenza fra i grandi del regno: il conte Filippo di Valois in testa, poi il conte
Filippo dEvreux, e poi lui in persona, Roberto dArtois, conte di Beaumont-leRoger.
E adesso era duopo non trascurare i pari ecclesiastici.
Guglielmo di Trye, duca-arcivescovo di Reims, era stato precettore di Filippo di
Valois; inoltre Roberto aveva fatto includere suo fratello il maresciallo nel
testamento del re, per tre mila lire cui seppe attribuire tutta limportanza che
avevano. Da quella parte dunque non si correvano rischi.
Il duca-arcivescovo di Langres era da tempo fedele ai Valois, e altrettanto tra
loro devoto Giovanni di Marigny, conte-vescovo di Beauvais, da quando aveva
accettato di tradire suo fratello, il grande Enguerrand, per soddisfare gli od del
defunto monsignor Carlo di Valois.
Restavano i vescovi di Chlons, di Laon e di Noyon, che indubbiamente
avrebbero fatto causa comune con il duca Eudes di Borgogna.
Per quanto riguarda il borgognone esclam Roberto dArtois allargando
le braccia, affar tuo, Filippo. Non posso far nulla con lui, siamo ai ferri
corti. Ma in fondo, tu hai sposato sua sorella, e avrai certamente un po
dinfluenza su di lui.
In politica Eudes IV non era certo unaquila. Ricordava tuttavia le lezioni della

madre, la vecchia Agnese di Francia, ultima figlia di san Luigi, morta lanno
prima, e come quella energica donna aveva saputo contrattare, allepoca della
reggenza di Filippo il Lungo, lannessione della contea di Borgogna al ducato di
Borgogna. Eudes aveva allora sposato la nipote di Mahaut dArtois, di ventisette
anni pi giovane di lui, cosa di cui aveva smesso di lamentarsi da quando ella
aveva raggiunto let atta alla consumazione delle nozze.
Appena arrivato da Digione, il primo problema che affront quando si trov a
colloquio con Filippo di Valois, fu quello della eredit dArtois.
Siamo daccordo che il giorno della morte di Mahaut, la contea dArtois
passer a sua figlia, la regina Giovanna la Vedova, e da lei in seguito alla
duchessa mia sposa? Insisto su questo punto, cugino, perch conosco le pretese
di Roberto; le ha proclamate a voce piuttosto alta!
Nella difesa dei loro diritti ereditari sulle varie regioni del regno, questi grandi
principi non si mostravano meno diffidenti e meno violenti delle nuore che si
contendono i panni e il vasellame alla morte di un povero.
Due volte sono state pronunciate sentenze che hanno assegnato lArtois alla
contessa Mahaut rispose Filippo di Valois. Se nessun fatto nuovo
interviene a sostenere le richieste di Roberto, lArtois, fratello, passer alla vostra
sposa.
Non vedete nulla che possa impedirlo?
Non vedo nulla.
Cos il leale Valois, il prode cavaliere, leroe di tanti tornei, aveva gi fatto due
promesse contraddittorie.
Tuttavia, onesto nella sua duplicit, rifer a Roberto dArtois del suo incontro
con Eudes, e Roberto lo approv pienamente.
La cosa importante disse, di ottenere il voto del borgognone, e
poco importa che egli si ficchi in testa un diritto che non possiede. Fatti nuovi,
gli hai detto? Ebbene, ne troveremo, e non ti far mancare alla tua parola.
Insomma tutto va per il meglio.
Non rimaneva che attendere lultima formalit, il decesso del re, augurandosi
che si verificasse abbastanza in fretta, fin tanto che intorno a Filippo di Valois
rimaneva riunita questa bella costellazione di prncipi.
Lultimo figlio del Re di Ferro spir la vigilia della Candelora, e la notizia del
lutto regale si diffuse a Parigi lindomani mattina insieme allodore della farina
calda che serviva a fare le frittelle.
Ogni cosa sembrava dunque svolgersi secondo il piano perfettamente
congegnato da Roberto dArtois, quando la mattina fissata per il Consiglio dei pari

arriv, su una lettiga coperta di fango, un vescovo inglese dal viso sparuto e dagli
occhi stanchi che veniva a sostenere i diritti della regina Isabella.

III CONSIGLIO DAVANTI A UN CADAVERE

on pi cervello nella testa, non pi cuore nel petto, n intestini nel

ventre. Un re vuoto. Non cera molta differenza, in realt, fra ci che Carlo IV era
stato da vivo e ci che era adesso, dopo le fatiche degli imbalsamatori. Bambino
tardo che sua madre chiamava il papero, marito ingannato, padre infelice
inutilmente intestarditosi attraverso tre matrimoni ad assicurarsi una discendenza,
principe debole, governato prima da uno zio e poi dai cugini, era stato soltanto la
fuggevole incarnazione dellentit reale.
In fondo al grande salone a colonne del castello di Vincennes, la sua spoglia
riposava su un letto di parata, il corpo rivestito della tunica azzurra, le spalle
coperte dal mantello regale, la testa incastrata nella corona.
Pari e baroni, riuniti allestremit opposta, vedevano brillare, illuminati da quella
foresta di ceri, i piedi calzati di tela doro.
Carlo IV presiedeva il suo ultimo Consiglio, il cosiddetto Consiglio della
Camera del Re, in quanto lo si considerava ancora re; il suo regno sarebbe
terminato ufficialmente solo lindomani, nel momento in cui il suo corpo sarebbe
sceso nella tomba a Saint-Denis.
Roberto dArtois, in attesa dei ritardatari, aveva preso il vescovo inglese sotto la
sua protezione.
In quanto tempo siete arrivato? Dodici giorni da York? Non avete perso
tempo a cantar messa per strada, messer vescovo un ritmo da messaggero!
E il vostro giovane re ha avuto nozze gaie?
Credo. Non ho potuto assistervi; ero gi in viaggio rispose il vescovo
Orleton.
E lord Mortimer era in buona salute? Un grande amico, lord Mortimer, un
grande amico, e parlava spesso di monsignor Orleton che lo aveva fatto evadere
dalla Torre di Londra una bella impresa, di cui Roberto continuava a
complimentare il vescovo.

E poi sono stato io ad accoglierlo in Francia e a dargli modo di ripartire un


po meglio armato di quanto non fosse allarrivo disse. Ognuno,
insomma, ha fatto la sua parte.
E la regina Isabella? Ah, che cara cugina! Sempre cos incantevole?
Roberto dunque menava il can per laia onde impedire a Orleton di mescolarsi
agli altri gruppi, di andare a parlare con il conte di Hainaut o con quello di
Fiandra. Lo conosceva di fama e ne diffidava. Non era forse luomo la cui
tumultuosa carriera aveva sconvolto lInghilterra, luomo che la corte di
Westminster utilizzava nelle ambascerie presso la Santa Sede, lautore, a quanto si
diceva, della famosa lettera a doppio senso: Eduardum occidere nolite, di cui la
regina Isabella e Mortimer si erano serviti per allontanare il sospetto di aver fatto
uccidere Edoardo II?
Mentre i prelati francesi per assistere al Consiglio avevano tutti indossato la loro
mitra, Orleton portava semplicemente un berretto da viaggio di seta violetta con
copriorecchi foderati di ermellino. Roberto prese nota con soddisfazione di questo
particolare, che si sarebbe rivolto a scapito dellautorit del vescovo inglese quando
costui avesse preso la parola.
Sar monsignor di Valois il reggente mormor a Orleton come se
confidasse un segreto a un amico.
Laltro non rispose.
Finalmente arriv lultima persona che si attendeva perch il Consiglio fosse al
completo. Era la contessa Mahaut dArtois, sola donna presente a questa
assemblea. Era invecchiata, Mahaut, e i suoi passi sembravano spostare a fatica il
peso di quel corpo massiccio; doveva appoggiarsi a un bastone. Il suo volto era
rosso cupo sotto capelli completamente bianchi. Rivolse tuttintorno vaghi saluti,
and ad aspergere il morto e fin per sedersi pesantemente accanto al duca di
Borgogna. La si sentiva ansimare4.
Larcivescovo-primate Guglielmo di Trye si alz, si volse verso il cadavere del
re, fece lentamente il segno della croce, e rimase un attimo a meditare, con gli
occhi levati verso le volte come a invocare lispirazione divina. I bisbigli erano
cessati.
Miei nobili signori cominci, quando alla devoluzione del potere
sovrano vien meno la successione naturale, esso ritorna alla sua fonte, cio al
consenso dei pari. Tale la volont di Dio, e la Santa Chiesa ce ne d esempio
eleggendo il suo sovrano pontefice.
Parlava bene, monsignore di Trye, con magnifica eloquenza.
I pari e i baroni qui radunati avrebbero dovuto decidere della attribuzione del

potere temporale del regno di Francia, anzitutto per la gestione della reggenza e
poi, perch saggezza impone di prevedere, per la gestione della regalit stessa, nel
caso in cui la nobilissima regina non fosse riuscita a mettere al mondo un figlio.
Il migliore fra gli eguali, primus inter pares, quello bisognava indicare, e che
fosse anche per sangue il pi vicino alla corona. Non erano forse circostanze
analoghe quelle che avevano indotto un tempo i pari-baroni e i pari-vescovi ad
affidare lo scettro al pi saggio e al pi forte di loro, il duca di Francia e conte di
Parigi, Ugo I il Grande, fondatore della gloriosa dinastia?
Il nostro defunto sovrano, che ancora per oggi accanto a noi continu
larcivescovo abbassando leggermente la mitra verso il catafalco, ha voluto
illuminarci raccomandando nel proprio testamento alla nostra scelta il suo pi
prossimo cugino, cristianissimo e valentissimo principe, in tutto degno di
governarci e di guidarci, monsignor Filippo, conte di Valois, dAnjou e del
Maine.
Il valentissimo e cristianissimo principe, con le orecchie che gli ronzavano
dallemozione, non sapeva pi quale atteggiamento assumere. Abbassare il suo
grande naso con aria modesta, sarebbe equivalso a mostrare che egli dubitava di
se stesso e del suo diritto al trono. Rialzarlo con aria arrogante e orgogliosa
avrebbe potuto indisporre i pari. Scelse pertanto di rimanere immobile, senza
batter ciglio, e di concentrare lo sguardo sui piedi calzati doro del suo defunto
cugino.
Che ognuno si raccolga nella propria coscienza concluse larcivescovo di
Reims, ed esprima il suo parere per il bene di tutti.
Monsignor Adamo Orleton era gi in piedi.
La mia coscienza pronta disse. Sono venuto qui ad esprimere il
parere del re dInghilterra e duca di Guienna.
Conosceva bene le assemblee di questo tipo, dove tutto gi stato preparato di
nascosto, ma dove ognuno esita a compiere il primo intervento. E si era affrettato
ad assicurarsi questo vantaggio.
In nome del mio signore prosegu, debbo dichiarare che la persona
pi prossima per parentela al defunto re Carlo di Francia la regina Isabella,
sua sorella, e che pertanto la reggenza deve a lei essere affidata.
Ad eccezione di Roberto dArtois, che saspettava un intervento del genere, tutti
i presenti rimasero per un attimo sbalorditi. Nessuno, durante le trattative
preliminari, aveva pensato alla regina Isabella, nessuno aveva supposto neppure
per un attimo che ella potesse vantare la minima pretesa. Lavevano semplicemente
dimenticata. Ed eccola sorgere dalle sue brume nordiche con la voce di un

piccolo vescovo dal berretto impellicciato. Aveva davvero dei diritti? Ci si


interrogava con lo sguardo, ci si consultava. S, evidentemente, se ci si atteneva a
strette considerazioni di lignaggio, possedeva dei diritti; ma sembrava assurdo che
intendesse farne uso.
Cinque minuti dopo, la confusione era al colmo. Parlavano tutti insieme, e il
tono delle voci saliva senza alcun riguardo per la presenza del cadavere.
Il duca di Guienna, nella persona del suo ambasciatore, aveva forse dimenticato
che le donne non potevano regnare in Francia, secondo una tradizione due volte
riconfermata dai pari negli anni recenti?
Non forse vero, zia? disse con cattiveria Roberto dArtois, ricordando a
Mahaut lepoca in cui avevano cos accanitamente discusso su questa stessa
legge di successione, enunciata allora a vantaggio di Filippo il Lungo, genero
della contessa.
No, monsignor Orleton non aveva dimenticato nulla; e soprattutto non aveva
dimenticato che il duca di Guienna non si trovava presente n era rappresentato
indubbiamente perch ci si era preoccupati di avvertirlo troppo tardi alle
riunioni dei pari che molto arbitrariamente avevano deciso di estendere la validit
della legge cosiddetta salica al diritto regale, e che, di conseguenza, non laveva
mai ratificata.
Orleton non aveva la bella untuosa eloquenza di monsignor Guglielmo di Trye;
parlava un francese un po rozzo, con giri di frasi arcaici che potevano anche far
sorridere, perch il francese che si usava alla corte dInghilterra come lingua
ufficiale era ancora quello dellepoca della Conquista. In compenso aveva grande
maestria nelle controversie giuridiche, e le sue risposte giungevano rapidamente.
Messer Mille di Noyers, ultimo legista 5 superstite del Consiglio di Filippo il
Bello, del quale tutti i re successivi avevano avuto bisogno, dovette correre ai
ripari.
Re Edoardo II aveva reso lomaggio a re Filippo il Lungo, dal che si doveva
dedurre che egli lo aveva riconosciuto come legittimo sovrano, ratificando
implicitamente la legge di successione.
Questa interpretazione non garbava a Orleton.
Eh, no, messere! Rendendo lomaggio, Edoardo II aveva confermato che il
ducato di Guienna era vassallo della corona di Francia, cosa che nessuno
intendeva negare, bench i limiti di questo vassallaggio fossero ancora dopo pi
di centanni imprecisati. Ma questo non implicava la validit della consuetudine
in base alla quale il re francese era stato scelto! E poi di cosa si stava discutendo,
della reggenza o della corona?

Di tutte e due, tutte e due insieme intervenne il vescovo Giovanni di


Marigny. Perch, come ha detto giustamente monsignore di Trye, saggezza
impone preveggenza; e noi non possiamo correre il rischio di dover riaffrontare
fra due mesi la stessa discussione.
Mahaut dArtois cercava di ritrovare il fiato. Ah, come la irritava quel malessere
che provava, quel ronzio in testa che le impediva di pensare con chiarezza!
Nessuna delle proposte avanzate le pareva accettabile. Era ostile a Filippo di Valois
perch sostenere Valois equivaleva a sostenere Roberto; era ostile ad Isabella per
un antico odio, perch Isabella, un tempo, aveva denunciato le sue figlie.
Intervenne, dopo un attimo di indecisione.
Se la corona potesse andare a una donna, costei non sarebbe la vostra
regina, messer vescovo, bens la signora Giovanna la Piccola, e la reggenza
dovrebbe essere affidata al suo sposo qui presente, messer dEvreux, o a suo zio
che mi sta accanto, il duca Eudes.
Si not una certa agitazione nel settore occupato dal duca di Borgogna, dal
conte di Fiandra, dai vescovi di Laon e di Noyon, e persino nellatteggiamento del
giovane conte dEvreux che pens per un attimo: Perch non io?.
La corona sembrava sospesa fra terra e cielo, incerta su dove andare a posarsi, e
meta di parecchie teste che si allungavano verso di lei.
Filippo di Valois aveva da tempo rinunciato alla sua nobile immobilit e faceva
cenni al cugino dArtois. Costui si era alzato.
Andiamo! esclam con una voce che fece vacillare le fiamme intorno al
catafalco. Vedo che oggi ognuno rinnega se stesso. Vedo la mia amatissima
zia, la signora Mahaut, prontissima a riconoscere la signora di Navarra (e calc
molto la voce sulla parola Navarra, fissando Filippo dEvreux per ricordargli il
loro accordo) diritti che a suo tempo le fece togliere, e il nobile vescovo
dInghilterra richiamarsi ad atti di un re che egli ha fatto il possibile per
allontanare dal trono, prima di benedire il suo ritorno a Dio. Suvvia, messer
Orleton! Non si pu rifare una legge ogni volta che si deve applicarla, e
secondo i capricci di ognuno. Una volta giova a uno e una volta a un altro.
Noi amiamo e rispettiamo la signora Isabella, nostra parente, che numerosi di
noi hanno aiutato e servito. Ma la sua richiesta, che avete cos valorosamente
patrocinato, ci sembra inaccettabile. Non siete daccordo, monsignori?
concluse prendendo a testimoni i suoi numerosi partigiani.
Gli risposero numerose approvazioni, le pi calorose delle quali venivano dal
duca di Borbone, dal conte di Valois e dai pari-vescovi di Reims e di Beauvais.
Ma Orleton non aveva ancora sciorinato tutti i suoi argomenti. Se ammetteva

che non si discutesse soltanto della reggenza ma anche, eventualmente, della stessa
corona, se ammetteva, per non tornare su una legge ormai applicata, che le
donne non potessero regnare in Francia, allora il suo reclamo non era pi in
nome della regina Isabella, ma in nome di suo figlio, re Edoardo III, solo
discendente maschio della linea diretta.
Ma se donna non pu regnare, a maggior ragione non pu trasmettere!
disse Filippo di Valois in tono irritato.
E perch, monsignore? I re di Francia non nascono dunque da donne?
Questa risposta indusse alcuni volti ad aprirsi in un sorriso. Il grande Filippo
sembrava non aver via di scampo. In fondo, il piccolo vescovo inglese non aveva
torto! La confusa consuetudine invocata quando si era trattato di discutere della
successione di Luigi X, su questo punto non diceva verbo. Ed era logico, dato
che tre fratelli si erano succeduti al trono senza generare figli maschi, che il potere
dovesse spettare piuttosto al figlio della sorella superstite che a un cugino.
Il conte di Hainaut, sinora decisamente favorevole a Valois, incominciava a
riflettere, vedendo annunciarsi per la sua figlia un avvenire inatteso.
Il vecchio conestabile Gaucher, con le palpebre rugose quanto quelle di una
tartaruga e la mano a ventaglio intorno allorecchio, chiedeva al cognato Mille di
Noyers:
Come? Che si sta dicendo?
La piega troppo complessa che aveva preso la discussione lo irritava. Sul
problema della successione delle donne aveva una sua opinione, immutata da
dodici anni. La legge dei maschi, in realt, era stato lui a proclamarla chiamando a
raccolta i pari intorno alla formula famosa: I gigli non possono finire in mano di
donna, e la Francia troppo nobile regno per essere a femmina consegnato.
Orleton, intanto, continuava il suo discorso, cercando di renderlo persuasivo.
Invitava i pari a tenere presente loccasione, che forse i secoli non avrebbero mai
pi offerto, di unire i due regni sotto lo stesso scettro. Era infatti questo il suo
profondo disegno. Finiti i litigi incessanti, gli omaggi mal definiti e le guerre di
Aquitania di cui soffrivano entrambe le nazioni; risolta linutile rivalit
commerciale che aveva creato il problema della Fiandra. Un unico popolo, dai
due lati del mare. La nobilt inglese non era forse tutta di ceppo francese? La
lingua francese non era forse comune ai due popoli? E non erano forse numerosi
i signori francesi che possedevano, per ragioni di eredit, beni in Inghilterra,
come i baroni inglesi avevano propriet in Francia?
E va bene, dateci lInghilterra, noi non la rifiutiamo ironizz Filippo di
Valois.

Il conestabile Gaucher ascolt le spiegazioni che il cognato gli sussurrava


allorecchio, e dun tratto avvamp in viso. Come? Il re dInghilterra reclamava
oggi la reggenza e domani la corona? Allora, tutte le campagne che lui, Gaucher,
aveva comandato sotto il duro sole di Guascogna, tutte le cavalcate nel fango del
nord contro quei malvagi drappieri fiamminghi, sempre appoggiati
dallInghilterra, tutti i prodi cavalieri uccisi e tutti i denari spesi, dovevano
condurre a questo? Era assurdo.
Senza alzarsi, ma con profonda voce da vecchio arrochita dallira, egli esclam:
Mai la Francia sar degli inglesi; ora non si tratta pi di maschio o di
femmina, n di sapere se la corona si trasmette attraverso il ventre! Ma la
Francia non sar degli inglesi perch i baroni non lo sopporterebbero! Su
Bretagna! Su Blois! Su Nevers! Su Borgogna! Sopportate di udire queste cose?
Noi abbiamo un re da portare sotto terra, il sesto di quelli che avr visto
succedersi me vivo, e tutti hanno dovuto condurre loste 6 contro lInghilterra o
contro coloro che essa sostiene. Chi deve comandare in Francia deve nascere da
sangue di Francia. E la si faccia finita con lascoltare queste sciocchezze che
farebbero ridere anche il mio cavallo.
Aveva invocato Bretagna, Blois e Borgogna con il tono usato in battaglia per
chiamare a raccolta i capi delle bandiere7.
Consiglio, con il diritto del pi vecchio, che il conte di Valois, il pi
prossimo al trono, sia reggente, custode e governatore del regno.
E alz la mano per dare maggior forza al suo voto.
Ben detto! si affrett ad approvare Roberto dArtois, alzando la zampa
enorme e invitando con unocchiata i partigiani di Filippo ad imitarlo.
Era persino arrivato a pentirsi di aver fatto escludere il vecchio conestabile dal
testamento del re.
Ben detto! ripeterono i duchi di Borbone e di Bretagna, il conte di Blois,
il conte di Fiandra, il conte di Evreux, i vescovi, i grandi ufficiali, il conte di
Hainaut.
Mahaut dArtois interrog con gli occhi il duca di Borgogna, e quando vide
che stava per alzare la mano si affrett ad approvare per non essere lultima. Ma la
sua occhiata ad Eudes significava: alla vostra scelta che mi associo. Ma voi mi
appoggerete, vero?.
Soltanto la mano di Orleton rimase abbassata.
Filippo di Valois, improvvisamente esausto, pensava: fatta, fatta.
E ud larcivescovo Guglielmo di Trye, il suo antico precettore, dire:
Lunga vita al reggente del trono di Francia, per il bene del popolo e della

Santa Chiesa.
Il cancelliere Giovanni di Cherchemont aveva preparato il documento che
avrebbe chiuso la seduta ratificandone le decisioni: non rimaneva che da scriverne
il nome. E il cancelliere tracci a grandi caratteri quello del potentissimo,
nobilissimo e temutissimo signor Filippo conte di Valois, e diede poi lettura di
quellatto, nel quale non soltanto gli si attribuiva la reggenza, ma si dichiarava che
se il figlio postumo del defunto sovrano fosse stato una femmina, il reggente
sarebbe divenuto re di Francia.
Tutti i presenti posero in calce al documento la loro firma e il loro sigillo
privato; tutti, eccetto il duca di Guienna, cio il suo rappresentante monsignor
Adamo dOrleton che rifiut dicendo:
Non ci si rimette mai difendendo i propri diritti anche quando si sa che non
possono trionfare. Lavvenire grande e nelle mani di Dio.
Filippo di Valois si era accostato al catafalco e osservava il corpo del cugino, la
corona sopra la fronte cerea, il lungo scettro doro posato accanto al mantello, gli
stivaletti scintillanti.
Tutti credettero che stesse pregando, e questo gesto gli assicur il rispetto
generale.
Roberto dArtois gli venne accanto e sussurr:
Se tuo padre vivesse, trionferebbe in questo momento il caro uomo Ma
adesso abbiamo ancora due mesi da attendere

IV IL RE TROVATO

quellepoca i prncipi avevano bisogno di un nano. Era quasi una

fortuna per una coppia di povera gente mettere al mondo un aborto di questo
tipo; erano sicuri di venderlo a qualche grande signore, se non addirittura al re.
I nani infatti, nessuno si sarebbe mai sognato di dubitarne, erano esseri
intermedi fra luomo e lanimale domestico. Animali, perch si poteva mettere
loro un collare, imbacuccarli, come cani ammaestrati, in abiti grotteschi e dargli
pedate sulle natiche; uomini, perch parlavano e si prestavano volontariamente,
mediante salario e mantenimento, a questo compito degradante. Dovevano
quando glielo ordinavano, fare i buffoni, saltellare, piangere o frascheggiare
come bambini, e questo anche quando i loro capelli erano divenuti bianchi. La
loro piccola statura faceva risaltare la grandezza del padrone. Venivano trasmessi
per testamento come una propriet qualsiasi. Erano il simbolo del suddito,
dellindividuo per natura sottomesso agli altri, e appositamente creato, almeno
in apparenza, per dimostrare che la specie umana era composta di razze
diverse, alcune delle quali esercitavano sulle altre un potere assoluto.
Questa degradazione comportava anche dei vantaggi, in quanto il pi piccolo, il
pi debole e il pi deforme, veniva a trovarsi fra i meglio nutriti e i meglio vestiti.
Inoltre, questo sventurato aveva il permesso, anzi addirittura lobbligo, di dire ai
padroni della razza superiore ci che non sarebbe stato tollerato da nessun altro.
Ognuno si vedeva scaricato per interposta persona delle frasi di scherno e
persino degli insulti che ogni uomo, anche il pi devoto, indirizza mentalmente a
chi lo comanda, grazie alle tradizionali familiarit spesso assai grossolane del
nano.
Esistono nani di due tipi: quelli dal naso lungo, dal viso triste e dalla doppia
gobba, e quelli dalla faccia grossa, dal naso corto e dal torso gigantesco montato
su minuscole membra nodose. Il nano di Filippo di Valois, Giovanni il Matto,
apparteneva a questultimo tipo. La sua testa arrivava giusto allaltezza delle tavole.

Portava sonagli in cima al berretto, e abiti di seta decorati di ogni sorta di strane
bestiole.
Fu lui che un giorno si avvicin a Filippo e, volteggiando e ridacchiando, gli
disse:
Sai, sire, come ti chiama il popolo? Ti chiama il re trovato.
Il venerd santo infatti, il 1 aprile dellanno 1328, la signora Giovanna dEvreux,
vedova di Carlo IV, aveva partorito. Raramente nella storia il sesso di un bimbo fu
osservato con maggior attenzione alluscita dal ventre materno. E quando si vide
che era nata una bambina, ognuno proclam che si era espressa la volont divina
e ne prov grande sollievo.
I baroni non dovevano pi tornare sulla scelta fatta alla Candelora. E
immediatamente, in unassemblea dove soltanto il rappresentante dellInghilterra
fece udire, per principio, una voce discordante, confermarono a Filippo la
concessione della Corona.
Il popolo trasse un sospiro. La maledizione del gran maestro Giacomo di
Molay sembrava esaurita. La dinastia capetingia che da trecentoquarantun anni
aveva dato senza interruzioni quattordici re alla Francia, dei quali gli ultimi
quattro erano stati spazzati via in meno di tre lustri, era ormai estinta, per lo
meno nel suo ramo principale. In ogni famiglia, dalle pi ricche alle pi
povere, la mancanza di un maschio sempre considerata, se non una disgrazia,
almeno uninferiorit. Trattandosi poi di una famiglia reale, questa incapacit
dei figli di Filippo il Bello di generare discendenti maschi era considerata la
manifestazione palese di un castigo. Ora finalmente le cose sarebbero cambiate.
A volte i popoli sono colpiti da febbri improvvise, la cui spiegazione potrebbe
essere trovata negli spostamenti degli astri, talmente sfuggono a qualsiasi altra
spiegazione: ondate disterismo crudele, come a suo tempo la crociata dei
pastorelli o il massacro dei lebbrosi, ondate di euforia delirante, come quella che
accompagn lavvento di Filippo di Valois.
Il nuovo re aveva notevole statura e potenza muscolare indispensabile ai
fondatori di dinastie. Il suo primogenito era un maschio che aveva gi nove anni e
sembrava robusto; aveva anche una figlia, e si sapeva (le corti su questi argomenti
non fanno mai mistero) che quasi ogni notte onorava la sua alta e zoppa sposa
con un entusiasmo che gli anni non parevano diminuire.
Dotato di voce forte e sonora, non farfugliava come i cugini Luigi il Testardo e
Carlo IV, n taceva come Filippo il Bello o Filippo V. Chi poteva opporsi a lui,
chi gli si poteva opporre? Chi pensava a dar retta, nellebbrezza in cui la Francia
si trovava, alla voce di quei pochi giureconsulti pagati dallInghilterra per

presentarne le poco convinte rimostranze?


Filippo VI arrivava al trono fra lunanime consenso.
Eppure era re soltanto per caso, un nipote, un cugino di re, come ce nerano
tanti, un uomo fortunato fra la parentela; non un re nato da re e per essere re,
non un re designato da Dio, non un re ricevuto; un re trovato, trovato il giorno
in cui non ce nerano altri sottomano.
Questa espressione, che era stata inventata dal popolo, non diminuiva in nulla la
sua fiducia e la sua gioia; era soltanto uno di quegli ironici appellativi con cui le
folle amano sfumare le loro passioni, anche per illudersi di una certa familiarit
con il potere. Giovanni il Matto, quando ripet a Filippo lespressione, ne ricav
una pedata che lo mand a ruzzolare sul pavimento: aveva comunque pronunciato
la parola chiave del suo destino.
Filippo di Valois infatti, come ogni parvenu, volle dimostrare di essere
assolutamente degno, per valore naturale, della posizione che gli era toccata in
sorte, ed esager nelle sue azioni il concetto che ci si pu fare di un re.
Spettando al re la suprema amministrazione della giustizia, fece impiccare nel
giro di tre settimane il tesoriere del precedente sovrano, Pietro Rmy, accusato di
aver molto trafficato col pubblico tesoro. Un ministro delle finanze sulla forca
una cosa che fa sempre contento il popolo; la Francia pens di avere un re giusto.
Un principe, per dovere e funzione, il difensore della fede. Filippo emise un
editto che aumentava le pene contro i bestemmiatori e accresceva i poteri
dellinquisizione. Cos lalto e basso clero, la piccola nobilt e i bigotti di
parrocchia si rassicurarono: avevano un re pio.
Il sovrano ha il dovere di ricompensare i servigi resi, e quanti servigi erano stati
necessari a Filippo per arrivare al trono! Ma un re deve anche badare a non
crearsi dei nemici fra quanti si sono mostrati, sotto i suoi predecessori, buoni
servitori del pubblico bene. Cos, pur mantenendo nelle loro cariche quasi tutti gli
ex-dignitari e funzionari regi, egli ne istitu di nuove, o anche raddoppi quelle
gi esistenti, per far posto ai suoi sostenitori e soddisfare tutte le raccomandazioni
presentate dai grandi elettori. E, poich i Valois vivevano da tempo sul piano di
una famiglia sovrana, la sua clientela si sovrappose a quella dellantica dinastia,
dando inizio a una grande corsa a impieghi e benefici largamente distribuiti. Un
re generoso, insomma.
Un re ha inoltre il dovere di render prosperi i suoi sudditi. Filippo VI si
affrett a ridurre, e in certi casi a sopprimere, le tasse imposte da Filippo IV e
Filippo V sui commerci, sui pubblici mercati e sulle transazioni degli stranieri,
tasse che secondo le opinioni interessate intralciavano le fiere e i traffici.

Ah, che buon re colui che poneva un freno alle prepotenze degli esattori delle
imposte. I lombardi, che tanto avevano prestato a suo padre e ai quali egli stesso
tanto doveva, lo benedivano. Nessuno teneva conto che la fiscalit dei precedenti
sovrani aveva sortito a lunga scadenza benefici effetti, e che se la Francia era ricca,
se vi si viveva meglio che in qualunque altro paese del mondo, se vi si
indossavano comodi panni e magari pellicce, se cerano bagni e stufe persino nei
borghi pi sperduti, il merito spettava a qui due Filippi che avevano saputo
mettere ordine nel regno, unificare le monete e render sicuro il lavoro.
Un re un re deve essere anche saggio, luomo pi saggio del suo paese.
Filippo incominci ad assumere un tono sentenzioso per enunciare con la sua
bella voce solenni princpi in cui si riconosceva un poco lo stile del suo exprecettore, larcivescovo Guglielmo di Trye.
Noi che sempre vogliamo agire secondo ragione, diceva ogni volta che
non sapeva quale decisione prendere.
E quando aveva sbagliato strada, il che avveniva frequentemente, e si trovava
costretto a proibire ci che aveva ordinato il giorno prima, dichiarava con
altrettanta pomposit: Ragionevole cosa modificare le proprie decisioni. E
anche: In ogni cosa, vale pi prevenire che essere prevenuti, enunciava
ampollosamente questo re che in ventidue anni di regno non avrebbe fatto altro
che passare di brutta sorpresa in brutta sorpresa!
Mai un monarca sciorin da cos grande altezza tante banalit. Quando si
credeva che stesse riflettendo, in realt pensava soltanto alla frase che avrebbe
potuto formulare per far limpressione di aver riflettuto; ma la sua testa era vuota
come una noce in una brutta stagione.
Un re, un vero re, non dimentichiamolo, ha il dovere di essere coraggioso, di
essere prode e di essere fastoso! In realt Filippo aveva disposizione solo per le
armi. Non per la guerra, proprio per le armi, le giostre, i tornei. Come istruttore
di giovani cavalieri alla corte di un barone di secondaria importanza, avrebbe fatto
miracoli. Come sovrano, il suo palazzo assomigliava a un castello dei romanzi
della Tavola Rotonda, che erano molto letti in quellepoca e di cui si era nutrita la
sua fantasia. Fu tutta una serie di tornei, di feste, di banchetti, di cacce, di
divertimenti, e poi ancora di tornei con profusione di piume sugli elmi e cavalli
pi agghindati che le donne.
Filippo si occupava con molta seriet del regno unora al giorno, dopo una
giostra da cui tornava madido di sudore o un banchetto da cui usciva con la
pancia pesante e il cervello annebbiato. Il suo cancelliere, il suo tesoriere, i suoi
innumerevoli funzionari, decidevano per lui, oppure andavano a chiedere ordini a

Roberto dArtois. Costui, di fatto, comandava pi del sovrano.


Non saffacciava alcuna difficolt senza che Filippo gli chiedesse consiglio, e
tutti obbedivano fiduciosamente al conte dArtois, sapendo che ogni sua decisione
avrebbe ottenuto la approvazione del re. Si arriv cos alla fine di maggio, data in
cui sarebbe avvenuta la consacrazione e larcivescovo Guglielmo di Trye avrebbe
posto la corona sulla fronte del suo ex-allievo, con festeggiamenti che si sarebbero
prolungati per cinque giorni.
Sembrava che a Reims si fosse adunato tutto il regno. E non soltanto il regno
ma anche una parte dEuropa, con il superbo e povero re Giovanni di Boemia,
con il conte Guglielmo di Hainaut, il marchese di Namur e il duca di Lorena.
Cinque giorni di feste e di baldoria; uno spreco, una spesa quale i Borghesi di
Reims mai avevano visto; loro a cui spettavano gli onori delle feste, loro che
avevano arricciato il naso davanti alle ultime consacrazioni, questa volta fornivano
il doppio e il triplo con cuore allegro. Erano centanni che nel regno di Francia
non si beveva tanto: ci si serviva a cavallo, nei cortili e nelle piazze.
La vigilia dellincoronazione, il re arm cavaliere il conte di Fiandra, Luigi di
Nevers, con il maggior fasto possibile. Si era infatti deciso che alla consacrazione
sarebbe spettato a lui lonore di reggere la spada di Carlomagno e di consegnarla
al re. Il conestabile, cui spettava per tradizione questo compito, aveva accettato,
fatto piuttosto strano, di rinunziarvi in suo favore. Bisognava per che il conte di
Fiandra venisse armato cavaliere. Filippo VI non poteva mostrargli in modo pi
clamoroso la sua riconoscenza per lappoggio fornitogli.
Ora lindomani, durante la cerimonia nella cattedrale, quando Luigi di
Borbone, grande intendente del re, dopo aver fatto indossare a Filippo VI gli
stivali ornati di fiordalisi, chiam il conte di Fiandra perch presentasse la spada,
questultimo non si mosse.
Luigi di Borbone ripet:
Monsignor conte di Fiandra!
Luigi di Nevers rimase immobile, in piedi, con le braccia incrociate.
Monsignor conte di Fiandra proclam ancora il duca di Borbone, se
siete presente o se c qualcuno a rappresentarvi, venite a compiere il vostro
dovere; noi vi ingiungiamo di farvi avanti perch altrimenti sareste reo di
fellonia.
Un grande silenzio era calato sotto le volte e un timoroso sbalordimento si
disegnava sui visi dei prelati, dei baroni e dei dignitari; ma il re rimaneva
impassibile, e Roberto dArtois tirava su per le narici, con gli occhi rivolti verso il
soffitto, come se solo gli interessassero i riflessi del sole attraverso le vetrate.

Finalmente il conte di Fiandra risolse di farsi avanti, si ferm davanti al re,


sinchin e disse:
Sire, se si fosse chiamato Luigi di Nevers sarei venuto avanti prima.
Ma come, monsignore, replic Filippo VI, non siete forse voi il conte
di Fiandra?
Sire, porto questo titolo, ma non ne ho i benefici.
Filippo VI assunse allora il suo migliore aspetto di re, gonfiando il petto,
lasciando vagare gli occhi, e puntando il suo grande naso verso linterlocutore, per
pronunciare con voce estremamente calma:
Ma cosa mi dite, cugino?
Sire, riprese Luigi di Nevers, gli abitanti di Bruges, dYpres, di
Poperingue e di Cassel mi hanno scacciato dal mio feudo e non mi
considerano pi il loro conte e il loro signore; gi molto se posso recarmi
furtivamente a Gand, tanto nel paese divampa la rivolta.
Allora Filippo di Valois lasci cadere la sua larga mano sul bracciolo del trono,
gesto che aveva visto tante volte compiere da Filippo il Bello e che ripeteva
inconsciamente, riconoscendo cos nello zio lautentica incarnazione della maest.
Luigi, mio buon cugino, dichiar, e la sua voce sonora si spinse ben
oltre il coro per arrivare perfettamente chiara a tutti i presenti, noi vi
consideriamo il vero conte di Fiandra, e, sulle nobili unzioni e sul sacramento
che oggi riceviamo, vi promettiamo che mai conosceremo pace o riposo prima
di avervi restituito il possesso della vostra contea.
Al che Luigi di Nevers si inginocchi e disse:
Grazie, sire.
E la cerimonia continu.
Roberto dArtois strizz locchio ai vicini, facendo cos intendere che quel
grande scandalo era stato predisposto. Filippo VI manteneva le promesse fatte da
Roberto per assicurare la sua elezione. Filippo dEvreux non indossava forse, in
quello stesso giorno, la corona di Navarra?
Subito dopo la cerimonia, il re convoc i pari e i grandi baroni, i prncipi della
sua famiglia e i signori stranieri venuti ad assistere alla consacrazione, come se la
cosa non permettesse neppure unora di rinvio, e discusse con loro del momento
in cui avrebbe attaccato i fiamminghi ribelli. dovere di un re prode difendere i
diritti dei suoi vassalli! Qualche cervello prudente, considerando che la primavera
era gi molto avanzata, e che cera quindi il rischio di non essere pronti sino alla
brutta stagione ricordavano ancora loste impantanata di Luigi il Testardo
consigli di rimandare la spedizione di un anno. Ma il vecchio conestabile

Gaucher li svergogn proclamando con voce sonora:


Chi ha coraggio in battaglia, trova sempre il tempo a lui propizio!
A settantotto anni era un po impaziente di comandare la sua ultima campagna,
e non era certo per sentir cavilli di quel genere che aveva accettato di rinunciare
alla spada di Carlomagno.
Cos linglese che fomnta questa rivolta ricever una buona lezione
aggiunse borbottando.
Non si leggevano forse, nei romanzi di cavalleria, le imprese di eroi ottantenni,
capaci di rovesciare in battaglia il loro nemico e di fendergli lelmo fino allosso
del cranio? I baroni si sarebbero dunque dimostrati meno intrepidi di questo
veterano impaziente di partire per la guerra con il suo sesto re?
Filippo di Valois si alz esclamando:
Mi seguir chi mi sar devoto!
Dopo di che si decise di convocare lesercito per la fine di luglio, e, come per
caso, scelse Arras quale luogo di raduno. Cos Roberto avrebbe potuto
approfittarne per agitare un poco la contea di sua zia Mahaut.
Entrarono in Fiandra allinizio di agosto.
Un borghese di nome Zannequin, che comandava quindicimila uomini delle
milizie di Furnes, di Dixmude, di Poperingue e di Cassel, volendo dimostrare che
conosceva le usanze, mand al re di Francia un cartello di sfida, per chiedergli in
quale giorno si sarebbe combattuta la battaglia. Ma Filippo disprezzo questo
villano che assumeva i modi di un principe, e fece rispondere ai fiamminghi che,
costituendo essi un esercito senza capo, avrebbero dovuto difendersi come meglio
potevano. Poi mand i suoi due marescialli, Matteo di Trye e Roberto Bertrand
detto il cavalier del leone verde, a incendiare i dintorni di Bruges.
Quando i marescialli tornarono, tutti si congratularono con loro; e ognuno si
rallegr nel veder ardere in lontananza quelle povere case. Disarmati e vestiti di
ricchi abiti, i cavalieri si rendevano visita da una tenda allaltra, mangiavano sotto
padiglioni di seta ricamata e giocavano a scacchi con i loro familiari. Il campo
francese assomigliava insomma a quello di re Art nei testi mimati, e i baroni si
consideravano altrettanti Lancillotti, Ettori e Galaad.
Avvenne per che il valoroso re, colui che preferiva prevenire piuttosto che
essere prevenuto, stesse consumando la cena quando quindicimila uomini di
Fiandra invasero il suo campo, portando stendardi sui quali era dipinto un gallo
con la scritta:

Il giorno in cui questo gallo canter

il re trovato qui entrer.


Non ci misero molto a saccheggiare mezzo campo, a tagliare le funi delle
tende, a rovesciare le scacchiere, a mettere in disordine le tavole del banchetto e a
uccidere un buon numero di signori.
Le truppe di fanteria francesi volsero in fuga; il loro spavento era tale che
arrivarono, senza mai fermarsi a prendere fiato, fino a Saint-Omer, quaranta leghe
pi indietro.
Il re ebbe appena il tempo di indossare un giaco decorato con le insegne di
Francia, di ricoprirsi la testa con una calotta di cuoio bianco e di saltare in sella al
destriero per adunare i suoi eroi.
In questa battaglia, entrambi gli avversari avevano commesso un grave peccato
di vanit. I cavalieri francesi avevano sottovalutato i borghesi di Fiandra; e costoro,
per dimostrare di essere guerrieri rispettabili quanto i gentiluomini, si erano forniti
di armature ed erano venuti allassalto a piedi!
Il conte di Hainaut e suo fratello Giovanni, i cui accampamenti erano
leggermente isolati, furono i primi a spingersi avanti per assalire i fiamminghi da
tergo e scompigliare il loro attacco. Allora i cavalieri francesi radunati dal re
poterono precipitarsi su questi fantaccini appesantiti da un armamento troppo
pretenzioso, rovesciarli, calpestarli, massacrarli. I Lancillotti e i Galaad si
accontentavano di menar fendenti e piantonate, lasciando ai loro scudieri il
compito di finire a coltellate i vinti. Chi cercava di fuggire veniva rovesciato da un
cavallo spinto alla carica, chi si arrendeva era immediatamente sgozzato. Rimasero
sul terreno tredicimila fiamminghi, formando un cumulo favoloso di ferro e di
cadaveri, dove non esisteva pi nulla, erba o finimento, uomo o bestia, che non
fosse impiastricciato di sangue.
Cos la battaglia del monte Cassel, incominciata disastrosamente, finiva per la
Francia con una vittoria totale. Si parlava addirittura di una nuova Bouvines 8.
Ma il vero vincitore non era il re, n il vecchio conestabile Gaucher, per quanto
egli avesse urlato come di prammatica i nomi delle sue bandiere, e neppure
Roberto dArtois, precipitatosi come una valanga fra le file degli avversari. Chi
aveva salvato la situazione era il conte di Hainaut. Ma fu Filippo VI, suo cognato,
che ne raccolse la gloria.
Un re potente quanto Filippo non poteva pi tollerare la minima infrazione dei
suoi vassalli. Invi dunque unambasceria al re dInghilterra e duca di Guienna,
per ingiungergli di venire il pi presto possibile a rendere lomaggio.
Non esistono in pratica disfatte salutari, ma ci sono in cambio vittorie sinistre.
Poche giornate dovevano costare alla Francia quanto quella di Cassel, che

accredit parecchie idee sbagliate: anzitutto linvincibilit del nuovo re, e poi
linutilit in guerra dei fanti. Ventanni pi tardi, Crcy 9 sarebbe stata una
conseguenza di queste illusioni.
Nellattesa, chiunque avesse bandiera, chiunque portasse lancia, persino il pi
umile scudiero, squadrava con disprezzo, dallalto della sua sella, le specie inferiori
che camminavano a piedi.
Quellautunno, verso la met del mese dottobre, la signora Clemenza
dUngheria, la sventurata regina che era stata la seconda sposa di Luigi il
Testardo, moriva a trentacinque anni nellantico palazzo del Tempio, sua
abitazione. Lasciava tanti debiti che una settimana dopo la sua morte tutto ci che
ella possedeva, anelli, corone, gioielli, mobili, biancheria, oreficeria, persino gli
utensili da cucina, vennero messi allasta a richiesta dei suoi creditori italiani, i
Bardi e i Tolomei.
Il vecchio Spinello Tolomei, arrancando, spingendo avanti il ventre, tenendo un
occhio aperto e laltro chiuso, presenzi a questa vendita in cui sei oreficibanditori, nominati dal re, facevano le perizie. E tutto ci che era stato donato alla
regina Clemenza in un anno di illusoria felicit venne disperso.
Per quattro giorni tuonarono le voci dei banditori, Simone di Clockettes,
Giovanni Pascon, Pietro di Besanon e Giovanni di Lilla:
Un bel cappello doro10, nel quale sono quattro grossi rubini balasci, quattro
grossi smeraldi, sedici piccoli balasci, sedici piccoli smeraldi e otto rubini di
Alessandria, valutato seicento lire. Venduto al re!.
Un ditale, con quattro zaffiri, tre dei quali sfaccettati e uno no, valutato
quaranta lire. Venduto al re!.
Un ditale, con sei rubini orientali, tre smeraldi sfaccettati e tre diamanti di
smeraldo, valutato duecento lire. Venduto al re!.
Una scodella dargento dorato, venticinque boccali, due vassoi, un bacile,
valutati duecento lire. Venduti a monsignor dArtois, conte di Beaumont!.
Dodici boccali dargento dorato smaltato con le insegne di Francia e
dUngheria, una grande saliera dargento dorato retta da quattro babbuini, il tutto
per quattrocentoquindici lire. Venduti a monsignor dArtois, conte di Beaumont!.
Una borsetta ricamata doro, costellata di perle e di doppie, e contenente uno
zaffiro orientale. Valutata sedici lire. Venduta al re!.
La compagnia dei Bardi acquist loggetto pi caro: un anello nel quale era
incastonato il pi grosso rubino di Clemenza dUngheria, valutato mille lire. Non
dovettero neppure pagarlo poich la somma sarebbe stata defalcata dai loro crediti,

ed erano inoltre sicuri di rivenderlo al papa che, dopo essere stato per molto
tempo loro debitore, era divenuto favolosamente ricco.
Roberto dArtois, quasi a dimostrare che boccali e arnesi per bere in genere
non costituivano il suo unico interesse, acquist per trenta lire anche una bibbia in
francese.
Abiti da cappella, tuniche e dalmatiche diventarono invece propriet del
vescovo di Chartres.
Un orefice, Guglielmo le Flament, ottenne a buon prezzo il servizio da tavola
in oro della regina defunta, che comprendeva anche una forchetta, la prima che
mai si fosse fabbricata al mondo.
Dai cavalli della scuderia si ricavarono seicentonovantadue lire. La carrozza
della signora Clemenza e quella delle sue damigelle furono egualmente messe
allasta.
E quando ogni cosa venne asportata dal palazzo del Tempio, si ebbe la
sensazione di chiudere una casa maledetta.
Sembrava davvero, quellanno, che il passato si estinguesse, come per virt
propria, per lasciare posto al nuovo regno. Il vescovo di Arras, Thierry dHirson,
cancelliere della contessa Mahaut, moriva nel mese di novembre. Era stato per
trentanni il consigliere della contessa, nonch il suo amante e il suo complice in
ogni intrigo. Mahaut stava diventando sempre pi sola. Roberto dArtois fece
nominare alla diocesi di Arras un ecclesiastico del partito Valois, Pietro Roger 11.
Tutto andava male per Mahaut, e tutto andava bene per Roberto, che veniva ad
assumere importanza sempre maggiore e accedeva man mano agli onori supremi.
Nel gennaio del 1329, Filippo VI concedeva il titolo di pari al conte di Beaumont
le Roger; Roberto diventava cos pari di Francia.
Poi, giacch il re dInghilterra non si decideva a rendere omaggio al nuovo
sovrano, si stabil di confiscare ancora una volta il ducato di Guienna. Ma prima
di mettere in atto la minaccia, si mand Roberto dArtois ad Avignone per
convincere papa Giovanni XXII a intervenire.
Roberto pass sulle rive del Rodano due settimane incantevoli. Avignone infatti,
dove affluiva tutto loro della cristianit, era divenuta, per chi amava la tavola, il
gioco e le belle cortigiane, un paese di cuccagna, retto da un papa ottuagenario
ed ascetico, tutto assorbito dal problema della visione beatifica.
Al nuovo pari di Francia furono concesse parecchie udienze dal Santo Padre;
venne dato un banchetto in suo onore nel castello pontificio, e gli si diede agio
dintrattenersi dottamente con parecchi cardinali. Ma, fedele alle tumultuose
abitudini della sua giovinezza, ebbe anche rapporti con persone di dubbia

reputazione. Ovunque si recasse, Roberto attirava a s senza il minimo sforzo, le


ragazze leggere, i cattivi soggetti, gli avanzi di galera. Fosse esistito nella citt un
solo ricettatore, lo avrebbe scoperto entro un quarto dora. I monaci espulsi dal
loro ordine per qualche clamoroso scandalo, i chierici accusati di furto o di falso
giuramento affollavano la sua anticamera per chiedergli appoggio. Per strada lo
salutavano spesso passanti di brutto aspetto, e invano egli cercava di ricordarsi in
quale bordello di quale citt li avesse a suo tempo incontrati. Ispirava insomma
fiducia ai malviventi, e che fosse divenuto il secondo principe del regno non
cambiava affatto la situazione.
Questa volta non era accompagnato dal suo vecchio servitore, Lormet le
Dolois, ormai troppo vecchio per i lunghi viaggi.
Gli stessi incarichi se li assumeva adesso un tipo pi giovane, ma cresciuto alla
stessa scuola, Gillet di Nelle. Fu Gillet che present a Roberto un certo Maciot il
tedesco, armigero disoccupato, ma pronto a tutto, che era originario di Arras.
Questo Maciot aveva conosciuto bene il vescovo Thierry dHirson, che nei suoi
ultimi anni, aveva avuto unamica del cuore e di letto, una certa Giovanna di
Divion, di almeno ventanni pi giovane di lui, la quale si lamentava ora
abbastanza apertamente delle noie che le causava la contessa Mahaut da quando il
vescovo era morto. Se Monsignore avesse voluto ascoltare questa signora di
Divion
Ancora una volta Roberto dArtois constat che simparano molte cose
frequentando gente di dubbia fama. Certo si sarebbe potuto affidare la propria
borsa a mani migliori di quelle dellarmigero Maciot; ma luomo sapeva cose
molto interessanti. Vestito di nuovo, venne messo in sella a un cavallo
particolarmente pasciuto e spedito verso il nord.
Nel mese di marzo, tornato a Parigi, Roberto dArtois si fregava le mani e
affermava che qualcosa di nuovo stava per avvenire nel regno. Parlava di
documenti regi sottratti a suo tempo dal vescovo Thierry per conto di Mahaut.
Una donna dal viso incappucciato varc diverse volte la soglia del suo studio ed
ebbe con lui lunghi colloqui segreti. Lo si vedeva di settimana in settimana
sempre pi fiducioso, sempre pi allegro e sempre pi certo della imminente
confusione dei propri nemici.
In aprile la corte dInghilterra, cedendo alle esortazioni del papa, mandava di
nuovo a Parigi il vescovo Orleton, con un seguito di settantadue persone, signori,
prelati, dottori, scrivani e servitori, per negoziare la formula dellomaggio. Ci si
preparava a concludere un autentico trattato.
In Inghilterra le cose non andavano molto bene. Lord Mortimer non aveva

certo aumentato il suo prestigio facendosi conferire il grado di pari e costringendo


il parlamento a radunarsi sotto la minaccia delle sue truppe. Aveva dovuto
soffocare una rivolta armata dei baroni, capeggiata da Enrico di Lancaster detto
Collotorto, e incontrava continuamente nuove difficolt nellesercizio del potere.
Allinizio di maggio moriva il prode Gaucher di Chtillon, appena entrato nel
suo ottantesimo anno. Era nato sotto san Luigi, e aveva ricoperto per ventisette
anni la carica di conestabile. La sua voce sonora aveva spesso mutato la sorte delle
battaglie e prevalso nei consigli del re.
Il 26 maggio il giovane re Edoardo III, dopo essersi fatto prestare, come un
tempo suo padre, dai banchieri lombardi cinquemila lire per sovvenire alle spese
del viaggio, si imbarcava a Dover per venire a rendere lomaggio al cugino di
Francia.
Non lo accompagnavano n la madre Isabella n lord Mortimer, timorosi
entrambi di vedersi sfuggire di mano il potere in caso di assenza. Un sovrano di
sedici anni, affidato alla sorveglianza di due vescovi, avrebbe dunque affrontato la
pi impressionante corte del mondo.
LInghilterra infatti era debole e indifesa, e la Francia era tutto. Non esisteva nel
mondo cristiano nazione pi potente. Questo regno prospero, popoloso, ricco di
industrie, fornito dallagricoltura di tutto ci che gli occorreva, guidato da una
amministrazione ancora potente e da una nobilt ancora attiva, sembrava il pi
invidiabile; e il re trovato, che lo governava da un anno, dopo una serie
ininterrotta di successi, era davvero il pi invidiato fra tutti i sovrani della terra.

V IL GIGANTE DAVANTI AGLI SPECCHI

oleva pavoneggiarsi, ma anche vedersi. Voleva che la sua bella sposa, la

contessa, che i suoi tre figli, Giovanni, Giacomo e Roberto, il maggiore dei quali,
a otto anni, gi prometteva di diventare grande e forte, che i suoi scudieri, i suoi
servitori e tutto il seguito che si era portato appresso da Parigi, potessero
contemplarlo in tutto il suo splendore; ma desiderava anche ammirarsi con i
propri occhi.
A tal fine aveva chiesto tutti gli specchi che si trovavano nei bagagli della sua
scorta, specchi di argento levigato, tondi come piatti, specchi a manico, specchi di
vetro su fondo di stagno, tagliati a forma di ottagono in una cornice di argento
dorato, e li aveva fatti appendere, uno accanto allaltro, alla tappezzeria della
camera in cui si trovava12. Chiss come sarebbe stato contento il vescovo di
Amiens vedendo il suo bellarazzo lacerato dai chiodi che vi erano stati conficcati!
Ma che importanza aveva? Un principe di Francia poteva pure permetterselo.
Monsignore Roberto dArtois, signore di Conches e conte di Beaumont-le-Roger
era impaziente di contemplarsi nel suo costume di pari che indossava per la prima
volta.
Si voltava, girava, avanzava di due passi, rinculava, ma non riusciva a cogliere la
propria immagine che a frammenti, come i pezzi staccati di una vetrata: a sinistra,
lelsa dorata della lunga spada e, un po pi in alto, a destra, un pezzo di petto
dove, sul giaco di seta, era ricamato il suo stemma; qui la spalla a cui era puntato
con uno scintillante fermaglio il grande mantello da pari, e quasi allaltezza del
pavimento le frange della lunga tunica rialzata dagli speroni doro; e poi, in alto, la
monumentale corona da pari a otto fioroni uguali, sulla quale aveva fatto
incastonare tutti i rubini acquistati allasta dei beni della defunta regina Clemenza.
Ora sono dignitosamente vestito dichiar. Sarebbe stato davvero un
peccato se non mi avessero nominato pari; labito mi sta veramente bene.
La contessa di Beaumont, anchessa in abito di gala, sembrava condividere solo

a met lorgogliosa gaiezza dello sposo.


Siete davvero sicuro, Roberto, domand in tono preoccupato, che
quella signora arrivi in tempo?
Ma certo, ma certo rispose lui. E se anche non arrivasse questa
mattina, non per questo rinuncerei ad invocare i miei diritti; solo presenterei i
documenti domani.
Lunico impaccio che Roberto provava con quel bellabito era dovuto al fatto di
doverlo portare nel calore di unestate precoce. Sudava sotto quella bardatura
doro, di velluto e di seta pesante, e bench la mattina avesse fatto il bagno,
incominciava a diffondere un acre odore di bestia.
Attraverso la finestra, aperta su un cielo splendente di luce, si sentivano le
campane della cattedrale che suonavano a stormo coprendo il rumore che pu
fare in una citt il seguito di cinque re e delle loro corti.
Perch quel 6 giugno 1329 erano presenti ad Amiens cinque re. A memoria di
cancelliere non ci si ricordava una riunione simile. Per ricevere lomaggio del suo
giovane cugino dInghilterra, Filippo VI aveva voluto invitare i suoi parenti o
alleati, re di Navarra, di Boemia e di Maiorca, insieme al conte di Hainaut, al
duca di Atene, a tutti i pari, duchi, conti, vescovi, baroni e marescialli.
Seimila cavalli da parte francese, e seicento da parte inglese. Ah, se Carlo di
Valois avesse potuto vedere una simile assemblea, come sarebbe stato orgoglioso
di suo figlio, e di suo genero Roberto dArtois!
Il nuovo conestabile Raul di Brienne, appena entrato in funzione, era stato
incaricato di provvedere agli alloggi. Se lera cavata nel migliore dei modi
possibili, ma aveva perduto cinque libbre.
Il re di Francia occupava con la sua famiglia il palazzo episcopale, unala del
quale era stata riservata a Roberto dArtois.
Il re dInghilterra si era insediato alla Malmaison13 e gli altri in case borghesi. I
servitori dormivano nei corridoi e gli scudieri si erano accampati intorno alla citt
con i bagagli e i cavalli.
Una folla enorme era accorsa dalla provincia, dalle contee vicine, e persino da
Parigi. Gli sfaccendati passavano le notti sotto i portici.
Mentre i cancellieri dei due regni discutevano per unultima volta sui termini
dellomaggio e constatavano che dopo tante chiacchiere non erano ancora giunti a
un preciso accordo, tutta la nobilt dOccidente si divertiva da sei giorni in feste e
tornei, in rappresentazioni, spettacoli di saltimbanchi e danze, e faceva onore a
fantastici banchetti che, serviti nei parchi dei palazzi, incominciavano quando il
sole era ancora alto per terminare alla luce delle stelle.

Dagli hortillons14 della zona arrivavano, su barche piatte spinte avanti da una
pertica sugli stretti canali, mucchi di giaggioli, di ranuncoli, di giacinti e di gigli
che venivano scaricati sulle banchine del porto fluviale prima di essere sparsi per
le strade, i cortili e le sale dove sarebbero passati i re. La citt era satura del
profumo di tutti quei fiori calpestati, di quel polline che si incollava alle suole e si
mescolava allodore acre dei cavalli e della folla.
E i viveri! E i vini! E le carni! E le farine! E le spezie! Greggi di buoi, di
montoni e di maiali venivano spinti verso i mattatoi che funzionavano in
permanenza; file interrotte di carriaggi portavano nelle cucine dei palazzi daini,
cervi, cinghiali, caprioli, lepri, e tutti i pesci del mare, gli storioni, i salmoni, le
ombrine, e i pesci dei fiumi, i lunghi lucci, le reine, le tinche, i granchi, e tutti i
volatili, i capponi pi gustosi, le oche pi grasse, i fagiani dai vivaci colori, i cigni,
i candidi aironi e i variegati pavoni. Ovunque, poi, si dava mano alle botti.
Chiunque indossasse la livrea di un signore, fosse anche lultimo dei lacch, si
dava arie di persona importante. Le ragazze perdevano la testa. I mercanti italiani
erano accorsi da ogni dove a questa favolosa fiera organizzata dal re. Le facciate
degli edifici sparivano sotto le sete, i broccati e gli arazzi appesi alle finestre in
segno di festa. Cerano troppe campane, troppe fanfare e troppe grida, troppi
palafreni e troppi cani, troppe vivande e troppi beveraggi, troppi prncipi, troppi
ladri, troppe puttane, troppo lusso e troppo oro, troppi re! Da far scoppiare la
testa.
Il regno sinebriava contemplandosi nella sua potenza, come Roberto dArtois
sinebriava contemplando se stesso davanti ai suoi specchi.
Lormet, il suo vecchio servitore, anche lui vestito di nuovo, ma un po
imbronciato in tutta quella festa oh, non per faccende gravi, ma solo perch
Gillet di Nelle assumeva troppa importanza nella casa, perch intorno al suo
padrone si vedevano continuamente facce nuove si avvicin a Roberto e gli
sussurr:
La signora che stavate aspettando qui.
Il gigante si volt di scatto.
Falla entrare rispose.
Diede una lunga strizzata docchio alla contessa, sua moglie, e poi con grandi
gesti spinse tutti verso la porta gridando:
Uscite, e mettetevi in fila in cortile.
Poi rimase solo un momento, davanti alla finestra, a guardare la folla ammassata
nelle vicinanze della cattedrale per ammirare chi vi entrava, una folla contenuta a
fatica da un cordone di arcieri. Lass le campane continuavano il loro frastuono; e

allaria si era mescolato un odore improvviso di cialde appena sfornate che


proveniva da un banco; intorno le strade erano colme di gente e i riflessi del
canale di Hocquet erano appena visibili tanto numerose erano le barche.
Roberto dArtois aveva latteggiamento del trionfatore, e ancor pi lo avrebbe
avuto fra poco, quando nella cattedrale si sarebbe avvicinato al cugino Filippo e
avrebbe pronunciato certe parole atte a far tremare dalla sorpresa re, duchi e
baroni. E non tutti sarebbero ripartiti allegri come quando erano arrivati. A
cominciare dalla sua cara zia Mahaut e dal duca di Borgogna.
Certo, lo avrebbe inaugurato bene il suo abito da pari. Venti e pi anni di lotta
ostinata avrebbero ricevuto quel giorno la loro ricompensa. Eppure, nella gioia e
nellentusiasmo che lo dominavano, sentiva come una puntura, un rimpianto. Da
dove poteva venire questa sensazione, quando tutto gli sorrideva, quando tutto
esaudiva le sue aspirazioni? Improvvisamente lo cap: lodore delle cialde. Un pari
di Francia, che si appresta a reclamare la contea dei suoi pari, non pu scendere
per strada con una corona a otto fioroni per andare a mangiare una cialda. Un
pari di Francia, non pu mescolarsi alla folla, stringere il seno alle ragazze, e
stasera andar a fare baldoria con quattro baldracche, come quando era povero e
aveva venti anni. Questa nostalgia lo rassicur.
Meno male, pens, il sangue non si ancora spento!.
La visitatrice stava accanto alla porta, intimidita, non osando turbare le
meditazioni di un nobile signore che portava una corona cos grossa.
Era una donna di circa trentacinque anni, con un viso triangolare e zigomi
sporgenti. I suoi capelli a trecce, erano coperti dal cappuccio del mantello da
viaggio, e respirando sollevava un petto pieno e perfettamente rotondo sotto il
soggolo di lino bianco.
Perdinci! non doveva annoiarsi il vescovo!, pens Roberto quando saccorse
della sua presenza.
Ella pieg un ginocchio in un gesto di riverenza. E lui distese una grossa mano
coperta da un guanto e carica di rubini.
Datemeli disse.
Non li ho, monsignore, rispose la donna.
Il volto di Roberto mut espressione.
Come, non avete i documenti? esclam. Pure avevate promesso di
portarmeli oggi!
Vengo adesso dal castello di Hirson, monsignore, dove mi sono introdotta
ieri insieme a Maciot. Ci siamo avvicinati alla cassaforte di ferro suggellata nel
muro, per aprirla con le chiavi false.

E allora?
Qualcuno ci aveva preceduti. Labbiamo trovata vuota.
Ah, che bella notizia! disse Roberto impallidendo un poco. Sono
ormai due mesi che continuate a dirmi: Monsignore posso farvi avere i
documenti che vi renderanno il possesso della vostra contea. So dove si trovano.
Datemi una terra e dei redditi e ve li porter la settimana prossima. Poi
passa quella settimana e ne passa ancora unaltra C la famiglia dHirson al
castello, non posso andarci quando sono l loro.
Ci sono andata, monsignore, ma la chiave che avevo non serviva. Abbiate un
po di pazienza e finalmente, il giorno in cui devo mostrare al re i due
documenti
Tre, monsignore: il contratto di nozze del conte Filippo vostro padre, la
lettera del conte Roberto, vostro nonno, e quella di monsignor Thierry
Meglio ancora! Tre! venite a dirmi con quellaria da stupida: Non li ho;
la cassaforte era vuota!. Pensate forse che io vi creda?
Chiedetelo a Maciot che mi ha accompagnata! Non vedete monsignore che
il mio disappunto ancora pi grande del vostro?
Un lampo cattivo e sospettoso comparve negli occhi di Roberto dArtois che,
mutando tono, chiese:
Dimmi un po, Divion, non starai per caso cercando di imbrogliarmi? Vuoi
avere di pi, o mi hai tradito per Mahaut?
Monsignore! ma che cosa immaginate? esclam la donna ormai prossima
a piangere. Quando tutte le pene e le privazioni di cui soffro le devo alla
contessa Mahaut che mi ha sottratto ci che il mio caro signor Thierry mi
aveva lasciato in testamento! Ah, le auguro tutto il male che voi potete farle, alla
signora Mahaut. Pensate, monsignore: per dodici anni sono stata lamica di
Thierry, e per questo molta gente mi ha voltato le spalle. Eppure, un vescovo
un uomo come gli altri! Ma la gente cos cattiva
La Divion ricominciava a raccontare la sua storia, che Roberto aveva gi
ascoltato almeno tre volte. Parlava in fretta. Sotto le sue sopracciglia diritte, il suo
sguardo sembrava rivolto allinterno di se stessa, come avviene a tutti gli individui
che ruminano incessantemente sui propri affari e non badano ad altro che a s.
Ovviamente, non poteva aspettarsi nulla dal marito da cui si era divisa per
andare a vivere in casa del vescovo Thierry. Ammetteva che il marito era stato
piuttosto accomodante, forse perch aveva smesso abbastanza presto di essere un
uomo Monsignore capiva certamente cosa ella volesse dire. Era stato per
metterla al riparo dal bisogno, per ringraziarla di tutti i buoni anni che lei gli

aveva dato, che il vescovo Thierry laveva inserita nel suo testamento, lasciandole
case, denaro e redditi. Ma il vescovo diffidava della signora Mahaut, che pure era
costretto a nominare sua esecutrice testamentaria.
Sempre mi ha visto di malocchio, perch ero pi giovane di lei e perch un
tempo Thierry, me lo ha confidato lui stesso, aveva dovuto passare per il suo
letto. Lui lo sapeva che mi avrebbe giocato un brutto tiro dopo la sua
scomparsa, e sapeva anche che tutti gli Hirson, che mi sono contrari, a
cominciare da Beatrice, la pi perfida, la damigella di compagnia di Mahaut,
avrebbero fatto il possibile per scacciarmi di casa e privarmi di tutto
Roberto aveva cessato di ascoltare quella inesauribile chiacchierona. Aveva
posato su una cassa la sua pesante corona e rifletteva arruffandosi i rossi capelli. Il
suo bel piano crollava. Il pi piccolo documento di prova, fratello, e subito
autorizzo la revisione dei giudizi del 1309 e del 1318, gli aveva detto Filippo VI.
Ma capisci bene che non posso farne a meno, per quanto sia desideroso di
servirti, senza perdere la faccia davanti a Eudes di Borgogna, con le conseguenze
che puoi facilmente immaginare. E lui si era vantato di poter fornire non un
piccolo documento, ma dei documenti formidabili, addirittura gli atti che Mahaut
aveva fatto sparire per usurpare leredit dArtois!
E fra qualche minuto disse, devo essere alla cattedrale per lomaggio.
Quale omaggio? domand la Divion.
Quello del re dInghilterra, diamine!
Ah! dunque per questo che c tanta gente in citt e che facevo cos fatica
a camminare.
Quella stupida, indaffarata comera nel rimasticare i suoi drammetti personali,
non vedeva niente, non si rendeva conto di niente, non si informava di niente!
Roberto si chiese se non era stato un po troppo imprudente a prestar credito ai
discorsi di quella donna, e se i documenti, la cassaforte di Hesdin, la confessione
del vescovo erano esistiti nella realt o soltanto nella sua fantasia. E Maciot il
tedesco, era stato anche lui ingannato, oppure era daccordo?
Dite la verit, donna! Voi non le avete mai viste quelle lettere!
Ma s, monsignore! esclam la Divion, accostando le due mani agli
zigomi sporgenti. stato al castello di Hirson, il giorno che Thierry si
sentito male, prima che lo trasportassero al palazzo di Arras. Giovanna mia,
mi ha detto, voglio premunirti contro la signora Mahaut come me ne sono
premunito io. Ella crede che le lettere sigillate, da lei fatte togliere dagli archivi
per derubare monsignor Roberto, siano state tutte bruciate. Ma sul fuoco ci
sono finite soltanto quelle degli archivi di Parigi, e alla sua presenza, mentre le

copie conservate negli archivi dArtois sono le parole stesse di Thierry,


monsignore io le ho garantito di averle date alle fiamme, ma in realt le
ho conservate qui e vi ho aggiunto una mia lettera. Allora Thierry mi ha
accompagnata alla cassaforte nascosta in un angolo della parete del suo studio,
e mi ha fatto leggere dei fogli carichi di sigilli, e contenenti cose tali che io non
riuscivo a credere ai miei occhi, e non mi pareva possibile che qualcuno
potesse fare simili sopercherie. E cerano anche ottocento lire in oro, nella
cassaforte. Poi mi ha consegnato la chiave nel caso gli fosse capitato qualche
disgrazia
Quando siete andata a Hirson la prima volta
Avevo confuso una chiave con unaltra; evidentemente lho perduta. La
sventura si accanisce proprio contro di me! Quando tutto comincia ad andare
male
confusionaria, a compir lopera! Evidentemente diceva la verit. Quando si
vuole ingannare qualcuno, non ci si finge cos stupidi. Roberto lavrebbe
strangolata volentieri, se questo avesse potuto essergli utile in qualche modo.
La mia visita ha dovuto metterli in allarme aggiunse la donna; hanno
scoperto la cassaforte e forzato la serratura. Deve essere stata sicuramente la
Beatrice
La porta si socchiuse e apparve la testa di Lormet. Roberto lo allontan con un
gesto della mano.
Ma in fondo, monsignore riprese Giovanna Divion, come a riscattare il
suo errore, quelle lettere non sarebbe difficile rifarle, non vi pare?
Rifarle?
Diamine, dal momento che si sa cosa cera dentro! Io le ricordo bene, e
posso ripetervi, quasi parola per parola, tutta la lettera di monsignor Thierry
Con lo sguardo assente e lindice teso, a sottolineare meglio le frasi, incominci
a recitare:
Mi sento assai colpevole del fatto di aver cos a lungo celato che i diritti
della contea di Artois spettano a monsignor Roberto, per gli accordi presi col
matrimonio di monsignor Filippo dArtois e della signora Bianca di Bretagna,
accordi riportati in duplice copia su lettere sigillate, delle quali lettere una la
posseggo io e laltra venne sottratta agli archivi della corte da uno dei nostri
grandi signori Ho sempre pensato che dopo la morte della signora contessa,
per compiacere la quale e ai cui ordini ho agito, se Dio la richiamava a s
prima di me, avrei restituito al detto monsignor Roberto ci che avevo nelle
mie mani

La Divion poteva perdere le sue chiavi, ma era capace di ricordarsi a memoria


un testo che aveva letto una volta soltanto. Ci sono cervelli fatti in questo modo! E
proponeva a Roberto, quasi fosse la cosa pi naturale del mondo, di fabbricare un
falso. Non aveva evidentemente il minimo senso del bene e del male, e non
ammetteva alcuna distinzione fra morale e immorale, fra lecito e illecito. Morale
era ci che le conveniva. In quarantadue anni, Roberto aveva commesso quasi
tutti i peccati possibili: aveva ucciso, mentito, denunciato, saccheggiato, violentato.
Ma non gli era ancora capitato di diventare falsario.
C anche lex podest di Bthune, Guglielmo della Planche, che deve
ricordarsene e che potrebbe esserci daiuto; allora infatti era scrivano di
monsignor Thierry.
Dov questo podest? domand Roberto.
In prigione.
Roberto alz le spalle. Di bene in meglio! Ah, quale errore aveva commesso ad
agire con tanta precipitazione! Avrebbe dovuto aspettare di averli i documenti, e
non accontentarsi di promesse. Ma daltra parte cera questoccasione
dellomaggio, di cui il re in persona gli aveva consigliato di approfittare.
Di nuovo il vecchio Lormet fece apparire il suo volto attraverso lo spiraglio
della porta.
S! Lo so, vengo gli strill Roberto spazientito. C soltanto da
attraversare la piazza.
Il fatto che il re si prepara a scendere disse Lormet in tono di
rimprovero.
E va bene, vengo.
Il re, in fondo, era soltanto suo cognato, ed era re perch lo aveva voluto lui,
Roberto. E questo caldo! Si sentiva grondare sotto il mantello da pari.
Si avvicin alla finestra e pos lo sguardo sulla cattedrale dalle due torri ineguali e
traforate. Il sole illuminava di sbieco il grande rosone delle vetrate. Le campane
continuavano a suonare coprendo i rumori della folla.
Il duca di Bretagna, seguito dalla sua scorta, stava salendo i gradini del portico
centrale.
Lo seguiva zoppicando, a venti passi dintervallo, il duca di Borbone, con due
scudieri che reggevano lo strascico del suo mantello.
Veniva poi il corteo di Mahaut dArtois. Poteva camminare a passo sicuro, oggi,
la Mahaut! Pi alta della maggior parte degli uomini, e con il viso rubizzo,
salutava il popolo con piccoli cenni del capo, quasi come unimperatrice. Lei la
ladra, la bugiarda, lavvelenatrice di re, la criminale che sottraeva agli archivi regi

gli atti sigillati! Quando era ormai arrivato cos vicino a confonderla, ad ottenere
finalmente su di lei quella vittoria cui stava lavorando da ventanni, Roberto
sarebbe dunque stato costretto a rinunciarvi e perch? Per una chiave perduta
dalla concubina di un vescovo!
Ma contro i malvagi non forse lecito far uso di eguali malvagit? Bisogna
davvero essere tanto scrupolosi nella scelta dei mezzi quando si tratta di far
trionfare una causa giusta?
A pensarci bene, se Mahaut aveva in suo possesso i documenti trovati nella
cassaforte forzata del castello di Hirson anche supponendo che non li avesse
immediatamente distrutti come tutto lasciava credere non era in condizioni di
poterli mostrare, o di alludere alla loro esistenza, poich quei documenti erano la
prova della sua colpevolezza. E si sarebbe trovata davvero nei pasticci Mahaut, se
qualcuno le avesse presentato lettere perfettamente identiche a quelle scomparse!
Almeno avesse avuta tutta la giornata davanti a s, per poter riflettere, chiedere
ulteriori informazioni ma no, doveva decidere entro unora, e decidere da solo.
Vi rivedr, donna; ma non mostratevi troppo in giro, disse.
Eppure, falsificare dei documenti era un grosso rischio
Riprese la sua monumentale corona, la indoss, e diede una occhiata agli
specchi che riflettevano la sua immagine spezzettata in trenta frammenti. Poi part
per la cattedrale.

VI LOMAGGIO E LO SPERGIURO

n figlio di re non pu inginocchiarsi davanti a un figlio di conte!

Questa formula laveva escogitata di sua iniziativa un sovrano di sedici anni,


imponendola poi ai suoi consiglieri perch a loro volta la imponessero ai legisti di
Francia.
Andiamo, monsignor Orleton, aveva detto il giovane Edoardo III appena
arrivato ad Amiens, voi che lanno scorso eravate qui per sostenere che i
miei diritti al trono di Francia erano maggiori di quelli di mio cugino Valois,
potreste oggi sopportare che io mi gettassi a terra davanti a lui?
Come tante volte gli adolescenti nati da famiglie che hanno loro offerto soltanto
uno spettacolo di disordine e di indecisione, Edoardo III, la prima volta che era
abbandonato a se stesso, desiderava che si tornasse a princpi retti e chiari. E nei
sei giorni che aveva trascorso ad Amiens aveva fatto rimettere tutto in discussione.
Ma lord Mortimer tiene molto alla pace con la Francia diceva Giovanni
Maltravers.
Mylord, lo interrompeva Edoardo, siete qui per proteggermi,
immagino, non per consigliarmi.
Provava una malcelata avversione per il barone dal viso lungo che era stato il
carceriere e indubbiamente lassassino di suo padre. Doverne subire la
sorveglianza, anzi per essere pi precisi, lo spionaggio, gli dava unenorme
fastidio.
Lord Mortimer un nostro grande amico riprese, ma non il re e
non sar lui a rendere lomaggio. E lord Lancaster, che presiede il Consiglio di
reggenza, e per questo solo fatto pu prendere decisioni a nome mio, non mi
ha detto, prima della mia partenza, di rendere qualsiasi tipo di omaggio. Non
render lomaggio-ligio.

Il vescovo di Lincoln, Enrico di Burghersh, cancelliere dInghilterra e legato a


Mortimer, ma assai meno di Maltravers, e comunque dotato di ingegno ben
maggiore, non poteva, nonostante limbarazzante situazione che si era creata, non
approvare la fermezza con la quale il giovane re cercava di difendere la sua dignit
e insieme gli interessi del suo regno.
Lomaggio-ligio non soltanto costringeva il vassallo a presentarsi senza armi e
senza corona, ma implicava che, con un giuramento pronunciato in ginocchio,
egli diventasse, come suo primo dovere, luomo del suo sovrano.
Come suo primo dovere insisteva Edoardo. Sicch, miei lord, se
capitasse che, mentre noi stiamo combattendo in Scozia, il re di Francia mi
convocasse per una sua guerra, in Fiandra, in Lombardia o altrove, io dovrei
abbandonare tutto per venire a raggiungerlo; se no, avrebbe il diritto di
confiscarmi il ducato. Ora questo non ammissibile.
Uno dei baroni di scorta, lord Montagu, prov da quellistante una grande
ammirazione per un monarca che dava prove di una cos precoce saggezza e di
una fermezza non meno precoce. Montagu aveva allora ventotto anni.
Penso che avremo un buon re dichiar. Sono lieto di poterlo servire.
Da quel momento lo si vide sempre accanto a Edoardo, a consigliarlo e a
sostenerlo.
Finalmente il re di sedici anni aveva vinto. I consiglieri di Filippo di Valois
volevano anche loro la pace, e soprattutto volevano che la si facesse finita con
queste discussioni. Limportante non era forse che il re dInghilterra fosse venuto?
Non si era chiamato a raccolta tutto il regno e una buona met dellEuropa perch
lincontro si risolvesse in un fiasco.
E va bene, renda pure lomaggio semplice aveva detto Filippo VI al suo
cancelliere, come se si fosse trattato di decidere su una figura di danza o su
unentrata in torneo. Ha ragione, al suo posto avrei fatto certamente lo
stesso.
Per questo, nella cattedrale colma di gentiluomini sino al fondo delle cappelle
laterali, Edoardo III stava ora avanzando con la spada al fianco, il mantello regale
trapuntato di leoni che cadeva a lunghe pieghe dalle sue spalle, e le bionde ciglia
abbassate sotto la corona. Lemozione accentuava labituale pallore del suo viso. E
la sua estrema giovinezza era ancor pi evidente sotto quei pesanti ornamenti.
Sembrava un arcangelo, e ci fu un momento in cui tutte le donne presenti,
intenerite, furono innamorate di lui.
Lo seguivano due vescovi e dieci baroni inglesi.
Il re di Francia, con il suo mantello trapuntato di gigli, era seduto nel coro, un

po pi in alto degli altri re, regine e prncipi sovrani che lo circondavano,


formando come una piramide di corone. Si alz, maestoso e cortese, per
accogliere il suo vassallo, che si ferm a tre passi da lui.
Un grande raggio di sole, passando attraverso le vetrate, calava su di loro come
una spada celeste.
Messer Mille di Noyers, ciambellano, presidente del parlamento e presidente
della Camera dei conti, si stacc dai pari e dai grandi ufficiali e venne a porsi fra i
due sovrani. Era un uomo sui sessantanni, dal viso serio, che non sembrava
impressionato n dalla propria carica n dagli abiti di gala. Con voce forte e ben
scandita, disse:
Sire Edoardo, il re nostro padrone e possente signore, non intende
accogliervi qui per tutte le cose che possiede e ha il diritto di possedere in
Guascogna e nellAgenais, come le possedeva e aveva il diritto di possederle re
Carlo IV, e che non sono comprese nellomaggio.
Allora Enrico di Burghersh, cancelliere di Edoardo, venne a porsi allaltezza di
Mille di Noyers e rispose:
Sire Filippo, il nostro padrone e signore re dInghilterra, o chiunque altro
per lui e attraverso di lui, non intende rinunciare ad alcuno dei suoi diritti sul
ducato di Guienna e sulle sue appartenenze, e sottintende che nessun nuovo
diritto sia acquisito dal re di Francia attraverso questo omaggio.
Erano queste le formule di compromesso, estremamente ambigue, sulle quali ci
si era accordati, e che, non precisando nulla, non regolavano nulla. Ogni parola
infatti ammetteva una doppia interpretazione.
Da parte francese si voleva intendere che le terre di confine, confiscate sotto il
regno precedente durante la campagna comandata da Carlo di Valois, sarebbero
rimaste direttamente soggette alla corona di Francia. Era insomma la conferma di
uno stato di fatto.
Da parte inglese, i termini chiunque altro per lui o attraverso di lui erano
unallusione alla minore et del re e alla esistenza del Consiglio di reggenza; ma
con lattraverso di lui si poteva indicare in avvenire il siniscalco di Guienna o
qualsiasi luogotenente regio. In quanto allespressione nessun nuovo diritto,
poteva anche significare una ratifica dei diritti acquisiti fino a quel giorno,
compreso cio il trattato del 1327. Ma questo non era detto esplicitamente.
Lapplicazione di queste dichiarazioni, come in genere di qualsiasi trattato di
pace o di alleanza concluso fra le diverse nazioni fin dallinizio dei secoli,
dipendeva interamente dal buon volere del governo. Per il momento, la presenza
dei due prncipi, uno di fronte allaltro, testimoniava di un reciproco desiderio di

vivere in buona armonia.


Il cancelliere Burghersh svolse una pergamena da cui pendeva il sigillo
dInghilterra e lesse, in nome del vassallo:
Sire, io divento il vostro uomo del ducato di Guienna e delle sue
appartenenze che affermo di ricevere da voi come duca di Guienna e pari di
Francia, secondo gli accordi conclusi fra i vostri antenati e i nostri, e secondo
ci che noi e i nostri antenati, re dInghilterra e duchi di Guienna, abbiamo
fatto per lo stesso ducato nei confronti dei vostri antenati re di Francia.
Dopo di che il vescovo tese a Mille di Noyers il documento che aveva appena
letto, il cui testo era assai pi breve di quello dellomaggio-ligio.
E Mille di Noyers cos rispose:
Sire, voi diventate luomo del re di Francia, mio signore, per il ducato di
Guienna e per le sue appartenenze che riconoscete dovere a lui, come duca di
Guienna e pari di Francia, secondo gli accordi presi fra i suoi antenati, re di
Francia, e i vostri, e secondo ci che voi e i vostri antenati, re dInghilterra e
duca di Guienna, avete fatto per lo stesso ducato nei confronti dei suoi antenati
re di Francia.
Tutto questo avrebbe potuto fornire eccellenti pretesti a controversie giuridiche
il giorno in cui i due avessero cessato di andare daccordo.
Allora Edoardo III disse:
In verit.
E Mille di Noyers conferm con queste parole:
Il re nostro sire vi accoglie, salve le sue proteste e riserve precedentemente
espresse.
Edoardo fece i tre passi che Io separavano dal suo sovrano, si tolse i guanti, li
consegn a lord Montagu e, tendendo le mani bianche e sottili, le pos sulle
grandi palme del re di Francia. Poi i due monarchi si scambiarono un bacio sulla
bocca.
Ci si accorse allora che Filippo VI non aveva bisogno di chinarsi tanto per
arrivare al viso del suo giovane cugino. Era soprattutto una diversit di corpulenza
che faceva apparire Filippo cos imponente. Ma il re dInghilterra, che ancora non
aveva smesso di crescere, avrebbe certamente raggiunto anche lui una bella statura.
Le campane incominciarono a suonare sulla torre pi alta.
E ognuno si sentiva contento. Pari e dignitari si scambiavano soddisfatti cenni di
capo. Re Giovanni di Boemia, con la sua bella barba castana sparsa sul petto,
aveva assunto un atteggiamento nobilmente sognante. Il conte Guglielmo il
Buono e suo fratello Giovanni di Hainaut scambiavano sorrisi con i gentiluomini

inglesi. Effettivamente era stato raggiunto un eccellente accordo.


Perch litigare, irritarsi, minacciarsi, presentar querele davanti ai Parlamenti,
confiscare feudi, assediare citt, battersi con accanimento, dissipare oro, fatica e
sangue di cavalieri, quando con un po di buona volont, e con un piccolo
sacrificio da entrambe le parti, era cos facile raggiungere un compromesso?
Il re dInghilterra aveva preso posto sul trono preparatogli a un livello appena
inferiore a quello del re di Francia. Ora non rimaneva che sentire la messa.
Eppure Filippo VI sembrava ancora aspettare qualcosa, e volgendo la testa
verso i suoi pari seduti sugli scranni, cercava con lo sguardo Roberto dArtois, la
cui corona superava in altezza tutte le altre.
Roberto aveva gli occhi socchiusi. Si asciugava con il rosso guanto il sudore
che gli grondava dalle tempie, bench nella cattedrale facesse piacevolmente fresco.
Ma in quel momento il cuore gli batteva forte. E il suo guanto, che, senza che lui
lo sapesse, perdeva colore, aveva disegnato sulla gota come una scia di sangue.
Improvvisamente balz in piedi. La sua decisione era presa.
Sire, esclam fermandosi davanti al trono di Filippo, poich sono qui
adunati tutti i vostri vassalli
Qualche istante prima, Mille di Noyers e il vescovo Burghersh avevano parlato
con voce ferma e chiara, perfettamente udibile in tutto ledificio. Ma, quando
Roberto apr bocca, si ebbe la sensazione che prima di lui si fossero fatti ascoltare
soltanto degli uccellini.
e poich a tutti dovete rendere giustizia continu Roberto,
giustizia vengo a chiedervi.
Monsignore di Beaumont, cugino mio, chi vi ha dunque fatto torto?
domand gravemente Filippo VI.
Mi ha fatto torto, sire, la vostra vassalla, la signora Mahaut di Borgogna, che
indebitamente usurpa, con linganno e la fellonia, i titoli e i possedimenti della
contea dArtois che a me spettano per diritto dei miei padri.
In quel momento si ud una voce quasi altrettanto sonora proclamare dagli
scranni:
Immaginavo gi che ci sarebbe avvenuto!
Era stata Mahaut dArtois a parlare.
Pass fra il pubblico un mormorio di sorpresa, ma non di stupore. Roberto
agiva come aveva agito il conte di Fiandra il giorno della consacrazione. Sembrava
ormai stabilito come abitudine che, quando un pari si riteneva leso, esprimesse le
sue lamentele in queste occasioni solenni, palesemente con laccordo preliminare
del re.

Il duca Eudes di Borgogna interrogava con lo sguardo la sorella, regina di


Francia, la quale replic nello stesso modo, allargando le mani, come a fargli
capire che era lei la prima a stupirsi e che non era al corrente di nulla.
Cugino mio disse Filippo, potete presentare documenti e
testimonianze per attestare il vostro diritto?
Lo posso disse fermamente Roberto.
Non lo pu, mente! esclam Mahaut, levandosi dal suo scranno e
venendo a raggiungere il nipote davanti al re.
Quanto si assomigliavano, Roberto e Mahaut, sotto quelle corone e quei
mantelli perfettamente identici, animati da uno stesso furore, e con il sangue che
affluiva ai loro colli taurini! Anche Mahaut portava al suo fianco di gigantessa
guerriera la grande spada dei pari di Francia con lelsa doro. Fossero stati madre e
figlio, avrebbero mostrato meno palesemente i segni evidenti della loro parentela.
Negate forse, zia, disse Roberto, che il contratto nuziale del nobile
Filippo dArtois, mio padre, faceva di me, suo primogenito, il successore alla
contea dArtois, e che voi, dopo la sua morte, avete approfittato della mia tenera
et per usurparla?
Nego tutto ci che dite, malvagio nipote che volete svergognarmi.
Negate che ci sia stato un contratto nuziale?
Lo nego! url Mahaut.
Si lev allora dal pubblico un vasto mormorio di riprovazione, e si ud anche
distintamente il vecchio conte di Bouville, ex-ciambellano di Filippo il Bello,
emettere un Oh! scandalizzato.
Anche se non tutti avevano le stesse ragioni di Bouville, curatore al ventre della
regina Clemenza alla nascita di Giovanni I il Postumo, di conoscere labilit di
Mahaut dArtois nella menzogna e la sua imperturbabilit nel delitto, era flagrante
che ella negava levidenza. Un matrimonio fra un figlio dArtois, principe dal
fiordaliso15, e una ragazza di Bretagna, non poteva essere stato concluso senza un
contratto, ratificato dai pari e dal re. Il duca Giovanni di Bretagna, bench
allepoca del matrimonio fosse stato ancora un bambino, se ne ricordava
perfettamente, e lo diceva ai suoi vicini. Questa volta Mahaut superava ogni limite.
Che continuasse, come aveva fatto nei due processi, a richiamarsi alle antiche
costumanze dellArtois, le quali, in seguito al decesso prematuro del fratello
giocavano in suo favore, daccordo! Ma non doveva negare che ci fosse stato un
contratto. Confermava cos ogni sospetto, primo fra tutti quello di avere fatto
sparire i documenti.
Filippo VI si rivolse allora al Vescovo di Amiens.

Monsignore, vogliate portare a noi i Santi Vangeli e presentarli al


querelante
Fece una pausa e aggiunse:
e alla convenuta.
E quando questo fu fatto:
Accettate entrambi, cugino mio e cugina mia, di attestare le vostre parole
con un giuramento pronunciato sui Santissimi Vangeli della Fede, davanti a noi,
vostro sovrano, ai re nostri parenti, e a tutti i vostri pari qui radunati?
Era veramente maestoso Filippo pronunciando queste parole, e suo figlio, il
giovane principe Giovanni, appena decenne, lo fissava ad occhi sbarrati con una
ammirazione senza limiti. Ma la regina, Giovanna la Zoppa, aveva una brutta
piega crudele ai lati della bocca e la figlia di Mahaut, Giovanna la Vedova, la
sposa di Filippo il Lungo, sottile ed asciutta, era divenuta bianca in viso quanto il
suo abito di ex-regina. Era anche illividita la nipote di Mahaut, la giovane
duchessa di Borgogna, nonch il duca Eudes suo quasi cinquantenne sposo. Si
aveva limpressione che tutti costoro si preparassero a gettarsi in avanti per
impedire a Mahaut di giurare. La tensione, in quellattimo di totale silenzio, era al
massimo.
Accetto dissero contemporaneamente Mahaut e Roberto.
Toglietevi i guanti ordin loro il vescovo di Amiens.
Mahaut portava guanti verdi che si erano anchessi stinti con il caldo. Tanto che
le due mani che si tesero al di sopra del Santo Libro erano una rossa come il
sangue e laltra verde come il fiele.
Giuro afferm Roberto che la contea dArtois mia e che presenter
lettere e testimonianze che dimostreranno i miei diritti e i miei possessi.
Osate dunque, mio bel nipote, esclam Mahaut, giurare che queste
lettere voi le avete gi viste o possedute?
Quasi faccia a faccia, quelle due paia di occhi grigi, quei due menti quadrati
sovraccarichi di grasso, si stavano sfidando. Carogna, pens Roberto, sei stata
dunque tu a rubarle!. E siccome in certe circostanze bisogna essere decisi,
chiaramente rispose:
S, lo giuro. Ma voi, mia bella zia, osate forse giurare che queste lettere non
sono mai esistite, e che voi non ne avete avuto mai conoscenza, n possesso in
vostra mano?
Ne faccio giuramento rispose lei con uguale decisione e fissando
Roberto con altrettanto odio.
Nessuno dei due era riuscito a segnare un punto di vantaggio sullaltro. La

bilancia era ancora immobile e ad ogni piatto, si era aggiunto il peso di quel falso
giuramento che si erano reciprocamente costretti a pronunciare.
Da domani saranno nominati commissari per condurre linchiesta e
illuminare la mia giustizia. Chi ha mentito sar castigato da Dio e chi ha detto il
vero consolidato nel suo diritto disse Filippo facendo cenno al vescovo di
portare via lEvangelo.
Dio non obbligato ad intervenire direttamente per punire lo spergiuro, il
Cielo pu anche rimanere muto. Le anime malvagie hanno in se stesse quanto
necessario per procurare loro le pi grandi disgrazie.

PARTE SECONDA

I GIOCHI DEL DIAVOLO

I I TESTIMONI

ncora molto acerba e non pi grossa di un pollice, una pera pendeva

oltre la spalliera.
Sulla panca di pietra erano seduti tre personaggi: al centro, il vecchio conte di
Bouville, linterrogato, alla sua destra il cavaliere di Villebresme, commissario del
re, e dallaltra parte il notaio Pietro Tesson, che trascriveva la deposizione.
Il notaio Tesson portava un berretto da chierico su un enorme cranio a cupola
da cui scendevano ciocche di capelli lisci; aveva il naso a punta e un mento
esageratamente lungo ed affilato; il suo profilo faceva pensare al primo quarto
della luna.
Monsignore, disse, con grande rispetto, posso leggervi la vostra
testimonianza?
Fate, messere, fate rispose Bouville.
E la sua mano si diresse a tentoni verso il piccolo frutto verde e ne constat la
durezza. Il giardiniere, pens, avrebbe dovuto potare il ramo.
Il notaio si chin verso la piccola scrivania portatile che teneva sulle ginocchia e
incominci:
Il diciassettesimo giorno del mese di giugno dellanno 1329, noi, Pietro di
Villebresme, cavaliere
Re Filippo VI non aveva perduto tempo. Due giorni dopo lo scandalo di
Amiens e i giuramenti pronunciati nella cattedrale, aveva nominato una
commissione dinchiesta; e gli interrogatori erano incominciati meno di una
settimana dopo il ritorno della corte a Parigi.
e noi, Pietro Tesson, notaio del re, siamo venuti ad udire
Messer Tesson, disse Bouville siete voi lo stesso Tesson che era un
tempo addetto al palazzo di monsignore dArtois?
Lo stesso, monsignore
E adesso siete notaio del re? Benissimo, benissimo, le mie congratulazioni

Bouville si rialz un poco, e incroci le mani sul ventre rotondo. Indossava un


vecchio abito di velluto, troppo lungo e troppo fuori moda, come se ne
portavano al tempo di Filippo il Bello, e che metteva per andare in giardino.
Faceva girare i pollici, tre volte in un senso e tre nellaltro. La giornata si
annunciava bella e calda, ma la mattina conservava ancora qualche traccia della
frescura notturna.
siamo venuti a udire lalto e possente signore conte Ugo di Bouville, e
labbiamo ascoltato nel giardino del suo palazzo sito non lungi dal Prato dei
chierici
Quanto cambiato il quartiere, da quando mio padre ha fatto costruire
questa dimora disse Bouville. Allora, dallabbazia di Saint-Germain-desPrs sino a Saint-Andr-des-Arts, non cerano che tre palazzi: quello di Nesle,
sulla riva del fiume, quello di Navarra, un po pi in l, e quello dei conti
dArtois che era la loro residenza di campagna, in quanto intorno si vedevano
soltanto prati e campi Vedete ora quanto si costruito! Tutti i nuovi ricchi
hanno voluto venire ad abitare in questa zona e i sentieri sono divenuti strade.
Un tempo, al di l di quel muro, vedevo soltanto pascoli; mentre adesso, con
quel poco di vista che i miei occhi conservano, scorgo uninfilata di tetti. E il
rumore! Quanto rumore in questo quartiere! Si ha quasi limpressione di
trovarsi nel cuore della Cit. Se avessi ancora molto tempo davanti a me,
venderei la casa e me ne farei fare unaltra altrove. Ma sono discorsi inutili
La sua mano and a cercare sopra la testa la piccola pera verde. Aspettare la
maturazione di un frutto era tutto il futuro cui ancora poteva aspirare. Gi da
parecchi mesi stava perdendo la vista. Il mondo, le persone, gli alberi, si
presentavano ai suoi occhi attraverso un muro dacqua. Un uomo stato attivo e
autorevole, ha viaggiato, ha partecipato ai consigli del re ed stato elemento
importante in grandi avvenimenti; ed ecco che finisce nel suo giardino, con il
cervello in disordine e la vista confusa, solo e quasi dimenticato, se non quando i
pi giovani devono fare appello ai suoi ricordi
Messer Pietro Tesson e il cavaliere di Villebresme si scambiarono unocchiata di
stanchezza. Non era certo un testimone facile il vecchio conte di Bouville, le cui
frasi si smarrivano continuamente in vaghe banalit; ed era troppo nobile e troppo
vecchio perch si potesse trattarlo male. Il notaio riprese:
il quale ci ha dichiarato, di sua voce, le cose qui appresso scritte, vale a
dire: che quando lui era ciambellano del nostro sire Filippo Quarto, prima che
costui divenisse re, ebbe conoscenza del contratto di matrimonio concluso fra il
defunto monsignor Filippo dArtois e la signora Bianca di Bretagna, che ebbe

il detto contratto fra le mani, e che nello stesso trattato era esplicitamente scritto
che la contea dArtois sarebbe passata per diritto ereditario al detto monsignor
Filippo dArtois e, dopo di lui, ai suoi eredi maschi, rudi dal detto
matrimonio
Bouville agit la mano:
Non ho affermato questo. Ho avuto il trattato per le mani, come gi vi ho
detto e come ho accennato a monsignor Roberto dArtois in persona, laltro
giorno quando venuto a trovarmi, ma non posso in coscienza ricordarmi di
averlo letto.
E perch, monsignore, avreste tenuto in mano il contratto, se non per
leggerlo? domand messer di Villebresme.
Per portarlo al cancelliere del mio signore e permettergli di sigillarlo; vi
vennero infatti impressi, e di questo mi ricordo bene, i sigilli di tutti i pari, fra i
quali era anche quello del mio signore, Filippo il Bello, in quanto primogenito
del sovrano.
Prendetene nota, Tesson, disse Villebresme. Tutti i pari hanno
apposto il loro sigillo Ma, anche non avendo letto il documento, sapevate,
monsignore, che leredit dArtois era assicurata al conte Filippo e ai suoi eredi
maschi?
Lho sentito dire rispose Bouville, ma non posso affermare nulla di
pi.
I modi con cui il giovane Villebresme cercava di fargli dire pi di quanto lui
sapesse lo irritavano un poco. Non era ancora nato, quel ragazzo, e suo padre
era ancora ben lungi dal generarlo, quando erano avvenuti gli avvenimenti sui
quali svolgeva la sua inchiesta! Guardateli l, questi piccoli funzionari regi, tutti
impettiti per le loro nuove cariche! Un giorno si sarebbero ritrovati anche loro,
vecchi e soli, appoggiati alla spalliera del loro giardino S, Bouville ricordava
queste clausole inserite nel contratto nuziale di Filippo dArtois. Ma quando ne
aveva sentito parlare per la prima volta? Al momento del matrimonio stesso,
nell82, oppure nel 98 quando il conte Filippo era morto per le ferite ricevute
alla battaglia di Furnes? O forse quando il vecchio conte Roberto II venne
ucciso alla battaglia di Courtrai, nel 1302, sopravvivendo cos di quattro anni a
suo figlio, e dando cos origine alla lite fra sua figlia Mahaut e suo nipote,
lattuale Roberto III?
Si chiedeva a Bouville di essere preciso su un ricordo che poteva risalire a un
momento qualsiasi in un periodo di oltre ventanni. E non erano venuti a
bombardarlo di domande soltanto il notaio Tesson e questo messer di

Villebresme, ma persino monsignor Roberto dArtois, che era stato assai cortese e
rispettoso, bisognava ammetterlo, ma parlava a voce troppo alta, si agitava molto e
in giardino calpestava i fiori con gli stivali!
Rettifichiamo allora in questi termini disse il notaio, dopo aver corretto il
testo: e che egli ebbe il detto trattato fra le mani, ma lo tenne solo per
poco tempo, e ricorda anche che fu sigillato da tutti i pari; inoltre il conte di
Bouville ci ha dichiarato di aver sentito dire, allora, che nel detto trattato era
precisamente scritto che la contea di Artois
Bouville approv chinando il capo. Avrebbe preferito che si sopprimessero
quegli allora, quei sentito dire, allora che il notaio aveva introdotto nella
sua relazione. Ma era stanco di discutere. E poi una parola davvero tanto
importante?
sarebbe passato agli eredi maschi nati dal detto matrimonio; e ha inoltre
affermato che il trattato venne collocato negli archivi della corte, e ancora
considera in fede che sia stato pi tardi sottratto dai suddetti archivi per
manovre maliziose e per ordine della signora Mahaut dArtois
Non ho nemmeno detto questo disse Bouville.
Non lavete detto in questa forma, monsignore, rispose Villebresme,
ma una conseguenza logica della vostra deposizione. Riprendiamo ci che
avete affermato. Prima di tutto che il contratto nuziale esisteva, in secondo
luogo che lo avete visto, in terzo luogo che venne collocato negli archivi
sigillato col sigillo dei dodici pari
Di nuovo Villebresme scambi unocchiata di rassegnazione con il notaio.
sigillato col sigillo dei pari ripet per far piacere al testimone.
Affermate inoltre che questo contratto escludeva dalleredit la contessa Mahaut,
e che scomparve dagli archivi, sicch non pot essere presentato al processo
intentato da monsignor Roberto dArtois a sua zia. Chi credete dunque che
labbia fatto sottrarre? Pensate sia stato re Filippo il Bello a impartire
questordine?
Era una domanda perfida. Non si era detto molte volte, che Filippo il Bello, per
favorire la suocera dei suoi due ultimi figli, aveva emesso in suo favore una
sentenza troppo compiacente? Ancora un poco e qualcuno avrebbe incominciato
a insinuare che era stato Bouville in persona a far sparire i documenti!
Non immischiate, messere, la memoria del re Filippo il Bello, mio signore,
a unazione cos malvagia rispose con dignit.
Al disopra dei tetti e delle fronde stavano suonando le campane di SaintGermain-des-Prs. Bouville pens che era lora in cui gli portavano una scodella

di formaggio cagliato; il medico gli aveva raccomandato di prenderne tre volte al


giorno.
Bisogna dunque riprese Villebresme, che il contratto sia stato sottratto
allinsaputa del re. E chi poteva avere interesse a farlo sparire, se non la contessa
Mahaut?
Il giovane commissario tamburell con la punta delle dita sulla pietra della
panca; non era scontento del suo ragionamento.
Oh, certo! disse Bouville. Mahaut capace di tutto.
Su questo punto non ci voleva molto a convincerlo. Egli sapeva che Mahaut si
era resa colpevole di due delitti ben pi gravi che un furto di pergamene. Aveva
certamente ucciso re Luigi X. E aveva ucciso, sotto gli occhi dello stesso Bouville,
un bambino di cinque giorni che riteneva essere il piccolo re postumo e sempre
per conservare la contea dArtois. Era davvero sciocco farsi a suo riguardo
scrupoli di precisione! Certo che aveva rubato il contratto di nozze del fratello,
quel contratto di cui aveva avuto la faccia tosta di negare e per di pi sotto
giuramento, persino lesistenza! Che donna orribile! Per causa sua il vero erede dei
re di Francia cresceva lontano dal regno, in una cittadina italiana, in casa di un
mercante lombardo che lo credeva suo figlio Ma meglio non pensare a queste
cose. Bouville aveva un tempo riversato questo segreto, di cui soltanto era lui a
parte, nellorecchio del papa. Meglio non pensarci pi, mai pi per non essere
tentato di parlarne. Ma intanto, che questi inquirenti se ne vadano il pi presto
possibile!
Avete ragione, lasciate come avete scritto disse con voce che gli tremava
un poco. Devo firmare?
Il notaio tese la penna a Bouville, che mal distingueva il margine del foglio. Lo
svolazzo della firma fin cos per uscirne. Lo si sent ancora borbottare:
Dio finir bene per farle espiare le sue colpe, prima di affidarla alla custodia
del diavolo.
Sulla firma venne sparso un poco di polvere. Il notaio ripose fogli e scrittoio
portatile in una valigia di cuoio nero; poi i due inquirenti si alzarono per prender
congedo. Bouville li salut con la mano senza alzarsi. E dopo cinque passi erano
ormai per lui soltanto due ombre vaghe che scomparivano oltre il muro dacqua.
Lex-ciambellano agit un campanello che si teneva accanto, per chiedere che
gli si portasse il latte cagliato. Diversi pensieri lo tormentavano. Come aveva
potuto il suo venerato signore, re Filippo il Bello, al momento di emettere la
sentenza sul processo dArtois, dimenticare latto che aveva a suo tempo ratificato?
Come aveva potuto non preoccuparsi della scomparsa di quel documento? Ah,

neppure i migliori re compiono soltanto azioni degne!


Bouville pensava anche che uno di questi giorni sarebbe andato a rendere visita
al banchiere Tolomei, per informarsi di Guccio Baglioni e del bambino senza
insistere, senza dare alla cosa maggior peso che a una qualunque formula di
cortesia. Ormai neppure il vecchio Tolomei lasciava pi il proprio letto. Lui era
alle gambe che era stato colpito. Cos se ne va la vita; per qualcuno un orecchio
che si chiude, per qualcun altro gli occhi che si spengono, o le membra che
cessano di funzionare si conta il passato in anni, ma non si osa pi pensare
allavvenire se non in mesi o in settimane.
Sar ancora vivo quando questo frutto giunger a maturazione, e potr
raccoglierlo?, fantasticava il conte di Bouville guardando la pera della spalliera.
Messer Pietro di Machaut, signore di Montargis, era uno di quegli uomini che
non perdonano mai uningiuria, neppure ai morti. La scomparsa dei suoi nemici
non bastava a placare i suoi risentimenti.
Suo padre, salito a unalta carica ai tempi del Re di Ferro, ne era stato destituito
da Enguerrand di Marigny, con grave discapito per le fortune familiari. La caduta
dellonnipotente Enguerrand era stata per Pietro di Machaut una rivincita
personale. Il grande giorno della sua vita era ancora quello in cui, come scudiero
di re Luigi il Testardo, aveva condotto monsignor di Marigny al patibolo.
Condotto forse un po eccessivo: sarebbe meglio dire accompagnato, e non in
prima fila, ma al seguito di parecchi altri dignitari pi importanti di lui. Tuttavia,
con il passare degli anni, questi signori, uno dopo laltro erano scomparsi, e
questo permetteva a messer Pietro di Machaut, ogni volta che rievocava quel
memorabile tragitto, di avanzare di un posto nella gerarchia del corteo.
In un primo tempo si accontentava di aver sfidato con gli occhi messer
Enguerrand, in piedi sulla carretta, e di avergli dimostrato con lespressione del
volto che chiunque nuoceva ai Machaut, per quanto alto fosse, era predestinato a
gravi sciagure.
In seguito, man mano che gli anni incominciavano ad abbellire il ricordo,
affermava che Marigny, durante questa ultima passeggiata, non soltanto lo aveva
riconosciuto, ma gli aveva rivolto la parola dicendo con tristezza:
Ah! Siete voi, Machaut! Questa lora del vostro trionfo; vi ho nuociuto, e me
ne pento.
Oggi, trascorsi quattordici anni, sembrava che Enguerrand di Marigny,
avviandosi al supplizio, avesse avuto parole soltanto per Pietro di Machaut e, dalla
prigione sino a Montfaucon, non gli avesse celato nulla delle condizioni della sua

coscienza.
Il piccolo Pietro di Machaut, dalle grigie sopracciglia riunite al disopra del
naso, da una gamba irrigidita per una brutta caduta in torneo, continuava a far
lucidare accuratamente corazze che non avrebbe mai pi indossato. Era vanesio
quanto astioso, e ben lo sapeva Roberto dArtois che si era preso il disturbo di
andarlo a trovare due volte per sentirsi appunto raccontare di quella famosa
cavalcata dietro la carretta di messer Enguerrand.
Ebbene aveva detto Roberto, ripetete tutto questo ai commissari del re
che verranno a chiedere la vostra testimonianza sulla mia vicenda. Le opinioni
di un uomo prode quale voi siete hanno grande importanza; illuminerete il re
nella sua giustizia e vi acquisterete grande gratitudine sia da lui che da me. Non
vi hanno mai dato una pensione per i servigi resi al regno da vostro padre e da
voi stesso?
Mai
Quale ingiustizia! Mentre tanti falsi intriganti, tanti borghesi e tanti villani rifatti
si erano fatti inserire dagli ultimi sovrani nella lista dei beneficati dalla corte, come
si era potuto dimenticare un uomo di cos grande virt? Si trattava, senza alcun
dubbio, di una dimenticanza volontaria, ispirata dalla contessa Mahaut che era
sempre stata amica e complice di Enguerrand di Marigny!
Roberto dArtois avrebbe personalmente vigilato perch a questa iniquit si
ponesse rimedio.
Sicch quando il cavaliere di Villebresme, sempre affiancato dal notaio Tesson,
si era presentato nellabitazione dellex-scudiero, lo zelo di costui nel rispondere
non era stato inferiore a quello del commissario nel porre le domande.
Linterrogatorio ebbe luogo in un giardino vicino, poich secondo le norme
procedurali dellepoca, le deposizioni dovevano essere ricevute in luogo aperto e
allaria libera.
A sentire Pietro di Machaut, si sarebbe potuto credere che lesecuzione di
Marigny fosse avvenuta due giorni prima.
Insomma diceva Villebresme, voi, messere, eravate accanto alla
carretta quando ne scese messer Enguerrand per salire al patibolo?
Ci sono salito sulla carretta rispose Machaut, e per ordine di re Luigi
X ho chiesto al condannato di quali colpe di governo voleva accusarsi prima di
comparire davanti a Dio.
In realt questo incarico era stato affidato a Tommaso di Marfontaine, ma
Tommaso di Marfontaine era ormai morto da un pezzo
E Marigny continu a proclamarsi innocente di tutte le accuse che gli erano

state contestate durante il processo; riconobbe per sono proprio le sue


parole e ben dimostrano la doppiezza del personaggio, di avere compiuto
azioni ingiuste per cause giuste. Gli chiesi allora quali erano queste azioni, e
me ne cit parecchie, come la destituzione di mio padre, messer di Montargis,
per affidare la sua carica a un proprio parente, nonch la sottrazione dagli
archivi regi del contratto di nozze del defunto conte dArtois per compiacere
agli interessi della signora Mahaut e delle sue figlie, nuore del re.
Ah! esclam Villebresme, fu dunque lui a far compiere questo furto?
Se ne addirittura accusato! Questo molto importante. Prendete nota, Tesson,
prendete nota.
Il notaio, che non aveva bisogno di nessun incoraggiamento, raschiava con
entusiasmo il suo foglio. Un buon testimone davvero questo messer di Machaut!
E sapete, messere, domand Tesson prendendo a sua volta la parola,
se messer Enguerrand sia stato pagato per questa prevaricazione?
Machaut ebbe una leggera esitazione e le sue grigie sopracciglia si contrassero.
Certo rispose. Gli domandai infatti se era vero che aveva ricevuto,
come si diceva, quarantamila lire dalla signora Mahaut per farle vincere il
processo davanti al re. E Enguerrand, chinando la testa in segno di assenso e di
grande vergogna, mi rispose: Messer di Machaut, pregate Iddio per me, il
che equivaleva a una confessione.
E Pietro di Machaut incroci le braccia con aria di trionfante disprezzo.
Adesso tutto chiaro disse Villebresme con soddisfazione.
Il notaio stava finendo di redigere il suo promemoria.
Avete gi ascoltato molti testimoni? domand lex-scudiere.
Quattordici, messere, e ne dobbiamo ascoltare ancora il doppio disse
Villebresme. Ma siamo otto commissari e due notai a suddividerci il
compito.

II IL QUERELANTE CONDUCE LINCHIESTA

o studio di monsignor dArtois era decorato da quattro grandi

affreschi sacri, dipinti piuttosto malamente, che avevano come colori dominanti
locra e lazzurro; quattro alte figure di santi, per ispirare fiducia, diceva il
padrone di casa. A destra, San Giorgio, che abbatteva il drago; di fronte, San
Maurizio, laltro patrono dei cavalieri, in piedi con corazza e giaco azzurro; sul
muro di fondo, San Pietro che traeva dal mare le sue inesauribili reti; Santa
Maddalena infine, patrona delle peccatrici e vestita soltanto dei suoi capelli doro
tra i quali sbucavano con una certa impudicizia le anche, occupava lultima
parete. Era soprattutto verso questultimo muro che monsignor Roberto amava
posare i suoi occhi.
Anche le travi del soffitto erano dipinte in ocra, giallo e azzurro, e
irregolarmente decorati dei blasoni dArtois, di Beaumont e di Valois.
Larredamento era costituito da tavoli ricoperti di broccati, da cofani sui quali
erano posate armi di gran pregio, e da pesanti torcieri di ferro dorato.
Roberto si alz dal suo grande scranno e restitu al notaio gli originali delle
deposizioni che aveva in precedenza scorso.
Benissimo, eccellenti documenti dichiar, soprattutto la confessione
di messer di Machaut, che sembra molto spontanea e che completa
perfettamente quella del conte di Bouville. Siete decisamente abile, messer
Tesson della Chicane, e non rimpiango di avervi innalzato alla posizione che
attualmente occupate. Dietro quel vostro viso da quaresima si nasconde pi
astuzia che nella testa vuota di tanti avvocati del Parlamento. Bisogna ammettere
che Dio vi ha dato molto posto per alloggiarvi il vostro cervello.
Il notaio ebbe un sorriso ossequioso e chin il cranio smisurato che, ricoperto
da un berretto, sembrava un enorme cavolo nero. I burleschi complimenti di
monsignor dArtois dissimulavano forse qualche promessa di carriera.
Tutto qui il bottino? Nessunaltra notizia per oggi? aggiunse Roberto.

A che punto siamo con lex-podest di Bthune?


La procedura una passione come il gioco. Roberto dArtois viveva ormai
soltanto per il suo processo, pensava ed agiva esclusivamente in funzione della sua
causa. In quei quindici giorni la sola occupazione della sua esistenza era stata di
procurarsi testimonianze. Il suo spirito vi lavorava dallalba al tramonto, e persino
di notte egli si svegliava, strappato dal sonno da una ispirazione improvvisa, per
chiamare il suo servitore Lormet che arrivava tutto sonnacchioso e accigliato, e
chiedergli:
Vecchio dormiglione, non mi hai parlato laltro giorno di un certo Simone
Dourin o Dourier, che fu scrivano di mio padre? Sai se ancora vivo?
Domani, cerca di informartene.
Alla messa, che ogni giorno andava a sentire per dovere di ufficio, si
sorprendeva a pregare Dio per il buon esito del suo processo. Dalla preghiera
passava con assoluta naturalezza alle sue macchinazioni, e durante il Vangelo, si
diceva:
Quel Gilles Flamand, che fu un tempo scudiero di Mahaut e che lei ha
licenziato per non so quale malefatta ecco forse un uomo che potrebbe forse
testimoniare per me. Non devo dimenticarlo.
Mai lo si era visto cos assiduo al Consiglio del re, dove la sua voce era assai
ascoltata; ogni giorno si recava al palazzo e dava limpressione di occuparsi
seriamente degli affari pubblici; ma lo faceva soltanto per conservare il suo
ascendente sul cognato Filippo VI, per rendersi indispensabile e per fare in modo
che si nominassero alle cariche pi ambite solo persone da lui scelte e disposte a
rendergli servizio. Seguiva con molta attenzione le deliberazioni dei tribunali per
trovarvi ispirazione a qualche manovra. Di tutto il resto si infischiava.
Che in Italia Guelfi e Ghibellini continuassero a scannarsi fra loro, che Azzo
Visconti avesse fatto assassinare suo zio Marco e barricare Milano contro le
truppe dellimperatore Luigi di Baviera, mentre Verona, Vicenza, Padova e
Treviso si sottraevano allautorit del papa protetto dalla Francia, monsignor
dArtois lo sapeva, lo sentiva, ma ci pensava appena.
Che in Inghilterra il partito della regina si trovasse in difficolt e che
limpopolarit di Ruggero Mortimer divenisse ogni giorno pi grande era a
monsignor dArtois perfettamente indifferente. LInghilterra non lo interessava,
come non lo interessavano i lanini delle Fiandre che, per favorire i propri
commerci, intrecciavano legami sempre pi stretti con le compagnie inglesi.
Ma che messer Andrieu di Florence, canonico-tesoriere di Bourges, ricevesse
un nuovo beneficio ecclesiastico, o che il cavalier di Villebresme passasse alla

Camera dei conti, questo s che era importante e non ammetteva rinvii! Perch
messer Andrieu e messer di Villebresme, erano due degli otto commissari invitati
a istruire il processo dArtois.
Quei commissari era stato Roberto a indicarli a Filippo VI, ed era stato lui in
pratica e sceglierli Se prendessimo Bouchart di Montmorency? Ci ha sempre
serviti con fedelt Se prendessimo Pietro di Cugnires, un uomo accorto e
tutti lo rispettano. E lo stesso aveva fatto per i notai, fra i quali quel Pietro
Tesson da ventanni legato, prima al palazzo dei Valois e poi alla casa di Roberto.
Mai Tesson si era sentito cos importante; mai era stato trattato con tanta
amichevole familiarit, colmato di tanti pezzi di stoffa per gli abiti della sua sposa,
n di tanti sacchetti doro per s. Tuttavia era stanco, perch Roberto era
estremamente esigente con chi lavorava per lui e perch la sua vitalit era
semplicemente spossante.
Prima di tutto monsignor Roberto stava quasi sempre in piedi. Camminava
senza sosta, su e gi per il suo studio, fra quelle colossali immagini di santi. E
messer Tesson non poteva decentemente sedersi alla presenza di un personaggio
cos illustre, addirittura un pari di Francia. Ma i notai sono abituati a lavorare
seduti; per cui messer Tesson faceva fatica a reggere la sua valigetta di cuoio nero,
che non osava posare sui broccati, e dalla quale estraeva uno dopo laltro i
documenti; temeva di arrivare al termine del processo con un mal di reni che gli
sarebbe durato tutta la vita.
Ho visto disse rispondendo alla domanda di Roberto, lex-podest
Guglielmo della Planche attualmente detenuto allo Chtelet. In precedenza era
andata a trovarlo la signora di Divion, e lui ha testimoniato proprio come noi ci
aspettavamo. Chiede che non dimentichiate di parlare a messer Mille di Noyers
per la sua grazia, perch in una brutta situazione e corre gravi rischi di finire
impiccato16.
Far in modo che venga rilasciato; dorma pure tranquillo. E Simone
Dourier lavete interrogato?
Non ancora, monsignore, ma gli ho parlato. pronto a dichiarare davanti ai
commissari che era presente quel giorno del 1302 in cui il conte Roberto II,
vostro nonno, poco prima di spirare, dett la lettera che confermava il vostro
diritto alla eredit dArtois.
Ah! Benissimo benissimo
Gli ho anche promesso che sarebbe stato riassunto nel vostro palazzo e che
avrebbe ricevuto da voi una pensione
Perch ne era stato scacciato? domand Roberto.

Il notaio fece discretamente il gesto di chi si mette in tasca del denaro.


Bah! esclam Roberto, adesso vecchio e ha avuto tutto il tempo di
pentirsi! Gli dar cento lire allanno, alloggio e vestiario
Manessier di Lannoy confermer che le lettere sottratte vennero bruciate
dalla signora Mahaut La sua casa, come voi sapete, stava per essere venduta
per pagare i suoi debiti con i lombardi; vi molto grato di avergli conservato
un tetto.
Sono buono io, ma non tutti lo sanno disse Roberto.
Non avete niente da dirmi di Juvigny, lex-servitore di Enguerrand?
Il notaio abbass il viso con aria colpevole.
Non riesco a cavarne nulla disse. Rifiuta; finge di non sapere, di non
ricordare.
Come! esclam Roberto. Sono andato di persona a parlargli al
Louvre, dove riceve una pensione senza far quasi nulla, e si ostina a non
ricordare? Vedete di metterlo un po alla tortura. La vista delle tenaglie lo
aiuter forse a dire la verit.
Monsignore, rispose il notaio con tristezza, si torturano gli imputati,
ma i testimoni non ancora.
Informatelo almeno che se la memoria non gli ritorna far in modo che si
cessi di versargli la pensione. Sono buono io, ma ho bisogno di collaborazione.
Afferr un candeliere di bronzo che pesava almeno quindici libbre e lo fece
saltare, camminando, da una mano allaltra.
Il notaio pens allingiustizia divina che concede tanta forza muscolare a
persone che limpiegano soltanto per divertirsi, e tanto poca ai poveri notai che
devono portare pesanti valige di cuoio nero.
Non temete, monsignore, che la stessa pensione che voi vorreste fargli
sopprimere potrebbe ritrovarla attraverso la contessa Mahaut?
Roberto si ferm.
Mahaut! esclam, ma non pu pi far nulla; si rintana, ha paura. La si
forse vista a corte in questi ultimi tempi? Non si muove pi, trema, sa di
essere perduta.
Dio vi ascolti, monsignore, Dio vi ascolti. Certo vinceremo; ma dovremo
ancora superare qualche piccola traversia
Tesson esitava a continuare, non tanto per timore di ci che aveva da dire quanto
per il peso della cartella Altri cinque o dieci minuti da passare in piedi
Ho saputo riprese, che nellArtois i nostri inquirenti sono pedinati e
che i testimoni non ricevono soltanto le nostre visite. Inoltre, in questi ultimi

tempi, c stato un certo andirivieni di messaggeri fra il palazzo della signora


Mahaut e Digione. Si sono visti passare dalla sua porta parecchi corrieri con la
livrea di Borgogna
Mahaut, cercava evidentemente di rinsaldare i suoi rapporti con il duca Eudes.
Ma quale appoggio aveva a corte il partito di Borgogna? La regina Giovanna la
Zoppa, che non era certo una forza da trascurare!
S disse Roberto, ma io ho il re, e quella schifosa perder. Ve lo
assicuro, Tesson.
Eppure, bisognerebbe presentare i documenti, monsignore, perch senza
documenti Alle parole si possono sempre contrapporre altre parole Prima
sar, meglio sar.
Aveva anche ragioni personali per insistere. Suscitando tante testimonianze, cio
estorcendole con corruzione o con minacce, un notaio pu fare la sua fortuna,
ma rischia anche lo Chtelet e persino la tortura Certo Tesson non si augurava
di prendere il posto dellex-podest di Bthune.
Stanno per arrivare i vostri documenti, stanno per arrivare! E presto, ve lo
garantisco io! Credete sia tanto facile ottenerli? A proposito, Tesson, disse
improvvisamente Roberto indicando con lindice la valigetta di cuoio nero,
avete scritto nella testimonianza del conte di Bouville che il contratto di nozze
era stato firmato dai dodici pari. Perch lo avete fatto?
Perch lo ha detto il testimone, monsignore.
Ah, gi molto importante disse Roberto fantasticando.
Perch, monsignore?
Perch? Perch sto aspettando laltra copia del contratto, quella dei registri di
Artois che sta per essermi consegnata a carissimo prezzo, del resto Ora se
non contenesse i nomi dei dodici pari, il documento non sarebbe valido. Chi
erano i pari in quellepoca? Per i duchi e i conti facile, ma quelli ecclesiastici?
Vedete a quante cose bisogna badare?
Il notaio fiss Roberto con inquietudine e insieme con ammirazione.
Sapete, monsignore, che se non foste nato in cos nobile famiglia, sareste
stato il miglior notaio del regno? Senza offesa, monsignore, senza offesa!
Roberto suon per far riaccompagnare il suo visitatore.
Appena il notaio si fu allontanato, Roberto usc da una porta che si apriva nel
ventre della Maddalena una trovata di arredamento che tanto lo divertiva e
corse nella camera di sua moglie. Poi, liberatosi delle dame di compagnia che vi si
trovavano, disse:
Giovanna, amica mia, mia cara contessa, fate sapere alla Divion di

interrompere la compilazione del contratto di nozze; ci vogliono i nomi dei


dodici pari dell82. Li sapete? Ebbene, nemmeno io! Dove possibile
procurarseli senza suscitare allarmi? Ah, quanto tempo si perde! Quanto tempo!
La contessa di Beaumont, con i suoi begli occhi azzurri e limpidi, contemplava
il marito; un vago sorriso illuminava il suo volto. Quel gigante aveva trovato un
altro pretesto per agitarsi. Con molta calma gli disse:
A Saint-Denis, mio buon amico, a Saint-Denis, nei registri dellabbazia. L
troveremo certamente i nomi dei pari. Ci mander frate Enrico, il mio
confessore, che finger di dover compiere qualche dotta ricerca
Unespressione di divertita tenerezza, e di giocosa gratitudine, pass sul largo
viso di Roberto.
Sapete, amica mia, disse inchinandosi con grazia pesante, che se non
foste stata una cos nobile dama, sareste divenuta il miglior notaio del regno?
Si sorrisero, e negli occhi di Roberto la contessa di Beaumont, nata Giovanna
di Valois, lesse la promessa che egli avrebbe onorato quella sera il suo letto.

III I FALSARI

i crede sempre, quando ci si avvia sulla strada della menzogna, che il

percorso sar facile e breve; si superano facilmente, anzi con un certo piacere, i
primi ostacoli; ma presto la foresta si infittisce, la strada scompare, si ramifica in
sentieri che vanno a smarrirsi nelle paludi; ad ogni passo si inciampa, si perde
terreno, si sprofonda, ci si arrabbia, si compie una lunga serie di gesti inutili,
ognuno dei quali costituisce una nuova imprudenza.
A prima vista non c nulla di pi semplice che contraffare un vecchio
documento. Un foglio di pergamena ingiallita al sole e invecchiata nella cenere, la
mano di uno scrivano assoldato e qualche sigillo da applicare sui lacci di seta:
operazioni tutte che dovrebbero esigere poco tempo e modiche spese.
Eppure Roberto dArtois aveva dovuto provvisoriamente rinunciare a far
ricostruire il contratto di nozze di suo padre. Ci non soltanto per la difficolt di
trovare i nomi dei dodici pari, ma anche perch latto doveva essere redatto in
latino e non tutti gli scrivani conoscevano la formula utilizzata a quel tempo nei
contratti di nozze principesche. Lex-cappellano della regina Clemenza dUngheria,
dotto in queste materie, tardava a comunicare le formule dapertura e di chiusura;
n si osava insistere troppo, temendo di insospettirlo.
Cera poi il problema dei sigilli.
Dite a un incisore di monete di copiarli da antiche impronte aveva detto
Roberto.
Ma gli incisori erano legati da giuramento; quello della corte, interrogato, aveva
dichiarato che non era possibile imitare esattamente un sigillo, che mai due conii
erano identici, e che la cera sigillata da un falso conio era facilmente riconoscibile
agli occhi di un esperto. In quanto ai conii originali, venivano sempre distrutti alla
morte del loro proprietario.
Bisognava dunque procurarsi degli atti provvisti delle impronte necessarie,
staccare queste impronte, il che non costituiva certo unoperazione facile, e

riportarle sul documento falso.


Roberto sugger alla Divion di concentrare i suoi sforzi su un documento di
meno difficile compilazione e di pari importanza.
Il 28 giugno 1302, prima di partire per la campagna della Fiandra, dove doveva
perire trafitto da venti colpi di lancia, il vecchio conte Roberto II aveva posto
ordine nelle sue faccende e confermato per lettera le disposizioni che garantivano
al nipote leredit della contea dArtois.
Questo vero, lo affermano tutti i testimoni! diceva Roberto alla moglie.
Simone Dourier ricorda persino quali vassalli di mio nonno erano presenti,
e quali sigilli di podesterie vennero aggiunti al documento. Sar la pura verit
che porteremo alla luce!
Simone Dourier, ex-notaio di Roberto II, forn il testo della dichiarazione per
quanto poteva restituirlo la sua memoria. Alla stesura provvide uno scrivano della
contessa di Beaumont di nome Dufour, ma il manoscritto di Dufour presentava
troppe cancellature, e poi era molto facile riconoscere la sua mano.
La Divion and allora in Artois a portare questo manoscritto a un tal Roberto
Rossignol, gi scrivano di Thierry dHirson, che ricopi la lettera non con una
penna doca, ma con una di bronzo, per meglio mascherare la propria grafia.
Questo Rossignol, cui si offr in cambio un viaggio a Saint-Jacques-deCompostelle, dove aveva promesso di recarsi in seguito a un voto, aveva un
genero di nome Giovanni Oliette che era abbastanza esperto nellarte di staccare i
sigilli. Era decisamente una famiglia piena di risorse! Oliette rese partecipe del suo
segreto la signora di Divion.
Costei torna a Parigi, si chiude con la signora di Beaumont e con una
domestica, Giannetta la Meschina17; ed ecco le tre donne che si esercitano, con
laiuto di un rasoio riscaldato e di un crine di cavallo immerso in un liquido
speciale che gli impedisce di rompersi, a staccare le impronte di cera dai vecchi
documenti. Bisognava con il rasoio dividere il sigillo in due parti; poi si scaldava
una delle due met e la si poneva sullaltra facendo passare in mezzo i lacci di seta
o la coda di pergamena del nuovo documento. Infine si cuoceva un poco il bordo
della cera per far sparire la traccia del taglio.
Giovanna di Beaumont, Giovanna di Divion e Giovanna la Meschina fecero
pratica con oltre quaranta sigilli; non lavoravano mai due volte nello stesso luogo,
e si nascondevano ora in una camera del palazzo dArtois, ora allalbergo
dellAquila, ora in abitazioni di campagna.
A volte Roberto entrava nella stanza, per dare unocchiata alloperazione.
Le mie tre Giovanne sono dunque al lavoro! esclamava con gioia.

La pi abile delle tre era la contessa di Beaumont.


Dita di donna, dita di fata diceva cortesemente Roberto baciandole la
mano.
Ma non bastava saper staccare i sigilli; bisognava anche procurarseli.
Un sigillo di Filippo il Bello era facile trovarlo: documenti regi ne esistevano
dappertutto. Roberto si fece prestare dal vescovo dEvreux una lettera concernente
la sua signoria di Conches, con il pretesto di volerla consultare, ma non gliela
restitu pi.
NellArtois, la Divion indusse i suoi amici Rossignol e Oliette, insieme a due
altre meschine, Maria la Bianca e Maria la Nera, a cercare le antiche impronte
delle podesterie e delle signorie.
Presto si riusc a trovare tutti i sigilli, eccetto uno, il pi importante, quello del
defunto conte Roberto II. La cosa poteva sembrare assurda, ma questa era la
realt: tutti i documenti di famiglia erano rinchiusi nei registri dArtois e custoditi
dagli impiegati di Mahaut, e Roberto, ancora minorenne alla morte del nonno,
non ne possedeva alcuno.
La Divion, attraverso una cugina, si mise in contatto con un certo Ourson
lOrbo, che possedeva una patente sigillata dal defunto conte e sembrava disposto
a disfarsene in cambio di trecento lire. La signora Giovanna di Beaumont aveva
detto che il documento doveva essere acquistato a qualunque prezzo; ma la
Divion non possedeva una somma simile in Artois, e messer Ourson lOrbo,
diffidente, non accettava di rinunciare a quel documento in cambio di semplici
promesse.
Come estrema risorsa la Divion si ricord di avere un marito che viveva nella
castellana di Bthune. Non era mai stato troppo geloso, e poi adesso che il
vescovo Thierry era morto Decise dunque di andare a trovarlo. A questo punto
incominciavano a essere un po troppe le persone a parte del segreto, ma era
impossibile agire altrimenti. Il marito non volle prestar denaro, ma accett di
rinunciare a un buon cavallo, in sella al quale aveva partecipato a un torneo, e la
Divion convinse messer Ourson ad accettarlo a saldo del prezzo, lasciandogli
anche i pochi gioielli che portava addosso.
Ah, si dava davvero da fare la Divion! Non risparmiava n tempo, n fatiche, n
passi, n viaggi. E nemmeno la lingua. E poi stava attenta a non perdere pi
nulla; dormiva con le chiavi sotto il guanciale.
Tremante di ansia, tagli con il rasoio il sigillo del defunto conte Roberto.
Pensate! Un sigillo che costava trecento lire! E come trovarne un altro se per
disavventura si fosse rotto?

Monsignor Roberto era un poco impaziente, perch ormai erano stati ascoltati
tutti i testimoni, e il re, con amabile premura, aveva incominciato a chiedergli se
avrebbe presto presentato quei documenti sulla cui esistenza aveva giurato.
Ancora due giorni, ancora un giorno di pazienza; monsignor Roberto sarebbe
stato soddisfatto!

IV GLI INVITATI DI RUILLY

oberto dArtois durante la stagione calda, e quando il servizio del regno

o le preoccupazioni del suo processo gliene lasciano il tempo, ama passare la fine
settimana a Ruilly, in un castello che sua moglie ha ereditato dal padre, conte di
Valois.
Prati e foreste danno a questa dimora una piacevole frescura. E Roberto vi tiene
la sua uccelliera da caccia. La famiglia numerosa, perch molti giovani nobili,
prima di essere armati cavalieri, vengono da Roberto per diventare suoi scudieri,
dispensieri o valletti di camera. Chi non riesce ad entrare nella casa del re, si
sforza di essere assunto in quella del conte di Artois, si fa raccomandare da
parenti influenti, e una volta accettato, cerca di distinguersi per il suo zelo. Tenere
la briglia del cavallo di monsignore, tendergli il guanto di cuoio sul quale si
poser il suo falcone, portare a tavola il suo coperto, rovesciare sulle sue mani
possenti la brocca dacqua prima dei pasti, equivale ad avanzare un poco nella
gerarchia dello stato; venire a scuotere il suo guanciale la mattina, per svegliarlo,
quasi come scuotere i guanciali del buon Dio, poich monsignore, su questo
sono tutti daccordo, che a corte fa il bello e il cattivo tempo.
Quel sabato dinizio settembre, ha invitato alcuni suoi amici, fra i quali messer
di Brcy, il cavaliere di Hangest, membro del parlamento, larcidiacono
dAvranches, e persino il vecchio conte di Bouville, ormai quasi cieco, che ha
mandato a prendere in lettiga. A chi era disposto ad alzarsi di primo mattino ha
offerto una piccola partita di caccia agli uccelli.
Ora i suoi ospiti sono riuniti nella sala di giustizia, dove Roberto in persona, in
abiti da campagna, se ne sta familiarmente seduto sul suo grande trono.
presente la contessa di Beaumont, sua sposa, e anche il notaio Tesson che ha
posato sul tavolo la scrivania portatile e le penne.
Miei buoni signori, amici miei, dice, ho chiesto la vostra compagnia
perch voi mi portiate consiglio.
sempre lusingata la gente quando si chiede il suo parere.

I giovani scudieri nobili offrono agli invitati le bevande di prima del pasto, i vini
aromatizzati, e fanno passare in vassoi dargento dorato confetti conditi di spezie e
mandorle sbucciate. Stanno attenti a non fare rumore n sbagli, tengono gli occhi
aperti, fanno provvista di ricordi; un giorno diranno: Cero anchio quella volta
da monsignor Roberto, e cera anche il conte di Bouville, lex-ciambellano di re
Filippo il Bello.
Roberto parla pacatamente, seriamente: una certa signora Divion, che egli
conosce appena, venuta ad offrirgli una lettera che ha avuto insieme ad altre, dal
vescovo Thierry dHirson di cui era lamichetta, confida abbassando la voce.
Naturalmente la Divion vuole denaro; queste donne sono tutte eguali! Ma il
documento sembra importante. Tuttavia, prima di acquistarlo, vuole essere sicuro
che non lo imbroglino, che la lettera sia autentica, che possa servire come prova al
suo processo, e non sia opera di un falsario fabbricata appositamente per
estorcergli denaro.
Per questo ha invitato i suoi amici, che sono persone sagge e pi esperte di lui
in fatto di scritti, a esaminare il documento.
Ogni tanto, Roberto getta unocchiata a sua moglie per essere sicuro delleffetto
prodotto. Giovanna approva con cenni impercettibili del capo; ammira la
grossolana malizia del suo sposo, e labilit di quello scaltro gigante nel fingersi
ingenuo quando vuole ingannare. Fa linquieto, il sospettoso. Gli altri non
mancheranno di approvarla una lettera cos ben fatta; e dopo averla approvata non
cambieranno pi parere, e negli ambienti della corte e del parlamento si
diffonder la notizia che Roberto ha in mano la prova del suo diritto.
Fate entrare questa signora Divion dice Roberto con aria severa.
Appare Giovanna di Divion, molto provinciale, molto modesta; dal soggolo di
lino spunta un volto triangolare dagli occhi cerchiati dombra. Non ha bisogno di
fingersi intimidita; lo davvero. Estrae da una grande borsa di tela una pergamena
arrotolata da cui pendono parecchi sigilli, e la consegna a Roberto che la spiega,
la esamina un momento e la passa poi al notaio.
Esaminate i sigilli, messer Tesson.
Il notaio verifica lattaccatura dei lacci di seta, e china sulla pergamena il suo
enorme berretto nero e il suo profilo a quarto di luna.
proprio il sigillo del defunto conte vostro nonno, monsignore dice con
aria convinta.
Controllate, miei buoni amici, dice Roberto.
Il documento passa di mano in mano. Monsignor di Brcy conferma che i
sigilli delle podesterie dArras e di Bthune sono autentici; il conte di Bouville

accosta il documento ai suoi occhi stanchi; distingue soltanto la macchia verde in


calce alla lettera; palpa la cera, dolce sotto le sue dita, e le lacrime gli sgorgano
dalle palpebre:
Ah! sussurra, il sigillo di cera verde del mio buon signore Filippo il
Bello!
Segue un momento di grande commozione, un attimo di silenzio in cui si
rispettano i lontani ricordi di questo vecchio servitore della corona. un
momento di cui i piccoli scudieri si ricorderanno.
La Divion, che se ne sta in disparte appoggiata a un muro, scambia unocchiata
discreta con la contessa di Beaumont.
E adesso leggete, messer Tesson, comandava Roberto.
Il notaio, prende in mano la pergamena e incomincia:
Noi, Roberto di Francia, pari e conte dArtois
Le formule iniziali non offrono niente di nuovo: il pubblico ascolta con calma.
e qui dichiariamo alla presenza dei signori di Saint-Venant, di Saint-Paul,
di Waillepayelle, cavalieri, che sigilleranno con il loro sigillo, e di messer
Thierry dHirson, mio scrivano
Alcuni sguardi si sono posati sulla Divion che abbassa gli occhi.
Abile, abile, a citare il vescovo Thierry, pensa Roberto; questo d
autenticit alle testimonianze sulla sua funzione, e cos tutto si concatena
perfettamente.
che allepoca del matrimonio di nostro figlio Filippo, noi gli abbiamo
fatto investitura della nostra contea, riservandocene il godimento per tutta la
durata della nostra vita, e che nostra figlia Mahaut vi ha acconsentito e ha
rinunciato alla suddetta contea
Ah! Ma fondamentale, questo, esclama Roberto pi di quanto mi
attendessi! Mai nessuno mi aveva detto che Mahaut aveva acconsentito; notate,
amici miei, la sua fellonia! Continuate, messere Tesson.
Sono tutti molto impressionati. Scuotono il capo, si guardano S, un
documento importante
e adesso che Dio ha richiamato a s il nostro caro e amatissimo figlio, il
conte Filippo, chiediamo al re nostro signore, se ci avvenga che nella guerra
Dio faccia di noi la sua volont, che il re nostro signore vigili affinch gli eredi
di nostro figlio non vengano diseredati
Le teste continuano ad approvare con dignit; il cavaliere dHangest, membro
del parlamento, allarga le braccia, volgendosi verso Roberto con un gesto che

sembra dire:
Monsignore il vostro processo vinto.
Il notaio conclude:
e abbiamo questo sigillato con il nostro sigillo nel nostro palazzo di
Arras, il ventottesimo giorno di giugno dellanno di grazia
milletrecentoventidue.
Roberto non pu reprimere un sussulto. La contessa di Beaumont impallidisce.
La Divion, appoggiata al muro, si sente morire.
Non sono i soli ad avere inteso milletrecentoventidue. Tutte le teste si sono
voltate con sorpresa verso il notaio che d anchegli qualche segno di
disorientamento.
Avete letto milletrecentoventidue? domanda il cavaliere di Hangest.
Ma intendevate dire milletrecentodue, lanno della morte di Roberto, vero?
Messer Tesson sarebbe ben felice di potersi accusare di un lapsus; ma il
documento li, sotto i suoi occhi, e vi chiaramente scritto milletrecentoventidue.
Ora tutti chiederanno di rivederlo. Come ha potuto verificarsi una cosa simile?
Ah, immagina gi il malumore di monsignore Roberto! E lui, Tesson, in quale
imbroglio si lasciato imbarcare. Allo Chtelet finir tutta questa storia!
Fa quanto pu per riparare al disastro; bofonchia:
un errore di scrittura Ma s, naturalmente, milletrecentodue che
bisogna leggere
E subito immerge la penna nellinchiostro, raschia e cancella alcune lettere,
corregge la data.
Avete il diritto di correggere in quel modo? gli dice il cavaliere dHangest
un po sorpreso.
Ma s, messere, dice il notaio; ci sono due punti segnati sotto la
parola, ed abitudine dei notai correggere le parole mal scritte sotto le quali
sono stati segnati dei punti
Questo vero, conferma larcidiacono dAvranches.
Ma lincidente ha distrutto tutte le belle impressioni provocate dalla lettura.
Roberto chiama uno scudiero, gli comanda sottovoce di sollecitare il pranzo, e
si sforza di rianimare la conversazione:
Insomma, messer Tesson, per voi la lettera buona?
Certo, monsignore, certo, saffretta a rispondere Tesson.
E anche per voi, messer arcidiacono?
Mi sembra buona.
Forse, dice messer di Brcy in tono amichevole, dovreste farla

confrontare con altre lettere del defunto Conte dArtois dello stesso anno
E come faccio, amico mio, risponde Roberto, come faccio a
confrontare quando mia zia Mahaut conserva tutto nei propri archivi! A me il
documento sembra buono. Non sinventano simili cose! Nemmeno io sapevo
tanto, e in particolare ignoravo che Mahaut avesse rinunciato.
In quel momento si sente dal cortile uno squillo di tromba. Roberto batte le
mani.
il segnale dellacqua, messeri! Andiamo a lavarci le mani che il pranzo
pronto.
Schiumante di rabbia, camminava su e gi nella camera della contessa sua
sposa, e faceva tremare il pavimento sotto i suoi passi.
Voi lavete letta! E lha letta Tesson! E lha letta la Divion! E nessuno,
nessuno di voi riuscito a vedere quello sciagurato ventidue che rischia di far
crollare tutta la nostra costruzione!
Ma anche voi, amico mio, risponde con calma Giovanna di Beaumont,
anche voi avete letto e riletto questa lettera, e ne eravate anche molto
soddisfatto, mi sembra.
Eh s! lho letta, e nemmeno io mi sono accorto dellerrore! Leggere con gli
occhi e leggere a voce non la stessa cosa. Ma come potevo pensare che si
sarebbe commessa una sciocchezza simile? C voluto quel somaro di notaio
e quellaltro somaro che ha scritto la lettera come si chiama quello?
Rossignol? Si afferma capace di redigere un documento, vi sottrae pi
denaro di quanto ne occorra per costruire una casa, e non nemmeno in
grado di scrivere la data giusta! Lo far arrestare, quel Rossignol, e lo far
frustare a sangue!
Dovreste farlo cercare a Saint-Jacques, amico mio, dove andato in
pellegrinaggio con i vostri denari.
Al suo ritorno, allora!
Non temete che parli un po troppo forte, mentre lo frusteranno?
Roberto alz le spalle.
E fortuna che questo avvenuto qui e non durante la lettura davanti al
Parlamento! Dovreste stare pi attenta, amica mia, per gli altri documenti, e
evitare che si commettano errori di tale sorta.
La signora di Beaumont trovava ingiusto che la collera del suo sposo si
scaricasse su di lei. Deplorava lerrore quanto lui, ne era altrettanto contristata, ma
dopo tutta la fatica che aveva fatto, dopo essersi graffiata le mani a tagliare la cera

di tanti sigilli, pensava che Roberto avrebbe potuto controllarsi ed evitare di


trattarla come una colpevole.
In fondo, Roberto, perch tenete tanto a questo processo? Perch rischiate e
fate rischiare a me, e a tante persone che vi sono vicine, di essere un giorno
accusate di menzogna e di falso?
Non sono menzogne, non sono falsi! url Roberto. il vero che
voglio far esplodere davanti agli occhi di tutti, quel vero che ci si ostina a
nascondere!
Daccordo, il vero, disse Giovanna; ma un vero, ammettetelo, che ha
un ben brutto aspetto. C da temere che sotto tali spoglie non lo si riconosca
pi! Avete tutto, amico mio; siete pari del regno, fratello del re per averne
sposato la sorella, e onnipotente nel suo Consiglio; i vostri redditi sono copiosi,
e ci che vi ho portato in dote e in eredit rende a tutti invidiabile la vostra
fortuna. Perch non rinunciate allArtois? Non trovate che abbiamo gi giocato
abbastanza un gioco che pu costarci carissimo?
Ragionate davvero male, amica mia, e mi stupisce sentir parlare in questo
modo voi che di solito siete cos saggia. Io sono il primo barone di Francia,
daccordo, ma un barone senza terre. La piccola contea di Beaumont, che mi
stata data in compensazione, appartiene alla corona; io non posso sfruttarla, mi
devo limitare a riscuoterne le rendite. Mi hanno fatto pari, lo avete detto voi
stessa, perch il re vostro fratello; ora, che Dio ce lo conservi a lungo, ma un
re non eterno. Ne abbiamo gi visti succedersene parecchi! Mettiamo che
Filippo muoia. Spetter a me la reggenza? E se quella malvagia zoppa della
sua sposa, che mi odia e che ti odia, sappoggia per governare alla Borgogna,
sar ancora cos potente, e continuer il Tesoro a versarmi i miei redditi? Non
ho un apparato amministrativo o giudiziario, non ho nemmeno grandi vassalli,
non posso trarre dalla mia terra uomini miei che mi debbano obbedienza e cui
mi sia possibile affidare delle cariche. Chi oggi provvisto dimpieghi?
Uomini venuti dal Valois, dallAnjou, dal Maine, dagli appannaggi e dai feudi
del buon Carlo, vostro padre. E dove attingo io i miei servitori? Fra queste
persone. Non ho nulla io, ve lo ripeto, non posso levare bandiere talmente
numerose da far tremare la gente davanti a me. La vera potenza si calcola dal
numero delle castellanie che si comandano e da cui si possono trarre uomini di
guerra. La mia fortuna si fonda soltanto su di me, sulle mie braccia, sulla mia
posizione nel Consiglio: il mio credito soltanto sul favore, e il favore dura
quanto Dio lo vuole. Noi abbiamo dei figli; ebbene, pensate a loro, amica mia,
e siccome non certo che abbiano ereditato il mio cervello, vorrei lasciargli la

corona dArtois che gli spetta per giusta eredit!


Mai aveva parlato cos a lungo dei suoi pensieri pi profondi, e ora la contessa
di Beaumont, dimenticando il malumore di qualche minuto prima, vedeva il
marito sotto una luce nuova; non pi soltanto lastuto gigante i cui intrighi la
divertivano, il cattivo soggetto capace di qualsiasi bricconata, limpenitente
seduttore di tutte le ragazze, fossero esse nobili, borghesi o serve, ma un vero
grande signore, che sapeva ragionare sulle leggi della sua condizione. Carlo di
Valois, quando un tempo correva appresso a una corona regale o imperiale e
cercava per le sue figlie parentele sovrane, giustificava i suoi atti con ragionamenti
analoghi.
In quel momento uno scudiero venne a bussare alla porta: la signora Divion
chiedeva di parlare al conte, con urgenza.
Cosa vuole ancora quella? Non ha paura che io la stritoli? Fatela entrare.
Apparve la Divion terrorizzata. Aveva saputo che le due meschine dellArtois,
Maria la Bianca e Maria la Nera, quelle che lavevano aiutata ad acquistare i sigilli
della falsa lettera, erano state arrestate dagli agenti della contessa Mahaut.

V MAHAUT E BEATRICE

he il diavolo vi prosciughi le budella a tutti, disgraziati quanti siete!

strillava la contessa Mahaut. Ma come, faccio arrestare quelle due donne, che
ci avrebbero permesso di sapere tutto, e appena prese subito le rilasciano?
La contessa Mahaut, nel suo castello di Conflans sulla Senna, nei pressi di
Vincennes, aveva appena saputo che le due serve della Divion, arrestate per suo
ordine dal podest di Arras, erano state liberate. La sua rabbia era al colmo, e quei
disgraziati cui si rivolgevano, le sue maledizioni, erano rappresentati per il
momento dalla sola Beatrice dHirson, sua damigella di compagnia, sulla quale
sfogava il suo furore. Anche perch il podest di Arras era uno zio di Beatrice,
fratello minore del defunto vescovo Thierry.
Quelle meschine, signora, rispose con calma Beatrice, sono state
rilasciate per ordine del re, rappresentato da due agenti.
Suvvia! Il re se ne infischia di due serve che tengono cucina in un sobborgo
dArras! Sono state rilasciate per ordine di Roberto, che si precipitato dal re
per ottenere un mandato di scarcerazione. Si almeno preso il nome di quegli
agenti? Ci si assicurati che erano davvero ufficiali del re?
Si chiamano Maciot il Tedesco e Giovanni le Servoisier, signora, rispose
Beatrice con la stessa calma.
Due armigeri di Roberto! Lo conosco quel Maciot; uno di quelli che quel
delinquente di mio nipote sfrutta in tutte le sue malvagie imprese. E per
cominciare, come ha saputo Roberto che le serve della Divion erano state
catturate? domand Mahaut gettando uno sguardo carico di sospetto sulla
dama di compagnia.
Monsignor Roberto ha ancora molti amici nellArtois, lo sapete bene,
signora.
Mi auguro, disse Mahaut, che non ne abbia trovato anche fra le
persone che pi mi sono vicine Servirmi male gi equivale a tradirmi! E tutti

mi tradiscono. Ah! Dopo la morte di Thierry si direbbe che non abbiate pi


cuore per me. Ingrati! Vi ho coperti di benefici; da quindici anni ti tratto come
fossi mia figlia
Beatrice dHirson abbass le lunghe ciglia nere e guard distrattamente il
pavimento. Il suo viso ambrato, liscio, dalle labbra ben disegnate, non tradiva
alcun sentimento, n umilt n ribellione, soltanto una certa ipocrisia in
quellabbassarsi delle ciglia straordinariamente lunghe che celavano il suo sguardo.
Tuo zio Dionigi, che ho nominato mio tesoriere per far piacere a Thierry,
mi inganna e mi deruba! Dove sono i conti delle ciliegie del mio frutteto che
ha fatto vendere questestate al mercato di Parigi? Verr il giorno in cui far
controllare i suoi registri! Le vostre terre, le vostre case e i vostri castelli sono
stati tutti acquistati con guadagni fatti a mie spese! Tuo zio Pietro, uno stupido,
che ho nominato podest pensando che un uomo cos sciocco mi sarebbe stato
almeno fedele, non nemmeno pi capace di tener chiuse le porte delle mie
prigioni! Si pu uscirne a piacere come da una taverna o da un bordello!
Poteva forse, mio zio, dire di no a un rescritto del re, signora?
E nei due giorni trascorsi in carcere, che hanno detto le serve di quella
schifosa puttana? Le hanno fatto parlare? Tuo zio le ha messe alla tortura?
Ma, signora, disse Beatrice sempre nello stesso tono strascicato, non
poteva farlo senza un decreto del tribunale. Sapete bene cos capitato al vostro
podest di Bthune.
Mahaut tronc la discussione con un gesto della sua grande mano rugosa.
No disse, voi non mi servite pi con entusiasmo, o meglio mi avete
sempre servita male!
Mahaut stava invecchiando. Let lasciava i suoi segni su quel corpo gigantesco;
una ruvida peluria bianca cresceva sulle sue guance che si imporporavano alla
minima contrariet; allora il sangue affluiva segnandole sul petto una specie di
rosso bavaglio. Lanno precedente aveva avuto parecchi gravi disturbi di salute. Era
stato per lei un periodo funesto, in tutti i sensi.
Dopo lo spergiuro di Amiens e la costituzione della commissione di inchiesta,
il suo carattere era divenuto insopportabile. Inoltre il suo spirito era stanco e
metteva un po tutte le cose sullo stesso piano. La grandine aveva rovinato le rose
che ella faceva coltivare a migliaia nei suoi giardini, oppure era capitato qualche
incidente alle macchine idrauliche che alimentavano le cascate artificiali del suo
castello di Hesdin? La sua collera si abbatteva come una tempesta, sui giardinieri,
sugli ingegneri, sugli scudieri, su Beatrice.

E quelle pitture, fatte nemmeno dieci anni fa! strillava indicando gli
affreschi della galleria di Conflans Quarantotto lire parigine, ho dato a
quellartista che tuo zio Dionigi aveva fatto venire da Bruxelles, e che aveva
assicurato di adoperare i colori pi fini18! Nemmeno dieci anni, eppure guarda!
Largento degli elmi sta gi scolorendosi e il fondo tutto screpolato. Lo
chiami un lavoro onesto questo?
Beatrice si annoiava. Intorno a Mahaut erano numerose persone, ma tutte pi
anziane di lei. La contessa dArtois stava ora in genere lontana dalla corte di
Francia interamente soggetta allinfluenza di Roberto. Laggi, a Parigi, a SaintGermain, intorno al re trovato, si susseguivano ininterrottamente giostre, feste e
tornei, per il compleanno della regina, per la partenza del re di Boemia, o anche
senza alcuna ragione, semplicemente per divertirsi un poco. Mahaut non ci andava
praticamente mai, limitandosi a brevissime apparizioni quando ne era costretta dal
suo rango di pari del regno. Non aveva pi let di danzare carole, n voglia di
guardare gli altri spassarsela, soprattutto in una corte dove era trattata tanto male.
Non le piaceva nemmeno pi starsene a Parigi, nel palazzo di via Mauconseil;
viveva isolata dietro le alte muraglie di Conflans, oppure a Hesdin, che aveva
dovuto far restaurare dopo le devastazioni compiute da Roberto nel 1316.
Tirannica da quando era rimasta senza amanti lultimo era stato il vescovo
Thierry dHirson, che passava dal suo letto a quello della Divion, e di qui lodio
di Mahaut per questa donna temendo di essere sorpresa da notturni malesseri,
costringeva Beatrice a dormire nella sua camera, dove ristagnavano odori di
vecchiaia, di farmacia e di cibo. Mahaut, infatti, continuava a divorare con la stessa
voracit di un tempo, colta ad ogni momento da mostruoso appetito; tende ed
arazzi puzzavano di civet, di cacciagione, di salsa allaglio. Frequenti indigestioni la
costringevano a chiamare medici, barbieri e farmacisti; alle carni marinate, si
succedevano le pozioni e le tisane calde. Ah, erano passati i bei tempi in cui
Beatrice aiutava Mahaut ad avvelenare i re!
Anche Beatrice incominciava a sentire il peso del tempo. La sua giovinezza
stava finendo. Trentatr anni let in cui tutte le donne, anche le pi perverse,
contemplano i due versanti della loro vita, pensano con nostalgia alle stagioni
trascorse, e con inquietudine a quelle a venire. Beatrice era sempre bella e ne
aveva la conferma negli occhi degli uomini, i suoi specchi preferiti. Ma sapeva
anche di non avere pi quel colore di frutto dorato che era stato la maggior
attrattiva dei suoi ventanni; gli occhi molto scuri, che quasi non lasciavano
trasparire il bianco fra le ciglia, erano meno brillanti al momento del risveglio; i
fianchi si erano un po appesantiti e la costringevano ad accomodare i suoi abiti.

Era insomma venuto il momento in cui non era pi possibile perdere tempo.
Ma come fare con questa Mahaut che la costringeva a dormire in camera sua,
come fuggire per raggiungere un amante occasionale, o per andare a mezzanotte
in qualche casa nascosta, ed assistervi a una messa nera, e trovare nella pratica del
sabba il gusto del piacere?
Cosa stai fantasticando? le url bruscamente la contessa.
Non sto fantasticando, signora, rispose Beatrice, posando su di lei il suo
sguardo torbido, penso soltanto che potreste trovare per servirvi una ragazza
migliore di me; conto infatti di sposarmi.
Era una battuta scientemente cattiva, i cui effetti non tardarono molto a farsi
sentire.
Saresti davvero un bel partito! esclam Mahaut. Oh! Si trover bene
chi ti prender in moglie; potr cercare il tuo pulzellaggio nei letti di tutti i miei
scudieri prima di trovarvi anche le sue corna!
Allet mia, signora, dopo essere rimasta tanto tempo nubile per servirvi, il
pulzellaggio pi disgrazia che virt. E ad ogni modo assai pi comune
delle case e dei beni che potrei portare in dote a un marito.
Se potrai conservarli, figlia mia! Se te li lascer quei beni! Sono stati infatti
accumulati a mie spese!
Beatrice sorrise e i suoi occhi neri di nuovo si velarono.
Oh! Signora, disse con estrema dolcezza, non toglierete certo i vostri
benefici a chi vi ha servita nelle imprese cos segrete che abbiamo compiuto
insieme!
Mahaut la fiss con odio: Questa schifosa mi ha in mano.
Beatrice sapeva quanto le era necessario ricordare a Mahaut i cadaveri regali che
stavano fra loro, i confetti del Testardo e il veleno sulle labbra del piccolo
Giovanni I e sapeva anche come sarebbe finita questa scena: con un afflusso di
sangue al viso della contessa, e con un bavaglio rosso tracciato sul suo collo
bovino.
Non ti sposerai! Ecco, ecco, vedi il male che mi fai a tenermi testa, puoi
essere contenta disse Mahaut lasciandosi cadere su una sedia. Ecco, il
sangue mi sale alle orecchie e le orecchie mi ronzano; avr ancora bisogno di
un salasso.
Non sar per caso il mangiar troppo, signora, che vi obbliga a farvi estrarre
tanto sangue?
Mangio ci che mi piace url Mahaut, e quando mi piace! Non ho
bisogno di unignorante come te per decidere cosa mi fa bene. Va a prendermi

del formaggio inglese! E del vino! E non perder tempo!


Formaggio inglese non ce nera pi nei ripostigli; lultimo arrivo era ormai
esaurito.
Chi lha mangiato? Mi derubano! Allora fammi portare un pasticcio!
Ma s! Un pasticcio. Impinzati e crepa! pensava Beatrice tendendole il vassoio.
Mahaut afferr a piene mani una grossa fetta e la morse. Ma lo scricchiolio che
ud, e che le risuon nel cranio, non era soltanto quello della crosta: le si era
spezzato un dente davanti, corroso sino alla radice.
Gli occhi di Mahaut, grigi e iniettati di sangue, si spalancarono un poco, il viso
si immobilizzo in unespressione stupefatta; con una fetta di pasticcio in una
mano e un bicchiere d vino nellaltra, Mahaut se ne stava l a bocca aperta,
mostrando quellincisivo semi-staccato che si era sollevato orizzontalmente contro
il suo labbro. Pos il bicchiere, si strapp senza fatica il dente spezzato, e lo
contempl con una specie di angoscia infantile; con la punta della lingua sentiva il
posto vuoto nella mascella e la superficie ruvida e tagliente della radice. Aveva gi
perduto parecchi denti, tutti quelli laterali, ma in un altro modo, a pezzettini, per
una infiammazione, denti guasti che le avevano estratto dopo aver infilato nella
gengiva chiodi di garofano. Questo, invece, era un dente davanti, una piccola
parte di lei che era abituata a vedere e che dun tratto si spezzava. Teneva fra le
sue grosse dita quel pezzetto di avorio ingiallito come un segno di vecchiaia. Alz
gli occhi, perch Beatrice, davanti a lei, stava per scoppiare a ridere; con le braccia
incrociate sul petto e le spalle sussultanti, la damigella di compagnia non poteva
pi contenere la sua ilarit.
Ma prima che avesse avuto il tempo di fuggire, Mahaut le piomb addosso e le
diede due vigorosi ceffoni. La risata di Beatrice si tronc di colpo; le lunghe ciglia
si sollevarono sulle nere pupille che scintillarono di un bagliore sinistro, e subito
dopo si spensero.
Quella sera, quando Beatrice aiut la contessa a spogliarsi sembrava che fra
loro fosse ritornata la pace. Mahaut, passando macchinalmente la lingua sulla
radice che il barbiere aveva limato, era tornata alla sua ossessione e spiegava a
Beatrice:
Capisci perch tenevo tanto a che si interrogassero quelle due donne? Sono
certa che la Divion aiuta Roberto a fabbricare i documenti falsi, e vorrei
prenderlo con le mani nel sacco.
Dopo i due schiaffi, Beatrice aveva gi elaborato un suo piano.
Posso, signora, darvi un consiglio? Accettereste di udirlo?
Ma s, figlia mia, parla, parla. Io sono impulsiva, ho la mano svelta; ma mi

fido di te, lo sai bene.


Ebbene, signora, tutti i guai derivano dalleredit di mio zio Thierry, e dal
fatto che non avete voluto dare alla Divion ci che lui le aveva lasciato. Certo
una creatura malvagia e non meritava tanto! Ma voi vi siete fatta una nemica
che indubbiamente aveva saputo certi segreti per bocca di mio zio, e che ora li
sta vendendo a monsignore Roberto. gi stata una fortuna che io abbia
potuto svuotare in tempo la cassaforte di Hirson, dove mio zio teneva quei
vostri documenti! Pensate quale uso avrebbe potuto farne quella donnaccia
Eppure sarebbe bastato un po di denaro e un po di terre per chiuderle il
becco.
Eh s! disse Mahaut, forse ho avuto torto. Ma, ammettilo, una
baldracca che va a scaldare le lenzuola di un vescovo e che poi si fa inserire nel
testamento come fosse la sua legittima sposa comunque, forse, ho avuto
torto
Beatrice aiutava Mahaut a togliersi la camicia. La gigantessa aveva alzato in aria
le sue enormi braccia, scoprendo un triste vello bianco sotto le ascelle; il grasso
formava sulla nuca una specie di gobba, come sulla schiena dei buoi; il seno era
pesante, cadente, mostruoso.
vecchia, pensava Beatrice, e sta per morire ma quando? Fino allultimo
suo giorno, dovr vestire e spogliare questo brutto corpo e passare accanto a lei
tutte le mie notti E quando sar morta cosa mi succeder? Con lappoggio del
re, monsignor Roberto finir indubbiamente per vincere e la corte di Mahaut
verr dispersa.
Quando Mahaut ebbe indossato la sua camicia da notte, Beatrice riprese:
Se proponeste a quella Divion di pagarle leredit che ella reclama, e anche
qualcosa di pi, la riconquistereste senza alcun dubbio al vostro partito, e nello
stesso tempo, se ha aiutato monsignor Roberto in intrighi malvagi, potreste
sapere quali sono e trame vantaggio.
Forse stai parlando con saggezza rispose Mahaut. Per salvare la mia
contea vale la pena spendere un migliaio di lire, anche se si tratta di
compensare il peccato. Ma come accostarla quella sgualdrina? Alloggia nel
palazzo di Roberto, che certamente la far sorvegliare con attenzione e
magari non ricuser ogni tanto di accarezzarla, non essendo uomo di gusti
troppo raffinati Bisognerebbe evitare che le nostre manovre venissero
sventate.
Andr io, signora, a vederla e a parlarle. Sono la nipote di Thierry che
potrebbe avermi confidato qualcosa che la riguarda.

Mahaut fiss con attenzione il volto calmo, quasi sorridente, della sua damigella
di compagnia.
Corri grossi rischi disse. Se mai Roberto venisse a saperlo
Lo so, signora, so cosa rischio, ma il pericolo non mi spaventa, disse
Beatrice, rimboccando alla contessa, che si era messa a letto, la coperta
ricamata.
Sei proprio una brava ragazza disse Mahaut. Non ti brucia troppo la
guancia?
S, signora, per servirvi

VI BEATRICE E ROBERTO

ormet laveva ricevuta alla porticina del palazzo, quella da cui entravano i

fornitori, come se la visitatrice fosse stata una rigattiera o una ricamatrice


qualunque venuta a consegnare un ordinazione. Del resto, coperta da una
mantellina di leggero drappo grigio, il cui cappuccio le copriva i capelli, Beatrice
dHirson non si distingueva in nulla da una borghese qualsiasi.
Aveva riconosciuto immediatamente il vecchio servitore di monsignor dArtois,
quello che compiva per lui le imprese pi segrete; ma non si era mostrata
sorpresa, come non lo era adesso attraversando i due cortili, gli edifici di servizio,
e vedendo che la conducevano verso gli appartamenti padronali.
Lormet la precedeva, ansimando un poco, e si voltava di tanto in tanto, per
gettare una diffidente occhiata di traverso a questa ragazza troppo bella, dal passo
morbido e ondeggiante, che non sembrava affatto intimidita.
Che fa qui la gente di Mahaut? bofonchiava fra s il vecchio servitore. Quale
piatto intende cucinare ai nostri fornelli questa sgualdrina? stato davvero
imprudente, monsignor Roberto a lasciarle varcare luscio! Mahaut sa bene quel
che fa, non gli manda certo la pi brutta delle sue donne!.
Un corridoio, un arazzo, una porta bassa che gir su cardini ben oliati, e
Beatrice vide sulle tre pareti San Giorgio che scagliava la lancia, San Maurizio
appoggiato alla sua spada e San Pietro che tirava le reti.
Monsignor Roberto se ne stava in piedi al centro della stanza, con le gambe
divaricate, le braccia incrociate sul petto e il mento chino sul collo.
Beatrice abbass le lunghe ciglia e si sent percorrere da un gradevole fremito
di paura e insieme di piacere.
Non vi aspettavate di vedermi, immagino disse Roberto dArtois.
Oh, s, monsignore, rispose Beatrice con la solita lentezza siete
proprio voi che speravo di incontrare.
Effettivamente aveva fatto il possibile per raggiungere questo scopo, e cos poco

mascherato nel corso di unintera settimana, le sue manovre per mettersi in


contatto con la Divion, che tutto il palazzo doveva essere ormai al corrente della
cosa.
La risposta sorprese un poco Roberto.
E allora, che siete venuta a fare? Ad annunciarmi la morte di mia zia
Mahaut?
Oh no, monsignore, disse Beatrice, la signora Mahaut ha soltanto
perduto un dente.
una bella notizia disse Roberto, ma non mi sembra valesse tutto
questo disturbo. Vi manda come sua messaggera? Si rende conto di avere
perduto la causa e vuole trattare con me? Ma io non tratto!
Oh no, monsignore, la signora Mahaut non vuole trattare poich sa
benissimo di vincere.
Di vincere! Questa buona! Con cinquantacinque testimoni, pronti a
confessare gli inganni e i furti commessi a mio danno?
Beatrice sorrise.
La signora Mahaut ne avr almeno sessanta, monsignore, per dimostrare
che i vostri testimoni dicono il falso, e saranno stati pagati allo stesso prezzo
Ehi, bella mia, siete venuta qui per prendermi in giro?
I testimoni della vostra padrona non contano nulla, perch i miei rafforzano i
buoni documenti che io presenter.
Ah, davvero, monsignore? disse Beatrice in tono falsamente rispettoso.
Allora la signora Mahaut faceva male a meravigliarsi se la vostra gente in questi
ultimi tempi cercava tanti sigilli nellArtois.
Si cercano i sigilli disse Roberto irritato, perch si cercano tutti i
documenti antichi, e perch il mio nuovo cancelliere intende mettere ordine nei
miei archivi.
Ah davvero, monsignore fece Beatrice.
Ma non spetta a voi interrogarmi! Sono io che vi chiedo cosa siete venuta a
fare qui! Venite a corrompere i miei uomini?
Non ne ho nessun bisogno, monsignore, dato che sono riuscita ad arrivare
fino a voi.
Ma che volete, insomma? esclam Roberto.
Lo sguardo di Beatrice percorse tutta la stanza. Vide la porta attraverso la quale
era entrata, che si apriva nel ventre della Maddalena. Sorrise.
Passano sempre da quella gattaiola le dame che ricevete?
Il gigante incominciava ad innervosirsi. Quella voce strascicata, ironica, quelle

brevi risate, quello sguardo nero che brillava un attimo e subito si spegneva dietro
le lunghe ciglia ricurve, tutto questo lo turbava un poco.
Sta attento, Roberto, pensava, una famosa baldracca questa, e non credere
che te labbiano mandata per il tuo bene!.
La conosceva da un pezzo, la damigella Beatrice! Non era la prima volta che ne
veniva provocato. Ricordava come allabbazia di Chalis, uscendo da un consiglio
notturno di re Carlo IV sulle faccende dInghilterra, aveva trovato Beatrice che lo
aspettava sotto gli archi del chiostro della locanda. E tante altre volte Ad ogni
incontro, lo stesso sguardo puntato nei suoi occhi, lo stesso ondeggiare dei
fianchi, lo stesso ansimare del petto. Roberto non era uomo che si sentisse legato
alla fedelt coniugale; un tronco dalbero provvisto di sottana sarebbe stato
sufficiente per farlo uscire dal retto cammino. Ma questa ragazza, che era legata a
Mahaut e disposta a compiere per lei qualsiasi cosa, gli aveva sempre ispirato
prudenza.
Bella mia, siete certamente una sgualdrina, ma forse siete anche saggia. Mia
zia crede di vincere la causa; ma voi, che avete un cervello pi fino, sapete gi
che finir per perdere. E pensate che il buon vento cesser di soffiare dalle parti
di Conflans e che sarebbe questo il momento di mettersi in buona luce con
quel monsignor Roberto di cui si tanto sparlato, al quale si tanto nuociuto,
e la cui mano nel giorno della vendetta rischia di essere troppo pesante. Non
cos?
Camminava su e gi per la stanza come era sua abitudine. Indossava un giaco
corto, attillato sulla pancia e gli enormi muscoli delle cosce, tendevano la stoffa
delle sue brache. Beatrice, attraverso le ciglia, non cessava di squadrarlo, dalla rossa
chioma fino agli stivali.
Quanto deve pesare! pens.
Ma non basta un sorriso ad ottenere i miei favori, sappiatelo,
continuava Roberto. A meno che non abbiate gran bisogno di denaro e dei
segreti da vendermi! Io so compensare chi mi serve, ma sono spietato con chi
vuole truffarmi!
Non ho nulla da vendervi, monsignore.
Allora, damigella Beatrice, nel vostro interesse e per il vostro bene, sappiate
che vi converr star lontana dalle porte del mio palazzo, qualunque sia il
pretesto che vi induce ad avvicinarvisi! Le mie cucine sono ben sorvegliate, i
miei piatti e i miei cibi vengono regolarmente assaggiati prima che me ne serva!
Beatrice si pass la punta della lingua sulle labbra, come se gustasse un
saporoso liquore.

Teme che lo avveleni, si diceva.


Oh, quanto si divertiva, e nello stesso tempo quanta paura aveva! E Mahaut,
che intanto la credeva occupata a circuire la Divion! Davvero un istante
meraviglioso! Beatrice aveva limpressione di vedere nel cavo della mano parecchi
lacci invisibili e mortali. Bisognava per conservarne il controllo!
Spinse indietro il cappuccio, slacci il cordone del colletto e si tolse la
mantellina. I suoi capelli scuri e fitti erano attorcigliati in trecce intorno alle
orecchie. Il suo abito di camocas19 marezzato, molto scollato, lasciava intravvedere
lattaccatura dei seni generosi. Roberto, che amava le donne prosperose, non pot
trattenersi dal pensare che Beatrice era decisamente migliorata dal loro ultimo
incontro.
Beatrice stese la pellegrina sul pavimento, in modo da coprire met di una
lastra. Roberto la guard sorpreso.
Che state facendo?
Ella non rispose, ma trasse dalla borsa tre piume nere che pos sulla
mantellina, incrociandole in modo da formare una specie di piccola stella; poi si
mise a girar loro intorno, tracciando con lindice un cerchio immaginario e
mormorando parole incomprensibili.
Ma che fate? ripet Roberto.
Vi ammalio, monsignore, rispose tranquillamente Beatrice come se fosse
la cosa pi naturale del mondo, o per lo meno la cosa per lei pi abituale.
Roberto scoppi a ridere. Beatrice lo fiss e lo prese per mano quasi volesse
condurlo allinterno del cerchio. Ma la mano di Roberto si divincol
immediatamente.
Avete paura, monsignore? disse sorridendo Beatrice.
Ecco la forza delle donne! Quale uomo avrebbe osato dire al conte dArtois che
egli aveva paura senza vedersi piombare in viso un enorme pugno, o abbattersi sul
suo cranio una spada da venti libbre? E invece una vassalla, una camerista, pu
venire a girare intorno al suo palazzo, farsi accompagnare fin da lui, passare il
tempo raccontandogli sciocchezze Mahaut ha perduto un dente Non ho
segreti da vendervi, stendere un mantello sul pavimento e dirgli in faccia che
lui ha paura!
Mi sembra che abbiate sempre avuto paura di avvicinarvi a me esclam
Beatrice. Il giorno che vi ho visto per la prima volta, passato tanto tempo,
nel palazzo della signora Mahaut, quando siete venuto ad annunciare che le sue
figliole stavano per essere giudicate forse voi non ve ne ricordate ma gi
allora mi siete sfuggito. E parecchie volte in seguito No, monsignore, non

fatemi credere di aver paura!


Roberto stava per chiamare Lormet e fare scacciare questa motteggiatrice. Ecco
cosa avrebbe dovuto fare! Ma dietro di lei cera la Maddalena, coi suoi fianchi
rotondi che sbucavano fra i lunghi capelli
E chi vuoi fare apparire, con la cappa, il cerchio e le tre piume?
domand. Il diavolo?
Ma s, monsignore, disse Beatrice.
Egli alz le spalle davanti a questa monelleria e, per gioco, entr nel cerchio.
E fatta, monsignore. Proprio come dicevo io. Perch il diavolo siete voi!
Quale uomo pu resistere a un complimento simile? Questa volta Roberto rise.
Una risata di gola pienamente soddisfatta. Prese il mento di Beatrice fra il pollice e
lindice.
Sai che potrei farti bruciare come strega?
Oh, monsignore
Gli si era accostata, alzando il capo verso le grandi mascelle picchiettate di peli
rossi; respirava il suo odore di cinghiale. Era eccitata dal pericolo, dal tradimento,
dal desiderio e dal satanismo.
Una puttana, unautentica puttana, come piacevano a Roberto! Cosa rischio, in
fondo? pensava lui.
Lafferr alle spalle e lattrasse a s.
il nipote della signora Mahaut, il nipote che le augura tanto male, pensava
Beatrice mentre perdeva il fiato contro la sua bocca.

VII LA CASA BONNEFILLE

uando era vivo, il vescovo Thierry dHirson possedeva a Parigi, in via

Mauconseil, proprio accanto a quello della contessa dArtois, un palazzo che aveva
ampliato acquistando la casa di un vicino di nome Giuliano Bonnefille. Fu questa
casa, ricevuta in eredit, che Beatrice propose a Roberto dArtois come sede dei
loro incontri.
La prospettiva di divertirsi con la dama di compagnia di Mahaut, accanto al
palazzo di Mahaut, in una casa pagata con i denari di Mahaut, e che, per di pi,
si chiamava ancora casa Bonnefille, era tale da soddisfare la naturale tendenza di
Roberto al grottesco. A volte il destino propone svaghi di tal genere
Eppure Roberto, in un primo tempo, ne us solo con estrema prudenza.
Bench anchegli possedesse nella stessa strada un palazzo, dove non risiedeva, ma
che poteva sempre servirgli a giustificare la sua presenza nelle vicinanze, preferiva
recarsi a casa Bonnefille solo dopo il tramonto. In quei quartieri vicini alla Senna,
con vie strette e ingombre di una folla fitta e lenta, un principe come Roberto
dArtois, cos riconoscibile per la statura e per gli scudieri che lo scortavano, non
poteva passare inosservato. Roberto attendeva dunque il crepuscolo. Si faceva
sempre accompagnare da Gillet di Nelle e da tre servitori, scelti fra i pi discreti e
soprattutto fra i pi forti. Gillet era il cervello della scorta, e i tre atleti dai pugni di
macellai stavano di guardia alle porte di casa Bonnefille, senza livrea, come
sfaccendati qualsiasi.
Durante le prime visite, Roberto rifiut di bere il vino aromatizzato che
Beatrice gli offriva. La donzella pu essere stata incaricata di avvelenarmi,
pensava. Solo a malincuore si spogliava della sopravveste foderata di una fitta
maglia di ferro; e nemmeno nei momenti del piacere distoglieva mai lo sguardo
dalla cassa sulla quale aveva posato la daga.
Beatrice si compiaceva di scorgere in lui simili timori. Ma come, lei piccola
borghese dellArtois, lei, ragazza ancora nubile a trentanni suonati, lei che era

passata fra lenzuola di ogni sorta, poteva ispirar timore a un simile colosso, a un
cos potente pari di Francia?
Per lei inoltre, per lei soprattutto, lavventura aveva il fascino della perversit.
Nella casa di suo zio il vescovo! E con il nemico mortale della signora Mahaut,
alla quale, per giustificare le proprie assenze, Beatrice doveva continuamente
raccontare nuove bubbole La Divion era reticente non avrebbe ceduto
subito e sarebbe stata una pazzia versarle una forte somma in cambio della
quale avrebbe potuto vendere soltanto una grossa bugia No, bisognava vederla
spesso, estirparle poco alla volta, i resoconti degli intrighi del malvagio monsignor
Roberto, indurla a svelare i nomi dei testimoni compiacenti, e poi verificare le sue
parole, andare a trovare messer Juvigny al Louvre o Michelet Guroult, il
servitore del notaio Tesson. E per compiere tutto questo ci voleva tempo, e fatica,
e denaro Avrei davvero bisogno, signora, di dare una pezza di stoffa a quello
scrivano per sua moglie; servir a sciogliergli la lingua. Mi autorizzate a prendere
due lire?.
E quale piacere guardare negli occhi la signora Mahaut, sorriderle e pensare:
Meno di dodici ore fa, mi offrivo completamente nuda al vostro signor nipote!
Nel vedere la sua damigella di compagnia che si dava tanto da fare per esserle
utile, Mahaut la strapazzava meno, le mostrava nuovamente affetto e non le
lesinava complimenti. Per Beatrice era unoccupazione doppiamente raffinata
beffare Mahaut mentre dedicava gran parte della sue energie a conquistare
Roberto. Perch per conquistare un uomo non basta passare unora con lui nello
stesso letto, come per diventare padrone di una bestia feroce, non basta
comperarla e tenerla in gabbia.
Il possesso non costituisce potere.
Si diventa completamente padroni di una bestia feroce solo quando talmente
domata che basta il suono della voce per tenerla calma e costringerla a rinfoderare
gli artigli, e uno sguardo le serve da gabbia.
Le diffidenze di Roberto erano per Beatrice altrettanti artigli da limare. In tutta
la sua carriera di cacciatrice mai aveva avuto occasione di affrontare un simile capo
di selvaggina, cos grosso e di cos cattiva reputazione da essere ormai passato in
proverbio. Si arrivava quasi a fare il nome di Roberto dArtois per metter paura ai
bambini.
Il giorno in cui Roberto accett dalla mano di Beatrice una coppa di
grenache20, fu il giorno della sua prima vittoria. Avrei potuto metterci del veleno,
e lui lo avrebbe bevuto.
E quando una volta, come lorco delle fiabe, saddorment, ella prov

finalmente un sentimento di trionfo. Sul collo del gigante era una linea ben precisa
nel punto ove si chiudeva labito o la corazza; il colore mattone del viso,
abbronzato allaria aperta, sinterrompeva bruscamente e, sotto, incominciava la
pelle bianca, chiazzata da macchie rosse e coperta sulle spalle da peli rossi come
setole di maiale. A Beatrice questa linea sembrava tracciata per il filo di una scure.
I capelli color rame, arricciati in boccoli sulle guance, si erano spostati
scoprendo un orecchio piccolo, delicato, infantile, commovente. Si potrebbe,
pensava Beatrice, affondare un ferro in questo piccolo orecchio sino a
raggiungere il cervello.
Qualche minuto dopo, egli si svegli di soprassalto, profondamente inquieto.
Visto, monsignore, che non ti ho ucciso? disse lei ridendo.
La sua risata metteva a nudo una gengiva rosso scura.
Come per ringraziarla, ricominci la danza. Doveva ammettere che lei lo
assecondava bene, inventiva, sorniona, poco controllata, mai restia, e pronta a
urlare a gran voce la sua gioia. Roberto, che avendo alzato gonne di ogni tipo, di
seta, di lino o di canapa, si riteneva gran maestro di puttanaggio, doveva
riconoscere di aver trovato una partner pi in gamba di lui.
Se nei sabba, amica mia, le diceva, che hai imparato tutte queste
galanterie, dovrebbero mandarvi un maggior numero di vergini!
Beatrice infatti gli parlava spesso del sabba e del Diavolo. Questa ragazza in
apparenza pigra e molle, dal passo ondeggiante e dalla parola strascicata, rivelava
solo a letto la sua vera violenza, e i suoi discorsi si facevano incalzanti e animati
solo quando parlava di diavoli o di stregoneria.
Perch non ti sei mai sposata? le domandava Roberto.
Non ti devono essere mancati pretendenti, soprattutto se hai fornito loro questi
assaggi prematrimoniali
Perch il matrimonio si fa in chiesa, e la chiesa non mi piace.
Inginocchiata sul letto, con le mani sulle ginocchia e unombra nel cavo del
ventre, Beatrice, diceva:
Devi capire, monsignore, che i preti e i papi di Roma e di Avignone non
insegnano la verit. Non esiste un solo Dio, ce ne sono due, quello della luce e
quello delle tenebre, il Principe del Bene e il Principe del Male. Prima della
creazione del mondo, il popolo delle tenebre si ribellato al popolo della luce,
e i vassalli del Male, per poter veramente esistere, poich il male nulla e
morte, hanno divorato una parte dei princpi del bene. E poich le due forze
del Bene e del Male erano in loro, hanno potuto creare il mondo e generare gli
uomini in cui i due princpi sono mescolati e sempre in lotta, e in cui il male

che vince, poich lelemento naturale della stirpe originaria. E si capisce che
esistono due princpi dal fatto che esistono luomo e la donna, fatti come te e
come me, in modo diverso continu lei con un sorriso avido. Ed il
male che sollecita i nostri ventri e li spinge a unirsi Ora la gente in cui la
natura del Male pi forte della natura del Bene, deve onorare Satana e fare un
patto con lui per essere felice e trionfare nei suoi affari; per tutti costoro il
Signore del Bene il vero nemico.
Questa strana filosofia, che puzzava parecchio di zolfo e nella quale
sopravvivevano frammenti mal digeriti di manicheismo, elementi impuri delle
dottrine catare, mal trasmessi e mal compresi, era allora pi diffusa di quanto non
credessero le persone al potere. Beatrice non costituiva uneccezione, ma a
Roberto, il cui spirito non aveva mai sfiorato problemi di tal genere, schiudeva le
porte di un mondo misterioso; e soprattutto lo impressionava per il fatto di udire
simili ragionamenti dalla bocca di una donna.
Hai pi cervello di quanto avrei creduto. Chi ti ha insegnato queste cose?
Degli ex-templari rispose lei.
Ah, i templari! Certo, sapevano molte cose
E voi li avete distrutti!
Non io, non io! esclamava Roberto. Filippo il Bello e Enguerrand, gli
amici di Mahaut Ma Carlo di Valois e io ci eravamo opposti alla loro
distruzione
Sono rimasti potenti per opera di magia; tutte le sventure capitate da allora
al regno sono state provocate dal fatto che i templari hanno stretto con Satana
dopo che il papa li aveva condannati
Le sventure del regno, le sventure del regno diceva Roberto poco
convinto. Ho limpressione che qualcuna sia opera pi di mia zia che del
diavolo. stata lei infatti a liquidare mio cugino il Testardo e poi suo figlio
Per caso non gli avresti dato una mano anche tu?
Egli le rivolgeva spesso questa domanda, ma ogni volta Beatrice evitava di
rispondere. Oppure sorrideva vagamente come se non avesse inteso; o anche
rispondeva a sproposito.
Mahaut non sa non sa che ho fatto un patto con il diavolo se no certo
mi scaccerebbe
E subito incominciava un rapido discorso sul suo tema favorito, la messa nera,
il contrario, la negazione della messa cristiana, che doveva essere celebrata a
mezzanotte, in un sotterraneo, preferibilmente accanto a un cimitero; lidolo aveva
una testa a due facce e si distribuivano ostie nere che venivano consacrate

pronunciando tre volte il nome di Belzeb. Se lofficiante era un prete rinnegato o


un monaco sfratato, tanto meglio; per questo molti ex templari
Il Dio dei cieli in fallimento; promette la felicit e non sa dare che
sciagure a quanti lo servono; bisogna obbedire al Dio degli abissi. Per esempio,
monsignore, se vuoi che i documenti del tuo processo siano protetti dal
diavolo, falli attraversare da un ferro rosso allangolo del foglio, in modo che vi
resti un buco leggermente bruciacchiato; oppure sporca la pagina con una
macchiolina di inchiostro a forma di croce il cui ramo in alto finisca con una
mano io so come bisogna fare.
Ma nemmeno Roberto si abbandonava completamente; bench lei sapesse
meglio di chiunque altro che i documenti che si vantava di possedere non
potevano essere che falsi, mai si sarebbe lasciato indurre ad ammetterlo.
Se vuoi assicurarti ogni potere sul tuo nemico, in modo che per volont del
maligno agisca s da assicurare la propria perdita gli confid Beatrice un
giorno devi farlo sfregare sulle ascelle, sul rovescio delle orecchie e sulla
punta dei piedi con un unguento fatto di frammenti di ostie e di polvere di ossa
di bambino morto senza battesimo, il tutto mescolato a sperma duomo sparso
sulla schiena di una donna durante la messa nera, e al sangue mensile di questa
donna21
Sarei pi tranquillo rispose Roberto, se a una mia vecchia nemica,
venisse versata polvere per far morire i topi e le bestie puzzolenti
Beatrice non raccolse lallusione. Ma questa prospettiva la fece fremere. No, non
doveva rispondere subito. Non doveva fargli sapere che gi era consenziente
Cosa c di meglio di un delitto per legare per sempre due amanti?
Lei infatti lo amava. Non si rendeva conto che, cercando di prenderlo in
trappola, di fatto gli era divenuta soggetta. Viveva ormai soltanto per il momento
di rivederlo e per vivere poi di ricordi e di attese. Lattesa di ritrovare quel peso di
duecento libbre, quella massa schiacciante, quellodore di serraglio che sprigionava
soprattutto nei giochi amorosi, quel borbottio da felino che ella riusciva a
strappargli dalla gola!
Esistono pi donne di quanto si pensi che hanno un debole per i mostri. I
nani della corte, Giovanni il Matto e gli altri, lo sapevano bene, loro che non
potevano tener dietro a tutte le proprie conquiste! Perfino unanomalia accidentale
oggetto di curiosit e, dunque, di desiderio. Un cavaliere orbo, per esempio,
soltanto per sollevare la benda di stoffa nera sulla sua fronte Anche Roberto, a
modo suo, era una specie di mostro.
La pioggia di autunno gocciolava sui tetti. Le dita di Beatrice si divertivano a

seguire le pieghe di una pancia gigantesca.


E poi tu, monsignore, diceva, non hai bisogno di niente per ottenere
ci che vuoi, n hai bisogno di essere addottrinato in alcuna scienza Tu sei il
diavolo che ho evocato in te. E il diavolo non sa di essere il diavolo
Egli fantasticava, sazio e con il mento in aria, ascoltando queste parole
Il diavolo ha occhi che bruciano come brace, immensi artigli alle dita per
lacerare le carni, una lingua spaccata in due e un alito da fornace che si sprigiona
dalla sua bocca. Ma il diavolo aveva forse anche il peso e lodore di Roberto.
Beatrice era veramente innamorata di Satana. Era la femmina del diavolo e non se
ne sarebbe mai separata
Una sera, quando Roberto dArtois torn al suo palazzo da casa Bonnefille,
sua moglie gli porse il famoso contratto di nozze, finalmente redatto, cui
mancavano ormai soltanto i sigilli.
Roberto, dopo averlo esaminato, si avvicin al caminetto e, con un gesto
indifferente, immerse lattizzatoio nelle braci; poi, quando la punta fu rossa,
pratic con essa un buco in un angolo di uno dei fogli che incominci a
raggrinzarsi.
Cosa fate, amico mio? domand la signora di Beaumont.
Voglio soltanto disse Roberto, assicurarmi che sia una buona pergamena.
Giovanna di Beaumont fiss per un attimo il marito e gli disse poi con dolcezza
quasi materna:
Dovreste, Roberto, farvi tagliare le unghie Cos questa nuova moda di
portarle cos lunghe?

VIII RITORNO A MAUBUISSON

apita che tutta una macchinazione preparata per lungo tempo sia

compromessa sin dallorigine da una falla nel ragionamento.


Roberto saccorse improvvisamente che le catapulte che egli aveva cos bene
montate potevano spezzarsi irrimediabilmente al momento del tiro, per il solo
fatto che egli non aveva tenuto conto di un ostacolo fondamentale.
Aveva affermato davanti al re suo cognato e giurato solennemente sulle Scritture
lesistenza di prove concernenti i suoi diritti alleredit; aveva fatto preparare lettere
il pi possibile simili ai documenti scomparsi; aveva suscitato numerose
testimonianze per rafforzare la validit di quegli scritti. In apparenza, dunque,
esistevano tutte le possibilit perch le sue prove venissero accettate senza
discussione.
Cera per una persona che sapeva, senza ombra di dubbio, che quei
documenti erano falsi: Mahaut dArtois che aveva bruciato i documenti autentici,
prima quelli degli archivi parigini, sottratti da una ventina di anni grazie alla
compiacenza di Enguerrand di Marigny, e recentemente le copie trovate nella
cassaforte di Thierry dHirson.
Ora, se un falso pu passare per autentico agli occhi di persone favorevolmente
prevenute e che non hanno mai avuto conoscenza degli originali, ben
diversamente avviene a chi al corrente che c stata una falsificazione.
Certo Mahaut non avrebbe apertamente dichiarato: Questi documenti sono
menzogneri perch io ho gettato nel fuoco quelli buoni; ma sapendo che i
documenti erano fraudolenti, avrebbe fatto di tutto per poterlo dimostrare; su
questo non cera il minimo dubbio! Il mancato arresto delle meschine della
Divion costituiva un monito sufficiente. E troppe persone avevano partecipato alla
falsificazione perch non fosse possibile trovarne una capace di tradire, per paura
o attratta dallesca di un guadagno.

Sarebbe bastato qualche errore, come lo sciagurato 1322 al posto di 1302


nella lettera letta a Reuilly, e Mahaut non avrebbe mancato di sottolinearlo. I sigilli
potevano sembrare perfetti, ma Mahaut ne avrebbe imposto un esame minuzioso.
E poi, il defunto conte Roberto II aveva, come tutti i prncipi, labitudine di far
citare nei suoi atti ufficiali, il nome dello scrivano che li aveva redatti.
Naturalmente, nel falsificare le lettere, si era dovuto fare a meno di questa
precisazione; omissione questa che su un solo documento poteva passare
inosservata, ma presentandone quattro? Mahaut non ci avrebbe messo molto a far
aprire i registri dArtois: Confrontate, avrebbe detto, e fra tutte le lettere sigillate
da mio padre, cercate la mano di uno scrivano che possa aver vergato i documenti
presentati da mio nipote!.
Roberto era arrivato alla conclusione che i suoi documenti, pure avendo per lui
valore di verit, non potevano essere utilizzati se non dopo la scomparsa della
persona che aveva fatto sparire gli originali. In altre parole, per vincere il suo
processo era indispensabile che Mahaut morisse. Non era pi un augurio, ma una
necessit.
Se Mahaut perisse disse un giorno a Beatrice con aria pensierosa,
tenendo le mani sotto la nuca e guardando il soffitto di casa Bonnefille
s, se perisse, potrei anche farti entrare nel mio palazzo come dama di
compagnia della mia sposa. Divenendo conte dellArtois logico che io prenda
al mio servizio certe persone che facevano parte della corte di mia zia. E cos ti
avrei sempre accanto
Era unesca un po grossolana, ma gettata a un pesce che gi aveva la bocca
aperta.
Tale era infatti la pi ardita speranza di Beatrice: gi si vedeva abitare nel
palazzo di Roberto, tramare i suoi intrighi come amante in un primo momento
segreta e poi ufficiale, perch queste cose col tempo saltano agli occhi di tutti e
poi, chiss? La signora di Beaumont, come ogni creatura umana, non era eterna.
Certo, aveva sette anni meno di Beatrice e godeva di una salute apparentemente
eccellente, ma quale trionfo, appunto, per una donna pi anziana, soppiantare una
minore di lei! E poi, fra qualche anno un malocchio ben fatto non avrebbe potuto
rendere vedovo Roberto? Lamore toglie ogni freno alla ragione, ogni limite alla
fantasia. In certi momenti, Beatrice sognava di diventare contessa dArtois e di
indossare il mantello da paressa1
E se il re, anche questo poteva avvenire, fosse morto, e Roberto avesse assunto
la reggenza? In ogni secolo esistono donne di umili natali che si elevano cos alle
maggiori altezze, grazie al desiderio che ispirano a un principe e grazie alle loro

virt fisiche e intellettuali che le rendono superiori, per diritto naturale, a tutte le
altre. Le dame imperiali di Roma e di Costantinopoli, a quanto raccontavano i
romanzi dei menestrelli, non erano tutte nate sui gradini di un trono. Nella societ
dei grandi di questo mondo, sdraiandosi che una donna fa pi facilmente
strada
Per lasciarsi convincere, Beatrice ci mise il tempo necessario ad essere ben certa
della sua presa su colui che voleva dominare lei. Per convincerla Roberto dovette
impegnarsi sino in fondo, garantirle cento volte che sarebbe entrata nel suo
palazzo, enumerarle i titoli e i privilegi di cui avrebbe goduto e le terre che le
avrebbe donato S, allora, poteva forse indicargli un mago che, piantando aghi
su una statuetta di cera ben lavorata e pronunciando certi scongiuri, avrebbe svolto
azione letale su Mahaut. Ma continuava a fingere esitazioni e scrupoli: Mahaut
non era forse la benefattrice sua e di tutta la famiglia di Hirson?
Fibbie doro e fermagli di pietre preziose vennero ad appendersi al suo collo;
Roberto stava imparando gli usi della galanteria. Accarezzando con una mano il
gioiello che le aveva appena regalato, Beatrice diceva che, perch lo scongiuro
riuscisse, il mezzo pi rapido e sicuro consisteva nel prendere un bambino di
meno di cinque anni, fargli inghiottire unostia bianca, tagliargli la testa e lasciar
gocciolare il sangue su unostia nera da far mangiare in seguito, con qualche
sotterfugio, allammaliato. Non sarebbe stato difficile trovare un bambino di meno
di cinque anni; quante famiglie povere, sovraccariche di figli, avrebbero accettato
di venderne uno, senza che fosse necessario dir loro per quale scopo!
Roberto arricciava il naso: troppe complicazioni per un risultato troppo incerto.
Preferiva un buon veleno, un semplice veleno, che si somministra e che compie la
sua opera.
Infine Beatrice parve lasciarsi convincere, per devozione a quel diavolo che
adorava, per limpazienza di vivere accanto a lui nel palazzo dArtois, per la
speranza di vederlo parecchie volte al giorno. Per lui era pronta a tutto. Si era
procurata gi da una settimana una tale provvista di arsenico bianco da poter
sterminare lintero quartiere, quando Roberto credette di trionfare convincendola
ad accettare cinquanta lire per acquistarne un poco.
Ora bisognava attendere una occasione favorevole. Beatrice fece presente a
Roberto che Mahaut era circondata da medici che accorrevano alla minima
indisposizione della signora; le cucine erano sorvegliate e i coppieri diligenti
Non era certo un compito facile.
Poi, bruscamente, Roberto cambi parere. Aveva avuto un lungo colloquio con
il re, che, avendo ricevuto il rapporto dei commissari che avevano cos ben

lavorato sotto la direzione del querelante pi che mai convinto del buon diritto
del cognato, non chiedeva che favorirlo; e, per evitare un processo il cui esito era
indubbiamente certo, ma le cui risonanze non potevano non essere sgradevoli per
la corte e per tutto il regno, aveva stabilito di mandare a chiamare Mahaut per
indurla a Rinunciare allArtois.
Non accetter mai disse Beatrice, lo sai meglio di me, monsignore.
Proviamo, comunque. Se il re riuscisse a farle sentire ragione, non sarebbe
forse la soluzione migliore?
No: la soluzione migliore il veleno.
Leventualit di una sistemazione amichevole non avrebbe affatto giovato a
Beatrice; avrebbe per lo meno rimandato di qualche tempo il suo ingresso nel
palazzo di Roberto, costringendola a rimanere dama di compagnia della contessa
fino allo sua morte, Dio sa quando! Adesso era Beatrice che voleva affrettare le
cose: gli ostacoli e le difficolt che lei stessa aveva sollevato non la spaventavano
pi. Loccasione favorevole? Ne aveva parecchie ogni giorno, se non altro quando
portava alla contessa Mahaut le sue tisane o le sue medicine
Ma il re lha invitata a recarsi fra tre giorni a Maubuisson! insisteva
Roberto.
Alla fine i due amanti arrivarono a un accordo: o Mahaut avrebbe accettato la
proposta di rinunciare allArtois, e allora lavrebbero lasciata in vita; oppure
avrebbe rifiutato e, in tal caso, quello stesso giorno, Beatrice le avrebbe
somministrato il veleno. Quale migliore occasione? Mahaut colpita da un
malessere appena lasciata la mensa del re! Chi avrebbe potuto sospettare
questultimo di averla fatta assassinare, o, pur sospettandolo, avrebbe osato dirlo?
Filippo VI aveva proposto a Roberto di presenziare allincontro di
conciliazione: ma Roberto rifiut.
Sire, fratello mio, le vostre parole otterranno pi facilmente effetto se io non
ci sar; Mahaut mi odia molto e la mia presenza rischierebbe di accrescere la
sua ostinazione, anzich convincerla a sottomettersi.
Lo pensava davvero, ma voleva anche, con la sua assenza, sottrarsi a qualsiasi
accusa eventuale
Tre giorni dopo, il 23 ottobre, la contessa Mahaut, sballottata nella sua grande
lettiga tutta d oro e decorata dalle anni gentilizie dArtois, avanzava sulla strada di
Pontoise. Laccompagnava la sola figlia superstite, la regina Giovanna, vedova di
Filippo il Lungo. Beatrice sedeva di fronte alla padrona su uno sgabello di panno.
Cosa credete voglia proporvi il re? diceva Beatrice.
Se un compromesso, scusatemi se mi permetto di darvi un consiglio, ma vi

invito a rifiutarlo. Fra poco vi presenter tutte le prove contro monsignor Roberto.
La Divion finalmente pronta fornirci di che confonderlo.
Perch non la porti un po da me questa Divion che ti divenuta cos amica
e che io non vedo mai? disse Mahaut.
Non possibile, signora; teme per la sua vita. Se monsignor Roberto lo
sapesse, non le lascerebbe pi la possibilit di sentir messa la mattina dopo.
Persino io ricevo le sue visite solo di notte a casa Bonnefille, e la vedo sempre
arrivare scortata da parecchi servitori che la sorvegliano continuamente. Ma
rifiutate con decisione, signora, rifiutate!
Giovanna la Vedova, in abito bianco, guardava sfilare il paesaggio e taceva. Apr
bocca soltanto quando apparvero in lontananza i tetti aguzzi di Maubuisson, al di
l delle masse fulve della foresta, e per dire:
Vi ricordate, madre mia, quindici anni fa
Quindici anni fa, su questa stessa strada, in abito di bigello e con il capo rasato,
ella urlava la sua innocenza nella nera carretta che la conduceva verso Dourdan. E
unaltra carretta dello stesso colore portava sua sorella Bianca e sua cugina
Margherita di Borgogna a Chteau-Gaillard Quindici anni!
Era stata graziata e aveva ritrovato laffetto del suo sposo. Margherita era morta
e Luigi X era morto Giovanna non aveva mai fatto domande a Mahaut sulle
circostanze della scomparsa del Testardo e del piccolo Giovanni I E Filippo il
Lungo era divenuto re per sei anni, ed era morto a sua volta. Giovanna non aveva
limpressione di essere la stessa persona che quindici anni prima aveva vissuto
latroce giornata di Maubuisson, n quella che era stata consacrata regna di
Francia a Reims, n quella che si trovava in quel momento su quella lettiga. Il
solo elemento di continuit era rappresentato da questa madre imponente e
autoritaria, che laveva sempre dominata e alla quale, sin da quando era bimba,
aveva paura di rivolgere la parola.
Anche Mahaut ricordava
E sempre per colpa di quel maledetto Roberto disse.
Era stato lui a combinare tutta la faccenda con quella schifosa di Isabella i cui
affari, a quanto mi dicono, non vanno tanto bene per il momento, come del resto
quelli di Mortimer di cui la puttana. Saranno tutti puniti un giorno!
Ognuna seguiva i propri pensieri.
Ora invece li ho i capelli e ho le rughe mormor la regina vedova.
Avrai lArtois, figlia mia, disse Mahaut posandole una mano sul
ginocchio.
Beatrice contemplava la campagna e sorrideva alle nubi

Filippo VI ricevette Mahaut cortesemente, ma non senza una certa alterigia, e


parl come si conviene a un re. Voleva pace fra i suoi grandi baroni; pari,
sostegno della corona, non dovevano dare esempio di discordia n offrir pretesto
alle pubbliche maldicenze.
Non voglio giudicare ci che si fatto nei precedenti regni disse Filippo,
come a gettare un velo di indulgenza sulle passate azioni di Mahaut. solo
sulla situazione attuale che intendo deliberare. I miei commissari hanno
terminato il loro compito; e le testimonianze, cugina mia, non vi sono molto
favorevoli, non posso nascondervelo. Roberto presenter i suoi documenti
Testimonianze pagate e fatiche di falsari borbott Mahaut.
Il pasto ebbe luogo nel salone, quello stesso dove un tempo Filippo il Bello
aveva giudicato le sue tre nuore. Tutti se le ricordano, pensava Giovanna la
Vedova, e si sentiva mancare lappetito. Ma in realt, eccetto lei e sua madre,
nessuno pensava pi a quel lontano avvenimento di cui quasi tutti i testimoni
erano scomparsi. Fra poco forse, terminata la cena, un vecchio scudiero avrebbe
detto a un collega: Vi ricordate, messere, eravamo l, accanto a monsignor Carlo
di Valois, ed ecco che la signora Giovanna vi ritorna come ex-regina.
E il ricordo sarebbe svanito subito dopo essere stato evocato.
un errore comune a tutti gli esseri umani credere che il prossimo attribuisca
alla loro persona la stessa importanza che vi attribuiscono loro; gli altri, se non
hanno particolare interesse a ricordarsene, dimenticano in fretta ci che ci
capitato; e anche se non lo dimenticano, il loro ricordo non ha la gravit che noi
gli attribuiamo.
In altro luogo, forse, Mahaut sarebbe stata pi accessibile alle proposte di
Filippo VI. Il monarca, che voleva fungere da paciere, cercava un
accomodamento, ma Mahaut, per il fatto di trovarsi a Maubuisson e di vedervi
ravvivati tutti i suoi od, non aveva intenzione di cedere. Avrebbe fatto condannare
Roberto come falsario, avrebbe dimostrato che era uno spergiuro; questo il suo
unico pensiero.
Costretta a misurare le sue parole, mangiava in compenso enormemente,
inghiottendo tutto ci che si trovava sul piatto e vuotando il boccale non appena
glielo riempivano. Il vino, unito alla collera, le imporporava il visi. Il re non stava
forse proponendole, senza tanti complimenti, di cedere la sua contea a Roberto,
mentre costui si sarebbe impegnato a versare a sua zia quarantamila lire lanno?
Sono sicuro diceva Filippo, di ottenere su questo punto il consenso di
vostro nipote.
Se Roberto, pens Mahaut, arrivato a farmi proporre questo da suo

cognato, significa proprio che non molto sicuro dei suoi titoli e preferisce, da
quel mariuolo che , pagare una rendita di quarantamila lire annue piuttosto che
mostrare i suoi documenti falsi!.
Rifiuto, sire e cugino, disse poi di spogliarmi cos del mio; siccome
lArtois mi appartiene, la vostra giustizia mi permetter di conservarlo.
Filippo VI la fiss al di sopra del suo grande naso. Questa ostinazione nel
rifiuto era forse dettata a Mahaut da un sentimento dorgoglio, oppure dal timore,
cedendo, di accreditare tutte le accuse Filippo, come ultimo compromesso,
aveva anche una soluzione di ricambio: Mahaut avrebbe conservato la contea, i
titoli e i diritti, nonch la corona di pari, vita natural durante, ma avrebbe istituito,
davanti al re, con un atto ratificato dai pari, suo nipote Roberto erede dellArtois.
Onestamente non aveva nessun motivo di opporsi a questa soluzione; il suo solo
figlio maschio le era stato ben presto rapito da Dio; sua figlia, qui presente, era
fornita di un doario di regina; sua nipote signoreggiava, attraverso il matrimonio,
sullenorme ducato di Borgogna. Poteva forse Mahaut sperare di pi? In quanto
allArtois sarebbe tornato un giorno al suo naturale destinatario.
Potete negare, cugina, che se vostro fratello, il conte Filippo, non fosse
morto prima di vostro padre, vostro nipote sarebbe oggi il signore della
contea? Cos entrambi potrete salvare lonore e io dar alla contesa che vi
oppone una soluzione onesta.
Mahaut strinse le mascelle e scosse il capo in segno di diniego.
Allora Filippo VI si mostr piuttosto irritato e fece affrettare la conclusione del
pasto. Poich Mahaut assumeva questa posizione, poich gli rivolgeva loffesa di
respingere il suo arbitrato, si sarebbe presentata al processo e peggio per lei!
Non vi invito ad alloggiare qui, cugina, disse, subito dopo essersi lavato
le mani, non credo che soggiornare nella mia corte sia per voi gradevole.
Era la disgrazia, chiaramente espressa.
Prima di rimettersi in cammino, Mahaut and per convenienza a versare
qualche lacrima sulla tomba di sua figlia Bianca, nella cappella dellabbazia. Era
stata lei, nel suo testamento, a decidere di essere seppellita qui22.
Ah! disse, Maubuisson non ci ha certo portato fortuna. Ma per
dormirvi morta che importanza ha?
Durante tutto il viaggio di ritorno, non cess di manifestare la sua collera.
Lo avete sentite quel grosso balordo che la mala sorte ci ha dat per re?
Rinunciare allArtois, cos, tranquillamente, solo per fargli piacere! Nominare
mio erede quel grosso verme di Roberto! Preferirei mi si disseccasse la mano
piuttosto che accettare una cosa simile! Ah, deve esserci stato fra loro un lungo

mercato di bricconeria, e si devono certamente molto a vicenda E dire che se


non ci fossi stata io, se a suo tempo non avessi sgombrato cos bene le vie che
conducono al trono
Madre mia mormor gentilmente Giovanna la Vedova.
Se avesse osato esprimere il suo pensiero, se non avesse temuto di ricevere uno
spaventoso rabbuffo, Giovanna avrebbe consigliato a sua madre di accettare le
proposte del re. Ma non sarebbe servito a nulla.
Mai ripeteva Mahaut, mai otterranno questo da me.
Con queste parole firmava senza saperlo, la sua condanna a morte, e il
carnefice era davanti a lei, nella lettiga, che la stava fissando attraverso le nere
ciglia.
Beatrice, disse improvvisamente Mahaut, aiutami un po a slacciarmi;
ho la pancia in subbuglio.
La collera era andata a danno della sua digestione. Bisogn fermare la lettiga
perch la signora Mahaut potesse svuotarsi gli intestini in un campo.
Stasera, signora, disse Beatrice, vi dar della composta di cotogne.
Arrivata a Parigi, di notte, nel palazzo di via Mauconseil, Mahaut si sentiva il
cuore ancora un po agitato, ma stava meglio. Fece un pasto leggero e si coric.

IX IL COMPENSO DEI DELITTI

eatrice attese che tutti i servitori si fossero addormentati. Poi si avvicin

al letto di Mahaut e sollev la cortina di arazzi che veniva chiusa per la notte. La
veilleuse appesa al baldacchino diffondeva una debole luce azzurrina. Beatrice era
in camicia e teneva in mano un cucchiaio.
Signora, avete dimenticato di prendere la composta di cotogne
Mahaut, sonnecchiando, e con i sensi in lotta fra la collera e la stanchezza, disse
semplicemente:
Ah s sei stata una brava ragazza ad averci pensato.
E inghiott il contenuto del cucchiaio.
Due ore prima dellalba, svegli tutta la sua gente con grandi urla e strepito di
campanelli. La trovarono che stava vomitando su un bacile che Beatrice le tendeva.
Tommaso le Miesier e Guglielmo del Venat, i suoi medici, subito chiamati, si
fecero raccontare minutamente quanto era avvenuto il giorno prima e descrivere in
ogni particolare ci che la contessa aveva mangiato; conclusero senza difficolt che
si era trattato di una forte indigestione, accompagnata da un flusso di sangue di
origine nervosa.
Mandarono a chiamare il barbiere Thomas che, per i quindici soldi abituali,
salass la contessa, e la Miesier, lerbaiola del Petit Pont, che le fece un clistere di
erbe23.
Beatrice, con il pretesto di andare a prendere un elettuario da messer Palin lo
speziale, la sera si allontan e and a raggiungere Roberto tre porte pi in la, in
casa Bonnefille.
fatto gli disse.
morta? esclam Roberto.
Oh no, soffrir a lungo! disse Beatrice con un lampo nero negli occhi.
Ma dovremo essere prudenti, monsignore, e vederci meno spesso in questi
tempi.

Mahaut ci mise un mese a morire.


Di sera in sera Beatrice la spingeva passo passo verso la tomba, tanto pi
impunemente in quanto Mahaut si fidava solo di lei e accettava le medicine solo
se venivano dalla sua mano. Dopo i vomiti, che durarono tre giorni, fu presa da
un catarro di gola e di bronchi; inghiottiva con enorme sofferenza. I medici
dichiararono che aveva avuto un colpo di freddo durante lindigestione. Poi,
quando il polso incominci a indebolirsi, pensarono di averla salassata troppo; in
seguito la sua pelle si copr in tutto il corpo di bolle e di pustole.
Premurosa, attenta, sempre presente, e mostrando quellumore sorridente e
costante che cos prezioso agli ammalati, Beatrice si dilettava nel contemplare i
disgustosi progressi della sua opera. Non andava quasi pi a trovare Roberto; in
quanto il compito di decidere ogni giorno in quale alimento o in quale farmaco
avrebbe inserito il veleno costituiva per lei un piacere sufficiente.
Quando i capelli incominciarono a cadere, a ciocche grigie come fieno morto,
Mahaut si seppe perduta.
Mi hanno avvelenata disse tutta spaventata alla sua damigella di
compagnia.
Oh! Signora, signora, non dite queste parole. con il re che avete fatto il
vostro ultimo pasto, prima di ammalarvi.
Proprio a questo stavo pensando disse Mahaut.
Continuava ad andare in collera, a perdere le staffe, a strapazzare i suoi medici
che trattava da asini. Non dava segno di riavvicinarsi alla religione, e si mostrava
pi preoccupata degli affari della contea che di quelli della sua anima. Dett una
lettera per la figlia: Se dovessi trapassare, vi ordino di recarvi immediatamente dal
re e di esigere di rendergli lomaggio per lArtois prima che Roberto abbia il
tempo di tentare alcunch
Le sofferenze che doveva sopportare non le facevano affatto pensare a quelle
inflitte un tempo agli altri; rimase sino alla fine una donna dura ed egoista, nella
quale neppure lavvicinarsi della morte faceva apparire traccia di pentimento n di
umana piet.
Le parve tuttavia necessaria lassoluzione per luccisione dei due re, che non
aveva mai svelato ai suoi confessori abituali. A tal fine decise di rivolgersi a un
oscuro francescano. Quando il monaco usc, pallidissimo, dalla sua camera, venne
preso in consegna da due armigeri che avevano lordine di condurlo al castello di
Hesdin. Le istruzioni di Mahaut vennero fraintese; aveva detto che il monaco
doveva essere tenuto a Hesdin fino alla sua morte; il governatore del castello
pens che si intendesse la morte del monaco e lo fece gettare in un trabocchetto.

Fu lultimo delitto, e il solo involontario, della contessa Mahaut.


Infine lammalata venne colpita da atroci crampi che la colsero dapprima alle
dita dei piedi, poi ai polpacci; furono in seguito gli avambracci a indurirsi. La
morte si avvicinava.
Il 27 novembre alcuni messaggeri partirono per il convento di Poissy, dove si
trovava allora Giovanna la Vedova e, per Bruges, onde avvertire il conte di
Fiandra, e altri tre, quello stesso giorno, per Saint-Germain, dove era il re con
Roberto dArtois. Ognuno dei messaggeri che correvano verso la residenza del
sovrano sembrava a Beatrice latore di un suo messaggio damore a Roberto: la
contessa Mahaut aveva ricevuto i sacramenti, la contessa non poteva pi parlare, la
contessa era prossima alla morte
Approfittando di un momento in cui si trovava sola con lagonizzante, Beatrice
si chin sulla sua testa calva e sul suo viso pustoloso, che pareva continuare a
vivere soltanto negli occhi, e sussurr con voce dolcissima:
Siete stata avvelenata, signora da me perch mi sono innamorata di
monsignor Roberto
La moribonda mostr dapprima incredulit e poi odio; lultimo desiderio di
quella creatura da cui la vita stava allontanandosi fu un desiderio di uccidere. No,
non rimpiangeva nessuna delle sue azioni; aveva fatto bene ad essere cattiva,
perch il mondo popolato soltanto di malvagi! Neppure la sfior lidea di
ricevere cos, allultimo momento, la punizione per i suoi delitti. Era unanima
senza possibilit di redenzione.
Quando arriv da Poissy sua figlia, Mahaut le indic Beatrice con un dito
gelido e irrigidito che quasi non poteva pi muovere; contrasse le labbra, ma non
riusc ad estrarne alcun suono e in quello sforzo perdette la vita.
Ai funerali, che ebbero luogo a Maubuisson il 30 novembre, Roberto mostr
un contegno serio e pensieroso che non manc di sorprendere. Sarebbe stato
piuttosto nel suo stile mostrarsi apertamente trionfante. Eppure non fingeva.
Quando si perde un nemico contro il quale si lottato per ventanni ci si sente in
qualche modo orbati. Lodio un fortissimo legame che lascia, spezzandosi, un
poco di melanconia.
Obbedendo alle ultime volont di sua madre, Giovanna la Vedova chiedeva gi
lindomani a Filippo VI che venisse a lei consegnata la contea dArtois. Prima di
rispondere, il re volle giustificarsi con Roberto.
Non posso fare a meno di ottemperare alla richiesta di tua cugina Giovanna,
poich secondo i trattati e le sentenze lei la legittima erede. Ma il mio sar un
consenso puramente formale e provvisorio, in attesa di un compromesso o del

processo Ti invito a inviarmi al pi presto la tua istanza.


Cosa che Roberto saffrett a fare con una lettera cos concepita: Mio carissimo e
temutissimo Signore, essendo stato io, Roberto dArtois, vostro umile conte di
Beaumont, per lungo tempo diseredato, contro ogni diritto e ogni ragione,
attraverso malizie, frodi e intrighi, della contea dArtois, la quale mi appartiene e
deve appartenermi per parecchi buoni motivi, recentemente giunti a mia
conoscenza, vi domando umilmente che questi miei motivi vogliate ascoltare
La prima volta che Roberto torn a casa Bonnefille, Beatrice pens di fargli
piacere fornendogli un resoconto assai particolareggiato delle ultime ore di
Mahaut. Egli lascolt senza dir nulla, senza nemmeno mostrarsi soddisfatto.
Si potrebbe credere che la rimpiangi disse Beatrice.
No, no disse Roberto pensieroso, ha avuto il fatto suo
Gi la sua mente si volgeva verso il prossimo ostacolo.
Ora finalmente potr essere dama di compagnia di tua moglie. Quando mi
accoglierai nel tuo palazzo?
Quando avr lArtois rispose Roberto. Fa in modo di rimanere
accanto alla figlia di Mahaut; lei che adesso devo rimuovere dal mio
cammino.
Quando Giovanna la Vedova, che aveva ritrovato il piacere degli onori, perduto
con la morte di Filippo il Lungo suo sposo, e si era finalmente liberata, a
trentasette anni, dalla soffocante tutela materna, part in gran pompa per andare a
prender possesso dellArtois, fece una sosta a Roye-en-Vermandois. Qui le venne
voglia di bere un boccale di chiaretto. Beatrice dHirson incaric della bisogna il
coppiere Huppin. Ora costui era pi attento agli occhi di Beatrice che ai doveri
della sua professione: da quattro settimane languiva damore per lei. Fu dunque
Beatrice che port il boccale e, poich stavolta aveva fretta di farla finita, non us
larsenico ma il sale di mercurio.
E il viaggio di Giovanna si interruppe l.
Quanti assistettero allagonia della regina vedova raccontarono che il male la
colse verso la met della notte, che il veleno le colava dagli occhi, dalla bocca e
dal naso, e che il suo corpo si era ricoperto di macchie bianche e nere. Non pot
resistere pi di quarantottore, sopravvivendo alla madre soltanto di due mesi.
Allora la duchessa di Borgogna, nipote di Mahaut, reclam lArtois.

PARTE TERZA

DUE POTENTI IN ROVINA

I IL COMPLOTTO DEL FANTASMA

l monaco aveva dichiarato di chiamarsi Tommaso Dienhead. Aveva una

fronte bassa sotto una corona di radi capelli color birra e nascondeva le mani nelle
maniche. Il suo abito di frate predicatore era di un bianco assai discutibile.
Volgeva gli occhi da sinistra a destra e per tre volte aveva chiesto se mylord era
solo, e se non rischiavano di essere uditi da qualche altro orecchio.
Ma s, parlate pure disse il conte di Kent dal fondo della sua poltrona,
agitando la gamba con una sfumatura di annoiata impazienza.
Mylord, il nostro buon sire, re Edoardo II ancora vivo.
Edmondo di Kent non ebbe il sussulto che ci si sarebbe potuto aspettare, prima
di tutto perch non era uomo da palesare volentieri le sue emozioni, e poi perch
questa stupefacente notizia gli era gi stata comunicata, qualche giorno prima, da
un altro emissario.
Il re Edoardo segretamente rinchiuso nel castello di Corfe riprese il
monaco, lho visto e ve ne fornisco testimonianza.
Il conte di Kent si alz, scavalc il suo levriere e si avvicin alla finestra dai
piccoli vetri e dalle traverse di piombo, oltre la quale osserv per un attimo il cielo
grigio sopra il suo maniero di Kensington.
Kent aveva ventinove anni: non era pi lo smilzo giovanetto che durante la
disastrosa guerra di Guienna del 1324 aveva comandato le truppe inglesi e che, in
La Role assediata, era stato costretto ad arrendersi per deficienza di uomini allo
zio Carlo di Valois. Ma, bench un poco ingrassato, conservava sempre il suo
biondo pallore e la sua distaccata noncuranza, che mascherava pi un
temperamento di sognatore che uno spirito riflessivo.
Davvero, non aveva mai udito cosa pi sbalorditiva! Cos il suo fratellastro
Edoardo II, il cui decesso era stato annunciato tre anni prima, che aveva la sua
tomba a Gloucester e di cui in tutto il regno nessuno pi esitava a nominare
gli assassini era ancora al mondo? La detenzione nel castello di Berkeley,

latroce omicidio, la lettera del vescovo Orleton, la colpevole complicit della


regina Isabella, di Mortimer e del siniscalco Maltravers, linumazione clandestina,
infine, costituivano dunque soltanto una favola, architettata da chi aveva interesse a
far credere deceduto lex-re, e successivamente ampliata dalla fantasia popolare?
Era la seconda volta in meno di quindici giorni che gli veniva fatta questa
rivelazione. La prima volta aveva rifiutato di credervi. Ma adesso incominciava ad
avere dubbi.
Se la notizia vera, pu cambiare parecchie cose nel regno disse senza
rivolgersi direttamente al monaco.
Da tre anni, infatti, lInghilterra aveva avuto il tempo di svegliarsi dai suoi
sogni. Dove erano la libert, la giustizia e la prosperit che tutti avevano
immaginato dovessero immediatamente seguire i passi della regina Isabella e del
glorioso lord Mortimer? Della fiducia che era stata loro accordata, delle speranze
che su di loro erano state fondate, non rimaneva che il ricordo di una grande
illusione delusa.
Perch aver scacciato, destituito, imprigionato e cos almeno si credeva sino
a quel giorno lasciato assassinare il debole Edoardo II schiavo di odiosi
favoriti, per sostituirlo con un re minorenne ancor pi debole, e privato di ogni
potere dallamante di sua madre?
Perch decapitare il conte di Arundel, massacrare il cancelliere Baldok, tagliare
in quattro pezzi Ugo Despenser, quando adesso lord Mortimer governava con lo
stesso arbitrio, dissanguava il paese con la stessa avidit, insultava, opprimeva,
terrorizzava, non sopportava la minima discussione sulla sua autorit?
Per lo meno Ugo Despenser, creatura avida e viziosa, aveva, per la sua stessa
natura femminea, certe debolezze sulle quali era possibile agire. Gli capitava di
cedere alla paura o al denaro. Ruggero Mortimer era invece un barone inflessibile
e violento. La Lupa di Francia, come la regina madre veniva chiamata, aveva
come amante un lupo.
Il potere corrompe rapidamente tutti coloro che se ne impadroniscono senza
esservi chiamati soprattutto da una preoccupazione per il pubblico bene.
Coraggioso, eroico, persino celebre per unevasione senza precedenti, Mortimer
aveva incarnato nei suoi anni di esilio, le aspirazioni di un popolo infelice. Tutti
ricordavano che aveva conquistato il regno dIrlanda per la corona inglese, ma
dimenticavano che vi aveva fatto man bassa.
Mai, in realt, Mortimer aveva pensato alla nazione nel suo insieme o ai
bisogni del suo popolo. Era stato campione della causa popolare solo perch
questa causa si era confusa per un attimo con la sua. Incarnava di fatto il

malcontento di una certa fazione della nobilt, ed era spinto soltanto da un


impaziente desiderio di potere. Divenuto il padrone, si comportava come se
lintera Inghilterra fosse passata al suo servizio.
Anzitutto si era appropriato di quasi un quarto del regno divenendo conte delle
Marche, titolo e feudo che aveva fatto creare solo per esserne insignito lui. Viveva
accanto alla regina madre con fasto regale, e agiva come se il giovane sovrano
fosse stato soltanto il suo erede.
Quando, nellottobre 1328, aveva imposto al Parlamento riunito a Salisbury la
ratifica della sua elevazione a rango di pari, Enrico di Lancaster detto Collotorto,
decano della famiglia reale, aveva fatto in modo di non essere presente. Nel corso
di quella stessa sessione, Mortimer aveva fatto entrare le sue soldatesche in armi
nella cinta del Parlamento, per meglio sostenere le sue volont. Questo genere di
coercizione non mai piaciuto alle assemblee.
Quasi fatalmente si era ricostituita la stessa coalizione formatasi un tempo per
abbattere i Despenser, intorno agli stessi prncipi del sangue, Enrico Collotorto e i
conti di Norfolk e di Kent, zii del giovane re.
Due mesi dopo la faccenda di Salisbury, Collotorto, approfittando di unassenza
di Mortimer e di Isabella, riuniva segretamente a Londra, nella chiesa di San
Paolo, numerosi vescovi e baroni per organizzarvi una rivolta armata. Ma
Mortimer aveva spie dappertutto; prima ancora che la coalizione si fosse armata,
era andato a devastare con le proprie truppe la citt di Leicester, primo feudo dei
Lancaster. Enrico voleva continuare la lotta, ma Kent, considerando poco
promettente le prime fasi di questa operazione, si era tratto in disparte senza
grande gloria.
Se Lancaster aveva potuto cavarsela in quella brutta situazione col solo danno
di una multa, del resto mai pagata, di undicimila lire, lo doveva al fatto di essere
nominalmente il presidente del Consiglio di reggenza e il tutore del re. Ora, per
una logica assurda, Mortimer aveva bisogno di conservare la finzione giuridica di
questa tutela per far legalmente condannare, come ribelli al re, avversari come lo
stesso Lancaster!
Questultimo era stato mandato in Francia con il pretesto di negoziare il
matrimonio della sorella del giovane re con il primogenito di Filippo VI. Questo
allontanamento costituiva una cauta perdita di favore: la sua missione sarebbe
durata a lungo.
Assente Collotorto, Kent si trovava ad essere, quasi suo malgrado, il capo dei
malcontenti. Tutto confluiva verso di lui, che desiderava far dimenticare la
defezione dellanno precedente dimostrando che non era stata la vilt a trattenerlo

dallagire
Queste le cose cui stava confusamente pensando, davanti alla finestra del castello
di Kensington. Il monaco era tuttora immobile, con le mani nascoste nelle
maniche. Anche il fatto che fosse un frate predicatore, come il primo messaggero
che gi gli aveva smentito la morte di Edoardo II induceva a riflettere il conte di
Kent e lo invitava a prendere sul serio la notizia, perch lordine dei domenicani
era notoriamente ostile a Mortimer.
Se la notizia era fondata, tutti i sospetti di regicidio che pesavano su Isabella, su
Mortimer e sui loro complici, venivano automaticamente a cadere. Ma essa poteva
anche modificare tutta la situazione del regno. Ora infatti il popolo rimpiangeva
Edoardo II e, passando da un estremo allaltro, non era lontano dal fare di quel
principe dissoluto un martire. Se egli fosse stato ancora vivo, il Parlamento
avrebbe benissimo potuto ritornare sulle sue passate decisioni, dichiarando che gli
erano state imposte, e restaurare il suo ex sovrano.
Di fatto, quale prova reale esisteva della sua morte? Gli abitanti di Berkeley che
erano sfilati davanti alla salma? Ma quanti di loro avevano visto Edoardo II in
precedenza? Chi poteva affermare che non era stato loro mostrato un altro
cadavere? Nessun membro della famiglia reale aveva assistito alle misteriose
esequie nella cattedrale di Gloucester; e inoltre il corpo era stato messo nella
tomba un mese dopo, in una cassa coperta da un panno nero.
E voi, frate Dienhead, lavete davvero visto con i vostri occhi? domand
Kent voltandosi verso di lui.
Tommaso Dienhead si guard di nuovo attorno, da buon cospiratore, e rispose
a bassa voce:
stato il priore del nostro ordine a mandarmi laggi; mi sono guadagnato
la fiducia del cappellano che, per lasciarmi entrare, mi ha costretto a indossare
abiti laici. Per unintera giornata sono rimasto nascosto in un piccolo edificio, in
vista del corpo di guardia; poi, la sera, mi hanno permesso di entrare nel
salone, dove ho visto con questi occhi il re seduto a tavola e circondato da un
servizio donore.
Gli avete parlato?
Non mi hanno permesso di avvicinarmi disse il frate; ma il
cappellano, me lo ha mostrato, da dietro un pilastro, e mi ha detto: lui.
Kent rimase un attimo in silenzio e poi chiese:
Se ho bisogno di voi, posso farvi cercare nel convento dei frati predicatori?
No, mylord, il priore mi ha consigliato per ora di non rimanere in
convento.

Gli diede il suo indirizzo di Londra, presso un chierico del quartiere di San
Paolo.
Kent apr la borsa e gli offr tre monete doro. Il frate rifiut; non aveva il
diritto di accettare alcun dono.
Per le elemosine del vostro ordine disse il conte di Kent.
Allora Dienhead allung una mano fuor della manica, sinchin
profondamente e si ritir.
Quello stesso giorno, Edmondo di Kent ne informava i due maggiori prelati
che avevano partecipato alla fallita congiura, Graveson, vescovo di Londra, e
Guglielmo di Melton, arcivescovo di York, colui che aveva celebrato il matrimonio
fra Edoardo III e Filippa di Hainaut.
Mi stato affermato per due volte, e da fonti che sembrano sicure scriveva
loro.
Le risposte non si fecero aspettare. Graveson era perfettamente daccordo e
assicurava il conte di Kent del suo appoggio per qualsiasi azione egli volesse
intraprendere; in quanto allarcivescovo di York, primate dInghilterra, invi il
proprio cappellano Allyn con la promessa di cinquecento armigeri, e se
necessario anche di pi, per liberare lex-re.
Dopo di che Kent stabil anche altri contatti, soprattutto con lord della Zouche,
e con parecchi altri gentiluomini, come lord Beaumont e sir Tommaso Rosslyn,
che si erano rifugiati a Parigi per sottrarsi alle vendette di Mortimer. In Francia si
era insomma costituito un nuovo partito di emigrati.
Ma la spinta decisiva venne data da una comunicazione personale e segreta di
Giovanni XXII al conte di Kent. Il Santo Padre, avendo anche lui saputo che re
Edoardo II era ancora vivo, gli raccomandava di fare qualsiasi cosa per liberarlo,
assolvendo in anticipo quanti avrebbero partecipato allimpresa ab omni poena
et culpa Si poteva forse dire pi chiaramente che tutti i mezzi erano buoni?
Arrivava persino a minacciare il conte di Kent di scomunica se non accettava di
eseguire questa missione assolutamente sacra.
Non si trattava comunque di un messaggio orale, ma di una lettera in latino in
cui un eminente prelato della Santa Sede, che si firmava in modo quasi
indecifrabile, riferiva fedelmente le parole pronunciate da Giovanni XXII in un
colloquio su questo argomento.
Una missione, guidata dal cancelliere Burghersh vescovo di Lincoln, era appena
tornata da Avignone dove era andata a negoziare lipotetico matrimonio della
sorella di Edoardo III con lerede di Francia. La lettera era stata portata da un
membro di questa ambasceria.

Commosso, Edmondo di Kent decise allora di andare a verificare


personalmente tutte queste informazioni cos concordanti, e di studiare le
possibilit di unevasione.
Mand a chiamare frate Dienhead allindirizzo che costui gli aveva dato, e, con
una scorta poco numerosa ma fidata, part per il Dorset. Era il mese di febbraio.
Arrivato a Corfe in un giorno di maltempo in cui le burrasche venute dal mare
spazzavano la desolata penisola, Kent mand a chiamare il governatore della
fortezza, sir Giovanni Daverill. Costui venne a presentarglisi nellunica locanda di
Corfe, davanti alla chiesa di SantEdoardo martire, il re assassinato della dinastia
sassone.
Alto di statura, stretto di spalle, con la fronte corrugata e le labbra sprezzanti, e
una sorta di amarezza pur nei modi cortesi, come si conviene a uomo ligio,
Giovanni Daverill si scus di non poter ricevere il nobile lord nel castello. Aveva
ordini perentori.
Re Edoardo II vivo o morto? gli domand Edmondo di Kent.
Non posso dirvelo.
mio fratello! lui che voi sorvegliate?
Non sono autorizzato a parlare. Mi stato affidato un prigioniero, ma non
devo rivelarne n il nome n la posizione.
Potreste lasciarmi intrattenere con questo prigioniero?
Giovanni Daverill fece cenno di no con la testa. Un muro, una roccia, questo
governatore; impenetrabile quanto lenorme sinistro torrione che, protetto da tre
enormi cinte, si levava sulla vetta della collina, sopra il piccolo villaggio dai tetti di
pietre piatte. Ah! Mortimer li sceglieva bene i suoi servitori!
Ma esistono modi di negare che equivalgono a conferme. Daverill avrebbe fatto
tanti misteri, avrebbe mostrato una simile inflessibilit, se non fosse stato affidato
alla sua custodia lex re?
Edmondo di Kent mise in opera tutto il suo fascino, che era grande, e anche
altri argomenti cui la natura umana non sempre insensibile. Pos sulla tavola
una pesante borsa doro.
Vorrei disse, che quel prigioniero venisse trattato bene. E questo varr
a migliorare le sue condizioni; ci sono nella borsa cento lire sterline.
Posso garantirvi, mylord, che trattato bene disse a bassa voce Daverill
con una sfumatura di complicit.
E senza il minimo impaccio, allung la mano sulla borsa.
Darei volentieri il doppio disse Edmondo di Kent, soltanto per
poterlo scorgere.

Daverill replic con un desolato cenno di diniego.


Cercate di capirmi, mylord, ci sono nel castello duecento uomini di
guardia
Edmondo di Kent ritenne di agire da grande stratega prendendo mentalmente
nota di questo importante particolare; ecco uninformazione di cui bisognava
tener conto al momento dellevasione.
e se mai un di loro parlasse, e la regina madre ne venisse a conoscenza,
mi farebbe decapitare.
Poteva forse meglio tradirsi, confessare ci che voleva nascondere, e affermare
che era proprio re Edoardo II che si trovava dietro quei muri?
Ma posso trasmetter un vostro messaggio riprese il governatore, in
quanto esso rimarr fra voi e me.
Subito Kent, felice di realizzare cos rapidamente dei progressi, mentre raffiche
di un vento umido battevano sulle finestre della locanda, scrisse la seguente lettera:
Fedelt e rispetto al mio carissimo fratello. Prego Dio con tutto il cuore che
voi siate in buona salute, perch sono state prese disposizioni affinch voi usciate
presto di prigione e siate liberato dai mali che vi opprimono. Siate certo che ho
lappoggio dei pi grandi baroni dInghilterra e di tutte le loro forze, cio delle
loro truppe e dei loro tesori. Sarete di nuovo re; prelati e baroni lhanno giurato
sul Vangelo.
Pieg il foglio e lo tese al governatore.
Vi prego di sigillarlo, mylord disse costui, non voglio conoscerne il
contenuto.
Kent si fece portare un po di cera da qualcuno della sua scorta, applic il suo
sigillo, e Daverill nascose il plico sotto il giaco.
Il messaggio disse, sar recapitato al prigioniero che, ne sono
convinto, si affretter a distruggerlo. Cos
E le sue mani fecero un gesto che indicava cancellamento e oblio.
Questuomo pensava Edmondo di Kent, se sapr agire con prudenza, al
momento buono ci spalancher le porte; non dovremo neppure attaccare
battaglia.
Tre giorni dopo la sua lettera era nelle mani di Ruggero Mortimer che la
leggeva in Consiglio a Westminster, e la regina Isabella, rivolgendosi al giovane
re, esclamava in tono patetico:
Figlio mio, figlio mio, vi supplico di agire contro il vostro pi mortale
nemico che vuol diffondere nel regno la favola che vostro padre ancora vivo,
per potervi deporre e prendere il vostro posto. Di grazia date ordine che questo

traditore venga punito, finch ne avremo il tempo.


In realt gli ordini erano gi stati impartiti, e gli sbirri di Mortimer galoppavano
verso Leicester per arrestare il conte di Kent sulla via del ritorno. Ma non era
soltanto un arresto che Mortimer voleva; egli esigeva una condanna spettacolare.
Aveva le sue buone ragioni per aver tanta fretta. Fra un anno, Edoardo III sarebbe
stato maggiorenne; e gi dava numerosi segni della sua impazienza a governare.
Eliminando Kent, dopo avere allontanato Lancaster, Mortimer si sbarazzava del
capo dellopposizione e impediva al giovane re di sfuggire alla sua tutela.
Il 19 marzo il parlamento si riuniva a Leicester per giudicare lo zio del re.
Uscito dalla prigione, dove aveva soggiornato per oltre un mese, il conte di
Kent appariva stravolto, dimagrito, torvo, con laria di chi non si rende ancora
conto di ci che gli accaduto. Non era evidentemente un uomo fatto per
sopportare le avversit. La sua bella, distaccata noncuranza era scomparsa. Sotto
linterrogatorio di Roberto Horwell, coroner della casa reale, croll, confess tutto,
raccont la sua storia da cima a fondo, fece i nomi dei suoi informatori e dei suoi
complici. Ma quali informatori? Lordine dei Domenicani non conosceva frati di
nome Dienhead; era evidentemente uninvenzione dellaccusato per cercare di
salvarsi. Invenzione era anche la lettera di papa Giovanni XXII; nessuno, nella
scorta del vescovo di Lincoln per lambasceria ad Avignone, aveva avuto
conversazioni riguardanti il defunto re n con il Santo Padre, n con i suoi
cardinali o consiglieri. Edmondo di Kent si ostinava e aveva la sensazione di
perdere la ragione. Eppure aveva parlato con quel frate predicatore, laveva avuta
in mano quella lettera ab omni poena et culpa
Kent scopr finalmente lorribile trappola nella quale era stato attirato con il
fantasma del re morto. Un complotto minuziosamente organizzato da Mortimer e
dalle sue creature: falsi emissari, falsi monaci, falsi scritti e, pi falso di tutti e di
tutto, quel Daverill del castello di Corfe! Kent era caduto nel tranello.
Il coroner chiese la pena di morte.
Mortimer era seduto nella prima fila della Camera dei Lord, in modo da poter
sorvegliare tutti con i suoi occhi; e Lancaster, il solo che avrebbe osato parlare a
favore dellaccusato, era lontano dal re. Mortimer aveva fatto sapere che non
avrebbe proceduto contro i complici di Kent, ecclesiastici o no, se costui fosse
stato condannato. Ora troppi baroni si trovavano in varia misura compromessi;
abbandonarono dunque limputato al rancore del conte delle Marche. Un capro
espiatorio, insomma.
E bench Kent, umiliandosi davanti allassemblea e riconoscendo la sua
aberrazione si fosse offerto di portare al re la sua sottomissione in camicia, a piedi

nudi e con la corda al collo, i Lord, un po a malincuore, pronunciarono la


sentenza che ci si aspettava da loro. Poi, per placare la loro coscienza,
sussurrarono:
Il re lo grazier, il re user del suo potere di grazia
Non era infatti verosimile che Edoardo III facesse decapitare suo zio, per
unazione certo colpevole, ma dovuta in massima parte a leggerezza e a una
provocazione anche troppo evidente.
Erano numerosi quelli che avevano votato per la condanna a morte e che si
proponevano gi lindomani di andare a chiedere grazia.
I Comuni rifiutarono di ratificare la sentenza dei Lord. Chiedevano un
supplemento di istruttoria, e informazioni pi precise.
Ma Mortimer, appena ottenuto il voto della Camera Alta, si precipit al castello
dove la regina Isabella stava cenando.
fatta le disse, possiamo giustiziare Edmondo. Ma molti dei nostri
falsi amici attendono che vostro figlio lo salvi dal castigo supremo. Vi
scongiuro dunque di agire subito.
Si erano preoccupati di tener lontano per parecchie ore il giovane re,
organizzando in suo onore un ricevimento ufficiale nel collegio di Winchester,
uno dei pi antichi e dei pi famosi dInghilterra.
Il governatore aggiunse Mortimer, eseguir il vostro ordine, amica
mia, come eseguirebbe quello del re.
Isabella e Mortimer si guardarono negli occhi; non era il loro primo delitto n
il primo abuso di potere. La Lupa di Francia firm lordine di decapitare
immediatamente suo cognato e cugino germano.
Edmondo di Kent venne di nuovo fatto uscire dalla sua segreta e, in camicia,
con le mani legate, fu accompagnato sotto scorta di un piccolo drappello darcieri
in un cortile interno del castello. Rimase l unora, due ore, tre ore sotto la
pioggia, mentre si avvicinava il tramonto. Perch questa interminabile attesa
davanti al ceppo? Si alternavano in lui momenti di scoramento e di folle speranza.
Il giovane re, suo nipote, stava indubbiamente apprestandosi a concedergli la
grazia. Quella tragica prova era il castigo che gli simponeva per meglio ispirargli
pentimento e fargli meglio apprezzare la magnanimit della clemenza. Pregava
Dio, e ogni tanto scoppiava improvvisamente in singhiozzi. Batteva i denti sotto la
camicia inzuppata; la pioggia grondava sul ceppo e sui caschi degli arcieri.
Quando sarebbe finito quel supplizio?
Il fatto che si stava cercando attraverso tutta Winchester un boia, e non si
riusciva a trovarlo. Quello della citt, e con lui i suoi aiutanti, sapendo come si era

svolto il processo e sapendo che il re non aveva ancora potuto pronunciarsi sulla
grazia, rifiutavano ostinatamente di esercitare il loro ufficio su un principe del
sangue. Preferivano perdere il posto.
Ci si rivolse allora agli ufficiali della guarnigione perch designassero uno dei
loro uomini o chiedessero un volontario cui sarebbe stato offerto un lautissimo
compenso. Gli ufficiali reagirono con un gesto di disgusto. Erano pronti a
mantenere lordine, a montare di guardia intorno al Parlamento, ad accompagnare
il condannato sino al luogo dellesecuzione, ma non bisognava chiedere di pi n
ad essi n ai loro soldati.
Mortimer ebbe uno scatto di collera, violento e feroce, contro il governatore.
Non avete nelle vostre prigioni qualche assassino, qualche falsario, qualche
brigante che voglia in cambio aver salva la vita? Su, affrettatevi, se non volete
finire in prigione anche voi!
Visitando le segrete si trov finalmente luomo adatto; aveva rubato in chiesa e
doveva essere impiccato la settimana dopo. Gli si consegn la scure, ma egli
chiese anche una maschera.
Era ormai calata la notte. Alla luce delle torce, vacillante sotto la bufera, il conte
di Kent vide venire avanti il suo carnefice e comprese che le lunghe ore di
speranza erano state soltanto unultima e beffarda illusione. Gett un orribile urlo;
si dovette farlo inginocchiare a forza davanti al ceppo.
Quel boia improvvisato era pi pauroso che crudele, e tremava pi della sua
vittima. Stentava pensino a sollevare la scure. Manc il colpo, e la lama scivol sui
capelli. Dovette ricominciare quattro volte, abbassando lascia su una disgustosa
pappa rossa. I vecchi arcieri, tuttintorno, vomitavano.
Cos mor, non ancora trentenne, il conte Edmondo di Kent, principe pieno di
grazia e dingenuit. E un ladro di cibori venne restituito alla sua famiglia.
Quando il giovane re Edoardo III usc da una lunga disputa in latino sulle
dottrine di Mastro Occam, gli fecero sapere che lo zio era stato decapitato.
Senza mio ordine? domand stupito.
Mand a chiamare lord Montagli che lo aveva accompagnato allomaggio di
Amiens, e di cui aveva potuto in varie occasioni constatare la lealt.
Mylord, gli disse, voi eravate al Parlamento quel giorno. Vorrei sapere
la verit

II LA SCURE DI NOTTINGHAM

l delitto di stato deve essere sempre mascherato da una apparenza di

legalit.
Fonte della legge il sovrano, e la sovranit spetta al popolo che la esercita o
attraverso una rappresentanza da esso eletta o attraverso una delega concessa
ereditariamente a un monarca, o, a volte, secondo entrambe le forme, come gi
allora avveniva in Inghilterra.
Non esisteva dunque in questo paese atto legale che non comportasse
necessariamente il contemporaneo consenso del monarca e del popolo, fosse
questo consenso tacito o espresso.
La decapitazione del conte di Kent era formalmente legale, in quanto i poteri
del re erano esercitati dal Consiglio di reggenza, e, in assenza del conte di
Lancaster, presidente di questo Consiglio, il decreto di condanna era stato firmato
dalla regina madre; ma questa decapitazione non aveva avuto n lautentico
consenso di un Parlamento, riunito sotto minaccia di violenza, n ladesione del
re, ignaro di un ordine emanato a suo nome; latto insomma non poteva non
essere funesto ai suoi autori.
Edoardo III mostr il pi possibile la sua riprovazione, imponendo per lo zio
Kent funerali degni di un principe del sangue 24. Siccome non si trattava ormai che
di un cadavere, Mortimer accett di condiscendere ai desideri del giovane re. Ma
Edoardo non gli avrebbe mai perdonato di aver disposto a sua insaputa della vita
di un membro della sua famiglia; n di aver fatto svenire la signora Filippa
allannuncio brutale della morte dello zio. Ora la giovane regina era incinta di sei
mesi e si sarebbero potuti avere per lei maggiori riguardi. Edoardo ne rimprover
la madre e, avendo costei replicato con irritazione che la signora Filippa si
mostrava eccessivamente sensibile verso i nemici del regno mentre per essere
regina bisognava avere un animo forte, Edoardo rispose:
Non tutte le donne, signora, hanno il cuore di pietra come voi.

Lincidente non ebbe conseguenze sulla signora Filippa che, verso la met di
giugno, mise al mondo un figlio25. Edoardo III prov la gioia semplice, dignitosa
e profonda che quella di ogni uomo alla nascita del primo figlio datogli dalla
donna che ama e da cui amato. Contemporaneamente si sentiva, come re,
improvvisamente maturato. La sua successione era assicurata. Il sentimento della
dinastia, il proprio posto fra la serie degli antenati e quella dei discendenti,
questultima ancora fragile, ma gi presente in una spumosa culla, occupava tutti i
suoi pensieri e gli rendeva sempre meno sopportabile limpotenza giuridica nella
quale lo si manteneva.
Tuttavia si faceva prendere da scrupoli; non serve a nulla rovesciare una cricca
dirigente se non ci sono uomini migliori per sostituirla, n princpi migliori da far
applicare.
Sapr davvero regnare, e sono abbastanza maturo per questo? si chiedeva
spesso.
Sul suo spirito avevano lasciato tracce profonde lesempio detestabile di suo
padre, totalmente dominato dai Despenser, e quello altrettanto detestabile che
offriva sua madre in bala di Ruggero Mortimer.
La sua forzata inazione gli permetteva di osservare e di riflettere. Non poteva
avvenire nulla nel regno senza il Parlamento, senza il suo accordo spontaneo o
forzato. Limportanza assunta negli ultimi anni da questa assemblea consultiva,
riunita sempre pi spesso, in ogni luogo e a ogni proposito, era diretta
conseguenza di una cattiva amministrazione, di spedizioni militari mal guidate, di
disordini nella famiglia regnante e della continua ostilit fra il potere centrale e la
coalizione dei grandi feudatari.
Bisognava farla finita con quei rovinosi trasferimenti in base ai quali i Lord e i
Comuni dovevano precipitarsi a Winchester, a Salisbury, a York, per tenervi sedute
il cui unico scopo era di permettere a lord Mortimer di far sentire la sua autorit
sul re.
Quando sar veramente re, il Parlamento si riunir a date fisse, e per quanto
possibile a Londra. Lesercito? Il nostro non lesercito del re sono eserciti di
baroni che obbediscono al loro arbitrio. Ci vorrebbe unesercito reclutato al
servizio del regno, e comandato da uomini che dovessero al re tutto il loro
potere La giustizia? La giustizia deve essere concentrata in mani sovrane e
bisogna sforzarsi a che essa sia eguale per tutti. Nel regno di Francia, checch se
ne dica, lordine maggiore. Bisogna anche concedere maggior libert al
commercio, diminuendo magari le tasse e i divieti sui traffici del cuoio e delle lane
che costituiscono la nostra ricchezza e che sono oggi, a quanto si dice,

gravemente intralciati.
Queste erano idee che potevano sembrare estremamente semplici ma cessavano
di esserlo per il fatto di trovarsi nella testa di un re, idee quasi rivoluzionarie, in
unepoca di anarchia, di arbitri e di crudelt, quale raramente un paese ha
conosciuto.
Il giovane tormentato sovrano ritrovava nel suo pensiero le aspirazioni del
popolo oppresso. Rivelava le sue intenzioni soltanto a poche persone, a Filippa
sua sposa, a Guglielmo di Mauny, lo scudiero che ella aveva portato con s dallo
Hainaut, e soprattutto a lord Montagu che gli trasmetteva i punti di vista dei
giovani lord.
a ventanni di solito che un uomo formula i pochi princpi che applicher
poi per il resto della vita. Edoardo III aveva una grande qualit per un uomo
chiamato a regnare: mancava di passioni e di vizi. Aveva avuto la fortuna di
sposare una principessa che amava; aveva la fortuna di continuare ad amarla.
Possedeva quella forma suprema di orgoglio che consiste nel ritenere naturale la
propria posizione di re. Esigeva rispetto alla sua persona e alle sue funzioni;
disprezzava il servilismo in quanto esclude la franchezza. Detestava le inutili
pompe, in quanto insultano la miseria e rappresentano il contrario esatto della
vera maest.
Persone che avevano un tempo soggiornato alla corte di Francia dicevano che
egli assomigliava sotto molti aspetti a Filippo il Bello: riconoscevano nel suo viso
la stessa forma e lo stesso pallore, e nei suoi occhi azzurri, nei rari momenti in cui
alzava le lunghe ciglia, la stessa freddezza.
Edoardo era certo pi comunicativo ed entusiasta del nonno materno. Ma quelli
che cos parlavano avevano conosciuto il Re di Ferro solo negli ultimi anni, dopo
pi di un quarto di secolo di potere; nessuno ricordava cosa era stato Filippo a
ventanni. Il sangue di Francia in Edoardo III aveva prevalso su quello dei
Plantageneti, e pareva che sul trono dInghilterra sedesse un autentico capetingio.
Nellottobre di quello stesso 1330, si convoc di nuovo il Parlamento, questa
volta a Nottingham, nel nord del regno. La riunione si annunciava tempestosa; la
maggior parte dei Lord non perdonava lesecuzione del conte di Kent, che
costituiva tuttora un peso sulle loro coscienze. Tanto pi che il processo aveva
confermato tutti i loro sospetti circa lassassinio di Edoardo II.
Il saggio e coraggioso conte di Lancaster, detto Collotorto e detto anche il
vecchio Lancaster, perch era il solo membro della famiglia reale che fosse riuscito
a salvare sino ai cinquantanni la sua grossa testa inclinata, era finalmente tornato.

Una malattia agli occhi che da tempo lo minacciava si era improvvisamente


aggravata sino a diventare una semi-cecit; doveva farsi guidare; ma questa cecit
lo rendeva ancor pi venerabile e faceva s che il suo parere venisse richiesto con
maggior deferenza.
I Comuni erano preoccupati perch di nuovo sarebbe stato loro chiesto di
concedere nuovi sussidi e di ratificare nuove imposte sulle lane. Ma dove andava
a finire tutto quel denaro?
Le trentamila lire del tributo di Scozia, come le aveva impiegate Mortimer? E
quella dura campagna di tre anni prima, laveva fatta per s o per il regno? E
perch concedere al tristo barone Maltravers, non solo la carica di siniscalco, ma
una somma di mille lire in premio per la custodia prestata al defunto re, se non a
saldo dellomicidio? Tutto infatti si sa, o si finisce per sapere, e i conti del Tesoro
non possono restare eternamente segreti! Ecco dunque a cosa servivano i redditi
delle imposte! E Ogle, e Gournay, aiutanti di Maltravers, nonch Daverill,
governatore di Corfe, avevano avuto altrettanto.
Mortimer, che avanzava sulla strada di Nottingham con un seguito talmente
fastoso che pareva farne parte persino il giovane re. Mortimer era in realt
sostenuto da non pi di un centinaio di partigiani che dovevano a lui tutte le loro
fortune, che erano potenti per il solo fatto di servirlo, e che qualora lui fosse
caduto, rischiavano la disgrazia, lesilio o la forca.
Si credeva obbedito perch una rete di spie che, nella persona di Giovanni di
Wynyard, arrivava sino alle immediate vicinanze del re, lo informava di tutte le
parole pronunciate e gli permetteva di sventare le congiure. Si credeva potente
perch le sue truppe incutevano timore ai Lord e ai Comuni. Ma le truppe
possono obbedire ad altri ordini, e le spie tradire.
Il potere, senza il consenso di coloro sui quali viene esercitato, un inganno
che non pu durare a lungo, in un equilibrio, straordinariamente precario fra la
paura e la rivolta, che bruscamente si spezza quando un numero sufficiente di
uomini prende contemporaneamente coscienza di avere in comune uno stesso
stato danimo.
Cavalcando su una sella ricamata doro e dargento, circondato da scudieri dalle
gualdrappe scarlatte e dalle lance sulle quali sventolava il suo pennone, Mortimer
procedeva su una strada ormai imputridita.
Durante il viaggio, Edoardo III not che sua madre sembrava ammalata, che
aveva un viso pallido e tirato, occhi cerchiati dalla stanchezza e uno sguardo meno
brillante del solito.
Andava in lettiga anzich sulla sua solita chinea bianca; spesso poi bisognava far

fermare il veicolo i cui sussulti le provocavano nausea. Mortimer le stava


continuamente accanto mostrando insieme attenzione e impaccio.
Forse Edoardo non sarebbe stato cos attento a questi sintomi se non li avesse
gi osservati, allinizio dellanno, nella sua sposa Filippa. E poi, in viaggio, i
servitori chiacchierano di pi; le donne della regina madre parlavano con quelle
della sovrana. A York, dove si sost per due giorni, Edoardo non poteva pi aver
dubbi: sua madre era incinta.
Si sentiva travolto dal disgusto e dalla vergogna. E anche la gelosia, la gelosia
del primogenito, contribuiva al suo risentimento. Che era avvenuto della bella e
nobile immagine di sua madre che si era creato durante linfanzia?
Per lei ho odiato mio padre, per i soprusi che egli le infliggeva, e adesso lei
che mi svergogna! Madre a quarantanni di un bastardo che sar pi giovane del
mio stesso figlio!
In quanto re, si sentiva umiliato davanti al suo regno, in quanto sposo davanti
alla sua sposa.
Nella camera del castello di York rivoltandosi fra le lenzuola senza riuscire a
prender sonno, diceva a Filippa:
Ti ricordi, mia cara, stato qui che ci siamo sposati Ah! ti ho offerto un
ben triste regno!
Placida e riflessiva, Filippa reagiva allavvenimento con minor passione; ma,
essendo piuttosto severa, emetteva contemporaneamente anche un giudizio.
Cose di questo genere disse, sarebbero impensabili alla corte di
Francia.
Edoardo sussult.
Ah! mia cara e le vostre cugine di Borgogna che tradivano i loro tre
sposi? E i vostri re avvelenati?
Dun tratto la dinastia francese veniva a identificarsi con la famiglia di Filippa.
In Francia siamo pi eleganti rispose Filippa, diamo meno spettacolo
dei nostri desideri, mostriamo minor crudelt nei nostri rancori.
Siete pi simulatori, pi sornioni, preferite il veleno al ferro
E voi siete pi selvaggi
Edoardo tacque e lei, temendo di averlo offeso, protese verso di lui un braccio
morbido e tornito.
Ti voglio tanto bene, amico mio, disse Filippa, perch tu non gli
assomigli affatto
E non si tratta soltanto di vergogna riprese Edoardo, ma anche di
pericolo

Che intendi dire?


Intendo dire che Mortimer capacissimo di farci uccidere tutti e di sposare
mia madre, per farsi poi eleggere reggente e mettere sul trono il suo bastardo
assurdo solo pensarlo! disse Filippa.
Certo una tale sovversione, che presupponeva la rinnegazione di tutti i princpi
religiosi e dinastici, sarebbe stata, in una monarchia pi salda, assolutamente
inimmaginabile; ma tutto possibile, e le avventure pi folli possono essere
intraprese, in un regno sconvolto e abbandonato alla lotta delle fazioni.
Ne parler domani con Montagu disse il giovane re.
Arrivato a Nottingham, lord Mortimer si mostr particolarmente impaziente,
autoritario e nervoso, per il fatto che Giovanni Wynyard, senza aver potuto
intendere quanto vi si era detto, lo aveva informato dei frequenti colloqui che
nellultima parte del viaggio il re aveva avuto con Montagu e con parecchi altri
giovani lord.
Mortimer se la prese da prima con sir Edoardo Bohun, il vice-governatore, il
quale, incaricato di provvedere agli alloggi, aveva pensato, come del resto era
abituale, di installare tutti i grandi signori in uno stesso castello.
Con quale diritto esclam Mortimer, avete disposto a vostra guisa e
senza consultarmi di appartamenti cos vicini a quello della regina madre?
Credevo, mylord, che il conte di Lancaster
Il conte di Lancaster, come tutti gli altri, dovr alloggiare almeno a un
miglio dal castello
E voi, mylord?
Mortimer aggrott le sopracciglia come se questa domanda costituisse
unoffesa.
Il mio appartamento sar accanto a quello della regina madre, e voi direte al
constable26 di consegnarle ogni sera le chiavi del castello.
Edoardo Bohun sinchin.
Si prendono talvolta precauzioni funeste. Mortimer voleva evitare che si
facessero commenti sulla regina madre e voleva soprattutto isolare il re; ma questo
permise ai giovani lord di radunarsi e concertarsi assai pi liberamente, lontani
comerano dal castello e dalle spie di Mortimer.
Lord Montagu riun quelli fra i suoi amici che giudicava pi risoluti, quasi tutti
ragazzi fra i venti e trentanni: i lord Molins, Hufford, Stafford, Clinton, nonch
Giovanni Nevil di Horneby e i quattro fratelli Bohun, Edoardo, Humphrey,
Guglielmo e Giovanni, questultimo anche conte di Hereford e di Essex. Erano
essi a costituire il partito del re. Avevano la benedizione di Enrico di Lancaster e

qualcosa di pi di una benedizione.


Dal canto suo Mortimer sedeva al castello in compagnia del cancelliere
Burghersh, di Simone Bereford, di Giovanni Monmouth, di Giovanni Wynyard,
di Ugo Turplington e di Maltravers, per consultarli su come soffocare la nuova
congiura che egli aveva intuito si stesse tramando contro di lui.
Il vescovo Burghersh sentiva cambiare il vento e si mostrava meno favorevole a
provvedimenti severi, anzi, riparandosi dietro la sua dignit ecclesiastica, predicava
un accordo. Aveva gi saputo, un tempo, passare tempestivamente dal partito
Despenser al partito Mortimer.
Basta con gli arresti, con i processi e con il sangue diceva. Forse
concedendo qualche soddisfazione in terre, in denaro o in onori
Mortimer lo interruppe con uno sguardo; i suoi occhi, dalle palpebre
perfettamente orizzontali sotto le massicce sopracciglia, facevano ancora tremare; e
il vescovo di Lincoln tacque.
Alla stessa ora, lord Montagu era riuscito a intrattenersi in privato con Edoardo
III.
Vi supplico, mio nobile re, gli diceva, di non tollerare pi a lungo le
insolenze e gli intrighi delluomo che ha fatto assassinare vostro padre e
decapitare vostro zio, e che ha corrotto vostra madre. Abbiamo giurato di
versare fino allultima goccia del nostro sangue per liberarvene. Siamo pronti a
tutto; ma bisognerebbe agire in fretta, e poter quindi penetrare abbastanza
numerosi nel castello dove nessuno di noi alloggia.
Il giovane re riflett un momento.
Adesso, Guglielmo, rispose, so con certezza di volervi bene.
Non aveva detto: che voi mi volete bene. Il suo era un atteggiamento davvero
degno di un re; non dubitava che si volesse servirlo; limportante, per lui, era di
accordare scientemente la sua fiducia e il suo affetto.
Andate perci continu, a trovare il constable del castello, sir
Guglielmo Eland a mio nome, e pregatelo per mio ordine di obbedirvi in tutto
ci che chiederete.
Che Dio ci aiuti, maest! disse Montagu.
Ora tutto dipendeva da questo Eland, dalla sua devozione e dalla sua lealt; se
avesse rivelato liniziativa di Montagu, i congiurati sarebbero stati perduti, e forse
anche il re. Ma sir Edoardo Bohun garantiva che sarebbe stato dalla loro parte,
non fosse altro per il fatto che Mortimer, da quando era arrivato a Nottingham, lo
trattava come un servitore.
Guglielmo Eland non deluse Montagu, ma gli promise di obbedire per quanto

possibile ai suoi ordini e giur di conservare il segreto.


Dal momento che siete con noi gli disse Montagu, consegnatemi
questa sera le chiavi del castello
Mylord, rispose il constable, sappiate che porte e grate vengono
chiuse ogni sera da chiavi che devo consegnare alla regina madre, la quale le
tiene nascoste sotto il guanciale sino alla mattina. Vi informo anche che la
guardia abituale del castello stata cambiata e sostituita da quattrocento uomini
delle truppe personali di lord Mortimer
Montagu vedeva crollare tutte le sue speranze.
Ma riprese Eland, conosco un passaggio segreto che dalla campagna
porta sino al castello. un sotterraneo che risale allepoca dei re sassoni e che
venne da essi scavato per sfuggire ai danesi quando questi ultimi saccheggiavano
tutto il paese. Di questo sotterraneo non conoscono lesistenza n la regina
Isabella, n Mortimer, n i loro uomini cui non avevo alcuna ragione di
mostrarlo; conduce nel cuore stesso del castello, nel keep27, e permette di
penetrarvi senza che nessuno se ne accorga.
Ma come faremo a trovarne lingresso in campagna?
Sar con voi, mylord!
Lord Montagu ebbe un nuovo e rapido incontro con il re e nella serata,
accompagnato dai fratelli Bohun, dagli altri congiurati e dal constable Eland,
mont a cavallo e lasci la citt, dichiarando a un numero sufficientemente alto di
persone che Nottingham gli sembrava poco sicura.
Questa partenza che assomigliava molto a una fuga venne subito riferita a
Mortimer.
Si sanno scoperti e si denunciano da soli. Domani li far catturare e tradurre
davanti al Parlamento. Andiamo, mia cara, avremo una notte tranquilla disse
alla regina Isabella.
Verso mezzanotte, sul lato opposto del keep, in una camera dalle pareti di
granito illuminate soltanto da una veilleuse, la signora Filippa chiedeva al suo
sposo perch non si coricava e se ne stava invece seduto sul letto, con un giaco
sotto la sua cotta di re e uno spadino al fianco.
Possono avvenire grandi cose, stanotte rispose Edoardo.
In apparenza Filippa rimase calma e placida, ma il cuore le batteva a grandi
colpi; ricordava ancora la loro conversazione di York.
Credete voglia venire ad assassinarvi?
Anche questo possibile.
Si ud, dalla stanza vicina, un rumore soffocato di voci, e Gualtiero di Mauny,

cui il re aveva affidato la sorveglianza della sua anticamera, buss discretamente


alla porta. Edoardo and ad aprire.
arrivato il constable, Mylord, disse, con tutti gli altri.
Edoardo and a porre un bacio sulla fronte di Filippa, che gli prese la mano,
la tenne stretta per un attimo, e sussurr:
Dio ti protegga!
Gualtiero di Mauny domand:
Devo seguirvi, mylord?
Chiudi bene le porte alle mie spalle e vigila sulla signora Filippa.
Nel cortile erboso del torrione, i congiurati si erano raccolti al chiaro di luna
intorno al pozzo: ombre armate di spade e di scuri.
I giovani aristocratici si erano avvolti ai piedi degli stracci, e il re, che non aveva
preso questa precauzione, era il solo a far risuonare i sui passi sulle lastre dei
lunghi corridoi. La processione era illuminata da ununica torcia.
Ai servitori distesi al suolo, che si sollevavano sonnecchianti, si mormorava:
Il re, ed essi restavano doverano, rannicchiandosi su s stessi, preoccupati per
questa passeggiata notturna dei signori in armi, ma poco desiderosi di saperne di
pi.
La rissa scoppi soltanto nellanticamera della regina Isabella, dove i sei uomini
collocati da Mortimer rifiutarono il passaggio, bench fosse il re a chiederlo. Fu
un combattimento assai breve, in cui il solo Giovanni Nevil venne ferito da un
colpo di picca che gli attravers il braccio; accerchiate e disarmate, le sentinelle si
addossarono alle pareti; il tutto era durato non pi di un minuto, ma al di l della
pesante porta si sent un grido sfuggito alla gola della regina madre, e un rumore
di sbarre, spinte presumibilmente contro la porta.
Uscite, Lord Mortimer! ordin Edoardo III; il vostro re che viene
ad arrestarvi.
Aveva detto queste parole con la voce chiara e forte che usava in battaglia,
quella stessa che la folla di York aveva udito il giorno del suo matrimonio.
Come sola risposta ud lo stridere di una spada estratta dal fodero.
Uscite, Mortimer! ripet il giovane re.
Attese ancora qualche istante, poi dimprovviso prese la scure dalle mani del
giovane lord pi vicino, lalz al disopra del capo e, con tutte le sue forze,
labbatt contro la porta.
Questo colpo di scure era laffermazione definitiva e per troppo tempo attesa
della sua autorit regale, la fine delle sue umiliazioni, la cassazione dei decreti
emanati contro il suo volere; era la liberazione del suo parlamento, la restituzione

dellonore ai Lord, la restaurazione della legalit nel suo regno. Assai pi che il
giorno dellincoronazione, il regno di Edoardo III incominciava ora, con quel
lucido ferro piantato nella quercia scura, e quel colpo, quel grande scricchiolio di
legni, la cui eco si ripercuoteva sotto le volte di Nottingham.
Altre dieci scuri colpirono la porta, e presto il pesante battente cedette.
Ruggero Mortimer era al centro della stanza; aveva fatto in tempo a indossare le
brache; indossava una camicia bianca aperta sul petto e teneva in mano la spada.
I suoi occhi color pietra brillavano sotto le folte sopracciglia, capelli brizzolati e
scarmigliati attorniavano il suo volto rude; era ancora assai forte quelluomo.
La regina Isabella gli stava accanto con il viso bagnato di lacrime; tremava dal
freddo e dalla paura; i suoi piedini nudi formavano due piccole macchie sul
pavimento. Si scorgeva, nella stanza accanto, un letto disfatto. Il primo sguardo del
giovane re fu per il ventre di Isabella, di cui la camicia da notte metteva in risalto
la rotondit. Mai avrebbe perdonato a Mortimer di aver ridotto sua madre, cos
bella e cos valorosa nellavversit, cos crudele nel trionfo, ma sempre cos regale,
a quella figura di femmina piangente cui si stava per sottrarre il maschio, e che si
torceva le mani gemendo:
Figlio mio, figlio mio diletto, vi scongiuro, risparmiate il caro Mortimer!
Si era posta fra il figlio e lamante.
Ha forse lui risparmiato il vostro onore? disse Edoardo.
Non fate male al suo corpo! esclam Isabella. un valoroso cavaliere
ed nostro amatissimo amico; ricordatevi, dovete a lui il vostro trono!
I congiurati esitavano. Ci sarebbe stata lotta? Si sarebbe dovuto uccidere
Mortimer sotto gli occhi della regina?
Si gi abbastanza ripagato per aver affrettato la mia ascesa al trono! Suvvia,
miei lord, impadronitevi di lui disse il giovane re allontanando la madre e
facendo segno ai compagni di avanzare.
Montagu, i Bohun, lord Molins e Giovanni Nevil, indifferente al sangue che
zampillava dal suo braccio, circondarono Mortimer. Due scuri si alzarono dietro
lui, tre lame si diressero verso i suoi fianchi, una mano si abbatt sul suo braccio
per indurlo a lasciare la spada. Lo si spinse verso la porta. Prima di varcarla,
Mortimer si volt.
Addio, Isabella, mia regina, esclam, ci siamo davvero amati!
Ed era vero. Il pi grande, il pi spettacolare, il pi devastante amore del
secolo, iniziato come unimpresa cavalleresca, e destinato a commuovere tutte le
corti dEuropa, compresa la Santa Sede, questa passione che aveva armato una
flotta, equipaggiato un esercito e si era consumata in un potere tirannico e

sanguinoso, si concludeva fra le scuri, nel riverbero di una fumosa torcia. Ruggero
Mortimer, ottavo barone di Wigmore, ex Gran Giudice dIrlanda, primo conte
della Marche, era condotto verso la prigione; e la sua regale amante, in camicia,
sabbatteva ai piedi del letto.
Prima dellalba venivano arrestati Bereford, Daverill, Wynyard e tutte le
principali creature di Mortimer, e si inizi la caccia al siniscalco Maltravers, a
Gournay e a Ogle, i tre assassini di Edoardo II che erano immediatamente fuggiti.
La mattina la folla si era raccolta nelle strade di Nottingham e urlava di gioia al
passaggio della scorta che portava via su una carretta, onta suprema per un
cavaliere, Mortimer incatenato. Collotorto, con lorecchio sulla spalla, si trovava in
prima fila e, bench i suoi occhi malati vedessero a stento il corteo, saltava dalla
gioia e gettava in aria il berretto.
Dove lo portano? chiedeva la gente.
Alla Torre di Londra.

III VERSO LE COMMON GALLOWS

corvi della Torre vivono fino a tardissima et, pi di centanni, si dice.

Lo stesso enorme uccellaccio, attento e sornione, che sette anni prima cercava
di beccare gli occhi del prigioniero attraverso le sbarre dello sfiatatoio, era
tornato ad appostarsi davanti alla cella.
Era per scherno che Mortimer era stato mandato nella stessa segreta di un
tempo? Nel luogo dove il padre lo aveva rinchiuso per diciassette mesi, toccava
ora al figlio tenerlo prigioniero. Mortimer pensava che doveva esserci nella sua
natura, nella sua persona, qualcosa che Io rendeva insopportabile allautorit regia,
o che gli rendeva intollerabile questa autorit. In ogni modo, un re e lui non
potevano coabitare nella stessa nazione, e uno dei due doveva necessariamente
sparire. E se era riuscito a sopprimere un re, un altro re avrebbe soppresso lui.
grande sventura nascere con lanimo di un monarca, quando non si destinati a
regnare.
Se invece lo avevano riportato i quel carcere per prudenza, perch sapevano
quali mezzi aveva a suo tempo utilizzato per uscirne, si trattava di una precauzione
davvero inutile: stavolta non aveva la minima voglia di evadere.
Ruggero Mortimer aveva limpressione di essere morto a Nottingham. Per
individui come lui, dominati dallorgoglio, e le cui ambizioni pi alte sono state
sia pure fuggevolmente soddisfatte, perdere il potere equivale a morire. Il vero
Mortimer era ormai, e per leternit, consegnato alle cronache dInghilterra. La
segreta della Torre conteneva soltanto il suo carnale e indifferente involucro.
Ma, cosa strana, questo involucro, aveva ritrovato antiche abitudini. Come chi
tornando, dopo ventanni dassenza, nella casa della sua infanzia, sente il
ginocchio premere istintivamente, per una sorta di memoria muscolare, sul
battente della porta che un tempo apriva a forza, o il piede saltare
meccanicamente il gradino logoro, nello stesso modo Mortimer aveva ritrovato i
gesti della precedente detenzione. Poteva, persino di notte, percorrere i pochi passi

dallo sfiatatoio al muro senza mai urtare; appena tornato, aveva riportato lo
sgabello al suo antico posto; riconosceva i rumori familiari, il cambio della
guardia, le campane della cappella di San Pietro che annunciavano gli Uffizi; e
questo senza il minimo sforzo di concentrazione. Sapeva a quale ora gli avrebbero
portato da mangiare. Il cibo era appena meno peggiore che allepoca dellignobile
Seagrave.
Poich il barbiere Ogle era stato allora lintermediario che aveva permesso a
Mortimer di organizzare la sua fuga, ora ci si rifiutava di mandargli qualcuno che
lo radesse. Germogliava cos sulle sue guance una barba di un mese.
Ma, a parte questo particolare, nulla era cambiato, nemmeno quel corvo che
Mortimer aveva un tempo soprannominato Edoardo, e che fingeva di dormire,
spalancando ogni tanto il suo occhio tondo prima di spingere il grosso becco
attraverso le sbarre.
Ah, s! Mancava qualcosa: i tristi monologhi del suo vecchio zio, lord Mortimer
di Chirk, sdraiato sul tavolaccio che gli serviva da giaciglio Adesso Ruggero
Mortimer capiva perch il vecchio si era rifiutato di accompagnarlo nellevasione.
Non per paura del rischio, n per debolezza del corpo; rimane sempre forza
sufficiente a iniziare un cammino, anche se si dovr cadere percorrendolo. Era
stata la sensazione di essere arrivato al termine della sua vita che aveva trattenuto il
vecchio lord di Chirk, e lo aveva indotto ad attendere di sua volont la fine su
quel tavolaccio.
Per Ruggero Mortimer, che aveva soltanto quarantacinque anni, la morte non
sarebbe venuta da sola. Provava un vago senso dangoscia quando guardava verso
il centro di Green, il luogo dove abitualmente veniva posto il ceppo. Ma ci si
abitua allimminenza della morte, con tutta una serie di pensieri che finiscono per
portare a una rassegnata malinconia. Mortimer si diceva che il corvo sornione
sarebbe sopravvissuto a lui e avrebbe schernito altri prigionieri. Anche i topi
sarebbero sopravvissuti, i grossi topi bagnati che lasciavano di notte le rive
fangose del Tamigi e correvano sulle pietre della fortezza, persino la pulce che lo
tormentava sotto la camicia sarebbe saltata sul boia il giorno della decapitazione e
avrebbe continuato a vivere. Ogni vita che scompare dal mondo lascia intatte le
altre. Niente pi banale del morire.
A volte pensava a sua moglie, lady Giovanna, senza nostalgia e senza rimorsi.
Laveva tenuta abbastanza lontana nellora della sua potenza per pensare che
qualcuno potesse prendersela con lei. Con ogni probabilit non le avrebbero
sequestrato i suoi beni personali. E i figli? S, certo i figli avrebbero dovuto subire
il peso degli od che lo avevano abbattuto, ma siccome era poco probabile che un

giorno diventassero uomini capaci e ambiziosi quanto lui, quale importanza aveva
che diventassero o meno conti della Marches? Il grande Mortimer era lui, o
meglio ci che lui era stato. Non provava rimpianti n per la moglie n per i figli.
E la regina? La regina Isabella sarebbe morta anche lei un giorno, e da
quellistante sarebbe scomparsa dalla terra lunica persona che aveva potuto
conoscerlo nella sua verit. Solo quando pensava a Isabella cessava di sentire
quello sprezzante distacco dallesistenza. Era morto a Nottingham, certo; ma il
ricordo di quei quattro anni di passione continuava a vivere, un po come i capelli
che si ostinano a crescere quando il cuore ha smesso di battere. Ecco cosa doveva
ancora tagliare il boia. Una volta separata la testa dal corpo, si sarebbe cancellato il
ricordo delle mani regali che si erano allacciate intorno al suo collo.
Come ogni mattina, Mortimer aveva chiesto la data. Era il ventinove novembre;
il Parlamento doveva dunque trovarsi riunito e il prigioniero si aspettava di essere
chiamato a comparire. Conosceva a sufficienza la vilt delle assemblee per esser
certo che nessuno avrebbe preso le sue difese, anzi. Lord e Comuni si sarebbero
fatta premura di vendicarsi del terrore che egli aveva loro per tanto tempo ispirato.
Il giudizio era gi stato pronunciato nella camera di Nottingham. Non lo si
sarebbe sottoposto a un atto di giustizia, ma solo a un necessario simulacro, a una
formalit, proprio come per le condanne da lui ordinate un tempo.
Un sovrano di ventanni impaziente di governare e i giovani lord impazienti di
poter contare sui favori del re avevano bisogno della sua scomparsa per essere
certi del proprio potere.
La mia morte per il piccolo Edoardo il complemento indispensabile della
sua consacrazione Eppure non faranno meglio di me, il popolo sotto il loro
governo non sar pi soddisfatto. Dove non sono riuscito io, chi mai potrebbe
riuscire?.
Quale atteggiamento assumere in quel simulacro di processo? Supplicare come
il conte di Kent? Confessare le proprie colpe, implorare, offrire di sottomettersi a
piedi nudi e con la corda al collo, confessandosi pentito dei suoi errori? Bisogna
avere una gran voglia di vivere per imporsi la commedia del pentimento! Non ho
commesso errori. Sono stato il pi forte, e lo sono rimasto fin quando altri, in
quel momento pi forti, non mi hanno abbattuto. Tutto qui!.
Linsulto, allora? Affrontare per unultima volta quel Parlamento di montoni e
urlare: Ho preso le armi contro il re Edoardo II. Miei signori, chi di voi che
oggi mi giudicate non mi ha allora seguito? Sono evaso dalla Torre di Londra.
Miei lord vescovi, chi di voi che oggi mi giudicate non ha fornito aiuti e denaro
per la mia libert? Ho salvato la regina Isabella dalla morte per mano dei

favoriti del suo sposo, ho arruolato truppe e armato una flotta che vi hanno
liberato dai Despenser, ho deposto il re che odiavate e fatto incoronare suo figlio
che oggi mi fa giudicare. Lord, conti, baroni e vescovi, e voi messeri dei Comuni,
chi di voi non mi ha chiesto di compiere tutto questo e non ha a tutto
acconsentito? Persino allamore che mi ha portato la regina! Potete solo
rimproverarmi di avere agito in vostra vece, e vi facile, oggi, dilaniarmi, per far
dimenticare con la morte di un solo uomo ci che fu opera di tutti.
Oppure il silenzio rifiutare di rispondere allinterrogatorio, rifiutare di
presentare una difesa, non prendersi inutilmente la briga di giustificarsi. Lasciare
urlare i cani che non si possono pi controllare con la frusta Ma quanto avevo
ragione imponendo loro un regime di terrore!.
Un rumore di passi lo distolse dai suoi pensieri. il momento, pens.
Si apr la porta e apparvero alcuni armigeri che si scostarono per lasciar passare
il conte di Norfolk, maresciallo dInghilterra, seguito dal lord Mayor e dagli
sceriffi di Londra, nonch da parecchi delegati dei Lord e dei Comuni. La cella
non poteva contenere tutta questa gente, che si ammassava nellangusto corridoio.
Mylord, disse il conte di Norfolk, per ordine del re vengo a darvi
lettura del giudizio pronunciato contro di voi ieri laltro dal Parlamento riunito.
I presenti rimasero sorpresi nel vedere Mortimer sorridere a questo annuncio.
Un sorriso calmo, sprezzante, che non si rivolgeva a loro ma a se stesso. Il
giudizio era gi stato pronunciato da due giorni, senza mandato di
comparizione, senza interrogatorio, senza difesa E lui, solo un attimo prima,
si preoccupava dellatteggiamento da assumere davanti agli accusatori.
Preoccupazione inutile! E dura lezione; avrebbe potuto, per i Despenser, per il
conte di Arundel e per il conte di Kent, rinunciare a qualsiasi formalit legale.
Il coroner della corte aveva iniziato la lettura della sentenza28.
Atteso che si dispose dal Parlamento riunito a Londra immediatamente dopo
lincoronazione del re nostro signore, che il Consiglio del re avrebbe compreso
cinque vescovi, due conti, e cinque baroni e che nulla sarebbe mai stato deciso
senza la loro approvazione e che se il detto Ruggero Mortimer, senza alcun
rispetto per la volont del Parlamento, si appropriato del governo e della
amministrazione del regno, assumendo e rimpiazzando a suo capriccio funzionari
della casa del re e del regno intero per fare posto ai suoi amici .
In piedi, appoggiato al muro e con una mano posata sulla sbarra dello
sfiatatoio, Ruggero Mortimer, contemplava il Green e sembrava appena interessato
dalla lettura.
Atteso che, essendo il padre del nostro re rinchiuso nel castello di

Kenilworth per decisione dei pari del regno, alfine di rimanervi e di essere trattato
secondo la sua dignit di principe, il detto Ruggero ordin di rifiutargli tutto ci
che egli avrebbe chiesto e lo fece trasferire nel castello di Berkeley dove in seguito,
per ordine del detto Ruggero, venne proditoriamente e ignominiosamente
assassinato.
Vattene, uccellaccio del malaugurio strill Mortimer con gran stupore di
tutti i presenti, poich il corvo sornione gli aveva sferrato una grande beccata
sul dorso della mano.
Atteso che, bench fosse proibito per decreto del re, sigillato con il suo
gran sigillo, penetrare in armi nella sala di deliberazione del parlamento riunito a
Salisbury, e questo sotto pena di fellonia, il detto Ruggero e la sua scorta armata
non di meno vi penetrarono, violando cos il decreto regale.
La lista delle accuse era interminabile. Si rimproverava a Mortimer la spedizione
militare contro il conte di Lancaster; le spie collocate presso il giovane sovrano
costretto cos ad agire pi da prigioniero che da re; la confisca a suo vantaggio,
quasi fossero doni, di numerose terre appartenenti alla corona; i soprusi, le
spoliazioni, e la messa al bando di numerosi baroni che si erano ribellati alla sua
tirannia; il complotto architettato per far credere al conte di Kent che il padre del
re era ancora vivo, il che indusse il detto conte a verificare i fatti con i mezzi pi
onesti e pi leali; lusurpazione dei poteri regi per condurre il conte di Kent
davanti al Parlamento e farlo mettere a morte; lo storno di somme destinate a
finanziare la guerra di Guascogna, nonch di trentamila marchi dargento versati
dagli scozzesi in applicazione del trattato di pace; e il sequestro del Tesoro regio a
vantaggio suo e di altri membri del Consiglio in guisa tale che il re non era pi in
grado di vivere secondo la sua posizione. Era infine accusato di aver acceso la
discordia tra il padre del re e la regina sua consorte, essendo cos responsabile
del fatto che la regina non torn mai dal suo signore per condividerne il letto,
con gran disonore del re e di tutto il regno , nonch di aver disonorato la regina,
mostrandosi accanto a lei come il suo amante notorio e confesso .
Mortimer, fissando gli occhi sul soffitto e accarezzandosi la barba, aveva ripreso
a sorridere; era tutta la sua storia quella che stavano leggendo e che, in quella
strana forma, sarebbe entrata per sempre negli archivi del regno.
per questo che il re ha incaricato i conti, i baroni, e gli altri, di pronunciare
un giusto giudizio contro Ruggero Mortimer; il che i membri del Parlamento,
dopo essersi concertati hanno fatto, dichiarando che tutte le accuse elencate, sono
fondate, notorie e conosciute da tutto il popolo, particolarmente il comma
riguardante la morte del re nel castello di Berkeley. Per questo stato da loro

deciso che il detto Ruggero, traditore e nemico del re e del regno, venga
trascinato sul graticcio e successivamente impiccato.
Mortimer ebbe un leggero sussulto. Niente ceppo, dunque. Nemmeno alla fine
sarebbero mancate le sorprese.
e anche che la sentenza sia senza appello, come quelle a suo tempo
pronunciate dal detto Mortimer nei processi contro i due Despenser e contro il
compianto lord Edmondo, conte di Kent e zio del re.
Il coroner aveva terminato e stava ravvolgendo i suoi fogli.
Il conte di Norfolk, fratello del conte di Kent, fissava Mortimer negli occhi. Che
motivo aveva costui, che era rimasto ben quieto per tutti gli ultimi mesi, per
riapparire con quellaria da vendicatore e da giustiziere? Fu quello sguardo che
fece venire a Mortimer il desiderio di parlare oh! non a lungo! Soltanto per dire
al conte maresciallo e, attraverso questo personaggio, al re, ai consiglieri, ai Lord,
ai Comuni, al clero e al popolo, a tutti insomma coloro che erano stati un tempo
a lui sottomessi:
Quando apparir nel regno dInghilterra un uomo capace di fare tutte le
cose che voi avete enumerato, ancora vi assoggetterete a lui nello stesso modo.
Ma non credo che nasca tanto presto Ora venuto il momento di farla finita.
Mi portate via subito?
Sembrava che desse ancora degli ordini e intendesse comandare la propria
esecuzione.
S, mylord, disse il conte di Norfolk, subito. Vi portiamo alle
Common Gallows.
Le Common Gallows, il patibolo dei ladri, dei banditi, dei falsari, dei ruffiani, il
patibolo della malavita.
E va bene, andiamo! disse Mortimer.
Ma prima dovete essere spogliato, per il graticcio
Benissimo, spogliatemi Gli tolsero tutti gli abiti lasciandogli soltanto un
pezzo di tela intorno alle reni. Usc cos, nudo fra quella scorta ben coperta,
sotto la gelida pioggerellina di novembre. Il suo alto corpo muscoloso
costituiva una macchia chiara fra tutti gli abiti scuri ed i vestiti di ferro delle
guardie.
Il graticcio era nel Green, fatto di ruvidi panconcelli posati su due pattini, e
legati ai finimenti di due cavalli da tiro.
Mortimer conserv il suo sorriso sprezzante anche alla vista di questa specie di
cocchio. Quante cure, quanti sforzi per umiliarlo! Si sdrai senza aiuto sul
graticcio, dove gli legarono i polsi e le caviglie; poi il cavallo si mise in cammino

e il graticcio incominci a scivolare, prima morbidamente sullerba del Green, poi


raschiando il selciato e le pietre della strada.
Lo seguivano il maresciallo dInghilterra, il Lord Mayor, gli sceriffi, i
rappresentanti del Parlamento e il constable della Torre, apriva la strada e
proteggeva il corteo una scorta di soldati armati di picche. Uscirono dalla fortezza
per la Traitors Gate, dove si era raccolta una folla incuriosita, tumultuante e
crudele, che continu ad aumentare lungo tutto il percorso.
Quando per tutta la vita si sono guardati gli uomini dallalto di un cavallo o di
uno scranno di barone, fa una strana impressione vederli allimprovviso dal livello
del suolo, con i menti sussultanti, le bocche contorte a forza di urla, le narici
dilatate. Gli uomini assumono davvero un brutto aspetto quando li si vede cosi, e
anche le donne: visi grotteschi e cattivi, orribili ceffi da fogna sui quali non si
colpito abbastanza quando si stava in piedi! E senza quella pioggerellina che gli
cadeva negli occhi, Mortimer, scosso e sballottato sul graticcio, avrebbe potuto
ancor meglio scorgere quelle espressioni di odio.
Qualcosa di molle e di viscido lo colp alla guancia e gli col lungo la barba;
Mortimer cap che si trattava di uno sputo. E poi un dolore acuto, straziante gli
attravers tutto il corpo. Una mano vile aveva gettato un sasso sul suo basso
ventre. Senza i picchieri, la folla, inebriata dalle proprie urla, lo avrebbe dilaniato
sul posto.
Veniva avanti cos sotto una volta sonora di insulti e di maledizioni, luomo che
sei anni prima era stato fatto segno a unanimi acclamazioni su tutte le strade
dInghilterra. Le folle hanno due volti, uno per lodio, laltro per la gioia; ed un
gran mistero che tante gole urlando insieme possano produrre due rumori tanto
diversi.
Poi dun tratto cal il silenzio. Che fossero gi arrivati al patibolo? Ma no;
erano entrati a Westminster e il graticcio veniva fatto passare sotto le finestre alle
quali si affollavano i membri del Parlamento. Ed essi tacevano, vedendo sul
selciato, trascinato come un albero, colui che per tanti mesi aveva imposto ad essi
la sua volont. Le istituzioni dInghilterra avevano finito per vincere.
Mortimer, con gli occhi pieni di pioggia, cercava uno sguardo; sperava che per
una suprema crudelt non avrebbero obbligato la regina Isabella a contemplare il
suo supplizio; e di fatto non la scorse.
Poi il corteo si diresse verso Tyburn 29. Arrivato alle Common Gallows, il
condannato venne slegato e rapidamente confessato. Per unultima volta Mortimer
domin la folla dallalto della forca. Soffr poco, perch la corda del carnefice,
rialzata di scatto, gli spezz le vertebre.

Quel giorno la regina Isabella si trovava a Windsor, dove lentamente si


rimetteva dallaver contemporaneamente perduto lamante e il bimbo che da lui
attendeva.
Re Edoardo fece sapere a sua madre che avrebbe trascorso con lei le feste di
Natale.

IV UNA BRUTTA GIORNATA

alle finestre di casa Bonnefille, Beatrice dHirson guardava la pioggia

che cadeva sulla via Mauconseil. Da parecchie ore attendeva Roberto dArtois che
aveva promesso di venirla a trovare quel pomeriggio. Ma Roberto non manteneva
mai le sue promesse, n le piccole n le grandi, e Beatrice si considerava molto
stupida a credergli ancora.
Per una donna che attende, un uomo ha tutti i torti. Roberto, del resto, non le
aveva anche promesso, e da quasi un anno, di nominarla dama di compagnia nel
suo palazzo? In fondo, non era diverso da sua zia: tutti gli Artois si
assomigliavano. Degli ingrati! Ci si ammazzava a esaudire i loro desideri; si
correva dalle erbaiole e dagli indovini; si uccideva per favorire i loro interessi; si
rischiava la forca o il rogo Perch se avessero sorpreso Beatrice nellatto di
versare larsenico nella tisana della signora Mahaut o il sale di mercurio nel
boccale di Giovanna la Vedova non sarebbe certo stato il monsignor Roberto ad
essere arrestato. Questa donna, avrebbe detto, non la conosco! Sostiene di aver
agito dietro mio ordine? Bugia. Faceva parte della corte di mia zia, non della mia.
Dice queste cose per salvarsi. Fatela dunque arrotare. Fra la parola di un principe
di Francia, cognato del re, e quella di unoscura nipote di vescovo, la cui famiglia
non era neppure pi in auge, chi mai avrebbe esitato?
E perch ho fatto tutto questo? pensava Beatrice. Per attendere. Per
attendere, confinata nella mia casa, che monsignor Roberto si degni di venirmi a
trovare una volta la settimana! Aveva detto che sarebbe venuto dopo i Vespri; e
adesso gi suonata la benedizione. Probabilmente sar ancora andato a far
baldoria, a cena con qualche barone, a parlare delle sue grandi imprese, degli
affari del regno, del suo processo, ad accarezzare le reni di tutte le cameriere.
Persino la Divion adesso mangia alla sua tavola, lo so di certo! E io devo
starmene qui a guardare la pioggia. Finir per arrivare a notte fonda, gonfio di
cibo, scosso dai rutti e con le guance in fiamme; mi dir quattro sciocchezze,

sabbatter sul letto per dormirvi unora, e ripartir. Ammesso che venga.
Beatrice si annoiava ancor pi che a Conflans negli ultimi mesi di Mahaut. I
suoi amori con Roberto erano praticamente finiti. Aveva creduto di poter domare
il gigante, ma era stato lui a vincere. La passione, contrastata e umiliata, si
tramutava in sordo rancore. Attendere, sempre attendere! E nemmeno poter uscire,
girare per le taverne con unamica alla ricerca di qualche avventura: Roberto
poteva pur sempre arrivare da un momento allaltro. E per di pi la faceva
sorvegliare!
Capiva benissimo che egli si stava staccando da lei e che veniva a trovarla solo
per dovere, considerandola una complice che bisognava trattare bene. A volte
passavano due settimane intere senza che egli le testimoniasse il minimo desiderio.
Ma non vincerai sempre monsignor Roberto! si diceva lei. E, segretamente,
incominciava ad odiarlo, non riuscendo a possederlo abbastanza.
Aveva provato le migliori ricette di filtri damore: Spillate un poco del vostro
sangue, un venerd di primavera; mettetelo a disseccare in forno in un vasetto, con
due testicoli di lepre e un fegato di colomba; riducete il tutto in polvere sottile e
fatelo inghiottire alla persona sulla quale avete dei progetti; se leffetto non si
verificher la prima volta, ritenterete sino a tre volte.
Oppure anche: Andrete un venerd mattina, prima dellalba, in un frutteto,
raccoglierete su un albero la pi bella mela che vi sar possibile, poi scriverete col
vostro sangue su un pezzettino di carta bianca il vostro nome e cognome, e nella
riga successiva il nome e cognome della persona da cui volete essere amato; e
cercherete di avere tre suoi capelli che con tre dei vostri vi serviranno a legare il
bigliettino che avete scritto col vostro sangue; poi spaccherete la mela in due, ne
toglierete i semi e, al loro posto, metterete il biglietto da voi legato con i capelli; e
con due piccoli fuscelli appuntiti tratti da un ramo di un mirto verde unirete
perfettamente le due unit della mela e la farete disseccare in forno in guisa che
essa divenga dura e perda ogni umidit, come le mele secche della quaresima;
lavvolgerete poi in foglie dalloro e di mirto e cercherete di metterla sotto il
capezzale dove dorme la persona amata, senza che questa se ne accorga; e in
poco tempo vi dar prova del suo amore.
Impresa vana: le mele del venerd rimanevano inoperanti. La stregoneria, nella
quale Beatrice si riteneva infallibile, non aveva alcuna presa sul conte dArtois.
Eppure non era il diavolo, nonostante quello che lei gli aveva detto per
conquistarlo.
Aveva sperato di rimanere incinta. Roberto sembrava voler bene ai suoi figli;
per orgoglio forse, ma li amava davvero. Erano le sole creature di cui parlasse con

un po di tenerezza. Per cui, se gli fosse nato un piccolo bastardo E poi,


sarebbe stato un bel colpo per Beatrice poter mostrare il proprio ventre e dire:
Aspetto un bambino da monsignor Roberto. Ma, o che in passato avesse
eccessivamente forzato la natura o che il Maligno lavesse creata tale da non poter
generare, anche questa speranza era stata delusa. E a Beatrice dHirson, ex
damigella di compagnia della contessa Mahaut, non rimanevano che lattesa, la
pioggia e i sogni di vendetta.
Roberto dArtois arriv effettivamente a notte fonda, con aria preoccupata e
grattandosi con il pollice la punta della barba. Guard appena Beatrice, che si era
preoccupata di indossare un abito nuovo, e si vers un bicchiere colmo di
hypocras30.
tiepido disse con una smorfia lasciandosi cadere su una sedia che
emise un grande scricchiolio.
Come poteva non essere tiepido? La brocca era pronta da quattro ore!
Speravo di vedervi arrivare prima, monsignore.
Eh s! ma ho avuto gravi incombenze che me lo hanno impedito.
Come ieri e come ier laltro!
Cerca poi di capire che non posso farmi vedere in pieno giorno entrare in
casa tua, soprattutto in un momento come questo in cui devo essere ancora pi
prudente.
Che bella scusa! Non dirmi allora che verrai di giorno se intendi arrivare
solo di notte. Ma, gi, la notte dedicata alla contessa, tua sposa
Egli alz le spalle con aria seccata.
Lo sai bene che non la tocco pi.
Tutti i mariti dicono cos alla loro amichetta, i grandi del regno come
lultimo dei ciabattini, e tutti mentono nello stesso modo. Vorrei vedere se la
signora di Beaumont ti tratterebbe Cos bene e si mostrerebbe cos gentile con
te se non entrassi mai nel suo letto Di giorno, poi, Monsignore al
Consiglio ristretto, quasi a credere che il re tenga consiglio dallo spuntar
dellalba sino al tramonto! Oppure Monsignore a caccia, oppure Monsignore
andato a un torneo, oppure Monsignore a Conches per una visita alle sue
terre
Lasciami in pace! strill Roberto facendo pesantemente cadere una mano
sulla tavola. Ho altro per la testa che ascoltare le bubbole di una femmina.
Oggi ho presentato la mia richiesta alla Camera del re!
Era infatti il 14 dicembre, giorno fissato da Filippo VI per aprire il processo
dArtois. Beatrice lo sapeva, Roberto glielo aveva detto ma, tormentata dalla

gelosia, se ne era completamente dimenticata.


Ed andato tutto secondo i tuoi desideri?
Non proprio rispose Roberto in tono piuttosto cupo.
Ho mostrato le lettere di mio nonno e qualcuno ha messo in dubbio la loro
autenticit.
Perch, tu le credevi autentiche? disse Beatrice con un sorriso maligno.
E chi le ha contestate?
La duchessa di Borgogna che si fatta consegnare i documenti per
esaminarli.
Ah! la duchessa di Borgogna a Parigi
Le lunghe ciglia nere si rialzarono, e per un attimo lo sguardo di Beatrice brill
di un lampo improvviso, ben presto celato. Roberto, assorto nelle sue
preoccupazioni, non se ne accorse.
Battendo i pugni luno contro laltro e contraendo i muscoli delle mascelle,
stava dicendo:
venuta appositamente con il duca. Mahaut dovr dunque nuocermi anche
attraverso le sue discendenti? Quale sangue corrotto scorre in quella famiglia!
Tutte le femmine di Borgogna sono puttane, ladre e bugiarde! Ha solo
ventiquattro anni la duchessina che hanno dato in moglie a quel babbeo di
Eudes che potrebbe quasi essere suo nonno. Ma gi una sgualdrina come
tutte le sue parenti. Hanno la Borgogna; che se ne fanno dunque della contea
che mi hanno derubato? Ma vincer io. Sollever lArtois, se necessario, come
ho gi fatto contro Filippo il Lungo, il padre di questa brutta scimmia. E
questa volta non marcer su Arras, ma sulla Borgogna, con la lancia in
pugno
Parlava, ma senza entusiasmo. Era una collera a freddo, senza grandi urla, senza
passi da far tremare i muri, senza tutta la commedia del furore che egli sapeva
abilmente simulare. Per quale pubblico avrebbe dovuto darsi tanta pena?
Labitudine in amore smussa ogni sentimento. Si fanno sforzi solo quando la
cosa costituisce una novit, e si teme solo ci che non si conosce. Nessuno fatto
soltanto di forza e il timore scompare man mano che il mistero si dilegua. Ogni
volta che ci si mostra nudi, si perde un poco del proprio potere. Beatrice aveva
smesso di temere Roberto.
Aveva dimenticato di temerlo perch lo aveva visto troppe volte dormire, e si
permetteva nei confronti di quel gigante ci che nessun altro avrebbe osato.
E analogo era latteggiamento di Roberto nei confronti di Beatrice, divenuta
unamante esigente, gelosa, piena di rimproveri, come qualsiasi donna quando

una relazione segreta si prolunga per troppo tempo. I suoi talenti di strega
avevano cessato di divertirlo. Le sue pratiche di magia e di satanismo erano
diventate una abitudine. Egli diffidava di Beatrice, ma solo per un atavico
pregiudizio, perch tutti sono categoricamente persuasi che le donne siano
bugiarde e infide. E poich lei gli mendicava il piacere, non pensava pi di
doverla temere, dimenticando che gli si era gettata fra le braccia solo per il gusto
di tradire. Persino il ricordo dei loro due delitti aveva perduto importanza, e si
dissolveva nella polvere dei giorni, mentre le loro vittime si decomponevano sotto
terra.
Viveva quel periodo particolarmente pericoloso in cui non si crede pi al
pericolo. Gli amanti dovrebbero sapere che, nel momento in cui cesseranno di
amarsi, torneranno ad essere quali erano prima di cominciare. Le armi non
vengono mai distrutte, ma solo messe in disparte.
Beatrice osservava in silenzio Roberto che, ben lungi da lei, architettava nuove
macchinazioni per vincere il processo. Ma quando per ventanni si fatto di tutto,
si sono riesumate leggi e consuetudini, si ricorso a false testimonianze, a
documenti contraffatti, persino a delitti, e si ha il re per cognato, e ancora non si
raggiunge la vittoria, non si ha forse, in certi momenti, ragione di disperare?
Mutando atteggiamento, Beatrice venne ad inginocchiarsi davanti a lui,
improvvisamente leziosa, tenera e sottomessa, come se volesse nello stesso tempo
consolarlo e rannicchiarglisi contro.
Quando dunque il mio caro signor Roberto mi accoglier nel suo palazzo?
Quando manterr la promessa di nominarmi dama di compagnia della sua
sposa? Pensa come sarebbe bello! Ti sarei sempre accanto, potresti chiamarmi a
tuo piacere sarei l per servirti e vigilare su di te meglio di chiunque altro.
Quando dunque?
Egli non cap tutto ci che era in gioco nella sua risposta.
Quando avr vinto il processo disse come tutte le volte che ella tornava
sullargomento.
Come questo processo si sta mettendo, rischio che mi vengano prima i
capelli bianchi.
Quando ci sar la sentenza, se preferisci. Te lho promesso, e Roberto
dArtois ha soltanto una parola. Abbi pazienza, diavolo!
Rimpiangeva di aver dovuto un tempo farle balenare questa prospettiva che ora
era ben deciso a non concretare. Beatrice nel suo palazzo? Quale guaio! Quale
seccatura, e quale fonte di noie!
Ella si alz e and a tendere le mani al fuoco di torba che bruciava nel

caminetto.
Pazienza ne ho gi avuta abbastanza, credo disse senza alzare la voce.
Prima doveva essere dopo la morte della signora Mahaut, poi dopo la morte
della signora Giovanna la Vedova. E sono morte tutte e due, mi pare, anzi fra
poco si canter in chiesa la messa celebrativa del loro anniversario. Ma tu non
vuoi che entri nel tuo palazzo. Una qualunque puttana come la Divion, che
stata lamante di mio zio vescovo, e che ti ha fabbricato documenti talmente
buoni che persino un cieco si accorgerebbe che sono falsi, lei s che ha il diritto
di mangiare alla tua tavola e di pavoneggiarsi alla tua corte
Lascia stare la Divion. Sai bene che tengo con me quella stupida bugiarda
solo per prudenza.
Beatrice sorrise. La prudenza! Con la Divion, per il solo fatto che aveva fatto
cuocere qualche sigillo, bisognava essere prudenti. Ma di lei, di Beatrice che aveva
spedito allaltro mondo due principesse, non si aveva paura, e si poteva benissimo
trattarla con ingratitudine.
Su, non ti lamentare disse Roberto, tu hai il meglio di me. Se stessi in
casa mia potrei certo vederti meno e con minor libert
Era ben pieno di s, monsignor Roberto, e parlava della sua presenza come di
un sublime regalo che egli si degnava di elargire!
Allora, se possiedo il meglio di te, perch tardi tanto a darmelo? replic
Beatrice con la sua voce strascicata. Il letto pronto.
E additava la porta che dava sulla camera.
No, amica mia; devo tornare subito a Palazzo, e incontrarmi col re in
segreto per controbattere la manovra della duchessa di Borgogna.
Gi, certo, la duchessa di Borgogna ripet Beatrice, scuotendo il capo
con aria complice. Allora per domani che devo attendermi il meglio?
Ahim, no, domani devo partire per Conches e Beaumont.
E ci resterai?
Pochissimo. Due settimane.
Dunque non sarai qui per la festa dellanno nuovo? domand lei.
No, bella mia; ma ti far dono di un bel fermaglio di pietre preziose per
decorare il tuo petto.
Lo indosser dunque per abbagliare i miei servitori; le sole persone che io
veda.
Roberto avrebbe dovuto essere meno fiducioso. Ci sono giorni particolarmente
funesti. Quel 14 dicembre, durante ludienza, i suoi documenti erano stati
contestati con tanta fermezza dal duca e dalla duchessa di Borgogna che Filippo

VI aveva aggrottato le sopracciglia sopra il suo grosso naso e fissato il cognato


con inquietudine. Sarebbe stato consigliabile stare pi attenti, non offendere
proprio quel giorno una donna come Beatrice, non lasciarla, per due settimane,
insoddisfatta nel cuore e nel corpo. Ma gi si era alzato.
La Divion far parte del tuo seguito?
Eh s! Cos ha deciso la mia sposa.
Una vampata di odio sollev il bel petto di Beatrice, e le sue ciglia crearono
unombra rotonda sulle gote.
E allora, monsignor Roberto, vi attender come una serva, innamorata e
fedele dichiar con il migliore dei suoi sorrisi.
Roberto sfior con un bacio meccanico la guancia di Beatrice. Poi le pos la
grossa mano sulle reni, ve la tenne un attimo, e il suo gesto si concluse in un
piccolo scappellotto indifferente. No, decisamente non la desiderava pi; ed era
proprio questa, per lei, loffesa peggiore.

V CONCHES

inverno quellanno fu relativamente mite.

Prima dellalba, Lormet le Dolois veniva a scuotere il guanciale di Roberto, il


quale emetteva qualche grande sbadiglio da belva, si inumidiva un poco il volto
nel catino che gli presentava Gillet di Nelle e indossava frettolosamente i suoi abiti
da caccia tutti di cuoio e foderati di pelliccia, i soli che fa veramente piacere
portare. Poi andava a sentire una messa bassa in cappella; il cappellano aveva
ordine di affrettare il pi possibile la cerimonia, riassumendo in pochi minuti
Epistola, Vangelo e Comunione. Roberto batteva i piedi se il frate si dilungava
troppo nella preghiera, e senza neppure lasciargli il tempo di rimettere a posto il
ciborio, si precipitava oltre la porta.
Inghiottiva una tazza di brodo bollente, due ali di cappone oppure un pezzo di
maiale, con un bel boccale di vino bianco di Meursault che sgranchisce le
membra, scende come oro nel petto e risveglia gli umori assopiti dalla notte.
Tutto questo in piedi. Ah! se la Borgogna avesse prodotto soltanto vini, anzich
avere anche i suoi duchi! Mangiare la mattina giova molto alla salute, diceva
Roberto, e continuava a sgranocchiare anche mentre saliva a cavallo. Con il
coltellaccio alla cintola, il corno a tracolla e i berretto di lupo calcato sulle
orecchie, era ormai in sella.
La muta dei cani, tenuta sotto la frusta, abbaiava a piena gola; i cavalli
scalpitavano, con la groppa sferzata dal freddo del primo mattino. Sulla cima del
torrione sventolava la bandiera, perch il signore soggiornava al castello.
Sabbassava il ponte levatoio, e cani, cavalli, valletti e cacciatori, con grande
baccano, rotolavano verso lo stagno al centro del villaggio, e si spingevano in
campagna al seguito del gigantesco barone.
I prati della zona di Ouche, nelle mattine dinverno, sono coperti da una sottile
bruma bianca che odora di corteccia e di fumo. A Roberto dArtois, Conches
piaceva proprio! Era soltanto un piccolo castello, certo, ma molto gradevole e

circondato da tante belle foreste.


Un pallido sole incominciava a dissipare la bruma nel momento stesso in cui si
arrivava al luogo dappuntamento, dove i battitori, dopo aver percorso il bosco di
buonora e notato orme e volcelest, avevano indicato le brises31.
I boschi di Conches traboccavano di cervi e di cinghiali. I cani erano bene
addestrati. Se si riusciva a impedire al cinghiale di fermarsi per pisciare, lo si
poteva prendere in non pi di unora. I grandi maestosi cervi facevano perdere
un po pi tempo, trascinando i loro inseguitori in enormi macchie dove la
terra si sollevava in zolle sotto i piedi dei cavalli, ma finivano per farsi abbaiare
contro, stanchi, ansimanti, con la lingua penzoloni sotto le pesanti corna, in
qualche stagno o palude.
Il conte Roberto andava a caccia almeno quattro volte la settimana. Le sue non
assomigliavano ai grandi laisser-courre32 regi dove si affollavano seicento signori,
dove non si vedeva nulla, e dove, per timore di perdere la compagnia, si seguiva
pi il re che la selvaggina. Qui Roberto si divertiva veramente, con i suoi battitori,
qualche vassallo dei dintorni, fierissimo di essere stato invitato, e i suoi due figli
che egli incominciava ad addestrare nellarte venatoria che ogni buon cavaliere ha
il dovere di conoscere. Era contento dei suoi rampolli, uno di dieci anni e laltro
di nove, vedendoli crescere robusti e sorvegliandone gli esercizi con le armi e alla
quintana. Davvero fortunati quei ragazzi! Roberto il padre lo aveva perduto troppo
presto
Una volta che lanimale veniva ridotto allhallali33, era lui stesso a finirlo, usando
il coltellaccio per il cervo e lo spiedo per il cinghiale. Era abilissimo in questa
operazione, e gli piaceva sentire come il ferro, conficcato nel punto giusto,
penetrava rapidamente nella tenera carne dellanimale. Cacciatore e selvaggina
fumavano entrambi di sudore; ma lanimale crollava, fulminato, e luomo rimaneva
in piedi.
Durante il ritorno, mentre si discuteva sulle diverse fasi della caccia, i villani dei
borghi, vestiti di cenci e con le gambe avvolte in brandelli di tela, sbucavano dalle
loro casupole per precipitarsi a baciare gli speroni del signore in un atteggiamento
assieme estatico e timoroso; una buona abitudine che in citt si andava perdendo.
Al castello, appena arrivava il padrone, si suonava il corno per il pasto di
mezzogiorno. Nel salone, coperto di arazzi con gli emblemi di Francia, di Artois,
di Valois e di Costantinopoli, perch la signora di Beaumont era una Courtenay
da parte di madre, Roberto si metteva a tavola con enorme appetito e masticava
per tre ore di fila, pur continuando a stuzzicare i suoi commensali; mandava poi a
chiamare il suo capocuoco, con il cucchiaio di cuoio infilato nella cintura, per

fargli le sue congratulazioni se il cosciotto di cinghiale era ben marinato e succoso


al punto giusto, o minacciargli la forca se la salsa pepata, che serviva a condire il
cervo arrostito allo spiedo, non era montata a sufficienza.
Poi si concedeva una breve siesta, prima di tornare nel salone per ascoltare
bargelli ed esattori, farsi dare i conti, sistemare gli affari del feudo e rendere
giustizia. Gli piaceva molto rendere giustizia, leggere negli occhi dei querelanti
invidia, timore, inganno, malizia, astuzia, menzogna, vedere insomma in questa
gentucola se stesso su scala minore.
Lo divertivano soprattutto le storie di donne leggere e di mariti ingannati.
Fate entrare il cornuto! ordinava tutto impettito sul suo trono di quercia.
E incominciava a porre le domande pi indiscrete, mentre i cancellieri
scoppiavano a ridere dietro le penne, e i querelanti arrossivano di vergogna.
Roberto aveva una deplorevole tendenza, rimproveratagli dai suoi bargelli, a
infliggere pene leggere ai ladri, ai mariuoli, ai bari, ai subornatori, ai grassatori, ai
ruffiani e ai bruti, ben inteso, quando il crimine non era stato commesso a suo
danno. Una segreta complicit lo legava intimamente a tutti i malviventi della terra.
Resa giustizia, e giunto quasi al termine della sua giornata, Roberto scendeva
nella sala da bagno, installata in una camera bassa del torrione, si immergeva in
una tinozza di acqua calda profumata di erbe e aromi che toglievano la stanchezza
dalle membra, e si faceva asciugare e strigliare come un cavallo, e pettinare, radere
e arricciare. Poi, per unora, emanava un odore pi o meno umano.
Intanto scudieri, coppieri e servitori avevano di nuovo montato sui cavalletti le
tavole per la cena, dove Roberto appariva in un abbondante abito signorile di
velluto vermiglio ricamato con gigli doro e castelli dellArtois, e foderato di una
pelliccia che gli arrivava sino ai calzari.
La signora di Beaumont indossava invece un abito di camocas violetto, foderato
di vaio, ricamato con degli J e degli R intrecciati (iniziali di Jeanne, cio
Giovanna, e Roberto), e tempestato di trifogli dargento34.
Il pasto era meno pesante di quello di mezzogiorno: minestra di verdura o di
latte, un pavone o un cigno arrostito con contorno di piccioncini, formaggi freschi
e fermentati, torte e cialde zuccherate che aiutavano a mandar gi i vini vecchi
versati da brocche a forma di leone o di uccello.
Si serviva alla francese, vale a dire una scodella ogni due persone, e ogni uomo
mangiava nello stesso piatto di una donna, eccetto il padrone di casa. Roberto
disponeva dunque di un piatto tutto per s, e lo vuotava con il cucchiaio, con il
coltello e con le dita, asciugandosi come tutti alla tovaglia. Gli uccelli pi piccoli li
divorava masticando carne e ossa insieme.

Verso la fine della cena, si pregava il menestrello Watriquet di Couvin di andare


a prendere la sua arpa e di recitare un racconto da lui composto. Messer Watriquet
era dello Hainaut; conosceva bene il conte Guglielmo e la contessa, sorella della
signora di Beaumont, avendo esordito alla loro corte. E aveva fatto carriera
passando da un Valois allaltro, tutti pronti a contenderselo offrendogli
emolumenti sempre pi alti35.
Watriquet, il lai36 delle comari di Parigi! ordinava Roberto con la bocca
ancora impastata di grasso.
Era il suo racconto preferito, e bench Io conoscesse quasi a memoria voleva
sempre ascoltarlo, simile in questo ai bambini che esigono ogni sera la stessa
storia badando bene a che nulla ne venga omesso. Chi in quel momento avrebbe
potuto crederlo capace di falsificazioni e di delitti?
Il lai delle comari di Parigi raccontava lavventura di due borghesi, Margue e
Marion, moglie e nipote di Adamo di Gonesse, che, andando dal trippaio la
mattina dellEpifania, incontrano per loro sventura una vicina, Tifaigne la
parrucchiera, e si lasciano da lei condurre in una locanda dove loste, a quanto si
dice, fa credito.
Ed ecco le comari a tavola nella taverna delle Mazze, il cui tenutario Drouin
serve loro eccellenti cose: vino chiaretto, unoca farcita, una scodella piena daglio
e frittelle calde.
A questo punto Roberto dArtois incominciava a ridere in anticipo. E Watriquet
proseguiva:
Allora Margue incominci a sudare
E a bere a grandi sorsate.
In poche ore nella sua gola
Scesero ben tre boccali.
Diamine per San Giorgio
Disse Maroclippe la sua comare,
Questo vino mi fa la bocca amara;
Voglio bere della grenache,
Dovessi anche vender la vacca
Per averne in mano un boccale.
Seduto accanto al grande caminetto dove bruciava un intero albero, Roberto
dArtois, rovesciato allindietro, era esploso in una grossa risata di petto.
Perch in quel racconto rivedeva tutta la sua giovinezza trascorsa nelle taverne,
nei bordelli, e in altri ritrovi di malviventi. Quante ne aveva conosciute di queste

buontempone, pronte a mangiare e ad ubriacarsi con entusiasmo senza che i


mariti ne sapessero nulla!
A mezzanotte, proseguiva Watriquet, Margue, Marion e la parrucchiera, dopo
aver assaggiato tutti i vini dallArtois al Saint-Mlion, ed essersi fatte portare cialde,
frittelle, mandorle sbucciate, pere, spezie e noci, erano ancora nella locanda.
Margue allora lancia la proposta di andare a ballare fuori. Il taverniere esige, per
lasciarle uscire, che diano in pegno i loro abiti; al che esse acconsentono
volentieri, ubriache come sono; e in un battibaleno si liberano dei vestiti, dei
pellicciotti, delle gonnelle, delle camicie, delle borse e delle cinture.
Nude come il giorno della loro nascita, eccole tuffarsi nella notte di gennaio,
cantando a squarciagola: Amore al ritornello me ne vado, vacillando,
inciampando, tenendosi ai muri, appoggiandosi luna allaltra, per crollare infine,
ubriache fradice, su un cumulo di spazzatura.
Spunta lalba e si aprono le porte. Ed ecco che vengono scoperte tutte sporche
e sanguinolente che si muovono non pi di merde alla mia vista. Mandano a
chiamare i mariti che credendole assassinate, le portano al cimitero degli Innocenti
e le gettano nella fossa comune.

Una sullaltra, tutte vive;


E gli fuggiva dalle gengive
Il vino e da tutti i buchi.
Si destano dal sonno solo la notte successiva in quello stesso carnaio, sono
coperte di terra, ma ancora sbronze, e nel cimitero buio e gelido ricominciano a
strillare:

Drouin, Drouin dove sei andato?


Portaci tre arringhe salate
E un boccale del vino pi forte
Per darci alle teste conforto;
E chiudi poi quella grande finestra!.
A questo punto monsignor Roberto emetteva addirittura un ruggito. Il
menestrello Watriquet faceva fatica a finire il racconto, perch per parecchi minuti
lintera sala traboccava delle risa del gigante. Gli lacrimavano gli occhi, si batteva
dei gran colpi sulle costole. E dieci volte ripeteva: E chiudi poi quella grande

finestra! La sua allegria era talmente contagiosa che tutti i suoi familiari si
torcevano dal ridere con lui.
Ah! Come sono divertenti! Tutte nude con le chiappe al vento E chiudi poi
quella grande finestra!.
E ricominciava a ridere.
In fondo era una bella vita quella che si conduceva a Conches, e non era forse
questa la felicit? La signora di Beaumont era una buona moglie, la contea di
Beaumont una buona piccola contea, e che importanza aveva che appartenesse
alla corona finch le rendite gli venivano versate? E lArtois? era davvero tanto
importante lArtois, in fondo, meritava tante preoccupazioni, tante lotte, tante
fatiche? La terra dove un giorno verr sepolto, sia quella di Conches o quella
di Hesdin.
Sono ragionamenti che si fanno quando si superata la quarantina, quando
uniniziativa che si presa non si risolve secondo i nostri desideri, e si hanno a
disposizione due settimane di riposo. Ma si sa bene, in fondo, che non ci si
appagher di questa momentanea saggezza Domani, comunque, Roberto
sarebbe andato a inseguire un cervo dalle parti di Beaumont, e ne avrebbe
approfittato per ispezionare il castello, se non per rimetterlo in ordine
Fu tornando da Beaumont, dove si era recato con la moglie lultimo giorno
dellanno, che Roberto dArtois trov i suoi scudieri e i suoi servitori che lo
attendevano, frastornati, sul ponte levatoio di Conches.
Quel pomeriggio erano venuti a prendere la signora di Divion per condurla in
prigione a Parigi.
A prenderla? Chi venuto a prenderla?
Tre agenti.
Quali agenti? Per ordine di chi? url Roberto.
Del re.
Ma via! E voi li avete lasciati fare? Siete degli stupidi!
Vi far bastonare. Venire ad arrestare qualcuno a casa mia! Quale assurdit!
Avete visto lordine per lo meno?
Labbiamo visto, monsignore, rispose tremando Gillet di Nelle, e
abbiamo anche chiesto di conservarlo. stata la condizione che abbiamo posto
per consegnare la signora Divion. Eccolo.
Era effettivamente un rescritto regio, vergato dalla mano di uno scrivano, ma
sigillato con il sigillo di Filippo VI. Non per un sigillo di cancelleria, che
avrebbe potuto legittimare il sospetto di un abuso. La cera portava limpronta del
sigillo privato di Filippo, il piccolo sigillo come veniva chiamato, che il re teneva

sempre con s, nella borsa, e che soltanto la sua mano utilizzava.


Il conte dArtois non era per natura un uomo ansioso. Ma quel giorno impar
a conoscere la paura.

VI LA MALA REGINA

rrivare da Conches a Parigi in una sola giornata, era unardua impresa

anche per un cavaliere addestrato, ed esigeva un solido cavallo. Roberto dArtois


lasci lungo la strada due degli scudieri che lo accompagnavano, cui si erano
azzoppati i cavalli. Arriv in citt di notte e, nonostante lora tarda, trov le strade
ancora ingombre di allegre brigate che festeggiavano lanno nuovo. Qualche
ubriaco vomitava al buio sulle soglie delle taverne; e alcune donne, tenendosi sotto
braccio, barcollavano cantando a squarciagola come nel racconto di Watriquet.
Senza nessun riguardo per questa plebaglia, continuamente urtata dal pettorale
del suo cavallo, Roberto and direttamente al Palazzo. Il capitano della guardia gli
fece sapere che il re era venuto quel giorno a ricevere gli auguri dei borghesi, ma
era subito ripartito per Saint-Germain37.
Allora Roberto, percorso il ponte, and a suonare allo Chtelet dove aveva
persone a lui fidate. Un pari di Francia poteva permettersi di svegliare il
Governatore, il quale, interrogato, dichiar di non avere accolto n ieri n oggi
nessuna signora che si chiamasse Giovanna di Divion n che rispondesse alla sua
descrizione.
Un imputato arrestato per ordine del re non poteva essere incarcerato che allo
Chtelet o al Louvre; Roberto and anche qui, ma il capitano del Louvre gli
diede la stessa risposta. Dove era dunque la Divion? Roberto aveva forse corso
pi rapidamente degli agenti del re e superato, passando per unaltra strada, il loro
drappello? Eppure a Houdan, dove aveva chiesto informazioni, gli avevano detto
che erano ormai trascorse parecchie ore dal passaggio delle tre guardie che
scortavano la donna. Il mistero diventava sempre pi fitto.
Roberto si rassegn a recarsi nel suo palazzo, e dopo poche ore di sonno
ripart prima dellalba per Saint-Germain.
La brina ricopriva i prati e i campi e si posava sui rami degli alberi; intorno al
maniero di Saint-Germain collina e foresta sembravano decorazioni in zucchero

filato di una torta.


Il re si era appena svegliato. Si aprirono le porte e Roberto penetr nella
camera di Filippo VI che era ancora a letto, circondato dai ciambellani e dai
venatori, e impartiva gli ordini per la caccia di quel giorno.
Roberto entr a passo di carica, pos rapidamente il ginocchio sul pavimento,
si rialz e disse:
Sire, fratello, riprendetevi la dignit di pari che mi avete concesso, i miei
feudi, le mie terre, i miei redditi, toglietemene la propriet e lusufrutto,
scacciatemi dal vostro Consiglio ristretto dove non son pi degno di comparire.
No, non sono pi nulla io nel regno!
Spalancando sorpreso i suoi occhi azzurri sopra il gran naso carnoso, Filippo
domand:
Ma che avete fratello? Perch questa reazione? Che state dicendo?
Dico il vero, dico che non conto pi nulla nel regno, poich il re, senza
degnarsi dinformarmene, fa arrestare una persona che alloggia sotto il mio
tetto!
Chi ho fatto arrestare? Quale persona?
Una certa signora Divion, fratello, che vive in casa mia come guardarobiera
della mia sposa, vostra sorella, e che tre agenti, per ordine vostro, sono venuti a
prelevare nel mio castello di Conches per portarla in carcere!
Per mio ordine? disse Filippo sbalordito. Ma io non ho mai dato un
ordine simile Divion? mai sentito questo nome. E in ogni modo, fratello, vi
prego di credermi, non avrei mai fatto arrestare qualcuno in casa vostra, anche
se ne avessi avuto motivo, senza informarvene, anzi senza chiedervi Consiglio.
ci che avrei creduto, fratello, disse Roberto, eppure questordine
vostro
Estrasse dal giaco lordine darresto lasciato dagli agenti.
Filippo VI vi diede unocchiata, riconobbe il suo piccolo sigillo e impallid.
Hrouart, il mio abito! strill a uno dei ciambellani.
Andatevene tutti e lasciatemi solo con monsignor dArtois!
Liberatosi delle coperte ricamate doro, balz in piedi nella lunga camicia
bianca. Il ciambellano lo aiut a infilare un abito di pelliccia e fece per ravvivare il
fuoco nel caminetto.
Vattene! Ho detto che voglio restare solo!
Mai, da quando serviva il re, Hrouart di Belleperche era stato trattato con tanta
violenza, come uno sguattero qualunque.
No disse il re quando il ciambellano si fu ritirato, non ho mai sigillato

questo ordine, n dettato nulla che vi assomigli.


Esamin con molta attenzione il documento, accost le due parti del sigillo
spezzato allapertura della lettera e prese una lente di cristallo da un cassetto della
credenza.
Non sarebbe possibile, fratello, disse Roberto, che qualcuno avesse
falsificato il vostro sigillo?
No. I fabbricanti di sigilli, come certamente saprai, sono abilissimi nel
prevenire le imitazioni e includono sempre qualche piccola imperfezione
involontaria, soprattutto per i sigilli dei re e dei grandi baroni. Guarda la I del
mio nome; vedi quella piccola frattura che c sullasta, e quel punto vuoto nelle
fronde che ladornano
Che si sia allora disse Roberto, staccato il sigillo da un altro
documento?
So che si pu farlo, con un rasoio riscaldato o con qualche altro sistema.
Me lo ha assicurato il mio cancelliere.
Roberto assunse unaria ingenua, come se avesse appreso una notizia sinora
insospettata. Ma il suo cuore aveva incominciato a pulsare un po pi
rapidamente.
Ma nemmeno questo sarebbe possibile prosegu Filippo, perch,
proprio per impedirlo, uso il piccolo sigillo solo per i rescritti che devono poi
essere spezzati; e non lo adopero mai per i fogli interi.
Rimase un momento in silenzio, continuando a fissare Roberto come a
chiedergli una spiegazione che in realt cercava soltanto nella propria mente.
Bisogna concluse, che qualcuno mi abbia sottratto il sigillo. Ma
come? E quando? Per tutta la giornata rimane sempre nella borsetta alla mia
cintura, che tolgo soltanto di notte
Si accost alla credenza, apr un cassetto, prese una borsetta di tessuto doro e
ne palp il contenuto prima di aprirla e di estrarne il piccolo sigillo doro con
limpugnatura a fiordaliso.
e riprendo la mattina
Parlava ora con assai maggiore lentezza. Si stava facendo strada un terribile
sospetto. Riprese lordine darresto e di nuovo lo esamin con molta attenzione.
Conosco questa mano disse. Non quella di Ugo di Pommard, n
quella di Giacomo La Vache, n quella di Goffredo di Fleury 38
Suon, e si present Pietro Trousseau, laltro ciambellano di servizio.
Convoca urgentemente, se al castello, o mandalo a chiamare ovunque si
trovi, lo scrivano Roberto Mulet; che venga qui con le sue penne.

Quel Mulet domand Roberto, non forse lo scrivano della regina


Giovanna, tua sposa?
Macchinalmente aveva ripreso a dargli del tu come un tempo, quando Filippo
era ben lungi dallessere re, quando egli stesso non era pari, quando erano
soltanto due cugini molto uniti; a quellepoca monsignor Carlo di Valois additava
sempre Roberto come esempio al figlio, per la sua forza, la sua tenacia, e la sua
capacit negli affari
S disse evasivamente Filippo VI per mascherare il suo impaccio,
Mulet lavora a volte per me e a volte per Giovanna.
Roberto dunque aveva avuto lo stesso sospetto
Mulet era al castello. Arriv di corsa con la scrivania portatile sotto braccio e
sinchin a baciare la mano del re.
Metti l la tua roba e scrivi disse Filippo VI, incominciando subito a
dettare: Da parte del re, al nostro amato e fedele bargello di Parigi, Giovanni
di Milon, salute. Noi vi ordiniamo di affrettarvi.
I due cugini si erano contemporaneamente avvicinati e leggevano sopra le
spalle dello scrivano. La grafia era indubbiamente quella dellordine di arresto.
a far liberare immediatamente la signora Giovanna di
Divion sugger Roberto.
la quale stata reclusa nella nostra prigione A proposito dove si trova?
domand Filippo.
N allo Chtelet, n al Louvre disse Roberto.
Alla Torre di Nesle, sire, disse lo scrivano che credeva di farsi apprezzare
per il suo zelo e la sua buona memoria.
I due cugini si scambiarono unocchiata e incrociarono le braccia in un
identico gesto.
E tu come lo sai? domand il re allo scrivano.
Ho avuto lonore, sire, di scrivere ieri laltro il vostro ordine per arrestare
quella signora.
E chi te lha dettato?
La regina, sire; mi ha detto che voi, non avendo tempo di farlo
personalmente, avevate affidato a lei lincarico. Ma erano due gli ordini, per
essere pi esatti, quello di arresto e quello di incarcerazione
Il sangue era completamente scomparso dal viso di Filippo che, combattuto fra
collera e vergogna, non osava pi guardare in faccia il cognato.
Sapevo che quella schifosa mi odiava pensava Roberto, ma arrivare a rubare
il sigillo del suo sposo per nuocermi E chi avr potuto informarla cos bene?.

Non finite la lettera, sire? disse.


Certo, certo replic Filippo staccandosi dai suoi pensieri.
E dett la formula finale. Lo scrivano accese una candela, fece colare alcune
gocce di cera rossa sul foglio piegato che present poi al re perch vi applicasse
personalmente il piccolo sigillo.
Filippo, immerso nelle proprie riflessioni, sembrava accordare ai propri gesti
unattenzione piuttosto distratta. Roberto prese lordine e agit un campanello.
Riapparve Hrouart di Belleperche. Quella mattina non si faceva che entrare ed
uscire dalla stanza!
Al bargello, immediatamente, per ordine del re gli disse Roberto
consegnandogli la lettera.
E fa venire qui sua maest la regina ordin Filippo VI dal fondo della
stanza.
Lo scrivano Mulet attendeva, spostando continuamente lo sguardo dal re al
conte dArtois e chiedendosi se il suo eccesso di zelo era stato davvero bene
accolto. Roberto gli fece cenno di andarsene.
Qualche attimo dopo fece il suo ingresso la regina Giovanna con il suo
particolare passo da zoppa. Il suo corpo si spostava tracciando un quarto di
cerchio il cui perno era costituito dalla gamba pi lunga. Era una donna magra,
piuttosto bella in viso, bench la dentatura gi si andasse guastando. Gli occhi
erano grandi, con il falso candore della menzogna; le dita molto lunghe e un po
contorte lasciavano trasparire un po di luce anche quando erano unite.
Da quando in qua, signora, si emettono ordini a mio nome?
La regina assunse un atteggiamento di innocente sorpresa perfettamente
simulato.
Un ordine, mio amato sire?
Aveva una voce grave e melodiosa dove si riconosceva uneco di finta tenerezza.
E da quando mi si sottrae il sigillo mentre dormo?
Il sigillo, amore mio? Ma non ho mai toccato il vostro sigillo. Di quale
sigillo parlate?
Un violento ceffone le tolse la parola di bocca.
Gli occhi di Giovanna la Zoppa si riempirono di lacrime tanto il colpo era stato
brutale e cocente; meravigliata apr la bocca e accost le lunghe dita alla guancia
che si stava tingendo di rosso.
Altrettanto sorpreso, ma piacevolmente, era Roberto dArtois. Non avrebbe mai
creduto che suo cugino Filippo, da tutti ritenuto sottomesso alla moglie, fosse
capace di alzare la mano su di lei. Che sia veramente divenuto un re? pens.

Filippo di Valois era soprattutto divenuto uomo e come ogni marito, grande
signore o umile servo, castigava la moglie bugiarda. Part un altro schiaffo come
se il primo gli avesse calamitato la mano; e poi una gragnuola di colpi. Giovanna,
spaventata, cercava di coprirsi il viso alzando entrambe le braccia. La mano di
Filippo cadeva dove era possibile, sulla testa o sulle spalle, ed egli intanto strillava:
stato laltra notte, vero, che mi avete fatto questo tiro? Avete il coraggio di
negare quando Mulet ha confessato tutto? Brutta puttana che mi vezzeggia, mi
si sfrega contro, si proclama ebbra damore, e approfitta della debolezza che
provo per lei per ingannarmi quando dormo e sottrarmi il sigillo regale! Lo sai
che non esiste azione pi orribile, peggiore ancora del furto? Che da nessuno
suddito del mio regno, fosse anche il pi grande, ammetterei che egli usasse
laltrui sigillo senza farlo bastonare? Ed del mio che ci si serve! Si mai vista
una scellerata paragonabile a costei che vuol disonorarmi davanti ai pari, davanti
a mio cugino, al mio autentico fratello? Non ho forse ragione, Roberto?
disse, smettendo per un attimo di picchiare onde ottenere la sua approvazione.
Come potremmo governare i nostri sudditi se ognuno si servisse a sua
volont dei nostri sigilli per ordinare ci che noi non abbiamo voluto? una
vera e propria offesa al nostro onore.
Poi, tornando a occuparsi della moglie con un improvviso ritorno di furore:
E che belluso fate del palazzo di Nesle che vi ho regalato. Quanto mi
avevate supplicato per averlo! Siete dunque malvagia quanto vostra sorella, e
quella maledetta Torre servir sempre a ospitare le malefatte della famiglia di
Borgogna? Se non foste la regina, se non avessi avuto la disgrazia di sposarvi,
sareste voi che farei gettare in prigione! E poich non posso farvi castigare da
altri, ebbene, vi castigher io39.
E ricominciarono a piovere gli schiaffi.
Se almeno la uccidesse! sperava Roberto.
Ora Giovanna si era rannicchiata sul letto, agitando le gambe ed emettendo ad
ogni colpo un urlo e un gemito. Poi bruscamente si volt e spingendo avanti le
unghie come un gatto incominci a urlare con le guance imbrattate di lacrime:
S, lho fatto! S, ti ho rubato il sigillo mentre dormivi, ma perch tu non
rendi veramente giustizia. Lho fatto per giovare a mio fratello di Borgogna
contro quel malvagio Roberto qui presente, che ci ha sempre danneggiati con
linganno e con il delitto, e che, con la complicit di tuo padre, ha fatto morire
mia sorella Margherita
Tieni lontana la memoria di mio padre dalla tua bocca di vipera! esclam
Filippo.

E il bagliore che vide nello sguardo del suo sposo indusse Giovanna a tacere,
perch veramente era capace di ucciderla.
Poi, posando con un gesto protettore la mano sulla spalla di Roberto dArtois,
egli aggiunse:
E guardati bene, o perfida, dal nuocere a mio fratello che il miglior
sostegno del trono.
Quando poi and ad aprire la porta per far sapere al ciambellano che
rinunciava quel giorno alla caccia, venti teste accostate indietreggiarono
contemporaneamente. Giovanna la Zoppa era detestata dai servitori che
tormentava con le sue esigenze e maltrattava alla minima mancanza, ed essi la
chiamavano segretamente la mala regina. Il racconto delle percosse da lei
ricevute avrebbe fatto la delizia dellintero palazzo.
Verso la fine della mattinata, Filippo e Roberto passeggiavano insieme a passo
lento nel giardino di Saint-Germain dove la brina si andava sciogliendo. Il re
abbassava il capo
Non orribile, Roberto, dover diffidare della propria sposa, persino quando
si dorme? Che posso fare? Tenere il sigillo sotto il guanciale? Potrebbe sempre
insinuarvi la mano. E io ho il sonno pesante. N posso chiuderla in convento.
mia moglie! Tutto quello che mi concesso fare non lasciarla pi dormire
con me. Ma il guaio che lamo, quella sciagurata! Non andare a dirlo in giro,
ma anchio, come tutti, per divertimento, ho avuto rapporti anche con altre
donne. E sempre sono tornato da lei con ancor pi entusiasmo Eppure, se
mai ricominciasse, la picchierei di nuovo!
In quel momento Trouillard dUsages, visdomino di Le Mans e cavaliere del
palazzo, si present sul viale per annunciare larrivo del bargello di Parigi che lo
seguiva.
Tondo di pancia e trotterellante sulle sue corte zampe, Giovanni di Milon non
aveva unaria allegra.
E allora, messer bargello, avete rilasciato quella signora?
No, sire, rispose il bargello in tono impacciato.
Come? Il mio ordine non era forse autentico? Non avete riconosciuto il
mio sigillo?
No, sire, ma prima di eseguirlo volevo parlare con voi, e sono felice di
trovare qui anche monsignor dArtois disse Giovanni di Milon guardando
Roberto con aria impacciata.
Quella donna ha confessato.
Cosa ha confessato? domand Roberto.

Ogni sorta di malefatte, Monsignore, falsificazione di scritture, contraffazione


di documenti e altre cose ancora.
Roberto riusc a conservare il controllo di se stesso, finse addirittura di prendere
in scherzo la cosa e, alzando le spalle, esclam:
Certo che se stata interrogata sotto la tortura ha dovuto confessare molto!
Fate che io vi consegni ai torturatori, messer Milon, e scommetto che
ammettereste di aver tentato di sodomizzarmi!
Purtroppo, Monsignore, disse il bargello, quella donna ha parlato
prima della tortura per paura, soltanto per la paura di essere torturata. E ha
fornito una lunga lista di complici
Filippo VI fissava in silenzio il cognato. La sua mente stava lavorando su una
nuova idea.
Roberto sentiva la trappola chiudersi su di lui. Un re che ha bastonato di santa
ragione la sua sposa, e davanti a testimoni, per usurpazione di sigillo e
falsificazione di lettere, difficilmente pu rilasciare, anche per far piacere al suo pi
stretto parente, una normale suddita che ha confessato gli identici delitti.
Cosa consigli, fratello? domand Filippo a Roberto senza distogliergli gli
occhi di dosso.
Roberto capi che la sua salvezza dipendeva dalla sua risposta; bisognava puntare
sulla lealt. E peggio per la Divion. Tutto ci che ella avrebbe potuto dichiarare a
suo riguardo, sarebbe stato considerato da lui una spudorata menzogna.
Fare giustizia, sire e fratello, fare giustizia! dichiar.
Tenete quella donna in carcere, e se mi ha ingannato, sappiate che esiger da
voi il massimo rigore.
Nello stesso tempo pensava: a Ma chi ha avvertito il duca di Borgogna?. E la
risposta, levidente risposta, gli balz alla mente. Esisteva una sola persona che
aveva potuto dire al duca di Borgogna, o addirittura alla mala regina, che la
Divion si trovava a Conches: Beatrice.
Fu soltanto verso la fine di marzo, quando la Senna, gonfia per le piene di
primavera, inondava le rive ed entrava nelle caverne, che alcuni marinai
ripescarono, dalle parti di Chatou, un sacco galleggiante nellacqua e contenente
un corpo di donna completamente nudo.
Tutta la popolazione del villaggio, sguazzando nel fango, si era raccolta intorno
alla macabra scoperta, e le madri prendevano a schiaffi i marmocchi strillando:
Andatevene, voi; non per voi questo spettacolo!
Il cadavere si era orrendamente gonfiato, e aveva lorribile colorito verdastro di

una decomposizione gi avanzata; evidentemente doveva trovarsi nel fiume da oltre


un mese. Era comunque evidente che si trattava di una donna giovane. I suoi
lunghi capelli neri parevano muoversi in quanto fra essi scoppiavano delle bolle. Il
viso era stato dilaniato, calpestato, schiacciato, per evitare che lo si potesse
identificare; e sul collo era lorma di un laccio.
I marinai, combattuti fra il disgusto e unoscena attrazione, rivoltavano con le
loro pertiche limpudica carogna.
E improvvisamente il corpo, liberandosi dallacqua che lo gonfiava,
incominci a muoversi, dando per un attimo lillusione di risorgere; al che le
comari si allontanarono urlando.
Si mand a chiamare il podest che arriv, fece qualche domanda, gir
intorno alla morta ed esamin gli oggetti che erano stati trovati nel sacco con il
cadavere e che stavano sgocciolando sullerba: un corno di capro, una statuetta
di cera avvolta nei cenci e tempestata di spille, un grossolano ciborio di stagno
decorato con segni satanici.
una strega uccisa dai suoi compagni dopo un sabba o una messa nera
dichiar il podest.
Le comari si fecero il segno della croce. Il podest nomin una corve per
seppellire il pi presto possibile quel corpo e quegli orribili oggetti in un
boschetto fuori del villaggio, senza una preghiera.
Un delitto ben fatto, insomma, ben camuffato, eseguito da Gillet di Nelle
secondo lo stile di Lormet le Dolois, e conclusosi come gli assassini avevano
voluto.
Roberto dArtois si era vendicato del tradimento di Beatrice, ma non per
questo poteva dirsi vincitore.
Fra due generazioni, gli abitanti di Chatou non avrebbero pi saputo perch
un tempo un boschetto dalberi a valle veniva chiamato il bosco della strega.

VII IL TORNEO DI EVREUX

erso la met di maggio, araldi vestiti della livrea di Francia e

accompagnati da suonatori di buccine, si fermarono sulle piazze delle citt, nei


crocicchi dei villaggi e davanti agli ingressi dei castelli. I suonatori soffiavano nella
loro lunga tromba dalla quale pendeva una fiamma a fiordalisi; laraldo svolgeva
una pergamena e con voce sonora proclamava:
Udite, udite! Si porta a conoscenza di tutti i prncipi, monsignori, baroni,
cavalieri e scudieri dei ducati di Normandia, di Bretagna e di Borgogna, delle
contee e marche, di Anjou, di Artois, di Fiandra e di Champagne, e a tutti gli
altri, siano essi di questo regno o di qualsiasi altro regno cristiano, purch non
siano messi al bando o nemici del re nostro sire, al quale Dio conceda lunga vita,
che il d di Santa Lucia, sesto giorno di luglio, nei pressi della citt di Evreux si
svolger un grandissimo pardon darmes40 e nobilissimo torneo dove ci si batter
con mazze alleggerite e spade spuntate, e con le armature atte alloccasione,
composte di elmi e giachi, e gualdrappe per i cavalli decorate con le insegne dei
nobili torneatori, secondo le antichissime costumanze.
E di questo torneo sono capi gli altissimi e potentissimi prncipi, miei
temutissimi signori, il nostro beneamato sire Filippo re di Francia, come sfidante,
e messer Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, come sfidato. E per questo
fatto si fa altres sapere a tutti i prncipi, signori, baroni, cavalieri e scudieri delle
marche sunnominate e altre di qualunque nazione essi siano, che se vorranno e
desidereranno torneare per acquistare gloria, essi portino i piccoli scudi che
immediatamente passer a distribuire, dal che si riconoscer che sono torneatori; e
a tal fine ne chieda chi ne vuol avere. E a detto torneo si distribuiranno nobili e
ricchi premi, dalle dame e dalle damigelle offerti.
Annuncio inoltre che a tutti i prncipi, baroni, cavalieri e scudieri che hanno
intenzione di torneare, fatto obbligo di recarsi nel detto luogo di Evreux e
prendervi alloggio il quarto giorno precedente il detto torneo, per far mostra dei

loro blasoni e dei loro pavesi, pena non essere accettati al detto torneo. Tutto
questo vi viene comunicato da parte dei signori giudici, e vogliate perdonarmene,
ve ne prego.
Di nuovo suonavano le trombe, e i monelli scortavano correndo sino alluscita
dal borgo laraldo che si recava a ripetere altrove lo stesso annuncio.
Prima di disperdersi i presenti dicevano:
Ci coster caro, se il nostro castellano vorr recarsi a questo torneo! Si porter
appresso la moglie e tutti i familiari Come sempre toccher a loro divertirsi e a
noi pagare le taglie.
Ma contemporaneamente pi duno pensava: Se per caso il padrone volesse
portare con s il mio primogenito come mozzo di stalla, ci sarebbe certo da
guadagnare una buona borsa, e forse anche qualche impiego promettente
Parler con il canonico perch raccomandi il mio Gastone.
Per sei settimane il torneo sarebbe stato il grande argomento di conversazione e
lunica preoccupazione dei castelli. Gli adolescenti sognavano di sbalordire il
mondo con le loro prime imprese.
Sei ancora troppo giovane rispondevano i genitori, un altranno! Non
mancheranno le occasioni!.
Ma il figlio del nostro vicino di Chambray, che pure ha la mia stessa et, ci
va!.
Se messer di Chambray ha perduto la ragione, o se ha soldi abbastanza da
buttarne via, sono affari suoi.
Ah! Quanti giovani erano impazienti di diventare orfani!
I vecchi rimasticavano i loro ricordi. A sentirli, si sarebbe creduto che ai loro
tempi gli uomini fossero pi forti, le armi pi pesanti, i cavalli pi veloci:
Al torneo di Kenilworth, organizzato da lord Mortimer di Chirk, lo zio di
quello che stato impiccato a Londra questinverno.
Al torneo di Cond-sur-Escaut, bandito da monsignor Giovanni dAvesnes,
padre dellattuale conte di Hainaut.
Si chiedevano prestiti sul prossimo raccolto e sul taglio dei boschi; si portava
largenteria dai lombardi pi vicini e la si trasformava in piume per lelmo del
signore, in stoffe di sandalo o di camocas per gli abiti della signora, in gualdrappe
per i cavalli.
Gli ipocriti fingevano di lamentarsi:
Ah! Quante spese, quante preoccupazioni; quando sarebbe cos bello
rimanersene a casa! ma per lonore della nostra famiglia non possiamo esimerci
dal comparire a questo torneo Se il re nostro signore ha mandato i suoi araldi

sino alla porta del nostro maniero, loffenderemmo non andandoci.


Ovunque si lavorava dago, si batteva il ferro, si cuciva il tessuto di maglia sul
cuoio dei ghiazzerini, si addestravano cavalli e persone nei giardini, da cui
fuggivano gli uccelli, spaventati da quelle cariche, da quel cozzare di lance, da
quel grande sferragliare di spade. I baroni passavano ore a provarsi la cervelliera.
Per farsi la mano, i castellani organizzavano tornei locali, dove gli uomini pi
anziani, ansando sotto i baffi, davano giudizi sui vari colpi contemplando i pi
giovani che si stavano cavando gli occhi. E a tutto questo seguiva un grande
banchetto.
Questi giochi guerrieri, fra baronia e baronia, finivano per essere costosi
quanto autentiche campagne militari.
Infine ci si metteva in cammino; il nonno aveva deciso allultimo momento di
partecipare al viaggio per ritrovare almeno in parte il clima della sua giovent, e il
figlio di quattordici anni laveva avuta vinta: sarebbe stato uno degli scudieri. I
destrieri da battaglia, che non bisognava stancare, venivano condotti a mano; le
casse degli abiti e delle corazze erano caricate a dorso di mulo. I servi si
trascinavano a piedi nella polvere. Si alloggiava nelle locande dei conventi o da
qualche parente il cui maniero si trovava lungo la strada e che si recava anchegli
al torneo. Un altro grande banchetto, copiosamente innaffiato, e allo spuntare
dellalba si ripartiva tutti insieme.
Cos, di sosta in sosta, il corteo si ingrossava, sino a incontrare, nel suo
formidabile apparato, il conte di cui tutti erano vassalli. Gli baciavano le mani, e
scambiavano con lui qualche banalit che sarebbe stata oggetto di lunghi
commenti. Le dame tiravano fuori dalle casse uno degli abiti nuovi e tutti si
aggregavano al seguito del conte, gi lungo una mezza lega, con tante bandiere a
sventolare sotto il sole di quellinizio destate.
Finti eserciti armati di lance spuntate, di spade senza filo e di mazze senza peso
varcavano la Senna, lEure o la Risle, o salivano dalla Loira, per recarsi a una finta
guerra dove non cera nulla di serio eccetto la vanit.
Gi otto giorni prima del torneo, non si trovava pi in tutta la citt di Evreux
una camera o un soppalco. Il re di Francia aveva stabilito la sua corte nella pi
grande abbazia, e il re di Boemia, in onore del quale erano state organizzate le
feste, alloggiava presso il conte dEvreux, re di Navarra.
Personaggio singolare questo Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia,
assolutamente privo di mezzi e ricco pi di debiti che di terre, che viveva alle
spalle del Tesoro di Francia, ma mai avrebbe pensato di apparire con minor fasto

del suo ospite cui doveva tutte le sue entrate! Lussemburgo aveva quasi
quarantanni, ma ne dimostrava trenta; lo si riconosceva immediatamente per la
bella barba castana, serica e copiosa, per il viso altero e ridente, per le mani
delicate e perennemente tese. Era un prodigio di vivacit, di forza, di audacia, di
allegria e anche di buaggine. Alto quasi quanto Filippo VI, era davvero
imponente e corrispondeva in tutto alla figura del re quale se lo immagina la
fantasia popolare. Sapeva farsi amare da ognuno, dai prncipi come dal popolo, in
ogni luogo; era persino riuscito ad essere contemporaneamente amico di papa
Giovanni XXII e dellimperatore Luigi di Baviera, irriducibili avversari. Il che
costituiva un grande successo per un imbecille; perch Giovanni di Lussemburgo,
e anche su questo erano tutti daccordo, era stupido quanto seducente.
La buaggine non impedisce le iniziative, anzi ignorando gli ostacoli, fa apparire
facile ci che a ogni cervello appena ragionevole sembrerebbe disperato. Giovanni
di Lussemburgo, abbandonando la piccola Boemia dove si annoiava, si era recato
in Italia cacciandosi in folli avventure. Le lotte fra Guelfi e Ghibellini, aveva
pensato, continuano a sconvolgere questo paese. Papa e Imperatore si
contendono repubbliche i cui abitanti non cessano di massacrarsi a vicenda.
Ebbene, come amico di entrambi i partiti, ci penser io a metter pace!. La cosa
pi strana fu che and vicinissimo a riuscirvi. Per qualche mese era stato lidolo
dellItalia, eccezion fatta per i fiorentini che non si lasciano ingannare tanto
facilmente e per il re di Napoli che incominciava a seccarsi di questo importuno.
In aprile Giovanni di Lussemburgo aveva avuto un colloquio segreto con il
cardinale legato, Beltrando del Pouget secondo la voce pubblica figlio naturale
di papa Giovanni XXII colloquio che doveva contemporaneamente decidere la
sorte di Firenze, il riscatto di Rimini dai Malatesta, e la creazione di un principato
indipendente che avrebbe avuto per capitale Bologna. Ma, chiss come e chiss
perch, quando la sua posizione sembrava cos prospera da fargli balenare la
speranza di sostituire addirittura il suo intimo amico Luigi di Baviera sul trono
imperiale, Giovanni di Lussemburgo aveva visto improvvisamente schierarsi
contro di lui due formidabili coalizioni in cui Guelfi e Ghibellini, una volta tanto,
si presentavano come alleati, Firenze era daccordo con Roma; il re di Napoli,
sostegno del papa, attaccava a sud, e limperatore, nemico del papa, a nord; e
accorrevano in aiuto il re dUngheria, i due duchi dAustria, il margravio di
Brandeburgo e il re di Polonia. Un bel successo per un principe tanto amato che
voleva mettere pace in Italia!
Lasciando ottocento cavalli al figlio Carlo per difendere lintera Lombardia,
Giovanni di Lussemburgo, con la barba al vento, era corso da Parma alla Boemia

invasa dagli austriaci. E qui si era precipitato fra le braccia di Luigi di Baviera, e, a
forza di bacioni sulle guance, aveva dissipato lassurdo malinteso. La corona
imperiale? Ma ci aveva pensato solo per far piacere al papa! E ora veniva da
Filippo di Valois per pregarlo dintervenire, e per chiedergli altri sussidi onde
mandare avanti il suo progetto di regno pacifico.
Con un ospite cos cavalleresco poteva Filippo VI rinunciare ad offrire un
torneo in suo onore? Cos, nella pianura di Evreux, sulle rive dellIton, il re di
Francia e il re di Boemia, amici fraterni, avrebbero sferrato uno contro laltro una
finta battaglia con un numero di armati superiore a quello che aveva a
disposizione il figlio dello stesso re di Boemia per tener testa allintera Italia!
Le lizze, cio il recinto del torneo, erano state tracciate in un vasto prato in
pianura dove formavano un rettangolo di trecento piedi per duecento, chiuso da
due palizzate; la prima, a graticcio, era fatta di pali appuntiti, la seconda, pi
allinterno, era un po pi bassa e circondata da uno spesso corrimano. Fra le due
palizzate stavano, durante le gare, gli aiutanti dei torneatori.
Nella parte in ombra erano state innalzate le impalcature, tre grandi tribune
coperte di tela e decorate da bandiere: quella centrale per i giudici e le altre due
per le signore.
Tuttintorno, nella pianura, pullulavano i padiglioni dei domestici e dei
palafrenieri; l si trovavano i cavalli del torneo che tutti andavano ad ammirare
durante le passeggiate, mentre su ogni padiglione sventolavano le insegne del
proprietario.
I primi quattro giorni della festa furono dedicati alle giostre individuali, alle
sfide che si lanciavano a due a due i signori presenti. Alcuni cercavano la
rivincita di una disfatta subita in un incontro precedente; altri, che mai sinora si
erano misurati, volevano provarvisi; e in qualche caso erano gli amici a spingere
al combattimento due giostratori famosi.
Le tribune erano pi o meno colme secondo il valore degli avversari. Due
giovani scudieri erano riusciti, a forza di intrighi, a trovare unora di primo
mattino in cui le lizze erano libere? In questo caso assisteva allo scontro soltanto
qualche amico o parente. Ma bastava che si annunciasse una sfida fra il re di
Boemia e messer Giovanni di Hainaut, appositamente arrivato dallOlanda con
venti cavalieri, che le tribune minacciavano di crollare. Era quello il momento in
cui le dame si strappavano una manica del vestito per consegnarla al cavaliere
preferito, in genere una finta manica di seta cucita sopra la manica autentica
soltanto con qualche punto facilmente staccabile, o in qualche caso una vera
manica, se la dama era talmente audace da mettere a nudo il suo bel braccio.

Cerano in queste tribune persone di ogni sorta, e vi accadeva di tutto. Infatti,


con questa grande folla che aveva trasformato Evreux in una specie di fiera della
nobilt, non si poteva scegliere troppo. Certe sgualdrine dalto bordo, eleganti
quanto le baronesse, e spesso pi graziose e di modi pi raffinati, riuscivano a
insinuarsi nei posti migliori, strizzavano locchio e invitavano gli uomini a ben
altri tornei.
I giostratori che non erano in lizza, con il pretesto di assistere alle imprese di
un amico, venivano a sedersi accanto alle dame, e intrecciavano idilli che
sarebbero continuati la sera, al castello, fra danze e carole.
Messer Giovanni di Hainaut e il re di Boemia, invisibili sotto le impennacchiate
armature, portavano entrambi sullasta della lancia sei maniche di seta, come
altrettanti cuori strappati. Bisognava che uno dei giostratori rovesciasse laltro,
oppure che si spezzasse il legno della lancia. Si poteva colpire solo al petto, e lo
scudo era curvo in modo da deviare i colpi. Col ventre protetto dallalto arcione
da sella e la testa chiusa in un elmo con la ventaglia abbassata, gli avversari si
scagliavano uno contro laltro. Nelle tribune si urlava e si pestavano i piedi per
lentusiasmo. I due giostranti si equivalevano e si sarebbe parlato per molto tempo
della grazia con la quale messer di Hainaut spingeva la lancia sul fautre41, come si
sarebbe raccontato il modo con cui il re di Boemia se ne stava diritto come una
freccia sulle sue staffe e resisteva allurto sin quando le due aste, piegandosi ad
arco, finivano per rompersi.
In quanto al conte Roberto dArtois, venuto da Conches in qualit di vicino, e
in sella ad enormi cavalli percesi, era temibile soprattutto per il suo peso.
Finimenti rossi, lancia rossa, sciarpa rossa che garriva al vento sotto lelmo, era
particolarmente abile nel cogliere lavversario in piena corsa, sbalzarlo di sella e
mandarlo a rotolare nella polvere. Ma era di pessimo umore in quei giorni,
monsignor dArtois, e si sarebbe detto che partecipasse ai giochi pi per dovere
che per piacere.
I giudici intanto, tutti scelti fra i pi importanti personaggi del regno, come il
conestabile Raul di Brienne o messer Mille di Noyers, si occupavano
dellorganizzazione del grande torneo finale.
Fra il tempo che passavano a vestirsi e a spogliarsi, a comparire alle giostre, a
commentare le altrui imprese, a tener conto delle pretese di quei cavalieri che
volevano combattere sotto una determinata bandiera e non sotto unaltra, e quello
trascorso a tavola ad ascoltare i menestrelli dopo i banchetti e a danzare dopo aver
udito le canzoni, era gi molto se il re di Francia, il re di Boemia e i loro
consiglieri disponevano di unoretta al giorno per discutere delle faccende dItalia

che erano, in fondo, la ragione prima del loro incontro. Ma, come si sa, i grandi
affari si sistemano in poche parole se gli interlocutori hanno voglia di mettersi
daccordo.
Come due veri re della Tavola Rotonda, Filippo di Valois, magnifico nei suoi
abiti ricamati, e Giovanni di Lussemburgo, non meno imponente sotto la sua
barba copiosa, si scambiavano, con il boccale in mano, solenni dichiarazioni di
amicizia. Si decideva frettolosamente di inviare una lettera a papa Giovanni XXII o
unambasceria a re Roberto di Napoli.
Ah! bisognerebbe anche, mio amato sire, che parlassimo un poco della
crociata diceva Filippo VI.
Aveva infatti riesumato il grande progetto di suo padre e di suo cugino Carlo il
Bello. Tutto andava cos bene nel regno di Francia, il Tesoro era cos ricco e la
pace dEuropa sembrava, con laiuto del re di Boemia, cos sicura, che diventava
urgente progettare, per lonore e la prosperit delle nazioni cristiane, una bella e
gloriosa spedizione contro gli Infedeli.
Signori, suonano il corno per il pranzo
Subito si toglieva la seduta; la discussione sulla crociata sarebbe stata tenuta
dopo il pasto o lindomani.
A tavola ci si beffava rumorosamente del giovane re dInghilterra che, tre mesi
prima, accompagnato dal solo lord Montagu, era venuto, travestito da mercante,
per un segreto colloquio con il re di Francia 42. S, travestito da mercante, come un
lombardo qualsiasi! E a quale scopo? Per concludere un accordo commerciale
sulle forniture laniere alla Fiandra. Un vero mercante; si occupava addirittura di
lana! Si era mai visto un principe interessarsi a queste faccende, come un volgare
borghese delle gilde o delle anse?
E allora, amici miei, dato che lui insisteva, lho ricevuto camminando!
diceva Filippo di Valois soddisfatto del gioco di parole43. Senza feste, senza
tornei, camminando nei viali della foresta di Halatte; e gli ho offerto una cena
magra.
Del resto quante idee assurde si era messo in testa quel povero cugino Edoardo
Terzo! Non stava forse costituendo nel suo regno un esercito permanente di fanti,
con coscrizione obbligatoria? Cosa sperava dalla gente a piedi quando si sapeva
bene come aveva chiaramente dimostrato la battaglia del monte Cassel che
in guerra conta soltanto la cavalleria e che i fanti fuggono appena vedono
comparire una corazza?
Sembra per che da quando stato impiccato lord Mortimer, in Inghilterra
regni lordine faceva osservare Mille di Noyers.

Regna lordine replicava Filippo VI, perch i baroni inglesi sono


momentaneamente stanchi per essersi troppo battuti fra loro. Ma appena
avranno ripreso fiato, il povero Edoardo vedr cosa potr fare contro di loro,
con i suoi fanti! E dire che quel caro figliolo aveva pensato un tempo di
reclamare la corona di Francia Dite la verit, amici, rimpiangete di non aver
lui come principe, oppure preferite il vostro re trovato? aggiungeva
battendosi fragorosamente il petto.
Al termine di ogni banchetto Filippo diceva a Roberto dArtois a bassa voce:
Fratello, voglio parlarti da solo a solo, e di cose assai gravi.
Sire, cugino mio, quando tu lo vorrai.
Ebbene, cercheremo di discorrere questa sera.
Ma la sera si ballava, e Roberto non cercava di affrettare lincontro, intuendo
troppo facilmente cosa voleva dirgli il re. Da quando la Divion, tuttora in
prigione, aveva confessato, si erano operati altri arresti, fra cui quello del notaio
Tesson, e tutti i testimoni erano stati sottoposti a un controinterrogatorio
Qualcuno aveva notato che, durante i brevi colloqui con il re di Boemia, Filippo
VI non aveva chiesto la presenza di Roberto, il che poteva essere interpretato
come un segno di disgrazia.
La vigilia del torneo, il re darmi44, accompagnato dagli araldi e dai
suonatori, si rec al castello, nelle dimore dei principali signori e sulle lizze per
proclamare:
Udite, udite, altissimi e potentissimi prncipi, e duchi, conti, baroni, signori,
cavalieri, scudieri! Vi notifico da parte dei signori giudici che ognuno di voi
faccia in questo stesso giorno portare lelmo sotto il quale deve torneare,
nonch le sue bandiere, nella residenza dei signori giudici, affinch i detti
signori giudici possano incominciare a farne la suddivisione; e dopo che essi
saranno distribuiti, le dame verranno a vedere e a visitare per esprimere il loro
assenso; e per questoggi nullaltro si far, se non le danze dopo la cena.
Nellalloggio dei giudici, gli elmi, man mano che arrivavano presentati dai
valletti darme, venivano allineati su delle casse nel chiostro, e suddivisi nei due
diversi campi. Sembravano le spoglie di una folla di armigeri decapitati. Infatti,
per meglio distinguersi durante la battaglia, i torneatori, sopra la loro corona di
conti o di baroni, ornavano lelmo degli ornamenti pi vistosi e pi strani:
unaquila, un drago, una donna nuda, o una sirena, o un liocorno. Inoltre, a
questi caschi, venivano fissate lunghe sciarpe di seta dai colori del feudatario che
le indossava.
Nel pomeriggio le dame vennero alla locanda e, precedute dai giudici e dai

due capi del torneo, il re di Francia e il re di Boemia, vennero invitate a fare il


giro del chiostro, mentre un araldo, soffermandosi davanti ad ogni elmo, ne
diceva il nome del proprietario:
Messer Giovanni di Hainaut monsignor conte di Blois il nostro sire
Filippo re di Navarra
Alcuni elmi, come le spade e le aste delle lance, erano dipinti, dal che
derivavano i soprannomi di certi cavalieri: il cavaliere dalle armi bianche, il
cavaliere dalle armi nere, eccetera.
Messer il maresciallo Roberto Bertrand, il cavaliere del Verde Leone
Veniva poi un monumentale elmo rosso sormontato da una torre doro:
Monsignor Roberto dArtois, conte di Beaumont le Roger
La regina, che procedeva in prima fila con il suo passo claudicante, fece
latto di stendere la mano. Ma Filippo VI la ferm afferrandole il polso e
sussurrandole sottovoce:
Ve lo proibisco assolutamente, amica mia!
La regina Giovanna rispose con un sorriso malvagio.
Eppure sarebbe stata una bella occasione mormor poi alla cugina
e cognata, la giovane duchessa di Borgogna.
Secondo le regole del torneo infatti, se una dama toccava uno degli elmi, il
cavaliere cui apparteneva questo elmo diventava raccomandato, non aveva
cio pi il diritto di partecipare al torneo. Quando entrava in lizza, gli altri si
riunivano per percuoterlo a colpi di lancia; poi gli portavano via il cavallo che
consegnavano ai suonatori di trombe; infine lo costringevano ad appollaiarsi
sul corrimano che girava intorno alle lizze e a starsene l a cavalcioni, facendo
una figura ridicola, per tutta la durata del torneo. Questo disonore veniva
inflitto a chi aveva sparlato di una donna o mancato in altro modo allonore,
prestando denaro a usura o non mantenendo le proprie promesse.
Il gesto della regina non era sfuggito alla signora di Beaumont, che impallid
visibilmente e si avvicin al re suo fratello, per rivolgergli le sue rimostranze.
Sorella, le rispose Filippo VI con aria severa, fareste meglio a
ringraziarmi piuttosto che lagnarvi.
La sera, durante le danze, ognuno era al corrente dellincidente. La regina aveva
fatto le viste di raccomandare il conte dArtois. Costui era di pessimo umore.
Durante la carola, rifiut ostentatamente la mano della contessa di Borgogna e
and a piantarsi davanti alla regina Giovanna, la quale per la sua infermit non
danzava mai, e rimase l a lungo, protendendo il braccio quasi volesse invitarla, il
che rappresentava un terribile affronto. Le spose cercavano con gli occhi i loro

mariti; le viole e le arpe gemevano in un silenzio angosciato. Sarebbe bastato un


nulla perch il torneo venisse anticipato di una notte e la zuffa incominciasse
subito nel salone da ballo. Lingresso del re darmi, scortato dai suoi araldi, e
venuto per un nuovo proclama, costitu unutile diversione.
Udite, udite, alti e potenti prncipi, signori, baroni, cavalieri e scudieri che
partecipate al torneo! Vi informo da parte dei signori giudici che ognuno di
voi domani deve trovarsi nei ranghi a mezzogiorno preciso, armato e pronto a
torneare, perch alluna del pomeriggio i giudici faranno tagliare le corde per
incominciare il torneo, durante il quale saranno contesi i ricchi premi dalle
dame offerti. Inoltre, nessuno di voi dovr portare nei ranghi valletti a cavallo al
suo servizio oltre la quantit fissata, vale a dire: quattro valletti per i prncipi, tre
per i conti, due per i cavalieri e uno per i scudieri, mentre di valletti a piedi
ognuno potr portarne quanti vuole, come hanno stabilito i giudici. Inoltre, se
tutti siete daccordo, alzerete la mano destra in alto verso i Santi, e tutti insieme
prometterete di non colpire coscientemente durante il detto torneo di stocco, e
neppure al di sotto della cintura; e anche che se per disavventura a qualcuno di
voi cadesse di testa lelmo, nessun altro lo toccher fin quando esso non verr
rimesso in testa e allacciato; se farete altrimenti, vi assoggetterete a perdere
armatura e destriero e ad essere banditi dai futuri tornei. Questo dovete giurare
e promettere in fede vostra e sul vostro onore.
Tutti i torneatori presenti levarono le mani e gridarono:
S, s, lo giuriamo!
State bene attenti, domani disse il duca di Borgogna ai suoi cavalieri,
perch il nostro cugino dArtois potrebbe fare il cattivo e non rispettare tutte
le ingiunzioni.
Dopo di che ricominciarono le danze.

VIII ONORE DI PARI, ONORE DI RE

gni torneatore se ne stava nel padiglione di panno ricamato dove garriva

la sua bandiera e si faceva vestire: dapprima le brache di maglia alle quali


venivano fissati gli speroni; poi le piastre di ferro che coprivano le gambe e le
braccia; quindi il giaco di cuoio pesante sopra il quale si indossava larmatura vera
e propria, una specie di barilotto di ferro, articolato o tutto dun pezzo a seconda
dei gusti. Venivano poi la cervelliera di cuoio per proteggere dai colpi sferrati
allelmo, e lelmo stesso, impennacchiato o sormontato da vari emblemi, che
veniva allacciato al colletto del giaco con corregge di cuoio. Sopra larmatura si
indossava la cotta di seta a vivaci colori, lunga e fluttuante, con immense maniche
a festoni che pendevano dalle spalle e le armi gentilizie ricamate sul petto. Infine il
cavaliere riceveva la spada, dal filo smussato, e lo scudo, rettangolare o rotondo.
Fuori lo attendeva il suo destriero coperto da una gualdrappa ricamata con gli
stemmi del padrone, con un lungo morso in bocca e una piastra di ferro per
proteggergli il frontale, sulla quale piastra, come sullelmo del padrone, si fissava
un drago, unaquila, un leone, una torre o un mazzo di piume. I valletti darme
avevano in mano le tre lance spuntate messe a disposizione di ogni torneatore,
nonch una mazza abbastanza leggera per non provocare troppi guai.
I nobili passeggiavano fra i padiglioni, venivano ad assistere alla vestizione dei
campioni, davano agli amici gli ultimi incoraggiamenti.
Il piccolo principe Giovanni, primogenito del re, contemplava tutto ammirato
questi preparativi, e Giovanni il Matto, che lo accompagnava, faceva smorfie
sotto il suo berretto da pazzo.
La folla popolare, accorsa numerosa, veniva tenuta a distanza da una
compagnia di arcieri; avrebbe visto soprattutto della polvere, poich, nei quattro
giorni in cui i giostratori avevano calpestato le lizze, lerba era completamente
scomparsa e il terreno, bench recentemente innaffiato, si era fatto polveroso.
Prima ancora di montare a cavallo i torneatori grondavano sudore sotto la loro

bardatura le cui piastre di ferro bruciavano nel gran sole di luglio. Avrebbero
perso quattro libbre prima che la giornata fosse finita.
Gli araldi passavano urlando:
Allacciate gli elmi! Allacciate gli elmi signori cavalieri, e issate le bandiere per
scortare quella del capo!
Le tribune erano ormai colme e i giudici, fra i quali il conestabile, messer Mille
di Noyers e il duca di Borbone, avevano preso posto in quella centrale.
Suonarono le trombe e i torneatori, aiutati dai loro valletti, salirono
pesantemente a cavallo e si recarono chi davanti alla tenda del re di Francia, chi
davanti a quella del re di Boemia, per schierarsi in corteo, due a due, ogni
cavaliere seguito dal suo portabandiera, sino alle lizze.
Delle corde dividevano a met larengo, nel senso della larghezza. I due partiti
si schierarono uno di fronte allaltro. Dopo nuovi e prolungati squilli di tromba, il
re darmi venne avanti a ripetere per unultima volta le regole del torneo.
Infine url:
Tagliate le funi, urlate battaglia quando vorrete!
Il duca di Borbone provava un certo malessere tutte le volte che udiva tale
grido, perch era quello che lanciava un tempo suo padre, Roberto di Clermont,
sesto figlio di San Luigi, nelle crisi di follia che lo coglievano repentinamente nel
mezzo di un pasto o di una seduta al Consiglio del re. Egli preferiva esser giudice
piuttosto che combattente, perch fuggire in un torneo era meno facile che
fuggire in guerra. Lessere zoppo costituiva per lui un buon pretesto per rimanere
al di qua delle lizze.
Gli uomini preposti alla bisogna avevano sollevato le scuri e le funi si
spezzarono. I portabandiera, lanciando urla di guerra, abbandonarono i ranghi; i
valletti a cavallo, armati di tronconi di lance non pi lunghi di tre piedi, si
schierarono contro il corrimano, pronti a correre in aiuto ai loro padroni. Poi la
terra trem sotto gli zoccoli di duecento cavalli lanciati al galoppo gli uni contro
gli altri, e incominci la zuffa.
Le dame, in piedi nelle tribune, strillavano seguendo con gli occhi lelmo del
loro cavaliere preferito. I giudici stavano attenti ai colpi scambiati per poi
proclamare i vincitori. Lurto delle lance, delle staffe, delle armature, di tutta quella
ferraglia, produceva un baccano infernale. La polvere impediva di scorgere il sole.
Sin dal primo scontro quattro cavalieri vennero sbalzati di sella e altri venti si
videro spezzare la lancia. I valletti, rispondendo agli strilli che uscivano dalle
ventaglie degli elmi, corsero a portare nuove lance ai torneatori disarmati e a
rialzare i disarcionati che sgambettavano come granchi. Uno di loro si era rotto

una gamba e dovettero portarlo via in quattro.


Mille di Noyers era piuttosto seccato e, bench giudice, provava soltanto un
vago interesse per lo spettacolo. Lo considerava infatti una perdita di tempo.
Doveva presiedere i lavori della Camera dei conti, controllare le decisioni del
parlamento, badare allamministrazione del regno. E per far piacere al re, doveva
starsene l, a guardare quei fracassoni che rompevano lance di frassino. N faceva
mistero delle sue opinioni.
Tutti questi tornei costano troppo; sono spese inutili che dispiacciono al
popolo diceva ai vicini. Il re non sa cosa dicono i suoi sudditi nei paesi e
nelle campagne! Quando passa vede soltanto gente curva a baciargli i piedi; e
solo io sento i rapporti dei podest e dei bargelli. Spese inutili dettate
dallorgoglio e dalla futilit! E intanto non si fa nulla! I decreti attendono la
firma per due settimane; si tiene consiglio solo per decidere chi sar re darmi o
cavaliere donore. La grandezza di un regno non si misura da queste parodie
cavalleresche. E ben lo sapeva re Filippo il Bello che, daccordo con papa
Clemente, aveva fatto proibire i tornei.
Il conestabile Raul di Brienne, con la mano a visiera per meglio osservare la
zuffa, rispose:
Certo, messere, non avete torto, ma trascurate che il torneo un buon
addestramento alla guerra.
Quale guerra? disse Mille di Noyers. Credete forse che si vada in
guerra con quelle torte nuziali sulla testa e quelle maniche a festoni che
pendono di due aune? Che le giostre siano un buon addestramento alla
battaglia ve lo concedo; ma i tornei, da quando non si fanno pi con le
armature di guerra e da quando il cavaliere non ne porta pi il vero peso,
hanno perduto qualsiasi ragione dessere. Sono anzi funesti, perch i nostri
giovani scudieri che non sono mai andati in battaglia crederanno che contro il
nemico le cose avvengano nello stesso modo, e che si attacchi soltanto quando
qualcuno grida di tagliare le funi!
Mille di Noyers poteva parlare con autorit, perch era stato maresciallo
dellesercito quando suo cognato Gaucher di Chtillon era stato da poco nominato
conestabile, e quando quel giovincello di Brienne si succhiava ancora il pollice.
Ma anche un bene che i nostri signori imparino a conoscersi in attesa
della crociata disse il duca di Borbone.
Mille di Noyers alz le spalle. Proprio il duca, quel famoso vigliacco, doveva
predicare la crociata!
Messer Mille era stanco di occuparsi degli affari di Francia agli ordini di un

sovrano che tutti concordavano nel giudicare ammirevole e che lui, in seguito alla
sua lunga esperienza, considerava poco capace. Quando si compiono sforzi in una
direzione che nessuno approva sopravviene una certa stanchezza. E Mille, che
aveva iniziato la sua carriera alla corte di Borgogna, si chiedeva se non vi sarebbe
presto tornato. Era meglio amministrare con saggezza un ducato che con follia un
regno, e il duca Eudes gli aveva fatto proposte in questo senso. Le cerc nella
mischia e vide che giaceva al suolo, sbalzato di sella da Roberto dArtois. Allora
Mille di Noyers torn a interessarsi al torneo.
Mentre il duca Eudes si faceva rialzare dai valletti, Roberto metteva piede a terra
e offriva al suo avversario uno scontro a piedi. Armati di mazza e di spada, le due
torri di ferro avanzarono luna verso laltra, con passo un po barcollante, per
tempestarsi di colpi. Mille sorvegliava con attenzione Roberto dArtois, pronto a
farlo squalificare alla prima infrazione. Ma Roberto osservava le regole, non
attaccava sotto la cintura, colpiva sempre e soltanto di taglio. Con la mazza
martellava lelmo del duca di Borgogna schiacciando il drago che la sormontava.
E, bench la mazza pesasse soltanto una libbra, laltro doveva avere ormai la testa
intronata perch incominciava a difendersi a fatica e la sua spada fendeva pi
spesso laria che Roberto. Tentando una schivata Eudes di Borgogna perse
lequilibrio; Roberto gli pos un piede sul petto e accost la punta della spada
allallacciatura dellelmo. Il duca implor merc. Si era arreso e doveva
abbandonare la lotta. Roberto risal in sella e pass fieramente al galoppo davanti
alle tribune. Una dama entusiasta si strapp la manica che Roberto raccolse con la
punta della lancia.
In questi giorni monsignor Roberto dovrebbe mostrarsi meno superbo
disse Mille di Noyers.
Bah! disse Raul di Brienne, il re lo protegge.
Fin quando? disse Mille di Noyers. La signora Mahaut sembra sia
morta un po troppo in fretta, e cos la signora Giovanna la Vedova; e poi c il
fatto che Beatrice dHirson, la loro dama di compagnia, scomparsa e che la
sua famiglia la sta inutilmente cercando Il duca di Borgogna agir con
saggezza se far assaggiare le sue vivande prima di consumarle.
Evidentemente avete cambiato parere nei confronti di Roberto. Lanno
scorso sembravate tutto dalla sua parte.
Ma lanno scorso non avevo ancora dovuto istruire il suo processo, di cui
ho recentemente diretto la seconda inchiesta
Ah! ecco messer di Hainaut che attacca disse il conestabile.
Giovanni di Hainaut, che combatteva per il re di Boemia, si agitava

enormemente; non cera personaggio importante nello schieramento del re di


Francia che egli non avesse sfidato: si capiva fin dora che sarebbe spettato a lui il
trofeo del vincitore.
Il torneo dur unora buona, al termine della quale i giudici fecero di nuovo
suonare le trombe, aprire le barriere e sciogliere le file. Tuttavia una decina di
cavalieri e scudieri di Artois sembravano non aver udito il segnale e bastonavano
con entusiasmo quattro signori borgognoni in un angolo delle lizze. Roberto non
era con loro, ma aveva indubbiamente ispirato i suoi uomini; la rissa rischiava di
trasformarsi in un massacro. Re Filippo VI fu costretto a farsi togliere lelmo e, a
testa nuda per essere riconosciuto, and fra lammirazione generale a separare
quegli accaniti combattenti.
Precedute dagli araldi e dai suonatori, le due schiere si ricostituirono in corteo
per uscire dallarengo. Era una sfilata di armature acciaccate, di cotte a brandelli, di
vernici scheggiate, di cavalli zoppi e di gualdrappe a pezzi. Il torneo si chiudeva
con un morto e qualche storpiato a vita. A parte messer Giovanni di Hainaut, al
quale sarebbe spettato il premio offerto dalla regina, tutti i torneatori avrebbero
ricevuto come ricordo un boccale dargento dorato, uno coppa o una scodella
dargento.
Nei loro padiglioni dalle tende rialzate i signori stavano togliendosi larmatura,
mettendo cos a nudo volti arrossati, mani graffiate alle giunture dalle manopole e
gambe tumefatte. Contemporaneamente si scambiavano i loro commenti.
A me s acciaccato lelmo sin dallinizio. E la cosa mi ha dato molto
fastidio
Se messer di Courgent non fosse accorso in vostro aiuto, avreste visto,
amico mio!
Il duca Eudes non riuscito a reggere a lungo contro monsignor Roberto!
Ah! Brcy si comportato bene, devo ammetterlo!
Risate, scatti di collera, sospiri di stanchezza; i torneatori si dirigevano verso i
bagni, installati in un vicino granaio, ed entravano nelle tinozze appositamente
preparate, prima i prncipi, poi i baroni, poi i cavalieri e infine gli scudieri.
Esisteva fra loro quella solida e amichevole familiarit che nasce dalle competizioni
fisiche, ma si intuiva anche qualche tenace rancore.
Filippo VI e Roberto dArtois erano immersi in due tinozze gemelle.
Bel torneo, bel torneo diceva Filippo. Ah! fratello devo parlarti.
Sire, fratello mio, sono tuttorecchi.
Questo passo costava evidentemente parecchia fatica a Filippo. Ma per parlare a
tu per tu, con il cugino, con il cognato, con lamico di giovinezza e di sempre,

quale momento migliore di questo, al termine di un torneo in cui avevano


gareggiato insieme mentre le grida che riempivano il granaio, le grandi manate
che i cavalieri si davano sulle spalle, il gorgoglio dellacqua, il vapore che si levava
dalle tinozze, isolavano del tutto il loro colloquio?
Roberto, perderai il processo perch le tue lettere sono false.
Roberto lev dalla tinozza i suoi rossi capelli e le sue rosse guance.
No, fratello, sono vere!
Il re assunse unespressione desolata.
Roberto, te ne scongiuro, non ostinarti su una cos brutta strada. Ho fatto
per te pi che ho potuto, contro il parere di molti, sia fra i miei familiari che
fra i membri del mio Consiglio. Ho accettato di affidare lArtois alla duchessa
di Borgogna riservandomi di restaurare i tuoi diritti. Ho imposto come
governatore Ferry di Picquigny, un uomo a te devoto. Ho proposto alla
duchessa di riscattarle lArtois per consegnarlo a te
Non cera nessun bisogno di riscattarlo, dato che mio
Davanti a una cos testarda ostinazione, Filippo VI ebbe uno scatto di collera.
Chiam il suo cameriere:
Trousseau! Ancora un po dacqua fredda, ti prego.
Poi prosegu:
Sono stati i comuni dArtois a non voler pagare per cambiar padrone, che ci
posso fare? Lordine di aprire il tuo processo attende da un mese. E da un
mese rifiuto di firmarlo perch non voglio che mio fratello sia posto a
confronto con persone vili che lo insozzeranno di un fango dal quale non sono
certo che possa lavarsi. Ogni uomo fallibile; nessuno di noi ha commesso
soltanto cose lodevoli. I tuoi testimoni sono stati corrotti o minacciati; il tuo
notaio ha parlato; e in carcere vi sono falsari che confessano di aver scritto le
tue lettere.
Sono vere ripet Roberto.
Filippo VI sospir. Quanti sforzi bisogna fare per salvare un uomo suo
malgrado!
Non dico, Roberto, che tu sia veramente colpevole. Non dico, come
qualcuno sostiene, che tu abbia messo mano a quelle lettere. Te le hanno
portate, le hai credute autentiche, sei stato ingannato
Roberto, nella sua tinozza, contraeva le mascelle.
Forse anche continu Filippo, stata mia sorella, la tua sposa, a
ingannarti. A volte le donne commettono falsit di tal sorta, credendo di
rendersi utili! Perch sono false per natura. Prendi ad esempio la mia che non

ha esitato a sottrarmi il sigillo!


S, le donne sono false disse Roberto con ira. E tutto questo un
intrigo di donne tramato fra la tua sposa e la cognata di Borgogna. Non
conosco le vili persone le cui estorte confessioni si vorrebbe oppormi!
Voglio anche considerare una calunnia riprese a voce pi bassa Filippo,
ci che si dice della morte di tua zia
Aveva cenato da te!
Non vi aveva cenato sua figlia, quando per nel giro di due giorni.
Non ero io il solo nemico che si fossero procurate nel corso della loro
perfida vita rispose Roberto con simulata indifferenza.
Usc dalla tinozza e chiese dei panni per asciugarsi. Filippo fece altrettanto.
Erano uno davanti allaltro, nudi, con la pelle rosea e il corpo fittamente villoso. I
loro servitori attendevano qualche passo pi in l, tenendo sulle braccia gli abiti di
gala.
Roberto, attendo la tua risposta disse il re.
Quale risposta?
Che tu rinunci allArtois, per darmi modo di soffocare la cosa
E per darti anche modo di riprendere la parola che mi avevi dato prima di
diventare re. Sire, fratello mio, hai dunque dimenticato chi ti ha portato al
trono, chi ti ha fatto avere i voti dei pari, chi ti ha procurato lo scettro?
Filippo di Valois afferr Roberto per i polsi e, fissandolo negli occhi, disse:
Se avessi dimenticato, Roberto, credi che in questo momento ti parlerei
come ti parlo? Per lultima volta, rinuncia.
Mai rispose il gigante scuotendo il capo.
al re che dici di no?
S, sire, al re che io ho fatto.
Filippo allent la presa.
Allora, se tu non vuoi salvare il tuo onore di pari disse, io bader a
salvare il mio onore di re!

IX I TOLOMEI

erdonatemi, monsignore, se non posso alzarmi per accogliervi meglio

disse con voce ansante Spinello Tolomei allarrivo di Roberto dArtois.


Il vecchio banchiere era disteso su un letto montato nel suo studio; una leggera
coperta lasciava indovinare la forma del suo grosso ventre e del suo petto
consunto. Una barba di otto giorni pareva su quelle guance scarne un deposito di
sale, e la sua bocca violacea cercava laria. Ma dalla finestra aperta sulla via dei
Lombardi non giungeva alcuna frescura. Parigi sudava sotto il sole di un
pomeriggio dagosto.
Non rimaneva molta vita nel corpo di messer Tolomei, n nellespressione del
suo solo occhio aperto che tradiva soltanto uno stanco disprezzo, come se
ottantanni di esistenza fossero stati nullaltro che uninutile fatica.
Intorno al letto stavano quattro uomini dal viso abbronzato, dalle labbra sottili e
dagli occhi lucidi come olive nere, tutti egualmente vestiti di scuro: quattro volti
tragici come sono assai spesso quelli degli italiani davanti alla morte.
I miei cugini Tolomeo Tolomei, Andrea Tolomei, Giacomo Tolomei
disse il moribondo indicandoli. Conoscete gi mio nipote Guccio Baglioni
A trentacinque anni, le tempie di Guccio erano gi bianche.
Sono venuti tutti da Siena per vedermi morire e anche per altre cose
aggiunse lentamente il vecchio banchiere.
Roberto dArtois, in abito da viaggio, con il busto leggermente inarcato sulla
poltrona dove lo avevano fatto accomodare, contemplava il vecchio con quella
simulata attenzione che propria delle persone ossessionate da gravi
preoccupazioni.
Monsignor dArtois un amico, oso dire riprese Tolomei rivolgendosi ai
suoi parenti. Tutto ci che si potr fare per lui deve essere fatto; tante volte
ci ha salvati, e stavolta non dipeso da lui se
Poich i cugini senesi non capivano molto il francese, Guccio tradusse loro

rapidamente le parole dello zio, ed essi abbassarono contemporaneamente i loro


volti scuri.
Ma se avete bisogno di denaro, monsignore, purtroppo nonostante tutta la
mia devozione per voi, non possiamo far nulla. Sapete benissimo perch
Si capiva che Spinello Tolomei cercava di risparmiare le proprie forze. Non
aveva del resto bisogno di diffondersi troppo. A che sarebbe servito commentare
la drammatica situazione in cui si trovavano da alcuni mesi i banchieri italiani?
In gennaio il re aveva emanato un decreto in base al quale tutti i lombardi
erano minacciati di espulsione. Non era una novit; ogni re era nei momenti
difficili, aveva brandito la stessa minaccia e arraffato agli italiani parte della loro
fortuna costringendoli a riscattare il diritto di soggiorno. Per compensare la perdita
i banchieri aumentavano poi per un anno il tasso di usura. Ma stavolta il decreto
era accompagnato da un provvedimento ancor pi grave: tutti i crediti che i
lombardi vantavano nei confronti dei signori francesi venivano annullati; si
proibiva ai debitori di saldarli anche se ne avevano la voglia o la possibilit.
Agenti regi montavano la guardia alle porte dei banchi, facendo tornare indietro
gli onesti clienti che venivano a rimborsare! I banchieri italiani erano disperati.
E questo perch la nobilt si troppo indebitata per quelle feste pazzesche,
e per tutti quei tornei in cui vuol brillare davanti al re! Nemmeno sotto Filippo
il Bello siamo stati trattati in questo modo.
Io mi sono battuto per voi disse Roberto.
Lo so, lo so, monsignore. Voi avete sempre difeso le nostre compagnie. Ma
adesso anche voi siete piuttosto in disgrazia Potevamo sperare che le cose si
sarebbero risolte come le altre volte. Ma la morte di Maccio dei Macci stata
per noi il colpo decisivo.
Il vecchio volse lo sguardo verso la finestra e tacque.
Maccio dei Macci, uno dei pi grandi finanzieri italiani in Francia, cui Filippo
VI, appena salito al trono, aveva affidato, su consiglio di Roberto,
lamministrazione del Tesoro, era stato impiccato la settimana precedente dopo un
sommario processo.
Guccio Baglioni, con voce carica di contenuta rabbia, disse allora:
Un uomo che aveva dedicato tutte le sue energie e tutta la sua astuzia al
servizio di questo regno. Si sentiva francese pi che se fosse nato sulla Senna; si
faceva chiamare Mache des Mache Si forse arricchito con la sua carica pi
di quelli che lo hanno fatto impiccare? Ma sono sempre gli italiani a fungere
da capro espiatorio, non avendo essi l possibilit di difendersi!
I cugini senesi coglievano ci che potevano da questi discorsi; ma al nome di

Maccio dei Macci, inarcarono le sopracciglia sino a met della fronte e,


abbassate le palpebre, emisero contemporaneamente un profondo sospiro.
Tolomei, disse Roberto dArtois, non vengo a chiedervi denaro in
prestito, ma a pregarvi di accettare il mio.
Per quanto indebolito, messer Tolomei si sollev leggermente dal letto, tanto
lannuncio costituiva per lui una sorpresa e i cugini senesi riaprirono gli occhi,
non osando credere di aver capito bene.
S riprese Roberto, vorrei consegnarvi tutti i miei capitali per ricevere
da voi lettere di cambio. Parto. Abbandono il regno.
Voi, monsignore? Il vostro processo va dunque tanto male? gi stata
pronunciata sentenza contro di voi?
Lo sar fra quattro settimane. Sai, banchiere, come mi tratta quel re di cui
ho sposato la sorella e che mai senza di me sarebbe salito al trono? Ha
mandato il suo podest di Gisors a suonare il corno davanti alla porta di tutti i
miei castelli, a Conches, a Beaumont, a Orbec, per annunciare che mi
convocava a San Michele davanti al suo tetto di giustizia45. Una pseudo giustizia
in cui la sentenza contro di me gi stata pronunciata. Filippo ha lanciato tutti
i suoi cani alle mie calcagna: Sainte-Maure, il suo perfido cancelliere, Forget,
quel ladro del suo tesoriere, Matteo di Trye, il suo maresciallo, e Mille di
Noyers per aprire loro la strada. Gli stessi che si sono alleati contro di voi, gli
stessi che hanno impiccato il vostro amico Mache des Mache! la mala regina,
la zoppa a vincere, la Borgogna che trionfa, la bassezza! Hanno
scaraventato in carcere i miei notai e il mio cappellano, e torturato i miei
testimoni per costringerli a rimangiarsi le loro deposizioni. Ma, mi giudichino
pure, io non ci sar! Mi hanno rubato lArtois, e mi vituperino pure a loro
piacere! Questo regno non pi nulla per me, e il suo re mio nemico; me ne
vado oltre frontiera per fargli tutto il male che mi sar possibile! Domani sar a
Conches da cui far partire i miei cavalli, la mia argenteria, i miei gioielli e le
mie armi per Bordeaux, dove li caricher su una nave inglese! Vogliono
impadronirsi del mio corpo e delle mie ricchezze, ma non mi prenderanno!
Andate in Inghilterra, monsignore? domand Tolomei.
Per il momento chieder ospitalit a mia sorella, la contessa di Namur.
E la vostra sposa partir con voi?
No, mi raggiunger pi tardi. Dunque, banchiere: tutti i miei capitali per
avere lettere di cambio sui vostri banchi di Olanda e dInghilterra. E tenete per
voi due lire ogni venti.
Tolomei spost un poco la testa sul guanciale e intavol con i nipoti e con i

cugini una conversazione in italiano della quale Roberto non cap nulla. Sentiva
passare le parole, debito rimborso deposito2 Accettando il denaro di un
signore francese la compagnia dei Tolomei contravveniva forse al decreto? No,
perch non si trattava di un pagamento di debiti ma di un deposito
Poi Tolomei volse nuovamente verso Roberto dArtois il suo volto di sale e le
sue labbra violacee.
Anche noi, monsignore, partiamo; o meglio partono loro, disse
indicando i suoi parenti. Porteranno con s tutto ci che possediamo qui. In
questo momento le nostre compagnie sono in disaccordo. I Bardi e i Peruzzi
esitano; pensano che il peggio sia passato e che piegando un poco la schiena
sono come gli ebrei che si fidano sempre delle leggi e credono di aver
sistemato le cose quando hanno versato il loro tributo; ma versano il tributo e
poi vengono portati al rogo! I Tolomei, invece, se ne vanno. Questa partenza
provocher qualche sorpresa perch noi portiamo in Italia tutto il denaro che ci
stato affidato; la maggior parte gi in cammino. Dal momento che si
rifiutano di pagarci i debiti, ebbene, portiamo via i depositi46!
Unultima espressione maliziosa pass nel volto scavato del vecchio.
Lascer alla terra di Francia soltanto le mie ossa che non costituiscono una
grande ricchezza aggiunse.
No, la Francia non stata buona con noi disse Guccio Baglioni.
Ma come? Non ti ha forse dato un figlio?
vero disse Roberto dArtois, voi avete un figlio. Cresce bene?
Si, grazie, monsignore, rispose Guccio, adesso quasi pi alto di me,
e ha solo quindici anni. Ma mostra poco entusiasmo per la banca.
Gli verr, gli verr disse il vecchio. Allora, monsignore, noi
accettiamo. Affidateci il vostro capitale e noi lo porteremo oltre le frontiere e vi
consegneremo lettere di cambio per la stessa cifra senza trattenere nulla. Il
denaro liquido sempre utile.
Te ne sono grato, Tolomei, le mie casseforti ti saranno portate questa notte.
Quando da un regno incomincia a fuggire il denaro, la prosperit di questo
regno ha le ore contate. Avrete la vostra rivincita, monsignore, io non la vedr
ma, ve lo garantisco, avrete la vostra rivincita.
La palpebra sinistra, abitualmente chiusa, si era aperta; Tolomei lo fissava con
entrambi gli occhi: lo sguardo della verit, finalmente. E Roberto dArtois si sent
tutto turbato perch un vecchio lombardo che stava per morire lo guardava con
compassione.
Tolomei, ho visto uomini coraggiosi lottare in battaglia sino allultimo

respiro; tu sei coraggioso quanto loro, a modo tuo.


Un triste sorriso pass sulle labbra del banchiere.
Non coraggio, monsignore, anzi. Se non facessi il banchiere, in questo
momento avrei tanta paura.
La sua vecchia mano si lev dalla coperta e fece cenno a Roberto di avvicinarsi.
Roberto si curv come a raccogliere una confidenza.
Monsignore, disse Tolomei, permettetemi di benedire il mio ultimo
cliente.
E tracci con la mano un segno di croce sui capelli del gigante, come
abitudine dei padri italiani quando i figli partono per un lungo viaggio.

X IL LETTO DI GIUSTIZIA

ilippo VI, con la corona in capo e il mantello regale sulle spalle, era

seduto al centro di una predella a gradini, su un seggio a braccioli terminanti in


teste di leoni. Sopra di lui erano appese le insegne di Francia ricamate su un gran
pannello di seta; ogni tanto si chinava a sinistra verso il cugino re di Navarra o a
destra verso il parente re di Boemia per prenderli a testimoni e per far loro notare
quanto tempo aveva saputo essere mansueto.
Il re di Boemia scuoteva la bella barba castana in un atteggiamento nello stesso
tempo confuso e indignato. Possibile che un cavaliere, un pari di Francia come
Roberto dArtois, un principe dal fiordaliso, si fosse comportato in quel modo,
avesse partecipato a imprese sordide quanto quelle che in quel momento venivano
elencate, si fosse compromesso con persone di cos bassa estrazione?
Nella prima fila dei pari laici, ognuno dei quali teneva appeso sopra la testa
uno scudo con le proprie armi, compariva per la prima volta lerede al trono, il
principe Giovanni, eccezionalmente alto per i suoi tredici anni, un ragazzo dallo
sguardo cupo e pesante e dal mento troppo lungo, che suo padre aveva appena
nominato duca di Normandia.
Accanto a lui stavano il conte di Alengon, fratello del re, i duchi di Borbone e
di Bretagna, il conte di Fiandra, il conte di Etampes. Cerano due seggi vuoti,
quello del duca di Borgogna che non poteva sedere essendo parte in causa e
quello del re dInghilterra che non si era nemmeno fatto rappresentare.
Fra i pari e gli ecclesiastici si riconoscevano monsignor Giovanni di Marigny,
conte-vescovo di Beauvais, e Guglielmo di Trye, duca-arcivescovo di Reims.
Per conferire ancor pi solennit a questo letto di giustizia, il re vi aveva
convocato anche gli arcivescovi di Sens e di Aix, i vescovi di Arras, di Autun, di
Blois, di Forez, di Vendme, il duca di Lorena, il conte Guglielmo di Hainaut
con il fratello Giovanni e tutti gli alti funzionari della corona: il conestabile, i due
marescialli, Mille di Noyers, presidente della Camera dei conti, i messeri di

Chtillon, di Soyecourt, di Garencires, membri del Consiglio ristretto e molti


altri ancora, seduti intorno al palco, lungo le pareti del salone del Louvre dove si
teneva ludienza.
Sul pavimento, con le gambe accovacciate su cuscini di stoffa, erano ammassati
i referendari e i consiglieri del Parlamento, gli scrivani e molti ecclesiastici di rango
minore.
In piedi, di fronte al re, a sei passi da lui, il procuratore generale Simone Bucy,
circondato dai commissari inquirenti, stava leggendo da due ore la sua
requisitoria, la pi lunga che avesse mai pronunciato in tutta la sua carriera. Aveva
dovuto rievocare tutte le fasi dellaffare dArtois, le cui origini risalivano alla fine
dellaltro secolo, ricordare il primo processo del 1309, la sentenza emanata da
Filippo il Bello, la rivolta armata di Roberto contro Filippo il Lungo nel 1316 e il
secondo giudizio del 1318, prima di arrivare al recente processo, al falso
giuramento di Amiens, allinchiesta, alla contro-inchiesta, alle innumerevoli
deposizioni raccolte, alla subornazione dei testimoni, alla fabbricazione dei falsi,
allarresto dei complici.
Tutti questi fatti, messi in luce uno dopo laltro, presentati nella loro
successione e nel loro complicato ingranaggio, costituivano uno dei pi grandi
processi di diritto privato che mai si fossero svolti al mondo, ed erano
continuamente mescolati alla storia degli ultimi quarantanni del regno. Il pubblico
era contemporaneamente affascinato e stupefatto, stupefatto dalle rivelazioni del
procuratore, affascinato dalla scoperta della vita segreta del grande barone, davanti
al quale ancora ieri tutti tremavano, di cui ciascuno aveva cercato di diventare
amico, e che per tanti anni aveva fatto il bello e il brutto tempo nella nazione
francese! La denunzia degli scandali della Torre di Nesle, lincarcerazione di
Margherita di Borgogna, lannullamento del matrimonio di Carlo VI, la guerra di
Aquitania, la rinuncia alla crociata, lappoggio fornito a Isabella dInghilterra,
lelezione di Filippo VI, di tutto questo egli era stato lanima, creando o dirigendo
i fatti, e sempre mosso da un solo pensiero, da un solo interesse: lArtois, leredit
dellArtois!
Quanti fra i presenti dovevano il loro titolo, la loro carica, la loro fortuna a
questo spergiuro, a questo falsario, a questo criminale, a cominciare dallo stesso
sovrano?
Il posto dellimputato era simbolicamente occupato nel pretorio da due
armigeri che reggevano un grande scudo di seta nel quale figurava lo stemma di
Roberto costellato di fiordalisi, con un lambello a quattro denti da ognuno dei
quali pendevano tre castelli doro.

E ogni volta che il procuratore pronunciava il nome di Roberto, si voltava verso


lo scudo come per indicarne la persona.
Era arrivato alla fuga del conte dArtois:
Bench la convocazione gli sia stata regolarmente notificata da messer
Giovanni Loncle, guardia della podesteria di Gisors, nelle sue consuete abitazioni,
il detto Roberto dArtois, conte di Beaumont, mancato davanti al re nostro sire e
alla sua camera di giustizia debitamente convocata il ventinovesimo giorno di
settembre. Ma ci venne detto e confermato da parecchie parti che il detto Roberto
aveva fatto imbarcare a Bordeaux il suo cavallo e i suoi tesori su una nave, e
inviate le sue monete doro e dargento con mezzi illeciti fuori del regno, e che,
anzich presentarsi davanti alla giustizia del re, si era rifugiato oltre le frontiere.
Il sei ottobre 1331, la signora di Divion, riconosciuta colpevole di numerosi
reati commessi al servizio del detto Roberto e del proprio, fra i quali in primo
luogo falso in scritture e contraffazione di sigilli, stata arsa e bruciata a Parigi,
nella piazza dei Pourceaux, e le sue ossa ridotte in polvere; questo alla presenza
dei monsignori il duca di Bretagna, il conte di Fiandra, Giovanni di Hainaut, di
messer Raul di Brienne, conestabile di Francia, dei marescialli Roberto Bertrand e
Matteo di Trye e di messer Giovanni di Milon, bargello di Parigi, che ha riferito al
re dellesecuzione
Le persone nominate abbassarono gli occhi; ricordavano ancora la Divion
legata al palo, le sue urla, le fiamme che divoravano i suoi abiti di canapa, e la
carne delle gambe che si gonfiava, che esplodeva sotto il fuoco, e ricordavano
anche latroce odore che il vento dottobre portava alle loro narici Cos era finita
lamante dellex vescovo di Arras.
Il giorno quattordici ottobre, messer Pietro dAuxerre, consigliere, e Michele
di Paris, podest, hanno notificato alla signora di Beaumont, sposa del detto
Roberto, prima a Jouy-le-Chtel, poi a Conches, Beaumont, Orbec e
Quatremares, sue abituali dimore, che il re convocava il detto Roberto per
giudicarlo il quattordici dicembre. Ora, il detto Roberto a quella data per la
seconda volta mancato. Con la sua grande clemenza, il re nostro signore ha
concesso un nuovo rinvio a quindici giorni dopo la festa della Candelora, e
perch il detto Roberto non potesse ignorarlo ne venne fatta proclamazione
dapprima nella grande camera del Parlamento, poi alla Tavola di marmo 47 nel
salone del palazzo, e in seguito a Orbec, a Beaumont e di nuovo a Conches da
parte degli stessi messeri Pietro di Auxerre e Michele di Paris, che non poterono
parlare alla signora di Beaumont, ma lessero la loro grida davanti alla porta della
sua camera, e a voce talmente alta che ella potesse intendere

Ogni volta che si citava la signora di Beaumont, il re si passava una mano sul
viso e torceva un poco il suo grande naso carnoso. In fondo, si trattava di sua
sorella!
Al Parlamento di giustizia tenuto dal re alla data citata, il detto Roberto
dArtois non comparso, ma si fatto rappresentare da messer Henry, decano di
Bruxelles, e da messer Tibaldo di Meaux, canonico di Cambrai, che delega di
comparire in suo luogo ed esporre le ragioni della sua assenza. Ma poich la
convocazione era fissata per il luned, quindici giorni dopo la Candelora, mentre
la delega di cui essi erano muniti indicava invece il marted, per questa ragione la
loro delega non pot essere riconosciuta valida, e per la terza volta limputato
venne proclamato in difetto Ora noto e notorio che in questo periodo
Roberto dArtois ha cercato rifugio anzitutto presso la signora contessa di Namur,
sua sorella, ma, avendo il re nostro signore vietato alla signora di Namur di
aiutare e ospitare il ribelle, essa ha impedito al suddetto Roberto suo fratello, il
soggiorno nei propri stati. In seguito il detto Roberto ha cercato di rifugiarsi
presso monsignore il conte Guglielmo nei suoi stati dello Hainaut; ma, dietro
preghiera del re nostro sire, Monsignore il conte di Hainaut ha anchegli proibito
al detto Roberto il soggiorno nei suoi stati. E ancora il detto Roberto ha chiesto
asilo e rifugio al duca di Brabante, il quale duca pregato dal re nostro sire di non
offrirgli ospitalit, ha in un primo tempo risposto che non essendo vassallo del re
di Francia, poteva accogliere chi gli piaceva a suo esclusivo giudizio; ma, in
seguito, il duca di Brabante ha ceduto alle rimostranze fattegli da monsignor di
Lussemburgo, re di Boemia, e si cortesemente comportato scacciando Roberto
dArtois dal suo ducato48.
Filippo VI si volt verso il conte di Hainaut e verso il re di Boemia,
indirizzando ad entrambi un gesto di amara e amichevole gratitudine. Filippo
evidentemente soffriva; e non era il solo. Per quanto Roberto dArtois fosse
colpevole, quanti lo avevano conosciuto lo immaginavano vagare da piccola corte
a piccola corte, oggi accolto e domani bandito, costretto a dirigersi verso un altro
luogo per esserne ancora scacciato. Perch si era applicato con tanto ardore alla
propria rovina, quando sino alla fine il re gli aveva aperto le braccia?
Bench linchiesta fosse chiusa, dopo gli interrogatori di settantasei testimoni
quattordici dei quali detenuti nelle prigioni regie, e bench la giustizia del re fosse
sufficientemente illuminata, bench le accuse fossero chiaramente provate, il re
nostro sire, per antica amicizia, ha fatto sapere al detto Roberto dArtois che gli
concedeva un salvacondotto per rientrare nel regno e uscirne se lo voleva, senza
che venisse fatto del male n a lui n alla sua gente, onde permettergli di udire le

accuse, di presentare la sua difesa, di riconoscere i suoi torti e di ottenere grazia.


Ora, il detto Roberto, lungi dallaccogliere questa clemente offerta, non solo non
tornato nel regno, ma nei diversi luoghi dove ha soggiornato si intrattenuto
con ogni sorta di persone malvagie, banditi e nemici del re, e ha esposto a molta
gente, che lo ha ripetuto, la sua intenzione di sopprimere con la spada o con
qualche maleficio il cancelliere, il maresciallo di Trye e vari altri consiglieri del re
nostro sire, e ha infine pronunciato le stesse minacce contro il re in persona. Il
pubblico fece sentire un lungo indignato mormorio.
Tutte queste cose sin qui enumerate essendo note e notorie, visto che il detto
Roberto dArtois stato convocato unultima volta, con regolari pubblicazioni, a
oggi mercoled otto aprile, prima della domenica delle Palme, e che per la quarta
volta lo invitiamo a comparire
Simone di Bucy sinterruppe e fece cenno a un agente mazziere, il quale
pronunci ad altissima voce:
Messer Roberto dArtois, conte di Beaumont-le-Roger, si presenti!
Istintivamente tutti gli occhi si volsero verso la porta come se limputato stesse
davvero per entrare. Trascorsero alcuni secondi in un totale silenzio. Poi lagente
batt al suolo la mazza e il procuratore prosegu:
e constatiamo che il detto Roberto manca, per conseguenza, in nome del
re nostro sire, chiediamo: che il detto Roberto sia decaduto dai titoli, diritti e
prerogativa di pari del regno, come da tutti gli altri suoi titoli, signorie e
possedimenti; che inoltre i suoi beni, le sue terre, i suoi castelli, le sue case e tutti
gli oggetti, mobili o immobili, che gli appartengono, siano confiscati e consegnati
al Tesoro, affinch ne venga disposto secondo la volont del re; che inoltre le sue
armi gentilizie siano distrutte alla presenza dei pari e dei baroni, per non pi
riapparire in futuro su bandiere o sigilli, e la sua persona per sempre bandita dalle
terre del regno, con proibizione per tutti i vassalli, gli alleati, i parenti e gli amici
del re nostro sire di dargli ricovero; chiediamo infine che la presente sentenza sia
proclamata con grida e trombe nei principali crocicchi di Parigi e comunicata ai
podest di Rouen, Gisors, Aix e Bourges, nonch ai siniscalchi di Tolosa e di
Carcassonne, affinch venga eseguita in nome del re
Messer Simone di Bucy tacque. Il re sembrava fantasticare. Il suo sguardo gir
per tutta lassemblea senza posarsi su un viso particolare. Poi, chinando la testa
prima a destra e poi a sinistra, disse:
Miei pari, il vostro consiglio disse. Chi tace approva!
Non si lev nessuna mano, non si apr nessuna bocca.
Il palmo di Filippo VI batt sulla testa del leone del bracciolo:

Il caso giudicato!
Allora il procuratore ordin ai due agenti che tenevano lo scudo di Roberto
dArtois di avanzare sino ai piedi del trono. Il cancelliere Guglielmo di SainteMaure, uno di coloro che Roberto dal suo esilio minacciava di morte, avanz
verso lo stemma, si fece dare la spada da uno degli agenti e laccost allorlo della
stoffa. Cos, in un lungo stridore di seta, lo stemma venne spezzato in due.
La paria di Beaumont era finita. Colui per il quale era stata istituita, il principe
di Francia discendente da re Luigi VIII, il gigante dalla forza leggendaria, dagli
intrighi infiniti, era ormai soltanto un proscritto; non apparteneva pi al regno sul
quale avevano regnato i suoi antenati, e nulla in questo regno apparteneva pi a
lui.
Per i pari e per i signori, per tutti quegli uomini le cui armi gentilizie erano
espressione non soltanto della potenza ma quasi dellesistenza, che facevano
sventolare questi emblemi sui loro tetti, sulle loro lance, sui loro cavalli, e li
ricamavano sul proprio petto, sulla cotta dei loro scudieri, sulla livrea dei loro
servitori, li dipingevano sui mobili, li incidevano sul vasellame, ne marchiavano
uomini, bestie, cose che in qualche misura dipendevano dalla loro volont o
costituivano i loro beni, questa lacerazione, questa specie di scomunica laica, era
ancor pi diffamante del ceppo, del graticcio o della forca. Perch, la morte
cancella la colpa, e il disonore si spegne con il disonorato.
Ma finch si vivi, non si mai perduta del tutto la partita, pensava Roberto
dArtois vagabondando fuori della sua patria su strade ostili, e avviandosi verso pi
clamorosi delitti.

PARTE QUARTA

IL METTIGUERRA

I IL PROSCRITTO

er pi di tre anni, come una grande belva ferita, Roberto dArtois si

aggir alle frontiere del regno.


Parente di tutti i re e prncipi dEuropa, nipote del duca di Bretagna, zio del re
di Navarra, fratello della contessa di Namur, cognato del conte di Hainaut e del
principe di Taranto, cugino del re di Napoli, del re dUngheria e di molti altri
sovrani, era, a quarantacinque anni, un viaggiatore solitario davanti al quale si
chiudevano le porte di tutti i castelli. Aveva denaro a sufficienza, grazie alle lettere
di cambio delle banche senesi, ma mai uno scudiero si presentava alla locanda
dove egli alloggiava per invitarlo a cena presso i signori del luogo. E quando si
organizzava un torneo nelle vicinanze, ci si chiedeva come evitare di invitarvi
Roberto dArtois, il bandito, il falsario, che sino a qualche mese prima avrebbero
insediato al posto donore. Allora con fredda deferenza il capitano di citt veniva a
consegnargli un ordine: monsignore il conte sovrano lo invitava a portare altrove i
suoi passi. Perch monsignore il conte sovrano, o il duca, o il margravio, non
voleva inimicarsi il re di Francia e non si sentiva obbligato a mostrar riguardo
verso un uomo talmente disonorato da non possedere pi blasone n bandiera.
E Roberto ripartiva alla ventura, scortato dal solo Gillet di Nelle, il suo valletto,
un pessimo soggetto che avrebbe certamente meritato di penzolare da una forca
del patibolo, ma che aveva per il padrone, come un tempo Lormet, una fedelt
illimitata. In compenso Roberto gli concedeva una soddisfazione pi preziosa di
un grosso salario: lintimit con un gran signore nellavversit. Quante sere
trascorsero, durante questo vagabondaggio giocando a dadi, in un angolo di una
taverna di infimo ordine! E quando sentivano bisogno di distrazioni, entravano
insieme in uno di quei bordelli che sono cos numerosi in Fiandra, e che offrono
un ricco campionario di grasse baldracche.
Era in questi luoghi, per bocca dei mercanti reduci dalle fiere o delle ruffiane
che avevano fatto parlare i viaggiatori, che Roberto veniva a conoscere le notizie

di Francia.
Nellestate del 1332, Filippo II aveva fatto sposare il figlio Giovanni, duca di
Normandia, con la figlia del re di Boemia, Bona di Lussemburgo. Ecco perch
Giovanni di Lussemburgo mi ha fatto espellere da quel suo parente del Brabante,
pensava Roberto, ecco a quale prezzo hanno pagato i suoi servigi. A quanto si
raccontava, le feste organizzate a Melun in occasione di queste nozze erano state
di uno splendore senza precedenti.
Re Filippo VI aveva approfittato di questo grande raduno di principi e di
nobili per fare solennemente cucire la croce sul suo mantello regale. Questa volta
infatti la crociata era stata decisa. Pietro della Palud, patriarca di Gerusalemme,
laveva predicata a Melun strappando le lacrime ai seimila invitati al matrimonio,
fra i quali milleottocento cavalieri tedeschi. Il vescovo Pietro Roger la predicava a
Rouen, di cui aveva ottenuto la diocesi dopo quelle di Arras e Sens. La partenza
era stata decisa per la primavera del 1334. Si stava costruendo una grande flotta nei
porti provenzali, a Marsiglia e a Aigues-Mortes, e gi il vescovo Giovanni di
Marigny era stato mandato a consegnare la sfida al sultano dEgitto! Ma se i re di
Boemia, di Navarra, di Maiorca e di Aragona, che vivevano alle spalle di Filippo,
se i duchi, i conti e i grandi baroni, se certi cavalieri ansiosi di avventure avevano
seguito con entusiasmo lesempio del re di Francia, sembrava invece che la piccola
nobilt di campagna si mostrasse meno impaziente di prendere le croci di panno
rosso che le venivano tese dai predicatori e dimbarcarsi per le sabbie dEgitto. Il
re dInghilterra accelerava la preparazione militare del suo popolo, ma non aveva
ancora aderito ai progetti sulla Terra Santa. E il vecchio papa Giovanni XXII, del
resto in grave contesa con lUniversit di Parigi e con il suo rettore Puridano sui
problemi della visione beatifica, faceva il sordo. Aveva approvato la crociata solo
con reticenza, e recalcitrava a una suddivisione delle spese Viceversa, i mercanti
di spezie, di incenso, di seta e di reliquie, i fabbricanti darmi e gli armatori
insistevano parecchio perch limpresa venisse realizzata.
Filippo VI aveva gi risolto il problema della reggenza per tutto il tempo in cui
sarebbe rimasto oltremare, facendo giurare ai pari, ai baroni e ai vescovi che
avrebbero tutti obbedito a suo figlio Giovanni e gli avrebbero affidato senza
discussione la corona se lui fosse morto durante la crociata49.
Si vede che Filippo non poi tanto sicuro della sua legittimit, pensava
Roberto dArtois, se si sforza di far riconoscere fin dora suo figlio.
Roberto, appoggiato con il gomito davanti a un boccale di birra, non osava
dire ai suoi casuali informatori che egli conosceva tutti i grandi personaggi cui
alludevano; non osava dire di aver giostrato contro il re di Boemia e procurato la

mitra a Pietro Roger, di aver fatto saltare il re dInghilterra sulle proprie ginocchia
e cenato alla tavola del papa. Ma prendeva nota di ogni cosa, per volgerla un
giorno a suo profitto.
Era lodio a sostenerlo. Fin quando gli sarebbe rimasta vita, sarebbe rimasto
anche lodio. In qualunque luogo egli alloggiasse, era lodio che lo svegliava con il
primo raggio di luce filtrante attraverso le imposte di una camera sconosciuta. Era
lodio il sale dei suoi pasti, il cielo della sua strada.
Si dice che gli uomini forti sono quelli che sanno riconoscere i propri torti. Ma
sono molto pi forti quelli che non li riconoscono mai. Roberto apparteneva a
questa seconda categoria. Non era stato lui ad aver commesso errori; erano stati
gli altri, i morti e i vivi, Filippo il Bello, Enguerrand e Mahaut, e oggi Filippo di
Valois, il duca di Borgogna, il cancelliere Sainte-Maure. E di tappa in tappa
aggiungeva alla lista dei suoi nemici la sorella di Namur, il cognato di Hainaut,
Giovanni di Lussemburgo e il duca di Brabante.
A Bruxelles assold un avvocato equivoco di nome Huy con il suo segretario
Berthelot; era con questi causidici che incominciava a ricostruire la sua corte.
A Lovanio, lavvocato Huy gli scov un monaco di brutto aspetto e di dubbia
fama, fra Enrico di Sagebran, che sintendeva pi di scongiuri e di malefizi che di
litanie e di opere di carit. Con fra Enrico lex pari di Francia, ricordando le
lezioni di Beatrice dHirson, trafisse con aghi statuette di cera, e le battezz coi
nomi di Filippo, Sainte-Maure o Matteo di Trye.
Questa, vedi, tienila docchio, trafiggila dalla testa ai piedi, perch si chiama
Giovanna ed la regina di Francia. Ma in realt non la regina, una
diavolessa!.
Si procur anche un inchiostro invisibile per scrivere certe formule che,
tracciate su pergamene, procuravano il sonno eterno. Bisognava per che la
pergamena venisse insinuata nel letto di colui del quale ci si voleva sbarazzare! Fra
Enrico di Sagebran, fornito di un po di denaro e di molte promesse, part per la
Francia come un buon monaco mendicante, portando sotto il saio una grossa
scorta di pergamene per dormire.
Dal canto suo Gillet di Nelle arruolava assassini professionisti, ladri di
vocazione, evasi dalle prigioni, giovanottoni dalla fronte bassa per i quali un
delitto era meno ripugnante del lavorare a giornata. E quando riusc a formare
una piccola compagnia ben addestrata, Roberto li mand nel regno di Francia con
il compito di agire preferibilmente durante i grandi assembramenti o le feste.
Le schiene offrono facile bersaglio al coltello quando tutti gli occhi sono

rivolti verso le lizze, o tutte le orecchie tese a sentir predicare la crociata.


A forza di viaggiare, Roberto era dimagrito; le rughe incidevano sempre pi
profondamente sui tratti del suo viso, e i malvagi sentimenti che lo animavano
giorno e notte, persino nei sogni, avevano conferito ai suoi lineamenti la loro
espressione definitiva. Ma, nello stesso tempo, lavventura gli ringiovaniva lanima.
Si divertiva ad assaporare in questi nuovi paesi nuovi cibi e nuove donne.
Se Liegi lo espulse, non lo fece per le sue antiche malefatte, ma perch Gillet e
lui avevano trasformato una casa presa in affitto da un certo messer dArgenteau
in un autentico bordello, e perch il baccano che vi si faceva turbava il sonno dei
vicini.
Cerano giornate buone, ma ce nerano anche di cattive, come quando si venne
a sapere che fra Enrico di Sagebran, con le sue pergamene per dormire in eterno,
si era fatto prendere a Cambrai, o quando uno dei suoi sicari riapparve per
annunciargli che i suoi compagni non erano riusciti ad andar oltre Reims e
marcivano attualmente nelle prigioni del re trovato.
Poi si ammal e nel modo pi sciocco, perch essendosi rifugiato in una casa
davanti alla quale si svolgevano giostre dacqua su un canale, per curiosit infil
fino al collo la testa attraverso la rete da pesca che mascherava la finestra. E si
spinse talmente in l che riusc a liberarsi, dopo lunghi sforzi, solo strappandosi la
pelle delle guance nella graticciata. In seguito le graffiature si infettarono e
Roberto venne colpito da una febbre che lo fece rabbrividire per tre giorni,
mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
Disgustato delle Marche fiamminghe, si rec a Ginevra, dove, passeggiando
lungo il lago, venne a sapere dellarresto della contessa di Beaumont, sua sposa, e
dei loro tre figlioli. Filippo VI, per rappresaglia contro Roberto, non aveva esitato
a rinchiudere la propria sorella prima nel torrione di Namur, e poi a ChteauGaillard! La prigione di Margherita! Indubbiamente la Borgogna si prendeva la
sua rivincita.
Da Ginevra, viaggiando sotto falso nome e vestito come un borghese qualsiasi,
Roberto raggiunse Avignone. Vi rimase due settimane cercando dintrigare per la
propria causa. Trov la capitale della cristianit pi straripante di ricchezza e pi
dissoluta che mai. Qui le ambizioni, le vanit, i vizi non si palesavano in corazze
da torneo, ma si dissimulavano sotto vesti di prelati; i segni della potenza non si
identificavano in bardature dargento o in elmi impennacchiati, ma in mitre
incrostate di pietre preziose, in cibori doro pi pesanti che i boccali del re. Non
ci si sfidava in battaglia, ma ci si odiava in sacrestia.
I confessionali non erano sicuri; le donne si mostravano pi infedeli, pi malvagie

e pi venali che in qualsiasi altro luogo, poich il peccato era la loro sola
distinzione.
Eppure nessuno voleva compromettersi per lex pari di Francia. Ci si ricordava
appena di averlo conosciuto. Perfino in quel pantano Roberto faceva la figura di
un appestato. Lelenco dei suoi rancori si allungava.
Tuttavia si consol un poco constatando, dai discorsi riferitogli, che gli affari
del cugino Valois erano meno brillanti di quanto si sarebbe potuto credere. La
Chiesa era molto preoccupata per la crociata. Quale sarebbe stata, una volta
imbarcati Filippo VI e i suoi alleati, la situazione dellOccidente lasciato in bala
dellimperatore e del re dInghilterra? Se mai questi due sovrani si fossero uniti
Gi la traversata era stata rimandata di due anni. La primavera del 1334 era
trascorsa senza che si fosse approntato nulla. Adesso si parlava del 1336.
Presiedendo personalmente unassemblea plenaria dei dottori parigini sulla
montagna di Sainte-Genevive, Filippo VI brandiva la terribile minaccia di una
condanna per eresia contro il vecchio pontefice ormai novantenne, qualora costui
non avesse ritrattato le sue tesi teologiche. Si aspettava la sua morte, data ogni
mese come imminente; ma erano ormai diciotto anni che si ripeteva questa stessa
predizione.
Rimanere vivo, si ripeteva Roberto, questa la cosa importante: resistere, in
attesa del giorno in cui si potr vincere.
Gi la scomparsa di alcuni suoi nemici gli restituiva speranza. Alla fine
dellanno precedente era morto il tesoriere Forget, e adesso la stessa sorte toccava
al cancelliere Guglielmo di Sainte-Maure. Il duca Giovanni di Normandia, erede al
trono di Francia, era gravemente ammalato; e persino Filippo VI, a quanto si
diceva, aveva guai di salute. Forse i malefici di Roberto non erano stati del tutto
inoperanti.
Per tornare nelle Fiandre si travest da converso. Era davvero uno strano frate
questo gigante il cui cappuccio dominava le folle come un campanile domina le
case, che entrava con passo marziale nelle abbazie tirando la campana dingresso
sin quasi a strapparla, e chiedeva lospitalit dovuta agli uomini di Dio con la
stessa voce con cui avrebbe chiesto la lancia a uno scudiero!
In un refettorio di Bruges, seduto a capo chino su una scodella, in fondo alla
lunga sudicia tavola facendo finta di mormorare preghiere che ignorava
completamente, egli ascoltava il frate lettore, installato in una piccola nicchia
scavata a mezza altezza nel muro, che leggeva la vita dei santi. Le volte a ogiva ne
rimandavano la voce sulla tavolata dei monaci; e Roberto pensava: Perch non
finire cos? La pace, la pace profonda dei conventi, la liberazione da ogni affanno,

la rinuncia, un letto assicurato, un orario regolare, la fine dei vagabondaggi.


Quale uomo, per quanto turbolento, vizioso e crudele, non ha conosciuto
questa tentazione del riposo, della rinuncia? A che servono tante lotte, tante vane
iniziative, se tutto deve concludersi nella polvere della tomba? Roberto ci pensava,
come cinque anni prima aveva pensato di ritirarsi, con la moglie e i figli, a una
vita tranquilla da piccolo gentiluomo di campagna. Ma sono pensieri che non
possono durare. In Roberto si affacciavano sempre troppo tardi, nellattimo stesso
in cui qualche avvenimento stava per ricondurlo alla sua autentica vocazione,
lazione e la lotta.
Due giorni pi tardi, a Gand, Roberto dArtois faceva conoscenza con Jakob
Van Artevelde.
Luomo aveva pi o meno la stessa et di Roberto, quasi cinquantanni. Aveva
un viso quadrato, un ventre solido e i lombi ben piantati sulle gambe; era un forte
mangiatore e un eccellente bevitore, senza che mai il vino gli andasse alla testa.
Da giovane aveva fatto parte della spedizione di Carlo di Valois a Rodi, e
compiuto parecchi altri viaggi; conosceva bene lEuropa. Questo mercante di
miele, questo grande trafficante in drappi, aveva sposato in seconde nozze una
donna di famiglia nobile.
Altero, fantasioso e duro, si era acquistato grande autorit prima sulla citt di
Gand, che dominava completamente, e poi sui principali comuni fiamminghi.
Quando i gualchierai, i drappieri e i birrai che costituivano la vera ricchezza del
paese volevano presentare rimostranze al conte o al re di Francia, si rivolgevano a
lui che sapeva esporre i loro desideri o le loro proteste con voce forte e parola
chiara. Non aveva titoli; era soltanto messer Van Artevelde davanti al quale tutti
sinchinavano. Non gli mancavano nemici che lo costringevano a spostarsi sempre
accompagnato da sessanta valletti in armi che lo aspettavano alle porte delle case
dove cenava.
Alla prima occhiata, Jakob Van Artevelde e Roberto dArtois si riconobbero
uomini della stessa razza: coraggiosi fisicamente, abili, lucidi, animati dalla stessa
volont di potenza.
Che Roberto fosse un proscritto non costituiva per Artevelde un ostacolo; al
contrario, poteva essere una fortuna per lui questo incontro con un ex-grande
signore che conosceva tutti gli intrighi della corte di Francia, tutti gli uomini che
vi avevano qualche importanza, e che alla Francia era ostile. In quanto a Roberto,
questo ambizioso borghese sembrava venti volte pi degno di stima dei nobilotti
che lo avevano scacciato dai loro manieri. Artevelde era potente fra i suoi

concittadini e ostile al conte di Fiandra, e quindi a Filippo VI; questa la cosa


importante.
Noi non amiamo Luigi di Nevers che rimasto nostro conte solo perch al
monte Cassel il re di Francia ha massacrato le nostre milizie.
Cero anchio, disse Roberto.
Viene fra noi solo per chiederci denaro da spendere poi a Parigi; non
capisce i nostri problemi e non vuol capirli; non fa nulla di sua iniziativa, e si
limita a trasmettere le pessime disposizioni del re di Francia. Ora ci hanno
costretti a scacciare i mercanti inglesi. Noi non siamo contrari ai mercanti
inglesi, e ce ne infischiamo delle controversie che il re trovato pu avere con il
cugino dInghilterra per la crociata o per il trono di Scozia 50! Ed ora
lInghilterra per rappresaglia minaccia di sospendere le consegne delle sue lane.
Quel giorno i nostri gualchierai e i nostri tessitori, qui e in tutta la Fiandra, non
potranno far altro che spezzare i telai e chiudere bottega. Ma quel giorno,
monsignore, riprenderanno i coltelli E lo Hainaut, il Brabante, lOlanda e la
Zelanda saranno con noi, perch questi paesi sono legati alla Francia solo dai
matrimoni dei loro prncipi, ma non nel cuore del popolo n nel suo ventre;
non si regna a lungo quando si affamano i sudditi.
Roberto ascoltava Artevelde con grande attenzione. Finalmente un uomo che
parlava chiaro, che conosceva il suo argomento, e che sembrava veramente forte.
Perch, se dovete ancora ribellarvi disse Roberto, non vi alleate
decisamente con il re dInghilterra? E perch non prendete contatto con
limperatore di Germania che nemico del papa e quindi della Francia che
manovra il papa a suo piacere? Le vostre truppe sono coraggiose, ma costrette
ad azioni sporadiche perch non appoggiate da una cavalleria. Schierate al loro
fianco un corpo di cavalieri inglesi o tedeschi, e avanzate in Francia per la
strada dArtois. L mimpegno io a trovarvi altri seguaci
Gi vedeva la coalizione formata e se stesso cavalcare alla testa dellesercito.
Credetemi pure, monsignore, vi ho pensato spesso rispose Artevelde,
e sarebbe facile convincere il re dInghilterra e anche limperatore Luigi di
Baviera, se i nostri borghesi vi fossero disposti. Gli uomini dei Comuni odiano
il conte Luigi, ma quando desiderano ottenere giustizia si rivolgono sempre al
re di Francia. a lui che hanno giurato fedelt. Anche quando gli si rivoltano
in armi, egli rimane il loro signore. Inoltre, e questa da parte della Francia
stata unabile manovra, si sono costrette le nostre citt a impegnarsi a versare
due milioni di fiorini al papa qualora si fossero rivoltate contro il loro sovrano,
e per di pi con una minaccia di scomunica in caso di mancato pagamento. Le

famiglie temono di essere private di preti e di messe.


In altre parole si costretto il papa a minacciare scomunica o rovina perch
i vostri Comuni restino tranquilli durante la crociata. Ma chi potr costringervi
a pagare quando loste di Francia sar in Egitto?
Sapete com questa gentucola disse Artevelde, impara a conoscere la
propria forza solo quando passato il momento di usarla.
Roberto vuot il grande bicchiere di birra che era davanti a lui; evidentemente
la birra incominciava a piacergli. Rimase un attimo in silenzio con gli occhi fissi
sul legno della parete. La casa di Jakob Van Artevelde era bella e comoda; rami,
stagni ben lucidati e mobili di quercia splendevano nella penombra.
dunque la fedelt al re di Francia che vi impedisce di contrarre alleanze e
di riprendere le armi?
Appunto disse Artevelde.
Roberto aveva una fantasia pronta. Da tre anni e mezzo cercava di saziare la sua
fame di vendetta con cibi insufficienti: incantesimi, sortilegi, sicari che neppure
riuscivano a raggiungere le vittime designate. Ma ora, improvvisamente, il suo
desiderio trovava nuove prospettive: germogliava alfine una grande idea degna di
lui.
E se il re dInghilterra diventasse re di Francia? domand.
Artevelde lo fiss incredulo, quasi dubitasse di aver capito bene.
Ripeto, messere: se il re dInghilterra fosse re di Francia? Se rivendicasse la
corona, se proclamasse i suoi diritti, se dimostrasse che il regno di Francia
suo, se si presentasse come vostro legittimo sovrano?
Monsignore, un sogno!
Un sogno? esclam Roberto. Ma questa controversia non mai stata
risolta, n la causa perduta! Quando mio cugino Valois arrivato al trono
Quando io lho portato al trono, e vedete la gratitudine che me ne dimostra! i
rappresentanti dellInghilterra sono venuti a sostenere i diritti della regina i
Isabella e di suo figlio Edoardo. Non passato tanto tempo; meno di sette
anni. Ma nessuno li ha ascoltati, perch nessuno voleva ascoltarli e perch io li
ho fatti riaccompagnare alla loro nave. Voi che chiamate Filippo il re trovato,
perch non potreste trovarne un altro? Cosa pensereste se si esumasse la cosa, e
si venisse a dire ai vostri gualchierai, ai vostri tessitori, ai vostri mercanti, ai
vostri borghesi: Il vostro conte non trae i suoi diritti da giusta mano;
lomaggio non lo doveva al re di Francia. Il vostro sovrano quello di
Londra!.
Era effettivamente un sogno, ma Jakob Van Artevelde ne era sedotto. La lana

che arrivava dal nord-ovest attraverso il mare, le stoffe ruvide o preziose che
ripartivano per la stessa strada, il traffico dei porti, tutto portava la Fiandra a
volgere lo sguardo verso il regno dInghilterra. Verso Parigi si dirigeva soltanto il
denaro delle imposte e delle taglie.
Ma davvero credete, Monsignore, che qualche persona al mondo possa
essere convinta di ci che voi dite e possa aderire a una simile impresa?
Basta, messere, che ne sia convinta una sola persona: il re dInghilterra.
Qualche giorno pi tardi, fornito di un passaporto da mercante in drappi e
seguito da Gillet di Nelle che portava, per la forma, qualche auna di stoffa,
monsignor Roberto dArtois simbarcava ad Anversa per Londra.

II WESTMINSTER HALL

ncora una volta un re con la corona in testa e lo scettro in mano se ne

stava seduto circondato dai suoi pari. Ancora una volta prelati, conti e baroni
erano allineati ai due lati del trono. Ancora una volta ecclesiastici, dottori, giuristi,
consiglieri e dignitari si offrivano al suo sguardo in file compatte.
Ma non erano i gigli di Francia che costellavano il manto regale; ma i leoni dei
Plantageneti. Non erano le volte di pietra del vecchio Louvre che rimandavano
alla folla leco del proprio rumore, ma la mirabile struttura di quercia, dagli
immensi archi traforati, della grande Hall di Westminster. Ed erano seicento
cavalieri inglesi, venuti da tutte le contee, con gli squire e gli sceriffi delle citt, che
costituivano, affollando le larghe lastre quadrate, il Parlamento dInghilterra riunito
al gran completo.
Eppure questa assemblea era stata convocata per ascoltare una voce francese.
In piedi, a qualche passo dal trono, e a met dei gradini che costituiscono il
fondo della Hall, con il suo mantello scarlatto chiazzato doro dalla luce che
scendeva dalla gigantesca vetrata, il conte Roberto dArtois rivolgeva la parola ai
delegati del popola di Gran Bretagna.
Durante i due anni trascorsi da quando Roberto aveva lasciato le Fiandre, la
ruota del destino aveva infatti compiuto un buon giro. E anzitutto era morto il
papa.
Verso la fine del 1334, lesangue vegliardo che, attraverso uno dei pontificati pi
lunghi, aveva restituito alla Chiesa una forte amministrazione e una prospera
situazione finanziaria, era stato costretto, dal fondo del suo letto nella camera
verde del grande palazzo di Avignone, a rinunciare pubblicamente alle sole tesi
che il suo spirito avesse difeso con convinzione.
Per evitare lo scisma di cui lo minacciava lUniversit di Parigi, per obbedire
agli ordini di quella corte di Francia a favore della quale aveva risolto tante
situazioni pericolose e taciuto tanti segreti, rinnegava i suoi scritti, le sue prediche,

le sue encicliche. Mastro Buridano dettava al Santo Padre ci che conveniva


pensare in fatto di dogmi51: linferno esisteva, pieno di anime mandate arrosto per
meglio garantire ai prncipi di questo mondo la dittatura sui propri sudditi; il
paradiso era aperto, come una buona locanda, ai cavalieri leali che avevano
abbondantemente massacrato per conto del loro re e ai docili prelati che avevano
benedetto le crociate, senza che questi giusti dovessero attendere il Giudizio finale
per godere della Visione Beatifica di Dio.
Giovanni XXII mor allindomani di questo forzato rinnegamento. E non
mancarono sulla montagna di Sainte-Genevive i maligni dottori che ironicamente
dissero:
Adesso se ne sar accorto che linferno esiste!.
Dopo di che si era riunito il conclave in una rete dimbrogli che minacciava di
rendere questa elezione ancor pi lunga delle precedenti, la pi recente delle quali
risaliva a diciotto anni prima. La Francia, lInghilterra, limperatore, il focoso re di
Boemia, lerudito re di Napoli, Maiorca, Aragona, la nobilt romana, i Visconti di
Milano e le Repubbliche, tutte le potenze insomma cercavano di influire sulla
scelta dei cardinali.
Per guadagnare tempo e per non spingere avanti nessuna candidatura essi, una
volta rinchiusi, fecero tutti un identico ragionamento: Voter per quello di noi
che ha minori possibilit di essere eletto.
Lispirazione divina ha di queste malizie! I cardinali erano stati talmente
unanimi nel pensare a chi non poteva essere papa che tutte le schede portavano lo
stesso nome: quello di Giacomo Fournier, il cardinale bianco come veniva
chiamato perch continuava a portare il suo abito di cistercense. I cardinali, il
popolo, quando la notizia gli venne comunicata, e persino leletto reagirono con
eguale sbalordimento. Le prime parole del nuovo papa furono per dichiarare ai
collegiali che la loro scelta era caduta su un asino.!
Era troppo modesto.
Benedetto XII, leletto per errore, fu un papa di pace. Si sforz dapprima di far
cessare le lotte che insanguinavano lItalia e, se possibile, di ristabilire la concordia
fra la Santa Sede e limpero. Ed era effettivamente possibile. Luigi di Baviera aveva
risposto molto favorevolmente alle proposte del pontefice, e gi ci si preparava a
dar loro seguito quando Filippo di Valois si era arrabbiato: Come? Si era fatto a
meno di lui, il primo monarca della cristianit, per intavolare negoziati tanto
importanti? Qualcun altro e non lui, avrebbe avuto influenza sulla Santa Sede? Il
suo caro parente, re di Boemia, avrebbe dovuto rinunciare ai suoi cavallereschi
progetti sullItalia?

Filippo VI aveva imposto a Benedetto XII di richiamare i suoi ambasciatori, di


interrompere le trattative, minacciando in caso contrario di confiscare tutti i beni
dei cardinali in Francia.
Poi, sempre accompagnato dal caro re di Boemia, dal re di Navarra e da una
scorta di baroni e di cavalieri talmente numerosa da sembrar quasi un esercito,
allinizio del 1337 venne a far Pasqua ad Avignone. Vi aveva dato appuntamento al
re di Napoli e a quello di Aragona. Era un modo come un altro per richiamare il
nuovo papa ai suoi doveri, e fargli capire cosa ci si aspettava da lui.
Ma Benedetto XII avrebbe presto dimostrato, con una mossa del tutto inattesa,
che lui non era assolutamente quellasino che voleva farsi credere, e che un re,
prima di iniziare una crociata, aveva tutto linteresse ad assicurarsi lamicizia del
papa.
Il venerd santo, sal al pulpito per predicare la sofferenza di Nostro Signore e
raccomandare il viaggio della croce. Poteva agire diversamente, quando quattro re
crociati e duemila lance erano accampati intorno alla citt? Ma la domenica in
Albis, Filippo VI, recatosi sulle coste della Provenza a ispezionare la flotta, ebbe la
brutta sorpresa di ricevere una bella lettera in latino cl e lo scioglieva dalla sua
promessa e dai suoi giuramenti. Poich fra le nazioni cristiane continuava a
regnare lo stato di guerra, il Santo Padre si rifiutava di lasciar partire per le terre
degli infedeli i migliori difensori della Chiesa.
La crociata del Valois si fermava dunque a Marsiglia.
Inutilmente il re cavaliere aveva agito con alterigia; lex-circestense era stato
ancor pi altero di lui. La sua mano che benediva poteva anche scomunicare; e
non era certo pensabile una crociata scomunicata ancor prima dellimbarco!
Sistemate, figlio mio, le vostre controversie con lInghilterra e le vostre
difficolt con le Fiandre; lasciatemi appianare i dissidi con limperatore,
portatemi la prova che sui nostri paesi regner pace certa e duratura, e allora
potrete andare a convertire gli infedeli alle virt che voi stesso avrete mostrato.
E va bene! Poich il papa glielo imponeva Filippo avrebbe sistemato le sue
controversie. Prima di tutto con lInghilterra richiamando il giovane Edoardo ai
suoi obblighi di vassallo e imponendogli di consegnarli senza indugio quel fellone
di Roberto dArtois al quale dava asilo. I presunti grandi spiriti, quando subiscono
uno scacco, si cercano tali miserabili vendette.
Quando lordine di estradizione, comunicato dal siniscalco di Guienna, arriv a
Londra, Roberto si era gi saldamente installato alla corte inglese. La sua forza, i
suoi modi, la sua ritrovata facondia, gli avevano guadagnato numerose amicizie; il
vecchio Collotorto cantava le sue lodi. Il giovane re aveva estremo bisogno di un

uomo ricco di esperienza che conoscesse bene le faccende di Francia. E chi ne era
al corrente pi del conte di Artois? Poich poteva essere utile, le sue sventure
ispiravano compassione.
Sire, cugino mio, aveva detto a Edoardo III, se pensate che la mia
presenza nel vostro regno vi procuri danno o pericolo, consegnatemi allodio di
Filippo, il re maltrovato. Non avr motivo di lamentarmi di voi, che mi avete
cos cortesemente ospitato; dovr gettare ogni colpa su me stesso per avere dato
il trono contro ogni buon diritto a quel malvagio di Filippo, anzich farlo
assegnare a voi che non conoscevo ancora abbastanza.
Tutto questo detto con la mano sul cuore e il busto leggermente inclinato.
Edoardo III aveva risposto con calma:
Cugino mio, siete mio ospite, e i vostri consigli mi sono assai preziosi.
Consegnandovi al re di Francia farei danno al mio onore quanto al mio
interesse. E poi, siete ospite del regno dInghilterra, non del ducato di
Guienna Qui la sovranit di Francia non esiste.
La richiesta di Filippo VI rimase dunque senza risposta.
Ed ogni settimana, se non ogni giorno, Roberto pot proseguire la sua opera
di persuasione. Giorno dopo giorno, versava nelle orecchie di Edoardo o in quelle
dei suoi consiglieri il veleno della tentazione. Entrava dicendo:
Saluto il vero re di Francia
E non tralasciava occasione per dimostrare che la legge salica era soltanto
uninvenzione occasionale e che i diritti di Edoardo alla corona di Ugo Capeto
erano assolutamente legittimi. Il giovane Edoardo era lultimo dei prncipi su cui
Roberto esercitava le sue pericolose seduzioni politiche.
La seconda volta che gli venne presentata lingiunzione di consegnare Roberto,
Edoardo III replic concedendo allesiliato lusufrutto di tre castelli, milleduecento
marchi di pensione e il saldo di certi suoi debiti presso i banchieri lombardi 52.
Era del resto il periodo in cui Edoardo elargiva grandi prove della sua
gratitudine a tutti coloro che lo servivano, in cui nominava il suo amico Montagu
conte di Salisbury e distribuiva titoli e rendite a quel gruppo di giovani lord che lo
avevano aiutato nella faccenda di Nottingham.
Una terza volta, Filippo VI invi il gran maestro dei suoi balestrieri per
comunicare al siniscalco di Guienna, e per esso al re dInghilterra, che qualora
non si fosse consegnato entro quindici! giorni Roberto dArtois, nemico mortale
del regno di Francia, il ducato sarebbe stato confiscato.
Me lo aspettavo! esclam Roberto. La sola idea che riuscito a tirar
fuori quel balordo di Filippo, stata di ricorrere allo stesso stratagemma che

avevo escogitato io a suo tempo, caro sire Edoardo, a danno di vostro padre.
Impartire un ordina che contrario ad ogni buon diritto, confiscare per mancata
esecuzione di questordine e, attraverso la confisca, imporre unumiliazione o la
guerra. Solo che oggi lInghilterra ha un re che regna veramente e la Francia non
ha pi Roberto dArtois.
Non aggiungeva: E allora cera in Francia un esule che svolgeva esattamente la
stessa funzione che svolgo io qui, e questesule era Mortimer!.
Roberto era andato al di l delle sue speranze; diventava addirittura la causa del
conflitto che sognava di veder scoppiare; la sua persona assumeva unimportanza
capitale; e, per dare finalmente il via a questo conflitto, egli insisteva sulla sua tesi:
che il re dInghilterra rivendicasse la corona di Francia.
Ecco perch, in quel giorno di settembre del 1337, sulla gradinata di
Westminster Hall, spiegando come una procellaria le sue larghe maniche davanti
alle nervature della grande vetrata, si rivolgeva, a richiesta del re, al Parlamento
Britannico. Addestrato da trentanni di controversie giuridiche, parlava senza
documenti e senza appunti.
I delegati che non conoscevano perfettamente il francese si facevano tradurre
certi brani dai loro vicini.
Man mano che il conte dArtois continuava nel suo discorso, il silenzio del
pubblico diventava sempre pi profondo, e quando veniva fatta qualche
rivelazione particolarmente sbalorditiva, il brusio saliva al massimo volume.
Quante cose sorprendenti: due popoli vivono, separati Soltanto da uno stretto
braccio di mare; i prncipi delle due corti si sposano fra loro; i baroni di qui
hanno terre laggi; i mercanti passano da una nazione allaltra e in fondo non
si sa nulla di ci che avviene a casa del vicino!
Per esempio, la regola: La corona di Francia non pu a donna essere affidata
n da donna trasmessa! non era affatto un retaggio di antiche costumanze, ma
soltanto la capricciosa trovata di un vecchio brontolone di conestabile, quando
ventanni prima si era discussa la successione di un re assassinato. S, Luigi X il
Testardo era stato assassinato. Roberto dArtois lo proclamava e faceva il nome
dellomicida.
La conoscevo bene, era mia zia e ha usurpato la mia eredit!
La storia dei delitti commessi dai prncipi francesi, il racconto degli scandali alla
corte capetingia servivano a Roberto per pimentare il suo discorso, e i deputati al
Parlamento dInghilterra fremevano di indignazione e di orrore; quasi reputassero
poca cosa gli orrori compiuti sul loro suolo e alla loro corte.
Roberto proseguiva la sua dimostrazione sostenendo esattamente le tesi

contrarie a quelle che aveva proclamato un tempo a favore di Filippo di Valois, e


con la stessa convinzione.
Insomma, alla morte di re Carlo IV, ultimo figlio di Filippo il Bello, anche non
volendo tener conto della repugnanza dei baroni francesi ad avere una donna sul
trono, la corona di Francia per equit doveva passare, attraverso la regina Isabella,
al solo maschio della discendenza diretta
Limmenso mantello rosso ondeggi davanti agli occhi degli attentissimi inglesi;
Roberto si era voltato verso il re. Dun tratto si gett a terra in ginocchio.
passare a voi, nobile sire Edoardo, re dInghilterra, in cui riconosco e
saluto lautentico re di Francia!
Gli inglesi non avevano provato unemozione cos intensa dallepoca del
matrimonio di York. Si sentivano dire che il loro sovrano poteva avanzare pretese
su un regno due volte pi grande e tre volte pi ricco! Era come se la fortuna di
ognuno, la posizione di ognuno sulla terra, fossero aumentate in proporzione.
Ma Roberto sapeva che non bisognava lasciare allentusiasmo delle folle il
tempo di esaurirsi. Gi si era rialzato e ricordava che al momento della
successione di Carlo VI, re Edoardo aveva inviato, per far valere i suoi diritti,
nobili e rispettabili vescovi, fra i quali monsignor Adamo Orleton che avrebbe
potuto testimoniarne a viva voce, se non si fosse trovato in quel momento ad
Avignone per le stesse ragioni, e per ottenere lappoggio del papa.
Ma doveva forse passare sotto silenzio ci che aveva fatto lui, Roberto, a
vantaggio di Filippo di Valois? In tutta la sua vita niente era mai stato utile al
gigante quanto la pseudo franchezza. E quel giorno ad essa ancora una volta
ricorse.
Chi dunque aveva rifiutato di ascoltare i dottori inglesi? Chi aveva respinto le
loro richieste? Chi aveva impedito loro di sostenere le proprie ragioni davanti ai
baroni di Francia? Roberto si batt il petto con gli enormi pugni:
Io, miei nobili lord e squire, io che son davanti a voi, io, che credendo di
agire per il bene e per la pace, ho scelto lingiusto piuttosto che il giusto, e non
ho abbastanza espiato questo errore con tutte le sventure che mi sono capitate.
La sua voce rimbalzando di volta in volta, giungeva sino allaltro capo della
sala.
Poteva forse rafforzare la sua tesi con un argomento pi probante? Si accusava
di aver fatto eleggere Filippo VI contro il buon diritto si proclamava colpevole,
ma presentava la sua difesa. Filippo di Valois, prima di diventare re, gli aveva
promesso che ogni questione sarebbe stata risolta secondo equit, che avrebbe
concluso una pace definitiva col re dInghilterra lasciandogli il godimento di tutta

la Guienna, che avrebbe concesso alla Fiandra quelle libert indispensabili a


renderne prosperi i commerci, e che avrebbe reso a lui lArtois. Insomma Roberto
aveva agito cos perch si ristabilisse la concordia e per la felicit di tutti. Ma
evidentemente bisogna sempre fondarsi sul diritto, non sulle fallaci promesse degli
uomini, tanto vero che oggi lerede dellArtois era un esule, la Fiandra affamata
e la Guienna minacciata di confisca!
Per cui, se si doveva andare in guerra, che ci non avvenisse pi per vane
questioni di omaggio ligio o non ligio, di signorie riservate o di definizioni dei
termini del vassallaggio; ma per il vero, il grande, lunico motivo: il possesso della
corona di Francia. Il giorno in cui il re dInghilterra lavesse cinta, non ci
sarebbero pi state, n in Guienna n in Fiandra, ragioni di discordia. E non
sarebbero mancati in Europa, gli alleati, prncipi e popoli concordi.
E se a questo scopo, a vantaggio di questa grande avventura che avrebbe
mutato il destino delle nazioni, il nobile sire Edoardo aveva bisogno di sangue,
Roberto dArtois, tendendo le braccia dalle maniche di velluto, a questo re, ai suoi
lord, al suo Parlamento, allInghilterra, offriva il suo.

III LA SFIDA DELLA TORRE DI NESLE

uando il vescovo Enrico di Burghersh, tesoriere dInghilterra, scortato

da Guglielmo di Montagu, nuovo conte di Salisbury, da Guglielmo Bohun, nuovo


conte di Northampton, e da Roberto Ufford, nuovo conte di Suffolk, present il
giorno di Ognissanti a Parigi le lettere di sfida che Edoardo III Plantageneto
inviava a Filippo VI di Valois, costui, come il re di Gerico davanti a Giosu,
scoppi a ridere.
Aveva sentito bene? Il cuginetto Edoardo intimava di consegnargli la corona di
Francia? Filippo guard il duca di Navarra e il duca di Borbone, suoi parenti.
Aveva appena pranzato in loro compagnia ed era di ottimo umore; le sue guance
pallide e il suo grosso naso si tinsero di rosa ed egli ricominci a ridere.
Se questo vescovo, dignitosamente appoggiato sul suo pastorale, se questi tre
signori inglesi, irrigiditi nei loro giachi, fossero venuti a trasmettergli un
messaggio meno assurdo, per esempio il rifiuto del loro padrone di consegnare
Roberto dArtois, o anche una protesta contro il decreto di confisca della
Guienna, Filippo si sarebbe probabilmente irritato. Ma la sua corona, tutto il suo
regno? Questa ambasceria era davvero ridicola.
Ma s, aveva sentito bene: la legge salica non esisteva, la sua incoronazione era
irregolare
Che i pari mi abbiano eletto re di loro volont, che otto anni fa larcivescovo
di Reims mi abbia consacrato, nemmeno questo, messer vescovo, conta?
Molti dei pari e dei baroni che vi hanno eletto sono morti rispose
Burghersh, ed altri si chiedono se ci che hanno fatto allora stato
approvato da Dio!
Filippo, sempre in preda allo stesso accesso di ilarit, spinse indietro la testa
mettendo a nudo il fondo della gola.
E quando re Edoardo era venuto ad Amiens per rendergli lomaggio, non
laveva forse riconosciuto come re?

Il nostro re era allora minorenne. Lomaggio che egli vi rese e che avrebbe
richiesto, per essere valido, lapprovazione dal Consiglio di Reggenza, venne di
fatto deciso per ordine del traditore Mortimer, il quale in seguito fu impiccato.
Questa poi! Non mancava di faccia tosta quel vescovo che era stato nominato
cancelliere da Mortimer, lo aveva affiancato quale suo primo consigliere e aveva
accompagnato Edoardo ad Amiens leggendo personalmente nella cattedrale la
formula dellomaggio!
Che stava dicendo adesso quella stessa voce? Che aspettava a Filippo, in quanto
conte di Valois, rendere lomaggio a Edoardo! Il re dInghilterra riconosceva infatti
volentieri al cugino di Francia il Valois, lAnjou, il Maine e persino la dignit di
pari Era davvero troppo magnanimo!
Ma dove diavolo si trovavano, Dio del Cielo, a sentire simili enormit?
Si trovavano al palazzo di Nesle, perch fra un soggiorno e laltro a SaintGermain e a Vincennes il re passava la giornata in questa residenza donata alla
sua sposa. Infatti, come i gentiluomini meno importanti dicevano: Staremo nel
salone, oppure nello stanzino dei pappagalli oppure ceneremo nella camera
verde, il re decideva: Oggi pranzer nel palazzo della Cit, oppure al
Louvre, oppure da mio figlio duca di Normandia, nella casa che apparteneva
un tempo a Roberto dArtois.
Erano dunque i vecchi muri del palazzo di Nesle, e la torre ancor pi vecchia
che si scorgeva attraverso le finestre, i testimoni di questa buffonata. Sembra che
certi luoghi siano predestinati a ospitare il dramma dei popoli sotto farsesche
apparenze. Nella stessa dimora dove Margherita di Borgogna si era divertita a
ingannare il Testardo fra le braccia del cavaliere di Aunay, senza immaginare che
questo scherzo avrebbe mutato il corso della monarchia francese, il re
dInghilterra faceva presentare la sua sfida al re di Francia, e il re di Francia
rideva53!
Rideva talmente forte da sentirsi quasi commosso; riconosceva infatti in questa
assurda ambasceria la mano di Roberto. Soltanto lui poteva aver escogitato una
mossa simile. Decisamente doveva essere impazzito. E aver trovato un altro re, pi
giovane e pi ingenuo, pronto a prestarsi alle sue gigantesche follie. Fin dove
sarebbe arrivato? Una sfida tra regno e regno! La sostituzione di un re con un
altro Oltre un certo grado di aberrazione, non si pu pi trattare con severit
una persona per gli eccessi che le sono naturali. Se in quel momento fosse
comparso Roberto dArtois, Filippo lo avrebbe certamente perdonato e
abbracciato.
Dove alloggiate, monsignor vescovo? domand cortesemente Filippo VI.

Nellalbergo dello Chteau-Ftu, in via del Tiroir.


Ebbene, tornateci; sollazzatevi qualche giorno nella nostra amata Parigi e
tornate a trovarci, se volete, con qualche offerta pi sensata. In verit non ve ne
voglio, e anzi, per il fatto che vi siete assunto una simile missione e avete
saputo compierla senza ridere, come ho potuto constatare, vi considero il
miglior ambasciatore che mai abbia ricevuto
Non sapeva di aver dato una definizione tanto pertinente; Enrico di Burghersh,
prima di arrivare a Parigi, era infatti passato per le Fiandre, dove aveva avuto
segreti abboccamenti con il conte di Hainaut, suocero del re dInghilterra, con il
conte di Gueldre, con il duca di Brabante, con il marchese di Juliers, con Jakob
Van Artevelde, e con gli scabini di Gand, di Ypres e di Bruges. Aveva inoltre
inviato parte del suo seguito dallimperatore Luigi di Baviera. Certe parole che si
erano dette, certi accordi che erano stati conclusi, Filippo VI ancora lignorava 54.
Sire, vi consegno le lettere di sfida.
E va bene, e va bene, consegnatemele disse Filippo.
Conserveremo questi cari fogli per leggerli spesso, e per scacciare eventuali
melanconie. Ora vi sar servito da bere. Dopo aver tanto parlato dovete avere la
gola secca.
E batt le mani per chiamare uno scudiero.
Dio non voglia esclam il vescovo Burghersh, che io divenga un
traditore e beva il vino di un nemico al quale, nel profondo del cuore, sono
deciso a fare tutto il male possibile!
Allora Filippo VI scoppi di nuovo a ridere e, senza pi preoccuparsi
dellambasciatore o dei tre lord, prese sottobraccio il re di Navarra e torn nei
suoi appartamenti.

IV INTORNO A WINDSOR

ntorno a Windsor la campagna verde, fitta di larghe vallate, cordiale. Il

castello, pi che incoronare la collina, lavvolge, e le sue tonde muraglie fanno


pensare alle braccia di una gigantessa addormentatasi sullerba.
Intorno a Windsor il paesaggio assomiglia a quello della Normandia, dalle parti
di Evreux, di Beaumont o di Conches.
Roberto dArtois quella mattina se ne andava a cavallo, al passo. Teneva sul
pugno sinistro un falcone i cui artigli si erano conficcati nello spesso cuoio del
guanto. Davanti a lui era soltanto uno scudiero che avanzava lungo il ruscello.
Roberto si annoiava. La guerra con la Francia non si decideva a scoppiare. Ci si
era accontentati, verso la fine dellanno precedente, quasi per confermare con un
atto bellicoso la sfida della Torre di Nesle, a occupare un isolotto appartenente al
conte di Fiandra, al largo di Bruges e dellEcluse. Per rappresaglia i francesi erano
venuti a incendiare alcuni villaggi costieri dellInghilterra del sud. Ma il papa aveva
subito imposto una tregua a questa guerra non ancora iniziata, e la tregua era
stata accettata per strani motivi da entrambi le parti.
Filippo VI, pur non riuscendo a prendere sul serio le pretese di Edoardo alla
corona di Francia, era stato tuttavia molto impressionato da un consiglio dello zio,
re Roberto di Napoli.
Questo principe, erudito al punto da parer quasi pedante, era con un
porfirogenito bizantino uno dei due sovrani al mondo che mai avessero meritato
di esser soprannominati lAstrologo. Aveva studiato gli oroscopi di Edoardo e di
Filippo, e ci che vi aveva letto lo aveva impressionato al punto da indurlo a
scrivere al re di Francia perch evitasse sempre di combattere con il sovrano
dInghilterra, in quanto costui sarebbe stato troppo fortunato in tutte le sue
imprese. Profezie di tal genere lasciano sempre un po perplessi e uno, per
quanto abile torneatore sia, esita prima di spezzare le lance contro le stelle.
Edoardo III, dal canto suo, sembrava un po spaventato della propria audacia.

Lavventura nella quale si era gettato poteva sembrare, sotto molti aspetti,
sproporzionata. Temeva che il suo esercito non fosse abbastanza numeroso, n
sufficientemente addestrato; inviava nelle Fiandre e in Germania unambasceria
dopo laltra per rafforzare la sua coalizione. Enrico Collotorto, ormai quasi cieco,
lo esortava alla prudenza, e Roberto dArtois lo incitava a unazione immediata.
Cosa aspettava dunque Edoardo per iniziare le ostilit? Che i prncipi fiamminghi
finalmente concordi fossero morti? Che Giovanni di Hainaut, esiliato dalla corte
di Francia, dopo esserne stato il favorito, e nuovamente trasferitosi in quella
dInghilterra, non avesse pi braccia abbastanza forti da sollevare una spada? Che
i gualchierai di Gand e di Bruges si stancassero e confidassero meno nelle
promesse non mantenute del re dInghilterra che nellobbedienza a quello di
Francia? Edoardo sperava nelle garanzie dellimperatore; ma questultimo non
voleva correre il rischio di essere scomunicato una seconda volta prima che le
truppe inglesi mettessero piede sul continente. Si parlava, si parlamentava, Si
indugiava; in realt, per dirla tutta, non si aveva coraggio sufficiente.
Roberto dArtois poteva lamentarsi? Apparentemente no. Possedeva castelli e
pensioni, cenava con il re, beveva con il re, era fatto segno a tutte le attenzioni che
poteva desiderare. Ma era stanco di sciupare, ormai da tre anni, le sue energie con
persone che non volevano correre rischi, con un giovanotto al quale offriva una
corona, e quale corona! e che non se ne impadroniva. E poi si sentiva solo.
Lesilio, per quanto dorato, gli pesava. Che poteva dire alla giovane regina Filippa,
se non parlarle del nonno Carlo di Valois e della nonna dAnjou-Sicilia? In certi
momenti aveva la sensazione di essere anche lui un antenato.
Gli sarebbe piaciuto vedere la regina Isabella, la sola persona in Inghilterra con
la quale avesse veramente dei ricordi in comune. Ma la regina madre non
compariva pi a corte; viveva a Castle-Rising, nel Norfolk, dove suo figlio andava
ogni tanto a trovarla. Dopo limpiccagione di Mortimer non si interessava pi a
nulla55
Roberto provava insomma le nostalgie dellemigrato. Pensava alla signora di
Beaumont; quale sarebbe stato il suo aspetto al loro prossimo incontro dopo tanti
anni di reclusione, anche ammesso che tale incontro fosse stato possibile? E lui
avrebbe riconosciuti i suoi figli? Avrebbe mai rivisto il suo palazzo di Parigi, il
suo castello di Conches, avrebbe mai rivisto la Francia? Da come si stava
mettendo questa guerra che egli tanto si era adoperato a creare, cera rischio di
arrivare ai centanni prima di avere unoccasione per ritornare in patria! Ragion
per cui quella mattina, scontento e irritato, era andato a caccia da solo, per passare
il tempo e per dimenticare. Ma lerba morbida sotto i piedi del cavallo, la fitta

erba inglese, era ancor pi folta e inzuppata dacqua di quella dellOuche. Il cielo
aveva un color azzurro pallido con piccole nubi frastagliate e altissime; la brezza
di maggio accarezzava le siepi di biancospino in fiore e i candidi meli, simili ai
meli e ai biancospini di Normandia.
Roberto dArtois stava per compiere i cinquantanni, e che aveva fatto della sua
vita? Aveva bevuto, mangiato, gozzovigliato, cacciato, viaggiato, intrigato per se
stesso e per gli Stati, torneato, litigato pi di qualsiasi contemporaneo. Nessuna
esistenza aveva conosciuto un maggior numero di vicissitudini, di tumulti e di
tribolazioni. Ma mai aveva approfittato del presente, mai si era veramente
soffermato su ci che stava facendo, ad assaporare lattimo fuggente. Il suo spirito
era stato costantemente rivolto verso il domani, verso lavvenire. Il suo vino era
stato per troppo tempo snaturato dal desiderio di berlo nellArtois; nei letti dei
suoi amori era stata la contesa con Mahaut a occupare i suoi pensieri; nel pi
spensierato dei tornei la preoccupazione delle alleanze lo aveva costretto a
controllare i suoi slanci. E durante i suoi vagabondaggi di proscritto, il brodetto
delle sue soste e la birra del suo riposo si erano sempre mescolati allacre sapore
dellodio e della vendetta. E anche oggi a cosa pensava? A domani, a pi tardi.
Una rabbiosa impazienza gli impediva di approfittare di questa bella mattinata, di
questo bel panorama, di questaria cos dolce, di questo uccello insieme docile e
selvaggio di cui sentiva sul pugno la stretta Era tutta l la vita, e di
cinquantanni trascorsi sulla terra non sarebbe rimasta che questa cenere di
speranze?
Venne sottratto alle sue amare fantasie dalle grida del suo scudiero appostato
pi avanti, su unaltura.
Al volo, al volo! Un uccello, monsignore, un uccello!
Roberto si rizz sulla sella e incresp le palpebre. Il falcone, con la testa chiusa
nel cappuccio di cuoio da cui spuntava soltanto il becco, fremette; anche lui
conosceva quella voce. Si ud uno scricchiolare di canne e un airone si alz dalle
rive del ruscello.
Al volo, al volo! continuava a gridare lo scudiero.
Il grande uccello, volando a bassa quota, veleggiava contro vento diretto verso
Roberto. Costui lo lasci passare, e quando vide che aveva preso circa trecento
piedi di vantaggio, liber il falcone dal suo cappuccio e con un grande gesto lo
lanci in aria.
Il falcone descrisse tre cerchi intorno alla testa del padrone, scese radendo il
suolo, scorse la preda che gli era destinata e punt su di lei deciso come lo strale
di una balestra. Vedendosi inseguito, lairone allung il collo per lasciar cadere i

pesci inghiottiti nel ruscello e alleggerirsi di conseguenza. Ma il falcone si


avvicinava, prendeva slancio, volteggiando quasi seguisse una spirale, e laltro, a
grandi colpi dala, si alzava verso il cielo per evitare che il rapace lo agguantasse.
Saliva, saliva, diventava sempre pi piccolo, ma perdeva vantaggio perch
muoveva controvento e veniva frenato dalle sue stesse dimensioni. Dovette
ridiscendere, e allora il falco descrisse una nuova spirale nellaria e si abbatt su di
lui. Ma lairone si era spostato leggermente di lato e gli artigli non poterono fare
totalmente presa. Tuttavia, stordito dallurto, il trampoliere precipit per cinquanta
piedi come un sasso, e subito ricominci a fuggire. E di nuovo il falcone puntava
su di lui.
Roberto e il suo scudiero seguivano con gli occhi questa battaglia in cui
lagilit sconfiggeva il peso, la velocit la forza, la cattiveria bellicosa gli istinti
pacifici.
Lo vedi questo airone gridava Roberto con entusiasmo. proprio il
pi vile uccello che esista! grande quattro volte il mio piccolo terzuolo;
potrebbe accopparlo con un sol colpo di becco; eppure fugge, quel vigliacco,
fugge! Su, piccolo prode, colpisci! Ah! Che uccellino coraggioso! Ecco! Ecco!
Cede, preso!
Lanci il cavallo al galoppo per raggiungere il punto dove sarebbero calati gli
uccelli. Il collo dellairone era stretto fra gli artigli del falco; stava evidentemente
soffocando; le sue ali enormi battevano ormai debolmente e trascinavano nella
caduta il vincitore. A qualche piede dal suolo, luccello da preda apr gli artigli
perch la vittima cadesse da sola e per piombare poi su di lei a finirla con beccate
negli occhi e nella testa. Roberto e il suo scudiero erano gi arrivati.
Lesca! disse Roberto.
Lo scudiero sganci dalla sella un piccione morto e lo gett al falcone per
adescarlo. Si trattava in realt di una finta esca: un falcone ben addestrato sa che
sar questa la sua ricompensa e che non dovr toccare la preda. Il piccolo e
valoroso rapace, con il volto macchiato di sangue, divor il piccione, senza che i
suoi artigli abbandonassero lairone. Dal cielo scendevano lentamente alcune
penne grigie strappate durante la lotta.
Lo scudiero smont di sella, raccolse il trampoliere e lo mostr a Roberto: un
airone stupendo che, sollevato in quel modo, era lungo dalle zampe al becco
quasi quanto un uomo.
davvero troppo vile! ripet Roberto. Non si prova quasi piacere nel
prenderlo. Questi uccelli sono dei fanfaroni che hanno paura della loro ombra e
incominciano a strillare non appena la vedono. Sono prede che bisognerebbe

lasciare ai villani.
Il falcone, saziatosi, obbedendo a un fischio era tornato a posarsi sul pugno di
Roberto, che di nuovo lo ricopr con il cappuccio. Si avviarono poi al piccolo
trotto verso il castello.
Bruscamente lo scudiero sent Roberto dArtois ridere da solo, con una risata
breve e sonora apparentemente ingiustificata che fece scappucciare i cavalli.
Le trombe avevano gi suonato per il pranzo quando i cacciatori varcarono la
pusterla.
Il re sta per mettersi a tavola disse a Roberto il servitore venuto in cortile
a prendergli il cavallo.
Che devo farne dellairone, monsignore? domand lo scudiero.
Roberto alz gli occhi verso la bandiera reale che sventolava sul torrione di
Windsor e il suo volto assunse unespressione ironica e cattiva.
Prendilo e accompagnami nelle cucine, rispose. Poi andrai a
chiamarmi un menestrello o due di quelli che si trovano al castello.

V I GIURAMENTI DELLAIRONE

l pasto era arrivato alla quarta delle sei portate, e il posto del conte

dArtois, a sinistra della regina Filippa, era ancora vuoto.


Nostro cugino Roberto non dunque rientrato? domand Edoardo III
che gi, sedendosi a tavola, si era meravigliato della sua assenza.
Uno dei numerosi scudieri tagliatori che si aggiravano intorno ai convitati disse
di averlo visto tornare dalla caccia da oltre unora. Perch allora questa assenza?
Se anche Roberto era stanco o ammalato, avrebbe potuto mandare un servitore
per giustificarsi davanti al re.
Roberto si comporta alla vostra corte, sire e nipote, proprio come se fosse in
una locanda. Ma, venendo da lui, la cosa non mi sorprende disse Giovanni
di Hainaut, zio della regina Filippa.
Costui, che si vantava maestro di cavalleria cortese, non amava molto il conte
dArtois, nel quale vedeva ancora lo spergiuro bandito dalla corte di Francia per
falsificazione di sigilli, e rimproverava Edoardo III di accordargli eccessiva fiducia.
Senza contare che, come Roberto e senza maggior fortuna, era stato un tempo
invaghito della regina Isabella e che gli davano fastidio le licenziose allusioni delle
quali lo stesso Roberto condiva ogni suo privato discorso sulla regina madre.
Senza rispondere Edoardo tenne le lunghe ciglia abbassate il tempo necessario
a placare lirritazione che in quel momento provava. Non voleva esprimere un
giudizio dettato dal malumore che pi tardi avrebbe potuto far dire: Il re ha
parlato senza sapere; il re ha pronunciato parole ingiuste. Poi alz lo sguardo
verso la contessa di Salisbury, certo la dama pi attraente di tutta la corte.
Alta, con belle trecce nere, un viso ovale dal colorito pallido e uniforme, e
occhi che si prolungavano in unombra malva sotto le palpebre, la contessa di
Salisbury dava sempre limpressione di sognare. Le donne del suo tipo sono
pericolose perch, anche quando sembra che sognino, in realt pensano. Gli occhi
cerchiati di malva incontravano spesso quelli del re.

Salisbury non si preoccupava molto di questo scambio di sguardi, prima di


tutto perch considerava la virt di sua moglie indiscutibile quanto la lealt del re,
e poi perch personalmente era in quel momento attratto dalle risate, dai vivaci
discorsi e dal pigolio da uccello della figlia del conte di Derby sua vicina. Su
Salisbury piovevano gli onori: era stato nominato guardiano dei Cinque Porti e
maresciallo dInghilterra.
Era invece inquieta la regina Filippa. Una donna sempre inquieta quando
incinta e vede che gli occhi del suo sposo si volgono troppo spesso verso un altro
viso. Ora Filippa era di nuovo pregna e non riscontrava in Edoardo quella
gratitudine e quella meraviglia che lavevano accompagnata nella sua prima
gravidanza.
Edoardo aveva venticinque anni; da qualche settimana si era lasciato crescere
una leggera barba bionda che gli ricopriva soltanto il mento. Lo aveva fatto per
piacere alla contessa di Salisbury? Oppure per conferire maggior autorit al suo
volto, rimasto quello di un adolescente? Con quella barba, il giovane re
incominciava ad assomigliare un poco a suo padre: il Plantageneto sembrava
affacciarsi in lui e lottare con il Capetingio. Luomo, a forza di vivere, si deteriora
e perde in purezza ci che guadagna in potenza. Una sorgente, per trasparente
che sia, non pu fare a meno di trascinare, diventando fiume, il fango e la mota.
La signora Filippa aveva buoni motivi per essere inquieta
Improvvisamente si udirono da dietro la porta striduli accordi di viola e di
liuto, e i battenti si spalancarono. Apparvero due camerierine, che non avevano
pi di quattordici anni, con una corona di fronde e una lunga camicia bianca, che
spargevano davanti a s giaggioli, margherite e rose canine traendole da un
cestello. Nello stesso tempo cantavano: Vado alla verzura perch amore mi ci
conduce. Le seguivano due menestrelli accompagnandole con i loro strumenti. E
dietro costoro avanzava Roberto dArtois che superava di tutta la testa quella
orchestrina, e reggeva con entrambe le braccia un airone arrosto su un grande
piatto dargento.
Tutta la corte sorrise e poi rise di questo buffonesco ingresso. Roberto dArtois
si fingeva uno scudiero tagliatore. Non si poteva inventare un modo pi gentile e
pi gaio per farsi perdonare un ritardo.
I valletti avevano interrotto il loro lavoro e, tenendo in mano il coltello o
lampolla, si preparavano a schierarsi in corteo per partecipare al gioco.
Ma ad un tratto si lev la voce del gigante a ricoprire canzone, liuto e viola:
Scostatevi, brutti vigliacchi! al vostro re che vengo a fare un dono.
La gente continuava a ridere. Quei brutti vigliacchi sembravano una

divertente trovata. Roberto si era fermato davanti a Edoardo III e, accennando a


una genuflessione, gli offriva il piatto.
Sire, esclam, ho qui un airone che il mio falco ha catturato.
luccello pi vile che esista al mondo perch fugge davanti a tutti gli altri. A
mio parere, gli uomini del vostro paese dovrebbero ad esso consacrarsi, e ben
lo vedrei figurare nelle insegne dInghilterra al posto dei leoni. a voi, re
Edoardo, che voglio farne omaggio. Perch spetta di diritto al pi vile e al pi
codardo principe di questo mondo, che stato diseredato dal regno di Francia
e al quale manca il coraggio per conquistare ci che gli appartiene.
Tutti tacquero. Un enorme silenzio, angosciato in alcuni, indignato in altri,
aveva spento le risate. Linsulto era indiscutibile. Gi Salisbury, Suffolk, Guglielmo
di Mauny e Giovanni di Hainaut stavano alzandosi e attendevano un cenno del re
per gettarsi sul conte dArtois. Roberto non sembrava ubriaco. Era forse
impazzito? Non potevano esserci altre spiegazioni, perch mai si era udito
qualcuno in una corte, tanto meno uno straniero bandito dal suo paese natale,
comportarsi in quel modo.
Le guance del giovane re si erano imporporate. Edoardo fissava Roberto negli
occhi. Lo avrebbe scacciato dalla sala, scacciato dal suo regno?
Edoardo rifletteva sempre qualche secondo prima di parlare, sapendo bene che
ogni parola del re conta, persino quando dice Buona notte al suo scudiero.
Chiudere con la forza una bocca non elimina loltraggio che questa bocca ha
proferito. Edoardo era saggio ed era onesto. Non si dimostra il proprio coraggio
togliendo, mossi dallira, i benefici concessi a un parente che si ospitato e che ci
serve; non si dimostra il proprio coraggio facendo scaraventare in prigione un
uomo, solo perch vi ha accusato di debolezza. Lo si dimostra provando che
laccusa falsa. Edoardo si alz.
Poich mi si tratta da codardo davanti alle dame e ai miei baroni, bene che
esprima su questo punto il mio parere; e per dimostrarvi, cugino mio, che mi
avete mal giudicato e che non la vilt che ancora mi trattiene, faccio voto
entro lanno di varcare il mare per sfidare il presunto re di Francia e combattere
contro di lui, dovessero venirmi addosso in dieci contro uno. Vi sono grato di
questo airone che avete preso per me e che accetto con grande piacere.
I convitati rimasero muti, ma i loro sentimenti avevano cambiato natura e
dimensioni. I petti si dilatarono come se ognuno avesse bisogno di respirare
una grande quantit daria. Un cucchiaio, cadendo, produsse in quel silenzio un
esagerato tintinnio. Nelle pupille di Roberto pass un lampo trionfale. Sinchin
e disse:

Sire, mio giovane e valoroso cugino, non mi aspettavo da voi altra risposta.
Il vostro nobile cuore ha parlato. E assai ne gioisco per la vostra gloria; e per
quanto mi riguarda, sire Edoardo, ne traggo grande speranza perch cos potr
rivedere la mia sposa e i miei figlioli. Su Dio che ci ascolta, faccio voto di
precedervi ovunque in battaglia, e prego mi sia concessa vita sufficientemente
lunga per servirvi e vendicarmi.
Poi rivolgendosi allintera tavolata:
Miei nobili lord, nessuno di voi ha dunque il coraggio di fare un voto
analogo a quello del vostro amatissimo sire?
Sempre trasportando lairone arrostito, sulle ali e sul codione del quale il cuoco
aveva trapiantato alcune delle sue piume, Roberto avanz verso Salisbury:
Nobile Montagu, a voi che per primo mi rivolgo!
A vostra disposizione, conte Roberto, disse Salisbury che pochi istanti
prima era pronto a gettarsi su di lui.
E alzandosi dichiar:
Poich il re nostro sire ha indicato il suo nemico, io scelgo il mio; e siccome
sono maresciallo dInghilterra faccio voto di non concedermi riposo finch non
avr sbaragliato in battaglia il maresciallo di Filippo, falso re di Francia.
Presa da entusiasmo, lintera tavolata applaud:
Anchio voglio fare un voto esclam battendo le mani la damigella di
Derby. Le dame non ne hanno forse il diritto?
Ma certo, gentile contessa, le rispose Roberto, e gran bene; cos gli
uomini manterranno ancor meglio la propria parola. Su, pulzellette aggiunse
rivolgendosi alle due ragazzine inghirlandate, riprendete a cantare in onore
della dama che vuol fare un voto.
Menestrelli e pulzellette ripresero: Vado alla verzura perch amore mi ci
conduce, e poi, davanti al piatto dargento dove lairone si imbeveva della sua
salsa, la damigella Derby disse con voce stridula:
Giuro e prometto al Dio del paradiso che non avr marito, sia esso
principe, conte o barone, prima che il voto pronunciato or ora dal nobile lord
di Salisbury sia compiuto. E quando torner, se torner vivo, gli far dono del
mio corpo, con tutto il cuore.
Questo voto provoc una certa sorpresa e fece arrossire Salisbury.
Le belle trecce nere della contessa sua sposa rimasero immobili; le sue labbra si
strinsero appena in una smorfia leggermente ironica e i suoi occhi dalle ombre
malva cercarono di incrociare quelli di re Edoardo come a dirgli: Non abbiamo
bisogno di avere troppi scrupoli.

Roberto si ferm cos davanti a tutti i convitati, facendo ogni volta suonare
qualche accordo di viola e cantare le ragazzine, perch ognuno avesse tempo di
preparare il suo voto e di scegliersi un nemico. Il conte di Derby, padre della
damigella che aveva pronunciato una dichiarazione tanto audace, promise di
sfidare il conte di Fiandra; il nuovo conte di Suffolk fece il nome del re di
Boemia. Il giovane Gualtiero di Mauny, tutto emozionato per essere stato
recentemente armato cavaliere, impression vivamente lassemblea promettendo di
ridurre in cenere tutte le citt intorno allo Hainaut che appartenevano a Filippo di
Valois, impegnandosi, fin quando non avesse adempiuto alla sua promessa, a
vedere la luce soltanto con un occhio.
Ebbene, cos sia disse la contessa di Salisbury, sua vicina, ponendogli due
dita sullocchio destro. Quando il vostro voto sar realizzato, che il mio
amore vada a chi pi mi ama, ecco il mio voto.
Nello stesso tempo fissava il re. Ma lingenuo Gualtiero, che credeva quella
promessa a lui destinata, tenne la palpebra chiusa anche quando la dama ne ebbe
tolte le dita. Poi trasse di tasca un fazzoletto rosso e se lo annod sulla fronte di
traverso, ricoprendone locchio.
Il momento pi solenne era passato. Gi alcune risate si mescolavano a questa
gara di coraggio verbale. Lairone era arrivato davanti a messer Giovanni di
Hainaut, il quale aveva sperato che la provocazione avrebbe sortito per il suo
autore un esito ben diverso. Non gli piaceva ricevere lezioni di onore, e il suo
viso paffuto mal nascondeva il suo disappunto.
Quando siamo in taverna, e il vino che abbiamo bevuto ci aiuta disse a
Roberto, non facciamo fatica a far voti grandiosi che ci procacciano i sorrisi
delle dame. Allora siamo tutti Olivieri, Rolandi e Lancillotti. Ma quando siamo
in guerra sui nostri destrieri lanciati al galoppo, con gli scudi a tracolla e le
lance in resta, e. sentiamo un grande freddo scendere su di noi mentre il
nemico si avvicina, quanti farfalloni preferirebbero tornare nelle cantine! Il re di
Boemia, il conte di Fiandra e il maresciallo Bertrand, sono buoni cavalieri
quanto noi, cugino Roberto, e voi lo sapete bene; perch, quantunque
entrambi banditi dalla corte di Francia, ma per ragioni diverse, noi li
conosciamo bene; non possiamo dire di avere gi in tasca il denaro del loro
riscatto! Per parte mia, giuro soltanto che se il nostro re Edoardo vorr passare
per lo Hainaut, sar accanto a lui per sostenere sempre la sua causa. E sar
questa la terza guerra in cui mi batter al suo fianco.
Ora Roberto si era avvicinato alla regina e aveva posato a terra un ginocchio.
La rotonda Filippa volse verso Edoardo il suo volto chiazzato di macchie rosse.

Non posso far voti disse, senza lautorizzazione del mio signore.
Con queste parole dava una pacata lezione alle dame della sua corte.
Votate ci che volete, amica mia, votate con entusiasmo; approvo tutto in
anticipo, e che Dio vi aiuti! disse il re.
Se dunque, mio dolce sire, posso votare ci che mi piace riprese Filippa,
poich sono gravida di un bimbo e anzi lo sento muovere, faccio voto che
egli non esca dal mio corpo se non mi avrete condotta oltremare per realizzare
la vostra promessa
Le tremava leggermente la voce come il giorno delle sue nozze.
ma se aggiunse, mi lascerete qui e andrete in Francia con unaltra,
allora mi uccider con un grande coltello di acciaio per perdere
contemporaneamente la mia anima e il mio frutto!
Queste parole vennero pronunciate senza enfasi, ma con chiarezza sufficiente a
giungere alle orecchie di ognuno. Tutti evitarono di guardare la contessa di
Salisbury. Il re abbass le lunghe ciglia, prese la mano della sua sposa, se la
accost alle labbra e per spezzare il generale imbarazzo, disse:
Amica mia, avete impartito a tutti noi una lezione. Dopo di voi nessun altro
potr fare voti.
E poi a Roberto:
Cugino dArtois, prendete posto accanto alla regina.
Uno scudiero tagli lairone, la cui carne era dura per essere stata cotta troppo
fresca, e fredda per aver troppo atteso. Ognuno per ne assaggi un boccone.
Roberto trov che la sua selvaggina aveva un sapore squisito: la guerra, quel
giorno, era davvero incominciata.

VI LE MURA DI VANNES

i voti pronunciati a Windsor vennero mantenuti.

Il sedici luglio di quello stesso anno, 1338, Edoardo III simbarcava a Yarmouth
con una flotta di quattrocento vascelli. Lindomani sbarcava ad Anversa.
Partecipavano alla spedizione la regina Filippa e numerosi cavalieri che, per imitare
Gualtiero di Mauny, si erano ricoperti locchio destro con una losanga di panno
rosso.
Non era ancora scoccata lora della battaglia ma solo quella dei colloqui. A
Coblenza, il cinque settembre, Edoardo incontrava limperatore di Germania.
Per questa cerimonia Luigi di Baviera aveva indossato uno strano costume,
met da imperatore e met da papa, con una dalmatica da pontefice sopra la
tunica da re, e con una corona a fioroni scintillante intorno a una tiara. In una
mano teneva lo scettro, nellaltra il globo sormontato dalla croce. Si presentava cos
come il sovrano dellintera cristianit.
Dallalto del suo trono proclam la fellonia di Filippo VI, riconobbe in Edoardo
il vero re di Francia e gli consegn la verga doro che faceva di lui il vicario
imperiale. Era anche questa unidea di Roberto dArtois che si era ricordato come
Carlo di Valois, prima di ogni sua spedizione, si preoccupava di farsi nominare
vicario pontificio. Luigi di Baviera giur di difendere per sette anni i diritti di
Edoardo, e tutti i prncipi tedeschi venuti con limperatore, si associarono a questo
giuramento.
Intanto Jacob Van Artevelde continuava a incitare alla rivolta le popolazioni
della contea di Fiandra, da cui Luigi di Nevers era definitivamente fuggito.
Edoardo III pass di citt in citt, convocando grandi assemblee dalle quali si
faceva riconoscere come re di Francia. Prometteva di annettere alla Fiandra Douai,
Lilla, e persino lArtois, per costituire con tutti questi territori uniti da una
comunanza dinteressi una sola nazione. Il fatto che in questo colossale progetto
fosse compreso anche lArtois lasciava capire chi lo aveva ispirato e chi ne sarebbe

stato, sotto la protezione inglese, il beneficiario.


Contemporaneamente Edoardo decideva di accrescere i privilegi commerciali
delle citt; anzich esigere tributi, concedeva sovvenzioni, e sigillava le sue
promesse con un sigillo in cui erano insieme incise le insegne dInghilterra e di
Francia.
Ad Anversa, la regina Filippa diede alla luce il suo secondogenito, Lionello.
Invano papa Benedetto XII moltiplicava ad Avignone i suoi sforzi per metter
pace. Aveva proibito la crociata per impedire la guerra fra Francia e Inghilterra, e
ora questa sembrava inevitabile.
Gi nel Vermandois e nella Thirache erano avvenute violente scaramucce fra
avanguardie inglesi e guarnigioni francesi, alle quali Filippo VI replic mandando
dei distaccamenti in Guienna e altri in Scozia per fomentarvi la rivolta in nome
del piccolo Davide Bruce.
Edoardo III faceva la spola tra Fiandra e Londra, dando in pegno alle banche
italiane i gioielli della corona per finanziare il mantenimento delle truppe nonch
le esigenze dei nuovi vassalli.
Filippo VI, radunato loste, prese lorifiamma a Saint-Denis e avanz sin oltre
San Quintino; poi, quando fu giunto a una sola giornata dallavanguardia inglese,
fece tornare indietro lesercito e and a riportare lorifiamma sullaltare di SaintDenis. Quale poteva essere la ragione di questa strana ritirata del re torneatore? Se
lo domandavano tutti. Che Filippo avesse giudicato il tempo troppo umido per
impegnare battaglia? O che gli fossero improvvisamente tornate alla mente le
funeste profezie dello zio Roberto lAstrologo? Disse di aver preferito un altro
progetto. Langoscia, in una notte, lo aveva indotto ad architettare un ben diverso
piano. Avrebbe conquistato il regno dInghilterra. Non sarebbe stata la prima volta
che i francesi vi mettevano piede; tre secoli prima un duca di Normandia non
laveva forse conquistata la Gran Bretagna? Ebbene lui, Filippo, sarebbe sbarcato
sulle stesse spiagge di Hastings; e accanto a lui sarebbe stato un altro duca di
Normandia, suo figlio! Entrambi i re, insomma, ambivano a impadronirsi del
regno del rivale.
Ma limpresa di Filippo esigeva anzitutto il dominio del mare. Poich Edoardo
aveva portato sul continente la maggior parte dellesercito, egli decise di isolarlo
dalle sue basi per impedirgli di rifornire le sue truppe o di inviare loro rinforzi.
Avrebbe distrutto la flotta inglese.
Il ventidue giugno 1340, davanti allEcluse, nel vasto estuario che divide la
Fiandra dalla Zelanda, venivano avanti duecento navi che portavano i nomi pi
graziosi, e facevano sventolare sullalbero maestro la fiamma di Francia: la

Pellegrina, la Nave di Dio, lInnamorata, lElegante, la Santa Maria Porta Gioia


Su questi vascelli erano imbarcati ventimila fra marinai e soldati, compreso un
intero corpo di balestrieri; ma fra tutti costoro i gentiluomini non erano pi di
centocinquanta. La cavalleria francese non amava il mare.
Il capitano Barbanera, che comandava le cinquanta galee genovesi prese in
affitto dal re di Francia, disse allammiraglio Bhuchet:
Ecco, monsignore, il re dInghilterra e la sua flotta che avanzano verso di
noi. Portatevi al largo con tutte le vostre navi, perch se rimanete qui,
prigionieri come siete delle grandi dighe, gli inglesi che hanno a loro favore il
vento, il sole e la marea, vincalzeranno al punto che non avrete possibilit di
scampo.
Sarebbe stato meglio dargli retta; aveva trentanni di esperienza marinaresca, e
lanno precedente, per conto della Francia, aveva audacemente incendiato e
saccheggiato Southampton. Lammiraglio Bhuchet, ex direttore delle acque e
delle foreste regie, replic fieramente:
Vituperato sia chi se ne andr di qui!
Fece schierare la sua flotta su tre file: nella prima i marinai della Senna, nella
seconda i picardi e quelli di Dieppe, e infine quelli di Caen e di Contentin;
ordin inoltre di legare fra loro le navi con dei cavi e dispose gli uomini come
nelle fortezze.
Re Edoardo, partito da Londra due giorni prima, comandava una flotta di
potenza quasi eguale. Ma, bench complessivamente il numero dei combattenti ai
suoi ordini non fosse superiore, egli aveva a bordo dei suoi vascelli anche duemila
gentiluomini, fra i quali Roberto dArtois, che pure provava estrema ripugnanza al
solo pensiero di navigare.
Su queste navi erano imbarcati anche ottocento soldati e unintero vascello
ospitava le dame donore della regina Filippa.
La sera, la Francia aveva definitivamente perduto il dominio dei mari.
Non ci si era nemmeno accorti che il sole era tramontato, tanta era la luce
fornita dagli incendi dei vascelli francesi.
Pescatori normanni, picardi e marinai della Senna si erano fatti massacrare dagli
arcieri dInghilterra e dai fiamminghi accorsi in loro aiuto sulle loro chiatte dal
fondo dellestuario per aggredire alle spalle quelle fortezze a vela. Non si udiva
che scricchiolio di alberi, strepito di armi, urla di sgozzati; ci si batteva alla spada
e alla scure in un campo di relitti. I superstiti che cercavano di sfuggire alle ultime
fasi del massacro si tuffavano fra i cadaveri, e non capivano pi se nuotavano
nellacqua o nel sangue. Centinaia di mani tagliate galleggiavano sul mare.

Il corpo dellammiraglio Bhuchet pendeva dal pennone della nave di Edoardo.


Barbanera invece aveva preso il largo da parecchie ore con le sue galee genovesi.
Gli inglesi erano ammaccati, ma trionfanti. La loro maggior perdita era stato
laffondamento della nave delle dame, colata a picco fra orribili grida. Abiti
femminili andavano alla deriva in quel grande carnaio come uccelli morti.
Il giovane re Edoardo era stato ferito alla coscia e il sangue grondava sui suoi
stivali di cuoio bianco; ma dora in avanti le battaglie si sarebbero combattute in
terra di Francia56.
Edoardo III invi subito a Filippo VI nuove lettere di sfida: Per evitare gravi
distruzioni ai popoli e ai paesi, e un gran massacro di cristiani, cosa che ogni
principe deve aver a cuore di impedire , il re inglese offriva al cugino di Francia
dincontrarlo in singolar tenzone, giacch la controversia per leredit al trono di
Francia era una loro faccenda personale. E se Filippo di Valois non voleva questa
sfida fra i loro corpi, gli offriva uno scontro con soli cento cavalieri da entrambi
le parti e in campo chiuso: un torneo insomma, ma con lance non spuntate e
spade non smussate, senza giudici per sorvegliare la zuffa e con un premio che
non sarebbe consistito nelle solite spille ornamentali o nei soliti falconi, ma nella
corona di San Luigi.
Il re torneatore replic che la proposta di suo cugino era inaccettabile, essendo
stata indirizzata a Filippo di Valois e non al re di Francia di cui Edoardo era il
vassallo proditoriamente ribellatosi.
Il papa fece negoziare una nuova tregua. I suoi messi si diedero molto da fare
e si attribuirono tutto il merito di una pace precaria che i due principi avevano
accettato solo per avere il tempo di tirare il fiato. Questa seconda tregua sarebbe
forse durata a lungo se non fosse morto il duca di Bretagna.
Egli non lasciava figli legittimi n eredi diretti. Il ducato venne
contemporaneamente richiesto dal conte Montfort-lAmaury, suo ultimo fratello, e
da Carlo di Blois, suo nipote: un altro affare dArtois che, giuridicamente, si
presentava pressa poco nello stesso modo. Filippo VI sostenne le pretese del suo
parente Carlo di Blois, marito di una Valois. Allora Edoardo III prese le parti di
Giovanni di Montfort. Sicch esistevano in quel momento due re di Francia,
ognuno dei quali aveva il suo duca di Bretagna come ognuno aveva il suo re di
Scozia.
La Bretagna riguardava molto da vicino Roberto, poich sua madre era sorella
del defunto duca Giovanni. Edoardo III non poteva dunque non affidare al
gigante il comando del corpo di spedizione che vi sarebbe sbarcato.
La grande ora di Roberto dArtois era finalmente scoccata.

Roberto ha cinquantasei anni. Intorno al suo viso, ai muscoli induriti da una


lunga carriera di odio, i capelli hanno assunto quello strano colore di sidro
allungato con acqua che proprio degli uomini fulvi quando incanutiscono. Non
pi il cattivo soggetto che credeva di fare la guerra quando saccheggiava i
castelli di sua zia Mahaut. Ora sa cose la guerra: prepara accuratamente la sua
campagna, ha lautorit che gli conferiscono let e tutte le esperienze accumulate
nel corso di una tumultuosa esistenza. da tutti rispettato. Chi mai ricorda che
egli fu falsario, spergiuro, assassino e un poco stregone? Chi oserebbe
ricordarglielo? Monsignor Roberto, un colosso che sta invecchiando, ma
sempre sbalorditivamente forte, veste sempre di rosso, sempre sicuro di s e
avanza in terra francese alla testa di un esercito inglese. Ma ha forse qualche
importanza per lui che le sue truppe siano straniere? Ed esiste del resto questo
concetto per i conti, i baroni, i cavalieri? Le loro spedizioni sono faccende di
famiglia e le loro battaglie lotte di eredit; il nemico un cugino, ma un cugino
anche lalleato. solo per il popolo che sta per essere massacrato, per vedere
incendiate le sue case, saccheggiati i suoi granai, violentate le sue donne, che la
parola straniero sinonimo di nemico; non per i prncipi che difendono i loro
titoli e ampliano i loro possedimenti.
Per Roberto questa guerra fra Francia e Inghilterra la sua guerra; lha voluta,
lha predicata, lha architettata; rappresenta dieci anni di sforzi ininterrotti. Sembra
sia nato e sia vissuto solo per essa. Si lamentava un tempo di non aver mai potuto
gustare il momento presente; ma stavolta finalmente lo assapora. Aspira laria
come un inebriante liquore. Ogni minuto un minuto di felicit. Dallalto del suo
sauro enorme, con i capelli al vento e lelmo appeso alla sella, rivolge ai suoi
uomini rumorose frasi scherzose che fanno tremare. Ha ai suoi ordini
ventiduemila cavalieri e soldati e, quando si volta, vede le sue lance oscillare sino
allorizzonte come una terribile messe.
I poveri bretoni fuggono davanti a lui, qualcuno su un carro, ma in genere sulle
loro ciabatte di tela o di corteccia; le donne si trascinano appresso i bambini e gli
uomini portano sulle spalle un sacchetto di grano nero.
Roberto dArtois ha cinquantasei anni, ma come pu ancora coprire senza
fatica tappe di quindici leghe, cos pu continuare a sognare Domani prender
Brest; poi Vannes, poi Rennes; di qui entrer in Normandia e simpadronir di
Alenon che appartiene al fratello di Filippo di Valois; da Alenon a Evreux e poi
a Conches, la sua cara Conches! Fa una corsa a Chteau-Gaillard, libera la signora
di Beaumont. Poi punta inarrestabile su Parigi; ecco il Louvre, Vincennes, Saint-

Germain, cattura Filippo di Valois, lo depone e consegna la corona a Edoardo


che lo nomina luogotenente generale del regno di Francia. La sua vita ha
conosciuto fortune e sventure meno prevedibili, quando non aveva tutto un
esercito a seguirlo e a sollevare la polvere delle strade.
E di fatto Roberto prende Brest, dove libera la contessa di Montfort, anima
guerriera e corpo vigoroso che, mentre suo marito tenuto prigioniero dal re di
Francia, continua, con le spalle al mare, a resistere in fondo al suo ducato. E di
fatto Roberto attraversa da trionfatore la Bretagna, e di fatto assedia Vannes; fa
mettere in posizione di tiro frombole e catapulte, fa puntare le bombarde a
polvere il cui fumo si dissolve nelle nubi di novembre, fa aprire una breccia nei
muri. La guarnigione di Vannes numerosa, ma non sembra particolarmente
risoluta; attende il primo assalto per potersi arrendere con onore. Bisogner
sacrificare da entrambe le parti qualche uomo per adempiere a questa formalit.
Roberto si fa allacciare lelmo dacciaio, inforca lenorme destriero che cede un
poco sotto il suo peso, urla gli ultimi ordini, abbassa sul viso la ventaglia del
casco, agita, facendola volteggiare sopra la testa, la mazza da sei libbre. Gli araldi,
che fanno sventolare la sua bandiera, urlano a squarciagola: Artois, alla
battaglia!.
Uomini a piedi corrono accanto ai cavalli, trasportando in sei delle lunghe
scale; altri portano sui bastoni malloppi di stoffa infiammata; e luragano si
precipita verso la frana delle pietre, nel punto dove il bastione ha ceduto; e il
giaco fluttuante di monsignor dArtois rosseggia sotto le pesanti nubi grige, come
la folgore
Una freccia di balestra, scoccata dal crinale, attraversa la cotta di seta,
larmatura, il cuoio del guazzerino, la tela della camicia. Il colpo non pi forte
di quello di una lancia in una giostra; Roberto dArtois si strappa da solo il dardo
ma, qualche passo pi in l, senza capire ci che gli sta succedendo, n perch il
cielo diventa improvvisamente cos buio, n perch le sue gambe non riescono
pi a stringere il cavallo, crolla nel fango.
Mentre le sue truppe conquistavano Vannes, il gigante, liberato dallelmo e
disteso su una scala, veniva trasportato al suo campo; e il sangue colava sotto la
scala.
Mai prima dora Roberto era stato ferito. Due campagne in Fiandra, una
spedizione in Artois, la guerra dAquitania: era passato attraverso tutto questo
senza neppure una graffiatura. Mai, in cinquanta tornei, una lancia spezzata, mai
una zanna di cinghiale gli aveva anche soltanto sfiorato la pelle.
Perch davanti a Vannes, davanti a questa citt che non opponeva unautentica

resistenza, che era soltanto una tappa secondaria sul cammino della sua epopea?
Nessuna profezia funesta riferentesi a Vannes o alla Bretagna era stata fatta a
Roberto dArtois. Il braccio che aveva teso la balestra era quello di uno
sconosciuto che non sapeva neppure su chi tirava.
Roberto lott per quattro giorni, non pi contro i prncipi e i Parlamenti, non
pi contro le leggi di eredit, le consuetudini delle contee, le ambizioni o le
avidit delle famiglie reali; lott contro la propria carne. La morte stava entrando
in lui attraverso una piaga dalle labbra nerastre aperta fra quel cuore che aveva,
tanto pulsato e quel ventre che aveva tanto mangiato; non la morte che congela
ma quella che incendia. Il fuoco era entrato nelle sue vene. La morte doveva
bruciare in quattro giorni quel corpo in cui rimanevano ancora energie per altri
ventanni di vita.
Rifiut di fare testamento, urlando che lindomani sarebbe stato di nuovo a
cavallo. Bisogn legarlo per somministrargli gli ultimi sacramenti: voleva
accoppare il cappellano nel quale credeva di riconoscere Thierry dHirson.
Delirava.
Roberto dArtois aveva sempre detestato il mare; un battello spieg le vele per
ricondurlo in Inghilterra. Per tutta una notte, nelloscillare dei flutti, patrocin la
sua causa in uno strano processo nel quale si rivolgeva ai baroni di Francia
chiamandoli miei nobili lord ed esigeva da Filippo il Bello che ordinasse la
confisca di tutti i beni di Filippo di Valois, mantello, scettro e corona, in
osservanza di una bolla papale di scomunica. La sua voce, dal castello di poppa,
giungeva sino alla ruota di prora, saliva sino agli uomini di vedetta fra gli alberi.
Prima dellalba si calm un poco e chiese che il suo materasso venisse portato
sulla soglia per dargli modo di guardare le ultime stelle. Ma non pot vedere il
nuovo sole. Nel momento di morire, ancora immaginava di potersi salvare.
Lultima parola che le sue labbra formarono fu: Mai!. E nessuno seppe se egli si
rivolgeva ai re, al mare o a Dio.
Ogni uomo, venendo al mondo, investito di una funzione infima o
fondamentale, ma generalmente a lui ignota, e sono la sua natura, i suoi rapporti
con i propri simili, gli incidenti della sua esistenza che lo spingono a compierla, a
sua insaputa, ma con lillusione della libert. Roberto dArtois aveva dato fuoco al
mondo occidentale: aveva adempito al suo compito.
Quando in Fiandra re Edoardo seppe della sua morte, gli si inumidirono le
ciglia e mand alla regina Filippa una lettera in cui diceva:
Dolce amore, Roberto dArtois nostro cugino stato chiamato a Dio; per

laffetto che provavamo verso di lui e per il nostro onore abbiamo scritto ai nostri
cancellieri e tesorieri, e abbiamo loro ordinato di farlo seppellire nella nostra citt
di Londra. Vogliamo, dolce amore, che vigiliate perch essi eseguano bene la
nostra volont. Che Dio vi protegga. Firmato con il nostro sigillo privato nella
citt di Grandchamp, il giorno di Santa Caterina, il sedicesimo anno del nostro
regno dInghilterra e il terzo di Francia.
Allinizio del gennaio 1343, la cripta della cattedrale di San Paolo a Londra
accolse la bara pi pesante che mai vi fosse scesa.
E qui lautore, costretto dalla storia a uccidere il suo personaggio preferito,
con il quale ha vissuto per sei anni, prova una tristezza eguale a quella di re
Edoardo dInghilterra; la penna, come dicevano i vecchi scrittori di cronache, gli
sfugge dalle dita, e non sente pi il desiderio di proseguire, almeno per ora, se
non per far conoscere al lettore come finirono alcuni dei principali eroi di questo
racconto.
Saltiamo undici anni e varchiamo le Alpi

EPILOGO
(1354 - 1362)

I LA STRADA CHE CONDUCE A ROMA

l luned ventidue settembre 1354, a Siena, Giannino Baglioni, notabile

di questa citt, ricevette nel palazzo Tolomei dove la sua famiglia aveva una banca,
una lettera del famoso Cola di Rienzo, che si era impadronito del potere a Roma
riprendendo lantico titolo di tribuno. In questa lettera, spedita dal Campidoglio il
gioved precedente, Cola di Rienzo cos scriveva al banchiere:
Carissimo amico, abbiamo mandato dei messaggeri per cercarvi con la
missione di pregarvi, se vi incontravano, di volervi recare a Roma presso di noi.
Ci hanno riferito che vi avevano effettivamente scovato a Siena, ma che non erano
riusciti a convincervi. Poich non era certo che vi avrebbero rintracciato, noi non
vi avevamo scritto; ma adesso che sappiamo dove siete, vi preghiamo di venirci a
trovare in tutta fretta, non appena avrete ricevuto questa lettera, e nel massimo
segreto, per una questione riguardante il regno di Fiandra.
Per quale ragione il tribuno, che era cresciuto in una taverna di Trastevere, ma
si vantava figlio naturale dellimperatore Enrico VII di Germania e quindi
fratellastro di re Giovanni di Boemia, e nel quale il Petrarca salutava il restauratore
delle antiche grandezze dItalia, per quale ragione Cola di Rienzo voleva
intrattenersi, con tanta urgenza e con tanta segretezza, con Giannino Baglioni? Era
questa la domanda che costui si poneva mentre procedeva verso Roma insieme a
un amico, il notaio Angelo Guidarelli, al quale aveva chiesto di accompagnarlo,
prima di tutto perch facendola in due la strada sembra meno lunga, e poi perch
il notaio era un ragazzo in gamba che conosceva bene tutti gli affari della banca.
In settembre il cielo ancora caldo sulla campagna senese, e la stoppia delle
messi ricopre i campi come una fulva pelliccia. uno dei pi bei panorami del
mondo: Dio vi ha tracciato con mano felice la curva delle colline, e vi ha diffuso
una vegetazione ricca e varia nella quale il cipresso regna da padrone. Luomo ha
saputo lavorare questa terra e costellarla delle sue dimore che tutte, dalla villa pi
principesca alla pi umile masseria, mostrano nel loro colore ocra e nelle loro

tegole rotonde, la stessa grazia e la stessa armonia. La strada non mai


monotona: serpeggia, sinnalza, scende verso nuove vallate, fra colture a terrazze e
millenari oliveti. A Siena, Dio e gli uomini hanno avuto entrambi del genio.
Quali eran questi affari di Francia di cui il tribuno di Roma voleva discutere
con il banchiere di Siena? Perch lo aveva fatto avvicinare in due occasioni e aveva
mandato quella lettera incalzante in cui lo trattava da carissimo amico?. Nuovi
prestiti da concedere al re di Parigi, indubbiamente, o riscatti da versare per
qualche gran signore prigioniero in Inghilterra Giannino Baglioni non
immaginava che Cola di Rienzo si interessasse tanto alla sorte dei francesi.
E anche cos, perch il tribuno non si rivolgeva agli altri membri della
Compagnia, ai pi anziani, a Tolomeo Tolomei, a Andrea, a Giacomo, che
conoscevano assai meglio questi problemi ed erano stati a suo tempo a Parigi per
liquidare leredit del vecchio zio Spinello, quando si erano chiuse tutte le filiali
francesi? Certo Giannino era nato da madre francese, una damigella della nobilt
che egli ritrovava nei ricordi della prima infanzia, una bella giovane donna un po
triste, in un vetusto maniero nel cuore di un paesaggio piovoso. Certo suo padre
Guccio Baglioni, ormai morto da quattordici anni, quel caro uomo, nel corso di
un viaggio in Campania e Giannino, sobbalzando al ritmo del suo cavallo, si
tracciava sul petto un discreto segno di croce suo padre, nel periodo in cui era
rimasto in Francia, era stato strettamente immischiato in grandi e segreti affari di
corte fra Parigi e Londra, fra Parigi e Napoli; aveva avvicinato altissimi personaggi,
persino re e regine, e raccontato a suo tempo queste cose al figlio.
Ma Giannino non amava ricordarsi della Francia, proprio per quella madre che
non aveva pi rivisto e di cui ignorava se era ancora viva o morta; per la sua
nascita, legittima secondo suo padre, illegittima secondo gli altri membri della
famiglia conosciuti solo a nove anni compiuti: il nonno Mino Baglioni, gli zii
Tolomei, gli innumerevoli cugini Per lungo tempo Giannino si era sentito
estraneo e diverso. Aveva fatto di tutto per cancellare questa dissomiglianza, per
integrarsi in una comunit dove era entrato solo in ritardo, in una patria dove non
era nato.
Fra le diverse attivit della compagnia Tolomei si era specializzato nel
commercio delle lane; forse per una certa nostalgia dei montoni, dei prati verdi e
della nebbia. Due anni dopo la scomparsa del padre, aveva sposato unereditiera
senese di buona famiglia, Giovanna Vivoli, dalla quale aveva avuto tre figli e con
la quale era vissuto felice per sei anni, ma che era morta durante lepidemia di
peste nera del 1348. Lanno successivo si era risposato con Francesca Agazzano,
che gli aveva dato altri due figli e ne attendeva attualmente un terzo.

Era stimato dai suoi compatrioti, conduceva i suoi affari con onest e la
pubblica considerazione di cui godeva gli aveva meritato la carica di camerlengo
dellospedale di Nostra Signora della Misericordia.
San Quirico dOrcia, Radicofani, Acquapendente, il lago di Bolsena,
Montefiascone, le notti passate nelle locande dai grossi portici, e il cammino
ripreso la mattina Giannino e Guidarelli avevano lasciato la Toscana. Man mano
che procedeva, Giannino era Sempre pi convinto di dover rispondere al tribuno
Cola, con tutta la cortesia possibile, che non voleva aver a che fare con transazioni
riguardanti la Francia. Il notaio Guidarelli lapprovava completamente; non cera
effettivamente da essere soddisfatti di un paese in cui le compagnie italiane
avevano subito tanti soprusi, in cui gli affari, dallinizio della guerra con
lInghilterra, andavano troppo male perch vi si potesse correre il minimo rischio
finanziario. Molto meglio vivere in una buona piccola repubblica come Siena,
prospera per le arti e per i commerci, piuttosto che in certi grandi regni
follemente governati57!
Giannino, naturalmente, dal palazzo Tolomei aveva seguito le vicende francesi
degli ultimi anni; erano troppi i crediti che si vantavano in quel paese e che certo
non si sarebbero mai riscossi! Veramente folli questi francesi, a cominciare dal loro
Valois, che era riuscito a perdere prima la Bretagna e la Fiandra, poi la
Normandia, in seguito la Saintonge, e che infine si era fatto prendere in trappola
come un cerbiatto dagli eserciti inglesi intorno a Parigi. Questo eroe da torneo che
voleva condurre alla crociata luniverso intero, aveva rifiutato il cartello di sfida col
quale il nemico lo invitava a battaglia nella piana di Vaugirard, quasi alle porte del
suo palazzo; poi, ritenendo in fuga gli inglesi perch si ritiravano verso nord
per quale ragione avrebbero dovuto fuggir, visto che stavano vincendo
dappertutto? bruscamente Filippo, spossando le sue truppe in marce forzate, si
era gettato allinseguimento di Edoardo, lo aveva raggiunto oltre la Somma, e qui
si era fatto sbaragliare.
Gli echi di Crcy erano arrivati fino a Siena. Si sapeva che il re di Francia aveva
costretto i suoi fanti ad attaccare, senza nemmeno lasciargli il tempo di prender
fiato, dopo una marcia di cinque tese, e che la cavalleria francese, irritata contro
questi pedoni che non avanzavano abbastanza rapidamente, era partita alla carica
passando attraverso la propria fanteria, urtandola, rovesciandola, calpestandola
sotto gli zoccoli dei propri cavalli, per andare a farsi massacrare dai tiri incrociati
degli arcieri inglesi.
Hanno detto, per spiegare la loro disfatta, che le palle caricate a polvere
fomite agli inglesi dallItalia avevano seminato disordine e terrore nelle loro file

con tutto il baccano che facevano. Ma, credimi Guidarelli, le palle caricate a
polvere non centrano; la colpa tutta della loro idiozia.
Ah! non si poteva negare che si fossero compiuti in quella occasione mirabili
imprese cavalleresche. Per esempio si era visto Giovanni di Boemia, divenuto cieco
verso i cinquantanni, esigere di farsi condurre nonostante tutto in battaglia, con il
suo destriero legato a destra e a sinistra ai cavalli di altri due cavalieri; e il re cieco
si era precipitato nella mischia, brandendo la mazza, ma per abbatterla su chi?
Sulla testa dei due sciagurati che lo scortavano. Lo avevano trovato morto, ancora
legato ai suoi due compagni accoppati.
La sua fine era una sintesi di questa Francia cavalleresca, chiusa nel buio dei
suoi elmi, pronta a disprezzare il popolo e ad autodistruggersi quasi vi provasse
piacere.
La sera di Crcy, Filippo VI vagabondava nella campagna, ridotto con soli sei
uomini, e andava a bussare alla porta di un piccolo maniero gemendo:
Aprite, aprite, allo sventurato re di Francia!
Messer Dante, non bisognava dimenticarlo, aveva maledetto la razza dei Valois,
perch il primo fra loro, il conte Carlo, aveva saccheggiato a suo tempo Siena e
Firenze. Tutti i nemici del divino poeta3 erano finiti male.
E dopo Crcy, la peste. Era stata portata dai genovesi. Neanche da questi ci si
poteva mai attendere niente di buono! Le loro navi avevano importato dallOriente
lorribile male che, dopo aver invaso la Provenza, si era abbattuto su Avignone, su
questa citt imputridita dalle sregolatezze, e laveva devastata come a punire i suoi
peccati. Non era necessario aver sentito riferire le frasi di messer Petrarca per
essere al corrente della putrida infamia di questa nuova Babilonia e capire come
era predestinata a ogni calamit vendicatrice58.
I toscani in genere non sono mai contenti di nulla e di nessuno, eccetto che di
se stessi. Se non potessero parlar male di qualcuno, non potrebbero vivere. In
questo Giannino era veramente toscano. A Viterbo, lui e Guidarelli, non avevano
ancora finito di biasimare luniverso intero.
Anzitutto, che ci faceva il papa ad Avignone, invece di starsene a Roma, nella
sede che San Pietro gli aveva destinato? E perch si eleggevano sempre papi
francesi, come quel Pietro Roger, ex vescovo di Arras, che era succeduto a
Benedetto XII e attualmente regnava col nome di Clemente VI? Perch egli a sua
volta nominava sempre cardinali francesi e rifiutava di tornare in Italia? Ma Dio li
aveva tutti puniti. In una sola stagione si erano chiuse ad Avignone settemila case,
e i cadaveri erano stati portati via a carrettate. Poi il flagello era salito verso il nord
attraversando un paese spossato dalla guerra. La peste era arrivata a Parigi dove

mieteva ogni giorno mille cadaveri; e, grandi e piccoli, non risparmiava nessuno.
La moglie del duca di Normandia, figlia del re di Boemia, era morta di peste. La
regina Giovanna di Navarra era morta di peste. Persino la regina di Francia,
Giovanna la Zoppa, era morta di peste; i francesi, che la detestavano,
interpretavano la sua scomparsa come un giusto castigo.
Ma perch Giovanna Baglioni, la prima sposa di Giannino, Giovanna dal collo
dalabastro, e dai begli occhi a mandorla era stata anchessa uccisa? Cera forse
giustizia? Era giusto che lepidemia devastasse anche Siena? Dio dimostrava
veramente poco discernimento e troppo spesso puniva i buoni per le colpe dei
malvagi.
Fortunati coloro che erano sfuggiti alla peste! Fortunato messer Boccaccio,
figlio di un amico dei Tolomei e di madre francese come Giannino, che aveva
potuto starsene al riparo, ospite di un gran signore in una bella villa fiorentina!
Per tutta la durata dellepidemia, per distrarre gli sfollati della villa Palmieri, e far
loro dimenticare che la morte era alle porte, Boccaccio aveva scritto quelle belle e
divertenti novelle che ora lItalia intera si ripeteva. Non avevano forse mostrato
maggior coraggio davanti al pericolo il conte Palmieri e messer Boccaccio che gli
stolti cavalieri di Francia? Anche il notaio Guidarelli era dello stesso parere.
Re Filippo si era risposato a 30 giorni soltanto dalla morte della mala regina.
Giannino glielo rimproverava, non per il fatto che si era risposato, lo aveva fatto
anche lui, ma per la fretta indecente con cui aveva celebrato le seconde nozze.
Trenta giorni! E chi aveva scelto poi? Era qui che la storia incominciava a
diventare piccante! Aveva portato via la fidanzata al suo primogenito, anche lui
vedovo, che doveva risposarsi con la cugina Bianca, figlia del re di Navarra, la
cosiddetta Bella Saggia.
Quando questa pulzella di diciotto anni era apparsa a corte, Filippo ne era
rimasto abbagliato al punto da precipitarsi subito su di lei. Giovanni di
Normandia aveva cos dovuto cederla al padre e lasciarsi accoppiare con la
contessa di Boulogne, una vedova di ventiquattro anni, per la quale non provava il
minimo trasporto come del resto, a dire il vero, per nessunaltra dama, in
quanto le sue tendenze lo portavano piuttosto verso gli scudieri.
Il re di cinquantasei anni aveva ritrovato fra le braccia della Bella Saggia la foga
della giovinezza. Bella Saggia davvero! Il nome le si addiceva proprio; Giannino e
Guidarelli sobbalzavano dalle risate sui loro cavalli. Bella Saggia! Messer Boccaccio
avrebbe potuto trarne ispirazioni per una sua novella. In tre mesi, la donzella
aveva portato alla tomba il re torneatore, ed era ora Saint-Denis che ospitava quel
superbo imbecille che in un terzo di secolo di regno era riuscito a condurre il suo

paese dalla ricchezza alla rovina.


Giovanni II, il nuovo re, ora trentaseienne, soprannominato il Buono senza che
si sapesse bene il perch, sembrava possedere esattamente, a quanto riferivano i
viaggiatori, le stesse solide qualit di suo padre, e la stessa fortuna nelle sue
iniziative. Era soltanto un po pi prodigo, un po pi instabile e un po pi futile;
e dalla madre aveva ereditato la sornioneria e la crudelt. Credendosi
continuamente tradito, aveva gi fatto decapitare il suo conestabile.
Poich re Edoardo III, trovandosi a Calais da lui conquistata, aveva istituito
lordine della Giarrettiera un giorno in cui aveva personalmente riallacciato le
calze della bella contessa di Salisbury di cui si era incapricciato re Giovanni II,
non volendo rimanere indietro in fatto di cavalleria, aveva fondato lordine della
Stella per onorarne il suo favorito, il giovane spagnolo Carlo della Cerda. Ma le
sue prodezze si erano fermate l.
Il popolo crepava di fame; le campagne e lindustria, come conseguenza della
guerra e della peste, mancavano di braccia; il cibo era scarso e i prezzi spaventosi;
si eliminavano posti di lavoro; simponeva su ogni commercio una tassa di quasi
un soldo alla lira. Bande errabonde, simili ai pastorelli di un tempo ma ancor pi
folli, attraversavano il paese: migliaia di uomini e di donne in cenci che si
flagellavano a vicenda con corde o catene, urlando lugubri salmi lungo le strade,
finch improvvisamente, si abbandonavano al loro furore e massacravano al solito
ebrei e italiani.
Intanto la corte di Francia continuava a far mostra di un lusso provocatorio,
spendendo in un solo torneo quanto sarebbe bastato a nutrire per un anno tutti i
poveri della contea; ci si vestiva in modo poco castigato, gli uomini pi adorni di
gioielli delle donne, con le cotte aderenti e talmente corte da mettere a nudo le
natiche, e scarpe che terminavano con punte cos lunghe che non si riusciva pi a
camminare.
Una banca appena seria poteva concedere nuovi prestiti a questa gente o fornir
loro della lana? No di certo.
E Giannino Baglioni, entrando a Roma il due ottobre attraverso il Ponte
Milvio, era ben deciso a dirlo al tribuno Cola di Rienzo.

II LA NOTTE DEL CAMPIDOGLIO

viaggiatori avevano preso alloggio in unosteria del Campo dei Fiori

nel momento in cui le rumorose tenutarie dei banchetti vendevano al ribasso i


loro mazzi di rose e sbarazzavano la piazza dal tappeto multicolore e
profumato della loro merce.
Al calar della sera, guidato dalloste, Giannino Baglioni si rec in Campidoglio.
Quale mirabile citt era Roma, dove lui non era mai venuto, e che ora scopriva
rimpiangendo a ogni passo di non potersi fermare! Immensa in confronto a Siena
e a Firenze, forse persino pi grande di Parigi, per le vaghe memorie che
Giannino ne conservava, persino pi animata e pi brulicante di Lione, a suo
tempo attraversata. Il dedalo dei vicoletti sfociava su meravigliosi palazzi che
comparivano allimprovviso con i loro portici e i loro cortili rischiarati da torce o
da lanterne. Gruppi di giovanotti cantavano tenendosi sotto braccio attraverso le
strade. Davano occasionalmente qualche urtone, ma senza malagrazia, e
sorridevano agli stranieri; frequenti le taverne da cui giungeva un buon odore di
olio bollente, di zafferano, di pesce fritto e di carne arrostita. Sembrava che la vita
non si arrestasse con la notte.
Giannino sal sulla collina del Campidoglio alla luce delle stelle. Davanti al
portico di una chiesa cresceva lerba; una serie di colonne abbattute e una statua
che alzava il suo braccio mutilato attestavano la presenza della citt antica.
Cola di Rienzo stava cenando con parecchie persone in un enorme salone
costruito sullarea stessa del tempio di Giove. Giannino, dopo esserselo fatto
indicare, gli si accost e posando un ginocchio a terra si present, e subito il
tribuno, prendendogli le mani, lo aiut ad alzarsi e lo fece accompagnare in una
stanza vicina dove qualche attimo dopo venne a raggiungerlo.
Rienzo si era attribuito il titolo di tribuno, ma aveva la maschera e il
portamento di un Imperatore. Il suo colore era il porpora e portava il mantello
drappeggiato come una toga. Il colletto dellabito circondava un collo largo e

rotondo; il volto massiccio dai grandi occhi chiari, dai capelli corti e dal mento
caparbio, sembrava destinato a prendere posto accanto ai busti dei Cesari. Il
tribuno aveva un leggero tic, un tremito della narice destra, che gli dava unaria
spazientita. Il suo incedere era autoritario. Bastava vederlo apparire per
comprendere che era nato per comandare, che aveva grandi progetti per il suo
popolo e che bisognava affrettarsi a capire i suoi pensieri e a conformarvisi. Fece
sedere Giannino accanto a s, ordin ai servitori di chiudere le porte e di badare a
che nessuno venisse a disturbarli; poi, immediatamente, incominci a portare
domande che non riguardavano affatto gli affari della banca.
Il commercio della lana, i prestiti di danaro, le lettere di cambio non lo
interessavano. Era soltanto Giannino, la persona di Giannino, a incuriosirlo. A
quale et era arrivato dalla Francia? Dove aveva trascorso i suoi primi anni? Chi
lo aveva allevato? Aveva sempre portato lo stesso nome?
Dopo ogni domanda Rienzo attendeva la risposta, ascoltava, assentiva e
interrogava di nuovo.
Giannino dunque era venuto alla luce, a quanto gli avevano detto, in un
convento di Parigi. Sua madre, Maria di Cressay, lo aveva allevato sino allet di
nove anni nellle-de-France, non lontano di un villaggio chiamato Neauphle-leVieux. Sapeva se sua madre era stata per un certo periodo alla corte di Francia?
S, vi era stata. Il senese ricordava ci che Guccio Baglioni, suo padre, gli aveva
raccontato a questo proposito: Maria di Cressay, dopo aver partorito, era stata
chiamata a corte come nutrice del figlio della regina Clemenza dUngheria; ma
non vi era rimasta a lungo, poich il figlio della regina era subito morto,
presumibilmente avvelenato.
E Giannino sorrise. Era stato fratello di latte di un re di Francia; una cosa alla
quale non pensava quasi mai e che gli sembrava improvvisamente incredibile,
quasi ridicola se pensava a se stesso ormai prossimo alla quarantina e installato in
una tranquilla esistenza di borghese di Siena.
Ma perch Rienzo gli rivolgeva tutte queste domande? Perch il tribuno dai
grandi occhi chiari, il bastardo del penultimo imperatore, losservava con quel
pensoso interesse?
Siete proprio voi disse Cola di Rienzo, siete proprio voi
Giannino non capiva; e rimase ancor pi sorpreso quando vide limponente
tribuno posare il ginocchio a terra sino a baciargli il piede destro.
Voi siete il re di Francia dichiar Rienzo, ed cos che dora innanzi
tutti dovranno chiamarvi.
Le luci vacillarono un poco intorno a Giannino.

Nemmeno quando la casa dove si sta tranquillamente cenando crolla


improvvisamente perch la terra sta franando, o quando la nave su cui si dorme
sbatte in piena notte contro uno scoglio, si capisce al primo momento ci che
succede.
Giannino Baglioni era seduto in una camera del Campidoglio, e il padrone di
Roma si inginocchiava ai suoi piedi e salutava in lui il re di Francia!
stato nel giugno di nove anni fa che la signora Maria di Cressay
morta
Mia madre morta! esclam Giannino.
S, mio grandissimo signore pi esattamente colei che credevate vostra
madre. E due giorni prima di morire si confessata
Era la prima volta che Giannino si sentiva chiamare grandissimo signore e
rimase a bocca aperta, ancor pi sbalordito che del bacio al piede.
Sentendosi dunque prossima al trapasso, Maria di Cressay aveva chiamato al
suo capezzale un monaco agostiniano di un convento vicino, fra Giordano di
Spagna, e si era confessata.
Giannino riandava ai suoi pi lontani ricordi. Rivedeva la camera di Cressay e
sua madre, bionda e bella Era morta da nove anni e lui non lo sapeva. Fece il
calcolo: 1345; ed ecco che adesso non era pi sua madre.
Fra Giordano, a richiesta della moribonda, aveva registrato per iscritto queste
confessioni che rivelavano un straordinario segreto di stato e un non meno
straordinario delitto.
Vi mostrer la confessione e la lettera di fra Giordano che sono in mio
possesso disse Cola di Rienzo.
Il tribuno parl per ben quattro ore. Non ne occorrevano meno per informare
Giannino di vicende vecchie di quaranta anni ormai inserite nella storia del regno
di Francia: la morte di Margherita di Borgogna e le nuove nozze di re Luigi X
con Clemenza dUngheria.
Mio padre aveva fatto parte dellambasceria che and a prendere la regina a
Napoli; me lo ha raccontato parecchie volte disse Giannino, era al seguito
di un certo conte di Bouville
Avete detto il conte di Bouville? Allora tutto spiega! Questo stesso Bouville
venne infatti nominato curatore al ventre della regina Clemenza vostra madre,
nobilissimo signore, e mand a chiamare, per nutrirvi, la signora di Cressay dal
convento dove aveva appena partorito. Proprio questo ha raccontato.
Man mano che il tribuno parlava, a Giannino pareva di perdere la ragione.
Tutto sembrava capovolto; le ombre diventavano chiare e il giorno si abbuiava.

Spesso pregava Rienzo di tornare indietro, come quando si ripete unoperazione


di calcolo troppo complicata. Egli cessava di essere il fratello di latte del re di
Francia morto nella culla perch era stato il fratello di latte a morire. Veniva a
sapere in una sola volta che suo padre non era suo padre, n sua madre era sua
madre, e che il suo vero padre, un re di Francia, aveva fatto assassinare la sua
prima moglie per finire a sua volta assassinato. Era la memoria di questuomo che
dora innanzi avrebbe dovuto venerare?
Vi hanno sempre chiamato Giovanni, vero? La regina vostra madre vi aveva
imposto questo nome per un voto da lei fatto. Da Giovanni vengono poi
Giovannino o Giannino Voi siete Giovanni I il Postumo.
Il Postumo? Ancora! Unappellativo sinistro, una di quelle parole che puzzano
di cimitero e che un toscano non ascolta mai senza far le coma con la mano
sinistra.
Improvvisamente il conte Roberto dArtois, la contessa Mahaut, questi nomi
che facevano parte dei grandi ricordi di suo padre no, non di suo padre,
dellaltro, di Guccio Baglioni insomma apparivano nel racconto del tribuno in
una terribile luce. La contessa Mahaut, che gi aveva avvelenato il padre di
Giannino, re Luigi! aveva deciso di far perire anche il neonato.
Ma il conte di Bouville, per prudenza, aveva scambiato il figlio della regina
con quello della nutrice, che del resto si chiamava Giovanni anche lui. E fu
questultimo ad essere ucciso e sepolto a Saint-Denis il figlio del mercante
senese.
Giannino si sentiva terribilmente a disagio, perch non poteva disabituarsi ad
essere Giannino Baglioni, figlio del mercante senese, ed era come se gli avessero
annunciato che lui era morto a cinque giorni, che la sua vita di poi era irreale, che
il suo corpo, i suoi ricordi, la sua stessa famiglia erano soltanto unillusione.
Diventava il fantasma di se stesso. Un vero incubo quella notte al Campidoglio!
Certe volte mi chiamava principino mio sussurr Giannino.
Chi?
Mia madre, la signora di Cressay insomma quando eravamo soli. Credevo
fosse uno di quei vezzeggiativi che le madri danno ai loro bambini; e poi mi
baciava le mani e incominciava a piangere Oh! quante cose mi tornano alla
mente anche la pensione che il conte di Bouville mandava e che quando
arrivava induceva gli zii Cressay, il barbuto e laltro, ad essere pi gentili con
me.
Che fine avevano fatto tutte queste persone? Erano quasi tutte morte e da
parecchio tempo: Mahaut, Bouville, Roberto dArtois I fratelli Cressay erano

stati armati cavalieri da Filippo VI alla vigilia della battaglia di Crcy.


Dovevano essere gi piuttosto vecchi
Ma allora, Maria di Cressay non aveva pi voluto rivedere Guccio Baglioni,
non perch lo detestasse, come costui aveva amaramente sostenuto, ma per
mantenere il giuramento che le avevano fatto pronunciare quasi per forza nel
consegnarle il piccolo re salvato.
E anche per timore di rappresaglie, su se stessa e su suo marito spieg
Cola di Rienzo. Erano infatti stati sposati, segretamente ma regolarmente, da
un monaco. Anche questo era scritto nella confessione. E un giorno, quando
avevate nove anni, Baglioni venuto a rapirvi.
E non si mai risposata?
Mai.
Povera donna! Quale orribile esistenza Nemmeno lui del resto si pi
sposato.
Giannino rimase un momento a fantasticare, allenandosi a pensare alla morta di
Cressay e al morto di Campania come ai suoi genitori adottivi.
Poi, improvvisamente chiese:
Potrei avere uno specchio?
Certo disse il tribuno leggermente sorpreso.
Batt le mani e impart un ordine a un servitore.
Ho visto la regina Clemenza una volta precisamente quando venni
portato via da Cressay e trascorsi qualche giorno a Parigi dallo zio Spinello.
Mio padre adottivo come dite voi era fiero di averla conosciuta e mi
condusse a trovarla perch un giorno me ne ricordassi. E lei mi diede dei
confetti. Era bellissima. Era dunque mia madre?
Sentiva lemozione salirgli in petto. Insinu la mano sotto il colletto dellabito e
ne estrasse un piccolo reliquiario appeso a una cordicella di seta:
Questa reliquia di San Giovanni stata lei a darmela
Cercava disperatamente di ritrovare i lineamenti del volto della regina, per
quanto aveva potuto tramandarli la sua memoria di fanciullo. Rammentava
soprattutto un gesto: ella aveva posato una bella mano distratta sui suoi capelli e
lui non Sapeva che era la mano di sua madre. Vestiva di bianco come tutte le
regine vedove. Era morta senza sapere che il suo unico figlio era ancora vivo.
Ah! Quella contessa Mahaut era davvero una grande criminale, perch non
aveva soltanto assassinato un innocente neonato, ma aveva gettato tante vite nella
disperazione e nella sventura!
Ora quella sensazione di irrealt era scomparsa, per far posto a una sensazione

di sdoppiamento altrettanto angosciosa. Giannino era contemporaneamente se


stesso e un altro, il figlio del banchiere senese e il figlio del re di Francia.
E sua moglie Francesca? Vi pens improvvisamente. Chi aveva sposato lei? E i
suoi figlioli dunque discendevano da Ugo Capeto, da San Luigi, e da Filippo il
Bello
Papa Giovanni XXII doveva aver avuto sentore di questa storia riprese
Cola di Rienzo. Mi hanno riferito che certi cardinali a lui vicini sussurravano
che egli dubitasse della morte del figlio di Luigi X. Una semplice presunzione,
si pensava, come tante volte avviene. Nessuno vi credeva veramente fino a
questa confessione in extremis della vostra madre adottiva, della vostra nutrice,
che fece promettere al monaco agostiniano di cercarvi per farvi conoscere la
verit. Per tutta la vita aveva silenziosamente obbedito agli ordini ricevuti; ma
nel momento di comparire davanti a Dio, quando coloro che le avevano
imposto il silenzio erano ormai morti senza scioglierla dal suo voto, voleva
liberarsi da questo segreto.
E fra Giordano di Spagna, fedele a quanto aveva promesso, aveva incominciato
a cercare Giannino; ma la guerra e la peste gli avevano impedito di spingersi oltre
Parigi. I Tolomei non avevano pi banca, e fra Giordano non aveva pi let di
intraprendere un lungo viaggio.
Comunic dunque quanto aveva saputo riprese Rienzo, a un altro
monaco del suo stesso ordine, fra Antonio, uomo di grande santit che
venuto parecchie volte in pellegrinaggio a Roma e che nei suoi viaggi
precedenti era anche venuto a trovarmi. Questo stesso frate Antonio, due mesi
fa, trovandosi ammalato a Portovenere, mi ha comunicato tutto ci che vi ho
detto e mi ha mandato i documenti e la sua testimonianza. Confesso che per un
attimo ho esitato a credere queste cose. Ma riflettendoci mi sono parse troppo
straordinarie e troppo fantastiche per essere frutto dinvenzione; la fantasia
umana non potrebbe arrivare fino a quel punto. Spesso la verit che pi ci
sbalordisce. Ho fatto controllare le carte, raccogliere diversi indizi e vi ho
mandato a chiamare; vi ho inviato dapprima quegli emissari che, non avendo
con s nulla di scritto, non hanno potuto convincervi a venire, e poi vi ho fatto
spedire quella lettera, grazie alla quale, mio grandissimo signore, vi trovate qui.
Se volete far valere i vostri diritti sulla corona di Francia, sono pronto ad
aiutarvi.
Avevano portato uno specchio dargento. Giannino laccost ai grandi
candelabri e vi si contempl a lungo. Non gli era mai piaciuto il suo viso: erano
quella rotondit un po flaccida, quel naso diritto ma privo di energia, quegli

occhi azzurri, quelle sopracciglia un po pallide, quella testa da banchiere tutta


presa dal commercio delle lane, che costituivano il volto del re di Francia?
Eppure, se si sforzava di ricordare la regina Clemenza dUngheria, non poteva
negare che esistesse qualche somiglianza. Una donna molto bella trasmette spesso
ai suoi discendenti maschi questi lineamenti insipidi. E re Luigi X che viso aveva?
Il tribuno pos la mano sulla spalla del banchiere.
Anche la mia nascita disse con gravit, venne per lungo tempo
circondata da un ben singolare mistero. Sono cresciuto in una taverna di questa
citt e ho servito il vino ai facchini. Solo pi tardi ho saputo di chi ero figlio.
La sua bella maschera dimperatore, dove soltanto la narice destra fremeva un
poco, si era leggermente afflosciata.

III NOI, COLA DI RIENZO

iannino, lasciando il Campidoglio dove le prime luci dellalba

incominciavano a ornare con una cornice color rame le rovine del Palatino, non
torn a dormire al Campo dei Fiori. Una guardia donore, fornitagli dal tribuno,
lo accompagn sullaltra sponda del Tevere, a Castel SantAngelo, dove gli era
stato preparato un appartamento.
Lindomani, cercando laiuto di Dio per calmare il grande turbamento che lo
sconvolgeva, egli trascorse parecchie ore in preghiera nella chiesa vicina; poi torn
a Castel SantAngelo. Aveva chiesto di vedere il suo amico Guidarelli, ma lo
pregarono di non parlare con nessuno prima di avere rivisto il tribuno. Attese cos
da solo fino a sera che venissero a chiamarlo. Sembrava che Cola di Rienzo
trattasse i suoi affari esclusivamente di notte.
Giannino torn dunque al Campidoglio dove il tribuno lo tratt con ancor pi
deferenza del giorno prima e nuovamente si chiuse in una stanza con lui.
Cola di Rienzo aveva un suo piano e glielo espose: avrebbe immediatamente
inviato lettere al papa, allimperatore e a tutti i sovrani della cristianit, pregandoli
di mandargli ambasciatori per una comunicazione di grandissima importanza, ma
senza lasciar scorgere la natura di questa comunicazione; quando poi tutti gli
ambasciatori si fossero trovati riuniti in udienza solenne, avrebbe fatto comparire
davanti a loro Giannino, rivestito delle insegne regali, e lo avrebbe presentato
come il vero re di Francia Se il nobilissimo signore era daccordo, naturalmente.
Giannino era re di Francia da un giorno, ma banchiere senese da ventanni, e si
domandava quindi quale interesse potesse avere Rienzo a prendere partito in suo
favore con unimpazienza quasi febbrile che agitava tutto il suo corpo. Perch,
dopo la morte di Luigi X e dopo che si erano succeduti ben quattro re sul trono
di Francia, voleva aprire una simile contesa? Lo faceva soltanto, come sosteneva,
per denunciare una mostruosa ingiustizia e ristabilire un principe spodestato nei
suoi diritti? Il tribuno gli rivel ben presto il fondo del suo pensiero.

Il vero re di Francia potrebbe riportare il papa a Roma. Questi falsi re


hanno falsi papi.
Rienzo vedeva lontano. La guerra tra Francia e Inghilterra, che incominciava a
trasformarsi in una guerra tra una met e laltra delloccidente aveva, se non per
origine almeno come fondamento giuridico, una contesa successoria e dinastica.
Facendo comparire il vero titolare del trono di Francia, lerede legittimo, gli altri
due re avrebbero visto decadere ogni loro pretesa. I sovrani dEuropa, per lo
meno i sovrani pacifici, si sarebbero radunati a Roma, avrebbero destituito re
Giovanni II e reso a Giovanni I la sua corona. E Giovanni I avrebbe imposto al
Santo Padre di tornare nella Citt eterna. Finite le mire della corte di Francia sulle
terre imperiali dItalia, finite le lotte fra Guelfi e Ghibellini; lItalia, ritrovata la sua
unit, poteva aspirare a riprendere la grandezza di un tempo; il papa e il re di
Francia, se lo volevano, potevano anche fare dellartefice di questa grandezza e di
questa pace, di Cola di Rienzo, figlio dimperatore, il nuovo Imperatore; non un
imperatore alla tedesca, ma un imperatore allantica. La madre di Cola era di
Trastevere, dove le ombre di Augusto, di Traiano, di Marco Aurelio sono
ovunque presenti, persino nelle taverne, e danno adito ai sogni pi grandiosi
Lindomani quattro ottobre, nel corso di un terzo incontro, stavolta durante la
giornata, Rienzo consegnava a Giannino, che chiamava ormai Giovanni di
Francia, tutti i documenti del suo straordinario dossier: la confessione della finta
madre, il racconto di fra Giordano di Spagna, la lettera di frate Antonio; infine,
chiamato uno dei suoi segretari, incominci a dettare latto che dava autenticit al
tutto:
Noi, Cola di Rienzo, cavaliere per grazia della Sede apostolica, senatore
illustre della Citt Santa, giudice, capitano e tribuno del popolo romano, abbiamo
esaminato i documenti che ci sono stati consegnati da frate Antonio, e ci siamo
convinti, tanto pi dopo tutto ci che abbiamo appreso e udito, che in effetti
per volont di Dio che il regno di Francia stato esposto, per parecchi anni, sia
alla guerra, che a flagelli di ogni sorta, tutte cose che Dio ha permesso, crediamo,
ad espiazione della frode commessa nei confronti di questuomo, e del fatto che
egli stato per lungo tempo costretto allavvilimento e alla povert .
Il tribuno sembrava pi nervoso del giorno prima, interrompeva la sua
dettatura ogni volta che un rumore non familiare giungeva al suo orecchio, e
ancor pi ogni volta che calava il silenzio. I suoi grandi occhi si rivolgevano
spesso verso le finestre aperte, come se stesse spiando la citt.
Giannino si presentato davanti a noi, dietro nostro invito, il gioved due
ottobre. Prima di parlargli di ci che avevamo da dirgli, gli abbiamo chiesto chi

era, qual era la sua condizione, il suo nome, quello di suo padre, e tutte le cose
che lo riguardavano. Da ci che egli ci ha risposto, abbiamo compreso che le sue
parole concordavano con ci che dicevano le lettere di frate Antonio; al che gli
abbiamo rispettosamente rivelato ci che avevamo saputo. Ma, siccome sappiamo
che una congiura si sta preparando a Roma contro di noi.
Giannino sussult. Come! Cola di Rienzo, talmente potente, che parlava di
mandare ambasciatori al papa e a tutti i prncipi del mondo, aveva paura Alz
lo sguardo verso il tribuno, il quale conferm abbassando lentamente le palpebre
sugli occhi chiari; la sua narice destra tremava.
I Colonna disse in tono cupo e ricominci poi a dettare: e
siccome temiamo di perdere la vita prima di avergli fornito qualche
appoggio o qualche mezzo per recuperare il suo regno, abbiamo fatto
copiare tutte queste lettere e le abbiamo consegnate in sua mano il sabato
quattro ottobre 1354, dopo averle sigillate con il nostro sigillo composto da
una grande stella circondata da otto stelle piccole, con il cerchietto in mezzo,
nonch dalle insegne della Santa Chiesa e del popolo romano, perch le
verit che esse contengono ne ricavino maggior garanzia e perch siano
riconosciute da tutti i fedeli. Possa il Nostro Piissimo e Graziosissimo
Signore Ges Cristo concederci una vita abbastanza lunga perch ci sia dato
veder trionfare in questo mondo una cos giusta causa. Amen, amen!.
Fatto questo, Rienzo si avvicin alla finestra aperta e cingendo Giovanni I
alla spalla con un gesto quasi paterno gli mostr, cento piedi pi in basso, le
grandi disordinate rovine del foro antico, gli archi di trionfo e i templi crollati.
Il tramonto tingeva doro rosato questa cava favolosa da cui vandali e papi
avevano attinto marmo per quasi dieci secoli e che ancora non si era esaurita.
Dal tempio di Giove si scorgeva la casa delle vestali e lalloro che cresceva
davanti al tempio di Venere
Laggi disse il tribuno additando larea dellantica Curia romana,
laggi Cesare stato assassinato Volete rendermi un grandissimo servigio,
mio nobile signore? Nessuno ancora vi conosce, nessuno sa chi siete, e
potete quindi camminare in pace come qualsiasi borghese di Siena. Voglio
aiutarvi con tutte le mie forze; ma bisogna per questo che io sia vivo.
So che si sta tramando una congiura contro di me. So che i miei nemici
vogliono porre fine ai miei giorni. So che si sorvegliano i messaggeri che
mando fuori Roma. Partite dunque per Montefiascone, presentatevi a mio
nome al cardinale Albornez, e ditegli di mandarmi delle truppe con estrema
urgenza.

In quale avventura si era dunque cacciato in cos poche ore Giannino?


Rivendicare il trono di Francia! E appena divenuto principe pretendente, dover
partire come emissario del tribuno per trovargli aiuto. Non aveva acconsentito a
nulla, ma nulla poteva rifiutare.
Lindomani, cinque ottobre, dopo una corsa di dodici ore, giungeva in quella
stessa Montefiascone che aveva attraversato cinque giorni prima parlando tanto
male della Francia e dei francesi. Incontr il cardinale Albornez che decise di
marciare immediatamente su Roma con i soldati di cui disponeva. Ma era ormai
troppo tardi. Il marted sette ottobre Cola di Rienzo era stato assassinato.

IV GIOVANNI I, LO SCONOSCIUTO

iovanni di Francia torn a Siena, vi riprese il suo lavoro di banchiere e

commerciante di lana, e per due anni se ne rimase quieto. Si limitava a guardarsi


assai spesso negli specchi. Non si addormentava senza pensare di essere figlio
della regina Clemenza dUngheria, parente dei sovrani di Napoli, pronipote di
San Luigi. Ma non era di natura troppo audace; non si pu uscire
improvvisamente da Siena, a quarantanni, per gridare: Sono il re di Francia,
senza correre il rischio di passare per matto. Lassassinio di Cola di Rienzo, suo
protettore per tre giorni, lo aveva indotto a riflettere seriamente. Tanto per
cominciare, a chi poteva presentare il suo caso?
Tuttavia non aveva tenuto la cosa talmente segreta da non accennarne
vagamente alla moglie Francesca, curiosa come tutte le donne, allamico
Guidarelli, curioso come tutti i notai, e soprattutto al confessore, fra Bartolomeo,
un domenicano.
Fra Bartolomeo era un monaco entusiasta e chiacchierone che gi si vedeva
confessore del re. Giannino gli aveva mostrato tutti i documenti consegnatigli da
Rienzo e lui aveva incominciato a parlarne in citt. Presto i senesi presero a
gridare al miracolo: il legittimo re di Francia era un loro concittadino. Si
assembravano davanti a palazzo Tolomei, sinchinavano profondamente quando
venivano a ordinare lana a Giannino, si sentivano onorati di potergli firmare una
tratta, se lo additavano a vicenda quando lo vedevano camminare per strada. I
viaggiatori di commercio che erano stati in Francia assicuravano che egli aveva il
viso dei prncipi di quel paese: biondo, con guance flosce e sopracciglia un po
staccate.
Ed ecco che i mercanti senesi diffondono la notizia fra i loro corrispondenti di
tutte le banche dEuropa. Ed ecco che si scopre che fra Giordano di Spagna e
frate Antonio, gli agostiniani che tutti credevano morti, tanto nei loro rapporti
scritti si erano autodefiniti vecchi e ammalati, erano ancora vivissimi, e anzi si

preparavano a partire in pellegrinaggio per la Terra Santa. Ed ecco che quei due
monaci scrivono al Consiglio della Repubblica di Siena per confermare tutte le
loro precedenti dichiarazioni; e fra Giordano scrive anche a Giannino parlandogli
delle sciagure della Francia ed esortandolo a essere audace!
Queste sciagure di fatto erano spaventose. Re Giovanni II, il falso re, come lo
chiamavano adesso i senesi, aveva dato piena misura del suo ingegno in una
grande battaglia combattuta nella zona ovest del regno, nelle vicinanze di Poitiers.
Poich suo padre Filippo VI si era fatto battere a Crcy da soldati appiedati, aveva
escogitato di far scendere da cavallo i suoi cavalieri, senza per togliergli le
armature, e di spingerli cos allassalto del nemico che li aspettava in vetta a una
collina. Erano stati fatti a pezzi nelle loro corazze, grige come gamberi crudi.
Il primogenito del re, Carlo che veniva chiamato il Delfino da quando la
famiglia reale di Francia aveva riscattato, verso la fine del regno precedente, il
Delfinato dal conte di Viennois il Delfino Carlo dunque, che comandava un
distaccamento dellesercito, si era allontanato dalla battaglia, a quanto pareva per
ordine del padre, ma con un po troppa premura nelleseguire questordine. Si
diceva anche che il Delfino avesse le mani che si gonfiavano e che per questo non
potesse reggere a lungo la spada. La sua prudenza, comunque, aveva salvato
alcuni cavalieri francesi, mentre Giovanni II, rimasto isolato con il suo
secondogenito Filippo che gli urlava: Padre, attento a destra, padre, attento a
sinistra!, quando in realt doveva stare attento a un intero esercito, finiva per
arrendersi a un cavaliere picardo passato al servizio degli inglesi.
Adesso il Valois era prigioniero di Edoardo III. Non si era forse chiesto per il
suo riscatto la somma favolosa di un milione di fiorini? Ah! Non potevano certo
sperare in un contributo dei banchieri senesi!
Tutte queste notizie venivano commentate con molta animazione la mattina
dellottobre 1356 davanti al Municipio di Siena, nella bella piazza ad anfiteatro
cinta da palazzi color ocra e rosa; si discuteva, facendo grandi gesti che
spaventavano i piccioni, quando dimprovviso fra Bartolomeo avanz nella sua
veste bianca verso il gruppo pi numeroso e, fedele alla sua figura di frate
predicatore, incominci a parlare come se si trovasse sul pulpito.
Si vedr finalmente che cos questo re prigioniero e quali sono i suoi titoli
alla corona di San Luigi! Lora della giustizia scoccata; le calamit che da
venticinque anni gravano sulla Francia sono semplicemente il castigo di
uninfamia, e Giovanni di Valois un usurpatore Usurpatore, usurpatore4!
urlava fra Bartolomeo davanti a una folla sempre pi fitta. Non ha il minimo
diritto al trono che occupa. Il vero, il legittimo re di Francia si trova a Siena, e

tutti lo conoscono: lo chiamano Giannino Baglioni


Il suo dito indicava attraverso i tetti palazzo Tolomei.
Lo si crede figlio di Guccio e nipote di Mino, ma in realt nato in
Francia da re Luigi e dalla regina Clemenza dUngheria!
La predica impression a tal punto la citt, che il Consiglio della Repubblica si
riun immediatamente in Municipio, chiese a fra Bartolomeo di portare i
documenti, li esamin, e dopo lunghe discussioni decise di riconoscere in
Giannino lautentico re di Francia. Lo avrebbero aiutato a riconquistare il suo
regno; avrebbero nominato un comitato comprendente sei fra i pi saggi e ricchi
cittadini senesi per vigilare sui suoi interessi e per informare papa, imperatore,
sovrani e il Parlamento di Parigi che esisteva un figlio di Luigi X, spossessato ma
legittimo. E tanto per cominciare gli concedevano una guardia donore e una
pensione.
In un primo tempo, Giannino, spaventato da questa eccitazione, ricus ogni
cosa. Ma il Consiglio insisteva; il Consiglio gli faceva sventolare davanti agli occhi
i suoi stessi documenti ed esigeva che egli si convincesse. Fin per raccontare dei
suoi incontri con Cola di Rienzo, la cui morte continuava ad ossessionarlo, e
allora lentusiasmo varc ogni limite; i pi nobili dei senesi si contendevano
lonore di far parte della sua guardia; mancava poco che ci si battesse fra le diverse
contrade come il giorno del Palio.
Questa agitazione dur circa un mesetto, durante il quale Giannino percorse la
citt con una scorta da principe. La sua sposa non sapeva quale atteggiamento
assumere e si chiedeva, se lei, semplice borghese, poteva essere consacrata a
Reims. In quanto ai bambini, indossavano tutta la settimana gli abiti della festa. Il
figlio primogenito del primo matrimonio, Gabriele, doveva essere considerato
lerede al trono? Gabriele I, re di Francia suonava strano. Oppure (e la povera
Francesca Agazzano ne tremava) il papa sarebbe stato costretto ad annullare un
matrimonio cos poco adatto allaugusta persona dello sposo, per permettere a
costui di contrarre una nuova unione con la figlia di un re?
Mercanti e banchieri vennero presto calmati dai loro corrispondenti allestero, i
quali fecero presente che gli affari in Francia andavano gi abbastanza male e gli
italiani faticavano abbastanza a conservare le proprie filiali, come del resto in
Inghilterra, perch ci fosse bisogno anche dinventare un re! I Bardi di Firenze se
ne infischiavano che il legittimo sovrano fosse un senese! La Francia aveva un re
Valois prigioniero a Londra, dove viveva in dorata cattivit nel palazzo di Savoia
sul Tamigi con tutto il suo seguito, e si consolava della morte del diletto La Cerda
con altri giovani scudieri. La Francia aveva un re inglese il quale esigeva che gli

fosse riconosciuta la corona. E nello stesso tempo il nuovo re di Navarra, nipote


di Margherita di Borgogna, e tutto sommato nipote anche di Giannino, che gi
veniva chiamato Carlo il Malvagio, rivendicava anche lui il trono. E tutti avevano
debiti con le banche italiane Proprio una bella idea avevano avuto i senesi
appoggiando le pretese del loro Giannino!
Cos il Consiglio della Repubblica non mand lettere ai sovrani, n
ambasciatori al papa, n rappresentanze al Parlamento Parigino. E ben presto
ritir a Giannino pensione e guardia donore.
Era per lui, adesso, trascinato quasi suo malgrado in questa avventura, che
voleva condurla a termine. Era in gioco il suo onore, e, pur con ritardo, era
sopravvenuta anche lambizione. Non ammetteva pi che si sottovalutasse il fatto
che era stato ricevuto in Campidoglio, che aveva dormito a Castel SantAngelo e
marciato su Roma a fianco di un cardinale, che per un mese aveva passeggiato
con la guardia donore. Non avrebbe sopportato la domenica, quando entrava nel
Duomo dalla bella e nuova facciata bianca e nera, che la gente sussurrasse:
Sapete, quello che credeva di essere re di Francia! Dal momento che avevano
deciso che era re, avrebbe continuato ad esserlo. E, di sua iniziativa, scrisse a Papa
Innocenzo VI, che nel 1352 era succeduto a Pietro Roger; e scrisse al re
dInghilterra, al re di Navarra, al re dUngheria, inviandogli copia dei suoi
documenti e chiedendo il loro appoggio. La sua iniziativa si sarebbe
probabilmente fermata l se il re dUngheria, unico fra tutta la parentela, non gli
avesse risposto. Era nipote diretto della regina Clemenza e nella sua lettera
conferiva a Giannino il titolo di re e si congratulava per la sua nascita!
Per cui, il due ottobre 1357, esattamente tre anni dopo il suo primo incontro
con Cola di Rienzo, Giannino, portando con s tutto il suo dossier,
duecentocinquanta scudi di oro e duemilaseicento ducati cuciti negli abiti, partiva
per Buda accompagnato da quattro scudieri che avevano fede nella sua fortuna,
onde incontrarvi quel lontano cugino che accettava di riconoscerlo.
Ma quando due mesi dopo, arriv a Buda, Luigi dUngheria non cera; torn
soltanto in marzo. Giannino lo attese per tutto linverno spendendo i propri
ducati. E fece conoscenza con un senese, Francesco del Contado, che era divenuto
vescovo.
Finalmente il cugino dUngheria torn nella capitale, ma non volle ricevere
Giovanni di Francia. Lo fece interrogare da parecchi suoi gentiluomini che si
dichiararono in un primo tempo convinti della sua legittimit, ma otto giorni
dopo facevano un voltafaccia e sostenevano che la sua storia era soltanto
unimpostura. Giannino protest: si rifiutava di abbandonare lUngheria; nomin

un consiglio presieduto dal vescovo senese; riusc persino a reclutare fra la


fantasiosa nobilt magiara sempre pronta alle avventure cinquantasei gentiluomini
che simpegnavano a seguirlo con mille cavalieri e quattromila arcieri, spingendo
la loro folle generosit al punto da accettare di servirlo a proprie spese almeno
sinch egli non fosse stato in grado di ricompensarli.
Occorreva per, per armarsi e partire, lautorizzazione del re. Costui, che si
faceva chiamare il Grande ma non sembrava brillare per fermezza di opinioni,
volle personalmente riesaminare i documenti di Giannino, li giudic autentici,
proclam che lo avrebbe aiutato a conquistare il suo trono, ma la settimana
successiva annunci che, dopo aver ben riflettuto, rinunciava a questo progetto.
Eppure il quindici maggio 1359 il vescovo Francesco del Contado consegnava
al pretendente una lettera redatta lo stesso giorno e sigillata con il sigillo
dUngheria nella quale Luigi il Grande finalmente illuminato dal sole della
verit affermava che messer Giannino di Guccio, allevato nella citt di Siena,
discendeva effettivamente dalla regale famiglia dei suoi antenati, ed era figlio di re
Luigi di Francia e della regina Clemenza dUngheria di felice memoria. La lettera
confermava anche che la Divina Provvidenza, agendo attraverso la regale nutrice,
aveva voluto che venisse sostituito al giovane principe un altro bambino la cui
morte gli aveva salvato la vita, come un tempo la Vergine Maria, fuggendo in
Egitto, salvava il suo pargolo lasciando credere che pi non fosse vivo
Tuttavia il vescovo Francesco consigliava al pretendente di andarsene il pi
presto possibile, prima che il re dUngheria tornasse sulla sua decisione, tanto pi
che non era assolutamente certo che la lettera fosse stata dettata proprio da lui e
che il sigillo gli fosse stato impresso per suo ordine
Lindomani Giannino lasciava Buda senza aver avuto il tempo di riunire tutte le
truppe che si erano offerte di servirlo, ma con una scorta abbastanza numerosa
per un principe che aveva cos poche terre.
Giovanni di Francia si rec allora a Venezia, dove si fece fare abiti da re, poi a
Treviso, a Padova, a Ferrara, a Bologna; e infine torn a Siena dopo unassenza di
sedici mesi per presentarsi alle elezioni del Consiglio della Repubblica. Ma,
bench il suo nome fosse uscito terzo dalle urne, il Consiglio annull la nomina,
proprio perch era figlio di Luigi X, perch era stato riconosciuto come tale dal re
dUngheria, perch non apparteneva a una famiglia locale. E gli tolsero la
cittadinanza senese.
Si trov a passare per la Toscana il gran siniscalco del regno di Napoli che si
stava recando ad Avignone. Giannino si affrett ad andarlo a trovare; Napoli non
era forse la culla della sua famiglia materna? Ma il siniscalco, prudentemente, gli

consigli di andare a trovare il papa. Senza scorta questa volta, perch i nobili
ungheresi si erano stancati, arriv nella primavera del 1360 alla citt pontificia in
semplice abito da pellegrino. Innocenzo VI rifiut ostinatamente di riceverlo. Al
Santo Padre la Francia dava gi abbastanza preoccupazioni perch dovesse pensare
anche a Giovanni I il Postumo.
Giovanni II il Buono era ancora prigioniero; Parigi era stata insanguinata da
tumulti, nel corso dei quali il capo del Comune, Stefano Marcel, era stato
assassinato dopo un tentativo di instaurare un governo popolare. La rivolta ferveva
anche nelle campagne dove la miseria incitava a ribellarsi i cosiddetti Jacques 59. Ci
si massacrava ovunque, non si sapeva pi chi era lamico e chi il nemico. Il
Delfino dalle mani gonfie, senza truppe e senza denaro, lottava contro gli inglesi,
contro i navarrini e contro gli stessi parigini, aiutato da Breton du Guesclin al
quale aveva consegnato la spada che egli non poteva reggere, e cercava di
raccogliere una somma sufficiente al riscatto di suo padre.
Con tutte queste fazioni ognuna delle quali era egualmente spossata, la
confusione era al colmo. Compagnie che si proclamavano di soldati, ma erano in
realt composte di briganti agli ordini di avventurieri, rendevano incerte le strade,
aggredivano i viaggiatori, uccidevano per il piacere di uccidere.
La residenza avignonese era diventata per il capo della Chiesa malsicura quanto
quella romana, malgrado i Colonna. Bisognava trattare, trattare il pi presto
possibile, imporre la pace a questi estenuati combattenti, e convincere il re
dInghilterra a rinunciare alla corona di Francia, conservando magari per diritto di
conquista una met del paese. Cosa poteva dunque pretendere quel pellegrino che
si vantava re di Francia?
Allora Giannino incominci a vagabondare, ricercando appoggi, mendicando
sussidi, tentando di interessare alla sua storia quelli che avevano unora da perdere
a un tavolo dosteria fra un boccale di vino e laltro, attribuendo influenza a
persone che non ne avevano, conferendo con intriganti, con sciagurati, con
rappresentanti di grandi compagnie, con banditi inglesi che, arrivati sin l,
saccheggiavano la Provenza. Si diceva che fosse matto e in realt lo stava
diventando.
I notabili di Aix lo arrestarono nella loro citt, dove provocava tumulti, un
giorno del gennaio del 1361. Non sapendo che fame, lo consegnarono al vicario
di Marsiglia che lo cacci in prigione. Ne evase otto mesi dopo per essere
immediatamente riacciuffato; e poich insisteva tanto sulla sua famiglia di Napoli,
poich sosteneva con tanto vigore di essere figlio della signora Clemenza
dUngheria, il vicario lo mand a Napoli.

Proprio in quel momento si stava negoziando il matrimonio della regina


Giovanna, erede di Roberto lAstrologo, con lultimo figlio di Giovanni II. Costui,
tornato dalla sua allegra prigionia appena conclusa dal Delfino la pace di Brtigny,
correva ad Avignone dove Innocenzo VI era recentemente morto. E Giovanni II
proponeva al nuovo pontefice Urbano V uno splendido progetto: la famosa
crociata che n suo padre n suo nonno erano riusciti a far partire!
A Napoli Giovanni I il Postumo venne rinchiuso nel castello dellUovo;
attraverso lo sfiatatoio della cella poteva vedere il Castel Nuovo, il Maschio
Angioino, da cui sua madre era partita con tante speranze quarantasei anni prima
per diventare regina di Francia.
Fu l che mor, quello stesso anno, dopo aver subito, attraverso le vie pi strane,
la stessa sorte che si era accanita su tutti i Re Maledetti.
Quando Giacomo di Molay, dallalto del suo rogo, aveva lanciato il suo
anatema, conosceva attraverso le scienze divinatorie di cui i templari erano a parte
lavvenire al quale Filippo il Bello e la sua discendenza erano destinati? Oppure il
fumo nel quale egli si spegneva aveva aperto al suo spirito una visione profetica?
I popoli portano il peso delle maledizioni pi a lungo dei prncipi che le hanno
attirate.
Fra i discendenti maschi di Filippo il Bello nessuno era sfuggito a un tragico
destino e nessuno sopravviveva ad eccezione di re Edoardo III dInghilterra che
mai avrebbe regnato sulla Francia.
Ma il popolo avrebbe sofferto a lungo. Dovevano ancora esserci un re saggio,
un re pazzo, un re debole, e settantanni di disgrazie perch un secondo rogo,
acceso allestremo opposto della Senna per punirvi una ragazza di Francia rea di
aver troppo amato il suo paese, dissipasse finalmente fra i suoi fumi, come
replicando al rogo dellisola della Cit, la maledizione del Gran Maestro.

1 Le et si intendono al 1328.
1La Chiesa non ha mai imposto norme precise o uniformi per il rito del
matrimonio, e si in genere accontentata di ratificare le diverse costumanze
locali.
La variet dei riti e la tolleranza che la Chiesa dimostra nei loro confronti
derivano dal fatto che il matrimonio essenzialmente un contratto fra due individui
e un sacramento i cui ministri sono, uno verso laltro, i contraenti stessi. La presenza
del sacerdote, come quella dei testimoni, non era affatto richiesta dalla chiesa
cristiana primitiva.
Ogni regione aveva sue tradizioni particolari che potevano variare da una diocesi
allaltra. Il rito di Hereford, per esempio, era diverso da quello di York. Ma in
genere lo scambio delle promesse, che alla base di questo sacramento, avveniva
pubblicamente allesterno della chiesa. In questo modo re Edoardo I spos nel
settembre 1299 Margherita di Francia sulla porta della cattedrale di Canterbury.
Lobbligo che tuttora permane di tenere aperte le porte della chiesa durante la
cerimonia nuziale e la cui mancata osservanza pu essere motivo dannullamento
unevidente sopravvivenza di questa tradizione.
Il rito nuziale dellarcidiocesi di York presenta qualche analogia con quello di
Reims; per esempio in entrambi i casi lanello veniva successivamente accostato alle
quattro dita (come si vedr nelle pagine successive di questo capitolo). Solo che a
Reims al gesto si accompagnava questa formula:
Par cet anel lEglise enjoint
Que nos deux coeurs en ung soient joints
Par vray amour, loyal foy;
Pour tant je te mets en ce doy.
(Con questo anello la Chiesa ci ingiunge / che i nostri due cuori in uno si fondano
/ per vero amore e leale promessa / e pertanto te lo infilo in questo dito).
2Giovanna dEvreux, terza moglie di Carlo IV.
Si ricorder che, dopo lannullamento del matrimonio con Bianca di Borgogna
(cfr. il nostro volume precedente La lupa di Francia), Carlo IV aveva
successivamente sposato Maria di Lussemburgo, morta di parto, e poi Giovanna
dEvreux. Costei, nipote di Filippo il Bello in quanto figlia di Luigi di Francia, conte
dEvreux, era anche nipote di Roberto dArtois, essendo figlia di Margherita
dArtois, sorella di Roberto.
3La contea della Marche venne affidata al primo duca di Borbone in seguito a
uno scambio concluso verso la fine del 1327, nel quale Carlo IV cedeva il feudo
che costituiva in precedenza il suo appannaggio al duca Luigi I, ricevendone in
cambio la contea di Clermont, nel Beauvaisis, che costui aveva ereditato dal
padre, Roberto di Clermont.
4Il 1328 fu per Mahaut dArtois un anno di malattie. I suoi registri contabili ci
fanno sapere che ella dovette farsi salassare due giorni dopo questa seduta del
Consiglio cio il 6 febbraio e ancora il 9 maggio, il 18 settembre e il 19

ottobre dello stesso 1328.


5Si chiamavano legisti i consiglieri di Filippo il Bello, spesso di origine
borghese, che lo aiutarono, richiamandosi al diritto romano, nella lotta fra il
potere monarchico e i privilegi dei feudatari. (N.d.T.).
6Oste significava esercito, per deformazione dal latino hostis, nemico.
7La bandiera, in origine linsegna sotto la quale si schieravano i vassalli di un
signore per andare alla guerra, venne poi a indicare le truppe di questo stesso
signore. (N.d.T.).
8A Bouvines nel 1214 Filippo Augusto di Francia, con laiuto dei contingenti
forniti dai diversi comuni, sconfisse una coalizione formata dal conte Ferdinando
di Fiandra, dallimperatore Ottone IV di Brunswick e dal re dInghilterra
Giovanni Senza Terra. (N.d.T.).
9La battaglia di Crcy-en-Ponthieu del 26 agosto 1346 vide il trionfo di Edoardo
III dInghilterra su Filippo VI di Francia. Fu in questa occasione che per la
prima volta nella storia vennero usati i cannoni in uno scontro campale. La
disfatta francese segn la fine della cavalleria medioevale come forza decisiva
nelle battaglie. (N.d.T.).
10Cappello doro era nel Medio Evo un sinonimo di corona.
11Pietro Roger, gi abate di Fcamp, aveva fatto parte della missione incaricata
di negoziare fra la corte parigina e quella londinese le condizioni dellomaggio
di Amiens. Il 3 dicembre 1328 venne nominato vescovo di Arras, succedendo a
dHirson; e successivamente fu arcivescovo di Sens, arcivescovo di Rouen
dove, come si vedr pi avanti, predic la crociata di Filippo VI e infine, nel
1342, alla morte di Benedetto XII, papa col nome di Clemente VI.
12Sino al Cinquecento non esistevano grandi specchi dove fosse possibile vedersi
a mezzo busto o a figura intera; ma solo specchi di piccole dimensioni che
venivano appesi, o posati sui mobili, e specchietti da tasca. Erano di metallo
forbito, come quelli dellAntichit, o, a partire dal XIII secolo, costituiti da una
lastrina di vetro dietro la quale s applicava con una colla trasparente una
lamina di stagno. Fu solo nel Cinquecento che venne inventato un sistema per
applicare la foglia agli specchi con un amalgama di mercurio e di stagno.
13Questo palazzo della Malmaison doveva poi diventare la sede del municipio di
Amiens.
14Si chiamano hortillonnages certe colture orticole che si praticavano e tuttora si
praticano nella grande valle acquitrinosa della Somme, adattata secondo un
procedimento molto particolare allorticoltura.
Questi orti, artificialmente creati sopraelevando il suolo con laiuto del fango
cavato dal fondo della valle, sono solcati da canali che assorbono lacqua del
sottosuolo e sui quali gli ortolani raggiungono in lunghi barconi neri e piatti spinti
avanti con una pertica il Mercato di Amiens.
Gli hortillonnages coprono un territorio di quasi trecento ettari. Lorigine latina
del nome (da hortus: orto e, in francese, jardn,) fa supporre che queste colture
risalgano allepoca della colonizzazione romana.

15Prncipi del fiordaliso erano chiamati tutti i membri della famiglia reale
capetingia, in quanto le loro insegne erano costituite da un sem de France
(azzurro costellato da fiordalisi doro) con una cornice variabile secondo gli
appannaggi e i feudi personali.
16Guglielmo della Planche, podest di Bthune e poi di Calais, era stato messo
in prigione per aver frettolosamente eliminato un certo Tassard le Chien
condannandolo di propria iniziativa allimpiccagione.
La Divion era andata a trovarlo in carcere e gli aveva promesso, in cambio di
una testimonianza nel senso da lei indicatogli, lintervento del conte dArtois presso
Mille di Noyers per trarlo dagli impicci. Durante la contro-inchiesta Guglielmo
della Planche si ritratt e afferm di aver deposto solo per paura di minacce e nel
timore di rimanere in prigione a lungo e di morirvi se non avesse accettato
dobbedire a monsignor Roberto, cos grande, potente e cos autorevole fra i
consiglieri del re.
18Nel giugno 1320 Mahaut aveva affidato a Pietro di Bruxelles, pittore
dimorante a Parigi, la decorazione mediante affreschi della grande galleria del
castello di Conflans, sito alla confluenza della Marna con i Senna. Il contratto
stabiliva anche con precisione i temi degli affreschi ritratti del conte Roberto
II e dei suoi cavalieri in battaglie di terra e di mare gli abiti che dovevano
indossare i personaggi, i colori e la qualit dei materiali impiegati.
I dipinti vennero completati il 26 luglio dello stesso anno.
19Il camocas era un tessuto di seta molto pesante. (N.d.T.).
20Il grenache un vino liquoroso fatto con uve della Linguadoca e del
Roussillon. (N.d.T.).
21Queste pratiche di stregoneria, la cui origine risale allalto Medio Evo erano
ancora in uso ai tempi di Carlo IX e persino a quelli di Luigi XIV. Limpasto
esorcizzante di cui trascriviamo lorribile formula venne preparato durante una
messa nera sul ventre della Montespan.
Le ricette di filtri amorosi che si leggeranno pi innanzi sono invece estratte
dalle opere del Piccolo e del Grande Albert.
1 Italianizzazione di pairesse, termine francese per indicare una consorte di un pari
di alto rango.
22Ricordiamo che, dopo undici anni di detenzione a Chteau-Gaillard, Bianca di
Borgogna venne trasferita nel castello di Gouray, presso Coutances, e infine
allabbazia d Maubuisson dove prese il velo e mor nel 1326. Anche Mahaut, sua
madre, venne in un primo tempo inumata a Maubuisson e solo pi tardi i suoi
resti furono portati a Saint-Denis dove ancor oggi il suo monumento funebre, il
solo, per quanto ci risulti, fatto di marmo nero.
23Dalla Candelora al 23 ottobre del 1329 sembra che Mahaut abbia goduto
ottima salute e si sia rivolta solo in rare occasioni ai suoi medici abituali. Dal 23
ottobre, giorno del suo incontro di Maubuisson con Filippo VI, al 26 novembre,
vigilia della sua scomparsa, si pu seguire quasi di giorno in giorno il corso

della sua malattia, attraverso le somme versate dal suo tesoriere a medici,
barbieri, clinici, erbaiole, farmacisti e speziali per le cure prestate o i
medicamenti forniti.
24Il corpo di Edmondo di Kent venne, per decisione di Edoardo III inumato nella
chiesa londinese dei domenicani, un ordine che non nascondeva la sua ostilit al
governo di Mortimer.
25Il primo dei dodici figli di Edoardo III e Filippa di Hainaut, Edoardo di
Woodstock principe di Galles, venne soprannominato il Principe nero dal colore
della sua armatura.
Fu lui nel 1356 a sconfiggere a Poitiers Giovanni II, figlio di Filippo VI, e a
prenderlo prigioniero.
Fu una delle principali figure della prima fase della Guerra dei centanni, e mor
nel 1376, precedendo di un anno suo padre nella tomba.
26Constable, forma contratta di conestabile, era il guardiano o lintendente di un
castello regale, di una fortezza o di una citt fortificata. Il titolo sopravvive ancor
oggi e vale a indicare i guardiani della Torre di Londra e dei castelli di Windsor e
di Dover, direttamente nominati dalla Corona. (N.d.T.).
27Keep il nome inglese del torrione nei castelli del periodo normanno.
Ricordiamo (cfr. il nostro precedente volume La lupa di Francia) che il keep ha
la particolarit di comprendere al centro un cortile totalmente scoperto.
28Il testo originale della sentenza di Ruggero Mortimer venne redatto in
francese.
29Le Common Gallows di Londra, dove venivano giustiziati quasi tutti i
condannati di diritto comune, erano situate al limite dei boschi di Hyde Park, in
una localit chiamata Tyburn che corrispondeva pressa poco allattuale Marble
Arch. Questo patibolo rimase in funzione sino alla met del Settecento.
30Lhypocras era uninfusione di cannella e mandorle dolci, con piccole dosi di
muschio e ambra, in un vino edulcorato e zuccherato.
31Volcelest termine venatorio che indica lorma lasciata da un cervo sul
terreno. Brises sono i rami che il cacciatore spezza per riconoscere i punti da
cui passata la bestia che sta braccando. (N.d.T.).
32Il laisser courre il punto da cui si sguinzagliano i cani per la chasse courre,
una forma di caccia che si fa a cavallo e con i cani contro cinghiali, volpi, cervi
ecc. (N.d.T.).
33Lhallali un grido di caccia per annunciare che lanimale, particolarmente il
cervo, agli estremi. Un cervo allhallali dunque un cervo senza via di scampo.
(N.d.T.).
34Questi abiti, arazzi ecc. sono citati nellinventario di sequestro compilato
alcuni anni dopo.
35Watriquet Brasseneix, detto di Couvin dal nome del villaggio natio sito nello
Hainaut non lontano da Namur menestrello delle grandi case della famiglia
Valois, divenne particolarmente celebre per i lais composti fra il 1319 e il 1329.
Le sue opere sono conservate in eleganti manoscritti mimati, composti sotto la

sua direzione dalle principesse dellepoca.


36I lais erano brevi componimenti poetici narrativi che venivano cantati, con
laccompagnamento di una specie di arpa, dai giullari bretoni. Molti di questi
poemetti avevano per tema leggende connesse al ciclo di re Art e della Tavola
Rotonda. (N.d.T.).
37Come gi abbiamo ricordato, lanno incominciava ufficialmente a Pasqua
(secondo il cosiddetto stile di Pasqua,), ma la festa dellanno nuovo si celebrava
tradizionalmente il 1 gennaio, giorno in cui ci si scambiavano auguri e regali.
38Sotto Filippo VI il numero dei servitori di palazzo, nobili o no le cosiddette
livree del re aument in misura sbalorditiva: sembra che ad ogni impiegato di
Filippo il Bello ne corrispondessero sotto i primi Valois tre o quattro. Si
conoscono, per i soli funzionari addetti alla persona del re, cio per quella che
oggi si definirebbe la sua Segreteria particolare o la Real casa, i nomi di Roberto
Mulet, di messer di La Bruyre, di Roberto Le Coq, di Giacomo La Vache, di Ugo
di Pommard, di Simone di Bucy, di Pietro des Essarts, di Goffredo di Fleury e
lelenco tuttaltro che completo.
Cos fra i ciambellani, i valletti tagliatori e i valletti servitori si ricordano
Michele di Recourt, Roberto Frtard, Trouillard dUsages visdomino di Le Mans,
Tebaldo di Mathefelon, Giovanni di Beaumont, Eruardo di Belleperche, Pietro
Trousseau, Giovanni dAndressel e tanti altri ancora.
Molti di questi personaggi ricoprivano contemporaneamente, insieme a incarichi
presso il re, cariche amministrative, nel Consiglio, nel Parlamento, nella Camera dei
conti o nella Cancelleria.
Gli scrivani erano ecclesiastici che spesso avevano scelto questa strada non tanto
per vocazione quanto per la possibilit di accedere a tale impiego.
39La regina Giovanna la Zoppa era avvezza a queste imprese, e ogni volta che
incominciava a detestare un amico, un consigliere o un servitore del suo sposo,
ricorreva a qualsiasi mezzo pur di appagare il suo odio.
Per esempio, al fine di sbarazzarsi del maresciallo Roberto Bertrand, detto il
Cavaliere dei Verde Leone, invi al bargello di Parigi una lettera del re con
lordine di arrestarlo per tradimento e di farlo immediatamente impiccare sul
patibolo di Montfaucon. Aveva sigillato la lettera col sigillo segreto del marito
sottrattogli mentre dormiva. Ma il bargello, intimo amico del maresciallo, rimase
sbalordito per questo improvviso ordine che non era stato preceduto da alcuna
azione penale; e, anzich condurre Roberto Bertrand a Montfaucon lo port subito
dal re, il quale fece loro calorosissime accoglienze, abbracci il maresciallo e
mostr di non comprendere le ragioni di ansia dei suoi visitatori. Quando poi
costoro gli mostrarono lordine darresto, cap immediatamente che era opera della
moglie e rinchiuse costei, racconta il cronachista, in una camera dove le diede tante
bastonate che poco manc che la uccidesse.
Anche il vescovo Giovanni di Marigny rischi di finir vittima delle criminali
manovre della Zoppa. Senza saperlo laveva offesa e, appena torn da una missione
in Guienna, la regina finse di accoglierlo con grandi effusioni damicizia e, per
toglierli di dosso la stanchezza, gli fece preparare un bagno a palazzo. In un primo

tempo il vescovo rifiuta, non sembrandogli di averne cos urgente bisogno; ma la


regina insiste, dicendogli che far il bagno anche suo figlio Giovanni duca di
Normandia (il futuro Giovanni II). E li accompagna nella stanza da bagno. Le due
vasche sono pronte, ma il duca di Normandia per disattenzione o per indifferenza, si
dirige verso quello destinata al vescovo, e gi sta per entrarvi quando bruscamente
sua madre glielo impedisce mostrandosi palesemente turbata. Grande meraviglia e
Giovanni di Normandia, intimo amico di Marigny, intuendo un tranello, prende un
cane che saggira da quelle parti e lo getta nella vasca. Il cane immediatamente
muore.
In quanto al palazzo di Nesle, il marito glielo aveva regalato nel 1332, cio due
anni dopo averlo acquistato dagli esecutori testamentari della figlia di Mahaut,
Giovanna di Borgogna la Vedova, che a sua volta lo aveva avuto dal marito Filippo
V.
In applicazione di una clausola del testamento di Giovanna la Vedova, il ricavato
della vendita, mille lire in contanti pi una rendita di duecento lire, serv alla
fondazione e al mantenimento di una casa per scolari installata in una dipendenza
del palazzo. Ebbe cos origine il celebre Collegio di Borgogna, nonch la confusione
che si creata nella memoria popolare fra le due cognate, Margherita e Giovanna di
Borgogna. Le corruzioni di scolari attribuite a Margherita, e totalmente leggendarie,
trovano qui la loro spiegazione.
40Il pardon darmes era uno dei giochi che venivano fatti durante i tornei
medioevali. (N.d.T.).
41Il fautre o faucre era un gancio fissato al piastrone della corazza per
appoggiarvi il legno della lancia e attenuarne il rinculo al momento dellurto.
Questo fautre era fisso sino a tutto il Trecento, ma in seguito lo si fece a cerniera
o a molla per ovviare agli inconvenienti provocati da questa sporgenza negli
scontri alla spada.
42Edoardo III aveva segretamente soggiornato in Francia, e precisamente a
Saint-Christophe-en-Halatte, dal 12 al 16 aprile 1331.
43Gioco di parole intraducibile. Lho ricevuto en marchant (cio camminando)
si pronuncia come se fosse Lho ricevuto en marchand (cio come un
mercante), (N.d.T.).
44Il re darmi aveva nei tornei compiti di ordinatore e sovrintendeva a tutte le
formalit.
45Il letto di giustizia era il trono sul quale sedeva il re nelle riunioni solenni del
Parlamento di Parigi. (N.d.T.).
2 In italiano nel testo.
46Dopo quella dei Buonsignori, la Compagnia dei Tolomei era la pi importante
di Siena. La ma fondazione risaliva a Tolomeo Tolomei, amico o quanto meno
familiare di Alessandro III, papa dal 1159 al 1181, senese anche lui e fiero
avversario di Federico Barbarossa. Il palazzo senese dei Tolomei venne costruito
nei 1205. l Tolomei furono spesso i banchieri della Santa Sede. In Francia
fondarono filiali verso la met del XIII secolo, agendo dapprima intorno ai

mercati della Champagne, e aprendo poi numerosi banchi, fra i quali quello di
Neauphle, e una sede centrale a Parigi.
Allepoca delle ordinanze di Filippo VI, quando parecchi uomini daffari italiani
vennero imprigionati per tre settimane e liberati solo dopo il versamento di una
considerevole taglia, i Tolomei partirono di nascosto portando con s tutti i capitali
affidati loro in deposito dalle altre compagnie italiane o dai clienti francesi, e
mettendo in gravi difficolt il pubblico Tesoro.
47La Tavola di marmo era un tribunale parigino dove soprattutto si discutevano
le cause dappello contro lamministrazione fluviale e forestale. (N.d.T.).
48Queste rimostranze erano state piuttosto violente in quanto Giovanni di
Lussemburgo, per far piacere a Filippo VI, aveva formato una coalizione
minacciando di invadere le terre del duca di Brabante. Il quale duca si affrett a
espellere Roberto dArtois, ma non senza approfittare delloccasione per
concludere una vantaggiosa operazione: le nozze del suo primogenito con la
figlia del re di Francia. Dal canto suo Giovanni di Boemia venne compensato per
il suo intervento con la conclusione di un matrimonio fra sua figlia Bona di
Lussemburgo e lerede al trono di Francia, Giovanni di Normandia. In due
generazioni pertanto. Bona, dopo Maria di Lussemburgo sorella dello stesso re
Giovanni e seconda sposa di Carlo IV, due Lussemburgo-Boemia divennero
regine di Francia.
49Il giuramento richiesto da Filippo VI ai suoi baroni era un giuramento di
fedelt al duca di Normandia che legittimo erede e legittimo sovrano deve
essere del regno di Francia. Non essendo erede diretto della corona e avendola
ricevuta solo per designazione dei pari, Filippo VI tornava cos alla tradizione
della monarchia elettiva, quella dei primi capetingi che sempre avevano fatto
riconoscere dai pari il loro primogenito come erede al trono. Questa tradizione
era rimasta in vigore sino a Filippo Augusto.
50Il vecchio re lebbroso Roberto Bruce, che per tanto tempo aveva saputo tenere
a bada Edoardo II e Edoardo III, era morto nel 1329 la sciando la corona a un
bambino di sette anni Davide Bruce. La tenera et del nuovo sovrano forn ai
diversi clan una buona occasione per riprendere le loro contese. Per meglio
proteggerlo, i baroni del suo partito portarono via il piccolo Davide e si
rifugiarono con lui alla corte di Francia, mentre Edoardo III appoggiava le
pretese di un gentiluomo francese di origine normanna, Edoardo di Baillol
parente degli antichi re di Scozia e favorevole a porre la corona scozzese sotto la
sovranit inglese.
51Giovanni Buridano (Jean Buridan), nato intorno al 1295 a Bthune nellArtois,
era un discepolo di Occam. I suoi insegnamenti filosofici e teologici gli
guadagnarono immensa fama: a soli trenta o trentadue anni era gi rettore
dellUniversit di Parigi. La controversia con papa Giovanni XXII e lo scisma
che rischi di provocare aumentarono ancora la sua celebrit. Pi tardi si ritir
in Germania e insegn soprattutto a Vienna. Mor nel 1360.
La parte attribuitagli dalla fantasia popolare nello scandalo della Torre di Nesle
puramente fantastica, e appare del resto solo in racconti posteriori di due secoli.

52Dai conti del tesoriere dello Scacchiere risultano, soltanto per i primi mesi del
1337: in marzo, un ordine di versare duecento lire a Roberto dArtois come dono
del re; in aprile un dono di trecentoottantatr lire, un altro di cinquantaquattro
lire e la concessione dei castelli di Guilford, Wallingford e Somerton; in maggio
lassegnazione di una pensione annua di milleduecento marchi sterlini; in giugno
il saldo di un debito di quindici lire contratto da Roberto con la Compagnia dei
Bardi, ecc.
53La fantasia del romanziere esiterebbe davanti a questa coincidenza se ad essa
non lobbligasse la verit dei fatti. Laver ospitato la presentazione della sfida di
Edoardo III, atto che inizi giuridicamente la Guerra dei centanni, non conclude
daltronde lo strano destino della Torre di Nesle come teatro di tragici eventi.
Nel 1350 il conestabile Raul di Brienne, conte di Eu, abitava nel palazzo di Nesle
quando venne arrestato per ordine di Giovanni il Buono e successivamente
condannato a morte e decapitato.
In seguito soggiorn nel palazzo Carlo il Malvagio re di Navarro (e nipote di
Margherita di Borgogna), che scese in armi contro la casa di Francia.
Pi tardi Carlo VI il Pazzo lo regalava alla moglie, la maniaca e sinistra Isabella
di Baviera che concluse un trattato con gli inglesi cedendo loro la Francia e
denunci il suo stesso figlio, il Delfino, come adulterino.
Quando il palazzo di Nesle venne assegnato a Carlo il Temerario da Carlo VII,
costui mor quasi subito e il Temerario entr in conflitto con il nuovo re Luigi XI.
Vi s trasferirono poi, per breve tempo, i monaci di Saint-Germain-des-Prs.
Francesco I ne cedette una parte a Benvenuto Cellini che, in seguito alle proteste
del bargello di Parigi, dovette ricorrere alla forza per insediatisi.
Enrico II vi install unofficina per la fabbricazione delle monete, e la Zecca di
Parigi sorge ancor oggi su questa area (dal che si pu capire come dovevano essere
vasti il terreno e gli edifici).
Carlo IX, per pagare gli stipendi delle sue guardie svizzere mise in vendita il
palazzo, che venne acquistato da Luigi di Gonzaga duca di Nevers; questultimo lo
fece demolire e innalz al suo posto il Palazzo di Nevers. Fu allora che venne
distrutta la Torre.
Il palazzo di Nevers fu poi acquistato da Mazarino che fece costruire sullarea
degli antichi edifici il Collegio delle Quattro Nazioni che tuttora esiste: in esso ha
oggi sede listituto di Francia.
54Questo Enrico di Burghersh sembra sia stato una specie di Talleyrand inglese
del Medioevo; un uomo straordinariamente abile che sapeva rendersi
successivamente indispensabile a tutti i prncipi e cogliere il momento in cui
conveniva abbandonare i potenti di ieri per schierarsi con quelli di domani.
Aveva servito re Edoardo II, che lo aveva mandato in Francia per convincere la
regina Isabella a tornare dallesilio. Ma quando Isabella e Mortimer erano
sbarcati in Inghilterra era passato dalla loro parte e ne era stato premiato con la
nomina a cancelliere. La caduta di Mortimer aveva segnato un periodo di eclissi
peraltro breve. Nel 1334 gi Edoardo III lo sceglieva come suo tesoriere, e nel
frattempo non aveva mai cessato di affidargli numerose e delicate ambascerie. Fu

lui il vero artefice della coalizione anglo-germano-fiamminga contro la Francia.


Assomigliava a Talleyrand in quanto il rigore morale non era certo un segno
distintivo della sua personalit, ma ne differiva poich possedeva un altissimo ed
efficace concetto dei superiori interessi del suo paese.
55La regina Isabella doveva vivere ancora ventanni, ma senza pi partecipare
alle vicende politiche del paese. La figlia di Filippo il Bello mori il 23 agosto
1358 nel castello di Hertford, e la sua salma venne inumata nella chiesa
francescana di Newgate a Londra.
56LEcluse non fu lultima delle battaglie perdute dalla Francia a parit di forze
per aver erroneamente utilizzato i mezzi a sua disposizione. Siamo stati
contemporanei di esempi altrettanto significativi della grulleria degli strateghi.
Contrariamente a quanto per lungo tempo si sostenne nel tentativo di scusare la
disfatta del 1940, lesercito francese disponeva allora di mezzi corazzati
numerosi quanto quelli tedeschi, e di una potenza di fuoco pari se non superiore.
Dobbiamo questa disfatta soltanto alle idee sostenute dal comando francese circa
limpiego tattico dei carri, nonostante i significativi avvertimenti che gli vennero
rivolti. Sei secoli dopo giugno 1340 lEcluse, giugno 1940 le Fiandre la
stessa sciocca ostinazione produsse gli stessi risultati. La razza dei Bhuchet
imperitura e alligna quasi esclusivamente negli stati maggiori.
57Nonostante le lotte politiche, le rivolte e i contrasti fra le diverse classi sociali
o con le citt vicine, comuni a tutte le repubbliche italiane di quel periodo, Siena
visse nel XIV secolo il suo periodo pi prospero e pi glorioso, nei commerci
come nelle arti. Fra il 1301, anno in cui la citt venne occupata da Carlo di
Valois, e il 1399, quando la conquist Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, la
sola autentica sventura che si sia abbattuta su Siena fu lepidemia di peste del
1347-48.
3 In italiano nel testo.
58 Abito ora in Francia, la Babilonia dOccidente, ci che il sole contempla
di pi odioso, sulle rive del tumultoso Rodano che assomiglia al Cocito o
allAcheronte del Tartaro e dove regnano i successori, un tempo poveri, del
pescatore, dimentichi della loro origine. Si resta turbati vedendo, anzich una
santa solitudine, un criminoso affollamento e il pullulare di schiere di infami
satelliti; anzich gli austeri digiuni, banchetti pieni di sensualit; anzich pie
peregrinazioni, un ozio crudele e impudico; anzich i piedi nudi degli apostoli, i
rapidi corsieri dei ladri, bianchi come neve, coperti doro, alloggiati in mezzo
alloro, a rosicchiare oro e, quasi, a calzarsi doro. Insomma come se si
dovessero adorare i re dei persiani o dei parti, e come se non si potesse render
loro visita senza offrire doni.
(Lettera V)
Oggi Avignone non pi una citt, la patria delle larve e dei lemuri; , per
dirla in una parola, la sentina di tutti i delitti e di tutte le infamie; quellinferno dei
vivi annunciato per bocca di David.
(Lettera VIII)

So per esperienza che qui non c pi piet, n carit, n fede, n rispetto, n


timor di Dio, che non c nulla di santo, n di giusto, n di equo, n di sacro,
insomma nulla di umano Mani dolci e azioni crudeli; voci angeliche e imprese
demoniache; canti armoniosi e cuori di ferro.
(Lettera XIV)
il solo luogo della terra dove non ci sia posto per la ragione, dove tutto si
muova a caso e senza riflessione, e fra tutte le miserie di questo luogo, che sono in
numero infinito, il colmo della delusione che ogni cosa viscosa e appiccicaticcio,
sicch quando si crede di sfuggirvi ci si trova allacciati e incatenati ancor pi
strettamente. Inoltre non esiste n luce n guida , per usare unespressione di
Lucano, una notte nera di delitti Non lo definiresti un popolo, ma polvere in
balia del vento.
(Lettera XVI)
Satana contempla ridendo questo spettacolo e si compiace di questa danza
bizzarra, seduto come arbitro fra tanti vegliardi e tante fanciulle Cera fra loro (i
cardinali) un vecchietto capace di fecondare qualsiasi animale; aveva la lascivia di
un caprone, o di qualunque animale sia pi fetido e pi lascivo di un caprone. Avesse
paura dei topi o degli spettri, non osava dormire solo. Riteneva non ci fosse nulla di
pi triste e di pi funesto del celibato. Godeva ogni giorno un nuovo imeneo. Aveva
superato da tempo i settantanni, e gli rimanevano al pi sette denti.
(Lettera XVIII)
[Petrarca, Epistulae sine nomine (Lettere nelle quali non indicato il nome del
destinatario, probabilmente dirette a Cola di Rienzo, tribuno di Roma, e ad altre
personalit)].
4 In italiano nel testo.
59Jacques Bonhomme venivano chiamati per dileggio i contadini del Medioevo
perch indossavano la jacque, una sorta di abito corto e stretto. Jacques in
particolare furono soprannominati i contadini dellle-de-France che il 28
maggio 1358 iniziarono una lunga, sanguinosa e sfortunata rivolta (jacquerie)
contro la nobilt, determinata dalle terribili condizioni cui la crisi economica e
linvasione inglese li avevano ridotti. (N.d.T.).

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