L’ETA’ DEL CAOS – Tratto dalle teorie del Dottor Immanuel Velikovsky.
Immanuel Velikovsky è di origine russa e studiò scienze naturali all’Università di
Edimburgo, storia, legge e medicina a Mosca, biologia a Berlino, la funzione del cer- vello a Zurigo, psicologia a Vienna. Nel 1939 emigrò negli Stati Uniti. “Worlds in Colli- sion” è stato scritto dopo dieci i anni di estese ricerche, in cui l’Autore si è consultato con studiosi e con specialisti di tutto il mondo. “Una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per improbabile che sia, non può che essere la verità.” (da “Le correnti della spazio” di I.Asimov) E’ incredibile considerare come nell’arco di poche migliaia di anni una civiltà impieghi a risorgere dalla sue ceneri diventando sempre più progredita mentre a sua insaputa, a causa degli eventi estremi che avvengono nell’universo anche a diversi anni luce di distanza, sarebbe sufficiente anche solo un secondo affinche tutto sparisca e diventi ammasso di contorti rottami brucianti e macerie di distruzione. Un’onda gravitazionale per esempio emessa dal collasso di una stella vicina, come Sirius, sarebbe in grado lette- ralmente di causare questo genere di eventi. Non c’è un limite di tempo preciso in quanto una stella possa esplodere, sono state osservate anche stelle collassare prima del tempo. Nel 2005 infatti è stata osservata una di queste stelle, una variabile, collassare prima del tempo. “Le osservazioni di Hubble suggeriscono che l’ex stella era una variabile blu luminosa, una stella massiccia più pesante di 50 volte rispetto al Sole, che getta la maggior parte del suo materiale nello spazio in una serie di emissioni. Eta Carinae, che si trova tra le nuvole di materiale che ha prodotto, è un classico esempio di questo tipo di stelle. La classificazione era sorprendente, dato che le variabili blu luminose non ci si aspetta che esplodano. I modelli stellari predicono che le stelle dovrebbero evolvere ulteriormente, in altri tipi di stelle, rilasciando la maggior parte dell’ idrogeno del loro involucro e la maggior parte della loro massa, prima di finire il carburante e divenire una supernova. Però, “la nostra stella quando è esplosa aveva ancora parte del suo involucro. Sembra essere esplosa prima del suo tempo”, dice il membro del team Douglas Leonard dell’Università dello Stato di San Diego in California.” Oltre all’improvviso collasso di stelle esistono una grande varietà di fenomeni che po- trebbero sconvolgere la vita di un pianeta causando morte e distruzione su larga scala arrivando spesso a causare un sconvolgimento della stessa geologia di quest’ultimo. Pare proprio che attorno a 3.500 anni fa abbia avuto luogo un fenomeno molto raro nella storia del sistema solare, e questo qualcosa ebbe origi- ne da Giove. Attualmente l’origine dei pianeti del sistema solare nonostante teorie più diffuse di altre, è ancora lungi dall’es- sere spiegata con i fatti, tut- tavia in proposito sono state elaborate differenti ipotesi. “-Del primo gruppo, detto an- che delle “teorie monistiche” perché immaginano che tutto nasca più o meno simultanea- mente da un unico ammasso preesistente, fu caposcuola il filosofo e matematico francese René Descartes (italianizzato in Cartesio) il quale, nel 1644, avanzò l’idea della nebulosa-madre, ossia propose che il sistema solare completo in tutte le sue parti avesse avuto origine da una tenue nube di polvere e gas. Anche le più recenti teorie sull’origine del sistema solare, come vedremo meglio, presentano molte somiglianze nel loro aspetto generale con lo schema proposto da Cartesio e se fosse vera una teoria di questo tipo, la maggior parte delle stelle, se non tutte, avreb- bero intorno a sé dei sistemi planetari e la nostra Galassia (detta anche Via Lattea) sarebbe piena di pianeti molti dei quali forniti delle stesse caratteristiche della Terra. Inoltre tutti i corpi presenti in un sistema solare nato nel modo che si è detto dovreb- bero avere più o meno la stessa età. -Del secondo gruppo, o delle “teorie dualistiche”, perché prevede l’origine del sistema solare in seguito all’incontro di due corpi distinti, fu precursore il naturalista francese Georges Louis Leclerc Buffon (1707-1788) il quale aveva sostenuto, nel 1745, che la Terra e gli altri pianeti si sarebbero formati da materia uscita dal Sole in seguito ad una catastrofica collisione di questa stella con un corpo celeste che egli ingenuamente pensò potesse essere una cometa. Quando fu chiaro che le comete erano oggetti mol- to piccoli e leggeri, si formulò l’ipotesi di uno scontro fra stelle. Secondo le teorie ca- tastrofistiche le stelle si formerebbero quindi isolate o anche a gruppi, ma in ogni caso senza la corte di pianeti che giri loro intorno e per tutta la loro esistenza potrebbero restare in queste condizioni. Potrebbe però anche accadere che qualcuna di queste stelle fosse urtata di striscio da un’altra che, a causa della enorme attrazione gravita- zionale, estraesse dalla prima della materia e contemporaneamente ne perdesse della propria; questa materia, successivamente, si condenserebbe a formare i pianeti che rimarrebbero vincolati alla stella dalla quale è uscita la materia che li ha generati. In tal modo si sarebbero potuti produrre contemporaneamente due sistemi planetari, il nostro e quello della stella che avrebbe sfiorato il Sole. “ Attualmente sia la teoria nebulare che queste ultima appaiono insoddisfacenti in quan- to dimostrano che attualmente i nostri scienziati non hanno ancora compreso il mec- canismo basilare nella formazione dei pianeti. Secondo l’eleborazione della teoria dell’Universo Elettrico ipotizza che i pianeti come la Terra e le lune “nascono” analogamente tramite l’emissione elettrica di parte dei nu- clei con carica positiva di stelle nane e giganti gassosi; ciò spiega la dicotomia fra i densi pianeti e lune rocciosi, e i pianeti giganti gassosi. di carica elettrica attraverso le loro code di plasma (a giudicare dalla sua magnetocoda “‘cometaria”, Venere lo sta ancora facendo intensamente ed è il pianeta con l’orbita più circolare di tutti) e la conseguente modificazione della gravita di ciascun corpo. I pianeti assumono presto orbite che assicurino la minore interazione elettrica; gli im- patti fra corpi estesi vengono evitati, e la cattura resa più probabile, dallo scambio reciproco di carica elettrica. La cattura della nostra Luna diviene l’unica opzione; essa non può essere stata creata dalla Terra. Le prove delle passate instabilità planetarie sono scritte a grandi lettere sulle superfici di tutti i corpi solidi del sistema solare e hanno la forma di crateri da arco elettrico. Il soggetto di cui parliamo è Venere, che risulta essere uno dei pianeti più anomali del sistema solare e probabilmente è anche il più recente. Perchè il più recente? A differenza di Mercurio, Terra, Luna e Marte la superficie di Venere risulta essere es- tremamente calda e costellata da immensi bacini di lava grandi quanto gli Stati Uniti e vulcani di formazione geologicamente recente in eruzione. Tale pianeta ha però una particolarissima anomalia, a differenza di tutti gli altri pianeti del sistema solare la rotazione sul suo asse è in direzione opposto, quasi avesse una polarità differente da qualla degli altri pianeti. Inoltre, Venere, similmente ad una cometa presenta una gigantesca coda costituita da ioni che si estende abbastanza lontano da solleticare la Terra quando i due pianeti sono allineati col Sole. “Non mi aspettavo di trovarla”, dice un membro del team, Marcia Neugebauer del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, California. “E’ un segnale ve- ramente molto forte, e non c’è dubbio che sia reale”. Il Pioneer Venus Orbiter della NASA aveva scoperto per primo la coda nei tardi anni ’70. Intorno ai 70.000 chilometri dal pianeta, la navicella spaziale ha rilevato esplosioni di calore, ioni energetici, o plasma. La coda esiste perché gli ioni dell’atmosfera superiore di Venere sono bombardati dal vento solare, un flusso di plasma che soffia fuori dal Sole. Ma ora l’Osservatorio Solare Europeo (SOHO), un progetto parzialmente sponsorizzato dalla NASA, ha mostrato che la coda si estende per qualcosa come 45 milioni di chilometri nello spazio, più di 600 volte più lontano di ogni altra conosciuta. Nonostante le comete possano essere comunemente considerate “palle di neve sporca”, composte per la maggior parte di sostanze volatili come biossido di carbonio, metano e acqua ghiacciati, con mescolati aggregati di polvere e vari minerali, la cui sublimazione delle sostanze volatili quando la cometa è in prossimità del Sole causa la formazione della chioma e della coda, ci sono fatti che i ricercatori non hanno preso in considerazione. Nello studio delle comete, per esempio, i ricercatori sono rimasti talmente confusi da alcune inaspettate scoperte che si può dire che la teoria convenzionale sulle comete non esiste più ! Tuttavia le comete vengono descritte come “Pietre di Rosetta” perchè ci permettono di decifrare la formazione del sistema solare. L’ipotesi sulla “palla di neve sporca”, che è stata considerata per molti decenni un vero e proprio pilastro teorico, ha fallito in maniera clamorosa nel predire il comportamento delle comete e, in tempi più recenti, non è neppure stata in grado di fornirci le giuste informazioni sulla loro composizione. Le sorprese più drammatiche hanno avuto inizio nel 1986, quando sono stati scoperti numerosi ioni carichi negativamente nel coma della Cometa di Halley, ossia i segni di una attività energetico elettrica, e l’assenza di una qualunque prova che indicasse la presenza di acqua nel nucleo della cometa. Negli anni seguenti, le comete hanno dato vita ad un flusso di “fenomeni misteriosi” talmente costante e regolare che gli astro- nomi sono stati costretti a tornarsene alle loro lavagne. Tali fenomeni comprendono: • Getti supersonici altamente energetici che esplodono nei nuclei delle co- mete. • Getti filamentosi di cometa, trattenuti a malapena, che si estendono per lunghe dis- tanze e che rappresentano una sfida concreta all’atteso comportamento dei gas neu- trali in un vuoto. • Superfici di cometa che presentano rilievi incisi in maniera precisa – l’esatto opposto di quello che gli astronomi si aspettavano seguendo il modello della “palla di neve sporca”. • Temperature inaspettatamente elevate ed emissioni di raggi x dai coma delle co- mete. • Una riserva alquanto ridotta o la completa assenza di acqua e di altre sostanze vola- tili nei nuclei delle comete. • Particelle minerali che possono formarsi solamente a temperature estremamente elevate. • Comete che si infiammano mentre si trovano in uno stato di “congelamento profon- do”, oltre l’orbita di Saturno. • Comete che si disintegrano a molti milioni di miglia dal Sole. • Particelle di polvere di co- meta divise più finemente e uniformemente di quello che ci si dovrebbe aspettare da “ghiaccio sporco” in sublimazione. • Espulsione di particelle più grandi e di “ghiaia”, un fenomeno che non era mai stato predetto se ci si rifà all’ipotesi che le comete sono risultate da nuvole primordiali di ghiaccio, gas e polvere. • Minerali che possono essere creati solo a temperature elevate. Resta ancora il fatto che anche le comete sono ben lungi dall’essere comprese appieno, ben oltre la visuale di “palle di neve sporca”. E’ stato supposto ormai decenni fa che milioni di anni fa quando l’attività delle masse gassose nel nostro sistema solare era più dinamica, i pianeti gassosi abbiano espulso comete dai loro corpi. La velocità richiesta dalle masse eiettate per superare l’attrazione gravitazionale del corpo d’origine è minore nel caso dei pianeti che non nel caso del sole. Si era calcolato che una massa proiettata da Giove a 59 km per secondo, oppure solo per poco più di un terzo a questa velocità nel caso di Nettuno, ne sarebbe espulsa. E’ possibile in questo caso che la teoria secondo la quale i pianeti rocciosi e i satelliti nascono dall’emissione elettri- ca dei nuclei di stelle nane e giganti gassosi sia reale men- tre gli asterodi come quelli della cintura tra Marte e Giove, altro non sarebbero che ciò che resta di un’antica collisione planetaria consumatasi nei tempi remoti. Se realmente Venere avesse avuto origine nelle profondità di Giove, deve esserne uscito come un corpo celeste dal- l’aspetto incandescente e per di più elettricamente carico. Passando accanto ad altri cor- pi celesti, tramite il fenomeno delle correnti elettriche dei campi allineati, deve aver prodotto forti scariche elet- triche che hanno percorso la superficie dei satelliti di Giove. Alcuni di essi infatti presenta- no tracce di enormi solchi che non possono essersi prodotti tramite eventi tettonici ne men che meno meteorici. Europa presenta chiaramente le tracce di una grande colli- sione e di un arco elettrico ci- cloide che ne ha letteralmente rigato la superficie. Anche Callisto sembra avere alcune caratteristiche simili a quelle lasciate da un arco elettrico sulla sua superficie. Una volta aver attraversato i satelliti di Giove, Venere si diresse sottoforma di una gi- gantesca cometa, verso Mar- te, incrociando la Cintura degli Asteroidi e si avvicinò a Marte. Il risultato fu sconvolgente.