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; ‘Non ie disfunzioni processuali, correggibili ¢ corrigende, 4 non certo per rendere appetibili gli uffici ai magistrati, ma per’ rendere un servizio migliore ai cittadini. Non la inadeguatezza della formazione, sia perché vi si Potrebbe porre rimedio con percorsi differenti, e sia perché essa, ' ben vedere, si attaglia solo a un certo modo di intendere il pub-j. blico ministero. Una cosa ¢ se lo si concepisce come padrone e ‘motore della indagine, un'altra se lo si considera il primo organo 4 pubblico di geranzia rispetto alle indagini effetiuate dalla polizia. In questa seconda prospettiva, in effetti, la presenza di doti alia Prilip Marlowe, Miss Marple, Pery Mason e Capiteno Ultimo f (preferibilmente tutte insieme) nel p.m., & assai meno decisiva: * Ma in Italia il legislatore, sui temi strutturali della giustizia, tende a comportarsi come l'armatore che, informato che qualche { scafo della sua flotta pouebbe mostrare segni di cedimento, invece di revisionare i natanti, impone a tutti i passeggeri ay portare costantemente il salvagente. ake ee Sorvegliante per vocazione I mio livello di considerazione delle funzioni di magistrato di E! worveglianze, lo confesso, fino al momento della passeggiata - davanti al microfono era stato assolutamente zero. Durante ludi- lorato generico non avevo neppure assistito alla Camera di con 7 Biglio in Sorveglianza, prevista dal programma, dissuaso da un # yolioga dai modi bruschi. Magistrato di sorveglianza pet vocazione, quindi. } Le reazioni alla mia scelta erano state di varia natura. Mia & nonna Clelia aveva sostanzialmente ripreso a portare il lutto, mia '¢ mamma appariva per il momento sollevata per la distanza relati- + ya dello spostatmento, uno dei responsebili della mia formazione te professionale non si mostrd pienamente entusiasta, bollandomi * diplomaticamente come «ain deficiente>. ; Queste furono le reazioni a caldo, Presto si fecero pi articola- 3 te. In particolare, quasi tutti quelli che mi incontravano a Palazzo di Giustizia prima esibivano una faccia di circostanza: «Certo che in sorveglianza..\, per poi sogaiungere, allargandosi in sors: ¢ «.uperd che fortuna: ora farai il mirato con Mario Canepa». Si chiama uditorato mirato il periodo finale del tirocinio, quello nel quale ci si esercita esclusivamente nelle funzioni che Concretamente si andranno a svoigere. 2. La Periodica e altri spostamenti 34 35 Lo vivi un po’ come I’Uomo Cannone del circo: in attesa di, essere sparato sul Pianeta Prima Sede. Liimportanza di prendere appunti TI paragrafo che vado a iniziare potrebbe essere scandito da * uno dei tormentoni di Palombella rossa di Nanni Moretti: la rei terata presentazione dell"“Uomno che mi ha cambiato la vita” Mario Canepa, perd, & stato realmente questo, e, al di 1A del- Vaspetto lavorativo, sicuramente la persona cui ho voluto e : 3 voglio pith bene ancora adesso, che non ¢’é piii da tanti anni, fuori dalla cerchia familiare. Sono certo che, anche da dove é ora, non si adontera dell’ay proccio poco rituale della mia presentazione di un consgliere di Cassazione con funzioni direttive superior. Il mio unico cruccio é che hui ’avrebbe saputa fare molto meglio, molto. pil affettuo- samente beffarda di quanto riusciré io, la sua presentazione, come qualsiasi altra cosa. 1 primo incontro con Mario fu organizzato con un abile ere- scendo di suspence. Qualcosa dello spessore emozionale della Preparazione dell’entrata in scena di Hannibal Lecter, ne II silen- io degli innocenti e della altezza tragica della marcia di avvici- namento al colonnello Kurtz in Apocalypse Now. E dire che invece della giungla viemamita dovevo solo salire al decimo piano, Un giomo finalmente S mi disse: «Andiamo». Lufficio dellUomo Meraviglioso stava dietro una porta a vetri abbastanza umana, Entrati nell’antro mit trovo di fronto, invece che la sorta di Efesto chino sul fuoco inestinguibile della giustizia che mi ero ‘immaginato, un tavolo di dimensioni sproporzionatamente gran- di, con al centro una piramide di fogli, alta almeno 60 centime- tri, Dietro, raggomitolato come un grosso gatto ¢ con gli occhi apparentemente chiusi, un ometto in tutto e per tutto simile a Mister Magoo, visibilmente sprizzante lapilli di silenziosa argu- zia da ogni poro. 36 grant wits” 3 a z Esauriti i brevissimi convenevoli con il mio aecompagnatore, © {I Diabolico Presidente si dileguava immediatamente, chiamato, ‘ponsai, a qualche seduta nell’Empireo della giurisdizione |, losciandomi in preda alla morsa del mio senso di inadeguatezza. Btavo giusto pensando che, forse, ero ancora in tempo per fuggi- © aprire una serra idroponica nella riviera di Levante, quando 5 Maso cient Con quella sua straordinaria dote di polverizzare immediata- t mente ogni difesa, rigidit 0 tensione di qualsiasi interlocutore, che avrei imparato ad amare; mi fissd con aria ieratica per qual- {che lunghissimo secondo, con uno scintillio abbacinante del & sopracciglio (l’occhio sarebbe stato troppo). Poi sillabd, solenne- mente: «Alberto, attenzione, perché sto per impartirti la prima - |ezione fondamentale del nostro percorso». Mi rivedo ancora, ‘come se fosse ieri,estrarre velocissimamente dal Codice penale carta € penna come uno studente deficiente, ¢ Iui tirare fuori dalla tasca una cosa, dicendo: «Porta sempre con te della carta igienica, perché negli uffici giudiziari non c’é mail». ‘Al suo ocehio esperto era bastato uno sguardo prendermi le misure. Jn una sola frase aveva demolito con ado- rabile delicatezza ogni mio timore ¢ angoscia ¢ mi aveva conqui- stato per sempre. Staré imparando qualcosa? Raccontare sei mesi di uditorato con Mario @ impossibile: per certi versi era come passare le giornate insieme ad Alec Guinness, ‘Achille Campanile ¢ Omero riuniti in un'unica persona, In effetti, dopo qualche settimana avevo cominciato quasi a preoceuparmi, Mario mi impediva sistematicamente di aprire i Codici o di discutere “dcll'ultima giurisprudenza”, dicendomi che tanto in quello qualsiasi nditore era pit preparato di lui, Le nostre giomate erano una grandinata di suoi aneddoti: cominei ‘va quando posava il cappello sul colmo della sua zstrusa pirami- de di fogli, aggiustandosi i capelli residui, e cessava quando lo riprendeva per uscire, mimando I'uscita dal palcoscenico di 37 Macario (che raccontava di aver visto recitare da studente, 4/3 Torino). e, In mezzo stava un saggio di tutti i generi letterari e teatralis presentati con la levita ¢ la sapidita di un uomo di cultura e di?, spettacolo come mai ho incontrato in vita mia. a La notte, prima di addormentarmi, ricordo che ogni tanto ti’ prendeva la preoccupazione: «Ma io stard imparando?». ‘Ammetto anche che, in realt, non riuscivo a preoccuparmi seriamente, era solo un peduncolo delle vecchie fisime da stus"s dente, rimasto ataccato come quello di une pera pronta a cadere 4 oun dente da latte: preoccuparsi sarebbe stato come chi, veden-"4} do Ursula Andress e il suo costume uscire dall’acqua, fosse preso "4 dalla preoceupazione: «Come fa con la pistola? E se si busca ui“ rafieddore?. La reaione sana ee in entra i casi: «Ma ching se ne importal», 1 senso di quell’uditorato avrei cominciato a scopritlo sion-+| appena arrivato al mio ufficio di destinazione. Era come st” Mario mi avesse nascosto in tasca una serie di pozioni magiche, * una per ogni dubbio professionale. Quelle storie, spesso comi- & che, a volte farsesche, a volte toccant, altre addirittura teribili e strazianti, tutte meravigliosamente legate tra loro come i quadri i libri dell’Odissea, coprivano oltre quaranta anni di magistra- - tura, dal secondo dopoguerra al post Tangentopoli,attraverso il terrorismo, che tanto vicino gli era passato. Vi comparivano nomi fn si Tibi distri, mum: ttear del divitoe della oti tica, nomi che avevano itmpressionato la mia infanzia, eroi sco-/38 nosciutie cattivi da tregenda, sant e gui, tuti disegnati con il carboncino lieve di un racconto indimenticabile. B, soprattutto; quelle storie erano il miracoloso concentrato, I'essenza preziosd i decenni di esperienza professionale. Mi capitd decine e de no di volte (e mi capita ancora oggi), a fronte di una qualsiasi delle difficolta imprevedibili che caratterizzano il mestiere, acca- dute a me o a colleghi, di ritrovare immediatamente la soluzio- ne: «Ah, questo & come quella volta che mi ha raccontato Mario “i che...» Cristo si d fermato a “Zabriskie Point” di quei sei mesi @ pieno di gioielli pre- jst alosi, alcuni anche taglienti, altri solo splendenti. La prima visita in carcete, un carcere noto per Ja disumanita della sua vecchiezza, I suono terribile della successione di chia- vistelli pesanti, Iz sequenza di porte a inferriate e cristalli spessi cinque centimetri, quasi sempre venati da una ragnatela di frat- ture, Avrei presto seoperto che quelle venature non erano il risul- § tuto di atti di violenza, ma del lento picchiare dei chiavistelli, E-/ tichiamare l'attenzione di un collega lontano ¢ irraggiungibile. py «Collegaaaa...» é il tipico richiamo che risuona nei corridoi 2 deserti del carcere, spesso nelle ore assolate del meriggio peni tenziario, quando il mondo fuori diventa addirittura inconcepibi: {e, come la civilta nel deserto del Mojave, in Zabriskie Point. La dimostrazione che & Jo scorrere del tempo a fare pit male. Lintonaco sbrecciato, Podore penetrante di minestrone di ! cavoli. E poi la cosa che ho sempre trovato pil carica di simbo- i del'Universo penitenziario: i grandi orologi elettrici, in bella » vista sulle pareti di corridoi e cori, tutti fermi sull’ora sbaglia- fa, alouni addiritura senza lancette, come nel terribile ineubo de U posto delle fragole. La rappresentazione plastica della pit dura Ej realtd del luogo: il tempo obbedisce a regole insondabili e com- ' pletamente diverse da quelle della vita esterna. Un pianeta paradossale nella fisica einsteiniana. Una forza di sgravita enorme, da paralizzare i movimenti: un posto dove tutto, te. Dove il tempo scorre in modo beffardo ¢ circolare: a volte Spud tornare indietro, a volte rimanore immobile a guardaxti come lun predatore o una sfinge, @ volte ti colpisce a tradimento come ‘una mazzata alla nuca. La notte della prima visita, che pure alla mia coscienza era sembrata un episodio insignificante, non mi addormentai che verso le quattro, ¢ per sognare soltanto delle porte chiuse sul lla, a 39 Un orrido da ridere yy masticarlo lentamente, non pretendere di afferrarlo immediata- mente, ci devi giocare come i gatto con il topo, nasconderio, pprendetlo di sorpresa, che se pensi di apprenderlo o di poterlo affrontare subito, in realtA sei solo un ipocrita superficiale che ‘non ha capito nulla. 11 calice amaro va bevuto piano piano, quan- do hai recuperato le forze . Mario reagi a quella giomata tremenda con un bombarda- mento di arguzie tale, durante il viaggio di ritomo, che a un certo punto l’antista fu costretto a fermare precipitosamente la mac~ ‘china di servizio e a far scendere tutti ravamo in prossimita di tn desolato valico appenninico), perché stavamo malissimo. Ma non era mal d'auto. Chiedevamo pieti a Mario per Ie nostre mascelle slogate. Le risate, irrefrenabili, rischiavano di farci cadere in un burrone. Un giomo con Mario andammo in visita al pit lontano ¢ dere-_ lito istituto penitenziario del distretto. Solo pit tardi, conosciuts" anche Je condizioni di salute del presidente, avrei potuto apprez- ‘I zare a pieno l’importanza, per generosita, umilta ed eleganza, del ‘suo gesto. Era come il Papa in visita nella parrocchia pitt sperdu- «1 ‘a, Ho tanti fotogrammi di quella visita. La gioia di tutti, dal cap- pellano al direttore, nel vederlo arrivare. Ricordo un educatore, il primo dina Iunga serie che avrei incontrato nella mia carriera: un gran barbone brizzolato ¢ occhialini da missionario amazzonico. “i Mario continuava a chiedergli: «Ma qui, i detenuti vengono senti= ti regolarmente dal magistrato di sorveglianza e dal direttore’», © Iuia stropicciarsi le mani, parlando di problemi collaterali, cercan- do di dribblare, in un visibile tormento di coscienza. Alla terza proposizione della domanda levd gli occhi come un francescano € Un orrido da ridere. disse: «Presidente, io non voglio dire bugie. ..». La visita ai detemuti fa memorabile. II comandante delle guar- a Periodca ¢ ali spostament die gli chiese: «Presidente, chi vuol sentire?». E Ini: «Tutti colo- 10 che lo vogliono». Comincid una processione di facce compli cate © di storie, sofferenti, rabbiose, rassegnate. Mario dopo molte ore era ancora attentissimo, sapeva ascoltare ¢ capire, ma a cosa pit notevole era il suo carisma. Verso la fine le guardie (che probabilmente speravano si stancassero prima, lui 0 i con danuati), portarono nella stanza, uno a uno, “gli agitati”, i dete- nuti con qualche problema psichico o di aggressivita, con i segni sul corpo della loro condizione. Una teoria di omaccioni barbuti ‘0 mefistofelici tipi segaligni, con lividi e ferite, entravano digri- gnando i denti, urlando, oppure sedevano muti e aggrondati, con Te braccia conserte e il mento sul petto, pestando i piccoli piedi. ° Quel magico ometto sapeva toccare con uno sguardo, un cenno i sopracciglia, o una parola sempre ben detta, solo e invariabil- mente la corda giusta: faceva prendere appunti al cancelliere, ordinava controlli e impartiva disposizioni, troncava, sopiva ¢ 4 sollevava, Nel viaggio di ritomo compresi un’altra lezione fondamnenta~ le. Che non puoi assorbire semplicemente il dolore, ma devi 40 ‘Un mese prima della data fissata per la mia “presa di posses- s0 delle funzioni giurisdizionali” decisi di conoscere il mio uffi- cio di destinazione. L’impatto non fu particolarmente incorag- giante, Telefonai a un altro uditore di Mario che aveva preso ser- vizio anno prima, che mi propose di accompagnarmi nella sede del Tribunale, dove aveva Pudienza collegiale, facendo una parte di viaggio insieme. «Appuntamento alle 7.30 alla stazione di ###942y mi disse. Io rilanciai per le 7.35, visto che il primo treno

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