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Paradossi

Luca Granieri

"Ci si pu domandare se l'assurdo abbia ancora una qualche funzione essenziale o


illuminante in ben altre e pi "severe" speculazioni, quali quelle della scienza, della
filosofia, dell'ordinamento sociale, o addirittura della tecnica. Ma certo che ce l'ha! Si
tratta niente meno che della perenne sorgente delle nostre ideazioni.Non esitiamo ad
affermare che "un pizzico di assurdo" c' sempre...
Mi pare poi che sia opportuno riflettere su un fatto abbastanza paradossale.
La vita - s la vita stessa - rappresenta per ciascuno di noi l'avventura pi "assurda" che ci
potesse capitare. Eppure quelli che lo avvertono meglio - e qui sta il paradosso - sono
proprio coloro che si dedicano con pi impegno a indagare razionalmente la condizione
della nostra esistenza e a tentare di dare una sistemazione sensata, logica, sicura, a ci che
ne sappiamo e ne pensiamo."
Giuliano Toraldo di Francia (da -Ex absurdo- 1997)

La parola paradosso viene dal greco "pardoxon", composto da par (contro) e da dxa (opinione).
Dunque si tratta di una proposizione, un risultato, che per il suo contenuto o per il modo in cui
espressa, appare contraria all'opinione corrente e alle previsioni, e risulta perci sorprendente, incredibile.
Nei secoli si sono succeduti diversi atteggiamenti nei confronti dei paradossi. Nel periodo greco erano
visti perlopi come curiosit linguistiche o errori di ragionamento, dai quali fuggire con orrore. Durante il
medioevo furono invece parzialmente rivalutati come dilemmi insolubili. Infine, tra ottocento e novecento,
valorizzati come indizi di problemi delle credenze comunemente accettate.
La presenza di paradossi dunque, oltre all'imbarazzo iniziale, mette senz'altro in forte evidenza che ci
sono dei problemi da risolvere e delle teorie da rivedere, e spesso questo si traduce proprio in una fecondit di
nuove idee che vanno oltre l'opinione che prima era di dominio comune.
Forse il pi antico dei paradossi, ma senz'altro il pi noto, quello detto del mentitore.
Consideriamo una frase del tipo: "Io sto mentendo."
Ora, se dico la verit allora mento, ma se mento allora dico la verit.

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E' chiaro che siamo di fronte ad una contraddizione. Certo non sempre ci si trova ad una effettiva
contraddizione come nel caso del mentitore. Cos il paradosso degli apostoli (Pietro un apostolo, gli apostoli
sono dodici, allora Pietro dodici), che chiaramente dipende dall'uso un p "allegro" del verbo essere.
Tuttavia, quando c' una contraddizione effettiva cominciano i guai. Infatti, una delle prime cose che si
imparano in un corso di logica che se in una teoria c' anche una sola contraddizione, allora si pu dimostrare
qualsiasi cosa. In tal caso la teoria si dice incoerente o contraddittoria, e risulta pertanto priva di interesse,
poich in essa vero tutto e il contrario di tutto.
Questo si pu vedere per esempio nel modo seguente. Supponiamo, tanto per dirne una, di voler
dimostrare che esiste Babbo Natale. Consideriamo allora la seguenti proposizioni:

1) esiste Babbo Natale


2) entrambe le frasi della tabella sono false

Ragioniamo sulla seconda frase della tabella. La frase 2) vera oppure falsa. Ora, se vera, allora deve
essere falsa, e questo non pu essere. Pertanto deve essere falsa. Ma questo vuol dire che almeno una delle due
frasi deve essere vera, e poich stiamo assumendo che la frase 2) falsa, allora deve essere vera la frase 1).
Dunque Babbo Natale esiste!
Che dire? In effetti si ha una sensazione simile a quella che suscita un bravo prestigiatore, del tipo: "il
trucco c' ma non si vede."Se di trucco si pu parlare, chiaro che deve riguardare la frase 2).E' anche evidente
la notevole somiglianza con il paradosso del mentitore. In effetti si tratta di due frasi che praticamente
affermano la falsit di s stesse.
Bertrand Russell far notare che il paradosso del mentitore e le sue varianti scaturiscono proprio dalla
possibilit di costruire frasi che si autoattribuiscono la falsit. Dunque, essendoci questa possibilit, il
linguaggio naturale contraddittorio, e quindi si pu dimostrare qualsiasi cosa (anche se non proprio cosi'
soddisfacente).
Ma che dire della matematica che, per antonomasia, la scienza in cui si dimostrano le cose?
Nel 1902 Russell scopr che anche la matematica non era immune dalla malattia della contraddizione,
costruendo un paradosso all'interno della teoria degli insiemi, che poi sar detta "ingenua", sviluppata da Cantor
e Frege, e che doveva servire da fondamento per tutta la matematica.
Il ragionamento di Russell pu essere reso nel modo seguente.
In genere un insieme non elemento di s stesso. Ad esempio, l'insieme delle forchette non una
forchetta. Definiamo normali tali insiemi. D'altronde, l'insieme delle cose pensabili una cosa pensabile,e
quindi elemento di s stesso. Diciamo dunque speciali gli insiemi che hanno la proprieta' di essere elementi di
se' stessi. Il paradosso si ottiene se si considera l'insieme V di tutti gli insiemi normali e ci si domanda: V
normale o speciale?
Ora, se normale, per definizione, non deve appartenere a s stesso, e quindi non pu essere normale.
D'altra parte, se speciale, allora deve appartenere a s stesso, e quindi deve essere normale. Dunque in ogni
caso abbiamo una contraddizione.

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Ma come tollerare una contraddizione proprio nel cuore della matematica? Il paradosso di Russell
divenne il simbolo della crisi dei fondamenti della matematica all'inizio del novecento, ed ha portato alla
formulazione del sitema assiomatico della teoria degli insiemi, nel quale non possibile riprodurre i paradossi
noti, tuttora in voga. Tuttavia, la questione della coerenza, ovvero che non si pu dimostrare una formula
insieme alla sua negazione, delle teorie poste a fondamento della matematica tuttora aperta, e per ora
costituisce un atto di fede.
Una versione pi simpatica del paradosso data da una caserma il cui comandante ordina al barbiere di
radere tutti coloro che non lo fanno da soli. Il problema sorge quando arriva il turno dello stesso barbiere.
Poich se si fa la barba, allora non se la deve fare, ma se non se la fa, allora se la deve fare, il povero barbiere
resta tutta la vita a chiedersi cosa fare, mentre la sua barba cresce a dismisura.
Naturalmente, in questo caso, si pu sempre aggirare l'ostacolo dicendo semplicemente che una tale
caserma non pu esistere.
Dunque i paradossi fanno sentire la loro forza anche in matematica, che in genere e' considerata come la
piu' certa e salda delle scienze, mettendone a nudo limiti e difficolta', ma anche ricchezze.
Infatti e' ancor piu' sorprendente, e direi quasi paradossale, che anche l'assenza di paradossi possa
produrre effetti copiosi. Per capire questo dobbiamo considerare l'opera di Kurt Godel che nel 1931, dopo aver
meditato su uno dei famosi problemi che Hilbert aveva posto all'inizio del secolo, enunci un teorema davvero
dirompente, e che tuttora uno dei pi considerati dalla letteraratura non specialistica (anche se spesso a
sproposito).
L'idea fondamentale quella di considerare una proposizione che questa volta si autoattribuisce la non
dimostrabilit. Questo non porta ad una contraddizione ma a un risultato davvero profondo.
Supponiamo di avere un sistema matematico corretto , ovvero nel quale ogni formula dimostrabile
vera. Consideriamo una proposizione P che dica di non essere dimostrabile di s stessa. Ora, P non pu essere
dimostrabile, poich altrimenti il sistema dimostrerebbe una falsit, e quindi non sarebbe corretto. Allora, non
essendo dimosrabile, P vera. Pertanto abbiamo trovato una proposizione vera che per non dimostrabile.
Naturalmente, un sistema corretto a maggior ragione coerente. D'altronde, in quest'ultimo caso, basta
osservare che se P dimostrabile, allora dimostrabile anche la proposizione: " P dimostrabile" , che
proprio la negazione di P , e questo contraddice la coerenza. Il lavoro di Godel consistito per l'appunto nel
mostrare che, in un sistema matematico abbastanza ricco, si pu effettivamente costruire una formula che
realizzi il ragionamento appena fatto. Dunque, in ogni sistema matematico coerente e abbastanza ricco,
esistono proposizioni vere che non possono essere dimostrate. Tali sistemi si dicono incompleti. Tanto per
averne una idea, possiamo dire che "abbastanza ricco" si riferisce a sistemi che abbiano almeno la complessit
dell'aritmetica, per la quale d'altronde il teorema fu dapprima dimostrato.
Cos si dava risposta negativa al problema di Hilbert che chiedeva se l'aritmetica fosse completa, ovvero
se ogni proposizione si potesse dimostrare o refutare a partire dagli assiomi di Peano. Di pi, il teorema
di Godel ci dice non solo che l'aritmetica incompleta, ma anche che non si pu completare
aggiungendo un nuovo assioma alla volta, poich in tal caso si pu ripetere pari pari la costruzione di prima per
il nuovo sistema. Allora si dice che l'aritmetica essenzialmente incompleta.

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Se vogliamo, questo risultato ci dice che la scienza non e' onnipotente ma ha i suoi limiti. Cio' significa
che non si puo' dedurre tutto da pochi principi fondamentali. E mi pare che questo possa essere visto anche
come una ricchezza piu' che una limitazione. Se non altro questo vuol dire cheper gli scienziati il lavoro non
verra' certo a mancare , e di questi tempi non e' poco, sempre che non spariscano del tutto i fondi per la ricerca.
Chiusa questa breve parentesi, riprendiamo ancora per un attimo l'argomento del teorema di Godel.
Dunque abbiamo che se il sistema coerente, allora P non dimostrabile. Allora, a magior ragione, non
dimostrabile neppure la coerenza. Il fatto che un sistema coerente non possa dimostrare la propria coerenza
viene spesso chiamato secondo teorema di Godel.
Forse un'immagine letteraria pu servire a chiarire la situazione.
Consideriamo ad esempio i Promessi sposi che, dopo che Renzo e Lucia sono finalmente sposi,
riferendosi ai loro figli, recita: "ne vennero poi col tempo non so quant'altri, dell'uno e dell'altro sesso." Ma
quanti figli hanno avuto Renzo e Lucia?
Se l'opera letteraria descrive solo una realt fantastica, non ha tanto senso chiederselo. Ma se invece
l'opera descrive una realt di fatto, allora ci sar un fatto vero (il numero di figli) che per non si pu dedurre
dall'opera. Similmente, se si crede che la matematica descriva una realt di fatto (posizione che detta
platonica), ci saranno delle formule vere che non sono teoremi. Per gli idealisti poi, che in Platone affondano le
radici, e per i quali la realt solo illusione, i paradossi sarebbero proprio la prova che la realt non altro che
un sogno. Lo scrittore Luis Borges, che sul paradosso ha costruito molta della sua letteratura, prendeva proprio
la presenza dei paradossi come la conferma del carattere illusorio della realt. Essa come un sogno molto ben
congegnato che quasi lo potremmo credere, se non fosse per i paradossi, che ci riportano tranquilli al sonno del
vivere.
Dunque, in tal caso, pi che dei problemi da affrontare, i paradossi sarebbero degli errori provvidenziali.
Comunque sia, la fecondit dei paradossi indubbia, e non riguarda soltanto la logica e la matematica,
ma abbraccia tutte le scienze, costituendo un forte motore al cammino della ragione, e spesso
costringendola anche ad abbandonare teorie a cui si era affezionata.
A titolo di esempio, consideriamo la visione cosmologica pi diffusa nell'800, secondo la quale l'universo era
statico e pieno di stelle distribuite uniformemente nello spazio e nel tempo. Questo modello fu sottoposto a
diverse critiche, e nel 1828 Olbers fece notare che, in tal caso, non sarebbe potuta esistere la notte (paradosso di
Olbers).
Olbers, infatti, non fece altro che dividere lo spazio in una serie di cortecce sferiche di spessore costante
con centro sulla Terra. Le stelle presenti in ogni corteccia sono proporzionali al volume della stessa, quindi al
quadrato della distanza dalla Terra. Ma la luminosit apparente di una stella inversamente proporzionale al
quadrato della distanza dalla Terra. Pertanto ogni cortecia contribuisce con lo stesso flusso luminoso.
Un semplice calcolo (che tiene conto dell'eventuale allineamento delle stelle), mostra allora che la notte
dovrebbe avere una luminosit paragonabile a quella del Sole, cio non potrebbe esistere.
Dunque c' qualcosa che non va nella cosmologia dell'800. Si esce dal paradosso per svariate ragioni: 1) le
stelle non sono eterne ma nascono e muoiono, 2) su grandi scale contano pi le galassie che le singole stelle, 3)

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lo spazio non necessariamente euclideo, 4) l'universo non statico ma in espansione. Ecco cos spalancate le
porte alla fisica del secolo successivo.
Dunque lo stimolo costante dei paradossi produce una catena di revisioni che spesso sfociano in una
comprensione pi profonda delle cose e dei limiti della nostra conoscenza. Questo davvero un principio
generale che vale per tutte le scienze, dove paradossi e incongruenze diventano ad un certo punto intollerabili,
innescando quelle rivoluzioni che segnano il loro cammino evolutivo.

Letture utili
- Giuliano Toraldo di Francia, Ex absurdo, Feltrinelli, 1997
- N. Falletta, Il libro dei paradossi , Longanesi, 2002
- G. Lolli, Il riso di Talete, Bollati Boringhieri, 1998
- P. Odifreddi, C'era una volta un paradosso, Einaudi, 2002

Alcuni saggi di Piergiorgio Odifreddi su questo e altri argomenti si possono trovare momentaneamente
sulla rete all'indirizzo: www.vialattea.net

Segnalo alcune raccolte di articoli e saggi legati all'argomento in questione


- Corrado Mangione (a cura di) ,Logica, Le Scienze quaderni, N.60, 1991
- Giambruno Guerriero, Kurt Godel, Le Scienze, i grandi della scienza N.19, 2001
Per chi fosse maggiormente interessato agli aspetti logici e matematici segnalo le dispense del prof. A.
Maida, scomparso di recente, le cui lezioni ricordo con affetto
- A. Maida, Logica e fondamenti della matematica,si possono consultare e/o scaricare dalla rete
all'indirizzo www.matematicamente.it/maida/Maidaindice.htm

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